Il negativo digitale. File RAW con Photoshop, Lightroom e Camera Raw 0321839579, 9782212136630, 9788850317110

I file in formato RAW prodotti dalla fotocamera danno ai fotografi il completo controllo su ogni aspetto dell'immag

116 105 54MB

Italian Pages 278 [285] Year 2014

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Table of contents :
Indice
Introduzione
Capitolo 1 - Che cos’è un
negativo digitale?
Dietro le quinte di un negativo digitale
I sensori
Caratteristiche di un negativo digitale
Cattura lineare
Esposizione digitale
Esporre a destra
Disturbo e sensibilità ISO
Interpretazione dei colori
Metadati
Profondità di codifica
Fotografare in RAW o in JPEG?
Parametri di scatto
Velocità dell’otturatore
Apertura del diaframma
Difetti ottici
Aberrazioni monocromatiche
Aberrazioni cromatiche
Risoluzione del sensore
Capitolo 2 - I software
Adobe per l’editing RAW
Le origini di Camera Raw
La nascita di Lightroom
Camera Raw, Photoshop e Bridge
Bridge
Camera Raw
Photoshop
Il flusso di lavoro in Lightroom
Camera Raw e Lightroom
Gestione dei colori in Lightroom, Camera Raw e Photoshop
Il formato DNG
DNG sì o no?
Il convertitore DNG
Capitolo 3 - Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw
Le impostazioni predefinite di Lightroom e di Camera Raw
Le funzionalità di Lightroom e di Camera Raw
L’istogramma
I pannelli degli strumenti di Lightroom e di Camera Raw
Pannello Base
Curva di viraggio
HSL/Colore/B & N
Divisione toni
Dettagli
Correzioni obiettivo
Effetti
Calibrazione fotocamera
Gli strumenti di Camera Raw e di Lightroom
Strumenti di ritaglio
Strumenti di ritocco delle macchie
Correzioni locali
Capitolo 4 - Correzioni avanzate
Correggere i toni
Gamma dinamica ridotta
Gamma dinamica elevata
Cielo ritagliato
Tempo uggioso
Sottoesposizione
Controluce
Correggere i colori
Bilanciamento del bianco globale
Bilanciamento del bianco locale
Curve RGB
Viraggio parziale a colori
Sfumature di colore
Comandi HSL
Dominanti di colore
Trasformazione in bianco e nero
Ottimizzare i dettagli
Capitolo 5 - Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi
Aprire le immagini in Photoshop
Esempio di ritocco in Photoshop
Strumento Intervallo colori
Contrasto progressivo
Aumento del contrasto locale
Contrasto elevato
Correzione locale della saturazione e dei colori
Correzione dei margini bianchi
Ritoccare le immagini
Strumenti Pennello correttivo e Timbro clone
Copiare e incollare i ritocchi
Dipingere dei ritocchi
Utilizzare dei tracciati per fare delle selezioni
Assemblare più immagini
Creare una maschera di fusione
Aggiungere il cielo
Maschere di luminanza
Trasformazione in bianco e nero in Photoshop
Utilizzare Photomerge per creare un’immagine panoramica
Utilizzare HDR Pro
Aumentare la profondità di campo
Capitolo 6 - Creare un flusso di lavoro efficace
Principi di un flusso di lavoro
Fare le cose una volta sola
Automatizzare
Essere metodici
I cinque passi di un flusso di lavoro
Passo 1: trasferimento delle immagini
Passo 2: verifica delle immagini
Passo 3: pre-produzione
Passo 4: produzione
Passo 5: post-produzione
Archiviare le immagini
I miei flussi di lavoro
Flusso di lavoro in esterno
Flusso di lavoro in studio
Come organizzo le mie immagini
Il mio studio per l’editing delle immagini
Ottimizzare le prestazioni di Photoshop e di Lightroom
Photoshop
Lightroom
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Il negativo digitale. File RAW con Photoshop, Lightroom e Camera Raw
 0321839579, 9782212136630, 9788850317110

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Il negativo digitale Jeff Schewe

Il negativo digitale Autore: Jeff Schewe Authorized translation from the English language edition, entitled DIGITAL NEGATIVE, THE: RAW IMAGE PROCESSING IN LIGHTROOM, CAMERA RAW, AND PHOTOSHOP, 1st Edition, 0321839579 by SCHEWE, JEFF, published by Pearson Education, Inc, publishing as Peachpit Press, Copyright © 2013 Jeff Schewe. All rights reserved. No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic or mechanical, including photocopying, recording or by any information storage retrieval system, without permission from Pearson Education, Inc. ITALIAN language edition published by IF-IDEE EDITORIALI FELTRINELLI SRL, Copyright © 2014. FRENCH language edition (ISBN 978-2-212-13663-0) published by Editions Eyrolles, Copyright © 2013 Groupe Eyrolles. In copertina e nel testo immagini fotografiche © 2014 Jeff Schewe. Images © 2014 Jeff Schewe.

Copyright © 2014 Apogeo - IF - Idee editoriali Feltrinelli srl Socio Unico Giangiacomo Feltrinelli Editore srl Via Andegari 6 – 20127 Milano (Italy) Telefono: 02-725721 Fax: 02-72572500 Email [email protected] Sito web www.apogeonline.com ISBN 978-88-503-1711-0 Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altri, senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. Nomi e marchi citati nel testo sono generalmente depositati o registrati dalle rispettive case produttrici.

Realizzazione editoriale: Edimatica Srl Milano Traduzione: Chiara Castellazzi Editor: Fabio Brivio Redazione: Federica Dardi Copertina e progetto grafico: Enrico Marcandalli

Indice Introduzione.................................................................. VII Capitolo 1 – Che cos’è un negativo digitale?................1 Dietro le quinte di un negativo digitale...............................2 I sensori..............................................................................4 Caratteristiche di un negativo digitale..................................7 Cattura lineare...............................................................7 Esposizione digitale........................................................9 Esporre a destra............................................................12 Disturbo e sensibilità ISO.............................................15 Interpretazione dei colori.............................................19 Metadati......................................................................23 Profondità di codifica...................................................25 Fotografare in RAW o in JPEG?.......................................26 Parametri di scatto............................................................28 Velocità dell’otturatore.................................................29 Apertura del diaframma................................................30 Difetti ottici.................................................................31 Aberrazioni monocromatiche.......................................32 Aberrazioni cromatiche................................................33 Risoluzione del sensore................................................34 Capitolo 2 – I software Adobe per l’editing RAW.......37 Le origini di Camera Raw................................................38 La nascita di Lightroom.....................................................39 Camera Raw, Photoshop e Bridge.....................................42 Bridge..........................................................................42 Camera Raw................................................................44 Photoshop...................................................................46 Il flusso di lavoro in Lightroom..........................................48 Camera Raw e Lightroom...........................................51 Gestione dei colori in Lightroom, Camera Raw e Photoshop...........................................52 Il formato DNG...............................................................56 DNG sì o no?..............................................................58 Il convertitore DNG....................................................58

IV Indice

Capitolo 3 – Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw............................................................63 Le impostazioni predefinite di Lightroom e di Camera Raw........................................64 Le funzionalità di Lightroom e di Camera Raw.................66 L’istogramma.....................................................................67 I pannelli degli strumenti di Lightroom e di Camera Raw.68 Pannello Base...............................................................69 Curva di viraggio.........................................................77 HSL/Colore/B & N....................................................80 Divisione toni..............................................................82 Dettagli........................................................................84 Correzioni obiettivo.....................................................92 Effetti.........................................................................101 Calibrazione fotocamera.............................................104 Gli strumenti di Camera Raw e di Lightroom.................106 Strumenti di ritaglio...................................................108 Strumenti di ritocco delle macchie.............................112 Correzioni locali........................................................116 Capitolo 4 – Correzioni avanzate................................131 Correggere i toni............................................................132 Gamma dinamica ridotta............................................132 Gamma dinamica elevata............................................134 Cielo ritagliato...........................................................137 Tempo uggioso..........................................................139 Sottoesposizione.........................................................142 Controluce................................................................145 Correggere i colori.........................................................148 Bilanciamento del bianco globale...............................149 Bilanciamento del bianco locale.................................152 Curve RGB...............................................................153 Viraggio parziale a colori...........................................156 Sfumature di colore....................................................158 Comandi HSL...........................................................161 Dominanti di colore...................................................162 Trasformazione in bianco e nero................................166 Ottimizzare i dettagli..................................................179 Capitolo 5 – Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi....................................................................193 Aprire le immagini in Photoshop....................................194 Esempio di ritocco in Photoshop....................................196 Strumento Intervallo colori .......................................197 Contrasto progressivo.................................................199

Indice  V

Aumento del contrasto locale.....................................201 Contrasto elevato.......................................................204 Correzione locale della saturazione e dei colori..........205 Correzione dei margini bianchi..................................208 Ritoccare le immagini................................................210 Strumenti Pennello correttivo e Timbro clone ...........212 Copiare e incollare i ritocchi......................................214 Dipingere dei ritocchi................................................215 Utilizzare dei tracciati per fare delle selezioni..............216 Assemblare più immagini................................................219 Creare una maschera di fusione..................................220 Aggiungere il cielo.....................................................220 Maschere di luminanza...............................................221 Trasformazione in bianco e nero in Photoshop................222 Utilizzare Photomerge per creare un’immagine panoramica................................................226 Utilizzare HDR Pro........................................................232 Aumentare la profondità di campo..................................235

Capitolo 6 – Creare un flusso di lavoro efficace.......243 Principi di un flusso di lavoro..........................................244 Fare le cose una volta sola .........................................244 Automatizzare............................................................244 Essere metodici..........................................................244 I cinque passi di un flusso di lavoro..................................245 Passo 1: trasferimento delle immagini.........................245 Passo 2: verifica delle immagini..................................245 Passo 3: pre-produzione..............................................248 Passo 4: produzione....................................................251 Passo 5: post-produzione............................................252 Archiviare le immagini...............................................252 I miei flussi di lavoro.......................................................255 Flusso di lavoro in esterno..........................................255 Flusso di lavoro in studio............................................262 Come organizzo le mie immagini...................................267 Il mio studio per l’editing delle immagini........................268 Ottimizzare le prestazioni di Photoshop e di Lightroom................................................................270 Photoshop.................................................................270 Lightroom..................................................................273

Dedicato alla memoria e ai contributi eccezionali di Bruce Fraser. Ti ringraziamo tutti, Bruce.

Introduzione Questo libro si occupa dei file in formato RAW, cioè grezzi, prodotti dalla vostra fotocamera, dei principali criteri di valutazione della loro qualità e del modo di sfruttarli al meglio. Ha anche l’ambizione di mostrarvi quando e come utilizzare Photoshop per migliorare il trattamento delle immagini e ritoccare quelle che ne hanno bisogno e che richiedono attenzione. Mi concentrerò in particolare sul modulo Sviluppo di Lightroom e sugli strumenti analoghi di Camera Raw. Nondimeno, per quanto dopo l’introduzione di Camera Raw l’elaborazione parametrica, ovvero la modifica dei metadati delle immagini, si sia notevolmente evoluta, Photoshop non ha certo perso la sua utilità. Ho scritto questo libro perché mi sembra che non esistano altre risorse che affrontino in modo esauriente l’argomento senza consacrarsi a un’unica applicazione. Invece di produrre l’ennesima opera su Lightroom o Photoshop, mi sono quindi dedicato alla trattazione dei file RAW in modo sufficientemente generico da renderla adattabile a software differenti. All’inizio della mia formazione fotografica, ho letto una serie di libri di Ansel Adams che hanno generato in me una vera e propria infatuazione per la fotografia. Opere come La fotocamera, Il negativo e La stampa hanno contribuito enormemente a far evolvere le mie conoscenze in questo ambito. Per rendere omaggio a questa celebre serie, ho chiamato questo libro Il negativo digitale. Solo il tempo dirà se avrà avuto sui suoi lettori una minima parte dell’impatto che i libri di Ansel Adams hanno avuto su di me.

VIII Introduzione

Dopo aver conseguito due diplomi in fotografia presso il Rochester Institute of Technology (RIT), ho esercitato per oltre venticinque anni l’attività di fotografo pubblicitario a Chicago. Posso annoverarmi tra i precursori della fotografia digitale: nel 1984 (l’anno di nascita del primo Macintosh), una delle mie immagini è stata ritoccata digitalmente, e nel 1992 ho iniziato a utilizzare Photoshop 2.0.1 per fini commerciali. Essendo stato uno dei primi alfa tester di Photoshop, ho potuto conoscere numerosi suoi sviluppatori, alcuni dei quali sono diventati miei amici, come Thomas Knoll (uno dei fratelli creatori del software) e Mark Hamburg (il numero due e sviluppatore capo di Lightroom). Sono stato coinvolto direttamente nello sviluppo di Camera Raw e di ­Lightroom e ho avuto la grande fortuna di incontrare molti esperti di fotografia digitale. Ho provato e provo ancora una sincera ammirazione per Bruce Fraser, celebre autore e formatore. Mi ha preso sotto la sua ala, e ho avuto l’onore di formare con lui e altri amici una confraternita chiamata Pixel Genius, che ha prodotto dei plug-in per Photoshop; dopo la sua prematura dipartita, ho raccolto il testimone e ho proseguito l’aggiornamento delle sue opere dedicate a Camera Raw e alle tecniche di miglioramento. Sono anche uno dei coautori di Adobe Photoshop CS5 for Photographers: The Ultimate Workshop. Dopo aver collaborato con altri alla redazione di diversi libri, sono particolarmente orgoglioso di averne finalmente scritto uno tutto da solo, ed è quello che tenete in mano: ora sono un autore a tutto tondo! Ringrazio le persone che hanno contribuito affinché quest’opera vedesse la luce, e in primo luogo John e Thomas Knoll per aver creato Photoshop e Camera Raw, veri catalizzatori dell’elaborazione digitale. Grazie anche a Mark Hamburg, che ha sopportato il mio parlare diretto e ha tenuto conto di alcuni dei miei suggerimenti. I miei ringraziamenti a Russell Preston Brown per aver cospirato con me, a Chris Cox per aver inserito in Photoshop numerose funzionalità ingegnose, a Russell Williams per aspirare sempre all’eccellenza e ai responsabili di prodotto John Nack e Brian Hughes per la loro capacità di ascolto degli utenti di Lightroom e Photoshop. Devo altrettanti ringraziamenti alla squadra di sviluppo di Camera Raw, e in particolare a Eric Chan e Zalman Stern. Grazie anche ai miei amici e soci di Pixel Genius, Martin Evening, Mac Holbert, Mike Keppel, Seth Resnick, Andrew Rodney e i compianti Mike Skurski e Bruce Fraser. Grazie anche alla mafia dei pixel: loro si riconosceranno… Questo libro non avrebbe mai potuto venire al mondo senza il dream team di Peachpit Press: Rebecca Gulick, editor straordinaria chi ha il dono di rimanere imperturbabile nonostante la mia sbadataggine e i miei ritardi; Liza Braziea, che mi ha permesso di fare quello che ritenevo fosse meglio; Elizabeth Kuball, che ha riletto attivamente il manoscritto e corretto errori e incoerenze; Kim Scott di Bumpy Design, per il suo eccellente lavoro di impaginazione; Patricia Pane, che ha scovato gli ultimi errori; Emily Glossbrenner, che ha strutturato un

Introduzione  IX

indice che permette a chiunque di trovare le informazioni che cerca; e infine Mimi Heft, che ha creato la copertina e il layout degli interni. Non avrei mai scelto quell’immagine per la copertina, ma devo riconoscere che funziona molto bene. (Potete ammirare la copertina della versione originale del libro all’indirizzo http://thedigitalnegativebook.com/wp/; allo stesso link troverete anche parte delle immagini che ho utilizzato per gli esempi.) Desidero ringraziare anche mia moglie Rebecca, che è sempre la prima persona a leggere i miei manoscritti e che contribuisce a renderli comprensibili. Sa prendere le mie mancate attenzioni e le mie cattive abitudini con saggezza, e malgrado tutto mi ama. Grazie anche a mia figlia Erica, che ha sofferto le mie assenze durante la scrittura del libro; ma è una delle mie critiche più inflessibili, e questo pareggia i conti... Infine, grazie a voi lettori. Spero che questo libro possa aiutarvi a migliorare le vostre tecniche di editing delle immagini. Jeff Schewe Agosto 2012

Nota dell’editore La genesi di questo libro è particolare. La prima stesura e pubblicazione in lingua inglese risale a settembre 2012, quando la suite Adobe di riferimento era la CS6. Una nuova edizione, questa volta in lingua francese, fu pubblicata a settembre 2013 con un importante lavoro di adattamento alla nuova suite CC, rilasciata da Adobe nel mese di giugno dello stesso anno. Da questa edizione è stato ricavato il libro che avete tra le mani, cercando di documentare le ulteriori evoluzioni dei software CC trattati nel testo, nel massimo rispetto del lavoro dell’autore, Jeff Schewe, e del traduttore e revisore francese, Gilbert Volker (le cui note sono ancora presenti nel testo come N.d.T.). Una delle novità più rilevanti della suite CC è la scelta di Adobe di proporre il software solo a coloro che sottoscrivono un abbonamento mensile o annuale. Da un certo punto di vista non si tratta quindi di una versione maggiore, bensì di un aggiornamento di CS6. Scendendo un po’ più nel dettaglio, in Photoshop CC i fotografi trovano un nuovo filtro per la correzione delle immagini sfocate, nuovi algoritmi d’interpolazione e l’ottava versione di Camera Raw, che migliora lo strumento Regolazione mirata e che ne introduce un altro, il Filtro radiale, dedicato alle correzioni selettive. Quanto a Lightroom, il software per eccellenza per il flusso di produzione fotografica, la sua versione 5 beneficia di alcuni miglioramenti, per quanto non rivoluzionari; ricordiamo soprattutto l’uso dei file proxy nel formato DNG, che permettono di correggere le immagini senza disporre degli originali, una nuova funzionalità particolarmente utile per i fotografi “nomadi”. Nelle note disseminate lungo il testo troverete approfondimenti, suggerimenti, richiami e curiosità.

Che cos’è un negativo digitale?

1

Un file digitale grezzo (RAW) è per definizione la registrazione dei dati non elaborati catturati dal sensore di una fotocamera insieme ai metadati generati dall’apparecchio. Si parla di negativo digitale perché questo è il termine introdotto da Thomas Knoll, il creatore di Camera Raw. I negativi digitali sono parenti stretti di quelli su pellicola: devono infatti essere “sviluppati” o stampati per mostrare un’immagine a colori.

Nella pagina precedente un esemplare di Libellula pulchella fotografato all’Oz Park di Chicago a poche centinaia di metri dal mio studio. Panasonic Lumix DMC-GH2, obiettivo 14-140 mm.

2  Capitolo 1

Al contrario di un negativo digitale, uno su pellicola è una versione dell’immagine con i valori invertiti, cosa che rende la valutazione visuale molto difficile; tuttavia anche il negativo digitale non è così facile da sfruttare. Probabilmente non avete mai avuto a che fare con un file grezzo. Come già detto, è costituito dai dati registrati dal sensore della fotocamera, e rappresenta l’immagine così come si forma nell’obiettivo e viene catturata dal sensore dell’apparecchio. Pur contenendo delle informazioni sul colore, l’immagine è in scala di grigio, e per ottenere i colori bisogna elaborarla. I metadati forniscono alcune informazioni relative all’esposizione, al bilanciamento del bianco e ai valori ISO che sono utilizzate da Lightroom e Camera Raw per trasformare il file grezzo in un’immagine a colori. In questo capitolo esamineremo il negativo digitale e gli elementi che lo compongono.

Dietro le quinte di un negativo digitale Se fotografate in modalità RAW, l’apparecchio deve trattare il file grezzo in modo da renderlo visualizzabile sul display LCD; un file RAW non elaborato avrebbe una cattiva resa, sarebbe troppo scuro e spento. La Figura 1.1 mostra quattro interpretazioni di un negativo digitale: l’immagine dopo l’editing in Camera Raw, due versioni in bianco e nero e una con una dominante verdastra che sono il risultato di un’elaborazione parziale.

Immagine sviluppata in Camera Raw

Produzione dei dati grezzi (DNG_Validate)

Produzione dei dati grezzi con correzione delle alte luci e delle ombre (DNG_Validate)

Produzione dei dati grezzi con schematizzazione senza correzione dei verdi (DNG_Validate)

Figura 1.1  La prima immagine a sinistra è stata elaborata con i parametri predefiniti di Camera Raw. Le immagini seguenti sono state convertite con l’aiuto dell’utility DNG_Validate, selezionando delle opzioni diverse per ciascuna: disattivazione della schematizzazione e della curva di trasferimento (seconda immagine), disattivazione della schematizzazione con regolazione dei punti bianco e di nero (terza immagine), schematizzazione con algoritmi rudimentali (quarta immagine).

Che cos’è un negativo digitale?   3

Un file grezzo contiene alcune informazioni di colore, ma nessuna di queste può essere interpretata dall’occhio umano come colore vero e proprio. Ogni elemento fotosensibile del sensore, detto fotorilevatore, registra dei dati sulla luminanza e genera una carica elettrica proporzionale alla quantità di luce ­r icevuta. La Figura 1.2 mostra alcuni ingrandimenti del fiore al centro della foto della Figura 1.1. A sinistra, l’immagine sviluppata in Camera Raw e ingrandita al 3200%; al centro l’immagine prima dell’interpolazione dei colori; a destra una vista molto ingrandita dei fotorilevatori rossi, verdi e blu. Considerato che l’apparecchio utilizzato possiede un dot pitch di 6,4 micrometri (un micrometro equivale a 0,001 millimetri), l’immagine risultante è 2500 volte più grande di quella originale! Verde

Rosso

Verde Blu

Immagine RGB sviluppata in Camera Raw

Produzione dei dati grezzi con correzione delle alte luci e delle ombre (DNG_Validate)

Fotorilevatori molto ingranditi

Figura 1.2  I fotorilevatori hanno una dimensione piccolissima.

DNG_Validate Se non riuscite a resistere alla tentazione di ricorrere all’utility DNG_Validate, sappiate che il suo utilizzo è piuttosto semplice, per quanto sia prediletta perlopiù dai geek. Per iniziare, scaricate, gratuitamente, il DNG Software Development Kit all’indirizzo http://www.adobe.com/support/downloads/dng/dng_sdk.html. Il software è disponibile in due versioni: per Mac OS e per Windows. Su Mac, avviate il Terminale (sotto Applicazioni > Utility), quindi trascinate nella sua finestra il file dng_validate (nella cartella dng_sdk/targets/mac/release). Digitate -1 s1 2­ s2 3­ s3 lasciando uno spazio tra ogni cifra, compresa l’ultima. Trascinate un file DNG nella finestra del Terminale, quindi premete il tasto Invio. Se avete svolto la procedura correttamente, Dng_Validate crea tre immagini e visualizza un messaggio del tipo Validate complete. Le tre immagini (s1.tiff, s2.tiff e s3.tiff) vengono salvate nella vostra cartella utente. Il file s1.tiff corrisponde all’immagine grezza, il file s2.tiff a una normalizzata ma non schematizzata e il file s3.tiff a una schematizzata ma con toni verdastri.

4  Capitolo 1

Il Terminale dovrebbe visualizzare un testo come il seguente: OldMacPro:~ schewe/Users/schewe/Desktop/dng_sdk_1_3/dng_sdk/targets/mac/release/dng_validate ­1 s1 ­2 s2 ­3 s3/Users/schewe/Desktop/DNG-test/_MG_3181.dng Validating « /Users/schewe/Desktop/DNG-test/_MG_3181.dng »… *** Warning: IFD 0 Copyright has non-ASC II characters *** Raw image read time: 0.411 sec Linearization time: 0.045 sec Interpolate time: 0.562 sec Validation complete

Ricordate che Dng_Validate funziona esclusivamente con file DNG prodotti da sensori che usano il filtro di Bayer. Avrete senz’altro notato che la matrice di Bayer della Figura 1.2 ha subìto una rotazione di 90°; si tratta di un’immagine verticale, mentre la serie rosso-verde-verde-blu della matrice di Bayer fa sempre riferimento a un’immagine orizzontale.

I sensori I meriti dei sensori CCD e CMOS sono sempre oggetto di dibattito, a volte appassionato. La differenza fondamentale tra le due tecnologie sta nella loro fabbricazione. I sensori CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor) sono realizzati nello stesso modo dei circuiti integrati e sono meno costosi da produrre dei sensori CCD (Charged-Coupled Device). La differenza di funzionamento tra i due è illustrata di seguito. ●●

●●

In un sensore CCD, ogni fotorilevatore riceve dei fotoni e accumula una carica elettrica proporzionale alla quantità di luce ricevuta. Alla fine dell’esposizione le cariche vengono trasferite da un fotorilevatore all’altro fino al registro centrale all’uscita del sensore, prima di essere convertite in differenze di potenziale, amplificate e digitalizzate. La conversione del segnale in tensione elettrica viene effettuata attraverso un convertitore analogico­-digitale. CMOS indica una tecnologia di fabbricazione dei componenti elettrici. I sensori CMOS combinano dei transistor a effetto di campo (MOSFET) costituiti da substrati di tipo p e n. Un transistor di questo tipo serve a modulare la corrente che lo attraversa attraverso un segnale applicato al suo elettrodo centrale (griglia). A differenza dei fotorilevatori di un sensore CCD, quelli di un sensore CMOS possiedono un amplificatore di segnale proprio; producono quindi meno calore e consumano meno energia di un CCD.

I sensori CMOS sono parte integrante della maggior parte delle ref lex professionali in commercio. Producendo poco calore, favoriscono l’uso di funzioni come Video e LiveView, permettendo di visualizzare l’immagine catturata sul sensore LCD della fotocamera. LiveView è particolarmente utile per la precisione dell’inquadratura e della messa a fuoco. In generale, i sensori CMOS

Che cos’è un negativo digitale?   5

permettono valori ISO più elevati, grazie a un livello di disturbo inferiore a quello dei sensori CCD. Il rovescio della medaglia è che i sensori CMOS necessitano l’aggiunta di un filtro passa-basso o di antialias per ridurre alcuni artefatti (come l’effetto scalettato, il moiré e così via) generati dall’interpolazione dei colori. Il moiré è prodotto dall’interferenza dovuta dalla sovrapposizione di due trame, per esempio la griglia dei pixel del sensore e la texture del soggetto; si manifesta quando si fotografano tessuti e altri oggetti la cui struttura è regolare e composta da una rete di linee verticali e orizzontali. La maggior parte delle ref lex digitali più recenti è dotata di un filtro passa-basso scarsamente efficace, e altre ne sono addirittura sprovviste (Leica M9, Nikon D800E e Nikon D7100). In genere questi filtri riducono la nitidezza delle immagini, ragione per cui è necessario compensare con un contrasto più pronunciato. Gli apparecchi che non integrano questo filtro producono immagini più definite, ma con un certo numero di artefatti. I sensori CCD sono presenti nelle digitali compatte più diffuse e anche negli apparecchi di medio formato; i loro fotorilevatori sono più grandi, e sono anche più efficaci nel controllare la luce. Diversamente dai sensori CMOS, quelli CCD non hanno filtri passa-basso e producono immagini più nitide, seppure con una certa tendenza a produrre artefatti sgradevoli. Negli ultimi anni, i sensori CMOS hanno avuto uno sviluppo esponenziale, grazie soprattutto alla loro fabbricazione semplice e poco onerosa. Vediamo due esempi emblematici di apparecchi dotati di sensori CMOS e CCD: venduta a circa 3000 euro, la Nikon D800E integra un solido sensore CMOS 24 × 36 a 36 megapixel; la digitale di medio formato Phase One IQ180 integra un sensore CCD a 40 megapixel, ed è molto più cara (circa 22.000 euro). Se le differenze tra i due sistemi sono più importanti di quanto il semplice confronto tra prezzi e megapixel lasci pensare, la Nikon D800E è un ottimo apparecchio per chi ha come obiettivo la produzione di stampe di grandi dimensioni molto dettagliate. La matrice di Bayer Il mosaico di Bayer, chiamato anche filtro o matrice di Bayer, è una matrice di filtri colorati posta davanti a un sensore. La matrice suddivide i filtri secondo una sequenza verderosso-verde-blu. Prende il nome dal suo inventore, Bryce E. Bayer, di Eastman Kodak. Nel suo brevetto, datato 1976, Bayer qualifica i fotorilevatori ricoperti dai filtri verdi come “sensibili alla luminanza” e gli altri, ricoperti dai filtri blu e rossi, come “sensibili alla crominanza”. La matrice utilizza quindi tanto dei filtri verdi quanto dei filtri rossi+blu per riprodurre la fisiologia dell’occhio umano (ecco perché la deschematizzazione rudimentale dell’utility DNG_Validate produce delle immagini verdastre).

6  Capitolo 1

La Figura 1.3 mostra gli elementi che costituiscono una matrice di Bayer. Il ruolo del mosaico è quello di produrre delle immagini a colori a partire da una cattura in bianco e nero. Ogni elemento fotosensibile dotato di un filtro colorato riceve solo la luce della lunghezza d’onda corrispondente. Per ottenere informazioni complete sul colore, occorre procedere a un’interpolazione, o deschematizzazione o demosaicizzazione; il software di conversione utilizza una parte dei metadati presenti nel file per calcolare, pixel per pixel, le informazioni sul colore mancanti a partire dalle celle dei pixel vicini. Per farlo, Camera Raw e Lightroom utilizzano alcuni algoritmi molto sofisticati. Purtroppo l’interpolazione dei colori si accompagna spesso a un abbassamento della risoluzione nativa del file grezzo. Così, per esempio, una risoluzione di un file di 24 megapixel non corrisponderà a nient’altro che a una di 16 megapixel. Tuttavia non è un problema grave, considerato che il sensore ha numerosi fotorilevatori. Quasi tutti i sensori ricorrono a una matrice di Bayer, ma alcuni usano dei filtri di tipo CYGM (Cyan, Yellow, Green, Magenta, cioè ciano, giallo, verde, magenta) o RGBE (Red, Green, Blue, Emerald, cioè rosso, verde, blu, smeraldo/ciano). Il sensore Foveon X3, che è costituito da tre strati sovrapposti di fotorilevatori, non attua alcuna interpolazione dei colori. Alcuni sensori numerici, come l’Hasselblad H4D-200MS, permettono di produrre 4 o 6 immagini successive grazie a un decremento del sensore di 1 pixel tra le viste. Concepito per ottenere immagini con una risoluzione più importante, questo metodo consente di attenuare l’interpolazione. Proposto a oltre 40.000 euro, l’H4D-200MS multishot è tutto tranne un prodotto destinato al grande pubblico, e la modalità di esposizione multipla funziona solo con soggetti immobili e con l’apparecchio montato su un treppiede molto solido.

Figura 1.3  Dettaglio di un mosaico di Bayer con fotorilevatori dotati di filtri rossi, verdi e blu (a sinistra). Vista generale di una matrice di Bayer composta da diverse centinaia di fotorilevatori (a destra).

Che cos’è un negativo digitale?   7

Caratteristiche di un negativo digitale Cattura lineare Se mettete una moneta nel palmo di una mano e poi ne aggiungete un’altra, il peso non vi sembrerà raddoppiare. Analogamente, se raddoppiate il numero di fotoni che raggiungono la vostra retina, la scena vi sembrerà più luminosa, ma non del doppio: i nostri occhi sono infatti in grado di adattarsi a un cambiamento nell’intensità della luce. Il sensore di una fotocamera digitale non possiede questa caratteristica della percezione dell’occhio: conta infatti i fotoni in modo lineare. Se una fotocamera codifica uno scatto a 12 bit, ogni livello di colore ne genera 4096, ovvero 4096 variazioni di luminosità tra il nero e il bianco. Il livello 2048 rappresenta esattamente la metà dei fotoni registrati al livello 4096. Se ce ne vogliono 4096 perché l’apparecchio registri il livello 4096, ci vorrà allora la metà dei fotoni perché registri il livello 2048 e l’altra metà per registrare il livello 1024. In una cattura lineare, il livello corrisponde dunque sempre al numero di fotoni catturati. Questa caratteristica lineare dello scatto digitale ha delle conseguenze importanti sull’esposizione. Quando una fotocamera registra una gamma dinamica di sette diaframmi (che è più o meno quella delle ref lex digitali odierne), la metà dei 4096 livelli è inf luenzata dal diaframma più luminoso, la metà del resto (1024 livelli) dal diagramma inferiore, la metà restante (512 livelli) dal diaframma seguente e così via. Il diaframma più scuro, che corrisponde alle parti più buie, non sarà definito che da 32 livelli. La Figura 1.4 mostra come il sensore registra la stessa gamma di sette diaframmi dal nero al bianco.

32 128 256 64

512

1024

2048 livelli (la metà dei livelli esistenti)

Figura 1.4  Sfumatura che rappresenta una cattura lineare.

Il sensore percepisce la luce in modo decisamente diverso. Non può emulare la visione umana con l’aiuto di una curva logaritmica, ma queste curve, che servono a definire il contrasto di un’immagine, sono così facili da utilizzare e

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sufficientemente vicine alla percezione umana che le si ritrova negli spazi colore usati per l’editing delle immagini, in una gamma compresa tra 1,8 e 2,2. Per esempio, lo spazio colore ProPhoto RGB utilizza una gamma di 1,8, quello Adobe RGB una di 2,2. Se visualizzate un’immagine dotata di una gamma lineare (1,0) in Photoshop senza applicare contemporaneamente una curva di compensazione, vi apparirà buia.

Figura 1.5  Sfumatura che rappresenta una cattura logaritmica.

Figura 1.6  Confronto tra la cattura lineare (a sinistra) e l’immagine elaborata in Camera Raw (a destra).

Uno dei compiti principali di un convertitore di file grezzi è quello di trasformare la gamma lineare dello scatto in una curva logaritmica, affinché i livelli registrati corrispondano il più possibile alla visione umana. Nella pratica, la distribuzione delle tonalità di una gamma lineare in una logaritmica è però molto più complessa della semplice correzione della curva. Quando ritocchiamo un file grezzo, iniziamo solitamente con il ridurre le estremità dell’istogramma nei punti di nero e di bianco, dopodiché regoliamo i valori medi e il contrasto. La distribuzione delle tonalità è quindi più articolata della formula che calcola la gamma. Se vogliamo che le nostre immagini sopravvivano a questa suddivisione senza degradare, è indispensabile che siano ben esposte.

Che cos’è un negativo digitale?   9

Esposizione digitale Ai tempi della pellicola avevo preso l’abitudine di variare l’esposizione delle mie diapositive 20 × 25 a intervalli di 1/6 EV, da una parte per poter fatturare ai miei clienti spese maggiori per i consumabili e lo sviluppo, e dall’altra perché lo scarto tra due esposizioni era sufficientemente grande da permettere di distinguere le differenze appoggiando il negativo sul tavolo luminoso. Questo modo di procedere non ha più alcun senso, perché le ref lex digitali sono dotate di sistemi di misura molto sofisticati, e la luminosità e il contrasto dei file RAW possono essere regolati in modo preciso in Camera Raw e Lightroom. Una buona esposizione è indispensabile tanto con la pellicola quanto con il digitale, ma ci sono due parametri da prendere in considerazione: la gamma di contrasto del soggetto fotografato e la gamma dinamica del sensore dell’apparecchio. Se lavorate all’aperto con un cielo sereno, la gamma di contrasto di un paesaggio supera spesso quella dinamica del sensore. Di fronte a questo dilemma, conviene fare una scelta di ordine estetico: se sottoesponete la foto per conservare la alte luci, perderete molti dei dettagli che l’apparecchio potrebbe cogliere nelle ombre, ma se la sovraesponete, rischiate di bruciare le alte luci. Occorre quindi identificare le parti più importanti dell’immagine (alte luci o ombre) e poi esporre a seconda delle vostre preferenze. Per scegliere l’esposizione più adatta, è buona norma conoscere la gamma dinamica del sensore. Ci sono vari modi per valutare le capacità di una fotocamera: uno consiste nel fotografare tenendo come riferimento una scala di grigi e calcolare la gamma dinamica del sensore seguendo una procedura di test molto rigorosa e complessa. Il sito DxOMark (http://www.dxomark.com/), concepito e mantenuto da DxO Labs, produttore del software di editing RAW DxO Optics Pro, ha testato la gamma dinamica della maggior parte delle ref lex e delle digitali di medio formato. Secondo il sito, il sensore della Nikon D800 possiede una gamma dinamica equivalente a 14,4 EV, mentre quello della Canon EOS 5D Mark III ne ha una equivalente a 11,7 EV. Vuol dire che la Nikon avrà una gamma dinamica migliore della Canon? Senz’altro, ma ricordiamo che questo non è che uno dei numerosi parametri di cui tener conto. Un altro modo per valutare la gamma dinamica di un sensore è quello di scattare in condizioni di luminosità diverse e poi analizzare i risultati. Personalmente utilizzo un esposimetro manuale per misurare i valori EV delle alte luci e delle ombre di cui desidero conservare i dettagli. In seguito confronto l’immagine risultante con un’altra esposta secondo il mio metodo consueto. (Se non avete un esposimetro manuale, potete utilizzare quello del vostro apparecchio in modalità Spot.) In alcune situazioni, una sola esposizione non basta per registrare tutte le informazioni sul soggetto. Scattando con più esposizioni, potete trasformare

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un’immagine contrastata in una dalla gamma dinamica molto estesa (HDR) che mantiene tutte le informazioni, tanto nelle alte luci quanto nelle ombre. È stato un caso specifico a convincermi della potente gamma dinamica che può essere registrata da un file grezzo: si tratta di una foto delle cascate del Niagara scattata con una Canon EOS 1Ds Mark III. Secondo DxOMark, questo apparecchio ha una gamma dinamica di 12 EV. Per fotografare il fiume vicino all’arco delle cascate, ho scelto una velocità dell’otturatore molto bassa, così da trasmettere il movimento dell’acqua. La scena era illuminata in maniera diretta, e la gamma di contrasto moderata, ma la luce era comunque piuttosto forte. Ho regolato l’apertura dell’obiettivo sul valore minimo e ho provato velocità dell’otturatore diverse, tra 1/20 e 1 secondo. Più tardi, riguardando le immagini sul display, ho visto che la maggior parte di esse era decisamente sovraesposta, e ho pensato di aver fallito tutta la sessione. La Figura 1.7 mostra l’immagine come si presentava sul display: l’avvertimento di sovraesposizione copre gran parte della foto e l’istogramma non mostra che un ritaglio all’estremità destra del grafico.

Figura 1.7  Il display LCD mostra un’immagine apparentemente irrecuperabile, almeno stando alle informazioni fornite dall’istogramma.

Tornato in studio, ho aperto l’immagine sul computer e ho notato più sfumature, ma non bastava a convincermi di poterla utilizzare. Tuttavia, grazie ad alcuni interventi piuttosto radicali effettuati con l’aiuto degli strumenti Curva di viraggio e Neri, sono riuscito a produrre un’immagine non solo sfruttabile, ma che corrispondeva a quanto volevo ottenere fin dall’inizio. Le figure che seguono mostrano le tre tappe della correzione in Camera Raw 8.

Che cos’è un negativo digitale?   11

Figura 1.8  La stessa immagine, stavolta aperta nella finestra di Camera Raw. È stata esposta per mezzo secondo a f/11. L’istogramma mostra poche informazioni, e tutte a destra del grafico. Attivando l’indicatore di ritaglio della alte luci, le informazioni sovraesposte appaiono sottolineate in rosso nell’immagine. Ho utilizzato la Versione elaborazione 2010, i cui algoritmi di distribuzione delle tonalità corrispondono a quelli usati da Lightroom 3.

Figura 1.9  La stessa immagine, convertita con la Versione elaborazione 2012, usata da Lightroom 4 e 5. Le informazioni sovraesposte, sottolineate in rosso, sono molto meno numerose e l’immagine presenta più sfumature nelle alte luci. Sebbene la resa non sia ancora accettabile, è un miglioramento importante.

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Figura 1.10  Per produrre questo risultato occorre un’unica regolazione: ho fatto clic su Auto per applicare una correzione automatica delle tonalità. L’immagine risultante è diventata utilizzabile e anche molto bella. Notate l’assenza di ritaglio nelle alte luci e nelle ombre, sia nell’immagine sia nell’istogramma. Il pannello Base mostra le correzioni effettuate da Camera Raw. Ho semplicemente aumentato la chiarezza, la vividezza e la saturazione per rafforzare il contrasto locale e la saturazione.

Da questa esperienza ho imparato una serie di cose. ●●

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Un filtro a densità neutra (ND) può essere utile per abbassare la velocità senza sovraesporre le foto; me ne sono procurato uno che permette di ridurre la luminosità di 3 EV. Non si deve mai giudicare l’esposizione basandosi esclusivamente sull’immagine e sull’istogramma sul display; l’indicatore di ritaglio di quest’ultimo pecca spesso di eccesso di prudenza e può indurre in errore. Camera Raw e Lightroom possiedono strumenti potenti per recuperare informazioni nei valori estremi. Una cattura lineare può comportare la “falsa” sovraesposizione delle informazioni, che possono essere facilmente recuperate a posteriori nel software di editing RAW.

Esporre a destra L’espressione esporre a destra è apparsa per la prima volta in un articolo di Michael Reichmann pubblicato sul sito Luminous Landscape. Fa riferimento a una conversazione tra lui e Thomas Knoll a proposito dell’esposizione delle immagini digitali. Knoll suggeriva di sovraesporre in modo controllato di quel minimo

Che cos’è un negativo digitale?   13

sufficiente affinché la gamma di contrasto della scena fosse inferiore alla gamma dinamica del sensore. In questo modo è possibile migliorare il rapporto segnale/ disturbo del sensore, che ha molto peso nelle parti più esposte. L’esposizione a destra non migliora le immagini quando il contrasto della scena è inferiore alla gamma dinamica del sensore. In effetti serve poco aprire il diaframma quando cercate una certa profondità di campo per ottenere un’immagine nitida; d’altra parte, non serve a nulla scegliere una velocità dell’otturatore bassa se poi ottenete un’immagine sfocata. L’esposizione a destra ha senso solo quando si può aumentare l’esposizione (per catturare più fotoni) senza compromettere altri parametri dell’immagine. Non si tratta quindi di sovraesporre le immagini in modo arbitrario. Il consiglio di Thomas Knoll e Michael Reichmann è quello di conoscere la gamma dinamica del proprio apparecchio e di approfittarne, oltre che di valutare la gamma di contrasto del soggetto per regolare l’esposizione della fotocamera nel modo più opportuno. Non è una sovraesposizione, quanto un’esposizione preposta a ottimizzare il rapporto segnale/disturbo del sensore e la qualità delle immagini. Ma l’esposizione a destra è davvero efficace? Non ne sono del tutto convinto. Per il prossimo esempio, ho utilizzato la funzione di bracketing automatico della mia fotocamera per esporre una serie di cinque scatti, separati tra loro da uno scarto di esposizione di 1 EV, tra –2 e +2 EV. La Figura 1.11 mostra le immagini più sottoesposte e più sovraesposte, oltre all’esposizione suggerita dall’apparecchio.

Immagine sottoesposta (–2 EV)

Immagine corretta (+/–0 EV)

Immagine sovraesposta (+2 EV)

Figura 1.11  Una sequenza di tre immagini prima della correzione. L’immagine sottoesposta di 2 EV (a sinistra) è scura, e le sue informazioni occupano solo la parte sinistra dell’istogramma. Nel grafico dell’immagine ben esposta (a centro), le informazioni sono distribuite in modo uniforme, senza ritaglio nelle alte luci né nelle ombre. Le informazioni dell’immagine sottoesposta di 2 EV (a destra) occupano la metà destra dell’istogramma, con alcuni ritagli.

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Nonostante le apparenze, è perfettamente possibile recuperare le immagini più sotto e sovraesposte. Grazie agli strumenti di correzione della tonalità di Camera Raw, ho potuto schiarire l’immagine sottoesposta e scurire quella sovraesposta in modo da produrre tre foto la cui resa è simile (Figura 1.12).

Immagine sottoesposta/regolata (–2 EV)

Immagine corretta/regolata (+/–0 EV)

Immagine sovraesposta/regolata (+2 EV)

Figura 1.12  Le tre immagini regolate in modo da armonizzare la tonalità e i colori. Le immagini e gli istogrammi si assomigliano. Ho cominciato con il modificare l’immagine esposta correttamente con i seguenti parametri: Esposizione +0,10, Bianchi +43, Neri –26, Contrasto +14. Per le immagini sotto e sovraesposte, ho regolato perlopiù il cursore Esposizione (+2,05 e –1,90). Il ritaglio nelle alte luci delle immagini sovraesposte è stato corretto con l’aiuto di questo parametro.

Se questo esempio dimostra che è possibile correggere in modo soddisfacente le immagini eccessivamente sotto o sovraesposte, non è però questo il nostro obiettivo principale. A ben guardare, la qualità delle tre immagini è piuttosto diversa: ingrandendo quelle corrette ed esaminando il livello di disturbo di ciascuna, si vede chiaramente che è molto meglio riuscire a catturare un maggior numero di fotoni (Figura 1.13).

Immagine sottoesposta, –2 EV, (ingrandimento)

Esposizione corretta, +/–0 EV, (ingrandimento)

Immagine sovraesposta/regolata, +2 EV, (ingrandimento)

Figura 1.13  Ingrandimento al 400% delle tre immagini precedentemente corrette. Si notano subito differenze notevoli in termini di disturbo.

Che cos’è un negativo digitale?   15

L’esempio prova l’efficacia dell’esposizione a destra per quelle scene in cui il contrasto non super la gamma dinamica del sensore. La sovraesposizione controllata aumenta il rapporto segnale/disturbo del sensore; questo riceve più fotoni e produce quindi meno disturbo, il che favorisce la qualità dell’immagine. Rapporto segnale/disturbo Il rapporto segnale/disturbo indica la qualità della trasmissione di un’informazione e il rapporto di potenza tra i due. Più il rapporto è alto (e più i fotoni catturati dal sensore sono numerosi), più migliora la qualità delle immagini.

Disturbo e sensibilità ISO A seconda del sensore, dell’esposizione e della sensibilità, il disturbo ha effetti diversi, più o meno fastidiosi. Ci sono più fonti di disturbo che producono due tipi di effetti: il disturbo aleatorio e quello strutturale permanente (Figura 1.14). Il primo dovrebbe chiamarsi più correttamente disturbo pseudo­a leatorio, poiché la sua distribuzione segue la legge di Poisson.

Disturbo aleatorio

Disturbo strutturale permanente

Figura 1.14  Le due categorie di disturbo più comuni.

Laddove è possibile eliminare il disturbo strutturale permanente attraverso il software, quello aleatorio è difficile da rimuovere, per quanto un’applicazione di sfocatura possa contribuire a ridurlo. Il livello di disturbo mostrato nell’esempio può sembrare un po’ estremo: si tratta di due immagini scattate con una vecchia Canon EOS 10D che ho conservato per questi usi. (Avrei fatto molta più fatica a produrre degli esempi così significativi con degli apparecchi moderni.) Per mostrare il disturbo aleatorio, ho scelto una sensibilità di 3200 ISO, mentre per il disturbo strutturale permanente ho impostato 100 ISO con un’esposizione di 30 minuti con il copri-obiettivo al suo posto; si tratta di un’esposizione ovviamente esagerata per questo tipo di sensore, e per questo produce una texture di disturbo strutturale molto evidente.

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Sebbene il disturbo si manifesti in due sole forme, le cause che lo provocano possono essere tre. ●●

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Il disturbo dei fotoni è la conseguenza della natura stessa della luce, e il suo livello è direttamente proporzionale all’esposizione ed è parte integrante del segnale utile. Preponderante nelle alte luci, è frutto dell’emissione irregolare e imprevedibile dei fotoni; ogni pixel del sensore riceve una quantità diversa di fotoni, e questo anche se il soggetto ha una luminosità omogenea. In linea generale, più la luce ricevuta è forte, più il rapporto segnale/disturbo è elevato; meno il disturbo è importante più il livello di disturbo dei fotoni si riduce. Ricordate che il disturbo dei fotoni non è influenzato dai progressi apportati dai sensori e dai processori incorporati; sarà dunque sempre presente, anche con un sensore perfetto. Il disturbo di lettura dipende dall’apparecchio utilizzato, e quindi oggi è quasi irrilevante. Al di là di una variazione introdotta per la regolazione della sensibilità, questo tipo di disturbo è indipendente sia dalle regolazioni della fotocamera sia dalle condizioni della ripresa. Spesso è costituito dal disturbo aleatorio e da quello strutturale, che è particolarmente incisivo e si presenta solitamente sotto forma di righe orizzontali e verticali. In genere lo si può correggere attraverso un doppio campionamento correlato che si basa su due misurazioni per ciascun fotorilevatore. La prima ha luogo quando il fotorilevatore viene reinizializzato e la seconda alla fine dell’esposizione; lo scarto tra le due misurazioni viene utilizzato come correzione del segnale nei due passi successivi del trattamento da un amplificatore di guadagno e dal convertitore analogico-digitale. Il disturbo di oscurità è dovuto al riscaldamento del silicio quando il sensore è sotto tensione. Il numero di interferenze che si crea è proporzionale alla temperatura interna del sensore: più è alta, più il numero dei pixel colorati è elevato. Come il disturbo di lettura, quello di oscurità possiede spesso una struttura tanto aleatoria quanto permanente; quest’ultima è legata ad alcuni componenti elettronici situati nei pressi del sensore, il cui posizionamento può produrre delle interferenze distribuite in modo irregolare nell’immagine. Anche in questo caso è possibile utilizzare le stesse procedure che servono per correggere la componente strutturale del disturbo di lettura. Notate che le fotocamere astronomiche di alta gamma e alcune di medio formato utilizzano dei sistemi di raffreddamento per ridurre o eliminare il disturbo di oscurità.

Nell’esempio della Figura 1.14, il disturbo aleatorio è dovuto principalmente a quello dei fotoni, che è indipendente dal valore ISO a cui è impostata la fotocamera (leggete il riquadro “Disturbo e sensibilità ISO elevate” per saperne di più). Nella stessa figura, il disturbo strutturale permanente mescola diversi tipi di disturbo: una texture granulare, delle strisce verticali e del disturbo di oscurità che si manifesta soprattutto nell’angolo inferiore destro e che è stato

Che cos’è un negativo digitale?   17

provocato da un riscaldamento dei componenti elettronici dell’apparecchio durante l’esposizione di 30 minuti. Per la cronaca, ho rinunciato all’estrazione via software di una seconda immagine per mostrare come ridurre il disturbo dovuto alle lunghe esposizioni (tramite una funzione personalizzata nel menu della fotocamera). Da una parte intendevo ottenere un esempio significativo per illustrare il disturbo di oscurità, e dall’altra non avevo semplicemente intenzione di aspettare la fine di un’altra esposizione di 30 minuti! Disturbo e sensibilità ISO elevate L’aumento della sensibilità ISO della fotocamera amplifica il segnale e aumenta il disturbo dei fotoni, quello di lettura e quello di oscurità. Anche gli amplificatori del segnale producono un disturbo e contribuiscono ad accrescere il livello generale del disturbo nell’immagine finale. La scelta di un valore ISO elevato implica quindi sempre un aumento sistematico di questo inconveniente, in particolare nelle ombre, dove il rapporto segnale/disturbo è meno favorevole. Considerato che il disturbo si amplifica quando l’ISO è alto, il segnale del disturbo di un’immagine corrisponde poco o niente a quello di un’altra scattata in base alla sensibilità di base dell’apparecchio: il disturbo è più forte. Confrontate le due immagini della Figura 1.15, scattate a 100 e a 3200 ISO.

Disturbo percepibile a 100 ISO

Disturbo percepibile a 3200 ISO

Figura 1.15  Segnale del disturbo di una Canon EOS 10D a 100 ISO e a 3200 ISO.

Più il sensore è moderno, più la sua capacità di raccogliere i fotoni conta e migliore sarà la granulosità del disturbo. I produttori hanno compiuto grandi sforzi per perfezionare la sensibilità dei sensori, in particolare riducendo lo spazio tra i fotorilevatori e migliorando l’architettura delle microlenti. Alcuni apparecchi recenti propongono delle sensibilità molto elevate di 25.600 ISO e oltre, che però non sono state ottenute dall’amplificazione del segnale: il guadagno in sensibilità è dovuto a un aumento di quello digitale, che corrisponde a una sottoesposizione di 1,2 o 3 EV, seguita da una correzione dell’esposizione. La sensibilità ISO più elevata di queste fotocamere è dunque più bassa, e si colloca attorno ai 3200 o 6400 ISO, parametro utilizzabile senza problemi nella realtà.

18  Capitolo 1

Ricordate che il disturbo sarà sempre presente nelle immagini digitali, a prescindere dai progressi realizzati in questo campo; nondimeno, sarà più significativo a ISO elevati. La sua correzione si riduce quasi sempre nella regolazione della luminanza e della crominanza, anche se i comandi differiscono tra un software e l’altro. Gli algoritmi attuali sono talmente efficaci che dovrete ricorrere raramente a delle applicazioni specializzate.

Camera Raw e Lightroom propongono diversi algoritmi per ridurre il disturbo di crominanza e di luminanza. Tutte le fotocamere i cui sensori sono dotati di una matrice di Bayer producono del disturbo cromatico come effetto secondario dell’interpolazione dei colori. Il disturbo cromatico è indipendente dal valore ISO impostato nell’apparecchio, per quanto sia più visibile alle sensibilità più elevate. Può manifestarsi in tutta l’immagine – cioè nelle alte luci, nei mezzitoni e nelle ombre – ma varia da una fotocamera all’altra. La maggior parte dei software di editing RAW fa un ottimo lavoro nell’eliminare il disturbo cromatico, tanto che in genere basta usare la regolazione di default. La Figura 1.16 mostra il disturbo cromatico di un file RAW ripreso a 3200 ISO. Anche qui ho utilizzato la mia vecchia Canon 10D per rendere il disturbo ben visibile; le fotocamere digitali più nuove mostrano sempre meno disturbo, e spesso è sufficiente lasciare il cursore per la correzione del disturbo cromatico di Camera Raw e Lightroom al suo valore predefinito (25).

Nessuna correzione del disturbo cromatico Correzione del disturbo cromatico (+100)

Correzione del disturbo cromatico e del disturbo di luminanza

Figura 1.16  Riduzione del disturbo cromatico e di luminanza in Camera Raw.

Per la valutazione e la correzione del disturbo, è importante sapere se questo dovrà apparire o meno nell’immagine finale. Il campionamento a una dimensione più piccola è una tecnica molto efficace per ridurre il disturbo. Ricordate sempre che la scelta di un rapporto d’ingrandimento uguale o superiore a 1:1 (un punto dello schermo corrisponde a un pixel dell’immagine) non offre una rappresentazione realistica della texture del disturbo. È piuttosto preferibile visualizzare l’immagine al 25% (1:4) o al 50% (1:2) della sua dimensione effettiva in pixel, per quanto si tratti di una risoluzione inferiore a quella della stampante.

Che cos’è un negativo digitale?   19

Se è vero che alcuni software di editing RAW, e in particolare quelli proposti dai produttori delle fotocamere, tendono a far sparire il disturbo di luminanza tramite il ritaglio delle ombre, rimane sempre utile una correzione in Camera Raw e Lightroom. Formato RAW e spazi colore Se fotografate nel formato RAW, la regolazione dello spazio colore non avrà alcuna influenza sul volume dei colori catturati dalla fotocamera. La scelta dello spazio colore peserà esclusivamente sulla vista del JPEG incorporato nel file RAW e sulla visualizzazione dell’immagine sul display LCD della fotocamera. Una volta che l’immagine viene trasferita sul disco del vostro computer, solo una manciata di metadati ricorderà la vostra scelta dello spazio colore durante lo scatto.

Interpretazione dei colori Fotografando in JPEG, potete scegliere tra due spazi colore: sRGB o Adobe RGB (1998). La maggior parte degli apparecchi odierni è in grado di catturare i colori situati al di fuori delle gamme di questi spazi colore, soprattutto nel registro dei gialli e dei ciano saturi, colori ritagliati dalla conversione in sRGB o Adobe RGB. Se lavorate nel formato JPEG, i colori più saturi non appariranno mai nelle vostre immagini. La capacità dei software di editing RAW di restituire spazi colore diversi varia da un software all’altro. Camera Raw propone quattro destinazioni possibili e Lightroom tre. La Figura 1.17 mostra i menu dedicati alla scelta dello spazio colore in Camera Raw e Lightroom. Tra questi, ProPhoto RGB copre tutti i colori che possono essere registrati dalla fotocamera e gran parte di quelli dello spettro visibile. Se notate un ritaglio di colori importanti in una conversione in ­ProPhoto RGB, significa che avete registrato qualcos’altro che non è la luce visibile. Nel Capitolo 2 vedremo nel dettaglio l’uso dei diversi spazi colore e le origini di ProPhoto RGB; per ora analizziamone le differenze in termini di gamma in Camera Raw e Lightroom, differenze che inf luiscono direttamente sull’elaborazione dei file grezzi e sulla riproduzione dei colori. Scelta dello spazio colore in Camera Raw 8 (N.d.T.) La finestra di dialogo Opzioni flusso di lavoro di Camera Raw 8 si arricchisce di alcune funzionalità interessanti: se le versioni precedenti del plug-­in avevano solo quattro spazi di lavoro per l’immagine convertita, gli utenti di Photoshop CC possono ora spingersi nel mondo dei profili ICC del sistema per scegliere spazi di lavoro più “esotici” (CIE RGB, Wide Gamut RGB e così via) e vedere profili di stampa di tipo RGB o CMYK. Ciliegina sulla torta, la scelta del profilo si riflette sull’anteprima e sull’istogramma, permettendo di simulare a video i colori dell’immagine stampata (soft proofing).

20  Capitolo 1

Scelta dello spazio colore nella finestra di dialogo Opzioni flusso di lavoro di camera Raw

Scelta dello spazio colore nella scheda Modifica esterna di Lightroom

Figura 1.17  Regolazione dei colori in Camera Raw e Lightroom.

Spazio sRGB sRGB è stato creato nel 1996 da Hewlett Packard e Microsoft come spazio colore di riferimento per i monitor e le stampanti. Michael Stokes, ingegnere che in precedenza lavorava in HP per poi passare a Microsoft, è la mente originaria del progetto. Da allora, lo spazio sRGB è diventato quello predefinito dei computer Windows. Negli anni, si è discusso molto sul significato della “s” in sRGB; potrebbe voler dire “standard ” o “semplice”, mentre alcuni (me compreso) la interpretano come “satanico”. Tuttavia, che lo si apprezzi o meno, è diventato lo spazio colore di default per la visualizzazione sul Web.

