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Italian Pages 566 Year 2016
Francesco Crifò I «Diarii» di Marin Sanudo (1496–1533)
Beihefte zur Zeitschrift für romanische Philologie
Herausgegeben von Claudia Polzin-Haumann und Wolfgang Schweickard
Band 393
Francesco Crifò
I «Diarii» di Marin Sanudo (1496–1533) Sondaggi filologici e linguistici
ISBN 978-3-11-040436-4 e-ISBN (PDF) 978-3-11-040640-5 e-ISBN (EPUB) 978-3-11-040648-1 ISSN 0084-5396 Library of Congress Cataloging-in-Publication Data A CIP catalog record for this book has been applied for at the Library of Congress. Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über http://dnb.dnb.de abrufbar. © 2016 Walter de Gruyter GmbH, Berlin/Boston Satz: jürgen ullrich typosatz, Nördlingen Druck und Bindung: CPI books GmbH, Leck ♾ Printed on acid-free paper Printed in Germany www.degruyter.com
Premessa Questo libro è la rielaborazione della mia tesi di dottorato dal titolo «Sondaggi sulla lingua dei Diarii di Marin Sanudo (1496–1533)», discussa il 27.05.2014 presso la seconda facoltà di Filosofia dell’Università del Saarland. Il mio primo ringraziamento spetta a Wolfgang Schweickard, non solo in quanto relatore ma perché ispiratore, sostenitore e consigliere del lavoro in ogni sua fase: senza la sua ininterrotta guida e la sua ostinata fiducia esso o non sarebbe mai iniziato o sarebbe viziato da lacune infinitamente più gravi delle presenti. Sono debitore di un preziosissimo contributo di correzioni, idee e consigli nei confronti di Vincenzo Faraoni, Martin-Dietrich Gleßgen, Max Pfister, Claudia Polzin-Haumann, Luca Serianni e dei partecipanti ai Promotionskolloquien organizzati semestralmente dalla cattedra di Wolfgang Schweickard. Essi corrispondono, in gran parte, agli amici e ai colleghi con cui ho potuto condividere questi anni saarlandesi e a cui rivolgo un pensiero affettuoso: Angelo, Candida, Christian, Christoph, Elton, Katja, Lisa, Maria, Maria Teresa, Simone, Uwe. Ricordo inoltre collettivamente, ma non meno calorosamente, i collaboratori del Lessico Etimologico Italiano e del Dictionnaire Étymologique Roman che ho avuto la fortuna di conoscere dal 2009 a oggi, in particolare Elisa Monaco, prima lettrice del lavoro. L’Università del Saarland e la sua biblioteca mi hanno concesso per anni condizioni di ricerca ideali e ogni agevolazione nell’accesso ai testi: a entrambe le istituzioni e al loro personale va la mia gratitudine. Ringrazio da ultimi, ma solo per ragioni cronologiche, i responsabili di questa collana Christine Henschel, Wolfgang Konwitschny e Ulrike Krauß, della cui cortesia, pazienza e competenza ho potuto approfittare negli ultimi mesi. Desidero anche commemorare qui la prof.ssa Angela Caracciolo Aricò, esemplare studiosa di letteratura e cultura dell’età rinascimentale e massima autorità su Marin Sanudo, scomparsa prematuramente l’11 marzo dell’anno scorso. Quanto di buono si può trovare nel presente lavoro si deve naturalmente, in ultima analisi, ai miei familiari. Il mio pensiero va in particolare a chi è scomparso durante questo lungo soggiorno tedesco: Alessandro, Giuliano e Marco. A loro in particolare, oltre che a mia nonna Elsa Canova, questo volumetto è dedicato. 1. Da Saarbrücken, cugino come chi per sé ha giurato dimmi tu – chi ci confina nel respiro che ci è dato?
2. Non v’è riparo all’essere in luogo: e così, aspettiamo in sogno lo sfaldarsi della scena – la fine dei fautori
VI
Premessa
Dimmi seguita, abbandona, c’è la forza, l’apparente, c’è anche l’ombra che scantona tanto non scantona niente … Così è esistere – sta’ in pena, cruda spina stare in luogo, è il meccanismo della scena, siamo in scena – questo è il giogo…
e del creato: ma non fa che ritardare e allora – è ovvio – consegnato è ciascuno alla sua pena di star sempre – e di filato – per aver vissuto.
(Canzonetta e lirica, da Ogni racconto è il solo e ci è nemico di A. Fasciolo, San Cesario di Lecce, Manni, 2010, pp. 129s.)
Indice Premessa V Lista delle abbreviazioni
XII
0 0.1 0.2 0.3
Introduzione 1 Tematica 1 Stato delle ricerche Obiettivi 4
1 1.1 1.2
Venezia tra XV e XVI sec. 8 Contesto internazionale 8 Cenni su politica e società 11
2 2.1 2.1.1 2.1.2 2.1.3 2.1.4 2.2 2.2.1 2.2.2 2.2.3
Vita e opere di Marin Sanudo 13 Marin Sanudo (Venezia, 1466–ivi, 1536) 13 Fonti documentarie e studi biografici moderni Gioventù e formazione culturale 16 Maturità e impegno politico 18 La vecchiaia 20 Opere 25 Le opere giovanili 25 Opere maggiori 28 Opere minori, attività erudite 30
3 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5
I Diarii 34 Tipologia testuale 34 Piano dell’opera 39 Modalità di composizione 44 Storia del manoscritto 50 Ricezione: fortuna dei Diarii come fonte storica e come opera letteraria 52
4 4.1 4.2 4.3 4.4
L’ed Fulin et al. (1879–1903) Genesi 58 Criteri 62 Problemi 64 Conclusioni 73
2
58
13
VIII
Indice
5 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 5.7
Sei estratti dal manoscritto autografo 75 Scelta dei campioni e criteri di edizione Campione A 82 Campione B 121 Campione C 140 Campione D 169 Campione E 178 Campione F 192
6 6.1 6.1.1 6.1.2 6.1.3 6.2 6.2.1 6.2.2 6.2.3
Note linguistiche 230 Introduzione 230 Il veneziano di fine XV–inizio XVI secolo 230 La lingua di Sanudo: stato della ricerca 233 Particolarità del manoscritto 238 Grafia 239 Considerazioni generali. Cenni di paragrafematica 239 Tratti settentrionali 241 Elementi di variatio nella scripta sovraregionale a base toscana: g, h, i diacritiche 244 Grafie etimologiche 249 Fonologia 256 Vocalismo tonico 256 Anafonesi 256 Dittongamento 257 Innalzamenti in iato primario 260 Vocali toniche latineggianti 261 Vocalismo atono 262 Vocali palatali protoniche 262 e mediana e finale 268 Vocali velari atone 270 -ar- postonica e intertonica > -er272 Sviluppi locali, residuali o anomali 273 Consonantismo 274 Consonanti doppie e scempie 274 Esiti delle occlusive labiali e delle spiranti labiodentali 280 281 Esiti di L Esiti delle occlusive dentali intervocaliche 282 Esiti delle occlusive velari 283 284 Esiti di C e G davanti a vocale palatale Esiti di j, (t)tj, dj, (c)cj, gj 286
6.2.4 6.3 6.3.1 6.3.1.1 6.3.1.2 6.3.1.3 6.3.1.4 6.3.2 6.3.2.1 6.3.2.2 6.3.2.3 6.3.2.4 6.3.2.5 6.3.3 6.3.3.1 6.3.3.2 6.3.3.3 6.3.3.4 6.3.3.5 6.3.3.6 6.3.3.7
75
Indice
6.3.3.8 6.3.3.9 6.3.3.10 6.3.3.11 6.3.3.12 6.3.3.13 6.4 6.4.1 6.4.2 6.4.3 6.4.4 6.4.5 6.4.6 6.4.7 6.4.8 6.5 6.5.1 6.5.1.1 6.5.1.2 6.5.1.3 6.5.2 6.5.3 6.5.4 6.5.4.1 6.5.4.2 6.5.4.3 6.5.4.4 6.5.5 6.5.5.1 6.5.5.2 6.5.6 6.5.7 6.5.7.1 6.5.7.2 6.5.7.3 6.5.7.4 6.5.7.5 6.5.7.6
Esiti degli altri nessi di consonante + j 289 291 Esiti di SC davanti a vocale palatale e di X Esiti dei nessi in nasale 291 292 Nessi consonantici con L 293 Esiti di QU e W Consonanti finali di parola 294 Fenomeni generali 299 Aferesi 299 Sincope 300 Apocope ed elisione 301 Prostesi 302 Epentesi 303 Epitesi 304 Metatesi 306 Fenomeni di armonia vocalica e consonantica (assimilazioni e dissimilazioni) 307 Morfologia 311 Nomi e aggettivi 311 Sostantivi notevoli 311 Particolarità della flessione 312 Possessivi 315 Articoli e preposizioni articolate 318 Numerali 322 Pronomi 324 Pronomi personali soggetto 324 Pronomi personali oggetto e obliqui 326 Pronomi relativi e interrogativi 328 Pronomi e aggettivi dimostrativi e indefiniti 330 Preposizioni 331 Preposizioni proprie 331 Preposizioni improprie e locuzioni preposizionali 333 Congiunzioni 335 Verbi 337 Cenni di morfosintassi. Costruzioni passive e pronominali; ausiliari 337 La VI persona 338 Indicativo presente e passato prossimo 343 Indicativo imperfetto 346 Passato remoto 348 Indicativo futuro 351
IX
X
6.5.7.7 6.5.7.8 6.5.7.9 6.5.7.10 6.5.7.11 6.5.7.12 6.5.7.13 6.5.8 6.6 6.6.1 6.6.2 6.6.3 6.6.4 6.6.5 6.6.6 6.6.7 7 7.1 7.1.1 7.1.2 7.1.3 7.2 7.3 7.3.1 7.3.2 7.4 7.4.1 7.4.2 7.4.3 7.4.4 7.4.5 7.5
Indice
Congiuntivo presente 354 Congiuntivo imperfetto e trapassato 355 Condizionale 358 Imperativo 360 Infinito 361 Gerundio e participio presente 362 Participio passato 364 Avverbi 367 Note di sintassi e testualità 369 Latinismi 369 Disposizione degli elementi del discorso; epifrasi e iperbati 370 Ellissi e pleonasmi 372 che polivalente 377 Dislocazioni 378 Cambi di progetto 379 Altre particolarità della coesione testuale 380 Note lessicali 384 I Diarii nella lessicografia 384 La lessicografia di fine XIX–inizio XX secolo 384 La lessicografia storica: GDLI e Cortelazzo (2007) 385 La lessicografia etimologica 390 Il lessico: un glossario selettivo 395 Modi e scopi di un approccio onomasiologico sulla base dell’ed. Fulin et al. 455 Il criterio onomasiologico nella lessicografia. Il caso della romanistica 455 Modi e obiettivi di un glossario onomasiologico dei Diarii 458 Il lessico dell’artiglieria 461 Artiglieria (generico) 463 Tipi di artiglierie 472 Parti, accessori, oggetti correlati 490 Spari, colpi di cannone 495 Soldati e addetti al funzionamento dell’artiglieria 499 Il lessico dei Diarii. Osservazioni provvisorie sulla base dei due glossari 501
Indice
8 8.1 8.2 8.3 8.4
Conclusioni 507 In prospettiva intratestuale: tipologia In prospettiva intratestuale: diacronia In prospettiva intertestuale 517 Osservazioni riassuntive 520
9
Riferimenti bibliografici
10
Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
507 515
525 547
XI
Lista delle abbreviazioni abl. acc. agg. ant. ar. att. bologn. c. / cc. ca. cat. celt. cf. cit. col. / coll. condiz. cong. coniug. cr. dat. der. det. ed. / edd. f. ferr. fior. fr. gen. ger. germ. gr. gr. biz. ibid. id. impers. impf. indic. inf. inf. p. ingl. it. lat. lat. mediev. loc. agg. loc. avv.
ablativo accusativo aggettivo antico arabo attestazione bolognese carta / carte circa catalano celtico confronta citato (-a) colonna / colonne condizionale congiuntivo coniugazione serbo-croato dativo derivato / derivati determinativo editore / editori femminile ferrarese fiorentino francese genitivo gerundio germanico greco greco bizantino ibidem idem impersonale imperfetto indicativo infinito (presente) infinito passato inglese italiano latino latino medievale locuzione aggettivale locuzione avverbiale
loc. nom. loc. prep. loc. verb. m. mated. mediev. milit. mod. moden. ms. n. / nn. nom. p. / pp. part. p. pass. pass. rem. pers. pl. pol. port. pres. pron. prov. qn. qs. s. / ss. scil. sec. sen. sing. sp. s.v. / s.vv. tc. ted. trap. pross. trap. rem. v. v. intr. v. pron. v. tr. ven. venez. vol. / voll.
locuzione nominale locuzione preposizionale locuzione verbale maschile medio alto tedesco medievale militare moderno modenese manoscritto nota / note nominativo pagina / pagine participio passato passivo passato remoto persona plurale polacco portoghese presente pronome / pronominale provenzale qualcuno qualcosa seguente / seguenti scilicet secolo senese singolare spagnolo sub voce / sub vocibus turco tedesco trapassato prossimo trapassato remoto vedi verbo intransitivo verbo pronominale verbo transitivo veneto veneziano volume / volumi
0 Introduzione 0.1 Tematica I Diarii di Marin Sanudo, redatti tra il 1496 e il 1533 dal più prolifico cronista della Venezia rinascimentale, sono un’opera di estremo rilievo da molti punti di vista. È un testo di confine in molti sensi: è contemporaneo alle ultime fasi del dibattito cinquecentesco sulla questione della lingua; è in sostanza una collezione di notizie provenienti da tutto il mondo noto; tipologicamente si situa a cavallo tra la scrittura privata di uno zibaldone di appunti privati e il testo letterario; presenta uno smaccato ibridismo linguistico. Il manoscritto autografo dell’opera, che consiste in 59 volumi conservati presso la Biblioteca Marciana di Venezia,1 è stato oggetto nel corso del XIX secolo di una crescente attenzione nel mondo accademico e nella ricerca storiografica, culminata in una coraggiosa impresa editoriale. Nel primo periodo postunitario la Regia Deputazione Veneta di Storia Patria, istituita nel 1873, ne promosse con urgenza la pubblicazione (salvo disinteressarsi presto degli aspetti finanziari, come lamentarono gli editori). Il risultato è l’ed. Fulin et al., in 58 volumi (il primo raccoglie i primi due del manoscritto) pubblicati tra il 1879 e il 1903 nella forma di una collana periodica a sottoscrizione. La monumentale cronaca appare particolarmente appropriata quale base testuale per approfondire la conoscenza del veneziano-toscano a cavallo tra XV e XVI secolo. Secondo Tomasin (2010a, 69) i Diarii costituiscono addirittura il «punto culminante di una tradizione cancelleresca radicata nel volgare cittadino»; per un quadro generale delle caratteristiche della relativa varietà d’uso del veneziano a questa altezza cronologica cf. §6.1. I motivi d’interesse ricadono però anche al di fuori del quadro della storia del veneziano illustre. Migliorini cita più volte i Diarii nella sua Storia della lingua italiana (Migliorini 1960, 251, 370, 379s., 383), mentre il GDLI li include nello spoglio: la storia della lingua italiana è un quadro teorico entro cui i Diarii possono legittimamente rientrare (sia pure con le dovute speciali cautele) soprattutto in considerazione del ruolo nodale interpretato da Venezia nell’Italia del Rinascimento e delle concordanze sostanziali tra la lingua dell’opera e quella delle cancellerie e delle corti italiane contemporanee. È proprio nella Venezia dei primi decenni del Cinquecento che vedono la luce alcune opere centrali per la definizione della questione della lingua, e in particolare le Prose della volgar lingua di Bembo; è a Venezia che sono legati molti tra i
1 Venezia, Biblioteca Marciana, Codici Italiani, classe VII, 228–286 (= 9215–9273). La biblioteca dispone di una copia microfilmata.
2
0 Introduzione
protagonisti del dibattito; è da Venezia che si diffondono, in Italia e non solo, le edizioni aldine, le quali rivoluzionano la storia della tipografia e della filologia editoriale. A livello linguistico, i Diarii si presentano come un testo prossimo alla koinè settentrionale, cui contribuiscono in misura comparabile la componente toscana, quella latina umanistica e il codice linguistico locale, un veneziano variamente collocato sugli assi diastratico e diafasico che svolge nell’impasto linguistico un ruolo non superficiale. La particolare forza dell’elemento indigeno è da mettere in relazione con il particolare prestigio del volgare veneziano nell’amministrazione e nella cancelleria fin dai primi secoli della documentazione. L’autore ambisce a registrare nell’opera una cronaca tendenzialmente universale del proprio tempo. Il nucleo centrale dell’opus magnum è costituito dalle copie e dai resoconti di documenti ufficiali di ogni genere (epistole, rapporti di guerra, resoconti di rettori, ambasciatori e mercanti, confidenze di informatori di ogni genere). La varietà tematica del testo è conseguenza della centralità politica, economica, culturale, strategico-militare oltre che geografica di Venezia e quindi del suo cronista. I Diarii costituiscono quindi, anche in prospettiva lessicologica e lessicografica, un collettore inesauribile del vocabolario (soprattutto dell’uso colto) e dell’onomastica di quasi quattro decadi nella storia dell’italiano.
0.2 Stato delle ricerche2 La quantità di materiale documentario e di studi linguistici moderni di alto livello oggi disponibili colloca il veneziano in posizione subordinata solo rispetto ai maggiori volgari toscani. In ciò ha avuto un ruolo la precoce adozione del veneziano come lingua dell’amministrazione e della burocrazia.3 Sono più rade però le
2 Per i dettagli sullo stato attuale degli studi lessicologici e lessicografici che coinvolgono i Diarii v. §7.1. 3 Escludendo dal quadro gli studi sulle antiche varietà chioggiotte e lagunari, si ricordano qui almeno, oltre ai classici Stussi (1965) e (1967), almeno Haller (1982), Barbieri/Andreose (1999) e Gambino (2007) (cf. Ferguson 2005, 476s.). Non troppo lontana quantitativamente è la documentazione proveniente dagli altri grandi centri del Veneto tardomedievale. In una selezione delle rispettive monografie di riferimento non possono mancare, per Verona, Donadello (2003), Bertoletti (2005) e Ineichen (1966); per Padova Folena/Mellini (1962) e Tomasin (2004). Per il pavano, cf. da ultimo per il dizionario storico diretto da Ivano Paccagnella (2012). Un cospicuo elemento padovano fa parte dell’impasto lombardo-veneto-emiliano delle Vite di Santi recentemente riedite e descritte da Zeno Verlato (2009, in particolare 57–59). Molti dei più recenti fra gli studi citati rientrano nella cornice del progetto di ricerca «Vocabolario storico dei dialetti veneti» diretto da Gino Belloni, Ivano Paccagnella e Alfredo Stussi. Per informazioni più dettagliate e a più ampio raggio sullo stato degli studi è ancora attuale Tomasin (2007a).
0.2 Stato delle ricerche
3
ricerche sui secoli successivi al XIV: per il Quattrocento emerge Sattin (1986); per la prima metà del Cinquecento appare isolato Tomasin (2001, 125–175). Forse ancor più che ai volgari medievali del Veneto e della stessa Venezia, in questa fase storica il veneziano cólto può essere utilmente raffrontato con le koinai cortigiane settentrionali, coincidenti in larga misura con la «lingua cortigiana». La definizione identifica, nella riflessione linguistica, la lingua delle comunicazioni scritte fra i principali centri di potere dell’Italia di XV–inizio XVI secolo ed è stata per lungo tempo interpretata come poco più che un’astrazione (un «fantasma» secondo una celebre definizione di Pio Rajna). Negli ultimi decenni, tuttavia, un’ingente mole di studi prodotta da alcuni centri di ricerca ha segnato enormi progressi nella nostra conoscenza di questo multiforme codice scritto.4 Per restringere il campo ai Diarii, è possibile affermare che non si conosce altro documento monoautoriale tanto vasto e vario dell’italiano ai primordi del bembismo. Andrà imputato anche alle caratteristiche esterne del testo se, nonostante ciò, finora esso non è stato oggetto di maggiore attenzione quale testimonianza di lingua, come pure è stato autorevolmente auspicato. L’autografo presenta infatti, specialmente negli ultimi volumi, un ductus assai rapido e minuto, che non rende allettante un esame ad ampio raggio basato sull’originale. Un’indagine dettagliata di tutti gli aspetti del testo non potrà neppure, però, appoggiarsi all’edizione otto-novecentesca, insigne e senz’altro affidabile nel complesso per il rispetto del testo originale (orientamento non scontato date le particolari circostanze dei lavori editoriali, sui cui v. §4.1), ma decisamente oscillante nei criteri delle rese grafiche e fonomorfologiche (§4.3).5 I soli studi specialistici sistematici sulle caratteristiche testuali dei Diarii sono stati compiuti da Fedi (1994) e da Lepschy ([1993] 1996): il primo ha condotto sulla base dei primi sedici volumi dell’ed. Fulin et al. (1496–1513) un esame sui versanti strutturale e stilistico, la seconda ha proposto una sintetica analisi linguistica di un campione costituito delle colonne 390–422 del trentaquattresimo volume dell’edizione ottocentesca, redatte nel 1523. Come per la storiografia su Venezia, e
4 Sulle parlate italiane del Rinascimento sono tornati più volte nel corso dei loro studi Claudio Giovanardi (Roma Tre), Mirko Tavoni (Pisa), Paolo Trovato (Ferrara), Brian Richardson (Leeds), Maurizio Vitale (Milano). Pionieri nel campo di studi sono stati i compianti Ghino Ghinassi (Firenze) e Carlo Dionisotti (Torino e Roma La Sapienza). Si segnalano, fra i più aggiornati contributi di sintesi su questo complesso ambito di ricerca, Sanga (1995), Verlato (2009, 359– 363), Palermo (2010), Tesi (2010), Coluccia (2010), Tavoni (2011). 5 Particolarmente netto il giudizio espresso da Ivano Paccagnella (Cortelazzo/Paccagnella 1992, 244 n. 12): «[Il volgare dei Diarii è stato], a mia conoscenza, scarsamente indagato dal punto di vista linguistico, anche perché la meritoria edizione Visentini mal rende la realtà filologica degli autografi sanudiani».
4
0 Introduzione
in generale sull’Italia del Rinascimento, è arduo prescindere dai Diarii, così non c’è esame anche cursorio della storia del veneziano che non vi faccia riferimento. L’analisi è però invariabilmente di dettaglio o, al contrario, sommaria; soprattutto, il taglio è derivativo e, a partire dal 1996, fondato sul solo articolo di Anna Laura Lepschy. Tra le poche eccezioni si segnala un breve saggio di analisi in Tomasin (2010a, 69s.) sulla base del proemio nell’ed. Fulin et al. (1,5s.).6 Altri giudizi scientifici sull’impasto linguistico dei Diarii vengono riportati al §6.1.2. Non del tutto sovrapponibile è lo status quaestionis circa il lessico dei Diarii. Le incongruenze dell’ed. Fulin et al. sono da questo punto di vista di minor momento: non è ugualmente urgente per tutte le branche della lessicografia anche scientifica conoscere l’esatta facies grafo-fonetica dei singoli lessemi; inoltre le dimensioni del materiale contenuto nei Diarii consentono raffronti interni utili a individuare eventuali anomalie dovute al filtro dell’edizione. Le maggiori imprese lessicografiche degli ultimi decenni hanno rintracciato nei Diarii l’atto di nascita (necessariamente provvisorio) di un gran numero di lemmi, spesso occasionalismi di contatto ma anche voci rimaste vitali per secoli. Alcuni recenti sviluppi della lessicografia italiana hanno evidenziato il potenziale della grande cronaca sanudiana anche nel campo dell’onomastica (§7.1). Non è stato però prodotto ad oggi un esame lessicologico che consideri il patrimonio lessicale registrato nei Diarii in sé e per sé.
0.3 Obiettivi Quanto finora prodotto dalla ricerca a proposito della lingua e del lessico dei Diarii lascia prospettare l’utilità di ulteriori indagini, che andranno inevitabilmente condotte sulla base di scandagliamenti a campione. Si assume come base testuale del presente studio un insieme di sei estratti da altrettanti volumi manoscritti autografi dei Diarii. I brani risalgono rispettivamente alla fine del 1496, al giugno 1502 e al marzo 1503, al marzo e all’aprile del 1511, al settembre 1517, al
6 Una rassegna puntuale di questa esegesi «secondaria» verrebbe a coincidere perciò con la stessa bibliografia sul volgare di Venezia successiva al 1996. A titolo esemplificativo, si segnalano qui solo alcuni riferimenti recenti di speciale autorità: Tomasin (2001, 75 n. 40, 79 nn. 48 e 49, 138 e passim), Eufe (2006, 185s.), Baglioni (2006, 138 e 143 n. 132). Sono particolarmente frequenti, negli studi linguistico-letterari, i riferimenti ai non rari passaggi in cui i Diarii forniscono testimonianze, preziose ancorché vaghe, sui poemi cavallereschi che circolavano nella Venezia coeva (Crescini 1885) e sul teatro rinascimentale (Rossi 1888, XIV –XXIX ; Padoan 1982): è sanudiana la più importante serie di testimonianze che ci sia giunta sulle messe in scena veneziane delle commedie di Ruzante (Paccagnella 2012, XXVIII ).
0.3 Obiettivi
5
dicembre 1524 e al gennaio 1525, al settembre 1533; i testi vengono presentati nel capitolo §5. L’opera appare, sotto diversi aspetti, ancora insufficientemente indagata. Infatti gli studi sull’antico veneziano, pur godendo di un’illustre tradizione foriera di eccellenti risultati anche negli anni più recenti, si sono concentrati soprattutto sulle prime fasi della lingua e sulla relativa documentazione: qualcosa resta da dire sulle caratteristiche del veneziano illustre di fine XV – inizio XVI secolo, ormai profondamente toscanizzato anche se dalla coloritura locale ben più salda e identificabile rispetto alle circostanti koinai settentrionali coeve. Le note al testo cercheranno dunque di contestualizzare i dati non solo rispetto alla storia del veneziano, ma anche nella più ampia cornice storico-linguistica dei volgari circostanti. La descrizione linguistica qui proposta prevede anche il tentativo di un’analisi differenziale interna all’opera. L’estrema varietà dei contenuti non è certo ardua da riconoscere anche a un esame superficiale: si cerca nel presente lavoro di contribuire a definire, pur sulla base di un campione relativamente esiguo di testo, se e in che modo questa policromia si rifletta anche sui vari livelli della lingua. Laddove i dati la incoraggiano, si propongono anche ipotesi diacroniche su tratti linguistici fondate sul raffronto tra i sei estratti, separati, come si è mostrato, da intervalli cronologici pressappoco uguali.7 Ciò ha consentito in taluni casi di delineare, anche se con un grado di sicurezza variabile, alcune linee guida nell’uso scrittorio dell’autore; con tutte le cautele del caso, tali osservazioni potrebbero contribuire a definire analoghe evoluzioni nel complesso delle fonti sul veneziano di fine XV – inizio XVI secolo. Infine, le dimensioni diastratica e diafasica, almeno altrettanto rilevanti ma meno facilmente riconducibili a sistema, sono prese in considerazione in sottotraccia nella forma di una serie di confronti non sistematici con autori (in primis Andrea Calmo) e documenti coevi. Le osservazioni così formulate trovano posto nel §6 e si propongono di integrare in modo utile quelle di Lepschy ([1993] 1996). Come ad altri livelli linguistici, anche nell’esame del lessico la ricerca precenta tuttora evidenti desiderata. Se un fecondo rapporto tra i Diarii e la lessicografia scientifica non costituisce certo una novità (§7.1), manca ancora uno studio sulle caratteristiche del lessico di Sanudo per se. Anche in questo caso le dimensioni dell’opera sono tali da scoraggiare un tentativo del genere, a meno di non mettere in cantiere un Dizionario sanudiano o una Enciclopedia sanudiana di ingentissime
7 Ci si pone con ciò sulla falsariga degli studi che già si sono già dedicati alla definizione di linee evolutive nella lingua di autori particolarmente rappresentativi di un’epoca, come l’Ariosto (Stella 1976; Vitale 2012).
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0 Introduzione
dimensioni. Meno grave che per gli altri livelli di analisi, tuttavia, sembra nel caso del lessico la presenza del diaframma costituito dall’ed. Fulin et al. Tale ottimismo trova giustificazione da una parte nella quantità di occorrenze per ogni voce, tanto numerose da legittimare in molti casi induzioni di carattere statistico ed esonerando in genere dal confronto puntuale con l’autografo, e dall’altra nella qualità degli interventi degli editori otto-novecenteschi, non propensi a modifiche nel lessico del manoscritto (v. §4.3).8 Anche i presenti glossari, che ambiscono a spargere qualche luce sulla composizione del lessico dei Diarii, sono quindi subordinati a un’indispensabile drastica restrizione del campo di analisi, che viene perseguita per due vie complementari. La prima, più ovvia, è restringere il corpus. Il glossario selettivo a §7.2. prende in considerazione una selezione lessicale ricavata dai campioni del manoscritto qui editi sulla base dei volumi manoscritti, e in particolare dal primo, in virtù della sua priorità cronologica. La seconda delimita invece il campo su base onomasiologica, secondo un’ambizione di completezza, sulla scorta di un corpus costituito dalla totalità dei Diarii nell’ed. Fulin et al. Si è deciso di privilegiare l’ambito tematico della lingua militare e in particolare dell’artiglieria. Le ragioni della scelta sono di diverso ordine: le tematiche propriamente o latamente belliche sono centrali nei Diarii, anche in meri termini di quantità di testo; altri àmbiti concettuali ampiamente rappresentati sono già stati descritti in dettaglio (in particolare, per la giurisdizione e l’amministrazione è d’obbligo il riferimento a Tomasin 2001 e Giani 2012) oppure sono scarsamente specifici (relazioni di cerimonie ufficiali, fatti di cronaca); i tecnicismi militari, pur meno investigati, rientrano a pieno titolo nel vocabolario della lingua delle cancellerie, patrimonio lessicale «sulla cui storia non sappiamo ancora nulla di preciso» (Senatore 1998, 195s.); infine, il lessico della guerra conosce una rapidissima evoluzione negli anni successivi al 1494 (inizio della discesa in Italia di Carlo VIII di Francia e delle «guerre d’Italia»), parallela al traumatico rinnovamento tecnologico dei referenti. È inoltre un’area semantica particolarmente propensa, per sua natura, a riflettere fenomeni di contatto interlinguistico. La cospicuità documentaria dei Diarii e la relativa omogeneità che è stata loro riconosciuta a livello lessicale da Lepschy ([1993] 1996, 33) permettono analisi più approfondite e distese delle singole voci, e di ciò si è tenuto conto nel redigere i commenti ad esse. Si riserva a future ricerche il confronto puntuale con il manoscritto per singoli lessemi sospetti o nevralgici nonché, per selezionati casi, una ricognizione sulle fonti superstiti di Sanudo.
8 Questo almeno pare ad oggi essere stato implicitamente l’orientamento della lessicografia storica (§7.1).
0.3 Obiettivi
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Introducono e accompagnano le due sezioni centrali dello studio, vale a dire l’analisi linguistica e il glossario, una serie di considerazioni (§§3, 4, 7.1) volte a meglio inquadrare i Diarii tanto «a monte» (contesto storico, quadro tipologico, struttura testuale) quanto «a valle» (ricezione, nella duplice veste di manoscritto e di edizione a stampa). Nel seguito del presente lavoro si fa riferimento ai luoghi del manoscritto mediante il numero della pagina (recto o verso) in grassetto, seguito ove necessario da quello della riga e preceduto, per i campioni successivi al primo, dalla lettera che identifica il relativo estratto (da B a F). Se il rinvio è invece all’edizione a stampa si riportano il numero del tomo e quello della colonna, separati da una virgola.
1 Venezia tra XV e XVI sec.1 1.1 Contesto internazionale È già stato ampiamente sottolineato negli studi storici moderni come gli eventi internazionali a cavallo tra XV e XVI secolo siano stati di portata dirompente per gli equilibri politici fra gli stati italiani e non solo. Si concentrano nel volgere di pochi anni la scoperta dell’America e delle rotte marittime per l’India, eventi di forte valore simbolico come l’esplosione del protestantesimo e il sacco di Roma (1527) seguito dall’incoronazione di Carlo V a Bologna da parte di Clemente VII (1530), esperimenti politici inusitati quale il regime di Girolamo Savonarola a Firenze (1494–1498), eventi bellici imprevedibili come la discesa di Carlo VIII del 1494 e la definitiva affermazione dell’Impero ottomano nel Mediterraneo orientale. Anche la Repubblica di Venezia, in quest’arco temporale, affrontò vicende turbolente e sperimentò traumi collettivi che definirono i modelli amministrativi, sociali e di politica estera che accompagneranno tutti i restanti secoli della sua storia.2 Dopo la morte di Maometto II nel 1481 la situazione nel Levante era lentamente mutata a vantaggio della Repubblica, che approfittò della momentanea crisi degli Ottomani per arginare le loro conquiste, conservare il possesso di Zante, acquistare per via diplomatica il controllo di Cipro (1489) e infine rinegoziare le clausole dell’umiliante trattato del 1479. Il tributo venne annullato e i dazi per i mercanti veneziani e per il bailo di Constantinopoli furono agevolati. Proseguiva nel frattempo la sequenza di successi militari e diplomatici della Serenissima sulla terraferma. La stagione delle grandi conquiste territoriali in Italia, culminata qualche decennio prima sotto il doge Francesco Foscari (1423–1457) con l’acquisto della quasi totalità degli attuali Lombardia orientale, Veneto e Friuli, rivive nel 1482–1484 con la guerra di Ferrara, salutata con enorme partecipazione dalla popolazione (Gullino 2010, 109). Il conflitto, che garantì a Venezia l’acquisizione del Polesine di Rovigo, aveva destato la viva preoccupazione dei fiorentini e del ducato di Milano ed era stato all’origine della scomunica da parte di Sisto IV, pure alleato della Repubblica ancora allo scoppio del conflitto. Proprio questa politica di espansione, che danneggiava le altre potenze italiane o almeno le minacciava
1 Tra le monografie storiche di riferimento sul periodo in esame, ci si è affidati a Hellmann (1976), Lane (1980), Zorzi (1981), Cozzi (1982), Cozzi/Knapton (1986), Cozzi/Knapton/Scarabello (1992), Law (2000), Rösch (2000), Gullino (2010). Il presente sguardo d’insieme, nella sua estrema semplificazione, si concentra per quanto possibile sugli aspetti che più influenzarono la vita di Marin Sanudo o che trovano maggiore riscontro nelle sue opere. 2 Cf. Ventura (1993, 168–187) per l’evoluzione del rapporto con le maggiori città di terraferma.
1.1 Contesto internazionale
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più o meno direttamente, pose le basi della crisi che segnò il primo decennio del secolo successivo. Su un altro fronte la politica dell’equilibrio degli Stati italiani, inaugurata con la pace di Lodi (1454), stava per essere travolta dalla discesa di Carlo VIII (1494) diretto, assieme a un esercito di dimensioni impressionanti, alla conquista del Regno di Napoli. Come fu presto chiaro ai contemporanei, questo evento apriva una lunga successione di conflitti, oggi indicati complessivamente dagli storici come «guerre d’Italia» e prolungatasi con brevi intervalli fino al 1559. Venezia, pur sostanzialmente non toccata dalla fulminea e cruenta marcia dell’esercito francese, fu protagonista assieme al ducato di Milano della battaglia di Fornovo, con la quale gli eserciti congiunti intercettarono Carlo sulla via del suo mesto ritorno in Oltralpe (6 luglio 1495). Lo scontro non fu decisivo, l’armata non fu distrutta e il ricco bottino degli invasori finì per lo più disperso tra i mercenari. Ancora una volta, tuttavia, la Repubblica finì per trarre beneficio dal conflitto, riuscendo a occupare altre posizioni di forza nell’Adriatico e nel mar Ionio. A queste si aggiunsero pochi anni dopo Cremona e Ghiaradadda (1499), grazie a un trattato in funzione antimilanese con il nuovo re di Francia Luigi XII. Persino dopo la sanguinosa battuta d’arresto della battaglia di Calliano, che pose fine contemporaneamente alla cosiddetta «guerra di Rovereto» (1487) e alle ambizioni tirolesi di Venezia, la Repubblica spinse le sue mire fino al Tirreno e addirittura su un centro nevralgico come Pisa (1496–1499), rivelando ambizioni che la storiografia non cessa di trovare sorprendenti (Gullino 2010, 115s.). Tale politica di consolidamento nel Dominio di Terraferma fu privilegiata dalla Repubblica a spese del tentativo di arginare l’Impero ottomano a Levante. Esso intanto aveva ripreso le ostilità sconfiggendo Antonio Grimani nella battaglia di Zonchio, saccheggiando il Friuli e soprattutto impadronendosi in breve tempo delle fondamentali piazzeforti greche di Corone, Modone e Lepanto (1499– 1503). La situazione economica, in particolare quella commerciale, iniziava a destare preoccupazione tra gli aristocratici più avvertiti come Girolamo Priuli (cf. Cozzi/ Knapton 1986, 85 e 93). Anche la politica espansionistica di terra stava per conoscere una definitiva battuta d’arresto, ma non prima che la Repubblica mettesse le mani ancora sulla Romagna (1503) e su Pordenone e Trieste (1508). Da una parte Luigi XII e l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo si erano segretamente accordati a Blois, nel 1504, per la distruzione della Repubblica e la sua spartizione, dall’altra il papa Giulio II pretendeva la restituzione di Rimini, Faenza e Cervia, che si erano consegnate a Venezia pochi anni prima. Alla coalizione così composta si aggiungevano i ducati di Ferrara e di Savoia, nonché l’appoggio del regno d’Ungheria e di quello di Aragona, ognuno dei quali richiedeva una porzione dei territori controllati da Venezia. La «lega di Cambrai» così formata (1508), condotta da Luigi XII e
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preceduta dalla rinnovata scomunica papale ai danni della Repubblica, riportò una schiacciante vittoria sulla Repubblica nella battaglia di Agnadello (14 maggio 1509). Nelle settimane successive le forze della Lega dilagarono nei domini di Terraferma; molti centri si consegnarono spontaneamente agli invasori, altri furono scossi da tumulti e discordie civili (Ventura 1993, 121–187). Tuttavia, già a partire dal luglio dello stesso anno, diversi successi militari congiunti a sapienti mosse diplomatiche permisero a Venezia di recuperare terreno. Seguirono il voltafaccia di Giulio II nel 1510 e la successiva alleanza antifrancese («Lega santa») tra questi e la stessa Venezia. Il conflitto si protrasse con alterne vicende, coinvolgendo e devastando gran parte dell’Italia centrosettentrionale, fino al 1516–1517, date rispettivamente dei trattati di Noyon e Bruxelles. Le perdite territoriali furono nel complesso limitate (in sostanza, a Cremona, Ghiaradadda, Rovereto, Gorizia e Trieste, oltre ai porti pugliesi) ma dopo questo trauma, e ancor più con la pace di Bologna fra Carlo V e Francesco I (1530) e, appunto, la perdita dei territori pugliesi appena rioccupati, cessò per sempre la spinta imperialistica che aveva caratterizzato la politica veneziana in Italia nel secolo precedente. L’esercito divenne stanziale e furono erette strutture stabili di difesa (le mura di Peschiera dal 1549 e quelle di Bergamo dal 1561; la fabbrica ex nihilo di Palmanova completata nel 1593). Nei trattati il confine del «Dominio da Tera» venne fissato all’Adda. La rinuncia veneziana a una supremazia territoriale nella penisola (i confini, come accennato, rimasero nella sostanza immutati fino alla caduta della Repubblica) non comportò però quella a un ruolo politico e culturale di primo piano nelle cose d’Italia.3 Più di prima, Venezia mirò verso la fine del Rinascimento a costruirsi un’immagine di Stato illuminato e virtuoso, sorretto da una nobile eredità storica, da un istituto costituzionale unico al mondo e da un vero e proprio mandato divino. A questo fine la Repubblica infuse rinnovato vigore a nuove imprese artistiche, architettoniche oltre che, come si vedrà, storiografiche. Sotto il dogato di Andrea Gritti (1523–1538) gli interessi militari della Serenissima tornano a concentrarsi nel Levante, dove, con l’ascesa al trono di Solimano il Magnifico nel 1522, si andava verificando un declino drammatico della potenza navale veneziana. Come era successo per la politica di terra, a preservare in larga misura le posizioni della Serenissima fu più spesso e meglio la diplomazia, sorretta dal potere finanziario, che le armi. Con tutto ciò, alla morte di Sanudo, l’ancora florida Venezia doveva ormai rassegnarsi a un ruolo subalterno nella politica internazionale: segnatamente all’Impero in Europa e agli Ottomani nel Mediterraneo orientale.
3 Pur, come è stato sottolineato (Hellmann 1976, 145), senza mai ambire a un impossibile ruolo di guida politica della penisola.
1.2 Cenni su politica e società
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1.2 Cenni su politica e società Le fonti antiche e gli studi moderni concordano nel descrivere in toni grandiosi la prosperità della Repubblica veneziana a cavallo del 1500 e lo splendore raggiunto dalla città lagunare, che poteva ormai apparire come «il forziere del mondo» (Cozzi/Knapton 1986, 155; cf. Gullino 2010, 133). La popolazione superava, all’inizio del Quattrocento, le 100.000 anime. La costante espansione demografica (la città contava, in via necessariamente approssimativa, 115.000 abitanti nel 1509, 130.000 nel 1540, 170.000 nel 1563)4 va ben oltre la generale tendenza europea e si spiega con l’afflusso di altri italiani oltre che di greci, albanesi, schiavoni, tedeschi, turchi, ebrei, armeni. L’intero dominio veneto, di Terraferma e da Mar, superava nel Cinquecento i due milioni di abitanti. L’invidiabile prosperità di Venezia, apparentemente, non risentì in modo significativo nell’arco della vita di Sanudo né delle grandi scoperte degli esploratori né del rafforzamento delle posizioni ottomane nel Levante (risale al 1517 la conquista turca dell’Egitto e della Siria). La stabilità economica, coordinata a una avveduta politica di previdenza sociale e di tutela degli interessi corporativi cittadini (Gullino 2010, 179), garantiva al potere politico, già proverbialmente illustre, una salda base supplementare di consenso popolare. Per quanto riguarda i domìni di Terraferma, durante la guerra della lega di Cambrai apparve evidente quanto fosse stata profonda la propaganda veneziana, che protestava di tutelare la popolazione contro la piccola nobiltà locale. In generale si può affermare che gli aristocratici della generazione di Marin Sanudo fossero maturati nella consapevolezza che la potenza e lo splendore della loro città erano al loro apice e nei successivi decenni, anche nei momenti più bui, non sembrano aver mai realmente creduto alla possibilità della fine di questo stato di supremazia. Perfino davanti alla lega di Cambrai, che riuniva contro Venezia tutte le grandi potenze europee, il Senato rifiutò di trattare una resa parziale con Giulio II (Cozzi/Knapton 1986, 92). Apparentemente ciò non era in contraddizione con la profonda coscienza di vivere in un’epoca di drammatici mutamenti, tema ricorrente nella cronachistica coeva.5
4 Cozzi/Knapton/Scarabello (1992, 204–215); Gullino (2010, 193). Sanudo stesso nel De Origine fornisce la cifra di circa 150.000 abitanti «secondo una esistimatione che fu fatta» intorno al 1530 (Caracciolo Aricò 2011b, 21). 5 Su questo tema cf. anche il recente Funke (2011) in riferimento alla storiografia fiorentina e Neerfeld (2001) su quella veneziana. Così si esprime la studiosa (ibid., 105): «Den hier vorgestellten Autoren ist somit das – wenn auch diffuse oder manchmal überbetonte – Gefühl gemeinsam, in einer Zeit zu leben, in der sich die Verhältnisse drastisch verändern»; (ibid., 106): «Der erste und unmittelbar nachvollziehbare Antrieb für die Autoren, die tagesaktuellen Ereignisse in
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Sanudo, che certo non è insensibile al diffuso entusiasmo per questo trionfo civile, appartiene tuttavia a un ceto che proprio in questa fase storica affronta una crisi irreversibile: mentre in tutto il dominio veneziano di Teraferma «il Cinquecento è il secolo del trionfo aristocratico» (Ventura 1993, 189), la piccola nobiltà veneziana si trova sempre più chiaramente allontanata dal potere e non di rado avviata a un vero e proprio stato di indigenza. La categoria sociale dei «nobili poveri»6 si scopre rapidamente e dolorosamente retrocessa al fianco dei «cittadini», categoria sociale che costituisce una sorta di intercapedine tra la grande aristocrazia e gli «artigiani» (o meglio, quella élite del popolino che occupava i gradini più bassi della burocrazia e dell’amministrazione statale). Anche in conseguenza dell’esplosione demografica sopra descritta, oltre che per il timore che chi esercitava le «arti meccaniche» potesse entrare nella gestione del potere, la classe nobiliare adottò agli inizi del XVI secolo provvedimenti di stampo oligarchico, vòlti a restringere anche formalmente gli accessi al potere. Gli apici di tale processo reazionario furono l’istituzione del Libro d’oro delle nascite (31 agosto 1506), che sanciva definitivamente l’ereditarietà dello status aristocratico, e l’approvazione (26 aprile 1526) di ulteriori restrizioni nel diritto di famiglia.7 Era di compensazione a questa marginalizzazione il godimento della piena cittadinanza (Cozzi/Knapton 1986, 133–140): in un periodo di esplosione demografica, trovarsi per diritto di nascita «homo Venetiarum» restava pur sempre un privilegio del cui valore Sanudo rimase pienamente cosciente.
einem Diario festzuhalten, ist also in der Tatsache zu suchen, daß sie ihre Zeit als außergewöhnlich und deshalb als erinnerungswürdig empfanden». 6 Con queste parole Sanudo fa riferimento alla categoria, in un promemoria di proposte da comunicare al Senato qualora vi fosse rientrato (ms. Marc. It., cl. VII, 375 [= 8954], cc. 24s., cit. in Berchet 1903, 84: «Che si debbi proveder a li nobeli poveri»). La circostanza si può considerare rivelatrice del personale coinvolgimento del cronista nella questione. 7 Cf. Gullino (1996a, 364); Raines (2006, 1,13s.); inoltre i Diarii rispettivamente a 6,406 e 41,236– 238; in entrambi i casi la notizia è riferita in tono neutrale. Nel primo dei due essa è così incompleta e cursoria da giustificare la sensazione che «la portée de la motion [ne fût] pas encore totalement claire aux contemporains de Sanudo» (Raines 2006, 1, 461).
2 Vita e opere di Marin Sanudo 2.1 Marin Sanudo (Venezia, 1466–ivi, 1536) 2.1.1 Fonti documentarie e studi biografici moderni Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX si risvegliò un certo interesse per la figura storica di Marin Sanudo, sull’onda della riscoperta delle sue opere. Primeggiano i lavori dell’antichista veneto Emanuele Cicogna (Venezia 1789–ivi, 1868) e dell’inglese Rawdon Lubbock Brown (Londra, 1806–Venezia, 1883).1 A questo periodo risalgono le prime ricostruzioni della biografia del cronista.2 Il riferimento fondamentale è però a tutt’oggi Guglielmo Berchet (1903, 14–110), che si rifà non solo alle informazioni ricavabili dal complesso dei Diarii e dalle altre opere dello storico, ma anche a una paziente ricerca e consultazione degli atti pubblici relativi al personaggio.3 I successivi contributi compilativi ed enciclopedici, a partire dall’entrata «Sanudo, Marin, il Giovane» dell’Enciclopedia Italiana (1936), a cura di Giovanni Battista Picotti, non apportano significativi elementi di novità. Nei decenni successivi alcuni studiosi in prevalenza di lingua inglese, sulle orme di Rawdon Brown, hanno dedicato speciale attenzione alla vita di Marin Sanudo, così da meglio seguire il suo punto di vista nella descrizione della politica e della società veneziane (Finlay 1980, in particolare 14–43; Chambers 1998a e 1998b); tra i contributi italiani si segnala quello di Gaetano Cozzi ([1968] 1997b). La maggior parte delle informazioni sulla sua vita tra il 1496 e il 1533 si deve ricavare, con la necessaria circospezione, dagli stessi Diarii. L’opus magnum del Sanudo rimane essenzialmente, per tutto il tempo della sua redazione, uno schedario di tutte le notizie ritenute degne di attenzione, riflessione o curiosità da parte dell’aristocrazia veneziana; tuttavia non è raro che l’autore vi inserisca
1 Alla fine del secolo scorso era divenuto arduo perfino identificare il luogo di nascita dello studioso. Sulla vita e l’opera dello studioso esiste oggi invece una discreta bibliografia: cf. da ultimo Law (2014), in particolare pp. 80–85 e le fonti elencate alla nota 1. 2 Pionieristica è la voce del Nuovo dizionario istorico, ovvero Istoria in compendio di tutti gli uomini che si sono renduti celebri […], traduzione collettiva anonima di un analogo dizionario enciclopedico francese (28 voll., Napoli, per Michele Morelli, 1791–1798). L’articolo Sanuto, Marino juniore si trova alla pagina 360 del volume 23 (1794). Gli autori ignoravano ancora le date di nascita e morte di Sanudo («sembra bastantemente provato, che vivesse sino al 1535»), ne conoscevano solo sommariamente le opere e ignoravano del tutto l’esistenza dei Diarii. 3 Non è stato possibile reperire una copia del contributo di Brunetti (1923), resoconto di una conferenza tenuta in una lontana assemblea dell’Ateneo Veneto di Scienze, Lettere e Arti, sovente citato negli studi posteriori. Lo studioso è anche autore della voce relativa al casato dei Sanudo nell’Enciclopedia Italiana.
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2 Vita e opere di Marin Sanudo
notazioni di carattere personale, in genere a mo’ di glossa su quanto appena affermato. Alcune tipologie di commento sono più frequenti e salienti, come le dichiarazioni di disprezzo e rinascimentale scetticismo per le credenze popolari (che tuttavia non si tralascia di descrivere in dettaglio): afferma ad esempio, a proposito di un miracolo seguito al rogo del Savonarola, che qualcuno «tochò la terra dove fo brusato, et statim dicitur comenzò a veder, quod minime credo, tamen ne ho voluto far nota di le zanze vien dicte» (1,988). In apertura di ogni volume, e meno di frequente altrove, trovano posto diversi passi metodologici o metanarrativi; ci si dilunga su alcuni interventi pubblici in cui l’autore riponeva particolare orgoglio.4 Di tanto in tanto, la sua voce emerge a riportare esperienze personali a vario titolo interessanti: ad esempio il resoconto di un viaggio a Padova (9,234– 237) o la descrizione ammirata di un elmo di enorme valore prodotto a Rialto e destinato al sultano ottomano (55,634–635). Sono nel complesso rare, e tanto più rilevanti in quanto estranee allo scopo principale dell’opera, le registrazioni di fatti di ambito personale o familiare.5 Per di più le annotazioni autobiografiche colpiscono per la loro secchezza, rilevabile anche nelle occasioni più drammatiche.6 Non si ha a che fare con un libro di ricordanze: nella grande maggioranza dei casi, come già accennato, se Sanudo sceglie la prima persona lo fa al fine di illustrare e segnalare il proprio ruolo civile, per lo più con il puntuale resoconto dei propri interventi in campo politico, amministrativo o legislativo. Questi inserti non sono mai privi di una valenza autocelebrativa, implicita o esplicita, e spesseggiano nei periodi di maggiore contrasto con la maggioranza dei suoi pari, come all’inizio degli anni Venti.7 Suoi interventi pubblici si trovano riportati integralmente, ad esempio, a 23,510–
4 Anche in contesti non ufficiali: sulle processioni e i digiuni della grande folla al seguito di un predicatore, Sanudo annota «non mi piacque, ne è cossa da soportar, et fici motto a qualche uno che può proveder, che provedi a tal principj» (19,462). Sui moduli dell’autorappresentazione del cronista-politico nei Diarii cf. Fedi (1994, 26s. e 40–57). 5 Ad esempio 6,240 (passo cit. anche in Brown 1837–1838, vol. 1, 169): «Da poi disnar fo Conseio di Dieci; et si comenzo a far li muri in la caxa divisa tra nui li Sanudi, per via di Sora-Gastaldi di comando del Principe col suo Gastaldo». 6 V. a titolo di esempio 2,101: «Et accidit, che questa nocte a hore tre sier Alexandro Venier fratello di mia madre morite; et fece uno testamento zercha Sanguanedo molto longo, adeo, fece parlar più zorni di quello; et io do zorni non veni in colegio» e 7,672: «A dì 27. A nona morite la mia carissima consorte Cicilia, stata zorni 49 amalata. Idio li doni requie et riposso». Cf. anche Neerfeld 2001, 109: «In der Regel werden Familienmitglieder nur in Verbindung mit ihren öffentlichen Ämtern erwähnt. Der Grund dafür dürfte nicht nur in dem Bestreben nach Unparteilichkeit zu suchen sein, sondern vor allem in der starken Identifikation der Autoren mit ihrer Heimatstadt Venedig, die stets im Mittelpunkt der Betrachtungen steht». 7 Finlay (1980, 277).
2.1 Marin Sanudo (Venezia, 1466–ivi, 1536)
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512;8 36,127; 41,162–163. Il discorso indiretto libero tipico dei resoconti sanudiani di dibattiti assembleari trascorre tipicamente, in tali occasioni, in discorso diretto inserito in una cornice narrativa. Le testimonianze contemporanee esterne all’opera dello stesso Sanudo consistono in documenti ufficiali e negli attestati di stima dedicatigli da uomini di cultura e altri personaggi di spicco in gioventù e conservati scrupolosamente dal destinatario.9 Molti atti pubblici, inoltre, fanno fede della sua entusiastica attività politica. A livello privato, particolare interesse riveste il suo Testamento, redatto il 4 settembre 1533 (poche settimane prima di interrompere i Diarii) e integrato con un codicillus datato al 9 febbraio 1536.10 Sono poi conservate diverse lettere autografe, fra le quali quella in cui il giovane storico richiede a Zaccaria Barbaro una revisione dei Commentari11 e quella al cognato Giovanni Malipiero, nella quale ripercorre tutte le proprie esperienze in campo letterario fino al 31 dicembre 1485.12 È stato recentemente edito per la prima volta da Caracciolo Aricò (2011a, 397–418) un poemetto in distici elegiaci latini di Federico da Porto dedicato a Marin Sanudo, intessuto di interessanti allusioni alla sua casa e alla sua vita privata. Ad altre fonti minori, come di altri documenti privati e pubblici che fanno il suo nome, si farà cenno volta per volta nei paragrafi successivi.
8 All’interno di questo discorso Sanudo inserisce una premunizione assai rivelatrice: «né mi si ascriva a presuntion alcuna di montar più spesso di quello mi si convien a questa renga non havendo altro grado, tamen sempre che vederò che qualche opinion a Mi non piaqua, senza alcun rispeto vegnirò suso a dir al mio signor la opinion mia, poi le soe excelentissime signorie potrà acetarla e non acetarla, come a’ loro sapientie parerano» (23,511). 9 Si trovano raccolti dallo storiografo in almeno tre codici superstiti: il Marc. lat. cl. XII, 210 (= 4689), che comprende, tra svariati componimenti in versi, liriche in suo onore di Gian Francesco Buccardo, Alvise Da Canal, Piero Contarini filosofo, Marco Maffei, Alvise Mazzocchi, Francesco Modesti, M. A. Sabellico, Sabino da Sacile ed altri; il Marc. lat. cl. XII, 211 (= 4179); il Marc. lat. cl. XIV, 267 (= 4344), che raccoglie in particolare attestati di stima e auspici dedicati alle sue precocissime doti letterarie (cf. §2.1.2 e Caracciolo Aricò 2008, 361–362 e n. 31 e 2011b, IX e n. 10). Al netto dei legittimi sospetti di superbia, la fama della sua figura di erudito sembra essere stata negli anni giovanili realmente considerevole. Di tutta questa documentazione biografica si dà puntualmente conto in Berchet (1903). 10 Entrambi conservati negli Archivi Notarili di Venezia nei fondi dei notai Girolamo Canal e Diotisalvi Benzon. Sono stati pubblicati la prima volta in Brown (1837–1838, 3, 213–231) e nuovamente in Berchet (1903, 101–109). 11 Marc. lat. cl. VII, 521, c. 161, parzialmente riportata in Berchet (1903, 24). 12 Bibl. nat. di Parigi, cod. 1441, c.61, riportata integralmente in Berchet (1903, 38–40).
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2 Vita e opere di Marin Sanudo
2.1.2 Gioventù e formazione culturale Il casato Sanudo vantava origini altomedievali e riallacciava la propria storia a quella della famiglia Candiano, di origini longobarde, dalle cui file tra il IX e il X secolo sarebbero usciti ben cinque dogi (notizia messa in dubbio a più riprese dagli storici moderni).13 Tra i rappresentanti dei vari rami della casa, particolarmente illustri in campo letterario furono, oltre al nostro cronista, Marin Sanudo il vecchio, detto Torsello (1270–1343) e Livio Sanudo (1520–1576), entrambi rappresentanti del ramo di S. Severo. Il nome di Marco Sanudo si conserva invece non per meriti letterari, bensì per il suo titolo di primo duca di Nasso (dal 1207 al 1227).14 Marin nacque il 22 maggio 1466 dalle terze nozze di Leonardo, dei Sanudo di S. Giacomo dell’Orio (1427–1476), con Letizia (o Lucia) Venier di Pellegrino.15 Il padre, patrizio illustre per cariche pubbliche e interessi letterari, morì improvvisamente a Roma, dove era in missione per conto della Repubblica. La perdita dovette essere particolarmente grave per il giovanissimo aristocratico, oltre che dal punto di vista affettivo, anche da quello finanziario, come dimostra tra l’altro una lettera autografa in latino del 1480.16 In essa il giovanissimo nobile prega lo zio Francesco di porre rimedio alla «perfidia» del fratellastro maggiore Alvise: apparentemente quest’ultimo aveva messo mano all’eredità paterna per fornire di una dote la sorella all’insaputa di Marin e degli altri eredi ed era poi fuggito in Siria con gran parte del patrimonio restante. Fu grazie alla famiglia paterna, e in
13 Cf. la bibliografia indicata in Fedi (1994, 30 n. 94). Attorno alla metà del XIV secolo, i Sanudo rientravano, secondo la tradizione annalistica coeva, tra le 24 casate più illustri di Venezia (Raines 2006, 1, 400 e 435). 14 In seguito agli eventi della IV crociata, Marco Sanudo era stato il primo detentore del titolo, che era passato nel 1371 al marito di Fiorenza Sanudo, Nicola delle Carceri, e in seguito al casato dei Crispo. Chambers (1998, VIII,38 e n. 3) nota come le ambizioni politiche di Sanudo fossero giustificate dalla cospicua tradizione familiare anche recente: oltre a quello del padre, valga l’esempio del fratellastro Antonio, personaggio politico in vista, e del cugino Marco, podestà di Brescia nel 1498. Per ulteriori dettagli sulle origini e l’albero genealogico dei Sanudo, ricostruito per uno spazio di cinque generazioni, rinvio a Berchet (1903, 12–15); un circostanziato studio storico-prosopografico sui Sanudo, reggenti del ducato dell’Arcipelago, offre Haberstrumpf (2005). 15 Il nome Lucia compare nel documento citato alla fine del presente paragrafo; in un altro atto del 1494, e nei Diarii (23, 534), la donna è chiamata Letizia/Letitia (Berchet 1903, 14 nota j). 16 Conservata nel codice Marc. lat. cl. XIV, 267, c.72, edita in Berchet (1903, 20) e parzialmente già in Brown (1837–1838, 1, 11s). Secondo Cozzi ([1968] 1997b, 88) le difficoltà che Sanudo incontrò nella carriera politica risalirebbero anch’esse almeno in parte al mancato supporto del padre; Knapton/Law (2014, 46) ricorda però che la perdita non precluse ai fratelli di Marin, Alvise e Antonio, l’accesso a cariche assai prestigiose.
