Il cinema secondo John Ford 887380098X, 9788873800989

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Italian Pages 260 [55] Year 1991

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Il cinema secondo John Ford
 887380098X, 9788873800989

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POER BOGDANOVICH

IL CINEMA SECONDO JOHN FORD

.. PRATICHE

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EDITRICE

Il mattino successivo al mio arrivo sul set del Grande se111iero, nella Monumem Valley (accompagnato da Polly Plarr), incontrai a colazione l'addetto stampa della casa di produzione, il quale mi chiese - sembrava che non ne fosse stato informato quale era il mio incarico per «Esquire». «John Ford», risposi. Egli impallidl. «Oh, no». «Sl», dissi io. ,,Oh, no, no», ripeté, e si guardò attorno nervosamente, come per assicurarsi che non fossimo stati per uditi. Gli chiesi che cosa c'era che non

caso

PETER BOGDANOVICH

IL CINEMA SECONDO JOHN FORD

Titolo originale: fohn Ford © Movie Magazine Limited, 1967 © Peter Bogdanovich, 1978 © Pratiche Editrice s.r.l., 1990 B.go delle Grazie 18, Parma. Tutti i diritti riservati.

PRATICHE

p

EDITRICE

ISBN 88-7380-098-X

Per 'fenda-Che-Cammina

Traduzione e cura di Brunella Marchione Per la consulenza sul materiale i~onografico si ringrazia la Cineteca Comunale di Bologna.

Introduzione Un incontro nella Monument Valley

Avvertenza

La filmografia fu inizialmente stilata da Polly Pian. L'intervista è stara trascritta da Frances Doal, e il dattiloscritto è stato battuto da Mae Woods, che ha in seguito aggiornato le informazioni sulla carrie• ra di Ford con nuovo materiale tratto da The America11 Film fostitu~ Catalg e fornito da Joseph McBride. Un incontro nella Mon11ment Valléy apparve originariamente in Pieces of Time (Esquire-Arbor House, I97 3) e viene incluso per la prima volta in questa edizione ampliata. Parte del materiale usato nella introduzione - sebbene in gran parte riscritto - apparve su «Esquire» col titolo The Autmm, o/ John Ford (Aprii, 1964) e fu in seguito ristampato nella stessa forma in Pieces of Time. Il capitolo 4 apparve originariamente col titolo Taps /or Mr. Ford nel «New York Magazine• (Oc1ober, 1973). Tutto questo materiale viene usato pc.r gen• tilc concessione dellli editori. I miei ringraziamenti a ognuna di queste persone. E a Jolin Ford,, a sµa moglie Mary e a sua figlia Barbara. P.B.

Il mattino successivo al mio•arrivo sul set del Grande sentiero nella Monument V alley (accompagnato da Polly Platt), incontrai a colazione l'addetto stampa della casa di produzione, il quale mi chiese - sembrava che non ne fosse stato informato - qual era il mio incarico per «Esquire». «John Ford», risposi. Egli impallidì. «Oh, no». , e gli raccontai qual era la situazione. «Oh, per l' amor di Dio», disse, «è ridicolo. Gli piacerebbe moltissimo incontrarti. Gli dirò che sei qui».