Che cos’è un negativo digitale?   21

Facendo un’analogia con le unità di misura di volume per i liquidi, lo spazio sRGB (il più piccolo in termini di volume dei colori di Camera Raw e Lightroom) può contenere circa mezzo litro, lo spazio Adobe RGB un litro e ProPhoto RGB quattro. Se la vostra fotocamera è in grado di catturare più colori che con lo spazio Adobe RGB ma meno che con ProPhoto RGB, e se desiderate conservare l’insieme dei colori, dovrete scegliere in Camera Raw o Lightroom lo spazio ProPhoto RGB. Limitando artificialmente il volume dei colori restituiti scegliendo lo spazio sRGB o Adobe RGB, ritaglierete dei colori che il vostro apparecchio è invece in grado di registrare, che il vostro software potrebbe trattare e che la vostra stampante potrebbe restituire. Con lo spazio ProPhoto RGB, potreste d’altra parte mantenere l’insieme dei colori catturati. (Anche altri spazi colore possono farlo, ma non sono installati di default nei software Adobe.) Ci sono delle buone ragioni per voler conservare il più a lungo possibile i colori registrati dalla fotocamera. ●●

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Se utilizzate lo spazio colore ProPhoto RGB, le immagini convertite conserveranno l’insieme dei colori così come sono registrati al momento dello scatto, permettendo di creare dei file di tipo bitmap che potranno essere elaborati successivamente senza perdere le informazioni sul colore. Le tecnologie utilizzate per visualizzare e stampare le immagini sono in continua evoluzione. Personalmente lavoro con dei monitor NEC in grado di visualizzare il 98% dei colori nella spazio Adobe RGB (attualmente non ci sono monitor capaci di restituire lo spazio ProPhoto RGB); con lo spazio sRGB, finirei per ritagliare inutilmente i colori visualizzati. Nel trattamento delle immagini, la precisione parte dall’inizio: anche se la vostra immagine finale avrà un volume di colori ridotto, occorre partire da un volume più cospicuo. Il principio di Nyquist stabilisce che, per rappresentare correttamente un segnale digitalizzato, la frequenza del ritaglio di un segnale dev’essere uguale o superiore al doppio della frequenza massima contenuta in esso. ProPhoto RGB è il più grande degli spazi colore proposti dai software di editing RAW di Adobe, e quindi soddisfa i requisiti.

La Figura 1.18 mostra un’immagine con due colori saturi che ho elaborato in Camera Raw con i tre spazi colore sRGB, Adobe RGB e ProPhoto RGB. Un’immagine semplice come questa può contenere colori che si trovano decisamente fuori dalla gamma riproducibile da Adobe RGB e sRGB. Lo scatto in JPEG o la conversione dei colori in uno di questi spazi comporterà una perdita nel resto, poiché ProPhoto RGB è il solo spazio a poter contenere tutti i colori dell’immagine.

22  Capitolo 1

Immagine originale elaborata in Camera Raw con i colori convertiti nello spazio ProPhoto RGB

Colori dell’immagine trasformati in quadratini colorati e confrontati con quelli dello spazio colore sRGB

Colori dell’immagine trasformati in quadratini colorati e confrontati con quelli dello spazio colore Adobe RGB

Colori dell’immagine trasformati in quadratini colorati e confrontati con quelli dello spazio colore ProPhoto RGB

Figura 1.18  Spazio colore e ritaglio dei colori in base allo spazio di lavoro utilizzato. La rappresentazione grafica degli spazi colorimetrici è stata ottenuta con il software Chromix Color Think nello spazio Lab. I colori dell’immagine sono stati trasformati in quadratini colorati, dentro e fuori gli spazi colore scelti.

ProPhoto RGB e modalità a 16 bit Vi consiglio di associare lo spazio ProPhoto RGB a un’immagine codificata a 16 bit per canale per evitare effetti di posterizzazione. Uno spazio colore accidentale Lo spazio di lavoro Adobe RGB (1998) è nato da un errore di copia e incolla. Nel 1998, Photoshop era alla sua quinta versione, la cui novità principale riguardava la gestione dei colori. Per la prima volta, il software distingueva tre tipi di spazi colore: quelli di input, di lavoro e di output. Per quanto questa suddivisione sembrasse logica, molti utenti di Photoshop non erano ancora pronti ad adottarla. Tra gli altri spazi di colore apparsi in contemporanea a Photoshop 5 ce n’era poi uno misterioso: SMTPE-240M. Sembra che un ingegnere impegnato nello sviluppo di Photoshop, Mark Hamburg, avesse fatto una ricerca sul Web per sapere di più sugli spazi colore RGB, e ne avesse

Che cos’è un negativo digitale?   23

trovato uno, ancora in fase embrionale, sul sito della Society of Motion Picture and Television Engineers (SMTPE). Dopo averne copiato i valori RGB e la gamma, creò un profilo ICC e lo chiamò SMTPE­240M, ma lo spazio in questione allora non era che una proposta non ratificata dalla SMTPE. Inoltre c’era un piccolo errore di copia e incolla nella specifica di due dei tre colori RGB. La SMTPE chiese ad Adobe di correggere l’errore, perché i due spazi condividevano le stesse caratteristiche per la gamma, il punto di bianco e i valori RGB. Quando la SMPTE pubblicò la sua specifica “SMTPE-240M”, Adobe decise di far apparire il proprio spazio di lavoro con il nuovo nome di Adobe RGB (1998) e di rilasciarlo con Photoshop 5.0.1. La gamma dello spazio SMTPE-240M è leggermente più piccola di quello dello spazio Adobe RGB (1998), e il primo viene utilizzato quasi esclusivamente nel campo della televisione e dei video.

Metadati Letteralmente, i metadati sono dei “dati nei dati”. I file grezzi possono contenerne di tre tipi. ●●

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I metadati EXIF (Exchangeable Image File Format) vengono registrati dalla fotocamera. Creato dalla JEIDA (Japan Electronic Industries Development Association), lo standard EXIF è stato presentato nella sua ultima versione 2.3 dalla JEIDA e dalla CIPA (Camera & Imaging Product Association), che succede alla JCIA ( Japan Camera Industry Association). Lo standard EXIF definisce il modo in cui i campi dei metadati vengono incorporati nei file grezzi al momento dello scatto. Alcuni campi sono “classici”, per esempio quelli che consentono di registrare la data e l’ora dello scatto, oltre che i parametri della ripresa; altri sono riservati al salvataggio di una descrizione dell’immagine, dei dati di copyright e dell’anteprima. L’architettura EXIF prende in prestito molto da quella dei file TIFF. Ci sono poi dei campi per registrare i dati di posizionamento e GPS. I campi EXIF possono anche contenere dei metadati pubblici e privati. Li trovate nella scheda Dati fotocamera della finestra di dialogo con le informazioni sul file di Photoshop e Bridge. Camera Raw e Lightroom li utilizzano per definire i parametri di editing predefiniti. I metadati IPTC dello schema IIM (IPTC Information Interchange Model) non sono direttamente inseriti nei file RAW, ma possono essere aggiunti in un secondo momento. Sono stati sviluppati dall’IPTC (International Press Telecommunications Council) per migliorare lo scambio internazionale delle informazioni. Sono costituiti da una struttura di dati e da un insieme di metadati complessi. Lo standard IIM è stato concepito inizialmente per integrare qualsiasi tipo di medium, compresi i testi, sottocategoria sviluppata per applicare dei metadati alle immagini che è stata rapidamente adottata dai fotografi della carta stampata e della pubblicità. Possono essere utilizzati per inserire manualmente o automaticamente le coordinate dell’immagine, un titolo e/o una legenda.

24  Capitolo 1

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Adobe ha fatto molto per promuovere i metadati XMP (eXtensible Metadata Platform), specifica aperta ed estendibile del W3C per il salvataggio e lo scambio dei metadati. Il suo carattere estendibile fa sì che sia relativamente semplice aggiornare gli schemi dei metadati per renderli compatibili con XMP. XMP permette di utilizzare schemi particolari che consentono di documentare la cronologia di un file, dalla sua creazione (cattura, digitalizzazione) all’immagine finale, passando per le varie tappe dell’elaborazione in Camera Raw o Lightroom. Lo standard aperto permette a qualsiasi software di aggiungere all’immagine le proprie informazioni, conservate nel corpo del file finale.

Sebbene esistano numerosi standard di metadati, i tre qui presentati sono i più utili per i fotografi.

Figura 1.19  Differenti schemi di metadati di un’immagine digitale nella finestra di dialogo delle informazioni (Ctrl/Cmd+I) di Bridge.

File RAW e allegati Registrare i metadati direttamente nell’immagine è senza dubbio il modo migliore per assicurare la portabilità delle immagini tra i diversi software. Se però le fotocamere salvano i metadati EXIF direttamente nel corpo dei file RAW, è sconsigliabile a terze parti di seguire questa via potenzialmente pericolosa, non essendo i formati RAW proprietari documentati. La maggior parte dei software di editing di terze parti salva i metadati IPTC e XMP in un file allegato, sperando che sia sempre presente a fianco di quello grezzo a cui fa riferimento. Per contro, i formati TIFF, JPEG e PSD possono contenere numerose informazioni, esattamente come il formato DNG, che può ospitare un numero pressoché infinito di metadati.

Che cos’è un negativo digitale?   25

Profondità di codifica Nel paragrafo “Cattura lineare” di questo capitolo ho fatto riferimento alla profondità di codifica dei file grezzi. La profondità di codifica è il numero di bit utilizzati per rappresentare i pixel di un’immagine digitale. Gran parte delle ref lex digitali codifica l’immagine almeno a 12 bit per canale e per pixel, se non addirittura a 14 bit. Questo corrisponde a 4096 (212) o 16.384 (214) livelli possibili per ciascun canale. Alcuni apparecchi fanno anche di meglio: la Nikon D800 ha una gamma dinamica di 14,4 EV, e la sua profondità di codifica è quindi superiore a 14 bit per canale e per pixel! Alcuni produttori di fotocamere digitali di medio formato parlano di un salvataggio “a 16 bit per canale”, ma in realtà la profondità di codifica supera di poco i 14 bit, poiché occorre tener conto del disturbo nelle ombre. Fotografando in modalità RAW, per definizione vengono salvate tutte le informazioni che l’apparecchio è riuscito a catturare; avete quindi ampio spazio di manovra per regolare successivamente le tonalità e il contrasto nell’immagine. Il file prodotto potrà reggere molte più modifiche in Photoshop che non un file JPEG o TIFF a 8 bit per canale. Le correzioni in Photoshop sono distruttive. Strumenti come Livelli, Curve, tonalità/Saturazione o Bilanciamento colore modificano a tutti gli effetti il valore dei pixel, e questo implica due tipi di problemi. ●●

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L’estensione di una gamma di tonalità rischia di provocare un fenomeno di posterizzazione: i valori che erano vicini vengono distanziati, per cui, invece di avere una sfumatura graduale con valori che vanno per esempio da 100 a 101, 102, 103, 104 e 105, i nuovi valori possono diventare 98, 101, 103, 105 e 107. Una correzione del genere di per sé non porta a una posterizzazione visibile (ci vorrebbe uno scarto di almeno quattro o cinque incrementi prima di vedere un’interruzione nella sfumatura), ma le correzioni successive possono aumentare il salto tra i vari passaggi e renderla più evidente. La compressione di una gamma di tonalità può implicare una perdita dei dettagli; laddove gli incrementi prima erano differenziati, ora sono compressi in un unico valore, e le diversità che rappresentavano potenziali dettagli vanno irrimediabilmente perdute. Cos’è un bit? Il termine bit è la contrazione di binary digit, ovvero cifra binaria. È un’unità di misura che indica la quantità elementare di un’informazione, rappresentata da una cifra del sistema binario nelle due forme 0 e 1. Un byte è un gruppo elementare di 8 bit, mentre un kilobit corrisponde a 1024 bit. Quando si parla di profondità di bit, la si intende per canale; per esempio, un file JPEG a 8 bit per canale possiede 24 bit d’informazioni; un file TIFF a 16 bit per canale ne possiede 48.

26  Capitolo 1

Profondità di codifica e gamma dinamica

Alcuni produttori assimilano scorrettamente la profondità di codifica alla gamma dinamica. È una questione di marketing, poiché se è vero che esiste un rapporto tra le due, è anche vero che questo è indiretto. L’estensione della gamma dinamica di una fotocamera digitale è limitata dalle potenzialità analogiche del sensore. La luminosità più forte registrata dall’apparecchio dipende dal punto oltre il quale il segnale generato da un fotorecettore si satura e sborda negli elementi vicini, producendo una macchia bianca sui contorni sfocati e senza dettaglio. La tonalità più scura registrabile da un apparecchio dipende dal punto a partire dal quale il disturbo intrinseco del sistema supera il segnale molto debole generato dai rari fotoni che raggiungono il sensore. Si noti che questo elemento è piuttosto soggettivo: alcuni tollerano un segnale più “disturbante” di altri. Per meglio comprendere la differenza tra profondità di codifica e gamma dinamica, immaginiamo una scala: la gamma dinamica corrisponde all’altezza della scala e la profondità di codifica al numero di gradini. Per mantenere l’illusione di una sfumatura continua delle tonalità (per far sì che i gradini siano facili da salire), occorrono degli incrementi (cioè più gradini, quindi una scala lunga e non una corta). Per descrivere una gamma dinamica estesa ci vogliono più bit che non per una limitata (quindi più gradini ma meno alti), anche se questo non aumenta la sua estensione (l’altezza della scala).

Fotografare in RAW o in JPEG? Un file RAW contiene i dati grezzi così come vengono registrati dal sensore della fotocamera. Se un file JPEG è anche il prodotto di un file grezzo, i suoi dati hanno già subìto alcune modifiche irreversibili: l’apparecchio ha convertito i dati grezzi in dati RGB e ha compresso le informazioni sul colore in un file a 8 bit per canale. Il trattamento è stato effettuato dal processore interno (DSP), poiché il controllo dell’utente è spesso limitato al bilanciamento del bianco, al contrasto, alla gestione del disturbo e alla scelta dello spazio di output (sRGB o Adobe RGB). Ogni produttore raccomanda una vista di default per i file JPEG, che non è particolarmente fedele e che spesso è anche troppo contrastata e satura per essere apprezzata dalla maggior parte dei fotografi. L’elaborazione dei file JPEG è poi potenzialmente distruttiva, e spesso è difficile ottenere le tonalità e i colori desiderati con un’immagine che ha già perso numerose informazioni durante la conversione. La Figura 1.20 mostra le conseguenze del salvataggio di un’immagine in JPEG; si tratta del peggiore scenario possibile, ma è piuttosto efficace per mostrare i limiti del f lusso di lavoro JPEG.

Che cos’è un negativo digitale?   27

Immagine a colori a 8 bit per canale prima della compressione JPEG

Stessa immagine dopo il salvataggio nel formato JPEG con una compressione JPEG di livello 1

Figura 1.20  Risultato della conversione di un’immagine a 8 bit per canale utilizzando una compressione JPEG di livello 1.

JPEG, acronimo di Joint Photographic Experts Group, è una specifica per la codifica e la compressione distruttiva delle immagini digitali. La compressione delle informazioni non è una cattiva idea di per sé (senza compressione non sarebbe possibile visualizzare velocemente le immagini su una pagina web); tuttavia non si presta come punto di partenza per un’immagine destinata a subire una serie di modifiche durante l’elaborazione. La compressione JPEG punta a conservare le informazioni della luminanza comprimendo il più impossibile quelle dei colori. Parte quindi dalla constatazione che l’occhio umano è più sensibile alle informazioni della luminanza che a quelle della crominanza. Per esempio, la Figura 1.20 mostra che la perdita dei colori può provocare una degradazione significativa. Se comprimete un file che è stato codificato a 8 bit per canale, il file risultante nel formato JPEG avrà perso una parte dei suoi bit. Il vero problema con i file JPEG è però che la correzione di gamma è stata effettuata dalla fotocamera, ed è irreversibile. Laddove il file RAW offre un buon margine di manovra per regolare tonalità e colori, il file JPEG ha perso tutta la f lessibilità. La foto della cascata nella Figura 1.10 avrebbe perso tutto il suo potenziale se fosse stata scattata in JPEG. Ho scattato la foto nella Figura 1.21 con una Canon EOS 1Ds Mark III nei due formati JPEG e RAW (si tratta dunque di due viste della stessa immagine). La misurazione dell’esposizione non era evidente, poiché lo sfondo era molto luminoso e il soggetto principale in ombra. Abbiamo visto (e lo vedremo ancora) che il formato RAW gode di una grande f lessibilità in post-produzione, permettendo di recuperare in Camera Raw e Lightroom un gran numero di informazioni nelle alte luci e nelle ombre. Per ottenere le immagini della Figura 1.22, ho aperto i due file in Camera Raw, poi ho corretto il file RAW in modo da ottenere valori tonali soddisfacenti. A seguire, ho selezionato le due immagini per sincronizzarne i parametri di elaborazione.

28  Capitolo 1

Originale nel formato JPEG

Originale nel formato RAW

Figura 1.21  Confronto tra file RAW e file JPEG della stessa scena.

File JPEG corretto

File RAW corretto

Figura 1.22  Confronto tra file RAW e file JPEG corretti.

Il confronto tra le due immagini corrette rivela alcune differenze. ●●

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Il file JPEG ha perso numerose informazioni, in particolare nelle alte luci dello sfondo, essendoci poco spazio di intervento per la modifica delle tonalità. Anche se dalla figura può non risultare chiaro, i toni in ombra dell’immagine JPEG non hanno reagito molto bene alla regolazione che mirava a schiarire il piumaggio dell’uccellino. La sfumatura dei colori e delle tonalità non è graduale come nell’immagine RAW e i toni più scuri mancano di dettaglio. Volendo avrei potuto sovraesporre leggermente le immagini per migliorare le ombre, ma il file JPEG non avrebbe tratto un grande vantaggio dall’esposizione a destra, considerato che le alte luci erano già state parzialmente ritagliate.

È fondamentale ricordare che il formato JPEG consente uno spazio di intervento di post-produzione ridottissimo; la modalità RAW garantisce invece la massima f lessibilità nella correzione delle tonalità e dei colori.

Parametri di scatto Finora mi sono limitato a presentarvi i diversi aspetti tecnici di un negativo digitale. Ora è venuto il momento di affrontare alcuni risvolti legati alla produzione delle immagini. A prescindere dalla vostra esperienza nell’elaborazione dei file RAW, non vi sarà sempre possibile compensare gli errori prodotti al momento dello scatto.

Che cos’è un negativo digitale?   29

Quando si tratta della qualità di un’immagine, il principio secondo cui a dati inesatti corrispondono risultati sbagliati è sempre attuale. Certo, l’editing delle immagini serve per correggere una serie di difetti, ma è comunque preferibile partire da un’immagine tecnicamente riuscita.

Velocità dell’otturatore Perché l’immagine possa essere colta dal sensore, l’otturatore deve aprirsi per un lasso di tempo più o meno breve. La scelta della velocità dell’otturatore è cruciale. Comprendere la relazione tra la focale dell’obiettivo e la velocità dell’otturatore per poter fissare il movimento della fotocamera o quello del soggetto è fondamentale. La sensibilità ISO è un terzo parametro da considerare: non bisogna mai temere di aumentarlo per ottenere delle immagini più definite. La Figura 1.23 mostra due foto scattate con una Panasonic Lumix GH2 e un obiettivo di 14-140 mm dotato di un dispositivo di stabilizzazione dell’immagine: la prima è mossa, la seconda è perfettamente nitida.

Immagine scattata senza treppiede; 1/200 s a 160 ISO

Immagine scattata senza treppiede; 1/400 s a 320 ISO

Ingrandimento (100%) dell’immagine scattata a 1/200 s e 160 ISO

Ingrandimento (100%) dell’immagine scattata a 1/400 s e 320 ISO

Figura 1.23  Scelta di un valore ISO più elevato per aumentare la velocità dell’otturatore.

Dopo aver scattato la prima immagine, l’ho esaminata sul display: l’effetto mosso era visibile anche senza un ingrandimento. Per rimediare, ho portato la sensibilità a 320 ISO e la velocità dell’otturatore a 1/400 secondo. L’obiettivo aveva uno stabilizzatore d’immagine, ma in questo caso non è stato molto utile.

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Avevo infatti scelto la focale più lunga, equivalente a 280 mm nel formato 24 × 36, e una velocità dell’otturatore non abbastanza alta. La seconda immagine ha più disturbo della prima, facile da correggere in Lightroom regolando il cursore dedicato al disturbo di luminanza. Per concludere, la velocità dell’otturatore più alta è stata molto utile per aumentare la definizione dell’immagine e il valore ISO più elevato ha dato il suo contributo. In linea generale, vi consiglio l’uso di un treppiede. Se non è possibile, è preferibile alzare l’ISO piuttosto che abbassarlo. Ridurre il disturbo è infatti più semplice che non compensare una sfocatura dovuta a una velocità dell’otturatore troppo bassa. Per ottimizzare la qualità delle vostre immagini, fissate la fotocamera su un treppiede solido. Personalmente mi sono portato dietro il mio treppiede ovunque nel mondo, e so che non c’è niente più frustrante di averlo a disposizione e non poterlo utilizzare. Se però lo lasciate a casa fin da subito, avrete di che pentirvi.

Apertura del diaframma La scelta dell’apertura inf luisce direttamente sulla nitidezza delle immagini digitali. Più è ridotta, più la profondità di campo assume importanza. La profondità di campo è la zona dello spazio in cui deve trovarsi un soggetto perché sia possibile ottenere un’immagine percepita come nitida dall’occhio umano. È delimitata da due punti estremi, e la sua estensione dipende dai parametri di scatto, in particolare dalla focale dell’obiettivo, dalla distanza che separa il fotografo dal soggetto e dalle dimensioni del sensore Quando il diaframma dell’obiettivo è chiuso, la profondità di campo cresce e la nitidezza apparente dell’immagine migliora. Tuttavia, quando il diametro del diaframma diminuisce, si ottiene una diffrazione: solitamente la luce attraversa l’aria in linea retta, ma quando passa da un foro piccolo come quello del diaframma di un obiettivo si disperde. La perdita di nitidezza è impercettibile quando il diaframma è aperto, ma è molto più visibile quando è chiuso. Le due immagini della Figura 1.24 sono state scattate con un obiettivo macro di 100 mm. L’immagine scattata a f/8 è molto più nitida, e mostra molti più dettagli di quella scattata a f/32, in cui l’apertura è più piccola. Tutti gli obiettivi hanno un’apertura ottimale che permette di raggiungere i risultati migliori. In genere si colloca a due o quattro valori del diaframma al di sotto dell’apertura massima. Un obiettivo luminoso con un’apertura grande come f/1,4 darà quindi il meglio di sé quando il diaframma è chiuso a un valore tra f/2,8 e f/5, 6. Se lo chiudete a f/8 o f/11, l’abbassamento di qualità sarà impercettibile; se lo chiudete ancora di più, gli effetti della diffrazione si faranno sentire. È quindi fondamentale scegliere l’apertura con cognizione di causa.

Che cos’è un negativo digitale?   31

Immagine scattata a f/8

Immagine scattata a f/32

Figura 1.24  Impatto della diffrazione sulla nitidezza.

Alcune tecniche che implicano più immagini con regolazioni diverse della messa a fuoco permettono di estendere la profondità di campo. Ne parleremo nel Capitolo 5.

Difetti ottici Quando si progetta un obiettivo fotografico entrano in gioco molti fattori, tra i quali la qualità e il tipo di lente, il numero di elementi, l’ottica e l’angolazione dell’obiettivo. Un grandangolo, per esempio, deve tenere conto di parametri diversi da quelli di un teleobiettivo, e la produzione di un obiettivo a focale variabile (zoom) è particolarmente complessa. Avendo un budget illimitato, ci si potrebbe procurare un obiettivo che compensi in maniera efficace i difetti ottici, ma sarebbe molto caro e piuttosto ingombrante. Un obiettivo è il frutto di alcuni compromessi: ci si dovrà dunque arrendere a inquadrare accettando alcune aberrazioni ottiche, che in parte potranno poi essere corrette in fase di editing. Ci sono due tipi di aberrazioni: quelle monocromatiche e quelle del colore (in genere solo di alcuni colori). Provate il vostro nuovo obiettivo Per essere certi che il vostro nuovo obiettivo risponda a tutte le vostre attese in termini qualità ottica, vi consiglio di fare una serie di scatti; non importa che siano foto belle, ma che permettano di individuare alcuni difetti. In genere io parto con il diaframma tutto aperto, dopodiché lo chiudo di una tacca man mano che scatto una nuova foto, collocando l’apparecchio su un treppiede per evitare l’effetto mosso. Moltiplico le prove a distanze diverse di messa a fuoco e fotografo dei muri in mattoni per giudicare la distorsione. Un’altra serie di test mi permette di valutare la precisione del dispositivo di messa a fuoco e la presenza di un difetto di front focus o back focus (anche se alcuni apparecchi permettono di calibrare l’AF per correggere il difetto). Se un obiettivo non riesce a mettere a fuoco o a produrre foto nitide a tutte le aperture, non esitate a riportarlo

32  Capitolo 1

al negoziante e a farvelo sostituire. Mi è capitato di riconsegnare due o tre obiettivi prima di trovare un esemplare ben fatto. Se avete un obiettivo da qualche anno e non siete soddisfatti delle sue prestazioni, inviatelo al servizio di assistenza per una revisione generale. Personalmente provo spesso i miei obiettivi prima della fine del periodo di garanzia per farli riparare se è necessario.

Aberrazioni monocromatiche Montare un obiettivo di qualità mediocre su una ref lex digitale ad alta risoluzione è un crimine di lesa maestà. Un buon obiettivo a focale fissa ha in genere una qualità ottica migliore di uno a focale variabile, anche se di gamma molto alta. Nondimeno, gli obiettivi non hanno tutti le stesse prestazioni ottiche, anche se dello stesso modello. È quindi sempre consigliabile provarli per determinarne la qualità; se le performance vi sembrano scadenti, non esitate a restituirlo, e fatelo il prima possibile. La qualità di un obiettivo dipende dal modo in cui il produttore compensa i vari difetti e le aberrazioni ottiche. Quelle qui elencate sono tutte monocromatiche, quindi inf luiscono su tutti i colori dell’immagine. Si tratta di tre difetti ottici che incidono sulla nitidezza delle immagini: l’aberrazione sferica, l’astigmatismo e la curvatura di campo. ●●

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L’aberrazione sferica si ha quando un obiettivo non riesce a concentrare le radiazioni luminose su uno stesso punto. Le radiazioni che si trovano ai bordi della lente (dette marginali) puntano in una direzione leggermente diversa da quelle che si trovano al centro (dette parassiali), con un conseguente spostamento del punto focale all’esterno della chiusura del diaframma. Alcuni obiettivi usano degli elementi asferici per correggere questo difetto alle aperture maggiori. L’astigmatismo è dovuto all’incapacità di un obiettivo di concentrare le linee orizzontali o verticali su uno stesso piano. Una linea orizzontale sembra così più chiara o più scura di una verticale che ha la stessa luminosità. L’astigmatismo può essere ridotto o eliminato chiudendo il diaframma. La curvatura di campo si ha quando un obiettivo non riesce a concentrare tutti i punti del campo su uno stesso piano, e i punti di messa a fuoco formano una superficie curva. Se mettete a fuoco al centro, quindi, i bordi dell’immagine risulteranno sfocati e in negativo. Se la chiusura progressiva del diaframma permette di migliorare la nitidezza globale, la curvatura di campo è impossibile da correggere.

Laddove l’aberrazione sferica inf luisce su tutta la superficie dell’immagine, l’astigmatismo e la curvatura di campo degradano perlopiù le zone ai margini. In genere, più le aberrazioni monocromatiche sono ridotte, migliore è la qualità dell’ottica. Purtroppo questi difetti non possono essere corretti con l’editing;

Che cos’è un negativo digitale?   33

ricordate che solo un obiettivo di qualità elevata produrrà sempre un negativo digitale altrettanto buono. C’è poi un altro difetto ottico che riguarda la curvatura delle linee diritte del soggetto fotografato: la distorsione. Gli obiettivi a focale variabile presentano spesso una forte distorsione, che varia a seconda della distanza. Le due distorsioni principali sono quella a barile e quella a cuscinetto. Correggere la distorsione in Camera Raw e Lightroom è molto facile grazie agli strumenti del pannello Correzioni lente. Nondimeno, la modifica tramite software implica spesso la perdita di parti dell’immagine; inoltre, l’interpolazione delle informazioni dell’immagine, necessaria per effettuare le correzioni, a volte riduce la nitidezza.

Distorsione a barile prima della correzione

Distorsione corretta selezionando l’opzione Attiva correzioni profilo lente nella scheda Profilo del pannello Correzioni lente di Camera Raw

Figura 1.25  Distorsione prima e dopo la correzione in Camera Raw.

Aberrazioni cromatiche L’aberrazione cromatica si ha quando un’ottica non riesce a concentrare tutte le radiazioni luminose (e quindi tutte le lunghezze d’onda) su uno stesso piano focale e quindi su un unico punto focale. Ce ne sono di due tipi. ●●

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L’aberrazione cromatica laterale è provocata dalle variazioni del punto di messa a fuoco di un obiettivo a lunghezze d’onda diverse, e produce dei margini colorati rossi o blu la cui ampiezza non cambia chiudendo il diaframma. L’aberrazione cromatica longitudinale è provocata dalle variazioni del piano focale di un obiettivo a lunghezze d’onda diverse, e produce in genere dei colori sfocati davanti e dietro la zona della messa a fuoco. Anche in questo caso il difetto non si può correggere chiudendo il diaframma. Questo tipo di aberrazione si manifesta spesso con i teleobiettivi di bassa qualità. Può essere ridotta utilizzando delle lenti in vetro speciale a dispersione debole (LD, ED, AD e lenti in fluorite).

Fortunatamente Camera Raw e Lightroom riescono a correggere in modo molto efficace le aberrazioni cromatiche laterali e longitudinali (Figura 1.26).

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Aberrazione cromatica laterale e aberrazione cromatica longitudinale prima della correzione

Dopo la correzione dell’aberrazione cromatica laterale

Dopo la correzione dei due tipi di aberrazione cromatica

Figura 1.26  Correzione delle aberrazioni cromatiche.

Risoluzione del sensore In senso stretto, un’immagine digitale non ha una risoluzione, ma una dimensione in pixel. Acquisisce l’attributo di risoluzione solo quando le si dà una forma fisica e quando si materializza su un supporto, cartaceo o a video. Prendiamo l’esempio di due immagini scattate rispettivamente con un iPhone 4 (8 megapixel, 200 euro) e una digitale Phase One IQ180 (80 megapixel, oltre 40.000 euro). Guardate la Figura 1.27; qual è la migliore?

Fotocamera A

Fotocamera B

Figura 1.27  Confronto tra due fotocamere.

Contrariamente a quanto si pensa, non è poi così facile indovinare quale foto è stata scattata con quale dispositivo. Qui ho cercato di rendere il gioco più difficile: ho aperto le due immagini (il file JPEG di iPhone e il file RAW della digitale) in Camera Raw per armonizzare la resa globale (tonalità e colori). Considerato che le dimensioni delle immagini in questo libro sono piuttosto

Che cos’è un negativo digitale?   35

piccole, si ottengono due foto dalla resa molto simile. Questo è lo scopo del gioco: dimostrare che la risoluzione dell’immagine originale dipende direttamente dalle dimensioni di quella finale. Se vi servono solo immagini di piccole dimensioni per una pubblicazione o un sito web, una digitale di medio formato è un investimento inutile, mentre diventa la scelta privilegiata se si tratta di produrre immagini molto grandi. Guardate la Figura 1.28 per convincervi!

Immagine proveniente da iPhone 4, interpolate per far corrispondere le sue dimensioni a quelle dell’immagine proveniente dalla IQ180

Immagine proveniente dalla digitale Phase One IQ180, visualizzata in Photoshop con i pixel alle dimensioni reali (100%)

Figura 1.28  Confronto tra immagini scattate con un iPhone 4 e una fotocamera Phase One IQ180.

In Photoshop è molto facile distinguere le due immagini. Per ottenere una visualizzazione equivalente, cioè per far sì che le sue dimensioni corrispondano a quelle dell’immagine che proviene dalla fotocamera digitale, è stato necessario interpolare l’immagine scattata con iPhone al 320%. La risoluzione della Phase One è decisamente superiore a quella di iPhone quando si tratta di stampare in grande. Le dimensioni dell’immagine scattata con iPhone sono di 2448 × 3264 pixel, il che permette di produrre stampe di 17,3 × 22,9 cm a 360 ppp (pixel per pollice); quelle dell’immagine della IQ180 sono di 7760 × 10.328 pixel, che corrispondono a un output di 54,6 × 72,9 cm a 360 ppp. È così venuto il momento di darvi la risposta alla domanda rimasta in sospeso nella Figura 1.27: la fotocamera A era l’ IQ180, mentre la B era l’iPhone. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità dell’immagine dello smartphone, decisamente superiore a quella che mi sarei aspettato dalla fotocamera di un cellulare.

I software Adobe per l’editing RAW

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Se Photoshop esiste da oltre vent’anni, i software Adobe dedicati all’elaborazione RAW sono ancora relativamente recenti. Per questa operazione sono ovviamente disponibili altri software di terze parti dalle ottime prestazioni; per esempio, personalmente utilizzo Capture One Pro per gestire la mia digitale Phase One in modo integrato, ma in ultima istanza preferisco sempre Camera Raw e Lightroom.

Ho scattato la foto ravvicinata della carrozzeria arrugginita di un camion nella regione del Palouse, nello stato di Washington, durante la stagione del raccolto. Phase One 645DF di medio formato, dorso digitale Phase One IQ180, obiettivo macro 120 mm.

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Lightroom e il plug-in Camera Raw associato a Bridge e Photoshop rappresentano due approcci diametralmente opposti al trattamento dei file grezzi. I primi due software condividono le procedure di elaborazione, ma sono stati creati per delle ragioni e con obiettivi ben diversi. Per capire differenze e similitudini, è importante sapere come e perché sono stati ideati.

Le origini di Camera Raw All’indomani del rilascio di Photoshop 7, nella primavera del  2002, Adobe non sapeva più a che santo votarsi. Molti utenti avevano cominciato a produrre file RAW che Photoshop non era in grado di aprire. Le ref lex digitali erano dotate di software propri per l’editing di questi file, ma erano pesanti, scomode e tutt’altro che ergonomiche. Nel giugno del 2002 sono partito per New York per organizzare una tavola rotonda dedicata alla fotografia digitale, la DIFP (Digital Imaging for Photographers). Molti dei partecipanti, famosi nell’universo newyorkese della fotografia ma anche normale pubblico, si lamentavano dei loro software di elaborazione RAW e del fatto di non poter aprire i file grezzi direttamente in Photoshop. John Nack, responsabile di prodotto di Photoshop, promise di prendere in considerazione il problema. La stessa settimana, Thomas Knoll, uno dei fratelli creatori di Photoshop, poco prima di mettersi in viaggio verso l’Italia con la sua famiglia, acquistò una Canon EOS D60, avendo giusto il tempo di tirarla fuori dalla scatola e infilarla in borsa con qualche obiettivo e il CD allegato. Durante il viaggio, si mise a giocare con l’apparecchio, installò il software Canon sul suo computer portatile e provò a elaborare i suoi primi file RAW (alcune foto dell’orecchio di sua figlia). Anche lui si rese conto che non poter trattare i file RAW in Photoshop era davvero frustrante. Una volta in Italia, cominciò a decodificare il formato grezzo proprietario, alla ricerca di un sistema per aprire i file in Photoshop. Camera Raw nacque così. Quando Thomas rientrò a casa, era pronto per la missione che lo attendeva. Alla fine di quell’estate del 2002, inforcai la moto e andai a trovarlo, e gli prestai la mia Canon D30 perché potesse provare a decodificare i file RAW su un apparecchio diverso dal suo. In Adobe ci furono discussioni accese sul modo di gestire il rilascio di Camera Raw: alcuni avrebbero preferito aspettare la versione successiva di Photoshop (Photoshop CS non sarebbe uscito prima dell’ottobre 2003), mentre altri propendevano per un rilascio più immediato, sotto forma di modulo esterno a pagamento per Photoshop 7. Quest’ultimo gruppo (di cui facevo parte anch’io) l’ebbe vinta: Camera Raw 1.0 uscì il 19 febbraio 2003, in occasione del Photoshop World di Los Angeles, al costo di 99$. Camera Raw 1.0 era un semplice plug-in d’importazione per Photoshop, che però possedeva già alcune funzionalità piuttosto intelligenti. Ieri come oggi,

I software Adobe per l’editing RAW  39

offriva ai fotografi digitali un f lusso di produzione molto semplice e rapido per aprire i file RAW in Photoshop.

Figura 2.1  Il plug-in facoltativo Camera Raw 1.0 per Photoshop 7. L’interfaccia utente era abbastanza rudimentale, e c’era un solo set di parametri di correzione e una finestra con tre soli strumenti: Mano, Zoom e Bilanciamento bianco.

La nascita di Lightroom Mark Hamburg era ingegnere capo dello sviluppo di Photoshop. Aveva iniziato a lavorare in Adobe poco dopo l’uscita della prima versione del software e si occupava del suo sviluppo da più dieci anni. Il rilascio di Photoshop 7 nell’aprile 2002 coincise con le sue dimissioni, poiché aveva deciso di dedicarsi ai progetti innovativi dell’Adobe Digital Media Lab. Uno di questi progetti riguardava un nuovo software, PixelToy. Mark, inventore del Pennello storia di Photoshop, al quale avevo collaborato, desiderava introdurre lo stesso concetto in PixelToy (e per prendermi in giro voleva chiamarlo “Pennello Schewe”…). Nell’autunno 2002, Mark m’inviò una copia di valutazione di PixelToy. Cominciammo a scambiarci suggerimenti, mentre lui continuava a sviluppare nuove versioni aggiungendo funzionalità. Purtroppo, PixelToy aveva un difetto enorme: poteva elaborare una sola immagine alla volta. Lo segnalai a Mark, precisando che anche Photoshop aveva questa lacuna: si potevano aprire più immagini contemporaneamente, ma se ne poteva correggere una sola alla volta. Ai tempi della pellicola, questo vincolo non era insormontabile: anche un grande consumatore di rullini non ritoccava in Photoshop che un numero esiguo di

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immagini digitali. Tuttavia, dopo l’esplosione del fenomeno digitale, i metodi di lavoro dei fotografi e i problemi erano cambiati: ormai tutti si trovavano a dover gestire ed elaborare molte più immagini. Una nuova applicazione che poteva trattarne una sola alla volta non corrispondeva più ai bisogni del mercato.

Figura 2.2  Una delle prime versioni dell’applicazione PixelToy (autunno 2002).

Mark Hamburg intraprese allora lo sviluppo di un nuovo software di fotoritocco; quello che riteneva importante era aggiungere un database che permettesse di registrare i parametri di elaborazione evitando di modificare i pixel delle immagini. All’inizio di dicembre 2002, propose di riunire il team di sviluppo nel mio studio per uno scambio di idee su questo nuovo approccio. Venne a Chicago, accompagnato da Andrei Herasimchuk, il capo del progetto, e da Sandy Alves, l’ingegnere responsabile dell’interfaccia utente. Mark aveva invitato anche Thomas Knoll, che approfittò dell’incontro per esporre la sua idea di integrare Camera Raw in questo nuovo software. Mark diede a quello che sarebbe diventato Lightroom il nome in codice di Shadowland, nome che faceva riferimento a un album pubblicato da KD Lang nel 1988. Dovetti attendere la metà del 2003 per vedere l’interfaccia utente, e la prima versione beta pubblica di Lightroom non fu rilasciata che nel gennaio 2006.

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Figura 2.3  L’interfaccia utente di una delle prime versioni di Shadowland.

Figura 2.4  L’interfaccia utente della prima versione beta di Lightroom (un’evoluzione di Shadowland).

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Lightroom è principalmente opera di Mark Hamburg, che sognava una reincarnazione di Photoshop. Se gli strumenti del modulo Sviluppo di Lightroom si basano sul motore di Camera Raw messo a punto da Thomas Knoll, Mark contribuì in maniera fondamentale all’ideazione degli strumenti di correzione. Partecipò allo sviluppo del pannello HSL/Colori/B & N, inventando anche la funzione parametrica della finestra Curva di viraggio (e Thomas Knoll rimase talmente impressionato dalla curva parametrica da aggiungerla a Camera Raw). Da allora, i parametri di elaborazione di Camera Raw e Lightroom sono perfettamente convergenti, facilitando di molto l’apertura delle immagini nei due software. Sono in tanti a chiedersi perché Lightroom e Photoshop siano così diversi. Dovendo scegliere tra un clone di Photoshop o una nuova applicazione unica nel suo genere, Mark Hamburg optò per la seconda. E fece bene. La differenza tra Photoshop e Lightroom è un punto di forza da cui quest’ultimo trae vantaggio. Photoshop è stato molto più inf luenzato da Lightroom che non il contrario (per esempio, a partire dalla versione CS6, l’interfaccia di Photoshop si ispira chiaramente a quella di Lightroom). La prima versione di Lightroom 1.0 fu rilasciata il 19  febbraio 2007. Questa data non vi ricorda niente? Il 19 febbraio è uno dei giorni più importanti nella storia del fotoritocco digitale: segna anche l’uscita di Photoshop (nel 1990) e di Camera Raw (nel 2003). Lightroom e Aperture Lightroom non è stata la risposta di Adobe al software Aperture di Apple. L’inizio dello sviluppo dei due software è stato contemporaneo (inizi del 2003). Apple ha rilasciato Aperture nell’ottobre del 2005, solo pochi mesi dopo l’uscita della prima versione beta di Lightroom. Aperture e Lightroom sono dunque due software concorrenti che propongono un flusso di lavoro simile.

Camera Raw, Photoshop e Bridge Bridge, Photoshop e Camera Raw si comportano come una suite di due applicazioni integrate completate da un plug-in dedicato alla visualizzazione e all’editing dei file grezzi. Bridge è utilizzato per la gestione delle immagini e si serve del modulo esterno di elaborazione RAW prima dell’apertura delle immagini in Photoshop.

Bridge Bridge è uscito con Photoshop CS2. È il cuore della Creative Suite e della Crea­tive Cloud di Adobe; può generare qualsiasi tipo di file oltre a quelli prodotti da Camera Raw o da Photoshop, compresi file di Illustrator, di InDesign

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e gli inevitabili PDF. Gestisce anche alcuni file audio e video. Se lavorate con Photoshop, Bridge è in genere il luogo dove iniziare l’editing dei file grezzi.

Figura 2.5  La configurazione di base di Bridge, cioè lo spazio di lavoro predefinito, dà accesso alle schede e ai sottomenu, Cartelle e Preferiti a sinistra, Anteprima, Metadati e Parole chiave a destra. Per visualizzare le foto nel riquadro Contenuto al centro ho attivato l’opzione Come miniature del menu Vista (potete anche premere il pulsante apposito nell’angolo inferiore destro della finestra).

A differenza di Lightroom, che si fonda su un database, Bridge è un navigatore. Come un tavolo luminoso virtuale, vi permette di visualizzare i vostri file grezzi, di selezionarli e di classificarli. Dal momento in cui scegliete un nuovo disco rigido o una cartella d’immagini, inizia a lavorare in background per generare delle miniature e delle anteprime di grande formato, utilizzando le proprie regolazioni predefinite. Bridge non sa tenere traccia dei file visualizzati; se le miniature e i metadati sono memorizzati in una cartella o su un disco e cancellate o scollegate questi spazi di memoria, perderà ogni traccia dei file che contengono. A seconda dell’opzione scelta per la creazione e la visualizzazione delle miniature e delle anteprime, Bridge ricorre o meno al motore di Camera Raw. L’opzione Preferisci incorporate (più rapido) estrae le miniature JPEG incorporate, mentre l’opzione Sempre alta qualità, più precisa, permette di ottenere miniature che rif lettono fedelmente le regolazioni di Camera Raw.

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Figura 2.6  Il menu a discesa situato in alto a destra nella finestra di Bridge. Per visualizzare i file grezzi, chiedo sempre a Bridge di utilizzare Camera Raw per generare delle miniature e delle anteprime dalla resa fedele.

Spesso mi chiedono se preferisco utilizzare Bridge o Lightroom. Personalmente li uso regolarmente entrambi per scopi diversi. Bridge mi serve per ottenere un’anteprima immediata dei file di una cartella o per gestire dei progetti che implicano diversi tipi di file, per esempio quelli di InDesign o di Illustrator, però importo tutte le mie immagini digitali in Lightroom. Poiché Camera Raw e Lightroom condividono i parametri di correzione, non vi sono inconvenienti a utilizzarli in parallelo. Lightroom, Camera Raw e i parametri di editing Se modificate i parametri di correzione di un’immagine, Lightroom salva le modifiche nel catalogo, a meno che non abbiate specificato di salvarle all’interno dell’immagine (JPEG, TIFF, DNG) o in un file allegato nel formato XMP (RAW). Se modificate un’immagine in Camera Raw, Lightroom non ne tiene conto in modo automatico, ma visualizza un’icona che vi avverte che i metadati dell’immagine sono stati modificati da un’altra applicazione. Fate clic sull’icona per aprire una finestra di dialogo dove scegliere tra due opzioni: Importa impostazioni da disco permette d’importare i parametri applicati in Camera Raw all’interno di Lightroom, mentre Sovrascrivi impostazioni ignora le regolazioni di Camera Raw e le sostituisce con quelle del catalogo di Lightroom.

Camera Raw Adobe Camera Raw (ACR) è un plug-in d’importazione che consente di aprire dei file RAW in Photoshop. Nel corso degli anni e delle versioni, Raw si è evoluto parecchio. Utilizzato non solo da Bridge e Photoshop, è diventato la spina dorsale di Lightroom. Camera Raw può essere ospitato in Bridge, Photoshop o contemporaneamente in entrambi. I pulsanti in blu nella Figura 2.8 indicano quale software ospita Camera Raw: ●●

se è attivo il pulsante Chiudi, il modulo è ospitato in Bridge;

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se è attivo il pulsante Apri immagine, Camera Raw si apre in Photoshop. Formati d’immagine riconosciuti Camera Raw non si limita all’apertura dei file grezzi nei formati RAW e DNG. Consente anche l’apertura di file JPEG e TIFF per immagini che sono già state elaborate tramite Camera Raw.

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Figura 2.7  Qui Camera Raw è ospitato in Bridge ed è stato utilizzato per aprire più immagini contemporaneamente. Vengono visualizzate come miniature nel pannello Istantanea a sinistra nella finestra.

Camera Raw ospitato in Photoshop

Camera Raw ospitato in Bridge

Figura 2.8  I pulsanti attivi (in blu) indicano quale software ospita Camera Raw.

La scelta dell’applicazione ospite dipende dalle operazioni in corso e dalle risorse informatiche disponibili. Aprire Camera Raw in Bridge ha molti vantaggi. Per iniziare, vi permette di avviare Bridge per effettuare una prima selezione e alcune correzioni senza lanciare Photoshop, che richiede più risorse. È sufficiente aprire una o più immagini in Camera Raw, applicare le correzioni necessarie e premere Fine per ritornare nella finestra di Bridge. Se il vostro obiettivo immediato è quello di classificare o correggere delle immagini in Camera Raw salvandole attraverso la finestra di dialogo Opzioni di salvataggio, è comunque preferibile aprire il modulo di sviluppo RAW in Bridge. Il ruolo delle regolazioni predefinite di Camera Raw nella produzione delle miniature in Bridge è evidente. A meno che non forniate istruzioni diverse, Camera Raw utilizza i suoi parametri di default per generare miniature e anteprime delle immagini che non sono ancora state elaborate in Bridge. La sezione Impostazioni immagine predefinite nelle preferenze vi permette di controllare il modo in cui sono applicati i valori predefiniti. Camera Raw propone diversi parametri a seconda del numero di serie del vostro apparecchio o della sensibilità ISO.

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L’opzione Impostazioni predefinite specifiche per il numero di serie della fotocamera è utile soprattutto quando disponete di più esemplari di uno stesso modello di apparecchio e quando la loro resa delle tonalità e dei colori è leggermente diversa. Grazie all’opzione Impostazioni predefinite specifiche per il valore ISO della fotocamera, potete definire per ciascun valore ISO dei parametri di riduzione del disturbo ottimizzati che saranno applicati automaticamente alle immagini quando vengono aperte in Bridge.

Figura 2.9  La sezione Impostazioni immagine predefinite di Camera Raw nelle preferenze di Camera Raw.

Regolazioni predefinite in Camera Raw e Lightroom Camera Raw e Lightroom condividono gli stessi parametri predefiniti. Se li modificate in Lightroom, Camera Raw terrà conto in automatico dei nuovi parametri.

Le regolazioni predefinite di Camera Raw non sono “obiettivamente corrette” e non pretendono di restituire lo scatto tale e quale: non sono altro che un’interpretazione arbitraria dell’immagine grezza. Uno dei limiti più citati di Camera Raw è che le sue anteprime non assomigliano ai file JPEG visualizzati dalla fotocamera, né alle conversioni predefinite prodotte dal convertitore RAW di cui è dotato l’apparecchio. Ma chi si lamenta non ha mai provato a utilizzare gli strumenti di correzione dei toni e dei colori di Camera Raw, accontentandosi delle regolazioni di default. Camera Raw non utilizza gli algoritmi del produttore della fotocamera per elaborare i file grezzi, ed è per questo che le anteprime e le miniature non avranno mai lo stesso identico aspetto del file visualizzato sul display. Tuttavia, a partire dall’introduzione dei profili DNG, gli utenti di Camera Raw e Lightroom possono ottenere colori e toni molto vicini a quelli dei negativi digitali. Investendo un po’ di tempo nella manipolazione di alcuni parametri standard, potete generare delle regolazioni predefinite che riproducono abbastanza fedelmente gli stili d’immagine del vostro apparecchio.

Photoshop Cosa si può dire ancora di Photoshop che non sia già stato scritto? Se cercate su Amazon la stringa “libri Photoshop”, ottenete oltre 400 risultati (e parlo solo di amazon.it). Io stesso ne ho scritti alcuni insieme ad amici e colleghi.

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L’opera che tenete tra le mani non è un libro su Photoshop, ma sul modo più rapido ed efficace di utilizzare Camera Raw, Lightroom e Photoshop per elaborare i file grezzi. È quindi fondamentale capire bene la differenza tra l’editing parametrico (ossia la regolazione dei parametri di un’immagine) in Camera Raw e Lightroom e la modifica dei pixel in Photoshop. Bridge e Camera Raw collaborano per offrire un f lusso di lavoro molto efficace per modificare un gran numero di immagini; Photoshop fornisce invece molta più potenza e precisione quando si tratta di portare le foto a un livello superiore. La Figura 2.10 mostra una foto che ho aperto in Photoshop dopo averla selezionata in Bridge e corretta in Camera Raw. Photoshop possiede tutta la potenza e le funzioni necessarie a ottimizzare le immagini che davvero meritano. Nel Capitolo 5 lo tratteremo approfonditamente; nell’attesa, ci tengo a sottolineare che questo software è l’unico a offrire delle selezioni e delle maschere precise, oltre a permettere dei ritocchi e dei fotomontaggi elaborati.

Figura 2.10  Immagine aperta in Photoshop CC: notate l’interfaccia utente, i cui colori si ispirano apertamente a quelli dell’interfaccia di Lightroom.

La combinazione dei tre software Bridge, Camera Raw e Photoshop costituisce essa stessa un f lusso di lavoro efficace per gestire ed elaborare i file RAW. I due software e il plug-in Camera Raw permettono di coprire tutti i passaggi

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dell’editing. Se la vostra produzione fotografica non è cospicua e se non avete bisogno di un database per la gestione delle foto, il trio Bridge, Camera Raw e Photoshop risponderà in maniera efficace alle vostre esigenze; se invece fate molte foto e il vostro archivio è corposo, optate per Lightroom.

Il flusso di lavoro in Lightroom L’abbiamo già detto: Lightroom non punta a sostituire Photoshop. La concezione dell’interfaccia si basa su una sola finestra che distribuisce le funzionalità del software in più moduli, corrispondenti ai vari passaggi del lavoro. L’approccio a moduli è molto più vincolante di quello di Photoshop, che permette di sganciare alcuni pannelli e renderli mobili. L’impostazione di Lightroom può disorientare alcuni utenti agguerriti di Photoshop, e in parte è comprensibile, ma questo è il funzionamento immaginato da Mark Hamburg (Figura 2.11).

Figura 2.11  Il modulo Libreria di Lightroom.

A differenza di Bridge, è impossibile aprire in Lightroom una cartella di immagini senza averla prima importata nel catalogo, come vedremo nel dettaglio nel Capitolo 6. L’importazione delle immagini è strettamente legata al database di Lightroom; se il processo genera miniature e anteprime e analizza i me-

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tadati nello stesso modo di Bridge, salva per ciascuna immagine delle nuove informazioni nel database del software, con ogni metadato salvato nel campo opportuno. Tutte le informazioni relative alle immagini vengono così registrate in modo definitivo nel catalogo. Posizionamento delle immagini Di default, Lightroom salva le immagini nella cartella Immagini nella vostra cartella Utente. Personalmente ricorro a una serie di dischi esterni RAID per archiviare i file. In genere uso la tilde (~) in modo che la cartella delle immagini sia visualizzata in cima alla gerarchia delle cartelle. Questo metodo funziona molto bene su Mac, mentre in Windows è preferibile aggiungere un trattino (-) o un underscore (_).

Un inconveniente di questo approccio è che se un utente apporta delle modifiche all’albero delle cartelle o dei file del disco rigido, Lightroom non è in grado di tenerne traccia, e l’organizzazione del catalogo non corrisponderà più a quella del filesystem. Ci sono dunque due modi di utilizzare Lightroom, uno buono e uno cattivo: quello buono sta nell’eseguire tutto l’insieme di operazioni (come la rinomina o lo spostamento dei file) all’interno di Lightroom invece che nel browser del filesystem. In questo modo, Lightroom potrà sempre tenere traccia delle modifiche (cambiamenti nei parametri di editing o aggiunta di parole chiave), e vi permetterà di effettuare rapidamente una ricerca o un filtro tra migliaia di immagini. La Figura 2.12 mostra la gerarchia delle cartelle che contengono i file importati e l’organizzazione del catalogo di Lightroom. La cartella BibliotecaImmagini contiene in tutto 4.223 immagini, mentre il pannello Catalogo di ­Lightroom ne visualizza 4.825. Come mai questa differenza di 602? Integrazione di Camera Raw Il modulo Sviluppo si appoggia al motore di editing di Camera Raw, senza quindi comunicare con il plug-in Camera Raw di Photoshop. In effetti, il motore Camera Raw è parte integrante del codice di Lightroom.

Per ragioni organizzative, personalmente possiedo più copie di alcuni dei miei file originali. Invece di utilizzare il sistema delle cartelle virtuali di Lightroom per organizzare i progetti, preferisco lavorare con delle cartelle fisiche, che mi consentono di trasferire facilmente le immagini tra più computer. Come Bridge, anche Lightroom utilizza il motore di Camera Raw per la correzione parametrica dei file grezzi. La maggior parte degli strumenti di correzione corrisponde a quelli di Camera Raw, sebbene ci sia qualche differenza in termini di interfaccia utente e di funzionalità.

50  Capitolo 2 Il pannello Cartelle elenca il numero di immagini di ciascuna delle cartelle d’immagini importate nel catalogo Il pannello Catalogo elenca il numero di immagini nel catalogo di Lightroom

Figura 2.12  Il pannello Cartelle rispecchia la gerarchia delle cartelle fisiche.

La Figura 2.13 mostra il modulo Sviluppo e una vista ingrandita dei pannelli Base e Curva di viraggio di Lightroom. Nei prossimi capitoli spiegherò nei dettagli le differenze tra gli strumenti di Lightroom e di Camera Raw; per ora vi basti sapere che Lightroom permette di aprire più pannelli degli strumenti contemporaneamente, mentre Camera Raw può aprirne solo uno alla volta. In Lightroom, non occorre spostarsi continuamente tra le schede degli strumenti; l’uso del software è quindi più semplice di quello di Camera Raw. Questo libro non pretende di presentarvi tutte le funzionalità di Lightroom. Per sapere davvero tutto sull’argomento, vi consiglio la lettura di The Adobe Photoshop Lightroom 4 Book: The Complete Guide for Photographer, del mio amico e collega Martin Evening. Lightroom e il principio di Pareto L’intento iniziale e l’idea che stanno dietro a Lightroom s’ispirano alla legge di Pareto (detta anche regola dell’80-20). L’economista Vilfredo Pareto studiò la distribuzione delle ricchezze in Italia, mettendo in evidenza come l’80% delle ricchezze fosse nelle mani del 20% della popolazione. Per quanto non esista alcun legame diretto tra questo principio e i software di Adobe, la regola dell’80-20 si applica anche alla relazione tra Lightroom e Photoshop: Lightroom è stato concepito per effettuare l’80% del lavoro, e Photoshop si dedica al rimanente 20%, privilegiando le immagini che necessitano di una particolare attenzione e strumenti di ritocco specifici. Considerati i progressivi miglioramenti apportati in ogni versione di Lightroom, ritengo che oggi il rapporto sia 90‑10 (per alcuni fotografi è addirittura di 95‑5 e oltre). Questo pone il problema della “redditività” di Photoshop. Se è possibile effettuare la maggioranza delle correzioni in Lightroom, Photoshop non servirà altro che a per-

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fezionare quelle poche immagini davvero eccezionali che richiedono più tempo e impegno. L’aveva già intuito Mark Hamburg al lancio di Lightroom. Lightroom può davvero sostituire Photoshop? Per alcuni è già così. Personalmente ritengo che il bisogno di utilizzare Photoshop si sia ridotto senza tuttavia sparire. È molto improbabile che Lightroom arrivi a eguagliare Photoshop in quanto a potenza degli strumenti correttivi. Nondimeno, più guadagnate tempo nell’editing di molte immagini in Lightroom, più avrete tempo di occuparvi del ritocco di alcune foto particolarmente degne in Photoshop.

Figura 2.13  Il modulo Sviluppo di Lightroom e i pannelli Base e Curva di viraggio.

Camera Raw e Lightroom Lightroom condivide il suo motore di elaborazione RAW con Camera Raw; è quindi importante capire come questi due software interagiscono. Quando aprite un’immagine in Photoshop passando da Lightroom, si aprono due scenari possibili.