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particolare al potente Francesco Sanudo, noto anche per meriti letterari, se il futuro storiografo non dovette affrontare reali preoccupazioni economiche fino alla vecchiaia, nonostante le spese che comportava la sua enorme biblioteca (§2.2.3). Divise con i fratelli il palazzo Sanuto a S. Giacomo dell’Orio e l’osteria della Campana a Rialto, «di la qual trazo el viver mio et paga di fitto ducati 205 oltra le botege da basso» come afferma nel gennaio 1514 (17, 459).17 Da giovane risiedette spesso presso lo zio materno Alessandro Venier nel castello di Sanguinetto nel veronese.18 Fu a Venezia, nella rinomata Scuola di San Marco, che completò la propria formazione umanistica, nel solco dell’umanesimo veneto del XV sec., precocemente e con ottimi risultati. Due dei suoi maestri di cui conosciamo il nome sono l’ecclesiastico Niccolò da Legnago e Macario da Camerino, ma pari o maggiore importanza dovettero avere i contatti con alcuni tra i più illustri intellettuali del tempo: Marcantonio Sabellico, Niccolò Leoniceno e Giorgio Merula. Visitò anche l’università di Padova, dove poteva godere dell’appoggio dello zio Francesco. Molti contemporanei gli attribuirono fin dalla più giovane età un singolare ingegno, che egli mise subito all’opera progettando all’età di quattordici anni la sua prima opera storica e iniziando la raccolta di materiali documentari che proseguirà in diverse forme per tutta la vita. La risonanza dei lavori del Sanudo presso i contemporanei (§4.2) pare però decisamente scarsa, nonostante la consuetudine dell’autore con il mondo della cultura locale. Colpisce in particolare da questo punto di vista la lunga amicizia con Aldo Manuzio, che gli dedicò, lodandone l’erudizione, l’Opera omnia Politiani (1498),19 gli Ovidii Metamorphoseon Libri (1502) e l’edizione di Catullo, Tibullo e Properzio (1515). Senza seguito, nonostante la loro unanimità, rimasero anche gli attestati di stima da parte di non pochi umanisti contemporanei. Tali testimonianze, a onor del vero, paiono concentrate negli anni della giovinezza di Sanudo, con poche eccezioni: rilevante la lode, datata al 1502, del monaco agostiniano e cronachista di fama Giacomo Filippo Foresti di Bergamo, che lo dice tra l’altro «vir non solum litterarum multarum apprime eruditissimus, sed et in administranda republica admirabilis».20 Nel già citato ms. Marc. lat. cl. XII, 210, alla c.
17 Nel 1533, però, l’osteria risulta già ceduta informalmente al fratello Leonardo (Testamento, cit. in Berchet 1903: 105). 18 A questo ambiente extraurbano rimase tanto legato da ritirarvisi volentieri anche in età matura (25,530; 32,9) in compagnia del nipote prediletto Marco Antonio Venier. 19 Cf. Brown (1837–1838, vol. 1, 12–13) e Berchet (1903, 41s.). 20 Novissime hystoricarum omnium repercussiones noviter a Reverendissimi patre Jacobo Philippo Bergomense, ordinis Heremitarum, edite: quae supplementum supplementi cronicarum nuncupatur, Venezia 1503, c. 447, cit. in Berchet (1903, 42). Nei cataloghi in rete non si trovano tracce
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88, il Sanudo conserva una lusinghiera dedica in versi di Marcantonio Coccio, più noto come Marcantonio Sabellico, con la quale questi, uno dei più illustri letterati del tempo, gli presentava il suo De vetustate Aquileiae et Foriiulii (sic). Nel 1483 accompagnò il cugino Marco Sanudo e gli altri due Auditori novi21 nella loro missione attraverso tutta la terraferma veneziana. Da questa esperienza scaturì la prima versione dell’Itinerarium (§2.2.1), che conserva fra l’altro la testimonianza di un’infatuazione per due donne rodigine indicate con i nomi (o forse senhals) Candida e Gemma. Alcuni biografi moderni propongono di identificare una di esse come madre delle due figlie naturali di Marin, Candiana e Bianca, che però devono essere nate solo a molti anni di distanza. In mancanza di ulteriori notizie certe si può ritenere che queste ultime siano rimaste in rapporto stretto col padre, il quale ne organizzò i rispettivi matrimoni (53,201 e 58,495) e le incluse nel testamento. Il 23 ottobre 1484 Sanudo fu iscritto grazie alle testimonianze della madre e del cugino Angelo alla Balla d’oro, il sorteggio che metteva in palio l’ingresso nel Maggior Consiglio prima dell’età canonica di 25 anni (il candidato ne aveva solo 18); l’atto è registrato in un «documento in data del 23 ottobre 1484 ricavato dal Registro III Balla d’oro dell’Avogaria del Comune c. 300 t.° del R. Archivio di Stato» (Berchet 1903, 22). Il suo nome venne estratto due anni dopo.
2.1.3 Maturità e impegno politico Marin Sanudo poté quindi avviarsi precocemente all’esercizio dell’amministrazione pubblica. A partire dal 18 marzo 1498 fu uno dei sei «Signori di note», incaricati di vegliare la quiete notturna del sestiere di Santa Croce per i sei mesi del mandato. Registrò nei Diarii («a eterna memoria»: 1,906) questo, come tutti i successivi passaggi del suo cursus honorum.22 Al termine dell’incarico, entrò il 30 settembre 1498 (1,1114) nel Collegio dei Savi, nel ragguardevole ruolo di «Savio
dell’«abate Giovanni Tetriti spaunense» autore di un De scriptoribus latinis cit. ivi da Berchet come ulteriore testimone della fama del Sanudo. 21 Cf. Caro Lopez (1980) e Knapton/Law (2014, 30–37) su questa magistratura itinerante, istituita nel 1410 e le cui competenze si erano assai estese nel corso del XV secolo in seguito alla rapida espansione del dominio di Terraferma, anche in conflitto con altre magistrature veneziane e locali. 22 Questi ricorrenti accenni autobiografici non sono scontati nella diaristica contemporanea: sono infrequenti, ad esempio, negli Annali di Domenico Malipiero, opera per altri versi avvicinabile: «Malipiero rarely mentions himself, despite the key role he played in some of the events he records» (Finlay 1980, 8).
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agli Ordini» (amministratore, con quattro colleghi, dei domini marittimi e della flotta); il suo primo intervento davanti al Senato risale al 14 dicembre dello stesso anno (2,174). Fu riconfermato di semestre in semestre fino al marzo 1501 (2,537; 3,170 e 849).23 In aprile fu eletto Camerlengo di Verona (4,8), carica che mantenne fino al settembre 1502, poco prima della scadenza naturale. Chambers (1998a) fornisce una dettagliata descrizione di questo mandato e da uno spoglio dei relativi documenti ufficiali ricava la conclusione che esso fu addirittura controproducente per la carriera del Sanudo: emergono infatti testimonianze di gestioni finanziarie non limpide e di uno stile di vita decisamente pretenzioso. Dopo altre due investiture agli Ordini, allo scadere del sesto mandato il 31 marzo 1504, il cronista dichiara per la prima volta la propria intenzione di interrompere i Diarii, forse per via degli importanti cambiamenti intervenuti nella vita privata.24 Il 29 marzo 1505 «dapoi disnar» sposò Cecilia di Costantino Priuli, vedova di Girolamo Barbarigo (6,144) e già madre di una giovane donna di nome Elena.25 Costei morì però molto presto, alla fine del 1508 (7,672); la vedovanza e l’incombere della guerra della Lega di Cambrai concorsero nell’incrementare ancora il suo presenzialismo politico e amministrativo. Nei momenti più drammatici per la Repubblica si spese in prima persona (8,251, 484, 490; 10,286, 306, 413, 788ss.; 17,261, 278, 320, 335, 338, passim); ciò nonostante ottenne solo nomine minori, tra le quali la settima a Savio agli Ordini (21 marzo 1510; 10,56). Non fu eletto all’ambita carica
23 Nei Diarii annoterà scrupolosamente sia le circostanze nelle quali il suo intervento fu approvato (2,336, 390, 904, 1051) sia quelle in cui fu meno fortunato (spesso, s’intende, sottolineando come il giudizio negativo fosse dettato da faziosità e acredine personale: 2,568, 889). 24 Interpretazione sostenuta da Berchet (1903, 49). Nello stesso periodo, il Sanudo poteva vantare di avere annotato tutti i fatti relativi a Venezia nei dieci anni precedenti (includendo quindi nel computo la Spedizione). Il proposito ebbe vita breve. Il primo di aprile scrive infatti: «ma vedendo che pocha fatica mi sarà el continuare, ita, Deo adiuvante, qui driedo noterò quanto mi parà di relatione a li lectori, […] perché con tempo, se Dio mi darà vita, le redurrò in altra ystoria, et im brevità, abscindendo molte cosse superflue» (6,1). La stessa intenzione è dichiarata in apertura del vol. 8. Berchet (1903, 116) nota, a commento di queste ripetute e solenni dichiarazioni di intenti senza seguito: «Si può anzi dire che quasi ogni anno volesse finire i suoi Diarii, ma pregato o incoraggiato dal principe, prometteva sempre di continuarli soltanto finché il doge avesse vissuto». È legittimo sospettare, con Neerfeld ([2001] 2006, 118), che i Diarii andassero sempre più assolvendo una funzione compensatoria per Sanudo, altrimenti costretto a fronteggiare dolorosi insuccessi nella costruzione della propria immagine pubblica. 25 Il rapporto di Sanudo con quest’ultima sembra tormentato, almeno a giudicare dalle circostanze delle sue nozze: «Et io fui me nolente a far zoè compir le noze nos omnibus inscientibus di mia fiastra, fia fo di sier Hieronimo Barbarigo quondam sier Francesco, in sier Vicenzo Malipiero quondam sier Andrea» (10,114); «Et in questa matina fo sposà in cha Emo mia fiastra fia fo di sier Hieronimo Barbarigo in sier Vicenzo Malipiero quondam sier Andrea, io li fui ma le noze fo fate a dì 18 marzo in cha sier Gabriel Emo» (10,191).
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di Avogador di Comun e solo nell’agosto del 1516 poté rientrare al Senato, previa una donazione di 500 ducati. La situazione economica di Sanudo, non abbastanza florida da permettergli elargizioni generose, non sarà l’ultimo dei motivi che spinsero il cronista a schierarsi più volte contro la venalità degli uffici, e in particolare contro alcune forme di corruzione largamente tollerate (pregierie; v. §7.2): l’orazione più celebre su questo tema è riportata a 24,656–658 (v. §5.5).26 Alcune disgrazie lo visitarono a cavallo tra quest’anno e il successivo: la morte dell’amata sorella (23,34), un umiliante arresto per debiti (23,534).27 Malgrado ciò non interruppe mai la propria attività politica, incrementando anzi i propri contributi alle attività del Senato. Anche se i suoi interventi furono numerosi e (a suo dire) generalmente bene accetti (23,510ss.; 24,128, 205, 237, 238, 239, 704, 705, ecc.), si trovò ripetutamente sconfitto nelle elezioni, fino a quando riuscì (settembre 1518) a entrare nella Zonta per un anno. Fu nuovamente eletto nel settembre 1520. In questo periodo la sua attività oratoria conobbe il culmine, ed è possibile che gli elogi alla sua eloquenza riportati nei Diarii in riferimento alla fase matura della sua vita politica non siano troppo esagerati.28
2.1.4 La vecchiaia Nell’ultima fase della propria vita, Sanudo non rallenta la propria attività intellettuale né la produzione letteraria, anche se esse assumono sempre più i modi di un’infaticabile attività di raccolta e catalogazione di libri (ma anche di quadri, disegni, mappe, iscrizioni), da una parte, e a un’analoga avida «collezione di fatti» nei Diarii, dall’altra. Le promesse di una successiva rielaborazione dei materiali in un’opera propriamente storico-letteraria sono sempre più rare ed
26 Cf. ancora i Diarii: «È cosa vituperosa a questo Stado et noiosa, né mai uno zentilhomo da ben, che non ha tanto numero da prestar, potrà sperar over [sic; lezione mantenuta in Margaroli 1997, 279] oficio alcun» (22,561); «Et perché Io non fazo le pratiche si fa al presente, nì cene a li XL e altri Pregadi, nì conventicule, come si usa far, altri riman è più zoveni assà de mi, pacientia!» (24,406); «Et volendo trovar le leze, io Marin Sanudo andai a la Signoria, dicendo cadaun Consier e li Cai di XL poteano meter scontro, alegando la parte presa in Pregadi non si potesse più dar zudegadi, canzellarie etc. per gratia» (36,122). 27 La situazione finanziaria del nobiluomo diverrà però realmente grave solo anni dopo, quando la sua celebrata biblioteca sembra iniziare a disperdersi, tra il 1533 e il 1535 (cf. il codicillus al suo testamento, riportato in Berchet 1903, 108: «Quanto al mio studio, per haverlo disfatto, parte di libri venduti, parte pagado i credadori, perhò il capitolo dil Testamento cerca ditti libri dil studio sia revocado»). 28 Cf. Finlay (1980, 264–267).
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esitanti.29 Un pesante colpo a quest’ultima ambizione fu la nomina del giovane letterato Andrea Navagero a storiografo ufficiale della Serenissima nel 1519 (21,484–485), col compito di proseguire le Rerum venetarum ab urbe condita ad Marcum Barbadicum libri XXXIII di Marco Antonio Sabellico, interrotte dall’autore all’anno 1486 e pubblicate nel 1487.30 Più volte Sanudo afferma, e quasi minaccia, l’intenzione di abbandonare l’impresa dei Diarii. Di seguito si riporta per esteso un ampio estratto dall’introduzione al trentatreesimo libro (1522). Vi campeggia un’emotività altrimenti lodevolmente tenuta a freno nel racconto annalistico, e che ha le sue radici in una frustrazione umana e creativa di lunghissima data; considerazioni simili verranno espresse in modo molto più disteso ad apertura dell’annata successiva (34,5). Colpisce anche come, perfino in una dichiarazione proemiale, il periodare sia poco controllato: la subordinazione arriva a un ingestibile sesto grado e viene interrotta da un brusco enunciato saliente, lasciando in sospeso l’implicita iniziale; la decisione di partenza viene rovesciata bruscamente lasciando in ombra il motivo del ripensamento. Sembra di leggere una prima stesura, mai rivista, di un vero e proprio cri du coeur: «Et volendo poner fine per doi rispetti, l’uno perché la età mi carga assai, l’altro perché havendomi tanto afatichato, credendo meritar premio, si non di stipendio pubblico, come altri hanno e nulla scrivono, almeno di qualche honor ne la mia Patria per mi tanto exaltata et sublimata a eterna memoria, et si non più honorato di quelo che già alcuni anni son stato, almeno non pezorato, come per mia cativa sorte o per malignità di quelli hanno cussì voluto che mi habbi fato cascar di la Zonta, et si può dir a danno loro più presto che mio, perché, zuro a Dio, hessendo in Senato più volte ho parlato et detto la mia opinione ne le materie occorrevano al bene et utile di la mia carissima patria, et le più erano laudate con i loro suffraggi da li senatori, per il che o sia che mi ho concitato odio, vedendomi sì gagliardamente contrariare a quelli governavano il Stato a le loro opinione, con loro e soi parenti che non vogliono esser tochi, o pur sia voluntà de Dio, io fuora dil Senato mi ritrovo. Et per
29 L’intento era stato solennemente espresso all’inizio dell’opera, e poi più volte in termini molto simili: 1,6 (1496: «prometendo a li lectori, in altro tempo, havendo più ocio, in altra forma di parlare questo libro da mi sarà redutto»); 1,893 (1498); 6,5 (1504); 8,6 (1509). Fin dal primo volume, però, compaiono anche passi dai quali traspare quantomeno un proposito meno univoco nei confronti dell’opera, che assume spesso le forme di una redazione definitiva: «Havendo di sopra scripto de Carpi, qui scriverò la verità et il modo, acciò li lectori, cussì come in tuta l’opra vederano io haver cerchato di poner ogni successo et con verità, cussì di questo non restassino confusi» (1,680); «Et è da saper, acciò a li lectori non pari di novo, che li savii ai ordeni è oficio antichissimo e di gran autorità» (2,240). 30 Sulla mancata designazione, evento cruciale e traumatico nella vita di Sanudo cronista, e sulle successive reiterate valutazioni polemiche del lavoro del rivale v. Berchet (1903, 78, 94 e 115) e Tomasin (2001, 164–166).
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questo non vulsi questi cinque mesi passati, restar di scrivere la mia cotidiana ephemeride per non lassar la principiata historia, et se mai fu tempo di continuar si è al presente».
Il proposito di rifondere il materiale dei Diarii in un’opera storica sintetica e compiuta è registrato nei Diarii ancora una volta nel marzo 1523, ma rimane lettera morta.31 Anche quando Sanudo avrebbe potuto approfittare di lunghi periodi di ocio, ad esempio durante la sua lunga convalescenza tra il 1522 e il 1524, preferì dedicarsi a un Repertorio e a un Sommario di storia veneta (§2.2.3) sicché la redazione dei Diarii, mai interrotta, proseguì con le solite modalità, nel solito stile spoglio e con la solita struttura paratattica. Una lunghissima infermità lo aveva infatti colpito per quasi tutto il 1522 costringendolo in casa (e «molti teniva fussi morto», 34,7); solo il 2 marzo 1523 tornò nel Gran Consiglio (ibid.).32 Il 17 ottobre 1525 divenne nuovamente membro della Zonta e poco dopo riprese ad arringare i Pregadi su una selva di questioni procedurali, economiche, diplomatiche e militari (40,306, 440; 41,158, 487–488, 517, 552; 42,31, 513, ecc.). Abbastanza presto, tuttavia, rimase nuovamente escluso da ruoli ufficiali.33 A questa situazione, assai penosa per l’anziano aristocratico, risale l’invettiva «Ingrata Patria non habebis ossa mea» (41,540; 51,611).34 Una volta di più, preannun-
31 «[…] e benché siano libri de grande dyaria, nondimeno reduti in istoria vanno solum in quattro volumi; la qual se Dio mi presti vita voglio compirla et darla fuora, a notitia et intelligentia de tutti» (34,5). 32 La salute del Sanudo sembra essere stata piuttosto cagionevole, nonostante la sua relativa longevità: Berchet (1903, 27), in parte ubbidendo a un topos della biografia letteraria, attribuisce una sua lunga infermità giovanile alla «immane fatica» delle ricerche preliminari alle sue opere storiche e alla loro redazione. Si è detto dell’indisposizione che limitò la mobilità di Sanudo tra 1522 e 1524. Nella sua lettera a Giovanni Malipiero, egli racconta di avere contratto una febbre quartana durante il suo sopralluogo a Novara del 1494 (Berchet 1903, 40); ancora tra aprile e maggio 1530, con ricadute a novembre (54,116), fu tanto ammalato da non poter partecipare alle sedute del Maggior Consiglio; negli ultimi anni di vita, fatalmente, i malanni si moltiplicarono e furono presumibilmente tra le cause prime dell’abbandono definitivo dei Diarii. 33 Ciò anche in seguito a rinuncia spontanea («he considered a number of city offices beneath his dignity», Finlay 1980, 253), più spesso allorché gli incarichi comportavano un allontanamento da Venezia: sindaco nel Levante, podestà a Capodistria, savio di Terraferma (22,251; 28,206; 32,305; 40,204; 54,351). Numerose e meticolosamente registrate nei Diarii sono le occasioni in cui la sua candidatura ai Pregadi e al Consiglio del Dieci non fu accolta (secondo l’elenco in Berchet 1903: 40,371, 371, 449, 487, 562, 564; 43–11, 30, 68, 121, 233; 44,238; 45,81, 173, 628; 46,88; 47,255; 48,272, 340, 501; 49,82, 197–198, 307–308, 374; 50, 90, 246; 51,219; 52,25, 310–312, 326, 349; 54,240). 34 Citazione che si rifà in ultima analisi all’epitaffio dettato per se stesso da Scipione Africano secondo Valerio Massimo (V,3,2b): «Ingrata patria, ne ossa quidem mea habes». La variante
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ciò la fine dei Diarii (51,611: «Unde vedendo mi non esser accepto a la mia Patria, più non scriverò alchuna cossa, atendendo a viver questo puoco tempo mi avanza»), che però si protrassero ancora per quasi quattro anni. Nel frattempo le sue attività di carattere civico e politico non si interruppero, a onta dell’esclusione del più ristretto circolo del potere. Prese spesso parte alle sedute del Maggior Consiglio, intervenne al Collegio dei Savi, assistette a feste e spettacoli cittadini; non smise mai insomma di vivere a contatto con l’attualità, malgrado le frequenti lagnanze relative al peso dell’età. Alla morte del fratellastro Antonio nel 1531 registrò malinconicamente nei Diarii come fosse rimasto il più anziano membro vivente della casata (55,210). Questo status fu forse una concausa35 delle elezioni alla Zonta che finalmente il Sanudo vinse nel 1532 e nel 1533 e che aprono l’ultima fase della sua attività politica. Poco prima, nel settembre 1530, aveva ottenuto un onore che gli parve nuovamente (e forse non a torto) inadeguato ai suoi meriti e non intaccò il perdurante cruccio di essere stato defraudato di ben altre gratificazioni:36 un vitalizio annuo di 150 ducati d’oro vincolato alla prosecuzione dei Diarii e al loro sfruttamento da parte di Pietro Bembo. Questi era infatti stato nominato storiografo ufficiale della Repubblica dopo la morte del Navagero e in un primo momento si era visto rifiutare dal vecchio storico il frutto delle sue fatiche.37 Nel settembre 1533 l’anziano Sanudo fece testamento e redasse le ultime note dei Diarii. Il 28 maggio 1534 l’ambasciatore veneziano Benedetto Agnello dovette riferire al Federico II Gonzaga che il Sanudo era così indisposto da non avergli permesso neppure di consultare le sue Croniche per conto del duca di Mantova.38 Che ciò rispondesse a verità o no, non risulta che il patrizio abbia scritto più alcunché, se non la postilla già citata al
vulgata ripetuta nei Diarii ricorre anche nella Dantis Petrarchae ac Boccaccii vita di Giannozzo Manetti († 1459; cf. Baldassarri 2003, 84), oltre che, molto dopo, in una epistola di Torquato Tasso (1590, BibIt). Simili motti in latino ricorrono anche in altre occasioni simili, a nobilitare un’espressione di stizza, riabilitando forse l’orgoglio dell’autore. Cf. C 44v 18: «Sic fata volunt retrauntque: sequamur», goffa giustapposizione di Sic fata volunt, clausola umanistica che BibIt attesta nel De viris illustribus di Enea Silvio Piccolomini (ca. 1450), e del virgiliano Quo fata trahunt retrahuntque, sequamur (Eneide 5,709). 35 Finlay (1980, 273). 36 «zuro a Dio è nulla ala grandissima faticha ho auto» (Testamento, cit. in Berchet 1903, 104). 37 Le epistole dei due scrittori e gli atti del Consiglio dei Dieci che illustrano i passaggi di questa trattativa sono riportati in Berchet (1903, 94–99). Sulla scelta del successore di Navagero pesò, secondo Finlay (1980, 275), la volontà del doge Andrea Gritti. Pure, la decisione doveva essere pressoché obbligata: nel marzo dello stesso anno, Bembo aveva dato alle stampe proprio a Venezia la seconda edizione degli Asolani, un florilegio delle sue opere in latino, e soprattutto le Rime. Il successo di queste ultime fu tale e tanto rapido che il 1533 è stato indicato come «data di nascita del petrarchismo lirico italiano» (DBI, voce a cura di Carlo Dionisotti). 38 Berchet (1903, 100).
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proprio testamento. Visse ancora due anni e mezzo e si spense il 4 aprile 1536. Gli studiosi dubitano che le disposizioni funerarie abbiano trovato seguito; in ogni caso il destino dei suoi resti, inizialmente tumulati nella chiesa di San Zaccaria presso piazza San Marco e poi rimossi, è sconosciuto, nonostante le strenue ricerche in epoca moderna e contemporanea.39 Nel riassumere per grandi linee la sua carriera politica, si deve sottolinearne il peso complessivamente scarso, specie in considerazione della nascita non ignobile e della ragguardevole rete di conoscenze illustri (almeno in gioventù). Non ottenne mai cariche più rilevanti di quelle di savio di Terraferma, di censore e di consigliere e rimase membro del Senato per meno di sette anni complessivi. Dei ventuno suoi colleghi agli Ordini fu l’unico, tra quanti vissero abbastanza e proseguirono la carriera politica, a non raggiungere mai un ufficio superiore.40 Nella sua opera si abbandona sempre più spesso agli accenti dell’amarezza, soprattutto ricordando le diverse occasioni nelle quali si era visto scartato da ruoli pubblici ai quali riteneva di avere diritto per via del suo impegno di cronista non meno che per il suo rango e la sua saggezza. È questo il cruccio che lo accompagna per tutta la vita adulta, apparentemente assai più dei lutti, delle difficoltà economiche e delle incomprensioni con i familiari. Il leitmotiv si affaccia precocemente, per la prima volta già nel settembre 1499: «fui tolto auditor nuovo et vini quasi solo et non passai a la barba di chi se faticha come ho fato io in le cosse di mar» (2,1296).41
39 Brown (1837–1838, 3, 208s.); Berchet (1903, 109s.); Finlay (1980, 273). 40 Finlay (1980, 253–254). 41 Altri esempi: «et cussì va la justitia di questa terra, che è matti chi se faticha più – ma a molti dolse questo grandissimo torto fatomi» (17,357); «Io fui l’anno passato, spesi assà danari et mal meritato» (18,239); «zuro a Dio mai più provocar alcuna cossa, perché havia 700 che me toleva et fo 16 in eletion, tamen non fui nominato, unde è detto dai savi: moglie e magistrato dal cielo è destinato, et tutto per lo meglio, ergo etc.» (22,65s.); «La terra è ingrata, cussì se usa a li tempi presenti, sichè le cosse di la terra nostra bisogna tuor come le vanno, et nil mirum se io Marin Sanuto che con tanta fadiga za anni 24 scrivo le historie di questa terra, havermi operato sette volte in Collegio e in altri magistrati et rezimenti, haver fato una Biblioteca di libri 2800, in la qual ho speso ducati 2000 e più, esser nato di la famiglia che son, et fiol de uno che è sepulto a Roma morto orator di questa Repubblica, haver parlato tre volte in Gran Consejo, et tamen son caduto Avogador: si che le Repubbliche fanno di queste» (22,172); «la qual ingratitudine molto me dispiace, per amor porto a la Patria mia, benché maltratato a le operation ho fato in ben di la Repubblica, si hessendo in Pregadi per le renghe fate, haver 51 anni compiti, et ogni dì faticharmi in scriver la mia Diaria de la historia, et tamen mi fanno cader et di Pregadi et di dove son nominato» (25,84); «Et questo è stà per rimeritarme di le fatiche aute quest’anno in Pregadi, etiam per le fatiche fazzo di scriver queste occorentie» (27,672); «Dio perdoni a chi mi tolse» (54, 368); «per mia sorte et per pagarmi di le fatiche ho fate et fazo in scriver la historia, mi feno cazer» (48,473); «questo è il merito di le mie fatiche, ma in una Repubblica si fa di queste» (56,875).
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A spiegare questi amari insuccessi, che si ripercossero probabilmente sulla nomina due volte mancata a storiografo ufficiale, sono stati additati di volta in volta le sue non eccessive sostanze, la sua ostinata rinuncia a uffici fuori di Venezia, la maldicenza (in particolare i sospetti di omosessualità42), il suo carattere intransigente e moralista. La maggior parte della critica moderna e contemporanea converge nell’imputare proprio all’indole dello storico i ricorrenti ostacoli alla sua carriera: questi sostenne spesso posizioni catoniane e minoritarie, con una passione che spesso lo portò a non curarsi dell’opportunità politica, anche a danno proprio e dei colleghi di magistratura.43 Pur con tutte le ferite inflitte negli anni al suo orgoglio e alle sue ambizioni, la passione politica non abbandonò mai l’erudito patrizio: la costanza caparbia con cui curò i Diarii ne è ulteriore prova e non c’è motivo di dubitare delle sue parole quando afferma, in relazione alla propria presenza in Senato, «ogni matina era di primi» (2,391).
2.2 Opere 2.2.1 Le opere giovanili Al contrario dell’indefesso interesse di Sanudo per l’antiquaria e la bibliofilia, quello per la cultura classica sembra presto soppiantato da un impetuoso furor per la storia e la cronaca. Spinta non secondaria a questa passione, come si è appena osservato, dovette essere anche la speranza di rendere un servigio alla Repubblica e, più concretamente, di guadagnarsi pubblica riconoscenza e prestigio presso il patriziato.44 A reminescenze giovanili vanno attribuiti i richiami alla
42 Nel 1529 l’ambasciatore Giambattista Malatesta descrive il Sanudo al marchese di Mantova come uomo «gentilissimo» e «doto», ma non tralascia di rimarcare che «saria in reputazione in questo stato se non fusse tale vitio. Io solea haver uno servitore al quale gli donava tre mozenighi la septimana, ma era obligato correre le lanze tre volte. Costui è famosissimo nel mestiere qui» (Archivio di Stato di Mantova, b. 1463, cit. in Finlay 1980, 257 e n. 52, dove si dà conto di altri indizi in questo senso); altre prove sono raccolte in Caracciolo Aricò (2011a, 381–386). Berchet (1903, 72) attribuisce la voce all’Aretino confutandola quasi con indignazione. In ogni caso è poco verosimile che l’accusa, di per sé, provocasse un ostracismo nei suoi confronti da parte del patriziato (Finlay 1980, 257; Pitteri 2013, 677). 43 Cf. Knapton/Law (2014, 46). Finlay (1980, 258–59) ricorda un episodio emblematico: nel marzo 1510 mortificò il Collegio dei Savi, di cui faceva parte, allo scopo di difendere la propria proposta strategica bocciata dai colleghi, chiamando in causa contro di essi il Senato. 44 Non ostano a questa interpretazione delle motivazioni dell’autore alcune sue esibizioni di ritrosia. Sanudo scrive al cognato Giovanni Malipiero (cit. in Berchet 1903, 38–40): «io non
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storiografia latina, e in particolare cesariana, fin dal titolo dei Commentarii della guerra di Ferrara, mentre ancor più pertinente è quello all’illustre e antichissima tradizione cronachistica veneziana45 e in particolare alle non poche opere annalistiche e storiche redatte o pubblicate a Venezia sul finire del XV secolo. In particolare i Rerum venetarum e gli altri lavori del Sabellico furono fonte d’ispirazione immediata per le future scelte letterarie del giovane Sanudo.46 L’area geografica e tematica nella quale si accentrano le prime prove dello storiografo Sanudo (sui saggi di carattere erudito, in diretto rapporto con gli anni della formazione umanistica, si tornerà brevemente nel §2.2.3) sono le politiche civili e militari di terraferma. Sui domìni dell’entroterra si concentravano, forse non a caso, anche gli interessi economici della classe sociale dei «patrizi poveri» estranei alle pratiche della mercatura. Questi ultimi, fin dalle grandi conquiste terrestri di inizio XV secolo, avevano premuto per una politica che privilegiasse l’acquisizione di nuovi territori agricoli a quella di nuove rotte commerciali, in opposizione alla antica e più facoltosa nobiltà mercantile (Cozzi/Knapton 1986, 125–128; Gullino 2010, 83–84). Non sarà casuale che la prima opera di rilievo di Sanudo sia proprio il celebre Itinerarium Marini Sanuti Leonardi filii patricii veneti cum Syndicis Terrae Firmae,47 relazione del viaggio compiuto dal diciottenne
curando di fama, nisi post obitum, mi havia terminato di lassar et non mostrare palam quello che fortasse da molti leggendo saria stà lodato et non mi harebbe poco jovato». Lo storico considera esplicitamente la redazione dei Diarii come un prolungamento della propria attività politica negli organi decisionali della Repubblica: «parmi, atento il mio desiderio, […] nel Collegio entrare, si per ajutar in quello posso la patria mia, chome etiam per chiarirme di la verità di le cosse, che tunc per la Italia et non mancho per il mondo si trama» (2,1); «eri ne l’excelentissimo Mazor Consejo rimasi di la Zonta ordinaria, per gratia di quello che volse fusse asumpto nel numero di senatori […] però con più facilità potrò meglio intender et scriver le occorentie che per jornata achaderano, servando il mio pristino instituto» (29,255). La dedica al Doge in carica ha un precedente risalente alla sua prima opera storica, i Commentarii della guerra di Ferrara: questa è dedicata addirittura al doge Giovanni Mocenigo, con la promessa di «seguitar oltre in lode dello Stato nostro vinetiano» (Bettio 1829, 1). 45 Sono opere di riferimento su questo tema la circostanziata rassegna di Carile (1969) e i saggi raccolti in Pertusi (1970). Non troppo lontana qualitativamente e qualitativamente sembra la tradizione emiliana e romagnola (su cui cf. Andreolli et al. 1991). 46 Forse anche in negativo: i contemporanei avevano biasimato nel Sabellico l’esubero di elementi retorici a discapito dell’obiettività storica (Berchet 1903, 27). Cf. anche Cozzi ([1968] 1997b, 93). 47 Il resoconto di viaggio è in volgare malgrado il titolo latino, come il De origine. La circostanza è consueta: nell’importante lettera al cognato Giovanni Malipiero (cit. in Berchet 1903, 38–40) le Vite dei Dogi sono indicate come quella «Vitae Ducum Venetorum trata di croniche et annali hystorie»; in un foglio volante di pugno del Sanudo (ms. Marc. It. cl. VII, 375) la Spedizione è ricordata come «Bellum Gallicum».
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patrizio al seguito del cugino Marco, inviato in qualità di sindaco, o Auditore nuovo, a curarsi per conto di Venezia delle dispute giuridiche o delle recriminazioni dei sudditi dell’entroterra. Una prima versione è conservata nel ms Marc. It., cl. VI, 277 (= 5806); l’edizione di riferimento è rimasta a lungo quella curata da Rinaldo Fulin (1881a, 6–48), oggi superata da quella di Varanini (2014, 469–510). Deve essere stata redatta in due fasi a non eccessiva distanza di tempo dal viaggio che racconta (1483) e si interrompe a circa un terzo del tragitto. La seconda versione è il risultato di una rielaborazione successiva, effettuata certamente dopo la redazione dei Commentarii (1484) che promettono proprio una versione migliorata dell’Itinerario. Questo è forse l’unico esempio, nel complesso delle opere di Sanudo, di una seconda stesura dettata dall’attenzione per gli aspetti stilisticoretorici. Si può quindi avere un’idea, sulla base di quest’ultima redazione dell’operetta, di cosa Sanudo prevedesse promettendo di «ridurre» i Diarii ad una istoria organica. Entrambe le versioni sono in volgare veneziano ma la seconda è più discorsiva e adorna di riferimenti dotti. A essa vengono anche premessi un sonetto all’amico Gianfrancesco Buccardo («Pilade») e un breve componimento lirico dalla metrica dantesca (terza rima) e dal contenuto petrarcheggiante (Brown 1847, 11–18). Anche l’autografo di questa versione rivista è conservato (ms. 996 della Biblioteca Universitaria di Padova) e fu dato alle stampe da Rawdon Brown già nel 1847. Sono recentemente apparse un’edizione divulgativa illustrata, che ripropone in sinossi le due redazioni (Bruni/Bellini 2008), e soprattutto una esemplare edizione critica riccamente commentata a cura di Gian Maria Varanini (2014). Come è stato più volte osservato (Cozzi [1968] 1997b, 90; Neerfeld [2001] 2006, 28) l’Itinerario emula dichiaratamente l’Italia illustrata di Flavio Biondo (Roma, 1474). In sé il saggio non è privo di un certo valore documentario: ancora oggi si trova non di rado citato nella storiografia quale testimonianza diretta, ancorché alterata dall’ingenuità e dall’entusiasmo patriottico del giovane autore, delle prospere condizioni del Dominio di Terraferma nell’ultimo quarto del XV secolo.48 Pochi mesi dopo questa prima prova, sull’onda degli eventi relativi alla guerra di Ferrara (1482–1484), Sanudo si cimentò con la prima prova propriamente cronachistica: i Commentarii della guerra di Ferrara. Nella più volte citata lettera a Giovanni Malipiero il cronista accenna all’esistenza di una parallela versione latina dell’opera.49 L’edizione Bettio (1829) è filologicamente discutibile: oltre ad ammodernare in misura consistente la lingua (Castellani 1983, 160 n. 161)
48 Law (2000, 1, 153–156); Cozzi/Knapton (1986, 223). 49 «[…] la Ferrarese guera latina et vulgare al Serenissimo Jo. Mocenico Principe fue mandata» (Berchet 1903, 39; cf. Cozzi [1968] 1997b, 97).
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si fonda su una recensio fallace (Berchet 1903, 25s.). La tradizione dell’opera è infatti multipla: l’abate Bettio sceglie però il solo ms. Marc. It., cl. VII, 521 (= 7885), che contiene una redazione posteriore e, secondo Berchet, non autografa. Il Marc. It., cl. VII, 1668 (= 7754; sec. XVII) è invece copia fedele della rielaborazione rifusa nelle Vite dei Dogi (ms. Marc. It. cl. 801 [=7152]).50 È stata riconosciuta nei Commentarii la medesima struttura narrativa, che privilegia l’esattezza del dettaglio rispetto al momento analitico, sulla quale sono costruite le opere della maturità. La mole dei dati forniti è ricchissima ma il lavoro nel suo complesso è sprovvisto di contestualizzazione storica, coesione argomentativa o valutazioni personali (Cozzi [1968] 1997b, 91).
2.2.2 Opere maggiori Accanto ai Diarii, le Vite dei Dogi figurano come il lascito più importante di Marin Sanudo. È all’edizione muratoriana (1733), pur considerevolmente mutila e infedele, di quest’opera che si deve la riscoperta del cronista e dei suoi lavori in età moderna.51 Nell’opera, intrapresa intorno al 1493, si trova compendiata la storia di Venezia dalle mitiche origini fino al 1495; i tre volumi manoscritti che compongono l’opera52 vennero però arricchendosi ancora per decenni, almeno fino al 1530 («non considerò mai compiuta definitivamente quest’opera», secondo Berchet 1903, 30). Diversamente dai Diarii, le Vite poggiano essenzialmente su ricerche d’archivio: sono sopravvissute alcune delle copiose ed eterogenee raccolte documentarie riferibili in tutto o in parte a questo ambizioso progetto storio-
50 Le caratteristiche salienti della tradizione del testo e i problemi dell’ed. Bettio (1829) sono riassunti in Caracciolo Aricò (1989, XLVII -L nota 91). 51 Nel vol. 22 della serie Rerum Italicarum Scriptores (RIS) (Mediolani 1733, coll. 405–1284). L’edizione, oggetto di giustificate critiche già negli anni successivi alla sua comparsa, non operava alcuna recensio e si fondava, oltretutto senza il necessario rigore, su due apografi seicenteschi conservati presso la Biblioteca Estense di Modena (VIII, F, 9 e 10). Alla fine dell’Ottocento la possibilità di una nuova edizione riparatrice si affacciò alla Regia Deputazione Veneta di Storia Patria, che però decise di assegnare la priorità ai Diarii (Berchet 1903, 34). Nel frattempo un tentativo venne portato avanti, questa volta sulla base dei codici autografi, all’interno della nuova serie dei RIS 22, 4/1 (Monticolo 1900; cf. Caracciolo Aricò 1989, XII s.). Essa si interruppe però a 93v del primo dei due codici a causa dell’improvvisa scomparsa dell’editore. In tempi recenti, le Vite sono state finalmente fatte oggetto di una degna edizione critica integrale (Caracciolo Aricò 1989, 1999, 2001, 2004; la curatrice si è avvalsa, per gli ultimi tre volumi, della trascrizione di Chiara Frison). 52 Vale a dire, i due mss. Marc. It. cl. VII, 800–801 [= 7151–7152]. Il secondo dei tre volumi originari risulta a oggi scomparso.
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grafico.53 La storia di Venezia così tratteggiata viene supportata nella sezione più recente da informazioni originali: vi vengono aggregati gli stessi Commentarii della guerra di Ferrara (codice 801, fogli 125r–256r). Dal punto di vista linguistico, le Vite presentano una facies più uniforme rispetto ai Diarii e in esse l’elemento locale veneziano è stato giudicato più forte e meno compromesso da intenzioni letterarie (Stussi 1965, XVI ). È con la Spedizione di Carlo VIII54 che prende definitivamente corpo la forma storiografica portata a perfezione nei Diarii. Come già nei Commentarii, il metodo storiografico di Sanudo tralascia sistematicamente il momento dell’elaborazione formale, predilige fonti di prima mano e sospende l’analisi degli eventi narrati.55 Ne deriva ancora una volta una disorganica serie monodimensionale di notizie: l’ambizione della completezza di informazione stimola l’autore a un’infaticabile raccolta di fonti che pone in secondo piano tanto il loro approfondimento quanto le sovrastrutture stilistiche. Il risultato è appunto un aggregato disomogeneo di documentazioni, un lavoro destinato a una consultazione enciclopedica agevolata dall’ordine cronologico ma non ad una lettura continua. Per la Spedizione, come per le prime annate dei Diarii, Sanudo raccolse informazioni anche in prima persona viaggiando fuori da Venezia, al seguito di emissari in missione ufficiale: a Milano nel 1494, a Novara nel 1495, di nuovo in Lombardia nel settembre 1496.56 In seguito abbandonò questa pratica per privilegiare la visuale disponibile dai luoghi del potere della Serenissima. Dopo il cambio di secolo lasciò raramente Venezia. Quando ciò avvenne, come durante due soggiorni a Monselice tra giugno e agosto 1503 e nel settembre 1504, non fu per procurarsi documentazione da inserire nei Diarii (le notizie, nei rispettivi periodi, si rarefanno anzi sensibilmente; cf. Neerfeld [2001] 2006, 42, nota 46).57
53 Ms. Marc. It. cl. X, 359 (= 3708); ms. Marc. Lat. cl. XIV, 267 [= 4344]. 54 L’edizione Fulin (1883) si fonda su un codice apografo conservato presso la Bibliothèque Nationale de France (Ital. 1422 [= Gaignières, 688]). Nell’introduzione Rinaldo Fulin attribuisce all’amico Bartolammeo Capasso la scoperta del plagio operato dopo la morte di Sanudo da Marco Guazzo. Questi si attribuì le Historie di messer Marco Guazzo oue se contengono la uenuta, & partita d’ Italia di Carlo ottavo re di Franza […], date alle stampe in Venezia, all’insegna di S. Bernardino, nel 1547 (cf. il catalogo EDIT16). Il confronto col manoscritto parigino prova come l’intera opera storica non sia altro che una copia della Spedizione, per di più vessata da omissioni e fraintendimenti (Fulin 1883, 4–13). 55 Cozzi ([1968] 1997b, 91) nota come già nei Commentarii i rari tentativi di interpretazione dei fatti non vadano oltre un astratto moralismo patriottico. 56 Berchet (1903, 41). 57 La Descriptione de la patria de Friul potrebbe invece scaturire da un viaggio in quella regione tra il 1502 e il 1503 (Knapton/Law 2014, 51).
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Non è sfuggito ai critici, e viene più volte ribadito dallo stesso cronista, che tra la Spedizione e i Diarii non esiste una reale soluzione di continuità: quando l’autore delinea l’impianto di questi ultimi, il punto di partenza è invariabilmente fissato al momento della discesa in Italia di Carlo VIII, evento la cui portata storica doveva divenire sempre più chiara ai contemporanei col passare del tempo.58 Anche dal punto di vista diegetico l’operetta è coerente con i Diarii, e in particolar modo con i primi volumi, per i quali si possono nel complesso ripetere le osservazioni proposte sopra per la Spedizione. Le carenze strutturali di entrambe le opere sono state persuasivamente spiegate già da Berchet (1903, 35) con l’inevitabile aporia cui si votava il tentativo di redigere una cronaca sul modello delle Vite dei Dogi avente però come oggetto eventi contemporanei in fieri.59
2.2.3 Opere minori, attività erudite A cavallo tra gli anni degli studi classici e quelli delle prime produzioni storiografiche si situa un piccolo assortimento di lavori eruditi che si inseriscono nella falsariga degli studi filologici e antiquari dell’Umanesimo. Il giovane aristocratico redasse e declamò pubblicamente nel 1481 una praelectio sulle Metamorfosi di Ovidio (Berchet 1903, 23 e nota 36; Cozzi [1968] 1997b, 89); Berchet (ibid.) ha proposto una suggestiva relazione tra l’oggetto del saggio e la dedica dell’edizione ovidiana di Aldo Manuzio, rivolta proprio al dotto amico.60 Il ms. Marc. Lat. cl. X, 289 (= 3855) tramanda i Memorabilia deorum dearumque, trattatello di argomento mitologico redatto nello stesso anno sulla scorta delle Genealogie deorum genti-
58 Berchet (1903, 35); Cozzi ([1968] 1997b, 101s.); Fedi (1994, 76–78); Chambers (1998b, 2); Neerfeld ([2001] 2006, 34). Cf., tra gli altri indizi autoriali, l’incipit di ciò che costituisce ora la seconda parte del primo volume, ovvero «la terza decha, o sia ephimerida» (1,893), del sesto volume (5: «comenzando ne l’anno di Christo 1494»), del trentesimo (5: «Havendo con grandissima faticha et frequente investigatione scripto de mia mano volumi vintiotto, senza il primo reduto in historia di quello fece re Carlo octavo di Franza […]») e del trentacinquesimo (5: «la istoria mia, principiata da la venuta di Carlo re di Franza in Italia fino a questo giorno primo di marzo 1523»). Cf. anche le esplicite note all’interno del ventesimo volume (532: «la historia di tempi, opera grande et copiosa, qual principia a la venuta di re Carlo di Franza in Italia in qua») e nel testamento cit. in Berchet (1903, 104), nel quale fa riferimento a «tutti li mei libri dile Historie et successi di Italia scritte di mia man, che comenza dala venuta di re Carlo di Franza in Italia». 59 Cf. la categoria storiografica della «Gegenwartschronistik» introdotta da Fritz Ernst per meglio definire la cronaca della contemporaneità in opere consimili ai Diarii, in opposizione alle cronache e alle storie riferite al passato (Neerfeld [2001] 2006, 3 nota 3). 60 Il codice che tramanda la breve dissertazione (Marc. Lat. cl. XIV, 267) la accompagna con una «altera [praelectio] de oratione Ajacis in Ulissem» (Berchet 1903, 67).
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lium di Boccaccio.61 Il precoce umanista, evidentemente, non trascurò nei suoi studi le Tre Corone: fu anzi segnatamente sensibile al modello di Petrarca, tanto che trascrisse di propria mano i Trionfi (rifacendosi a essi nell’introduzione in terza rima),62 e registrò il ritrovamento presso Pavia di una epistola «seu potius Adnotatio de Laura», che trasmise in due codici miscellanei (Marc. Lat. cl. XIV, 245 [= 4682] e 267 [= 4344]). Sanudo spiega di averla trascritta da un antico volume di proprietà di un certo Josafat Rizo (Berchet 1903, 22 nota 33). Il Centro di Studi Medioevali e Rinascimentali «Emmanuele A. Cicogna», che vanta tra i progetti di ricerca in corso uno dal promettente titolo «La dispersa biblioteca di Marin Sanudo il giovane», sta anche curando l’edizione del ms. 2006 (897) della Biblioteca Comunale di Verona, contenente l’autografo, a oggi inedito, di un De Antiquitatibus et Epitaphiis.63 Vi si catalogano scritture esposte di Roma, del Veneto, della penisola italiana e anche di Germania, Francia, Spagna e Grecia. Un altro autografo, conservato nella Biblioteca Marciana (classe XIV lat., 260), contiene alcune epigrafi latine di Spagna.64 L’opuscolo intitolato De origine, situ et magistratibus urbis Venetae, anche noto come Cronachetta (titolo dell’ed. Fulin 1880), appare in stretto rapporto con le Vite dei Dogi, di cui si presenta come compendio o appendice (Berchet 1903, 28 e 62), e la sua redazione fu altrettanto diluita nel tempo. Il modello era ancora una
61 Il modello è esplicitamente citato nella lettera a Giovanni Malipiero riportata in Berchet (1903, 38–40): «al chiarissimo Francesco Sanuto patruo dedicai la prima opra chiamata Memorabilia de dei antiqui latina et breve et necessaria a quelli seguitano poesie, la che è trata succintamente de tutta la genealogia del Bocazo et altri auctori». Un altro riferimento all’operetta giovanile è nella excusatio autografa: «la Memorabilia de’ Dei e Dee antiqui, intitolato al magnifico Francesco Sanuto mio barba» (lo zio è in realtà dedicatario solo della seconda e ultima sezione). L’opuscolo è tuttora inedito; l’explicit e le dediche delle due parti che lo compongono sono riportati in Berchet (1903, 16–17 e nota 17). Fedi (1994, 35) ha richiamato l’attenzione su una chiara dichiarazione di metodo contenuta nei Memorabilia, alla quale il Sanudo adulto non verrà mai meno: «Volui equidem ab eruditissimis viris potius emendari quam negligentiae accusari»; basti raffrontare la massima a quanto si legge nella lettera al Consiglio dei Dieci, composta esattamente cinquant’anni dopo: «in la diaria bisogna scriver il tuto, perché di essa scrittura si pol sminuir, ma di pocho si pol azonzer» (Berchet 1903, 96). 62 Ms. Marc. It. cl. IX, 367 (= 7169); cf. Berchet (1903, 76). 63 . 64 Cf. Berchet (1903, 23 nota 35); Caracciolo Aricò (1996). La studiosa ha persuasivamente ricostruito le fonti delle due raccolte: i due trattatelli, di cui Sanudo era così orgoglioso, non sono che excerpta rispettivamente del raro Romanae vetustatis fragmenta di Conrad Peutinger (Augusta, Ratdolt, 1502), allora inedito in Italia ma già catalogato nella biblioteca di Sanudo sotto il numero 2616, e verosimilmente di un manoscritto sulle epigrafi iberiche di proprietà del Peutinger. Di esso Sanudo potrebbe essersi impadronito grazie ai fruttuosi contatti che intratteneva con l’editore Ratdolt.
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2 Vita e opere di Marin Sanudo
volta Flavio Biondo, questa volta per il De gestis et origine Venetorum (Cozzi [1968] 1997b, 95). La tradizione dell’opera è solo parzialmente autografa: il ms. Marc. It. cl. VII, 76 (= 7959), datato al 1515 e di mano di Sanudo, non comprende che la sezione De Magistratibus, mentre il resto dell’opera è tramandato da due copie eseguite nel 1587.65 Durante la redazione dei Diarii, oltre a curare il De Origine e rielaborare le Vite dei Dogi (v. §2.2.2), Sanudo redasse una Descrizione della Patria del Friuli (1502– 1503). L’esiguo manoscritto autografo giunse in possesso della famiglia Priuli e, in seguito, dei Manin. Il conte Leonardo lo pubblicò in occasione della nomina del nuovo arcivescovo di Udine cui lo dedicò (Manin 1853).66 È di mano di Marin Sanudo, secondo Rinaldo Fulin (1881a, 49), un volgarizzamento della prima sezione del Liber secretorum fidelium crucis dell’avo omonimo del diarista. Il testo, dal forte colorito locale, è edito appunto in Fulin (1881a, 52–62). Lo studioso ha reperito e pubblicato nello stesso volume a stampa altri materiali collaterali ai Diarii raccolti, autografi, nel codice miscellaneo Marciano It., cl. VI, 277 (un compendio [sumario] del Viaggio in Spagna di Francesco Janis da Tolmezzo, Fulin 1881a, 67–103; uno dell’Itinerario di Pietro Zeno oratore a Costantinopoli nel MDXXIII, ibid., 106–136). Sopravvivono autografe altre raccolte consimili di materiale documentario risalenti alla prima fase dell’opera sanudiana: abbiamo in particolare una filza di appunti provenienti da atti di XIII-XIV secolo (Notatorio di Collegio, ms. Marc. lat., cl. X, 359), che probabilmente comprende l’Elenco degli ordini religiosi esistenti in Venezia di cui si ha notizia già alla metà del XVIII secolo.67
65 Il copista è Giovanni Tiepolo (1570–1631), patriarca di Venezia dal 1619; si conservano altre tracce della sua attività erudita. I due apografi della Cronachetta sono entrambi conservati presso la Biblioteca del Museo Correr di Venezia, 969 e 970. Sulla base del primo di essi Fulin (1880) pubblicò per la prima volta la Cronachetta, omettendone però «inspiegabilmente» (Caracciolo Aricò 2011b, XXXIX ) l’intera sezione centrale. Per una dettagliata storia della redazione e della tradizione manoscritta e a stampa dell’opera, cf. la prefazione all’edizione critica in Caracciolo Aricò (2011b, XXXVII –XLVIII ). Altre esplicite testimonianze in lode del trattatello sono raccolte in Berchet (1903, 29); sulla sua struttura cf. anche Caracciolo Aricò (1979, in particolare 432–436). 66 Probabilmente sulla scorta di Berchet (1903, 24 nota 34) diversi studi spostano erroneamente la data dell’edizione al 1863. Il frontespizio reca però la data indicata qui a testo; inoltre l’editore, nato nel 1771, morì proprio nel 1853. 67 Berchet (1903, 22). Allegato al codice si trova un inserto di mano del padre Leonardo, recante un sunto della propria carriera fino al 1457 e il catalogo dei figli nati fino al 1462 (quattro dei quali altrimenti ignoti, cf. Berchet 1903, 14 e nota b e il catalogo storico dei manoscritti marciani, digitalizzato e consultabile in rete all’indirizzo ; il documento XXVIII ). è stato edito in Caracciolo Aricò 1989, LXXVI –LLXXVIII
2.2 Opere
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Merita infine almeno un cenno la celebre collezione di libri di Marin Sanudo, che raggiunse dimensioni decisamente straordinarie e sul cui inventario si va ancora facendo luce.68 Egli considerava la creazione di questa biblioteca «di libri 2800 in la qual ho speso ducati 2000 et più» come una delle ragioni che avrebbero dovuto valergli maggiori riconoscimenti nel consesso aristocratico (22,172) e i Diarii registrano alcune testimonianze di contemporanei che, se autentiche, forniscono buona sostanza a questa pretesa.69 La biblioteca non uscì indenne dalla crisi finanziaria che colpì Sanudo nelle ultime fasi della sua vita: il testamento del 1533 annota come molti dei testi, calcolati nel documento in numero di 6500, «li venditi a tempo di mei bisogni» (cit. in Berchet 1903, 103). Due anni dopo, nel 1535, un codicillo aggiorna ancora le nostre informazioni sullo studio del Sanudo: «Quanto al mio studio, per haverlo disfatto, parte di libri venduti, parte pagado i credadori, perhò il capitolo dil Testamento cerca ditti libri dil studio sia revocado» (cit. in Berchet 1903, 108).
68 Il succitato progetto del Centro di studi «Emmanuele A. Cicogna» corona una nutrita serie di ricerche e saggi dedicati alla ricostruzione del patrimonio librario di Marin Sanudo (cf. Fedi 1994, 39 e la ricca raccolta di riferimenti bibliografici in Neerfeld [2001] 2006, 33 nota 19, cui si può aggiungere Padoan [1970] 1978). 69 Brown (1837–1838, 2, 64s.); Berchet (1903, 58s.); Fedi (1994, 37s.); Neerfeld ([2001] 2006, 33 nota 19). Pari ammirazione destavano nei visitatori le collezioni di carte geografiche, mappamondi, epigrafi, quadri e sculture (Berchet 1903, 56; Caracciolo Aricò 2011a, 376–380). Una delle ultime notizie sulla biblioteca risale al 1530, è trasmessa dai Diarii e riferisce di un rifiuto, variamente spiegabile, opposto a una pur lusinghiera e illustre richiesta di sopralluogo (53,173: «El ditto principe [di Salerno] mandò uno suo da mi Marin Sanudo, dicendo haria desiderato veder tre persone, domino Pietro Bembo, con il qual a Padoa è stato, io Marin Sanudo, per la fama ho de historico, et Zuan Soro da le zifre, et di altro non curava, per esser homo studioso et amator di lettere, et desiderava veder il mio studio. Io mi excusai et non vulsi el venisse»).
3 I Diarii 3.1 Tipologia testuale Alcune peculiarità del modus narrandi di Sanudo sono già state accennate sopra. È egli stesso a escludere per i Diarii la definizione di historia propriamente detta: il termine indica invece l’opera in cui si sarebbe rifuso il materiale grezzo dei Diarii, dopo la progettata revisione che non ebbe mai luogo. L’opera che lo assorbì per quasi quarant’anni si inscrive però almeno in prima approssimazione nel genere storiografico, che godette di particolare fortuna a Venezia nel tardo Medioevo e nella prima età moderna.1 Dopo una lunga fase latina, intorno alla metà del XIV secolo esplode una cronachistica veneziana in volgare, per lo più anonima e dalla vena spoglia ed essenziale ma dalla grande fortuna, come dimostra il numero di codici pervenutici. Segno del trapasso è il volgarizzamento ampliato, risalente al 1350 ca., della Cronaca brevis attribuita ad Andrea Dandolo (1306–1354). Il filone conosce già agli inizi del Quattrocento una crisi dovuta in primo luogo al conflitto creatosi tra la mutata temperie politica della Venezia rinascimentale e l’evoluzione del genere, che andava nel senso di uno sviluppo del momento dell’analisi a integrazione della semplice giustapposizione degli eventi. A tale analisi non era più permesso presentare accenti di disaccordo con la mitizzazione della Serenissima, delle sue strutture politiche e dei suoi rettori.2 Il culmine di questo passaggio di consegne dalla fase cronachistica / annalistica alla storiografia definita come ideologica / propagandistica si raggiunge con la creazione della figura dello storiografo ufficiale, nomina toccata ad Andrea Navagero nel 1516 e successivamente, nel 1530, a Pietro Bembo.3 Come è stato osservato (Cozzi/Knapton/Scarabello 1992, 17–18; Benzoni 1996, 776s.) il compito corrispondente alla prestigiosa carica di «pubblico storiografo» (la definizione è moderna e si deve a Gaetano Cozzi) non sarebbe stato in effetti consono al taglio «onnivoro» dell’opera sanudiana, che testimonia di una costante carenza di capa-
1 Neerfeld ([2001] 2006, 15–25); Eufe (2006, 183s.). 2 Questa mèsse di cronache e annali è stata censita e ordinata in «famiglie» da Carile (1969). Cf. Gaeta (1980, 5–25, in particolare 11s.); Ventura (1981, 577s.); Zancan (1988, 660–662); Cortelazzo/ Paccagnella (1992, 242 e 244); Tomasin (2010, 44s.). 3 Cf. Gaeta (1980, 86–90); Zancan (1988, 662–666). Cozzi ([1963–1964] 1997a, 17–20) ritiene che Marco Antonio Sabellico, sulle cui orme il Navagero ebbe la consegna di muoversi, fosse in realtà già uno storiografo ufficiale a tutti gli effetti se non per la mancata sanzione formale. I suoi Rerum venetarum ab urbe condita libri XXIII (1489), come pure i suoi De venetis magistratibus (1488) e De venetae urbis situ (1494), corrispondevano in ogni caso pienamente, nel tono celebrativo e nelle considerazioni apologetiche, ai desiderata della Repubblica.
3.1 Tipologia testuale
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cità sintetiche e critiche. Ciò che il potere costituito auspicava era in primo luogo una rilettura apologetica degli aspetti più delicati della propria storia recente, quali l’espansionismo dell’ultimo mezzo secolo, in politica estera, e le tendenze oligarchiche, in politica interna. A un’opera del genere si richiedeva uno stile consono; il decreto che nomina Navagero storiografo ufficiale di Venezia, cit. in Gaeta (1980, 79s.), allude invece chiaramente al sottogenere cui fanno capo i Diarii con accenti che lasciano trasparire un giudizio inappellabilmente negativo: «Essendo la reputation un de i principal fondamenti de cadaun Stado […] de qui è che’l fu sempre universal instituto de tuti i re e principi e republiche del mondo procurar de conservarsela cum ogni mezo, et non solamente a si medemi mediante i preclari e memorandi facti, ma etiam a la posterità mediante la memoria de quelli, perpetuandola non cum el mezo de compendiose e incerte, varie et rude cronice e annali, ma de certe, autentice, elegante et floride historie [..]».
