Il grande viaggio nei mondi danteschi. Iniziazione ai misteri maggiori 8827202870


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Il grande viaggio nei mondi danteschi. Iniziazione ai misteri maggiori
 8827202870

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Emma Cusani

Il Grande Viaggio nei Mondi danteschi Iniziazione ai Misteri Maggiori

ISBN 88-272-0287-0 C C opy righ t 1993 by Edizioni Mediterranee Via Flaminia, 158 00196 Roma O Printed in ltaly O S.T.A.R., Via L. Arati, 12 00151 Roma -

AI MIEI FIGLI LORENZA E TOMMASO SICI LIANI

. . . Al genio solo era permesso in quei secoli di cecità mentale, quando la paura del "Santo Uffizio" gettava un velo nero su ogni verità cosmica e psichica, di rive lare senza i mpedimenti alcune delle più grandi verità de ll'lniziazione ... Come arri vò, Dante , ad immaginare le molte descri­ zioni falle nel suo Inferno, una nuova Apocalisse Giovann i ana, una vera Rivelazione Occulta in versi- le sue visite alle Anime del le Sette Sfere e la sua comunione con loro?

H.P. BLIIVATSKY (w SegreteWl degli Iniziati)

6

Indice

Pag. Riflessioni di Alfredo Stirati

11

La Divina Commedia I primi 7 Cerchllnremall Il dominio della "Lonza" -

L'evoluzione del pensiero critico

17

Considerazioni preliminari Appartenne Dante ad un' Associanooe iniziatica del suo tempo?, 25

25

Come percepire l 'esoterismo dantesco? Lo svolgimento dei simboli su cui si strutturano la "Pianta" dell' Inferno e l ' Itinerario dantesco, 29 Il simbolismo dei numeri nella "Divina Commedia", 36

28

I primi sette Cerchi infernali Il primo verso del Poema: "Nel mezzo del cammin di nostra vira", 43 La coscienza deii' Umarùtà, ancora "nel mezzo del cammin di nostra vita", 47

43

Canto I - Nel primo Canto del Poema. tre Grandi Eventi post-iniz.iatici La "Selva" - Il risveglio del Discepolo nel "mondo astrale", 55 Le "Tre Fiere" - I Peccati che ancora insidiano il Discepolo, 59 L' incontro con il Maestro, 64

53

Canto Il- L 'Idea cosmica ed umana dell 'Eterno Femminino La prova del dubbio: Domine, non sum dignus, 73 L'Istruzione di Virgilio su I'"Elerno Fenuninino", 78

73

Canto III - La Porta dell 'Inferno e la Grotta di Gerusalemme La prima terzina del Canto, 87 Oltre la "Porta", il Vestibolo dell' Inferno, 89 La "Prova" detta "della Terra", 92

87

7

Il primo "Dannato", la prima "Pena infernale" e gli Elementali che la eseguono, 94 Dall' inerzia alla vitalità del Peccato- La "Seconda morte" dell 'Iniziato, 96

Canto N- La "Seconda Morte " dell'Iniziato I l "Secondo Risveglio" iniziatico de l Discepolo sulla Voragine infernale,

Pag.

101

101

Il Limbo dantesco - La memoria cosmica, l 03 Nel Limbo dantesco - Le "Inunagini" registrate nella Luce Astrale, 1 05 Nella prima Sezione del Limbo, le Inunagini dei "Salvati", 1 07 Nella seconda Sezione del Limbo, il "Luogo Luminoso" e "La Bella Scuola", li! II Limbo dantesco - Il Nobile caste l lo sette volte cerchiato d'Alte Mura,

ll4 Canto V- Il " Guardiano della Soglia "

123

Il Minosse dantesco, 1 23 L' Amore, Centro Motore della Vita cosmica e della Coscienza umana, 1 29 La "Ruina" infernale. La sua simbiosi con la "Rovina" spirituale dell' uomo, 1 33 Le Schiere dei Lussuriosi - L'Amore sconfitto dalla Morte, 1 37 Paolo e Francesca La Morte sconfitta de li' Amore, 1 3 8 -

Canto VI- Il secondo Peccalo dell 'Inferno dantesco - L 'Ingordigia

145

G l i esseri "il cui D i o è il ventre", 1 4 5 Cerbero: il ''Guardiano della Soglia" degli Ingordi, 147 La "Profezia" di Ciacco, 1 5 1 La Sentenza di Virgilio sul ' 'Giudizio Uni versale", 1 57

Canto VII - La funzione del IV Cerchio nella struttura della Prima Zona infernale Pluto domato dali' Arcangelo Michele, 1 7 1

1 69

Nei semi-cerchi degli "Avari" e de i "Prodighi" s i svi luppa i l Tema Iniziati co dcii' Arco, 1 73 Le due Schiere di Prevaricatori . I "Chercuti" della Mano Sinistra, 1 74 La Sentenza virgiliana inserisce la "Fortuna" nella Gerarchia Ange lica dei Lipika, 1 77 La discesa al V Cerchio, 1 79

Canto VIII - L'Ira di Dante contro Filippo Argenti secondo "la lellera che uccide " L' Ira di Dante secondo " l o spirito che vivifica", 1 89 Lo Scontro di un Maestro d i Vita (Vrrgilio) co n l e Potenze infernali, 1 9 2 Canto IX - La Funzione riepilogativa del Canto "9" Il lento graduale svi lupparsi dei sensi astral i, 203 Le "Membra femminee", il "Sangue" ed i "Serpenti" delle Tre Furie dantesche, 204

8

183

193

P a g. L'Anima Spirituale del Discepolo - "Beatrice" - proietta un Raggio in soccor so dell'Amato, 208 Il simbolo de l l ' Arca - Promessa di Vita per i Morti della Città di Dite, 2 1 1

Canto X- IL corre/azioni vigenti fra i Canti, i Cerchi e i Cieli danteschi I coperchi delle Tombe d i Dite sollevati sull ' epicureismo dantesco, 2 1 7 La nobile Eresia del Farinata dantesco, 22 1 Il biforcarsi del "Sentiero" separò Guido Cavalcanti da Dante , 224 La Profezia di Farinata, 227 I Veggenti infernali ricordano il passato, coooscono il futuro, ma ignora­ no il presente, 229 Virgi l io proietta ne l l ' Eterno Presente il Futuro predetto da Farinata, 230 Canto XI- La mone senza resurrezione degli Eretici sulla "mano sinistra " del VI Cerchio I coperchi abbassati sulle tombe dei Fotiniani danteschi, 233

217

233

L' Ordinamento virgiliano (topografico e morale) dell ' Inferno dantesco, 236 Veemente reazione di Vlfgilio ai dubbi di Dante , 243 L' Usura: Il Peccato de l l ' Era Moderna che "più offende Dio", 245

Canto Xl/- Nel primo girone del V/l Cerchio, la violenza contro le tre pasone Le "Ruine" del l a natura infernale , 25 1 Il Minotauro dantesco - I l Mostro del l ' Era Moderna, 253 Le Ombre dei Vati Greci e Latini si rispecchiano dal Limbo nella vitalità dei Centauri danteschi, 255

25 1

Gli Eroi , i Sapienti , gli Scienziati del Limbo - e i "Bolliti" de l primo Girone , 261

Canto X/ll-/1 secondo Girone del V/l Cerchio La "Selva" della Rigene razione ed il "Bosco" dci Suicidi , 267 Il B osco vi ve n te dilaniato dalle Arpie dantesche, 268 La Dottrina de lla Metempsicosi adombrata in un "ramoscello" che geme, 270 Il "Gran Pruno" rievoca la storia terrena di Pier delle Vigne , 272 La memoria al momento della morte , 275 L' Ani ma di un suicida antevede i l corpo deforme che la reincarnerà, 277 Canto XN- Nel terzo Girone del Vll Cerchio la violenza dell 'uomo contro il "Padre " La "pioggia di fuoco" sul sabbione , 279 La Bestenunia del Capaneo dantesco, 283

267

279

l fiumi infernali che scaturiscono dal l ' Umanità- Il "Gran Veglio" dante­ sco, 285

9

Canto XV - La Sodomia dantesca La Sodomia - Retaggio di un male cosmico, 293 La Sodomia dantesca - Retaggio dell'Era lemuriana, 296 I Sodomiti danteschi, 298 L'incontro con Brunetto Latini, 304 La profezia di Brunetto, 307 Letterati Sodomiti, 3 1 4 CanlO XVI - Karma Yoga - L'unione col Divino attraverso l'Azione

La seconda schiera de i Sodomiti , 3 1 7 I tre Magnanimi Guel fi, 3 2 1

Pag. 293

317

Jacopo Rusticucò - Guido Guerra- Tegghiaio Aldobrandi - I Campioni del Karrna Yoga, 324 La risposta di Dante alle domande che gli posero le Tre Ombre , 327 Il Motivo dell 'Acqua, 330 Il Rito della Corda, 334 Le tre Aule della " Voce del Silenzio " o l 'Inferno - Il Purgatorio - Il Paradiso danteschi Il Paradiso Dantesco e il Devachan della Tradizione Esoterica, 342

339

Conclusione

353

INDICE

DEI

GRAFICI

I simboli dell'esoterismo tradizionale strutturano la pianta del l ' Inferno dantesco. Rappresentazione grafica dell' astrologia deterministica che evolve nella cosmo-antroposofia eristica del l ' i nferno dantesco Il I V Cerchio c la s u a funzione d i centro nel la prima Zona infernale La Necropoli degli Eretici sulla "mano destra" della prima Zona infernale I l dominio delle tre Fiere sulle tre Zone dell ' Inferno dantesco

IO

30 168 1 70 213 237

Riflessioni di Alfredo Stirati

Nella mia qualii.A di docente, di cultore di dottrine esoteriche, nonché di appa ssionato s tudioso di Dante e dell ' aureo Medioevo, non posso che salutare con grande interesse e profondo entusias mo que s ta pu bblicazione di E mma Cusarù. Debbo complimentarmi

con

l ' Autrice per l' eccezionale perspicacia, per il

formidabile intuito, nonché per l ' approfondita conoscenza delle discipline che cos ti tuiscono l'indubbio sostrato de l l ' opera e della cul tura dantesca. Insomma, questo saggio sulla

Divina Commedia e su Dante che ha preso

corpo, poggiando sugli imponenti bastioni del la Sapienza tradizionale e sugli uni­ versali v alori de l l a Pililosopilia perennis, è tra le cose più be l le, più utili ed

appassionanti che mi sia stato dato di leggere da quando mi sooo incamminato sul sentiero della Conoscenza.

E non è certo poco il tempo da me impiegato nel difficile tentativo di rico­

struire l' enigmatico volto del la Sapienza antica! Infatti, solo dopo Wl ventennio di pazienti ricerche, di esperienze dirette, di lWlghi viaggi e di interminabili colloqui, la l uce splendente della Verità sta pren­ dendo lentamente forma ed aprendo dinanzi a me sconfinati orizzonti nei quali l'arùma si tuffa gioiosa, avvertendo di aver imbocc ato fmal mente la strada smar­ rita e volu tamente occu l tata da coloro che, ebbri di voloni.A di potenza, persegui­ tano i viandanti che s ' accingono a percorrere il sentiero interiore, rifi u t andosi d ' ossequiare teorie umane erette a dogma, affascinati solo dal richiamo de llo Spirito divino che vive in noi.