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Se le versioni di Lightroom e Camera Raw corrispondono, Lightroom utilizza uno script chiamato Bridge Talk per affidare il file grezzo al plug-in Camera Raw, che si occuperà di aprirlo in Photoshop. Per esempio, se utilizzate Lightroom 5 e Camera Raw 8, Camera Raw riconosce l’insieme degli interventi applicati in Lightroom, il quale invia l’immagine a Photoshop senza fare altro. Una volta che l’immagine è aperta in Photoshop, è sufficiente selezionare Salva o Salva con nome per memorizzarla e rientrare nel catalogo di Lightroom. Se le versioni di Lightroom e Camera Raw non corrispondono, Lightroom deve effettuare la conversione e il salvataggio del file (nella stessa cartella dell’originale) prima di trasferire la copia bitmap così creata in Photoshop. Il software aprirà una finestra di dialogo che vi avverte della mancata corrispondenza tra Camera Raw e Lightroom. Alcuni vedono in questo un complotto diabolico teso a incoraggiare (se non a forzare) l’aggiornamento simultaneo di Photoshop e di Lightroom. Tranquilli, non è il caso! È vero che esistono dei problemi di comunicazione tra le due applicazioni dovuti a delle differenze tra gli SDK di Photoshop e Lightroom; tuttavia, per quanto poco convertiate i RAW in Lightroom, potete elaborare il file bitmap in qualsiasi versione tra le più recenti di Photoshop o Photoshop Elements. Photoshop CS6, CC e Camera Raw 8 (N.d.T.) In occasione del lancio di Photoshop CC, disponibile esclusivamente sotto forma di abbonamento annuale o mensile, Adobe ha fatto un’eccezione alla regola secondo cui l’assunzione di nuovi formati grezzi avviene al rilascio di una nuova versione di Photoshop o di Lightroom. L’eccezione non fa però la regola: chi ha acquistato una licenza perpetua di Photoshop CS6 ha diritto a un certo numero di versioni di Camera Raw 8, così da poter continuare a elaborare i file RAW prodotti dalle fotocamere digitali più recenti. Piccolo problema: si tratta di una versione “light” di Camera Raw, priva delle novità della release completa disponibile con Photoshop CC.

Gestione dei colori in Lightroom, Camera Raw e Photoshop La gestione dei colori è un argomento frustrante, ma vi propongo di seguire un semplice suggerimento: selezionate uno spazio di lavoro e non cambiatelo più! Alcuni anni fa, il mio compianto amico e socio Bruce Fraser consigliava di lavorare nel più grande spazio colore possibile e di utilizzare una profondità di 16 bit per correggere le immagini RGB. Bruce lavorava come consulente per Kodak, ruolo che gli aveva permesso di testare un nuovo spazio di lavoro dal nome misterioso di ROMM RGB (Reference Output Medium Metric RGB). Per renderlo più accessibile ai comuni mortali, Kodak lo ribattezzò ProPhoto RGB.

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Senza entrare nei dettagli del confronto tra i profili ICC, tenete presente che ProPhoto RGB è l’unico spazio di lavoro proposto da Adobe il cui volume è sufficientemente significativo da contenere tutti i colori che una fotocamera e una stampante a getto d’inchiostro di alta gamma possono restituire. Thomas Knoll rimase talmente impressionato dalle sue caratteristiche da decidere di adottarlo in Camera Raw, con gli stessi valori cromatici ma con una gamma di 1,0 invece che di 1,8 (il motivo di questa modifica nel valore della gamma era quello di conservare la divisione lineare dei toni dopo l’editing dei file grezzi). Secondo alcuni esperti, la gamma di questo spazio è “troppo capace” e il 13% dei colori che ingloba sono virtuali, posti all’esterno dello spettro dei colori visibili; uno spazio di lavoro così ampio sacrifica quindi la fedeltà dei colori a vantaggio della gamma e di colori “inutili”. Personalmente utilizzo gli spazi di lavoro ROMM RGB e ProPhoto RGB da una decina di anni, e non ho mai incontrato problemi attribuibili alla poca fedeltà dei colori. Ho invece tratto grandi vantaggi dal fatto che tutti i colori che la mia fotocamera poteva restituire venivano riprodotti senza alcun ritaglio. Lo spazio ProPhoto RGB ha un solo inconveniente: i livelli sono talmente estesi all’esterno che è necessario codificare la sua immagine a 16 bit per canale e mantenerla in questa modalità (vedi il riquadro “Photoshop e la codifica a 16 bit”). In Camera Raw, Lightroom e Photoshop, lo spazio di lavoro può essere specificato in tre finestre di dialogo. La Figura 2.14 illustra i diversi parametri che consiglio per l’editing delle immagini RGB. A patto di utilizzare lo stesso spazio di lavoro in Camera Raw, Lightroom e Photoshop, la gestione dei colori non vi porrà alcun problema durante l’elaborazione delle immagini. È tuttavia preferibile adottare una serie di accorgimenti. Per esempio, se preparate delle immagini per il Web, è meglio utilizzare lo spazio sRGB invece di quello ProPhoto RGB. sRGB è un’ottima scelta quando si tratta di visualizzare delle immagini a video, su un tablet o su uno smartphone. Lo spazio ProPhoto RGB è potenzialmente rischioso se l’immagine viene consegnata a uno stampatore o a un editore: una volta che la foto passa nelle mani di un terzo, non avrete la garanzia che questi rispetterà i vostri criteri per la gestione del colore. Vi consiglio quindi di convertire i colori delle immagini nello spazio Adobe RGB prima di affidarle a un fornitore esterno. Ecco come procedo io per configurare le opzioni dei colori in Photoshop. 1. Nella finestra di dialogo Impostazioni colore, ho salvato le mie impostazioni con il nome “ProPhotoRGB-Jeff ”. 2. Nel menu RGB, ho attribuito a ProPhotoRGB il ruolo di spazio di lavoro RGB predefinito.

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Figura 2.14  Parametri di gestione dei colori in Camera Raw, Lightroom e Photoshop. La finestra di dialogo Opzioni flusso di lavoro di Camera Raw, la finestra di dialogo Impostazioni colore di Photoshop e la scheda Modifica esterna delle Preferenze di Lightroom.

3. Nel menu Grigio, ho selezionato l’opzione Gray Gamma 1.8, molto utile per correggere delle immagini che sono state precedentemente convertite in scala di grigio.

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4. Nella sezione Criteri di gestione colore, ho selezionato nei menu a tendina RGB, CMYK e Grigio l’opzione Mantieni profili incorporati, che conserva e privilegia lo spazio colore originale delle immagini. (Se utilizzate lo spazio di lavoro ProPhoto RGB, le immagini verranno visualizzate in modo errato se uno dei vostri interlocutori preferisce utilizzare l’opzione Disattivato, che ignora i profili incorporati nelle immagini.) 5. Ho deselezionato le opzioni Profili non corrispondenti: Chiedi prima di aprire e Profili non corrispondenti: Chiedi prima di incollare. Photoshop convertirà automaticamente il profilo delle immagini così da armonizzare la resa senza visualizzare avvertenze sui profili. 6. Per fare in modo che Photoshop mi avverta quando apro un file senza profilo, seleziono l’opzione Profili non presenti: Chiedi prima di aprire. Mi capita raramente di incontrare immagini senza profilo, e si tratta sempre di file di cui ho disattivato il profilo nella finestra di dialogo Salva per Web. All’apertura di Photoshop, è sufficiente attribuire il profilo sRGB alle immagini perché tutto vada a posto. Il monitor e il profilo associati rivestono un’importanza cruciale nell’elaborazione dei file RAW. Camera Raw, Lightroom e Photoshop dipendono dal profilo del monitor per visualizzare in maniera fedele le miniature e le anteprime. Per ottenere colori affidabili, utilizzate un colorimetro o uno spettrometro per calibrare e configurare il vostro monitor. In studio uso diversi monitor NEC a gamma estesa, calibrati e configurati con l’aiuto del software NEC SpectraView. Per campionare il monitor del mio portatile uso invece un colorimetro i1DisplayPro, accompagnato dal suo software di calibrazione i1Profiler (anche se non uso mai il portatile per ritocchi di colore importanti). A prescindere dal monitor e dalla soluzione di calibrazione scelta, è comunque fondamentale impostare i parametri di calibrazione opportuni. Nel mio caso uso un punto di bianco di 6500 K (D65) e una gamma di 2,2, tranne che per il portatile, dove uso la gamma nativa per ridurre eventuali difetti di posterizzazione. Analogamente, imposto un valore di luminanza di 150 candele per metro quadrato e una scala di contrasto di 300:1. Ricordate che il valore di luminanza è subordinato alle esigenze di visualizzazione dell’output. Photoshop e la codifica a 16 bit Se la codifica di un canale a 8 bit definisce 256 livelli, una a 10 bit ne definisce 1024 e una a 12 bit 4096. Una codifica a 16 bit dovrà dunque definire 65.536 valori. Questo è sicuramente uno dei modi per concepire la codifica a 16 bit, ma non è stato mantenuto da Photoshop, che a 16 bit definisce 32.769 livelli, da 0 (nero) fino a 32.768 (bianco). Questo approccio ha il vantaggio di determinare un punto medio equidistante dal bianco e dal nero, cosa che si rivela molto utile nel metodo Fusione, e che non permette che un canale contenga 65.536 valori.

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Il formato DNG Il formato DNG è la risposta di Adobe a una preoccupazione reale riguardante la “durata” dei file grezzi. Uno dei problemi principali dei formati grezzi proprietari è che non sono documentati: solo il produttore sa davvero cosa contengono. Nel settembre del 2004, Adobe ha lanciato la versione 1.0 del formato DNG (Digital Negative), con l’obiettivo di fare un po’ di ordine nel caos dei formati grezzi. Thomas Knoll ha ideato un formato RAW universale che è allo stesso tempo aperto e documentato. Il formato dei dati si basa sulla specifica TIFF/ EP (ISO 12234‑2), utilizzata dalla maggior parte dei produttori di fotocamere. Da qualche anno, Adobe ha sottoposto la specifica DNG all’ISO (International Organization for Standardization) perché sia integrata in un aggiornamento futuro della specifica TIFF/EP. Purtroppo gli enti di standardizzazione sono lentissimi quando si tratta di modificare delle norme esistenti; è dunque troppo presto per pronunciarsi su un’eventuale fusione delle due specifiche. A prescindere dalle ripercussioni soprattutto politiche e tecniche, il formato DNG rappresenta comunque un ponte tra alcuni formati grezzi e alcune versioni di Camera Raw divenute incompatibili. L’utility gratuita DNG Converter (o Convertitore DNG) di Adobe permette di convertire i formati nuovi e futuri in DNG, che è riconosciuto dalle versioni più vecchie di Camera Raw e di Lightroom. La durata delle immagini digitali I file delle immagini e tutti gli altri file digitali, come quelli video, audio o testuali, sono incredibilmente fragili, a rischio di degrado ed esposti al pericolo della cancellazione dei dati. Per sopravvivere a lungo, devono essere archiviati su diversi media e in diversi luoghi. Tuttavia, anche se li salvate e conservate correttamente, chi potrà garantire che li potrete riutilizzare magari tra 5, 50 o 500 anni? La conservazione di questi contenuti è diventata una delle sfide più grandi, soprattutto da quando ci si appoggia esclusivamente ai supporti digitali per creare, distribuire e archiviare i dati. I supporti digitali conservano anche una parte non indifferente della storia intellettuale, sociale e culturale di un paese. Se andasse perduta, sarebbe un danno enorme per le generazioni future. Riuscite a immaginare di non poter più accedere alle foto delle Torri gemelle, ai ritratti di Winston Churchill, dei Beatles o di Albert Einstein, o alle immagini del primo volo dei fratelli Wright? Il pericolo è reale. Nel dicembre 2000, il Congresso americano ha stanziato un budget di 100 milioni di dollari per un’iniziativa nazionale di conservazione dei dati digitali sotto la supervisione della Biblioteca del Congresso, che ha lanciato il progetto National Digital Information Infrastructure and Preservation Program (NDIIPP, http://www.digitalpreservation.gov). Uno dei parametri più importanti per la conservazione a lungo termine dei contenuti digitali è il formato utilizzato per la loro archiviazione. Perché possano essere conservati nel tempo, è importante creare delle condizioni che permettano agli archivisti e agli utenti di accedervi nel tempo. Il progetto NDIIPP ha identificato sette fattori di durata che si applicano all’insieme dei formati di salvataggio.

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Apertura: il formato di salvataggio è dotato di specifiche complete e di strumenti per la verifica dell’integrità tecnica? Le informazioni e gli strumenti in questione sono accessibili agli autori e agli archivisti dei contenuti digitali? La conservazione dei contenuti digitali è da prendere in considerazione solo se si conosce il modo in cui le informazioni sono registrate nei bit e negli ottetti dei file digitali. Adozione: il formato di salvataggio è già utilizzato da autori, distributori e utenti finali? Serve tanto come formato di salvataggio quanto come formato di scambio? Un formato adottato da molti utenti è meno a rischio di obsolescenza. Trasparenza: è possibile utilizzare degli strumenti di base per analizzare il contenuto dei file digitali? Un formato digitale che organizza i dati in modo semplice e trasparente favorisce la migrazione dei dati verso un nuovo formato di salvataggio e la loro archiviazione a lungo termine. L’uso di caratteri standard per la codifica del contenuto testuale e l’archiviazione dei metadati in un ordine di lettura naturale favorisce la trasparenza. Autodocumentazione: alcuni formati di salvataggio sono autodocumentati, cioè forniscono delle informazioni relative al contenuto e al formato del file. Grazie a queste informazioni, sono allo stesso tempo più facili da archiviare e meno vulnerabili di altri formati che separano i dati dai metadati necessari per la lettura. Un file digitale che fornisce dei metadati descrittivi, di ordine tecnico e amministrativo relativi alla sua creazione è più facile da gestire. Inoltre, semplifica la verifica dell’integrità dei dati e la loro migrazione da un sistema di archiviazione a un altro. Dipendenze esterne: lo sfruttamento di un formato di salvataggio dipende da un materiale, da un sistema di navigazione o da un software particolare? Ruolo dei brevetti: alcuni brevetti possono compromettere l’uso di un formato di salvataggio a fini di archiviazione. Anche se i costi di licenza per codificare i formati attuali sono spesso bassi o inesistenti, la presenza di brevetti può ritardare lo sviluppo di software open source. Dispositivi di protezione: per preservare i contenuti digitali e continuare a fornire dei servizi agli utenti, gli archivisti devono essere in grado di effettuare delle copie su dei nuovi supporti di salvataggio seguendo le innovazioni tecnologiche. I dati non devono essere protetti tramite dispositivi di codifica che possono impedirne la conservazione nel tempo.

Questi sette fattori di durata evidenziano come le immagini digitali corrano un grave pericolo, provocato dall’uso di formati RAW proprietari e non documentati. Per ridurre i rischi si potrebbe ovviamente ricorrere ai formati JPEG o TIFF, ma questi non sono adatti all’archiviazione dei dati grezzi. Considerando i fattori di durata del NDIIPP, il formato DNG si presta particolarmente bene al salvataggio e all’archiviazione di questi file. Come ci si è arrivati? Tradizionalmente i produttori di pellicole o di carta fotografica avevano il ruolo di stabilire delle norme relative alla conservazione dei documenti fotografici, responsabilità che invece non è mai stata dei produttori delle fotocamere. Con l’avvento del digitale, questi ultimi si sono ritrovati in una posizione nuova e abbastanza scomoda. Occupandosi della produzione degli apparecchi e degli obiettivi oltre che di quella dei sensori e dei processori per l’acquisizione e l’elaborazione delle

58  Capitolo 2

immagini digitali, hanno privilegiato una soluzione a breve termine per affrontare i problemi di scrittura dei dati grezzi: i formati RAW proprietari. Ogni sensore e il formato grezzo a esso associato non rappresentano altro che una soluzione di salvataggio temporanea, poco adatta all’archiviazione nel tempo. Ogni nuovo apparecchio che esce sul mercato contribuisce quindi alla proliferazione incontrollata di formati RAW proprietari e non documentati. È allora necessario stabilire e adottare degli standard che garantiscano la durata, e questo costituirà senz’altro una nuova responsabilità per i produttori delle fotocamere.

DNG sì o no? La compatibilità dei formati grezzi proprietari nelle versioni future di Camera Raw e Lightroom non mi preoccupa; non penso che Adobe abbandonerà mai un formato grezzo già adottato da questi software. Il formato RAW possiede un vantaggio reale: se convertite un file RAW in DNG, la data di modifica, che fa parte dei metadati EXIF del file, viene aggiornata. Se utilizzate un software di backup che si basa su questa data, il file DNG aggiornato dovrà essere salvato nuovamente. Prendendo come esempio la foto che apre questo capitolo, il file originale, prodotto con un dorso digitale di medio formato a 80 megapixel, è passato da 80  MB a 105 MB una volta convertito in DNG (la compressione DNG non sarebbe stata molto efficace per i file IIQ della Phase One…). Ogni volta che modifico le regolazioni del file DNG, il mio software di backup rileva la nuova data di modifica e procede alla creazione di una nuova copia di oltre 100 MB! Se invece utilizzo semplicemente il file grezzo proprietario del formato Phase One IIQ, i parametri di editing vengono salvati sotto forma di testo in un file allegato nel formato XMP, file il cui peso non supera i 200 KB. Se quindi è semplice capire qual è il formato di salvataggio più vantaggioso in termini di peso, la cosa cambia se si deve tener conto della conservazione sul lungo periodo. Elaborazione batch Ricordate che DNG Converter funziona solo in modalità batch, cioè converte tutto l’insieme delle immagini contenute in una cartella invece di convertirle una alla volta.

Il convertitore DNG La specifica DNG è in continua evoluzione (la più recente è la DNG 1.4). L’applicazione gratuita DNG Converter e le ultime due versioni principali di Camera Raw e Lightroom offrono funzionalità molto interessanti. L’uso di DNG Converter è molto immediato 1. Selezionate la cartella sorgente che contiene le immagini in formato grezzo da convertire e le eventuali sottocartelle.

I software Adobe per l’editing RAW  59

2. Determinate la destinazione delle immagini convertite, in una posizione già esistente o nuova, mantenendo la struttura delle sottocartelle. 3. Rinominate le immagini convertite. Di default, DNG Converter aggiunge l’estensione .dng ai file convertiti, impendendo così la cancellazione accidentale degli originali. 4. Aprite le Preferenze selezionando il pulsante Cambia preferenze per modificare le opzioni di conversione. Camera Raw (dalla versione 7) e ­Lightroom (dalla versione 4) condividono le funzionalità e le opzioni di DNG Converter per la conversione nel formato DNG. 5. Le opzioni di conversione sono fondamentali. Se convertite i file in DNG per poterli aprire in una vecchia versione di Camera Raw o Lightroom, dovrete selezionare nel menu Compatibilità la versione di Camera Raw che corrisponde a quella utilizzata dalla vostra versione di Photoshop o di Lightroom.

Figura 2.15  L’utility Adobe DNG Converter.

La funzione Dati caricamento rapido è una novità della specifica DNG 1.4. Permette d’incorporare dei dati d’immagine supplementari per velocizzare ulteriormente l’apertura dei file DNG in Camera Raw e Lightroom. Lo svantaggio è che aumenta leggermente la dimensione dei file. Ricordate però che alcune applicazioni di terze parti non riconoscono automaticamente i file così convertiti, anche se magari sono in grado di aprire i file DNG più “classici”.

60  Capitolo 2

La compressione distruttiva è un’altra funzione introdotta dalla nuova specifica DNG 1.4. Se le vecchie versioni offrivano già una compressione senza perdita per limitare il peso dei file, la nuova compressione con perdita permette di produrre file molto più leggeri. La Figura 2.16 mostra le varie opzioni della finestra di dialogo Preferenze. La possibilità di utilizzare una compressione con perdita per ridurre le dimensioni dei file convertiti è stimolante, ma per alcuni fotografi può diventare un inconveniente. ●●

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La compressione con perdita distrugge una parte delle informazioni dell’immagine originale, a causa degli algoritmi di compressione JPEG (livello 10). Per convertire l’immagine in DNG, occorre decampionarla e salvarla sotto forma di DNG lineare. Non si tratta quindi più di un file grezzo vero e proprio, sebbene venga conservato in uno stato lineare (gamma di 1,0) permettendone l’elaborazione in Camera Raw o Lightroom con ottimi risultati. Il ricampionamento riduce la risoluzione dell’immagine originale. Per quanto sia possibile controllare l’entità della compressione con perdita, il file risultante non mantiene la risoluzione iniziale. Questo non è per forza un problema, ma occorre ricordarsi di rinominare il file così convertito, per non rischiare di sostituire inavvertitamente l’originale con una versione a risoluzione ridotta.

La compressione con perdita e il ricampionamento rimangono tuttavia interessanti per la trasmissione o lo scambio dei file DNG, tenendo conto del fatto che questi possono sempre essere aperti e corretti in Camera Raw e Lightroom. Per darvi un’idea dei vantaggi, consultate la tabella che segue, che mostra il peso dei diversi file ottenuto a partire dalla foto che apre questo capitolo. Formato del file

Peso del file

DNG originale/Dati caricamento rapido

105,7 MB

File DNG, compressione con perdita

29,1 MB

File DNG, compressione con perdita, 20 megapixel

10,3 MB

File DNG, compressione con perdita, 3 megapixel

1,8 MB

File DNG, compressione con perdita, 1 megapixel

541 MB

L’economia nel peso del file non va trascurata. Purtroppo siamo appena agli inizi di un’evoluzione appassionante, e alcune funzionalità, per esempio la migrazione dei metadati tra il DNG originale e quello compresso, non sono ancora operative. La messa a punto di un proxy DNG permetterà di archiviare gli originali e di spostare i file DNG mantenendo la possibilità di applicare nuove correzioni ai primi. Confido nel fatto che Thomas Knoll e il team di sviluppatori di Camera Raw prevedano questa possibilità, ma non so entro quando sarà disponibile a tutti gli utenti.

I software Adobe per l’editing RAW  61

Menu a discesa Versione precedente Menu a discesa Compatibilità

Finestra di dialogo Preferenze

Menu a discesa Usa compressione con perdita

Figura 2.16  Le opzioni delle Preferenze di DNG Converter.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw

3

Quando utilizzate Lightroom o Camera Raw, i fondamenti dell’elaborazione delle immagini restano gli stessi. Partendo dall’anteprima iniziale, dovrete regolare i toni e i colori di tutta la foto, perfezionando alcuni dettagli. Dovrete anche apportare alcune modifiche di base, come il ritaglio e il ritocco dei difetti. Se è vero che l’editing delle immagini è spesso avvincente, può diventare lungo e laborioso. Lo scopo di questo capitolo è quello di ridurre i motivi di frustrazione e rendere la correzione e l’elaborazione dei file RAW più divertenti.

Foca leopardo nel cimitero degli iceberg presso il canale Lemaire, Antartide, Canon EOS-1 Ds k II, zoom 70-210 mm, 200 ISO.

64  Capitolo 3

Le impostazioni predefinite di Lightroom e di Camera Raw Alla prima importazione di un file RAW in Lightroom, Camera Raw o Bridge, i dati grezzi vengono convertiti per consentirne la visualizzazione. I software devono correggere i toni e i colori basandosi su alcuni metadati come la sensibilità ISO, il bilanciamento del bianco e il modello di fotocamera. Avrete senz’altro già notato che le anteprime sul display LCD del vostro apparecchio o quelle che si vedono alla prima apertura di una cartella di immagini sono a volte più contrastate e sature di quelle di alta qualità create da Camera Raw o Lightroom. Nessuno dei due software ricorre infatti all’SDK del produttore della fotocamera per interpretare i dati grezzi. Non stupisce quindi che la resa predefinita delle anteprime non corrisponda a quella dell’apparecchio. Le regolazioni predefinite di Camera Raw e Lightroom non sono altro che una prima serie di interventi arbitrari che vanno utilizzati per valutare e successivamente correggere le immagini; come spiegato nel Capitolo 1, non è detto che la loro resa sia fedele a quella “naturale” del vostro file RAW. Le Figure 3.1 e 3.2 vi permettono di confrontare le regolazioni di default e poi quelle personalizzate in seguito a una correzione in Lightroom. Molte di queste foto erano sotto o sovraesposte, mancavano di contrasto, avevano colori poco brillanti, un bilanciamento del bianco poco adatto o erano mal ritagliate, ma grazie a Lightroom ho potuto migliorarle e applicare loro degli effetti particolari (trasformazione in bianco e nero, divisione dei toni e così via).

Figura 3.1  Effetto delle regolazioni predefinite.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  65

Figura 3.2  Effetto delle regolazioni personalizzate sulla stessa serie di immagini.

Alcune immagini hanno beneficiato di correzioni del colore piuttosto importanti, sul bilanciamento del bianco, la tinta, la saturazione o la luminosità. Riconosco che alcuni interventi sono stati un po’ troppo radicali, ma non m’interessa troppo riprodurre tutti i dettagli di una scena, quanto potenziare la resa per aumentare l’impatto visivo. I parametri predefiniti dell’immagine possono essere modificati. 1. In Lightroom, selezionate l’opzione Imposta le impostazioni predefinite nel menu Sviluppo del modulo omonimo. Sebbene la finestra di dialogo che si apre sembri affermare il contrario, è possibile reimpostare i parametri facendo semplicemente clic sul pulsante Ripristina impostazioni predefinite di Adobe. 2. In Camera Raw, selezionate l’opzione Salva nuove impostazioni predefinite Camera Raw dal menu a discesa. Per ripristinare la configurazione di default, selezionate l’opzione Ripristina impostazioni predefinite Camera Raw.

Figura 3.3  La finestra di dialogo Imposta impostazioni di sviluppo predefinite di Lightroom.

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Ecco qualche consiglio per la scelta delle impostazioni predefinite. ●●

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Modificate solo le impostazioni che fanno parte dei vostri nuovi parametri predefiniti. Per esempio, se per la riduzione del disturbo volete scegliere un valore che varia a seconda dell’ISO dell’apparecchio, intervenite sui valori del disturbo, lasciando tutto il resto così com’è. Non modificate le impostazioni di default una volta per tutte. Sono specifiche per l’apparecchio (identificato dal suo numero di serie) e l’ISO utilizzato. I parametri predefiniti non devono sostituire quelli dell’elaborazione. Se utilizzate regolarmente una data impostazione, includetela nei predefiniti. Per esempio, per applicare un profilo DNG personalizzato invece di quello di default Adobe Standard, ripristinate tutti gli altri parametri, selezionate il nuovo profilo nel menu a discesa del pannello Calibrazione fotocamera e salvate il nuovo parametro in Lightroom o Camera Raw.

Le impostazioni predefinite vengono condivise da Lightroom e Camera Raw. Se apportate delle modifiche in uno di questi software, si rif letteranno automaticamente nell’altro.

Le funzionalità di Lightroom e di Camera Raw Lightroom è un’applicazione indipendente e Camera Raw un modulo esterno, ma ci sono altre differenze più o meno importanti tra i due, perlopiù nell’interfaccia utente e nella manipolazione degli strumenti. L’interfaccia utente di Lightroom è più evoluta di quella di Camera Raw. Ecco le differenze principali e i punti in comune. ●●

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Lo strumento Campionatore colore di Camera Raw permette di inserire e salvare temporaneamente fino a nove punti di campionamento del colore. I valori visualizzati corrispondono ai valori RGB dei pixel sotto il cursore. Se i valori RGB di Camera Raw si basano sulla classica scala da 0 a 255, quelli di Lightroom vengono espressi in percentuale, da 0 a 100%. Camera Raw permette di definire lo spazio di lavoro dei file convertiti, mentre quello di Lightroom viene definito al momento dell’esportazione o della visualizzazione dei file a video. Lightroom insiste a visualizzare l’immagine per intero, mentre lo strumento Taglierina di Camera Raw consente un aumento del rapporto di ingrandimento per meglio apprezzare i dettagli. Il software permette di aprire contemporaneamente più pannelli degli strumenti, mentre Camera Raw ne apre uno solo alla volta. Lightroom ospita tuttavia finestre di dialogo multiple per controllare parametri più avanzati, mentre Camera Raw ha un solo menu a discesa. Lightroom è anche l’unico a offrire una funzione di cronologia per registrare i passi dell’elaborazione; Camera Raw permette di annullare più

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  67

passaggi di editing, ma nel momento in cui chiudete la finestra dell’applicazione tutte le modifiche andranno perdute. ●●

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Entrambi i software consentono di salvare dei set di predefiniti. Tuttavia, le impostazioni di default che condividono sono specificate nel software nel quale sono state create, e non possono quindi essere cambiate. Lightroom e Camera Raw utilizzano lo stesso motore di elaborazione RAW. Lo stesso vale per le impostazioni di editing, le viste di default e i formati RAW supportati, a condizione che la versione di Camera Raw sia la stessa.

L’istogramma L’istogramma di Lightroom e di Camera Raw è una rappresentazione grafica della distribuzione tonale delle informazioni dell’immagine. Mostra i livelli dei pixel (asse delle ordinate) ripartiti su una gamma di valori (asse delle ascisse). I colori rosso, verde e blu rappresentano i tre componenti RGB, i colori giallo, magenta e ciano la sovrapposizione dei due canali e le zone grigie (Lightroom) o bianche (Camera Raw) la distribuzione uguale dei tre canali rosso, verde e blu. Negli angoli superiori destro e sinistro, l’istogramma mostra due pulsanti per visualizzare le ombre e le alte luci che hanno subìto un ritaglio. Un semplice clic su uno dei due quadrati modifica la modalità di visualizzazione e permette di scegliere una visualizzazione automatica dei pixel ritagliati o una soggetta al passaggio del mouse su uno dei quadrati.

Istogramma di Lightroom

Istogramma di Camera Raw

L’anteprima mostra un ritaglio delle ombre (in blu) e delle alte luci (in rosso)

Figura 3.4  Istogrammi e visualizzazione delle zone ritagliate nell’anteprima.

68  Capitolo 3

Ricordate che non esiste l’istogramma perfetto. Il suo unico scopo è quello di mostrare la distribuzione dei valori tonali. ●●

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Non sempre è possibile evitare un ritaglio dei valori estremi, soprattutto se si tratta di riflessi o di fonti luminose. Un ritaglio delle ombre significa spesso che la gamma dinamica della scena era superiore a quella registrabile dalla fotocamera. Se la distribuzione dei toni è rappresentata da un istogramma a campana, significa che è una ripartizione ideale. Se i livelli della vostra immagine si concentrano al centro del grafico senza toccare i bordi, vuol dire che l’immagine è poco contrastata e i suoi valori possono essere ridistribuiti attraverso un aumento del contrasto. Se i livelli occupano principalmente la metà sinistra dell’istogramma, l’immagine è verosimilmente sottoesposta; potete correggerla con l’aiuto del cursore Esposizione. Se i livelli occupano principalmente la metà destra dell’istogramma, l’immagine è sovraesposta, e sarà necessario recuperare le informazioni delle alte luci e/o ridistribuirle più omogeneamente (immagine esposta a destra).

L’istogramma di Lightroom si divide in quattro zone, che appaiono quando spostate il mouse sul grafico. A differenza dell’istogramma di Camera Raw, quello di Lightroom è interattivo: per correggere una gamma tonale è sufficiente farvi clic sopra e poi muovere il mouse per spostare immediatamente il cursore specifico. Personalmente, poiché preferisco valutare l’immagine invece dell’istogramma, utilizzo questa interazione diretta molto raramente, e chiudo il pannello Istogramma per guadagnare spazio nella visualizzazione della finestra degli strumenti.

Figura 3.5  L’istogramma interattivo di Lightroom.

I pannelli degli strumenti di Lightroom e di Camera Raw Sebbene Lightroom e Camera Raw condividano gli stessi pannelli e strumenti di correzione, l’interfaccia utente è diversa. In Lightroom, i pannelli degli strumenti sono disposti su un’unica colonna verticale a scorrimento, mentre in

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  69

Camera Raw sono allineati in orizzontale e sono dotati di icone per una migliore visibilità. La disposizione dei pannelli segue una logica che privilegia un f lusso di lavoro ottimale. Per quanto sia possibile spostarsi liberamente tra un pannello e l’altro, vi suggerisco di partire dal pannello Base. Se uno dei pannelli non è visibile in Lightroom, è perché è disattivato: aprite il menu contestuale e riattivatelo. Quando lavoro sul portatile, utilizzo la modalità Solo di Lightroom per i pannelli degli strumenti per ottimizzare lo spazio sullo schermo. Per accedervi, fate clic con il tasto destro del mouse su uno dei pannelli e selezionate Modalità solo nel menu contestuale. Su schermi più grandi, disattivo questa opzione e lascio aperti tutti i pannelli che mi servono. In Camera Raw, potete fare clic per aprire i vari pannelli o utilizzare delle scorciatoie da tastiera. Su Mac, premete Cmd+Opt+tasti da 1 a 9; in Windows, premete Ctrl+Alt+tasti da 1 a 9. Purtroppo non ci sono scorciatoie per il pannello Istantanee.

Base

Dettagli

Divisione toni

Effetti

Predefiniti

Curva HSL/Scala Correzioni Calibrazione Istantanea di viraggio di grigio lente fotocamera Pannelli degli strumenti in Lightroom

Icone delle schede di controllo dell’immagine in Camera Raw

Figura 3.6  I pannelli degli strumenti in Lightroom e Camera Raw.

Pannello Base Il pannello Base contiene la maggior parte degli strumenti per correggere i toni e i colori delle immagini. È condiviso da Lightroom e Camera Raw, ma con due piccole differenze: Lightroom ha un menu in più per la trasformazione in bianco e nero (Trattamento), e lo strumento Bilanciamento bianco di Camera Raw deve essere selezionato dalla barra degli strumenti. Gli strumenti del pannello Base variano a seconda della versione elaborazione utilizzata, come spiegato successivamente. Il pannello Base si divide in quattro menu: Trattamento, BB (bilanciamento del bianco), Tono e Impatto.

70  Capitolo 3

Strumenti per la Versione elaborazione 2012

Strumenti per le versioni elaborazione 2010 e 2003

Figura 3.7  Gli strumenti del pannello Base.

Versioni elaborazione Gli algoritmi di deschematizzazione e di elaborazione dei file del motore di Camera Raw e Lightroom vengono migliorati più o meno regolarmente. Se la prima evoluzione principale, introdotta nel 2010, modificava solo leggermente la struttura e la resa delle immagini, la seconda, che risale al 2012, ha apportato delle modifiche più radicali. Invece di costringere gli utenti ad adottare le nuove routine di editing, gli sviluppatori di Adobe hanno concepito un meccanismo che consente di scegliere tra la vista vecchia e quella nuova: si tratta delle versioni elaborazione. In questo modo, le regolazioni di una nuova immagine non corretta vengono convertite automaticamente nella nuova versione elaborazione quando si tratta di immagini ritoccate con una versione precedente di Camera Raw o Lightroom. Quando selezionate l’opzione 2012 nel menu del pannello Calibrazione fotocamera, Lightroom apre una finestra di dialogo che consente l’aggiornamento alla nuova versione elaborazione o di annullarlo. Fate molta attenzione: a seconda dell’opzione scelta e del numero di immagini selezionate, Lightroom potrebbe finire per convertire tutte le immagini della vostra cartella o del catalogo. Camera Raw non visualizza alcun avvertimento, e converte automaticamente quella o tutte le immagini selezionate. Bisogna convertire ogni immagine? Personalmente tendo a non modificare quelle che sono già state stampate o pubblicate, mentre le converto nella nuova versione elaborazione quando le impostazioni precedentemente applicate non mi piacciono.Vi suggerisco di utilizzare la funzione Istantanee per salvare le impostazioni vecchie e nuove, così da poter ripristinare quelle precedenti in caso di bisogno. Quando fu rilasciata la prima versione beta pubblica di Lightroom 4, ci furono molte discussioni sui forum dei beta tester. La maggior parte dei commenti era positiva, ma alcuni utenti non approvavano le modifiche apportate dalla Versione elaborazione 2012, in particolare quelle riguardanti il comando Luce di schiarita. Nel tempo le cose sono cambiate, e le critiche sono diventate molto più frequenti delle lodi.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  71

Figura 3.8  La finestra di dialogo Aggiorna versione elaborazione, esclusiva di Lightroom.

Per chi è interessato alle motivazioni che stanno dietro a queste modifiche, ho intervistato Eric Chan, uno degli ingegneri capo del team di sviluppo di Camera Raw. Le ragioni all’origine della modifica dei comandi di distribuzione nella Versione elaborazione 2012 sono numerose. Eccone alcune: ●● una gestione dei toni più semplice e più potente grazie a nuovi algoritmi; ●●

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una manipolazione dei comandi più intuitiva: se nella Versione elaborazione 2010 c’erano tre cursori diversi per regolare la luminosità globale (Esposizione, Luminosità e Luce di schiarita), la Versione elaborazione 2012 ne ha solo uno, Esposizione; una migliore integrazione nelle applicazioni destinate agli smartphone e ai tablet; se il pannello Base ha sei cursori, all’applicazione Adobe Revel ne bastano quattro, il che permette di ottimizzare lo spazio disponibile sullo schermo; una sincronizzazione migliore delle impostazioni tra file RAW e JPEG. La Versione elaborazione 2010 gestisce diverse regolazioni predefinite per questi tipi di RAW e JPEG (Luminosità, Contrasto, Neri e Curva per punti). Nella Versione elaborazione 2012, le impostazioni predefinite e gli algoritmi di divisione dei toni sono identici; è quindi molto più facile elaborare contemporaneamente dei file RAW e JPEG, soprattutto quando si tratta di applicare un set di predefiniti; un’uniformazione degli strumenti di correzione globale e locale, che condividono ormai gli stessi comandi; un ricorso meno frequente al pannello Curva di viraggio, più difficile da utilizzare; la possibilità di correggere alcuni bug specifici delle versioni elaborazione precedenti.

Menu Trattamento

Il menu Trattamento, riservato a Lightroom, può essere utilizzato per convertire un’immagine a colori in bianco e nero o viceversa. Si tratta di un metodo molto rapido per valutare il potenziale di un’immagine in vista di una trasformazione monocromatica, senza passare obbligatoriamente dal pannello HSL/ Colore/B & N.

72  Capitolo 3

Menu BB (bilanciamento del bianco)

La regolazione del bilanciamento del bianco va considerata come un punto di partenza per altre correzioni. Un bilanciamento del bianco corretto inf luisce anche sui toni di un’immagine. Per regolarlo, avete tre possibilità: ●●

selezionare una delle opzioni predefinite del menu a discesa BB;

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fare clic con il contagocce per selezionare un punto neutro nell’immagine;

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spostare i cursori Temperatura e Tinta in modo empirico (il mio metodo preferito).

Se lo strumento Bilanciamento bianco è comodo per campionare un dettaglio neutro nell’immagine (per esempio un abito bianco o il bianco degli occhi), la palette ColorChecker Passport di X­R ite è ancora più precisa. Io la utilizzo anche per creare dei profili DNG personalizzati. La Figura 3.9 mostra le gamme della palette di ColorChecker Passport e in particolare quella dedicata al bilanciamento del bianco.

Figura 3.9  La palette di ColorChecker Passport e lo strumento Bilanciamento bianco di Lightroom.

Un bilanciamento del bianco tecnicamente corretto non ha sempre una buona resa dal punto di vista estetico. Per ritoccare un’immagine presa al tramonto, è consigliabile conservare una dominante calda; se invece fate delle foto in Antartide, eviterete un colore caldo sul ghiaccio (il ghiaccio giallo non è un granché…). La Figura 3.10 mostra due impostazioni del bilanciamento del bianco: a sinistra ho usato un valore di 5500 K e a destra un bilanciamento del bianco ottenuto facendo clic al centro dell’iceberg (la resa è migliore). Considerate le difficoltà nell’ottenere impostazioni ideali per la neve e il ghiaccio, procedo sempre con una regolazione manuale.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  73

Immagine dopo la correzione manuale

Immagine dopo l’uso dello strumento Bilanciamento bianco

Figura 3.10  Bilanciamento del bianco creativo e tecnicamente corretto.

Se regolate il bilanciamento del bianco della vostra fotocamera in automatico (AWB), potete selezionare l’opzione Come scattato dal menu a discesa BB per una prima impostazione. La precisione del bilanciamento del bianco automatico varia da un apparecchio all’altro; se il vostro non riesce a produrre un risultato accettabile, regolate piuttosto il valore della luce diurna. Menu Tono

Quando si tratta di correggere i toni di un’immagine, partite sempre dal cursore Esposizione per intervenire sulla luminosità globale, dopodiché passate al contrasto. Alcuni fotografi preferiscono utilizzare gli strumenti del pannello Curva di viraggio invece del cursore Contrasto del pannello Base. Se è vero che questo metodo può restituire dei risultati soddisfacenti, non è però sempre l’ideale, poiché rinuncia ai miglioramenti apportati dalla Versione elaborazione 2012. Da una parte, i nuovi controlli di divisione dei toni adattano il loro campo d’azione alle tonalità dell’immagine; dall’altra recuperano automaticamente un ritaglio nelle alte luci, e questo anche quando mancano le informazioni in uno o due dei canali di colore. Utilizzando gli algoritmi della Versione elaborazione 2012, il pannello Base comprende gli strumenti seguenti. ●●

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Esposizione: questo cursore controlla la luminosità globale dell’immagine. Interviene perlopiù sui mezzitoni e si combina con la correzione dell’esposizione della fotocamera. Spostando il cursore a +1 si aumenta l’esposizione di un EV, mentre un valore di –1 corrisponde a una diminuzione di 1 EV. Sposato a destra, il cursore Esposizione tende a proteggere le alte luci di un ritaglio (se utilizzato con moderazione). Contrasto: questo cursore aumenta o riduce il contrasto applicando una curva a S. Quando si aumenta il contrasto, si schiariscono i valori al di sotto di quelli medi e si scuriscono quelli al di sopra, mentre un abbassamento del contrasto produce l’effetto contrario. Se un aumento del contrasto va a

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vantaggio delle immagini che ne sono prive, una riduzione è necessaria per quelle molto contrastate, prima del passaggio dei cursori Ombre e Luci. ●●

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Luci: questo cursore sostituisce, in meglio, il vecchio cursore Recupero della Versione elaborazione 2010: spostandolo a sinistra, recuperate delle informazioni nelle alte luci, mentre spostandolo a destra si produce uno schiarimento, ma senza un ritaglio azzardato. Ombre: questo cursore sostituisce, in meglio, il vecchio cursore Luce di schiarita della Versione elaborazione 2010: spostandolo a sinistra, scurite le ombre riducendone al minimo il ritaglio, mentre spostandolo a destra si produce uno schiarimento che recupera i dettagli. Bianchi: questo cursore permette di definire il punto di ritaglio delle alte luci. Spostandolo a sinistra si può ridurre il ritaglio per recuperare i dettagli delle alte luci, mentre spostandolo a destra si aumenta il ritaglio. Neri: questo cursore permette di definire il punto di ritaglio delle basse luci. Spostandolo a sinistra si aumenta il ritaglio nelle ombre, mentre uno spostamento a destra lo riduce.

Se utilizzate gli algoritmi delle vecchie versioni elaborazione 2003 e 2010, il pannello Base visualizza gli strumenti illustrati di seguito invece di quelli appena descritti. ●●

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Neri: come suggerisce il nome, questo cursore permette di scurire i valori delle ombre e di determinare un valore di nero. Spostandolo a destra si ottiene un ritaglio. Il cursore agisce perlopiù sui toni scuri, influenzando molto meno mezzitoni e alte luci. Recupero: questo cursore riduce la luminosità delle alte luci cercando al contempo di recuperare i dettagli persi in seguito a una sovraesposizione dello scatto. Lightroom e Camera Raw riescono a ripristinare alcune informazioni di luminanza e di colore nelle alte luci ritagliate, sempre che queste esistano ancora in un canale di colore. Tuttavia, il recupero non garantisce sempre l’integrità dei colori, e provoca talvolta delle dominanti nei toni ripristinati. Il cursore Luci della Versione elaborazione 2012 riesce molto meglio a rispettare i colori delle aree recuperate. Luce di schiarita: questo cursore schiarisce le ombre per rivelare più informazioni, conservando al contempo il punto di nero. Può provocare degli aloni bianchi sui bordi molto contrastati dell’immagine; il cursore Ombre della Versione elaborazione 2012 riesce a ridurli notevolmente. Luminosità: questo cursore agisce sulla luminosità globale dell’immagine ridistribuendo i valori medi. Prima di utilizzarlo, regolate sempre i cursori Esposizione, Recupero e Neri. L’applicazione di un valore di luminosità importante può provocare un ritaglio nelle alte luci o nelle ombre, e questo nonostante una protezione delle alte luci estreme.

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Regolare le impostazioni Per modificare le impostazioni in Lightroom, trascinate il mouse su uno dei valori visualizzati, quindi premete i tasti + e – o le frecce ↑ e ↓ per modificarlo. In Camera Raw, fate clic su un comando per attivarlo, dopodiché utilizzate le frecce ↑ e ↓ per modificare le impostazioni. In entrambi i software, premendo il tasto Maiusc, modificate un valore di dieci unità. In Lightroom, è sufficiente fare doppio clic sul nome di un cursore, e in Camera Raw sulla barra del cursore, per reimpostare le regolazioni.

Può essere forte la tentazione di premere il pulsante Automatico per lasciar determinare automaticamente a Lightroom o a Camera Raw una divisione ideale dei toni dell’immagine. Tuttavia, l’efficacia delle correzioni automatiche varia molto, anche in base ai toni. Se le impostazioni del cursore Esposizione sono a volte troppo poco incisive quando si tratta di non ritagliare delle informazioni utili, le altre impostazioni sono più coerenti. In Lightroom, esiste un piccolo trucco che vi permette di applicare gli automatismi di correzione tonale solo a uno o più cursori: tenendo premuto il tasto Maiusc, fate doppio clic su ciascuno dei cursori da regolare (purtroppo il trucchetto non funziona in Camera Raw). Come vanno impiegati i comandi di divisione dei toni? Ecco come procedo io. 1. Dopo aver corretto il bilanciamento del bianco, passo all’esposizione. A seconda delle sue regolazioni nella fotocamera e delle zone importanti dell’immagine, rimando alcune regolazioni dei toni a una fase successiva oppure le sostituisco con alcuni interventi nel pannello Curva di viraggio. La cosa di cui mi preoccupo per prima è l’impostazione dell’esposizione. 2. Durante alcuni seminari o altri eventi, mi sono reso conto che molti ignorano il passaggio successivo, e cioè la regolazione del cursore Contrasto. È un errore. Il suo aumento o la sua riduzione è fondamentale. L’impostazione predefinita applica una curva standard che non tiene conto delle caratteristiche dell’immagine. È quindi importante regolarlo il prima possibile prima di passare ad altro. In Camera Raw e Lightroom, il contrasto e la saturazione sono strettamente legati: aumentando l’uno aumentate anche l’altro, e lo stesso con la riduzione, come avveniva ai tempi della pellicola (e Thomas Knoll ne ha tenuto conto). 3. Una volta regolati opportunamente esposizione e contrasto, potete ricorrere ai cursori Luci e Ombre per perfezionare i toni. Se la gamma del contrasto della vostra immagine è elevata, riducetela portando il cursore Luci su valori negativi; se i toni delle ombre sono troppo scuri, portate invece su valori positivi il cursore Ombre per recuperare i dettagli. Ricordate che lo schiarimento delle ombre può amplificare il disturbo. Se la gamma del contrasto è moderata, potete utilizzare i cursori Luci e Ombre per ottimizzare la resa

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delle aree più importanti dell’immagine. In genere si tende a combinare una regolazione su valori positivi del cursore Luci e una su valori positivi del cursore Ombre per una correzione dei toni leggermente asimmetrica. 4. Quando l’immagine vi soddisfa, potete passare ai cursori Bianchi e Neri per determinare il punto a partire dal quale le alte luci e le ombre conservano i loro dettagli. Associando valori negativi del cursore Neri a valori positivi del cursore Ombre potete controllare la parte bassa della curva dei toni; associando valori negativi del cursore Luci a valori positivi del cursore Bianchi potete potrete invece controllare quella alta. È una procedura che permette di avvicinarsi progressivamente al risultato desiderato. Personalmente uso i cursori Bianchi e Neri meno spesso dopo l’uscita della Versione elaborazione 2012, poiché i nuovi comandi di correzione dei toni si adattano alla natura delle immagini. Vi suggerisco quindi di non iniziare la correzione da questi ultimi due cursori. Grazie alla precisione dei comandi di correzione dei toni del pannello Base, passo molto meno tempo nel pannello Curva di viraggio. Visualizzazione del ritaglio Premendo i tasti Alt/Opt, potete regolare i toni dell’immagine visualizzando contemporaneamente le zone ritagliate. I cursori Esposizione, Luci e Bianchi mostrano il ritaglio delle alte luci, mentre Ombre e Neri quello delle zone scure. Menu Impatto

La parte inferiore del pannello Base contiene tre cursori, raccolti sotto il menu Impatto: Chiarezza, Vividezza e Saturazione. ●●

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Chiarezza: questo cursore utilizza un algoritmo di correzione adattiva che aumenta o riduce il contrasto dei mezzitoni. Si combina con un filtro correttivo destinato ad aumentare il contrasto locale delle immagini. Conviene non abusarne: ci vuole un attimo a esagerare l’effetto per produrre una resa di tipo HDR. L’algoritmo del cursore Chiarezza approfitta dei nuovi algoritmi di distribuzione dei toni introdotto dalla Versione elaborazione 2012. Il risultato è che gli aloni e gli artefatti sono meno evidenti, il che consente di ricorrere a regolazioni più incisive prima che inizino a manifestarsi. A valori negativi, la chiarezza può ridurre il contrasto locale, in particolare per ammorbidire i toni della pelle. Generalmente uso poco questo cursore e in modo molto mirato; preferisco regolare il contrasto locale in Photoshop, che offre un maggiore controllo sui vari parametri (come vedremo nel Capitolo 5). Vividezza: analogamente a Saturazione, Vividezza apporta un piccolo plusvalore: aumenta la saturazione dei colori meno carichi compensando quelli più saturi. A valori negativi, riduce la saturazione dei colori senza pro-

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durre però una desaturazione completa. Il risultato è una resa vicina a quella di una vecchia fotografia con i colori sbiaditi. La funzione Vividezza integra una protezione dei toni color carne: potete usarla sulla pelle senza mai rischiare una saturazione eccessiva, poco raccomandata nei ritratti. ●●

Saturazione: questo comando agisce in modo lineare sulla saturazione dei colori. Una saturazione pari a –100 produce un’immagine in bianco e nero. Sebbene questo comando ben si presti all’aumento della saturazione globale, rischia di provocare un ritaglio delle tinte sature. Personalmente gli preferisco il comando Vividezza o i cursori del pannello HSL, più potenti.

Curva di viraggio Il pannello Curva di viraggio è il primo suddiviso in due schede: Curva di viraggio parametrica e Curva di viraggio per punti. Nato per Lightroom, Curva di viraggio parametrica è stato integrato in Camera Raw per garantire l’interoperabilità tra di due software. Se i due editor si prestano ai compiti più semplici (come la banale regolazione di un contrasto), a pari capacità, il loro uso è però diverso: Curva di viraggio parametrica offre maggiore f lessibilità per un risultato più rapido, mentre Curva di viraggio per punti consente più precisione nel posizionamento della curva. La vostra scelta si baserà da una parte sull’accuratezza della regolazione e dall’altra sulla facilità d’uso. Detto questo, per acquisire familiarità con questi due editor occorre un po’ di pratica. Curva di viraggio parametrica

Grazie alla sua interfaccia utente semplificata, questo editor permette un intervento più rapido sulle tinte e i toni chiari e scuri. Sebbene due dei cursori abbiano lo stesso nome di quelli dei cursori del pannello Base, non svolgono la stessa funzione. I cursori Luci e Ombre del pannello Base tengono conto della divisione dei toni, mentre i cursori omonimi della scheda Curva di viraggio parametrica operano solo sulla curva tonale, benché il loro ambito di azione sia simile. Contrariamente a Camera Raw, Lightroom indica i limiti entro i quali la curva dei toni può evolvere quando trascinate il cursore del mouse sulla sua traccia. Il modo migliore per utilizzare la curva per regolare una zona precisa è ricorrere allo strumento Regolazione mirata. È anche possibile modificare direttamente il tracciato della curva o i cursori del menu Regione. Per attivare la Regolazione mirata in Lightroom fate clic sulla sua icona in alto a sinistra del pannello Curva di viraggio. In Camera Raw, selezionatela dalla barra degli strumenti principale.

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Zona delle luci

Zona dei colori chiari

Zona dei colori scuri

Zona delle ombre

Figura 3.11  Visualizzazione della zona attiva in Curva di viraggio parametrica.

Gli indicatori di divisione della gamma dei toni nella parte bassa della curva servono a comprimere o estendere la gamma a cui la curva è applicata, senza alterare i neri e i bianchi. La Figura 3.12 mostra come regolare le luci, i mezzitoni e le ombre. Personalmente, non utilizzo mai questi indicatori; per regolare la curva in modo più preciso ricorro a Curva di viraggio per punti. Curva lineare La curva predefinita della Versione elaborazione 2012 (lineare) è identica a quella di default delle vecchie versioni elaborazione 2003 e 2010, anche se i nomi sono diversi. Se non si riesce a ottenere una curva lineare vera e propria nella Versione elaborazione 2012, potete creare un profilo basato su questo tipo di curva con l’utility DNG Profile Editor. Nel Capitolo 4 vi mostrerò come procedere.

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Figura 3.12  Regolazione degli indicatori di divisione della gamma dei toni.

Curva di viraggio per punti

Se è vero che l’editor parametrico è spesso più rapido nel produrre la curva desiderata, è indubbio che Curva di viraggio per punti offra una regolazione più precisa, soprattutto nelle alte luci, là dove un file RAW possiede numerose informazioni. Il comportamento della curva si avvicina a quello raffinato delle curve Bézier. Lo spostamento di un punto modifica direttamente la sezione situata oltre il punto successivo. Per aggiungere un punto di ancoraggio è sufficiente fare clic sulla curva; per eliminarlo, basta trascinarlo fuori dalla curva. In Lightroom, potete utilizzare lo strumento Regolazione mirata e il mouse per aggiungere dei punti di ancoraggio che si basino direttamente sui toni campionati. In Camera Raw, lo strumento Regolazione mirata funziona solo con Curva di viraggio parametrica. Potete anche premere la combinazione di scelta rapida Ctrl/Cmd+clic per aggiungere un punto di ancoraggio e poi i tasti ↑ e ↓ per aumentare o ridurre i valori di una unità o, se associati al tasto Maiusc, di 10 unità. Curve e divisione dei toni In cosa consiste la collaborazione tra le impostazioni del pannello Curva di viraggio e quelle del pannello Base? Inizialmente, gli strumenti di quest’ultimo pannello erano piuttosto semplici. Molti esperti privilegiavano l’applicazione dei comandi di divisione dei toni dal pannello Curva di viraggio, lasciando a quello Base l’unico compito di regolare il bilanciamento del bianco. Oggi i comandi del pannello Base di Camera Raw e Lightroom sono molto più sofisticati, e non avrebbe senso privarsene. Personalmente uso le opzioni del pannello Curva di viraggio per affinare quelle del pannello Base. Curva di viraggio per punti garantisce una precisione eccezionale che consente di applicare correzioni minime e impossibili da realizzare con i soli cursori del pannello Base. La correzione delle dominanti di colore è tra le possibilità che mi fanno propendere per gli strumenti di Curva di viraggio per punti. Per ottenere risultati migliori, non esitate dunque a impiegare gli strumenti dei due pannelli in concomitanza, perché sono complementari.

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La possibilità di intervenire sulle singole curve dei tre canali di colore (RGB) è stata una delle novità introdotte con Lightroom 4 e Camera Raw 7. Grazie alle curve cromatiche, potete correggere le dominanti di colore che toccano solo le alte luci o le ombre di un’immagine. Potete ricorrervi anche per produrre degli effetti speciali come delle trame o delle imitazioni di foto su pellicola dai colori sbiaditi. Volendo, potete salvare le vostre curve personalizzate e applicarle dal menu Curva di viraggio per punti.

Curva a S per aumentare il contrasto

Curva a S per ridurre il contrasto

Curva più sofisticata con numerosi punti

Figura 3.13  Diverse curve di viraggio per punti.

Menu Canale

Opzione di salvataggio

Figura 3.14  I menu a discesa di Curva di viraggio per punti.

HSL/Colore/B & N È stato solo dopo aver iniziato a scrivere questo libro che mi sono accorto che l’ordine di comparsa dei pannelli degli strumenti di Lightroom era diverso da quello di Camera Raw. Qui ho deciso di seguire l’impostazione di Lightroom. Il pannello HSL/Colore/B & N è suddiviso in tre sezioni, dedicate a funzionalità specifiche. Sezione HSL

Sebbene il numero dei cursori possa far sembrare il comando HSL molto complesso, non è così: è immediato e potente, e offre un maggior controllo rispetto al comando Saturazione del pannello Base. I suoi cursori controllano particolarmente bene i colori primari prodotti dalle sintesi additive (RGB) e sottrattive (CMYK). Mark Hamburg e Thomas Knoll si sono resi conto che i fotografi

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desiderano regolare quei colori che non rientrano tra quelli primari; ecco perché i cursori gestiscono le tinte a gamma elevata, che rappresentano perlopiù dei colori naturali situati tra quelli primari, e che quindi sono difficili da ritoccare, come l’arancione, il turchese e il viola. Il modo migliore per sfruttare il comando HSL è attraverso lo strumento Regolazione mirata. Fate clic nell’immagine su una zona da correggere e regolate le impostazioni HSL spostando il mouse su e giù. È un metodo più comodo che non intervenire su uno o più cursori, tanto più che molti colori si situano tra due degli otto del pannello HSL. Lo strumento Regolazione mirata permette di intervenire su due cursori, selezionando automaticamente i colori da correggere; per regolare la tinta verde di un prato, agisce contemporaneamente sui cursori Verde e Giallo.

Sezione Tonalità

Sezione Saturazione

Sezione Luminanza

Figura 3.15  Le sezioni del pannello HSL.