L’autorevole critica implica però, se non altro, che al più tardi a quest’epoca (1516) alcuni di tali diari fossero considerati come opere in sé concluse, non più come aggregati di materiali privati da rifondere in un’opera successiva. È possibile però situare i Diarii di Sanudo con maggiore precisione all’interno di questa macrocategoria e l’operazione si può dire egregiamente compiuta da Fedi (1994) e Neerfeld ([2001] 2006). L’opera è stata, in quest’ultimo studio, messa a puntuale confronto con una considerevole serie di cronache stilate negli stessi anni da altri veneziani, con particolare attenzione ai Diarii di Girolamo Priuli, a quelli di Marcantonio Michiel e agli Annali veneti di Pietro Dolfin.4 Esse sono
4 I Diarii di Girolamo Priuli (1 aprile 1494–22 luglio 1512) si sviluppavano in otto volumi. Il terzo (agosto 1506 – maggio 1509) risulta smarrito. I voll. I, II e IV sono stati editi da Arturo Segre e Roberto Cessi (Segre/Cessi 1912–1941). La precedente edizione del Muratori, lacunosa, basata su una copia secentesca e attribuita a Sanudo, era limitata al solo primo volume (Marino Sanuto: De bello Gallico sive de rebus in Italia gestis a Carolo VIII et Ludovico XII Galliae regibus ab anno MCCCCXCIV usque ad annum MD, in: RIS1 XXIV, Milano, 1738, coll. 5–166). Estratti sono stati pubblicati da Rinaldo Fulin (1881b) e da Lester J. Libby (1975). Coerentemente con la biografia dell’autore, ricco commerciante, il taglio dell’opera non è politico come nei Diarii di Sanudo bensì economico, mercantile e finanziario (cf. Neerfeld [2001] 2006, 53–64). Una cursoria analisi linguistica dei Diarii di Priuli si trova in Ferguson (2007, 235s.). Dei 350 fogli manoscritti che contengono il Diario di Marcantonio Michiel (gennaio 1512 – febbraio 1521) sono stati finora pubblicati solo excerpta (ad es. in Nicolini 1925), nonostante che il valore documentario dell’opera sia stato evidenziato già da Heinrich Kretschmayr. Le caratteristiche interne e alcuni cataloghi tardi portano a supporre l’esistenza di altri volumi, precedenti e successivi, redatti almeno fino al 1540. Contrariamente ai lavori di Sanudo e Priuli, questo non sembra realizzato in previsione della rifusione dei materiali in una cronaca sistematica; alcune fonti attribuiscono nondimeno al Michiel una Historia veneta. Il nobile collezionista accentra la propria attenzione sull’arte e la cultura della Venezia coeva (cf. Neerfeld [2001] 2006, 67–72). Ancora su Neerfeld (ibid., 75–83) ci si fonda a proposito degli Annali veneti di Pietro Dolfin, vissuto tra il 1427 e il gennaio 1506 e
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3 I Diarii
visibilmente analoghe per impostazione e strutture testuali ma non per dimensioni e probabilmente neppure per ambizioni: Sanudo sembra l’unico dei diaristi
amico del padre di Marin Sanudo. Delle quattro parti originarie si conservano oggi autografe solo la I (origini – 1422) e la IV (1500–1505). Risultano invece smarrite la II (1423–1457) e la III (1457– 1500). La sola parte finora edita corrisponde all’incirca al primo terzo del IV tomo (Cessi/Sambin 1943: 1 marzo 1500–27 luglio 1501). Il lavoro, intrapreso nel 1487, esordisce come una poco originale cronaca di Venezia dalla fondazione, basata inizialmente sulla Cronaca di Andrea Dandolo e solo successivamente su altri lavori storiografici precedenti nonché sui «libri annuali della cancelleria ducal». Non è possibile precisare se la sua evoluzione in senso annalistico avesse già avuto luogo nei due volumi scomparsi; gli editori ritengono più probabile una transizione graduale nella scelta e nell’uso delle fonti (Cessi/Sambin 1943, XXVI s.). Il punto di arrivo sarebbe segnato dall’incipit della seconda parte del IV vol. (ibid., 329), descritto come un «nuovo principio» (ibid., 3). Nevralgico nell’economia interna dell’opera è il Levante, in particolare riferimento ai conflitti con l’Impero ottomano. Gli Annali Veneti attribuiti a Domenico Malipiero e rifusi da Francesco Longo di Antonio (1530–1584) sono stati editi in due volumi tra il 1843 e il 1844 (ASI 7, vol. 1, 201–586 e vol. 2, 589–720). Neerfeld ([2001] 2006, 83–102) ha confutato con ottimi argomenti l’attribuzione tradizionale e ha proposto di identificare nei materiali rielaborati da Francesco Longo il perduto terzo libro degli Annali di Dolfin. È possibile che sia esistito un passaggio intermedio, nella forma di una o più raccolte di materiali storici redatti a qualche distanza di tempo dagli eventi narrati (1457 – febbraio 1500). Alcune opere minori del XVI secolo, conservate o perdute, sono censite infine in Neerfeld ([2001] 2006, 102– 105): una tabella di eventi (1509–1527) elaborata da Gian Giacomo Caroldo (ca. 1480–1538) forse come canovaccio di un supplemento a una cronaca di Venezia dalle origini; il Diario di Anselmo Gradenigo (ca. 1468–1548, relativo al periodo tra il 1511 e il 1519), perduto come il Memoriale di Alessandro Cegia (cronache dal 1560ca. al 1582ca.) e il Diario di Marcantonio Barbaro (1518–1595; l’opera prendeva avvio dall’anno 1537); le annotazioni del senatore Giovanni Lippomano di Alessandro (1515–1573); i Diarii di Alvise Michiel, figlio di Marcantonio (1535–1589; le notizie risalgono all’ultimo decennio della sua vita); i Diarii politici di Francesco Contarini di Bertucci (1554–1624; vi è descritta l’attività del Senato tra il 1592 e il 1595). Altri annali a stampa emergono dal censimento dal catalogo delle cinquecentine italiane EDIT16: pertinenti sembrano soprattutto gli Annali veneti di Iulio Faroldo prete cremonese (Venezia, appresso Gioanne Varisco, 1577). Cortelazzo (2007, 1554) ha valorizzato due edizioni (1903 e 1916–1917) delle testimonianze storiche del mercante Martino Merlini (1509 ca.). In diretta relazione con modi e temi sanudiani sono infine i Diaria de bello carolino del medico veronese Alessandro Benedetti, editi da Dorothy M. Schullian (New York, F. Ungar Publishing, 1967): si tratta di una cronaca in tempo reale della stessa discesa di Carlo VIII oggetto dei Commentarii di Sanudo e fonte di questi ultimi (cf. Caracciolo Aricò 2008, 353–359). L’elenco è sicuramente ancora assai lacunoso: Cozzi ([1963– 1964] 1997a, 21s.), ad esempio, ha segnalato forti consonanze tematiche e stilistiche fra i Diarii e la Historia turchesca 1300–1514 di Donado da Lezze (edita a cura di Horia I. Ursu, Bucarest, C. Gobl, 1909). Simili associazioni testuali portano ad auspicare quella «ricognizione dei testi coevi similari per tipologia, localizzazione e cronologia» auspicata da Badini (1995, 322) a margine di un frammento di cronaca bolognese (1557–1560), altro documento con cui i Diarii condividono evidenti caratteristiche almeno a livello grafico, sintattico e testuale. Vicina, e non sempre chiaramente separabile, è la categoria testuale dei libri di famiglia o di ricordanze, apparentemente molto meno frequentata a Venezia che non in Toscana: cinque testimoni di
3.1 Tipologia testuale
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veneziani ad ambire a riconoscimenti ufficiali per la sua opera ed è certamente il solo ad aspirare dichiaratamente al titolo di storiografo ufficiale della Repubblica. Questo filone «diaristico» veneziano non è privo di continuità con alcune avvisaglie tardo-trecentesche: diverse cronache locali (Dolfin, Zancaruola, Venier, etc.) facevano seguire ad una prima sezione, che consisteva di dati storici di tradizione scritta, una seconda nella quale si raccoglievano le notizie contemporanee avvertite come più rilevanti, a mo’ di appendice: quella di Antonio Morosini (1365/68–1434), ad esempio, correda la descrizione degli eventi più recenti con copie di lettere e di altri documenti e con dati statistici sull’andamento dell’economia.5 Il campo d’indagine potrebbe essere agevolmente esteso al di fuori di Venezia. Ci sono giunti, infatti, numerosi almanacchi comparabili ai Diarii per intenzioni e forme, risalenti al finire del XV secolo e provenienti da diverse regioni d’Italia: Neerfeld ([2001] 2006, 7 nota 6) cita a titolo esemplificativo il Diario fiorentino dal 1450 al 1516, continuato da un anonimo fino al 1542 di Luca Landucci, accessibile nell’edizione ottocentesca approntata da Iodoco del Badia (Firenze, Sansoni, 1883).6 Vi si possono affiancare fin da ora, in attesa di un censimento sistematico degli annali, dei diari e delle cronache contemporanei e congeneri, non pochi altri titoli.7 Il genere pare acclimatato nella gran parte dei maggiori
questo genere redatti a Venezia tra XV e XVII secolo sono editi in Grubb (2009) e presentano la stessa macroscopica varietà testuale dei Diarii, non mancandovi lunghi brani latini, copie integrali di lettere e dettagliati resoconti delle attività legislative e delle relative votazioni. 5 Neerfeld ([2001] 2006, 24s.); Raines (1998, 33s.). 6 Per gli stessi tipi ne è stata pubblicata una ristampa anastatica con introduzione di Antonio Lanza (1985); l’edizione è stata inclusa nel corpus in rete BibIt. Fedi (1996, 196–206) ha invece operato un opportuno confronto tra i Diarii di Sanudo e la storiografia fiorentina, e in particolare con Machiavelli. Ne risulta confermata la distanza tra il metodo sostanzialmente analitico del primo e quello sintetico del secondo. 7 Ancora dalla Toscana proviene il Diario de’ successi piu importanti seguiti in Italia, & particolarmente in Fiorenza dall’anno 1498 in sino all’anno 1512… del fiorentino Biagio Buonaccorsi (Firenze, Giunti, 1568), da Roma il Diario della città di Roma (Diaria rerum Romanorum) di Stefano Infessura (dalle origini della città al 1494; Torino, Bottega d’Erasmo, 1966), il Diario di Antonio de Vasco (dal 1480 al 1492, ed. Chiesa 1911) e quello di Giacomello Cuttinelli (Arcangeli 2005), oltre a una mezza dozzina di opere consimili censite in Ernst (1966, 139 n. 3). Dall’Umbria e dalle aree circostanti nel cuore dello Stato Pontificio provengono le Ephemerides Urbevetanae, redatte da un Tommaso di Silvestro tra il 1482 e il 1514 (ed. Luigi Fumi, in: Rerum Italicarum Scriptores. Raccolta degli storici italiani dal mille al mille e cinquecento, ordinata da L. A. Muratori. Nuova edizione, Bologna, Zanichelli, 1923–29, 25/5, 2,1–96), il Diario in volgare quattrocentesco di Antonio Lotieri de Pisano notaio in Nepi edito da Enzo Mattesini (Perugia, Opera del Vocabolario dialettale umbro, 1985) e soprattutto la Cronaca todina di Ioan Fabrizio degli Atti, già oggetto di
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centri di cultura dell’Italia centro-settentrionale del Rinascimento; colpisce in particolare la precocità, rispetto ai dati veneziani, di alcune opere prodotte in Toscana e nello Stato Pontificio. Non è facile spiegare l’apparente esplosione di questo sottogenere storiografico consistente in ultima istanza nella meticolosa registrazione degli eventi di interesse storico per mano di redattori dalla spiccata individualità autoriale. Non sarà però ininfluente la forte coscienza, condivisa dai più avvertiti spettatori dei fatti, della profondità dei cambiamenti in atto nella società e nella politica tra 1450 e 1550, in particolare a ridosso di anni nevralgici come il 1492, il 1494, il 1509 e 1527 (Neerfeld [2001] 2006, 111–116; Knapton/Law 2014, 38s.; cf. §1.2). Ancor maggiore peso deve aver esercitato il rapido incremento della disponibilità di informazioni e del raggio della loro circolazione, in una fase storica però «nella
studi approfonditi (cf. Reinhard 1955–56, Mancini 1955 e Ageno 1955). In area emiliana si situano il Diario di cose di Bologna dal 1535 al 1549 di Jacopo Rinieri, edito da Olindo Guerrini e Corrado Ricci sotto il titolo di Diario bolognese (Bologna, Regia tipografia, 1887) nonché un Frammento di cronaca di Bologna 1557–1560 commentato dal punto di vista linguistico da Badini (1995). Nella Romagna coeva si possono segnalare ben tre Diarii ferraresi: quello di Ugo Caleffini, redatto dal 1471 al 1494, se non fino al 1503, in gran parte sulla base di notizie di prima mano raccolte presso la corte ducale; quello di un anonimo, che prende le mosse dal 1409 fino al 1502 (probabile anno di morte dell’autore); quello di Bernardino Zambotti, anch’egli politico di lungo corso presso la cancelleria estense (dal 1476 al 1504). Cf. su tutte e tre le opere Andreolli et al. (1991, 201–205). A una cospicua produzione diaristica milanese accenna già Neerfeld ([2001] 2006, 7 nota 6): ne è un buon esempio, in tempi coevi alle prime annate dei Diarii, la Cronaca Milanese dall’anno 1476 al 1515 di Ambrogio da Paullo edita a cura di Antonio Ceruti alle pp. 91–378 della Miscellanea di storia italiana 13 (Torino, Stamperia Reale, 1871). Su autore e opera cf. le note critiche di Martini (1957). Numerose altre cronache umbre che potrebbero essere assimilabili ai Diarii per struttura e stile trovano posto nella rassegna documentaria in Reinhardt (1955, 172–189). In un panorama più generale, ulteriori ricerche in questa direzione non possono prescindere dalle opere consimili già edite e commentate nella seconda serie dei Rerum Italicarum Scriptores (voll. 3/2, 15/5, 23/3, 24/2 e passim), né dai risultati recentemente raggiunti dal Laboratorio di Cronache veneziane e ravennati diretto da Antonio Carile (). In attesa di riscontri ad ampio raggio, gli studi sulla più volte citata Cronaca todina evidenziano già alcune macroscopiche affinità con lo stile dei Diarii di Marin Sanudo: redatta in quasi esatta corrispondenza cronologica con questi ultimi (tra l’ultimo decennio del secolo XV e il 1536), l’opera registra la stessa dialettica tra il volgare locale e il toscano letterario (Ageno 1955, 167) e un analogo trattamento delle fonti dirette, spesso rifuse senza esplicita dichiarazione (ibid.; Mancini 1955, 81) non senza sviste e incongruenze imputabili alla fretta (Ageno 1955, 168). Soprattutto nella terza sezione (49r–104r), che registra gli eventi contemporanei, le notizie sono giustapposte in sequenza e spesso introdotte da brevi dichiarazioni dell’argomento («Clausura de Montecristo», Mancini 1955, 148; «Prodigio», ibid., 154; «Creatione de papa Pavolo terzo», ibid., 165). Infine, il testo è punteggiato da alcune scrupolose liste di personaggi (ibid., 142–143; 146) e nelle ultime carte date e nomi sono talvolta lasciati in bianco («fo publicato papa el Cardinale de … todesco», ibid., 151; «A dì… de… decto papa partì da Orvieto», ibid., 156), come capita spesso anche in Sanudo.
3.2 Piano dell’opera
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quale ancora non esisteva la possibilità di informarsi per mezzo di periodici stampati» (Neerfeld [2001] 2006, 172s.). Tali diari tardo-rinascimentali sarebbero dunque, almeno in parte, mirati a raccogliere e preservare informazioni degne di memoria a beneficio proprio o altrui. Resta da fare almeno un’altra precisazione nel definire orizzonti e prospettive dell’opera: in controtendenza con le linee portanti della letteratura «diaristica» appena delineata, il campo visivo dell’estensore dei Diarii supera di gran lunga non solo la sfera lato sensu privata, ma anche la stessa società entro cui egli opera e della cui cultura si alimenta. È stato giustamente messo in luce (Fedi 1994, 110– 116) come i Diarii aspirino a divenire in definitiva un «De successu rerum Italiae et totius mundi / orbis» (2,5; 6,5 e 305; 31,7; 34,5 e 7). L’obiettivo è perseguito con coerenza per tutta l’opera, a costo di una dilatazione documentaria sempre più difficile da ridurre a opera compiuta.
3.2 Piano dell’opera Nella lettera al Consiglio dei Dieci con la quale acconsentiva alla richiesta di lasciar consultare a Pietro Bembo i Diarii (citata in Bettio 1829, 11–15 e ristampata in Brown 1837–1838, 3, 316–319 nella stessa veste ammodernata; in forma più prossima all’originale in Berchet 1903, 95–97), Sanudo cita illustri esempi di altre cronache volgari che servirono da base a successive redazioni in lingua illustre: a fianco dei classici Tito Livio e Leonardo Bruni figurano i suoi contemporanei Bernardino Corio e Bernardo Giustinian. Quest’ultimo in particolare dovette essere fonte di ispirazione per il Sanudo: il metodo che sottostà alla redazione delle Vite dei Dogi, da una parte, e le speranze riposte nel destino dei Diarii, dall’altra, sembrano ricalcare da vicino la storia della stesura del De origine urbis Venetiarum rebusque eius ab ipsa ad quadringentesimum usque annum gestis historia del Giustinian. Questi, a margine di una carriera politica di rilievo, si era infatti dedicato per anni (almeno dal 1485 alla morte nel 1489) ad alacri spogli di atti e cronache antiche e contemporanee, raccogliendo materia per un’opera di ampi orizzonti che fu però curata e pubblicata solo dagli eredi nel 1492 (Gaeta 1980, 45–65; DBI8). Non è facile indicare l’esatto momento nel quale Sanudo riconobbe l’impossibilità, in vita, di ridurre a storia i materiali preziosissimi e impubblicabili che costituiscono i Diarii. Un riferimento temporale post quem si può forse collocare al momento del riluttante consenso alla consultazione dei Diarii da parte di Pietro Bembo nel settembre 1531, quando dell’opera esistevano già
8 Voce a cura di Gino Pistilli.
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cinquantaquattro volumi manoscritti. Negli ultimi sembra ormai assente dall’opera ogni riferimento a una pubblicazione.9 In ogni caso, se anche fosse possibile tracciare la storia delle intenzioni compositive di Sanudo, l’opera non pare averne sostanzialmente risentito: almeno a livello macrostrutturale, i primi volumi non differiscono in misura determinante dagli ultimi. La proporzione tra i diversi ambiti informativi non è sempre stata valutata correttamente. Gli avvenimenti militari sono di gran lunga i meglio rappresentati, anche in periodi di pace per Venezia.10 La narrazione segue il modulo cronachistico già sperimentato nei Commentarii e nella Spedizione, con una certa coerenza interna nonostante le fluttuazioni negli obiettivi dell’opera, e conseguentemente anche nel suo titolo. Quest’ultima questione merita forse un rapido approfondimento dal momento che tocca lo status dell’opera agli occhi dell’autore e dei posteri. L’incipit del primo volume, nonché diversi passi dei Diarii (un elenco parziale, limitatamente ai primi sedici tomi a stampa, è in Fedi 1994, 110–112) e la menzione nel testamento (riportato in Berchet 1903, 104), recano diciture del tipo De successu rerum Italiae / Historie et successi di Italia, in coerenza con la programmata rielaborazione mancata più che con la struttura interna del testo. L’opera è indicata dallo stesso autore in una gran varietà di modi impegnativi semanticamente e più consoni alla storia organica che i Diarii non divennero mai (annali, croniche, deche, historia),11 ma anche, e sempre più spesso con il passare degli anni, con il più calzante diaria (16,54, 30,6, 33,225, 34,7, 37,7, 54,596, 55,514, 58,176; dyaria 34,5; sostantivo f. sing., latinismo con valore collettivo al pari di successo) ovvero con l’equivalente grecismo ephimeride f. sing. (33,5) / ephimerida (1,893, 31,2) / lat. ephemerida opuscula (1,893). L’alternanza tra le due tipologie di denominazione è inevitabile in rapporto alla costante ridefinizione degli obiettivi, intuibile seguendo il progredire della stesura (5,5–6; 5,109; 6,5–6;
9 Tali riferimenti dell’autore dei Diarii al pubblico, piuttosto sorprendenti data la natura dichiaratamente provvisoria della stesura, non sono rari nei primi volumi, per poi diradarsi (1,5 e 547; 2,240; 8,6). L’ultimo accenno parrebbe risalire al 1524 (36,122: «per non tediar li lectori»). 10 Nonostante Fedi (1994, 99): «Accanto ai funerali gli eventi che con maggiore frequenza si dividono il campo della scrittura storica sono quelli che appartengono alla sfera religiosa ed a quella militare». Lo stesso Fedi (1996, 137) riporta però un passaggio rivelatore: «Et questo [scil. l’introduzione dello zucchero di canna], licet non sia a proposito di guerra, pur quivi a eterna memoria ho voluto descriver ordinariamente» (1,271). Si aggiunga che è proprio un evento bellico (la discesa in Italia di Carlo VIII) il motore che spinse Sanudo a intraprendere i Diarii. 11 Priuli intitola la propria opera di volta in volta libri, annali, istorie, notatorii (Neerfeld [2001] 2006, 212).
3.2 Piano dell’opera
41
6,132; 7,672 ecc.). Lo stesso Sanudo sembra infatti associare continuamente l’idea dei Diarii come Historia in sé compiuta e come zibaldone di materiali raccolti con studio quotidiano.12 Fedi consiglia di riconoscere nelle varie declinazioni latine e volgari della formula De successu rerum Italiae il titolo «corretto» dell’opera, contestando l’invalso Diarii. Lo studioso considera quest’ultimo l’esito di un’abusiva scelta degli editori, motivata anche da ragioni commerciali.13 È evidente che il titolo Diarii non ha, né nelle intenzioni dell’autore né in quelle degli editori, il significato moderno di ‘raccolta di annotazioni di fatti personali quotidiani, impressioni, sensazioni, ecc.’,14 tra l’altro apparentemente attestato solo dal 1776 (Alfieri, GDLI), bensì quello di ‘raccolta in ordine cronologico di fatti politici, economici, sociali contemporanei di rilievo in prospettiva storiografica’, ben documentato secondo lo stesso GDLI fin dal 1565 ca. (Varchi), ma già usato con un preciso valore tecnico nella storiografia veneziana a cavallo tra XV e XVI sec. Considerata la complicata gestazione dell’opera e la contraddittorietà dei dati interni a essa, sembra in ogni caso preferibile mantenere la denominazione in uso nella tradizione esegetica moderna.15 Due sommari di mano di Sanudo, aggiornati al volume 51, sono conservati nel manoscritto miscellaneo Marc. It. cl. VII, 375 (= 8954), cc. 2–7 (cf. Zorzanello 12 Particolarmente celebri la formulazione «Historia per forma di diaria» usata nella lettera al Consiglio dei Dieci cit. in Berchet (1903, 96; cf. Neerfeld [2001] 2006, 208–218) e gli incipit al secondo e al terzo dei volumi manoscritti (1,893, 2,5 e 5,109: «de successu rerum Italiae […] quasi ephemerida opuscula / ephemeridas»). Cf. anche le associazioni in tutto consimili delle due aree semantiche a 1,893 («la terza decha, o sia ephimerida»), 30,5 («libro de’ successi de Italia, et per consequente di tutto il mondo, in forma di diaria per redurli poi a sequir la principiata historia»), 31,2 («volendo Io finir di scriver la Historia mia, già cressuta la Ephimerida in libri numero venti otto e più»), 33,5 («non vulsi […] restar di scriver la mia cotidiana ephimeride per non lassar la principiata historia»), 54,596 («53 volumi di questa ystoria et diaria»). 13 Fedi (1994, 13, 19, 111 e n. 156); cf. Neerfeld ([2001] 2006, 16s.). 14 Cf. Fedi (1994, 143s.), che documenta appunto la sporadicità e brevità delle notizie di carattere autobiografico nei Diarii. 15 Sul titolo il consenso dei riscopritori ottocenteschi è pressoché unanime: già quarant’anni prima dell’inizio dei lavori dell’ed. Fulin et al., il riferimento era semplicemente Diarii (Emmanuele Antonio Cicogna, Delle inscrizioni veneziane raccolte ed illustrate, 6 voll., Venezia, Tipografia Andreola, 1824–1853, 1,171, 3,513 e passim; Bettio 1828, titolo: «Diarii veneti»; Brown 1837–1838, 1, 12, 14, 21 e passim). Gli studiosi devono essersi appoggiati all’alternativa offerta dalle scarne notizie datate dalla fine del secolo precedente, come quella di Jacopo Morelli (1796, XLIII nota 6): «Trattasi qui di una collezione di cinquanta sei [sic] volumi, nei quali il Sanudo in parte a modo d’istoria, ed in parte a modo di diario, registrò di sua mano li fatti d’Italia […] Quanto a cose Veneziane, scrisse egli, oltre a queste Istorie, o Diarii, anche le Vite de’ Dogi […]». Tutto ciò indebolisce l’ipotesi che gli editori abbiano scelto il titolo arbitrariamente, al fine di dare garanzie di credibilità storica ad un pubblico tendenzialmente positivista (Fedi 1994, 111s. nota 156).
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3 I Diarii
1950, 122s.). Sulla scorta di questi preziosi testimoni, la prefazione (in realtà un’utilissima postfazione, redatta nel 1901 e apparsa solo alla fine dei lavori di edizione nel 1903) all’ed. Fulin et al. reca in calce, alle pp. 137–139, un indice dei tomi a stampa con datazione e numero delle pagine del testo e dei rispettivi indici. L’indicizzazione dei numerosi volumi manoscritti creò fin dagli inizi alcune difficoltà: Fedi (1994, 74–84) ricostruisce un impressionante elenco di errori e contraddizioni negli stessi Diarii circa la numerazione dei volumi, spiegabile con uno iato temporale considerevole tra le fasi di redazione e di rilegatura.16 Su questa confusione, che apparentemente si mantiene nel testamento laddove l’autore ricorda solo 56 volumi, Berchet (1903, 104 nota 425) si limita a commentare: «uno [scil. un volume] ne aggiunse dopo aver scritto il testamento, e il I è diviso in due parti». La cifra resiste però nella tradizione degli studi nei secoli successivi, originando qualche confusione anche a proposito dell’edizione moderna (cf. su tutta la questione ancora Fedi 1994, 13 e 59 n. 97). Per chiarezza, l’elenco dei volumi a stampa fornito in Berchet (1903) viene inserito qui di seguito verificandone i dati e precisando il curatore e l’anno di pubblicazione di ciascun tomo (A = Allegri, F = Fulin, Ba = Barozzi, Be = Berchet, S = Stefani). Come in Berchet (1903), nel computare le colonne complessive di ciascun volume si separano testo e indici.
16 Il ritardo fu forse dovuto anche ai costi dell’operazione. V. la lettera del 1531 al Consiglio dei Dieci, riprodotta in Berchet (1903, 96): «Né tacerò questo che per comprar carta, et far ligar li volumi, quali è tuti coperti, talora son stato di comprar le cose che mi erano necessarie». Sono documentabili numerose trasgressioni alla progressione temporale degli eventi, da imputare alla precaria forma fisica del testo: un’ampia documentazione a questo proposito, ricavata dai primi sedici volumi a stampa, si trova in Fedi (1994, 68–73). A incertezze sul numero dei volumi non sembra sfuggire neppure lo stesso Berchet, laddove afferma che l’autografo consiste di «58 [recte: 59] volumi in folio […], cinquantasette nell’originale autografo dell’Autore, ed uno (la parte II del vol. I) nella copia fatta eseguire dallo storiografo della Repubblica Francesco Donà.» (Berchet 1903, 123). Perfino Fedi (1994, 249) inserisce a torto nella bibliografia il numero di 59 volumi a stampa.
3.2 Piano dell’opera
• I • II • III • IV • V • VI • VII • VIII • IX • X • XI • XII • XIII • XIV • XV
1.01.1496–30.09.1498 coll. 1114 + 11217 (1879-S) 1.10.1498–30.09.1499 coll. 1386 + 166 (1879-Be) 1.10.1499–31.03.1501 coll. 1644 + 232 (1880-F) 1.04.1501–31.03.1503 coll. 884 + 18618 (1880-Ba) 1.03.1503–31.03.1504 coll. 1074 + 192 (1881-S) 1.04.1504–28.02.1507 coll. 562 + 90 (1881-Be) 1.03.1507–28.02.1509 coll. 770 + 158 (1882-F) 1.03.1509–31.07.1509 coll. 580 + 106 (1882-Ba) 1.08.1509–28.02.1510 coll. 592 + 106 (1883-S) 1.03.1510–28.07.1510 coll. 898 + 112 (1883-Be) 1.08.1510–28.02.1511 coll. 854 + 110 (1884-F) 1.03.1511–30.09. 1511 coll. 630 + 86 (1886-Ba) 1.10.1511–28.02.1512 coll. 532 + 70 (1886-Ba/Be/S) 1.03.1512–31.08.1512 coll. 652 + 8819 (1886-Ba/Be/S) 1.09.1512–28.02.1513 coll. 584 + 82 (1886-Ba/Be/S)
• XVI • XVII • XVIII • XIX • XX • XXI • XXII • XXIII • XXIV • XXV • XXVI • XXVII • XXVIII • XXIX • XXX • XXXI
17 La seconda parte del primo volume (nell’ed. Fulin et al.: coll. 893–1114) non era stata ancora recuperata; gli editori si dovettero fondare sulla copia commissionata da Francesco Donà (cf. §3.4). 18 Dal maggio 1501 al settembre 1502 i Diarii non fanno che ripetere con aggiustamenti superficiali («per relatione», 4,320) quanto registrato nel corrispondente intervallo di tempo nei Diari di Pietro Dolfin (come dimostrato e illustrato in Sambin 1944–1945). 19 A causa di un errore di impaginazione, di cui l’editore si discolpa nell’introduzione agli indici (coll. 659s.), la numerazione salta dalla col. 336 alla 387.
• XXXII • XXXIII • XXXIV • XXXV • XXXVI • XXXVII • XXXVI
43
1.03.1513–31.08.1513 coll. 690 + 98 (1886-Ba/Be/S) 1.09.1513–28.02.1514 coll. 588 + 80 (1886-Ba/Be/S) 1.03.1514–30.08.1514 coll. 496 + 66 (1887-Ba/Be/S) 1.09.1514–28.02.1515 coll. 472 + 108 (1887-Ba/Be/S) 1.03.1515–30.08.1515 coll. 588 + 116 (1887-Ba/Be/S) 1.09.1515–28.02.1516 coll. 546 + 116 (1887-Ba/Be/S) 1.03.1516–30.09.1516 coll. 684 + 142 (1888-Ba/Be/S) 1.10.1516–28.02.1517 coll. 610 + 138 (1888-Ba/Be/S) 1.03.1517–30.09.1517 coll. 714 + 152 (1889-Ba/Be/S) 1.10.1517–31.08.1518 coll. 692 + 144 (1889-Ba/Be/S) 1.09.1518–28.02.1519 coll. 510 + 120 (1889-Ba/Be/S) 1.03.1519–30.09.1519 coll. 690 + 148 (1890-Ba/Be/S) 1.10.1519–30.06.1520 coll. 634 + 190 (1890-Ba/Be/S) 1.07.1520–28.02.1521 coll. 678 + 136 (1890-Ba/Be/S) 1.03.1521–31.07.1521 coll. 494 + 112 (1891-Ba/Be/S) 1.08.1521–30.09.1521 coll. 506 + 112 (1891-Ba/Be/S) 1.10.1521–28.02.1522 coll. 536 + 110 (1892-Ba/Be/S) 1.03.1522–28.02.1523 coll. 638 + 126 (1892-Ba/Be/S) 1.03.1523–30.09.1523 coll. 482 + 110 (1892-Ba/Be/S) 1.10.1523–28.02.1524 coll. 484 + 98 (1892-Ba/Be/S) 1.03.1524–30.09.1524 coll. 632 + 122 (1893-Ba/Be/S) 1.10.1524–28.02.1525 coll. 676 + 110 (1893-Ba/Be/S) 1.03.1525–31.05.1525 coll. 388 + 78 (1893-Ba/Be/S)
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3 I Diarii
• XXX
• XLIX
•
• L
• • • • • • • •
1.06.1525–30.09.1525 coll. 492 + 102 (1894-Ba/Be/S) XL 1.10.1525–28.02.1526 coll. 894 + 152 (1894-Ba/Be/S) XLI 1.03.1526–30.06.1526 coll. 764 + 132 (1894-Ba/Be/S) XLII 1.07.1526–30.09.1526 coll. 784 + 148 (1895-Ba/Be/S) XLIII 1.10.1526–30.01.1527 coll. 768 + 150 (1895-Ba/Be/S) XLIV 1.02.1526–30.04.1527 coll. 600 + 112 (1895-Ba/Be/S) XLV 1.05.1527–30.08.1527 coll. 708 + 134 (1896-Ba/Be/S) XLVI 1.09.1527–28.02.1528 coll. 670 + 134 (1897-Ba/Be/S) XLVII 1.03.1528–31.05.1528 coll. 570 + 122 (1897-Ba/Be/S) XLVIII 1.06.1528–30.09.1528 coll. 544 + 104 (1897-Ba/Be/S)
• LI • LII • LIII • LIV • LV • LVI • LVII • LVIII
1.10.1528–28.02.1529 coll. 518 + 118 (1897-Ba/Be/S) 1.03.1529–30.06.1529 coll. 584 + 108 (1898-Ba/Be/S) 1.07.1529–30.09.1529 coll. 632 + 112 (1898-Ba/Be/S) 1.10.1529–28.02.1530 coll. 682 + 116 (1898-A/Ba/Be) 1.03.1530–30.09.1530 coll. 580 + 116 (1899-A/Ba/Be) 1.10.1530–30.09.1531 coll. 630 + 136 (1899-A/Ba/Be) 1.10.1531–31.03.1532 coll. 688 + 146 (1900-A/Ba/Be) 1.04.1532–30.09.1532 coll. 1044 + 180 (1901-A/Ba/Be) 1.10.1532–31.03.1533 coll. 680 + 132 (1902-A/Ba/Be) 1.04.1533–30.06.1533 coll. 750 + 140 (1903-A/Ba/Be)
3.3 Modalità di composizione La strutturazione interna dei Diarii risponde in primo luogo all’ordine e alle circostanze con cui le informazioni raggiungevano lo storiografo: sono rivelatrici in questo senso, tra l’altro, le ricorrenti perturbazioni dell’ordine cronologico (su tutto ciò cf. Fedi 1994, soprattutto 66–74). Alle non poche trasposizioni e promesse non mantenute di integrazioni successive si è fatto cenno sopra. Le occasioni e i modi della redazione sono insomma decisivi nel definire lo sviluppo narrativo dell’opera. Nei primi tre volumi manoscritti, corrispondenti ai primi due dell’ed. Fulin et al., il testo si compone essenzialmente di copie da documenti.20 Nel seguito esso va arricchendosi di digressioni non riferibili a una fonte precisa che variano il ritmo della narrazione e la corredano di sfumature narrative e di infinite informazioni a vario titolo interessanti o curiose per gli storici moderni non meno che per un pubblico non qualificato. È soprattutto questo insieme di notizie, che
20 Non mancano però excursus estemporanei, come i passaggi, non introdotti dalla canonica indicazione di data, su un’epidemia di peste (1,836 e 959) o il passo sulla «venuta del marchese di Mantoa in questa terra» (2,31–33). La stesura, si è sospettato, potrebbe non cominciare effettivamente nel 1496 ma raccogliere inizialmente appunti presi in precedenza (Neerfeld [2001] 2006, 36s.).
3.3 Modalità di composizione
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comprende fatti di cronaca, considerazioni religiose, sociali o autobiografiche, annotazioni da fonti occasionali di genere diverso, a essere rappresentata nella silloge divulgativa a cura di Margaroli (1997).21 Tuttavia il flusso di notizie che costituisce la struttura portante dei Diarii proviene da una raccolta metodica e quotidiana. Rispetto ad altri diaristi, Sanudo poteva contare su una rete informativa particolarmente solerte e variegata. Già nel dicembre 1495, in occasione di un’esondazione del Tevere, gli Annali Veneti (2,415) associati al nome di Domenico Malipiero, ma attribuibili in realtà a Pietro Dolfin, registrano «Prego Vostra Magnificenzia che partecipi questa mia co ’l Magnifico M. Marin Sanudo: chè certamente, dapoi che Roma è Roma, non fu mai il maggior diluvio» (cf. Neerfeld [2001] 2006, 157 n. 44). Soprattutto, per via del proprio relativo prestigio politico, ma certo anche a ragione della notorietà del proprio impegno storiografico, Sanudo può dichiarare di aver consultato «i libri tutti di la Canzelaria nostra» (34,6). Il 17 agosto 1515 fece richiesta di accedere a «libri secreti e letere» (20,532) per «riconzar» la propria opera. La richiesta fu presto accolta, inizialmente per i documenti dei due anni precedenti, in seguito per tutti.22 Nel settembre 1521, però, i permessi furono ritirati e sostituiti da autorizzazioni speciali (31,383, cit. in Neerfeld [2001] 2006, 43, n. 52). In aggiunta alle copie dei documenti che il cronista rintracciava giorno per giorno, è la relazione delle notizie circolanti all’interno del Palazzo ducale a dare il passo all’opera. È senz’altro auspicabile un confronto a più ampio raggio con le superstiti fonti scritte dei Diarii, sulla scia di quanto fatto da Angela Caracciolo Aricò (1989, XXX –LXXII ) per le Vite dei Dogi (redatte, almeno in parte, negli stessi anni dei Diarii e con modalità affini, anche se più spesso sulla base di documenti di seconda mano; cf. ibid., LXXI ). Anche in assenza di un tale esame, risulta evidente una generale pedissequa fedeltà del Sanudo verso le proprie fonti scritte, con modifiche limitate in genere a sfrondamenti (spesso poco pazienti: centinaia di notizie sono interrotte dalla formula «etc.», più raramente «alia etc.»), passaggi dalla prima alla terza persona e semplici errori (soprattutto in versioni dal latino): per limitarsi alle erasure con sostituzioni, se ne incontrano in tutti i campioni di testo qui esaminati, dal primo (195r 6, 197r 36) all’ultimo (224v 1, 235v 5, 236v 43 e 238r 14). Anche testi in origine alloglotti, come quelli in fiorentino, vengono secondo Cozzi ([1968] 1997b, 104), «trascritti, non solo riassunti» nel veneziano
21 Sanudo, come del resto gli altri diaristi, mostra grande attenzione per le fonti non ufficiali, le voci popolari (fama) e le confidenze occasionali, anche quando ne riconosce la dubbia affidabilità, e dà addirittura conto di notizie che egli stesso bolla come zanze (1,537; 3,31 e 276; 21,111; ecc.). Con uno scrupolo unico tra i diaristi veneziani, dichiara spesso anche l’identità dell’informatore. Cf. su tutto Neerfeld ([2001] 2006, 123–155, in particolare 126–127). 22 Caracciolo Aricò (1989, LXIV s.).
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3 I Diarii
cancelleresco che è la dominante dell’intera opera.23 Resta in generale costantemente riconoscibile la ricerca di una certa omogeneità tematica e stilistica (Fedi 1994, 1–3, 106 e n. 151). Per dettagli sulle ricadute linguistiche di questo trattamento delle fonti v. i §§6 e 8.1. Dal primo ottobre 1498 (incipit del secondo volume dell’ed. Fulin et al.) Sanudo comincia a inserire regolarmente annotazioni giornaliere e non più su base mensile; la decisione si deve certamente collegare alla concomitante elezione in Pregadi, che gli fornì l’opportunità di registrare finalmente l’attualità quotidianamente e in prima persona. Il cambio di passo è preannunciato nell’explicit del volume precedente: «In questo zorno, nel consejo di pregadi, fono electi 5 savi ai ordeni, sier Bortolo di Prioli, sier Marco da Molin, erano savi ai ordeni, sier Faustin Barbo, era cao di 40, sier Vetor Capello et io Marim Sanudo, era tunc signor di note. Et per tanto, qui farò fine a la descriptione più di successi, per intrar in collegio et pregadi a dì primo octubrio proximo. Et ita fine facio annali mei etc.» (1,1114).
Nel primo volume a stampa, che copre l’arco di tempo compreso fra il gennaio 1496 e il febbraio 1498, manca anche, a un livello superiore, la suddivisione del tempo adottata nel seguito dell’opera. Come evidenziato in Fedi (1994, 84–94) Sanudo scandì infatti il primo volume rielaborando mensilmente la documentazione in sezioni tematiche, mentre i restanti volumi dei Diarii rispecchiano nella macrostruttura i semestri del calendario veneto (da marzo a settembre e da ottobre a febbraio) anziché la numerazione dei volumi attuali, al punto che, oltre al primo, i tomi 4, 5 e 6 comprendono un secondo incipit in latino dalla cadenza solenne collocato all’inizio di ottobre (4,329; 5,109)24 o di marzo (6,305). Questo computo è riconoscibile, in sottotraccia, già a 2,487 («Qui comincia il mese di marzo 1499, ch’è, secondo Venecia, el primo dì de anno»). La scansione dell’opera segnala spesso anche il passaggio di mese, accompagnandolo con un cambio di foglio: così il primo giorno del marzo 1500 (3,137), dell’ottobre 1500 (3,851), del marzo 1501 (3,1477). In generale, è stato rilevato (Fedi 1994, 89) come il primo volume dei Diarii riveli una metodologia di organizzazione del materiale ancora non del tutto matura, nonostante l’esperienza delle opere precedenti (in particolare le Vite dei Dogi).
23 Lo storiografo copia diverse fonti in spagnolo (4,469; 5,711–713) tra le quali spicca una lunga lettera (38,19–23) inviata al doge Andrea Gritti dal viceré di Napoli Carlo di Lannoy all’indomani della storica battaglia di Pavia (24 febbraio 1525). In questo caso i tratti linguistici veneziani sembrano farsi sempre più frequenti a mano a mano che la copia procede. 24 Fedi indica erroneamente come inizio della seconda parte il settembre 1503 (Fedi 1994, 85) ma nel testo si legge «incipiente anno Domini MDIII primo mensis octobris».
3.3 Modalità di composizione
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Come si è accennato, le giornate vengono registrate secondo uno schema grosso modo stabile: una prima sezione comprende quanto Sanudo registra personalmente, specialmente durante le assemblee del Senato (Pregadi); una seconda è costituita dalla copia o dal riassunto di documenti di qualche interesse (lettere, relazioni, trattati). Nella prima si dà spesso qualche informazione provvisoria su questi scritti, sulla base delle informazioni diffuse nella mattina e spesso della lettura pubblica dei documenti non segreti, integralmente o in sumario. Regolare è anche il rinvio a una copia di essi da inserire più avanti nel testo: la promessa resta non di rado senza seguito.25 Almeno in parte, quindi, i Diarii paiono costituiti da appunti di testi orali. Un tale metodo non poteva non prevedere deroghe nel corso dei decenni. La più notevole tocca il periodo nel quale Sanudo esercitò l’ufficio di camerlengo a Verona, dall’aprile 1501 al settembre 1502. Non avendo la possibilità di attingere alle solite fonti ufficiali e non intendendo interrompere i Diarii, egli ricorse, come per le Vite dei Dogi (XXXIX –XLII ), agli Annali veneti di Pietro Dolfin, con modalità apparentemente molto prossime al plagio (Sambin 1944–1945, 22) ma non distanti dal normale trattamento riservato da Sanudo a tutte le fonti di prima o seconda mano.26 Al suo ritorno in città, riprese l’abituale modus operandi (4,329). Sanudo registra, nei Diarii, l’esistenza di una persona fidata che avrebbe raccolto le nove durante una sua breve assenza da Venezia (32,68, cit. in Brown 1837–1838, 1,96). Solo in casi particolari le informazioni provengono da documenti d’archivio, che
25 I numerosi spazi rimasti in bianco che, spesso in concomitanza di numerali o di nomi propri, interrompono la continuità della scrittura nei Diarii non possono invece essere invocati a prova di una stesura di trafila orale: sono infatti altrettanto frequenti nelle Vite dei Dogi, basati essenzialmente su fonti scritte. Nell’auspicio di una soluzione alla questione, magari fondata su un confronto puntuale con le fonti superstiti, si può ipotizzare che almeno in una parte dei casi il dato originale fosse in «zifra». Tuttavia, almeno nella cancelleria sforzesca di XV secolo, le missive cifrate lo erano in genere integralmente (cf. Senatore 1998, 257–260 e 396–417 rispettivamente sulle occasioni d’uso e sulle caratteristiche della cifratura). 26 Cf. Neerfeld (2001, 38–41) e, sull’intero problema delle fonti, Fedi (1994, 88–108). Tra 1520 e 1525 Sanudo trasse dalla «Cronica dolfina» un Sumario (Venezia, Biblioteca Marciana, MS Ital., Cl. VII, cod. 157 [7771]), anch’esso verosimilmente a favore dei suoi Diarii. Pietro Dolfin, nonostante fosse amico di famiglia dei Sanudo, non viene mai esplicitamente nominato dallo storiografo (Chambers 1998b, IX,9s.; Neerfeld 2001, 86). Non è menzionato per nome neppure da Francesco Longo, editore degli Annali falsamente attribuiti a Domenico Malipiero e in realtà ricavati, ancora una volta, dagli Annali di Dolfin (Neerfeld 2001, 76–87). Anziché pensare a una singolare sfortuna del diarista si dovrà ricordare che lo stesso destino subisce, poco dopo la morte del Sanudo, la Spedizione di Carlo VIII, ripubblicata a nome proprio da Marco Guazzo (§2.2.2). I casi del genere si possono moltiplicare senza difficoltà: ciò che ai moderni appare come un plagio era un procedimento comune in un’epoca di ampia circolazione dei manoscritti e ancora ignara di tutele effettive del diritto d’autore.
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3 I Diarii
confluiscono piuttosto nelle Vite dei Dogi.27 Non si può escludere che ulteriori fonti di informazione per Sanudo, principalmente quando le circostanze lo tenevano lontano da quelle abituali, fossero i quaderni di appunti e notizie sparse redatti dai copialettere attivi in diverse cancellerie italiane (Milano, Firenze, Siena, Napoli). Ci sono giunti diversi documenti di questo genere, per lo più di XV secolo.28 Meritano infine un cenno i 74 testi a stampa coevi, anche molto rari e generalmente brevi (63 sono fogli volanti), che Sanudo inserì fra le pagine dei Diarii.29 Gli studi sanudiani non hanno finora precisato modi e tempi della redazione né, in particolare, quanto di essa si rifaccia a una trafila orale. In particolare, non è impossibile che anche per i resoconti delle sedute ufficiali Sanudo si appoggiasse ai resoconti ufficiali delle sedute o alle confidenze di qualche collaboratore o segretario.30 In questa direzione, anzi, potrebbe indirizzare la rarità delle correzioni apportate al manoscritto. Sono invece stati già posti nella giusta luce i problemi posti da una ricostruzione dei modi dell’accesso a documenti e atti ufficiali da parte di Sanudo. La maggior parte delle notizie che compongono i Diarii deriva, fatta salva l’emersione di prove in senso contrario, da un’autopsia sugli originali o eventualmente su copie ufficiali eseguite dagli uffici del Senato. Questi documenti possono essere confluiti nei Diarii in due modi, secondo Fedi (1994, 59–63): mediante una redazione contemporanea alla consultazione dei documenti, oppure attraverso una copia intermedia, ravvicinata nel tempo, di appunti presi in precedenza. Come lo stesso studioso nota, entrambe le ipotesi sono problematiche: la prima si scontra con le esigenze di segretezza dell’autorità veneziana31 e con la gelosia dello stesso autore nei confronti della sua opera, che
27 Valgono a mo’ di esempio due brevi estratti che Sanudo ricava da un «libro anticho», probabilmente una cronaca latina. Le notizie si riferiscono agli anni 1286 e 1347 (12,83s.); il passaggio è ripubblicato in Margaroli 1997, 181s. e nel presente studio all’inizio del campione C (§5.4). 28 Senatore (1998, 124–133). 29 Cf. Rozzo (2008, 102s. e 139s.) dove si dà notizia, tra l’altro, di una tesi di laurea inedita sull’argomento (Orfea Granzotto, Marin Sanudo e la stampa: bandi, manifesti, fogli volanti, opuscoli e stampe popolari tra le pagine dei «Diarii», Università di Udine, relatore U. Rozzo, anno accademico 2005–2006). 30 Si deve supporre un procedimento simile almeno quando Sanudo dà notizia dei propri interventi pubblici: ciò pare inoltre confermato dagli impressionanti difetti di coesione e di coerenza testuale contenuti in SanPreg (D 371r 18–372v 4), compatibili con una copia del testo del discorso effettuata successivamente sulla base di appunti parziali e poco connessi tra loro. 31 V. infra. Sulla rinomata coerenza con la quale il governo di Venezia perseguì questo principio e sull’attiva adesione a esso da parte di Sanudo cf. De Vivo (2012, 152–159).
3.3 Modalità di composizione
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difficilmente egli avrebbe recato con sé quotidianamente anche in parte; la seconda con l’evidenza che di materiali provvisori rimangono solo tracce del tutto trascurabili.32 Si potrebbe aggiungere, come terza ipotesi, che la copia avvenisse sì in luoghi pubblici, ma su singoli fogli rilegati successivamente: Fedi accenna alla possibilità («che Sanudo eseguisse la copia lì, su fogli volanti del manoscritto», p. 60) ma pare poi scartarla nel corso della sua disamina, fino a concludere (pp. 61–62): «se si vuole stabilire su una base puramente congetturale quale sia la più probabile fra le supposizioni presentate mi pare indubbio che l’ultima ragione, quella contraria all’eventualità che parti del manoscritto lasciassero lo studio di Sanudo, pone un ostacolo quasi insormontabile ad ogni ipotesi di trascrizione diretta, e quindi, e contrario, se ne deduce che la stesura definitiva del manoscritto dovette essere preceduta dalla compilazione di appunti e di note e che dovette essere compiuta non di getto, bensì attraverso gradi diversi di preparazione e di elaborazione […]».
Non pare tuttavia che ragioni sostanziali impediscano di postulare una redazione su singole carte materialmente raccolte tali e quali nei Diarii, senza altre copie o rielaborazioni intermedie. Anche da un punto di vista pratico, una redazione in loco pare la soluzione più ragionevole. Le dimensioni dei codici autografi, benché non eccessive (335 per 230 millimetri), non li rendono neppure agevoli da avere con sé per un’intera giornata; non troppo difficile doveva essere invece trasportarne singole carte sciolte. Una volta riposte nello studio di Sanudo, queste possono avere facilmente subito trasposizioni: le incertezze nella numerazione dei volumi (Fedi 1994, 82–84) inducono a pensare appunto che l’opera sia rimasta per un certo tempo allo stato di fogli slegati o raggruppati approssimativamente. Moltissime nuove sezioni di testo, corrispondenti a una nuova giornata, cominciano a inizio di pagina o di foglio; i manoscritti contengono spazi anche molto ampi lasciati in bianco, nonostante gli onerosi costi della carta lamentati da Sanudo (Testamento cit. in Berchet 1903, 104). Infine, date le reiterate dichiarazio-
32 Le poche bozze superstiti stilate, verosimilmente, per essere rifuse nei Diarii sono state censite in Berchet (1903, 60–67) e si conservano in un esiguo numero di manoscritti miscellanei in tutto o in parte autografi. Non è tale, ad esempio, il lungo resoconto Itinerario di Carlo Contarini di Panfilo (erroneamente Panfilo Contarini in Berchet 1903, 61) mandato ambasciatore all’Arciduca d’Austria Ferdinando 1524 a dì 24 luglio, (Marc. It. cl. VII, 761 [= 7959]; la dizione è quella del catalogo cartaceo riprodotto a ), rielaborato da Sanudo nei Diarii 36, 373–381 con la rubrica Summario di lo itenerario di sier Carlo Contarini andato orator al Serenissimo archiduca di Austria don Ferando principe di Castiglia (cf. ibid.). Resta testimonianza anche della documentazione preparatoria alle Vite dei Dogi e al De origine situ et magistratibus urbis nei codd. Marciano It., classe VII, 157 (7771) e Marciano It., classe VII, 760 (8582); cf. Caracciolo Aricò (1999, XX –XXII ) .
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3 I Diarii
ni di provvisorietà della diaria, non sembra verosimile che il metodo redazionale, in linea di principio, prevedesse sistematicamente una duplice stesura. Quale che sia la soluzione del problema, è certo che, una volta divenuto senatore (1 ottobre 1498), il cronista ebbe modo di prendere in visione i documenti più rilevanti fra quelli giunti in Pregadi la mattina e di darne conto nei Diarii immediatamente o a brevissima distanza di tempo, di solito nel pomeriggio dello stesso giorno. De Vivo (2012, 168–173) descrive un uso molto disinvolto dei documenti riservati della Repubblica da parte dei patrizi; resta a maggior ragione improbabile che un frequentatore della Segreta noto e assiduo come Sanudo non potesse consultarli regolarmente. Formalmente, però, solo molto in là nella redazione (agosto 1515) ottenne dal Consiglio dei Dieci una speciale licenza che gli garantiva l’accesso, per due anni, a «libri secreti et letere», a condizione di non rendere pubblici i Diarii. L’anno successivo il permesso fu esteso all’intero contenuto degli archivi; pochi anni dopo tuttavia, in seguito a una manomissione del fondo del Consiglio, il lasciapassare fu revocato. È a questo patrimonio documentario che Sanudo si riferisce quando, nel 1523, si vanta di aver «visti i libri tutti di la Canzelaria nostra» (34,6). Dopo che il diarista ebbe concesso ufficialmente la consultazione dei Diarii a Pietro Bembo e rinnovato con ciò l’attenzione del Consiglio dei Dieci sul valore dell’opera, quest’organismo dispose nuovamente che il suo segretario mostrasse al Sanudo le «lettere che vengono da fuori» (decreto conservato dal Sanudo e oggi contenuto nel già citato codice miscellaneo Marc. It. Cl. VII, 375; cf. Berchet 1903, 61). Non pare, a giudicare dai Diarii, che l’accesso a tali fonti (quando non secretate) gli sia mai stato negato in seguito.33
3.4 Storia del manoscritto La storia della tradizione dell’opera si esaurisce in sostanza nelle vicende fisiche dei 59 volumi manoscritti oggi conservati nella Biblioteca Marciana (Codici italiani, Classe VII, 228–286 [= 9215–9273])34 a cui si possono aggiungere gli indici autografi conservati alle cc. 2–7 del Marc. It., cl. VII, 375 (= 8954).35 I codici sono
33 Cf. Diarii 20,532 e 34,6; Berchet (1903, 99); Caracciolo Aricò (1989, LLXIV XIV –LXXI ); Neerfeld ([2001] 2006, 43). De Vivo (2012, 164s.) cita diverse testimonianze della dialettica tra le esigenze di segretezza del Consiglio dei Dieci e le continue infrazioni e furti nella Segreta tra XVI e XVII secolo. 34 A p. 62 della Prefazione (Berchet 1903) si fornisce per errore la segnatura VII, 419–477, corrispondente alla copia fatta approntare dal Donà (Zorzanello 1956, 88). 35 Per dettagli sulla riscoperta dei Diarii cf. Berchet (1903, 118–24), Fedi (1994, 12–25) e la bibliografia indicata in Neerfeld ([2001] 2006, 35 n. 25).
3.4 Storia del manoscritto
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descritti succintamente in Zorzanello (1956, 88): «Sec. XV–XVI, cart., fol. (335 × 230 con la leg.), voll. 59. […] Leg. nuova, tavole con dorso in pelle, fermagli». I manoscritti dovettero essere incamerati negli archivi del Consiglio dei Dieci poco dopo la morte di Sanudo: è a questa istituzione, infatti, che Pietro Bembo indirizza nel 1543 una richiesta di consultazione del tredicesimo volume (Berchet 1903, 99s. e nota 419). Dopo il loro riutilizzo da parte di quest’ultimo quale ausilio nella stesura dei suoi Rerum Venetarum libri XII per il periodo che va dal 1496 al 1513, il loro contenuto (anche se non la loro esistenza) sembra cadere nell’oblio per più di due secoli. Le imprecisioni in cui sistematicamente incorrono le testimonianze a proposito dell’opera provano che i volumi non furono più consultati fino alla fine del XVIII secolo: risultarono irreperibili al dotto patrizio e futuro doge Marco Foscarini.36 Poco dopo la riesumazione dei Diarii il Consiglio dei Dieci autorizzò con due ordinanze (1781 e 1784) il politico e storiografo padovano Francesco Donà (1744– 1815) a trarne una copia, che egli corredò di indici delle materie e delle fonti.37 I primi studi storici e antiquari sui Diarii dovettero di necessità basarsi su questi apografi, dal momento che gli originali erano stati trasferiti a Vienna in seguito all’ordine trasmesso il 16 maggio 1805 al bibliotecario della Marciana Jacopo Morelli dal commissario plenipotenziario austriaco, su mandato semiufficiale dell’archivista Franz Sebastian Gassler. La lacuna venne appunto colmata nel 1817 dalla copia Donà, da questi lasciata in eredità alla Biblioteca Marciana e da questo momento finalmente accessibile alla comunità degli studiosi. I volumi autografi, invece, rimasero a Vienna ancora dopo la fine della prima occupazione austriaca: solo in seguito al trattato di pace di Vienna del 3 ottobre 1866 i Diarii tornarono alla Marciana, il 31 ottobre dello stesso anno, assieme a molti altri codici di inestimabile valore. Una clausola dell’accordo prevedeva l’invio in Austria, a titolo di compensazione, della copia Donà: l’impegno fu onorato ma fu trattenuta a Venezia la seconda parte del primo volume (1,893–1114 dell’ed. Fulin
36 Cf. Berchet (1903, 118); DBI (voce a cura di Piero Del Negro). Che il Foscarini non avesse che una cognizione molto imprecisa dell’opera è evidente: «la fama porta, essere stati già tempo riposti negli Archivj dodici volumi del nostro Sanudo, entro i quali era forse la Storia Veneziana trattata in modo più limato, che in questi Comentarj [ancora le Vite]» (Della letteratura veneziana libri otto di Marco Foscarini cavaliere e proccuratore [sic], Padova, Nella Stamperia del Seminario, 1752, vol. 1, 165). In questo tomo, l’unico dato alle stampe, il futuro doge (1762–1763) dà il giusto rilievo alla figura di Marin Sanudo, pur riconoscendo che la sua Cronaca (le Vite dei Dogi) «non corrisponde all’opinione di elegante scrittore, in che l’ebbero i dotti dell’età sua» (140; cf. 164s.). Quanto egli afferma a proposito dei Diarii prova tuttavia, per l’appunto, che l’opera era inaccessibile perfino a uno dei più illustri veneziani del XVIII secolo, come già rilevato da Fedi (1994, 12) e da Neerfeld ([2001] 2006, 9). 37 Oggi mss. Marc. It., cl. VII, 419–477 (= 10065–10123).
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3 I Diarii
et al.) in quanto l’autografo di esso era stato smarrito. Questo riemerse e fu restituito solo a ridosso della prima guerra mondiale,38 quando l’ed. Fulin et al. era stata ultimata da tempo, mentre anche i volumi apografi fecero ritorno nel patrimonio della Marciana nel 1914.39
3.5 Ricezione: fortuna dei Diarii come fonte storica e come opera letteraria40 Le singole opere di Sanudo ebbero destini molto diversi. Nonostante la perdita del secondo dei tre tomi originari, la tradizione manoscritta delle Vite dei Dogi è piuttosto ricca e precoce;41 come si è accennato (§2.2.2) anche la Cronachetta, agile silloge di indubbio interesse per i contemporanei, conobbe una certa fortuna e una circolazione manoscritta a Venezia nel Cinquecento (cf. Caracciolo Aricò 1979, 424 e n. 22). Secondo quanto riferisce lo stesso Sanudo nella lettera al Consiglio dei Dieci citata in Bettio (1828, 12), i Diarii in corso d’opera furono citati in due opere in latino: un repertorio storico a stampa datato al 1513 (Jacobi Philippi Bergomensis Supplementum Chronicarum, Venetiis, per Georgium de Rusconibus) e un poema dedicato da un oscuro riminese al doge Antonio Grimani nel 1521 (Publii Francisci Modesti Venetias et sylvae, Arimini, per Bernardinum de Vitalibus). La scarsa circolazione e la conseguente difficile reperibilità in epoca moderna delle due cinquecentine hanno finora reso impossibile una verifica del dato. Di certo i Diarii, come la maggior parte delle opere di Sanudo, dovettero apparire impubblicabili a chi li ebbe tra le mani. Persino Pietro Bembo, che pure aveva insistentemente richiesto di poter compulsare i Diarii per la propria Historia veneta, così li commenta: «le vere cause delle cose e di fuora e della patria convengo cercare altrove, ché in lui poco di vede di momento e di giudizio».42 Un utile raffronto sinottico tra alcuni passi dei Diarii e della Historia veneta di Bembo è già stato proposto da Fedi (1996, 190–196). Almeno a giudicare da questo campione, il
38 La data indicata alla p. 66 del catalogo digitalizzato per la classe VII dei manoscritti marciani è il 1919 (cf. ). 39 Berchet (1903, 119); Zorzi (1987, 355, 369, 390, 403 e 535). 40 Cf. §0.2 per qualche cenno sui moderni studi su lingua e stile dei Diarii e §7.1 su quelli lessicologici e lessicografici. 41 Cf. Caracciolo Aricò (1989, XII –XXX , in particolare XXV ): uno dei codici, il Marciano it. cl. VII, 520 [=7280], è anteriore al 1542 e risale quindi agli anni immediatamente successivi alla morte dell’autore. 42 Lettera 915, cit. in Fedi (1996, 177s.).