Un incon/YO nella Monume,1t Valley

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Dopo circa quattro ore una jeep scese rombando dalla collina sulla quale erano alloggiati Ford e gli attori (il resto della troupe stava più in basso nelle roulotte, una delle quali era stata assegnata a noi), e udii Ray Kellogg, il regista della seconda unità, gridare forte ciò che alla fine compresi essere una rozza approssimazione del mio nome. Andai là di corsa. «Lei è MacDonabitch?» «Sì». «11 Capo vorrebbe che lei cenasse con lui, verso le sei. O.)>, disse Ford, ancora con molta calma, «Circa otto, direi», rispose l'uomo. «Mi daresti il copione?» chiese Ford, e l'uomo glielo allungò. Egli contò le otto pagine che non erano ancora state girate, le strappò e gliele diede. «Puoi dire al tuo capo che siamo di nuovo alla pari col programma, adesso», disse. E non girò mai quelle otto pagine. Per la prima inquadratura, Ford collocò alcuni degli indiani a cavallo in luce e altri in ombra; Sa! Mineo (nel ruo• lo del giovane Cheyenne) doveva gettare con rabbia il suo fucile a terra, saltare sul cavallo e andarsene via. Ford se ne stava da solo, sfregandosi le mani; l'anello d'oro col sigillo che portava nella mano sinistra aveva un solco profondo, tra le iniz~, a causa delle migliaia di fiammiferi da cucina che vi aveva strofinato contro. Continuava a esserci molto chiasso. «Wingate!» gridò Ford, «Cosa c'è? Sciopero? Ammutinamento?» Smith parlò attraverso un megafono. «Va bene. Adesso cerchiamo di tacere. Per favore!» Ford stava dando un' occhiata agli indiani. «Manymules non porta la coperta addosso in questa scena», disse alla segretaria di edizione, «la tiene in mano». C'era un leggero ma distinto accento del Maine nel suo modo di parlare. «Va bene, c'è qualche altro motivo per cui non possiamo andare avanti? Se non c'è, procediamo». Durante una prova del dialogo, Ford fece segno a uno dei giovani Navajo in ombra, che stava sorridendo verso la macchina da presa. Lo chiamò in disparte, lo fece piegare sulle ginocchia e lo sculacciò. La troupe rise; il ragazzo ri-

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li ci11c,11a secondo john Ford

tornò al suo posto ridacchiando, e Ford fece scherzando il gesto cli picchiarlo. Si cominciò a girare. Mineo corse verso il suo cavallo, ma questo fece uno scarto e il suo salto non riusci; con rabbia egli afferrò le reclini e saltò sul cavallo, lo frustò e partì, seguito da diversi guerrieri. «Questa va bene», disse Ford. «Stampala». Minco tornò indietro e chiese se poteva provarla ancora. Ford lo fissò per un attimo. «Vuoi rifarla con la cinepresa vuota, Sai?,> Mineo sorrise. «Pensavo che fosse venuta male», disse. «Eri molto arrabbiato», Ford spiegò, «e l'hai mancato. Mi è piaciuto. Del tutto appropriato. Non voglio che sembri perfetto - come al circo». Mineo smontò da cavallo e si allontanò. Ford lo richiamò. «Ma puoi rifarla con la cinepresa vuota, Sai».

Sapeva esattamente ciò che voleva - dice il regista Robert Parrish, che cominciò a lavorare per Ford come attore bambino e che in seguito fece il montatore in diversi suoi film - . Molto raramente girava pià di 11na ripresa; usava pochissima pellicola, ed era sempre in anticipo sul piano di lavorazione o al di sotto del budget. Cosi: generalmente, la pellicola che veniva consegnata al montatore doveva essere utilizzata pressoché tutta per il film. Dopo le riprese, spesso se ne andava sulla sua barca e non tornava finché il film non era stato montato; fece così per Alba di gloria. Fece quel film meraviglioso, ed era così sicuro che andasse bene che per l'appunto se ne andò. Penso che conriderasse tutti i montatori e i tecnici degli effetti sonori e della musica come mali necessari. Una volta, nel corso della lavorazione di un film - era l'ultimo giomo delle riprese - ci disse: «Ascoltate, il film ora è finito. So che cercherete di pasticciarlo - ci metterete troppa musica, o ne monterete troppo o troppo poco, o qualcos'altro - ma cercate di non rovinam1elo, per-

Mi chiamo Joh11 Ford. Faccio westem

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ché io penso che sia un buon film». E se ne andò sulla sua barca. La Monument Valley si trova all'interno della riserva indiana Navajo che sta a cavallo del confine tra Arizona e Utah. Le sue rosse alture isolate e i suoi altopiani rocciosi furono prodotti dall'erosione, e venivano chiamati dagli indiani, a seconda delle loro forme, le Manopole, la Grande Capanna, le Tre Sorelle, sebbene le ombre modificassero il loro aspetto di ora in ora. John Ford girò là, del tutto o in parte, nove film: Ombre rosse, Sfida infemale, Il massacro di Fort Apache, I cavalieri del Nord-Ovest, La carovana dei