Dunque, ques t ' inconfondibile sensazione di ritrovare

una verità dimentica­

ta si è fatta strada nel mio arùmo, man mano che avanzavo nella lettura del com­ mento della

Divina Commedia, illustrata alla luce dei Misteri Maggiori. ed alla scuola, alla scialba critica dantesca

Ecco cosa mancava al la cultura di tipo accademico e pedantesco!

Già da tempo avevo istintivamente avvertito l ' insufficienza dei commenti scolastici nei confronti delle formidabili ed estremamente comple sse dottrine del Fiorentino che, in una sintesi straordinaria, aveva saputo unificare l a Sapienza occidentale e quella orientale : da Platone al Vedanta, con espliciti riferimenti al pitagorismo, ali' orfisrno, alle dottrine rnisteriosofiche e cabalistiche, al sufisrno islarnico, per giWlgere ad Wl monismo assol uto. A questo punto, mi corre l ' obbligo di aprire una parentesi. Pro(Xio perché consapevole di come l a pensino i paludati critici "ufficiali", mi permetto una precisazione, diciamo cosl, cautelativa.

Il

E' risaputo cbe all 'epoca di Dante nemmeno i pii} eruditi conoscevano di prima mano i Testi sacri dell'Oriente o la filosofia e la letteratura greca, ma solo que l tanto cbe se ne poteva sapere attraverso le opere latine. Lo stesso Dante non conosceva che il latino, la l ingua franco-provenza! e ed alcuni dialetti i tali ci. Per cui chi volesse attribuire alla letteratura sapienziale di lui l ' impronta platonica e pitagorica o quella vedantica ed ortica che caratterizza la sua opera potrebbe essere subito, e facilmente, smentito e ziltito. Eppure queste impronte ci sono. Infatti , l ' Universalità (e, quindi, la perenne inalterabile ripetitivilà) della S apienza S e g reta, auraverso i l fi lone souerraneo de l le Croc iate , s ' i n fi l trò nell ' Occ idente e dette vita alle Scuole iniziatiche del Medioevo, tra cui ebbero spicco quelle dci Fedeli d'Amore e dei Tc mpl ari. Dante ne fu uno dei componenti pii} qualificati, per cui l ' acqu isizione di questa Sapienza Segreta cbe non ha bisogno né di Filosofi sommi che la qualifi­ chino né di Testi sacri che la santifichino non fu, per lui, un' acquisizione di cultu­ ra, bensl una realiUJJZ i one interiore. O, a voler essere pii} precisi, una conseguenza deii'Jniziazione conferitagli. Deluso, quindi , dalle riduttive interpretazioni di tipo aristotelico-tomistico o teo­ logico, assetato di Verità, supplivo con l ' intuito a tante carenze ed usavo come supporto i pregevoli saggi critici, ben più illuminati di quelli ufficiali, ma ovvia­ mente sconfessati da questi , di un Foscolo, di un Val l i , di un Pascol i , di un Alessandrini. Eppure, sentivo cbe anche qui mancava qualcosa: si trattava è vero - di intuizioni genial i , di lampi improvvisi che sollevavano dei veli sul grande mistero della Commedia, che aveva bisogno, però, di ben altre conoscenze per essere sve­ lata nella sua interezza. Fu cosi che mi imbattei nei brevi saggi del Guénon e nelle folgorazioni di un Evola, che pure filtravano Dante attraverso un' ottica particolare, discutibile e, comunque, parziale. Una ri velazione fu per me, allora, la rnonu mentale opera di Dante Gabriele Rosselli, il preraffae llita iniziato, l 'esoterista massone , autore della stu penda Beatrice di Dante, che più di ogni altro è andato oltre il ve lame de li versi strani. Thttavi a, anche quest' opera pregevole , che me ri terebbe di essere rivalutata dalla miope critica ufficiale, tronfia del suo sapere di stampo accademico, non può definirsi organica ed esaustiva nei confronti della sterminata Conoscenza dell' Alighieri. Infalli , mancava ancora una guida sicura, un'opera che esplic itasse in modo capillare i grandi problemi, gli insondabili misteri dell'uomo e del cosmo, legati da miri fiche ed arcane corrispondenze , che traspaiono dai versi danteschi. Occorre va che qualcuno, dotato di val ide conoscenze occu llistichc , esperto in storia comparata delle re ligioni e versato ne l l ' interpretazione de lle Sacre Scritture d'ogni tempo e Paese, s ' accostasse al sacro poema e s ' accingesse a commentarlo passo passo, animato da un eroico furore e da certosina pazienza. Ma era questa un'impresa da far tremar le vene e i polsi a chicchessia. I l coraggio d i affrontare il gran commento l ' ha avuto, però, la nostra Autrice a cui va, dunque, tutta la mia stima e riconoscenza. Grazie a lei, torno u mi lmente a glossare la lezione dantesca, ma stavolta non quella deviante, artefatta ed arzigogolata dei cosiddetti esperti . -

12

Ora sto bevendo direttamente alle sorgenti dello Spirito, mi sto saziando di quell'acqua di verità che, una volta gustata, elimina per sempre il desiderio della sete. Checché ne pensino i fautori di un'interpcetaziooe letterale, oppure lirica, estetizzante, erudita, filologica, psicanalitica della Commedia, l'unica, vera esè­ gesi della stessa è quella simbolico-allegorica o, meglio, occultistico-escatologi­ ca, scelta appunto dall'Autrice di questo saggio. E' pur vero che molti sono ancora coaliu.ati e schierati contro di essa, ma resta il fatto inoppugnabile che questa sia l'unica interpretazione valida, in grado di fornire una spiegazione logica ed esauriente dell'intera opera. A questo punto, però, va anche precisato quanto segue: Premesso che il poeta attinga direttamente, grazie all'avvenuta iniziazione, a dimensioni superiori a quella meramente fisica (f)- ed il suo travaglio consiste proprio nella consapevolezza di riuscire a tradurre solo "un 'ombra del bealo regno" - ed essendo pertanto uno strumento di trasmissione di idee luminose e divine (in ogni altro caso non si può parlare di sublime poesia}, i singoli lettori possono intendere in modo diverso e variamente progressivo il vero signilicato dell'opera. Esiste, cioè, una scala di sentire intermedi tra quello che coglie il senso let­ terale del testo e quello che ne penetra e ne rivive integralmente l'esperienza tra­ sumanante, intendendone il valore anagogico e disponendosi ad applicarlo nella vita.

Pertanto, nessuna meraviglia che la Commedia dantesca abbia conosciuto conunenti cosl variamente impostati. Non si tratta tanto di livelli culturali disparati, quanto, appunto, di sentire di tipo diverso. Lungi da noi, quindi, incriminare o schierarci a favore dell'una o dell'altra delle interpretazioni tradizionali, tutte valide di per sé, eppur tutte, nessuna esclu­ sa, parziali, perché incapaci, diremo costituzionalmente, di cogliere l'essenza e la verità ultima del "sacrato poema". Questa è colta solo da chi riesce a far cadere i sette veli da cui è avvolta ogni divina scrittura. Si ripete, cosl, l'evento mitico della danza di Salomé o dei sette veli che circondano il simulacro della dea nei misteri di Iside. Solo a qualcuno è dato di sollevare l'ultimo di essi e di contemplare la nudità della dea, ovvero la Verità ultima. Thttavia, comunque la pensino i numerosi interpreti, questa è la strada che è stata ormai tracciata dall'Autrice di quest'opera. Sosteniamo, allora, e rendiamo merito a chi ha fornito la chiave che inunette alla Stanza Segreta! Prof. Alfredo Slirali

tere .

(l) Cfr. Purg. XXIV, 52 segg. e Par. I, 13 segg., in cui ciò è affermato a chiare

Jet-

13

LA "DIVINA COMMEDIA" I primi 7 Cerchi infernali -

n dominio della "Lonza" -

"O voi ch'avete li 'ntelletti sani, Mirate la dottrina che s'asconde Sotto 'l velame de li versi strani" (lnf C.IX, t. 20)

15

L' evoluzione del pensiero critico

Nel 1 964, ncl l ' aria del le ''Ce lebrazioni" che si andavano organizzando per il setti mo centenario dantesco, l ' A . scriveva: "A tutt ' oggi, non sono pochi coloro che respingono ostinatamente ogni possibilità di stabilire un nuovo rapporto fra la ' spiritualità' de La Commedia e l ' urgenza della vita moderna. L' affermazione sempre più ricorrente che ormai non ci sia ' più nulla di nuovo' da dire su di essa, dopo quasi settecento anni di anal isi e di polemiche, può costituire ' l ' incogni ta ' delle Ce lebrazioni che s i vanno preparando per i l 1 965: perché c ' è da aspettarsi che se La Commedia non sarà rigcnerata da una vis ione nuova, se essa affronterà il vaglio del gusto e delle es igenze moderne senza riuscice a comunicare la vitalità spirituale e, pe rtanto , incorruttibile, che palpita dietro una struttura (etica, speculativa e scientifica) che , nel suo insieme , risente del l ' usura del tempo; senza riuscire ad inse rire l ' e mblcrnatici tà dc i suoi personaggi e l ' occultismo dci suoi episodi nel pere nne divenire della Vita, a La Commedia, nel migliore dci casi, potrà essere tributato il melanconico devoziona­ le omaggio ri servato alle re liquie, o, tutt ' al più, un'onorevole tumulazione nel ci mitero degli archi vi nazionali. E già sperare questo, con il vento che spira ne l l ' anarchi a dci costumi letterari , è sperare molto! D ' altronde, osiamo dire che ad un' esumazione di luoghi comuni da parte dei gross i cal ibri della letteratura, pre ferire mmo una decisa levata di scudi da parte del sovvers ismo cul turale che decretasse una volta per se mpre che La Commedia, allo stato attuale, è solo un incubo angoscioso nei ricordi scolastici delle nuove generazioni; osiamo dire che al compromesso di vedere assegnare una 'medaglia alla memoria ' al Poeta la cu i Vital ità spirituale partecipa, invece , al la nostra più interiore realtà umana, preferiremmo di gran lunga assistere alla di lui ' sconsacrazione "'. Da una cosl radicale de molizione , infatt i, potrebbe affiorare nella cosc ien­

za qualche percezione dci rapporti tuttora vital i c fecondi che legano la nostra Era a La Commedia: per cui, sorpresi c stupiti della sua persistente Autorità dovrem­ mo perlomeno cominciare a chiederci dove e in che cosa questa "Au torità" risie­ da. A questo punto, già sare mmo su lla strada giusta che potrebbe portarci ad intu ire che l ' attributo "Divina" che qualifica La Commedia, non fu un giudizio occasionalc c temporaneo de gli eruditi , ma fu una percezione a carattere perrna-