3.5 Ricezione: fortuna dei Diarii come fonte storica e come opera letteraria
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riuso dell’autorevole fonte risulta decisamente passivo: lo storiografo ufficiale di Venezia vi immette solo un ornatus sistematico ma superficiale, oltre a inserire le notizie in una narrazione organica nella quale i fatti trovano finalmente una funzione che li trascende. Non sono stati finora rintracciati altri casi di riuso dei Diarii prima dell’eclisse che li avvolse fino agli inizi del XIX secolo.43 Come già osservato da Fedi (1994, 10–12), questo destino si dovrà in parte anche alle clausole dall’accordo stipulato dal Sanudo con il Consiglio dei Dieci (§3.3). Secondo Agostino Sagredo (ASI 7, vol. 1, XII ) anche la reticente testimonianza del Foscarini si deve alla restrizione ivi contenuta, che equiparava i Diarii al resto dei documenti riservati conservati nella Segreta. La sfortuna editoriale del magnum opus di Sanudo era però in certa misura inevitabile e connaturata al suo contenuto. Pare assolutamente condivisibile la diagnosi di Caracciolo Aricò (2008, 364): «Proprio in ragioni linguistiche e stilistiche va ricercato il motivo del suo «fallimento». Troppo diretto e corsivo lo stile di Marino, eccessiva la congestione di notizie, assiepate con un taglio paratattico che tutto livella e accomuna, ma – soprattutto – non latinamente espressa».
Le peculiari caratteristiche dell’opera la resero, agli occhi dell’aristocrazia veneziana del XVI sec., forse indispensabile come bruta fonte documentaria (come dimostra la richiesta di Bembo), ma in sé irrimediabilmente lontana dall’intendimento e dallo stile del Sabellico, e quindi in definitiva inutile agli scopi apologetici e celebrativi richiesti dalle autorità. Per di più i Diarii venivano redatti in un momento nel quale l’alta società veneziana era alla ricerca di uno strumento votato alla propria rilegittimazione ideale presso le corti italiane ed europee, piuttosto che di un minuzioso zibaldone in un volgare che doveva apparire destinato alla marginalità: «Di qui, sul piano storico, la decisione del Consiglio dei X, del 1516 che solennemente dichiara: «La reputation è uno dei principi fondamentali dello Stato», la si consegue con i «facti», ma necessaria è la loro memoria. Dunque il ricordo non andrà fissato nella grezza, ruvida messe delle cronache, ma nel fluire di «floride historie» composte da «scriptori» non
43 Francesco Sansovino (1521–1583), almeno a giudicare dalla seconda edizione secentesca, postuma, del suo Venetia città nobilissima, et singulare (Venezia, appresso Steffano [sic] Curti, 1663), ignorava del tutto l’esistenza dei Diarii (ibid., p. 591: «Marino Sanuto Senatore, compose de Magistratibus Venetis lib. 1. De Vitis Principum Venetorum li. 1. De bello Gallico»). Nella stessa opera del Sansovino sono stati riconosciuti significativi echi della Cronachetta («De magistratibus venetis»), non però imputabili con certezza a un diretto rapporto di dipendenza tra i due testi (Caracciolo Aricò 1979; Neerfeld [2001] 2006, 8s.; Caracciolo Aricò 22011).
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da storici. Il gioco è fatto. L’aulicità viene assunta come fattore primario, più del documento e dell’interpretazione»44 (Caracciolo Aricò 2008, 366).
È certamente a Diarii come quelli di Sanudo, Priuli, Dolfin e Michiel che si allude nella parte che assegna al Navagero il ruolo di storiografo ufficiale della Repubblica, già citata nella sezione che fa cenno a «varie et rude cronice».45 A seguito della pur infedele edizione delle Vite dei Dogi all’interno della collana dei Rerum italicarum scriptores (1733, cf. §2.2.2), il nome di Sanudo e la curiosità per il suo lascito tornarono a imporsi all’attenzione degli storici. La cronaca viene citata molti anni più tardi dallo stesso Ugo Foscolo, che pure, apparentemente, non disponeva di altre notizie sull’autore.46 Devono passare ancora decenni, però, perché ai Diarii sia attribuito il giusto peso: alla testimonianza di Marco Foscarini citata nel paragrafo precedente fa riscontro il non sorprendente silenzio della toscanocentrica Storia della letteratura italiana di Francesco de Sanctis (1870–1871).47 È paradossalmente solo dopo la requisizione austriaca, vale a dire dopo il 1805, che vedono la luce i primi studi moderni fondati su uno spoglio dei Diarii, sulla base della copia fatta approntare da Francesco Donà (§3.4). In pochi anni, storici assai lontani per formazione e interessi composero raccolte documentarie a partire dai soli Diarii.48
44 Caracciolo Aricò (2008, 366). Considerazioni del tutto analoghe si possono allegare per le opere degli altri diaristi veneziani contemporanei (Neerfeld [2001] 2006, 219–21). 45 Archivio di Stato di Venezia, Consiglio dei dieci, misti, reg. 39, parte II, c. 36 del 30 gennaio 1516, riportato, tra gli altri, da Cozzi ([1963–1964] 1997a, 23s.). Cf. Fedi (1994, 128–130) per un’analisi contenutistica del documento. 46 Nel saggio Della nuova scuola drammatica italiana (1826, ed. Cesare Foligno, BibIt): «Una legge di poco anteriore a quegli anni [attorno al 1427] proibiva che al Doge si desse altro titolo fuorchè Messere; e infatti Sanuto, un de’ patrizi che tramandarono a noi le memorie della loro repubblica parlando di quel Doge per lappunto, scrive sempre Messer lo Doge». Si tratta di una critica marginale al Conte di Carmagnola, per il quale, si noti per inciso, Manzoni non tenne in considerazione le opere di Sanudo. 47 Nel capitolo sul Trecento, il critico cita invece di passata l’avo Marin Sanudo il vecchio, storpiandone il nome (ed. Niccolò Gallo, BIZ: «Martin [sic] Sanuto»). 48 In forme aggiornate, i Diarii si sono prestati a messe a frutto del genere anche nell’era contemporanea e fino ad oggi. La storiografia moderna ha individuato nei Diarii una fonte insostituibile per la conoscenza di ogni genere di dinamica politica e sociale del tempo vista dall’ottica della piccola nobiltà indigena. Sanudo ci trasmette un enorme numero di documenti altrimenti perduti, anche a causa degli incendi del Palazzo Ducale del 1574 e del 1577. Ci si esime in questa sede dall’aggiornare i cataloghi selettivi di studi storici novecenteschi che citano documentazione sanudiana forniti da Fedi (1994, 19 nota 27) e da Neerfeld ([2001] 2006, 35 n. 25 e 46 n. 62). Si sottolinea qui solo come il fondamentale ruolo dell’opera come repertorio documen-
3.5 Ricezione: fortuna dei Diarii come fonte storica e come opera letteraria
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Decisivi nel promuovere la conoscenza della monumentale opera ritrovata furono i Ragguagli sulla vita e sulle opere di Marin Sanudo il juniore dell’inglese Rawdon Brown (Brown 1837–1838): è lecito ritenere che l’impianto conservativo della futura edizione Fulin et al. sia stato legittimato anche dal fatto che tale era la forma in cui molti brani erano stati presentati da Brown alla comunità degli studiosi. È l’amico Rawdon Brown che Agostino Sagredo sente il bisogno di ringraziare quando, nella sua introduzione ai Diarii attribuiti a Malipiero (ASI 7, vol. 1, XI , XVIII e passim), deve fare cenno ai Diarii di Sanudo. Da questo momento in avanti il valore e l’importanza documentaria dei Diarii furono universalmente riconosciuti, e si iniziò a porre le basi dell’edizione Fulin et al. La riscoperta di Brown fu preceduta e forse stimolata da alcune altre testimonianze dotte di rinnovato interesse, come l’edizione di pochi documenti relativi ai Diarii da parte dell’abate Pietro Bettio, bibliotecario della Marciana (Bettio 1828). Negli anni immediatamente successivi a quelli in cui Brown compulsava l’ed. Donà, di essa si servivano anche Eugenio Albéri per l’ultimo volume della raccolta da lui curata dei resoconti degli emissari di Venezia nell’Impero ottomano,49 il croato Ivan Kukuljević-Sarcinski e l’italiano Giuseppe Valentinelli per una rassegna documentaria bilingue sui rapporti della Venezia rinascimentale con i Balcani (Kukuljević-Sarcinski 1859–1865)50 e Victor Cérésole, console svizzero a Venezia, per i rapporti tra la Serenissima e la Confederazione elvetica.51 Questi
tario sia ancora attuale, al punto che l’eminente storico Gaetano Cozzi poteva dichiarare nel 1982, a introduzione di una ricca raccolta di saggi approfonditi su politica e giurisdizione della Repubblica di Venezia dal XVI al XVIII secolo, «una ricerca condotta sistematicamente sui Diari di Marin Sanudo, a cominciare dal 1496 per finire al 1533, è all’origine dei saggi […] da me riuniti in questi volume» (Cozzi 1982, XI ). 49 Le relazioni degli ambasciatori veneti al senato durante il secolo decimosesto, serie III: Relazioni degli Stati Ottomani, vol. 3 (1855), Firenze, Società editrice fiorentina, 1840–1855. Berchet (1903, 122) sembra dimenticare il pur fondamentale repertorio nella sua rapida rassegna di precoci riusi dei Diarii, nella quale sono invece nominati i successivi. 50 Le prime due delle tre parti furono riedite a Venezia con il titolo: Esposizione di rapporti fra la Republica veneta e gli slavi meridionali. Brani tratti dai diarj di Marino Sanudo esistenti nell’I. R. Biblioteca di S. Marco (1496–1533), vol. 1 (1496–1515), Venezia, Tipografia del commercio, 1863, con un proemio di Giuseppe Valentinelli (I –III ). A p. III trova posto la promessa di completare l’edizione antologica con «un dizionario del dialetto e di un indice storico-patronimico» redatto dallo stesso Valentinelli. Né il meritorio proposito, né il proseguimento dell’edizione fino al 1533 sembrano avere trovato compimento. 51 Il saggio viene citato in Berchet (1903, 122 nota 456) con l’indicazione «Ephemerides de Marino Sanuto se rapportant à la Suisse. Venezia 1890». Il titolo non compare nei principali cataloghi in rete. Potrebbe trattarsi di una tiratura limitata, presto scomparsa dalla circolazione; Viallon-Schoneveld (2001, 36 e nota 54) lo associa all’altro studio del Cérésole La Republique de Venise et les Suisses, Venezia, Antonelli, 1864.
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3 I Diarii
progetti si segnalano per portata e ambizioni (e in quanto tali vengono ricordati in Fulin/Stefani 1877, 443), ma Berchet (1903, 122) ricorda anche i Regesta documentorum Germaniae Historiam illustrantium / Regesten zur deutschen Geschichte aus den Handschriften der Marcusbibliotek in Venedig di Bernardo Morsolin e Giuseppe Valentinelli (München, Verlag der k[aiserliche] Akademie, 1864–1866), oltre a diversi studi storici di settore degli eruditi italiani Guglielmo Berchet, Cesare Cantù ed Emmanuele Antonio Cicogna. La fama dei Diarii era però divenuta in breve tempo persino più ampia. Diverse raccolte di estratti dai Diarii furono ricavate dopo il 1817 a partire dall’ed. Donà: da Taddeo Jacobi (1753–1841) che ne trasse informazioni storiche sul Cadore e in particolare sulle vicende della sua invasione nel 1508;52 dall’erudito francese Armand Baschet (1829–1886);53 da Georg Martin Thomas, che diede alle stampe nel 1883 un Martin Luther und die Reformationsbewegung in Deutschland vom Jahre 1520–1532 in Auszügen aus Marino Sanuto’s Diarien (Ansbach, C. Brügel & Sohn).54 La lista è molto probabilmente incompleta. Fino a tempi recenti tuttavia la critica è stata unanime, con buona ragione, nel descrivere i Diarii come poco più di una raccolta meccanica e caotica di informazioni brute, senza interventi personali degni di nota né sul contenuto né nello stile.55 Perfino i devoti editori condivisero questo giudi-
52 I materiali, rimasti inediti, sono raccolti nei mss. 821 (compilato tra il 1810 e il 1841; a 6v si informa che la copia era stata eseguita e fornita allo studioso dall’abate cadorino Giuseppe Ciani) e 828 (redatto tra il 1819 e il 1830) della Biblioteca civica di Belluno. Gli stessi temi compongono la ripresa sanudiana operata da Francesco Pellegrini (1826–1903) e conservata nei mss. 370 e 414 della stessa biblioteca. Cf. su tutto ciò il prezioso catalogo . 53 Bibliothèque Nationale de France, Ital. 1648 (). Secondo Viallon-Schoneveld (2001, 36 e nota 51) queste ricerche del Baschet trovarono il loro sbocco nelle sue due monografie Histoire de la Chancellerie secrète, Paris, Plon, 1860 e Les Princes de l’Europe au XVIe siècle, Paris, Plon, 1862. 54 Anche se all’epoca erano già apparsi i primi dieci volumi dell’ed. Fulin et al., Thomas informa nell’introduzione al proprio lavoro (p. XLVII) che gli estratti gli erano stati donati già anni prima, in una copia manoscritta di ardua lettura, da parte degli stessi ambienti che avevano consegnato un analogo omaggio allo svizzero Cérésole. Thomas avrebbe poi operato una collazione con l’autografo dopo la sua restituzione a Venezia. 55 Ancora Cozzi ([1968] 1997b, 101), nota, a partire dal caso della Spedizione, come Sanudo intendesse correttamente la necessità di un inquadramento storico preciso delle vicende narrate, ma non può fare a meno di concludere che «un confronto con altri storici della spedizione di Carlo VIII, quali un Commynes o un Guicciardini, riuscirebbe disastroso, fin ridicolo per il povero Sanudo». Una nutrita serie di giudizi ugualmente severi, con il ricorrente risarcimento di elogi per il valore documentario dei Diarii e per l’instancabile ostinazione del loro autore, è in Fedi (1994, 18–25); l’elenco si può aggiornare almeno con Viti (1996, 540) e Tateo (1996, 1021s.).
3.5 Ricezione: fortuna dei Diarii come fonte storica e come opera letteraria
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zio.56 I contributi più recenti, però, tendono a sfumare questo giudizio e a riconoscere nei Diarii una presenza autoriale coerente e una certa dignità letteraria: così Zele (1989, 242),57 Fedi (1996, 74) e Caracciolo Aricò (2008, soprattutto 359 e 373–374). Il primo studioso, in particolare, ritiene paradossalmente che proprio le vistose incoerenze dell’opera dimostrino che Sanudo «evitò nella scrittura lo schiacciamento e la perdita di spessore della memoria storica, e non rinunciò ad elevare la narrazione un gradino al di sopra della cronaca, tramite la sistematicità del suo procedimento e la cura continua per una disposizione ordinata e coerente delle informazioni».
In tutta la sua monografia (in particolare alle pp. 146–175) Fedi sostiene con energia l’azione, nei Diarii, di scelte stilistiche coscienti e coerenti da parte del Sanudo, anche a costo di relativizzare o reinterpretare le ricorrenti dichiarazioni, da parte di quest’ultimo, che vanno invece nel senso di un’ammissione di provvisorietà in vista di una successiva rielaborazione. Molti passi, soprattutto nei primi volumi, sono effettivamente non privi di qualità espressive e drammatiche, ma si tratta di brani isolati: il dettato dei Diarii è di norma innegabilmente farraginoso e confuso. Anche gli interventi interpretativi sono più spesso desultori e quasi irriflessi (Fedi stesso cita a titolo esemplare, alla nota 204, la modestissima incisività del commento di Sanudo alla morte di due condottieri dell’esercito veneziano: «Conclusive, fu uno gran pecato»). In generale, rimane più di qualche perplessità sulla legittimità dell’attribuzione ai Diarii di uno status a pieno titolo letterario.
56 «Raccoglitore pertinace di cronache, memorie, documenti, lettere e di tutto quello che potesse giovare ai suoi lavori, fu uno storico molto diligente; cronista acuto, perspicace, insuperabile; letterato mediocre» (Berchet 1903, 132). 57 Secondo lo storico, «per ricchezza informativa, vivacità d’esposizione e senso critico, i Diarii sono qualitativamente superiori a tanta produzione storiografica coeva».
4 L’ed. Fulin et al. (1879–1903) 4.1 Genesi La veste nella quale i Diarii sono oggi accessibili al pubblico è la monumentale edizione in 58 volumi curata da Marco Allegri, Nicolò Barozzi, Guglielmo Berchet, Rinaldo Fulin e Federico Stefani e stampata a Venezia in forma di fascicoli presso il tipografo Marco Visentini e i suoi eredi tra il 1879 e il 1903. La consultazione è oggi resa più agevole dalla ristampa anastatica integrale prodotta a Bologna dall’editore Forni tra il 1969 e il 1970 e, in tempi più recenti, da Google Books.1 Non sarà forse inutile in questa sede ripercorrere per grandi linee la pur nota storia dell’ed. Fulin et al. Ulteriori ricerche d’archivio, mirate in particolare sui carteggi, potrebbero in futuro gettare ulteriore luce sull’organizzazione e l’andamento dei lavori del monumentale progetto. Già da tempo schedate e accessibili, e citate qui di seguito, sono le raccolte delle lettere indirizzate da Rinaldo Fulin a Cesare Cantù (Biblioteca Ambrosiana di Milano, R.9., inf., ins. 13; cf. Berengo 1994, 89, nota 2) e allo storico bellunese Francesco Pellegrini (conservate nella Biblioteca civica di Belluno, oggi digitalizzate e rese accessibili in rete),2 nonché quelle del Fulin e di Federico Stefani all’eminente storico e antiquario veneto Carlo Cipolla (Berengo 1994; Contò 1994). La data che segna la nascita del progetto editoriale è il 22 luglio 1877, giorno dell’approvazione sancita dalla Regia Deputazione Veneta di Storia Patria. Gli editori fondarono l’edizione sull’autografo, tranne che per le coll. 893–1114 del primo volume, corrispondenti al secondo codice manoscritto allora trattenuto a Vienna (v. §3.4). Un’iniziale pianificazione di minima prevedeva l’edizione dei primi dodici volumi (1496–1511) in un lasso di tempo di quattro anni (Fulin/ Stefani 1877, 444): l’obiettivo fu invece raggiunto nel pur apprezzabile termine di
1 Sembra invece inattivo da qualche anno il progetto di digitalizzazione curato dal gruppo di lavoro «Sanuto elettronico» che, nei piani, avrebbe dovuto rendere l’intera edizione liberamente interrogabile in rete all’interno di grazie a una sistematica revisione umana del riconoscimento ottico dei caratteri. Malgrado il sostegno della Comunità Montana di Valle Camonica e del Consorzio Comuni BIM di Valle Camonica e il contributo di numerosi volontari, il progetto ha ultimato dal 2006 a oggi la revisione dei soli volumi 1, 2, 7, 11, 12 e 14 e dell’Introduzione di Guglielmo Berchet. Anche se il meritorio progetto fornisce ampie garanzie di fedeltà all’ed. Fulin et al., nel seguito del presente lavoro le lezioni di questa edizione digitale sono state verificate su quella cartacea, eccetto quando l’analisi si è rivolta a grandi dati numerici per i quali un raffronto puntuale è sembrato superfluo. Fa eccezione il glossario a §7.4, per il quale i dati della versione elettronica sono stati ricontrollati solo nei casi sospetti. 2 All’indirizzo ; cf. anche l’utilissimo catalogo complessivo .
4.1 Genesi
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otto. Tuttavia, nel volgere di non molti anni le fondamenta economiche del sodalizio si rivelarono precarie: il sostegno finanziario deliberato risultò insufficiente; quello del Ministero dell’Istruzione Pubblica venne soppresso del tutto dopo appena quattro anni; gli editori, sulle cui spalle gravava in sostanza l’onere dell’investimento, lamentarono presto la penuria di soci sostenitori e i costi stabiliti dal tipografo, il quale a sua volta si trovò presto costretto a partecipare alle spese.3 Rinaldo Fulin (1824–1884), oltre ad essere uno dei principali fautori dell’impresa presso la neonata Deputazione (Berengo 1994, 92s.), curò personalmente, oltre alla revisione finale dei voll. 1–10, i voll. 3, 7 e parte dell’11, che fu ultimato dai colleghi in seguito alla sua scomparsa il 24 novembre 1884. Nato da umile famiglia, aveva potuto sviluppare il proprio fervido interesse per la storia contestualmente all’insegnamento di questa materia al liceo a partire dal 1858. Pur avendo preso i voti fin dal 1847, non rinunciò a forti prese di posizione di carattere liberale nel dibattito politico risorgimentale. Dopo essere stato diffidato, per questi motivi, dall’autorità ecclesiastica, si era dedicato all’insegnamento e alla ricerca documentaria e storica: fu tra l’altro cofondatore e direttore dell’Archivio veneto e lasciò ai posteri un impressionante numero di opere storiche e di edizioni. Nella speciale passione con cui intraprese quella dei Diarii si riflette anche il suo spirito patriottico, condiviso del resto con gli altri editori.4 Sulla base delle corrispondenze tra i protagonisti del periodo, Barengo (1994, 93s.) ha ricostruito alcuni elementi di rilievo a proposito delle prime turbolente fasi dei lavori. Gli editori si avvalsero di «un piccolo esercito di copisti», il che contribuisce a spiegare la straordinaria rapidità dei lavori ma anche molte delle fluttuazioni nei criteri di trascrizione (v. §4.3), e concentrarono il proprio contributo personale nella revisione finale del testo (Berchet 1903, 125) e nella compilazione degli indici, in particolare nella gravosa5 lemmatizzazione dei nomi propri contenuti nei Diarii. Mentre non vi sono prove che gli editori abbiano mai dato seguito all’intenzione, dichiarata in Berchet (1903, 125), di collazionare ove possibile i documenti originali con le copie contenute nei Diarii, l’identificazione dei nomi da inserire negli indici onomastici fu un’operazione a cui gli editori (o almeno il Fulin) si dedicarono con scrupolo davvero esemplare. Il primo passo era la verifica della forma dubbia direttamente sul manoscritto: «Ma sopra tutto che luogo è quell’a-
3 Berchet (1903, 128s.); Berengo (1994, 93). 4 Berchet (1903, 129s.); DBI (voce curata da Luca Pes); Gullino (1996a, 398). 5 Cf. Biblioteca civica di Belluno, Ms. 702.181, 1v: «Ringrazierei Dio se potessi di tutti i nomi che mi dà questo benedetto Sanudo dare una forma che si trovi nelle carte moderne! […] Ma se sapeste che noja! E che terribile prova provata della mia asinità!».
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4 L’ed. Fulin et al. (1879–1903)
raniera o aranicia o uraniera o uranicia che è scritto così maledettamente che non si può rilevare?».6 In diverse, brevi lettere l’editore richiede a colui che considerava il massimo esperto in materia, lo storico Francesco Pellegrini, consulenze su questioni di toponimia del Cadore e delle regioni circostanti (702.186, 1r: «Credo bene che alcuni nomi tirolesi, friulani o cadorini, saranno a voi familiari […] Quel che non trovate voi, non troverò certo io») ma anche una revisione generica delle bozze (702.182; 702.183; 702.185; 702.187; 702.189). Si trovano riferimenti a diversi altri consulenti degni della massima fede: il «marchese di Soragna» (702.184, 1r), un anonimo corrispondente francese (ibid.), «Thomas di Monaco» (702.187, 1v: il Georg Martin Thomas menzionato nel §3.5). Seguiva l’invio delle bozze, di frequente preceduto da preghiera di un rapido riscontro. Dal tono delle lettere si ricava che simili carteggi erano fitti e che le osservazioni sollecitate erano molto spesso decisive. Se però il corrispondente non si fosse ritenuto in grado di poter aiutare, con molto buon senso il Fulin poteva reagire francamente affermando «ditemelo: ci appongo un punto interrogativo e la fo finita » (702.186, 2r). Dai documenti privati emerge anche, però, un’insospettata serie di frustrazioni e contrasti. Già in un’epistola a Carlo Cipolla, risalente alle prime fasi dell’opera (19 luglio 1878), Fulin arriva a «dispiace[rsi] di aver messo mano in questo intruglio» e in un’altra datata 9 febbraio 1880 trasmette all’amico Francesco Pellegrini un bilancio non sereno: «Ho parlato di Sanuto e dell’edizione [in un discorso all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti]. D’ella parte ho lodato, non tutto. Rigettai con buona grazia sul tipografo gli errori di stampa, quantunque avrei potuto rigettarne una parte sull’amico. Ho fatto qualche altra osservazione; ma la più marchiana mi pare quella che lo Stefani aggiunge in nota: che Sebastiano Cabot fece il primo giro del mondo.7 Che vi pare? Deve necessariamente sballarne una di così grossa! […] So che gli avete fatto qualche osservazione su alcuni errori sfuggitigli: è il caso di ripetere: homo sum. Ma siamo su una china pericolosa: vedrete in Berchet moltiplicarsi gli svarioni; Barozzi minaccia peggio: i due B. vorrebbero procurarsi la gloria di aver partecipato alla fatica, senza far poi alcuna fatica. Io temo che l’opera, ossia l’edizione se va avanti di questo passo, si screditi. Se avete occasione di scrivere a Stefani, fategli paura anche voi. Egli non ne ha bisogno, perché devo dire la verità: se lo Stefani non fece quanto avrebbe potuto, usò peraltro una grande diligenza, ebbe se non altro una grande premura, perché il suo volume riuscisse valido e corretto. Ma gli altri!» (Biblioteca civica di Belluno, 702.179, 2r–v).
6 Ms. 702.180, 1r. Le parole in corsivo sono sottolineate nell’originale. 7 Il riferimento è alla col. 807 del primo volume. La nota in calce, firmata da F. Stefani, si riferisce peraltro, come il testo sanudiano, a Giovanni Caboto e non al figlio Sebastiano.
4.1 Genesi
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Non è il solo esplicito attestato di disistima che il Fulin dedica a Berchet e Barozzi già nei primi anni dei lavori. Il 23 agosto 1882 scrive al Pellegrini (702.182, 1v) «non sono molti di ch’io mi fidi: voi, lo Stefani e il marchese Soragna». Il 19 marzo 1884, riscontrata in Berchet e Barozzi una insufficiente solerzia nel mettere in pratica una sua non meglio precisata proposta operativa, confida al corrispondente che «tutto sarebbe accomodato quando si potessero eliminare i due B.».8 Nello stesso anno, tra l’altro, lamenta di essere ormai ostacolato nel lavoro da gravi disturbi alla vista.9 Malgrado tutto ciò l’impresa non si interruppe mai né mutò di metodologia, almeno a giudicare dai risultati. Lo storico e archivista Federico Stefani (1828– 1897)10 curò i volumi 1, 5 e 9 prima di sostituire il Fulin nella revisione della trascrizione e nella redazione degli indici, compito assunto a sua volta dopo la sua scomparsa dal Berchet.11 Con questi e con il Barozzi divise le cure editoriali dei voll. 13–51. Nicolò Barozzi (1826–1906) e Guglielmo Berchet (1833–1913),12 entrambi patrioti e laureati in legge presso l’Università di Padova, condividevano anche l’entusiastico interesse per gli studi storici e in particolare per la ricchissima documentazione che giaceva ancora inedita negli archivi veneziani. Al primo si deve anche l’effimera (1866–1867) Raccolta veneta di storia, di archeologia, di numismatica, modello del futuro Archivio veneto; al secondo pionieristici studi sugli antichi portolani. Entrambi gestirono i lavori di edizione dalla postazione
8 Nel maggio seguente, in una delle lettere a Francesco Pellegrini menzionate sopra, Fulin si lasciava sfuggire un commento sarcastico anche sul collega Federico Stefani: «Lo Stefani comanda? Manco male. Egli è il Dominus Dominantium, e bisogna lasciarlo fare per non attaccar briga ogni giorno». Un anno dopo (19 marzo 1885) è lo stesso Stefani a testimoniare l’incrinarsi dei rapporti di lunga data che lo legavano a Fulin, anche se attribuisce diplomaticamente la discordia a «non so quali equivoci o quali maligne e sciocche insinuazioni» (Contò 1994, 107 nota 1). Almeno a giudicare dai pochi documenti considerati finora, tuttavia, non ci sono elementi per ritenere che la stima reciproca fra i due editori sia mai venuta meno, né, ciò che qui più interessa, che vi siano state rilevanti diversità nel giudizio sulle strategie editoriali. 9 Biblioteca civica di Belluno, ms. 702.186, 1v: «[…] ho avuto malato l’occhio sinistro; ora mi minaccia il destro. Il medico mi proibisce di leggere specialmente la sera; soprattutto mi vieta l’uso delle carte geografiche». 10 Sulla figura dello studioso, combattente volontario in gioventù e in seguito alacre e valido archivista nonché membro di spicco, tra l’altro, della Deputazione Veneta di Storia Patria, erede di Fulin alla direzione del «Nuovo archivio veneto» e direttore dell’Archivio di Stato di Venezia, cf. Berchet (1903, 131); Brognoligo (1923, 31–32); Contò (1994, 97–99 e fonti bibliografiche alle note 1 e 2); Gullino (1996b, 435s.). 11 Berchet (1903, 126 nota 468). Alla sua memoria è dedicato il volume 47 (1897). 12 Cf. le relative voci del DBI, curate rispettivamente da Franco Gaeta e Giulio Monteleone; inoltre su Berchet Gullino 1996b, 372s.
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4 L’ed. Fulin et al. (1879–1903)
del Museo Correr, adiacente alla Marciana (Berengo 1994, 93). Alla scomparsa di Fulin, il primo aveva curato i voll. 4, 8 e 12; il secondo i voll. 2, 6 e 10. Il loro duraturo sodalizio aveva già prodotto, tra il 1856 e il 1878, l’edizione, presso Pietro Naratovich, delle Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli Ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo in undici volumi. Dal cinquantaduesimo al cinquantottesimo volume, i superstiti editori Berchet e Barozzi si avvalsero della collaborazione di un meno noto Marco Allegri,13 «dedicatosi più specialmente alla compilazione degli Indici» (Berchet 1903, 129). Il tipografo Marco Visentini, i suoi eredi Marco e Federico dal 1891 e infine il solo Federico dal 1901 diedero un contributo non secondario all’impresa, che presentava molte incognite anche dal punto di vista economico. La loro Tipografia del Commercio collaborava da tempo con i maggiori esponenti dell’antichistica e della filologia veneziane (Berchet 1903, 129): in qualità di curatore dell’Archivio veneto il capostipite collaborò con il direttore Fulin dal 1871 e a partire dal 1891 mise in stampa il Nuovo archivio veneto diretto da Federico Stefani. L’accordo sui termini dell’edizione dei Diarii fu certamente facilitato dalla lunga collaborazione del tipografo con la Deputazione e dalla sua familiarità con gli editori.
4.2 Criteri La Prefazione di Berchet, indispensabile fonte di informazioni su Sanudo e sui Diarii, liquida in poche pagine la descrizione dell’edizione appena conclusa e la dichiarazione dei criteri seguìti (Berchet 1903, 124–127). Le linee guida generali sono però molto chiare nel descrivere un impianto programmaticamente conservativo (ibid., 124s.): «La R. Deputazione, e col consiglio, come si è detto, dei migliori storici allora viventi in Italia e fuori, respinse ogni idea di omissioni: nulla essere superfluo in un Diario steso con tanto acume storico e con naturale economia; essere quasi un delitto la traduzione del testo che ne avrebbe falsata l’impronta originale, doversi in certo qual modo fotografarlo,14 bensì per la necessaria chiarezza doversi mettere a luogo le punteggiature, regolare le lettere maiuscole e unire o dividere le parole che per la fretta dello scrivere non si trovano a posto. Con questo semplice sistema si poté rendere leggibile il testo senza alterarlo menomamente. Parimenti rispetto ai testi latini, si corressero gli errori derivati dalla fretta della trascrizione.
13 Probabilmente il medesimo che curò un’edizione di Andrea da Mosto, Il primo viaggio intorno al globo di Antonio Pigafetta e le sue regole sull’arte del navigare, per Andrea da Mosto. Girolamo Benzoni e la sua «Historia del mondo nuovo» (Roma, Forzani e C., 1894). 14 L’analogia ricorre in Cantù (1888, 67): «si stette alla deliberazione di riprodurre l’autografo tal quale, sin coi suoi sbagli, a modo di una fotografia, eccettuando solo la punteggiatura».
4.2 Criteri
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Quanto poi ai nomi errati o insufficientemente indicati si decise di porvi rimedio negli Indici per non alterare la verità del testo, e nello stesso tempo per la verità storica, avendo cura di identificarli e di precisarli coi loro titoli od uffici».
Ugualmente inqeuivoche erano state, nel 1877, le parole di Fulin e Stefani nell’annunciare l’edizione in una nota sull’«Archivio veneto» (Fulin/Stefani 1877,444): «[…] speravamo di riuscire a renderla [scil. la pubblicazione dei Diarii] in qualche modo più facile o men difficile. Se non che, dopo maturi studi, la Deputazione medesima si è persuasa, che i Diarî di Marino Sanudo o non possono publicarsi o si devono publicar come uscirono dalla penna dell’immortale cronista».
Quest’ultima testimonianza allude dunque a un confronto di posizioni precedente l’assunzione della fedeltà alla lettera del manoscritto quale criterio fondamentale dell’edizione. Non pare che tali scrupoli siano stati del tutto fugati dopo il 1877:15 i sottoscrittori insistevano, comprensibilmente, sulla necessità di omogeneizzare almeno i nomi propri, che avrebbero dovuto essere immediatamente riconoscibili perché l’opera fosse davvero fruibile. A tale necessità gli editori preferirono ovviare con gli indici, collocati alla fine di ogni tomo, nei quali i nomi di persona e di luogo venivano scrupolosamente (ma non senza numerose inesattezze) registrati in una versione normalizzata.16 Ancora nel 1888, quando già 18 volumi erano accessibili al pubblico, l’anziano storico e letterato lombardo Cesare Cantù (1804–1895) pubblicò un articolo nel quale, pur celebrando l’utilità dell’edizione Fulin et al., diede voce alle riserve circolanti sulla scelta di mantenersi fedeli a un testo così poco intelligibile, salvo riconoscere in una cursoria nota conclusiva la validità del metodo adottato dagli editori (Cantù 1888, 67). Con l’occasione si fornisce anche un saggio della primitiva proposta applicando i relativi criteri alla p. 262 del IV volume (ibid.). Sebbene lo studioso dichiari l’intenzione di «il testo incivilire con pochissimi cangiamenti», gli interventi sono molto invasivi quantitativamente e allo stesso tempo sorprendentemente superficiali. Il critico rimuove tutti i tratti grafici e fonomorfologici dell’antico veneziano (paexe > paese; superstizion > superstizione; sui > suoi; rimanisse > rimanesse) oltre a quelli desueti (ogniuno > ognuno; voleano > volevano) o latineggianti (populi > popoli; sublevato > sollevato; gli inserti latini vengono tradotti: demum > finalmente; immo >
15 È interessante che ancora oggi lo stesso autore di un circostanziato e utilissimo studio moderno, qui più volte citato, su stile e struttura dei Diarii censuri alcune ineccepibili scelte filologiche degli editori, come la rinuncia ad appiattire le varianti grafiche (Fedi 1994, 216) o a correggere un bossà pure evidentemente erroneo (e perciò segnalato dagli editori con un sic) in bassà (ibid., 218). 16 Cantù (1888, 68); Berchet (1903, 127s.).
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4 L’ed. Fulin et al. (1879–1903)
anzi). Lessico e sintassi sono però risparmiati, pur se distanti dalle condizioni dall’italiano dell’Ottocento, sicché i supposti vantaggi in fatto di comprensibilità sono assai poco apprezzabili. Si mantengono quindi, ad esempio, un’accezione antiquata come precipizio ‘pericolo’ (correva pericolo di metter questa Germania in gran precipizio < scoreva pericolo de meter questa Germania in gran precipitio)17 e un costrutto ellittico come superstizione simile a quel profeta che si è sollevato in Persia. Su queste basi l’edizione si sarebbe presentata al pubblico in una lingua ibrida, che avrebbe mascherato la forma originaria sotto una sottile patina italiana (non troppo diversamente da come avrebbe operato, decenni dopo, il GDLI; v. §7.1.2). Scrupoli così autorevoli mostrano quanto eccentrica apparisse ai suoi primi critici l’ed. Fulin et al. L’interesse storiografico era stato, almeno fino ad allora, preponderante nell’edizione di cronache e documenti antichi: il proporre alla comunità degli studiosi un’edizione quasi diplomatica di un testo senza evidenti pregi letterari poteva legittimamente apparire un azzardo, tanto più per un’operazione così ambiziosa. Non è improbabile che il drammatico calo nel numero di sottoscrizioni dopo i primi anni di pubblicazione si debba anche allo scoramento dei cultori delle antichità venete e italiane di fronte a un testo tanto ostico. Le esigenze della moderna filologia editoriale erano state insomma in apparenza vincenti. Tuttavia non si potrebbe affermare che neppure ad esse il testo dell’ed. Fulin et al. corrisponda in toto. Le annotazioni raccolte nel seguente paragrafo evidenziano le lacune nella messa in atto dei lodevoli propositi dell’edizione.
4.3 Problemi Il punto di partenza è inevitabilmente l’elenco degli interventi sul testo dichiarati in Berchet (1903, 125s.): «[…] è più cauto consiglio che le modificazioni suddette siano limitate: a) a sostituire con lettere maiuscole le minuscole ogniqualvolta s’incontrino nel testo nomi propri di persone o di luoghi, e viceversa togliere le majuscole ove devono stare le minuscole;
17 L’ultima attestazione sembra risalire al 1819 (Conciliatore, BIZ: «Concluderò coll’esortarvi a correre animosamente e senza timore di precipizio quella via ch’io, non poeta ma critico, non posso che mostrare a chi come voi è poeta, non critico»). Per un parallelo più preciso bisogna però risalire al XVI secolo e alla Storia d’Italia di Francesco Guicciardini (ed. Seidel, BIZ: «né merita che per questo ci mettiamo in tanto precipizio»).
4.3 Problemi
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b), a staccare l’articolo o la preposizione ogni qual volta si trovino congiunti alle parole p. es. lultima per l’ultima; inapruzo per in Apruzo, ecc., aggiungendovi quando il caso lo richieda l’apostrofe; c), a levare la h ogni qualvolta si trovi inutilmente introdotta in mezzo a parole p. es. in chome, perhò e simili, conservandola tuttavia nel verbo havere, in hora e dove peculiarmente dinota l’uso generale del tempo; d), a levare la doppia r adoperata dal Sanuto nel passato nel verbo essere, a fine di evitare equivoci; f), a sostituire il v al u dove il senso della parola lo richiede, mettere la n dove è rappresentata con una semplice linea di sovrapposizione e sciogliere tutte le abbreviazioni. g), a correggere le parole evidentemente storpiate per solo errore di penna, mantenendo però le diverse dizioni usate per la stessa parola. h), a rettificare la punteggiatura, con gran parsimonia e prudenza, affinché, rimanendo intatto il senso, si renda più chiaro. […] Egualmente, dove nel latino, per la fretta della trascrizione, l’Autore fosse corso in errori, questi saranno corretti.»
Come è naturale per un’edizione di tali dimensioni e a questa altezza cronologica, e in contraddizione con quanto orgogliosamente asserito dallo stesso Berchet (ibid., 127: «Così sempre e inalterabilmente si fece»), la ciclopica impresa non manca di incoerenze editoriali anche vistose. Alcuni errori palesi dell’ed. Fulin et al. sono stati già messi in luce negli ultimi decenni, legittimando il sospetto che essi costituiscano altrettanti segnali di allarme per i fruitori interessati al tema dell’affidabilità del testo a stampa. Così per alcune false divisioni di parola: l’ol fece chiamar anziché lo’l fece chiamar (Tomasin 1999, 124).18 Altre confusioni in sé banali, come quella tra le ‹s› lunghe e le ‹f› del manoscritto, sono favorite dalla loro occorrenza in unità lessicali rare o nell’onomastica, come nel caso dell’antroponimo «Campsom Femi» anziché «Semi» (1,638; cf. Schweickard 2015, 232 e n. 6). Un elenco di tali sviste relativo ai voll. 1–16 si trova in Fedi (1994, 221–237).19 La seconda nota che accompagna l’inizio di ogni pagina manoscritta riportata ai
18 Gli esempi si possono naturalmente moltiplicare: cf. ad esempio diti i nimici in luogo del latinismo diti inimici (13,28). 19 La lista comprende anche lezioni errate o problematiche del manoscritto, che l’autore non ha potuto consultare, e forse qualche variante legittima (ibid., 234: «Vol. 12 […] 212 bonbarde [forma corretta] bombarde», ma cf. bonbarde a 1,323 e 10,133, nonché bonbardar a 4,22, bonbardele a 12,192, ecc.). Inoltre, come è inevitabile e come l’autore dichiara a p. 221, l’inventario non ha pretese di completezza: si possono aggiungere, ad es., preparati si (1,400, per preparatisi) e il carattere tondo di conati (1,416). Nella presente edizione a campione si concentra l’attenzione sul comportamento cosciente degli editori; di conseguenza, come si ripete nella nota 13 al §5.1, si rinuncia a enumerare gli errori spiegabili come semplici refusi tipografici classici (false divisioni di parola, sostituzioni ‹u› ~ ‹n›, ‹s› ~ ‹z›, ecc.), segnalando solo eccezionali casi dubbi (ad es. a 197v 31, B 360v 22, F 224r 2).
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§§5.2–5.6 raccoglie anche errori editoriali di vario genere: v. ad esempio quelli alle righe 188v 35; B 360v 22; C 45r 20; D 371r 7–8; E 236r 35; F 225r 41. Preme sottolineare, d’altra parte, come non sia possibile in generale attribuire agli editori e ai loro anonimi collaboratori competenze paleografiche carenti, data la perizia da essi dimostrata nella decifrazione di un documento che, specialmente negli ultimi volumi, è di lettura e interpretazione decisamente non facili.20 Inoltre, come può mostrare anche un confronto sommario tra il contenuto della prima e della seconda nota introduttiva di pagina nei campioni presentati nel §5, non sono gli errori veri e propri il principale motivo di sospetto nei confronti del testo a stampa. Le maggiori perplessità si devono piuttosto a una serie di interventi ricorrenti, certamente deliberati ancorché asistematici o addirittura contraddittori, non esplicitati nella Prefazione né altrove. Non tutte le modifiche alla grafia e alla lingua dei Diarii, quindi, corrispondono ai criteri editoriali dichiarati; di molte si fatica a riconoscere la logica nelle intenzioni degli editori. Si mette in rilievo fin da ora, tuttavia, come esse siano con pochissime eccezioni ristrette agli ambiti della grafia e della fonomorfologia: non si rileva nei campioni alcuna significativa alterazione intenzionale del contenuto né della sintassi, mentre casi di sostituzione lessicale risultano praticamente assenti. La pecca più evidente è però, forse, il mancato rispetto delle poche norme di intervento indicate molto succintamente nella Prefazione.21 Si trovano nell’ed. Fulin et al. centinaia di chome e perhò, con le ‹h› che la prefazione definisce «inutilmente introdott[e]» (Berchet 1903, 125).22 L’edizione rinuncia programmaticamente a informare sulle particolarità del manoscritto, con eccezioni non sistematiche e complessivamente rare concentrate nei primi tomi. Non si dà conto puntuale delle lacune meccaniche né di quelle autoriali; entrambe sono segnalate in genere, se necessario, mediante puntini di sospensione sporadicamente estesi su più righe consecutive.23
20 È impressionante il contrasto tra il ductus del più antico e quello del più recente fra i campioni, posato e arioso il primo quanto il secondo è irregolare e impervio alla lettura. Per questa ragione, nella nostra trascrizione, ci si è mantenuti particolarmente cauti nel proporre scioglimenti alternativi: in generale, nei casi in cui l’interpretazione del manoscritto non è parsa esente da dubbi, si è preferito adottare la lettura dell’ed. Fulin et al. 21 Si ricorda qui che la Prefazione, pur essendo stata pubblicata in calce ai Diarii, si rifà in questo caso agli esordi dell’edizione, registrati negli Atti della Veneta Deputazione di Storia Patria (Berchet 1903, 125–27). 22 Come già osservato da Fedi (1996, 215 n. 262). Si noti per inciso l’arbitrarietà della postilla che vuole conservare a testo la ‹h› non diacritica dove essa «dinota l’uso generale del tempo» (Berchet 1903, 125). 23 Sono assai frequenti, nei volumi manoscritti, spazi, righe e intere pagine lasciati in bianco: mentre le ultime restano riconoscibili grazie alla sistematica indicazione in margine del numero
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I criteri editoriali contrassegnati dalle lettere a), b) e h) (v. il paragrafo precedente) programmano la normalizzazione della veste paragrafematica del manoscritto mediante la sistematizzazione delle maiuscole e della punteggiatura e la divisione delle parole all’uso moderno. Si adotta anche la resa moderna dell’alternanza ‹u› ~ ‹v› (punto f). Anche se ciò non trova esplicitamente menzione in Berchet (1903), oltre agli apostrofi si inseriscono a testo anche gli accenti secondo le norme tipografiche ottocentesche. Tutti questi interventi rientrano nella normale prassi filologico-editoriale moderna delle edizioni interpretative. Più difficili da accettare oggi sono i modi dello scioglimento delle abbreviazioni (punto f): i luoghi abbreviati nel manoscritto non vengono segnalati né si persegue alcuna coerenza nelle modalità di integrazione.24 L’aspirazione a «rettificare la punteggiatura» (Berchet 1903, 126), che in realtà è nel manoscritto quasi insussistente, è indispensabile per un’edizione che ambisca a una sufficiente leggibilità. La veste interpuntiva moderna origina però incoerenze di diverso genere e gravità nel testo finale. Un elenco parziale delle scelte contraddittorie sotto questo aspetto è in Fedi (1994, 219s.). Alcuni interventi implicano un’interpretazione della struttura del periodo arbitraria: «Disse di Pisa; di la condition di quella terra e di la marema e coline» (1,407). Le osservazioni che seguono si fondano sulle trascrizioni dei campioni raccolti ai §§5.2–5.6. Alcuni usi grafici del manoscritto risultano sistematicamente neutralizzati dagli editori, ancora una volta senza che la prefazione – postfazione (Berchet 1903) registri dichiarazioni esplicite in tal senso. Due dei nessi meno tollerati dai curatori sono i gruppi consonantici ‹rss› e ‹lss›, non infrequenti nel primo campione del manoscritto e corretti con regolarità dall’editore (Stefani) nel primo volume: 190r 19 versso > 1,394 verso; 191v 41 volsse > 1,397 volse; 198r 22 Orssini > 1,410 Orsini. Già più avanti nello stesso volume 1 si leggono però partirssi (650) e acordarsse (665). In molti dei tomi seguenti la scrizione ‹rss› ricorre abbastanza spesso: pur non essendo possibile escludere che si tratti in molti casi di arcaismi artificiali, è più verosimile che siano originali e semplicemente sfuggiti agli editori. Il nesso rimane intatto nella quasi totalità delle sue occorrenze in B e in C (con una isolata eccezione per somersse C 51v 15 > somerse 12,105). Gli editori degli ultimi due volumi considerati tornano, invece, a eliminare il nesso: E 237r 9 socorssa > 37,394 soccorsa; F 238r 23 verssi > 58,742 versi.
di pagina del ms., le altre vengono di norma ignorate, come emerge dal confronto con i campioni qui presentati. Le eccezioni si presentano senza una ratio riconoscibile (si segnalano, ad esempio, le righe lasciate in bianco a 2,732, 842, 869, 1249; 15,524 e 527). 24 Cf. Stussi ([1994] 2007, 143). Sui primi passi in questo senso compiuti dalla critica del testo francese e da quella italiana cf. Moderna (2008, in particolare 26–56).
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Un altro tratto tenacemente eliminato dagli editori è la ‹m› finale di parola, assimilazione parziale in fonosintassi (188v 32 im Provenza > 1,391 in Provenza; F 222r 4 im pagar > 58,684 in pagar) ovvero passaggio settentrionale -n > -m (v. §6.3.3.13; 194v 36 Milam > 1,403 Milan; B 133v 32 Urbim > 4,282 Urbin; C 47v 34 Rufim > 12,98 Rufin; F 222v 3 Dolfim > 58,686 Dolfin; F 224r 23 Bragadim > 58, 691 Bragadin). Se si prendono in considerazione a titolo esemplare i sintagmi ricorrenti del linguaggio politico im Pregadi e im parte,25 si riscontra nuovamente normalizzazione in tutte le occorrenze dei campioni (rispettivamente 21 e 12) con l’unica eccezione di im Pregadi nel terzo (C 44r 48 = 12,92). In base a un sommario esame dei volumi a stampa, i due sintagmi con assimilazione sembrano rintracciabili esclusivamente nei volumi 3, 4, 6, 7, 8, 10, 11 e 12. Non sarà accidentale che la consuetudine conservativa si interrompa in coincidenza pressoché esatta con la scomparsa di Rinaldo Fulin, che aveva rivisto i primi dieci tomi e aveva curato in particolare il terzo, il settimo e l’undicesimo (v. §4.1). È generalmente rispettato il criterio della soppressione della ‹h› superflua nel digramma ‹ch› davanti a vocale non anteriore. Sono mantenuti però inalterati con particolare frequenza, a giudicare dagli estratti, i lessemi rari o esotici (Bichach 58,689, sanzacho 59,696, frachato e machai 58,727). Voci ad alta ricorrenza come bocha, Turcho, zercha vengono modernizzate con regolarità. Neppure in questo caso, tuttavia, si può parlare di un comportamento sistematico: si incontrano infatti anche locho 58,688 e bocha 58,740. Una cura speciale sembra anche spesa nell’eliminazione delle consonanti doppie ipercorrette tipiche delle scriptae settentrionali del Rinascimento (cf. §6.3.3.1): nel solo campione A si contano 189v 41 vallore > 1,393 valore; 192v 7 Allì > 1,397 Alì; 197v 5 sonno > 1,408 sono; F 226r 48 vella > 58,697 vela; F 234r 11 fo pellà > 58,726 fo pelà (ma 1,396 i qualli, 1,418 valluta). Va da sé perciò che anche l’«emendazione» della doppia r ipercorretta va ben oltre il singolo caso enunciato al punto d della Prefazione (erra imperfetto ipercorretto del verbo essere > era): 193v 31 5 horre > 1,400 5 hore; 192r 7 ahorra > 1,397 a hora; 196r 25 serra > 1,406 sera; 198r 34 Sorra > 1,401 Sora). Anche questo punto, del resto, viene sistematicamente ignorato nei volumi 54 (erra rotta 208, errano in Corsicha 259, erra in ordine 268, erra stato col Pontefice 284, e passim) e 55 (erra venuto 36, erra in Modena 69, errano solo do procuratori 96, e passim).26
25 Quest’ultimo è spesso riportato in forma di sintagma parzialmente o integralmente latino (specialmente ut (patet) in parte): nel presente computo vengono considerate anche queste forme. 26 Parallelamente, la variante ipercorretta horra si affaccia un paio di volte nel secondo volume (pp. 217 e 674) per restare consueta nei primi volumi (o almeno in 3, 4, 6, 7, 8, 11 e 12) e riapparire poi solo nel cinquantesimoquinto (pp. 10, 66, 68 e passim).
4.3 Problemi
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È piuttosto ampia e non troppo sorprendente (e perciò si rinvia a questo proposito agli apparati sotto §§5.2–5.6) la casistica delle voci ad alta ricorrenza modificate con una certa regolarità in senso modernizzante (188v 12 como e 202v 36 chome > 1,391 come; 189r 44 satisfare > 1,392 satisfarà; forse 224r 18 contradise > 58,691 contradixe). Meno banale è la tendenza degli editori a inserire arbitrariamente, in misura non solo sporadica, varianti non autentiche desuete o marginali,27 di carattere grafico (192v 35 Turco > 1,398 Turcho; 202r 20 duca > 1,416 ducha, modifica quest’ultima operata in tutte le sedi) o fonomorfologico (188v 27 le genti > 1,391 le gente; 191r 38 le sue > 1,396 le soe; F 236r 19 partito > 58,733 partido). Da una tendenza iperarcaizzante (motivata forse anche da ragioni di coerenza interna all’edizione) dipende in particolare il ripetuto inserimento, da parte dei curatori, di h iniziali latineggianti o anetimologiche: oltre ai casi già menzionati, si notano 202v 17 avia > havia (isolato nel campione A); B 134r 15 e 46 ungarici, ungari > hungarici, hungari (unici esempi per i primi tre estratti). Particolarmente numerosi sono i casi del genere nel campione F: 223r 12 aver > 58,689 haver; F 223r 16 ho auto > 58,689 ho hauto; F 226r 18 eri > 58,696 heri (almeno nell’ultimo esempio avrà agito anche una motivazione disambiguante) e passim. Ancora a proposito del campione F, le varianti con geminazione tutto / tutti / tutta / tutte, quasi esclusive, vengono regolarmente scempiate nell’ed. Fulin et al. (222r 28 > 58,685; 222r 35 > 58,686; 222v 30 > 58,687 e passim); l’eccezionale tuti (224v 2) viene invece, imprevedibilmente, modificato in senso inverso. Un esempio parallelo di tale tendenza antimodernizzante è il trattamento della preposizione articolata alla che compare negli ultimi due estratti e che viene quasi regolarmente (23 volte su 27) modificata nella desueta forma analitica a la: 189r 31 > 1,392, E 237r 37 > 37,395 e 238r 5 e 31 > 37,396 e 397, F 222r 26 > 58,684, 223r 34 > 58,690, 224r 12 > 58,690 e in altre 16 occorrenze). In simili evenienze è possibile che abbiano pesato la proporzione tra la frequenza delle varianti alternative, decisamente favorevole a quella analitica, e l’uso prevalente nelle prime decine di volumi, preferito alla lettera del testo forse per inerzia oppure per mantenere omogeneo l’aspetto del testo a stampa. Tra le discrepanze meno giustificabili con il manoscritto, anche perché in flagrante contraddizione con i lodevoli criteri programmatici espressi in Berchet (1903, 125), vi sono quelle che riguardano elementi onimici e deonimici. Esse risultano piuttosto frequenti né sempre motivate da esigenze modernizzanti. Sono
27 Una controtendenza iperarcaizzante potrebbe aver agito, in molti casi, in modo non intenzionale per via della lunga consuetudine con il manoscritto e la sua imprevedibile veste linguistica. Una buona dimostrazione di ciò forniscono alcune analoghe, rare sviste dei correttori dell’edizione digitale per il progetto LiberLiber (), basato sull’ed. Fulin et al.: 1,392 la ditta majestà > la dita majestà.
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registrati infedelmente, nei soli primo e ultimo campione, i toponimi 188v 42 Gaetta > 1,391 Gaeta; 190r 17 Caietta > 1,394 Cajeta; 190r 30 Monte Argenteo > 1,394 Monte Argentaro, 191r 21 Genoa > 1,395 Zenoa; 191v 44 Lyndò > 1,397 Lindò; 193r 12 Natalia > 1,399 Natolia;28 194r 32 Milam > 1,401 Milan; 195v 51 Bergogna > 1,405 Borgogna; 197r 8 Carniola > 1,407 Corniola; 197r 15 Histria > 1,408 Istria; 199v 44 Conturbari > 1,414 Conturberì; 199v 47 Iorche > 1,414 Yorche; 202v 14 Civita di Castele > 1,417 Civita di Castelo, ricorrente; 202v 21 Ingalterra > 1,418 Ingelterra; 222v 33 Cypro > 58,687 Cipro; 223r 28 Zanthe > 58,689 Zante, 238r 10 Numes > 58,741 Nimes. Non distante è il dato relativo agli antroponimi: 190v 12 el Cardinal Borgies > el cardinal Borgias (se non si tratta di refuso); 197v 6 Pronsench > 1,408 Pronsenis; 198r 17 Urssini > 1,410 Orsini; 199v 47 Artu > 1,414 Artur; 222v 40 Mathio Vituri > 58,688 Matio Vituri; 235r 8 Sabastian Malipiero > 58,728 Sebastian Malipiero. Tra i derivati, 193r 36 rhodiani > 1,399 rodiani; 194r 26 brexanna > 1,401 brexana; 237r 20 lutherano > 58,737 luterano.29 Tali licenze sono tanto più inaspettate in quanto agli indici dei luoghi e delle persone che chiudevano i singoli volumi a stampa si dedicava un notevole dispendio di energie (come si è accennato al §4.1): le attenzioni dedicate all’onomastica, come anche la sistematica indicizzazione di una forma trasparente dei nomi, avrebbero dovuto suggerire agli editori una maggiore fedeltà alla lettera del manoscritto. I numerali, che nel manoscritto compaiono spesso nel sistema romano o in cifre arabe (più di rado sono scritti per esteso), vengono trattati con notevole libertà. Per limitarsi nuovamente al primo e all’ultimo estratto, si possono citare i seguenti esempi: 188v 9 dece dì > 1,391 10 dì; 190r 15 X zorni > 1,394 10 zorni; F 222v 42 Cai di XL > 58,688 Cai di 40 (il processo inverso, che arcaizza il nome dell’antica magistratura, ricorre a F 224r 1 > 58,690, 224v 34 > 58,694, 235v 24 > 58,731); 195v 2 questi V casteli > 1,404 questi cinque castelli; 226v 6 4 > 58,698 quatro (sic). Gli editori normalizzano anche una forma in lettere non priva di interesse, ricorrente nel primo campione, come miliona (192v 19, 24–25 e 25; 193r 14 e 15). Anche lo 0, abbreviazione per nulla, viene così reso (191v 44; E 236r 16 e 17; F 237v 25; 236r 37). Presenta aspetti problematici anche il trattamento degli inserti latini, categoria che comprende sia gli elementi formulari attivamente aggiunti dal Sanudo che quelli pedissequamente ripresi dalle sue fonti, come pure alcune riprese testuali anche molto lunghe da documenti latini (nel solo campione A, gli interi 199r– 200v; in B, 132v e 364r; in F, 235r 24–36). Gli editori emendano i non pochi errori 28 Da retrodatare in DI 1,82. 29 Un altro macroscopico caso è già stato rilevato altrove: «dom pietro bovilla» (Cod. Marciano, cl. VII, n. 254, 103r, cit. in Rauchenberger 1999, 62) > «don Pietro Bovadilla» (ed. Fulin et al., 26,195).
4.3 Problemi
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nel latino dell’autografo, manomettendo però in questo modo alcune grafie normali nel latino umanistico (200r 41 quicunque > 1,415 quicumque; B 132v 19 consotiis > 4,281 consociis) e incorrendo talvolta in qualche ulteriore svista (200v 1 coeterna maiestas > 1,415 aeterna maiestas). In questo modo si perdono alcune significative caratteristiche grafiche e fonetiche, come l’incoerenza nella grafia del dittongo latino ae, che nel manoscritto prevede di volta in volta e cedigliata e semplice (tue cęs[aree] maiestatis 199r 9; alique difficultates B 132v 6–7), e l’estensione al latino di alcune alternanze fonomorfologiche ricorrenti nelle parti in volgare (miserime 199r 18; im brevi B 132v 8; comisit F 234r 28). In almeno un caso, in sezioni di testo in volgare, un sintagma parzialmente latino inserito viene italianizzato (189r 34 in casu che > 1,392 in caso che30); altrove vengono normalizzati nessi latinizzanti (189r 43 damno > 1,392 danno; E 232r 41–42 expectava > 37,385 expetava). Come si è verificato per le altre tipologie di intervento finora tratteggiate, il testo a stampa conosce però anche modifiche in senso inverso: 189v 39 sopraditte > 1,393 supraditte. Anche le modifiche più giustificabili o legittime presentano delle incognite. Gli errori riscontrati nel manoscritto vengono corretti, come del resto preavvisato al punto g, senza alcuna segnalazione (196v 32: Villa fracha > 1,407: Villafrancha; B 263r 6: solu(m)mente > 4,811: solamente; E 235r 37: rocho > 37,391: choro; F 222r 28 aver pagato la tansa e tansa e ½ tansa > 58,685 aver pagato la tansa et meza). Si rilevano molte altre tipologie d’intervento subdole, più ancora delle incostanze nella messa in atto dei criteri sistematici, in quanto irregolari e non facilmente spiegabili, se non con direttive elastiche e non del tutto coerenti nel lavoro dei copisti e con le preferenze idiosincratiche dei quattro editori responsabili. Si può ravvisare una prevedibile tendenza ad avvicinare il testo all’italiano moderno (188v 19 Franzia > 1,391 Franza; 189v 10 issire > 1,393 ussire; 204r 17 fazi > 1,421 faci) talvolta fino all’identità (188v 20 franciosi > 1,391 francesi; 222v 36 e 37 Colfo > 58,688 Golfo). Si incontrano poi casi nei quali la ratio dell’intervento rimane poco chiara (ad esempio una serie piuttosto nutrita di troncamenti abusivi, solo in parte spiegabile con un proposito venetizzante: 189r 29 andare > 1,392 andar; E 237r 21–22 havevano e 29 descritione > 37,395 havevan e descrition; F 233r 17 galera imperiale > 58,725 galera imperial) o nei quali questo andrà imputato a una vera e propria svista o a un refuso (189r 47 la compagnia de monsignor senescalcho de Belcaire > 1,393 la compagna de monsignor senescalcho de Belcaire; 194r 12 per mexi tre > 1,401 mexi tre; donne a 1,398, per doane;
30 Poco oltre (1,393), curiosamente, la stessa locuzione congiuntiva compare ripetutamente nella forma latina autentica non contrassegnata però nel corsivo usuale per gli inserti latini nell’ed. Fulin et al.