mormoni, Rio Bravo, Sentie,i selvag,gi, I dannati e gli eroi, Il grande sentiero. A Holly,.vood la chiamano «la zona cU Ford»; è stata identificata con lui a tal punto che altri registi pensano sarebbe un plagio girare un film là. Il set quel giorno era una cUstesa cU terra sabbiosa racchiusa su due lati da muri perpendicolari di roccia rossa, e terminava in un canyon angusto. Wingate Smith chiamò col megafono: > Ford teneva il sigaco girato verso il palmo della mano; si calcò ulteriormente il cappello in testa. «Quando lui chiama "Jones" la seconda volta, Dobe», disse, «guardati alle spalle. Scai pensando clù diavolo è Jones? Poi "JONES!" Tu ti indichi. "li nome è Smith, signore". Ben, assumi l' aria di uno che non sopporta l'idea di cavalcare fin laggitt; alzati sulle staffe». Si cominciò a girare, e Widmark chiamò Jones per la terza volta. «Il mio nome è Smith, signore!» disse Carey. ,, dissi io, «Bergrna11, il grande regista svedese». Lui non raccolse e io capii che era opportuno cambiare argomento. Ma, mentre me ne stavo andando, disse: ,, disse, «desiderava avere abbastanza denaro per andare a vedere Amleto» . Rileggendo la versione corretta dell'intervista, quella fu una delle poche cose che Ford mi chiese di cambiare; disse che non gli piaceva molto '. n.25, estate 1962). Quello che Ford riesce a fare megl!o di qualsiasi altro regista al mondo è creare una tram~ epica e popolarla di personaggi di grandezza e valore eguali - non importa quanto umili essi siano. Ciò che dà unità alla sua opera non è l'aver concentrato l'interesse sulle vicende americane, bensl la sua singolare visione poetica della vita. li tema che ric?rre più fre~uentemente nei suoi film ~ quello della sconfitta, del fallimento: la tragedia d~l fallimento, ma an~he ~a pe~uliare. glo:i~ che vi è insita. E significativo che ti pnmo film che giro dopo la sua esperienza nella seconda guerra mondiale (I_ sa: crificati di Bataan) f~sse ince~~a~o ·su u~a _d~lle pegg!on sconfitte del!' America - le Filippine. Po1che 1! suo ultimo film prima della guerra - Com'era ver~ ~ mia ~alle-:- raccontava la disintegrazione di una faID1gha e di un mtero modo di vita (che in sostanza, è anche il tema di La canzone della mamma, L'ultima gioia, Furore e perfino di La via del tabacco, come lui stesso ha riconosciuto), non si può affermare che le sue opere del dopo-guerra fossero una reazione a ciò che aveva visto all'estero - anche se è vero che dalla fine degli anni '40 e durante gli anni '50 e ' 60, i suoi film divennero sempre più malinconici. (E migliori. Troppi critici affermano categoricamente che i suoi film degli anni '30, Il traditore e Ombre rosse, so~o le ~u~ opere migliori; al contrario, se si considera la ventma d1 film che

A:

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Il cinema s1Xond>, rispose, «sono io il vero Francis Ford, quello che era ubria ... cioè, che si era rotto una gamba la sera in clll suo fratello ottenne quel ruolo!» Pensai che era davvero una trovata divertente, e gli diedi una buona parte. Carn· biò nome e lavorò per degli anni. Credo che ormai sia morto.

s!

È vero che hai recitato come protagonista in numerosi cor: tometraggi? Io, fare il protagonista in un film!? Con la mia faccia? Mio Dio! Beh, so che ho fatto spesso lo stuntman: saltavo su un treno in corsa da cavallo, facevo saltare il cavallo ol- ·· tre un dirupo, cose del genere. Facevo spesso la controfigu· ·. ra di mio fratello. Ci assomigliavamo molto e avevamo la .

Un '4voro obbllgaJo

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stessa corporatura. Guadagnavo circa quindici dollari alla settimana. .

Come ti è capitato di dirigere il t110 primo film? Beh, ero piuttosto giovane all'epoca. Avevo lavorato come operaio, attrezzista, aiuto regista. Quando Cari Laemmle venne per la prima volta da New York a visitare la Universal, si organizzò un grosso party per lui nell'unico teatro di posa che c'era. Facevo l' attrezzista, allora, e per l'occasione feci anche il barista. Il party durò quasi tutta la notte, e io mi misi a dormire sotto il bancone del bar, in modo da poter essere a lavorare in orario l'indomani mattina. Ma quando mi presentai, non c'erano né il regista né nessuno degli attori. Erano stati in piedi tutta la notte. C'erano solo alcune comparse vestite da cowboy, e nessun altro. Isadore Bernstein, che allora era il direttore generale, una persona davvero meravigliosa, si agitò molto quando vide qual era la situazione. . E l'attore disse: «Ma, Mr.Ford ... _fa la parte~ mia _fi. glia!» «Ah!», dissi. «Non c'è nessuno qua c~e h~ il copione? Fatemi un po' vedere>>. Dopo questo episodio cercavo di solito di leggermi prima le sceneggiature.