Sezione Colori

Ritengo la sezione Colori decisamente superf lua (ecco perché ho rinunciato a mostravi la sua interfaccia utente in una figura). Non la si trova nel pannello HSL/Scala di grigio di Camera Raw e non può essere associata allo strumento Regolazione mirata. Sezione B & N

Per modificare la resa dei colori di un film in bianco e nero pancromatico, occorre utilizzare dei filtri colorati. Il digitale ha apportato modifiche importanti per quanto concerne lo scatto e l’editing. A parte alcune fotocamere specializzate che producono file grezzi in bianco e nero, in genere i file vengono sempre salvati a colori, e questo anche se selezionate una delle modalità monocromatiche proposte (verrà registrato un solo metadato). In Lightroom, Camera Raw e Photoshop, esistono molti modi per trasformare un’immagine a colori in una in bianco e nero. Il metodo più rapido consiste nel portare il cursore Saturazione di Lightroom o Camera Raw al valore minimo per desaturare i colori. La saturazione totale manca però di f lessibilità; è quindi preferibile utilizzare i comandi della sezione Miscela bianco e nero del pan-

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nello HSL/Colore/B & N di Lightroom o quelli della sezione Miscela scala di grigio di Camera Raw. Laddove la desaturazione totale si avvicina a una conversione in modalità Lab, seguita dall’uso del canale Luminanza, i comandi di trasformazione in bianco e nero di Camera Raw e Lightroom si comportano come dei filtri pancromatici e modificabili all’infinito. La Figura 3.16 mostra le impostazioni standard (tutti i cursori sono a zero) e quelle automatiche per la trasformazione in bianco e nero della sezione Miscela bianco e nero di Lightroom. Le regolazioni automatiche, applicate con il pulsante Automatico, agiscono contemporaneamente sulle gamme elevate delle tinte rispettando la loro divisione il contrasto.

Azzeramento dei cursori

Regolazione automatica

Figura 3.16  La sezione B & N.

La trasformazione automatica è spesso azzeccata, e resta poco lavoro da fare per ottenere un risultato soddisfacente. Tuttavia, può accadere che due tinte diverse vengano rivelate da una luminosità ravvicinata. In questo caso, potete ricorrere ai servizi dello strumento di regolazione mirata per riequilibrare le tonalità dell’immagine, per esempio per scurire un cielo o schiarire una carnagione. Si può quindi parlare di una risposta omnicromatica, opposta alla risposta dei film in bianco e nero che è pancromatica. Conversione predefinita o automatica Al momento di scegliere l’opzione più adatta nelle preferenze di Camera Raw e Lightroom, potete fare in modo che il software applichi sistematicamente una conversione automatica alle immagini.

Divisione toni Sebbene vengano spesso utilizzati per simulare il viraggio “chimico” di un’immagine precedentemente convertita in bianco e nero, i cursori del pannello Divisione toni si prestano altrettanto bene alla correzione delle immagini a colori. Selezionate dei valori per la tonalità e la saturazione delle alte luci e delle

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ombre (o per tutte e due contemporaneamente) e spostate il cursore Bilanciamento per definire la zona di transizione tra i due.

Alla gamma dei grigi è stata applicata una divisione dei toni parziale

Divisione dei toni parziale con i valori 62 e 25 per la tonalità e la saturazione delle alte luci, 242 e 25 per quella delle ombre e 0 per il cursore Bilanciamento

Divisione dei toni parziale con impostazioni identiche alla figura precedente, ma con un valore di +50 per il cursore Bilanciamento, per riscaldare la gamma dei grigi

Divisione dei toni parziale con impostazioni identiche alle figure precedenti, ma con un valore di –50 per il cursore Bilanciamento, per raffreddare la gamma dei grigi

Figura 3.17  Il pannello Divisione toni e il risultato di una doppia divisione dei toni (toni caldi/toni freddi) applicato a una foto di sei campioni di una palette X-Rite ColorChecker.

Esistono alcuni trucchetti per utilizzare il pannello Divisione toni. Se spostate il cursore Tonalità mentre premete il tasto Alt (Windows) o Cmd (Mac), appare un’anteprima molto satura dell’immagine, che vi consente di trovare una regolazione adatta per la tonalità senza toccare il cursore Saturazione. In Lightroom, potete fare clic sul campione colorato per scegliere una nuova tonalità da applicare e aggiungerla a quelle precedentemente salvata. Potete anche campionare un colore partendo dall’immagine. Personalmente utilizzo spesso Divisione toni per rendere più calde le alte luci e più fredde le ombre di alcune foto a colori.

Il selettore dei colori

Figura 3.18  Il selettore dei colori in Lightroom.

Scelta e salvataggio di una tonalità predefinita

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PhotoKit Sharpener Bruce Fraser è l’autore del plug-in di contrasto PhotoKit Sharpener di PixelGenius (http://www.pixelgenius.com), società fondata con Martin Evening, Seth Resnick, Andrew Rodney e me. Mac Holbert si è aggiunto a PixelGenius più tardi, dopo la scomparsa di Fraser. Abbiamo collaborato con il team di sviluppatori di Camera Raw e di Lightroom per incorporare gli algoritmi del modulo di contrasto di output di PhotoKit Sharpener nel modulo di stampa di Lightroom.

Dettagli Il pannello Dettagli di Camera Raw e di Lightroom contiene degli strumenti dedicati al contrasto in base all’input e alla riduzione del disturbo. Gli strumenti di contrasto di questo pannello si inscrivono in un f lusso di lavoro che è stato inventato da Bruce Fraser e che si compone di tre passaggi: il contrasto in base all’input, il contrasto creativo e il contrasto in base all’output. ●●

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Il contrasto in base all’input compensa una certa eterogeneità dei file provocata dalla versione elaborazione di acquisizione. Il contrasto creativo non serve in tutte le immagini, ma a volte può fare la differenza. Spesso viene applicato localmente combinato con gli strumenti Filtro graduato, Pennello di regolazione o Filtro radiale di Camera Raw o di Lightroom. Il contrasto in base all’output ha luogo una volta che l’immagine è stata ridimensionata alla sua risoluzione e grandezza finali. Questo tipo di contrasto tiene conto della carta e della stampante. Potete applicarlo nel modulo di stampa di Lightroom o in Photoshop.

Il lavoro di Bruce Fraser ha talmente impressionato i responsabili di Adobe che Bruce fu arruolato come consulente del team di sviluppo di Camera Raw per inserire dei comandi di contrasto preventivo nel pannello Dettagli. Dopo la scomparsa di Bruce, ho preso il suo posto, ma i risultati portano inevitabilmente la sua firma. Nel frattempo, Mark Hamburg, Thomas Knoll e, più di recente, Eric Chan non sono rimasti con le mani in mano e hanno scritto il codice. Gli sviluppatori di Camera Raw si sono ispirati alle idee di Bruce Fraser per integrarlo in un set di quattro impostazioni parametriche. La Figura 3.19 mostra il pannello Dettagli e le sue impostazioni di contrasto e riduzione del disturbo. Contrasto in base all’input Il contrasto in base all’input non ha lo scopo di compensare la perdita di nitidezza dovuta al movimento della fotocamera o del fotografo. Se avete questo obiettivo, affidatevi al contrasto creativo in Photoshop.

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Figura 3.19  Il pannello Dettagli di Lightroom e l’immagine usata per la presentazione dei comandi.

Nitidezza

Le opzioni del menu Dettagli sono concepite per essere valutate a una scala d’ingrandimento del 100% (1:1 in Lightroom), ossia un pixel dell’immagine deve corrispondere a un pixel dello schermo. La cosa è fondamentale, perché è impossibile ottenere un’anteprima fedele a ingrandimenti inferiori al 100%, dato che la trama può compromettere la visualizzazione nitida della foto. La Figura 3.20 mostra le impostazioni predefinite di Camera Raw e di ­Lightroom per il contrasto in base all’input. Non sono l’ideale, ma offrono comunque un buon punto di partenza. Le regolazioni dipendono a volte dalle dimensioni del file finale e dal soggetto fotografato; per migliorarle, si dovrà intervenire su quattro cursori. ●●

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Fattore: determina l’intensità del contrasto. I valori vanno da 0 (nessun contrasto è applicato; è il default per le immagini JPEG e TIFF) a 150. Si noti che lo spostamento di almeno uno degli atri tre cursori impedirà di produrre un contrasto eccessivo. Raggio: determina a quali pixel si applica il filtro di contrasto. Camera Raw permette di scegliere un raggio in un intervallo tra 0,5 e 3 pixel. In genere un’immagine “ad alta frequenza”, ovvero con numerose transizioni nette tra le tonalità di una superficie ridotta, necessita di un raggio piccolo, mentre una “a bassa frequenza”, in cui le tonalità rimangono pressoché uniformi su una superficie limitata, richiedono un raggio più ampio. Un paesaggio che con-

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tiene molti piccoli dettagli è dunque un’immagine ad alta frequenza, mentre un ritratto è un’immagine a bassa frequenza che non dev’essere eccessivamente contrastata.

Immagine di partenza con impostazioni predefinite

Applicazione di un valore di 75 per il fattore

Anteprima con un raggio di 0,5

Anteprima con un raggio di 3

Il cursore Dettagli a 0

Il cursore Dettagli a 100

Il cursore Mascheratura a 10

Il cursore Mascheratura a 90

Figura 3.20  Anteprima delle diverse impostazioni di contrasto. Alla fine ho scelto Fattore 75; Raggio 0,5; Dettagli 80; Mascheratura 15. ●●

Dettagli: questo cursore appare tre volte nel pannello Dettagli, il che può creare confusione. Gli sviluppatori di Camera Raw hanno provato a cercare un nome più significativo, ma “Dettagli” ben si presta a descriverne il funzionamento, che è piuttosto complesso. Questo cursore valuta l’effetto del contrasto sull’immagine. Spostandolo verso sinistra, riducete gli aloni di con-

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trasto; a 0, li riducete quasi tutti; se lo spostate verso destra, il software applica degli algoritmi di scomposizione molto simili a quelli del filtro Nitidezza avanzata di Photoshop quando questo è utilizzato in modalità Sfocatura con obiettivo. Questo tipo di contrasto cerca di determinare innanzitutto la natura della sfocatura per poi ripristinare la nitidezza dell’immagine. L’algoritmo si serve della scomposizione dei punti per ottenere una descrizione matematica della sfocatura e poi inverte il processo per migliorare la nitidezza. Il calcolo esatto della funzione di scomposizione è piuttosto complesso, ma il cursore Dettagli produce risultati soddisfacenti quando è utilizzato al suo valore massimo (+100). Contrasta quindi l’immagine basandosi su una funzione di scomposizione dei punti corrispondente alla sfocatura di un obiettivo generico. Tuttavia, lo spostamento del cursore a destra tende anche ad aumentare il disturbo in quelle immagini scattate con una sensibilità ISO elevata. A seconda del valore applicato, Dettagli si alterna tra due metodi di contrasto: l’eliminazione degli aloni e il contrasto per scomposizione. ●●

Mascheratura: la mascheratura riduce l’aumento delle zone di colore uniformi di un’immagine limitando al contempo il contrasto ai soli contorni (è il principio del contrasto in base al contenuto introdotto da Bruce Fraser). È impressionante come Camera Raw e Lightroom riescano a creare una maschera dei contorni al volo; per contro, e a valori superiori a 0, i due software necessitano di un tempo di calcolo significativo. Al valore di default (0), il cursore Mascheratura non nasconde né crea maschere. Contrasto creativo Il contratto creativo e la sua interazione con quello in base all’input vengono approfonditi più avanti in questo capitolo e oltre, nei Capitoli 4 e 5.

Premendo il tasto Alt/Opt mentre si sposta uno dei controlli del contrasto, comparirà un’anteprima molto dettagliata che rif lette le regolazioni il corso. Il pannello Dettagli di Lightroom mostra una miniatura di anteprima che può essere nascosta facendo clic sulla piccola freccia in alto a destra del pannello. La Figura 3.20 mostra un’anteprima del pannello con diverse regolazioni. Ufficialmente, il pannello Dettagli ha solo quattro cursori dedicati al contrasto. Tuttavia, potremmo considerarne un quinto, e cioè il cursore Luminanza del menu Riduzione disturbo, per la regolazione ottimale della nitidezza del negativo digitale. La ragione per cui utilizzo sistematicamente il cursore Luminanza è che, anche nel caso di immagini con un valore ISO di base, il contrasto e la riduzione del disturbo rappresentano le due facce della stessa medaglia. Un aumento del contrasto implica sempre un aumento del disturbo. La riduzione del disturbo è importante, soprattutto se vi associate un valore alto di Fattore e/o un valore

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medio di Dettagli attraverso l’opzione Raggio. Spostando il cursore Dettagli verso destra, il contrasto provoca un aumento radicale del disturbo; riducendo significativamente il disturbo di luminanza si possono utilizzare valori più incisivi per i cursori Fattore e Dettagli, abbassando al contempo il disturbo. La Figura 3.21 mostra l’effetto di una regolazione del cursore Luminanza e delle aree ingrandite al 100% di un’immagine prima e dopo il contrasto.

L’immagine iniziale senza contrasto né riduzione del disturbo

Le impostazioni ottimizzate

L’immagine finale con le impostazioni ottimizzate

Figura 3.21  Confronto tra le regolazioni prima e dopo l’abbassamento del disturbo.

Contrasto e informazioni sul colore Il contrasto viene applicato unicamente alle informazioni sulla luminanza e non influisce su quelle del colore. È anche la ragione per cui l’anteprima passa al bianco e nero quando provate le impostazioni del cursore Fattore. Parametri di contrasto predefiniti Personalmente ho elaborato due parametri predefiniti, installati d’ufficio e accessibili nella sottocartella Predefiniti Lightroom generali del pannello Predefiniti: Nitidezza - Volti e Nitidezza - Panorama. Purtroppo Camera Raw è rilasciato senza parametri predefiniti, ma potete crearne di vostri utilizzando i seguenti valori: Fattore

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35, Raggio 1,4, Dettagli 15 e Mascheratura 60 per il primo e Fattore 40, Raggio 0,8, Dettagli 35 e Mascheratura 0 per il secondo. Se è vero che queste impostazioni di default offrono un buon punto di partenza, dovrete comunque perfezionarle per ciascuna immagine.

Riduzione del disturbo

Il disturbo elettronico può avere diverse origini, come il ricorso a un ISO elevato, l’amplificazione del segnale durante la conversione da analogico a digitale o la sottoesposizione di un’immagine seguita dal recupero dei dettagli nelle ombre. Un contrasto pronunciato contribuisce a rendere il disturbo più visibile; la sua riduzione si basa sull’applicazione di un leggero effetto mosso che “uniforma” la texture senza rimuovere i dettagli dell’immagine. Per mostrarvi i comandi di riduzione del disturbo di Lightroom e di Camera Raw, ho fotografato l’interno della chiesa di Santa Scolastica a San Miguel de Allende, in Messico. La scarsa illuminazione richiedeva un valore ISO di 12.800, parecchio alto se si considerano le dimensioni del sensore della mia Lumix GH2. L’immagine ha quindi molto disturbo. La Figura 3.22 mostra l’immagine intera e le impostazioni utilizzate per regolarlo. Le impostazioni ottimizzate

L’immagine finale

Figura 3.22  L’immagine finale con le impostazioni di contrasto e di riduzione del disturbo.

Tenuto conto delle dimensioni dell’immagine, il disturbo è a malapena visibile, proprio grazie al ridimensionamento. Prima di entrare nel merito delle varie correzioni, consideriamo i cursori del pannello Dettagli. Le spiegazioni riportate

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di seguito si basano su dati che mi sono stati forniti da Eric Chan, uno degli sviluppatori di Camera Raw e il creatore degli algoritmi di riduzione del disturbo. ●●

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Luminanza: questo cursore agisce sull’entità della riduzione del disturbo di luminanza. Con un valore pari a 25, produce un equilibrio perfetto tra riduzione del disturbo e conservazione dei dettagli. L’intervallo di valori tra 25 e 100 può essere utilizzato per incrementare la rimozione della riduzione del disturbo di luminanza. Dettagli (menu Luminanza): questo cursore agisce come soglia di correzione del disturbo di luminanza. Spostandolo verso destra, conservate la maggior parte dei dettagli. Tuttavia, il cursore non è sempre in grado di distinguere il disturbo dai dettagli, e quindi tende ad aumentarlo. Se lo spostate verso sinistra, riduce ulteriormente il disturbo, ma anche in questo caso i dettagli vengono trattati come una sorta di disturbo. Impostato di default a 50, viene disattivato automaticamente nella Versione elaborazione 2003 e/o quando il cursore è a 0. Contrasto: spostandolo a destra, conservate molto del contrasto nelle texture dell’immagine, rischiando di aumentare il disturbo in quelle foto scattate con valori ISO molto elevati. Spostandolo a sinistra, potete ottenere dei risultati più uniformi e con una texture granulare più fine; d’altra parte, rischiate di attenuare troppi dettagli e di produrre texture non naturali. Come per il cursore Dettagli, l’effetto del cursore Contrasto si manifesta soprattutto nelle foto con un disturbo evidente (scattate con un valore ISO di 6400 con una reflex digitale). Il cursore Contrasto è impostato di default a 0 e disattivato automaticamente nella Versione elaborazione 2003. Colori: questo cursore riduce gli artefatti di colore, come le macchie, conservando il dettaglio e il contrasto dell’immagine. Portandolo al suo valore minimo (0), non viene applicata alcuna correzione; spostandolo a destra, al di là del valore predefinito, si rischia di desaturare i colori delle immagini che hanno un livello di disturbo significativo e dei dettagli colorati fini lungo i contorni. Di default, il cursore Colore è impostato a 25 (file grezzi) o a 0 (file bitmap). Dettagli (menu Colori): questo cursore è destinato soprattutto alla correzione di immagini con un disturbo elevato. Permette di perfezionare la riduzione del disturbo di crominanza sui contorni colorati. Se utilizzate dei valori molto alti rispetto a quello di default di 50, Lightroom e Camera Raw conserveranno molti più dettagli sui contorni, ma nell’immagine appariranno delle macchie colorate. Se è impostato a un valore pari o inferiore a 25, Lightroom e Camera Raw sopprimono gli artefatti colorati desaturando al contempo i dettagli sui contorni colorati. Per meglio rendervi contro dell’effetto del cursore, ingrandite al 400%. Il cursore Dettagli rimane disattivato nella Versione elaborazione 2003 e quando il cursore Colore è impostato a 0.

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Il cursore Uniformità è destinato a correggere un difetto apparentemente meno visibile ma più insidioso prodotto da alcune fotocamere. Nelle zone più scure sono percepibili macchie colorate irregolari, in qualche modo simili al disturbo di crominanza (meno evidenti ma di dimensione maggiore). Viene definito disturbo “a bassa frequenza spaziale” o “molto grande”. Il valore predefinito è 50. Funziona andando alla ricerca di macchie di colore, via via sempre più grandi all’aumentare del valore del cursore.

L’immagine iniziale

Contrasto ottimizzato (Luminanza 0, Colore 25, Dettagli 50)

Impostazioni ottimizzate per il contrasto e la riduzione del disturbo (Luminanza 70, Dettagli 70, Contrasto 35, Colore 30, Dettagli 50)

Immagine finale dopo l’aggiunta della grana (pannello Effetti: Fattore 23, Dimensione 4, Disturbo 65)

Figura 3.23  L’immagine prima e dopo il contrasto, la riduzione del disturbo e l’aggiunta di grana.

Per produrre le catture dei particolari della foto della chiesa ho utilizzato una scala 2:1 (ingrandimento 200%). È importante zoomare a 100% (1:1) per valutare e regolare le impostazioni del contrasto e a 200% (2:1) per rendersi davvero conto del modo in cui i cursori del pannello Dettagli inf luiscono sul disturbo e i dettagli dell’immagine. Se scattate con una fotocamera recente, avrete probabilmente dei problemi a distinguere le differenze legate all’uso dei cursori Dettagli e Contrasto. ●●

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Senza contrasto né riduzione del disturbo, questa immagine risulta di qualità mediocre; ve la mostro solo per farvi rendere conto della texture del disturbo di una fotocamera a 12.800 ISO: sembra un dipinto divisionista. Per la seconda immagine sono state utilizzate le impostazioni di default per ridurre il disturbo della crominanza, mentre sono state regolate quelle per il contrasto; quest’ultimo ha accentuato il disturbo di luminanza. La terza immagine trae vantaggio dalla regolazione delle impostazioni per contrasto e riduzione del disturbo di luminanza e crominanza. Ho modificato significativamente la Luminanza ma ho anche spinto il cursore Dettagli molto a sinistra per recuperare i dettagli. Ho aggiunto il cursore Contrasto per controbilanciare l’abbassamento del microcontrasto provocato dalla riduzione del disturbo. Ho portato il cursore Colori a 30.

92  Capitolo 3

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L’ultima immagine mostra un piccolo trucco che uso spesso con le immagini scattate a valori ISO elevati. Quando apporto una regolazione significativa per ridurre il disturbo, aggiungo sempre un po’ di granulosità attraverso i cursori del pannello Effetti. La struttura granulosa compensa in modo discreto l’aspetto troppo liscio provocato dalla riduzione del disturbo. La resa è più naturale, pur senza l’aggiunta di dettagli. Se riducete le dimensioni dell’immagine, non vi servirà aggiungere granulosità, perché il ricampionamento tende sempre a far scomparire il disturbo. Evitate di regolare su valori eccessivi la correzione della crominanza, per non far sbavare i colori lungo i contorni.

La Figura 3.24 mostra alcuni fiori ingranditi al 200% con il cursore Colori impostato a 30 e a 60. Tenuto conto che l’algoritmo di riduzione del colore uniforma prima di tutto le informazioni del colore, un intervento troppo radicale cancellerà i dettagli del colore, e non sarà possibile compensare attraverso il cursore Dettagli.

Vista ingrandita delle impostazioni corrette per la riduzione del disturbo di crominanza

Vista ingrandita delle impostazioni troppo radicali

Figura 3.24  Perdita dei dettagli nei colori.

Correzioni obiettivo Il pannello Correzioni obiettivo consente di correggere numerosi difetti ottici e di prospettiva. È suddiviso in quattro schede indipendenti. ●●

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La scheda Base è descritta più avanti nel box “Lo strumento Upright”. La scheda Profilo permette di applicare un profilo di correzione ottimale per compensare la distorsione e la vignettatura. La scheda Colore corregge l’aberrazione cromatica laterale. La scheda Manuale offre delle correzioni manuali per la distorsione, la vignettatura e i difetti di prospettiva e di allineamento.

La Figura 3.25 mostra un’immagine prima e dopo l’intervento tramite il pannello Correzioni obiettivo. È stata scattata con una Canon 400D e un obiettivo zoom Canon EF-S 10-22 mm f/3, 5-4, 5 in riva al fiume Chicago, vicino al quartiere Loop. Ho puntato l’apparecchio verso l’alto, creando un effetto “dal basso verso l’alto” che ho corretto con l’aiuto della scheda Manuale. La prima correzione è stata applicata nella scheda Profilo.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  93

Immagine iniziale

Immagine corretta

Figura 3.25  L’immagine prima e dopo l’applicazione delle correzioni dei difetti ottici.

Scheda Profilo

Lightroom e Camera Raw condividono gli stessi profili di correzione ottica. I ritocchi apportati attraverso i profili (Distorsione e Vignettatura) si basano su dati relativi alle prestazioni ottiche. Eccezionalmente, Camera Raw e Lightroom riescono a riconoscere automaticamente l’obiettivo utilizzato a partire dai metadati EXIF. Se così non fosse, potete selezionare l’obiettivo manualmente attraverso i menu Marca e Modello. Tra i profili proposti, alcuni sono stati creati dai produttori di obiettivi e altri da Adobe.

Figura 3.26  La scheda Profilo.

Alcuni obiettivi non hanno una specifica e non figurano tra quelli considerati, e per varie ragioni. ●●

Il vostro apparecchio compie già delle correzioni ottiche le cui specifiche sono riportate nei metadati EXIF del file. In alcuni apparecchi ibridi nel formato Micro Four Thirds (MFT), i dati delle correzioni ottiche sono inclusi

94  Capitolo 3

nei metadati dei file grezzi, permettendo a Camera Raw e a Lightroom di applicarli automaticamente. In questo caso, sarà impossibile disattivare le correzioni in questione. ●●

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State tentando di applicare a un’immagine un profilo che è stato concepito per un altro formato (RAW nel caso di un’immagine JPEG o TIFF e viceversa). Per applicare un profilo RAW a un’immagine JPEG o TIFF, occorre compiere una selezione manuale dai menu Marca e Modello. Il vostro obiettivo non ha ancora un profilo associato; per rimediare potete utilizzare le correzioni manuali della scheda Manuale o creare il vostro profilo di correzione personalizzato. Adobe ha pubblicato un’utility chiamata Adobe Lens Profile Creator scaricabile gratuitamente dal sito Adobelabs.com. Tenete presente che la creazione di un profilo del genere è impegnativa; bisogna stampare una palette di grandi dimensioni e poi fotografarla seguendo una procedura ben precisa. Dovrete scattare più immagini a distanze di messa a fuoco e aperture differenti. La specifica di un obiettivo a focale variabile (zoom) moltiplica ulteriormente il numero di immagini necessarie, poiché si deve ripetere la procedura a focali diverse. Se tutto questo non vi spaventa, installate Adobe Lens Profile Downloader: vi permetterà di cercare, scaricare, annotare e commentare dei profili di correzione ottica che sono stati creati e condivisi della comunità di utenti di Camera Raw e Lightroom.

Dopo aver attivato le correzioni ottiche per il profilo e selezionato quello opportuno, potete modificare le impostazioni dei cursori della scheda Profilo per perfezionare il risultato. Spesso diminuisco i valori della vignettatura, perché mi pare che i profili abbiano la tendenza a correggere per eccesso questo difetto, schiarendo troppo i bordi dell’immagine. La Figura 3.27 mostra come impostare i valori per la vignettatura.

Regolazione della vignettatura

Menu Impostazione

Figura 3.27  Le opzioni della scheda Profilo.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  95

Attivando le correzioni automatiche della scheda Profilo, il menu Impostazione mostra l’opzione Predefinito. Dopo aver modificato i parametri di default, lo stesso menu mostra l’opzione Personale. L’opzione Automatico seleziona automaticamente il profilo più adatto. Quanto all’opzione Salva nuove impostazioni predefinite profilo obiettivo, vi permette di integrare le vostre modifiche in un parametro predefinito. Il parametro predefinito viene tenuto in conto sia da Camera Raw sia da Lightroom. Se selezionate l’opzione Automatico per crearne uno nuovo, potrete poi applicarlo all’importazione delle immagini in Lightroom (o in Bridge se usate Camera Raw). A prescindere dalla fotocamera e dall’obiettivo, il parametro predefinito applica automaticamente le correzioni appropriate dal momento in cui esiste il profilo nel vostro computer. È una soluzione pratica che vi fa risparmiare tempo. Ma le correzioni automatiche vanno applicate? Dipende dall’ambito in cui fotografate. Laddove le foto di architettura traggono degli ovvi vantaggi dalle correzioni, lo stesso non si può sempre dire per i paesaggi e i ritratti. Le correzioni ottiche consumano anche molte risorse e rischiano di rallentare l’esecuzione di Camera Raw e Lightroom. Decidete in base alle prestazioni del vostro obiettivo: se mostra aberrazioni pronunciate, i comandi delle schede Profilo e Colore del pannello Correzioni obiettivo rimedieranno rapidamente ed efficacemente. Opzione Auto L’opzione Automatico non è diversa dall’opzione Predefinito se non quando modificate le impostazioni Distorsione e/o Vignettatura di un profilo di correzione. Il menu Impostazione visualizza l’opzione Personale finché non salvate le modifiche attraverso Salva nuove impostazioni predefinite profilo obiettivo (quando il menu Impostazione mostrerà l’opzione Predefinito). Aberrazione cromatica e obiettivi decentrabili e basculanti Se le correzioni ottiche della scheda Profilo si basano sui dati di un profilo di correzione ottica, il cursore Rimuovi aberrazione cromatica della scheda Colore analizza direttamente l’immagine da ritoccare. È quindi molto efficace per rimuovere l’aberrazione cromatica di un obiettivo specializzato nel quale la distribuzione dei difetti (vignettatura e aberrazione cromatica) è asimmetrica, poiché segue il movimento dell’obiettivo. Scheda Colore

La maggior parte degli obiettivi grandangolo e di alcuni zoom mostra aberrazioni cromatiche laterali. Nelle vecchie versioni di Camera Raw questi difetti venivano corretti manualmente con alcuni cursori, mentre le ultime due ver-

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sioni di Camera Raw (7 e 8) e Lightroom (4 e 5) consentono una correzione automatica del difetto attivando semplicemente l’opzione Rimuovi aberrazione cromatica. La correzione automatica delle aberrazioni fa parte di quei fotoritocchi che è opportuno attivare metodicamente. La Figura 3.28 mostra dei particolari ingranditi al 300% di un’immagine prima e dopo la correzione dell’aberrazione cromatica laterale e la scheda Colore del pannello Correzioni obiettivo. L’obiettivo utilizzato produce un’aberrazione cromatica laterale molto pronunciata, senza peraltro mostrare un’aberrazione longitudinale.

Particolare ingrandito di un’immagine con un’aberrazione cromatica laterale

Il risultato della correzione

Figura 3.28  Correzione dell’aberrazione cromatica laterale nella scheda Colore.

L’aberrazione cromatica longitudinale si manifesta spesso sotto forma di margini colorati su immagini scattate con teleobiettivi, principalmente vicino ai contorni in controluce e in primo piano, dove il contrasto è elevato. Un margine viola appare nella zona davanti al punto di messa a fuoco e uno verde in quella posteriore. Sono pochi gli obiettivi che riescono a evitare i margini colorati, che si manifestano tanto nelle immagini scattate con la fotocamera di uno smartphone economico quanto con un obiettivo a focale fissa di alta gamma. Gli obiettivi luminosi sono particolarmente sensibili a questo fenomeno, poiché sono impiegati con il diaframma totalmente aperto. Se chiuderlo aiuta a ridurre i margini, la nuova funzione Elimina margine li rimuove completamente. La foto nella Figura 3.29 mostra dei margini viola molto pronunciati. Il funzionamento del selettore dei colori del menu Elimina margine è analogo a quello del contagocce dello strumento Bilanciamento bianco. Per attivarlo, fate clic sulla sua icona, poi trascinate il cursore dello strumento sul margine da correggere e fateci clic sopra per selezionare automaticamente i valori opportuni per i cursori Fattore e Tonalità.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  97

Particolare ingrandito con il contagocce dello strumento Elimina margine

Immagine che mostra dei margini viola

Valori utilizzati

L’immagine corretta

Figura 3.29  Uso dell’opzione Elimina margine.

I cursori Fattore determinano l’entità della correzione, che è vincolata alla gamma di colori definita dai due cursori Tonalità viola e Tonalità verde. Se il selettore dei colori permette di trovare in automatico dei valori di correzione adatti, potete anche intervenire manualmente manipolando i cursori di Elimina margine. Il metodo migliore è quello di utilizzare la correzione automatica e poi perfezionare il risultato manualmente. Se premete il tasto Alt/Opt, lo strumento Elimina margine vi consente di vedere in anteprima (come lo strumento Dettagli) l’effetto dei cursori Fattore e Tonalità sull’immagine (vedi più avanti la Figura 3.31). L’interpretazione dell’anteprima necessita di un certo tempo di adattamento. Spostando uno dei cursori Fattore e premendo contemporaneamente Alt/Opt, l’anteprima evidenza i contorni (in nero) e i margini da correggere (a colori). Spostate il cursore verso destra fino alla scomparsa dei margini, cioè delle zone dei colori. Con i cursori Tonalità viola e Tonalità verde, la gamma della correzione viene visualizzata in nero. Con un po’ di esercizio potete effettuare facilmente i ritocchi iniziali e finali. La Figura 3.31 mostra gli stati prima e dopo una correzione dei margini. In alcune immagini si devono correggere tanto i margini viola quanto quelli verdi. Il selettore dei colori vi aiuta a eliminarli: fate clic sul margine viola perché l’immagine regoli automaticamente i valori di ritocco dei cursori Fattore e Tonalità viola, poi fate clic sul margine verde per regolare i cursori Fattore e Tonalità verde senza modificare i margini viola. Se fate nuovamente clic sul margine viola, i valori di correzione cambiano, senza inf luire su quelli del margine verde.

98  Capitolo 3

Anteprima prima della regolazione

Anteprima dopo la regolazione

Regolazione del cursore Fattore

Anteprima prima della regolazione del cursore Tonalità viola

Anteprima dopo la regolazione del cursore Tonalità viola

Regolazione del cursore Tonalità viola per estendere il suo campo d’azione nelle tinte rosse

Figura 3.30  Uso dell’anteprima per regolare i cursori Fattore e Tonalità.

Prima della correzione

Dopo la correzione

Figura 3.31  L’immagine prima e dopo la correzione dei margini viola.

Se i colori dei margini da eliminare coincidono con quelli dell’immagine, bisogna scegliere con più attenzione i parametri di correzione, per non rischiare di eliminare i colori lungo i contorni. La Figura 3.32 mostra un’immagine per

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  99

la quale lo strumento Elimina margine non produce il risultato scontato. È la foto di un fiore violetto su fondo verde che mostra un po’ di aberrazione cromatica longitudinale lungo i bordi. Se il campionamento del margine elimina quello attorno allo stelo, provoca anche la scomparsa del colore lungo i contorni del fiore. Qui la sola soluzione possibile è stata quella di ridurre l’ampiezza della correzione globale e ricorrere al cursore Elimina margine dello strumento Pennello regolazione per dipingere sul margine viola. La correzione locale dell’aberrazione cromatica longitudinale non fornisce gli stessi strumenti di quella globale, ma ha il vantaggio di intervenire solo sulle parti toccate dal pennello.

Prima dell’uso del selettore dei colori

Dopo l’uso del selettore dei colori

Dopo la regolazione manuale e l’uso del pennello di ritocco per eliminare i margini

Figura 3.32  Correzione selettiva dei margini colorati con l’aiuto del pennello per conservare i colori lungo i contorni.

Scheda Manuale

Alla foto della Figura 3.32 ho applicato i comandi di correzione della prospettiva e di rotazione della scheda Manuale. Per raddrizzare gli edifici ho scelto un valore di –33 per il cursore Verticale e di –0,4 per il cursore Ruota. Ho anche selezionato l’opzione Vincola ritaglio per ritagliare l’immagine in automatico. Quando trascinate il mouse su uno dei cursori della scheda Manuale, ­Lightroom sovrappone una griglia all’immagine. Poiché non è possibile disattivarla o manipolarla, potete nasconderla o aprire Camera Raw premendo il tasto V. Il comando Scala permette di rimpicciolire o ingrandire l’immagine (da –50 a +150) all’interno del perimetro di ritaglio. La correzione prospettica implica sempre un ritaglio più o meno importante. Selezionando l’opzione Vincola ritaglio, è possibile conservare alcune parti all’esterno della foto, mostrate nell’anteprima in grigio medio. Se volete quindi certi dettagli ai bordi dell’immagine, potete aprire la foto non ritagliata in Photoshop e ricostruire le parti in questione attraverso la funzione Riempi in base al contenuto.

100  Capitolo 3

L’immagine in anteprima

Scheda Manuale

Figura 3.33  Correzione delle prospettive e raddrizzamento dell’orizzonte.

Opzione disattivata

Opzione attivata

Figura 3.34  Uso dell’opzione Vincola ritaglio.

Lo strumento Upright (N.d.T.) Photoshop CC e Lightroom 5 introducono il nuovo strumento Upright, che consente di correggere automaticamente la maggior parte dei difetti prospettici. In Camera Raw, i comandi relativi occupano la parte superiore della scheda Manuale, mentre in Lightroom 5 si trovano nella nuova scheda Base, consacrata all’attivazione del profilo di correzione ottica, alla rimozione automatica dell’aberrazione cromatica laterale e alla rimozione o conservazione di alcune parti al di fuori dell’immagine ritagliata. Per utilizzare il nuovo strumento, attivate dapprima la correzione automatica dei difetti ottici, quindi fate clic sul pulsante Automatico perché Upright analizzi il contenuto dell’immagine per determinare la correzione più adatta per il raddrizzamento e gli errori prospettici. Il ritaglio e le correzioni manuali di questi difetti vengono reinizializzati in automatico; per conservarli, premete contemporaneamente il tasto Alt/Opt. Per finire, perfezionate la correzione con l’aiuto dei cursori manuali. Facendo clic su Analizza di nuovo (Camera Raw) o su Analizza (Lightroom), potete riaggiornare i parametri di correzione automatica, cosa utile dopo aver attivato o disattivato il profilo di correzione ottica. Il pulsante In piano procede a un raddriz-

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  101

zamento dell’immagine, laddove il pulsante Verticale corregge un effetto “dal basso verso l’alto” o contrario (linee verticali). Il pulsante Completo raddrizza l’orizzonte e le linee orizzontali e verticali, ma spesso provoca un ritaglio più significativo. Facendo clic su Risultati sincronizzazione (Camera Raw) o su Sincronizza (Lightroom), applicherete delle correzioni automatiche a più immagini precedentemente selezionate.

Obiettivi fish­-eye e correzione dei difetti ottici Potete utilizzare il cursore Distorsione della scheda Manuale per correggere le deformazioni di un obiettivo fish-eye. In genere un obiettivo di questo tipo funziona piuttosto bene, se si esclude una perdita d’incisività ai bordi dell’immagine.

Effetti Il pannello Effetti riunisce più strumenti per aggiungere degli effetti di vignettatura (menu Vignettatura dopo ritaglio) o per simulare la grana della pellicola (menu Granulosità). In Camera Raw, l’ordine di apparizione dei due menu è invertito. Alcuni non sanno che farsene di questo pannello; io invece lo uso abbastanza spesso, anche se con moderazione. Vignettatura dopo ritaglio

Gli strumenti del menu Vignettatura dopo ritaglio tengono sempre conto delle proporzioni di un’immagine ritagliata, mentre gli strumenti di vignettatura del pannello Correzioni obiettivo, dedicati alla correzione di un difetto ottico e non alla creazione di un effetto, sono sempre applicati all’immagine non ritagliata. Laddove le opzioni del pannello Correzioni obiettivo servono soprattutto per schiarire i bordi in ombra dell’immagine, quelli del menu Vignettatura dopo ritaglio vengono utilizzati perlopiù per scurirli, con lo scopo di richiamare l’attenzione al centro dell’immagine (sebbene sia possibile anche schiarire gli angoli). La Figura 3.35 mostra un esempio dell’uso dei cursori del menu Vignettatura dopo ritaglio. La foto è stata scattata con una Canon EOS 1Ds Mark II e un obiettivo da 70-200 mm. Se avessi utilizzato la focale massima dell’ottica, avrei dovuto ritagliare l’immagine perché l’animale occupasse una parte più ampia. Ho anche scurito i bordi per concentrare lo sguardo sulla foca leopardo. Ecco le impostazioni del menu Vignettatura dopo ritaglio. Il cursore Fattore determina l’incisività della correzione. ●●

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Il cursore Punto intermedio determina l’ampiezza della zona da correggere. Il cursore Rotondità determina la forma della vignettatura: rotonda, ovale o quasi rettangolare. Un valore di –100 circoscrive l’effetto ai bordi dell’immagine.

102  Capitolo 3

Immagine iniziale

L’immagine ritagliata dopo l’applicazione di Vignettatura dopo ritaglio

Figura 3.35  L’immagine prima e dopo l’applicazione del comando Vignettatura dopo ritaglio. ●●

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Il cursore Sfumatura modifica la morbidezza dei contorni della vignettatura. Il cursore Luci controlla la resa delle alte luci. Si attiva solo utilizzando valori positivi per il cursore Fattore. In modalità Sovrapposizione colore non è attivo.

La Figura 3.36 mostra le impostazioni per la foto della foca leopardo. Ho applicato una correzione piuttosto moderata con il cursore Fattore (–25), dopodiché ho spostato il cursore Punto intermedio verso sinistra (15) perché l’effetto di vignettatura inf luisse sulle zone vicine al centro. I cursori Sfumatura e Luci sono stati portati al loro valore massimo (100) per ottenere dei contorni molti morbidi e per conservare la luminosità dei toni chiari. Ho selezionato l’opzione Priorità al colore.

Figura 3.36  Il pannello Effetti e le impostazioni utilizzate.

Le opzioni del menu Stile inf luiscono sul modo in cui l’effetto di vignettatura è fuso con l’immagine. L’opzione Priorità al colore agisce spesso in maniera subdola. Ecco le diverse opzioni nel dettaglio. ●●

L’opzione Priorità alla luce produce lo stesso effetto dei cursori manuali di correzione della vignettatura del pannello Correzioni obiettivo. Il cursore

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  103

Luci permette di controllare la luminosità delle alte luci sui bordi dell’immagine. Per contro, l’opzione Priorità alla luce tende ad alterare i colori saturi. ●●

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L’opzione Priorità al colore conserva i colori delle parti scure. Anche qui potete utilizzare il cursore Luci per ripristinare la luminosità delle alte luci nella parte in ombra della foto. L’opzione Sovrapposizione colore scurisce l’immagine senza tener conto del suo contenuto. Speso produce delle immagini buie, coperte come da una sorta di nebbia.

Granulosità

Scattata a 200 ISO, la foto della foca leopardo ha avuto bisogno di un po’ di riduzione del disturbo, e ho dovuto anche aggiungere un lieve effetto di granulosità per ridurre la resa leggermente artificiale risultante dall’elaborazione. Questa aggiunta potrebbe sembrare controproducente, ma migliora i piccoli dettagli dell’immagine, a condizione di scegliere una texture più discreta di quella del disturbo. Provateci anche voi, il risultato vi piacerà. Il menu Granulosità del pannello Effetti contiene i comandi descritti di seguito. ●●

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Fattore: questo cursore controlla l’ampiezza della granulosità aggiunta. Se non vi serve un effetto particolarmente pronunciato, è preferibile scegliere un valore basso. A volte può essere necessario regolare nuovamente questa impostazione dopo aver manipolato i cursori Dimensione e Disturbo. Dimensione: questo cursore modifica l’aspetto della granulosità. Il suo aspetto è strettamente legato alla risoluzione dell’immagine. Selezionate un valore più piccolo se dovete applicare l’effetto a delle immagini a bassa risoluzione, così da conservare i dettagli; scegliete un valore più alto per ammorbidire sia la texture della grana sia quella dell’immagine. Ricordate che la semplice visualizzazione a video non è il modo migliore per determinare il valore giusto (che di default è 25); dovrete basarvi anche su una serie di stampe. Disturbo: questo cursore controlla l’uniformità della texture della grana. Al valore minimo, la granulosità viene distribuita in modo omogeneo. Quando spostate il cursore a destra, l’eterogeneità della grana aumenta progressivamente, fino ad assomigliare a quella di una pellicola con sensibilità ISO elevata o che ha subìto un trattamento radicale. Potete utilizzare i cursori del menu Granulosità per uniformare la struttura di più immagini scattate a valori ISO diversi e destinate a un fotomontaggio. L’aggiunta di una texture granulosa all’immagine con valore ISO più basso aiuterà a riprodurre la texture di quella con ISO più elevato.

104  Capitolo 3

Calibrazione fotocamera Le regolazioni del pannello Calibrazione fotocamera di Camera Raw e di Lightroom vi offrono un controllo sulla qualità delle immagini convertite attraverso la scelta della resa dei colori (menu Profilo) e della versione elaborazione (menu Elaborazione). A differenza dei comandi di correzione dei colori, i profili sono destinati a definire le specifiche di riproduzione dei colori di una fotocamera. Camera Raw e Lightroom supportano attualmente i formati RAW di diverse centinaia di apparecchi, e gli sviluppatori di Camera Raw hanno creato per ciascuno di essi uno o più profili colore. Se il profilo proposto non si adatta sempre perfettamente a tutti gli esemplari di un modello di fotocamera, potete crearne uno personalizzato che migliori la restituzione dei colori rispetto al profilo generico fornito.

Menu e opzioni per una fotocamera Canon

Menu che mostra un profilo DNG personalizzato

Profilo incorporato di un’immagine nel formato JPEG o TIFF Pannello Calibrazione fotocamera

Figura 3.37  Il pannello Calibrazione fotocamera e i suoi menu.

Le opzioni del menu Profilo variano in base all’apparecchio utilizzato. I profili DNG si basano sui metadati EXIF del file, e i nomi dei profili che simulano le opzioni di resa applicate dal processore della fotocamera al file JPEG s’ispirano direttamente ai nomi scelti dal produttore. Di default, Camera Raw e ­Lightroom utilizzano il profilo Adobe Standard. Per sceglierne uno diverso, lo si deve selezionare dal menu Profilo. A volte l’opzione Adobe Standard è l’unica proposta, mentre l’opzione Incorporato è utilizzata di default per i file che provengono da fotocamere Sigma. I nomi di profili come “ACR 4.4” o “ACR 2.4” rif lettono la versione di Camera Raw in vigore al momento della loro creazione. Se ci sono più riferimenti, il profilo ha subìto una revisione in una versione più recente del software. Il profilo più nuovo è sempre quello di migliore qualità; utilizzate quindi solo i più recenti se avete corretto delle immagini in una versione datata di Camera Raw e Lightroom e se non volete modificare la resa dei colori.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  105

Creare profili personalizzati Potete creare i vostri profili DNG con l’aiuto dell’utility gratuita DNG Profile Editor (http://labs.adobe.com). Per creare un profilo iniziate fotografando una palette X-Rite ColorChecker. Anche X-Rite propone una soluzione completa, costituita dalla palette di ColorChecker Passport e dal software omonimo per la creazione dei profili.

Che vantaggi può trarre la vostra fotocamera da un profilo personalizzato? Dipende se la resa dei colori dell’apparecchio corrisponde a quella degli apparecchi con una specifica. Nella maggior parte dei casi, questa è molto precisa, e la qualità del profilo Adobe Standard soddisfacente. La resa dei colori del mio dorso digitale Phase One P65+ era invece perfettibile, ma ho potuto rimediare creando un profilo personalizzato. Ne ho creato uno anche per la mia EOS 1Ds Mark III, ottimizzato per l’illuminazione dei miei f lash da studio (vedi la Figura 3.37); è molto simile a quello predefinito Adobe Standard, ma rende più fedeli le tonalità blu e viola. Se fotografate dei soggetti che necessitano di una resa fedele dei colori (prodotti, opere d’arte e così via) o se lavorate sotto un’illuminazione a spettro discontinuo (luci al neon, lampade alogene o LED), la creazione di un profilo personalizzato diventa imprescindibile. Per ottenere un profilo “universale” potete fotografare la palette alla luce del giorno con un’illuminazione al tungsteno e poi creare un profilo che tenga conto dei due tipi di illuminazione (2850 e 6500 K). Alcuni fotografi (ma non io) hanno delle riserve per quanto concerne la precisione dei profili Adobe Standard, poiché i colori che si ottengono non riproducono quelli del file JPEG della fotocamera. Per questa ragione, gli sviluppatori di Camera Raw hanno messo a punto altri profili che permettono di simulare la resa dei file JPEG. Hanno il prefisso “Camera”, e sono disponibili per molti apparecchi. La Figura 3.38 confronta due immagini di una palette ColorChecker scattate contemporaneamente grazie all’opzione di salvataggio RAW+JPEG della fotocamera: quella a sinistra (nel formato JPEG) è stata ottenuta applicando la resa dei colori predefinita dell’apparecchio, mentre quella a destra (nel formato RAW) selezionando il profilo Camera Standard. Sono identiche! Profilo DNG e bilanciamento del bianco Non occorre creare un nuovo profilo ogni volta che le condizioni di illuminazione cambiano. Un profilo creato da una foto scattata alla luce del giorno si adatta perfettamente ad altre immagini scattate in condizioni più buie o con un cielo coperto. Per contro, se lavorate con un’illuminazione atipica, o se riprendete delle opere d’arte, avrete probabilmente bisogno di un profilo specifico. Infine, non confondete la calibrazione della fotocamera con la regolazione del bilanciamento del bianco: sono due concetti completamente diversi.

106  Capitolo 3

Figura 3.38  Confronto della resa dei colori di un’immagine JPEG (a sinistra) e una RAW (a destra).

Il pannello Calibrazione fotocamera contiene una serie di cursori ereditati dalle vecchie versioni di Camera Raw. Si adattano perlopiù a un uso creativo o al perfezionamento di un profilo DNG. ●●

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Ombre: questo cursore controlla il bilanciamento verde-magenta nelle ombre. I valori negativi aggiungono del verde, quelli positivi del magenta. Controllate il quadratino più scuro della palette: se ha una dominante di colore, utilizzate il cursore Tinta per livellare i valori di rosso, verde e blu che qui dovrebbero solitamente essere uguali (+/– 1 livello). Verde primario, Blu primario, Rosso primario: questi cursori funzionano come i loro omologhi del comando Tonalità/Saturazione di Photoshop: i valori negativi spostano l’angolo della tonalità in senso antiorario, quelli positivi in senso orario. Saturazione (del verde, del blu e del rosso primari): questi cursori funzionano come una versione attenuata del cursore Saturazione del comando Tonalità/Saturazione di Photoshop; i valori negativi riducono la saturazione, quelli positivi l’aumentano.

Tenete sempre presente che i cursori Tonalità e Saturazione di Rosso primario non modificano il valore del rosso ma quelli del blu e del verde, i cursori Tonalità e Saturazione di Verde primario modificano quelli del rosso e del blu e i cursori di Blu primario modificano il rosso e il verde. Per meglio capire il ruolo dei diversi cursori, vi suggerisco di fare qualche prova con l’aiuto di una palette di ColorChecker. Vedrete che i cursori vi saranno utili per creare alcune rese creative (leggete il Capitolo 4 per saperne di più).

Gli strumenti di Camera Raw e di Lightroom Se Camera Raw e Lightroom offrono delle funzionalità analoghe per gli strumenti Sovrapposizione ritaglio, Rimozione macchie, Correzione occhi rossi, Filtro graduato, Filtro radiale e Pennello di regolazione, il loro aspetto e il loro uso sono leggermente diversi.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  107

In Lightroom, è sufficiente fare clic su uno strumento per aprire un pannello che dà accesso ai comandi associati. In Camera Raw, il pannello degli strumenti si sovrappone a quello degli strumenti di correzione globale. Ci sono anche delle piccole differenze per quanto riguarda l’uso. Per esempio, il pannello Pennello di regolazione di Camera Raw non permette di scegliere tra due parametri predefiniti (A e B) per la dimensione, la sfumatura e la traccia del pennello. Selezionando lo strumento Regolazione mirata dalla barra degli strumenti di Camera Raw, vi viene proposta di default l’opzione Curva parametrica, e questo anche se in precedenza non avete selezionato lo strumento Curva di viraggio. Per contro, se associate lo strumento Regolazione mirata alle impostazioni del pannello HSL/Scala di grigio, quest’ultimo viene selezionato automaticamente da Camera Raw. Laddove lo strumento di campionamento del colore di Camera Raw permette di applicare fino a nove punti di campionamento sull’immagine per controllare la variazione dei loro valori RGB, Lightroom non consente di visualizzare i valori RGB se non in un punto, che è quello situato sotto il puntatore del mouse. Nascondere la barra degli strumenti Premendo il tasto T, potete nascondere la barra degli strumenti di Lightroom, collocata in basso nella finestra principale. È utile soprattutto se correggete le immagini sul monitor ridotto di un computer portatile. Le funzionalità della barra degli strumenti rimangono sempre accessibili a partire dalla barra dei menu e attraverso le scorciatoie da tastiera.

Poiché Camera Raw e Lightroom sono molto più simili che non diversi, vale la pena conoscere meglio cosa li differenzia. Le Figure 3.39 e 3.40 mostrano gli strumenti di Lightroom, la barra degli strumenti di Camera Raw e le scelte rapide da tastiera associate, queste ultime purtroppo poco condivise. Si noti anche che non esiste una scorciatoia per lo strumento Correzione occhi rossi di Lightroom: non c’erano tasti a sufficienza per coprire tutte le funzionalità del software! Sovrapposizione ritaglio (R)

Rimozione macchie (Q

Pennello di regolazione (K)

Correzione occhi rossi

Filtro graduato (M)

Filtro radiale (Maiusc+Z, solo in Lightroom)

Figura 3.39  La barra degli strumenti di Lightroom.

108  Capitolo 3

Zoom (Z)

Bilanciamento bianco (I)

Mano (H)

Regolazione mirata (T)

Occhi rossi (E) Filtro graduato (G)

Raddrizza (A)

Campionatore colore (S)

Rimozione macchie (B) Taglierina (C)

Pennello di regolazione (K)

Ruota immagine 90° antiorario (L)

Apre la finestra di dialogo Preferenze (Ctrl/Cmd+K)

Filtro radiale (J, solo in Camera Raw 8/Photoshop)

Ruota immagine 90° antiorario (R)

Figura 3.40  La barra degli strumenti di Camera Raw.

Personalmente, trovo l’implementazione di alcuni strumenti più indovinata in Lightroom che in Camera Raw, ma non è una cosa sistematica. Apprezzo il fatto di poter zoomare in un’immagine ritagliata in Camera Raw, ma preferisco l’interfaccia utente di Lightroom. Trovo anche che lo strumento Rimozione macchie di Camera Raw sia più facile e veloce da utilizzare del suo corrispettivo in Lightroom. Tuttavia, nessuna di queste differenze mi spinge a privilegiare uno dei software rispetto all’altro.

Strumenti di ritaglio Lightroom e Camera Raw propongono due strumenti di ritaglio dall’uso differente. Fortunatamente il risultato è identico e i parametri possono essere immessi sotto forma di metadati. Ritaglio in Lightroom

Se alcuni utenti adorano lo strumento Sovrapposizione ritaglio di ­Lightroom, altri detestano il modo in cui l’immagine si sposta all’interno del riquadro di ritaglio. Se appartenete al primo gruppo, sappiate che ho avuto un piccolo ruolo nella sua elaborazione; se appartenete al secondo, beh, è tutta colpa di Mark Hamburg! Durante lo sviluppo di Lightroom, mi sono lamentato spesso con Mark dell’ergonomia dello strumento di ritaglio di Photoshop: quando il ritaglio è associato a una rotazione dell’immagine, bisogna girare la testa per guardare l’immagine ritagliata. Ho quindi suggerito di poter spostare l’immagine invece del riquadro (che resta fisso), per avere un’anteprima sempre correttamente allineata e centrata rispetto alla finestra del software. Ci vuole un po’ ad abituarsi, ma ci sono solo vantaggi. Anche CC lo propone, sebbene sia possibile disattivarlo e ripristinare lo strumento di ritaglio com’era nelle vecchie versioni. La Figura 3.41 mostra lo strumento Sovrapposizione ritaglio di Lightroom con l’immagine della foca leopardo.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  109

Pannello Ritaglia e raddrizza

Anteprima del ritaglio

Figura 3.41  Lo strumento Sovrapposizione ritaglio di Lightroom.

Per utilizzare lo strumento, ci sono alcune cose importanti da ricordare. 1. Fate clic sullo strumento Sovrapposizione ritaglio per attivarlo e fate scorrere i cursori di ritaglio per modificare le dimensioni e l’orientamento del ritaglio. 2. Facendo clic sull’icona del lucchetto nelle barre degli strumenti, bloccate il rapporto larghezza/altezza della zona ritagliata. Fate nuovamente clic sul lucchetto per applicare un ritaglio con proporzioni libere. 3. Trascinate lo strumento Raddrizza sull’immagine per tracciare una linea indicatrice. Potete tenere premuto il tasto Alt/Opt per attivare lo strumento Raddrizza senza passare dal cursore Angolo. 4. L’opzione Vincola ad alterazione corrisponde all’opzione Vincola ritaglio della scheda Manuale del pannello Correzioni obiettivo. In ­Lightroom 5, la prima ha adottato il nome della seconda per evitare ogni ambiguità.

Figura 3.42  Il menu dello strumento Sovrapposizione ritaglio e la finestra di dialogo Immetti proporzioni personali.

110  Capitolo 3

Ritaglio e vignettatura In Lightroom, le impostazioni del menu Vignettatura dopo ritaglio del pannello Effetti non appaiono dopo aver selezionato lo strumento Sovrapposizione ritaglio; per vederle, dovete confermare il ritaglio. In Camera Raw, l’anteprima tiene sempre conto delle impostazioni in questione.

Il menu dello strumento Sovrapposizione ritaglio offre diverse preimpostazioni; potete anche crearne di nuove selezionando la voce Immetti personale. Digitate i valori desiderati per l’altezza e la larghezza (1 × 1 di default), quindi fate clic su OK. Il nuovo rapporto personalizzato apparirà tra le opzioni del menu. Si possono creare fino a cinque rapporti personalizzati; se ne create un sesto, sovrascriverà l’ultimo salvato. La Figura 3.42 ne mostra due. Attenzione: una volta che avete salvato queste impostazioni personali, non potrete più cancellarle.

Figura 3.43  Finestra di dialogo Opzioni vista Sviluppo e visualizzazione in anteprima.

Uno degli aspetti frustranti dello strumento di ritaglio di Lightroom è l’incapacità del software di visualizzare le dimensioni dell’immagine ritagliata. Infatti, finché un file grezzo non viene convertito in bitmap, le dimensioni e la risoluzione finale rimangono sconosciute. Possono essere visualizzate solo le dimensioni in pixel, a condizione di avere precedentemente selezionato l’opzione Dimensioni ritagliate nella finestra di dialogo Opzioni vista Sviluppo; tuttavia le nuove dimensioni non compaiono se non dopo aver confermato il ritaglio. La Figura 3.42 mostra la griglia di ritaglio Terzi (basata sulla regola dei terzi). Il menu Strumenti > Sovrapposizione guide ritaglio di Lightroom 5 permette di scegliere tra sette griglie diverse. Premete il tasto O per passare da una all’altra o i tasti Maiusc+O per spostarvi fra le opzioni di visualizzazione delle griglie Triangolo e Spirale aurea.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  111

Un ultimo consiglio: non esiste un rapporto larghezza/altezza obbligatorio (a meno che non stiate preparando delle immagini che devono seguire uno standard e dei formati specifici). Scegliete semplicemente quello più adatto a valorizzare le vostre immagini. Il tasto X permette di modificare l’orientamento del riquadro di ritaglio. Se le dimensioni dell’immagine non consentono di utilizzare un nuovo riquadro, quello corrente si adatterà automaticamente ai vincoli. Il ritaglio in Camera Raw

A differenza di Lightroom, Camera Raw sposta e ruota il riquadro di ritaglio invece dell’immagine. C’è anche una piccola differenza per quello che riguarda la presentazione e le funzionalità del menu dello strumento: in Camera Raw, potete applicare dei rapporti larghezza/altezza personalizzati, ma non potete salvarli. Facendo clic sul menu Dimensione ritaglio, potete scegliere dei rapporti larghezza/altezza fissi e alcuni personalizzati, che potrete specificare facendo clic sull’opzione Personale. Se scegliete un valore (il cui massimo è 65.000) per l’altezza e la larghezza dell’immagine, potete interpolare la dimensione dell’immagine. Ma fate attenzione: Camera Raw e Lightroom sono compatibili solo con immagini le cui dimensioni (altezza o larghezza) non superano i 65.000 ­pixel e i cui file non pesano più di 512 megapixel. Taglierina e Raddrizza sono in realtà due declinazioni dello stesso strumento. Potete spostarvi rapidamente tra i due tenendo premuto il tasto Ctrl/Cmd. La Figura 3.44 mostra il menu dello strumento Taglierina di Camera Raw e la finestra di dialogo Ritaglio personale.