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pasandarie ibid., per palandarie; cavalii 1,408, probabilmente per cavalli, mentre nel ms. si ha cavali; Fornono 1,419, per Fornovo; iudusiasse 58,685, per indusiasse; zuo 58,728, per suo).31 Si può chiamare in causa, ma solo in seconda istanza, la progressiva perdita di leggibilità nei campioni del manoscritto considerati nel §5. Quale che sia la loro genesi, questi errori possono in casi isolati pregiudicare la sintassi (come a 1,411: ce parse, sì a noi come anche a lo magnifico nostro gobernatore et castelano invocare la illustrissima et serenissima Signoria del glorioso San Marco, attese [ma a 198v 20 si legge attesi] le mortali laude et meriti, governo et consiglio de quella) e la coerenza di interi passaggi (188v 35 quale son de metallo e di ferro > 1,391 quale fo de metallo e di ferro; 189v 20 che possano securamente con le nave loro andare & dimorare im portu et marine de questo regno > 1,393 che possano securamente, con le nave loro, andare et dimorare in portu et maxime de questo regno; 198v 16 dovesamo > 1,411 dove forno; F 235r 52–53 Dapoi parlò sier Hironimo Querini, è sora le Biave, stato a la Zecha, dicendo: «Volè tegni el zornal, e il masser li danari et li ori e arzenti; come si pol far queste cose?» > 58,730 «Volè tegnir el zornal […]»; F 237r 4s. lo abochamento dil Pontifice col Re Christianissimo sequirà, siché ’l Pontefice non vol vi sia alcun per nome di questa Maiestà > 58,738 et che ’l Pontefice non vol vi sia alcun per nome di questa Maiestà) oltre ad impedire, come già si è accennato, il corretto riconoscimento di tratti linguistici rilevanti (191r 4 fesse > 1,395 fusse; 193r 6 li so bassi > 1,399 li so bassà; F 237r 11 in queste parte > 58,738 in queste parti). L’esame del manoscritto ha rivelato un isolato caso di saut du même au même, nel quarto campione, tra le righe 7 e 8 di 371r. Di norma tuttavia sono le lesioni alla coesione testuale del manoscritto, non sporadiche (v. §§6.6.5–6.6.6), a essere correttamente emendate: 233r 29–31 venendo noi tuttavia acostandosi giuntamente per andarli adosso, il vento non concesse mai a nostre nave che potesseno andar a l’orza et afrontarla > 58,725 […] et afrontarli. Come si è accennato a inizio di paragrafo, il lessico resta di norma inalterato. L’eccezione più evidente tocca le parole grammaticali: è ricorrente il cambio della preposizione di/de indicante provenienza con da (192v 2, 193r 11, 196r 43 e passim). I curatori sembrano altrimenti, e in casi molto rari, ricorrere a sostituzioni lessicali vere e proprie unicamente quando non hanno la possibilità di italianizzare o modernizzare una voce locale oppure obsoleta mediante semplici interventi su grafia, fonetica o morfologia: è il caso di azonse 196r 48 > arivoe 1,406. 31 Complessivamente, l’edizione Fulin et al. sembra presentare un numero piuttosto alto di errori tipografici, complice probabilmente la velocità di esecuzione dell’impresa (cf. anche la già citata rassegna di errata in Fedi 1994, 221–237 e l’ammissione in questo senso di Rinaldo Fulin riportata qui a p. 60).
4.4 Conclusioni
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4.4 Conclusioni L’edizione integrale a stampa dei Diarii di Marin Sando, che la Regia Deputazione Veneta di Storia Patria aveva affidato nel 1879 a quattro dei più illustri storici veneti dell’epoca, proseguì senza ripensamenti né battute d’arresto fino al 1903, consegnando finalmente la monumentale opera di Sanudo a un’ampia platea di lettori e alla posterità. Pur mancando, in sostanza, di commenti puntuali al testo e di ausilii alla lettura, i 58 volumi si distinguono per i rispettivi indici onomastici curati personalmente dagli editori, che risultano preziosi e nel complesso affidabili. Nel dichiarato proposito di «fotografare» il manoscritto, rinunciando così a una traduzione del testo che pure lo avrebbe reso più appetibile al largo pubblico, l’ed. Fulin et al. testimonia la difesa (teorica) di saldi princìpi di filologia editoriale, notevole soprattutto per gli standard ottocenteschi. Per alcuni aspetti l’opera si rivela addirittura più conservativa di quanto dichiarato: si consideri ad esempio il buon senso con cui si applica la regola g della Prefazione, che potenzialmente apriva la porta a interventi arbitrari («correggere le parole evidentemente storpiate per solo errore di penna, mantenendo però le diverse dizioni usate per la stessa parola»). La capacità dimostrata dai curatori nella corretta messa in pratica di questi intenti presuppone un’approfondita conoscenza, in loro e ancor più negli anonimi copisti, della variantistica della prosa italiana settentrionale nel tardo Rinascimento.32 L’edizione offre amplissime garanzie di attendibilità per le necessità dei non specialisti (purché in grado di decodificare molti periodi assai complessi e difettosi) e degli studiosi di ogni disciplina storica;33 anche i lessicologi che ignorino la variantistica formale possono fare a meno di un confronto puntuale con il manoscritto. Uno dei pochi livelli, se non l’unico, a cui l’ed. Fulin et al. non è in sé sufficiente è quello dell’analisi linguistica ad ampio raggio. Le discrepanze con la lettera dell’autografo a livello grafico e fonomorfologico sono troppe e troppo imprevedibili: più dei veri e propri errori di trascrizione e interpretazione, inevita-
32 Così, ad esempio, gli editori sciolgono l’abbreviazione sovrastante la p di pvenire (F 234r 18) in pervenire, attestato in Machiavelli e Ariosto (cf. BibIt), anziché banalizzare la forma in prevenire, pure attestato dal XIV secolo (DELI) ma apparentemente non tra XV e XVI secolo. Cf. Varanini 2014, 131: già nell’Itinerario «la p con titolo soprascritto indica talvolta senza alcun dubbio ‹per› anziché come di regola ‹pre›». 33 Assai poco significative si rivelano le eccezioni in questo senso: ad esempio, per studi storicopolitici di dettaglio potrebbero porre qualche imbarazzo alcuni errori di lettura nei dati numerici del campione F, soprattutto riferiti ai risultati delle votazioni: 222r 14 150 / 0 / 1 > 58,684 150 / 0 / 11; 222v 16 135, 14, 15 > 58,686 135, 4, 5; 224r 3 111, 20, 12 > 58,690 111, 220, 12; 235r 23 23 Iunii 1530 > 58,729 23 Junii 1531.
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bili in un’opera di tali dimensioni, pesa la continua oscillazione tra modernizzazioni e italianizzazioni, da un lato, e arcaismi e localismi, dall’altro. In base alla sommaria rassegna proposta al paragrafo precedente, sembra possibile identificare una cesura all’altezza dell’undicesimo o del dodicesimo volume. I tomi dei Diarii dati alle stampe in seguito, e non più rivisti dallo scomparso Rinaldo Fulin, mostrano generalmente un maggior grado di libertà formale, che aumenta ancora nella fase successiva al trentesimosettimo tomo ed è plateale nell’ultimo, che risulta segnato da una tendenza ipervenezianeggiante e iperarcaizzante particolarmente decisa. Leggermente meno conservativi sembrano i volumi curati dal solo Federico Stefani (certamente il primo, forse anche il quinto e il nono), al quale sembra che Fulin concedesse una maggiore autonomia operativa. I tomi cinquantesimoquarto e cinquantesimoquinto superano invece, curiosamente, persino i criteri editoriali ufficiali nel mantenere inalterati alcuni tratti grafici del manoscritto. Tali valutazioni di massima non consentono però, in definitiva, di tracciare confini troppo netti. All’interno di ciascun volume, ad esempio, gli interventi sembrano rarefarsi in corrispondenza di passaggi dalla scrittura particolarmente piana e leggibile nel manoscritto, come l’exemplum che occupa le pagine 373r–376r del campione D; all’inverso, gli editori sembrano ricorrere alla normalizzazione del testo in corrispondenza di passaggi particolarmente ermetici.
5 Sei estratti dal manoscritto autografo 5.1 Scelta dei campioni e criteri di edizione I campioni di testo, tratti da volumi separati nel tempo da intervalli variabili tra i sei e gli otto anni, sono stati scelti in modo da essere quanto più possibile rappresentativi della varietà di temi e di registri dei Diarii.1 Si è deciso di isolare estratti quantitativamente più estesi dal primo e dall’ultimo volume del manoscritto nonché dal tredicesimo (campione C), cronologicamente intermedio. All’interno di essi sono stati isolati complessivamente 23 brani le cui caratteristiche testuali nel manoscritto (segnatamente, la presenza di una frase introduttiva con la dizione copia o sumario) lasciavano sospettare una ripresa fedele dalle fonti da parte del cronista e perciò una veste linguistica per qualche aspetto diversa da quella del corpo centrale dell’opera. A questa bipartizione si fa cenno nel corso dell’analisi; i risultati sono descritti sotto §8.1. Il primo campione (188v–204v [1,391,1–424,31 dell’ed. Fulin et al.]) è un estratto continuo redatto tra novembre e dicembre 1496. Comprende, tra l’altro, le condizioni della resa degli occupanti francesi di Gaeta (188v 1–190r 13; nel seguito CapFed), l’inizio di una relazione dall’Impero ottomano (192v 1–193r 49, nel seguito RelSag), tre brani in latino (un’orazione pubblica, una lettera e un resoconto assembleare: 199r 1–199v 38; 200r 1–200v 51), una missiva dell’Università di Taranto (198v 1–48, nel seguito LettTar). La relazione dell’ambasciatore Francesco Foscari compendiata a 196r 4–197v 7 è già stata pubblicata sulla base dell’ed. Fulin et al., con modifiche e in una veste linguistica ulteriormente italianizzata, in ASI 7, vol. 1, 945–948. La lettera nella quale l’Università di Taranto proclama la sua fedeltà a Venezia nella persona del provveditore a Brindisi Priamo Contarini è riportata, con interessanti differenze, nei Diari del Dolfin modernamente attribuiti a Domenico Malipiero (ASI 7, vol. 1, 475s.; cf. §3.1). Il testo B si compone di due lunghi passaggi del quinto volume manoscritto (il quarto a stampa) redatti rispettivamente nel giugno e nel luglio 1502 e nel marzo 1503, vale a dire a distanza rispettivamente di cinque anni e mezzo e di sei e mezzo dal primo campione. Come si è già accennato in nota alla tabella nel §3.2, la prima metà è per la maggior parte un resoconto di seconda mano, dal momento
1 I confronti dei campioni con l’ed. Fulin et al. sono stati eseguiti sui volumi nell’edizione originale liberamente consultabili in rete. Occasionalmente si è fatto ricorso alla ristampa fotomeccanica Forni (1969–1979) e alla trascrizione interrogabile dell’edizione ottocentesca approntata per alcuni dei primi volumi dal gruppo di lavoro «Sanuto elettronico» menzionato nella n. 1 a p. 58. Naturalmente le ultime due risorse sono state confrontate, nei casi dubbi, con l’antecedente ed. Fulin et al.
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che Sanudo si trovava allora a Verona; già Sambin (1944–1945) identificò la sua fonte principale nei Diarii di Pietro Dolfin, tuttora inediti nella sezione che qui interessa. La prima metà include una breve lettera in latino dell’imperatore Massimiliano I (132v) e il sommario di una delle relazioni ungheresi dell’ambasciatore Sebastiano Giustinian (134v 12–135r 33: nel seguito LetHong). Segue una lettera dalla Moldavia dell’emissario veneziano Matteo Muriano, imperniata sulle confidenze carpite all’ambasciatore ottomano (LetMold, 360v–361v 12). Chiudono il campione la trascrizione di un decreto che regola il finanziamento del nuovo Ospedal de Messer Gesù Cristo (ParteIC, 363r–363v 20) e una breve lettera latina indirizzata al doge da papa Alessando VI (364r). La porzione dei Diarii da cui è tratto il campione C fu redatta nei giorni successivi al potente terremoto con maremoto che il 26 marzo 1511 devastò Veneto, Friuli e Slovenia, fino ai primi giorni di aprile. Nel testo qui edito si susseguono ripetuti (ma sempre più radi) riferimenti al cataclisma, alle successive scosse di assestamento e alle reazioni delle autorità e della popolazione.2 Sull’onda dell’evento, Sanudo si affrettò, con ogni evidenza, a ricercare nella sua enorme biblioteca informazioni utili sui precedenti storici: alle righe 1–29 e 30–46 della pagina 39r (LibAnt) trovano posto due estratti da un «libro anticho» (evidentemente una cronaca non meglio identificata) che narrano succintamente le conseguenze dei potenti sismi avvertiti a Venezia nel 1287 e nel 1348 (rispettivamente 1286 e 1347 more veneto). Tre gruppi di lettere provenienti da Ravenna trattano invece di politica estera: il veneziano Girolamo Lippomano riferisce dei movimenti di Giulio II in Romagna (42r–v; 45r; 46r–v: LetLip), prima di rientrare a Venezia (51v 20–21). È invece Pellegrino Venier a inviare dispacci dalla Sicilia in previsione dell’arrivo di Ferdinando il Cattolico nel Regno di Napoli (49r e 49v: LetSic). Gli ultimi tre documenti riportati nel campione possono collegarsi a diverso titolo al trauma collettivo del recente cataclisma: una lettera con la notizia di un’apparizione miracolosa (53r–v: LetBoldù), una crida che limita la libertà di movimento degli ebrei protestando di tutelarne l’incolumità (55r: ParZud) e infine un rapporto di guerra dal Polesine (56r: SumIust), che si conclude con il sospetto che tra le truppe «tutti atendi a l’anima per questi teramoti venuti». Il campione D risale al settembre 1517, in un periodo di relativa pace per la Repubblica appena uscita dalla lunga Guerra della Lega di Cambrai. La pagina 370v è occupata da due resoconti dell’ambasciatore in Francia (SumRoan); l’estratto si compone in massima parte di questioni di politica interna: si mettono qui in rilievo una lunga arringa pronunciata dal cronista contro le pregerie
2 Una raccolta dei brani di questo volume dei Diarii dedicati al terremoto e ai suoi contraccolpi materiali e civili si può leggere anche in Margaroli (1997, 176–185).
5.1 Scelta dei campioni e criteri di edizione
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(371r 18–372v 4: SanPreg)3 e la parte con cui, lo stesso giorno, viene istituita la nuova magistratura dei censori con l’incarico di vegliare proprio su tali malversazioni (373r–376r: ParCens).4 Quest’ultimo testo è redatto su fogli di tipo diverso e con particolare cura: la sua evidente importanza nell’ottica dell’autore risiederà, almeno in parte, nella continuità con l’intervento pubblico registrato poco sopra. Fra il dicembre 1524 e il gennaio 1525 si situa il campione E, particolarmente vario tematicamente ancorché corredato di due sole copie di documenti. La più estesa occupa le pagine 232r–233v (ScrittImp) e consiste di una missiva, veemente e a tratti intimidatoria, avanzata personalmente alla Repubblica a nome dell’imperatore Carlo V dall’ambasciatore imperiale Alonso Sanchez e dall’emissario del viceré di Napoli Marino Caracciolo. Gli illustri ospiti del Collegio perorano il mantenimento della promessa veneziana di fornire supporti militari nella lotta per il ducato di Milano (la decisiva battaglia di Pavia avrà luogo a febbraio).5 La seconda sezione identificata provvisoriamente come un inserto nel corpo centrale del testo è il sumario di un resoconto del podestà di Brescia nel contesto della guerra franco-imperiale attorno alla Lombardia (SumSur; 237r 17–237v 13). Il campione F risale invece alle ultime settimane di redazione dei Diarii (settembre 1533). Contiene anch’esso un campionario di notizie assai eterogenee per contenuto e provenienza, tra le quali una parte relativa alla composizione del Collegio alle Biave (225r: ParBiave), una relazione dall’Impero ottomano (226r 37–226v 13: LetConst), la trascrizione di due lettere di un «capitano di galea imperiale» di stanza a Corone (233r: LetCoron) e, di seguito (234r: LetMoro), una supplica di un veneziano prigioniero dei pirati. Si riporta anche una breve deliberazione in latino del tribunale delle due Quarantie (235r 24–36). Chiudono la sezione la richiesta di dilazione di un debito da parte di Ludovico II Sforza (237r 35–59: LetDuca) e un succinto resoconto di viaggio nella Francia meridiona-
3 L’intervento si inserisce in una serie particolarmente fitta di registrazioni scritte delle perorazioni ufficiali del cronista in questo breve volgere di anni: cf. Berchet (1903, in particolare 81–85) e Margaroli (1997, §§75, 79, 84, 85 e soprattutto 87, dove si riporta l’orazione qui considerata). Questi dati non andranno confusi con quelli relativi all’effettiva attività oratoria di Sanudo: notizie più cursorie trovano spazio fino agli ultimi mesi della redazione dei Diarii (v. F 222r 38– 41). 4 L’ultima pagina riporta una proposta di legge contraria, che avrebbe attribuito tali poteri agli Avogadori di Comun. L’intero processo legislativo era già stato sinteticamente descritto poche pagine prima nello stesso volume dei Diarii (coll. 637 e 653s. dell’ed. Fulin et al.). 5 La missione si risolverà in un inevitabile fallimento, dato il timore allora prevalente nella Repubblica di un’egemonia asburgica in Italia (DBI s.v. Caracciolo, Marino Ascanio; voce a cura di Gaspare De Caro).
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le (238r 25–42: LetAvign), contenente la più antica menzione nota di un sonetto e di una quartina pseudo-petrarcheschi.6 La nuova edizione segue criteri ampiamente conservativi, allo scopo di arricchire l’esame della lingua con eventuali elementi destinati a rimanere fuori dalla portata degli utenti dell’edizione Fulin et al. Come si è cercato di dimostrare nel paragrafo precedente, questo testo è viziato infatti da non poche infedeltà nei confronti della veste grafica e microlinguistica del manoscritto.7 Tutte le abbreviazioni e sigle sono segnalate e sciolte in corsivo, ad eccezione di «etc.», «0» ‘nulla’ e «+» ‘croce’. Nella loro interpretazione si è seguito il criterio statistico sulla base testuale costituita dal complesso del rispettivo campione (e
6 Il falso è comunemente associato alla figura del poeta petrarchista francese Maurice Scève (1501–1564). Già poco dopo il rinvenimento Pietro Bembo si era espresso con veemenza contro l’autenticità del testo lirico (Giudici 1980, 12; Carrai 2007, 456). Il cronista non pare invece dimostrare la medesima sensibilità filologica e non esprime dubbi sulla paternità. Molti decenni prima il giovanissimo Sanudo, nel solco della grande riscoperta dei classici nel primo Umanesimo, aveva creduto di portare alla luce una lettera petrarchesca fino allora ignota (§2.2.3) e a tale supposto ritrovamento fece orgogliosamente riferimento ancora ad anni di distanza (Berchet 1903, 25). Il nome di Petrarca segna simbolicamente, si potrebbe affermare romanzescamente, l’inizio e la fine del percorso letterario di Sanudo. Si nota in questa sede per inciso che gli studi critici e filologici su questo apocrifo cinquecentesco (Giudici 1965, 62–77; Giudici 1980; Carrai 2007) hanno finora ignorato la redazione del testo trasmessa da Sanudo, la più antica allo stato attuale delle nostre conoscenze. È pur vero che, a conferma del principio recentiores non deteriores, la redazione trasmessa nei Diari non ha in sé, ai fini della ricostruzione critica del testo, più valore di redazioni posteriori che si proclamano però esemplate direttamente sull’originale: consultarono l’archetipo un Ludovico Baccadelli nel 1539 (Carrai 2007, 455), Abraham Gölnitz nel 1631, Domenico Laffi nel 1673 e l’abate de Sade nel 1764 (Giudici 1980, 15–20). Gli elementi extratestuali della testimonianza sanudiana sono forse di maggior interesse: il collegamento con l’umanista francese Maurice Scève è documentato solo una dozzina di anni dopo il ritrovamento e viene ignorato sia da Sanudo che da Bembo, il quale lo attribuisce a un Nicolaus ille Perusinus (1533, in Giudici 1980, 12), che da Gabriel Symeoni, il quale tratta del supposto sepolcro di Laura nel 1547 (ibid., 13). Terminus ante quem è il 25 aprile 1533, data dell’epistola di Pietro Bembo, che precede di qualche mese la testimonianza trascritta da Sanudo. La notizia della scoperta si diffuse in ogni caso a partire dal seguito di Francesco I in visita ad Avignone, del quale faceva parte anche l’emissario di Venezia in Francia Marino Giustinian (1491?–1542; cf. DBI, voce a cura di Roberto Zago), autore della lettera esemplata da Sanudo in questo passo dei Diarii. L’ambasciatore non dà dettagli sulla scoperta né sugli scopritori, ma descrive sommariamente il sepolcro, «novamente» ritrovato ed evidentemente da lui visitato negli stessi giorni nei quali vi entrò il re, infine identificato «chiaramente» proprio grazie alla pergamena di cui trasmette una copia, non necessariamente esemplandola direttamente su di essa. L’epistola risale a pochi giorni dopo la visita e converge con altre fonti di prima mano nell’escludere un ruolo diretto dello Scève nella vicenda. 7 I criteri illustrati brevemente di seguito non si applicano, naturalmente, alle citazioni tratte dall’ed. Fulin et al. o dalle altre edizioni sanudiane, inserite soprattutto nelle Note lessicali (§7).
5.1 Scelta dei campioni e criteri di edizione
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non sul testo dell’ed. Fulin et al.). Così ad esempio l’antroponimo Zua(m) presenta sempre titulus sulla a, tranne che a 193v 50 (Zuam da Venecia), 194v 14 (Zuam Morexini, la cui m finale potrebbe però essere dovuta ad assimilazione in fonosintassi), 194v 19 (Zuam Jac(om)o di Traulzi) e 205r 23 (Zuam da Ortona): le abbreviazioni sono state sciolte di conseguenza, contro la ricorrente banalizzazione Zuan dell’ed. Fulin et al. La stessa decisione è stata presa per Milam, che è l’unica variante apocopata del toponimo a comparire in tutte lettere (altrove si ha a sormontata da titulus: 191v 47; 194r 32; 194v 25, 36, 50, 195r 1; 195v 30; 202r 11; 202v 15; 203v 46). Il carattere corsivo era riservato nell’edizione ottocentesca alle didascalie introduttive e agli inserti in latino; questi nella presente trascrizione non vengono invece contrassegnati in alcun modo, nel rispetto della natura grafica e linguistica del manoscritto nel quale volgare e latino formano un continuum non facile né troppo utile da scomporre. Come d’uso, pur mantenendo quanto più possibile inalterata la veste grafica originaria, si normalizzano il valore di ‹u› e ‹v› e le divisioni di parola (con l’eccezione dei toponimi).8 Anche le iniziali di parola sono riportate all’uso moderno, mantenendo la maiuscola per i nomi delle magistrature e delle assembee veneziane e per gli appellativi che identificano un personaggio contemporaneo.9 Si mantiene la grafia discreta delle preposizioni articolate con li, lo e la. Lo scioglimento dei nessi grafici di tipo chel, sel è questione editoriale cui la filologia italiana ha dato soluzioni non univoche ma generalmente basate sulla natura grammaticale del secondo elemento: si è optato qui per la via più semplice, vale a dire la resa ch’el e s’el se il secondo elemento è pronome, che ’l, se ’l se è articolo.10 Si distinguono i seguenti elementi originariamente omografi: a ‘a’ ~ à ‘ha’ ~ a’ ‘ai’; àn(n)o ‘hanno’ ~ an(n)o ‘anno’; de’ ‘dei’ ~ de ‘di’; e ~ è; ò ‘ho’ ~ o; sé ~ se ~ sè ’è’; ste ‘queste’ ~ ste’ ‘stette’ ~ sté ‘state’; suo ~ suo’; zò ‘ciò’ ~ zo ‘giù’. Che non viene invece distinto dal ché
8 Quest’ultima tipologia di innovazione si rende comunque necessaria solo di rado: le parole sono per lo più segmentate come nell’ortografia moderna. Una costante eccezione riguarda gli elementi proclitici (aggettivi apocopati, articoli determinativi, preposizioni semplici e articolate, congiunzioni), regolarmente univerbati nel manoscritto alla seguente parola tonica. Un trattino orizzontale segnala nel manoscritto la stretta unità tra articolo o preposizione e sostantivo separati da una fine di rigo (così a 193v 4 e 5, 195r 10 e 11, B 131v 1 e 2, F 233r 8 e 9, F 236r 55 e 56 e passim). 9 Cf. Caracciolo Aricò (1999, XXXIV ); Caracciolo Aricò (2011b, 1). 10 Per una panoramica aggiornata sugli orientamenti della filologia italiana a proposito della resa di questi nessi cf. Moderna (2009, 60 e nota 45 e 144–147). Molte autorevoli opinioni presentate dalla studiosa, in primis quella di Pio Rajna, sostengono l’opportunità di mantenere il nesso univerbato. Particolarmente dettagliata l’argomentazione di Bertoletti (2005, 221–224). Il criterio qui applicato ai Diarii è quello esplicitato anche in Barbieri/Andreose (1999, 53) sulla scorta di Mengaldo (1962, 469).
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causale.11 Nella distribuzione di accenti e apostrofi ci si è orientati sulle scelte operate da Caracciolo Aricò nelle edizioni del De origine e delle Vite dei Dogi (assa’, ca’ ‘casa’, pre’ ‘titolo di prete’, nì ‘né’), con poche eccezioni (ad es. Re di Romani anziché Re d’i Romani, v. §6.5.2). Si mantengono inalterate le e cedigliate che tengono luogo di dittonghi latini (scil. ae) ma si rinuncia a conservare la distinzione tra i e j, che si fonderebbe altrimenti su una valutazione piuttosto arbitraria della lunghezza dell’asta di molte i/j del manoscritto. Si mantiene la scrizione ‹ij› nel solo contesto in cui è sembrata regolare, vale a dire nei plurali dei maschili in -io. In diverse edizioni di testi coevi si uniforma regolarmente in et la congiunzione e, indicata nel manoscritto di volta in volta con ‹e› (nella forma iniziale di parola, simile ad un epsilon greco), con ‹&› e solo raramente con ‹et›. Nella presente trascrizione si mantiene la distinzione tra la prima forma e le successive due (entrambe rese con et). Nei confronti del «conguaglio grafematico» (§6.2.1) che interessa il vocalismo dei campioni successivi al primo, e in particolare dell’ultimo, ci si comporta seguendo in prima istanza le lezioni dell’ed. Fulin et al. Da esse ci si discosta solo nei casi in cui l’esame del manoscritto sembri imporlo (segnatamente, si opta per la i quando si incontri un puntino chiaramente distinguibile sopra la vocale) oppure in base a un criterio lessicale (si preferisce ad esempio la lezione co(n) danason a un cu(n)denason, variante pure attestata ma assai più rara nella documentazione del veneto antico). Tra parentesi quadre è indicata la pagina dell’autografo; tra parentesi uncinate quella dell’ed. Fulin et al. Gli a capo dell’autografo sono sostituiti da linee verticali, accompagnate dal numero del rigo in grassetto e in apice, prima di ogni quinto. La distinzione tra il corpo principale del testo, esito di una rielaborazione di fonti orali o scritte, e le sezioni presentate dal cronista come vere e proprie copie o sunti di documenti viene evidenziata tipograficamente: queste ultime sezioni sono riportate in carattere più piccolo e segnalate da un rientro. I segni interpuntivi sostituiscono, sostanzialmente ignorandolo, il poverissimo repertorio paragrafematico del manoscritto,12 basandosi invece sulle scelte dell’ed. Fulin et al. ma orientandosi a una maggiore parsimonia e modificandole qualora ciò sembri utile a una migliore resa della sintassi dell’autografo. Si inserisce una riga in bianco dopo un a capo in corrispondenza dell’inizio di una nuova sezione di testo nel manoscritto, dove essa è introdotta da un’iniziale maiuscola leggermen-
11 Eminenti filologi italiani (tra gli ultimi Roberto Antonelli e Giorgio Inglese) hanno messo in luce in tempi recenti l’arbitrarietà di una segnalazione grafica del valore causale della congiunzione subordinante che (cf. Moderna 2009, 157s. e pp. 377s. del presente lavoro). 12 V. §6.2.1.
5.1 Scelta dei campioni e criteri di edizione
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te rientrata a sinistra. Nei rari casi di scrittura su due colonne, il testo della seconda è introdotto dal numero di riga corrispondente seguito dalla lettera b. Ogni nuovo foglio manoscritto è accompagnato da una prima nota che raccoglie le innovazioni apportate dai curatori,13 seguita eventualmente da una seconda sotto la quale vengono raccolte le eventuali inesattezze dell’edizione e, più in generale, gli interventi che esorbitino dal semplice adeguamento della grafia e della fonomorfologia. Per entrambe le categorie, le lezioni dell’ed. Fulin et al. sono riportate in corsivo, precedute dal numero del rigo e seguite dal segno di parentesi quadra chiusa e dalla lezione del manoscritto in tondo, accompagnata in rari casi da un breve commento ancora in corsivo. In ulteriori rinvii a piè di pagina si segnalano le eventuali aggiunte a margine o nell’interlinea e le altre particolarità paleografiche del manoscritto (in caso di aggiunte marginali su più righe, il rinvio viene inserito alla prima). Si inseriscono, ove ritenute utili, sparse postille esegetiche a complemento degli indici dell’ed. Fulin et al., quando questi ultimi paiano insufficienti all’identificazione di località e personaggi; si esplicitano inoltre i vaghi rinvii interni all’opera inseriti dall’autore, per lo più in direzione cataforica e spesso a vuoto,14 e la natura di alcuni orientalismi. Le lezioni imputabili con verosimiglianza15 a lapsus calami sono indicate in note separate oppure emendate nel testo contrassegnando l’intervento con gli usuali segni
13 Per ragioni di praticità espositiva non si dà conto che in casi di particolare interesse dello scempiamento della doppia ‹r› all’indicativo imperfetto (tutte le occorrenze dei campioni sono normalizzate nell’edizione) né della la resa aleatoria di et / e / &. Non compaiono in nota neppure i refusi meccanici palesi (come lo scambio u ~ n), a meno che essi possano essere spiegati anche altrimenti, siano concomitanti con altri interventi o presentino motivi di interesse specifico. Non si menzionano neppure, di norma, le variazioni nel grado di innalzamento delle vocali (chiuse e semichiuse) per via dell’alto grado di incertezza che ne caratterizza nella gran parte dei casi la lettura. 14 È quest’ultimo addirittura il caso più comune nei campioni di testo considerati. Nonostante l’alta ricorrenza della circostanza, nel primo campione i rinvii sono apodittici; solo a partire dal terzo si notano espressioni di cautela. Nell’ultimo, però, si incontrano di nuovo sintetici rinvii a vuoto al futuro semplice: v. a 222r 25 e 30, 224r 29. Restano vani i rimandi interni inseriti a 190r 27 e 47, 190v 13 («come più difusamente legendo intenderete»), 194r 46, 203v 16, 204v 49, C 40v 33s. («La copia di la qual (fortasse) sarà notata qui avanti»), 41r 45 («Il sumario di le qual, potendo averle, scriverò di soto») e forse a B 135v 47. 15 L’operazione con la quale si distinguono gli errori veri e propri dalle varianti legittime all’epoca della redazione non è, evidentemente, libera da rischi nel trattamento di diversi casi limite. Ad esempio la integrata in il oro viagio 189v 18, el a spende 192v 23, il horo campo C 48r 30, il horo officio F 224v 6 non è omessa nel manoscritto per via di un ripetuto lapsus del cronista: costituirà invece una semplice, ulteriore testimonianza della continua oscillazione tra l semplici e doppie e di una occasionale indifferenza verso il confine di parola.
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critici, inseriti anche in corrispondenza degli interventi condivisibili ma non segnalati dell’ed. Fulin et al.: / / /…/ [ ]
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spazio bianco luogo illeggibile16 espunzione integrazione integrazione di lacuna meccanica locus desperatus
5.2 Campione A Marc. It. VII, 228 (= 9215), 188v–204v [ed. Fulin et al. 1,391,1–1,424,31] [188v]1, 2 Qui sequitano li capituli che la Maiestà del signor Re don | Federico de Aragona, per la gratia de Dio Re de Sicilia, | Hyerusalem etc., ha acordato et concesso a li signori | capitanei et gente d’arme franciosi et altri stanti |5 in la cità de Caieta. | Et primo, la dita Maiestà promette et concede ad tutti capita- | nei, gente d’arme franciosi, fanti ad pede et altri, de qual | natione et conditione se sia, al servicio del Re de Francia | che stanno dentro Caieta, per dece dì comenzando dal de |10 ogi ch’è 19 del presente mese de novembrio 1496, che pos- | sano ussire securamente con li beni et robe lhoro tanto | in terra como in mare senza offensione di persona alcuna. |
16 I frequenti spazi in bianco, per lo più in corrispondenza di nomi e cifre, che caratterizzano tutta la produzione di Sanudo sono indicati in questo modo per salvaguardare l’omogeneità con la prassi delle edizioni Caracciolo Aricò (1989), (1999), (2001), (2004), (2011b) delle Vite dei Dogi e del De origine. Per lo stesso motivo si adottano le parentesi quadre per espungere parti di testo indebitamente inserite dall’estensore e quelle uncinate per proporre integrazioni, in contraddizione con la prassi prevalente nell’edizione degli antichi testi italiani. Una codificazione ragionata di essa è stata elaborata e messa in pratica in numerose occasioni da Arrigo Castellani (Castellani 1985, 241; per un riepilogo aggiornato della questione cf. Moderna 2008, 72–74 e 164– 168). 1 1 seguitano] sequitano | 9 10] dece | 12 come] como | 19 Franza] Franzia | 20 francesi] franciosi | 23 come] como | 26 2 altri] doi altri | 27 gente] genti | 32 in Provenza] im Provenza | 36 capitanii] capitanei | 42 Gaeta] Gaetta | 46 50] cinquanta 2 35 quale fo] quale sonerrore causato dal quale fo del rigo precedente | 36 la] le | 48 formar] fornir
5.2 Campione A
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Item, circa quelli de la dita terra de Gaeta, quelli che | volerano restare in ditta terra, la prefata Maiestà è contenta che |15 resteno con li beni lhoro salvi et le persone secure secon- | do li capitoli fatti et composti in taliano quali a la dita Maiestà | sono stati apresentati. | Item, che tutti li capitanei et gente d’arme del Re de | Franzia che stano a la ditta cità de Gaeta con tutte le lhoro |20 gente, tanto franciosi come gaetani et altre natione | qual se voglia, et tuti lhoro marinari con tutti lhoro | beni et con tutto quello che hanno guadagnato tanto | in questo reame de Sicilia como fora ditto Reame possa- | no carichare et mettere in le nave lhoro et galioni |25 20 et al galione chiamato Peron Infante, ad le | nave de sacro et a la Montonier et doi altri picoli ga- | lioni, circha ciaschuno de 100 botte, et che tutte le genti | lhoro et nave supraditte con tutti li beni lhoro per | tutto lo ditto termine possano securamente stare |30 et dimorare al porto de Gaeta senza offensione | nisuna et partirse quando haverano bon tempo et | andarsene im Provenza. | Item, perché tanto in la villa quanto in lo castello resta | l’artellaria infrascritta quale fo del Re de Francia, la quale |35 è in terra e per le nave, quale son de metallo e di ferro, | voleno li ditti capitanei che le possano carichare | et portare con lhoro preditte nave in Francia. La ditta artel- | laria è questa: uno canone perieri de metallo, | doe colombine integre et una rotta et doi falconi |40 de metallo e tutta altra artellaria grande et picola | che son state discarichate de le nave del Re de Francia | et soi vascelli in la ditta terra di Gaetta, tanto di | ferro quanto di metallo, la qual cossa la preffata Maiestà | a li ditti capitanei ha promesso et concesso. |45 Item, promette la ditta Maiestà dare et consignare mari- | nari et gente de mare fino al numero de cinquanta | tali che serano de bisogno et volerano li dicti capi- | tanei et gente d’arme per fornir le nave lhoro | per fare lo viaggio.
[189r]3, 4 Item, che durante ditto termine non sia alcuna praticha | di parlamento senza licentia de le gente che sè dentro | de la ditta terra ad quelli de la preffata Maiestà et che nesuno | de quelli che sè in ditte terre non possano ussire fora |5 de ditta terra senza licentia de la preffata Maiestà. Et così | quelli de la preffata Maiestà non passarano fora de li re- | pari loro né in alcuno modo parlarano né pra- | ticharano con quelli che sono dentro la ditta terra senza | licentia de li capitanei che sono dentro. Et simili- |10 ter nesuno de l’armata de mare de dita Maiestà, né | barche né nave, non se possano acostare a la ditta | terra ad un trato di bombarda et chi contrafarà sia | licito a l’altra parte tirarlli artellaria tanto per | mare come per terra. |15 Item, che la ditta Maiestà promete a li dicti capitanei fran- | ciosi de Gaeta et gente loro, tanto de persona quan- | to de bene lhoro et nave et de tutti quelli an- | darano con lhoro, che se ne possano andare im Provenza | securamente senza offensione de armata o de alcu- |20 ne persone, tanto de gente de guera et subditi, | a la preffata Maiestà di mare et di terra quanto de altri de | tutta la liga et per observatione et securtà de questo | prometterà lo illustrissimo conte de Trivento, capitanio generale | de li excelentissimi signori Re di
3 29 andar] andare | 31 a la] alla | 33 a] ad | 34 in caso che] in casu che | 43 danno] damno | 45 patissero] patessero 4 36 od alcuni] o d’alcuni | 44 satisfarà] satisfare l’infinito potrebbe dipendere da un verbo finito caduto nella trascrizione | 47 compagna] compagnia
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Spagna et la Maiestà sua, in nome |25 et parte tanto sua quanto de tutti altri collegati | per li quali essa Maiestà prometterà proprio et speciali nomine | videlicet et principali nomine. Et la preffata Maiestà promette a li ditti | capitanei et gente d’arme et altri stanti ad Gaeta | de darli uno homo da bene per andare dentro le nave |30 lhoro con epsi et condurli fino ad Marsiglia. | E li ditti capitanei prometeno alla ditta Maiestà che essendo | arivati in Marsiglia farano conducere lo ditto homo | in bona securtà fino ad Genua. | Item, in casu che d’alcuna armata o persona de mare |35 o de terra, per li subditi et gente de guerra o altri de la | preffata Maiestà o d’alcuni de la liga fusse fatta contra | lo proximo capitulo alcuna offensione de bene o de | persone o a le nave loro, o veramente che fossero | presi, la ditta Maiestà promette farli liberare a le sue |40 proprie spese. Et essendo bisogno per liberarle pa- | gare recapiti, la ditta Maiestà pagarà lo recapito loro | de soi proprij denari et mandarali securamente | im Provenza senza alcuno damno de persona o de | beni. Et satisfare del suo proprio tutti danari et |45 interesse di persona et de bene che patessero per | causa de impedimento a lhoro fatto. |
Item, perché la compagnia de monsignor senescalcho de | Belcaire, intro li altri è uno homo d’arme chiamato | Adamel Rostino de Formo, lo qualle è stato al servicio |50 del Re de Francia, promette la ditta Maiestà remeterli | [189v]5, 6 omne rebellion o altro delicto per ipso comesso per tutto | lo tempo passato fino al presente. Che securamente possa | dimorare et stare in Formo et per tutto lo Reame | et che li siano conservati tuti li beni soi mobili et sta- |5 bili et, in casu che la dita Maiestà o li predecessori soi o vera- | mente la Maiestà de la signora Regina ne havesse fatta | donatione, le revocha et annulla. | Item, in casu che in fine de ditto termine non facesse | bon tempo per partirse, che li ditti capitanei et gente |10 lhoro con lhoro nave per lhoro securtate possano issire | et morare apresso l’armata de mare de la preffata Maiestà, | securamente de persona et de bene, fin tanto sera- | no securi de partire ad arbitrio de li marinari de ditta Maiestà. | Item, che durante lo tristo tempo et che non potessero |15 partire, intertanto che starano là la dita Maiestà promette | darli vituaria in abondantia per li danari loro et iusto precio. | Item, che in casu che per venti contrarij et tristo tempo | non potesseno fare diricta via il oro viagio, che pos- | sano securamente con le nave loro andare et |20 dimorare im portu et marine de questo regno et | del paese de tutta la liga, fine ad tanto haverano | bono tempo per sortire fora del porto et andarsene | im Provenza et cossì la preditta Maiestà lo promette et conciede. | Item, promette li ditti capitanei che facendo lhoro |25 dicto viagio, fine intanto che serano gionti im Provenza, | per lo camino lhoro né in mare né in terra non fare | presa né damno nei beni né im persona de li sub- | ditti de dita Maiestà né de tutta la liga. Et per questo | donado per scorta a la ditta Maiestà et piegiaria Monsi- |30 gnor de Obegnì. |
5 13 di] de | 21 fino] fine | 27 danno] damno | 27–28 subditi] subditti | 29 piegieria] piegiaria | 37 datti] dati | 39 supradette] sopraditte | 41 valore] vallore | 47 fusse] fosse di] de 6 7 la] le | 10 ussire] issire | 15 che starano] che starano là | 20 maxime] marine | 27 represa] presa probabile dittografia | 46 del re] de re
5.2 Campione A
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Item, prometteno li dicti capitanei et gente d’arme | che in fine del ditto termine donerano et consignerano | la ditta terra de Gaeta et lo castello a la dicta Maiestà | o ad altro per parte de ditta Maiestà. |35 Item, promette la ditta Maiestà dentro lo ditto termine, | quando li serano consignati la ditta terra et lo ca- | stello, che renderà gli ostagij che li serano datti per li ditti franzosi. | Item, in casu che per alcune de le parte se contrave- | nisse in alcuna de le cosse sopraditte promesse, che per |40 tal causa non se intendino che dicti capitoli siano rotti | et anullati ma restino fermi in lhoro vallore. E chi | contrafarà, sia tenuto satisfare ad arbitrio et declara- | tione de monsignor de Obegnì et del signor Prospero | Colonna restando fermi li dicti capitoli come di sopra. |45 Item, che in casu infra lo ditto termine de X dì per | mare o per terra venisse armata de’ Re de Francia che | fosse potente per combatere et levasse l’armata de ma- | re et per terra de la preffata Maiestà, che li presenti capitoli | et aponctamenti siano cassati et anullati et la ditta terra [190r]7, 8 et lo castello dimoreno dentro le mano de dicti ca- | pitanei et gente de guerra franciosi che sonno den- | tro. Et promette la ditta Maiestà che in dicto casu su- | bito renderà li stagij. |5 Item, che lo ditto capitanio del castello de dicta terra de | Gaeta se contenta de dare lo corpo del fratello | del Gran Turcho et li altri turchi chi sono vivi con | lo dicto corpo et promette la ditta Maiestà in loco de | quelli dare tutti li presonieri franciosi che sonno |10 in le galeę che stanno al servicio de ditta Maiestà. | Et per observatione de le cosse preditte se è sub- | scripta la preffata Maiestà in questi presenti ca- | pitoli et li infrascripti capitanei franciosi… |
Sequita altre nuove |15 Et cussì compito il termine di X zorni esso Re | don Fedrico con li oratori di la liga, tra li qual Polo9 | Capelo cavalier, introe in la terra di Caietta et | have il dominio et la rocha li fo consignata. Et li | francesi montoe suli navilij numero / / et versso Pro- |20 venza navicono et etiam montoe su ditte nave | monsignor de Perssi, assa’ nominato et uno di primi | capetanij francesi: et dicti navilij cargono de ro- | be portando tutto quello che poteno portar et | (chome fo divulgato) fino li calesi di le chiesie porto- |25 no via. Et molte done caietane, havendo preso | amor a’ francesi, con lhoro volseno andar in Franza. |
7 5 di] de | 7 che] chi | 10 galie] galeę | 14 seguita] sequita | 15 10] X | 17 Caieta] Caietta | 21 de’] di | 22 capitanii] capetanij | 24 de] di | 31 anecono] anegono | 33 sommersi] summerssi | 38 di] de | 39 paenitus] penitus 8 30 Argentaro] monte Argenteo 9 A margine: Caieta urbs deditur.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Et acadete, come più difusamente dirò di sotto,10 | che una nave di le ditte, carga de francesi de | quelli che andava im Provenza, partita di Caieta, |30 per fortuna sora monte Argenteo dete in terra et si rom-11 | pete et tutti francesi si anecono et la roba persa. | Et fo divulgato, tamen per verità non scrivo, che, ita | volente Deo, francesi fonno in mar summerssi per le | violentie, stupri et altre spurcicie comesse in ditta |35 terra di Caieta et per la gran crudeltà che usono, | siché cussì come francesi nel principio che veneno | in Italia da ogni banda prosperavano, cussì da | 6 de luio 146512 in qua sempre sonno andati di mal | im pegio, adeo che di Reame sonno penitus exradi- |40 cati. Resta solum Rocha Vielma ne la qual si ri- | trovava Gratiam de Guerra francese, homo assa’ degno | et fratello di Menno di Guerra, capetanio in Ostia.13 | Monsignor di Obignì, iusta li capitoli havendo libertà14 | di poter andar per terra (et lui quello ch’è stà bona |45 causa di far acordarssi Caieta col Re don Fedrico) | se ne vene a Roma et, de lì partito, vene a Fiorenza | et intrò con gran honor a dì X zener, come dirò di | sotto.15 Et da’ fiorentini haver conduta di cavalli fo ditto. [190v]16, 17 El Re don Fedrico, expedito di recuperar Caieta, ter- | minò andar adosso el prefetto fratello dil Cardinal18 | San Piero in Vincula, el qual teniva et possideva el | Duchato di Sora et in Sora, terra fortissima in Reame,19 |5 si ritrovava. Et cussì esso Re con le sue zente vene | a campo a le soe terre et el signor Prospero Colona sem- | pre lo seguitoe. Etiam don Consalvo Fernandes capitanio20 | yspano con bellissima gente vene di Calavria a Na- | poli et a dì 25 introe in la terra con grandissimo honor |10 et andoe a trovar il Re a la ditta impresa. Et
10 L’intento non sarà mantenuto: alle notizie sul naufragio sarà dedicato nel seguito solo uno stringato accenno (202v 1–4). 11 A margine: Mons argenteus. 12 Il riferimento è alla sconfitta angioina ad opera di Giovanni II d’Aragona nella battaglia navale di Ischia (7 luglio 1465). 13 A margine: Mennus de Guerra. 14 A margine: M. S. de Obignì in Galia rediit. 15 Anche sull’ingresso e il soggiorno fiorentini di Robert Stuart, signore d’Aubigny (ca. 1470–ca. 1544), i Diarii non forniranno ulteriori informazioni. 16 4 de] di 17 2 al] el | 12 Borgias] Borgies 18 A margine: Fędericus rex com copiis ad Soram. 19 A margine: Ioannes Roverela Romę pręfectus. 20 A margine: Prosper Columna.
5.2 Campione A
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Paulo | Capelo cavalier, orator nostro, etiam esso Re seguitoe, | ma el Cardinal Borgies, legato apostolico, ritornoe21 | a Roma, come più difusamente legendo intenderete.22 [191r]23, 24 Nuove dil mexe di decembrio 1496. | A dì do ditto vene letere di Milam: come el Re di Franza erra25 | zonto a Lion a dì 10 novembrio con la moglie, et che | atendeva più a le cosse de Italia che fesse mai. Conclu- |5 deva che ’l Ducha havia paura dil suo stato, el qual Ducha | meteva ogni celerità in scuoder le tanse e taie poste | a li populi di le sue terre et usava in questo gran crudeltà | et tutti li populi si lamentava, adeo non potevano | tollerar le graveze. Et pur atendeva acumular oro, |10 né di altro esso Ducha si curava et a quelli non volevano | pagar li metteva fanti in caxa, adeo erano ruinati. | Da Zenoa, di Domenego Malipiero proveditor di l’armada et26 | Zorzi Negro secretario nostro, vene letere: perhò ch’è da saper | che l’armada nostra di galie 7, iubente senatu, ritor- |15 noe a Zenoa per custodia di quella terra e di la Riviera. | Or chome zenoesi erano in spavento, zoè li Adorni | che tunc regnavano, e questo per esser zonta in Marseia | l’armada di Bertagna, et che il Cardinal San Piero in27 | Vincula con messer Baptistin di Campo Fregoso erano |20 deliberati di vegnir, per quanto intendevano, per terra | versso quelli confini acciò Genoa fecesse per questo | mediante la parte Fregosa mutation di stato. Perhò | implorava aiuto al Ducha de Milano di fanti e zente d’arme. | Da Pixa: come non si potevano più far nulla et che fio- |25 rentini erano molto aliegri et ingagliarditi per doy28 | respetti: el primo perché el Re di Romani erra, insalu- | tato hospite, partito et zà erra passato Serzana et | andava a la volta di Parma per parlar al Ducha de Milam | et ritornarsi in Alemagna, come di lui
21 A margine: Cardinalus Borgia Romę rediit. 22 La promessa non viene mantenuta. 23 22] do | 21 Zenoa] Genoa possibile eco del Zenoa delle righe 12 e 15 o del zenoesi della riga 16 | 21 facesse] fecesse | 36 contro] contra | 38 soe] sue 24 4 fusse] fesse | 13 perhò che è a] perhò ch’è da 25 A margine: Rex Francię. 26 A margine: Dominicus Malipiero classis provisor. 27 A margine: Cardinalus sancti Petri ad Vincula. 28 A margine: Florentinos.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
dirò di sotto;29 |30 et l’altra perché haveano avisi da li oratori lhoro in | Franza, videlicet el Vescovo di Volterra et Ioachin Guasconi, | come certissimo el Re di Franza erra per vegnir in30 | Italia et che havia fato conzar la via de’ monti ne | la qual havia speso ducati 60 milia in conzarla. |35 Et dicti fiorentini molto si dolevano de’ venitiani, | i qualli contra l’opinion dil Ducha de Milam volevano | mantenerli in libertà et soli ivi tenivano le zente | perché el Ducha de Milano havia levato tutte le sue. | Or terminono far danari et messeno in questi |40 giorni balzello a trovar ducati 200 milia et elexeno | 20 i qualli in tanti giorni havesseno tanxati li 16 | confalonieri di Fiorenza di quello havesseno a pagar. | Et in questo observano un bel modo, ch’è: chiamato | uno citadino davanti li 20 deputati, quello in sua |45 excusatione dice quello li par, poi tutti hano bolletini | in mano et notano lhoro solli quello li par el debbi | pagar et poi metteno dicti bolletini in uno bos- | solo et li cancelieri deputati vedeno. Et acciò | niuno per odio o per amor possi tansar più dil dover, |50 toglieno via il più et il meno et lasseno star il mezo | et cussì torano dil numero mediocre. Gratia exempli: | 6 bollettini et tutti sumerano et il sexto che sarà [191v]31, 32 quello vien a restar di tanti danari tanxato. Et su- | bito convien al tempo deputato pagare etc. | El Re di Romani in questo mezo se ne vene di Serzana33 | versso Pavia, dove el Ducha in mesticia per la morte |5 di la figliola si stava. Et ivi gionse a dì do dezembrio | et alozò in castello, dove è somptuosissime habitationi. | Et Francesco Foscari, orator nostro, vene di Pixa per- | seguitando esso Re et abuto la licentia de ripatriar, | consultato con la cesarea Maiestà, alcune cosse scrisse |10 a la Signoria: quanto esso Re volleva far, videlicet andar in | Alemagna per esser a certa dieta. Et il Ducha prima | si partì et andò a Milano con la moglie (che erra gra- | vida) et il Re tene la volta di Elemagna facendo | el camino per Como et Val Tollina, che fu la via ch’el |15 vene in Italia. Et partito di Pavia a dì 11,34 andato a Gropelo | (mia 1035 de Milano) volendo tuor licentia esso Fran- | cesco Foscari, orator nostro, di Sua Maiestà lassando con36 | quella Zuam Piero Stella, suo secretario et expertissimo | et molto accepto al Re per esser stato assa’ tempo in
29 V. infra 191v 3ss. 30 A margine: Episcopus Volterre Ioachinus Guasconi. 31 1 taxato] tanxato | 5 2] do | 14 Valtellina] Val Tollina | 21–22 dolendosi] dolendossi | 24 detteli] detelli | 29 asesa] acessa | 30 oltre] oltra | 41 volse] volsse | 44 Lindò] Lyndò | 47 voler] voller 32 44 0] nulla 33 A margine: Rex Romanorum Papię venit. 34 A dì 11 inserito nell’interlinea superiore. 35 10 sembra aggiunta posteriore. 36 A margine: Franciscus Foscari orator venetus militia a rege Romanorum decoratur.
5.2 Campione A
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Ale- |20 magna et etiam secretario di Zacaria Contarini ca- | valier et altre fiate, sollo or la Maiestà dil Re preditto dolen- | dossi di la partita dil Foscari prima laudandolo sum[m]- | mamente lo fece cavalier et donoli braza 15 di pan[n]25 | no d’oro per farsi una vesta, et detelli una lettera | che portasse a la Signoria come la sua legatione erali stata | più che accepta. Et cussì se ne vene dicto ambasa- | dor nostro di Pavia in qua per Po et il Re andò di longo37 | in Elemagna, passato quel monte crudelissimo | chiamato Nombrai ch’è 8 mia di acessa et 8 di desesa.38 |30 Et dove Sua Maiestà andoe, legendo più oltra l’intenderete.39 | Ma venitiani intendendo dicto Re voller tornar | in Alemagna erano in qualche fastidio et maxime | al presente, che pur si motizava la venuta de’ francesi. Et | per volerlo tegnir in Italia fu fato ogni cossa et fre- |35 quente li padri de Pregadi se reducevano et con li | ambasadori di la liga uniti consultavano et tandem40 | fu decreto nel Conseio di Pregadi di scriver, si la Maiestà | sua volleva restar de qui fino al tempo nuovo, | erano nostri contenti di darli fiorini 20 milia pro mense41 |40 et cussì li daria el Ducha de Milano. Ma esso Re non | volsse per niente restar dicendo volleva ritornar | in Alemagna prima et esser a una dieta dove | si doveva ritrovar suo fiol Archiducha di Bergogna42 | et li electori de l’imperio perché a Lyndò 0 havea |45 fatto sin questo zorno. Quello seguite scriverò poi. | Et il Cardinal Santa +, legato dil Papa, stato questo43 | tempo a Milam et inteso il voller di la Signoria, che erra | che esso Re restasse in Italia, li andò driedo di là da | Como et con Sua Maiestà fu a parlamento pregando el dovesse |50 restar, el qual promisse di andar a una dieta e poi tornar. [192r]44 Et è da saper come el prefato Re, hessendo a Pavia, man- | doe a Zenoa con instrutione el comandador de Haro, | orator yspano, et domino Francesco de Montibus, orator nea- | politano, acciò ivi exortasseno zenoesi a far armata. |5 Tamen li mandono et nulla operono et da soa Maiestà versso | Elemagna ritorno37 A margine: Romanorum rex rediit in Alemania. 38 Eco quasi letterale di 1,239, laddove si descrive un altro passaggio dello stesso Massimiliano I per lo stesso valico montano: «Adoncha ditto re Maximiano era zonto lì a Malz, passato il monte chiamato Mombrai, ch’è monte crudelissimo et cativo, el qual è mia 8 di asesa et 8 di desesa, et lì a Malz el re aspetoe el ducha de Milano». 39 Già nel seguito di questa pagina e nella successiva (192r). 40 A margine: Decreta Senatus. 41 mense: e finale di incerta lettura. 42 A margine: Archidux Burgondię. 43 A margine: Cardinalus sancte Crucis legatus apostolicus. 44 7 a hora] ahorra
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no, al qual erano oratori deputati. | Et zercha questo Re di Romani ahorra più non parleremo. [192v]45, 46 Quivi è il sumario di la relatione fata per Alvixe Sagudino, | secretario di la illustrissima Signoria, ritornato de Constantinopoli.|47 Primo, che el Signor turcho erra de etade de anni 56, de color | zalo et più presto livido, amador de paxe, dedito più presto |5 a la golla et altre voluptà che a la guerra. | Che de presente l’à tre bassà videlicet Thaut bassà ch’è albanese, Im- | brai bassà et Allì bassà che sono turchi; et che el superior | tempo Scander bassà, che erra de mazor auctorità de tuti, | questi è stà privato de questo officio et dignità. |10
Ch’el à 7 fioli, el mazor dei qual è de età de anni / /, el menor | de anni 12. El terzo, ch’è di età de anni 21 (sta a le Foie)48 ha mazor parte | a sucieder ne la signoria del padre et da li popoli49 perché li altri stanno | im paexi lontani et questo sta apresso la Porta; el perché | morto Mahumeth questo terzo fiol fu messo a sentar |15 per Signor in Constantinopoli, essendo suo padre fuora dil | paexe et, venuto suo padre, el ge rese el dominio et | la signoria. Item, l’à 8 fiole tutte maridade et horra | à la dona graveda. | Ch’el à de intrada 2 miliona et 400 milia ducati a l’anno |20 a questo modo: de el charazo ducati 900 milia, del terzo del charazo | ducati 300 milia, de tute le sue scalosie ducati 500 milia, del dazio dei | castroni ducati 400 milia, de algune doane ducati 300 milia. La qual | intrada el a spende ogni anno integralmente e fin qui | l’à descavedado del deposito che lassò suo padre, che erra sie |25 miliona ducati: tre miliona (per quanto se divulga). | Che ne la Grecia à 28 capitanij et 34 ne la Natalia (che sono in | tutto 62), che hano soto de sì 32 milia persone che non hano | altro stipendio che le decime dei paexi et sono obligati a servir el | suo Signor de qualunque guerra senza altro pagamento, et |30 queste zente se dimanda / /50. Item, l’à i gianizari, | che sono 8000. Item, li bassà et altri primi: sono fra tuti loro 8000 | cavali che tuti sono obligadi a servir il Signor. Li gianizari | per li suo’ stipendij
45 7 Alì] Allì | 11 di] de | 19 milioni] miliona | 24–25 6 milioni] sie miliona | 25 3 milioni] tre miliona | 26 Natolia] Natalia | 35 Turcho] Turco | 38 15 milia] XV milia | 44 3] tre | 45 2] do 46 2 da] de | 23 elo] el a | 37 che] che i | 37 servono] servano | 40 quanto] quanti | 42 ha] l’à | 43 pasandarie] palandarie 47 La prima parte della relazione (192v 3–17) viene riportata, seguita da una traduzione in inglese, in Ferguson (2007, 207) al fine di «illustrat[e] the complex confluence of Venetian, Tuscan and NLF [Northern Italian written lingua franca] elements in Sanudos prose». 48 sta a le Foie aggiunto nell’interlinea. 49 Forse trascorso di penna per de li popoli. 50 Sono probabilmente i tımarlı, cavalleria irregolare dell’esercito ottomano remunerata con l’usufrutto di un feudo (tımar).