L'ultima gioia (1928)

Hai mai scelto qualche soggetto dei film muti fatti con la Fox?

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li cinema stccndo Jobn Ford

Sl, L'ultima gioia. Lessi il romanzo di Wylie in qualche rivista, e convinsi la produzione a comprarlo. È abbastanza curioso, ma fu uno dei film che fece più soldi in assoluto. Detiene ancora il record delle presenze al Roxy, che era Ùno dei più grossi cinema del mondo. Naturalmente, altri film l'hanno superato negli incassi, perché ali'epoca i prezzi dei biglietti d'ingresso erano molto più bassi - un quarto invece di due dollari. Mi piace molto questo film. · John Wayne lavorava come secondo o terzo aiuto at· trezzista, e ricordo che c'era una scena molto drammatica durante la quale la madre, che aveva appena ricevuto la no· tizia della morte di uno dei suoi figli, doveva scoppiare a piangere. Era autunno, le foglie degli alberi cadevano, fa donna era seduta su una panchina, in primo piano: una scena bellissima. La provammo due o tre volte e, alla fine, sta• vamo girando una ripresa che era perfetta quando, all'improvviso, comparve sullo sfondo John Wayne, che stava scopando via le foglie. Dopo un attimo si fermò e si voltò verso di noi con orrore. Si accorse che stavamo girando, mollò la scopa e scappò via. Scoppiammo a ridere a crepapelle - io dissi: «Andate a prenderlo, riportatelo qui». Fortunatamente, alla fine lo acciuffarono e lo riportarono indietro, tremendamente imbarazzato. Dissi: «Non ti preoccupare, è stato solo un incidente». Ridevamo tutti cosl tanto che non riuscimmo più a lavorare, per quel gjorno. Fu cosl divertente - una scena splendida e quello zoticone che arriva e si mette a scopar via le foglie. Se lo ricorda ancora.

Napoleon's Bmber (1928)

Come ti capitò di girare il tuo primo film parlato, «Napoleon's Barbem? Mi dissero di farlo. Era lungo solo tre rulli - una sto-

Un lavoro obbligato

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ria su Napoleone che, mentre si dirige verso Waterloo, si ferma per farsi fare la barba. Nella realtà, n~tur~mente, Napoleone non sarebbe mai entrato ~el negozio di_ un barbiere - ma comunque, così fece nel film. Era la prtma volta che qualcuno girava in esterni con u~ sist~~a sonoro; Mi dissero che non era possibile farlo, e 10 chiesi: «Pe.rche diavolo non può essere fatto?» Risposero: «Beh, non puoi perché... », e mi diedero un sacto di spiegazio~ t~cnich~. Allora dissi: «O.K.,_proviamolo». La carrozza di Gmsepp1na doveva attraversare un ponte, e i tecnici del suono dissero:

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Beh, non c'era nessuno sceneggiatore in grado di scrivere una parte per Will Rogers, così gli dicevo: «Questa è la sceneggiatura, ma questo non sei tu - queste parole suonerebbero false, dette da te. Tu devi solo impararne il senso e dirlo con le tue parole,>. Diceva alcune battute della sc:neggiatura, ma la maggior parte delle volte se le inventava lui; poi si fe1·mava e lasciava che gli altri recuperassero le loro parti, e continuava cosl; non scriveva mai le battute, ma le elaborava prima di dirle, e poi si metteva davanti alla cinepresa e riusciva a comunicare il senso della scena in quel suo modo così inimitabile. Dr. Bull era un soggetto triste, ma Bill riuscì a inserirvi un bel po' di humour e diventò un gran bel film. Era fra i suoi preferiti. Gira~mo tre film insieme, ed era sempre molto piacevole lavorare con lui. Anche Il giudice riuscì molto bene: era davvero divertente. Steamboat Round the Bend avrebbe po• tuto essere un gran film ma, in quel periodo, ci fu un cambiamento nello Studio e arrivò un nuovo manager. Costui voleva mettersi in mostra, così rimontò il film, ed eliminò tutti i pezzi divertenti.