Finestra di dialogo Ritaglio personale

Menu dello strumento Taglierina

Figura 3.44  Menu dello strumento Taglierina di Camera Raw.

112  Capitolo 3

Strumenti di ritocco delle macchie Lo strumento Rimozione macchie s’ispira direttamente al Pennello correttivo di Photoshop. Tuttavia, non è stato concepito propriamente per dei lavori di ritocco intensivo, che restano appannaggio di Photoshop. Utilizzatelo piuttosto per rimuovere le macchie o eventuali imperfezioni del viso. Se vi rendete conto di dover ritoccare, clonare e duplicare diverse parti dell’immagine, optate per Photoshop e per i suoi strumenti Pennello correttivo e Timbro clone. Strumento Rimozione macchie di Lightroom

Lo strumento Rimozione macchie propone due metodi di ritocco: la correzione (modalità Correggi) utilizza il punto d’origine per fondere la sua texture con il colore e la luminosità della zona a cui viene applicata; la clonazione (modalità Clona) non fa che spostare i pixel da un punto all’altro senza tuttavia accordare texture, colore e luminosità. Personalmente uso solo la modalità Correggi, perché con Clona è impossibile controllare la morbidezza dei contorni. Il cursore Opacità è di poco interesse (anche in modalità Correggi), poiché tende ad ammorbidire la texture del punto di destinazione. La Figura 6.45 mostra diverse macchie; la foto è stata scattata in Antartide, una delle regioni più secche e ventose della Terra, ideale per testare la capacità di un fotografo di tenere pulito il sensore!

Pannello Rimozione macchie

Immagine con molte macchie

Figura 3.45  Il pannello Rimozione macchie e un’immagine con numerose macchie.

L’uso dello strumento Rimozione macchie è piuttosto semplice: posizionate il cursore sul punto da ritoccare e fate clic. Camera Raw e Lightroom si servono di un algoritmo particolare per scegliere il punto d’origine più adatto per il ritocco, e ci riescono tre volte su quattro. In genere, scelgono una zona dell’immagine la cui texture non corrisponde a quella del punto da correggere. Potete

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  113

spostare il cerchio di origine per trovare la zona ideale; selezionando il bordo del cerchio e trascinandolo con il mouse potete modificarne le dimensioni. Prima di creare una nuova area, potete spostare il cursore Dimensioni per cambiare il diametro del pennello. Potete anche spostare il mouse tenendo premuto il tasto Ctrl/Cmd per definire il diametro e selezionare automaticamente una zona di campionamento.

Scelta iniziale del parametro Dimensioni

Ingrandimento del cerchio tramite trascinamento

Cerchio di destinazione prima della conferma

Individuazione automatica dei cerchi di origine e di destinazione

Selezione e spostamento del cerchio di origine

Ridimensionamento del cerchio di destinazione

Figura 3.46  Uso dello strumento Rimozione macchie.

Per il parametro Dimensioni, utilizzate preferibilmente un valore che vi consenta di coprire la macchia da ritoccare. Esistono però delle macchie che non hanno una forma circolare e per le quali Lightroom non ha ancora uno strumento per la correzione con un unico passaggio. Per ritoccarle, potete utilizzare una serie di cerchi parzialmente sovrapposti. Una volta posto il centro di un cerchio all’esterno del perimetro del cerchio precedente, potete accumulare tanti cerchi quanti ve ne servono per coprire il difetto.

Aggiunta di un cerchio supplementare

Regolazione delle dimensioni del secondo cerchio

Aggiunta di un terzo cerchio

Figura 3.47  Uso di più cerchi per rimuovere un oggetto non circolare.

Riposizionamento dell’ultimo cerchio

114  Capitolo 3

Ricordiamo che Lightroom 4 non è adatto al ritocco dei cavi dell’alta tensione. Se si può utilizzare il software per dei ritocchi di base, si dovrà passare a Photoshop per le correzioni più sofisticate. Esiste tuttavia una funzionalità che è fuori dalla portata di Photoshop: la sincronizzazione delle impostazioni di un’immagine corretta con altre immagini della stessa serie. Selezione dell’immagine principale (con le correzioni da copiare) e delle immagini da ritoccare

Selezione di un’altra immagine per verificare il risultato della sincronizzazione delle impostazioni

Finestra di dialogo Sincronizza impostazioni

Impostazioni con la sola opzione Rimozione macchie selezionata

Figura 3.48  Sincronizzazione delle impostazioni da applicare a una serie di foto con gli stessi difetti.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  115

Si tratta di una funzionalità che vi farà risparmiare tempo. Ecco la procedura per sincronizzare i ritocchi della prima immagine con quelli delle immagini successive. 1. Iniziate con il ritoccare la prima immagine della serie. 2. Selezionate le altre immagini e assicuratevi che quella ritoccata sia quella “principale” a partire dalla quale le impostazioni verranno copiate. 3. Nella finestra di dialogo Sincronizza impostazioni, fate clic sul pulsante Deseleziona tutto, quindi selezionate la casella di controllo Rimozione macchie. 4. Fate clic sul pulsante Sincronizza per applicare i ritocchi a tutto l’insieme delle immagini selezionate. Quando si tratta di sincronizzare la rimozione delle macchie vanno tenute presenti alcune cose. ●●

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Se lo strumento Rimozione macchie ha individuato da sé il punto di origine sulla prima immagine, farà lo stesso sulle immagini successive. È un metodo che funziona piuttosto bene, ma a volte i risultati non sono omogenei. Controllate sempre le immagini per assicurarvi della riuscita della sincronizzazione sia per i cerchi di origine sia per quelli di destinazione. Se spostate il cerchio di origine dopo aver permesso l’individuazione automatica, il software rispetterà quelle coordinate esatte nelle applicazioni successive. È quindi buona norma controllare sempre le immagini per verificare la posizione dei cerchi di origine. Se la loro posizione cambia solo di poco tra due viste successive, le macchie a volte si spostano provocando un allineamento errato dei cerchi di destinazione. Anche in questo caso, quindi, controllate le immagini e correggete quelle mal riuscite.

Un cerchio mal posizionato

Riposizionamento del cerchio di destinazione

Risultato della correzione

Figura 3.49  Regolazione dei cerchi in seguito a una sincronizzazione delle impostazioni.

116  Capitolo 3

Camera Raw 8, Lightroom 5 e lo strumento Rimozione macchie (N.d.T.) Laddove lo strumento Rimozione macchie di Camera Raw 7 e Lightroom 4 è destinato in primo luogo al ritocco delle macchie di polvere, quello di Lightroom 5 beneficia di alcune funzionalità più estese che permettono di rimuovere difetti sgradevoli la cui forma non è sempre circolare (come nel caso dei cavi dell’alta tensione o delle antenne TV). Tenendo premuto il tasto sinistro del mouse, potete dipingere con il pennello sulle parti incriminate per cancellarle. Per farlo, lo strumento si appoggia su una logica ereditata dal Pennello correttivo di Photoshop: fonde la texture della regione di origine con la luminosità e il colore della zona da correggere. Se è meno a suo agio con le immagini molto dettagliate e ricche di elementi complessi, Rimozione macchie si rivela piuttosto efficace con quelle semplici e con zone più o meno omogenee (come cieli, prati e così via). Strumento Rimozione macchie di Camera Raw

Il funzionamento dello strumento Rimozione macchie di Camera Raw è analogo a quello di Lightroom, con la differenza che Camera Raw permette di modificare il diametro dei cerchi di origine o di destinazione. Quando li spostate, le correzioni non vengono aggiornate nell’anteprima finché non rilasciate il mouse. In Camera Raw i cerchi sono più visibili; quello di destinazione viene evidenziato con un bordo con i colori rosso e bianco alternati, mentre quello di origine con un bordo verde e bianco. In Camera Raw, potete sincronizzare i ritocchi di più immagini di una serie. Per farlo, apritele contemporaneamente via Bridge, quindi selezionate le immagini di cui volete copiare le impostazioni nel pannello Filmstrip. L’algoritmo per individuare automaticamente i punti di origine e la procedura per spostarli manualmente sono identici a quelli di Lightroom. Per finire, ricordate che lo strumento Rimozione macchie è più rapido in Camera Raw; la moltiplicazione delle correzioni non ne rallenta il funzionamento, come accade invece in Lightroom.

Correzioni locali Gli strumenti Filtro graduato, Filtro radiale e Pennello di regolazione di Camera Raw e Lightroom applicano delle correzioni locali dei toni e dei colori attraverso una maschera. Se Filtro graduato e Filtro radiale applicano la maschera sotto forma di una sfumatura lineare, circolare o ovale, lo strumento Pennello di regolazione lo fa a pennellate. Utilizzando la Versione elaborazione 2012, le impostazioni locali corrispondo a quelle globali del pannello Base, che non sono le stesse delle versioni elaborazione 2010 e 2003. L’uniformazione delle correzioni globali e locali era una delle ragioni dello sviluppo di nuovi comandi di divisione dei toni di Camera Raw 7 e di Lightroom 4. A differenza di Camera Raw, gli strumenti di correzione di Lightroom hanno

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  117

un menu che permette di scegliere tra diversi parametri di correzione, oltre che tra alcuni predefiniti. Per contro, Camera Raw fornisce dei pulsanti per una regolazione rapida delle impostazioni. Gli strumenti Filtro graduato, Filtro radiale e Pennello di regolazione condividono i comandi illustrati di seguito. ●●

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Temp: spostate a sinistra il cursore della temperatura per raffreddare i colori e a destra per riscaldarli. Questo cursore funziona come il suo omologo del pannello Base, con la differenza che i valori vanno da –100 a +100 e non sono espressi in kelvin. Corrispondono a quelli utilizzati nello stesso pannello per i file JPEG e TIFF. Tinta: questo cursore regola il bilanciamento del bianco lungo un asse magenta-verde. Spostatelo a sinistra per aggiungere del verde e a destra per toglierlo. Anche qui l’intervallo dei valori va da –100 a +100, uguali a quelli utilizzati nello stesso pannello per i file JPEG e TIFF. Esposizione: questo cursore condivide la sua gamma di correzione (+/–4 EV) con il cursore omonimo del pannello Base. Una correzione locale di –0,25 EV compensa quindi una correzione locale di +0,25 EV e viceversa. Contrasto: questo cursore possiede la stessa gamma di correzione del suo omologo del pannello Base (–/+100). Luci: applicato a valori negativi, questo cursore ha le stesse capacità di recupero delle alte luci del cursore Luci del pannello Base. Applicato a valori negativi, schiarisce le alte luci senza però ritagliare i valori estremi. Ombre: le correzioni locali di questo cursore corrispondono in tutto e per tutto a quelle globali applicate nel pannello Base. Chiarezza: applicate localmente, le correzioni di questo cursore sono identiche a quelle del cursore omonimo del pannello Base. Spesso è più vantaggioso aumentare il contrasto locale in modo selettivo. Saturazione: questo cursore differisce dal suo omologo del pannello Base. Spostandolo a destra, il suo effetto è simile a quello del cursore Vividezza; spostandolo a sinistra, si ottiene l’effetto di una riduzione globale della saturazione. Nitidezza: utilizzato in combinazione con il comando di contrasto del pannello Base, aumenta l’ampiezza della correzione globale. A un valore compreso tra –1 e –49 riduce la regolazione globale, mentre a un valore tra –50 e –100 aggiunge un effetto mosso simile a quello applicato dal filtro Sfocatura con obiettivo di Photoshop. Disturbo: questo cursore modifica localmente l’impostazione del cursore Luminanza del pannello Dettagli. Applicato a valori negativi, riduce l’impostazione del cursore Luminanza, a condizione di aver scelto un valore positivo nel pannello Dettagli o a seguito di una correzione precedente.

118  Capitolo 3

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Moiré: questo cursore rimuove efficacemente l’effetto moiré colorato e può essere utilizzato per ridurre, anche se meno efficacemente, degli artefatti in bianco e nero. Spostandolo a destra, attenuate la texture colorata, mentre spostandolo a sinistra non sarà attivo, a meno che non abbiate scelto dei valori positivi durante una correzione locale precedente. Elimina margine: il suo funzionamento si avvicina a quello dei cursori della scheda Colore del pannello Correzioni obiettivo. A valori negativi riduce l’ampiezza della correzione globale dei margini per attenuare o eliminare l’effetto nelle zone in cui crea degli artefatti. Al suo valore minimo (–100), potete modificare localmente la correzione dell’aberrazione cromatica trasversale, mentre spostandolo a destra (valori positivi), aggiungete una correzione che ha come destinazione l’insieme dei margini colorati (e non solo quelli verdi e viola ritoccati con lo strumento globale). Colori: il selettore dei colori consente di dipingere su un’immagine basandosi sulla tinta e la saturazione scelte.

Il Filtro graduato di Lightroom

Le opzioni dello strumento Filtro graduato di Lightroom possono essere applicate separatamente o in contemporanea. Il menu dello strumento, posto vicino al bordo superiore del pannello, permette di scegliere tra diversi parametri e predefiniti. Selezionando l’opzione Salva impostazioni correnti come nuovo predefinito potete creare un nuovo parametro predefinito a partire dalle impostazioni correnti per poi applicarlo ad altre immagini. Una volta che l’avrete creato, verrà visualizzato nel menu dello strumento. Ci sono due approcci distinti per utilizzare lo strumento Filtro graduato. ●●

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Selezionate uno o più parametri da regolare, fate clic sull’immagine e spostate l’indicatore su di essa per applicare Filtro graduato. Applicate Filtro graduato, quindi selezionate i parametri da regolare.

Per determinare il posizionamento e l’entità della sfumatura preferisco applicare dei parametri iniziali e poi modificare limiti e inclinazione al momento. Tenendo premuto il tasto Maiusc, potete fare in modo che la sfumatura si allinei ai bordi orizzontali o verticali dell’immagine. Purtroppo non c’è un sistema per impostare l’angolo di rotazione a incrementi di 45°. Con la Versione elaborazione 2012, le correzioni tonali del pannello Filtro graduato sono direttamente collegate a quelle del pannello Base; è quindi possibile applicare delle correzioni globali e poi modificarle in alcune parti con l’aiuto degli strumenti Filtro graduato e Pennello di regolazione. Spostando il cursore Esposizione a –0,5 nel pannello Filtro graduato si attenua gradualmente l’impostazione di +0,5 del cursore omonimo del pannello Base.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  119

Pannello Filtro graduato Menu Effetto

Finestra di dialogo Nuovo predefinito

Comandi delle versioni elaborazione 2010 e 2003 Nuovo parametro predefinito visualizzato nel menu dello strumento

Figura 3.50  Il pannello e i menu dello strumento Filtro graduato.

120  Capitolo 3

Fare clic per posizionare una sfumatura

Spostare la sfumatura verso il basso

Ruotare la sfumatura

Regolare l’estensione della sfumatura

Figura 3.51  Applicazione e correzione di una maschera di sfumatura.

Poiché non è possibile definire il punto medio della sfumatura, spesso è necessario applicare più sfumature per ottenere l’effetto desiderato. La Figura 3.52 mostra come combinare due sfumature per una correzione impossibile da produrre con una sola: una sfumatura con una correzione di –0,5 del parametro Esposizione si sovrappone a un’altra con una correzione di +0,25. Tenete anche presente che il punto di inizio di una sfumatura (al suo massimo) si trova sempre all’esterno dell’immagine. Per aggiungere una nuova sfumatura, fate clic nella sezione Maschera sul pulsante Nuovo.

Aggiungere una seconda sfumatura

Aggiungere una terza sfumatura

Figura 3.52  Combinazione di più effetti di sfumatura.

Il selettore dei colori della sezione Colori permette di regolare i colori di un’immagine con l’aiuto del Filtro graduato. Fate clic sull’area colorata per selezionare la tinta e la saturazione aiutandovi con il contagocce di campionamento o partendo direttamente dall’immagine. Per farlo, fate clic sullo spettro dei colori e poi trascinate il contagocce sull’immagine tenendo premuto il tasto del mouse. La Figura 3.53 mostra l’aggiunta di una sfumatura colorata, la selezione e quindi il salvataggio di un colore nel selettore.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  121

Regolare il colore con l’aiuto del selettore

Applicare un filtro graduato di colori

Selezionare un colore precedentemente salvato

Figura 3.53  Applicazione e regolazione di un filtro graduato di colori.

Lo strumento Filtro graduato non permette di fondere un colore con del bianco o del nero. Il colore della sfumatura viene mescolato con la tonalità e il colore sottostante mediante una fusione di tipo Colore. Per aggiungere dei colori a un cielo ritagliato, quindi, bisogna prima scurirlo con una sfumatura neutra. Se possibile, cercate di correggere con lo strumento Filtro graduato in una volta sola: l’applicazione simultanea di più correzioni di colori e tonalità è più efficace ed economica in termini di potenza di calcolo di quella di numerosi effetti e sfumature dove ciascuna controlla un solo parametro di ritocco. La differenza inizia a sentirsi quando aggiungete molte maschere combinando gli strumenti Filtro graduato e Pennello di regolazione. Quindi, per quanto la sfumatura sia poco ampia e la posizione del punto medio siano corretti, associate gli interventi multipli a una sola maschera locale. Utilizzate Pennello di regolazione con parametri opposti per annullare l’effetto del Filtro graduato in determinate parti dell’immagine. Sarà più pratico poter spostare il punto medio dell’effetto di sfumatura e cancellarne una parte in alcune aree della foto.

L’applicazione del Filtro graduato è segnalata da un indicatore che mostra che è attivo e che permette di modificare l’effetto e i parametri della correzione. La Figura 3.54 illustra come distinguere le sfumature attive da quelle non attive.

Indicatore di una sfumatura attiva

Indicatore di una sfumatura non attiva

Figura 3.54  Indicatori dello stato della sfumatura e possibilità o meno di modificarne i parametri.

122  Capitolo 3

Il Filtro graduato di Camera Raw

Se il Filtro graduato di Lightroom incorpora un certo numero di parametri predefiniti, quello di Camera Raw ne è sprovvisto. In cambio, quest’ultimo fornisce dei pulsanti che permettono di applicare un parametro di correzione reinizializzando tutti gli altri. Inoltre Camera Raw offre un menu per salvare o applicare delle serie di parametri personalizzati. Selezionando l’opzione Nuova impostazione correzione locale dal menu dello strumento potete aprire la finestra di dialogo Nuovo predefinito correzione locale, che contiene una casella di testo dove potete digitare il nome del nuovo parametro che raduna tutti quelli correnti. Seppure diverso nella presentazione dal suo alter ego in Lightroom, il selettore dei colori di Camera Raw offre la possibilità di campionare un colore direttamente dall’immagine. Per aggiungere un nuovo colore a quelli salvati, premete il tasto Alt/Opt mentre fate clic su uno dei quadratini colorati in basso a destra nel selettore dei colori. Menu dello strumento

Finestra di dialogo Nuovo predefinito correzione locale

Il menu dello strumento dopo la creazione di una nuova impostazione predefinita

Il pannello Filtro graduato

Figura 3.55  Il pannello Filtro graduato e le opzioni del menu in Camera Raw.

Le impostazioni predefinite di correzione locale di Camera Raw non sono compatibili con quelli di Lightroom e viceversa, ma possono essere applicate con gli strumenti Pennello di regolazione e Filtro graduato.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  123

Selettore dei colori

Aggiunta di un colore predefinito

Figura 3.56  Il selettore dei colori di Camera Raw.

Filtro radiale (N.d.T.) Filtro radiale è una delle novità di Lightroom 5 e di Camera Raw 8/Photoshop CC. Offre gli stessi parametri di correzione degli altri strumenti di correzione locale. Si avvicina al Filtro graduato, ma invece di applicare i parametri sotto forma di sfumatura lineare, si basa su una maschera di forma circolare o ovale di cui potete modificare dimensioni, posizionamento e orientamento. Per applicarlo, fate clic sull’immagine e poi spostate il mouse verticalmente o orizzontalmente per creare una maschera ovale o diagonalmente per crearne una circolare. In seguito potrete riposizionare facilmente la maschera o modificarne dimensioni e orientamento. Premendo il tasto Ctrl/Cmd mentre fate doppio clic su una maschera esistente, questa si estenderà fino ai bordi dell’immagine. In Lightroom, potete duplicare una maschera spostandola con il metodo del trascina e rilascia premendo in contemporanea i tasti Alt/Opt e Ctrl/Cmd. Fate doppio clic su di essa per applicarla e per uscire dal pannello Filtro radiale. Le opzioni del menu Mostra puntine di modifica (H) permettono di definire la visibilità degli indicatori e le maschere di correzione locale. Di default, l’effetto si applica alle zone poste all’esterno della maschera; per applicarlo all’interno, selezionate l’opzione Inverti maschera. Per controllare la fluidità della transizione dell’effetto, spostate il cursore Sfumatura verso destra. In Camera Raw, utilizzate le opzioni Esterno o Interno della sezione Effetto per determinare la zona d’intervento e il cursore Sfumatura per controllarne la fluidità. L’opzione Mostra sovrapposizione (V) permette di mostrare o nascondere l’indicatore e il contorno della maschera. Se utilizzate Filtro radiale per creare effetti di vignettatura con soggetti decentrati, non esitate a sfruttarlo per evidenziare alcune parti dell’immagine o per ottenere effetti creativi. Il Pennello di regolazione di Lightroom

Il Pennello di regolazione di Lightroom ha gli stessi parametri di correzione di Filtro graduato. Le impostazioni del menu dello strumento controllano il

124  Capitolo 3

diametro (cursore Dimensioni), la durezza del contorno (cursore Sfumatura), il f lusso (cursore Flusso) e l’opacità del pennello circolare (cursore Densità). Se premete il tasto Alt/Opt, il pennello si trasforma in una gomma, permettendo di eliminare o attenuare l’effetto. Quando è utilizzato in modalità gomma, il pennello impiega delle impostazioni individuali per i cursori Dimensioni, Sfumatura e Flusso. Per contro, il cursore Densità si disattiva e le sue impostazioni non possono essere modificate. Sotto Pennello regolazione A e B, potete scegliere due impostazioni diverse, che consentono di passare rapidamente da un tipo di pennello all’altro. Per utilizzare al meglio Pennello di regolazione, occorre comprendere la relazione tra le regolazioni globali e le loro omologhe locali. In genere quelle globali non rendono mai giustizia all’immagine; è quindi preferibile ricorrere a dei ritocchi locali soprattutto con Pennello di regolazione, visto che si tratta di perfezionare i colori e i toni di alcune parti dell’immagine. Quando sono applicati localmente, gli interventi su chiarezza, contrasto e riduzione del disturbo contribuiscono al miglioramento tecnico dell’immagine.

Le correzioni delle versioni elaborazione 2003 e 2010

Le correzioni della Versione elaborazione 2012

Figura 3.57  Il pannello Pennello di regolazione di Lightroom.

L’uso di Pennello di regolazione è pressoché identico nei due software: selezionate i parametri da applicare, poi trascinate il pennello sull’immagine per

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creare una nuova maschera di correzione locale. Potete regolare i parametri descritti di seguito. ●●

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Il cursore Dimensioni regola il diametro del pennello, che non è legato né alle dimensioni dell’immagine né al rapporto di ingrandimento dell’anteprima. Per ritocchi più precisi, potete aumentare il rapporto delle dimensioni. Il cursore Sfumatura controlla la durezza del contorno. Personalmente lo utilizzo poco, perché mi pare che produca transizioni troppo dure e poco naturali. Invece tendo ad alzare i valori della sfumatura per dipingere delle correzioni al posto di un effetto sfumato. Il cursore Flusso trasforma il pennello in un aerografo: un flusso elevato permette di applicare delle pennellate successive la cui opacità cresce all’aumentare dei passaggi. Per trovare il valore più adatto dovrete fare qualche prova. Io tendo a utilizzare un valore elevato per il parametro di correzione e uno più basso per il flusso, così da avvicinarmi progressivamente al risultato che desidero. È infatti molto più facile ridurre o aumentare i parametri dell’effetto che non intervenire sulla maschera. Premete uno dei tasti del tastierino numerico per regolare il valore del cursore Flusso (il numero viene moltiplicato per dieci). Potete anche digitare direttamente le due cifre del valore desiderato. Il cursore Densità determina l’opacità del pennello. Se i cursori Densità e Flusso modificano l’opacità della maschera risultante, il loro funzionamento è leggermente diverso: un valore elevato per il flusso e uno massimo per la densità producono un aumento dell’effetto dove le pennellate si sovrappongono. Con una densità pari a 50, l’opacità massima delle pennellate verrà limitata a 50.

Sfumatura di 25

Sfumatura di 50

Sfumatura di 75

Figura 3.58  Impostazioni del parametro Sfumatura.

Flusso di 20

Flusso di 40

Figura 3.59  Impostazioni del parametro Flusso.

Flusso di 60

Flusso di 80

126  Capitolo 3

Flusso di 50 e Densità di 100

Flusso di 100 e Densità di 50

Figura 3.60  Densità e Flusso.

Trovo più facile dipingere con un pennello grande e morbido e cancellare con un pennello piccolo e più duro.

Ogni nuova maschera di correzione locale possiede un indicatore che permette di distinguere le serie di interventi; questi indicatori vengono nascosti o visualizzati tramite le opzioni del menu Mostra puntine di modifica. 1. Per vedere la maschera associata, trascinate il mouse sull’indicatore. L’opzione Mostra sovrapposizione maschera selezionata (tasto O) permette di visualizzare o nascondere la maschera; per cambiarne il colore, premete i tasti Maiusc+O. Lightroom offre quattro colori: rosso, verde, bianco e nero. 2. Premete il tasto Alt/Opt per cancellare determinate parti della maschera. Il cursore del pennello mostrerà l’icona – al posto del +.

Visualizzazione predefinita

Visualizzazione in modalità Maschera

Figura 3.61  Visualizzazione predefinita e in modalità Maschera.

Cancellare una parte della maschera

Visualizzazione in modalità Maschera

Figura 3.62  Cancellazione di una parte della maschera.

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  127

Per disegnare una linea in modalità Maschera automatica, fate clic con il mouse lungo una zona da mascherare. Posizionate il cursore dello strumento su una zona i cui colori e i toni sono corretti, scegliete un pennello largo con un valore più elevato per il flusso e riducete le impostazioni di correzione.

L’opzione Maschera automatica permette di nascondere le parti dell’immagine che differiscono per colori e toni dalle aree sui cui dipingete con il pennello. Questo vi consente di adattare la maschera ai contorni delle aree da ritoccare. Regolate il diametro del cerchio interno del cursore affinché sia sempre inferiore alla larghezza delle zone da correggere. Se il pennello sconfina in aree da proteggere, aggiunge dei colori e dei toni supplementari alla maschera. Funziona nello stesso modo quando si tratta di cancellare una parte della maschera. Potete utilizzarla per cancellare le tracce quando il pennello supera le aree vicine ai contorni: premete semplicemente il tasto Alt/Opt e spostate il cursore sulle aree da correggere.

L’immagine prima dell’applicazione della maschera

L’immagine dopo l’attivazione della maschera automatica

Figura 3.63  Uso della funzione Maschera automatica.

Sconfinamento del pennello sulle parti da proteggere

Correzione con l’aiuto della maschera automatica

Figura 3.64  Cancellazione delle pennellate in modalità Maschera automatica.

128  Capitolo 3

Sebbene alcuni utenti non l’apprezzino affatto, la funzione Maschera automatica è molto utile, se ne si conoscono i limiti. Il suo funzionamento si basa su quello dello strumento Gomma per sfondo di Photoshop; pur non avendone tutta la ricchezza, la maschera automatica opera piuttosto bene nel caso di ritocchi moderati di colori e toni. Nondimeno non è abbastanza precisa da essere indicata per le correzioni più decise. In genere la uso per cancellare parte di una maschera; l’uso sottrattivo dà spesso dei risultati migliori che non l’uso additivo.

Impostazioni del pannello Pennello di regolazione

Figura 3.65  Il pannello e il menu dello strumento Pennello di regolazione di Camera Raw.

Il Pennello di regolazione di Camera Raw

Le funzionalità dello strumento Pennello di regolazione di Camera Raw sono pressoché identiche a quelle del suo omologo di Lightroom. A differenza di quest’ultimo, però, in Camera Raw non prevede parametri predefiniti, anche se è possibile crearne attraverso l’opzione Nuova impostazione correzione locale. Per contro, in questo software offre una funzionalità unica: facendo

Fondamenti di Lightroom e di Camera Raw  129

Maschera che mostra le zone corrette

Selezione di un colore di sovrapposizione maschera Maschera che mostra le zone non corrette

Figura 3.66  La finestra di dialogo Selettore colore.

clic sull’area colorata a destra di Mostra maschera (Y), la finestra di dialogo Selettore colore vi permette di scegliere liberamente il colore con cui verrà mostrata la maschera. È anche possibile usare la sovrapposizione per mostrare le zone che hanno subìto o meno la correzione tramite maschera.

Correzioni avanzate

4

Nel Capitolo 3 avete scoperto il ruolo degli strumenti di correzione locale e globale di Camera Raw e Lightroom. In questo capitolo vi fornirò ulteriori informazioni sul modo in cui questi comandi interagiscono e su come utilizzarli per trarre il massimo dai vostri negativi digitali.

Canale Lemaire, Antartide. Canon EOS-1 Ds Mk II, zoom 24-70 mm, 400 ISO.

132  Capitolo 4

Le immagini di questo capitolo sono state ottenute con i soli comandi di ­editing RAW; Photoshop è stato utilizzato esclusivamente per applicare un ridimensionamento, un maggiore contrasto in base al tipo di output scelto e una conversione dei colori in modalità CMYK. Per alcune foto è stato necessario un lavoro maggiore che per altre, e non tutte avevano un’esposizione perfetta. Questo è l’argomento del capitolo: come trasformare un brutto anatroccolo in un cigno. Ben inteso, l’ideale sarebbe produrre immagini sempre ben ritagliate ed esposte, con colori e toni bilanciati, ma nella realtà vi troverete spesso a correggere degli errori dovuti alle condizioni di illuminazione o a tecniche di scatto non ideali. La perfezione non è di questo mondo, ma potete avvicinarvi a essa grazie agli strumenti di Camera Raw e Lightroom.

Correggere i toni Quando le condizioni di scatto non sono perfette, bisogna fare un lavoro di post-produzione. Molte delle foto qui presentate sono di questo tipo, e contengono anche errori tecnici; tuttavia traggono vantaggio dalle correzioni tonali offerte da Camera Raw e Lightroom.

Gamma dinamica ridotta La foto nella Figura 4.1 è stata scattata attraverso l’oblò di un quadrimotore Cessna 172 Skyhawk, sopra la regione del Palouse, nel sud-est dello stato di Washington, con una fotocamera di medio formato, dotata di un dorso Phase One P65+ e un obiettivo 75-150 mm. L’immagine ha una gamma dinamica ridotta, cioè manca di contrasto generale, e ha un leggero difetto di nitidezza. L’istogramma indica un’esposizione corretta, che privilegia leggermente le alte luci (esposizione a destra); non mostra né neri né bianchi profondi, ma solo valori tra questi due estremi. 1. Ho regolato il bilanciamento del bianco e aumentato il valore del cursore Contrasto. 2. Ho manipolato i cursori Luci e Ombre per valutare l’aumento del contrasto e modificare i singoli mezzitoni chiari e scuri. 3. Le impostazioni dei cursori Contrasto e Ombre non erano ancora sufficienti per rendere le ombre più intense, quindi ho spostato il cursore Neri verso sinistra. 4. Ho applicato delle regolazioni piuttosto pronunciate per i cursori Chiarezza e Vividezza e una un po’ più lieve per il cursore Saturazione. L’aumento di chiarezza mi ha permesso di ridistribuire i toni giocando sia sul contrasto globale sia su quello dei mezzitoni.

Correzioni avanzate  133

Prima della correzione. Bilanciamento del bianco: Temp 4800 K e Tinta –17

Dopo la correzione di toni e colori: Temp 5667 K; Tinta –7; Contrasto +18; Bianchi +29; Neri –36; Chiarezza +60; Vividezza +49; Saturazione +9

Figura 4.1  L’immagine e il suo istogramma prima e dopo la correzione dei toni e dei colori.

È stato necessario compensare anche un difetto di nitidezza. Prima dello scatto, avevo bloccato la messa a fuoco su infinito e regolato l’apertura del diaframma su f/4,5 e la velocità dell’otturatore su 1/500 s, sperando che quest’ultima fosse sufficientemente alta da compensare il movimento dell’aeroplano e l’effetto mosso provocato dal fotografo. Sarebbe stato meglio utilizzare una velocità dell’otturatore maggiore e una sensibilità di 200 ISO invece che di 100… Se le immagini scattate con una focale di 75 mm sono perfettamente nitide, quelle scattate a 150 mm tradiscono un leggero effetto mosso quando vengono visualizzate alle dimensioni reali dei pixel (1:1). La Figura 4.2 mostra un particolare dell’immagine prima e dopo la correzione dei toni e dei colori nel pannello Base e della nitidezza nel pannello Dettagli. L’immagine prima della correzione non ha contrasto né dettagli. Se la divisione dei toni ha contribuito ad aumentare la nitidezza apparente, per compensare l’effetto mosso è stato necessario ricorrere a delle regolazioni piuttosto incisive nel pannello Dettagli: ho portato il cursore Dettagli al massimo (+100) per applicare un contrasto per scomposizione, e ho utilizzato il cursore Luminanza del menu Riduzione disturbo per attenuare l’aumento del disturbo provocato dal contrasto eccessivo.

134  Capitolo 4

Prima della correzione

Dopo la correzione di nitidezza e disturbo (immagine finale): Fattore 47; Raggio 0,8; Dettagli 100; Mascheratura +20; Luminanza +30

Figura 4.2  Particolare in scala 1:1, prima e dopo la correzione di toni, colori, nitidezza e disturbo.

L’immagine finale è ancora migliorabile; se visualizzata in scala 1:1, conserva una leggera piattezza e la texture è parzialmente assente. Occorre però tenere conto delle sue dimensioni (6722 × 8714 pixel), che permettono di produrre stampe di 57 × 73 cm a 300 ppp (che non saranno mai guardate così da vicino da rilevarne i difetti). Nel Capitolo 5, vedremo una tecnica di contrasto che consente di migliorare la resa dei dettagli di questa immagine.

Gamma dinamica elevata Quando fotografate all’aperto dei soggetti con zone d’ombra di una certa intensità sotto una luce abbagliante, spesso l’estensione del contrasto della scena eguaglia o supera quella del sensore della fotocamera. È quello che è accaduto con la foto delle grotte di Mesa Verde, Colorado. L’ho scattata con una Canon 300D e un obiettivo 18-55 nelle prime ore del pomeriggio: dovendo passare la notte a Gunnison, a quattro ore di strada da Mesa Verde, non avevo il tempo di aspettare condizioni di illuminazione migliori. La foto è stata sottoesposta di un diaframma a due terzi (–1 2/3 EV) per evitare il ritaglio delle zone illuminate direttamente dal sole. Ha quindi molte informazioni nei mezzitoni chiari e scuri, ma pochi in quelli neutri. Le alte luci sono vicine al ritaglio e le ombre sono piuttosto scure e poco dettagliate. Non ho toccato il bilanciamento del bianco, ma ho applicato delle correzioni tonali significative con l’aiuto dei cursori del pannello Base. 1. Ho aumentato il valore del cursore Esposizione e ridotto quello del cursore Contrasto per schiarire l’immagine e abbassare il contrasto complessivo. 2. Ho portato il cursore Luci al suo valore minimo (–100) aumentando quello del cursore Ombre per modificare la distribuzione dei toni. 3. Ho aumentato il valore del cursore Bianchi per perfezionare la resa delle alte luci e ridotto quella del cursore Neri, così da scurire le ombre in seguito allo schiarimento generato dai comandi Ombre ed Esposizione.

Correzioni avanzate  135

Figura 4.3  L’immagine e il suo istogramma prima della correzione (impostazioni predefinite).

4. Ho regolato i cursori Chiarezza e Vividezza per aumentare il contrasto locale e la saturazione dei colori. 5. Ho corretto una saturazione un po’ eccessiva del blu del cielo (provocata dalla regolazione della Vividezza) con l’aiuto dei cursori Verde (–3) e Blu (–15) della scheda Saturazione del pannello HSL. 6. Ho regolato i cursori del pannello Dettagli alle dimensioni 1:1 (100%) e ho applicato un profilo di correzione ottica per compensare automaticamente la vignettatura e le aberrazioni cromatiche laterali tipiche dell’obiettivo 18-55 mm. Grazie ai comandi globali di divisione del pannello Base, sono riuscito a recuperare numerosi dettagli nelle alte luci e nelle ombre più profonde, senza tuttavia perdere quelli nei punti bui. Tuttavia alcune parti dell’immagine necessitano di un ulteriore ritocco. 1. Per iniziare, ho applicato una sfumatura al terzo di sinistra dell’immagine al fine di scurirla leggermente. 2. Ho selezionato dei valori negativi per i cursori Esposizione e Luci. Per le correzioni successive è stato necessario ricorrere a Pennello di regolazione; lo scopo era quello di scurire localmente le parti dell’immagine che erano ancora troppo chiare, soprattutto lungo la strada, e poi regolare i toni e i colori sotto la falesia.

136  Capitolo 4

Valori del pannello Base: Esposizione +0,20; Contrasto –24; Luci –100; Ombre +71; Bianchi +41; Chiarezza +84; Vividezza +41

Figura 4.4  Dopo l’applicazione delle correzioni globali.

1. Le zone della maschera destinate alle alte luci sono state create con l’aiuto della funzione Maschera automatica per concentrare il ritocco sulla strada e sul fianco della falesia. Ho anche aggiunto un color ocra al pennello (Tinta 27 e Saturazione 30). Potete vedere il risultato nella Figura 4.5, che mostra le correzioni locali sulle ombre.

Maschera per correggere le alte luci: Esposizione –0,60; Luci –39

Maschera per correggere le ombre: Esposizione –0,42; Contrasto –74; Luci +13; Ombre +34; Chiarezza +86

Figura 4.5  Maschere di ritocco per correggere alcune alte luci e ombre.

2. Per la parte sotto la falesia, ho associato il pennello alla maschera automatica per dipingere sui suoi bordi, mentre ho disattivato la maschera automatica per dipingere al centro. 3. Alcune parti delle ombre erano troppo chiare, per cui ho scelto dei valori negativi per i cursori Esposizione e Contrasto; per contro, ho aumentato i valori dei cursori Luci, Ombre e Chiarezza. Per quest’ultimo, ho utilizzato una regolazione molto pronunciata.

Correzioni avanzate  137

4. Ho aumentato Tinta (39) e Saturazione (70) del colore del pennello. 5. Le maschera dedicata alle alte luci non è stata sufficiente; le parti sotto la falesia necessitavano di una correzione più precisa. Ho quindi aggiunto altre due maschere di correzione locale. 6. La parte più chiara della strada era ancora troppo luminosa. Per rimediare, ho aggiunto una nuova maschera con l’aiuto di Maschera automatica. Ho ridotto le Luci e potenziato il colore del pennello utilizzando un valore di 29 per la Tinta e 37 per la Saturazione. 7. Per scurire la parte sotto la falesia e desaturare il colore della roccia, ho attribuito dei valori negativi ai cursori Esposizione, Contrasto, Luci e Saturazione. 8. Ho aggiunto altre due maschere per saturare la roccia e scurire l’albero nell’angolo in basso a sinistra.

Maschera per scurire le parti chiare della strada: Luci –44

Maschera per perfezionare l’ombra sotto la roccia: Esposizione –0,52; Contrasto –25; Luci –20; Ombre +34; Saturazione –20

Figura 4.6  Maschere di ritocco supplementari.

La Figura 4.7 mostra l’immagine finale e il suo istogramma: i mezzitoni sono ora ben evidenti e i ritagli dell’istogramma sono stati uniformati.

Cielo ritagliato Anche se le condizioni atmosferiche non si prestano a una sessione fotografica, uscite lo stesso. La foto del memoriale di Glenfinnan (Figura 4.8) è stata scattata vicino al Loch Shiel, nelle Highlands scozzesi. La torre è stata eretta nel 1815 per commemorare il punto in cui il principe Charles Edward Stuart (detto anche il Giovane Pretendente o Bonnie Prince Charles) innalzò il suo stendardo all’inizio delle ribellioni giacobite del 1745, che si chiusero con la sua fuga verso la Francia in circostanze drammatiche quanto umilianti, con il principe travestito da dama di compagnia di Flora MacDonald. Alcune parti della foto scattate sotto il cielo coperto sembrano ritagliate. Ecco la procedura che ho seguito per riequilibrare colori e toni.

138  Capitolo 4

Figura 4.7  L’immagine finale. Istogramma (impostazioni predefinite)

L’immagine prima della correzione (impostazioni predefinite): Temp 5000 K; Tinta –2

Figura 4.8 

L’immagine e il suo istogramma prima della correzione.

1. Ho corretto il bilanciamento del bianco predefinito (Come scattato) per raffreddare leggermente i colori. 2. Ho spostato il cursore Esposizione a sinistra per scurire globalmente l’immagine, ma non ho toccato il cursore Contrasto.

Correzioni avanzate  139

3. Ho aumentato il valore del cursore Luci e ridotto quello del cursore Ombre, senza però modificare le impostazioni dei cursori Bianchi e Neri. 4. Ho regolato i cursori Chiarezza e Vividezza per aumentare il contrasto locale e la saturazione dei colori. 5. Ho applicato il profilo di correzione ottica della Canon Powershot S90 e ho attivato la correzione dell’aberrazione cromatica laterale. 6. Ho regolato i cursori Giallo (+12) e Verde (+19) nella scheda Saturazione del pannello HSL per aumentare la saturazione delle tinte verdi e gialle. 7. Ho applicato un contrasto in base all’input spostando i cursori Fattore (+50) e Luminanza (+17) e applicando tutti gli altri parametri come di default. Queste correzioni non sono riuscite a recuperare i dettagli nel cielo; l’istogramma mostrava ancora un ritaglio delle alte luci. 1. Ho fatto clic sull’icona dello strumento Filtro graduato per attivarlo. Per scurire le ombre e rivelare dei dettagli, ho impostato dei valori negativi per i cursori Esposizione e Luci. 2. Ho spostato i cursori Chiarezza e Saturazione a destra. 3. Ho aumentato il valore del cursore Disturbo per attenuare i difetti provocati dalle correzioni dei toni di Filtro graduato.

Dopo l’applicazione delle correzioni globali: Temp 4778 K; Esposizione –0,90; Luci –67; Ombre +58; Chiarezza +27; Vividezza +40

Dopo l’applicazione di Filtro graduato: Esposizione –1,27; Luci –76; Chiarezza +20; Saturazione +20; Riduzione del disturbo +20

Figura 4.9  L’immagine dopo l’applicazione delle correzioni globali e locali.

Ricordate che è preferibile combinare più correzioni possibili in un’unica maschera di sfumatura. L’immagine finale non presenta più alcun ritaglio, mentre rivela delle nuvole interessanti sopra il monumento del principe, prova inconfutabile del potenziale di recupero delle alte luci di Camera Raw e Lightroom.

Tempo uggioso Dopo aver passato ventiquattr’ore tra vari aeroporti e due giorni e mezzo su un traghetto che attraversava lo stretto di Drake, famoso per le avverse condizioni

140  Capitolo 4

Figura 4.10 

L’immagine e il suo istogramma: il ritaglio nel cielo è stato recuperato.

meteorologiche, non ho permesso che il cattivo tempo m’impedisse di scattare una foto al soggetto mostrato nella Figura 4.11. Mi trovavo nei pressi dell’antico porto delle baleniere Prince Olav Harbour, sull’isola South Georgia nel mare di Scozia, lungo la strada verso Grytviken, dove si trova la tomba di Ernest Shackleton. L’escursione sull’isola si era svolta con un tempo brutto e umido. Sotto la pioggia incessante avevo perso un obiettivo e il display LCD di uno dei miei corpi macchina, e mi trovavo sul ponte del traghetto per fotografare un iceberg blu quando la scena mi si è presentata davanti attraverso la nebbia. Ho fatto lo scatto con un 400 mm, con una luce piatta e senza contrasto. Perché alcuni iceberg sembrano blu? Il ghiaccio blu si forma quando l’iceberg è ancora attaccato al ghiacciaio. Le acque che provengono dal continente riempiono i crepacci e gelano molto rapidamente prima che si formino delle bolle d’aria. Spesso il colore blu è erroneamente attribuito alla diffusione della luce. In realtà, la ragione per cui il ghiaccio sembra blu è la stessa legata al colore dell’acqua: la luce bianca che penetra nell’iceberg subisce un assorbimento selettivo, nel quale le lunghezze d’onda grandi (il giallo e il rosso) vengono assorbite subito e quelle corte (il blu e il verde) durano più a lungo. La luce risultante conferisce il suo colore azzurrognolo all’iceberg. Più il ghiaccio è puro, meno contiene bolle d’aria e più la tinta è intensa.

Correzioni avanzate  141

Figura 4.11  L’immagine e il suo istogramma, impostazioni predefinite.

Nonostante l’immagine non sia stata sovraesposta per ottimizzare la gamma dinamica del sensore (esposizione a destra), non è stato comunque facile correggere i toni in Lightroom. 1. Ho aumentato l’esposizione e il contrasto con l’aiuto dei comandi del pannello Base. 2. Per estrarre più sfumature nelle alte luci, ho spostato il cursore Luci verso sinistra e il cursore Bianchi verso destra. 3. Per estendere le ombre e produrre dei neri profondi, ho spostato il cursore Neri verso sinistra. 4. Sono poi passato all’editor della curva parametrica del pannello Curva di viraggio per perfezionare la divisione dei toni: ho portato il cursore Luci a +32 e il cursore Ombre a +38 per schiarire le luci e recuperare i dettagli nelle ombre. 5. I cursori Chiarezza e Vividezza mi hanno permesso di aumentare il contrasto locale e la saturazione dei colori. 6. A seguire ho utilizzato Pennello di regolazione per attenuare la costa (visibile nella parte sinistra dell’immagine) con l’aiuto del cursore Esposizione (–0,42).

142  Capitolo 4

7. Ho poi selezionato lo strumento Rimozione macchie per ritoccare qualche piccolo dettaglio fastidioso e molte macchie di polvere; per contro, tenendo conto della focale lunga dell’obiettivo, non è stato necessario ritoccare le gocce di pioggia sulla lente frontale. 8. Ho terminato riducendo il disturbo (+40) e contrastando l’immagine (Fattore 25 e Raggio 1,4), che ora ha una forza notevole, anche grazie all’uso di una velocità dell’otturatore molto alta (1/1 600 s) e del dispositivo di stabilizzazione dell’obiettivo. L’istogramma dell’immagine finale mostra la ridistribuzione dei valori tonali. Si noti che è presente un ritaglio nelle ombre nel canale Rosso, che però non ha alcun impatto sulla resa finale (Figura 4.13).

Dopo l’applicazione delle correzioni globali: Esposizione +0,55; Contrasto +56; Luci –64; Bianchi +13; Neri –71; Chiarezza +49; Vividezza +13

Dopo l’applicazione di Pennello di regolazione: Esposizione –0,42

Figura 4.12  L’immagine dopo l’applicazione delle correzioni globali e locali.

Sottoesposizione Capita anche a me di impostare un’esposizione errata: nessuno è perfetto. Se un’immagine lo merita, non esito a ritoccarla nel mio software di elaborazione RAW. È stato il caso della foto dell’insegna di un ristorante mostrata nella Figura 4.14. Il suo istogramma indica una forte sottoesposizione, equivalente a due diaframmi (–2 EV), che produce un’immagine buia e poco attraente. 1. Ho cominciato spostando il cursore Esposizione verso destra per schiarire l’immagine.

Correzioni avanzate  143

Figura 4.13  L’immagine finale ottimizzata e il suo istogramma.

L’immagine prima della correzione: Temp 5200K; Tinta +28

Figura 4.14 

L’immagine e il suo istogramma, impostazioni predefinite.

144  Capitolo 4

2. Ho aumentato il contrasto per compensare l’aspetto buio tipico delle immagini sottoesposte. 3. Ho regolato il bilanciamento del bianco predefinito (Come scattato); questa è in genere la prima cosa fare, ma questa foto era troppo scura per poter effettuare un bilanciamento efficace dei colori. 4. Ho ottenuto la correzione globale dei toni spostando i cursori Ombre e Neri. Ne ho aumentato i valori per rendere i mezzitoni scuri e le ombre più trasparenti ed estrarre i dettagli nelle ombre, troppo profondi nell’immagine sottoesposta. 5. Dopo la regolazione globale dei toni, ho ritagliato l’immagine e applicato il profilo di correzione ottica corrispondente all’obiettivo utilizzato, uno zoom Canon EF 17-40 mm serie L. Tenuto conto delle linee orizzontali nella foto, ho dovuto eliminare la distorsione a barile e raddrizzare l’immagine con lo strumento apposito di Lightroom. 6. Ho anche aumentato la saturazione delle tinte verdi e blu e la luminanza delle tinte blu con i cursori del pannello HSL. 7. Per ridurre l’esposizione e aumentare il contrasto e la texture dei mattoni, ho applicato una sfumatura al terzo superiore dell’immagine.

L’immagine dopo l’applicazione delle correzioni globali: Temp 6900 K; Tinta +23; Esposizione +2,00; Contrasto +96; Ombre +22; Neri +25

Figura 4.15  L’immagine dopo l’applicazione delle correzioni globali.

Per finire ho aggiunto una serie di cinque pennellate per perfezionare toni e colori di alcune parti della foto, basandomi sulla maschera automatica di ­Lightroom. Il ritocco più importante è stato lo schiarimento del lampadario blu.

Correzioni avanzate  145

1. Ho spostato a destra i cursori Esposizione, Ombre e Saturazione del pannello Pennello di regolazione per correggere il disturbo, accentuato dall’aumento dell’esposizione. Le impostazioni mi hanno permesso di aumentare la saturazione nelle tinte blu della lampada e di creare un contrasto di tinta grazie alla complementarietà dei colori arancione e blu. 2. Le altre quattro maschere del pennello miravano a compensare localmente lo schiarimento globale dell’immagine. Per rendere più intenso il blu della parte superiore dell’insegna ho scelto una tinta blu per il pennello (indicatore a sinistra). 3. Per illuminare le parti più chiare della bottiglia di birra, ho aggiunto un secondo pennello con un valore di +25 per il cursore Luci. 4. Ho aggiunto un’altra maschera con un valore di +0,80 per il cursore Esposizione, destinata a illuminare le parti più chiare delle colline verdi (indicatore a destra della bottiglia). Per questa terza aggiunta, ho utilizzato la funzione Maschera automatica e un valore molto basso per la traccia, riuscendo a ottenere un effetto lieve. 5. Un’ultima maschera mi ha permesso di scurire gli alberi e alcune parti del cowboy.

Maschera del lampadario blu: Esposizione +0,80; Ombre +53; Saturazione +34;

Riduzione del disturbo: +53. Maschera destinata allo scurimento degli alberi dell’insegna: Esposizione –0,90

Figura 4.16  Le due maschere principali del pennello di ritocco.

Ho pensato di ritagliare l’immagine eliminando la banda arancione stretta in basso, ma alla fine ho deciso di conservarla per non appesantire troppo la metà inferiore della foto. La Figura 4.17 mostra l’immagine finale e l’istogramma, che presenta il risultato di una divisione dei livelli nei mezzitoni e nelle tinte chiare.

Controluce Sul campo, non sempre è possibile gestire la luce e l’esposizione. Spesso non si può fare altro che fotografare il soggetto e correggere i toni dell’immagine successivamente nel software di editing RAW.

146  Capitolo 4

Figura 4.17  L’immagine finale ottimizzata e il suo istogramma.

La foto mostrata nella Figura 4.18 è stata scattata nell’Arches National Park, a Moab, nello Utah. Mentre attendevo il tramonto per fotografare l’arco South Window, ho immortalato il Turret con la mia fotocamera di medio formato Phase One 645FD, dotata di un dorso digitale P65+ e di un obiettivo 28 mm. Ho provato a posizionarmi in modo che il sole fosse sempre visibile attraverso l’arco. Ho scattato una serie di foto in bracketing, con lo scopo di produrre un’immagine con una gamma dinamica molto estesa, ma alla fine ho rinunciato alla fusione HDR: da una parte, le nuvole si spostavano troppo in fretta, dall’altra, il rif lesso attorno al sole non era esteticamente gradevole. Ho quindi deciso di lavorare su una sola immagine per vagliare le capacità impressionanti di recupero delle ombre della Versione elaborazione 2012. 1. L’immagine di partenza era molto sottoesposta, per cui ho iniziato aumentando l’esposizione di quasi due valori di diaframma (+1,80); poi ho spostato il cursore Luci a sinistra e il cursore Ombre a destra per ridistribuire i toni. 2. Ho ridotto il valore del cursore Bianchi per conservare i dettagli vicino al sole e ho aumentato il valore del cursore Neri per rendere le ombre ancora più trasparenti. 3. La correzione di un’immagine del genere è sempre un processo iterativo: la regolazione del cursore Esposizione influisce sulla resa delle alte luci, e questo malgrado quelle estreme siano protette: si tratta quindi di trovare un compromesso soddisfacente per la rese delle diverse gamme tonali. Come sempre, ho aumentato la chiarezza e la vividezza. 4. Oltre al pannello Base, ho fatto ricorso all’editor della curva parametrica del pannello Curva di viraggio: ho spostato i cursori Luci e Colori scuri a

Correzioni avanzate  147

L’immagine prima della correzione

Figura 4.18  L’immagine e il suo istogramma, impostazioni predefinite.

sinistra e il cursore Ombre a destra per ridurre la luminosità delle parti più buie dell’immagine. 5. La forte sottoesposizione e lo schiarimento delle ombre hanno accentuato notevolmente il disturbo. Per attenuarlo, ho regolato il cursore Luminanza a un valore alto.

Parametri di correzione del pannello Base: Esposizione +1,80; Luci –49; Ombre +69; Bianchi –69; Neri +16; Chiarezza +38; Vividezza +18

Figura 4.19  L’immagine dopo l’applicazione delle correzioni globali.

148  Capitolo 4

6. Ho spostato anche gli altri cursori del pannello Dettagli per ottimizzare la resa: valori di 1,2 per il cursore Raggio e 25 (come di default) per il cursore Dettagli evitano una visibilità eccessiva del disturbo.

Impostazioni predefinite

Impostazioni ottimizzate: Fattore 70; Raggio 1,2; Dettagli 25; Mascheratura 0; Luminanza 50; Dettagli 100; Colori 50

Figura 4.20  Confronto tra le impostazioni predefinite e quelle ottimizzate del pannello Dettagli (particolare al 100%).

7. Quanto all’aumento dei valori dei cursori Luminanza e Dettagli del menu Riduzione del disturbo, aiuta a non confondere disturbo e dettagli, permettendo di accentuare questi ultimi quando vengono appiattiti dalla compensazione del disturbo (un compromesso ideale). 8. Per finire, ho aggiunto tre maschere di ritocco al pennello; la prima ha schiarito l’arco, privilegiando le parti più luminose, e ha aumentato il contrasto dei mezzitoni. 9. La seconda maschera ha schiarito le parti vicino al sole: ho spostato i cursori Luci (+18) e Saturazione (+20) a destra, con il secondo che mi ha permesso di recuperare i colori nel cielo. 10. La terza maschera ha attenuato localmente l’effetto del comando Chiarezza del pannello Base (+38) sulle colline lontane visibili a sinistra dell’arco: ho applicato una chiarezza negativa (–51) per compensare.

Correggere i colori A volte può essere abbastanza difficile distinguere le correzioni dei toni da quelle dei colori. In effetti tutte le correzioni tonali che ho presentato finora inf luiscono sulla resa dei colori, ma invece di toccare la tinta e la saturazione, modificano solo la luminosità cromatica. Nei prossimi esempi, le impostazioni presentate cambiano i colori in modo più percettibile.

Correzioni avanzate  149

Impostazioni di correzione locale: Esposizione +1,18; Contrasto +36; Ombre +18; Chiarezza +51; Saturazione +29

Figura 4.21  Prima maschera di ritocco applicata all’arco.

Maschera per correggere il cielo vicino al sole: Luci +18; Saturazione +20

Maschera per correggere le colline: Chiarezza –51

Figura 4.22  Altre maschere di ritocco.

Bilanciamento del bianco globale Sebbene per amor di precisione ci si potrebbe dotare di un termocolorimetro, la maggior parte dei fotografi si fida del proprio apparecchio per misurare e regolare il bilanciamento del bianco. Tutte le fotocamere registrano dei dati di bilanciamento del bianco nei metadati EXIF, permettendo ai software di editing RAW di determinare una configurazione iniziale più o meno azzeccata. Purtroppo, la comunicazione tra la mia Phase One 645DF e i miei software a volte lascia a desiderare. Sapendo che sarà sempre necessario modificare le foto in Camera Raw o Lightroom, in genere mi accontento di scegliere l’impo-

150  Capitolo 4

Figura 4.23  L’immagine finale ottimizzata e il suo istogramma.

stazione predefinita Luce diurna sul dorso digitale. In alternativa, ricorro a una palette ColorChecker Passport per ottenere un bilanciamento del bianco più corretto e più semplice da regolare, anche se l’uso della palette non è particolarmente agevole sul campo. Per la foto del cavallo islandese mostrata nella Figura 4.24 ho impostato il dorso digitale su Bilanciamento del bianco automatico. Il tempo era coperto, in parte per le nuvole di cenere provenienti dall’eruzione del vicino vulcano Eyjafjallajökull.

Come scattato: Temp 4900 K; Tinta –17

Personale: Temp 5500 K; Tinta +10

Figura 4.24  Confronto tra le impostazioni Come scattato e Personale.

L’immagine iniziale mostra l’effetto dell’impostazione Personale di ­Lightroom. Qui ho optato per un riscaldamento dei colori con l’aiuto dei cursori Temp (6500 K) e Tinta (+17). Nel complesso il risultato è stato soddisfacente per quanto riguarda l’equilibrio dei colori, ma è stato necessario correggere i toni e la saturazione attraverso i comandi pannello Base (Figura 4.25).

Correzioni avanzate  151

Bilanciamento del bianco ottimizzato: Temp 6500 K; Tinta +17

Personale: Temp 5500 K; Tinta +10 Parametri di correzione del pannello Base: Esposizione +0,40; Contrasto +40; Luci –32; Ombre +10; Bianchi –58; Neri –9; Chiarezza +64; Saturazione +45

Figura 4.25  Regolazione del bilanciamento del bianco e correzioni globali dei colori e dei toni.