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ordinarij e le altre fameie per le provision | che à li suo’ primi bassà et signori nele qual hè compreso i suo’ stipendij.51 |35 Che sempre che il campo dil Turco se move, lo ’l seguita alcu- | ni che i chiamano coradori che servano senza stipendio ma | solum per aver causa de poder andar in guadagno a la strada | et a robar. Et questi coradori sono da XV milia in suso. | Che per li suo’ stipendij ordinarij sempre che il Signor voglij |40 far zente el ne ha quanti el vole fin a la summa di 100 | milia oltra quelli che ho numerado. | Che tra Galipoli et Constantinopoli al presente l’à 100 galie: | 50 tra fuste et palandarie, 50 tra gripi et brigantini. | Item l’à tre galeaze, tre nave et 2 barzoti et al presente |45 el fa far do barze da 600 in 800 bote per cadauna.
[193r]52, 53 Sequita etiam la relatione: | A dì do ditto hessendo ritornato Alvixe Sagudino, erra54 | stato secretario al Signor turcho, riferite im Pregadi. | De la perssona primo del signor Payseta Re de’ turchi esser |5 dedita a lascivie et havia natura pacificha. Et il simile | haveano li so bassi, li qual al presente sono tre, videlicet: Thaud, | Ebraim et Hali. Item, che esso Signor ha 7 figlioli | maschij, di li qual el terzo in età à grandissima speranza | di succieder nel regno et ha la inclination de tutti. |10 El qual habita a la Foia, una zornata e meza lontan | di Constantinopoli. El primo fiol è al Caraman, el secondo | in Natalia, el quarto in Trabesunda, el quinto a Caffa,55 | el sesto a Nicomedia, il septimo in Gretia. Item, el Signor | ha anni 51. La intrada soa erra ducati tre miliona |15 in erario et al presente ducati do miliona et 500 milia; | le expese è quel medemo. De potentia maritima: | ha et pol far tra galie, fuste, barze e pallandarie in | tutto velle 250. L’exercito terestre: 40 in 50 milia | cavali, li qual son subiti56 per li 60 capitanij ordena- |20 rij che tien. Et ditto numero di cavali pol far senza dar | angaria né altra spexa. Item, ha pocha obedientia | da li gianiceri et si dimostra perché el vene rixa tra li | zenthilomeni di la Porta et dicti gianizari: et hessendo | brusà alcune caxe di ditti nobeli, li bassà li dispia- |25 cete tal cossa lamentandosi al Signor: che provedesse, | che ditti nobeli erano stà da li gianizari robati etc. | et che fino a caxa di uno bassà erra andati e scalato | la caxa (si non havesse fugito lo arebeno morto). Et | dimostrando il Signor voler proveder, acadete che, ritor- |30 nando esso Signor in hora di matutino dil suo seragio, | ditti gianizari li andono contra et domandono certa | gratia, la qual la ebbeno, dubitando il Signor di lhoro. Et | questo feceno studiose per provar si el Signore fusse ina- | nimato contra di lhoro. Item, che ivi si faceva do gran |35 barze et erano quasi compide. Item havia armado certe | fuste,
51 Sintassi e significato sembrano poco perspicui. 52 1 Seguita] Sequita | 2 2] do | 4 dei] de’ | 8 de li qual] di li qual | 13 Natolia] Natalia | 14 3 milioni] tre miliona | 15 2 milioni] tre miliona | 20 cavalli] cavali | 29 el] il | 34 2] do | 36 rhodiani] rodiani 53 6 bassà] bassi | 11 da] di 54 A margine: Relatio ad Senatum Alovisii Sagudino. 55 A margine: Numerus filiorum Magni Turci. 56 Forse errore per subvenuti o substentati.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
capitanio Camallì, contra rhodiani et alcuni corsari. | Item, de li confini da esser posti con antivaresi: havia ote- | nuto, et di la trata impetrata de’ formenti per stera 30 milia. | Item, che Scander bassà, quarto homo, bellicoso et ni-57 |40 micho di la Signoria, et fu quello rumpete le zente nostre in Friul, | lo havia dismesso per esser homo del diavolo et posto a con- | fin con provisione di ducati 5000 a l’anno. Item, al Signor | li erra nato in questi giorni uno fiol, ma non volleva | ch’el se dicesse. Item, è amico molto di questa Signoria |45 ma non vol haver baylo lì per non haver spiom che | avisi de qui quello in quelle parte si fanno.
Item, che | ancora dubita di Giem Sultam suo fradello et voria | el suo corpo volentiera. Item, che le sue galie stava | al discoverto et cussì il resto di la sua armata.
[193v]58, 59 In ditto conseio di Pregadi, a dì 2, fo posto tre galie al | viazo dil trafego con condition dovesseno far do via- | zi et mezo, che l’anno passato le galie non lo fece. Item, | che li danari de l’incanto li patroni li portasseno a le |5 Procuratie et non a l’Arsenal come si feva. Tercio, che | li scrivani fusseno ballotadi per collegio e questo per | remuover le manzarie che li patroni tollevano, | overo danari im prestedo, da quelli vollevano andar scri- | vani di galie. Et fo incantate iusta il solito et electo |10 nel Mazor Conseio capitanio Piero Balbi fo soracomito.60 | A dì 3 ditto, vene letere, di Trani, di 12 novembrio, in Andrea Bra- | gadin et Theodosio Contarini (et poi in la Signoria fo | verifichata ditta nuova): come a Taranto erra se- | guita fra aragonesi, anzuini e marcheschi certa cu-61 |15 stione, adeo ne erano stà amazati numero 27 arago- | nesi et alcuni impichati, tra i qual 4 principali, | zoè uno domino Bartholameo Messatello. Et questo | perché quelli non si contentavano di esser stà levà San62 | Marcho et perché li oratori lhoro tanto stevano a |20 ritornar con la termination di questa terra et ogni | zorno li oratori tarentini andavano per haver | audientia volendo esser expediti dicendo che | non potevano più tarentini aspectar: che viveano | di pesse. Item, che intendevano haveano mandà |25 uno messo a la Vallona per darsi al Turcho. Et la | signoria li deva bone parole et Andrea Zanchani,63 | electo ad andarvi, erra in hordine et li grippi pre- | parati e tutto; et se li doveva dar ducati 12 milia. | Ma a Taranto erra pur a campo el signor don Cesaro64 |30 con zente. Et a dì 4, 5, 7 fo
57 A margine: Scander bassà vir bellicosus. 58 1 3] tre | 5 Tertio] Tercio | 31 hore] horre | 41 de fora] de fuora | 48 conduteri] condutieri | 48–49 contestabili] contestabelli 59 8 imprestedo] im prestedo 60 A margine: Petrus Balbi. 61 A margine: Tarantum. 62 A margine: Novitas Taranti. 63 A margine: Andreas Zanchani. 64 A margine: Don Cęsar de Aragonia.
5.2 Campione A
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Pregadi su queste cosse di Taranto: | steteno fin 5 horre di notte. Fo gram disputatione, | tandem fo terminato di soprastar: et cussì li gripi | preparatisi se levò, et più di Taranto non si parlava. | A dì 6, vene letere di Pisa: come fiorentini si andava65 |35 ingaiardando et erano signori di la campagna per- | ché non havevano contrasto perhò che le nostre zente | erano, bona parte, andate a li alozamenti: et le zente | de’ fiorentini preseno uno castello de’ pisani su le | coline chiamato Cievali; etiam altri castelli oteneno.66 |40 Ma nostri si fortifichoe a do castelli di qualche impor- | tantia a Cassina et Vico Pisano. Et de fuora stava | Zustignan Morexini a Cassina et in la terra di Pisa67 | Domenego Dolfin proveditori nostri et insieme non molto | in amor si portavano. Et Sonzin Benzon si partì68 |45 et vene in questa terra;69 poi andoe a caxa sua a Crema. | Et Hannibal Bentivoi etiam dapoi si partì et vene70 | a Bologna. Restoe adoncha Zuam Paulo di Manfron71 | et li altri condutieri nominati di sopra, et li cinque contesta- | belli che fo mandati, videlicet: Iacometo Novello, Alvise Tealdini, Zuam |50 da Colorno, Zuam da Venecia et Andrea Albanese, con fanti | 150 per uno; et le forteze erano custodite per nostri provisionati. [194r]72, 73 Da Roma: come, havendo le zente dil Pontifice preso | uno castello de Orssini chiamato Trivigliano et volendo74 | meterlo a sacho, spagniuli con alemani veneno a le | mane, adeo messeno fuogo li ditti et quello brusoe. |5 Vene letere di Spagna, a dì 19, di Iacomo Contarini doctor,75 | orator nostro, el qual erra zà stato al Re di Porto- | gallo et ritornato. Et a dì ultimo octubrio erra zonto a la | corte et abuto audientia da la Maiestà dil Re di Spagna, el qual | havia bon animo a conservar la liga. Et per esser zà |10 inverno, perhò che le letere erano de 19 novembrio, | le zente errano andate a li alozamenti. Et pur | fo verifichato la
65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75
A margine: Florentinos. A margine: Cievali oppidum. A margine: Iustinianus Mauroceno. A margine: Soncinus Benzonus. Aggiunto in interlinea: a dì 17. A margine: Hanibal Bentivolus. A margine: Iohannes Paulus de Manfron. 26 brexana] brexanna | 31 15] XV | 41 Hieronimo] Hironimo 12 mexi tre] per mexi tre A margine: Triviglianum. A margine: Iacobus Contareno docor orator.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
trieva per mexi tre76 erra fata con il Re di Franza77 | et che quelle cosse si pacificheria si esso Re di Spagna | volesse. El qual Re sopratutto vuol el Re di Franza, |15 si el vuol far pace, non atendi più a le cosse de Italia. | Item, che Francesco Capelo cavalier erra in camino78 | per ritornar et zonto a Barzelona, et doveva aspe- | tar tempo et pasazo seguro per ritornar a Zenoa. | A Modena in questo mezo andoe et se ritrovava do car- |20 dinali, videlicet el Cardinal Orssini et el Cardinal curzen-79 | se, el qual volse andar in Franza per veder si pote- | va pacifichar le cosse, mosso da sì, non perhò che altri el | mandasse. Et el Cardinal Orssini, volendo vegnir80 | a Veniexia, andò a Ferara et scrisse a suo parente, |25 Conte de Petigliano, erra a li alozamenti a Gedi im | brexanna, che dovesse otegnir da la Signoria un salvo | conduto: et cussì esso Conte andoe a Brexa et pre-81 | goe a Hironimo Donado dotor podestà et Francesco Mocenigo82 | capitanio, rectori di Brexa, che volesseno scriver a la Signoria |30 di questo salvo conduto. Et cussì scrisseno etc. | A dì XV ditto: zonse a Brexa 250 homeni d’arme todeschi | benissimo in hordine, i qualli andono versso Milam, | et questi veneno a stipendio dil Ducha per star a li confini. | Fo mandà a disarmar 4 galie sotil in Istria, zoè Cabriel |35 Barbarigo, Marin Dandolo et Agustim Pasqualigo sora-83 | comiti. Et questi per nadal veneno in questa terra; etiam | una symbinzana vechia, soracomito Piero de Damiam. | Ancora a Zara fo disarmato Zorzi Cabriel et Francesco Valier. | Et il capitanio zeneral nostro da mar zonse a Corfù a dì / / |40 novembrio con galie et ivi restoe con l’armata | insieme con Hironimo Contarini proveditor di quella.84 | Vene in questa terra a dì / / decembrio Zorzi Zernovich,85 | Signor di alcuni lochi et montagne vicine a Cataro | in Schiavonia overo a quelli confini, per esser stà
76 77 78 79 80 81 82 83 84 85
mexi tre aggiunto nell’interlinea. A margine: Inducię inter regem Francię et Yspanię. A margine: Franciscus Capelo eques. A margine: Cardinalus curzensis. A margine: Cardinalus Vrssini. A margine: piccolo segno a nastro (richiamo alla nota a margine precedente?). A margine: Hironimus Donato docto | Franciscus Mocenico. A margine: Cabriel Barbadico | Marinus Dandulo | Augustinus Pasqualico. A margine: Hironimus Contareno | classis provisor. A margine: Georgius Zernovich | Venetias venit.
5.2 Campione A
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privato |45 dal fratello di la signoria col favor dil Turcho, come | ho scripto di sora,86 videlicet Stefano che regna a Monte Negro (et Schanderbech terzo fratello sta im paexe dil Turco).87 Et da Zara, dove lassoe 100 optimi | cavalli, vene in questa terra con la moglie, nostra zen- | thildona fo fiola di Antonio Erizo, et arivò a Santa Ma- | ria Zubenigo in cha’ Pasqualin. Et la moglie con gran |50 zoie vestita d’oro etc. Et etiam lui ch’è un bellissimo | homo et grande, vestito d’oro a la grecha, andoe a la | Signoria più volte; al qual fo parlato di darli soldo, | et fu preso di remandar iterum Alvise Sagudino al88 | [194v]89 Signor turcho per veder che dicto Zorzi Zernovich po- | tesse ritornar nel stato et etiam ivi dovesse star per | quello che bisognava, possa che ’l Turcho volleva che | ivi andasse ambasadori et non aver baylo: et per- |5 hò questo Sagudino fo mandato per esser assa’ praticho | in quelle parte, haver la lengua turcha et grecha. | Et cussì partì a dì primo zener e andò al suo viazo. | In questi giorni, perché pur su le piaze molto si stra- | parlava di le cosse di la Republicha et molte delibe- |10 ration dil Conseio di Pregadi, se intendeva nel Con- | seio di X fo preso di far inquisitione sopra quelli90 | revelaveno le cosse secrete. Et fono electi tre inqui- | sitori con grande auctoritate di quelli di dicto Con- | seio, zoè Piero Donado, Zuam Morexini et91 |15 Paulo Pixani cavalier, i qualli spesso se redusevano | più per teror che per altro, adeo in questa terra tanto non | si parlava di nuovo: maxime quelli de Pregadi tasevano. | In questo mezo se intendeva francesi erano in Aste | con Zuam Iacomo di Traulzi: atendevano a voller mol- |20 lestar Zenoa, di la qual molto si dubitava. Et el car- | dinal San Piero in Vincula erra zonto a Turin con | 3000 fanti et sopra questa cossa messer Baptistim di Campo | Fregoso molto si fadigava. Adeo, havendo Zenoa con | lhoro, il Re di Franza poteva dir haver il zuogo averto, |25 per la qual cossa el Ducha de Milam molto si dubitava de | mutation di stato, la qual cossa sequendo saria la rui- | na de Italia, privation soa dil dominio che ha in Zenoa, | et molti malli d’inde vi seguiria: et perhò exortava | nostri a voller far valide provisione. Et tanto più |30 si dubitava quanto domino Ioanne Alovisio dal Fie-
86 Questo sembra però il primo riferimento al personaggio e alla sua vicenda nei Diarii. 87 Aggiunto nel margine interno: Stefano che regna a Monte Negro / et Schanderbech terzo fratello / sta im paexe dil Turco. 88 A margine: Alovisius Sagudino secretarius 89 7 1.o] primo | 13 quelli de] quelli di | 17 di] de | 25 si dubitava di] si dubitava de | 26 seguendo] sequendo | 33 fora] fuora | 40 2] do 90 A margine: Inquisitiones consilii | decem. 91 A margine: Petrus Donato | Ioannes Mauroceno | Paulus Pixani eques.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
scho,92 | principal capo di la parte di Gatti, ch’è Maltraverssi, | erra alquanto sdegnato con li Adorni che gover- | na. Et si stava fuora di Zenoa a li soi castelli, ma | pur fu tanto operato che si pacifichoe et in Zenoa |35 ritornoe, vollendo esser in amicitia con la liga | et fidelissimo al stato de Milam. Ma il conte Nicolò | Maria Rangon, che teniva il Casteleto, quello teniva | con gran guardia a requisition dil Roy93 di Franza et man- | chava fino a dì 11 novembrio, che verà a compir |40 il termine di do anni. Et li custodi erano pagati per | mità di il Re di Franza et dil Ducha de Milano. | Intendendo nostri il bisogno grande, fo preso di far ca-94 | valchar in milanese stratioti 120 erano in brexana | alozati: et cussì fo scrito a li rectori di Brexa a dì 20 |45 che dovesseno farli cavalchar incontinente a Milam. | I qualli volendo danari, li fo volluto dar tre page | ma non fono contenti et ne volevano altre doe | a rason di ducati 4 ½ per cavalo al mese in tempo di guerra. | Et tandem fo conzo et li fo dato ducati 10 ½ per uno, et |50 versso Milam cavalchono, i qualli el Ducha li mandoe | in Alexandria di la Paia; ancora fo fato cavalchar Zuam Griego95 | con 80 cavalli lizieri, el qual cavalchò solum con 1 paga. [195r]96, 97 Et el Ducha de Milam mandoe a Zenoa provisionati | et assa’ fanti et fece molte provisione per conserva- | tion di quel stato: et fo preso im Pregadi di far caval- | char 300 homeni d’arme de’ nostri ivi sul milanese, |5 videlicet questi: domino Taliano da Carpi (cavalli 400), domino98 | conte Alvise Avogaro (cavali 240), domino Alexandro99 | Coiom (cavalli 240) et domino Thadeo da la Motella (ca- | vali 240). Et cussì fo dato danari a ditte zente acciò | si ponesseno in hordine et fusseno presti a quei confini. |10 El Re di Franza in questo mezo erra a Lion et vene a100 | Garnopoli a piacer et si deva bon tempo con done | fra le qual con quella di Gonzaga tolta a Guastalla, | a la qual (fo ditto) li donoe uno stado. Item, havia | in Aste et astesana lanze 1200 et feva far gran re- |15 putatione a Zuam Iacomo di Traulzi. Et non lassava pas- | sar 92 A margine: Ioannes Alovisius Fiescus. 93 In corsivo nell’ed. Fulin et al. 94 A margine: decreta senatus. 95 A margine: Ioannes Grecus. 96 21 2] do | 24 10 milia] X milia | 35 fosse] fusse | 38 2] do | 39–40 Braxano] Brazano | 40 Bartholomea] Bartholamea 97 6 Avogadro] Avogaro | 21 et ogni] per ogni 98 A margine: Talianus de Carpo | Alovisius advocatus | Alexander Coleonus | Thadeus de la Motella. 99 Alexandro su rasura precedente; è ancora visibile un segno di divisione sillabica a fine rigo. 100 A margine: rex Francię.
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nium per andar in Franza che non fusse zercha- | to si portava letere. Fo ditto in Aste si aspectava el | Ducha di Orliens: et che ’l Re feva preparamento101 | al tutto di vegnir questo anno in Italia et volleva |20 condur 500 passavolanti su 500 carete tirate | da do cavalli per una et per ogni passavolante el suo | bombardier con el so fameio e una careta con | polvere et ballote etc. Item, che im Provenza l’ar-102 | mata se ingrossava, sopra103 la qual saria X milia |25 combatenti, et che ’l Re havia scritto a’ fiorentini | dovesseno star saldi che presto vegneria aiutadi. | A dì 24 decembrio, la vezilia di nadal: si rompete | sora porto la nave di sier Alvise Soranzo di botte 300,104 | la qual veniva vuoda perhò che erra stà nolizada |30 per formenti da sier Beneto Zustignam in Cicilia et non poté | cargar; et cussì si rompete per gran furia di vento | ancora in questo mexe la nave dil Zimera car-105 | ga di zenere, veniva di Baruto, volendo tuor | il parizo da Parenzo in qua. Più di ditta nave né |35 de li homeni se intese alcuna cossa: fo iudichato | fusse andata a piombino in mar et da quello ingiotita. | Etiam la nave di sier Cosma Pasqualigo106 | vene nova esser rota: ergo do nave nostre si rupetero. | Da Roma: le zente dil Pontifice erano a campo a Braza-107 |40 no, nel qual si ritrovava quella madona Bartholamea | Orssini sorella dil Signor Virginio, con alcune zente et | virilmente si difendeva et più volte fo dato assa’ danno | a ditte zente pontificie volendo combater quel locco; | et erra l’inverno adeo mal si poteva campizar. |45 Et uno Vitelozo Vitelli in favor di Orssini erra et108 | in questo mexe li Viteleschi e Carlo Ursini con 200 | homeni d’arme et 3000 fanti su quel di Thodi,109 | Perosa et di lì intorno andono in aiuto di Orssini, | adeo danizavano et corseno quasi vicino a Roma |50 et in Roma la parte Orssina si sublevoe: conclusive | quella impresa de Orssini non seguiva cussì come | el Pontifice volleva (et credeva fusse facil impresa).
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A margine: Ludovicus dux | aurelianus. A margine: classis Francorum. Probabilmente da trasporre dopo la qual saria. A margine: navis Superantia | naufragatur. A margine: navis Zimere. Sembra un’aggiunta posteriore la nota a margine fo ditto et non fu vero. A margine: Brazanum. A margine: Vitelozus Vitelli. A margine: Thodi.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
[195v]110 Don Fedrico Re di Napoli in questo mezo aquistoe alcuni | lochi dil prefeto sul duchato di Sora, zoè questi V casteli, | come più difusamente legendo più avanti si vedrà, | et poi andoe a campo a Sora: dove per esser quella terra111 |5 fortissima et esso preffeto dentro pocho li poté far et | etiam per esser tempo di andar a li alozamenti. È da saper | che con il Ducha di Sora teniva etiam il Ducha de Oliveto112 | ch’è uno duchato ivi vicino. Quello seguirà, di soto scriverò.113 | Fiorentini, hessendo signori di la campagna, andono114 |10 recuperando quasi tutti li castelli che, a tempo dil Re | di Romani, pisani haveano abutti, per la qual cossa pisani | erano in grandi affanni. Le zente nostre erano a quella | impresa, bona parte, andati a li alozamenti et perhò du- | bitavano molto di fatti lhoro et pativano di carestia. Et |15 perché da la Signoria nostra dipendeva ogni sua salute, | benché havesseno il suo orator existente in questa terra | domino Ioanne de Marianis, tamen a la fin di decem-115 | brio nel lhoro conseglio ne elexeno uno altro chia- | mato domino Petro di San Cassano doctor, el qual zonse |20 in questa terra a l’ultimo dil mexe preditto et in collegio116 | expose il pericolo di Pisa, si a tempo nuovo da questa | illustrissima Signoria non fusseno aiutati. Et etiam altre | cosse tractono le qual fono secrete, tutavia è da saper | che se venitiani volevano et volesse, Pisa leveria |25 San Marcho. Ma acciò la liga non potesseno dir nostri | fusseno avidi di agumentar il stato, la volevano | tenir in libertà per castigar fiorentini di li lhoro cativi | conseglij a tenir dal Re di Franza contra tutta Ytalia. | Ancora, pisani tenivano a Roma ambasciatore lhoro |30 domino Petro Griffo doctor et a Milam non ne havea niuno.117 | Stratioti in questo tempo su quel di Pisa erano solum 300. | Et a Fiorenza quel fra Hironimo erra in più repu-118 | tatione ch’el fosse mai et spesso predichava al populo. | Né voglio tacer di questo: come, in defension di la |35 cità di Fiorenza preditta contra quelli la calonnia-
110 1 Federico] Fedrico | 2 cinque] V castelli] casteli | 5 prefeto] preffeto | 23 tuttavia] tutavia | 27 cattivi] cativi | 28 consegli] conseglij | 28 Italia] Ytalia | 39 Valtellina] Val Tollina | 51 Borgogna] Bergogna 111 A margine: Sora. 112 A margine: dux Oliveti. 113 V. sopra (195v 3) e infra (198r 30–42). 114 A margine: Florentinorum | prosperitas. 115 A margine: Ioannes de Marianis eques | orator pisanus. 116 A margine: Petrus de sancto Cassiano | Venecias venit. 117 A margine: Petrus Griffus doctor. 118 A margine: frater Hyeronimus de | Feraria.
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vano, | Bartholameo Scalla Canzelier Grando de’ fiorentini119 | fece una opereta latina la qual fo butada in stampa.120 | El Re di Romani, sequendo il suo camino di la Elema- | gna, andato per Val Tollina come ho ditto di sopra et121 |40 volleva andar a Chiavena, dove li electori de l’Im- | perio erano reduti a far una dieta, ma quelli li | scrisseno che quel loco non erra capace a tenir tanta | zente, maxime venendo sua Cesarea Maiestà con la | corte. Perhò terminoe di andar a Yspruch dove |45 si ritrovava suo fiol, Archiducha di Bergogna, et de lì | voleva andar a la dyeta de Lyndò dove erano | li oratori di la liga et il legato concordiense. Et esso | Re mandoe una instrution mysticha a la Signoria | nostra. Et elexe do oratori, videlicet domino Hironimo Vento122 |50 et uno fratello di domino Zuam Bontemps texorier di | Bergogna. Et questi come zonzerano scriverò poi.123 [196r]124, 125 Ma li so do oratori erano in questa terra, zoè lo Episcopo | di Trento et il capitanio di Igna nominati di sopra,126 in questo | mexe si partino et ritornono in Elemagna, poi vene li altri. | A dì 24 dezembrio, fo el dì di nadal: zonse in questa terra |5 Francesco Foscari cavalier, stato ambasador al Re di Ro-127 | mani, dal qual non inmerito recevete la militia, co- | me ho scripto di sopra.128 Questo, a dì 11 ditto, havendo | fatto compagnia a la Cesarea Maiestà che si partì da Gro- | pelo per andar di longo versso Alemagna senza intrar |10 a Milano, et a Cusago129 fue a parlamento con el Du- | cha de Milano et il Cardinal legato apostolico, che | di Milano ivi andoe et dove disse aperte130 non volleva | più star in Italia. Or ditto nostro ambasador, tor15 | nato a Pavia, vene per Po in questa terra et a Chioza | per tempi contrarij stete
119 A margine: Bartholameus Scala | florentinorum scriba. 120 Si tratta della Apologia contra vituperatores civitatis Florentiae del cancelliere fiorentino Bartolomeo Scala (1428–1497), edita tra settembre e ottobre 1496 a Firenze da Antonio Miscomini (una scansione completa dell’incunabolo è consultabile all’indirizzo ). 121 A margine: Rex Romanorum. 122 A margine: Hironimus Vento | Petrus Bontemps. 123 V. 1,408s. 124 25 sera] serra 2] do | 49 15] XV 125 6 non immerite] non inmerito | 41–42 orationem praefati Archiduci] oratione praefatti Archiducis | 43 da] di | 48 arivoe] azonse 126 Cf. 1,359. 127 A margine: Franciscus Foscari eque | Venecias rediit. 128 V. 191v 15–26. 129 Cusago è aggiunta posteriore. 130 In tondo nell’ed. Fulin et al., ma inserto latino.
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zorni tre, dove erra podestà | Beneto Trivixam cavalier, etiam lui stato ambasa131 | dor a ditto Re et in quelli zorni a Chioza havia fatto la | intrata. Et a dì 26 nel conseio di Pregadi referite | la sua legatione come a dì 13 zugno zonse a Lans- |20 perch con opinion di far el zorno driedo la intrata | in Augusta dove per la Maiestà dil Re fu ordinato li fusse132 | fatto grande honor. Et che quella matina ch’el se vole- | va partir (fo a dì 14) l’azonse uno messo di la Maiestà sua | con una lettera per la qual ge comesse non si dovesse |25 partir de lì. Et quella serra, a hore do, ditta Maiestà ivi | agionse et subito mandò do di so Baroni a visitar | el prefatto orator. Et a dì 15 li volse dar audientia et | cussì insieme con Zacaria Contarini cavalier ora-133 | tor nostro, che di Augusta ivi erra venuto, andoe |30 a l’audientia: et trovono la Maiestà regia in uno trichlinio | et, apresentate le letere credential et lecte, | poi fece una elegante oratione et il Re poi li ordinò andasse- | no tutti doi oratori in Augusta insieme con lui. | Et cussì andono a caza. A dì 16 zonseno in Augusta et |35 a dì 18 li presentò alcuni presenti di salvadicine prese; et | a dì 20 da esso Re si partì el Contarini collega et ri- | tornò in questa terra et a dì 21 vi gionse l’Archiducha | Philippo di Bergogna, fiol unicho di la preditta Maiestà, contra | dil qual andoe tutti li Principi, Signori et oratori era- |40 no lì et con gran numero de cavali introe. Et, a dì 22, | esso orator nomine Dominij habuit oratione praefatti Archi- | ducis, dal qual fo carezato etc. A dì 24, el ditto Archiducha | si partì di Augusta per andar a trovar il Re suo padre et | a dì 28 azonse a Yspruch, dove el giorno avanti erra gionto |45 el Re; et a dì 3 luio se partì da Yspruch. Et a dì 5 el Re si partì | per vegnir a Malz134 et ordinò a li oratori non si partisseno fin | do zorni per rispetto che per la via li alozamenti erano | tristi. A dì 8 el se partì et a dì 13 azonse a Nandres mia | XV da Malz; a dì 16 azonse a una abatia di Santa Maria |50 apresso Malz. A dì 17 azonse a Malz la preffata Maiestà et a dì | 20 azonse a Malz el Ducha de Milam con la Duchessa et [196v]135, 136 disnoe insieme con il Re. Et dapoi disnar, a horre 18, | el Re se redusse sotto uno pavion, dove erra tutti | li oratori di la liga et il legato Episcopo concordiense, | dove fo un parlamento et fo proposto del vegnir |5 in Italia. Il qual loco di Malz è di là da monte Nonbray. | Et, a dì 22, el Re andò a Bornio et el Ducha a la caza; | poi, a dì 26, esso Re ritornò a Malz di là dal monte. | Questo camino ho voluto scriver per esser stato cussì | el suo viazo, non perhò che tutto in relatione dicesse. |10 Or referite come li elemani
131 A margine: Benedictus Trivisano eque | Clugie potestas. 132 A margine: relatio Francisci Foscari | ad senatum. 133 A margine: Zacharias Contareno eques. 134 L’odierna Malles Venosta in Alto Adige (ted. Mals). 135 20 septembrio] setembrio | 22 ordinatamente] ordinadamente | 31 stretti] streti | 33 de’ marchesi] di marchexi 136 42 per la caxon] per le caxon | 48 copiose] copioso
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et bergognoni discon- | fortava la venuta dil Re preditto in Italia. Et el Ducha | summamente lo exortava et lo fece venir per paura | che nostri non si facessino signor di Pisa. Demum chome, | a dì 30 avosto, a Meda, iterum il Re venuto per vegnir |15 in Italia: il qual loco di Meda è mia 3 da Cariman137 | et 7 da Como et 14 da Milam. Fo dato l’audientia al | Cardinal legato di Santa + dove erra il Ducha con138 | li oratori di la liga. Et quivi fo disputato zercha le pro- | positione proposte per la Regia Maiestà. Demum, come a dì |20 2 setembrio introe esso Re in Vegevene, et il zorno sequente | vene il Ducha con il legato, et poi a dì 15 li do oratori | nostri, come ho scripto di sopra139 ordinadamente. Poi, | come andò a Zenoa et montò su le nave et galie | per andar a Pixa et a l’impresa de Ligorne. Disse di Pisa: |25 di la condition di quella terra e di la marema e coline | e dil porto di Ligorne, et che il teritorio di Pisa dà da viver | a tutta la Toschana et fa frutti per anni cinque; che pisani ha- | veva optimo cor a la Signoria nostra; et che do vie è per soc- | corer Pisa: una per Romagna, l’altra per Pontremolo; et |30 che la via di Romagna erra per lochi angusti et de inimici,140 | quella di Pontremolo per passi etiam streti. Si passa per | San Stephano, Villa Fracha, Serzana (che tien zenoesi) et Pe- | tra Sancta (che tien luchesi) et per li castelli di marchexi Cabriel | et Lunardo Malaspina. Item, che li lochi de’ fiorentini |35 erano tutti muniti et haveano 400 homeni d’arme sotto | il governo di domino Hercules Bentivoi et il conte Ra- | nuzo di Marzano. Ancora, dil stato dil Ducha de Milam | referite molte cosse et dil cativo animo haviano li | populi al Ducha per caxon di le graveze et taie, che longo |40 sarebe voler descriverle. Et che il Re havia in Italia141 | fra elemani e borgognoni zercha cavali 1000; come | erra nimicissimo a’ francesi et al Re per le caxon etc. | Come teniva l’amicitia dil Ducha de Milano per tre | respetti: el primo, perché mediante esso Ducha l’ha- |45 veva con nostri gran auctorità; secundo,142 perché pur | l’haveva qualche danar; 3°, per esser uniti contra il Re | di Franza. Di la persona dil Re molte cosse disse, che longo | saria a scriverle quivi
137 A margine: Meda. 138 A margine: cardinalus Sancte Crucis | legatus apostolicus. 139 V. 195v 49–51. 140 In questa e nelle molte altre occorrenze successive della sequenza ‹inimici› è arduo decidere se la i sia articolo determinativo oppure l’iniziale di inimici senza articolo. Il criterio distribuzionale, le due occorrenze di li inimici a cavallo di fine di rigo (B 135r 21–22; E 232r 38–39) e il modello latino (cf. inimicis 199v 3) consigliano di prediligere nei casi dubbi l’interpretazione inimici. Si vedano però le forme certamente aferetiche della famiglia lessicale elencate a §6.4.1. 141 A margine: Nota de Duce et statu | Mediolani. 142 In tondo nell’ed. Fulin et al., è in realtà latino (cf. le frequenti enumerazioni primo … secundo … tertio etc.).
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per averle copioso nel Itinerario | mio descripte,143 ma pur sequirò dil suo stato e intrata. [197r]144, 145 Come l’avo di esso Re Maximiliano have tre figlioli, videlicet | Federico, Sigismondo et Alberto. A Federico, che fu Impera-146 | dor terzo et padre di questo Re, have l’Austria maior, | zoè Linz, et la minor, zoè Viena. A Sigismondo, fo Archi- |5 ducha di Austria, li dete el dominio de Hispruch, zoè el | Contato de Triuli, el qual cesse147 esso suo stato al prefato Re | Maximiliano, et noviter è morto. Ad Alberto havea | la Stiria, Corinthia et Carniola, et morite senza heriedi. | Aduncha el prefato Re fiol di Federico Imperator possie- |10 de iure hereditario tutti questi stati, et per le cessione. | Ha confini Viena con Posonia (et posoni hanno lengua | alemana); Linz confina da uno lai con Boemia et | el Danubio, e in mezo Stiria con Dalmatia, Carinthia | con Croatia, Hongaria et con venitiani, Carniola cum |15 Histria over Cao d’Istria et Dalmatia. Li electori de | l’Imperio sono tre spiritual et 3148 temporal: Archiepiscopo149 | maguntino, potente di zente, ha de intrada fiorini 60 | milia; l’Archiepiscopo colloniense, amico di la Signoria nostra, | ha de intrada fiorini 80 milia; l’Archiepiscopo triverense, |20 richo et amico ut supra, ha de intrada fiorini 40 milia. | Poi sono in temporal: il Conte Pallatino di Rem, et150 | è amico nostro per la inimicitia ha con l’Archiepiscopo magun- | tino, ha de intrada fiorini 80 milia; el Ducha Frederi- | co de Saxonia, amicissimo, fiorini 40 milia; et il Mar- |25 chexe de Brandilburg, amico, ha de intrada fiorini 50 milia. | La intrada dil Re è questa: Di Viena e Linz ducati / /, | dil Contà de Tiroli et Yspruch ducati / /, di Ferretto | in ditto contado ducati / /, di le minere di l’arzento | de Yspruch ducati / /, dil sal di Alla (ch’è mia 5 vicino |30 a Hyspruch) et do dacij over gabelle ducati / /, de Stiria, | Carinthia et Carniola ducati / /: in tutto ducati / /. | Ha l’Imperio 72 Terre Franche, di le qual puol ha- | ver il Re fiorini 72 milia, ma non li ha, computa | uno anno per l’altro il
143 Il riferimento certamente non è all’Itinerario per la terraferma veneta del 1483 (cf. §2.2.1); Sanudo intende qui con ogni probabilità rinviare all’incipit della Spedizione di Carlo VIII in Italia, corrispondente grosso modo alle pp. 19–34 dell’ed. Fulin 1883. 144 8 Corniola] Carniola | 15 Istria] Histria | 23–24 Federico] Frederico | 27 Ferritto (?)] Ferretto | 29 di Yspruch] de Yspruch | 34 de dicta quantità] di dicta quantità | 41 cavalli] cavali 145 10 per la cessione] per le cessione | 21 Reno] Rem 146 A margine: Fędericus | Sigismundus | Albertus, su tre righe abbracciate da una parentesi graffa. 147 Il ms. reca sesse; l’ed. Fulin et al. corregge a ragione in cesse. 148 Soprascritto a un’altra cifra, forse un 4. 149 A margine: Archiepiscopus maguntinus. 150 A margine: comes palatinus.
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terzo di dicta quantità (salvo in ca- |35 so che qualche una di le ditte cità indigeret favore regali). | La spesa:151 veramente el Re tien sempre in la sua | corte cavali 600 et la Regina 200 et dà uno quarto | di fiorin per cadaum cavalo al zorno per le spexe. Item, | tien 100 alabardieri pedestri. Item, spexe di armigeri: |40 domino Bulfam de Polam, capitanio di Austria, ha cavalli 200; | domino Rampret, capitanio di Stiria et Carniola, cavali 200; | lo Episcopo seconiense cavali 100; Zachel Iacob in | Carinthia cavali 100. Item, el capitanio di Lambacense in | Carinthia vicino a’ veneti, cavali 100; nel contà di |45 Ferreto, cavali 100; et in Friburg in Brisco cavali 50: | summa tutti 850 cavali. Et nota che tutti li pheu- | datarij son tenuti per do mexi a sue spexe cavalchar | a beneficio dil stato, che puol esser cavalli 3000. [197v]152, 153 Et che el prefato Re ha 12 regenti over conseieri | in Hispruch, et cadauno hanno XX cavali per uno con | il stipendio de fiorini X al mexe per il cavalo et hano le | spexe per le sue persone di danari dil re: summa, cavali 240. |5 Li conseieri de Viena sono 7 et li principali sonno | Perger et Pronsench, in li qual el Re puol spender ducati 7000. | Et questo basta quanto a la descriptione, ut supra. |154 In questo mexe di decembrio gionse in questa terra do | ambasadori dil prefato Re di Romani, ritornato in Alema- |10 gna, videlicet: domino Piero Bontemps prothonotario et | domino Hironimo Vento, di natione neapolitano ma | assa’ in gratia et vechio in la corte dil Re, i qual fonno | molto honorati. Alozono a San Zorzi. Contra li qual | fono mandati molti patricij et li fo facto le spexe. |15 Questi, andati a la Signoria, referiteno come la Maiestà | dil suo Re pregava li fusse mandati li ducati 18 milia | per far la solutione a li sguizari con lui menati in | Italia, overo quella parte che a la Signoria pareva. | Et nel Conseio di Pregadi fu preso di darli la mità per resto |20 di ditta promessa (videlicet: fiorini 12 milia, che son ducati | 9000) in questo modo: la mità a li soi oratori, che li por- | tasseno, et l’altra mità li porterà Zorzi Pixani ora- | tor nostro, quando a Sua Maiestà verà ambasiadore. | Et per graturli li fo donato al prothonotario una peza |25 di
151 La prima s copre una rasura. 152 2 20] XX | 3 10] X | 5 sono] sonno | 12 fono] fonno | 23 soa] sua | 36 Borgogna] Bergogna | 38 Borgogna] Bergogna 153 6 Pronsenis] Pronsench | 21–22 si portasseno] li portasseno | 32 piacer] apiacer 154 La relazione dalla Germania di Francesco Foscari che qui comincia (196r 4–197v 7) fu pubblicata in ASI 7, vol. 2, 945–948, in una versione assai alterata ancorché basata sulla lettura diretta del manoscritto (alle «p. 294 e seg.», come erroneamente indicato a p. 944).
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zambeloto in tutta beleza et a l’altro 20 braza di | veludo negro da farsi una vesta, et molte confecio- | ne, cere etc. Et cussì, molto contenti, a dì / / zener | di questa terra si partino et per le terre nostre molto | honorati fonno, iubente senatu, et al re, che erra |30 a Alla vicino a Yspruch, andono. Et per la Signoria fo scripto | questa resolutione155 prima a Zuam Piero Stella secre- | tario nostro apresso Sua Maiestà et il Re have gran apiacer. |156 Ancora è da saper come la dieta de Lyndò andò157 | in fumo et fu dato licentia a Marco Bevazam, |35 secretario nostro, dovesse partirssi et vegnir via. | Et l’Archiduca di Bergogna erra in el suo stato an- | dato et, quella notte che zonse la moglie in una | terra chiamata Melines in Bergogna, in quella me- | dema volse consumar il matrimonio, ergo etc. |40 La moglie veramente dil Re di Romani in questo | tempo se ritrovava a Vormes, siché con il Re non | stava molto insieme, né mai si havia potuto in- | gravedar; et dicitur lì a Vormes per spexe dovea dar assa’ | danari, siché le cosse di Elemagna è da far pocho conto. |45 Non voglio restar da scriver come el Ducha di Ferara | mandoe do ambasadori al ditto Re quando ritornava158 | in Elemagna, i qualli di là da Como haveno audientia | con li spironi si pol dir im piedi et poi ritornono indriedo. [198r]159, 160 In questo mexe di decembrio, per il Conseio di Pregadi fo | conduto uno condutier, erra stà in Reame in l’Atella | a stipendio de’ francesi, chiamato Meleagro da Furlì, che161 | fo fiol di Antonello da Furlì che fu valentissimo huomo |5 d’arme: et a questo li fo dato 100 cavali et li alozamenti a Ravena. | A Roma el Pontifice non si sentite molto bene, adeo non162 | cantò messa el dì di nadal iusta il consueto; erra etiam | adolorato perché le cosse sue contra Orssini non procede- | vano ad vota: imo per doe volte che le zente sue havea- |10 no dato la bataglia erano stà maltratate et molti | amazati a Brazano. Et fo ditto chome quelli di Brazano, | hessendo a campo inimici, tolsseno uno aseno molto163 | grande
155 156 157 158 159 160 161 162 163
Nell’ed. Fulin et al. si legge resulutione, probabilmente per refuso. Cf. la trascrizione del brano da 197v 8 a 197v 32 in Brown (1837–1838, 1,55). A margine: Dyeta Lyndo. A margine: oratores ducis Ferarię | ad regem romanorum. 21 datoli] datolli | 25 fortezza] forteza | 34 Sora] Sorra | 42 ducati] duchati 16 assai mal] assa’ mal | 25 scripto] scrito | 38 dichiarata] di charata A margine: Meleagrus de Forlivio | ductor. A margine: Pontifex romanus. A margine: Nota pulcrum et | ridiculum.
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et bello et messelli al collo una scrita con letere | grande che diceva: «Lassatime andar per la mia via che |15 vado ambasador al Ducha di Chandia» et driedo la coda | havia una lettera drizata al ditto Ducha che diceva assa’ mal.164 | Questo feceno Urssini et quel domino Bartholameo d’Alviano, | perché esso Ducha, credendo desviar le zente d’arme et | fantarie erano in Brazano, fece uno edito che se |20 le veniva nel campo dil Papa dovesseno tutti esser con- | duti et datolli la mità più di stipendio et danari | di quello havevano con Orssini. Tamen nihil valuit. | A Monopoli, in questo tempo, Alvixe Loredam provedi- | tor nostro, havendo facto la citadela dove stava in165 |25 forteza, come ho scrito di sopra,166 terminò di poner | ogni diligentia di far uno porto in ditto luogo, acciò | che li navilij che ivi arivaveno fusseno securi, che pri- | ma non vi erra porto. Et questo ho voluto scriver, | ma compito ch’el sarà, il modo et conditione di quello scriverò. |30 Non voglio restar da scriver come el Re don Fe-167 | drico in questo tempo hessendo intrato nel regno | di Napoli et quello recuperato da’ francesi, atendendo | a la ruina dil prefeto di Sinigaia (fradello dil Cardinal | San Piero in Vincula) che erra a Sorra, loco suo et dil Du- |35 cha de Oliveto, comencioe a far do operatione: la pri- | ma, per ogni via vegnir su danari, cossa contraria a | volerssi mantegnir nel Regno; l’altra, a far duchati di una | medema valuta come li altri, ma di charata mancho | ducati 40 per cento, siché veniva a far con pocha quantità |40 assa’ numero. Et fece uno edito: tutti dovesse corer | nel suo reame et spenderssi come fosseno di valor di | li nostri duchati: siché fo bon modo per questo primo etc. [198v]168, 169 Copia di una lettera scrita per la Università di Taranto | a tuti i nostri provedadori di le terre di la Signoria | che sono in Puia, e precipue a Brandizo a Priamo Con- | tarini proveditor, data a dì 9 octubrio 1496.170 |5
164 A margine: dux Chandię. 165 A margine: Alovisius Lauretano | Monopolim provisor. 166 V. 1,197. 167 A margine: Fędericus rex cundit | monetam parvi | ponderis. 168 2 tutti] tuti | 9 de la] di la | 13 preffata] prefata | 17 ciaschaduna] ciascaduna | 18 come] como | 26 9] nove | 27 a le 20 hore] a le XX horre | 29 immensa] inmensa | 31 adoreremo] adoreremo | 34 furtuna] fortuna partecipe] participe | 41 zaschedun] zaschadum 169 9 dil re] di re | 13 devenute] devenuta | 16 dove forno] dovesamo | 25 condoti] condoto | 33–34 in omni eventu] in omne eventu | 46–47 de la preditta gloriosa bandiera] de le preditte gloriose bandiere 170 Cf. la versione, dal colorito latinizzante leggermente meno esasperato, registrata negli Annali veneti 1457–1500 erroneamente attribuiti a Domenico Malipiero (ASI 7, vol. 1, 475s.): «Magnifico Signor Governador. In li dì passati son pervenuti in nostra mano certi capitoli, patti e
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Magnifico signor gubernator, ad Vostra Signoria ce racomandemo. | Siando in li dì elapsi pervenuto in nostre mano certi capi- | toli facti e conventione habite et inite tra casa de Ara- | gona et lo illustrissimo signor de Monpensiero, general locotenente et vice- | ré in questo regno de Sicilia di la Cristianissima Maiestà di Re171 |10 Carolo, tra li altri trovamo questa cità, una con le castele, | esser reposti in libertà et in mera volontà, non constringendo | quella aliquo pacto devenisse in alguna conventione. Per- | ché, siando le cosse di la prefata Cristianissima Maiestà devenuta a li ter- | mini quali vedeti, et ofertosi avanti i nostri ochij più et |15 più florentissimi potentati, et condutosi con maturo consiglio | quali de quelli in nostra protetione invocare dovesamo, | discussa ciascaduna de le parte per più comoda et expedita | electione, ce parse, sì a noi como anche a lo magnifico nostro go- | bernatore et castelano, invocare la illustrissima et serenissima Signoria |20 del glorioso San Marco, attesi le [im]mortali laude | et meriti, governo et consiglio de quella, vedendo da ogni | canto le sue cosse et stato più tosto conservarsi cha in alcu- | na parte diminuirse. Unde de lieto et iocondo animo | anche de nostra mera volontà semo unanimiter et de pari |25 voto condoto172 et dedicati sotto la devotione et fidelità | de la prelibata serenissima Signoria. E ozi, che sono li nove del presente | a le XX horre, havemo, una con lo castello, levato su le | gloriose et felicissime bandiere de la prelibata illustrissima Signoria, | le qual havemo per la cità con inmensa et universal |30 alegria et festa demostrate; et quelle adesso adoremo | et adorerimo
convenzioni, stipulati tra casa d’Aragona, et l’Illustrissimo Signor di Monpensier General, Luocotenente, e Vice Re in questo Regno di Sicilia, della Cristianissima Maestà del Re Carlo di Franza: et tra l’altre cose trovammo, che questa città, insieme con le castelle, sono riposte in libertà, et nella sua mera volontà, non la obligando ad alcuna conventione. Onde essendo in quei termeni che sono le cose della prefata Maiestà, havemo havuto consideratione a i più floridi potentadi che hoggidì si trovano in essere; et con maturo consiglio, ben pensato la protettione de chi dovessamo dimandare, ha parso a Noi, et al Magnifico Governador et Castelano, d’invocare l’Illustrissima et Serenissima Signoria, et il glorioso San Marco, atteso il governo et consiglio di quella, degno d’immortal laude, et vedendo che le cose et stato suo si conservano, et non si diminuisseno in parte alcuna: onde de lieto et giocondo animo, et di nostra mera volontà, si siamo dedicatiunanimiter et de pari voto, alla devotione et fedeltà della prelibata Serenissima Signoria; et hozi che sono 9 del presente, a 20 hore, havemo, insieme co ’l castello, levato le gloriose et felicissime bandiere di essa Illustrissima Signoria, et le havemo demostrate per la città con immensa et universal allegria et festa; et addesso le adoremo, et adoreremo fino alli ultimi spiriti, non deviando dal nostro solito esempio et costume de fedeltà. Per il che, essendo sotto un medesimo brazzo et di una istessa confederatione, et dovendo correre la medesima fortuna, havemo voluto far V. S. participe di questa nostra deditione et allegria; affinché la possi congratular con Noi, et usar per l’avenire, così occorrendo, le cose nostre, come si conviene all’amor nostro amicabile et fraternale. Offerimo non solamente a V. S., ma anche a i Ministri sudditi et devoti della prelibata Illustrissima et Serenissima Signoria, pronte et parate ad ogni loro servicio tutte le cose nostre, qualunque siano: apriremo le porte a ciascuno di quelli, et li donamo ampla potestà di poter conversar et condur qua mercantie a loro beneplacito, come puono in qualonque altro luocho suddito della prefata Illustrissima Signoria: et pregamo V. S., che sia contenta dar notitia di tal nostra volontà a tutti i luochi circostanti, devoti delle predite gloriose bandiere; et di continuo si offerimo a i comandi di essa V. S. Datum in Civitate Tarenti, die IX Octobris 1496». 171 Segue una parola di incerta lettura (Carlo?) cassata mediante quattro puntini sublineari. 172 Forse errore per condoti, per attrazione del precedente voto.
5.2 Campione A
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fino a l’ultimi spiriti, non deviando dal nostro | solito exempio et costume de fidelità. Il perché, siando uniti | sotto uno medesimo brazo et confederatione, azò che in | omne eventu la fortuna ce sia participe, me à parso |35 de nostra tale devutione et allegria farne Vostra Signoria participe, | afin che una con noi si possia congratular et, volendo | da ozi inanti usar lo debito officio fraternale et ami- | cabile, oferemo non solum ad essa Vostra Signoria ma anche a li mi- | nimi subditi et devoti de la prelibata illustrissima Signoria, prompte |40 et parati ad omne loro rechiesta et servitio, tutte nostre | cosse qualunche siano, aperendo le porte a zaschadum | de quelli, donandoli ampla podestà: possano dallor come | da qualuncha altro loco subdito a la prelibata illustrissima Signoria | conversare et condure mercantie a loro bene placito. |45 Et tale nostra volontà, pregamo Vostra Signoria li piaza noti- | ficarla a tutti circumstanti lochi devoti de le preditte glorio- | se bandiere. A comando de essa Vostra Signoria de continuo | offerendoci. Data in civitate Taranti die 9 octubrio 1496.
[199r]173, 174 Oratio habita coram Cęsarea Maiestate per dominum | Benedictum de Benedictis antianum Pisę. | INisi una et eadem celebri omnium voce iam pridem audi- | vissem, serenissime Imperator, ea te esse humanitate, mansuetudi- |5 ne atque clementia, ut neminem renuas audire, non essem | profecto ausus hoc die me minimum quidem verbum coram | afferre. Sed unum est quod me consolatur et recreat: quod | si quid minus dignum auribus tuis dixero, veniam dabis. | Quid enim dicturus sim de adventu tue Cęs[aree] Maiestatis quem |10 vehementer optavimus, nisi a Deo factum ordinatumque | pro salute et libertate civitatis pisane? Et profecto est | universe civitati faustu firmamentumque futurum nobis | omnibus summum gaudium summamque leticiam affert. Cum | non possimus non sperare maximum per te nobis emo- |15 lumentum, maximam quietem et tranquillitatem et pacem | allatum iri, et vestigia tuorum maiorum nedum imi- | tari sed superare. Bene facis, optime Imperator, maiorum | tuorum piissime, huic urbi miserime praesto esse et ab | immanissimis florentinis salvare. Que quidem |20 sub aliis et fomento augustorum quondam fęlix fuisse | legitur. Nonne cum bello premerentur Pise a | reliquis invidis civitatibus Etrurie, quo iugum | Regis Aragonum subire cogebantur, ab Henrico sep- | timo, quem in basilica nostra sepultum colimus, |25 aduiti175 sumus et liberati? Debes, serenissime Roma- | norum Rex, populum istum fidelem tuum liberare. | Duo pariter ingentia facinora patraturus iure optimo | teneris. Audi quid dicam: iure optimo liberabis nos | tuos iniuste obrutos sepultos et praedecessorem tuum glo- |30 riose / /176 ulcisceris, quem florentini, pessimum genus, | ausi sunt machinamento clandestino necare. Sed | proh scelus! Qua audacia! Illum enim in sacratissimo Eucha- | restie mysterio veneno confecere pariter periculum | et nephas inauditum adorti sunt. Teneris huic |35 ultioni: dele, iustissime vindex, florentinorum nomen. Nihil | potes tibi sanctius, nihil Deo iucundius his temporibus | afficere. Possem hic innumerabilia pene beneficia | huic nostre civitati collata
173 18 miserrimae] miserime | 20 aliis] alis | 33 conficere] confecere | 47–48 quidquid] quicquid 174 6 hac] hoc coram te] coram | 12 faustum] faustu | 22 quae] quo | 43 observantissimi] observandissimi 175 L’ed. Fulin et al. emenda correttamente in adiuti. 176 Una o due lettere illeggibili sono state abrase al centro dello spazio in bianco.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
referre, sed tempori obse- | quens obmitto. Nam quid nunc dicam, quid Henricus |40 tertius, quid Fridericus primus quid Carolus quartus | et alii plurimi Imperatores pro hac nostra libertate | effecerint? Quibus omnibus beneficiis consideratis, non | possumus esse nisi boni, fideles, observandissimi ac obse- | quentissimi filioli Sacri Romani Imperii quemadmodum |45 maiores nostri semper fuere, et reverentiam, honorem | et obedientiam facere et praestare ut omnes alię civitates | totius Italię quae sunt sub Sacro Romano Imperio; et quic- | quid opis aut facultatis est in nobis offerimus et | pollicemur tue Cęsaręe Maiestati. Reliquum est igitur, [199v]177, 178 ut spem de tua incredibili immortali virtute et bonita- | te concepimus, civitatem pisanam et eius libertatem, omni | scelere a florentinis et inimicis Sacro Romano Imperio | dilaniatam et afflictam, commendatam habeas. Quod si feceris, |5 ut speramus, scias pro tue Maiestatis clementia in celo | esse definitum locum, quo cum consenieris sempiternum | nomen perfruare. Dixi. |
Exemplum litterarum Regis Anglię ad serenissimum | dominum Ducem Venetiarum |10 llustrissimo ac potentissimo Principi domino Augustino Barbadico, | Dei gratia Duci Venetiarum, eadem gratia Rex Anglię, Fran- | cie, Dux Hybernie salutem et prosperum votorum incrementa. | ILegimus binas litteras patentes Vestre Celsitudinis die | primo septembris proximi preteritis datas, alteras de con- |15 firmatione et refacione lige et confederationis inter san- | ctissimum Dominum nostrum et serenissimos Romanorum et | Yspaniarum Reges nosque et vestram sublimitatem atque illustrissimum | dominum Mediolani Ducem nuper Romę nite a Vestra Celsi- | tudini pro sua parte facta. Alias vero de comendatis |20 et aderentibus vestris mentionem facientes et eorum | nomina comprendentes com reservatione alios infra | tempus prefixum denominandi. Quas quidem liben- | ter vidimus et diligenter anotavimus; comendatos | et aderentes vestros facile admisimus. Ceterum, quo- |25 niam intelligimus tam Vestra Celsitudine quam re- | liquos Italię confederatos hoc nostro inito fędere | plurimum gavisos et publice leticiis signis palam pro- | secutos, summus nos infra triduum in festo omnium | sanctorum, fędus ipsum et societatem in ecclesia cathedrali |30 Sancti Pauli in primaria regni nostri urbi Londo- | niarum solemniter procesionaliter que179 celebrari letitiam | nostram, quam ex inde capimus, declaraturi. Quo | die, ensem quoque et pileum a sanctissimo domino nostro | ad nos missum, ea quam decet reverentia sumus re- |35 cepturi. Que quidem omnia pro mutua nostra amicitia | et societate Vestre Celsitudinis duximus esse signi- | ficanda. Ex palatio nostro iusta Wesmoriorum die 29 | octobris 1496. Henricus. |
177 19 commendatis] comendatis | 20 adhaerentibus] aderentibus | 21 comprehendentes] comprendentes cum] com | 23 adnotavimus] anotavimus commendatos] comendatos | 28 sumus] summus | 43 pubblicar] publicar | 44 Conturberì] Conturbari | 46 ditto] dito | 47 Yorche] Iorche 178 3 sacri romani imperii] Sacro Romano Imperio | 12 incrementum] incrementa | 18 initae] nite | 18–19 celsitudine] celsitudini | 25 vestram celsitudinem] vestra celsitudine | 27 leticiae] leticiis | 30 urbe] urbi | 31 celebraturi] celebrari | 36 celsitudini] celsitudinis | 47 Artur] Artù l’isola] in isola 179 La congiunzione enclitica è separata nell’autografo.
5.2 Campione A
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A tergo |40 Illustrissimo ac potentissimo Principi domino Augustino Bar- | badico Dei gratia Duci Venetiarum etc., amico et con- | federato nostro carissimo.
Noto: chome poi questo Re fé solennemente publicar ditta trieva | ne la chiesia mazor per el Cardinal Arzivescovo di Conturbari et Gran |45 Cancelier dil Re. Questo Re Henrico ha per moglie madama Ysabeta, | fo fiola di Re Edoardo, perhoché difenzoe Re Rizardo fratello dil dito Re | Edoardo. Ha do fioli: Artù, Principe di Squales, ch’è in isola, et l’altro, Ducha di Iorche. [200r]180, 181 Consultatio mystica de iis quae neccessario agenda | videntur pro comodo et conservatione sanctissime | confęderationis | Et primo notorium esse omnibus sanctissimam ligam fuisse con- |5 ceptam surrepticie, quia Rex neapolitanus, iuxta nature | ordinem et rerum requisitionem, cum Romanorum Rege | in ea comprehendi non potuit. Postquam autem nunc | alia rerum et naturę dispositione conceditur et satis fiat | pro comodo et salute christiane rei publicae, dignam ratio- |10 nabileque videtur quod mundus id sequatur et complecti debeat. | Videtur ergo quod sanctissima liga hos duos Reges content[et]. Alias | videbit brevi se disiunctam et erit novissimus error peior | priore: natura enim mundi minatur rerum revolu- | tionem et sapiens precavere debet futura mala et exem- |15 plum capere de quottidianis periculis. | Fiat igitur denuo liga perfecta: alias vi nature dissolvetur. |
Consilium | Discordant in dies confęderati diversis opinionibus in re pecu- | niaria, eaque de causa effectus belli imminuitur. Unde ho- |20 stis animos capit et vires fitque contra omnem rationem | potentior liga, quia in liga multa principalia capita. | Quot enim capita tot sensus; ubi unum caput, ibi unus | sensus; ubi unus sensus, ibi virtus; ubi vero multi sen- | sus, ibi error; et ubi error, periculum: sapientibus pauca. |25 Dirigat igitur omnipotens Deus hanc sanctissimam ligam quae pro | salute christiane rei publice ad opprimendam gallorum | superbiam concepta est: ne mali christiani illi adhe- | reant, iique cervices magis ac magis attolant et in su- | perbiam veniant, ex quo peccato cętera mortalia |30 sex crimina velut ab uno fonte oriuntur. | Vosque lige vicegerentes, velut apostole Dei que ob virtu- | tem vestram ex Principum vestrorum fiducia ad hęc cognoscenda | simul decrete estis pro conservatione et exaltatione |
180 1 necessario] neccessario | 2 commodo] comodo | 15 quotidianis] quottidianis | 28 attollant] attolant | 41 quicumque] quicunque | 47 necesse] neccesse 181 8 ut satis] et satis | 9 dignum] dignam | 31apostoli] apostole qui] que | 33 decreti] decrete | 45 substantiam] substantia
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
huius sanctissimę confoederationis, quae non minus ad contunden- |35 dos paganorum impetus quam malorum christianorum superbiam | deprimendam, etiam divino consilio pro defendenda | catholica fide composita est, cogitate et videte, qualis sit | ad presens orbis monarchia predicate et consultate pru- | denter ne in posterum dicatur alicui ex vestris: «Ite ma- |40 ledicti qui non credidistis: requiem eternam non habebitis». | Quicunque ergo vult salvus esse, hanc catholicam fidem | teneat: quam qui non crediderit, peribit. Fides autem | hec est: ut confęderatio vestra, quae diversas im partes et | sententias divisa est, ad unitatem reducatur, neque confun- |45 dentes personam neque substantia seperantes et licet | sit alia persona Patris alia Filii alia Spiritus Sancti, si | tamen salvi esse vultis, neccesse est ad hoc intendere | ut Patris et Filii et Spiritus Sancti una sit divinitas,
[200v]182,
183
equalis gloria, coeterna maiestas: et talis sit Pater, qualis | Filius, qualis Spiritus Sanctus et cętera quod facile184 cogitare pote- | stis, alias fides nulla est et confederatio nullius momenti. | Et sicut dominus noster Iesus Christus, ut hanc trini- |5 tatis suę vim in unitate discipulis suis ostenderet, cru- | cis tormentum subire voluit, quod nisi fecisset in eter- | num ipsa Trinitas celata fuisset, ita vos hoc exemplo | in praesenti mundi miseria, ad hanc unitatem laboribus et | studiis omnibus intendatis, ne cum pena oporteat in fos- |10 sam obscuritatis et ęterne plage devolvi. | Predicator qui per exempla loquitur, ea solet vulgariter exponere. | Maxime igitur proficum videtur quod sanctissima liga in per- | fectam trinitatis unitatem proficiatur, quia usque huc | omnino mystica esse; presertimque omnes in uno articu- |15 lo conveniant, qui est fundatus super offensione. Que qui- | dem articulus, cum inter omnes principalis sit, est | tamen eius nature et similis illi theologice disputa- | tioni, super qua et quo in evangelio ubi dicitur: | Liber generationis Iesu Christi filii Davit filii Abram etc. |20 Et in fine Iacob autem genuit Ioseph virum Mariae, | de qua natus est Iesus qui dicitur Christus. Si enim evange- | lium diceret: de quo, fides nostra nulla esset. | Ita liga dicit de offensione; non dicit tamen quando aut | quomodo, neque discerni potest de quo, vel de qua, quia |25 antequam, pro tam longinquas regiones ubi confede- | rati sunt, discerni possit, qua verteretur in quo: | nimium enim alterando veritas amittatur. |
182 12 proficuum] proficum | 19 David] Davit Abraham] Abram | 27 amittitur] amittatur | 36 Africam] Affricam | 43 asperrima] asperima | 44 comparentur] compareatur | 47 solstitia] solsticia 183 1 aeterna] coeterna | 14 esset] esse | 15 qui] que | 25 per] pro | 26 discernit] discerni | 40 qui] que | 49 urnam] urna | 51 obturati] obturali 184 facile aggiunto nell’interlinea superiore.