17

ne n te dell'anima popolare, che in tul quello che palpita dietro le parole di questo libro Sacro e lo preserva dall'usura del tempo ( 1 ). D'altra parte , già nella vita intellettuale dei secoli scorsi possono essere rintracciati luminosi esempi di uomini non suggestionabili dall'ufficialità dei giu­ dizi pre-costituiti i quali, quando non seppero percepire o non vollero accettare l'aspetto spiritu ale che solo giustifica la qualifica "Divina" de La Commedia, rifiutarono il conformismo critico che ne osanna va gli aspetti più esteriori e dete­ riori e si ribellarono alla tradizione, che, in forza della maggioranza, ne imponeva la venerazione come un dogmatico "atto di fede" intellettuale. Il mordace studio di Riccardo Morbelli ci offre un'interessante panoramica di queste costruttive 'ribellioni', già rintracciabili nel 1 500, quando Bembo rim­ proverò al Poeta "la crudezza dei particolari"; Giovarmi della Casa "l'uso di voci divenute nel corso del tempo disoneste e plebee", ed il Bulgarini trovò ne La Commedia "increscioso il tono, bizzarr a ed inverosimile la dizione, contraria ai canoni aristotelici la struttura;" mentre nel 1 600 il Frugoni avrebbe addirittura proclamato di stimare "una strofa" di alcuni poeti famosi del suo tempo, più che tutta La Commedia. Ma fu nel 1 700, nel secolo in cui la Rivoluzione francese avrebbe sconvol­ to c rinnovato sostanzialmente anche il Mondo del pensiero, che si trovò il corag­ gio di mettere sotto processo non solo le ' motivazioni' in base alle quali si era elevato il Poema agli onori degli altari nel Pantheon delle Muse, ma la fama stes­ sa del Poeta. Nel 1 700, infatti, Antonio Muratori, nel suo scritto "Della perjella Poesia italiana " , definl senza metafore il Poeta "oscuro c scolastico"; e .non solo un'accusa scagliata da tanto nome non trovò chi la controbattesse, quando anche - rinverdendo la mania dci raffronti congeniale agli ital iani - dette l'avvio ad una polemica nella quale si disputò se il primato e la gloria della nostra lingua spettassero a Dante o a Petrarca, a conclusione della quale ci fu chi optò per l'are­ tino. Polemiche e dispute di sapore accademico, che furono in vero ben poca cosa di fronte all ' impeto dell'attacco sferrato senza esclusione di colpi dall'abate Bcttinelli il quale nelle sue Lei/ere Virgiliane, dopo aver concesso a Dante "non più di un migliaio di versi buoni", concludeva che La Commedia, per la prevalen­ za dell'argomento teologico, si riduceva ad un "interminabile sermone": per cui, ne gando al Poeta nome e dignità di 'classico', faceva sue le perplessità dei critici del ' 500 - particolarmente il biasimo del Bulgarini- e rimproverava al Poeta "la stranezza e durezza delle locuzioni" e, soprattutto, "la trasgressione alle rego­ le dell'etica". In effetti La Commedia, che da una parte sconvolge l'ordine dei canoni tradizionali e, dall'altra, soggioga l'anima con la sua autorità spirituale fino a pie­ garla ad una soggezione rcvcrenziale, non poteva non provocare, di conseguenza, la reazione ed anche il dispetto delle personalità critiche più spiccate che non riu( l ) L'attributo "Divina" che qualificò conun populo "lA Comtnl!din", fu reso ufficiale per la prima volta nel 1 555. nclJ'ediz.ione a cura di Lodovico Dolce. e fu sancito nel 1 595 nelJa succc .. iva edizione a cura dc lJa Crusca.

18

scivano né a qualificarla né ad assegnarla, secondo il metodo della critica ort(}­ dossa, ad un detemùnato 'genere ' o 'categoria'. A tale reazione non poteva sottrarsi particolarmente lo spirito liberale ed antiaccadcmico di Vol taire, il quale si lasciò andare a delle considerazioni ed arri vò a delle conclusioni che rivelano appieno quale possa essere il disorienta­ mento di una mente razionale che - come tale - non riesce né ad amme ttere né ad accettare quella di mensione trascendentale de w Commedia che sfugge ad ogni analisi estetica e ad ogni considerazione di ordine concreto: "Tutto ciò egli si chiese - rientra nello stile comico? No. Nel genere eroico? No. In che gusto rientra dWJque questo Poema? Nel gusto bizzarro ". lnfme, dopo aver parla­ to di Dante come di un vol gare mangiapreti, Voltaire si domandò come mai l ' Inquisizione non si fosse mai occupata del Poema. Interrogativo invero mal posto, perché l ' I nquisizione IIOil solo "si occupò" del Poema ma addirittura "se ne allarmò", fmo a temere, forse, che le fiamme de l rogo e l ' anate ma d e l l a scomunica non pote ssero essere sufficienti a renderlo innocuo: per cui decretò d' incenerirlo ben più radicalmente aggiogandolo al carro della Chiesa e dci suoi dogmi c determinando cosi quell ' orientamento critico superficiale e bigotto che avrebbe fmito per ridurlo ad un guscio tanto svuotato del suo contenuto, da indurre un Voltaire a pensare che l ' Inquisizione "non se ne occupò, " poiché sapeva bene "que des plaisanJeries en vers ne peuventfaire rien de maf' ! Non ultimo nella schiera dei grandi ribe l l i , il Val li armovera Wolfang Goethe il quale in un salotto, durante la sua seconda residenza romana, avrebbe dichiarato: "Devo confessare che non ho mai ben capito come uno potesse occu­ parsi di tale Poema. L' Inferno mi riesce del tutto detestabile , il Purgatorio ambi­ guo, ed il Paradiso noioso". In seguito, pur essendo ritornato sul Poema per lodar­ ne - dopo ben quarant' anni - l ' efficacia narr a tiva, non mancò però di aggiun­ gere: "Nel suo insieme, la struttura dell' Inferno dantesco ha qualcosa di mikros­ rnegisch' (voce da lui coniata con le due parole greche ' mikros ' , piccolo, e 'megas' grande). Si deve immaginare dall ' alto fino all ' ultimo fondo una serie di gironi concentrici; ora, questo dà l ' idea di un anfiteatro che , per quanto mostru(}­ so, si presenta sempre alla nostra mente come qualcosa di arti ficioso, di limitato . . . La trovata è più retorica che poetica; eccita la fantasia, IIOil la soddisfa. Però, se IIOil possiamo ammi rare il tutto, noi s iamo sorpresi, stupiti , confusi, dalla rara bellezza dei particolari e costretti al l ' ammirazione ". Maggiore moderazione di giudizio, ma non certo fervore di entusias mo che w Commedia non può i n realtà suscitare, in chi veda in essa solo l ' aspetto esteriore; o, per dirla con la Bibbia e con Dante, a chi sollevi solo il pri mo dei 7 veli che - come nella mistica danza di S alomé - si stratificano sulla Verità nuda ed incorruttibile della Dollrina Segreta, celandola "sotto il velame de l i versi strani". E' più che probabile che quando w Commedia apparve sulla scena del

mondo, la 'Verità' che l ' infonna fosse chiaramente visibile ai Fedeli d' Amore e, particolarmente, a Pietro e Jacopo Alighieri cd a Giovarmi Boccaccio i quali, pur

conoscendo la ' Dottrina Segreta' in essa contenuta, dovettero, nell' ambiente set­ tario dell ' epoca, dire addirittura il contrario di quel che sapevano per sviare i

19

sospetti della Chiesa e salvare cosl il Poema, il quale, se inteso nel suo vero senso, avrebbe seguito la sorte del De Monarchia. D'altra parte non è da escludere che i primi commentatori profani credes­ sero in buona fede agli atteggiamenti esteriori del Poeta, e presentassero anch'essi La Commedia come un Poema perfettamente ortodosso: come fece Graziolo Bambaglioli che visse a Bologna a contatto di quel cardinale del Poggetto il quale, dopo aver dato al rogo De Monarchia avrebbe voluto dare al rogo anche le ossa di Dante. Comunque, è certo che, per una ragione o per l'altra, i primi commenti de La Commedia furono scritti in un clima di appassionate discussioni sull'ortodossia di Dante, mentre le fiamme del rogo minacciavano continuamente le pagine del Poema ed i primi 'veli' delle interpretazioni conven­ zionali cominciavano a cadere sempre più fitti sulle 'Verità' in esse contenute. Dopo la morte del Poeta, sulla sua memoria s'incrociarono gli odi di pro­ venienza ortodossa, l'ambiguità e le polemiche dci Fedeli d'Amore dissidenti e le esaltazioni dci suoi seguaci; e mentre alcuni di questi, come il Pucci, accennava­ no con discrezione al contenuto segreto dc La Corrunedia, altri con l'intento di salvaria, si mettevano addirittura a commentarla in senso rigidamente ortodosso. 'Salvare La Commedia' voleva Pietro di Dante, impegnato a polemizzare sull'entità della condanna inflitta al padre; 'salvare La Commedia' voleva, soprat­ tutto, il Fedele d'Amore Giovanni Boccaccio, la cui ambiguità critica fu tanto deleteria da potersi ascrivere addirittura a mala fede, se non fosse riscattata pro­ prio dalle sue 'contraddizioni' tanto chiaramente eloquenti. Sta di fatto che egli, dopo aver dato pubblica spiegazione del Poema in una chiesa di Firenze, si affrettò poi a fare ammenda di quanto era stato indotto a dire, recriminando: "Vana speranza et vera povertate et l'abbagliato senno de li amici et gli lor prieghi, ciò mi fece fare". . La Catena plane taria terrestre sarebbe quindi figlia ed erede della Catena planetaria lunare. E vero o falso, immag inario o fantastico che ciò sia, sta di fatto che la Luna, girando attorno alla Terra, ne influenza e determina le alte e le bas se maree degli oceani, la crescita delle piante, i periodi fecondi per il concepimento degli uomini e degli animal i . Ma oltre a queste constatazioni oggi riconosciute ed acce ttate , ci sono le molto più sibill ine allusioni delle raffigurazioni simboliche, che ci mostrano la Maria cristiana o l ' lside egiziana - entrambe, come tutte le 'Verg ini Madri ' , personi ficazioni di ' Madre-Terra' - in piedi, gloriose e trion­ fanti , su l l ' arco del l a Luna crescente - a raffigurare che poiché l ' evoluzione della Catena planetaria terrestre ebbe inizio là dove quella della Catena lunare si con­ cluse, sia i Regni della sua Natura che gli esseri che li avrebbero abitati, avrebbe­ ro S 'o.lferuk! l