1. Ho spostato i cursori Esposizione, Contrasto e Ombre a destra e i cursori Luci, Bianchi e Neri a sinistra. 2. Ho regolato i cursori Chiarezza e Vividezza per aumentare il contrasto locale e la saturazione dei colori. 3. Nel pannello HSL, ho modificato la saturazione dell’arancione (+9) e del giallo (+39) e la tinta del giallo (+17). 4. Ho girato l’immagine in orizzontale per meglio dirigere lo sguardo sulla testa del cavallo. 5. Ho applicato tre sfumature con l’aiuto di Filtro graduato: per scurire il terzo superiore ho usato due sfumature con il cursore Esposizione a –0,5 e –0,75; per scurire e attenuare il lato sinistro dell’immagine ho applicato una terza sfumatura con valori negativi per i cursori Esposizione (–0,18) e Luci (–54). 6. L’applicazione di sfumature ha scurito troppo la criniera. Per rimediare, ho creato una maschera di ritocco.

Impostazioni di Filtro graduato

Figura 4.26  Correzioni locali.

Impostazioni di Pennello di regolazione: Esposizione +50; Luci +29

152  Capitolo 4

Figura 4.27  L’immagine finale.

Bilanciamento del bianco locale A volte può essere necessario modificare localmente il bilanciamento del bianco. Se è possibile aggiungere una sfumatura per riscaldare o raffreddare i colori di alcune parti dell’immagine, dipingere una maschera con l’aiuto di Pennello di regolazione è senz’altro più efficace. La foto nella Figura 4.28 è stata scattata a San Miguel de Allende, in Messico, con una Panasonic GH2 e un obiettivo 14‑140 mm a 400 ISO. Il bilanciamento del bianco predefinito (Come scattato) aveva prodotto dei colori piuttosto freddi, soprattutto nelle parti in ombra della strada. La mia idea era quella di ottenere una resa più calda, ma purtroppo la regolazione globale del bilanciamento del bianco riscalda anche le ombre, producendo un risultato poco gradevole. 1. Per rendere più calde esclusivamente le parti illuminate dal sole, ho aggiunto due maschere di ritocco: la prima ha raffreddato i colori delle zone in ombra della strada, schiarendola leggermente e riducendo il disturbo; la seconda ha schiarito la parte bagnata con l’aiuto dei cursori Esposizione, Ombre e Chiarezza su valori positivi. Se il bilanciamento del bianco locale raffredda i colori molto più di quello globale, applicato ai valori predefiniti ha generato un contrasto caldo-freddo proprio come l’avevo immaginato al momento dello scatto.

Correzioni avanzate  153

Come scattato: Temp 5750 K; Tinta +7

Personale: Temp 7000 K; Tinta +9 Correzioni nel pannello Base: Esposizione +0,10; Luci –42; Ombre +62; Bianchi –20; Neri –20; Chiarezza +60; Vividezza +40

Figura 4.28  Confronto tra le impostazioni predefinite e quelle globali per il bilanciamento del bianco, i toni e i colori.

Maschera per raffreddare le ombre: Temp –70; Tinta –11; Ombre +46, Disturbo +29

Maschera per schiarire la zona bagnata della strada: Esposizione +2,49; Ombre +20; Chiarezza +39

Figura 4.29  Impostazioni locali per il bilanciamento del bianco e i toni.

2. Ho utilizzato Pennello di regolazione per effettuare dei piccoli ritocchi locali: la prima maschera ha scurito il muro bianco grazie ai cursori Luci (–76) e Contrasto (–32), mentre le altre hanno schiarito l’uomo, l’asino e la strada in primo piano. 3. Ho corretto localmente anche il disturbo di luminanza (+51) per aumentare la correzione complessiva (+38) nelle parti più scure dell’immagine.

Curve RGB Da poco, lo strumento Curva di viraggio permette di correggere individualmente i canali Rosso, Verde e Blu. Potete usarlo per applicare degli effetti incrociati o per produrre delle rese più dettagliate. Ho scattato la foto nella Figura 4.31 presso il canale Lemaire (destinazione turistica piuttosto ricercata) durante il mio primo viaggio in Antartide, con una Canon EOS 1Ds Mark II e un obiettivo 24-70 mm f/2,8, poco prima del tramonto.

154  Capitolo 4

Figura 4.30  L’immagine finale ottimizzata.

Immagine iniziale, impostazioni predefinite: Temp 6100 K, Tinta –1

Figura 4.31  Il canale Lemaire; foto scattata alle 12.28, poco prima del tramonto.

1. Per regolare il bilanciamento del bianco, ho selezionato l’impostazione predefinita, Come scattato. 2. Ho spostato i cursori Esposizione, Contrasto, Luci e Ombre a sinistra per ridistribuire i toni.

Correzioni avanzate  155

3. Ho aumentato la chiarezza e la vividezza. 4. Ho aggiunto una maschera di ritocco per valorizzare l’isolotto e il suo riflesso: ho spostato i cursori Esposizione, Contrasto, Luci, Ombre e Chiarezza del pannello Pennello di regolazione (la chiarezza ha lo scopo di far riemergere i dettagli delle parti ritoccate). Per riscaldare le alte luci e raffreddare le ombre, ho fatto ricorso alle curve RGB dello strumento Curva di viraggio in modalità Curva per punti. 1. Per ottenere il risultato desiderato, ho aggiunto un punto di ancoraggio alla traccia della curva del rosso e l’ho spinto verso l’alto. 2. Per i livelli di input e di output, fate riferimento ai valori della Figura 4.32.

Maschera di ritocco per schiarire la roccia: Esposizione +0,14; Contrasto +13; Luci +25; Ombre +25; Chiarezza +60

Dopo l’applicazione delle correzioni globali e locali: Temp 5500 K; Tinta +10; Esposizione +0,45; Contrasto +20; Luci +11; Ombre +16; Chiarezza +30; Vividezza +20

Figura 4.32  L’immagine dopo l’applicazione delle correzioni globali (Base) e locali (Pennello di regolazione).

3. Ho aggiunto un secondo punto di ancoraggio a metà tracciato per circoscrivere la correzione dei colori alle alte luci. 4. Ho aggiunto due punti di ancoraggio alla curva dei blu per conferire una tinta gialla alle alte luci e ai mezzitoni.

Curva del rosso: aggiunta di un primo punto di ancoraggio nelle alte luci

Curva del rosso: aggiunta di un secondo punto di ancoraggio nei mezzitoni

Figura 4.33  Regolazione delle curve RGB.

Curva del blu: aggiunta di un primo punto di ancoraggio nelle alte luci

Curva del blu: aggiunta di un secondo punto di ancoraggio nei mezzitoni

156  Capitolo 4

Il risultato finale è molto più vicino a quello che mi ricordo di aver visto. È una delle mie immagini preferite tra quelle dei tre viaggi che ho compiuto in Antartide.

Figura 4.34  L’immagine finale dopo la regolazione delle curve RGB.

Viraggio parziale a colori In genere preferisco fotografare dei tramonti invece che delle albe, semplicemente perché così non devo alzarmi presto! Inoltre, posso preparare lo scatto con un po’ di luce, e il tramonto è un evento più prevedibile delle condizioni meteo. Sono andato a Edimburgo, in Scozia, con il mio amico fotografo Martin Evening. Voleva fare delle foto all’alba dalla Calton Hill, al centro della città. Quando ci siamo alzati, prestissimo, abbiamo scoperto che il tempo non era ideale, ma abbiamo proseguito nelle nostre intenzioni. A causa di alcune nuvole provenienti da est, l’alba non è stata spettacolare, ma un vecchio proverbio scozzese dice che basta aspettare cinque minuti e il tempo cambierà. È così che siamo riusciti effettivamente a scattare qualche foto durante una breve incursione del sole. La foto usata per questo esempio di viraggio parziale a colori ha come soggetto il monumento al filosofo e matematico Dugald Stewart. Per quanto alcuni raggi di sole schiariscano il monumento e gli edifici cittadini, è ancora possibile migliorarla in post-produzione. 1. Partendo dall’impostazione di default Come scattato, ho regolato il bilanciamento del bianco per riscaldare i colori. 2. La modifica principale nei toni ha comportato l’aumento dei valori del cursore Contrasto e Ombre e la riduzione del valore del cursore Neri.

Correzioni avanzate  157

Impostazioni predefinite: Temp 5400 K; Tinta –2

Impostazioni applicate nel pannello Base: Contrasto +35; Ombre +42; Neri –13; Chiarezza +32; Vividezza +33

Figura 4.35  Impostazioni predefinite e impostazioni applicate nel pannello Base.

3. Ho aumentato la chiarezza e la vividezza. 4. Per correggere la distorsione a barile del mio obiettivo Canon 28-135 mm, ho applicato un profilo di correzione ottica. (La fotocamera era posizionata in verticale, quindi non è stato necessario applicare la correzione prospettica.) 5. L’immagine necessitava di qualche miglioramento locale: ho usato Filtro graduato per scurire il cielo e Pennello di regolazione per schiarire il centro del monumento e scurire alcuni edifici chiari sullo sfondo. Per le colonne ho aumentato il valore del cursore Esposizione, mentre per gli edifici ho applicato dei valori negativi ai cursori Esposizione e Luci, utilizzando al contempo la maschera automatica.

Impostazioni per schiarire il monumento: Esposizione +0,99

Impostazioni per scurire gli edifici: Esposizione –0,89, Luci –48

Figura 4.36  Impostazioni locali applicate con il pennello.

6. Per ottenere la correzione dei colori, ho fatto ricorso agli strumenti del pannello Divisione toni per riscaldare le luci e raffreddare le ombre. Avrei potuto utilizzare delle curve RGB, ma è molto più facile e più rapido manipolare gli strumenti di divisione dei toni se non dovete fare delle regolazioni troppo radicali. Notate che non ho toccato il cursore Bilanciamento. La combinazione delle correzioni globali e locali con l’effetto di un viraggio parziale lascia pensare che quel mattino una luce calda illuminasse il monumento: non ho fatto altro che darle una spintarella!

158  Capitolo 4

Riscaldamento delle luci: Tinta 48; Saturazione 48

Raffreddamento delle ombre: Tinta 28; Saturazione 30

Figura 4.37  Effetti del riscaldamento e del raffreddamento dei colori nel pannello Divisione toni.

Figura 4.38  L’immagine finale.

Sfumature di colore Lo strumento Filtro graduato si presta alla creazione di toni ma anche a quella cromatica. L’ho scelto per accentuare i colori della foto mostrata nella Figura 4.39, scattata all’Arches National Park lo stesso in giorno in cui ho scattato la foto nella Figura 4.18. Martin Evening e io eravamo sulla strada verso il motel quando abbiamo visto questa scena. Muniti di torce (era quasi notte), siamo riusciti a fare qualche foto. Questa, esposta per 3 secondi a 50 ISO con un dorso digitale Phase One P65+, non riesce a rendere l’idea di quella sera. 1. Per rimediare, ho applicato due sfumature di colore: una prima con un colore caldo per valorizzare le ultimi luci del giorno e una seconda con un colore freddo per raffreddare la tinta del cielo. 2. Se le sfumature hanno permesso di modificare i colori del cielo, hanno anche aumentato la loro saturazione complessiva. I colori del cielo e dell’orizzonte sono però più brillanti. Per accentuarli, ho aperto il pannello Divisione toni per applicare una tinta calda alle alte luci e una fredda alle ombre.

Correzioni avanzate  159

Figura 4.39  Il tramonto con la luna e le ultime luci del giorno nell’Arches National Park.

Selezione di una tinta calda nel selettore dei colori del pannello Filtro graduato

Applicazione della sfumatura di tinta calda

Selezione di una tinta fredda nel selettore dei colori del pannello Filtro graduato

Applicazione della sfumatura di tinta fredda

Figura 4.40  Applicazione di due filtri graduati.

160  Capitolo 4

Figura 4.41  L’immagine risultante.

Selezione di una tinta per le luci nel selettore dei colori del pannello Divisione toni

Applicazione del viraggio alle luci

Selezione di una tinta per le ombre nel selettore dei colori del pannello Divisione toni

Applicazione del viraggio alle ombre

Figura 4.42  Applicazione di un viraggio parziale.

Correzioni avanzate  161

Figura 4.43  L’immagine finale.

Comandi HSL Vi sconsiglio vivamente di avvicinarvi troppo a un bisonte. Sebbene abbia usato un grandangolo con focale di 24 mm per scattare la foto nella Figura 4.44, ho atteso che l’animale mi si avvicinasse un po’; una volta scattata la foto, mi sono allontanato lentamente verso la mia moto per non attirare la sua attenzione. (A essere onesti, era troppo occupato a brucare per interessarsi a me; e poi gli animali di Yellowstone sono abituati alla presenza dell’uomo!).

Figura 4.44  Bisonte nello Yellowstone National Park. L’immagine prima della correzione dei colori.

162  Capitolo 4

Vividezza e comandi HSL Le impostazioni dei cursori Saturazione e Vividezza del pannello Base hanno la tendenza a compromettere la precisione di quelli del pannello HSL. Utilizzate dunque le impostazione globali con parsimonia o disattivatele del tutto se intendete far ricorso al pannello HSL.

Per correggere i colori di questa immagine, ho utilizzato due comandi del pannello HSL. 1. Nella scheda Tonalità, ho spostato i cursori Giallo e Verde a destra per rendere l’erba più verde (e meno gialla). 2. Nella scheda Saturazione, ho aumentato la saturazione delle tinte arancioni, gialle e verdi, riducendo al contempo la saturazione delle tinte blu del cielo. 3. Nella scheda Luminanza, ho schiarito le tinte arancioni e verdi e scurito quelle gialle e blu.

Scheda Tonalità

Scheda Saturazione

Scheda Luminanza

Figura 4.45  Impostazioni dei cursori del pannello HSL.

Questo insieme di interventi mi ha permesso di accentuare i colori dell’erba e dei fiori, di saturare e schiarire quelli del bisonte e di attenuare la saturazione e la luminosità del cielo. Mentre ho usato la chiarezza per aumentare leggermente contrasto locale, non ho toccato il comando Vividezza.

Dominanti di colore Quando i raggi di luce colpiscono il sensore con un angolo obliquo dopo aver attraversato l’obiettivo, possono provocare delle dominanti locali di magenta e verde, impossibili da correggere con una sola regolazione del bilanciamento del bianco: se cercate di rimuovere una dominante verde, le tinte neutre acquistano una dominante magenta e viceversa. Queste dominanti si manifestano soprattutto con gli obiettivi grandangolari la cui costruzione non è di tipo retrofocus (obiettivi tipici delle fotocamere professionali e dei banchi ottici tecnici e telemetrici).

Correzioni avanzate  163

Figura 4.46  L’immagine finale.

Un obiettivo decentrabile e basculante produce a volte un difetto di vignettatura asimmetrico proporzionale al grado di decentramento utilizzato. Associata alle dominanti di colore, la vignettatura è ancora più difficile da compensare, poiché le correzioni dei difetti ottici considerano solo le aberrazioni simmetriche. Per risolvere questo problema, potete creare un’immagine di riferimento che riprenda i parametri di scatto delle immagini da correggere (decentramento, inclinazione, apertura, distanza della messa a fuoco) e utilizzarla per stabilire quelli di correzione per la dominante di colore e la vignettatura. Dotate il vostro obiettivo di un diffusore bianco e traslucido o fotografate su uno sfondo bianco illuminato in modo uniforme. Sebbene la specifica DNG permetta di tener conto delle dominanti di colore e della vignettatura asimmetrica, in passato era impossibile selezionare l’immagine di riferimento Lightroom, analizzarla e applicare le correzioni ad altre immagini interessate dagli stessi difetti. Il modulo esterno DNG Flat Field, rilasciato dal settembre 2012 per gli utenti di Lightroom (a partire dalla versione 4) ha cambiato le cose. Potete scaricarlo gratuitamente dal sito Adobelabs.com. La foto nella Figura 4.47 è stata scattata con un banco ottico 4 × 5 Sinar, un dorso digitale Phase One IQ180 e un obiettivo con focale di 120 mm. Per modificare il piano della nitidezza e la composizione dell’immagine, ho inclinato in avanti il corpo anteriore della fotocamera decentrandolo verso l’alto. Se le dominanti di colore e la vignettatura non sono molto pronunciate, appariranno subito nella parte superiore dell’inquadratura.

164  Capitolo 4

Figura 4.47  L’immagine prima della correzione delle dominanti di colore e della vignettatura.

Il plug-in DNG Flat Field è in grado di individuare un’immagine di calibrazione, calcolare le correzioni richieste e applicarle ad altre immagini, a condizione di aver prima convertito i file RAW nel formato DNG (in Lightroom, selezionate l’opzione Converti la foto in DNG nel menu Libreria). Il menu di DNG Flat Field propone due voci: ●●

●●

selezionate Apply interleaved correction se l’immagine di riferimento e quelle da correggere sono nella stessa cartella; selezionate Apply external correction se preferite salvare l’immagine di riferimento in una cartella specifica, separata da quella delle immagini. Ringrazio Tom Hogarty, responsabile di prodotto di Lightroom, per avermi autorizzato a presentare il plug-in DNG Flat Field in questo libro quando ancora non era disponibile al pubblico. Grazie anche a Eric Chan, che ha creato il plug-in.

Ricordiamo che l’obiettivo, l’apertura del diaframma, il punto di messa a fuoco e l’illuminazione devono essere identici per tutte le immagini, sia in quelle da correggere sia in quella di riferimento. Se la vostra cartella contiene più serie di immagini, il plug-in è in grado di trovare in automatico quelle di riferimento a esse associate. Se non cambiate né l’obiettivo né l’apertura del diaframma, una sola immagine di riferimento vi permetterà di correggere tutte quelle destinate a essere combinate in una panoramica o in una dalla dinamica molto estesa (HDR).

Correzioni avanzate  165

Sfortunatamente, DNG Flat Field funziona solo in Lightroom; non lo si può dunque utilizzare partendo da Camera Raw, sebbene quest’ultimo possa convertire delle immagini grezze in DNG.

Passo 1: selezione dell’immagine di riferimento e di quella da correggere nel modulo Libreria di Lightroom

Passo 2: esecuzione del comando Apply Interleaved correction dal menu File > Extra plug-in del modulo Libreria

Passo 3: selezione delle correzioni da applicare

Passo 4: salvataggio del file corretto nel formato DNG e combinazione automatica con l’originale

Figura 4.48  Correzione delle dominanti di colori e della vignettatura con l’aiuto del plug-in DNG Flat Field.

La Figura 4.49 presenta l’immagine ritoccata: la correzione della dominante verde della vignettatura si manifesta chiaramente nella parte superiore.

166  Capitolo 4

Figura 4.49  L’immagine corretta.

Trasformazione in bianco e nero Amo moltissimo la fotografia in bianco e nero: è stata quella che ha dato il via alla mia passione per quest’arte. La prima volta che ho visto un’immagine apparire nella vaschetta di sviluppo, ero talmente eccitato che ho acceso subito la luce per esaminarla: che delusione quando ho visto la stampa annerire… avevo dimenticato i bagni di arresto e di fissaggio! Se l’amore per lo sviluppo in bianco e nero in camera oscura mi ha portato alla fotografia, la fotografia digitale ha dato una svolta alla mia passione. Fatta eccezione per qualche raro apparecchio come la Leica M-Monochrom, tutti acquisiscono il mondo a colori (alcuni vi consentono di produrre dei file in bianco e nero nel formato JPEG, ma i file grezzi sono sempre a colori). Ai tempi della pellicola, era possibile modificare i parametri di esposizione e di sviluppo del rullino per intervenire sul contrasto dei negativi. Oggi Lightroom e Camera Raw vi offrono un controllo molto preciso durante la trasformazione in bianco e nero senza che dobbiate ricorrere alla preparazione di soluzioni chimiche. La fotografia in bianco e nero si basa su una rappresentazione monocromatica dei colori. Il modo in cui i colori vengono convertiti in scala di grigio è fondamentale per ottenere immagini monocromatiche dai toni perfetti. Le prime emulsioni in bianco e nero, di tipo ortocromatico, erano più sensibili al rosso, cosa che permetteva ad Ansel Adams e ad altri di esaminare le pellicole alla

Correzioni avanzate  167

luce di una lampada dotata di un filtro rosso. La maggior parte delle pellicole in bianco e nero e dei sensori digitali è sensibile all’intero spettro visibile (è pancromatica) e questi ultimi sono molto sensibili agli infrarossi. Per modificare la reazione pancromatica della pellicola, i fotografi utilizzavano dei filtri colorati: gialli e rossi per scurire un cielo blu, verdi per schiarire le foglie e arancioni per illuminare la pelle. Le fotocamere digitali non hanno più bisogno di filtri colorati durante lo scatto, poiché la risposta dello spettro del sensore può essere modificata successivamente nel software di editing RAW o in Photoshop. Vediamo allora diversi metodi per controllare i toni di colore durante la trasformazione in bianco e nero e per applicare dei viraggi. Regolare la risposta pancromatica

Un file grezzo contiene delle informazioni sui colori che corrispondono a quelle dei canali Rosso, Verde e Blu d’un’immagine RGB. Visualizzando i singoli canali in Photoshop, ci si accorge che un’immagine RGB contiene tre versioni in scala di grigio con le informazioni di luminanza del soggetto dopo aver attraversato i filtri rosso, verde e blu degli elementi fotosensibili del sensore. Per convertire un’immagine a colori in bianco e nero, si deve dunque capire la relazione tra i colori e la scala di grigi generati dalla conversione. La Figura 4.50 mostra un’immagine a colori e i suoi canali RGB scattata al mercato delle pulci di Buenos Aires, in Argentina.

Immagine a colori

Canale Rosso

Canale Verde

Canale Blu

Figura 4.50  L’immagine RGB e i canali Rosso, Verde e Blu.

168  Capitolo 4

●●

Il papillon sembra molto più chiaro nel canale Rosso che in quello Blu.

●●

Il cappello blu sembra più scuro nel canale Blu che negli altri canali.

●●

Le informazioni di luminanza sono più numerose nel canale Verde (i filtri verdi del sensore sono due volte più numerosi di quelli dei filtri rossi e blu).

Spesso due colori distinti adottano dei valori di grigio vicini all’immagine da convertire in bianco e nero. Per conservare il contrasto tra i diversi colori, è necessario fondere le informazioni dei tre canali RGB. La Figura 4.51 mostra il risultato di una trasformazione in bianco e nero nel pannello HSL/Colori/B & N di Lightroom o nel pannello HSL/Scala di grigio di Camera Raw.

Immagine convertita con l’aiuto dei valori di default

Il pannello Miscela bianco e nero: tutte le impostazioni sono ai loro valori predefiniti

Il pannello Miscela in bianco e nero dopo la pressione del pulsante Automatico

Figura 4.51  Impostazioni predefinite (a sinistra) e automatiche (a destra) per la trasformazione in bianco e nero.

1. L’opzione Automatico tenta di conservare il più possibile la luminosità e il contrasto dell’immagine di partenza. Qui il risultato corrisponde più o meno all’immagine del canale Verde. 2. Se l’efficacia di questa opzione varia a seconda dei colori dell’immagine, produce spesso una migliore resa iniziale che non l’impostazione predefinita che riporta tutti i cursori a zero. È quindi un vantaggio applicare prima una conversione automatica e poi, in un secondo tempo, lo strumento Regolazione

Correzioni avanzate  169

mirata per perfezionare la luminosità di determinati colori: qui ho trascinato il mouse sul colore da modificare, poi l’ho spostato verso l’alto per schiarire (spostatelo verso il basso per scurire). 3. Dopo aver fatto clic sulla scheda B & N per passare all’immagine in bianco e nero, in genere apro le schede HSL o Colori per esaminare i colori. Un clic sulla scheda B & N visualizzerà l’immagine in bianco e nero tenendo conto delle ultime regolazioni.

Figura 4.52  Le impostazioni ottimizzate per la trasformazione in bianco e nero.

4. Per terminare, ho aggiunto delle correzioni locali. I cursori Chiarezza (–100) e Nitidezza (–100) dello strumento Pennello di regolazione mi hanno permesso di attenuare il contrasto e di conferire un effetto mosso ai bordi dell’immagine.

Figura 4.53  Maschera di ritocco per ridurre il contrasto e la nitidezza sui bordi dell’immagine.

170  Capitolo 4

Figura 4.54  L’immagine finale.

Camera Raw e la modalità Scala di grigio La finestra di dialogo Opzioni flusso di lavoro di Camera Raw permette di convertire un file RGB in monocromo in modalità Scala di grigio. È sufficiente trasformare un’immagine in bianco e nero e selezionare una delle opzioni Gray Gamma 1.8 o Gray Gamma 2.2. In Lightroom, le immagini vengono sempre esportate come immagini RGB monocrome. Per ottenere un’immagine in scala di grigio, si dovrà quindi passare a Photoshop. Trasformazione in bianco e nero e bilanciamento del bianco I cursori Temp e Tinta dello strumento Bilanciamento bianco sono molto utilizzati per controllare la conversione dei colori in scala di grigio. Non esitate a farvi ricorso per perfezionare la resa delle vostre immagini dopo averle convertite con l’aiuto dei cursori del pannello Miscela bianco e nero. Se avete utilizzato il selettore dei colori dello strumento Filtro graduato e Pennello di regolazione per dipingere alcune parti dell’immagine, queste correzioni verranno sempre presentate dopo la conversione in bianco e nero. Non è un difetto: in qualche caso, potete approfittarne per fini creativi. Viraggio su toni caldi

Ai tempi della pellicola, il viraggio consentiva di ottenere qualsiasi tipo di tonalità, dalle più fredde alle più calde, partendo da una stampa in bianco e nero con toni neutri. Nella camera oscura l’ho applicato pressoché sempre per conferire alle stampe una leggera variazione tonale e una densità più significativa.

Correzioni avanzate  171

Ho utilizzato perlopiù un viraggio sul bruno (Kodak Brown Toner), sul seppia (Kodak Sepia Toner) o una combinazione dei due con un viraggio al selenio (Kodak Rapid Selenium Toner). La foto nella Figura 4.55, una locomotiva della Swanage Railway, linea ferroviaria storica che corre tra le città di Swanage e Corfe nel Dorset, in Inghilterra, ha dei colori piuttosto bui.

Figura 4.55  L’immagine prima della trasformazione in bianco e nero.

1. Ho applicato una trasformazione automatica in bianco e nero con l’aiuto del pulsante Automatico nel pannello Miscela bianco e nero. 2. Ho spostato i cursori Arancione, Giallo e Verde a sinistra per scurire queste tinte. Ho anche ridotto il valore del cursore Blu per scurire le tinte blu, accentuando così il contrasto tra i colori dell’immagine. 3. Ho aggiunto una maschera sfumata per scurire il cielo e una maschera di ritocco con il pennello per schiarire il vapore bianco. Altre maschere con un valore minimo per il cursore Nitidezza hanno ammorbidito i bordi inferiore e superiore dell’immagine. 4. Nel pannello Divisione toni ho spostato i cursori Tonalità e Saturazione del menu Luci a destra per applicare un viraggio seppia. 5. Ho regolato i cursori Saturazione (20) e Bilanciamento (–50) per ridurre la saturazione del viraggio e il suo impatto sulle ombre.

172  Capitolo 4

Trasformazione in bianco e nero: regolazione dei cursori Arancione, Giallo e Verde a –25 e del cursore Blu a –50

Viraggio delle luci: Tonalità 50 e Saturazione 25

Figura 4.56  Trasformazione in bianco e nero e viraggio iniziale.

L’immagine finale presenta una tonalità più leggera e delle ombre neutre.

Figura 4.57  L’immagine finale.

Correzioni avanzate  173

Viraggio parziale

Ai tempi, applicavo più tipi di viraggio, oltre a quello semplice, per esempio uno al selenio dopo uno seppia. Potevo così fare in modo che alcune zone dell’immagine conservassero il loro colore originale mentre altre adottavano il colore scelto. Il viraggio seppia sbiancava, e poi rimuoveva le alte luci in stampa lasciando i toni delle ombre inalterati; il viraggio al selenio aggiungeva alle ombre una tinta bruno-violacea, aumentando l’intensità dei neri. Oggi non serve più seguire le specifiche dei diversi prodotti chimici; potete scegliere liberamente i colori e la saturazione nel pannello Divisione toni di Camera Raw e Lightroom. La foto dei fiori mostrata nella Figura 4.58 è stata scattata tra due acquazzoni nei giardini di Reykjavik, in Islanda, con una fotocamera di medio formato Phase One 645FD, un dorso digitale Phase One P65+ e un obiettivo macro 120 mm.

L’immagine iniziale

L’immagine convertita in bianco e nero: regolazione dei cursori Giallo a –50 e Verde a –20; gli altri cursori sono ai loro valori predefiniti (0)

Figura 4.58  L’immagine iniziale a colori e quella in bianco e nero convertita con delle impostazioni personalizzate.

1. Ho voluto scurire i gialli e i verdi per accentuare il contrasto tra i fiori e l’erba. Anche se la resa in bianco e nero era apprezzabile, ho riscaldato le alte luci e raffreddato le ombre per ottenere un effetto di viraggio parziale che riproducesse fedelmente la resa delle stampe da negativo trattate in successione con i due bagni del viraggio seppia e al selenio. 2. Per finire, ho regolato il cursore Bilanciamento a –20 per conservare parzialmente la tonalità calda nei mezzitoni scuri. Viraggio dei toni freddi e colorazione parziale

La foto del matador che aspetta l’inizio della corrida a San Miguel de Allende (Figura 4.61) mi permette di introdurre due tecniche distinte: un viraggio dei toni freddi e una trasformazione in bianco e nero seguita da un recupero parziale dei colori.

174  Capitolo 4

Viraggio delle luci: Tinta 52 e Saturazione 25

Viraggio delle ombre: Tinta 136 e Saturazione 25

Figura 4.59  Impostazioni del pannello Divisione toni.

Figura 4.60  L’immagine finale.

1. Ho utilizzato lo strumento Pennello di regolazione con una Saturazione a –100 per convertire l’immagine in bianco e nero e conservare al contempo la tinta vivace della porta rossa. 2. Per ben rivelare i dettagli dei cavalli, ho spostato i cursori Esposizione (+0,80), Ombre (+96) e Chiarezza (+60) del pannello Base. 3. Ho spostato i cursori Tonalità (228) e Saturazione (43) del menu Ombre del pannello Divisione toni per creare un contrasto caldo-freddo tra la tinta della porta e quella delle ombre.

Correzioni avanzate  175

L’immagine iniziale

L’immagine dopo la mascheratura automatica

L’immagine dopo la trasformazione in bianco e nero e la colorazione parziale

Figura 4.61  L’immagine iniziale a colori, la maschera che visualizza le parti desaturate e la trasformazione in bianco e nero finale.

Figura 4.62  L’immagine finale dopo aver applicato alle ombre un effetto di viraggio dei toni freddi.

Ottimizzare le tonalità di un’immagine in bianco e nero

In qualche caso, la trasformazione in bianco e nero non produce il risultato desiderato. Spesso dovrete intervenire sui toni e sul contrasto per ottenere un’im-

176  Capitolo 4

magine potente. È il caso della foto dei ricci di mare, venduti da un ambulante ai bordi di una strada delle Keys, in Florida (Figura 4.63).

Figura 4.63  L’immagine iniziale a colori.

L’immagine è ben esposta: aperta nella Versione elaborazione 2012, non presenta alcun ritaglio nei toni estremi. Tuttavia le sue variazioni cromatiche non mi piacevano, per cui ho deciso di convertirla in bianco e nero non appena applicate le correzioni globali. 1. Ho spostato i cursori Esposizione (–0,65), Contrasto (+67), Luci (–100), Ombre (+18) e Bianchi (+29) per scurire l’immagine nel complesso, aumentare il contrasto e scurire le luci, schiarendo al contempo le ombre e i bianchi. Spostando il cursore Neri (–6) a sinistra, ho potuto rendere più profondi i neri e le ombre. 2. L’applicazione della chiarezza al suo valore massimo (+100) introduce spesso degli artefatti sgradevoli, ma funziona piuttosto bene con immagini destinate a essere convertite in bianco e nero, come questa. 3. L’immagine convertita è decisamente più riuscita dell’originale. Tuttavia, ho deciso di passare al pannello Curva di viraggio per perfezionare la distribuzione tonale. Invece dei comandi dell’editor della curva per punti, ho utilizzato i cursori della curva parametrica. 4. L’immagine finale mostra il risultato. La curva ha un tracciato a zig zag: ho regolato il cursore Luci a +39 per schiarire le alte luci e il cursore Colori chiari a –72 per scurire i mezzitoni chiari e rendere più visibili i dettagli. Ho anche spostato verso sinistra i cursori Colori scuri (–13) e Ombre (–56) per

Correzioni avanzate  177

scurire maggiormente le ombre rispetto ai mezzitoni bui.Tutte le regolazioni sono state effettuate a vista, così da ottenere la divisione dei toni desiderata.

Immagine con impostazioni ottimizzate nel pannello Base: Esposizione –0,65

Contrasto +67; Luci –100; Ombre +18; Bianchi +29; Neri –6; Chiarezza +100

Figura 4.64  Ottimizzazione dei toni e trasformazione in bianco e nero predefinita.

Figura 4.65  L’immagine finale convertita.

Perfezionare i colori con l’aiuto delle curve RGB

La cappella di San Miguel de Santa Fe, in Nuovo Messico, eretta tra il 1610 e il 1626, è la chiesa più vecchia degli Stati Uniti. È stata ricostruita nel 1710 dopo una distruzione parziale. Vedremo ora un metodo un po’ insolito per convertire un’immagine in bianco e nero e applicarle un viraggio parziale tramite le curve RGB del pannello Curva di viraggio. Le curve RGB consentono una regolazione più precisa dei colori rispetto agli strumenti del pannello Divisione toni.

178  Capitolo 4

L’immagine a colori non corretta

L’immagine convertita con l’aiuto del cursore Saturazione del pannello Base e corretta con Pennello di regolazione per schiarire l’interno del campanile: Esposizione +1,84; Contrasto +29; Luci +55; Ombre +29; Chiarezza +44

Figura 4.66  L’immagine iniziale a colori e l’immagine convertita in bianco e nero e ottimizzata grazie alle correzioni globali e locali.

1. Ho utilizzato il cursore Saturazione (–100) del pannello Base per convertire l’immagine in bianco e nero. 2. Ho utilizzato una maschera di ritocco con il pennello per schiarire l’interno del campanile e mettere in evidenza più dettagli. 3. Invece dei comandi del pannello Divisione toni, ho fatto ricorso alle curve RGB del pannello Curva di viraggio in modalità per punti per aggiungere dei colori all’immagine: due curve a forma di S e S rovesciata, applicate rispettivamente alle curve Rosso e Blu, riscaldano i mezzitoni chiari e raffreddano quelli scuri.

Canale Rosso: aggiunta di un punto di ancoraggio nei mezzitoni chiari

Canale Rosso: aggiunta di un punto di ancoraggio nei mezzitoni scuri

Canale Blu: aggiunta di un punto di ancoraggio nei mezzitoni chiari

Figura 4.67  Regolazione dei canali Rosso e Blu.

Canale Blu: aggiunta di un punto di ancoraggio nei mezzitoni scuri

Correzioni avanzate  179

Sebbene, una saturazione molto pronunciata del viraggio parziale sia adatta solo per alcune immagini, qui contribuisce a produrre una foto avvincente.

Figura 4.68  L’immagine finale.

Ottimizzare i dettagli Il contrasto (e il suo contrario, ovvero la riduzione del disturbo) è un argomento complesso che meriterebbe un libro a sé. Per saperne di più, vi consiglio la lettura di Real World Image Sharpening with Adobe Photoshop, Camera Raw, and Lightroom di Bruce Fraser. Vediamo ora gli aspetti più importanti del contrasto e della riduzione del disturbo in Lightroom e Camera Raw. Quando si parla di contrasto, è buona norma considerare quanto segue. ●●

Un contrasto eccessivo è più pericoloso di uno insufficiente; laddove è possibile aumentarne l’entità in qualsiasi momento, è molto più difficile attenuare gli effetti un contrasto esagerato.

180  Capitolo 4

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Rendere più definiti i dettagli di un’immagine senza potenziare il disturbo digitale è un esercizio di equilibrio. Trovare delle impostazioni di contrasto e riduzione del disturbo perfette richiede esperienza e capacità. In Lightroom e Camera Raw il contrasto mira a compensare la perdita dei dettagli provocata dall’uso di un filtro passa-basso al momento dello scatto e dall’interpolazione dei colori dei dati grezzi; si noti poi che le ottiche soffrono di alcuni difetti, e che la diffrazione riduce la nitidezza delle immagini ad aperture di diaframma basse. Il contrasto punta a migliorare la nitidezza apparente e la precisione dei contorni d’un’immagine senza tuttavia accentuare le uniformità. Il raggio del contrasto deve molto al contenuto dell’immagine, che non è sempre facile da valutare: una foto con molti dettagli piccoli (immagine ad alta frequenza) necessita di parametri di contrasto diversi rispetto a una che ha molte aree omogenee (immagine ad alta frequenza). Si ricordi poi che esistono delle immagini che contengono zone sia ad alta sia a bassa frequenza.

Contrastare un’immagine ad alta frequenza

Per mostrarvi come contrastare un’immagine ad alta frequenza, ho scelto una foto del Bryce Canyon National Park (Figura 4.69), scattata dal punto di osservazione di Bryce Point con un dorso digitale Phase One P65+ e un obiettivo di 45 mm, dalle prestazione ottiche eccellenti. L’immagine finale misura 75,2 × 47,8 cm a 300 ppp. La figura mostra l’immagine leggermente ritagliata in alto e in basso, mentre il quadratino bianco indica l’area su cui concentreremo i prossimi ritocchi. Sebbene un rapporto di ingrandimento-schermo uguale alla dimensione reale dei pixel (1:1 o 100%) si presti meglio a valutare le regolazioni del contrasto, qui ho deciso di ingrandire al 400% per consentirvi di apprezzare tutti i dettagli dell’immagine senza che si perdano nel retino di stampa. 1. Quando ho disattivato il contrasto e la riduzione del disturbo, l’immagine è risultata morbida. 2. Applicando le impostazioni predefinite, la nitidezza apparente dell’immagine ha subìto un miglioramento poco apprezzabile. 3. Con le impostazioni di contrasto ottimizzate, l’immagine è diventata molto più nitida e la resa dei dettagli è migliorata sensibilmente Presenta però degli aloni che scompaiono quando viene visualizzata a un rapporto ingrandimento-schermo uguale o inferiore a 100%. 4. Per compensare l’aumento del disturbo nell’immagine ottimizzata, provocato dalla regolazione dei cursori Dettagli (90) e Fattore (60), ho portato a 25 il cursore Luminanza del menu Riduzione del disturbo.

Correzioni avanzate  181

Figura 4.69  L’immagine iniziale leggermente ritagliata. Il rettangolo bianca indica i particolari ripresi nelle prossime figure.

L’immagine dopo la disattivazione del contrasto e la riduzione del disturbo

L’immagine dopo l’applicazione delle impostazioni predefinite: Fattore 25; Raggio 1,0; Dettagli 90; Mascheratura 0; Luminanza 0

L’immagine dopo l’applicazione delle impostazioni ottimizzate: Fattore 60; Raggio 0,7; Dettagli 90; Mascheratura 20; Luminanza 0

L’immagine dopo l’applicazione delle impostazioni ottimizzate e la riduzione del disturbo di luminanza: Luminanza 25

Figura 4.70  Particolari al 400% dell’immagine che presentano differenti serie di impostazioni applicate nel pannello Dettagli.

182  Capitolo 4

5. In genere si consiglia di procedere dall’alto al basso, seguendo l’ordine dei cursori nel pannello Dettagli; qui però mi sono mosso al contrario, partendo dal cursore Raggio. L’immagine ha numerosi contorni piccoli e i valori di Raggio inferiori a 1,0 permettono di creare degli aloni di contrasto più fini. La riduzione di Raggio a 0,7 consente di diminuire l’ampiezza degli aloni, privilegiando il contrasto dei dettagli minuti. La Figura 4.71 mostra gli effetti del cursore Raggio ai valori di 0,7 e 1,0. Per renderli visibili in modalità Soglia, ho premuto il tasto Alt/Opt spostando contemporaneamente il cursore Raggio. Quando si deve contrastare un’immagine con molti dettagli piccoli si può utilizzare in modo sistematico il valore minimo per il raggio (0,5); tuttavia, per quanto la differenza tra 0,5 e 0,7 possa sembrare minima, viene accentuata dall’azione dei cursori Fattore e Dettagli.

Impostazione predefinita (1,0)

Impostazione ottimizzata (0,7)

Figura 4.71  Regolazione del cursore Raggio.

6. Al suo valore di default (25), il cursore Dettagli rimuove gli aloni di contrasto, ma non interviene sui contorni. Con le immagini ad alta frequenza, tendo a spostarlo verso destra, per ridurre l’eliminazione degli aloni aumentando il contrasto dei contorni. Qui ho selezionato un valore elevato per Dettagli (90), provocando un aumento del disturbo che potrà essere compensato successivamente manipolando il cursore Luminanza.

Impostazione predefinita (25)

Figura 4.72 

Regolazione del cursore Dettagli.

Impostazione ottimizzata (90)

Correzioni avanzate  183

7. Dopo aver regolato i cursori Raggio e Dettagli, ho lavorato sul cursore Fattore, che controlla l’entità del contrasto: più lo spostate verso destra, più contrastate l’immagine. Ricordate sempre che con il cursore Nitidezza dei pannelli Filtro graduato e Pennello di regolazione potete ridurre un contrasto eccessivo in alcune parti dell’immagine (è sufficiente selezionare un valore negativo per il contrasto locale). 8. Ho regolato il cursore Mascheratura in modo da non evidenziare le aree omogenee. Il contrasto non viene applicato alle parti bianche della maschera; le parti nere sono protette e non subiscono alcun contrasto. Quando si sceglie un valore elevato, il cursore Mascheratura protegge le zone uniformi dell’immagine limitando il contrasto ai dettagli. Se dovete contrastare un’immagine con molto disturbo, fate attenzione a usare dei valori moderati per il cursore Mascheratura, o produrrete un effetto sgradevole di ondulazione, generato dalle zone uniformi e dal contrasto dei contorni.

Impostazione del cursore Fattore (60)

Figura 4.73 

Impostazione del cursore Mascheratura (20)

Regolazione dei cursori Fattore e Mascheratura.

Non sempre è possibile trovare un’impostazione adatta utilizzando esclusivamente gli strumenti di contrasto globale. Qui Pennello di regolazione mi ha permesso di dipingere sul cielo per ridurre localmente il contrasto e il disturbo. Se è vero che gli interventi mirati risultano piuttosto discreti, permettono anche di ottimizzare la restituzione dei dettagli. Notate che non è necessario creare una maschera molto precisa per perfezionare localmente la nitidezza e il disturbo. Contrastare un’immagine a bassa frequenza

Per contrastare un’immagine a bassa frequenza, cioè un’immagine i cui toni sono relativamente uniformi e le cui transizioni tonali sono progressive, è preferibile aumentare il raggio per non contrastare troppo i dettagli minuti e il disturbo nelle aree uniformi. Potete allora accentuare i particolari di un viso (occhi, labbra, ciglia e così via) proteggendo al contempo le parti omogenee (pelle).

184  Capitolo 4

Figura 4.74  Le impostazioni ottimizzate visualizzate al 100%.

Impostazioni della maschera di ritocco del pennello Nitidezza –30 e Disturbo +50

Anteprima prima dell’applicazione delle correzioni locali

Anteprima dopo l’applicazione delle correzioni locali

Figura 4.75  Le zone corrette con l’aiuto dello strumento Pennello di regolazione e particolari ingranditi al 400% dell’immagine prima e dopo l’applicazione locale del contrasto e della riduzione del disturbo.

Correzioni avanzate  185

La Figura 4.76 mostra un ritratto di Roxana Chazaro, la moglie del mio amico fotografo Daniel Ortize di San Miguel de Allende. L’immagine è stata scattata con una Canon 500D e un obiettivo 18-135 mm. Ho scelto una focale di 113 mm e una sensibilità di 800 ISO per ottenere una velocità dell’otturatore sufficientemente alta (1/60 s con uno stabilizzatore d’immagine) per evitare l’effetto mosso.

L’immagine per intero

Particolari ingranditi al 200%. Ho applicato le impostazioni di contrasto predefinite

Figura 4.76  L’immagine a bassa frequenza.

1. Partendo dal valore predefinito (1,0), ho spostato il cursore Raggio a destra (2,0) per proteggere la pelle della modella ed evitare l’effetto di un contrasto eccessivo. Alzando il valore di Raggio, questo agisce profondamente sui contorni dell’occhio, attenuando però i dettagli più piccoli. Se l’anteprima evidenzia un leggero aumento del disturbo, potremo compensarlo successivamente attraverso il cursore Mascheratura e il menu Riduzione del disturbo.

Impostazione predefinita (1,0)

Figura 4.77  Regolazione del cursore Raggio.

Impostazione ottimizzata (2,0)

186  Capitolo 4

2. Ho portato il cursore Dettagli a 10 per ridurre il contrasto dei dettagli e disturbo. Al suo valore predefinito (25), il cursore rimuove gli aloni di contrasto, ma tende anche ad accentuare la struttura del disturbo.

Impostazione predefinita (25)

Figura 4.78 

Impostazione ottimizzata (10)

Regolazione del cursore Dettagli.

3. Ho portato il cursore Mascheratura a 68 per proteggere le zone uniformi. 4. Se l’impostazione del cursore Fattore (88) vi sembra troppo elevata per un’immagine a bassa frequenza, considerate che il suo effetto viene controbilanciato dai cursori Raggio (2,0), Dettagli (10) e Mascheratura (68). Tenuto conto delle altre regolazioni, è stato necessario aumentare il Fattore per ottenere una nitidezza accettabile; ho anche fatto ricorso a Pennello di regolazione per accentuare il contrasto attorno agli occhi e alle labbra della modella.

Regolazione del cursore Fattore (68)

Regolazione del cursore Mascheratura (88)

Figura 4.79  Regolazione dei cursori Fattore e Mascheratura.

5. Dopo aver regolato i cursori di contrasto, sono passato al cursore Luminanza del menu Riduzione del disturbo: un valore di +50 mi ha permesso di uniformare la texture del disturbo. La Figura 4.80 mostra il risultato delle regolazioni del pannello Dettagli. Se il contrasto vi sembra eccessivo, ricordate che si tratta di un particolare ingrandito al 200%; visualizzata alle dimensioni reali dei pixel, l’immagine ha una resa perfetta.

Correzioni avanzate  187

Figura 4.80  Impostazioni ottimizzate visualizzate al 200%.

6. Ho applicato una serie di ritocchi locali per ammorbidire la pelle di Roxana, contrastare gli occhi e le labbra e schiarire alcune zone del viso. Per iniziare ho utilizzato Pennello di regolazione per addolcire selettivamente i toni color carne. Il valore negativo per la chiarezza (–36) permette di “ripulire” la pelle senza distruggere i dettagli. 7. Successivamente ho creato una maschera di ritocco con il pennello per accentuare gli occhi e le labbra. La regolazione selettiva, applicata tramite il cursore Nitidezza (+43) del pannello Pennello di regolazione, si aggiunge a quelle del pannello Dettagli.

Riduzione della chiarezza (–36) Aumento della nitidezza (+43)

Schiarimento locale della pelle: Esposizione +0,39; Contrasto –31; Ombre +11; Disturbo +22

Riduzione locale di Chiarezza (–15) e Nitidezza (–15)

Figura 4.81  Regolazioni locali con il pennello.

8. Ho poi schiarito la parte sotto gli occhi con l’aiuto dei cursori Esposizione, Contrasto, Ombre e Disturbo, e ho ammorbidito delle piccole parti del viso mediante Chiarezza e Nitidezza. 9. Per finire, ho schiarito il bianco degli occhi e i denti, ritoccato un riflesso rotondo nelle pupille e aumentato leggermente la saturazione delle labbra. Si tratta di interventi piuttosto leggeri, mirati semplicemente a valorizzare la bellezza naturale della modella.

188  Capitolo 4

Figura 4.82  Particolare dell’immagine finale.

Contrasto di un’immagine a frequenza mista

Non tutte le immagini appartengono a una delle categorie appena presentate. Alcune contengono sia zone molto dettagliate sia zone uniformi. Per quanto si possano definire delle regolazioni intermedie per il contrasto, questo non genera un’immagine con una nitidezza ottimale. Se Lightroom e Camera Raw applicano una sola serie di regolazioni, potete utilizzare degli oggetti avanzati per approfittare dei vantaggi della modifica delle impostazioni in Photoshop. Creando due versioni, dove ciascuna ha dei valori di contrasto diversi, potrete fondere i due oggetti dinamicamente per mescolare i due tipi di contrasto. Inoltre, all’interno di un oggetto avanzato, le regolazioni di Camera Raw sono modificabili all’infinito. Purtroppo gli oggetti avanzati hanno l’inconveniente di interrompere i legami tra il file grezzo d’origine e quello collocato al loro interno: le modifiche all’oggetto avanzato non si rif lettono sul file originale contenuto nel catalogo di Lightroom. Se è possibile salvare l’oggetto avanzato in formato PSD e reimportarlo nel catalogo, il file verrà interpretato come se fosse un file bitmap, e le regolazioni applicate attraverso Camera Raw non potranno essere modificate in Lightroom. Si ricordi che, per far sì che le impostazioni vengano interpretate correttamente, Lightroom e Photoshop devono condividere la stessa versione di Camera Raw. Un modo per aggirare il problema è quello di applicare l’insieme delle impostazioni in Lightroom e salvarle sotto forma di istantanee precedentemente alla creazione dell’oggetto. Salvate all’interno dei metadati XMP del file, le istantanee possono essere condivise da Camera Raw e Lightroom. La foto dell’iceberg nella Figura 4.83 contiene sia numerose zone a bassa frequenza sia qualche zona ad alta frequenza, al centro. L’ho scattata in Antartide,

Correzioni avanzate  189

vicino al mare di Weddell, con una Canon EOS 1Ds Mark II e un obiettivo 24-70 mm. Il cielo e il mare sono delle zone a bassa frequenza, mentre l’iceberg richiede un contrasto ad alta frequenza per restituire tutti i dettagli. Per applicare un contrasto a frequenza mista e conservare la possibilità di modificare i parametri di elaborazione RAW, è stato necessario trasferire l’immagine in Photoshop sotto forma di oggetto avanzato.

Figura 4.83  Immagine con zone a bassa e ad alta frequenza.

1. Ho utilizzato impostazioni diverse per ogni oggetto avanzato per tener conto contemporaneamente dei dettagli ad alta frequenza e di quelli a bassa. Per contrastare i primi, ho scelto il valore massimo per il cursore Dettagli riducendo il Raggio; per i secondi, ho regolato il cursore Fattore a 150 spostando il cursore Dettagli a sinistra (+10) e il cursore Mascheratura a destra (50). 2. Dopo il salvataggio delle impostazioni sotto forma di istantanee, ho selezionato il comando Foto > Modifica in > Apri come oggetto avanzato in Photoshop per aprire il file grezzo come oggetto avanzato in Photoshop. Inglobato sotto forma di livello di oggetto avanzato in un file PSD, si apre in Photoshop. 3. Per duplicare il livello dell’oggetto avanzato, ho selezionato il comando Livello > Oggetti avanzati > Nuovo oggetto avanzato tramite Copia. Per modificare le impostazioni del nuovo livello in Camera Raw, ho fatto doppio clic sulla miniatura dell’immagine. 4. Avendo già salvato le impostazioni sotto forma di istantanea, ho semplicemente selezionato Contrasto bassa frequenza per applicare le regolazioni del contrasto a bassa frequenza all’oggetto avanzato superiore.

190  Capitolo 4

Le impostazioni dell’istantanea Contrasto alta frequenza nel pannello Dettagli

Le impostazioni dell’istantanea Contrasto bassa frequenza nel pannello Dettagli

L’istantanea Contrasto alta frequenza

L’istantanea Contrasto bassa frequenza

Figura 4.84  Le impostazioni dei pannelli Istantanee e Dettagli.

Il livello dell’oggetto avanzato

Duplicazione del livello dell’oggetto avanzato

Figura 4.85  Apertura dell’oggetto avanzato in Photoshop.

5. Per unire i due tipi di contrasto, è stato necessario creare una maschera di fusione che permettesse di rivelare le impostazioni dell’oggetto avanzato inferiore. Per farlo ho aggiunto una maschera bianca, dopodiché ho dipinto con il pennello per applicare le regolazioni di contrasto ad alta frequenza all’iceberg, proteggendo al contempo il cielo e l’acqua.

Correzioni avanzate  191

Selezione dell’istantanea Contrasto bassa frequenza

La versione di Camera Raw deve corrispondere a quella di Lightroom

Figura 4.86  Apertura dell’oggetto avanzato in Camera Raw.

Immagine con la maschera

Visualizzazione dei livelli dell’oggetto avanzato e della maschera di fusione nel pannello Livelli

Figura 4.87  Maschera di fusione per nascondere il contrasto a bassa frequenza.

Contrasto ad alta frequenza

Contrasto a frequenza mista

Figura 4.88  Confronto tra il contrasto ad alta frequenza e quello a frequenza mista.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi

5

Sapete perché Photoshop ha così successo? Perché la realtà non fa sognare! Photoshop vi permette invece di alterarla con ritocchi e fotomontaggi e di unire più foto per creare immagini con un’angolazione, una gamma dinamica o una profondità di campo molto estesa.Tutte queste manipolazioni vi consentono di andare oltre la realtà così come viene registrata dalla vostra fotocamera. Non esitate a utilizzarle, in modo mirato e oculato.

Il Corfe Castle, nel Dorset (Gran Bretagna). Ho aggiunto il cielo seguendo la procedura descritta nel dettaglio nel paragrafo “Assemblare più immagini”. Fotocamera di medio formato Phase One 645DF con un dorso P65+, zoom 75-150 mm, 100 ISO.

194  Capitolo 5

Questo capitolo è dedicato esclusivamente a Photoshop, ma non pretende di trattare tutte le sfaccettature di questo software complesso. Presenterò solo le tecniche che utilizzo regolarmente per perfezionare i miei negativi digitali. Se Lightroom e Camera Raw sono impareggiabili per migliorare le immagini fino a un certo punto, si deve poi ricorrere a Photoshop, soprattutto quando si tratta di raffinare le foto che meritano. Partiamo per il nostro rapido tour.

Aprire le immagini in Photoshop Se utilizzate Bridge e Camera Raw, l’apertura di un’immagine in Photoshop sarà piuttosto semplice: in Camera Raw, fate clic su Apri immagine per applicare i parametri di editing e di f lusso di lavoro attivi e per visualizzare l’immagine nella finestra di Photoshop. Se utilizzate Lightroom, potete scegliere tra più metodi. ●●

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Il comando Esporta permette di convertire una o più immagini e di chiedere che vengano aperte in Photoshop. La finestra di dialogo Esporta un file consente di definire le seguenti impostazioni per le immagini da convertire: formato di salvataggio, spazio colore, tasso di compressione, profondità di codifica, nome, dimensioni e metadati da incorporare. Per lavorare in modo più efficace, potete salvare l’insieme delle impostazioni di conversione come parametri predefiniti. Personalmente creo un parametro predefinito per aprire le mie immagini in Photoshop CC (Figura 5.1); per farlo, ho selezionato nel menu Percorso di esportazione le opzioni Aggiungi a questo catalogo e Metti in sottocartella per reintegrare le immagini convertite nel catalogo di Lightroom e impilarle con gli originali. È un sistema molto pratico di organizzare i file iniziali e le loro derivazioni. Quando fate clic su Esporta, Lightroom converte le immagini, le salva sul disco rigido e le apre in Photoshop. Il comando Modifica (Cmd/Ctrl+E) è più semplice ed efficace quando si tratta di aprire una sola immagine in Photoshop (fate riferimento alla Figura 5.2 per scoprirne le varie opzioni). Nella scheda Modifica esterna delle Preferenze di Lightroom, potete specificare i parametri per il vostro editor esterno principale (Photoshop) oltre che per un altro software. Ho scelto Photoshop CS 5.1 (Photoshop.exe nella figura) come editor esterno secondario per testare la compatibilità di Lightroom 4 con Photoshop CC e CS5. In qualche raro caso, mi servo di Photoshop CS5 per l’editing delle mie immagini.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  195

Figura 5.1  La finestra di dialogo File > Esporta un file di Lightroom contiene l’opzione per aprire una o più immagini in Photoshop.

Figura 5.2  Le opzioni del menu Modifica in, destinate all’apertura di una sola immagine (in alto) o di più immagini (in basso).

196  Capitolo 5

Figura 5.3  La scheda Modifica esterna delle Preferenze di Lightroom.

Esempio di ritocco in Photoshop Nelle prossime pagine vi presenterò i metodi e gli strumenti di precisione che uso più spesso per perfezionare le mie immagini in Photoshop. La foto nella Figura 5.4 è stata scattata nell’Arches National Park; mostra le rocce chiamate Courthouse Towers all’alba. Per preparare lo scatto mi sono messo in una zona buia; ho utilizzato una fotocamera di medio formato Phase One 645DF, un dorso digitale P65+ e un grandangolo con una focale di 45 mm. La figura mostra l’immagine prima della correzione e il pannello con i diversi livelli di intervento. Per usare i livelli in Photoshop ci sono tre regole fondamentali. ●●

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Assegnate dei nomi significati ai livelli, ai canali e ai tracciati. I nomi predefiniti, come Livello 1, non sono sufficientemente descrittivi per poter essere ritrovati facilmente in seguito. Posizionate i livelli di contrasto e ritocco in basso e quelli per regolare i toni e i colori in alto nella pila dei livelli, soprattutto quando utilizzate dei livelli di regolazione. Utilizzate i gruppi per differenziare i tipi di livelli. Qui ne ho usato solo uno, Ritocchi.

Avrete senza dubbio notato che in questo esempio due dei livelli sono associati a delle maschere che permettono di applicare l’effetto di correzione alle rocce, risparmiando il cielo. Per creare queste maschere, ho utilizzato lo strumento Intervallo colori.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  197

Figura 5.4  La foto non corretta e la pila dei livelli con l’insieme delle correzioni effettuate in Photoshop.

Utilizzare lo strumento Intervallo colori in modo selettivo Per limitare il campionamento dei colori a una parte dell’immagine, effettuate una selezione con lo strumento Rettangolo di selezione (M) o Lazo (L) prima di passare al comando Intervallo colori. In questo modo, il campionamento dei colori avverrà unicamente nell’area preselezionata.