5.2 Campione A
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Concludatur igitur neapolitanus Rex in liga et con- |30 tentetur Rex Romanorum de pace perdita in Sanlis: | quia ipse salvavit ligam. Ideo cum deseratur in fide | diaboli aut gallorum etc. | Demum, cum liceat sacerdoti in altari se crucis primum |35 signo, deinde tres orbis angulos : hoc est Asiam, Euro- | pam et Affricam signare ut a diabolo protegantur. | Dignum videtur, si quis vera cruce ab hoc diabolo, | hoc est a gallo, se presignare voluerit id caracteribus | validissimis, simulque connexis et non dispersis utatur: quia |40 ille que per caracteres coniurat, nisi eos firmiter com- | ponat pro cohercendo diabolo, ab eo deluditur. | Sin autem caracteres isti bellatores fortissimi et artellaria | asperima ex partibus Hyspanie, Germanie et Italie con- | gregati citoque et diligenter compareatur, ne interea |45 tentationes diaboli, id est gallorum, fraudes et promis- | siones habeant contra confederationem istam locum. | Virtus enim ista stat in acceleratione: quia sol modo solsticia | sua hyemalia transcendit et cuilibet de liga ostendet | urna sue salvationis vel periculi et quamquam caracteres isti re- |50 colligendi sint a tam longiquis partibus ut vix theologis | videatur praesentibus periculis obturali posse, attamen naturali | magistri subscripta respondent et astronomi si ea non fiat, | zizaniam lige et multa mala futura prospiciunt.
[201r e 201v bianche] [202r]185, 186 A dì 29 novembrio, letere da Pisa di 20, 21, 22 et 24: come | el Re di Romani erra partito di Monte Carlo e andato187 | a la volta di Luca et alozò fuora di Luca et noluit socia- | ri a lucensibus obviis; vene a Serzana e tendea verso |5 Parma; et a dì 24 zonse a Barce. Domenico Dolfin prove-188 | ditor tornoe a Vico Pisano, et Zustignan Morexini in | Val de Calze. Le artelarie poste a camino verso Monte | Carlo, et che pisani haveano designati do oratori a ditto | Re Maximiano verso Monte Carlo: uno chiamato Antonio |10 Pita et uno doveva andar poi orator a Milano. Item, | erra partito Eneas Crivello, erra per il Ducha di Milam; | etiam frate Augustin da Luca ordinis heremitarum, optimo | predicator, el qual nomine Ducis Mediolani molti mexi | erra stato im Pisa, ahora ritornò a Milam. Li oratori |15 di Zenoa, venuti dal Re per la materia di Pietra Sancta, | erano stati remessi a Pavia, et che li existenti ducheschi | conati fuerunt retinere Regem predictum. |
185 186 187 188
20 ducha] duca | 24 il] el | 37 vecchi] vechij | 37 sono] sonno 11 ducha] Ducha di Milam | 38 le preda] la preda | 48 Savello] Saitello A margine: Romanorum Rex. A margine: Dominicus Delphino et | Iustinianus Mauroceno.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Da Milam, de 21, 22, 24 et 26: de la morte di la figliola | dil Ducha natural lì a Milano, chiamata Blancha, moglie |20 dil Signor Galeazo di San Severino; dil partir dil Duca per | aqua verso Pavia con la moglie per esser graveda. | Di le cosse superior de’ francesi: haver avisi de do lochi | expugnati in campis Roncilioni, zoè su quel di Spagna, | da’ francesi, chiamati Rupesalto et Diona. Item, el |25 signor Constantin Arniti aver risposto a Franza ch’e- | l è investito da Maximiano et noluit accipere signum | a rege gallorum (zoè il collar). Item, che ’l Re di Romani | si partiva di Pisa, perché li confederati non li haviano | pagati li 2000 alemani iusta la promisione, ut dicebat. |30 Da Ferara, di Zuam Mocenico vicedomino nostro, de 26:189 | di la designatione de’ tre oratori per quel ducha al Re di | Romani, i qualli erano: Carlo Strozi, Aldrovandino | et Pandolfino Pestito. Item, che si dicea Franza non erra per vegnir. | Da Traù, letere di Antonio da Canal conte, de 6 de l’instante:190 |35 come 150 cavali de’ turchi haviano corso im pla- | nitie Tragurii et menato via 37 anime (tre morti), | vechij et do puti, et che stratioti sonno lì a Traù a custodia | li andono driedo et recuperono la preda: presi 37 | et più turchi, li quali aspectavano altro mandato di la |40 Signoria. Et dicti turchi erano stà mandati per Thaut | bassà per Iaiza, di la qual più indriedo191 meglio si saprà. | De Antivari: come per uno noncio di[l Papa], Zorzi Buzardo,192 | spazado da Fan per Constantinopoli,193 reportava el | ducha di Ferara solicitava turchi contra nos. |45 Da Roma, de 24: come el Pontifice havia mandato al | lago di Brazano certi bragantini per terra con 300 | cavali et 400 fanti sotto Carlo Saitello; et che Bortolomeo194 | d’Alviano con 200 cavali et alcuni fanti investì et | svalizò dicte zente pontificie (feriti molti) et fo mia |50 7 lontano di Roma. Et mandava il Papa li dicti bra- | gantini per obviar el laco, che non si socoresse Trevigliano.195 |
189 A margine: Ioannes Mocenico | Ferarię vicedominus. 190 A margine: Antonius de Canalis | Tragurii comes. 191 Probabile lapsus per più oltre, più avanti o sim. 192 A margine: Georgius Buzardo. 193 L’invio dell’emissario pontificio nel 1494 è ricordato anche nella Spedizione di Carlo VIII in Italia (Fulin 1883, 42ss.) e negli Annali tradizionalmente attribuiti a Domenico Malipiero (ASI 7, vol. 1, 323). 194 A margine: Bartholameus dal Viano. 195 A margine: Triviglianum.
5.2 Campione A
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[202v]196, 197 Da Napoli, di 21 et 22: l’orator mandò a la Signoria | li capitoli facti di Caieta. Verificha el romper di la nave | normanda francese a San Stefano a Monte Argen-198 | tato; scapoli il patron con tre over quatro a Civita Vechia. |5 Come il Re mandava le bombarde al Papa tanto | dimandate; et che ’l Re erra ito a Civita Vechia et facea | preparamento contra il prefeto, con il qual erra Gra- | tiam di Guerra francese. Che il signor di Fermo erra199 | reconciliato, qual se trovava in Caieta, con restitution |10 di lochi soi, composito tutto per monsignor di Obignì. | Da Bologna, di Antonio Vincivera, secretario nostro: come | a Fiorenza erra peste et penuria. Haviano designato200 | oratori a Maximiano, ut superius dixi;201 che Vitelozo | Vitelli et Carlo Orsino erano a Civita di Castele per far zente. |15 Da Milam: come el signor conte Zorzi de Baviera202 | con 150 cavali venia in Italia in acresimento al | Re di Romani. Come avia avisi che a Lyndò si pre- | parava a la dyeta. Che Zuam Iacomo di Traulzi erra ve-203 | nuto in Aste con comission ampla dil roy, al qual |20 tute zente mandate lì doveano obedir. Item, | haver di certa rota de Ingalterra con quelli di Sco- | cia, intervenendo il ducha di Iorche che dice esser | fio di Re Odoardo et con l’aiuto di Scocia vol intrar su | l’isola de Ingilterra et scaciar questo Re Henrico; |25 che se divulgava in Alemagna che ’l duca di Saxonia | et l’Archiepiscopo maguntino haveano disposito loro | populi ad adviarse in Italia (tamen non fu vero). | Da Napoli: dil metter dil signor Virginio Orsino in204 | Castel di l’Uovo a Napoli con suo fiol Zuam Zordam et |30 el Signor Paulo Orsino, che prima stavano a la Cera | con più libertà, e questo fece il Re don Fedrico a re- | quisition dil Pontifice, perch’el facesse che suo fiol Carlo | Orsino non si difendesse né molestasse il Papa. |
196 14 Civita di Castelo] Civita di Castele | 17 havia] avia | 21 Ingelterra] Ingalterra | 25 ducha] duca | 28 del] dil | 30 il] el l’Acera] la Cera | 36 chome] come | 43 Sebastian] Sabastian 197 4 scapolò] scapoli | 44 etc.] et 198 A margine: navis normanda | naufragantur. 199 A margine: Gratianus Guerra. 200 A margine: penuria Florentie. 201 Se si assumono i pisani come soggetto sottinteso, il riferimento è a 202r 8–10. 202 A margine: comes Georgius de Bavaria. 203 A margine: Ioannes Iacobus Triulcius. 204 A margine: Virginius Urssini.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Item, che don Ferando Consalves erra rechiesto dal |35 Papa per la impresa contra Orsini, el qual erra a Capua. | Noto chome Iacomo Contarini doctor, orator nostro, | stete im Portegallo zorni 17 e trovò il Re a Turris205 | Vetteras (tamen, la residentia di esso Re è in la cità de | Lisbona) et quel re, dapoi che molto esso orator cha- |40 rezoe, lo fece cavalier, li donò una spada e uno per206 | di spironi e nel partir suo li donò uno gato di zibe- | to e una medaia d’oro di valluta di ducati 200, da farsi | una coladena. Et erra con dicto orator Sabastian | Contarini, suo fratello. Et A dì ultimo octubrio zonse |45 esso orator a Burgos, in corte dil Re di Spagna, chome | dirò di sotto.207 Et a dì 17 novembrio Francesco Capelo cava-208 | lier partì di Burgos et a dì 4 dezembrio zonse a Barze- | lona et a dì 5 zonse a Tortosa. Poi andò a Valenza | et poco lontan montoe su le galie di Barbaria et vene |50 verso Veniesia. Smontoe a Tunis, fo da quel Re etc., come209 dirò.210 | [203r]211, 1496 |
212
Questo è il successo di tutte nuove venute | dil mexe di dezembrio
A dì 3 ditto, vene letere da Milam, di 27 di novembrio, date | a Bel Reguardo da Marco Dandolo sopranominato orator |5 nostro: come el ducha erra zonto lì; et che, di le cosse di Ze- | noa, che im Provenza si armava et erit bonum pro- | veder. Et, per letere intercepte da Lion, che lì erano zonti | el Cardinal Samalló et el Cardinal San Piero in Vincula, | el duca d’Orliens, domino Baptistino di Campo Fregoso et il |10 duca di Barbon per consultar di le provision italice. Item, | verificha la rota del Re de Ingelterra con scozessi, et esser | a campo inter utrumque persone 40 in 50 milia. | Da Pixa, de 29: come el campo nostro erra andato a li | alozamenti et li Proveditori se ritrovavano im Pisa. |15 205 A margine: Iacobus Contareno | doctor orator. 206 A margine: dona regis Lusytanię. 207 Cf. 1,430. 208 A margine: Franciscus Capello | eques orator. 209 Abbreviato mediante titulus sormontante la m. 210 Cf. 1,629. 211 3 venne] vene | 9 ducha] duca | 10 ducha] duca | 11 scozesi] scozessi | 18 Civita de Castelli] Civita de Castelle | 22 2 milia] doa milia | 23 cercha] circha | 31 prefecto] preffeto | 35 Fornono] For Novo refuso 212 8 San Mallò] Samalló | 17 Luna] Lonà | 20 aspetava] aspetavano | 38 De] Da | 42 volsero] volseno
5.2 Campione A
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Da Roma, de 26: come Trivigliano, loco de Orssini, a dì | 25 le zente pontificie lo haveano abuto, nel qual erra | intrà el legato Lonà. Carlo Orsini e Vitelozo Vitelli | a Civita de Castelle si ritrovavano et haveano preparato | zente per socorer i loci soi; et zonti a Cerveterri. |20 Item, che aspetavano il Papa don Ferando Consalvo, | che erra a Nolla per expedir questa impresa di Orsini et | rehaver Hostia, qual se atrovava cavali doa milia vel | circha. Et che madona Bartholamea Orsini, sorella dil signor Virginio, | havea mandà letere di la Signoria, qual erano per avanti |25 stà smarite a Roma, a l’orator nostro. Item, che di Franza | erra letere nel Cardinal di Zenoa: come omnino il Re | erra per vegnir in Italia per nadal proximo. | Da Napoli, di l’orator nostro: et comemora i lochi che | mancha expugnar per il Re videlicet Civita Sancto Angelo |30 in la Puia, Taranto et alcuni castelli in Calabria, et | el contado di Sora, dove si ritrova esser el preffeto. | A dì 5 ditto, da Francesco Foscari orator nostro apresso il Re | di Romani: che di Pisa erra venuto driedo il re, et erra | date a For Novo a 26 dil passato: come erra zonto |35 lì con neve, pioze et giazo; et Maximiliano esser | a Parma et teniva la volta di Pavia. Item, de alcu- | ni coloquij facti intervenientibus oratoribus lige. | Da Pisa, de 24, 27: alozamenti procurati a le coline et | verso el stagno di Liburno per i strami; et la disobe- |40 dientia di stratioti quali non volseno socorer el bastion | de Cevali depredato et guasto da’ fiorentini, et quelli | volseno cavalchar malmenati dai soi e ferito uno | di Gregoriza da Spalato; et esser da proveder. Et che | la compagnia di Sonzin Benzon esser disolta, et le zente |45 d’arme desiderar andar a li alozamenti in Lombardia. | Da Domenego Malipiero, provedador di l’armada, erra a Porto | Venere: come aspectava mandato213 di levarse. Et fo deli- | berà dovesse andar con le214 galie a la volta di Zenoa | per esser letere dil zonzer di l’armata di Bertagna a l’ixola |50 de Ores, et a Marsilia legni X, e dil rearmar di la nave | Rodiana et Palavicina lì per socorer Caieta e altri loci.
213 Questo scioglimento del mto del ms. pare più calzante del moto dell’ed. Fulin et al. Cf. ad esempio 12,425: «non venendo Maximian, haveano mandato di levarsi e tornar in la ducea di Milan». 214 L’abbreviazione e il seguente le del ms. vengono interpretate quele dagli editori.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
[203v]215 Da Zenoa, de 27, di Zorzi Negro secretario: avixa, come | ho scrito,216 di l’armata francese et che Sam Piero in Vincula | et domino Baptistino Fregoso erano per vegnir a quella volta. | Ricercha sia provisto di zente et di armate per lì. |5 Da Turin: che se preparava per el Re ch’è a Lion per Italia. | Item, che 1000 lanze preparate per le frontiere a Per- | pignan se volzerano de qui et per le neve sariano tarde. | Da Milam, de 28, 29, 30 et di do dil presente, nel qual zorno | il Re di Romani erra zonto a Pavia con cavali 250; |10 et di alcuni parlamenti dil Ducha con l’orator nostro. | Vene letere de Ingeltera, de 17 novembrio: dil piacer ha- | vea abuto il Re di la demostration fata per i confederati | di la publication di la liga; e dovea publicarsi de lì a Lon- | dra al primo dil mexe presente di dezembrio. Et il Re |15 scrisse a la Signoria in responsione di una lettera congratulato- | ria de eadem materia, la qual è avanti scripta.217 | Da Roma, de 29: che, essendo intrato el legato in Tri- | vigliano, le zente yspane dil Ducha di Gandia erano | state a le man con quelle dil Ducha di Urbin per el botin |20 et se havea morti et feriti. Alcuni tandem havea- | no posto focho in ditto castello et consumpto quello, | la qual cossa molto havia spiaciuto al Pontifice. | Di campo di Caieta, di l’orator nostro Polo Capelo, de 24 | et 26: come francesi si preparavano per andar via, |25 con i qualli vano alcune done caietane maridade | in lhoro; et che ’l Re desiderava la Signoria li facesse aver | Taranto. Dil preparar le artilarie versso Rocha Vielma, | dove se ritrovava Gratiam de Guerra, el qual parea | non voler acordo senza el preffeto. Expediti da quello, |30 se atenderia andar contra Sora, dove erra il prefeto, | et don Consalvo Fernandes andava a questo con zente. | Item, che a Napoli erra zonto l’orator milanese domino | Baldisera de Pusterla, causa congratulationis dil Re nuovo. | De li francesi sonno a Baia, esserli manchato vituarie e |35 danari, intanto che non si provedendo moreriano da fame. |
215 7 volzeranno] volzerano | 8 dì 2] di do | 15 responsion] responsione | 34 sono] sonno | 38 sindaci] sindici. 216 Il rimando è alle informazioni inviate da Domenico Malipiero e appena riferite. 217 La risposta di Enrico VII non sarà però mai trascritta nei Diarii.
5.2 Campione A
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Letere da Monopoli di Alvixe Loredam, governador nostro, | et di Taranto, che denotano esser stà rumor in la | terra poi el partir di sindici per qui, tra la parte | tegnia per San Marco et alcuni qualli solicitati dal |40 signor don Cęsaro, ch’è lì a campo, voleano levar le in- | segne dil Re et superati da’ nostri erano stà parte | impichati parte morti. Item, che sono constanti de | esser nostri over, nolentibus nobis, del Turcho. | Noto: come fo pratichato di condur el signor di Piombino |45 con la liga con 50 in 70 homeni d’arme; tamen non fu conduto. | Et il Ducha di Milam, per letere di l’orator nostro, exortava questo. | [204r]218, 219 Letere da Cataro di Piero Lion proveditor, de 27: dil zon- | zer di Stefano Zernoich da Constantinopoli, quale poi | zonto fece intender a Zorzi Zernoich, suo fradelo, per | nome dil Signor che andasse a la Porta, over in tre dì |5 levasse dil paese. Quale Zorzi, intendendo la trama, | se havea imbarchato a Budua con la dona sua, fo fia | di domino Antonio Erizo zenthilomo nostro, e robe sue et | tegniva la volta de qui. Et in questo modo el ditto | suo fradelo li tolse la signoria. Quelli di Sterniza, vo- |10 lendo tornar soto la pristina devution di la Signoria, | erano venuti dal conte a dirli questo. El qual loco | di Sterniza è in confinibus Catari; occupato erra stà | per forza da ditto conte Zorzi zà più tempo. Unde, con- | sultato inter patres, fo deliberà di mandar Alvixe |15 Sagudino secretario a Scutari al sanzacho per ditta cau- | sa et per meter i confini a Antivari con presenti | per ducati 250, acciò ditto Stefano non fazi garbuio co- | me feva esso Zorzi. El qual sanzacho nome Perisa- | cha et ha auctorità grande, et spera di esser bassà. |20 A dì 7 ditto, letere da Pisa dai provedadori a Cassina: dil | solizitar i alozamenti; et penuria de strami e biava | de cavali; exortatione ad alozar im Lombardia. Item, | el campo de’ fiorentini esser a Soiana e Terizola con | fanti 300: nostri cavalchorono et fezeno ritrar ditte |25 zente. Et dil partir di Maximiano el qual non | volse intrar im Petrasanta, ma feze la via de Mezacroxe.220 |
218 2 Costantinopoli] Constantinopoli | 9 fradello] fradelo | 17 faci] fazi | 26 Petrasancta] Petrasanta | 33 sono] sonno | 48 ducha] duca 219 18 con esso Zorzi] esso Zorzi | 22 da] de | 28 nell’Isola] ad Isola | 44 quella] quelle 220 Probabilmente Massarosa, oggi comune in provincia di Lucca (cf. anche Mazacroxe 2,136). In tutte le attestazioni antiche registrate in Gasca Queirazza et al. (1990), il secondo elemento del toponimo presenta una velare sonora iniziale: Grausi / Grosi / Grosa.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Da Roma, di primo: come le zente dil Papa andavano | per poner campo ad Isola, loco orsino. Item, che Zan | Zordam Napello erra a Conietello con 300 fanti et |30 50 homeni d’arme et che, partiti da Isola, doveano an- | dar a Vicovaro. Item, che ’l Papa non volea nomi- | nar Federico Re per esser debitor di 50 milia lire | de sterlini et 48 milia per feudo scorsso, che sonno | ducati 200 milia. Item, a Roma esser penuria; et che |35 di far di cardinali non ne erra praticha. | Da Caieta, di 28: dil consignar di le cità et castelli | per francesi al re, quali erano imbarchati in do sue | nave. Item, don Consalvo Fernandes esser versso Sora. | Da Pavia, di l’orator nostro, dove erra il Ducha di Milam, |40 di 3, 5, 6: che ’l Re di Romani havia concluso, coram | il Ducha e oratori, esser levato de l’impresa perché non | erra stà per la liga provisto a quanto acadea, et per | honor suo volea tornar a caxa, dove non resteria | di aiutar la liga in quelle parte con favor di baroni soi. |45 Et, volendo il Papa, Milam et nui, lasseria sue zente | de qui, ma volea 18 in 20 milia ducati al mexe | per tre mexi fermi; et la sua per sona esser in libertà | di andar o star. Et che ’l duca havia instado el restasse [204v]222, 223 in Italia, maxime sentendossi di sopra la solizitudine fa | Franza per Italia et il zonzer di monsignor Santo Andrea verso | Savoia, qual erra capitanio contra Spagna a le frontiere di Per- | pignan. Et di l’armata a Marseia zonta; e movimenti di |5 domino Baptistino Fregoso e di San Piero in Vincula contra Zenoa e Saona; | e di la nave Rodiana in hordine a Niza di Provenza. Item, | dil zonzer in Turin di Piero di Medici (e la causa non se intende). | Item, che per avisi di sopra se intendea esser stà conclusa | trieva tra Spagna e Franza per mesi tre. Item, che Franza |10 solicitava, con el mezo di domino Ioanne Iacomo Traulzi, che el signor | Constantin Arniti governa il stato dil Marchexe di Mon- | ferà acetasse l’hordine e dar favore etc. Item, che ’l | duca di Savoia mandava a Maximiano uno suo orator. | 221
Letere dil proveditor di l’armada Malipiero, de 29224 et primo: dil zonzer |15 di la nave Soranza lì. Item, che la parte flischa, qual do- | mina quella riviera, per bona
221 Sul margine sinistro: A dì 9. 222 1 sentendosi] sentendossi | 2 contro] contra | 13 ducha] duca | 19 di 1o, 2o et 4o] di primo, 2 et 4 | 34 si] se | 43 quali] qualli 223 8 concluso] conclusa | 18 questa] queste | 26–27 importantia] impotentia Cf. F 236r 57 e 1,389: «per impotentia di non poter pagar ditte taie», 9,461«convegnirano comprar il sal e non lhaverano auto per le caxe per la impotentia loro», 14,66: «non havesseno modo di pagar per impotentia»; inoltre la notizia a 204r 31–34. Meno probabile un imponentia 224 Il numero è seguito da un altro 29 sbarrato.
5.2 Campione A
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via havia inteso voleva | cazar Adorni dil stato di Zenoa, et perhò dubitava andar- | vi lì in Zenoa con le galie per queste tal turbation. | Da Pisa, de 29 et di primo, 2 et 4: come inimici (squadre |20 11, fanti 2000 e plui) haveano abuto Terizola a pati | e andavano versso Cassina. Stratioti desobedienti se leva- | vano per Lombardia per deffetto de strami e danari. La de- | signation di l’orator pisano qui, domino Beneto di Beneti, per | notificar a la Signoria el stato et condition di quella cità. |25 Da Roma, di 4 et 5: el campo dil Papa a Isola. Item, che ’l Pon- | tifice non invidava Maximiano a la corona per la im- | potentia de la spexa. Item, che haveano avixi che ’l Re di | Franza erra per vegnir in Italia. Item, da Terazina: come | erra rota una barza conducea francesi da Caieta, |30 zoè il castelan con 300 altri, di quali erano scapolati solum 30. | Da Caieta, di 29, 30 et primo de l’instante: de l’intrar dil Re | in dita terra, alozato in castello con festa. De’ francesi | uno galion trovarsi ancor im porto; di quelli di Baya non | se dicea altro. Item, come il Re don Fedrico havia dato |35 provision in Trane di una caxa et altro ai fioli fo di domino | Francesco Morexini cognominato da Zara, morto in l’im- | presa dil regno a’ servicij dil signor Re Ferando. | Da Pisa: come el campo de’ fiorentini si ritrovava a Sam | Piero verso Canapoli et volea andar recuperando castelli. |40 Da Ravena, di Cristofal Moro podestà et capitanio, di 6 de l’instante: de | zerti movimenti di madama da Furlì con Achile | da Cesena. Et mutation di Bertonoro; el far di zente a Lugo, | afin de favorir fiorentini qualli hanno intelligentia | con Cesena et quelli loci per far novità. |45 In questo zorno, a dì 7 dezembrio: nel Conseio di Pregadi | fo fato deliberation zercha Taranto et expedito Andrea | Zanchani: andava ivi con la comision che, abuta la rocha, | persuada quelli di la terra ad vota regis et, non volendo, re- | scriva de qui (et zercha questo più difuso ho scripto per avanti).225 |50 È da saper l’acordo di le forteze con francesi fo concluso in ducati 12 milia.
225 Anche in questo caso non sembra possibile indicare il luogo cui allude il cronista. Alla missione si fa ancora riferimento, ma in modo altrettanto stringato, a 1,445s.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
[205r]226, 227 A dì 12 ditto: vene letere di Roma di 5, di alcuni consulti et | quasi protesti facti per l’orator yspano et quello di Napoli | al Pontifice in materia tarentina; et altri consulti de Pisa. | Da Caieta, di primo: del partir de l’altro galion de’ francesi |5 e de quelli di Baya. Item, che Gratiano Guerra non aceta- | va pati, et contra quello il Re si preparava; havea dato | danari a li elemani. Item, erra zonto don Consalvo | Fernandes, capitanio yspano assa’ honorato dal re, lì a Caieta. | Item, che Gratiano Guerra erra in la Rocha Guielma, susten- |10 tado dal prefetto che si ritrova in Sora, come ho sopra ditto.228 | Da Milam, di l’orator nostro, date a Bel Reguardo a dì 7: come | el Duca partiva con la Duchessa per aqua e ritornava a Milam; | et li oratori andavano per terra. Et di alcuni coloquij | usati col Re di Romani et Duca, et verba illorum. |15 Da Turin: esser zonte alcune zente nel Dolfinà a San | Valentino; et il Re erra a Lion atendea per terra e per | mar mandar zente per Zenoa et Saona. | Da Bologna: el campo fiorentino esser a li alozamenti; | Vitelozo Vitelli a Civita di Castelle con homeni d’arme 150. Et |20 solicitava mazor numero; similiter Carlo Orsino. | Item, che ’l Cardinal Orsino erra levato incognito da Fio- | renza, si diceva, per Ferara, dove se consultava i favor galici. | Da Ravena: che uno chiamato Zuam da Ortona facea | zente a Lugo e Faenza per Civita di Castelle a’ favori di Vi- |25 telozo e Carlo Orsini, spenti da Ferara e fiorentini. | Da Riva, di Filippo Boldù proveditor: el passar de certi | cavali alemani ben in hordine, et la tornata dil Re | di Romani in Alemagna; et havia dato licentia a soi oratori erano qui.229 | A dì 14, vene letere da Roma di 7: el campo dil Papa esser |30 atorno Isola, quale se difendea intrepide; e si provedea | per il Papa al suo de strami e vituarie da Roma, dove era penuria. | Item, come in concistorio erra stà deliberato dar titolo |
226 4 Di 1o] di primo | 5 de] di | 7 alemani] elemani | 12 ducha] duca | 19 Viteli] Vitelli Civita di Castelli] Civita di Castelle | 39–40 Civita di Castelli] Civita di Castelle 227 35 repugnatibus] repugnantibus 228 V. 198r 33s. 229 erano qui aggiunto a margine.
5.3 Campione B
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honorifico al Re yspano in nominarlo de cetero «Catho- | lico», quemadmodum Franza si dice «Cristianissimo». Et questo fece |35 repugnantibus Cardinalibus, quia nomen illud potius con- | venit Pontifici et spiritualibus quam secularibus: tamen | il Pontifice sic voluit. Item, dil zonzer ivi di monsignor | di Begnì (et acetado dal Cardinal Ascanio in caxa), el qual | vol passar in Franza. Item, Vitelozo Vitelli esser a Ci- |40 vita di Castelle: havea fanti 1000 et homeni d’arme 150. | Similiter, Carlo Orsino homeni d’arme 50 et erra | a Perosa. Item, el Papa haver conduto per tre mexi Zuam | Vitelo qual erra a soldo di senesi, con homeni d’arme | 100, et questo fornia la sua compagnia a Siena. Item, ha- |45 via conduto Venantio da Camarino con homeni d’arme 50: | tutti per la impresa contra Orsini, di la qual haveva | esso Pontifice gran fantasia di ruinarli per dar quel stado ai fioli.
5.3 Campione B Marc. It. VII, 232 (= 9219), 131r–135v e 359r–369v [ed. Fulin et al. 4,277,37– 4,287,9 e 4,804,40–4,813,9] [131r]1 Dil mexe di zugno 1502. | Fo decreto che, per la venuta di la Raina di Hongaria, | tutte le arte fazi uno paraschelmo; e fo scripto | a li rectori di Padoa, soprastesseno al far di la zostra |5 fino a dì 26, che la Raina vi saria. Et il Re doveva | esser a dì 17 a Milam, perhò a dì 15 il Bembo di Verona si partì. | A dì 6: vene letere dil capitanio zeneral, date a la Zefalonia, | come à nove, Chamalì è per ussir con 100 velle. | À scrito a sier Marco Antonio Contarini, capitanio dil colfo, che li mandi |10 tute le galie ha con lui in colfo, perché el vol far la | massa e andar a la volta di Levante. E il capitanio dil colfo | scrisse a la Signoria, turchi aver ingrossato a le aque di | la Vaiusa, a la bocha, et erra per trazer 12 fuste, | quale erano in hordine a la bocha, e lui è sollo con la |15 soa galia e il barzoto e alcune poche fuste. | Et inteso questo, hessendo ancora a Puola le galie di | Barbaria, capitanio sier Marin Barbo, per causa che dito capitanio, | cavalchando, cazete di cavalo e si fé mal: unde fo | decreto e comandà a dite galie, vadino a la Vaiusa |20 e, non
1 32 sono] sonno | 39 sono] sonno
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
bisognando, il capitanio dil colfo le mandi a lhoro viazo. | Item, fo expedì do galie dil Papa e mandate via. | Item, fo messo im Pregadi 4 decime, do ordinarie | al Monte Vechio (ne le qual si comprende quelle di preti) et do | al Monte Nuovo, con don di X per 100. Item, a li zudei, che |25 pagino ducati 5000, ut im parte. E fu preso. | In questo mezo, a Pisa, per letere di 9, da Fosdinovo, intisi, | Piero di Medici e Vitelozo esser intrati in Arezo, | terra di fiorentini. E il campo di fiorentini è partito di | Pisa e andato a Vico Pisano, e inteso queste novità, |30 è ritornà a la guardia di Fiorenza. E pisani hanno | richiesto a zenoesi, luchesi e senesi ducati XXV milia; | si stima gli habino auti, perché sonno venuti a la Speza | a comprar grani e formazi per fornir la cità. Item, | uno corier senese tornava con letere dil Re di Ro- |35 mani, fu preso da’ fiorentini e datoli corda e relaxato; | qual, zonto a Siena, morite. E per tal caxon senesi, | sdegnati, hanno preso la volta in favor di Piero | di Medici etc. Et in Reame, per sdegno di la doana, | spagnoli sonno mossi contra francesi, e stati a le man |40 e tagliatosi a pezi. E per il Re di Franza, a Zenoa, si fa apa- | rato di zente per mandar in Reame; qual vien lì di Milam. | Et l’oficio di San Zorzi à mandato orator lhoro in Corsicha, | per intender da li adversarii si voglino pace o guerra: | e si stima, più presto guerra. E Frachasso, qual è preson di |45 fiorentini, si dice, l’imperador à scrito a’ fiorentini lo lassano, | per esser suo soldato. Gli hanno risposto, lo tengeno2 come [131v]3, 4 ribelo dil Re di Franza. E lo tengono in destreta, in | una camera, im palazo. Item, el marchexe Alberigo | à fato venir una nave bischaina carga di sal | e zenoesi hanno voluto opponersi, ma tutto prima |5 fo scarichato; e dito Alberigo si chiama marchese di Carara. A Roma, a dì 29 mazo, sier Vicenzo Querini, videlicet sier Hironimo, studiava | a Padoa, andato ivi, tene le conclusione. Vi fu al- | cuni cardinali, et fo disputato, et benissimo si | portoe, adeo il Papa il concistorio con gran sua laude |10 lo dotoroe. Eravi presente sier Marin Zorzi dotor, orator | nostro. Et poi el vene a Venecia, e le soe conclusione | fonno butate a stampa: opera molto degna.5 |
2 Tengene nel manoscritto. 3 3 biscaina] bischaina | 5 marchexe] marchese | 40 Milan] Milam | 45 Baion] Baiom 4 9 concistoro] concistorio 5 Si tratta delle Conclusiones Vincentii Quirini patritii Veneti Romae disputatae, date alla luce a Venezia per i tipi di Simone Bevilacqua (cf. EDIT16). Il passato remoto usato da Sanudo consiglierebbe di situare la stampa già nel 1502, mentre il catalogo online propende dubitativamente per l’anno seguente.
5.3 Campione B
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Dil zeneral, a dì 12, se intese, per letere di Corfù, di 16 mazo, | come l’era a la Zefalonia, e havia scrito se li mandasse |15 tutti i6 navilij, perché Camallì erra per ussir a l’impresa | di Napoli. El qual zeneral à solum galie 23, tra le qual 4 | sole di Candia et 3 di Puia, zoè Trane, Mola e Pulignan | (tra questi 3 lochi à armato una galia) unde a Veniexia | fo celerato lo armar di la barza grossa, patron sier An- |20 drea Contarini, con homeni 5007; et il comissario dil Papa, | Pexaro, Episcopo di Baffo, solicitava lo armar le 5 galie, | di le qual zà do erano partite, con pochi perhò homeni, per | andar a compir di interzarsi in Ancona. | A dì 18: im Pregadi fo spazà la causa di le spezie venute |25 con le galie di Alexandria, capitanio sier Marco Venier, cargate | poi muda. Parlò primo sier Hironimo Capelo l’avogador. | Li rispose sier Lunardo Grimani, Savio dil Conseio. E fu preso | di largo che li merchadanti havesse le specie, e li pa- | troni i soi nolli, per molte raxon tunc allegade. |30 Hessendo venuto con dite galie uno orator yspano, | stato al Cayro, fo honorato da la Signoria; e per terra ri- | tornò in Spagna, et passò per Verona. Havia con sì | una pelle di drago, granda come di uno cavalo. | In questi zorni fo condanà per il Conseio di X sier Nicolò Zustignan |35 quondam sier Marin, da San Barnaba, ducati 300, per haver tenuto | furatola, e fo publichà la soa condanaxon in Gran Conseio. | Item, achadete che uno Domenego Amai e uno Alvixe | de Pelegrin cadeteno in aqua a Venecia e, volendo | aiutarsi l’uno con l’altro, tutti doi si anegono. |40 Da Milam vidi una letera: come, poiché Piero di Medici | e Vitelozo introno in Arezo, ebbeno etiam Cortona; | e pisani erano a campo a Bientena, e fonno a le man | con fiorentini, di qualli ne amazono da 500; e fiorentini erra | im paura, e tolseno uno novo condutier, Morgante |45 Baiom. E fo dito senesi aver pigliato Pozo Imperiale, | e non fu vero. E tra lhoro fiorentini si tagliavano a pezi; | e si diceva, avanti il dì di San Zuane Piero saria ritornà in caxa. |
6 Un apparente titulus sormonta l’articolo, probabilmente per un semplice scorso di penna. 7 Ma forse da leggere 300.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
[132r]8, 9 Di Roma, si ave più avisi: el Papa diceva voler ve- | nir a Ferara a veder la fiola, ch’è graveda (et fece | in concistorio uno edito: tutta la corte lo siegua soto | penna di perder de li beneficij) ma poi non vi andoe. |5 A dì 15: sier Bernardo Bembo, dotor et cava- lier, podestà di Verona, | partì, et ave il zorno poi la commissione. E questo | perché si diceva, a dì 17 il roy dovea esser a Milam, | et non vene perhò; unde esso orator, per temporizar, | andò a Trevi dove stete alcuni zorni, perhò che |10 se intese, a dì 20 il Re si partì da Lion (videlicet mazo) et | a dì 9 si dovea partir la Raina: siché sarano longi. | A dì 24: fu publichà a Gran Conseio la parte di le arme, com- | me ho scrito;10 e che le barche dil Conseio di X vadino di zorno | per la terra con le bandiruole (etc.), ut patet im parte. |15 A dì 28: im Pregadi fo posto per il Coleio dar il possesso | di l’abacia di Rosazo, erra dil Dandolo electo Episcopo | vicentino, al Cardinal Grimani, al qual el Pontifice l’à con- | cessa; et contradixe sier Lorenzo Dandolo Savio ai Ordeni, |20 e disse le raxon di suo fradello. Li rispose sier Domenego di | Prioli, el 40. Et andò le parte; et nihil captum fuit. | Da mar, si ave letere dil zeneral, di 4, date al Zante: | come arrà galie 46 in tutto e atende far la | massa; poi anderà verso Napoli, dove (si dice) è trata. |25 Da Milam: vidi una letera de uno che scrive da Bles, | di 30 mazo. Che a dì 21 la Raina di Hongaria si partì | da Bles, per venir a Veniexia e per andar in Hongaria con bella | compagnia di baroni e damisele; e a dì 27 dil predito si partì il re, | pur da Bles, per ritrovarsi poi insieme a Liom. Si iudicha |30 starano 5 over 6 dì, poi anderano a la volta di Zenoa | e, passato che haverano l’Alpe, venirano a Milam; e la rai- | na aspeta il Re a Liom. Et dice aver veduto una bellis- | sima corte; prima quel di Franza, poi quel di Napoli e quel di Navara, | che sonno tre Re di corona, et il legato dil Papa (ch’è il Cardinal |35 Roam) e il Cardinal San Zorzi e il Cardinal Ascanio, qual è in libertà, | e l’Archiducha di Bergogna e monsignor di Lanzon, monsi- | gnor di Foys e monsignor di Anguleme, li qualli tre | aspetano el reame
8 4 pena] penna | 7 Milan] Milam | 15 fu] fo | 25 Milan] Milam | 29 Lion] Liom | 32 Lion] Liom | 34 sono] sonno | 35 Roan] Roam | 41 sono] sonno 9 21 la parte] le parte 10 Cf. 4,276 (130r–v): «A dì 23 zugno. Nel conseio di X fu preso una stretissima parte di portar arme, atento non si poteva andar per Venecia, tanti erano amazati et feriti; la qual parte fu poi publichata a gran conseio a dì 24 ditto».
5.3 Campione B
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(non passano di età anni 15 per uno); | ancora el Marchexe de Monferà, el fiolo dil Ducha di Lorena, |40 el qual è Ducha di Calabria. Item, ambasarie di ogni potentia, | excepto dil Turcho, vi sonno, et altre baronie senza numero. | Item, crede il Re passerà li monti per venir a Milano. | [132v]11, 12 Copia de una lettera dil Re di Romani. | Maximilianus romanorum Rex semper augustus etc., | honorabiles fideles dilecti. Audivimus heri oratorem | serenissimi franchorum regis, fratris mei carissimi, sed nullam |5 adhuc
fecimus13 conclusionem super concordia tractata | Tridenti, quia inter nos sunt adhuc alique dif- | ficultates, propter quas oportet, ut mittamus oratores | nostros ad praefatum regem, sicuti im brevi mittemus. | Voluimus vobis ista significare, ut intelligatis |10 nos non defecisse nec velle deficere, ut tractatus | ille concludatur et executioni mandetur. Speramus | tamen tantum efficere, per medium praefactorum nostrorum | oratorum, quod praefactus rex nobiscum componetur, et | quod in negotiis vestris faciet opportunam provisionem, |15 et nos in aliquo modo deficiemus. Ideo poteritis omnia | praedicta aliis consotiis significare, ut constanter | maneant ad expectandum hanc conclusionem. | Datae in oppido nostro imperiali ratisburnensi,14 24 aprilis | 1502, regni nostri ro[mani] 17. Ad mandatum domini regis, proprium |20 per regem. A tergo: Honorabilibus nostris et Sacri Im- | perii fidelibus dilectis: Hironimo Landriano ordinis hu- | miliatorum generali, Ludovico Vicecomiti et Luchino | Cribello mediolanensibus.
[133r]15, 16 A dì 29 zugno, per letere di Cypro si ave come quel | rezimento havia mandato domino Constantin Laschari per am- | basador im Persia al Caraman e al nuovo profeta; | lo qual ambasador partite. Scrisse aversi acompa- |5 gnato con 60 cavali de altri che andava a quella via, | e lui fenzeva esser merchadante. E che ditto propheta | havia gran potentia e gran seguito in quelle parte. |
11 1 di] de | 6 aliquae] alique | 8 in brevi] im brevi | 19 consociis] consotiis 12 18 Ratisburgensi] Ratisburnensi già in RI XIV,4/1 n. 16386 si era supposto che l’etnico fosse stato corrotto dai copisti 13 fe- sembra correzione su fu. 14 La modifica apportata dagli editori consegue alla loro identificazione della città con Ratisbona, esplicita nell’indice al volume; RI XIV, 4/1 propone invece di identificare la località in Rettenbach, nel circondario rurale di Günzburg in Baviera. Sulla base della lezione autentica dell’etnico, ci si consente qui di suggerire in alternativa la poco distante e più importante Kaufbeuren: le pur notevoli differenze formali si possono spiegare con una serie di fraintendimenti comuni nell’antica trasmissione scritta di toponimi (K ~ R, u ~ ti, s ~ f); diverse lettere diffuse dell’imperatore negli stessi giorni provengono dallo stesso luogo (cf. RI XIV, ibid.); al contrario di Rettenbach, Kaufbeuren era effettivamente una freie Reichstadt. 15 9 Modon] Modom 16 12 levata etc.] levata
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Fo divulgato in questo zorno una nuova falssa, | videlicet che ’l zeneral nostro havia recuperato Modom (che |10 utinam Dio havesse voluto, per ben di la christianità e nostro) | zoè che l’havia obtenuto per tratato, con occision di turchi. | Tamen non fu vero et fu una zanza levata. [133v]17 Dil mexe di luio 1502. | A dì 5 ditto: nel conseio di Pregadi, fo preso (e di poche balote) | di meter 5 galie in Alexandria et 3 a Baruto; | et fo poste con gran danno di la Signoria e di la terra et fuo- |5 ra di ogni saxom; ma fo qualche uno di Savij ai Or- | deni per suo particular etc. Or incantate in Ale- | xandria. Have la prima sier Zuam Arimondo quondam sier Zorzi, per lire 48; | sier Beneto Bafo quondam sier Lorenzo, per lire 22; sier Zuam Bafo quondam sier Hironimo, per lire 34; | sier Santo Venier, di sier Zuane, per lire 48; et sier Fantin Memo, |10 quondam sier Lodovico, per lire 53. Fu fato capitanio sier Sabastian Moro, | fo patron di la barza, quondam sier Damian. Et al viazo di Baruto | non trovono patrom, unde parse a li Savij ai Or- | deni non far altro fino non veniva nuove di | Soria, per saper comme passavano quelle novità. |15 El Pontifice in questo mezo, el qual haveva l’ochio a Bo- | logna, mandoe a dir a missier Zuam Bentivoy, ch’è quasi signor | di quella terra, ch’el volea venir lì a Bologna. Et | missier Zuane li fé risponder, lo rezeveria volentieri soa | Santità e la corte, ma non venisse con gente d’arme, |20 perché non lo acepteria. E tuta via feva fortifichar | Bologna; feva mostra di le zente e di partesani soi. | Et il Re di Franza, in favor di fiorentini, li concesse | le sue zente, et scrisse al governador di Milam ge ne | mandasse. Qual fin horra è passate: cavali 2000 |25 di francesi, zonti zà in le terre di ditti fiorentini. | El ducha Valentino fue a questi dì a Urbino, alozato | nel palazo, dove trovoe arzenti, tapezarie, libri | (etc.) per assa’ valuta (si dice più di ducati 150 milia); | et di quelle atendeva a far inventario e mandarle |30 via de lì; et che havia fato decapitar quel Piero | Antonio, secretario, che fo quello li fé aver quel stato: | e questo perché li promisse darli el Ducha de Urbim | in le man, e quello lassoe andar a Ravena et Mantoa. |
17 12 patron] patrom | 24 hora] horra | 32 Urbin] Urbim | 38 Milan] Milam caxon] caxom
5.3 Campione B
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El Re di Franza già si aproximava a Milam, unde el |35 Ducha di Ferara si partì et andò per Po a Pavia18 incontra. | Etiam, prima, vi andoe el Marchexe di Mantoa. El qual | re, per avisi, dovea esser a Pavia a dì 6 luio; | et si dice non verà a Milam per caxom di la peste. | Et tutta la terra si fé meraveglia che questi do |40 signori, qualli solli restano in Italia, si confidi andar dal roy. | A dì 7 luio: domino Benedicto Brognolo da Lignago, | lezeva publice a San Silvestro, morite di età di anni | 80. Questo erra doctissimo in latin et in grecho, | in studii de humanità. Lexé, a publico stipendio di la |45 Signoria nostra, a la Canzelaria anni 38, e adhuc legeva. | Fo discipulo di Zuam Piero da Lucha. Or fu sepulto | a li Frati Menori con solenne exequio et li fece | la oration funebre Marco Antonio Sabelico.19 [134r]20 A dì 14 luio, fo preso im Pregadi, dar ogni giorno a la | Regina, va in Hongaria, che vien di Franza, ducati 100 al | zorno per le spexe, comenzando el primo zorno la intrerà ne | le terre nostre.21 Et cussì fo scrito a li rectori, la dovesse- |5 no honorar e alozarla in uno di palazi. Item, perché el vien | 700 ca vali de hungari contra, i qual zà parte son passadi | da Sazil a Treviso (etc.), a questi capi et oratori regii li sia dato | ducati 50 al zorno per spexe. Dita Raina alozerà in la | caxa dil Ducha di Ferara, la qual honorifice vin preparata; |10 et etiam è stà tolto per l’oficio di le raxon vechie altre 16 caxe, | con 14, 16 et 20 leti per una. Etiam fo dato alozamento | a li hungari etc. E fu diliberato farli grandissimo honor | e far ragatar homeni, etiam femene di le contrade, con palio | di 40 ducati, farli una festa im palazo e darli altri piazeri. |15 Adoncha zonseno in questa terra prima 7 oratori hungarici | con cavali 400, tra i qual è il ducha Lorenzo: et veneno | per acompagnar la Raina in Hongaria, si la vorà andar per terra. | Ai qual, hessendo zonti a Trevixo, per sier Michiel Salamon podestà et | capitanio li fo fato dir che a Veniexia li erano stà preparato |20 per suo habitation l’hospedal di Santo Antonio nuovo. I qualli, | come uditeno hos sermones se turborono, dicendo erra | locho indecente a lhoro, oratori di tanto re, non | considerando la qualità dil loco, che erra nuovo et non | operato et bellissimo. Or da Treviso veneno per Sil |25 a Torzello, e arivadi a San Thomà di Borgognoni. Ai
18 per Po inserito nell’interlinea; Pavia su rasura precedente. 19 Cf. sul personaggio la voce del DBI Brugnoli, Benedetto a cura di Elpidio Mioni. 20 1 in Pregadi] im Pregadi | 14 in palazo] im palazo | 15 hungarici] ungarici | 46 hungari] ungari 21 Sanudo sarà in grado di fornire in prima persona (cf. 4,287,17–288,45) un dettagliato resoconto della tappa veronese del lungo viaggio di Anna di Foix-Candale (1484–1506). Lo stesso cronista era infatti camerlengo della città «et per honorarla avi assà faticha» (ibid.).
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qual | fo mandato 50 barche contra et 7 con zenthilomeni nostri | vestiti di scarlato per condur quelli a Santo Antonio, dove | erra stà preparato. Risposeno, voleano star lì ad aspe- | tar la regina, né voleano far questa inzuria al suo Re |30 de esser alozadi in hospedal. Tandem, sapudo questo, la Signoria | mandono batando altre barche con zentilhomeni, dechia- | randoli esser preparato altri palazi in Canareio conde- | centi a le sue grandeze. Et cussì poi veneno a Veniexia. | Domente che si stava in expectation de intender i pro- |35 gressi de Ungaria contra turchi, a dì 17 luio, per letere | di sier Sabastian Zustignan orator nostro, date a Buda a dì 9, | se intese come, hessendo el fio di Schander bassà a lo | assedio de Iayza con trea milia cavali, achade | che a dì 2 luio (el zorno di Santa Maria) sorazonse |40 novo capitanio di hongari, nominato / /, qual con | 3 milia cavali e pedoni, per far scorta a doa milia | cara di formento mandavano in Iayza (che laborabat quella | per necessità di viver) et, arsaltadi per tre volte, fonno | a le man con turchi, di qual turchi ne fo morti 500, |45 presi da conto 36: adeo che turchi, con el fiol de Schen- | der bassà, se ritrasseno al monte; interim fu posto | le vituarie nel castelo. E, retornadi ungari, el | sequente dì a la pugna, con promision de non se aban- | donar, messeno turchi in rota. Et li presoni fonno |50 mandati al re et ungari seguitava la victoria, per [134v]22 esserli zonto nuovo pressidio. E Schander bassà, inteso | el fiol erra im pericolo, vegniva con zente per darli socorsso | e, inteso quello esser roto, ritornò indriedo. Dapoi, | dita nova, per via di Cao d’Istria e di Cataro, fo confirmada. |5 Et la Signoria nostra subito mandò il sumario di ditta letera | a li rectori di Brexa, dove se intendeva la serenissima Raina | saria, acciò li se comunegi tal optima nova. Et | cussì sier Marco da Molin, capitanio di Brexa, che la acon- | pagnava fino a Verona, hessendo a Lonà, ricevete tal |10 letere et disse il tuto a la Raina e li altri signori; e ave piacer. | La copia di la qual letera sarà qui sotto scripta.23 | Copia de una letera (over sumario) | di oratori nostri in Hongaria, datta a dì | 9 luio 1502, a Buda. |15 Che in quella hora erra zonto al serenissimo Re de Ungaria | uno nontio del magnifico domino Zuam Terceich, capitanio de Sua | Maiestà, con letere credential de Sua Magnificencia. Qual referite | a la Maiestà predicta et poi al reverendissimo Cardinal legato existente | de lì et a essi oratori come a dì primo de l’instante, |20 hessendo acampato atorno Iayza el fiol de Schander | bassà con cavali 6000 de zente fiorita e pedoni 4000, | dicto domino Zuam
22 2 in pericolo] im pericolo | 8–9 acompagnava] aconpagnava | 16 dil] del | 20 Scander] Schander | 41 tamen] tamem | 44 in pericolo] im pericolo 23 La copia segue immediatamente nel testo.
5.3 Campione B
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Terceich, quale andava per meter vi- | tualie in Iayza, se reduse sopra uno collo lontano | da Iayza mia 5 italiani. Et che la note sequente |25 el vene a lui el ban de Iayza e nontioli che 1000 cavalli | de turchi erano andati quella note ad uno castello, | chiamato Chiovar, et ch’el andasse con parte de le sue | zente a ritrovarli, ch’el haveva victoria. Di che, dicto | domino Zuam Terceich, lassato ben in hordine el loco |30 dove havea reduto le victualie sì de repari como | de zente, andò con cavali 2000 lizieri et 50 homeni | d’arme. Et, soprazonzendo quella notte el fiol de Schander | bassà, el zorno sequente (che fo a dì 2 de l’instante) | dete una batalia al locho dove erano poste le |35 victuarie, et forono morti gran numero de turchi et de’ | nostri christiani cercha 100. Et hoc interim soprazonse | cavali 1000 de turchi, erano a Chiovar, et drieto | lhoro vene etiam el prefato domino Zuam Terceich, | in socorso de li sui, quale a dì 3 intrò in Iayza per |40 socorer quella, dove vene tutto lo exercito | turchesco, con presuposito de obsediarla. Tamem | stava in hordine come si alhora fusse stà per com- | bater. Lo antedicto domino Zuam Terceich, vedendo | che le vitualie stavano im pericolo et lhoro erano |45 in obsidione, deliberando de morir più presto da | valente homo lui et li soi che aspetar la perzeda | de Iayza e de le vitualie, et zuratosi tuti insieme | non se abandonar fino a la fine, et confessandose | [135r]24 l’uno a l’altro li suo’ pechati, ut eorum moris est, | ussireno fuora quelli, primo invochato tre volte | el nome de Jesu Christo, alta voce investirno li | turchi, et tanta fo la virtù25 et impeto |5 de li nostri che turchi se messeno in fuga e comen- | zorono dividerse chi a una parte et chi a l’altra. Et | quelli ungari che erano con le vitualie se unirono | con el capitanio suo, quale, temendo che non fosse fato26 | algum presone, ma che tutti fosseno tagliati a pezi: |10 et ita processit per spacio de milia X italiani, | sempre insequendoli et amazandoli; adeo che gram | parte de essi turchi, quando forono a certi monti | asperi, lassorono li cavali et assesseno dicti monti | quanto più lezieri posseno, per il che è stà fato gran- |15 dissimo botino de cavali e vestimenti, et hanno | pigliato li stendardi lhoro. Hanno fato etiam presoni | cercha 400, dei quali ne sonno 37 capi, vestiti | con sube d’oro et di seda, ornati de molti arzenti, | quali dovevano esser mandati a la Maiestà Regia |20 a Buda. Et ancor quando esso nontio con ditte letere | credential fu expedito, nostri christiani seguivano li | inimici. Dice insuper esso noncio che a iudicio | suo potevano esser stà morti de turchi più | de mille, siché nel campo turchesco erra stà una |25 belissima et fiorita zente. Item, che in Iayza erra | stà posto da carra 1500, tra vini e grani e carne: | adeo che non se potea intrar ne la terra. Zonze | etiam che Schander bassà erra lontan de lì mia zer- | cha 25 italiane. Scriveno etiam dicti oratori che |30 de lì im Buda per tal felice successo e vitoria erano | stà fate grande demostration de alegreze con fuogi, | sonnar de campane et schioppi de artelarie, cosse in- | consuete a far in quele parte. |
In questi giorni, a dì / / luio: è da saper fo dato principio |35 ad aprir al Conseio di Pregadi la praticha di la pace si | tratava col Turcho, per via di Charzegoli bassà, inter- | venendo sier Andrea Griti venuto da Constantinopoli; etiam | per via di Hongaria. La qual praticha fin horra erra | stà tenuta nel Conseio di X, con gran Zonta et gran |40 striture. Et cussì fo leto al Pregadi una stretissima | credenza, non 24 9 algun] algum | 11 gran] gram | 17 sono] sonno | 30 in Buda] im Buda | 42 in Pregadi] im Pregadi 25 Precede virtù una parola barrata ed erasa. 26 La f corregge una lettera illeggibile.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
si aprisse la bocha fuori a parlar di tal pa- | xe. Et comenzono a tratar tal materie im Pregadi. | Et tutta la terra erra piena che si tratava pace, | maxime non vedando27 si armava. Et che 4 dì continui |45 erra stà Pregadi fino al tardi et 0 dicevano. | [135v]28 A dì 16 luio: nel Conseio di Pregadi, atento che el viazo | di Damasco andava in ruina et quel cotimo è debito | ducati / / milia a usura, adeo è neccessario, o remediar | che si possi usar ditto viazo, over quello lassar, per le manzarie |5 ne vien fate, et per li arzenti (peze 52) ne fo tolte per forza | dal signor di Damasco, et che deniegano ducati 6000, dati per | sier Zuam Mocenigo, consolo nostro 1496, al Nadrazes,29 et | fo senza scritura, e lui li niega. Et acciò si otegni dal | Soldan, non cora più usura, per danno dil piper zà tanti anni |10 et per altre assa’ cosse; perhò fu preso parte di elezer, per scurtinio, | uno orator nostro al signor Soldan, con ducati 200 al mexe | per spexe. Meni 12 famegij e il secretario col suo fameio et | porti li presenti consueti; tutto perhò a spexe di cotimo, a dì 19.30 | Et fo electo sier Piero Balbi, fo Savio dil Conseio, quondam sier Alvixe, |15 et refudò. Poi fo eleto, a dì 28, sier Piero Duodo, fo Savio | dil Conseio, quondam sier Lucha, e refudò. Et a dì 2 avosto fo demum | electo sier Beneto Sanudo, fo Avogador di Comun, quondam sier Mathio, | è stato consolo a Damasco e praticho in tal paese, et aceptò. | Et li scurtinij tutti sarano qui soto posti, videlicet di soto.31 |20 A dì 17: im Pregadi fo electo orator al Re di Romani, | in loco di sier Zacaria Contarini el cavalier, sier Beneto Sanudo, fo | avogador, quondam sier Matio; qual subito refudoe. | Item, a dì 14: atento sier Sabastian Zustignan el cavalier, orator | nostro in Hongaria, fusse stà electo podestà et capitanio in Cao d’Istria |25 zà più mexi, et sier Piero Querini, erra lì, voleva horra- | mai repatriar: perhò fu preso parte di elezer per scurtinio | uno provedador in Cao d’Istria, qual fazi l’oficio di podestà et capitanio et stagi | fino verà il Zustignan. Et rimase sier Piero Marcelo, | fo di
27 Nel ms. vedanda. 28 3 necessario] neccessario | 7 Zuan] Zuam | 20 in Pregadi] im Pregadi | 45 in Pregadi] im Pregadi 29 Prestito, indicante un alto dignitario civile, attestato già dal 1422 nella variante corrotta anatarchass (< ar. nāẓir el-ḫāṣ ‘ufficiale egiziano’). Per un breve excursus sulla variantistica e la storia dell’arabismo cf. Schweickard (2015, 231). 30 a dì 19 aggiunto sul margine esterno. 31 V. 4,293s.