dantesco , in quanto i "bestial i" di Aristotele, se non hanno ragione sono, pertan­ to, nella impossibilità di esprimere quella "Malizia luciferica" della Mente che è sinoni mo della "matta bestialitade" punita nelle 4 Zone del IX Cerchio: genuina "Frode spirituale", cioè , perché perpetrata dal l ' Ani ma - ed alla quale il nostro Vate non contrappose una generica "virtù eroica e divina", bensl quella specifica "Lealtà" de l l a Gerarchia Ange lica che è la Forza-Motrice del Pri mo C ielo Mobile. Con questo Ordinamento dell' Inferno dantesco - che non si uniforrna a quello comunemente adottato - potrebbe trovare la sua risposta l ' interrogativo di molti Commentatori alcuni dei qual i , per defmire in che parte de l l ' Inferno sia punita la matta bestialità, sono costretti al ripiego di indi viduarla ne ll' Eresia del VI Cerchio o nella Violenza de l VII; o a polemizzare (come fece il Nardi) sul fatto che la "matta bestialità" menzionata da Vtrgilio in riferimento al l ' Etica di Aristotele, non trova la sua collocazione fra i peccati danteschi perché essa non s arebbe s t a t a m e n z i o n a t a per e s sere i n s e r i t a ne l l ' O rd i n a mento m o r a l e de ll ' Inferno, ma so l o pe r "dimostrare" (?) che l ' Incontinenza è a l tr a cosa dalla "Malizia" poiché è , di quella, Pecca to ass ai meno grave ... Di Wl ' analoga illogicità fu il "dubbio"di Dante circa i Pecca tori esclusi da Dite ( tl24-25 ); e la forma interrogativa con la quale Vtrgilio gli risponde, ritra­ smette appieno la vee mente reazione del Maestro di lui : "Non ti rimembra di quelle parole, con le quali la tua Etica pertratta (esamina attentamente) l le tre disposizioni che 'l ciel non vole, l incontinenza, malizia. e la matta l bestialitade ? e come incontinenw l me n Dio offende e me n biasimo accatta?" (L27). Ma "la tua etica" alla qu ale Vlfgilio fa riferimento, non è l ' aristotelica, bensl è quella del più segreto, occu l to Esoterismo: Se il suo Discepolo - si limiterà a dire quasi sdegnosamente Vlfgilio considererà attentamente "questa sentenw" e se ricorderà chi "sono quelli " che fanno penitenza ju o r' (di Dite), allora egli vedrà (da solo) perché essi siano divi­ s i dai Peccatori Il rinchiusi " ... e perché men crucciala l la divina giustizia li mar­ telli"' (tL 30). '

'

L' Usura: il Peccato dell ' Era Moderna "che più offende Dio" (tt30-38) Le paro l e di Dante esprimono, or a, tutta la gioia dell ' Uomo che è riuscito ad illuminare con la luce dell ' Intuito le tenebre che avvolgono l ' lnconoscibile e che, pertanto, è ora sicuro che ogni ulteriore ' dubbio' possa essergli sciolto: "O so ì che sani ogni vista turbaJa", egli dirà identi ficando questa sua Luce Interiore con la 'Conoscenza' di Vtrgilio, tu mi riempi di tanta gioia quando risolvi i miei dubbi , che il dubitare non mi è meno gradito de l sapere ! Torna pertanto ancora una volta indietro, nel punto in cui mi dicesti che l ' usura "offende la divina bontà", e risolvimi anche questa difficoltà (tL 3 1 -32). Anche questa volta , per risol vere i l dubbio del D iscepolo, se mbra che Vlfgilio facci a ricorso alla Filosofia di Aristotele la quale - concordando con il

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pensiero medioevale - sosteneva che i prodotti del lavoro umano (le arti) hanno un I!Xo fondamento comune nei prodotti della mente divina e, quindi, ne lle opere della creazione (nella Natura). Ma in realtà, anche questa volta, egli si ri fà a quel­ la Filosofia Esoterica che ben può essere considerata un sinonimo di ' S cienza Fisica' perché dà il modo di sc anda g l iare , "a chi la inte nde" , nel mi stero dell' inalterabile equilibrio e dell' imperturbabile bellezza della Natura, e di sco­ prire che essa è governata, in ogni suo anfratto, e non in una sol a parte di sé, dall ' i ntelli genza delle Leggi natural i e dal l ' opera de l l ' E voluzione (''da divino inlellello e da sua ane") che , indefessamente, la rimodellano e rinnovano: per cui - dirà ora il Maestro al suo Discepolo se tu porrai mente alla "tua fisica" tro­ verai, dopo non molto indagare (''dopo non molte carte") che l ' Arte dell ' Iniziato (''l 'arte vostra") quando può, asseconda (''segue") le Leggi naturali e l 'Opera dell' evoluzione come il Discepolo segue il Maestro - tanto, "che vostr 'artL a Dio quasi è nipote " (tt. 34-35). E' questa la ''tua fisica", ha detto Vrrgilio al Vate che fu il preCUI'SCYC dei 'Tempi Nuovi ' perché fu in grado di assoggettare con l ' Arte degli Iniziati ("con l 'arte vostra" egli ha ribadito per ben due volte), i poteri carpiti al la Natura ai Poteri dello Spirito. Se richiami alla memoria "la Genesi del principio", precised ora il Maestro al suo Discepolo, vedrai che è "da queste due" (dal "divino intel­ letto" e da "sua arte") che l ' uomo deve attingere sia la sua Vita interi!Xe e pura­ mente spirituale, sia l ' Arte di sopravanzare l ' evoluzione de ll'umanità ("avllliZJU la gente") ( t . 3 6). Ma per la grande fiumana u mana che arranca faticosamente sulla l arg a spirale che porta a tale Meta, questo avverrà al la 'Fine dei Tempi ' . Nel corso de l l e quattro Grandi -Razze-Radici che precedettero la nos tra, l ' Umani(} sviluppò grad u al mente il corpo fis ico, i se ns i , le facoltà emotive c le capaci(} razionali, relati vamente all ' insorgere cd allo sviluppars i della Mente concreu; mentre lo schiudersi de lla Mente Superiore , o ' spirituale ' , e delle facoltà intuiti ve avrebbero segnato la meta e il termine evolutivo della Quinta Grande -Razza ­ Radice-Ariana - l 'Adamitica. Nel Primo Libro de lla B ibbia - l a Ge ne si" della nostra Umanità - si può ind i vidu are il Mome nto dell ' i nsorgere del l a Mente : quando l ' E ne rg i a manaslca si risvegliò dal torpore del ' Paradiso Terrestre' e, con la forma di un Serpente, sollecitò l ' Ar ch e t i po della nostra u manità - I ' Adam-Kadrnon - a derubare del suo Frutto l ' Albero della Conosc e nza e a nutrirsi di un prodotto che egli non aveva né seminato né colti vato e che , quindi, non gli apparteneva: per c u i Il Peccato d 'U s u ra ( I O ) s arebbe stato l ' Origine e il Contrassegno dell' attuale Genere umano O I l . Per sanare questo ' Pecc a to ' , l ' Erede dell ' Uomo Primigenio avrebbe dovu­ to conquistarsi Il diritto di cogl iere e di nutrirsi del ' Frutto' dell ' Albero della Conoscenza: avrebbe dovuto, cioè, diventarne il padrone legitti mo solo quando avrebbe imparato a se minar i o a col tivarlo e a riprodurlo col sudore della froote. Ma in seguito, - dopo millenni, un Essere della nostra umanità che divenne un 'Figlio di Dio' (Gesìl detto il Cristo), promise al l ' uomo che anche lui avrebbe potuto nutrirsi coo i frutti dell ' albero della Conoscenza, perché anche lui avrebbe -

"

,

( I O) Dal l atino

(I l )

246

IUuram:

"godimento indebito

Promèteo cbe ruba il f1.1000 agli dèi

di Wl

bene"

è u n ' altra venione deUo stess o evento.

imparato a ' si gnoreggiare ' sulle Leggi del la Natura con un' Arte che avrebbe rispecchiato il "divino Intelleuo" del suo Creatore .

Al momento auuale della ll06tra e voluzione , questa Promessa è ancora una voce che grida nel deserto: "Preparate le vie del Signore , addrizzate i suoi sentie­ ri !"0 2); e l ' umanità della nostra Quinta Sotto-Razz a -Ariana (che ben può dirsi 'eristica' indipendentemente dalle Fedi professate) è particolarmente responsabile del Pea:ato d 'Usura poiché né "prepara le vie del Signore" né "addrizza i suoi sentieri" - ma continua imperterrita a carpire alla Natura i suoi segreti per alte­ rare se mpre più consapevolmente ed efficacemente sia l ' equ il ibrio delle leggi fisiche che strutturano la bellezza e l ' efficienza de l l ' universo visibile, sia quello delle Leggi che strutturano la Bellezza e l ' Efficienza di que l l ' Universo invisibile che è l ' Anima spiri tuale de l l ' Uomo. In ogni cosa o creatura la presenza di una 'vita' che si alimenta e perpetua 811C rl ficandosl e che rice ve donando è, oggi, testimoniata anche dal la scienza degli uomini ; ma la nostra attuale umanità continua ad essere "l' usuriere" che ­ come dirà Virgilio - "altra via tiene " perché continua ad offendere la Natura in se stessa e nella "sua seguace" ( l ' Arte ), e a riporre "in altro" (nell' alimentarsi della vita altrui senza nulla sacrificare del la propri a, nel prendere senza nulla dare ) "/a speme" (di un benessere materi ale realizzato a ttravers o un progresso senza civiltà): "E perché / 'usuriere altra via tene, l pu s� natura, e per la sua seguace l dispregia. poi eh 'in altro pon la speme" (1.37). L' ora che viviamo, è proprio que lla di una Umanità che in altro pon la speme " - è l 'ora preann unciata nell 'ulti mo verso di questa terzina, che preconiz­ za il peccato d ' usura consu mato da un ' u mani tà sempre più intellettualmente potente ma sempre meno spiritual mente efficiente , sempre più capace di spadro­ negg i are su l l ' Universo ma sempre meno capace di 'signoreggiare ' su di esso. Una umanità che, ad un certo momento, sarà però costretta a fare il punto e a tir a­ re le somme, per concludere di essere progredita senza evolvere e per rendersi conto che una cosa è il progresso ed altra cosa è la civiltà se più ha assoggettato la Natura e più i suoi limiti spirituali si sono ristretti , se più ha dominato le leggi fiSiche e più è i mpotente contro il nichilismo mentale che la corrode e che, forse , con la 'malattia del secolo' , al tera perfmo l ' ordine e l ' equilibrio delle sue cellule , facendole impazzire; se, pe r sopravvivere, altera non solo l a Natura terrestre ma anche quella umana di cui viola la libertà e distrugge la vita morale; se la rernora al deli tto de l le guerre non è l ' Amore , ma solo la paura del l ' enorme potere di distruzione del l ' atomica; se il pri vi legio che dovrebbe mettere un uomo o un popolo alla guida de l l ' umanità, non riposa sulla supremazia morale ma sul potere supremo dei capital i e di un progresso fme a se stesso, senza luce di speranza e senza sostanziale rispe tto per la Vita. L' anatema del nostro Vale contro l 'Usun1 che s ' inserisce ne l l ' Ordinamen­ to morale del suo Inferno, è la condanna di questo Peccato che "più offe nde Dio" perché, più di ogni altro, testimonia di quanto il ' Potere Divino' sia stato asservi­ to ai 'poteri dell 'uomo' ; ed è previsione dell ' ora che stiamo vivendo, è, più anro"

( 1 2} "La predicaziooe di Giovanni B attista" : Matteo, 3 /3 ; Marro , 111 , Luca, 3/ 1 ; Giovanni,

I/6, 3123.