Strumento Intervallo colori Lo strumento Intervallo colori si trova nel menu Selezione. È sufficiente fare clic in un punto qualsiasi dell’immagine per prelevare il colore utilizzato per la maschera. Potete servirvi del contagocce + per aggiungere dei colori alla selezione e del contagocce – per sottrarne. Premendo il tasto Alt/Opt facendo contemporaneamente clic e spostando il cursore del mouse sull’immagine, potete aggiungere o sottrarre più colori alla volta. Il cursore Tolleranza aumenta o riduce il numero di pixel selezionati in base alla somiglianza dei loro colori in rapporto a quelli dei pixel precedentemente prelevati. Per selezionare una tonalità o un colore più preciso, preferisco scegliere valori più bassi per il cursore Tolleranza. A partire da Photoshop CS6, gli sviluppatori del software hanno inserito una funzione che consente di campionare in automatico una delle tinte chiare (Rileva volti), ma non si attiva se prima non avete selezionate l’opzione Cluster di

198  Capitolo 5

colori localizzati, che permette di ottenere una selezione più accurata grazie a un perimetro di campionamento più accurato. È anche possibile invertire la selezione. La Figura 5.5 mostra i passaggi richiesti per ottenere la selezione delle rocce. Ho utilizzato tre soli clic del mouse per aggiungere dei colori alla selezione. Per mascherare il cielo, ho utilizzato l’opzione Inversa. Ottenuta la selezione, finale, ho fatto clic su Salva per salvarla come canale alfa.

Primo clic sul cielo

Secondo clic (tasto Maiusc) per aggiungere dei colori alla selezione

Terzo clic (tasto Maiusc) per finalizzare la selezione

Inversione della selezione con l’aiuto del comando Inversa

Figura 5.5  Uso dello strumento Intervallo colori per creare una selezione.

In questo esempio selezionare il cielo è stato facile; a volte, però, lo strumento Intervallo colori non riesce a produrre la selezione desiderata. In questo caso è necessario dipingere sul canale. La procedura viene spiegata nel dettaglio nel paragrafo “Assemblare più immagini” più avanti nel capitolo.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  199

Contrasto progressivo L’immagine dell’esempio ha già subìto un primo passaggio di aggiunta del contrasto in Lightroom, ma ho deciso di accentuare ulteriormente questo aspetto con l’aiuto di un metodo che ho chiamato contrasto progressivo. Si tratta di più applicazioni successive dello strumento Maschera di contrasto, seguite da quelle del comando Dissolvi (Cmd/Ctrl+Maiusc+F). 1. Il primo passo consiste nel duplicare il livello Sfondo. Selezionate dal menu Livello il comando Duplica livello oppure trascinate semplicemente il livello Sfondo sull’icona Crea un nuovo livello. La Figura 5.6 mostra la copia del livello e le finestre di dialogo degli strumenti Maschera di contrasto e Dissolvi.

Copia del livello Sfondo

Finestra di dialogo del filtro Maschera di contrasto Finestra di dialogo Dissolvi

Figura 5.6  I primi tre passi del contrasto progressivo.

Ho scoperto questa tecnica mentre tentavo di salvare un’immagine di un amico che era terribilmente mossa. Dopo aver provato diversi parametri di contrasto, ho avuto l’idea di moltiplicare l’applicazione del filtro Maschera di contrasto attenuando l’effetto di ogni iterazione con l’aiuto del filtro Dissolvi. Potete salvare i passaggi del contrasto progressivo in uno script: basterà premere un pulsante per applicarlo nuovamente alle vostre immagini.

2. Per la copia del livello, ho scelto il metodo di fusione Luminosità per applicare l’effetto di contrasto alle sole informazioni di luminanza.

200  Capitolo 5

3. Il contrasto progressivo produce un effetto molto pronunciato da valutare con attenzione per non distruggere le informazioni dell’immagine: da una parte, ho ridotto l’opacità del livello al 50%, dall’altra ho applicato il comando Dissolvi con il metodo Luminosità al termine di ogni passaggio di contrasto per ridurre l’effetto del filtro. 4. Più applicazioni consecutive del comando Maschera di contrasto hanno portato all’effetto desiderato; durante la procedura, ho ridotto progressivamente il fattore aumentando il raggio. Ecco i parametri utilizzati: Fattore 500%, Raggio 0,3, Dissolvi 20% (applicazione iniziale); Fattore 300%, Raggio 0,6, Dissolvi 20%; Fattore 200%, Raggio 1, Dissolvi 20%; Fattore 100%, Raggio 5, Dissolvi 20%; Fattore 50%, Raggio 10, Dissolvi 20%; Fattore 25%, Raggio 25, Dissolvi 20%. Si noti che questo è effetto è impossibile da riprodurre utilizzando un’unica applicazione del filtro Maschera di contrasto. Nell’esempio presentato, è stato necessario creare una maschera di fusione per accentuare i dettagli nelle rocce, senza però introdurre un disturbo nelle zone uniformi del cielo blu. La Figura 5.7 mostra la maschera di fusione e il livello associato, rinominato Contrasto progressivo. 5. I parametri del menu Fondi se della finestra di dialogo Stile livello permettono di definire quali pixel del livello fondere con quelli del livello sottostante. Per aprirla, selezionate Livello > Stile livello > Opzioni di fusione o fate semplicemente doppio clic sull’icona della copia del livello. 6. Nella sezione Questo livello, ho portato i cursori del nero e del bianco sui valori 50 (a sinistra) e 200 (a destra). Per separare i cursori, premete il tasto Alt/Opt spostando in contemporanea i cursori a destra (nero) e a sinistra (bianco) sui valori desiderati. In questo modo il contrasto si applicherà solo ai mezzitoni (livello di pixel tra 50 e 200) proteggendo al contempo da un contrasto eccessivo i livelli inferiori (50, ombre) e superiori (200, alte luci). La Figura 5.8 mostra l’immagine prima e dopo l’applicazione di un contrasto progressivo in Photoshop ingrandita alla dimensione reale dei pixel (100%). Se questa tecnica permette di rafforzare in maniera sostanziale la texture e i dettagli, provoca a volte un contrasto eccessivo in alcune parti dell’immagine. È la ragione per cui vi consiglio di ridurre l’opacità del livello di contrasto e di usare una maschera per regolare l’effetto del contrasto sui dettagli. In questo modo, se alcune zone dell’immagine mostrano degli artefatti provocati da un

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  201 Il livello rinominato e la sua maschera di fusione

Le opzioni di fusione della finestra di dialogo Stile livello

Figura 5.7  Rinomina del livello e opzioni di fusione della finestra di dialogo Stile livello.

Figura 5.8  L’immagine prima (a sinistra) e dopo l’applicazione del contrasto progressivo (a destra).

contrasto esagerato, potete rimuoverli per mezzo di qualche pennellata sulla maschera di fusione.

Aumento del contrasto locale Anche se vi ricorro regolarmente, trovo che il comando Chiarezza di Camera Raw e Lightroom abbia un difetto: è confinato a un solo parametro di regola-

202  Capitolo 5

zione, il volume. In Photoshop, avete molto più controllo sui diversi parametri di aumento del contrasto locale, ma per migliorare la resa della vostra immagine: dovrete prima degradarla! La procedura è simile a quella utilizzata per il contrasto progressivo. 1. Iniziate con il copiare il livello Sfondo, quindi selezionate il metodo di fusione Sovrapponi. Questo metodo fonde l’immagine del livello superiore con quella del livello sottostante usando i metodi di fusione Scolora per le alte luci e i mezzitoni chiari e Moltiplica per le ombre e i mezzitoni scuri (leggete il box “La magia dei metodi di fusione” per saperne di più). Nella Figura 5.9, ho impostato il metodo di fusione del livello superiore a Sovrapponi. Se il contrasto aumenta ancora in modo significativo, non temete: rimedieremo subito. 2. Applicando il filtro Accentua passaggio (Filtro > Altro > Accentua passaggio), la resa dell’immagine migliora visibilmente. Questo filtro individua i contorni dell’immagine, lasciando passare le alte frequenze e attenuando quelle basse. In Photoshop, il filtro agisce solo sui contorni, trasformando le aree uniformi in valori di grigio. Il parametro Raggio definisce il numero di pixel considerati dal filtro attorno ai contorni da contrastare. 3. Applicando il metodo Sovrapponi alla copia del livello, il filtro Accentua passaggio si trasforma in uno strumento di contrasto. Lo utilizzo più spesso con valori di raggio elevati.

Figura 5.9  Copia dello sfondo con il metodo di fusione Sovrapponi.

La Figura 5.10 mostra tre regolazioni diverse di questo parametro: ●●

l’impostazione a 10 pixel conferisce più un effetto di contrasto globale che un aumento del contrasto locale;

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  203

●●

l’impostazione a 100 pixel è troppo ampia e non agisce sui mezzitoni come l’impostazione a 30 pixel che ho utilizzato per questa immagine (l’effetto della regolazione a 100 pixel è simile a quella del comando Chiarezza di Camera Raw e Lightroom).

Raggio di 10 pixel

Raggio di 100 pixel

Raggio di 30 pixel

Figura 5.10  Tre impostazioni del parametro Raggio del filtro Accentua passaggio.

Anche se per il raggio uso solitamente un valore compreso tra 20 e 80 pixel, il valore più adatto varia a seconda delle caratteristiche dell’immagine. È uno dei motivi per cui la regolazione del contrasto locale in Photoshop è molto più f lessibile che non in Camera Raw o Lightroom. Come già detto, il metodo di fusione Sovrapponi fa in modo che le basse frequenze dell’immagine (le aree uniformi) non vengano considerate dal filtro. Per contro, questo schiarisce i bordi chiari dei contorni e scurisce quelli bui, a imitazione di una maschera di contrasto. Perché l’effetto di contrasto inf luisca solo sui mezzitoni è quindi obbligatorio spostare i cursori del bianco e del nero del menu Fondi se della finestra di dialogo Stile livello. La Figura 5.11 mostra le impostazioni che consiglio. Maschera di contrasto Il principio della maschera di contrasto (in inglese UnSharp Mask, USM) risale ai tempi della camera oscura. Si basa sulla fabbricazione di una maschera ottenuta copiando il negativo attraverso un lastra di vetro su una pellicola a contrasto debole. Il positivo attorno ai contorni sfumati viene in seguito combinato con il negativo, del quale annulla parzialmente le informazioni aumentando la nitidezza apparente.

Non siete costretti a utilizzare gli stessi valori, a patto che non tagliate né le ombre né le alte luci. Per questa immagine ho regolato i cursori come segue: 50/100/150/200. L’effetto del filtro è massimo per i livelli di pixel da 100 a 150 (privilegiando leggermente i mezzitoni chiari) e diminuisce progressivamente per i livelli di pixel inferiore a 100 e superiori a 150. Per contro, il filtro non ha alcun effetto sulle ombre (da 0 a 49) e le alte luci (tra 201 e 255).

204  Capitolo 5

Figura 5.11  Le impostazioni del menu Fondi se per limitare l’effetto del filtro Accentua passaggio ai mezzitoni.

Contrasto elevato Il contrasto elevato è abbastanza simile all’aumento del contrasto locale, da cui trae il metodo di fusione Sovrapponi. Invece di applicarsi a una copia di sfondo, però, si applica a un livello riempito di grigio al 50%, sul quale si dipinge con del bianco o del nero per aumentare o ridurre la luminosità di alcune parti dell’immagine. 1. Create un livello (Livello > Nuovo > Livello o Cmd/Ctrl+Maiusc+N), riempitelo di grigio al 50% (Modifica > Riempi o Maiusc+F5), quindi selezionate il metodo di fusione Sovrapponi. Anche in questo caso il livello non ha alcun effetto sull’immagine. 2. Selezionate lo strumento Pennello (B) e dipingete sul livello: un pennello bianco schiarisce l’immagine, mentre uno nero la scurisce. Per attenuare l’effetto, scegliete un pennello grigio con un’opacità del 50%. Il contrasto elevato è un metodo di ritocco piuttosto sofisticato che si ispira direttamente alle tecniche della camera oscura. Per le opzioni di fusione dei due livelli ho utilizzato le impostazioni del contrasto progressivo. La Figura 5.12 mostra i ritocchi applicati al livello grigio e un particolare ingrandito preso dal bordo inferiore del livello. Ricordiamo che il metodo Sovrapponi è un misto dei metodi Scolora e Dissolvi. Quando i pixel sono più chiari del grigio medio, schiarisce i pixel come il metodo Scolora, mentre quando sono più scuri, li rende più bui come il metodo Dissolvi (leggete il box “La magia dei metodi di fusione”).

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  205

Figura 5.12  Il livello del contrasto elevato (a sinistra) e un particolare ingrandito (a destra).

Ho utilizzato il livello del contrasto elevato per valorizzare la tonalità e la texture di alcune parti dell’immagine e per aumentare la profondità. La Figura 5.13 permette di apprezzare diverse versioni dell’immagine, prima e dopo l’aumento del contrasto locale e del contrasto elevato.

Prima

Dopo l’aumento del contrasto locale

Dopo il contrasto elevato

Figura 5.13  Particolari ingranditi dell’immagine (100%) prima e dopo l’applicazione dell’aumento del contrasto locale e del contrasto elevato.

Correzione locale della saturazione e dei colori Le correzioni locali qui presentate condividono un concetto comune e non differiscono se non per il modo in cui vengono applicate e fuse. La Figura 5.14 mostra due livelli, chiamati Saturazione e Colore, i cui nomi rif lettono il metodo di fusione associato al livello e il parametro che lo modifica. La Figura 5.15 riporta alcune versioni ingrandite delle miniature del pannello Livelli. 1. Per il livello Saturazione, ho scelto un colore verde per contrassegnare le zone nelle quali aumenta la saturazione dei colori. È possibile dipingere il livello con un colore qualsiasi completamente saturato perché il livello è fuso con quello sottostante basandosi unicamente sulla saturazione dei colori. Notate che il livello ha anche delle zone che sono state dipinte in grigio. Colore completamente desaturato, il grigio riduce la saturazione dei colori del livello sottostante.

206  Capitolo 5

Figura 5.14  Correzioni basate sui parametri Saturazione (a sinistra) e Colore (a destra).

L’immagine prima della correzione

L’immagine dopo la correzione della saturazione

L’immagine dopo la correzione della saturazione e dei colori

Figura 5.15  L’immagine prima e dopo la correzione.

2. Per rendere invisibile la griglia di trasparenza del livello e per evitare eventuali problemi durante la stampa dell’immagine, ho selezionato l’opzione Nessuna nel menu Dimensione griglia della sezione Trasparenza e gamma delle Preferenze di Photoshop. L’uso di un semplice livello per aumentare o ridurre la saturazione di alcuni colori è piuttosto agevole. Per riprodurre un effetto simile con dei livelli di regolazione sarebbe necessario manipolare due livelli di regolazione distinti, uno per aumentare e l’altro per ridurre la saturazione dei colori. Il metodo di fusione del livello Colore modifica esclusivamente il colore (e quindi anche la tinta e la saturazione) del livello sottostante. In questo esempio volevo una tinta più fredda per le ombre. La Figura 5.15 mostra alcuni particolari dell’immagine prima e dopo la correzione. Per quanto lievi, i miglioramenti apportati dai due livelli sono significativi. In effetti, prima della correzione alcune parti dell’immagine mancavano un po’ di saturazione, ed è stato agevole ritoccarle con il pennello, usato anche per raffreddare i colori nelle altre zone.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  207

La magia dei metodi di fusione I metodi di fusione di Photoshop determinano il modo in cui i colori di un livello vengono fusi con quelli di un livello sottostante. Per comprenderne il funzionamento, è indispensabile familiarizzare con tre termini. ●● Colore di base: il colore e la tonalità del livello sottostante. ●●

Colore di fusione: il colore e la tonalità del livello da fondere.

●●

Colore risultante: il colore e la tonalità prodotti dalla fusione dei due livelli.

Photoshop propone 27 metodi di fusione diversi, ma io ne utilizzo solo una piccola parte. Qui vi illustrerò i più utili per il ritocco. La Figura 5.16 mostra l’insieme delle opzioni del menu del pannello Livelli di Photoshop, che sono le stesse contenute nei menu degli strumenti Pennello, Timbro clone e Pennello storia. Di seguito elenco quelli che utilizzo più di frequente. ●● Normale: è il metodo predefinito. Il colore di fusione corrisponde a quello risultante. ●●

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Figura 5.16  Il menu del pannello Livelli.

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Scurisci: analizza i colori dei due livelli e sceglie il più scuro tra i colori di base e di fusione. I colori più chiari di quello di base vengono sostituiti, mentre quelli più scuri non vengono modificati. Dissolvi: analizza i colori dei due livelli e moltiplica il colore di base per quello di fusione. Il colore risultante è sempre più scuro, a meno che il colore di fusione non contenga del bianco.  olore più scuro: analizza i colori dei due livelli e scuC risce il colore di base per far sì che corrisponda a quello di fusione, grazie a un aumento del contrasto. Se il livello superiore è riempito completamente di bianco, l’immagine non viene modificata. Schiarisci: analizza i colori dei due livelli e sceglie il più scuro tra quelli di base e di fusione. I colori più scuri di quello di base vengono sostituiti, mentre quelli più chiari non vengono modificati. Scolora: analizza i colori dei due livelli e moltiplica il colore di base per l’opposto del colore di fusione. Il colore risultante è sempre più chiaro, a meno che il colore di fusione non contenga del nero. L’effetto è analogo a quello della proiezione di più diapositive sovrapposte.

Colore brucia: analizza i colori dei due livelli e schiarisce quello di base per far sì che corrisponda a quello di fusione, grazie a una riduzione del contrasto. Se il livello superiore è riempito completamente di nero, l’immagine non viene modificata. Sovrapponi: utilizza il metodo Dissolvi o Scolora a seconda del colore di base. Le strutture o i colori si sovrappongono ai pixel del livello sottostante, mantenen-

208  Capitolo 5

done però le alte luci e le ombre. Il colore di base non viene sostituito ma mescolato con il colore di fusione per riprodurre la luminosità del colore d’origine. ●●

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Luce soffusa: variante del metodo Sovrapponi, schiarisce o scurisce i colori a seconda del colore di fusione. Se il colore di fusione è più chiaro del grigio medio, viene schiarito; se è più scuro, viene scurito. L’effetto è meno pronunciato di quello del metodo Sovrapponi. Luce intensa: variante del metodo Sovrapponi, schiarisce o scurisce i colori a seconda del colore di fusione. Se il colore di fusione è più chiaro del grigio medio, viene schiarito; se è più scuro, viene scurito. L’effetto è più pronunciato di quello del metodo Sovrapponi. Luce vivida: scurisce o schiarisce i colori aumentando o riducendo il contrasto a seconda del colore di base. Se questo è più chiaro del grigio medio, viene schiarito con una diminuzione del contrasto; se è più scuro, viene scurito con un aumento del contrasto. Luce lineare: scurisce o schiarisce i colori aumentando o riducendo il contrasto a seconda del colore di base. Se questo è più chiaro del grigio medio, viene schiarito con un aumento del contrasto; se è più scuro, viene scurito con una diminuzione del contrasto. Luce per punti: sostituisce i colori in base al colore di fusione. Se questo è più chiaro del grigio medio, i colori più scuri del colore di fusione vengono sostituiti, mentre quelli più chiari non vengono modificati. Se il colore di fusione è più scuro del grigio medio, i colori più chiari del colore di fusione vengono sostituiti, mentre quelli più scuri non vengono modificati Sovrapponi colori: il colore risultante eredita luminosità e saturazione del colore di base, oltre alla tinta del colore di fusione. Saturazione: il colore risultante eredita luminosità e saturazione del colore di base, oltre alla saturazione del colore di fusione. Colore: il colore risultante eredita luminosità e saturazione del colore di base, oltre alla tinta e alla saturazione del colore di fusione. Luminosità: il colore risultante eredita la tinta e la saturazione del colore di base, oltre alla luminosità del colore di fusione.

Il modo più semplice per comprendere i metodi di fusione è utilizzarli. Se non volete provarli tutti, vi suggerisco di concentrarvi su Dissolvi, Scolora, Sovrapponi, Luce soffusa, Sovrapponi colori, Saturazione, Colore e Luminosità.

Correzione dei margini bianchi La fusione dei colori complementari nell’obiettivo produce spesso dei margini bianchi. Il problema non è specifico della fotografia digitale, ma viene spesso esacerbato dall’accentuazione dei contorni (con la pellicola il fenomeno era meno fastidioso).

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  209

L’immagine d’esempio nella Figura 5.17 mostra un alone bianco lungo i contorni che separano le rocce arancioni dal cielo blu, e questo anche dopo aver selezionato le impostazioni di contrasto nel pannello Dettagli di Lightroom e una maschera dei contorni durante la procedura di contrasto progressivo. L’unico modo per far sparire il difetto è utilizzare lo strumento Timbro clone.

L’immagine visualizzata in Lightroom al 400% con il contrasto disattivato

La selezione attiva e il cursore dello strumento Timbro clone

L’immagine dopo la correzione del margine bianco

Figura 5.17  Prima e dopo la correzione del margine bianco; particolari ingranditi al 400%.

Si potrebbe pensare che i margini bianchi derivino da un contrasto eccessivo; per dimostrarvi il contrario, ho aggiunto nella Figura 5.17 una schermata che mostra l’immagine in Lightroom una volta che il contrasto è stato disattivato. Si tratta di un fenomeno frequente che si genera quando due colori complementari si sovrappongono, per esempio il magenta e il verde o il rosso e il ciano. Il fenomeno non riguarda però solo i colori primari prodotti dalle sintesi additiva e sottrattiva. Qui il margine bianco è visibile tutto attorno ai contorni che separano le rocce arancioni dal cielo blu. 1. Per iniziare ho invertito la selezione del cielo per proteggere le rocce. 2. In seguito ho utilizzato lo strumento Timbro clone per eliminare la linea bianca.

210  Capitolo 5

L’operazione è lunga e laboriosa, ma il risultato è convincente. La Figura 5.18 mostra l’immagine corretta. (Sottolineo che riservo questo tipo di manipolazioni solo alle immagini che lo meritano davvero.)

Figura 5.18  L’immagine finale delle Courthouse Towers.

Ritoccare le immagini Agli inizi della mia carriera di fotografo pubblicitario, la mia capacità di consegnare un lavoro “perfetto” era nota e apprezzata. Ma questo era molto prima dell’avvento di Photoshop, che ha trasformato in profondità la pratica fotografica. Oggi i fotografi non hanno più bisogno di passare ore o giornate intere a preparare i prodotti da fotografare o a posizionare in modo più che perfetto i f lash e gli accessori per lo scatto. È sufficiente lavorare con quello di cui si dispone e poi passare a ritoccare le immagini in Photoshop. Photoshop offre numerosi strumenti utili che rendono il ritocco piuttosto facile. Nondimeno, è importante sapere fin dove ci si può spingere nel perfezionamento: dipende se siete fotografi professionisti o amatori. Personalmente lavoro solo per il mio piacere, e i miei ritocchi mirano soprattutto a eliminare delle imperfezioni e a migliorare la resa delle immagini conservandone l’aspetto naturale. Non pretendo di raggiungere la perfezione estrema; punto piuttosto a sublimare la realtà. Per l’esempio della Figura 5.19 ho utilizzato la foto del violoncello di mia figlia, uno strumento preso a noleggio che è un po’ rovinato da graffi e incisioni.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  211

L’immagine prima del ritocco visualizzata in Lightroom con le correzioni dello strumento Regolazione mirata

L’immagine finalizzata

La pila di livelli del gruppo Ritocchi

La pila di livelli del gruppo Regolazioni toni e colori

Figura 5.19  L’immagine prima e dopo il ritocco in Photoshop.

212  Capitolo 5

Ho iniziato il ritocco in Lightroom con l’aiuto dello strumento Regolazione mirata, che si è rivelato ideale per correggere alcuni problemi (macchie sul sensore, polvere e piccole imperfezioni), ma non è stato sufficiente. Photoshop mi ha consentito di far sparire i graffi, di riparare la corda rovinata, di rimuovere il supporto del violoncello e di ridurre la luminosità di alcune parti dello strumento e del fondo (niente male come programma!). Vi mostro i livelli per spiegarvi come li organizzo all’interno della pila. Quando ritocco i pixel di un’immagine, posiziono i livelli di ritocco in basso per evitare che i loro effetti si mescolino con quelli dei livelli di regolazione, posti più sopra e usati per lavorare sulla tonalità e i colori. Quando opto per Pennello correttivo o Timbro clone, seleziono quasi sempre l’opzione di campionamento Attuale e sotto per vincolare i ritocchi ai livelli attivi e sottostanti. Se posizionate alcuni livelli di regolazione tra dei livelli di ritocco, i loro effetti si ripercuoteranno su questi ultimi, modificando anche i dettagli ritoccati. Ovviamente in Photoshop c’è un’opzione che consente di ignorare i livelli di regolazione, ma occorre procedere a un’attivazione o disattivazione manuale. È molto più semplice impostare un’organizzazione che posiziona i livelli di ritocco in basso e quelli di regolazione in cima alla pila.

Strumenti Pennello correttivo e Timbro clone Personalmente tendo a lavorare in modo intercambiabile sia con Pennello correttivo sia con Timbro clone, a meno di casi specifici. ●●

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Lo strumento Pennello correttivo preleva la texture da una zona di origine e la fonde con il colore e la luminosità della zona situata sotto il cursore dello strumento. Inoltre analizza le zone poste all’esterno del cursore; la presenza di aree più scure o più chiare tende a produrre risultati insoddisfacenti. In questo caso preferisco utilizzare lo strumento Timbro clone, evitando diametri troppo grandi e bordi sfocati per non trasformare la zona da riparare in una poltiglia di pixel. Spesso uso gli strumenti uno dopo l’altro: prima Timbro clone per ritoccare le zone vicino a un contorno problematico per lo strumento Pennello correttivo, e poi quest’ultimo per correggere eventuali difetti di texture provocati dall’uso del primo filtro.

La Figura 5.20 mostra la zona in basso del violoncello che ho ritoccato per togliere il treppiede di sostegno (ingrandimento al 100%). 1. Ho cominciato a ritoccare le aree immediatamente sotto il violoncello con lo strumento Timbro clone per riparare il bordo dello strumento, troppo delicato da correggere con Pennello correttivo.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  213

Prima del ritocco

Dopo il ritocco

Figura 5.20  Particolare dell’immagine prima e dopo il ritocco effettuato con l’aiuto degli strumenti Timbro clone e Pennello correttivo.

2. A seguire, ho utilizzato lo strumento Pennello correttivo per eliminare quello che rimaneva del treppiede. Finalmente una soluzione rapida e facile. 3. Avevo anche bisogno di correggere un’area situata sotto il capotasto. Per farlo, ho ingrandito l’immagine al 200% e ho selezionato lo strumento Pennello correttivo per prelevare la texture da una zona d’origine premendo il tasto Alt/Opt mentre facevo clic. 4. Per finire ho spostato il correttore lungo la corda. Potete visualizzare in anteprima gli effetti: quando rilasciate il pulsante del mouse i pixel della zona d’origine vengono fusi con quelli della zona di destinazione. Quando uso lo strumento Pennello correttivo, seleziono un’area che contiene delle informazioni ottimali a partire dalle quali poter riparare la zona di destinazione. La Figura 5.21 mostra la selezione dell’origine, l’anteprima di un allineamento errato, l’allineamento corretto e il risultato finale.

Definizione della zona d’origine

Allineamento errato

Allineamento corretto

Risultato della riparazione

Figura 5.21  Scelta della zona d’origine, anteprima dell’allineamento e zona di destinazione corretta.

214  Capitolo 5

Copiare e incollare i ritocchi A volte, l’uso degli strumenti Timbro clone e Pennello correttivo non è molto efficace. Qui il metodo più semplice per riparare la corda sfilacciata è consistito nel copiare una parte dell’immagine, collocarla su un nuovo livello e poi spostare il livello in modo da coprire l’area da correggere. La Figura 5.22 mostra due particolari dell’immagine prima e dopo la correzione.

Prima della correzione, la zona da copiare è stata selezionata con lo strumento Selezione rettangolare

Dopo la correzione, la zona copiata copre la zona da riparare

Figura 5.22  Prima e dopo la correzione della corda sfilacciata.

1. Ho cominciato con il selezionare con lo strumento Selezione rettangolare la zona da far scivolare sulla corda sfilacciata (immagine “prima”). 2. In seguito ho incollato questa zona su un livello per coprire la zona da riparare. 3. Sebbene abbia usato lo strumento Pennello correttivo per ripulire gli ultimi fili rossi, la riparazione si è dimostrata piuttosto efficace. Notate che è stato importante scegliere una zona sufficientemente ampia per far sì che il rivestimento delle corde avesse una lunghezza equivalente. Tuttavia, ho dovuto prima applicare un contorno progressivo alla selezione per ottenere una fusione omogenea. Evitate di scegliere un contorno troppo grande per la sezione; qui un valore di 0,8 pixel ha prodotto una transizione fluida tra la zona copiata e quella da riparare. La mia intenzione era anche quella di correggere la luminosità troppo pronunciata della zona uniforme, situata in basso nel violoncello. Avrei dovuto agire in Lightroom, con l’aiuto di Pennello di regolazione, ma non avevo notato la sovraesposizione prima di procedere al ritocco del treppiede in Photoshop. Poiché avevo già iniziato a lavorare sull’immagine, l’idea di dover ricominciare daccapo non mi entusiasmava. D’altra parte, era possibile tornare indietro e

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  215

correggere quella piccola zona in Lightroom. Sarebbe bastato aprire l’immagine modificata in Photoshop e copiare e incollare la parte corretta del supporto nell’immagine ritoccata. La Figura 5.23 mostra l’immagine prima e dopo la procedura di copia e incolla.

Prima

Dopo

Figura 5.23  Copia e incolla partendo da una seconda versione dell’immagine.

1. In Lightroom, ho utilizzato i cursori Luci e Bianchi per recuperare dei dettagli nelle alte luci della parte metallica. La correzione ha scurito leggermente il legno del violoncello, che mi sembrava troppo chiaro. 2. Ho aperto l’immagine una seconda volta in Photoshop, poi ho selezionato la zona corretta con l’aiuto dello strumento Selezione rettangolare. 3. Con lo strumento Sposta, ho trascinato la selezione sull’immagine d’origine, premendo al contempo il tasto Maiusc per allineare la nuova immagine a quella sottostante. 4. Ho utilizzato una maschera di fusione per combinare le due immagini. (A essere sinceri, in realtà ho fatto un trascina e rilascia, e non una copia e incolla; le due tecniche sono molto simili, ma non del tutto.)

Dipingere dei ritocchi Alcuni tipi di ritocco sono davvero difficili da ottenere con gli strumenti Timbro clone e Pennello correttivo o con il copia e incolla. Per esempio, le zone curve sono molto complesse da correggere. Il modo migliore per intervenire su questi difetti è dipingerli con lo strumento Pennello. Nel nostro esempio, uno dei bordi della effe destra del violoncello presentava un rif lesso poco estetico. Non sapevo se fosse dovuto a una finitura dello strumento o a un oggetto che bloccava la luce, ma si vedeva.

216  Capitolo 5

1. Per correggere il riflesso, ho dapprima creato un nuovo livello vuoto. 2. Ho utilizzato lo strumento Penna per disegnare un tracciato attorno alla zona da correggere. 3. Dopo aver disegnato il segmento del tracciato (non è stato necessario disegnarne uno completo), ho selezionato una dimensione per il pennello di 2 pixel e ho prelevato un colore nella parte chiara della effe. 4. Con il tracciato attivo, ho selezionato l’opzione Traccia tracciato nel menu del pannello Tracciati e poi lo strumento Pennello nella finestra degli strumenti. 5. In genere utilizzo un’opacità bassa per il pennello e applico più volte lo strumento per ottenere il risultato finale. Qui l’opacità era al 10%, e ho aumentato le dimensioni del pennello per ampliare la larghezza del riflesso. 6. Ho utilizzato lo strumento Gomma per attenuare leggermente la parte inferiore della zona dipinta. 7. L’ultimo passaggio è stata l’aggiunta di un lieve disturbo per evitare che le zone ritoccate apparissero troppo lisce. Ho applicato il filtro Aggiungi disturbo a un valore di 4% per il parametro Quantità, una distribuzione uniforme e una texture monocromatica per la grana.

L’immagine prima del ritocco

L’immagine che visualizza il tracciato

L’immagine dopo le pennellate

Figura 5.24  Uso dello strumento Pennello per il ritocco.

Utilizzare dei tracciati per fare delle selezioni Molti fotografi evitano l’uso dei tracciati per effettuare le selezioni, ed è un peccato, perché così rinunciano a una tecnica di precisione. Personalmente ricorro ai tracciati per ridurre il peso dei miei file. Ai tempi delle prime versioni di Photoshop, la RAM dei computer era ridottissima; per esempio, il mio primo Mac Quadra 950 aveva solo 64 MB. Laddove ogni nuovo livello o canale aumenta significativamente il peso di un file, il peso di un tracciato è trascurabile, poiché aggiunge solo qualche kilobyte a quello del file.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  217

Un altro argomento a favore dei tracciati è la loro grande accuratezza, inferiore al pixel; è infatti possibile determinarne con precisione la posizione, a condizione di utilizzare un buon ingrandimento. L’uso dei tracciati con segmenti curvi è piuttosto semplice. 1. Fate clic e trascinate il mouse per dare ai tracciati l’orientamento desiderato. 2. Fate nuovamente clic per posizionare il segmento successivo. 3. Premete il tasto Ctrl/Cmd per far comparire delle direttrici. In seguito potrete riposizionare la curva o il punto di ancoraggio. Premendo il tasto Alt/Opt, potete modificare la direzione di una sola direttrice. Una volta terminato il tracciato, è possibile cambiare la posizione dei singoli punti di ancoraggio. Se selezionate la casella +/– auto nelle opzioni dello strumento Penna, potete fare clic per aggiungere o rimuovere i punti di ancoraggio. Vi suggerisco vivamente di attivare l’opzione Banda elastica; facilita l’uso dei tracciati visualizzandone i segmenti mentre li state creando.

Figura 5.25  L’opzione Banda elastica delle opzioni dello strumento Penna.

Per apportare gli ultimi ritocchi all’immagine del violoncello avevo bisogno di creare dei livelli di regolazione per correggere i toni e i colori dello strumento. Il lavoro maggiore era quello di scurire lo sfondo a sinistra e desaturare lo sfondo a destra del violoncello. 1. Per iniziare ho creato un tracciato che seguisse i contorni dello strumento. 2. Ho trasformato il tracciato in selezione. 3. Ho creato per ogni lato dello sfondo una versione modificata del canale alfa del contorno del violoncello. La Figura 5.19 mostra i due livelli di regolazione che ho utilizzato per ritoccare lo sfondo. 4. Oltre al livello di regolazione del tipo Curve, destinato a scurire lo sfondo a sinistra, ho creato un livello di regolazione Tonalità/saturazione per desaturare i colori sullo sfondo destro dello strumento, riuscendo a rimuovere una leggera dominante gialla. 5. Per finire, ho creato più livelli di regolazione per scurire le parti più chiare e schiarire quelle più scure del violoncello, addolcendo così l’effetto marmorizzato delle finiture.

218  Capitolo 5

6. La mia direttrice artistica (mia figlia) mi ha chiesto di non rimuovere del tutto le finiture marmorizzate per conservare il carattere del violoncello; ad ogni modo ho usato un tracciato attorno alla effe di destra per rendere più scura l’apertura.

Tracciato attorno al violoncello

Tracciato trasformato in selezione e salvato come canale alfa

Prima copia del canale alfa modificata per ritoccare il lato sinistro dello sfondo

Seconda copia del canale alfa modificata per ritoccare il lato destro

Figura 5.26  Trasformazione del tracciato in canale alfa e modifiche per creare due maschere di fusione.

Figura 5.27  L’immagine ritoccata nella sua versione finale.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  219

Assemblare più immagini Utilizzo Photoshop dal 1992 per il ritocco e il fotomontaggio. La Figura 5.28 mostra la prima immagine che ho elaborato con questo software. È una foto che illustra un’operazione di smaltimento dei rifiuti, scattata nel mio studio. Ho ritoccato l’immagine su un Mac IIci che avevo preso a noleggio, con 32 MB di RAM e un disco rigido di 80 MB. Ho lavorato su un’immagine digitale di 24 MB, e l’editing è stato terribilmente lento. Per il salvataggio c’è voluta quasi mezz’ora (e senza livelli!). Ho utilizzato Photoshop 2.01 e ho iniziato il mio lavoro un venerdì sera, terminando il lunedì successivo all’alba. Questo primo lavoro è bastato per farmi appassionare alla fotografia digitale.

Figura 5.28  Il mio primo lavoro in Photoshop, datato 15 agosto 1992.

Negli anni successivi, ho continuato a proporre dei ritocchi e dei fotomontaggi ai clienti (se volete saperne di più, visitate il mio sito web). Ma torniamo a oggi: le immagini che assemblerò nel prossimo esempio sono state scattate nel Dorset, nel sud-est dell’Inghilterra. La prima foto è stata scattata presso il Corfe Castle, nel villaggio omonimo, nel tardo pomeriggio. Ho utilizzato una fotocamera di medio formato, un dorso digitale Phase One e un obiettivo 75-150 mm. Era un’immagine interessante, ma il cielo era troppo spento, cosa insolita per quel luogo. Ho quindi deciso di aggiungere delle nuvole. Caso vuole che il mattino precedente avessi fatto una foto al faro di Portland Bill, sull’isola di Portland, con delle nuvole molto belle. Avendo usato la stessa fotocamera, le dimensioni erano identiche. La Figura 5.29 mostra le immagini d’origine (con quella del Corfe Castle leggermente ritagliata ai lati e in basso).

220  Capitolo 5

Corfe Castle

Faro di Portland Bill

Figura 5.29  Le due immagini da unire.

Creare una maschera di fusione 1. Ho utilizzato lo strumento Intervallo colori per selezionare il cielo nella foto del castello e poi per salvare la selezione sotto forma di canale alfa. Purtroppo la selezione non ha compreso solo il cielo, e ha campionato un certo numero di pixel del castello. È stato dunque necessario ripulirla. 2. Ho utilizzato lo strumento Matita per dipingere il castello di nero. Lo strumento Matita è in effetti più preciso dello strumento Pennello. 3. Ho applicato il filtro Controllo sfocatura alla maschera con un valore di 1 pixel.

Salvataggio della selezione come canale alfa

Particolare del riempimento della maschera

Maschera ripulita

Figura 5.30  Salvataggio della selezione sotto forma di canale alfa e regolazione della maschera.

Aggiungere il cielo 1. Dopo aver preparato la maschera del cielo, ho copiato e incollato l’immagine del faro su quella del castello e ho aggiornato la maschera alfa come maschera di fusione. 2. Per modificare il livello senza toccare la maschera di fusione associata, ho interrotto il loro collegamento facendo clic sull’icona situata tra i due. 3. Ho selezionato il livello e ho utilizzato il comando Trasformazione libera per regolare le dimensioni del cielo nell’immagine del faro in base a quelle della foto del castello. Grazie a Trasformazione libera, ho potuto deformare il cielo per conferirgli un effetto prospettico.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  221

Figura 5.31  Il livello svincolato dalla maschera di fusione.

4. Dopo aver posizionato il cielo in modo da rendere il faro visibile, ho fatto apparire un scorcio della Manica dietro al castello. Ho dovuto perciò dipingere con il pennello nero sulla maschera di fusione per recuperare le nuvole del livello sottostante. La Figura 5.32 mostra i due passaggi della procedura.

Uso del comando Trasformazione libera per ridimensionare il cielo

Rimozione del mare

Figura 5.32  Ridimensionamento del cielo e regolazione della maschera di fusione.

Maschere di luminanza La resa dell’immagine assemblata era già soddisfacente, ma ho voluto comunque regolare i toni e i colori del cielo con l’aiuto di una maschera di luminanza. 1. Per creare una maschera di luminanza, fate clic nel pannello Canali sul canale RGB tenendo premuto il tasto Ctrl/Cmd (o premendo la scorciatoia da tastiera Ctrl/Cmd+Alt/Opt+2). 2. Dopo aver salvato la selezione come canale alfa, ho utilizzato il comando Carica selezione per selezionare il canale del cielo, invertirlo e sottrarre da questo il castello con l’aiuto dell’opzione Sottrai dalla selezione. 3. Ho applicato un livello di regolazione Curve per schiarire il cielo e scaldarne i colori.

222  Capitolo 5

Figura 5.33  La finestra di dialogo Carica selezione e le opzioni utilizzate.

Canale Luminosità

Canale Cielo-Luminosità

Figura 5.34  I canali alfa Luminosità e Cielo-Luminosità.

4. Un canale alfa supplementare mi è servito per creare un altro livello di regolazione di tipo Curve, associato a un effetto sfumato, per scurire la parte superiore del cielo. 5. Per finire ho aggiunto un livello di regolazione di tipo Tonalità/saturazione per schiarire l’erba e uno Curve per schiarire l’immagine nel suo complesso.

Trasformazione in bianco e nero in Photoshop Camera Raw e Lightroom hanno prestazioni eccellenti quando si tratta di trasformare una foto in bianco e nero. Tuttavia hanno lo stesso difetto: la trasformazione è globale e tutti i colori vengono convertiti in bianco e nero nello stesso modo. Anche se questo metodo funziona bene con la maggior parte delle immagini, la resa finale di alcune fotografie può essere migliorata con un sistema di trasformazione più preciso. Tutte le fotocamere digitali producono immagini a colori, ciascuna con tre interpretazioni differenti. È sufficiente utilizzare le informazioni dei tre canali di colore sotto forma di livelli in scala di grigio e di fusione per cambiare il modo in cui i colori vengono trascritti nella versione in bianco e nero finale.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  223

Pannello Canali Pannello Livelli

Figura 5.35  Canali, livelli e livelli di regolazione dell’immagine finale.

Figura 5.36  L’immagine finale del Corfe Castle con l’aggiunta del cielo.

224  Capitolo 5

È un’operazione facile, soprattutto se registrate i vari passaggi in uno script che potete eseguire con un semplice clic del mouse. 1. Partendo da Lightroom o Camera Raw, aprite l’immagine a colori in Photoshop. 2. Selezionate il comando Duplica dal menu Immagine di Photoshop per creare una copia del vostro originale. 3. Selezionate l’originale e poi il comando Scala di grigio dal menu a discesa Metodo. 4. Se è la prima volta che convertite un’immagine a colori in scala di grigio, vedrete apparire un messaggio che vi chiede se volete rimuovere le informazioni di colore. Fate clic su OK per confermare e poi su Non mostrare più per non far apparire più questa finestra. Ora il vostro originale è in scala di grigio e la copia sempre a colori.

Copia a colori

L’originale convertito in scala di grigio

Il pannello Canali dell’immagine a colori

Il pannello Canali dell’immagine in scala di grigio

Figura 5.37  Conversione dell’immagine a colori in scala di grigio, con la copia ancora a colori.

Di default, la conversione in scala di grigio di Photoshop mescola il 30% delle informazioni del canale Rosso con il 60% del canale Verde e il 10% del canale Blu. (Questo parametro si basa sulle prove di Thomas Knoll.) La percentuale esatta varia a seconda dello spazio di lavoro che avete scelto per le immagini RGB e in scala di grigio nella finestra di dialogo Colore di Photoshop.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  225

Personalmente uso ProPhoto RGB per le immagini a colori e Gray Gamma 1,8 per quelle in scala di grigio, dove quest’ultimo garantisce una corrispondenza con la gamma di ProPhoto RGB. 1. Selezionate il canale Rosso dell’immagine a colori e copiatelo negli Appunti. 2. Selezionate l’immagine in scala di grigio e incollate il canale Rosso dagli Appunti. Incollerete le informazioni del canale Rosso sotto forma di livello in scala di grigio con i valori di luminanza del canale Rosso. 3. Continuate con gli altri canali dell’immagine a colori per copiare e incollare le informazioni dei canali Verde e Blu in livelli in scala di grigio. Io procedo nell’ordine rosso-verde-blu, sebbene non sia molto importante, considerato che più tardi aggiungerete delle maschere di fusione per ottenere una miscela ottimale delle informazioni di colore.

Il pannello Canali dell’immagine a colori con il canale Rosso selezionato

L’immagine in scala di grigio con il canale Rosso

Risultato del copia e incolla del canale Rosso

Figura 5.38  Copiare e incollare il canale Rosso nell’immagine in scala di grigio.

La Figura 5.39 mostra la pila dei livelli dell’immagine in scala di grigio, con delle maschere di fusione opache e la modifica dei livelli per la fusione delle informazioni di colore.

226  Capitolo 5

La palette Livelli con delle maschere di fusione

La palette Livelli dopo il ritocco delle maschere di fusione

Figura 5.39  L’immagine in scala di grigio prima e dopo il ritocco delle maschere di fusione.

Senza dubbio vorrete conoscere la ragione per cui ho conservato l’immagine coperta in Photoshop. Il comando Intervallo colori funziona molto meglio con le immagini a colori che non con quelle in scala di grigio. Trasferendo delle selezioni dalle prime alle seconde tenendo premuto il tasto Maiusc per ottenere una sovrapposizione perfetta (ricordiamo che le due foto hanno le stesse dimensioni), potete applicare le selezioni dell’immagine a colori alle maschere di fusione dell’immagine in scala di grigio. La Figura 5.40 illustra la procedura. Grazie alle maschere di fusione, sono riuscito a mescolare le informazioni di colore dei canali Rosso, Verde e Blu in modo da produrre una trasformazione in bianco e nero perfetta. Potete anche andare oltre convertendo l’immagine a colori in modalità Lab e poi copiando il canale Luminosità nell’immagine in scala di grigio. Tuttavia, sappiate che non sono mai riuscito a ottenere dei risultati soddisfacenti partendo dai canali CMYK. Vale la pena seguire questa procedura? Giudicate voi: la Figura 5.41 mostra il risultato dell’impilamento di diversi canali di colore e in scala di grigio e l’aggiunta delle maschere di livello destinate a ottimizzare la resa finale.

Utilizzare Photomerge per creare un’immagine panoramica Sebbene esistano dei software la cui specialità è la realizzazione di panoramiche, il modulo Photomerge di Photoshop si rivela all’altezza quando si tratta di assemblare più immagini in un panorama. Questo però non vi dispensa dal preparare al meglio lo scatto.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  227

Selezione attiva

Lo strumento Intervallo colori seleziona qui i fiori blu Dopo il trasferimento della selezione e le correzioni con il pennello per rivelare le informazioni nel canale Blu

Figura 5.40  Selezione di un colore con l’aiuto dello strumento Intervallo colori e trascina e rilascia della selezione sull’immagine in scala di grigio.

Conversione in scala di grigio

Livello di base fuso con il livello rosso

Livello di base fuso con i livelli rosso e verde

Livello di base fuso con i livelli rosso, verde e blu

Figura 5.41  Confronto della fusione dei livelli rosso, verde e blu con il livello di base.

228  Capitolo 5

Per consentire a Photomerge di assemblare correttamente una serie di immagini scattate a mano libera, potete pensare di investire in una testa panoramica che vi consenta di porre sempre il centro ottico dell’obiettivo sopra l’asse di rotazione del foro di fissaggio. Centro ottico e punto nodale Il centro ottico viene spesso erroneamente chiamato punto nodale. In effetti è il punto di rotazione ideale per ottenere dei raccordi perfetti tra le diverse viste di un panorama. Il centro ottico è l’immagine geometrica virtuale del diaframma più piccolo delle lenti che si trovano sulla parte frontale di quest’ultimo. Per ridurre gli effetti di parallasse, conviene girare l’obiettivo attorno al suo centro ottico, che non corrisponde al punto nodale se l’obiettivo ha una formula simmetrica. In un obiettivo a focale variabile, il centro ottico si sposta in base alla focale scelta, mentre in un grandangolo si situa in genere nei pressi della lente frontale. Se intendete praticare seriamente la fotografia panoramica, date un’occhiata alle teste del produttore GigaPan (http://www.gigapan.com), che permettono di automatizzare l’acquisizione di più immagini destinate a essere assemblate.

La chiave del successo delle panoramiche sta nel sovrapporre del 20-30% le viste in modo da facilitare il lavoro di assemblaggio del software. Personalmente prediligo le inquadrature in verticale per semplificare la correzione della distorsione, e tendo a utilizzare degli obiettivi con focali un po’ più lunghe che non producano tante deformazioni quanto quelle dei grandangoli, le cui immagini sono più difficili da unire. Per il prossimo esempio ho scelto tre immagini inquadrate orizzontalmente. La distorsione necessita tuttavia di poche correzioni, grazie all’uso di una fotocamera di medio formato Phase One 645DF, di un dorso digitale P65+ e di un obiettivo a focale standard di 75 mm. Ho scattato questa serie di foto al castello di Eilean Donan, situato su un’isoletta del Loch Duich, vicino al villaggio di Dornie, nelle Highlands scozzesi.

Figura 5.42  Le tre foto del castello selezionate nel modulo Libreria di Lightroom.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  229

1. Per lo scatto, ho selezionato la modalità di esposizione Manuale per evitare un’eccessiva eterogeneità tra le pose in termini di tonalità e colori. 2. Per preparare la fusione delle immagini in Photoshop, ho utilizzato la funzione Sincronizza per armonizzare i parametri di sviluppo delle tre immagini. 3. Ho selezionato le tre immagini e poi il comando Modifica in > Unisci come panorama in Photoshop per aprirle in Photoshop. Lo stesso comando è disponibile anche in Bridge (Strumenti > Photoshop > Photomerge).

Figura 5.43  La finestra di dialogo del modulo Photomerge.

La finestra di dialogo Photomerge contiene diverse opzioni per l’assemblaggio delle immagini. Secondo la mia esperienza, in molti casi l’opzione Automatico svolge un buon lavoro, ma in altri produce delle aberrazioni. L’opzione Cilindrico, utilizzata qui, mi ha dato sempre grandi soddisfazioni. Ho selezionato anche la fusione automatica (Fondi le immagini) e la correzione automatica della vignettatura (Rimozione vignettatura) e della distorsione (Correzione distorsione geometrica).

230  Capitolo 5

La Figura 5.44 mostra la panoramica assemblata. Le tre immagini sono sovrapposte le une alle altre su dei livelli parzialmente mascherati con l’aiuto delle maschere di fusione.

L’immagine assemblata

La pila dei livelli fusi e parzialmente mascherati

Figura 5.44  L’immagine assemblata con Photomerge.

L’immagine fusa presenta ancora una leggera distorsione. 1. Per correggerla, ho selezionato il comando Distorci dal menu Modifica > Trasforma, ma prima di ricorrervi mi sono servito di una piccola astuzia per riunire i tre livelli e le loro maschere in un unico file. 2. Per iniziare ho selezionato i tre livelli. 3. Li ho convertiti in un solo oggetto avanzato (Livello > Oggetti avanzati > Converti in oggetto avanzato). Questa conversione mi ha permesso di continuare a modificare i livelli e le maschere a mio piacimento. La Figura 5.45 mostra il risultato della conversione dei tre livelli in un unico oggetto avanzato e l’immagine in via di correzione con il comando Distorci.

Distorsione dell’oggetto avanzato per correggere la deformazione

Conversione dei tre livelli in un solo oggetto avanzato

Figura 5.45  Trasformazione dell’oggetto avanzato attraverso il comando Distorci.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  231

Il comando Distorci consente di recuperare i bordi dell’immagine che sono stati deformati da Photomerge. Potete utilizzarlo anche per correggere un effetto dal basso verso l’alto o opposto e altri difetti prospettici. La deformazione non viene applicata all’oggetto avanzato finché i singoli livelli e le maschere di fusione non sono stati modificati. L’uso degli oggetti dinamici introduce alcuni vincoli, ma c’è un modo per aggirarli. Prendiamo per esempio la correzione selettiva dei cespugli, schiariti da f lash potenti. 1. Ho creato un nuovo livello vuoto. 2. Con lo strumento Timbro clone ho rimosso i cespugli selezionando Attuale e sotto tra le opzioni dello strumento.

Cespugli schiariti dai flash

Rimozione dei cespugli con lo strumento Timbro clone

Figura 5.46  Ritocco selettivo dei cespugli con Timbro clone.

L’immagine finale ha 16.574 × 6.905 pixel, che corrispondono a una dimensione di 116,8 × 48,3 cm a 360 ppp. È un po’ bizzarro che io continui a fondere immagini di 60 megapixel (e anche di 80 megapixel con l’IQ180), considerato che ho scelto dei dorsi digitali per ottenere foto con una risoluzione superiore a quella delle ref lex… Peccato non sia stato autorizzato a riprodurre questa immagine sotto forma di un dépliant di otto pagine!

Figura 5.47  L’immagine finale.

232  Capitolo 5

Utilizzare HDR Pro Se la gamma di contrasto del vostro soggetto è superiore alla gamma dinamica del sensore della fotocamera, potete decidere di conservare i dettagli nelle alte luci e nelle ombre oppure di generare un’immagine con una gamma dinamica estesa a partire da più immagini scattate in serie (bracketing). Per produrre l’immagine finale della Figura 5.51 ho scattato due foto di una sala del ristorante Mulberry Tree (situato alla periferia sud-ovest di Londra). Notate che mi sono limitato a due immagini invece che fare una serie di scatti con esposizioni diverse, passaggio che in genere è imprescindibile quando si vuole ottenere un risultato finale di qualità. Camera, Lightroom e le immagini TIFF a 32 bit La compatibilità del formati TIFF a 32 bit a virgola mobile è stata introdotta in occasione del rilascio di Lightroom 4.1 e di Camera Raw 7.1.

Invece di ricorrere agli strumenti del modulo HDR Pro, ho salvato l’immagine fusa nel formato TIFF a 32 bit a virgola mobile per effettuare in seguito la mappatura dei toni nel modulo Sviluppo di Lightroom. Uno scarto di esposizione tra le immagini di soli 2 EV basterà per aumentare la gamma dinamica del sensore, che passa da 13,6 a 15,6 EV (consultate la finestra di dialogo del modulo HDR Pro nella Figura 5.48 per verificarlo). Eric Chan, uno dei responsabili del team di sviluppo di Camera Raw, mi ha spiegato che gli algoritmi all’origine delle nuove routine di sviluppo della Versione elaborazione 2012 sono state inizialmente concepite per la ridistribuzione dei toni delle immagini con gamma dinamica estesa (HDR). Sebbene la priorità sia stata accordata ai file RAW, gli algoritmi in questione si prestano altrettanto bene alla correzione delle immagini HDR, e questo senza uscire da Camera Raw e Lightroom. Secondo Eric Chan, Camera Raw e Lightroom si distinguono dalla maggior parte dei software HDR per la loro capacità di produrre dei risultati eccellenti senza che sia necessario scattare più immagini in serie. Così, se la differenza tra la gamma di contrasto del soggetto e la gamma dinamica della fotocamera è inferiore a due o tre EV, sarà sufficiente scattare due o tre foto per cogliere tutte le sfumature della scena. Se scattate più di tre immagini, selezionate preferibilmente un intervallo di uno o, meglio, due EV tra due esposizioni per coprire tutto l’intervallo di contrasto del soggetto.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  233

1. Nella finestra di dialogo Unisci come HDR Pro, selezionate l’opzione 32 bit nel menu Metodo per disattivare le altre opzioni. Sebbene sia possibile spostare il cursore che mostra l’esposizione in anteprima, questo non avrà alcun effetto sulla resa dell’immagine fusa. Immagini d’origine selezionate in Lightroom

La finestra di dialogo del modulo HDR Pro

Figura 5.48  Fusione HDR Pro.

Compatibilità dei formati HDR Per quanto esistano altri formati di salvataggio per le immagini con una gamma dinamica molto estesa (OpenEXR, Radiance o PSD), Camera Raw e Lightroom accettano solo i file precedentemente salvati nel formato TIFF a 32 bit a virgola mobile. Ricordate quindi di convertire i vostri file HDR in questo formato per aprirli nei due software.

234  Capitolo 5

2. Le opzioni di salvataggio di Photoshop di un’immagine a 32 bit per canale non sono uguali a quelle di una a 8 o 16 bit per canale. Potete scegliere tra tre impostazioni diverse per la profondità di canale: 16 bit (Half), 24  bit (FP24) e 32 bit (Float). Per disporre di un minimo di informazioni nei toni estremi, vi suggerisco di usare il formato a 32 bit per canale a virgola mobile (32 bit (Float)). Certo, il file peserà il doppio di uno a 24 bit per canale, ma la qualità ne guadagnerà.

Figura 5.49  Opzioni di Photoshop per il salvataggio di un file a 32 bit per canale.

3. Dopo aver salvato l’immagine fusa in Photoshop, importatela in Lightroom o apritela in Camera Raw. 4. Utilizzate gli strumenti abituali per correggere toni e colori. All’inizio, l’immagine mi sembrava eccessivamente buia, ma è bastato spostare il cursore Esposizione perché ritrovasse la luminosità complessiva corretta. Con i file HDR, l’intervallo di correzione del cursore Esposizione (+/–10 EV) è due volte più esteso di quello dei file normali (+/–5 EV). L’immagine corretta non mostra i difetti tipici delle foto con una gamma dinamica molto estesa; i comandi di Camera Raw e Lightroom permettono infatti una ridistribuzione molto naturale dei toni. Notate che avrei potuto scurire l’esterno della vetrata con lo strumento Pennello regolazione di Lightroom, ma ho preferito conservare un ambiente luminoso.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  235

Anteprima predefinita dell’immagine HDR

L’immagine HDR dopo la correzione

Regolazioni nei pannelli Base e Curva di viraggio di Lightroom

Figura 5.50  L’immagine HDR prima e dopo la correzione in Lightroom.

Mi sono divertito a confrontare la resa dell’immagine HDR con quella dell’immagine sottoesposta; quest’ultima è stata regolata per ottenere dei toni e dei colori vicini a quelli della foto HDR. La Figura 5.51 mostra le immagini affiancate nel modulo Libreria di Lightroom (nella modalità Vista Confronto). In modalità Vista d’insieme, la resa delle due immagini è molto vicina. I nuovi algoritmi di correzione dei toni riescono a recuperare molti dettagli nelle ombre e nelle alte luci nelle foto a 16 bit per canale. È però sufficiente ingrandire le due immagini alla dimensione effettiva dei pixel (1:1) per apprezzare le differenze, soprattutto in termini di disturbo. L’uso di HDR Pro procura dei risultati decisamente migliori.