The Brat (1931)

Questo era uno di quei maledetti film che ti venivano assegnati, ma c'era una scena di botte tra le due donne . ' che diventò un litigio vero: non si potevano soffrire, e arrivarono alla zuffa. Io stavo per fermarle, ma poi mi. dissi: «Che vadano al diavolo, facciamole continuare, tanto nessuna delle due si farà troppo male». Si tirarono i capelli e si picchiarono forte - non facevano finta per niente. Fu molto divertente.

Dr. Bull (1933) Hai improvvisa/Q molto con Will Rogers in «Dr. Bull»?

La pattuglia sperduta (1934)

Era uno studio di caratteri - si analizzava la vita di ognuno dei personaggi. Lo girammo a Yuma in due settimane. Quando si gira nel deserto, se si lasciano le orme sulla sabbia, non si può poi fare un'altra ripresa - ci si deve spostare da un'altra parte. Feci una ripresa della cavalleria britannica che arrivava e salvava il solo sopravvissuto - eravamo in un posto splendido, erano circa le cinque e mezza del pomeriggio, e i cavalli proiettavano delle lunghe ombre sul terreno. Era davvero bellissimo. Improvvisa.. mente un aereo li sorvolò e si abbassò in picchiata proprio. su di loro, e i cavalli, spaventati, si sparpagliarono e lascia-

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li cinema secondo fohn Ford

rono le loro impronte su tutta la sabbia attorno. Ero furioso. Non era più possibile cercare un altro set e rimettere tutti gli uomini ai loro posti, perché non ci sa.rebbè più stata luce a sufficienza: era troppo tardi. Quando arrivammo al campo d'aviazione, che era n vicino, scoprimmo che era l'aereo del produttore. Era il suo primo film; era un gestore di sale cinematografiche, e il capo dello Studio era suo ainico, perciò mi aveva chiesto: «Ti andtebbe di accettarlo come produttore?». E io gli avevo risposto: «Sì, va bene, mi piace, sembra un tipo in gamba». Il produttore saltò fuori dall'aereo, con un grosso sigaro in bocca, e mi chiese: «Ci avete visti arriva.re?» Gli risposi: «Tu, figlio di buona donna, tu ci sei costato mezza giornata di lavoro». E lui: «Perché? Volevo solo farti uno scherzo». Dissi: «Beh, ci sei proprio riuscito!» Quando si gira nel deserto, si comincia a lavorare alle 6.30, si lavora fino alle 11.00, e poi si va all'accampamento, che è nvicino, e si pranza - se qualcuno ha fame. Ci si mette ali' ombra per un po', e si ricomincia a lavorare alle 2.30, perché fino a quel momento fa così caldo - 45 gradi, a volte anche 50 - che non ci se la fa a sopportarlo. Beh, il produttore mi prese da parte e mi disse: «Ascolta, ho fatto un po' di conti. So che smetti di lavora.re dalle 11.00 alle 2.30. Undici, dodici, una, due», fa lui, «moltiplicali per sette: quante ore fanno?» Risposi: «Non sono bravo in matematica». Mi fa: «Sette volte tre e mezzo - beh, sono circa 21 ore. Cioè tre o quattro giorni di lavoro». Dissi: «Ma non si può lavorare con quel caldo». . Beh, difficilmente userei una definizione così accademica o poetica - anche se è una bella espressione. In effetti, la potresti attribuire a me, se ti va ... sl, può darsi che la userò anch'io.

Ti piaceva il CinemaScope? Lo odiavo - non vedrai mai un pittore usare quel genere di composizione. Anche nei grandi dipinti murali, non troverai mai, comunque, degli spazi così smisurati. Gli occhi schizzano avanti e indietro, ed è molto difficile fare un primo piano.

Mister Roberts (1955) Molto materiale venne eliminato dal produttore, Lelan Hayward, perché nel dramma originale non e' era. Allora Josh Logan, autore del dramma, guardò le parti che erano state eliminate e disse: «Questa roba è divertente, accidenti», e insistette perché fossero rimesse di nuovo nel

film. Sentieri selvaggi (1956)

Saresti d'accordo nel definire