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ra, anticipazione degli effetti che sarebbero seguiti all'esasperata special izzazi ooe della mente che, dividendo e suddividendo la materia, avrebbe sempre di più per­ duto di vista l ' unicità della Vita. Ma è, anche, previsione del momento in cui, toc­ cato il 'centro ' del materialismo filosofico religioso e scientifico, l ' Uomo riporrà final mente "la speme" in quella Integrazione dei poteri fisici con i Poteri Spirituali promessa dal Cristo - e anti veduta da Dante con questi ' Peccati ' infernali che si risolvono nelle corrispondenti 'Vutù ' del Paradiso: particolarmen­ te con la ' Violenza' del VII Cerchio che, nel Terw ed ultimo dei suoi Gironi , si esaspera nella calma, fittizia, controllata e guardinga che caratterizza l'Usul"ll, per risolversi poi nel VII Cielo di Satumo con la Calma interiore, reale, distaccata, degli ' S piriti Contemplanti' . Gli storici del Pensiero dantesco inquadrano questa coodanna dell'Usura nel costume del Medioevo, e la fanno risalire al danno morale e materiale che, ai tempi di Dante , il ' conunercio del danaro ' procurava a Firenze e all ' I talia: ma anche in questo caso, la Condanna dantesca si dilata con gli orizwnti e con le possibilità del Lettore , alcuni dei quali potrebbero, pertanto, espandere questa 'denunci a' dell' usura medioevale a quella del baratto dei Beni Spirituali con i beni materi ali , che caratterizza la nostra Era. In ogni caso, anche a voler prendere in considerazione la possibilità della denuncia dell' usura dei Comuni che - con Firenze , Genova, Venezia, Padova ebbero in mano il conunercio d' Europa, tale denuncia proietta la sua condanna da quell 'empirico 'conunercio di danaro' alla nostra ' S cienza della Finanza ' , che con il prestito non gratuito ha legalizzato un ' usura che è il pilastro della Legge dell' Economia e che, per la sua natura, non può prescindere né dallo sfruttamento dei beni altrui né dal l ' interesse dei ' com­ mercianti di danaro' ad aumentare la richiesta dei 'bisognos i ' e, quindi, la mise­ ria: per cu i ben può dirsi che sia l ' impalcatura della nostra Economia sia quella mentale e morale de l l ' U manità che l ' ha impiantata, poggiano, ancora oggi, su quel biblico Peccato di Usura da cui nacque la Progenie di Adamo (''la Genesi dall 'origine") - che persiste nell' offes a alla "divina bonlade". Per cogliere un siffatto Ordinamento occorre poter sollevare l ' ultimo dei '7 Veli ' che ammantano la forma (magistralmente aderente alla sostanza) di questo Canto dottrinale, afono di ogni affiato lirico, sordo di ogni risonanza dramma tica ed umana. Solo negli ulti mi quattro versi, la Poesia torna ad affermarsi con la voce del Firmamento che parla il suo linguaggio rivelatore delle recondite armo­ nie del perenne proiettarsi del l ' Uomo nel Creato. Il lento ascendere degli astri nel cielo mentre un nuovo gi(III() sopraggiun­ ge e solleci ta i Viandanti a riprendere il cammino, sono rivelatori di quell' intimo rapporto fra la Vita del Cosmo e la Vita interioce de ll' Uomo che sfugge al l ' inda­ gine di una Scienza troppo impegnata a lanciare 'cocpi' nello spazio, per poter porre mente al proiettarsi delle Coscienze verso il Mondo del l ' Anima. Il nostro Va te coglie invece riflesso ne l l ' arco di un g iorno terreno la traiettori a di un Giorno cosmico senza alba e senza tramonto, le cui ore sono scandite dalle stelle sul quadrante del fmnamento: e cosi , questo Canto dottrinale si conclude con la precisazione astrologica della posizione che occupava la Costellazione dei Pesci, nel momento in cui i due Viandanti si apprestavano ad oltrepassare "il balzo" che di vide il VI dal VII Cerchio, per avviarsi verso l ' estremo limite della Prima 'Zona' infernale dominata dalla ' Lonza' .

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Tre ore sono trascorse dalla dodicesima ed ultima ora della notte de l 'k nerdl Santo; ed alle tre antimeridiane de l Sabato Santo - preciserà Virgilio le s telle che corrispondono al segno zodiacale dei Pesci sorgevano ad Oriente ("guizzavan su per l 'orizzonte") tre CYe prima del Sole (mentre questi era ancora in Ariete ) e quando L'Orsa Maggiore (''il Carro"), in que ll' equinozio di pri mave­ ra del 9 Aprile del 1 300, mentre i Pesci erano già alti sull 'orizzonte, si trovava esattamente nella direzione seguita dal vento Cauro (''Coro " ), che spira da occ i ­ dente a settentrione. Ma all ' altra ripa, al "balzo", si pote v a scendere solo più lon­ tano:

-

" .. Ma seguimi oramai, chi 'l gir mi piace: Chi i Pesci guizzan su per l 'orizzonta, E 'l Carro lui/o sovra 'l Coro giace, E 'l balzo via là o lira si dismonta". Con questa vis ione si conclude il Canto che ha enunciato l ' Ordinamento topografico e morale de l l ' Inferno dantesco, ed incominci ano quegli accenni astrologici che si andranno via via se mpre più infi ttendo, per concludersi poi nei Cieli del Paradiso - con la visione de l l ' armoni a vigente fra le Anime umane e le Costell azioni o, meglio, fra lo Spirito dell ' Uomo e gli ' Spiriti Plane tari ' che pre­ siedono ai Mondi del nostro S istema Solare.

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CANTO XII

Nel primo girone del VII Cerchio la violenza contro le Tre Persone

Le "Ruine" della Natura infernale (tt. 1 - 3) Del VI I Cerchio che si apprestavano ad attraversare, Vtrgi lio disse che, in esso, "A Dio, a sé, al prossimo si pone far forza" 0 ); e questo indusse a definire "Violenti contro il prossimo" i Dann a ti che vi erano ristretti. Ma sta di fatto che questo "prossimo", se inteso come Genere umano, vi sarà presente solo nelle ulti­ me te rz i ne del Canto (2) con una elencazione di nomi e di epiteti tanto significati­ vamente incolore da relegare la crudeltà dei Tiranni , la devastazione degli Attila o l a violenza dei Pirro, al ruolo di un coro che si limita a fare da sottofondo e a sottolineare il grande tema del Canto: LA VJOLENZA mNno I.E Tilli PERSONE. II Maestro ave va gi à preparato i l suo Discepolo alla vista di siffatta violen­ za, quando gli precisò: "Dei violenti il primo cerchio � tuJto; MA PERCHt si 1'-" VIO­ LE.NZ4. A TRE PERSONE, in tre gironi è distinto e costrutto". Con la chiave dell'esoterismo vedico le "tre persone" vanno intese come I ' Atrna-Buddhi-Manas, il Sé Spirituale nell 'uomo - la Scintilla della ''Grande Fiamma " o Vita-Coscienza Universale, che pertanto può, come quel la, creare i propri mondi "a sua Immagine e somiglianza". Ed oggi più che mai , l ' uomo non può più ignorare, o fmgerc d' ignorare , che die tro la de vas tazione e la morte della natura, l ' inquinamento dci fiumi e dc i mari , i buchi neri ne lla stratosfera, non c ' è la "Volontà di Dio" ma solo, e d esclusivamente, la s u a ingorda insaziabile avi­ di tà : per cui il mondo devastato in cui si arr abatta per sopravvivere ed il suo mondo Interiore altro non sono che due facce della stessa medaglia. U fatto che l ' uomo e la natura (fisica o superfisica) siano uno è un assioma dell ' Occu lti smo; ed esso riposa sulla conoscenza dell ' inalienabile interdipenden­ za fra tutti i regni de l l ' Universo, di fferenziati dai molteplici stadi della coscienza ma equiparati dall ' identicità del la vita che Ii informa, e che determina il perenne fluire dell'essenza dell ' uomo in quella della natura, e vice versa. Questa è l ' idea espressa dal grande Assioma ermetico:

"L'esteriore è come l 'Interiore, Il piccolo è come Il grande; ciò che è In basso è come ciò che è In alto; non c'è che una VITA e una LEGG E ; e QUELLO che le mette In azione, è UNO. Niente è Interiore, niente è esteriore ; niente è

( l ) bif. C. XI, L I l (2) Dalla terzina 35 all a 4 1

25 1

grande, niente è piccolo, niente è In alto, niente è In basso , neU ' Economla della Natura".

È dunque nell ' a fferrare l ' assoluta identici tà fra Grande e Piccolo, fra M acro e Micro-cosmo, che riposa la poss ibilità di percepire che le Leggi che pre­ si edono al manifestarsi e all ' evolversi di un Universo sono le stesse che presiedo­ no al mani festarsi de l Sé Spirituale nel l ' uomo, al suo espandersi e ri tornare all' Origine che ebbero in comune . Partendo da tale pre s upposto, non dovrebbe essere difficile com(X"endere da chi, e come , siano state prodotte le Ruine de ll ' I nferno dantesco - che non furono u n a "fan t a s i a " d e l Poeta bensl l a " r e a l t à " cosl come s i pre s e n t ò aii "'Occ h io aperto di Dangma" (3), l ' Iniziato che andava attraversando da vivo il Mondo dei Morti . Davanti alla prima RU!NA che egli vide, proruppe la disperazione de i Lussuriosi: "Quando giungon davanti alla ruina) quivi l e strida., i l compianto, il lamento;! bestemmian quivi la virtù divina" (4l. E già nel primo Cerchio effettivo del l ' I nferno dantesco ideale. coscienza imrnena nella Coscienza Universale, Anima vuota di qualsiasi attributo" (ferro Framme n to - u Selle Poru).

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piani nudi ed untt' - i lottatori greci o i gladiatori romani - che solevano sop­ pesare attentamente l ' avversario, per cogliere il momento a loro più vantaggioso per sopraffar! o: " . . . e quando a noi fuor giunti, lfenno una rota di st! tutti e t rei, l qual sogliano i campion far nudi ed unti, l avvisando /or presa a /or vantaggio, l prima che sian tra /or battuti e punti;" (tt.7-8). Contemporaneamente, anche il meccanicismo artificioso di questa de gradante ruota u mana si dissolve nella effettiva libertà degli Esse ri che la compongono - tanto che, alla luce di questa percezione, si potrebbe addirittura risolvere il dilemma della ' libertà' cbe nella Legge del Karma appare inesistente: poiché, qui , si visualizza addiri t tura come sia r--oprio l ' uomo a formare e a far girare la "Ruota" da lui, e da lui solo, messa e mantenuta in moto; per cui, anche quando l ' immag ine fittizia dei "campioni nudi ed unti" evocata da una ' sirnilitudine ' si dissolve nella realtà infernale, que­ ste tre misere voli Ombre che girano in tondo ruotando goffamente il collo in dire­ zione opposta a quella dei piedi (1.9), conservano la dignità e la fierezza dei lotta ­ tori antichi. E mai più riusciremo a vederle grottesche e patetiche, coodizionate una al movimento dell' altra - com'è naturale che appaiano a chi legga ad /irte­ ram l ' episodio.