Aumentare la profondità di campo Se la chiusura del diaframma dell’obiettivo aumenta la profondità di campo, può accadere che gli effetti della diffrazione compromettano la nitidezza delle

236  Capitolo 5

Vista generale dell’immagine sottoesposta e regolata

Vista generale dell’immagine HDR corretta

Particolare ingrandito (100%) dell’immagine sottoesposta e regolata

Particolare ingrandito (100%) dell’immagine HDR corretta

Figura 5.51  Confronto tra l’immagine HDR (a destra) e quella sottoesposta e corretta (a sinistra).

immagini. In alcune condizioni, la tecnica del focus stacking, cioè la combinazione di più immagini scattate a distanze diverse di messa a fuoco, permette di ottenere una profondità di campo superiore senza produrre difetti di diffrazione. Le immagini di questo paragrafo non sono perfette da un punto di vista tecnico. Le ho scattate a mano libera con una fotocamera di medio formato Phase One 645DF e un obiettivo di 80 mm attorno al lago asciutto di Racetrack Playa, nel parco nazionale della Death Valley. La Figura 5.52 mostra tre immagini per le quali ho utilizzato diverse distanze di messa a fuoco. Purtroppo la mia Phase One non registra la distanza nei metadati EXIF, quindi non sono in grado di dirvi i valori esatti. Se però ricordo bene, ho messo a fuoco sulla roccia in primo piano, a una distanza di poco inferiore sulle rocce in secondo piano e poi sull’infinito. Non esiste un comando diretto che permetta di creare una pila di file in vista dell’aumento della profondità di campo. Si deve passare dal comando Foto > Modifica in > Apri come livelli in Photoshop dalla barra dei menu di Lightroom o dal menu contestuale.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  237

Figura 5.52  Le tre immagini di partenza selezionate in Lightroom.

Racetrack Playa Il nome Racetrack fa riferimento alle rocce che si spostano sulla superficie del lago per ragioni ancora sconosciute (nessuno è mai riuscito a vedere direttamente il fenomeno). L’ipotesi degli scienziati è che le rocce vengano spostate dal vento durante la breve stagione umida, quando questo può raggiungere velocità con punte di 145 km/h. Sia quello che sia, è un luogo che si presta a essere fotografato, e questo malgrado i 45 Km di strada dissestata da percorrere per arrivarci.

Potete accerdervi da Bridge (Strumenti > Photoshop > Carica file in livelli Photoshop). In Photoshop, le foto si aprono come una sola immagine a più livelli (un’immagine per ciascuno). Selezionate tutti i livelli e poi il comando Modifica > Allineamento automatico livelli per ottenere una sovrapposizione perfetta. Uno dei problemi del focus stacking è che la dimensione delle immagini acquisite dal sensore varia in base alla distanza di messa a fuoco. Per poterle allineare, lo strumento Allineamento automatico livelli deve prima ridimensionarle o ruotarle. Se fotografate a mano libera (come in questo caso), è quindi preferibile evitare inquadrature troppo ravvicinate per non perdere informazioni importanti. Una volta che i livelli sono allineati, il passaggio successivo è quello di utilizzare lo strumento Fusione automatica livelli. Il suo funzionamento è analogo a quello di Photomerge: gli algoritmi creano delle maschere di fusione che mescolano in modo ottimale le informazioni di immagini diverse. Purtroppo, la fusione dei livelli produce raramente dei risultati soddisfacenti. Personalmente ho provato a utilizzare dei software specializzati che danno qualcosa in più, grazie a degli algoritmi più “performanti” di quelli di Photoshop. Helicon Focus (http//www.heliconfocus.com) è un esempio eccellente di applicativo dedicato al focus stacking.

238  Capitolo 5

Caricamento delle immagini nei livelli

I livelli dopo l’allineamento

Il comando Allineamento automatico livelli

Figura 5.53  Allineamento dei livelli in Photoshop.

Seppure quanto prodotto dall’allineamento e poi dalla fusione automatici delle immagini sia accettabile, si distinguono ancora alcuni difetti nel cielo; essendo questa una zona uniforme, non dovrebbe provocare problemi all’algoritmo di fusione. Per riparare il cielo ho ritoccato sia i livelli sia le maschere di fusione. Poiché la fusione agisce non solo sulle maschere ma anche sui pixel dei livelli, la procedura per ottenere il risultato finale è stata piuttosto delicata. 1. Ho modificato il livello che contiene la parte più estesa del cielo, ovvero l’immagine con la messa a fuoco sull’infinito.

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  239

I livelli dopo la fusione automatica

Figura 5.54  Uso dello strumento di fusione automatica dei livelli.

Figura 5.55  Risultato dell’allineamento e della fusione in Photoshop.

2. Ho disattivato la maschera per visualizzare tutti i pixel del livello (Maiusc+clic sulla maschera). 3. Ho selezionato la parte imperfetta del cielo. 4. Con il comando Riempi e l’opzione In base al contenuto, ho lasciato che fosse Photoshop a correggere i difetti da lui stesso provocati.

240  Capitolo 5

Selezione della parte superiore del cielo

Selezione dopo la riparazione

Figura 5.56  Prima e dopo il riempimento in base al contenuto.

La correzione di una maschera di fusione che è stata creata con Photomerge o con Allineamento automatico livelli è spesso molto laboriosa. Bisogna trovare il livello che corrisponde alle informazioni visualizzate e riempire o dipingere la maschera di fusione con del nero o del bianco per controllare manualmente la visibilità dei livelli. Qui il ritocco è stato molto più semplice, perché, fortunatamente, la regione incriminata era limitata e uniforme. Per terminare, ho applicato alcune correzioni globali e locali all’immagine finale. 1. In Lightroom, ho aumentato il contrasto locale (Chiarezza) e la saturazione dei colori (Vividezza). 2. Ho poi utilizzato lo strumento Filtro graduato per scurire la parte superiore del cielo. Non si tratta di barare, ma di perfezionare la resa dell’immagine, a prescindere dal suo percorso in Lightroom e Photoshop e dalla quantità di lavoro necessaria. Sono certo che siete sulla mia stessa lunghezza d’onda, altrimenti non avreste acquistato questo libro…

Usare Photoshop per perfezionare i file grezzi  241

Figura 5.57  L’immagine finale ottimizzata.

Creare un flusso di lavoro efficace

6

Ci sono sicuramente più tipi di flusso di lavoro che fotografi. Uno degli aspetti più rimarchevoli dell’associazione tra Bridge, Camera Raw e Photoshop o di quella tra Lightroom e Photoshop è la loro eccezionale flessibilità in termini di flusso di lavoro, al prezzo di una complessità solo relativa. Un’azione può essere svolta in molti modi, ma quello migliore non è sempre il più evidente.

Ho invertito questa foto, scattata in una strada di San Miguel de Allende, in Messico, per valorizzare le linee formate dal marciapiede e dal canale di scolo. (Ho dovuto correggere l’orientamento dei cartelli.) Panasonic DMC-GH2, obiettivo 14‑140 mm.

244  Capitolo 6

In quest’ultimo capitolo vedremo come eseguire i passaggi principali di un f lusso di lavoro, insistendo sulle implicazioni di ciascuno. È l’aspetto tattico. Per determinare un f lusso di lavoro, occorre stabilire una strategia che precisa quando e come utilizzarlo.

Principi di un flusso di lavoro C’è un’enorme differenza tra, per esempio, il f lusso per un lavoro su commissione – con il cliente che vi guarda da sopra le spalle e vi chiede di scegliere insieme le foto – e quello che potreste implementare per l’editing di un vostro portfolio personale, con la vostra tempistica. Si tratta di due casi estremi, con un’infinita varietà di situazioni e bisogni intermedi. Non possiamo parlare per voi, perché non conosciamo le vostre esigenze né le vostre preferenze, però possiamo presentarvi le tappe per completare un’attività del f lusso di lavoro e darvi tre regole perché il vostro percorso sia efficace.

Fare le cose una volta sola Quando applicate al vostro file grezzo degli elementi come un copyright, delle informazioni sui diritti o delle parole chiave, questi metadati vengono incorporati automaticamente in tutti i file TIFF, JPEG o PSD che producete a partire dal primo. È quindi sufficiente salvarli una volta sola. Analogamente, se sfruttate al massimo le capacità di Camera Raw, molte delle vostre immagini non avranno praticamente bisogno di essere ritoccate in Photoshop dopo la conversione: potrebbe anche bastare correggere i file grezzi in Camera Raw. Il segreto di questa strategia sta nel procedere dal generale al particolare. Iniziate da quelle operazioni che possono essere effettuate sul numero massimo di immagini, poi passate ai ritocchi dettagliati su un numero più ristretto di foto. Per finire, riservate un trattamento speciale – correzioni personalizzate in Camera Raw e Photoshop, applicazione di parole chiave specifiche e così via – alle foto che lo meritano davvero.

Automatizzare L’automazione è uno strumento di sopravvivenza fondamentale, fosse anche solo per gestire la massa di dati generata da un f lusso di lavoro digitale. Gli script di Photoshop sono manifestamente delle azioni automatiche, esattamente come i modelli di metadati di Bridge e le impostazioni predefinite di Camera Raw, anche se in modo meno evidente.

Essere metodici Nel bene e nel male, i computer fanno esattamente quello che chiedete loro di fare. Quando avrete messo a fuoco una procedura che funziona, seguitela. Può

Creare un flusso di lavoro efficace  245

accadere che si verifichino situazioni che vi costringeranno a deviare dal percorso stabilito, ma sarà l’eccezione, non la regola. L’essere metodici e il seguire una procedura vi permetterà di commettere meno errori. Potrete così concentrarvi sulle decisioni da prendere sulla selezione e la correzione delle immagini.

I cinque passi di un flusso di lavoro Passo 1: trasferimento delle immagini Il trasferimento delle immagini dalla fotocamera al computer costituisce una fase cruciale del f lusso di lavoro, quindi bisogna porvi attenzione. In questa fase, le foto esistono soltanto sul supporto rimovibile dell’apparecchio; le schede Compact Flash, Secure Digital o i microdrive non sono poi molto più delicati degli altri supporti di archiviazione rimovibili, ma a questo stadio esiste solo un esemplare dell’immagine. Le regole di base elencate di seguito mi sono state sempre preziose. ●●

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Non utilizzate mai la fotocamera come lettore di schede. La maggior parte delle fotocamere può essere collegata al computer per caricare le immagini, ma è una pessima idea per due ragioni: gli apparecchi sono molto lenti nel leggere le schede e nel frattempo non potete utilizzarli per scattare altre foto. Non aprite mai un’immagine direttamente dalla scheda: questa è stata formattata per consentire la scrittura esclusivamente da parte dell’apparecchio; può essere che non accada niente se un’altra fonte esterna scrive sulla scheda, ma è un rischio. Non fatevi trovare con un solo esemplare delle vostre immagini: copiatele sempre su due dischi rigidi prima di iniziare a lavorare. Non cancellate mai le foto sulla scheda prima di aver verificato di averne una copia. Non formattate mai le vostre schede nel computer. Per questa operazione passate dalla fotocamera.

Passo 2: verifica delle immagini Se saltate questa seconda tappa, la verifica delle immagini, potreste non accorgervi che vi mancano delle foto se non quando è troppo tardi. Per quanto possibile (e so che non lo è sempre), non tocco un’immagine finché non sono certo di averne almeno due copie su un supporto diverso dalla scheda della fotocamera. Sarò paranoico, ma così non ho ancora perso una foto! Se vi prendete del tempo per contare le immagini in Bridge prima di riformattare la scheda, avrete l’opportunità di recuperare le foto qualora si verifichino dei problemi durante il trasferimento. Se sovrascrivete foto vecchie con foto nuove e se le copie sul disco non sono sfruttabili, le avrete definitivamente perse.

246  Capitolo 6

Opzione DNG

Scheda fotocamera

Plug-in Camera Raw

Stampa o output sul Web

Ritocco delle immagini

Output immagine Copia di lavorazione

Dalla fotocamera

Adobe Bridge CC

Copia di backup

Photoshop CC

Automazione con script

Acquisizione dell’immagine

Verifica

Pre-produzione

Consegna dell’immagine

Archiviazione dell’immagine

Produzione

Post-produzione

Figura 6.1  I cinque passi del flusso di lavoro con Bridge, Camera Raw e Photoshop. Opzione DNG

Scheda fotocamera

Modifica in Lightroom

Importazione in Lightroom

Dalla fotocamera

Copia di backup

Acquisizione dell’immagine

Ritocco delle immagini

Modifica in Photoshop CC

Esportazione da Lightroom

Verifica

Pre-produzione

Stampa, slideshow o output sul Web

Consegna dell’immagine

Archiviazione dell’immagine

Produzione

Post-produzione

Figura 6.2  I cinque passi del flusso di lavoro con Lightroom e Photoshop.

Se Camera Raw o Lightroom non arrivano ancora a leggere le immagini, il problema si vedrà solo nelle miniature ad alta definizione e nelle anteprime. Le prime miniature visualizzate sono quelle generate dalla fotocamera, quindi non è detto che il file grezzo sia stato letto correttamente. Per contro, le miniature ad alta definizione indicano che il file grezzo è stato letto correttamente, quindi aspettate di vederlo visualizzato prima di cancellarlo dalla scheda.

Creare un flusso di lavoro efficace  247

La Figura 6.3 mostra uno dei miei rari file danneggiati. Credo che il problema sia stato provocato dall’espulsione prematura della scheda mentre la fotocamera stava ancora scrivendo i dati.

Figura 6.3  Uno dei miei file grezzi danneggiati.

Se c’è un problema con il file grezzo, non vedrete alcuna anteprima di alta qualità, poiché il processo di visualizzazione dell’anteprima verifica l’integrità dei dati. Questa anteprima mostra per la prima volta sul computer una versione trattata dell’immagine creata dal file grezzo copiato sul disco rigido. Se si verifica un inconveniente in questa fase, controllate la seconda copia (se ne avete fatta una) oppure ritornate alla scheda di memoria della fotocamera (se non l’avete ancora formattata). Raramente i dati subiscono dei danni all’interno dell’apparecchio (anche se può succedere, soprattutto con gli scatti a raffica), quindi il primo sospetto è il lettore di schede. ●●

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Se avete un solo lettore di schede, provate a trasferire le immagini problematiche una alla volta. Se avete un secondo lettore di schede, provate a trasferire i file partendo da questo. Se il trasferimento fallisce, ricorrete all’utility fornita dal produttore di schede.

Se niente di tutto questo funziona, non vi resta che ripetere gli scatti, accettare la perdita delle foto o provare a rivolgervi a un servizio di recupero dati (soluzione molto costosa). In caso di catastrofe Se doveste trovarvi con una scheda illeggibile ma che contiene dei dati che dovete assolutamente recuperare (è un caso raro, ma può capitare se estraete la scheda dal lettore senza averla prima espulsa dal desktop di Windows o tramite il Finder di Mac OS),

248  Capitolo 6

non formattatela! La formattazione cancella definitivamente tutti i dati che potrebbe ancora contenere. I principali produttori di schede, come SanDisk e Lexar, forniscono con la scheda un’utility di recupero dati (ragione sufficiente per restare fedeli a queste marche). Prima di provare qualcos’altro, tentate con questa utility; se fallisce, ci sono alcune aziende che offrono un servizio di recupero dati (ma a un costo salato…). Una ricerca su Google con la stringa “recupero dati” vi fornirà l’elenco dei principali protagonisti del settore.

Passo 3: pre-produzione La fase di pre-produzione è quella in cui si effettua la maggior parte del lavoro, anche se non è quella che richiede più tempo. Una pre-produzione ottimale consiste nel fare il minimo del lavoro sul numero massimo di foto, così da consacrare tutto il tempo necessario alle immagini più riuscite, magari riconsiderando quelle che non avevate scelto in prima istanza. Selezione ed editing

In Lightroom, uso il pannello Sviluppo rapido del modulo Libreria per applicare delle impostazioni sommarie a tutte le immagini e facilitarne la selezione. Gli strumenti di questo pannello permettono di applicare i parametri di editing in modo relativo, mentre quelli del modulo Sviluppo di Lightroom e di Camera Raw li applicano in modo assoluto. Le regolazioni relative consentono di modificare i toni e i colori tenendo conto delle impostazioni esistenti. Nel menu Bilanciamento bianco, potete regolare il bilanciamento del bianco con l’aiuto dei due cursori Temperatura e Tinta o tramite parametri predefiniti. Il menu Predefinito salvato consente di applicare delle impostazioni di default. Classifiche a stelle ed etichette

La selezione fisica delle miniature è un modo per differenziare le foto selezionate da quelle scartate, ma è piuttosto macchinoso. Un sistema migliore consiste nell’applicare delle stelle e delle etichette, che diventano parte integrante dei metadati e che possono servire come criterio per la scelta. Personalmente preferisco le stelle alle etichette, ma fate voi. In Lightroom, uso spesso le modalità di visualizzazione Vista d’insieme e Confronto, che sono le più comode. In Bridge, potete visualizzare più immagini precedentemente selezionate nel pannello Anteprima. Per classificare le immagini ci sono due approcci principali. Il primo si basa su un sistema binario (sì/no), il secondo su un sistema in più passaggi che dà la priorità alle immagini migliori. ●●

Classificazione a una stella per una scelta semplificata: Lightroom e Bridge offrono delle scorciatoie da tastiera per una scelta binaria. In Lightroom, è suf-

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ficiente premere il tasto 1 per attribuire una stella; in Bridge, la combinazione Cmd/Ctrl+1 (o Cmd/Ctrl+E) applica una stella a tutte le foto selezionate. ●●

Classificazione a più stelle: la tecnica è uguale a quella per applicare una stella. In Lightroom, i tasti da 1 a 5 applicano da una a cinque stelle. Per rimuovere la stella di valutazione, premete il tasto 0. In Bridge, le scorciatoie da Cmd+1 a Cmd+5 (da Cmd/Ctrl+1 a Cmd/Ctrl+5) applicano da una a cinque stelle. Cmd+. (Cmd/Ctrl+.) aggiunge una stella alla classificazione, mentre Cmd+, (Cmd/Ctrl+,) la toglie. Cmd+0 (Cmd/Ctrl+0) rimuove la classificazione.

Per classificare le foto ci sono due modi: scegliete quello che preferite. ●●

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Fate una selezione iniziale contrassegnando con una stella le foto scelte, poi riprendete l’insieme delle foto contrassegnate e aggiungete una stella a quelle che lo meritano. Fate lo stesso con una terza stella. La maggior parte dei fotografi ritiene che quattro livelli di selezione siano più che sufficienti (nessuna stella, una stella, due e tre stelle), ma potete andare avanti quanto volete. Applicate tutte le classificazioni in un unico passaggio. È un metodo molto efficace se avete poche immagini da selezionare e se potete sceglierne una per confrontarla con altre, per esempio con la modalità Confronto di Lightroom.

Il primo approccio si adatta senza dubbio a un lavoro di tipo collaborativo nel quale dovete scegliere le foto migliori insieme ad altre persone. Il secondo si presta soprattutto ai progetti in cui siete voi a decidere tutto. Se classificate le foto immediatamente dopo averle scattate, il vostro giudizio sarà in qualche modo inf luenzato da quello che volevate esprimere attraverso le immagini; vi sarà dunque difficile differenziarle in base alle loro qualità tecniche ed estetiche. Vi suggeriamo quindi di utilizzare una classificazione a più stelle e, dopo qualche giorno, riprendere in mano le foto per confermare le vostre scelte o per trovare altre foto riuscite che all’inizio avevate scartato. Utilizzare delle etichette per la scelta La ragione principale per sconsigliare l’uso delle etichette è che introducono un elemento di distrazione colorato nella finestra principale di Bridge e di Lightroom. Inoltre il meccanismo delle etichette si adatta meno alla classificazione rispetto alle stelle: si capisce subito che cinque stelle valgono più di una, mentre la differenza tra giallo e verde, per esempio, non corrisponde ad alcun criterio di valore. Si può applicare uno dei primi quattro colori di etichetta con le combinazioni da Cmd+6 (Cmd/Ctrl+6) a Cmd+9 (Cmd/Ctrl+9; in Lightroom i tasti vanno da 6 a 9), ma non c’è alcun modo per indicare che una foto è migliore o peggiore di un’altra in base al colore dell’etichetta. Notate che non esiste una scorciatoia per l’etichetta viola: dovrete selezionarla dal menu Foto > Imposta etichetta colore.

250  Capitolo 6

Scelta e rinomina

Di default, Bridge sceglie le foto in base al nome del file. I nuovi file grezzi appaiono anche in ordine cronologico, poiché la fotocamera numera le immagini in successione. Potete cambiare il criterio di scelta selezionando una delle opzioni del menu Vista > Ordina di Bridge. In Lightroom, l’ordine di scelta predefinito mostra le foto in base alla data e all’ora della loro importazione. È possibile cambiare in qualsiasi momento il criterio passando dal menu Visualizza > Ordina, ma Ordine utente (un trascina e rilascia manuale delle miniature) è disponibile solo se visualizzate il contenuto di una sola cartella o di una raccolta. Se la cartella contiene delle sottocartelle, la voce Ordine utente non sarà attiva. Personalmente preferisco rinominare le cartelle piuttosto che i file. Se decidete di rinominare i file importati in Lightroom o più tardi in Bridge o Lightroom, cercate di adottare un sistema di denominazione comodo e a prova di memoria. Il mio amico Seth Resnick, che ha consacrato più impegno di chiunque all’organizzazione del suo f lusso di lavoro, usa un sistema di attribuzione dei nomi sofisticato che trasmette numerose informazioni alla prima occhiata (almeno per gli iniziati). Per esempio, Seth può prendere un file chiamato 4F3S0266.dng e ribattezzarlo 20120423STKSR3_0001.dng, che si può decifrare così: 20120423 indica la data dello scatto (23 aprile 2012), che fa sì che le foto vengano ordinate per data. STK ci dice che le foto sono destinate a uno stock e SR che sono opera di Seth Resnick. La cifra 3 indica che si tratta della terza sessione della giornata e 0001 che quella è la prima foto della serie. Seth rinomina le immagini quando le importa in Lightroom mediante un parametro predefinito. Inserire parole chiave e metadati

Il segreto dell’efficacia dell’uso delle parole chiave e dei metadati è lo stesso delle correzioni delle foto. Scegliete le immagini a cui volete applicare i medesimi interventi e trattatele tutte insieme in una volta sola. Gli unici metadati modificabili in Bridge o in Lightroom sono i dati IPTC. In caso di metadati ricorrenti, come le informazioni sul copyright, i modelli di metadati forniscono uno strumento di modifica molto pratico; idealmente, questi modelli andrebbero applicati durante l’importazione delle immagini. L’altro metodo consiste nel selezionare più immagini e poi manipolare i metadati nel pannello Metadati di Bridge o di Lightroom. Fate clic nel primo campo da modificare, immettete i vostri dati, quindi premete Tab per passare al campo successivo. Continuate così fino a inserire tutti i metadati comuni alle immagini scelte, poi premete Invio o Return per confermare. Aggiungendo parole chiave e legende alle vostre foto, ne aumentate il valore. Sebbene per alcuni questa pratica non serva a migliorare l’organizzazione del-

Creare un flusso di lavoro efficace  251

le immagini, per altri è una necessità economica. Le parole chiave servono a catalogare e classificare. Anche se queste descrizioni non rispondono sempre a domande come “chi?”, “cosa?”, “quando?” e “perché?”, seguono un sistema gerarchico abbastanza complesso. In Bridge e Lightroom, potete inserire nelle caselle di testo IPTC tutte le parole chiave che volete; badate semplicemente a separarle con delle virgole. I consigli elencati di seguito si applicano anche alle foto destinate a una banca d’immagini. ●●

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Potete utilizzare delle parole semplici o composte, e anche delle frasi intere, ma evitate i nomi espliciti, così come gli aggettivi troppo banali come “bello” o “calmo”. In linea generale, evitate i luoghi comuni. Utilizzate sempre lo stesso sistema di denominazione e tenete un dizionario sotto mano per evitare gli errori di ortografia. Curate anche la grammatica, la punteggiatura e la sintassi. Ricorrete a un vocabolario controllato (cioè un elenco di termini normalizzati) come quello proposto dal fotografo David Rieks sul sito http://www.controlledvocabulary.com (in inglese). Per parlare di fotografia, potreste così utilizzare un termine generico (come “arti visive”) e uno specifico (“fotografia di reportage”, “fotografia di moda”…). Considerate con attenzione la legenda che accompagna una foto, perché spesso contiene parole chiave mirate. In Lightroom, la legenda è inserita nel campo Didascalia, in Bridge nel campo Descrizione. Utilizzate con cautela i nomi geografici e scientifici, e solo quando ne conoscete il significato esatto. Evitate descrizioni troppo lunghe, perché il campo IPTC è limitato. Nota L’otaria mostrata nella Figura 6.4 mi ha attaccato durante una crociera in Antartide. Ha strappato i miei pantaloni sportivi e ferito il ginocchio. Secondo la nostra guida, sono stato il primo visitatore a subire un’aggressione del genere (che fortuna!). Un medico mi ha fatto un’iniezione di antibiotici, molto più dolorosa del morso, ma lo strappo nei pantaloni è stato ancora più seccante: compromettendo l’impermeabilità dei calzoni, mi ha impedito di inginocchiarmi per il resto del viaggio.

Passo 4: produzione La fase di produzione è dedicata al perfezionamento delle immagini selezionate, quelle che meritano tempo e attenzione. Potete correggerle manualmente in Camera Raw o Lightroom e importarle in Photoshop per degli interventi selettivi che i due software di editing RAW non sono in grado di eseguire. Per saperne di più su questo passaggio cruciale, leggete i Capitoli 4 e 5.

252  Capitolo 6

Il pannello Creazione parole chiave

Il pannello Metadati in modalità Predefinito

Figura 6.4  I metadati, le parole chiave e la didascalia della foto dell’otaria.

Passo 5: post-produzione Una volta apportate le correzioni e stampate le immagini (o dopo che le avrete consegnate al vostro cliente), il vostro lavoro non è ancora terminato. Dovrete occuparvi dell’archivio dei file originali e dei derivati.

Archiviare le immagini Ho sentito dire che esistevano fotografi che non si preoccupavano di archiviare le loro foto una volta che le avevano convertite in immagini a colori con una gamma corretta. Perché non buttare tutto nella spazzatura, invece? Sarebbe stato lo stesso! Considerato il lavoro necessario alla conversione di un file digitale e grezzo e il fatto che le tecniche di conversione non possono che migliorare, non prendersi la pena di archiviare i file grezzi è segno di scarsa lungimiranza. Le domande da porsi sono due: quando bisogna archiviare? Sotto quale forma e su quale supporto?

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Quando bisogna archiviare?

Quando trasferite i vostri file grezzi dalla scheda di memoria al computer, dovreste copiarli su due dischi diversi. Una delle due serie servirà come copia di lavorazione, l’altra come rete di sicurezza sul breve termine e poi, dopo la conversione in DNG con l’incorporazione del file grezzo nativo, sul lungo termine. Dopo che avete fatto la prima cernita, classificato le foto secondo un dato ordine, rinominato e corretto le immagini sommariamente in Camera Raw e averle salvate in DNG per incorporare i metadati, archiviate i file così ottenuti. Tutto questo comporta dei requisiti di archiviazione relativamente importanti, ma lo spazio di memorizzazione non costa caro (a differenza del tempo). Quanto alle foto, sono tutte semplicemente insostituibili. Cosa bisogna archiviare?

Archiviate tutto quello che (voi o qualcun altro) potreste aver bisogno di recuperare in futuro. Più facile di così… Non confondete archiviazione e backup. I backup sono solitamente automatizzati e costituiscono delle copie incrementali che rappresentano la situazione del vostro sistema in un dato momento. Gli archivi sono invece dei documenti destinati a essere immagazzinati in uno stato ritenuto definitivo, che non vengono né aperti né modificati finché non occorre consultarli. Un archivio non sostituisce un backup, e fare dei backup non vi dispensa dall’archiviare. Supporti di archiviazione

Strettamente parlando, non esiste un supporto di archiviazione specifico per i file digitali; anche le soluzioni che potrebbero sembrare pratiche per salvare dei dati binari finiranno per degradarsi nel tempo. Gli archivi devono essere salvaguardati nel tempo, e i loro supporti rinnovati. L’archiviazione pone due problemi principali. Il più evidente è quello dell’integrità del supporto fisico; il secondo, altrettanto cruciale, è quello della disponibilità nel tempo di periferiche capaci di leggere il supporto. Sicuramente esistono ancora dei nastri magnetici tipici dei grandi mainframe degli anni Settanta che contengono dati leggibili, ma difficilmente si troveranno ancora dei lettori capaci di farlo. Qualsiasi strategia di archiviazione deve obbligatoriamente prevedere l’aggiornamento dei dati su un nuovo supporto che sfrutta i progressi della tecnica. Personalmente, ho trasferito la maggior parte dei miei CD-ROM dei primi anni Novanta su dei dischi a grande capacità e, a meno che non nasca un supporto migliore, è molto probabile che trasferirò questi dati sui dischi rigidi ancora più rapidi e meno cari che saranno disponibili in futuro, con capacità in termini di terabyte e non più di megabyte.

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Diffidate dai dischi di rete (NAS). Sebbene siano spesso configurati in modalità RAID 5 (piuttosto robusta), sono dei server in miniatura che eseguono un sistema operativo Windows. Non tutti offrono il protocollo di condivisione dei file utilizzato sui Mac (Apple Filing Protocol), e inoltre richiedono una rete ben configurata di tipo Gigabit Ethernet. Detto questo, il rapporto capacità/prezzo e la velocità di trasferimento dei dischi NAS rimangono interessanti. Dischi a grande capacità Alcuni dischi rigidi sono costituiti da più dischi, riuniti in un’unica unità a grande capacità, mediante una configurazione di tipo RAID 0. Il loro uso può essere rischioso: se uno solo dei dischi minori va in crash, perderete la totalità dei dati!

I CD e i DVD, in modalità di sola lettura o riscrivibili, differiscono da quelli per uso commerciale per un punto importante: sui dischi fabbricati per il settore degli audiovisivi i dati vengono incisi su una pellicola costituita da uno strato metallico (sottile come la stagnola dei pacchetti di sigarette). I CD e i riscrivibili incidono invece i loro dati su uno strato fotosensibile che contiene dei coloranti che cambiano colore durante la scrittura laser. I fotografi sanno bene quanto i coloranti sono delicati… Utilizzate il supporto che vi risulta più comodo, ma ricordate che ha una durata di vita limitata e che finirà per diventare illeggibile; per ovviare al problema, pensate quindi a un programma di archiviazione. Mi sarebbe piaciuto potervi rivelare la soluzione miracolosa per l’archiviazione delle vostre foto, ma purtroppo non esiste. Vi suggerisco di salvare più copie su più supporti, e di archiviare questi ultimi in più luoghi diversi. Diffondere le immagini

I metodi per trasmettere, stampare e caricare le vostre immagini non sono argomento di questo libro. Tuttavia, dopo aver lavorato per anni su commissione, vi do un suggerimento: anche se il trasferimento elettronico è ormai una pratica diffusa, non dimenticate di fornire ai vostri clienti un CD o un DVD con le immagini finali. I dischi ottici hanno il vantaggio di non essere riscrivibili, quindi se le vostre immagini subiscono dei danneggiamenti durante il trasferimento elettronico, ne avrete sempre una copia a testimoniare un lavoro finito e pronto per la consegna. Accade sempre più spesso che ai fotografi venga chiesto di fornire delle copie dei loro negativi digitali per verificare la natura e l’origine delle correzioni effettuate. In alcuni settori specializzati, come il fotogiornalismo o la fotografia scientifica, il DNG sta diventando sempre più importante come formato di salvataggio finale, perché permette di incorporare per intero nei file tutte le correzioni (toni, colori, ritaglio, correzione delle macchie e così via) e i meta-

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dati (coordinate di contatto, copyright) che avete applicato in Camera Raw o Lightroom.

I miei flussi di lavoro Personalmente ho due f lussi di lavoro diversi a seconda del luogo in cui scatto e del soggetto. Se Lightroom si trova all’inizio e alla fine del f lusso di lavoro, Photoshop sta nel mezzo, permettendomi di perfezionare le immagini più riuscite. Anche se utilizzo Camera Raw e Bridge regolarmente, l’integrità dei miei file RAW è affidata al catalogo di Lightroom sulla mia postazione di lavoro principale.

Flusso di lavoro in esterno Quando lavoro fuori dal mio studio, uso Lightroom per trasferire le immagini sul disco rigido. Prima di iniziare, creo un nuovo catalogo su uno dei due dischi rigidi esterni destinati a ospitare le copie di backup delle foto. Ci si potrebbe interrogare sull’utilità di un nuovo catalogo, tenuto conto che sul mio portatile ho una copia più leggera del catalogo principale. In effetti preferisco non mescolare le immagini nuove con quelle vecchie, e trovo più semplice partire con un catalogo vergine e senza contenuti. In Lightroom, creo un nuovo parametro predefinito di importazione che genera delle anteprime di dimensioni standard e che applica un modello di metadati IPTC che include dei metadati standard (coordinate, copyright e così via) così come le parole chiave relative al luogo dello scatto. Inoltre, faccio in modo che il processo di importazione salvi una serie di backup supplementari sul secondo disco esterno. Uso il mio portatile solo per qualche correzione leggera dei toni e dei colori. Per contro, utilizzo normalmente delle copie virtuali per provare più serie di correzioni (colore, bianco e nero e così via), delle pile per riunire le immagini simili o appartenenti a una sequenza e delle raccolte per selezionare o raggruppare delle immagini in base a determinati criteri. Se è vero che è possibile salvare i parametri di editing e i metadati in alcuni file allegati, non si può dire altrettanto per le copie virtuali, le pile e le raccolte salvate all’interno del catalogo. Per questa ragione ho deciso di conservare l’insieme delle informazioni nel catalogo “di viaggio” e di sincronizzarle successivamente con quelle del catalogo principale. Tornato in studio, apro il catalogo principale e utilizzo il comando File > Importa da un altro catalogo per recuperare i dati del catalogo secondario. La procedura di importazione recupera le immagini e le anteprime precedentemente create, conservando copie virtuali, pile e raccolte. Quanto alle immagini, le trasferisco su uno dei miei dischi rigidi principali di archiviazione.

256  Capitolo 6

Importare immagini in Lightroom

La procedura descritta di seguito riporta le impostazioni che ho utilizzato per importare le immagini di un viaggio che ho compiuto di recente a San Miguel de Allende, in Messico. Ho iniziato creando e salvando un nuovo catalogo vuoto su un disco rigido esterno FireWire di 1 terabayte. Ho importato un secondo disco rigido esterno simile, destinato a contenere delle copie delle immagini importate. La Figura 6.5 mostra la finestra di dialogo Importa di Lightroom e le impostazioni utilizzate per importare il contenuto della prima scheda SD. Barra del flusso dell’importazione

Pannello Gestione file

Pannello Sorgente

Pannello Applica durante importazione

Menu Predefinito di importazione

Pannello Destinazione

Figura 6.5  La finestra di dialogo Importa di Lightroom con le impostazioni scelte.

1. Il pannello Sorgente visualizza la fonte da cui importare le immagini. La mia Panasonic Lumix attribuisce di default alle schede di memoria il nome No Name SD card.

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Figura 6.6  La serie di metadati predefinita Info di base 2012.

2. Il pannello Contenuto visualizza le miniature delle immagini da importare. L’opzione Seleziona tutto seleziona l’insieme delle immagini sulla scheda. 3. La barra del flusso dell’importazione mostra la sorgente, il metodo e la destinazione dell’operazione. Poiché sto lavorando con una scheda di memoria, Lightroom sceglie automaticamente il metodo Copia e disattiva i metodi Sposta e Aggiungi, non adatti per l’importazione da un supporto rimovibile. 4. Ho preso l’abitudine di riformattare la scheda una volta convalidata l’importazione, ma può capitare che me ne dimentichi. L’opzione Non importare i possibili duplicati del pannello Gestione file vi evita di accumulare più copie delle stesse immagini nel catalogo.

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5. Il pannello Applica durante importazione permette di applicare un parametro predefinito per lo sviluppo o i metadati. Potete anche aggiungere delle parole chiave alle immagini importate. Qui ho scelto di non applicare dei parametri di sviluppo ma solo dei metadati (coordinate di contatto e informazioni di copyright) e delle parole chiave di base (“San Miguel de Allende” e “Messico”). Alla fine del mio soggiorno ho integrato queste parole chiave con altre più specifiche. 6. Il pannello Destinazione serve a scegliere la cartella di destinazione delle immagini importate. Ho chiesto a Lightroom di copiare le immagini in una sottocartella del disco rigido TB-FW-03 e di organizzarle in base alla data di scatto (anno, mese e giorno). 7. Nel menu Predefinito di importazione, ho salvato i parametri della finestra di dialogo sotto forma di un parametro predefinito (SMA-2012). 8. Facendo clic su OK ho dato il via al processo di importazione. Nella Figura 6.7, le immagini del mio viaggio a San Miguel de Allende vengono visualizzate nel modulo Libreria di Lightroom.

Modulo Libreria

Pannelli Cartelle e Raccolte

Figura 6.7  Le foto di San Miguel de Allende visualizzate in Lightroom.

Scegliere e modificare le immagini

Durante la mia settimana in Messico, non ho potuto dedicare che una piccola parte del mio tempo libero a fare foto, in realtà una sola giornata in cui ho ripreso la città e i suoi abitanti. Ho scattato più foto di due bambini che ciondolovano vicino a una porta e ho pensato di modificarle seduta stante. Ho riunito le otto immagini della serie e creato una copia virtuale di una delle immagini in una pila. La Figura 6.8 mostra questa pila, prima in modalità ridotta (con la sola miniatura in cima visibile) e poi in quella espansa (con tutte

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le immagini visualizzate). L’immagine a cui ho attribuito cinque stelle si trova in cima alla pila. Per far sì che la foto più rappresentativa di una serie si trovi in alto, spostatela all’interno della pila o utilizzate il comando Foto > Pila di foto > Sposta in prima posizione nella pila.

Pila in modalità ridotta

Pila in modalità espansa

Figura 6.8  Utilizzare delle pile per raggruppare le immagini di una serie.

Sono tante le immagini che hanno richiamato la mia attenzione; in un primo tempo le ho visualizzate in modalità Vista d’insieme per guardarle da vicino, poi sono passato alla modalità Confronto per effettuare la scelta finale. Ho attribuito l’etichetta Selezione all’immagine più significativa, dopodiché ho fatto scorrere le altre immagini della serie (con l’etichetta Candidato) per il confronto. Utilizzare delle copie virtuali

Le copie virtuali di Lightroom sono una delle funzionalità più utili per la classificazione delle foto, perché permettono di creare versioni diverse della stessa immagine. Me ne servo spesso per produrre delle versioni in bianco e nero o

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Figura 6.9  Visualizzazione delle immagini in modalità Vista d’insieme.

Figura 6.10  Visualizzazione delle immagini in modalità Confronto.

per sperimentare ritagli diversi. In un certo senso, le istantanee possono sostituire le copie virtuali, ma sono meno agevoli da utilizzare, poiché per cambiare istantanea bisogna per forza passare dal modulo Sviluppo. Una copia virtuale non è un’immagine reale, ma una serie di metadati supplementare i cui parametri di sviluppo e/o le parole chiave differiscono da quelli dell’originale. Le copie virtuali esistono solo all’interno del catalogo. Diversamente dalla istantanee, non possono essere salvate tra i metadati XMP; è una delle ragioni per cui uso un catalogo separato quando lavoro all’esterno.

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Figura 6.11  La versione a colori e la copia virtuale in bianco e nero.

Utilizzare delle raccolte

In Lightroom, una raccolta è un insieme di più immagini provenienti da cartelle e/o supporti di salvataggio diversi. Si presta particolarmente bene all’organizzazione e alla classificazione delle foto, che possono essere spostate al suo interno secondo bisogno. Tra le immagini scattate a San Miguel de Allende, molte non rivelano il loro potenziale finché non vi si applica una trasformazione in bianco e nero e un viraggio.

Figura 6.12  Raccolta costituita dalle copie virtuali a cui ho applicato dei parametri di sviluppo specifici (conversione in bianco e nero e viraggio su toni caldi).

Importare un catalogo

Al ritorno dal viaggio, ho collegato il mio disco rigido esterno TB-FW-03 alla mia postazione di lavoro principale. Con il catalogo principale aperto, ho selezionato nel menu File l’opzione Importa da un altro catalogo per aprire

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il catalogo dei dati da importare. Nella finestra di dialogo Importa dal catalogo Lightroom, ho selezionato il catalogo SMA-2012.lrcat.

Figura 6.13  La finestra di dialogo Importa dal catalogo Lightroom con il file SMA-2012.lrcat selezionato.

A seguire, si è aperta una nuova finestra di dialogo che mi ha consentito di selezionare le foto e i metadati da importare. Ho selezionato l’opzione Copia le nuove foto in un nuovo percorso e importa per importare le immagini di San Miguel de Allende nel catalogo principale e copiarle nella cartella opportuna sul mio disco rigido principale. L’importazione delle immagini va di pari passo con quella delle copie virtuali, delle pile e delle raccolte.

Flusso di lavoro in studio Quando lavoro in studio, scatto perlopiù in modalità connessa, con la fotocamera direttamente collegata al portatile. Sebbene sia possibile pilotare alcuni tipi di fotocamere da Lightroom, in genere preferisco non procedere così, poiché l’unico modo per interagire con le impostazioni e le funzioni della fotocamera è controllando lo scatto. Poiché Lightroom non assicura alcuna comunicazione con la mia fotocamera di medio formato Phase One 645DF e il mio dorso digitale IQ180, ricorro al software Capture One per gestire le impostazioni dell’apparecchio e lo scatto. In Capture One, specifico una cartella sul disco rigido nella quale trasferire le immagini dalla fotocamera.

Creare un flusso di lavoro efficace  263

Figura 6.14  La finestra di dialogo Importa dal catalogo mostra le immagini da importare a partire dal catalogo SMA-2012.

Figura 6.15  Le immagini di San Miguel de Allende nel catalogo principale.

264  Capitolo 6

Questa stessa cartella serve anche per importare automaticamente le foto in Lightroom, grazie alla funzione Importazione automatica.

Finestra principale

Parametri del pannello Capture

Figura 6.16  La finestra del software Capture One all’opera sul mio portatile.

Le opzioni della finestra di dialogo Impostazioni di importazione automatica sono configurate in modo da applicare dei metadati di base e delle parole chiave relativi allo scatto. Considerato che uso Lightroom e non Capture One per la correzione delle immagini, creo una serie di impostazioni predefinite di sviluppo da applicare all’insieme delle immagini importate. I miei f lussi di lavoro non sono incisi nel marmo, e non esito a modificarli in caso di bisogno. Se avete una fotocamera che potete pilotare direttamente da Lightroom, non esitate a utilizzarla per uno scatto connesso. Certo, il software non vi permetterà di modificare i parametri dell’apparecchio, ma non è un problema insormontabile: la sensibilità ISO, la velocità dell’otturatore e l’apertura del diaframma possono essere controllate dalla fotocamera. Parametri e scatto in modalità connessa

Per produrre le immagini del paragrafo “Dominanti di colore” del Capitolo 4, mi sono servito del f lusso di lavoro dettagliato in precedenza. Tuttavia, invece di adattarlo a un apparecchio di medio formato, ho montato il mio dorso digitale Phase One IQ180 su un banco ottico Sinar 4 × 5 pollici e l’ho connesso al

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mio portatile con l’aiuto di un cavo FireWire 800. Quando i dorsi digitali sono montati su un banco ottico, le impostazioni dell’apparecchio (velocità dell’otturatore e apertura del diaframma) non possono essere controllate dal computer. La prima immagine della serie conteneva una palette ColorChecker Passport, destinata alla regolazione del bilanciamento del bianco in Lightroom. Analogamente, avevo previsto di eseguire tutte le correzioni dei toni e dei colori in questo software, impostando Capture One per l’acquisizione e il trasferimento delle immagini sul disco rigido. Ho utilizzato la funzione Loupe di Capture One per controllare la messa a fuoco e anche per garantire che le parti importanti dell’immagine fossero belle nitide. Ho dovuto comunque assicurarmi che l’uso di un obiettivo a decentramento e basculante sul banco ottico Sinar potesse produrre un piano di nitidezza ottimale. Importazione automatica in Lightroom

Sul mio computer principale, ho selezionato l’opzione Attiva importazione automatica, dopodiché ho aperto la finestra di dialogo Impostazioni di importazione automatica.

Menu Importazione automatica

Finestra di dialogo Impostazioni di importazione automatica

Figura 6.17  Attivazione della funzione Impostazioni di importazione automatica e relativi parametri.

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1. Nel menu Cartella esaminata, ho specificato una sottocartella del disco rigido esterno come sorgente per le immagini da importare in Lightroom. 2. Nel menu Impostazioni di sviluppo, ho selezionato una serie di parametri per l’applicazione delle correzioni del bilanciamento del bianco e di altre correzioni di base alle immagini importate. 3. Nel menu Metadati, ho scelto una serie di metadati di base salvati precedentemente come modello di metadati. Per assicurarmi del funzionamento dello scatto connesso e soprattutto del trasferimento delle immagini, ho dovuto effettuare più passaggi avanti e indietro tra il mio computer portatile, collocato nello studio di ripresa, e quello principale, collocato nello studio di elaborazione delle immagini. Al termine, mi sono fermato nello studio di ripresa per fare altre foto, variando la composizione dei fiori e la posizione della fotocamera.

Figura 6.18  Prima immagine di prova dopo l’importazione in Lightroom.

La Figura 6.19 mostra le stesse foto visualizzate rispettivamente in Capture One e Lightroom. Noterete senz’altro che la finestra di Lightroom contiene un’immagine in più rispetto a quella di Capture One. In effetti avevo già applicato il plug-in DNG Flat Field a una delle immagini; l’immagine supplementare, selezionata in Lightroom, è la versione in cui la dominante di colore è stata corretta.

Creare un flusso di lavoro efficace  267

Capture One

Lightroom

Figura 6.19  Scatto in modalità connessa con Capture One e importazione automatica delle immagini in Lightroom.

Come organizzo le mie immagini Per quanto l’organizzazione delle mie immagini sia perfettibile, il sistema che ho approntato e utilizzato negli ultimi cinque anni (cioè da quando Lightroom è diventato il mio classificatore principale) ha funzionato così bene che non

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vedo ragioni per cambiarlo. Ecco come organizzo i miei file (fate riferimento alle Figure 6.20 e 6.21, che mostrano l’albero dei file su disco e nel modulo Libreria di Lightroom).

Figura 6.20  L’albero delle cartelle sul mio disco rigido. ●●

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Il mio computer principale ha diversi dischi rigidi, di cui alcuni RAID e altri no. Le mie immagini si trovano nel gruppo dei dischi RAID-01, dotati di uno spazio di archiviazione di 12 TB, con numerose cartelle per facilitare la gestione del foto. La cartella ~ ­ DigitalCaptures contiene l’insieme dei miei file grezzi. Si noti che ho aggiunto una tilde (~) all’inizio del nome della cartella perché questa compaia sempre in cima alla gerarchia. Le cartella ~DigitalCaptures contiene un albero di sottocartelle per classificare le immagini secondo il soggetto (eventi, foto in studio e foto di viaggio), la data e il luogo dello scatto. All’interno di ogni sottocartella, le immagini sono organizzate in base alla data in cui sono state importate nel catalogo di Lightroom; anche se provengono da più schede o fotocamere, vengono comunque raggruppate in un’unica sottocartella.

Il mio studio per l’editing delle immagini Figura 6.21  L’albero delle cartelle in Lightroom.

L’immagine della Figura 6.22 mostra il luogo in cui tratto le mie immagini; è stata realizzata as-

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semblando tre foto scattate con una Canon EOS 1Ds Mark III e un obiettivo supergrandangolare di 14 mm. Sembra uno studio molto grande (e un po’ deformato), ma in realtà è di soli 10 metri quadri. Il computer principale è dotato di due monitor di 30 pollici e uno di 24, che mi consentono di visualizzare la finestra di Lightroom o di Bridge a destra, quella di Photoshop al centro e i pannelli di Photoshop a sinistra. Per l’editing delle immagini uso una postazione di lavoro Mac Pro dotata di due processori quad core di 2,93 GHz, 32 GB di RAM e due schede grafiche. Ho installato una scheda RAID che ospita quattro dischi rigidi SAS di 600 GB per l’avvio del computer, la mia cartella Utente e il disco di memoria virtuale temporaneo di Photoshop. Notate che uso solo dei Mac, anche se ho installato Windows 7 via Bootcamp per testare il funzionamento dei software e per acquisire delle schermate in questo sistema operativo.

Figura 6.22  Il mio studio per l’editing delle immagini.

Spostare la cartella Utente sul Mac Ho separato la mia cartella Utente dal filesystem, installato su un disco rigido a parte, per guadagnare in efficacia e velocità. Questo consiglio mi è stato dato dal produttore dei miei dischi RAID, MacGurus (http://www.macgurus.com). Per saperne di più, consultate il sito http://bit.ly/O1Ch0p (in inglese).

Per l’archiviazione, utilizzo due insiemi RAID di cui ciascuno è composto da sei dischi rigidi, connessi mediante cavi eSATA. Si trovano sopra la scrivania: quello di sinistra (RAID-01) è il disco di archiviazione principale, mentre quello di destra è il disco di backup (RAID-02). Il loro contenuto viene sincronizza-

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to ogni sera attraverso il software Carbon Copy Cloner (http://www.bombich.com). Possiedo poi un terzo insieme di dischi RAID (FW-External-BU, non visibile nella figura), il cui contenuto viene sincronizzato in automatico tutte le notti con quello del disco RAID-02, appena dopo il backup a partire dal disco di archiviazione principale. Infine, a casa ho installato un disco rigido NAS, programmato per ricevere dei backup periodici. Dedicata all’editing delle immagini, questa postazione di lavoro serve solo per aprire Photoshop, Bridge e Lightroom; per riprodurre la musica, scrivere le ­e-mail e navigare sul Web uso un altro Mac Pro (visibile a destra). Backup del catalogo di Lightroom Per quanto riguarda la funzione di backup di Lightroom, confesso di non utilizzarla spesso. Questo perché tiene conto solo del catalogo e non delle immagini, di cui ho già due o tre serie di riserva sui miei dischi rigidi. Per contro, è cruciale salvare i metadati XMP nelle immagini o nei file allegati alla fine di ciascuna sessione di lavoro importante. In fin dei conti, i parametri di sviluppo e le parole chiave contano molto di più del file del catalogo di Lightroom. Accertatevi quindi di includerli sempre nella vostra procedura di backup.

Ottimizzare le prestazioni di Photoshop e di Lightroom Nel corso degli anni, sono riuscito a ottimizzare la configurazione materiale dei miei computer in modo da trarre il massimo da Photoshop. Più di recente, ho imparato a ottimizzare anche le prestazioni dei miei computer per Lightroom. Se è vero che i due software sono simili, restano comunque diversi per quanto riguarda la configurazione richiesta.

Photoshop La quantità di RAM disponibile inf luisce notevolmente sulle performance di Photoshop. Non esitate quindi ad aumentarla per far sì che l’applicazione venga eseguita più rapidamente. Nondimeno, anche la velocità del processore e del disco di memoria virtuale sono fattori che possono limitare le prestazioni del software. Processore

Photoshop è più veloce con processori multicore, anche se alcune funzionalità si avvantaggiano più di altre della presenza di core supplementari. In linea generale, più il numero di core utilizzati e la cadenza del processore sono elevati, più la velocità di esecuzione di Photoshop diventa significativa. Per trarre il massimo dalla capacità della RAM, scegliete una versione recente di Photoshop (o di Lightroom) e un sistema di gestione a 64 bit.

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RAM

Spesso è utile aumentare la quantità di memoria per migliorare le prestazioni. Per sapere se al software serve altra memoria, potete selezionare la voce Efficienza nel menu che si vede in basso a sinistra in ogni documento aperto: se il tasso di efficienza si attesta attorno al 100%, la quantità di memoria installata è sufficiente; se ogni tanto scende sotto il 90%, preparatevi ad aumentare la RAM. I vostri bisogni in termini di memoria variano notevolmente a seconda delle dimensioni dei file, del numero di file aperti in contemporanea e delle operazioni in corso. Alcune azioni richiedono molta più RAM di altre. La RAM viene frammentata man mano che procedete con i ritocchi, e finisce per abbassare le prestazioni sia del vostro sistema di gestione sia di Photoshop. Nel caso, chiudete le applicazioni non utilizzate e riavviate Photoshop per ripristinare le capacità della memoria. Ricordate anche che l’uso della RAM non dipende solo dal peso, ma anche dal numero dei file aperti. Potreste essere tentati di aumentare il tasso di allocazione della RAM a più del 70%, ma è un’ipotesi da considerare solo se il vostro computer ha molta memoria primaria. La Figura 6.23 mostra le impostazioni che ho scelto nel pannello Prestazioni delle Preferenze di Photoshop.

Figura 6.23  Impostazioni della sezione Prestazioni delle Preferenze di Photoshop.

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Anche le opzioni del menu Livelli cache della sezione Storia e Cache inf luiscono sull’uso della RAM. Più numerosi sono i livelli di cache, più tempo Photoshop impiega ad aprire il file, velocizzandosi però durante il lavoro; meno numerosi sono i livelli di cache, più l’immagine si carica in fretta, ma Photoshop diventa più lento. L’aumento del numero dei livelli di cache permette di accelerare l’aggiornamento delle anteprime, in particolare quando lavorate con file voluminosi e con molti livelli. Di default, Photoshop CS6 e CC sono impostati su quattro livelli di cache (otto è il massimo). Se lavorate spesso con file grossi e/o con più livelli, cercate di aumentare questo valore. Se la vostra scheda grafica è compatibile con Photoshop, vedrete dei miglioramenti con alcuni strumenti, per esempio con il filtro Grandangolo adattato o con il filtro Fluidifica. Disco di memoria virtuale

Il disco di memoria virtuale è il terzo collo di bottiglia che inf luisce sulle prestazioni di Photoshop. Se il vostro disco di avvio è un disco rigido, l’uso di un altro hard disk come disco di memoria virtuale principale migliorerà le performance. Un disco SSD è una scelta valida; tuttavia, assicuratevi di avere abbastanza spazio disponibile, perché le prestazioni di un disco SSD si deteriorano man mano che questo si riempie. Invece degli SSD, io uso dei dischi SAS RAID 0, davvero velocissimi, ma è molto probabile che in futuro doterò i miei computer di dischi SSD. Quando si parla di capacità di archiviazione ideali del disco di memoria virtuale non ci sono regole. Le capacità dipendono da molti fattori, come la dimensione dei file, l’allocazione della RAM e le impostazioni degli stati storia. Se avete più dischi rigidi, potete specificare dei dischi di memoria virtuale supplementari per suddividerli su dispositivi fisici diversi. Tuttavia, secondo la mia esperienza, un solo disco rigido a grande capacità è meglio di più dischi a bassa capacità. Secondo Chris Cox, uno degli sviluppatori del software, Photoshop supporta fino a 64 exabyte di spazio sul disco di memoria virtuale per un massimo di quattro volumi (un exabyte equivale a 1 miliardo di gigabyte). Le prestazioni di Photoshop CS6 e CC sono superiori a quelle di Photoshop CS5 perché il processore della scheda grafica è messo in condizioni di eseguire un numero superiore di operazioni che richiedono molte risorse materiali. Per un risultato ottimale, si deve dunque tener conto dell’insieme di tutti i fattori che possono ridurre o compromettere le performance del software. Per finire, ricordate che le prestazioni e la stabilità di Photoshop dipendono molto dal vostro sistema di gestione. La manutenzione generale del computer, un sistema di gestione ordinato, limitato ai soli strumenti fondamentali, e una

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riduzione del numero di software in esecuzione sono alla base di performance ottimali. Stati storia e RAM Se gli stati storia non hanno alcuna incidenza sulla quantità di memoria disponibile allocata a Photoshop, è vero anche che aumentano la quantità di spazio del disco di memoria virtuale di cui il file necessita. Più il numero degli stati storia è elevato, più lo spazio destinato a ciascuno di essi sarà importante.

Lightroom I tre colli di bottiglia di Photoshop inf luiscono anche sulle prestazioni di Lightroom, ma in modo diverso. Tanto per cominciare, Lightroom non usa un disco di memoria virtuale, né sfrutta nello stesso modo l’aumento della RAM. È sufficiente attribuirgli 8 GB di RAM per avere delle eccellenti prestazioni. Infine, l’uso di un sistema di gestione a 64 bit favorisce la sua velocità di esecuzione. Su Mac, Lightroom si esegue di default a 64 bit; in Windows accertatevi di selezionare la versione a 64 bit e un sistema di gestione compatibile. Lightroom è molto sensibile alla velocità del disco rigido, poiché questo viene letto e scritto regolarmente con molti dati. Anche in questo caso un disco SSD può essere d’aiuto, ma ve ne servirà uno sufficientemente grande da contenere non solo il vostro file di catalogo, Catalog.lrcat, ma anche quello delle anteprime, Previews.lrdata. Purtroppo Lightroom non gode ancora dei vantaggi della potenza di calcolo della scheda grafica, ma confido in una prossima evoluzione. Per migliorare le prestazioni di Lightroom, selezionate l’opzione Scrivi automaticamente modifiche in XMP nella scheda Metadati della finestra di dialogo Impostazioni catalogo (Figura 6.24). Dovrete anche ottimizzare il vostro catalogo Lightroom (File > Ottimizza catalogo). Proposta al momento del backup del catalogo, questa ottimizzazione consente di ripulire il database da una serie di elementi ridondanti o obsoleti. Vi consiglio di avviare questa procedura tutte le settimane o ogni volta che fate un backup del catalogo Lightroom. L’operazione dura parecchio; per esempio, ci vogliono circa 15 minuti per ottimizzare il mio catalogo di oltre 150.000 immagini. Alcuni strumenti del modulo Sviluppo di Lightroom peggiorano le performance del software. Per esempio, per abitudine io faccio le mie correzioni dopo aver disattivato il pannello Correzioni obiettivo. Se attivate le correzioni ottiche, Lightroom dovrà aggiornare l’anteprima ogni volta che spostate il cursore, e questo rallenterà la velocità di esecuzione. Assicuratevi perciò di riattivare il pannello Correzioni obiettivo dopo aver applicato le altre correzioni.

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Figura 6.24  La scheda Metadati della finestra di dialogo Impostazioni catalogo di Lightroom.

Anche le correzioni locali e i ritocchi delle macchie contribuiscono a rallentare il software. Se non c’è un modo per aggirare il problema, potete semplicemente limitare il numero di ritocchi locali in Lightroom e rimandare gli interventi più significativi a Photoshop, più efficace per questo genere di operazioni.