Iacopo Rusticucci - Guido Guerra - Tegghiaio Aldobrandi I Campioni del Karma Yoga (tt. l 0- 1 7 )

-

La pr i ma d i queste Ombre c he parla anc he pe r l e altre due, è pienamente c o n s a p e v o l e c h e " la fam a " c h e e s s e ebbero n e l mondo c o s t ri n g e r à ora ques t' intruso a dire loro chi egli s i a , e perché pos sa, da vivo, attraversare l ' I nferno: "La fama nostra il tuo animo pieghi l a dirne chi tu se ', che i vivi piedi l così sicuro per lo inferno freghi"' (t. I I ). Ma poi continua a parlare, senza dare tempo a Dante di risponderle e senza nemmeno attendere da lui un cenno di con­ senso al colloquio, che avrebbe potuto anche non essergli gradito. L'Ombra che parla dice di pestare, camminando, le orme di quella che la r--ecede nella ruota e, delle tre che la compongono, deve essere la più autorevole se è essa, ora, a presentarla a Dante. Non ne dice subito il nome , come pure sarebbe stato logico, ma lo fa procedere da un raffronto fra l ' ignobile aspetto che ha ora questo Dannato e l ' i mportanza che ebbe invece l ' uomo che visse sulla terra: "Tutto che nudo e dipelato vada, l fu di grado magior che tu non credt' (t. 1 2); ed è proprio dal la rara efficacia di questa antitesi, nel punto di fusione, si potrebbe dire, di queste due immagini cosl contrastanti, che può affiorare la per­ cezione di un E vento che , se passò inosservato alle annotazioni della S toria umana, ri mase invece registrato negli Archivi occul ti , ad eternare la sconfitta di questo Discepolo che, pur avendo rag giunto un "G rado m a ggiore" ne lla Gerarch i a del di scepolato, ri mase bruci ato dal l ' incauto u s o de l ' Fuoco di Kundal i ni ' Ed anche quando ne rivela il nome e dice che quest 'Ombra, in vita, si chiamò Guido Guerra, non fa cermo a nessuno dei molti episodi che ne decretaro­ no la ' fama' terrena mentre, con concisione mirabile, tratteggia la Disciplina del Karma Yoga che ne caratterizz ò la vita, il pensiero e l ' azione, quando dice: "In sua vita, fece col senno assai e con la spada" (1. 1 3) . Nessun sospetto di pervertimento sessuale o d i altra natura macchiò mai i l

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nome del grande esiliato di Montaperti e del valoroso condottiero della Battaglia di Benevento che se gnò i l crollo dei Ghibellirù in I talia; per cui solo se nella

'sodorrùa' di Guido Guerra si sapranno vedere - come in quella di Brunetto gli effetti devastanti dell ' incauto uso del Fuoco di Kundalirù, Dante potrà essere sollevato dal l ' accusa di avere inventata, e tramandata, una siffatta calunrù a ai danni di questo Grande del suo tempo. Un s e g u ace d e l Karma Yoga dovette i nd u bb i a me n t e e s s e re a n c h e Tegghiai o Aldobrandi la cui Ombra, n e l l a ' rota ' , sta alle spall e di quella che parla. Anche questo personaggio, ne lla rapida conci sione di una sola terzina. è ora tratteggiato con la contrapposizione della sua inefficienza presente ai 'Pote ri ' che in passato, quale Discepolo, dovette avere. Questa vol ta, infatti , quello che viene rimarcato non concerne l ' aspetto fisico o de lle qual ità particolari - bensl il fenomeno eccezionale che que st' Ombra possa, camrrù nando, smuovere la rena: "L 'altro, ch 'appresso a me la rena /rila, è Tegghiaio Aldobrandi . . . " ( t l 4). L 'evidente violazione alla Legge del Mondo Astrale enunciata da Chirooe nel XII Canto e secondo la quale , come egli precisò, "i piedi dei morti" non pos­ sono "muovere ciò che tocc ano" , non mancò di attirare l ' attenzi one dei Commentatori , alcurù dei quali la spiegarono con la possibilità che l ' O mbra pre­ sentatrice adoperasse, parlando, parole ed immagirù a cui, da viva, era abituata. Esotericamente spiegata, invece , l ' O mbra disse proprio q uello che ndeva, poi­ ché tale ' violazione ' è la conferma che la morte non altera, né sminuisce, i Poteri di natura spirituale che , una volta acqu isiti da un Discepolo I nizi ato, diventano patri monio i n a l ienabile del l ' Anima s u a . S e questo fu i l caso di Teg g h i a i o Aldobrandi egli, quando e r a ancora s u l l a terra, polé presurrù bi lmente sottoporre alla sua volontà alcune delle leggi del Moodo fisico : per cui ora l ' Anima di l ui può violare anche una delle l e g g i de l Mondo astrale, e far ' tritare ' l a r e na al Kama Rupa in cui è i mprigionata. La terzina che segue accredita ancor più scopertamen te l ' esoteri s mo dell' episodio e sottolinea la natura dell' esperienza che i tre ' Sodorrùti ' ebbero in comune allorché l ' O mbra, con le prime parole che pronuncia per presentare se stessa, qual i fica la loro condizione presente con il riferimento al suppl izio de lla croce : "Ed io, cile pos/0 son con loro in croce, Iacopo Rusticucci fui . . . " (1. 1 5) ­ ed è , questo riferi mento, lo stato di rutto preminente che , nella fase conclusiva delle 'presentazioni ' , sta come ad assol vere alle funziorù de l mozzo che s alda ass i eme, e ricol lega l ' uno al l ' altro, i singoli raggi della stessa ruota. Anche questa volta, il verso si presta ad una duplice interpretazione quella prevalente per la quale il riferimento a lale strumento di tortura rientrereb­ be nell' uso parlato per esemplificare genericamente l ' idea di un suppl izio che è

(6) ". . . Sieu voi accorti. l cM q�l di retro (Dante) move cw cM tocca ? l Cos/ 110" soglio" far li pii de 'morti'" ( L 27). (7) Come. ad esempio. ann u llare la forza della coesione disintegrando oggetti e reinte­ grandoli altrove, o invertire la legge di gravità facendoli 110llevare e mantenendoli 110spesi nell ' aria, ed altri fenomeni simili, come quello dei mess ag gi ' preci pitati' dai Maestri, dei quali quasi tutti banno almeno sentito parlare.

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insieme fiSico e morale, e quella esoterica, per la quale la Croce h a , fra gli altri, un significato ben preciso: quello della morte secondo la carne e della rinascita secondo lo Spiri to ; ed è, questo simbolo, troppo i mportante e s i gni ficati vo per­ ché gli esoteristi possano ammettere che un Vate della statura di Dante abbia potuto usarlo a cuor leggero, come un' espressione convenzionale o, peggio anco­ ra, per efficacia scenica - senza alcuna intenzione di adombrare con esso il fine redentore non solo di questo, ma di tutti i supplizi del suo Inferno ! Né pii) facile è convenire con l ' interpretazione da alcuni proposta per l ' ultimo verso della stessa terzina - " . . . e certo la fiera moglie più eh 'altro mi noce" - secondo la quale questo Guelfo i mpavi do non avrebbe trovato niente di meg l io per g i u s t i ficare la sua 'deviazione ' sessuale , che accusare la "fiera moglie" di rifiutarsi al l ' amplesso coniugale ! (8) Una situazione invero grottesca che potrebbe invece diventare illuminante se si vorr à convenire che 'moglie' e 'com pagna della vita ' sono sinonimi e che la Compagna della vita di un Discepolo è la Disciplina che egli ha sposato e che ha giurato di ''preservare e rispettare fino alla morte"; per cui, ben poté essere la Fccza possente insita alla Disciplina del Karma Yoga che, quando Jacopo stette per bruciarla con l ' u so

incauto e prematuro di Kundalini, si rifiutò a lui - ossia, lo 'respinse' . Nella prospettiva de i Processi Occu lti, s i potrebbe pertanto avere l a confer­ ma che l ' avere bruciato la Fccza insita al Karmo Yoga con il Fuoco di Kundalini fece precipitare Jacopo in questo Terzo Girone del V I I Cerchio, nella Schiera dei 'Sodo miti ' - per cui, proprio come lui dice, niente altro, pii) di questo, "mi noce". Sconcertante , sproporzionata al l egame solo ideale che po té uni r lo alla memoria di q ues ti Eroi che egli non conobbe , contraddittori a, pii) di tutto, con l ' au stera compostezza che ha sempre caratterizzato gli incontri con i Danna ti pre­ cede n t i , prorompe ora la reazione di Dante a l l a pre sentazione che J acopo Rusticucci ha fatto degli altri due Sodomiti e di se stesso. Senonché , particolar­ me nte se si vorrà tenere conto che le 'parole ' sono usate qui da chi conosceva il Potere che esse hanno, proprio le espressioni di questa reazione tanto eccess i va ed impulsiva da risul tare addirittura disdicevole , potrebbero confermare che ancora una volta il Poeta, con una dissonanza incoerente con l ' insie me , intese segnalare che nei tre Sodomiti che gli stavano di fronte aveva riconosciuto delle Anime che , sulla terra, avevano ricevuto la sua stessa Iniziazione . E mai pii), nep­ pure negli incontri con i Beati del Paradiso, prenderà corpo tanto e fficacemente la Forza dei Legami iniziatici, come in queste terzinc ne lle quali il Poeta dichiara che solo la paura di essere "bruciato e cotto" poté trattenerlo dal precipitarsi gil) da l l ' argi ne - e per di pii) con il beneplacito di Virgilio - con una ' buoruJ voglia", egl i dice, che accompagnato com'è dal "mi facea ghiotto", fa addirittun pensare alla smodata avidità degli ingordi ! : "S 'i ' Jussi stato dal fuoco capena, l gittato mi sarei tra /or di sotto, l e credo che 'l dottor l 'avria sofferto. l Ma perch 'io mi sarei bruciato e cotto, l vinse paura la mia buoruJ voglia. ! che di loro abbracciar mifacea ghiotto" (tt. 1 6- 1 7). ( 8 ) Un "dramm a domestico ' , oltretutto. di c u i non c ' è tracc ia cbe in un ' affermaziooe Lana il quale. parafrasando il "fiera" dantesro. lo allribuia:e alla f.era moglie ma. comunque. solo per dire cbe essa era "perveru e malvagia"

del tutlo gratuita di Jaropo della

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L' i ncontro pii) recente , e qu indi di pii) fac ile raffronto, è quello con

Poeta conobbe personal mente, ma al quale fu da una familiarità di rapporti anche umanamente parlando cosl profondi, cbe "/a dolct immagint pattrna" sembrò addirittura offuscare nel ricordo quella de l M a e s tro c h e g l i i n s e g n a v a "come / ' u o m s ' t l ierna" E p p u re . a n c h e que l l ' incontro, f u contenuto ne i linùti di una devoziooe rispettosa cbe so l o qual­ che volta si animò di toni accor atamente elegiaci - ed è un tale raffronto a ren­ dere ancora pii) eccessiva ed incomprensibile l ' esuberanza goliardica di questo incontro ora ri sol to con tooi cosl squi llanti, cosl apertame nte contrastanti con la forma espressiva della narr az ione, da far pensare ad un contrasto troppo eviden­ ziato per non essere stato Intenzionale: un contrasto, che esorta a considerare la Brunetto Latini ch e non solo il

legato

possibi l i tà che mentre Dante ebbe un comportamento da D iscepolo di fronte a Brune tto Latini, Maestro nella Disciplina de lla Conoscenza - o

Jnana yoga -

cbe non era que lla da lui seguita, ha invece una posizione da Condi sce pol o con i tre Magnanimi Guelfi che, come lui, seguirono la Disciplina de l l ' Azione Eroica -o

Kanna Yoga.

La risposta di Dante alle domande che gli posero le Tre Ombre (tt. l 8-30) È con voce

commoss a ed

anche accor ata, nella quale però non c ' è pii) trac­

cia della precedente verbosa emotività, che i l Poeta ri sponde oca alle domande che le tre Ombre gli posero urlando, mentre si avvicinavano; ed è sollecito e pre­ muroso, ma non ce rto emozionato o ansioso, quando le rassicura di non averle ­

"Non dispetlo", dirà rafforzando la negazio­ ne con la s tessa parola da loro usata, gli provoca l a loro "condiziont", ma un

come esse temettero - in di spregio:

doloce cosl intenso che dovrà passare molto te mpo prima che egli posa sgravarse­

ne - una "doglia che tardi tutta si dispoglia" L'idea astratta della liberazione dal dolore è qui re sa concre ta dall ' atto de l dlspogllarsl , e la voce , che acce n tua quel

" tardi ' " , proietta questo dolore in una durata di tempo an gosciosamente

in de fi nibi l e . Que s to dolore , dirà in fatti Dante , egli lo provò addiri ttura prima ancora di vederl e , qu ando bastarono a suscitarlo in l u i le parole con le qu al i Vrrg i l io pre ann u nciò la loro comparsa. Non dice quali furono queste parole, ma con una me1.za frase , che fa su pporre ancora più di quanto forse fu detto, comuni­

ca l ' i mpressione che egli ne rice vette e per la quale già seppe quanto dolorose fosse ro le "condiziom� della "gente" che si stava avvicinando: " . . . Non dispetto, ma doglia, l la vostra condizion dentro mi fisse, l tanta, cht tardi tut/a si dispo­ glia, l tosto che questo mio segnar mi disse l parole, per /t quali i ' mi pensai l che, qual voi siete l tal gente venisse" (tt. I S- 1 9). Le ombre gli avevano urlato da lontano . . . nt sembri alcun di nostra terra prava", e la voce del Poeta se mbra elevarsi anch ' essa di tono, ora che ribadisce "di vostra terra sono" ! - con una proclamazione tanto appassionata della ' terra natale' che ebbero in comune , che si potrebbe cogliere in essa anche un riferi­ "

mento alla l oro ' Fratellanza' generata dallo stesso Rito lni ziatico - ovvia ed inoppu gnabile come que lla dci frate lli generati dalla

matrice di una stessa madre.

Dopo avere cosl segnalato in quale dimensiooe potrebbe essere collocata

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questa 'Terra Natale ' che ebbero in comune, Dante risponde alla seconda doman­ da che gli fu posta adoperando un gergo prettarnente simbol ico, che fu compreso appieno dalle tre Ombre - il che potrebbe pertanto confermare, anche se indiret­ tamente, che esse compresero il suo l inguaggio poiché la stessa Disciplina que lla del Karma Yoga - ave va addestrato le Ani me loro. Esse gli avevano chie­ sto come e perché potesse "così sicuro" attraversare , da vi vo, l ' Inferno e Dante, rispondendo, fa velatamente intendere di poterlo fare perché il Rito lniziatico che gl i era stato i mpartito gli aveva fatto "lasciare il fiele" (il mondo dei sensi); ed ora, egli dice, si va inoltrando verso "li dolci ponu"' (i Mondi spirituali) promess i ­ gl i dal suo "verace duca" - i l suo Maestro interiore, i l Sé divino in Lui. M a per poterli cogli ere e nutrirsene , dovrà pri ma s tanare ed ucc idere due de l l e tre 'Bestie ' che ancora si acquattano in lui - l ' Incontinenza dei Sensi e la Superbia della Mente , alias la ' Lonza' e il 'Leone ' ; e dovrà precipitare negli abissi più bui de l l ' Ani ma sua, fino al centro de ll' Esse re - "ma infin al centro pria convien eh 'io tomi" Perché solo Il potrà trovarsi faccia a faccia con la più insidiosa delle 'Bestie ' - l ' l n gordlgla del Beni spirituali , la ' fame lica Lupa' che, per tutti i Discepoli, è la più di fficile da stanare, la più dura a morire: "Lascio lo fiele, e vo per dolci pomi, l promessi a me per lo verace duca; l ma infin al centro pria con­ vien eh 'io tomt' (t. 2 1 ). Dante ha adombrato cosl, in una sola terzina, le Tappe del Sentiero inizia­ tico e Jacopo Rusticucci , rispondendogl i , sarà all' altezza di questo linguaggio quando formula per lui l ' auspicio che sia "L 'Anima" a "guidare le membra" sue - "se lungamente l 'anima conduca le membra tue . . " Un auspicio, che potrebbe dare la chiave per aprire una de lle porte più segrete del Mondo (o Poe ma) dante­ sco , se si terrà conto che esso è costruito in ogni suo ordine in funzione del rap­ porto che l ' anima riesce 11 stabilire con Il corpo - a seconda che siano "le membra" a g u i d are " l 'anima" com' è per i D annati dell ' I nferno , o che s i a "l 'anima" a "guidare l e membra" co m ' è pe r i Beati del Paradiso e co me Jacopo auspica per Dante. Scnonché dal l ' avverarsi di questo ' auspicio' Jacopo fa dipen­ dere la vita stessa di ' Fire nze ' per cui con esso - oltre che stabi l ire l ' inoppugna­ bilc connessione fra l ' evoluzione del corpo c quella del l ' anima - stabilisce altre­ si que lla fra l ' uomo c la PATRIA che non è concepita, qui, come un ' agglomerato di cose e persone, o come una concezione ideale, bensl come una creatura v i vente c soggetta, come tale, ad essere non solo influenzata, ma anche contagiata, dal le tarc moral i , psichichc e mental i degli altri esse ri viventi . Una Concezione, questa, che tocc a addiri ttura i l vertice della più astrusa alchimia qu ando Iacopo miscela, fmo a renderlc indisccmibi l i , l ' csseiU.a più spiri tuale de lle qual i tà che determine­ ranno il Destino di Dante e quelle della ''Cortesia" e del "Valore" che determina­ no il destino della Patri a ! ' Cortesia ' e ' valore' + tanto vicino e fragoroso che, dirà il Poeta, se avessero parlato si sarebbero appena uditi : •lo lo seguiva, e poco eravam ili, l Che 'l suon dell 'acqua n 'era sì vicino, l Che, per parlar, saremmo appena udit1� (1.3 1 ). ' L ACQUA non è anc ora visibile, ma già il suo assordante rimbombare preav­ verte che Dante e Virgilio sono giunti al punto in cui il Flegetonte precipita nell' abisso de l l ' VI I I Cerchio infernale, dove avrà termine il loro percorso attra­ verso l 'ormai conquistato ' Dominio della L onza' E, in questo punto, tocca il suo di apason anche il Monvo DELL ' ACQUA che Virgilio introdusse con lo sconcertante preludio delle Origini del Fiumi Infernali ( I O) e che il Poeta confermerà in que­ sto Canto con tre terzine, ma anunanterà accuratamente con la più lunga, artifi­ ciosa e tediosa similitudine del Poema (tt.32134). ( l O) lnf C . XIY, ll.26·40.

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Ma la detenninante importanza occul ta de ll ' ACQUA nell ' I nferno dan tesco potrebbe passare inosservata al lettore di questo Canto, se gli non si rifacesse al punto in cui Dante, in attesa di accedere al terw Girone del VI I Cerchio, vide un "picciol fiumicello" dal le acque sanguigne che sgorgava dalla Selva per ri versars i sul Sabbione infuocato che se ne imbeveva, mentre l 'e lemento essenziale di esso - il sangue - s ' incrostava e pietrificava sul fondo ed ai margini laterali forman­ do cosi il "passo" attraverso il quale i due Poeti poterono accedere al lèrzo Girone del VII Cerchio; cosi come , per rendersi conto della natura di quest' acqua che precipita ora nel l ' abisso de l l ' V I I I Cerchio, dovrebbe tenere conto de l fatto che, allora, Virgilio avverti il suo Discepolo che niente , di quanto aveva prima visto, era più importante di questo "rio" sul quale tutte le "fiamme lle" cadono e si spengono " . . . cosa non fu dalli tuoi occhi scorra l notabile, contL il presente rio, l che sopra st tuue [UJ111 melle amnwrra" (lnf. C. XIV, t.30). E in re altà, questo "rio" potrebbe di ventare anche pe r i l le ttore del l a

Commedia la c os a più "notabile" c he e g l i abbia fmo a d ora recepito o c he ancora recepirà se, leggendo questi versi con la chiave del cifrario occulto, si renderà conto che essi specificano l ' attimo in cui miriadi di Anime, prima di riversarsi sull ' arido sabbione de lla vita terrena, cadono come "fiamme lle", e si " anunorta ­ no" spiritualmente , ne lla miscela di ac qua - l ' elemento astrale delle passioni ­ e di sangue - l ' elemento della vitalità fisica. È lo stesso attimo che La Voce del Silenzio specificò al Lanu che poteva udirla: que llo, per dirlo chiaro, in cui le Ani me si reincarnano:

"La farfal l ina attratta dalla vivida fiamma della l ampada notturna, è con­ dannata a perire nel viscido olio. L' anima imprudente, che non riesce nella lotta contro i l demone beffardo de l l ' i llusione , ritornerà , schiava di Mara, alla terra. Osserva le legioni di anime, osserva come esse si librano sopra il tempe­ stoso mare della vita u mana, e come, esauste, insanguinate , con le a l i infrante , l ' una dopo l ' al tra cadono nelle turgide onde . B attute dalla furia dei venti , inseguite dall ' uragano , esse sono travolte dai gorghi e scompaio­ no nel grande vortice". Tali sono anche le "fiammelle" che cadono e si ammortano nel ''fiumicel­ lo . . . lo cui rosso r. ancor mi raccapricci a", dirà il Vate Iniziato che le vide: Anime che perenne mente , fin dalle Origini de l Genere u mano, continuano a ri tornare alla Terra sconfi tte ne lla lotta contro i l demone dell ' i l l us ione , e il cui prog ressivo matcriali7.zarsi incise ne lla Luce astrale il "Veglio" di cui Virgilio parlò a Dante . Una visione, che per g l i occultisti non ha nu lla in comune con il ' sogno di Nabucodonosor ' narrato da Daniele e che non è , come quello, né una immagine simbolica né un' allegoria, anche se il Poeta adoperò quel simbolismo classico ­ la testa d'oro, le braccia e il petto d' argento, le gambe di ra me , il piede destro di argilla - per poterla 'contrabbandare ' : poiché il "Veglio" dantesco inciso nella Luce Astrale è , in realtà, l ' accu mulo de lla possente energia psico-fisica, emotiva, passionale e mentale sprigionata dal Genere umano nel corso del suo travagliato di ven ire , che si p l a s mò in una Forma "fatta ad immagine e a somi g l i anza

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de l l ' uoruo" e sulla quale il peccato e il dolore solcano profoode fenditure, da cui scaturisce il Pianto che perennemente gonfia i fiumi infernali.

Questa S toria de l Genere Umano registrata nella Luce Astrale, ebbe inizio allorché il processo di condensazione della nostra Catena Planetaria ebbe termine, la Terra si consolidò, e il "Pellegrino" - come si legge nella VII Stanza di Dzyan con la quale si conclude Lll Cosmog�nesi - partl «per il suo lungo viaggio": "Il Pellegrino, quando parte per il suo lungo viaggio; è immacolato; grado a grado discende sempre più profondamente nella materia peccaminosa, ass oc iandosi ad ogni atomo dello spazio manifestato e quindi, dopo aver lottato e sofferto attraverso ad ogni forma de lla Vi ta e del l ' Essere, egli si trova soltanto sul fondo della vallata della materia e a metà del suo ciclo, dopo essersi identificato con l ' Umanità collettiva. Questa Umanità, egli l'ha fatta a sua inunagine . . . " . Una visione simile - meglio, addirittura identica - a quella che scaturi­ sce dal l ' interpretazione esoterica del "Veglio" dantesco, "fatto ad immagine e somiglianza" del l ' Umanità collettiva; ed è tutto il pianto che Essa ha versato e continua a versare , che dilaga . E solo al lora potrà dire di avere l asci ato defi n i ti vamente al le sue spalle l a PR I M A AULA de l l a Voce del Silenzio. "Se vuoi attrave rsare incolume la seconda AULA" - prosegue Ln voce dd Silenzio - " non fermarti ad aspirare la fragranza dei suoi fiori inebrianti. Se vuoi l i berarti dal le catene karmiche , non cercare il tuo Guru in que s te re g ioni m.1yavi­ che . . . Cerca chi deve darti l a nasci ta ne l l ' Au l a della S apienza, nell ' Au l a che si trova al di l à , dove le ombre sono i gnote , e dove l a luce de l l a verità splende

con

gloria i mperitura . . . " . Sebbene del termine "Purgatorio" non si trovi tracc ia ne l l a

topografia de i

Mondi superfisici de l l a Natura compilata dal l ' Occ u ltismo, anche questa

seconda

Aula della

Voce del Silenzio ed il Purgatorio dantesco sono un unico

Mondo.

an c h ' e s s o , come il Kama-Loka, u n ' l uogo ' d i sostanza astrale ;

È

c mede s i mo

ma

mentre i 9 Cerchi infernali s ' inabissano verso il centro del l a terra e si s tru tturano

(5) /nf. c . ' · t. 1 6 . ( 6 ) / nf. C . I. t . 1 6 . ( 7 ) / nf. C . XXXIV, tt. 44/4 6 .

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sui piani sempre più densi e pesanti di questa sostanza supe rl!s ica il cui emblema è il simbolo alchemico del Regno minerale, le 7 Comici del Purgatorio dantesco svettano invece in direzione opposta, e prendono forma e consistenza sul l ' ultimo e più rarefatto sotto-piano della sostanza astrale, il cui emblema è i l s i mbolo alchemico del Regno vegetale. È un Mondo o, meglio, uno stadio intermedio fra 'Inferno' e 'Paradiso ' , un lo/w in cui sostano sia le Ani me che non sono più 'dan­ nate' ma che non sono anccn abòastanza 'beate ' da potere accedere ai Cieli, sia i Nuovi-Nati che non sono ancora abòastanza cresciuti da non ricercare più il loro Guru - come dice w Voce del Silenzio - "in queste regioni màyaviche". Dante attraverserà da vivo anche questo wka che, come gli disse Caronte, non attraverserà invece da morto ( 8 ) - perché , quando giungerà sul l ' u ltima Cornice del Purgatorio, egli avrà distrutto "il serpente attorto sotto ogni fiore", si sarà, cioè, sciolto dal le catene k:armiche. Anche da quella che lo aveva legato al suo Guru. Sarà allora, e Il , infatti, che Vlfgilio, guardandolo negli occhi, ri volgerà al Discepolo le sue ul time parole : Tu, gli dirà, hai vi sitato l ' Inferno e il Purgatorio e, al di là di questo, io "più non discerno" li ho guidato fin qui "con ingegno ed arte" ed ora, che sei fuori da queste s trette vie, puoi farti guidare dal "tuo piacere" - dalla Voce de l l ' Anima tua invece che dal la cOGN!ZIONE altrui . . . "Non aspettar mio dir più, né mio cenno: l libero, dritto e sano è tuo arbitrio": pertan­ to, io ti faccio signore di te stesso - "Perch 'io sopra te corono e mitrio" (9)_ "Il nome de l l a TERZA A ULA" - h a detto w Voce del Silenzio - "è SAPIENZA . . . ". Ed ora prosegue: "Cerca chi deve darti la nascita ne l l ' Aula della S apienza, nell 'Aula, che si trova al di là, dove le ombre sono ignote , e dove la luce della verità splende con gloria imperitura. Ciò che è increato, risiede in te , o Discepolo, come risiede in quest' Aula . . . Se vuoi , o Discepolo, attraverso l ' Aula della S apienza raggiungere la v al le di Beatitudine, chiudi i tuoi sensi alla grande e funesta eresia della Separazione che ti allontana dalla pace. Non lasciare che il tuo "Divino-Nato", Immerso nel l'Oceano di Maya, si distacchi dalla Madre (ANIMA) Universale , ma l ascia che l ' igneo potere si ritiri nel più intimo asilo, nella carnera del cuore ( IO), nel soggiorno della Madre del Mondo ( I I ) . Allora dal cuore quel potere si innalzer à alla sesta re gi ooe , la media, posta fra i tuoi occ hi , dove diventerà il respiro dell' ANIMA-UNA, la voce che tutto riem­ pie, la voce del MAESTilo. (8) Per aJrra via. per ahrt parti l verrai a piaggia. non qui. per passare: l più /iL ve kgno convien che ri portf' In[. C. ll, t. 30. (9) Purgatorio. C. XXVD. tt. 43 -44/48 . ( I O) La camera interna d e l cuore. d e tta in san scri to Brahmapua. L"'igneo potere'" è Kunda!ini. (l I) '"Potere" o "Madre del Mondo" sono nomi dati a Kundalini - uno dei poteri mistici dello Yogi. È una forza elettrico-spirituale, un potere creativo cbe, mesliO in azione, può facilmente ucc id ere come creare .

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All ora soltanto potrai diventare un "Viandante del Cielo" cbe cammina sui venti al di sopra delle onde, senza cbe i suoi passi tocchino le acque". Un "Viandante del Cielo", come lo spiega il re dei trattati mistici, il sesto AdhAya del JrulMshvarf, è lo Yogi il cui corpo diventa come formato di vento, come ''una nuvola dalla quale siano germogliate delle membra"; dopo ciò, "egli scorge le cose che stanno al di là dei mari e degli astri: ode il l inguaggio dei Deva e lo comprende, e percepisce ciò che avviene nella mente della focmica . . . " . Ques ta terza AUL\ de lla Voce del Silenzio sembra essere un wùco e mede ­ simo Mondo con l ' EMPIREO DANTESCO dove, nel l ' i mmag ine di ' B eatrice ' cbe scompare all ' apparire di ' S . Bernardo ' , sarà ravvisabile l ' attimo in cui l ' Anima del Discepolo si fonderà, e diventerà un tutt' uno, con lo Spirito. Allora, il Divino­ Nato non sarà più distaccato "dalla Madre (ANIMA) Universale", e pertanto igno­ rerà perfmo l'esistenza della "separatività". Egl i sarà, allora, un "Viandante del Cielo" cile, quando, e se lo vorrà. potn attraversare da vivo il Paradiso ma che, dopo la morte del corpo fisico, 11011 vi soggiornerà più. Come non vi soggiornano nessuno di coloro che sono andati al di là dell 'Aula della S apienza, ed harmo raggiunto "la valle di Beatitudine . . . ".

Attraversare da vivi il 'Paradiso ' , vedere le Anime dei Morti cbe vi dimo­ rano e parlare con essi, era definito dalla Filosofia eclettica TEURGIA. H . P. B l avatslcy, in una nota della Chiave della Teosojia, dice: " . . . il termine è mollo antico ma apparte nendo al l inguaggio proprio dei Misteri , non era di uso popolare. Era una credenza mistica - di mostrata pratica­ mente da Adepti-Inizi ati e da Sacerdoti - che l ' uomo, rendendosi puro come gli esseri incorpore i , ri tornando cioè alla primitiva purezza della propria natura, potesse stimolare gli dèi a rivelargli i misteri di vini e persino indurii qualche volta a rendersi visibi l i , sia soggettivamente che oggetti vamente . . . . ,

"

Il Paradiso Dantesco e il Devachan della Tradizione Esoterica Ancbe solo intravedere la poss i bilità cbe il Paradiso dantesco sia in re altà il Devachan della tradizione esoterica che i Grandi Adepti-Iniziati possono, se e quando vogl iono, attravers are da vivi ma nel quale non soggiornano più da ' morti ' , provocherà di certo uno shock ai lettori di cul tura e di fede cattolica. E non può essere che cosl se, per poco meno di duemila anni , è stata impressa nella mente e ne lla psicbe dell ' umanità, particolarmente di quella occ i dentale , l ' idea cbe m le anime buone e meritevoli, dopo la morte dei corpi fisici, riposeranno in Paradiso in compagnia degli Angeli e dei Santi che fanoo corona alla Vergine Maria, per tutta l 'eternità - cioè, fmo alla "fine tùl Mondo". Di contro, il Devachan , termine sanscrito che significa "la dimoca degli dèi", è descritto nel Glossario Teosojico di H.P. B lavatsky, come segue: "Uoo sta-

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dio intermedio fra due vite, in cui l ' Ego intero (Atma-Buddhi-Manas, la Trinità fatta Uno) entra, dopo la separazione del Kama Rupa e della disgregazione dei

(rincipi ftSici sulla 1èrra". Questo implica l ' idea basilare della costituzione settenaria de l l ' uomo per

cui, se si vuole anche solo prendere in esame la poss i bilità che nel Paradiso dan­ tesco prenda fonna e consistenza il Devacban, sono indispensabili le seguenti considerazioni preliminari. Metafisicamente e filosoficamente parlando, su linee rig