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Pregadi, quondam sier Filippo, el qual aceptò e andò. E à ’l salario32 |30 come si fusse rector eleto per il mazor Conseio. | A dì 20 dito: electi tre Savij sora le vendede, sier Zuam Erizo, | sier Francesco Donado quondam sier Bernardo, et sier Zorzi Emo, fo Savio | a Terra Ferma, el qual si scusò per l’oficio sora le aque. | In questi zorni fo preso in Quarantia di retenir, a petizion |35 di Avogadori di Comun, sier Zuam Francesco Zustignan di sier Beneto, per | munegin a le Verzene, intervenendo uno fio fo | di Zuam Frescobaldi. Et fo condanà soto la tolela33 etc. | Da Roma vene letere, come in quelli zorni erra morto | el Cardinal di Modena, olim datario, e lassato in contadi |40 ducati 20 milia, li qualli el Papa li have. | In questo mexe la Signoria nostra fé compreda di formenti di Sicilia, | con sier Stefano Contarini, quondam sier Bernardo, stera 50 milia, a lire 5 il ster. | Item, a l’Aquila morite el signor Carlo Orssini, fo fiol | dil signor Virginio, qual alias fo condutier nostro e poi si partì. |45 34
Noto, a dì 4 luio: fu preso far per scurtinio im Pregadi uno | capitanio di la Riviera con 1 fusta et tre gripi armadi, | sì come ho scripto altrove,35 et quel che fu electo. | [360v]36, 37 Copia de una letera venuta di Moldavia. | Serenissime Princeps et domine excellentissime, humili comendatione praemissa. | Di 7 dil passato, di quanto alhora mi ocoreva significai | a la Signoria Vostra; al presente etiam mi ocore de dar aviso a quella |5 de quanto se contien ne le presente. La Maiestà del Re de Polonia | ne li tempi proximi passati ha mandato al Signor turco do imbasarie suc- | cessive
32 È difficile scegliere tra la lezione a testo nell’ed. Fulin et al. e l’alternativa è al salario (cf. ad esempio 11,580: «è bon scansar il salario hanno»). 33 L’iniziale maiuscola nell’ed. Fulin et al. è dovuta al fraintendimento di un sintagma raro (v. §7.2 s.v. soto la tolela). 34 Le ultime tre righe della pagina sono scritte in un inchiostro diverso e più chiaro. 35 Il riferimento potrebbe essere alla breve notizia data a 133v 10–11. Il capitano menzionato era stato però inviato nel Levante, e non nella Riviera (per antonomasia quella ligure, cf. Cortelazzo 2007). 36 2 commendatione] comendatione | 14 à] ha | 38 lhoro] loro | 48 in praticha] im praticha 37 3 A dì 7] Di 7
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con molti presenti per la via de Hungaria, per non se aver | fidato mandarli per questa via de Muldavia. Et questo io in- | tisi dapoi che havi scrito a la Signoria Vostra. E dapoi etiam intisi |10 qualiter la imbassaria del Signor turco vegniva in questa terra, | deliberai de sotrazer da lui et intender quanto poteva | de le cose turchesche. Et atrovandosse qui, per transito con li | imbassatori de Rossia, uno mio amicissimo, lo qual sa talian, | greco e turchesco e ha moier e fioli a Venetia, lo quale |15 chiama per nome Nicolò Leondari et ha molti parenti in Constantinopoli | e gran maistri, io missi ordene cum lui che, zonto che serà | el dito imbassator, el vadi a visitar, fenzendo dimandar | de li parenti, domesticarse con lui et intender quello el po- | tese, intrando a rasonar de diverse cose, fenzendo etiam |20 esser inimicissimo di la Signoria Vostra (tamen io sono experto lui esser | servitor fidelissimo de quella) etc. A dì 28 dil passato el prefato | imbassator zonse38 in questa terra cum cavali 80, lo qual per nome | se dimanda Sina bei, cosin de Charzeg bassà e de quello che fo | a Venecia in tempo de la perdeda de Modom. A dì 29 dito andò |25 a la visitation de questo signor cum gran pompa: erano 40, vestiti | de pano d’oro, e li altri tuti di seda, e ben in hordine. | Ritornato ch’el fo a la stantia, el prefato Nicolò, sequendo l’ordene | ut supra, andò a visitarlo et domesticose con lui, e poi ri- | tornò el zorno sequente et comenzò dimandar da novo |30 de le cose de guerra sì da mar come da terra. E diseli | per prima come el suo Signor erra grandemente molestato | in la Natolia da quelli de Perssia, i qual se dimanda Sophis, | idest sapienti de la leze machometana; et questo fano | dicendo che ’l turco non serva la leze sua. E dice che sono |35 acampadi in la Natolia con cavali da 60 in 70 milia et | ànno preso certe cità e molti castelli e vilazi. Et che ’l suo | signor li haveva mandato contra 1 bassà con cavali 40 | milia, lo qual erra stà roto da loro etc. Et che ancora | el Caraman li fa gran guerra e molestia pur da quelle |40 parte, et come lo imperator Gurgura, cerchasso, | etiam li fa gran guerra (etc.), et che è el morbo grande in Constantinopoli | e in Andernopoli è gran carestia: a Constantinopoli ne muor 200 | al zorno, et in Andernopoli più di 200. Diseli etiam | come el suo signor era molestato da le bande de la Maiestà de’ Re |45 de Hongaria, et maxime dal signor duca Zuane Corvino, lo qual | li haveva sachizato et brusato più de 100 vilazi | e molti casteli e certe terre. E diseli che ’l suo signor | erra stà im praticha de far pase con la Signoria Vostra; et che quella | non n’à voluto asentir a le cose ch’el dimandava, tra | [361r]39, 40 le qual disse esser questa: ch’el voleva esser in libertà | de far guera a la Maiestà del Re di Hongaria; et che se | pur questa sola li fosse stà concessa per la Signoria Vostra, che facil- | mente se pacificava con quella etc. Dimandoli poi di le cosse |5 maritime: li rispose havemo perso Santa Maura; e che | el suo signor meteva in ordine molta armata de galie | grosse e sotil, fuste e palandarie; e che non voleva più | armar nave; et come in Trabesonda haveva | fato far galie sotil numero 200; e che Camalì erra a Gali- |10 poli al governo de la armata; Erichi erra andato | fuora del Streto con fuste 25, a li danni de li subditi | di la Signoria Vostra e d’altri christiani; et che omnino el suo signor | vol mandar la sua armata al tempo novo. El dito | Nicolò41 dimandò quanto numero de velle serà quella; li rispose |15 serà in tuto galie
38 Nell’ed. Fulin et al.: zonze, probabile refuso. 39 16 che il suo signor] che ’l suo signor | 17 infallanter] infalanter | 23 in Polonia] im Polonia | 35 dubitado] dubitato 40 18 sforzo] forzo | 43 che vol veder] ch’el vol veder 41 Sul margine interno della riga, prima di Nicolò, si trova un segno simile a una a maiuscola. Può forse trattarsi di una preposizione inserita in un secondo momento per un fraintendimento della struttura della frase.
5.3 Campione B
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300 e, con le fuste e palandarie, sera- | no velle 500. E diseli che il suo signor non si curava de | Napoli né de Candia, ma che infalanter el vol man- | dar quella armada a Corfù e far ogni suo forzo | de averlo, digando: «Come averò Corfù serò signor |20 de Levante e de Ponente». Iesù Christo nostro redemptor | lo sconfonda avanti. Item, el terzo zorno ditto Nicolò | ritornò da lui come amico e dimandò per qual causa | andava im Polonia. Risposeli: «Io vado a confirmar li | capitoli de la pase tra el mio signor e la Maiestà del Re de Polonia, |25 perché in questi zorni passati el Re à mandato al nostro signor do | imbassarie con molti presenti et con li capitoli a dimandar | la pase» etc. La qual cossa, serenissime Princeps, la rason me persua- | de dover creder, per esser in guerra la Maiestà di ditto Re | con suo suosero ducha Zuane de Moscovia, et anche |30 per esser inimichato con questo illustrissimo signor, duca Stephano de | Moldavia, per averli tolto molti casteli e vile, como | per le altre mie significai a la Signoria Vostra. Et perché questo signor | Duca ha una fiola in Moscovia et 1 nepote, fiol de | quella, al qual apartien el duchato de Moscovia e la |35 signoria de Rossia, la Maiestà de dito Re ha dubitato che | questo signor, per esser inimicato con lui, deba favorir quello | de Rossia como parente. Per la qual causa ha dubitato etiam | ch’el se acordasse con el Turco a li danni soi etc. | Item, el dito ambassador disse a Nicolò ancora queste parole: «Sapi |40 che ’l nostro signor à fato volentiera pase con questo Re per do rason: | la prima, ch’el dubitava molto che questo signor de Moldavia se | dovesse acordar con lui e molestar da questa parte; | la seconda, che vol veder se per la via de questo Re potrà | far remover da la impresa suo fratello Re de Ongaria, |45 et se non lo potrà remover el farà grande exercito | per terra contra de lui et omnino se vol vendicar de li | danni recevuti». Ultimo loco li disse: «Aspetame qui | per fina al mio ritorno; voio che tu vegni con mi dal | mio signor e beato ti: el te farà pur assè ben. E si te | [361v]42, 43 adopererà ne li servici soi …» etc. Io, serenissime Princeps, li ho persuaso | ch’el vadi per intender quello ch’el potrà e poi tornar | qui da mi; non so quello ch’el farà, per aver gran disiderio de | andar de longo in Rossia a trovar uno suo barba, lo qual |5 è secretario del Signor. Altro per horra non mi occorre si- | gnificar a la Signoria Vostra. Idio conservi quella in stato felice, a la qual | iterum humiliter mi ricomando. Partisse diti imbassatori de | qui a dì primo di l’instante. Data in Zozavia Muldavie,44 die | 5 ianuarii 1502. Subscriptio: Excellentisimae Serenitatis Vestrae servitor Ma- |10 theus Murianus, artium et medicine doctor. | A tergo: Serenissimo Principi et domino excellentissimo domino Leonardo Lauredano, inclito Duci | Venetiarum, domino observantissimo. |
La qual letera il Doxe la leze; non fo leta nì in Colegio nì Pregadi. | Et dapoi disnar, ozi: in Colegio, reduto el Principe, Consieri |15 e Savij, per aldir il credito dil chalafati.45 Parlò sier Francesco | Foscari in suo favor; et io li rispusi e
42 5 per hora] per horra | 8 Muldaviae] Muldavie | 10 medicinae] medicine | 11 inclyto] inclito | 32 Lion] Liom | 40 Trapolin] Trapolim 43 7 dito ambasador] diti imbassatori | 12 observantissimo] observandissimo 44 Il centro di Suceava oggi nella regione rumena della Bucovina. 45 Sulla storia dell’antico prestito con l’accezione ‘operaio dell’Arsenale, maestro d’ascia’ cf. Cortelazzo (1970, 52); Mancini (1993, 105).
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
mostrai l’inganno | di la Signoria grandissimo, adeo tutto il Colegio fo contra il Foscari, qual | non sape che dir. Et fui laudato dal Principe e tutti di Colegio. | A dì XI marzo:46 in Colegio veneno X oratori novi padoa- |20 ni, et do erano qui per altre cause. E introduti si dolseno | (e parlò missier Bertuzi Bagaroto doctor) che la Signoria havesse | dato commission a li Provedadori va sul Polesene, che aprisse la rota | Sabadina (etc.), che saria anegar tutto il padoan (etc.), | et pregò la Signoria fusseno prima alditi. Et fo concluso, ozi dapoi |25 disnar aldirli in Colegio dal Principe e tutti, et etiam aldir li | oratori dil Polesene, e intervengi li Proveditori electi a questo: | sier Marin Dandolo e sier Nicolò Pasqualigo e Alexio, inzegner. | La nome di X oratori padoani | domino Hannibal Caodilista el cavalier, |30 domino Iacomo Zabarela, domino47 cavalier, | domino Bertuzi Bagaroto,48 | domino Jacomo del49 Liom, | domino Alexandro Musato, | domino Lionello da Brozuol, |35 domino Francesco da Ligname, | domino Zuam Buzacharini, | domino Antonio Caodivacha, | domino Lodovico Conte, | domino Gaspar Orsato, doctor,50 |40 d. Alberto Trapolim, | et insieme il Canzelier di la comunità. | Vene il signor Bortolo Alviano, dicendo sempre è stà qui. À nove, che | Iulio Orsini, è in Ceri, non pol fuzer: il campo vi è atorno. | Il loco è forte, ma dubita di animi. Pandolfo è tra |45 Lucha e Pisa,51 ma si Pisa fa mutation †è stà mal†, perhò | è in so libertà, volendo la Signoria, a intrar in Siena, pertanto lui | voria licentia andar
46 In inchiostro rosso. 47 L’ed. Fulin et al. interpreta doctor anziché domino. 48 Questo e i successivi cinque nomi sono abbracciati sul lato destro della pagina da una parentesi affiancata da Doctori. 49 Così sembra di poter interpretare una correzione che l’ed. Fulin et al. legge invece da. 50 Il nome e il successivo sono riuniti da una parentesi con la dicitura erano prima. 51 Soprascritto a Siena.
5.3 Campione B
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sollo e farà gran cosse, saltim si dicha | quello abbi a far; et che à molti a so spexe (etc.) signori. | Li fo risposto aspetasse, non erra tempo pro nunc etc. | [362r]52, 53 Da Brexa, di Rectori, di 8: come hanno letere di 5, di Val- | chamonicha, di domino Petro de Federicis, qual le mandò. Et | li avisa aver, per uno viandante, come francesi e sguizari | è stati a le man, et sguizari hanno auto la pezor, in val di Lagan. |5 Da Ravena, di 9, horre 24: come erano zonti lì el signor | Zuam Maria di Camerin e domino Ranuzo de Matelicha, par- | titi di Palombara a dì X (vieneno a la Signoria), dicono Urssini | con Collonesi esser in bona intelligentia. Essi Rectori li man- | dono a visitar a l’hostaria etc. Item, esso capitanio, volendo |10 iusta i mandati andar a Zervia col capitanio di le fantarie, | non à potuto, per esserli venuto certo fluxo di sangue | a ditto capitanio di le fantarie, e non vol fin qui medici. El qual | fece la mostra di soi provisionati, comme mandò, bellissima etc. | È da saper vanno a Zervia per remuover la rocha, dove l’hè al presente. |15 Da Verona, di sier Zuam Mocenigo, capitanio: cercha alcuni | oficiali voleno taia di 1, stato in galia, è stà frustà etc. | Da Traù, di sier Dolfim Venier, conte, di 13: come à ricevuto | nostre vendi li biscoti, e cussì farà. Item, per una altra, scrive | aver auto letere dal Vescovo di Scardona, che, per quelli di Cor- |20 bavia, fata la preda su quel di Traù, tre homeni di suo fratello, | conte Stefano, avia auto 20 animali menuti e conduti lì, | perhò li volea restituir. Esso Conte mandò per li gastaldi | di le ville, acciò andasse a tuorli; ri- sposeno54 saria più la spe- | xa che l’utile, e poi sariano presi etc. Item, zà 12 zorni, |25 lì a Traù si sta in sospeto di turchi, e provete a le vardie; | e da quelli guardava li monti per do volte fonno scoperti, | e fato segni: tutto il paese si redusse in loco sicuro | e inimici,55 visto esser scoperti, corseno tutte do volte | sul teritorio di Sibinico e ivi fé danno. E ancora sonno |30 in quelli paesi, ma lontani di Traù. E à ’uto aviso che i vo- | leno provar far 1 arsalto inanzi passano la fiumara. | E lui Conte à trato danari di salli, che, si questi non erra, | quel teritorio non si
52 5 hore] horre | 17 Dolfin] Dolfim | 29 sono] sonno | 42 Prejan] Preiam | 46 iustification] iustificatiom | 47 Prejan] Preiam 53 45 memores fiendi] memores fandi 54 Così nell’ed. Fulin et al.; l’abbreviazione (una r con la gamba obliqua barrata) è identica a quella usata altrove per la radice delle voci del verbo ricevere. 55 Nel ms. i nimico.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
salvava, perché pagoe le guarde. | Item, è de lì gran fame; e da un mexe in qua la terra |35 manza solum pan di sorgo (et pur ne fusse!). | Item, per 1 altra letera, replicha il pocho fruto fa il castello Zoylo, | e dà spexa ducati 200 a l’anno a la Signoria nostra: è bon ruinarlo. | Fo leto una letera latina, scrita per missier Acursio, orator | de56 Franza, a sier Zorzi Corner el cavalier, Cao di X, per la qual si duol |40 la Signoria li rumpé li capitoli, videlicet lassò trar le arme a’ spagnoli; | fo fento il prender la nave a Trani, e fo per darli vituarie; | Preiam, qual fo quello fé aver Santa Maura, a Otranto à conve- | nuto, per salvarsi, afondar le galie. Et l’orator yspano | è ben visto da tutti qui e lui no, et alia in huiusmodi |45 forma. Fata con gran collora (memores fandi!)57. | Et fo consultato di scriver in Franza, prima in iustificatiom | che Preiam à fato ben si à fondà58 le galie, et 0 di ciò sapemo; | poi 1 altra seorsum a l’orator, e mandarli la copia di dita letera | scrita al Corner, dicendo, si ’l Re o ’l Cardinal li digi 0, digi missier |50 Acursio aver gran collora (etc.); in optima forma scriver. | [362v]59 Da Ferara, di sier Christofal Moro, vicedomino, di 9: in materia | di orzi mandati a Ravena, et non ne pol più aver | per esser montati; ne ha mandato moza 50. | In questa matina: fo balotato alcuni piezi di Zuam |5 Tolentino, per certo merchato fato di sal comprà per Milam. | Et qual Zuam Tolentino è stà fato commesso nostro, per il Conseio di X, | a peter li ducati 70 milia se dia aver dal Ducha da Milam. | Dapoi disnar: se reduse el Principe, con la Signoria e Savij, | per aldir li X novi oratori padoani, a satisfation lhoro, |10 et etiam li oratori di le comunità dil 56 Un piccolo segno simile a una s è inserito tra la e e la f iniziale della parola successiva. 57 Le due parole finali sono precedute da un segno a nastro che continua nel rigo sovrapponendosi parzialmente a esse. Costituiscono un abbozzo di citazione virgiliana (cf. C 44v 18) da Eneide 1,542s.: «Si genus humanum et mortalia temnitis arma, / at sperate deos memores fandi atque nefandi». 58 Scrizione che rende probabilmente l’incontro della a della copula con una a- iniziale, come nel nesso qui trascritto come à / ha ‘uto (B 362r 30, C 40r 19, 45r 4, 47v 1 e 17, 54r 40). 59 7 Milan] Milam | 20 hora] horra | 26 terza] 3a | 30 in Pregadi] im Pregadi | 38 niun] nium | 45 in Pregadi] im Pregadi | 47 bennemeriti] benemeriti così gli edd. interpretano un lungo titulus soprastante le lettere bne; non pare ci sia ragione di scioglierlo con una doppia n (ricorre, ad esempio, poco oltre nel benedictionem di 364r 3)
5.3 Campione B
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Polesene di Ruigo, | videlicet uno missier Renaldo / /. Hor parloe domino | Zuam Buzacharini, doctor, dicendo si anegeria tutto | el padoan (etc.), et si aprisse etiam sul Polesene, et alia | multa. Li rispose l’orator di Ruigo sopra nominato etc. |15 Fo consultato tal materia et terminato venir in Pregadi. | Vene l’orator di Franza, al qual per il Principe li fo usato optime | parole per gratuirlo e bonazarlo, et lui pur in colora: | et il Principe li disse non dovea dolersi di la Signoria. E lui rispose60 | aversi doluto con li nostri; et che erra come disperato, |20 et che avia scrito al Re di la bona mente di la Signoria e horra | vedeva il caso seguito a Otranto, siché è sdegnato. | Et fo consultato e terminato scriver tre letere a l’orator | nostro in Franza: una, con mandarli la letera di XI, di | Otranto (e questo fo opinion mio, laudata per il Colegio); l’altra, |25 dir missier Acursio aversi doluto di la cossa seguita | a Otranto, e tamen non à ragion, ut patet; la 3a, cargar | i modi di missier Acursio, qual la debbi usar a bon proposito. | A dì XII marzo,61 domenega, da matina: in Colegio veneno | li oratori padoani, qualli fonno licentiati, e che ritornasse |30 e li Savij in Pregadi provederia, e restasse solum do qui. | Fono alditi sier Dardi Zustignan, sier Zacaria Cabriel | e sier Alvise Contarini quondam sier Iacomo, cai di creditori dil bancho | di Garzoni, in contraditorio con sier Zuam Orio, Provedador sora | i Oficij, per certa cossa, 1 e l’altro voriano aver; e fo suspesa. |35 Dapoi disnar: in Gran Conseio, fato capitanio a Brexa sier Hironimo | Bembo, fo capitanio a Bergamo; capitanio a Vicenza sier Domenego | Pixani el cavalier, fo ambasador in Spagna, da 3 con titolo | di Pregadi; et capitanio in Barbaria nium non passò. | Et fu posto, per el serenissimo Principe, Consieri e Cai di 40, |40 una parte, fata lezer per avanti in Colegio, per sier Pollo | Barbo el procurator, Savio dil Conseio, la copia di la qual, | per eterna memoria, sarà notada qui avanti,62 | videlicet a l’hospedal di Santo Antonio, intitulato di missier | Iesu Christo, che tutti chi averà oficio di la Signoria, o in |45 Gran Conseio o im Pregadi, dagi 1 ducato, ut in ea, cussì | zentilhomeni come populari, e il modo di meter li | poveri venitiani o
60 V. la nota 54. 61 A dì XII marzo in inchiostro rosso. 62 Segue nella pagina successiva.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
benemeriti per li procuratori. Ave la | dita parte 1152, 167 di no, 10 non sincere: fu presa. | [363r]63, 64 Copia de la parte di la intrada di l’Hospedal | di missier Iesu Christo, presa a dì 12 marzo | 1503 in Gram Conseio. | El principal e più salubre remedio a propiciar la divi- |5 na gratia ad uno stato et republicha, come in parti- | culari ad alguna persona e republica, è il sustentamento di | poveri, nel qual è figurata e representata la persona di | missier Iesu Christo, per el qual effecto, el precipuo ornamento | de cadauna nobilissima cità se vede sempre esser |10 stato et esser alguno excelente hospetale per nutri- | mento de li poveri. Et seguendo el medemo proposito | li boni et sancti progenitori nostri hanno dato nota- | bile principio a l’hospitale apresso Santo Antonio, reduto | zà a termeni che molti poveri in quello se porano |15 alozar, s’el non manchasse el modo del sustentarli | et mantenirli. Atento praesertim che, per li procuratori | nostri de la chiesia di San Marco, ai qual la cura et governo | de ditto hospetal è commessa, el sia zà fin horra oppor- | tunamente provisto de leti e tutte altre massaritię |20 et cosse necessarie per el viver lhoro, siché a dì primo | del mexe de april proximo se darà, in nomine Sancti | Spiritus, principio a meter in dicto hospedal da XXV | in XXX poveri, unde, perché65 tuto quello fin horra è stà | fato seria stà spexa superflua et inutile, chi non pro- |25 vedesse del restante, che è de le spexe da esser | facte a’ poveri nel dicto hospedal, che fra qui ha | niuna over minima intrada: per non lassar | cussì degna religiosa et meritoria opera imperfeta, | ma provederli talmente che con minimo inco- |30 modo universale se satisfazi im parte al bisogno | soprascrito et per dar bon exempio ad altri. Perhò: | l’anderà parte che de coetero tutti rectori, officiali, | capetanij, patroni de galie grosse, magistrati et | cadauno altro che, sub quocumque titulo et nomine, sì da |35 terra come da mar, sarano electi per questo Mazor | Conseio, et similiter in Pregadi, con salario over utilità | de cadauna sorta dir se possi, siano tenuti dar, | per conto de elemosina, ducato uno per cadauno, | da esser portado a li Procuratori nostri de San Marcho, |40 senza el boletino di quali non possi alguno di predicti | intrar ne li dicti rezimenti, officij, magistrati o altro | luogo, a lo quale, ut supra, fosse stà electi. A la medesima | verum contributione sia tenuti nodari, scrivani, ra- | sonati, massari, fontegeri, pexadori, sansari di fontego, |45 stadiere et cadauno altro officio, che in futurum | sarà electi, sì in vita come ad tempus, per cadaun | Conseio et Collegio nostro, nec non per i Governadori | [363v]66, 67 de l’Intrade, Biave, Sal et cadaun altro officio | sì di Rialto como de San Marco, exceptis i fanti di oficij, | i oficiali ministeriali, che serveno a li officij nostri, | et barche de officij. Siano etiam obligati tutti con- |5 dutori de’ dacij de questa terra, che se afiterà, dar per | ogni dacio ducati uno per una
63 3 gran conseio] Gram Conseio | 5 in particulari] im particulari | 18 fin hora] fin horra | 23 fin hora] fin horra | 30 in parte] im parte | 36 in Pregadi] im Pregadi | 46 cadaun] cadaum 64 13 presso] apresso 65 La componente -ché è inconsuetamente abbreviata in ‹ch› con un tratto orizzontale a barrare l’asta del secondo grafema. 66 1 cadaun] cadaum | 17 dichiarido] dechiarido 67 11 esso] essi
5.3 Campione B
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volta solamente;68 simi- | liter tutti i vicarij, zudexi, canzelieri, cavalieri | et altro official di rectori nostri. Tutti veramente | i denari se trazerano de questa rasone,69 siano diposti |10 a la Procuratia di San Marco in una cassa seperata, et sia te- | nuti de essi seperato conto sub debito sacramenti, | né sia dispensà in altra cossa se non in viver et | mantenir li poveri del ditto hospedal. | Et perché conveniente cossa è deliberar o dechiarir de |15 che condition poveri se habia a poner e mantenir | nel dito hospedal, cussì, conseiando li ditti Procura- | tori nostri, sia preso et dechiarido che in esso hospe- | dal poner non se possi salvo poveri venitiani | et marinari over altri, che fusseno benemeriti |20 del Stado nostro. | De non sincere: 10; | de non:
167; | + de la parte: 1157. | [364r]70, 71 Alexander Papa VI | Universis Christi fidelibus praesentes litteras inspecturis salutem | et apostolicam benedictionem. Cum nuper plenissimam | anni iubilei decursi indulgentiam et literas apo- |5 stolicas, anno superiori per universam Italiam desuper | concessas, in toto Domino dilecti filii nobilis viri Leo- | nardi Lauredani, Ducis Venetiarum (etc.) ultra mare, | usque ad festum Pentecostis proxime venturum inclu- | sive, pro hac sancta et pro72 necessaria, adversus perfidis- |10 simos turcos Christi nominis accerimos hostes, | expeditione innovaverimus, et de novo concesse- | rimus, prout in nostris desuper confectis litteris plenius | continetur, nos, cupientes animarum Christi fidelium | saluti paterna caritate consulere, omnibus et |15 singulis utriusque sexus Christi fidelibus, qui dictam in- | dulgentiam consequi voluerint, ut quilibet eorum | confesorem idoneum, saecularem vel regularem, eli- | gere possit, qui eorum confessionibus diligenter audi- | tis, ipsis in sinceritate fidei, unitate Sanctae Romanae Ecclesiae |20 ac obedientia et devotione nostra et successorum | nostrorum Romanorum Pontificum canonice intrantium | persistentibus, pleniariam omnium suorum peccatorum, | de quibus corde contriti et ore confessi fuerint, | indulgentiam et remissionem in mortis articulo dum- |25 taxat ac alias eisdem modis et conditionibus, | quibus tempore dicti anni iubilei fieri potuisset, | auctoritate apostolica, tenore praesentium de specialis | dono gratie indulgemus. Verum quia dificile | foret praesentes litteras ad singula quaeque loca, in |30 quibus expediens fuerit de- ferri, volumus, et | dicta auctoritate decernimus, quod illarum transumptis, | manu unius vel duorum publicorum notariorum | subscriptis, ea prorsus fides indubia adhi- | beatur, quae praesentibus adhiberetur, si essent exi- |35 bite vel ostensae. | Datum Rome apud Sanctum Petrum | sub annulo piscatoris, die 4 februarii 1502, pontifi- | catus nostri anno X. | Hadrianus73
68 Mel ms. solu(m)me(n)te, correttamente emendato dagli editori. 69 Nel ms. rasono. 70 4 litteras] literas | 10 accerrimos] accerimos | 17 confessorem] confesorem saecularem] secularem | 28 difficile] dificile | 34 exibitae] exhibite 71 10 turcas] turcos | 33 prorsum] prorsus 72 P con l’asta tagliata orizzontalmente, che di regola sostituisce per. 73 Adriano Castellesi (ca. 1461–1521), collettore e nunzio al servizio dei papi Innocenzo VIII e Alessandro IV, cardinale dal 1503 (Diz Storia; DBI, voce a cura di Gigliola Fragnito).
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
5.4 Campione C Marc. It. VII, 240 (= 9227), 39r–56r,30 [ed. Fulin et al. 12,83,13–12,112,18] [39r]1 Copia trovata in uno libro anticho. | Noto come del 1286, a dì 17 zener, fo uno grandissimo | teremoto in Veniexia. A dì 21 dezembrio 1287, de note, | fu l’aqua mazor in Veniexia che mai fusse, e altro monstrò |5 el nostro Segnor2 Dio in questi do anni, che io non scrivo; et | questo fu a tempo de missier Zuam Dandolo, doxe de Veniexia. | Poi, dil 1347, de venere, a dì 25 zener, a horra de vespo- | ro, in el dì de San Polo, fu uno grandissimo teremoto, el qual | scorlò sì forte che le campane del campaniel de San Marcho |10 sonnò sì instesse, e per ditto teremoto chazete tutta la fazà | sinistra con tutto el colmo et el mexamento de la chiexia | de San Baxeio, le zime de alcuni campanieli, zoè de San | Silvestro, San Jacomo de l’Orio, San Vidal, San Boldo, et chazete più | chamini, e non fu mai dì che non fusse teremoto per zorni |15 15 de longo. Per el dito teremoto, in quella medema horra, | in quel proprio dì, chazete in terra una cità, nominata | Vilacho, in Alemagna, soto la qual ne morì grandissima | zente. Dapoi el dito teremoto, comenzò la pestilentia | grandissima, et per tuto el mexe de mazo fu sì grandissima |20 mortalità, che tutti li cimiterij de Veniexia non fonno | basteveli a doverli rezever, et se conveneno mandar | la zente de picola condition a San Marcho Bochalame, a San | Lunardo Fossa mala, San Rasmo. Dapoi, per tutto el mexe | di luio, la cessò del tutto et tutte le femene gravede, |25 dapoi el teremoto, che partoriva, moriva o lei over | la creatura. Essa, quando la vegniva a morir, la feva la | creatura con tutti li interiori; per questa via morì quasi | tute le femene gravide; e per uno homo moriva, ne | moriva 3 femene: ben ne morì 3 2/3 de le zente de Veniexia. |30
Trato di uno libro anticho. | 1347. Del sopradito milesimo, da le parte de la Tana | e de Romania, vene una grandissima mortalità in Ve- | niexia, del mal de la iandusa, et del mal de sengiozo, | et morì una gran quantità de zente, et fo teribel muo- |35 ria, et si par che la fusse universalmente per tutto el mondo. | Et fo etiam charestia, et dapoi fo grandissimo teremoto con | stormeni per tutta la terra, et durò zorni 12. El dito | aterò molti edificij, et le campane de San Marcho | sonnò per esse medesime, et comenzò a crescer molto |40 più la mortalità fin al mexe de mazo, et morì tan- | te zente, che tutti li zimiterij de Veniexia erra | pieni, et convegnivasi mandar a sepelir le zente menute | a San Marco Bochalame; et per tuto el mexe de zugno | la comenzò a bonazar, ma non in tutto; et morì quaxi |45 tutte le femine gravide da la iandusa, et pocha | zente che non l’havesse. |
1 4 Venexia] Veniexia | 10 sonò] sonnò 2 Sembra corretto successivamente in Signor.
5.4 Campione C
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[39v bianca] [40r]3, 4 A dì 27: la matina tuta la terra erra spaventata, perché | etiam in questa note fo sentito il teramoto do volte, | zoè eri sera a horre 1 ½ di note et poi a horre zercha XI, ma | non fo molto grande: adeo non si parlava di altro e tutti |5 dicea la sua. Et perché il campaniel di San Marco erra resen- | tito assai di sopra e sfesso, non fo sonato campana alcuna, | nì marangona, nì meza terza, nì terza, che mai più è se- | guito questo in questa terra che si habbi restato di sonar, | si non il venere santo. Et vene in Colegio el legato |10 dil Papa, Episcopo di Monopoli, et etiam domino / / Magnam, | fo frate di San Francesco, di observanti5, è noviter electo Episcopo | di Budua; et intrò in colegio et fonno expediti etc. | Vene poi il Patriarcha nostro, domino Antonio Contarini, dicendo | che il teramoto venuto è signa Dei, et propter peccata ve- |15 niunt adversa. E questa terra è piena di pechati, primo | di sodomia, che si fa per tutto senza rispeto: e le meretrice | li ha mandato a dir che non poleno viver (nium va di lhoro, | tanto è le sodomie) e fino vechij si fanno lavorar. | Item, ha ’uto da’ confessori che padre se impaza con fiole, fra- |20 deli con sorele, et similia. Item, la terra è venuta pocha | divota, perché li predichatori li haveano dito ch’è mal | non si predichi il verbo6 divino questa quaresima, poiché la terra | è sanna di morbo, et è stà mal fato a levar le prediche; | et che adesso, che semo a meza quaresima, soleva li confessori, |25 li altri anni, aver confessà ½ Veniexia, e horra non hanno | confessà si non pizochere e pochissime persone. Poi disse, | vol ordinar processione a San Marco per 3 zorni, e per le contra- | de la sera, e dezuni tre zorni pan e aqua, per plachar | la ira de Dio, e disse altre cosse. El Principe e altri di Colegio |30 lo laudò, et si provedi a le biasteme et a far iusticia etc. | Et ozi nel Conseio di X provederiano a la sodomia. | Et cussì fo ordinato a tutti li predichatori deputati per le chiesie, | dovesseno predichar, comenzando damatina; et per il Patriar- | cha ordinato dezuni tre zorni pan e aqua et processione |35 a torno i campi la sera, cantando le letanie et a San Marco | la matina: cosse che io le laudi quanto ad bonos mo- | res et ad religionem, ma quanto a remedij di teramoti, | ch’è cossa natural, nihil valebat. | Da Cologna, di sier Sigismondo di Cavali, provedador executor, fonno letere: |40 come in Verona erano tornati 500 di quelli alemani, | andono in campo di
3 43 Hironimo] Hieronimo 4 16 meretrici] meretrice 5 La b è tagliata trasversalmente come ad abbreviare erroneamente er (la s seguente sembra infatti correggere una e sottostante). 6 La o è sormontata da titulus.
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francesi; e si dize il campo francese esser | retrato di le rive di Po et andati in suso, e altre particularità. | Da Padoa, fo letere di sier Christofal Moro, podestà, et sier Hieronimo Contarini, capitanio, | di eri, chome fo etiam lì un gran teramoto, e fé alcuni |45 danni, ma non perhò da conto. Ruinà il domo et | certi muri nel castello (etc.), ut in litteris. | Item, a Chioza, Torzelo e Mazorbo fo eri il teramoto e altrove, | et a Mestre et a Castel Francho fo grandissimo, come se intese. | [40v]7 Dapoi disnar, per non far Pregadi per il dubito dil teramoto, | fo Conseio di X con Zonta. Et nota: eri, per Colegio di Savij, fo | scrito le letere al provedador Capello et in corte a Ravena, et mandato | ducati 5000 in campo dil provedador Capello, parte contadi, parte per letere di cambio. |5 Et vene letere dil provedador Capello, ozi, di 23 et 24, date al Final: | come li campi è molto vicini, et par voglino vegnir al fato | d’arme. Et per una letera particular dil dito, di 24, horre 3, | vidi chome la cavalchata, qual erra ordinata questa note, | è andata voda, perché li inimici da Ferara erano ve- |10 nuti grossi sopra le rive. Par non temano il Papa a la | volta di Romagna perché, quello potria far in 8 zorni, non | fa in uno mexe, et il fato è perduto poi etc. | Di Mantoa, di Vicenzo Guidoto, secretario nostro, fonno letere: chome | eri doveano partir il Marchexe e domino Matheo Lanch, |15 Episcopo curzense, el qual Marchexe va come orator di l’Imperator | dal Papa et ha commissione di l’Imperator; etiam il secretario nostro vi va. | Di sier Andrea Griti, provedador zeneral, da la Badia, di eri, come à uno | aviso di domino Baldisera di Scipioni, è a quelle frontiere dil Polesene, | che, hessendo andato il governator di cavali lizieri, reverendo fra’ |20 Lunardo da Prato, con zercha 40 cavali versso alcuni inimici, | a 1 loco dito Bel Aiere, fo asaltato da diti inimici, el qual | con 40 cavali lizieri solamente et lui se tirò in la torre, | e combatendo con inimici è stà morto insieme con alcuni | altri cavali di soi, et il resto fuzite. È questa nova per uno |25 fante venuto da la banda di là di Po, dil campo nemicho, | et questa nova cativa fo dita per la terra e a tutti doleva, | per esser fidelissimo e valentissimo nostro condutier, di nation | neapolitano: à padre vivo
7 30 tutte] tute | 42 nimicho] nimico
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(etc.); tamen speravano non | fusse vero, aspetando di questo letere dil provedador Capello. |30 Fu preso, in questo Conseio di X, una parte oltra tute altre | parte contra i sodomiti e bardase, videlicet che cadaum capitanio | habi libertà (etc.) et denontiato ai Cai di X, poi li Cai deba- | no inquerir, e altre particularità, ut in parte. La copia | di la qual (fortasse) sarà notata qui avanti.8 |35 Da Vicenza, di sier Vetor Capello, provedador, vidi letere di 26: come | per uno, anzi doi soi fidati noncij, partino da Vero- | na eri, reportano non lì esser solum cavali 300 et fanti | 1000, e mancho è da la parte superior. Se dice, el Re di Romani, | a dì 20 april, se troverà a Trento, dove se conducea gran |40 quantità di biave. Item, per uno citadino de lì (vien di Mantoa), | el Marchexe e il Crucenze9 doveano partir a dì 27 per la corte; | è ’l10 campo nimico pur fra Sermene et la Stellata, le fan- | tarie pontificie et nostre al Bonden, le gente d’arme al Final; | mia 4 li exerciti lontano uno di l’altro. Item, dil zon- |45 zer lì Alvise de Martin, riporta assa’ bone nove e conclude certo sarà acordo. | [41r]11, 12 A dì 28, la matina: intisi, si ha per homo venuto di Ferara | ivi esser morto monsignor di Montasom, capitanio francese. | Fo publichà in Rialto la parte presa eri nel Conseio di X, zercha | le sodomie, et si debbi andar ad inquirendum, etc. |5 Da Udene, di sier Alvise Gradenigo, luogotenente, fonno letere | di 26: chome erra stà un gran teramoto, fato gran | danni, chome per la copia di la letera, scrita di soto, si vederà:13 | cazuto il castello e amazato do sue femene etc. Item, | in altri lochi di la Patria è fato gran danni, come dirò. |10
8 L’intento non troverà realizzazione. 9 Gli editori correggono in cruzense. Negli scritti di Sanudo si riconoscono diverse sostituzioni indebite ‹s› ~ ‹z› probabili o certe: sube (v. §7.2),conzonsersi C 48v 23, difenzoe (v. §6.2.4); forse e dilasioni a breve distanza in E 232r; cf. l’anno tazione in Caracciolo Aricò (1999) a p. XXXIV a proposito di conzaze ‘conciasse’ e a p. 609 per «fatto la maza», recte «la massa» (v. §7.2 s.v. far armata). La variante a testo qui considerata non è però liquidabile come lapsus occasionale: ritorna nella stessa forma a C 43r 31 e 54v 17 e inoltre nell’ed. Fulin et al. almeno a 12,8 (e come curzenze a 15, 35, 55 e passim). 10 La sequenza ‹el› potrebbe naturalmente anche leggersi el (articolo determinativo). 11 11 gran] gram 12 32 procession] processione | 34 chiesie] chiexie 13 Cf. 43v.
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Di Trevixo, eri, fo letere di sier Andrea Donado, podestà et capitanio, di 26, | come etiam fo un gram teramoto, e fato danni, adeo | il palazo di la raxon è risentito, et altri danni fati. | Noto: eri, nel Conseio di X, par fusse suspesa il dar di mon- | signor di la Cleta in cambio di sier Marin Zorzi, el dotor, et |15 sier Nicolò da Pexaro: non perhò per parte, ma li Cai non volseno | fargelo dar, visto il mormorar di la terra di dar | tanto homo e degno capitanio a questi tempi, maxime che sier Marin | Zorzi à tempo mexi / / a ritornar, non dando li danari. | Et dicitur che questo che amazò fra’ Lunardo, fu monsignor di |20 Oboixi, che fu dato a l’incontro di Zuam Paulo Manfrom. | È da saper, in questa matina fo sentito14 teramoto a horre 19, | ma durò pocho. Io erra a Santa Lena con alcuni | patricij andato a disnar et, hessendo a taola, sentis- | semo il teramoto e tutti in orto andassemo. |25 El qual teramoto fé compir di cazer alcune piere sopra | il balcon grando di la salla dil Gran Conseio, et altro danno non fu. | Dapoi disnar fo Colegio di Savij ordinato, ma per dubito | dil teramoto pochi si reduseno e tutti haveano gran | paura. E chi andava in barcha, chi per li campi, chi fevano altre |30 provisione: etiam dormir in barcha. Et ozi, ch’è venere, | fo principiato li dezuni, chi volse pan et aqua, e diman et | luni. Le processione la sera si faceva per le contrade | sì de’ frati, come de’ preti, con assa’ persone drio con | candele grosse in mano. Et nota: le chiexie erano |35 piene di done e altri si andavano a confessar etc. | Terza si sonava in chiexia di San Marco. | Vene letere di la corte di l’orator nostro, di 24 (le ultime): come | il Papa è andato a Zervia per tre zorni, et aspetava | la venuta dil Crucense, e altre particularità, solicitando |40 molto si mandi le galie è a Chioza im Po. Et nota: si | fé ogni experientia et non si pol far che galioti vogli- | no andar im Po, come se intese per letere dil podestà di Chioza. | Dil provedador Capello, vene letere di 21 et 22, copiose. Ma | perché eri si ave di 24, fonno vechie; pur fo molti avisi. |45 Il sumario di le qual, potendo averle, scriverò di soto.15 |
14 La prima sillaba è soprascritta a un paio di lettere che pare di poter leggere di. 15 Le lettere non verranno mai trascritte.
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[41v bianca] [42r]16 Sumario di letere di sier Hironimo Lipomano, date | in Ravena, drizate a sier Vetor suo fradelo, | la prima a dì 21 marzo 1511, horre prima di nocte. | Come il Papa à mandato in campo lo Episcopo triericho,17 |5 zoè domino Lodovicho di Canosa, dal Ducha di Urbino, a dirli | ch’el fazi per le cosse di Ferara, prometendo al dito Episcopo | farlo Cardinal; sì cha è da pensar con che modi con- | vien andar il Papa con li soi parenti che non voleno | l’habi Ferara. El Cardinal de Ingaltera, legato per il campo |10 di la Bastia, parte di lì luni: sarà a dì / / da matina. | Questa sera sonno letere di Mantoa, come quelli 3 sonno | stati insieme; e quello i hanno concluso non se dize (zoè | lo Episcopo di Paris per Franza, el Crucense per l’Imperador, et | l’orator di Spagna) salvo che, post doman, dieno partir |15 da Mantoa, e il Marchexe, Crucense et Episcopo di Paris | per vegnir qui al Papa. Il Papa ha dito non vol lo Episcopo | di Paris venga come orator, ma come privato. | Quello porteno non si sa; si presupone vengono a far | partiti al Papa, over protesti, siché semo per veder assai |20 belle cosse. Scrive ch’è lì a la corte, e le nove de im- | portantia; voria vi fusse qualche altra persona per la Republica | nostra, etcetera. Item, la Duchessa di Urbino, figlia | dil Marchexe di Mantoa à auto uno figlio mascolo. | Item, l’orator nostro à parlato al Papa per quelli zenthilomeni è lì (sier Francesco |25 da Leze, sier Hironimo da Molin e sier Alvixe Venier) per reaver | le possessiom è in Romagna: ha auto bone parole, | senza conclusiom. | Dil dito, a dì 22, horre 19: come in quella matina per tuta | la corte si sa che questi 3 sopranominati ch’è a Mantoa dieno |30 vegnir di qui. Il Papa non vol lo Episcopo di Paris venga, | e cussì li è stà scrito, s’il vol vegnir, vengi come privato. | Dicono che hanno concluso a Mantoa di lassar a la Signoria | Padoa, Trevixo e Friul, con questo: che dagino ducati 200 milia | adesso a lo Imperador, et ducati 30 milia a l’anno, cosse che non crede |35 piaxerà a questo Stado; e che di Ferara la se debi meter in | compromesso, a veder di iusticia s’il Papa la dia haver. Molti | dicono sarà neccessario a farlo, altramente i toriano | ogni cossa, e far una tregua che sarà poi per morte di | qualche uno, quello piazerà a Dio; e che saremo constreti |40 a sotozazer, perché non è possibele a poder più resister. | Et questa matina erra a palazo X Cardinali per veder e sentir | [42v]18 queste nove. Tutti de qui voriano aut acordo, aut | triegua, e non star più in questi affanni. Non vedo | cossa buona per noi; el meglio saria che non venisse- | no qui con questi pati, perché s’il Papa starà in opinion che lo Episcopo |5 di Paris non venga publico, ma privato, lui, di raxon, | doverà scriver al suo re, e aver tempo. E l’orator nostro | è stato questa matina con il Papa: semo in cosse im- | portante. Il Papa è ben nimicho di francesi, tamen tutti | ne sonno adosso; non so far iudizio quello sarà, ma |10 per zornata si governaremo, perché queste cosse di corte si | mutano in uno momento. Alcuni hanno opinion | che questi oratori vignirano, alcuni di non. Il Papa ha dito par- | tir di qui marti, a dì 25, per Zervia et tornar sabato: | vol veder il locho e, in questo mezo, si risolverà queste |15 cosse di Mantoa; e la brigà fanno mille comenti. |
16 7 siché] sì cha | 11 sono] sonno sono] sonno | 33 Treviso] Trevixo | 39 costreti] constreti 17 Corruzione di Tricarico, nome della sede vescovile lucana attribuita nel 1511 dal Papa a Lodovico Canossa (1474–1532; cf. la relativa voce del DBI a cura di Cecil H. Clough). 18 9 sono] sonno | 12 vegnirano] vignirano | 21 sono] sonno | 27–28 Ferara] Ferrara
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Dil dito, di 24, horre 20: come il Papa parte damatina | per Zervia, mena con sì 5 cardinali: Regino, Pavia, | Ragona, Concordia e Sauli (cardinali novi questi do ultimi); | va per veder Zervia. Etiam dize, è robato assai di sali: |20 vol veder quelle administration; starà lì 3 zorni. | Li oratori sonno a Mantoa sarano qui per domenega; el Cardinal de | Ingaltera va legato in campo a la Bastia; è partito questa | matina. Il Papa ha spazato Brunoro da Furlì et li | Vitelli e fato fanti assai per questo campo di la Bastia; |25 tamen si tien, non si farà cossa alcuna fino non se ve- | da la risolution de questi oratori di Mantoa che vengano qui. | Il Ducha di Ferara ha dato le arme al populo di Fer- | rara, ch’è segno se fida di quello. Tutti desidera acordo | e tegnirge bassi. Il Papa mostra esser disposto per noi, |30 tamen dubita in la concluxion. L’orator nostro parla ogni | zorno con il Papa et va con lui a Zervia. El Cardinal | de Grassis è partito questa matina per Bologna; è an- | dato per farsi veder lì, per esser bolognese. |
[43r]19, 20 A dì 29 marzo, damatina: fo gran pioza e l’aqua vene gran- | dissima di sopra le fondamente, et in caxa mia più de | uno pe’ in la mia corte, e si vastono molti pozi. E nota, | (cossa notanda) che in Rialto erano zenthilomeni partiti |5 avanti il cresser di l’aqua, che non poteno venir a caxa | si non tardi, et le barche veneno fino al bancho di Capelli | e Pixani a levar li banchieri di sul banco, e condurli21 a caxa. | Pur Colegio si reduse per tempo, ma molti di Colegio per l’aqua granda, | gran vento è per li ponti non poteno tornar a caxa fin tardi. |10 Et dapoi disnar nulla fu, e tuto el dì piovete. Et | questa matina fo le infrascripte nove. | Primo: chome in questa note erra stà robà in l’oficio | di tre Provedadori sora i Oficij, e cosse dil regno di Cypri in la cassa | di sier Zuam Nadal Salamon provedador, ducati / /; et havia |15 uno ramin d’arzento di uno debitor di l’oficio, qual fu trovà | scoso in alcune scovaze questa22 matina per il masser etc. | Et fo / / | Dil provedador Griti fonno letere da la Badia: chome per il trombeta | andato su le rive di Po a compagnar sier Agustim Coppo, quondam sier Fantim, |20 qual è in campo dil Ducha di Urbim, et erra venuto di qua | con salvo conduto di missier Zuam Iacomo Triulzi per recuperar certo | cavallo e altro: or dito trombeta riportò, certo fra’ Lunardo | fo morto et 28 cavali, erano con lui, presi, il resto fin 40 | scapolono, e fo a Bel Aiere, ut in litteris. Unde, perché disse |25 fo a dì 24, e tamen erano letere di 24 dil Capello che 0 | diceva, la brigà non la credeva, pur fo vero. | Di Mantoa, dil secretario, di / /: dil partir, a dì 26, a horre 18, el | signor Marchexe e il reverendo domino Matheo Lanch, Episcopo curzense, | per Ravena, e il Mar19 20 21 22
7 bancho] banco | 10 tutto] tuto | 37 sono] sonno 21 Iacomo] Iaco La l corregge una lettera sottostante. La prime lettere della parola coprono alcune lettere, la prima delle quali è certo una l.
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chexe mena con sì 100, tuti vestiti |30 di novo a un modo, adeo per vestirli à speso gran danari. | Et nota: dito Crucenze ha cavali 400 con sì. Chome se | intese, per via di la corte, che quel domino Alexandro Gabioneta, | Archidiacono di Mantoa, scrivea al Papa li facesse preparar | alozamenti. Item, lo Episcopo23 di Paris, a horre 20, partì per Cre- |35 mona con febre; etiam l’orator fiorentino e l’orator yspano è an- | dato avanti a la corte; l’altro va con il Crucense. Item, tutti | li foraussiti di le terre nostre sonno restati a Mantoa | e il Crucense non ha voluto i vengino con lui, ma ben, datoli | bone e large promesse, si aricorderà di lhoro. Et |40 che lui secretario quella sera partiva, etiam lui, per Ravena. | Dapoi disnar fo Colegio di Savij ad consulendum. | [43v]24, 25 Di sier Alvixe Gradenigo, luogotenente in la Patria di Friul, | vidi letere particular, date a Udene, a dì 27: come el | teramoto fo etiam l’altro eri26 lì, qual fu tanto tremebondo | quanto27 dir se puol,28 e tanto più fo spaventevole per lui, quanto |5 el si trovava in castello, luogo altissimo, e ruinò forssi la | mità di quello con tanta furia e tanto tremar che pareva | che ’l mondo chazese; e chi vedesse al modo el scapoloe, diria | è stato un miracolo. È stà cossa tanto horenda e di tanto | spavento che più dir non se potria; tamen per la Dio gratia |10 è vivo, ch’el si trovoe per un gran pezo ch’el pioveva la ruina | da ogni banda, et ruinado le scale, e li convene passar | con la fuga sopra ruine e fra polvere, che non si vedeva | e non si cognosceva niuno, né si udiva altro cha cridi: chi | chiamava Dio, chi la Verzene Maria, chi un santo e chi un altro: |15 cossa molto spaventevole.29 El sa Dio quando si pensa il modo | è scampado, non sa trovar il modo, salvo cha dir missier Domino30 | averlo scapollado. E avisa, questo teramoto è stato per tutta | la Patria: à fato gran danno a Cividal, ruinado molte | caxe e tre campanieli / /.31 La chiexia Tolmezo |20 à fato danno, a Venzon à fato danno, a Gemona l’à rui- | nada i do terzi, a Spilimbergo à fato danno, a Oxopo | à ruinato la mità, e in molti altri castelli, cossa molto | 23 Le prime lettere della parola ne correggoro, ricoprendole, altre parzialmente visibili (uzi)? 24 7 chazesse] chazese | 19 chiesia] chiexia | 27 passando] pasando da la Torre] da la Tore | 29 tutta] tuta | 35 sono] sonno 25 7 scapolae] scapoloe | 36 zoso] zesò | 40 Et avisa] Avisa 26 L’altro è aggiunto nell’interlinea superiore. 27 Corregge quando. 28 La p ricopre altre lettere, tra cui una i. 29 A testo spaventovole. 30 Solitamente abbreviato con il trigramma dno sormontato da titulus, presenta qui una i prima della vocale finale. 31 Spazio attraversato da una linea orizzontale, forse aggiunta successivamente.
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tremebonda. In questa terra di Udene, come eri scrisse, | si fa molte prezesione, portando el corpo di Cristo, e cussì, |25 come eri fo un grande rumor per el cazer di la colona | che tien la + sopra la fazà davanti de la chiesia; cussì ozi | pasando per la caxa che fo de missier Alvise da la Tore, e havendo | voltado un canton, el Vescovo con il Corpo di Cristo | con tuta la chieresia e batudi e lui luogotenente, scorso |30 un pezo avanti (et el populo veniva driedo), cazete un | pezo de dita crose, in modo che tutto el populo comenzò | a cridar, e non si sapeva zò che fusse. E quelli erano avanti | comenzono a cridar: «Arme, arme», in modo che lui | saltoe lì cridando: «Che è quello, ch’è quello? Sté forte, che cosse |35 sonno queste vostre?» e corendo in qua e in là. Tamen | se intese la causa, e tutti32 zesò e vete il vescovo im- | pazado, tamen non fo altro. Conclude, si ritrova in gran | travagi, tamen tutto fa volentiera per la sua patria, | havendolo Idio preservato. La polvere li è intrà in uno |40 ochio, che quasi el non pol scriver. Avisa aver | patido gran danno in la sua roba e arzenti etc. | [44r]33, 34 A dì 30. Sonò terza sul campaniel di San Marco, perché fu | alquanto conzo con legnami per sonar, fin sia compito di | conzar, e bisogna butar di sora a terra la cima e parte | dil campaniel fin a la seconda fanestra; et la lozeta fo |5 disfata il coverto, e li patricij si redusevano a San Basso. | Et ozi, fo domenega, che di iure si doveva far Gran Conseio, | ma per dubito dil teramoto non fu fato, e fo fato Pre- | gadi per far li Savij di Colegio e scriver in campo. | Da Vicenza, dil provedador, di 29, horre 16: come a dì 26 fo etiam lì |10 il teramoto; et eri, a quella hora instessa, lì fu un pocho, | ma non con quell’impeto fo el precedente. Item, da le parte | superiore non se intende motion alcuna; a Verona sonno | mancho di fanti 1000 e cavali 300; et ozi lì è una gran- | dissima pioza. Altro da conto nulla è. |15 Dapoi disnar: fo fato Pregadi et con le porte averte, per dubito | non venisse il teramoto. Erano reduti che pol balotar | da numero 200 per far i Savij per le gran procure, maxime | di alcuni zoveni Savij ai Ordeni, etiam Savij Grandi | e di Terra Ferma; et poi leto le letere. |20 Fu posto, per i consieri, parte di far V Savij ai Ordeni iusta il solito. È presa. |
32 Sembra correzione di un tuti. 33 10 horra] hora | 12 sono] sonno | 20 justa] iuxta | 21 fo] fu | 32 fonno] fono | 38 in Po] im Po 34 11 quell’impeto] quel impeto | 14 etc.] è | 24 el cavalier] cavalier
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Fu fato scurtinio di tre Savij dil Conseio ordenarij. | Passono do solli, zoè sier Marco Bolani, Savio dil Conseio, | et sier Zacaria Dolfim, fo Savio dil Conseio (96 di sì et 94 di no); | soto sier Zorzi Emo, Savio dil Conseio, quondam sier Zuam, cavalier (92 di sì |25 et 94 di no). Cazete con titolo sier Francesco Foscari et sier | Antonio Loredam el cavalier; il resto di tolti erano senza titolo. | Fu fato do Savij di Terra Ferma: sier Alvixe di Prioli, | fo Savio a Terra Ferma, quondam sier Piero, procurator, et sier Nicolò Bernardo, fo Savio | a Terra Ferma, quondam sier Piero; soto sier Piero Lando, fo Savio a Terra Ferma. |30 Cazete con titolo sier Marin Zorzi, el dotor, stato prexon in Franza, | sier Francesco Orio e sier Antonio Condolmer. Tolti numero 19, | tra i qual sier Anzolo et sier Alvise Sanudo, fono Provedadori al Sal, | et io non fui nominato, perché non vulssi esser tolto. | Poi intrò Conseio di X con la Zonta, e fu terminato, atento |35 la disobedientia di le galie 3 fonno a Chioza, videlicet di galioti | che non voleno andar im Po, di mandar fino lì sier An- | drea Loredam, Cao dil Conseio di X, con danari per darli so- | ventione, aziò vadino im Po (tanto richieste dal Papa). | Fono poi tardi fato eletion di 5 Savij ai Ordeni, |40 et rimaseno tutti nuovi, videlicet sier Zuam Barbarigo, quondam sier Zuane, | quondam sier Antonio, procurator, sier Polo Morexini, quondam sier Francesco, da Zara, | sier Andrea Navaier, di sier Bernardo (falido), sier Zuam | Corner, quondam sier Francesco (che robò camerlengo a Padoa, e fo stridà per | ladro) e sier Francesco Minio, di sier Bortolo. Soto sier Hironimo Girardo, |45 fo Cao di 40, quondam sier Francesco, 1 balota. Et è da saper a memo- | ria eterna che ozi achadete che (me nolente) fui | nominato Savio ai Ordeni, nel qual oficio son stato | sete volte rimasto im Pregadi, et dil 149935 la prima | [44v]36, 37 volta et poi successive in varij tempi. Demum l’anno | passato, zà 6 mexi, nel qual, hessendo, fui tolto | Savio di Terra Ferma, et avi 52 balote, e andai | meglio cha alcuni con titolo et molti di Pregadi. |5 Et horra, per mio merito, mi hano fato cazer da’ | zoveni (et ad minus 4 notati). La causa fu: prima, | li 40 voleano iusta il solito esser pregadi, et io non dissi | alcuna cossa perché non mi curava di tal grado; poi, nium | di Colegio mi ha volesto, aziò non li contradiga a le lhoro |10 opinion, chome feva; poi, quelli voleno esser Savij da | Terra Ferma non mi hanno voluto, dubitando, si fosse | intrato et havesse auto la ocasione, non li havesse fato | fortuna; poi, li altri che diceano «Costui è stà d’avanzo, | damo
35 Recte 1498 (v. §2.1.3). 36 11 fusse] fosse | 26 sollo] solo 37 23 el cavalier] cavalier | 28 ringratiar] rigratiar
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locho a li altri», e le gran procure fato per questi zoveni. |15 Avi 94 de sì, che fo tute balote ex pura conscientia etc. | Di qual cazer per tuta la terra fo molto mormorato; | etiam di sier Marim Zorzi, el dotor, che mai non dovea cazer. | Sic fata volunt retrauntque: sequamur.38 | Fu etiam avanti posto per li Consieri di elezer, atento li tempi |20 occorenti, tre Savij dil Conseio di Zonta39 per mexi tre, et ave la parte | 10940 de sì et 75 di no; pur fu presa (et è mal aver tanti | in Colegio). E, fato il scurtinio, rimaseno: 133 sier Lunardo Moze- | nigo, Savio dil Conseio, quondam serenissimo, 122 sier Domenego Trivixam, cavalier, procurator, | Savio dil Conseio, 114 sier Alvise da Molin, Savio dil Conseio; |25 soto sier Francesco Foscari, fo Savio dil Conseio, qual passoe; | tolto, solo con titolo, sier Antonio Loredam el cavalier. | Fu posto, prima per li Savij, d’acordo, una letera a l’orator | nostro in corte: debbi rigratiar la Beatitudine Pontificia di le | parole dite; non vol far alcun acordo, si non con ben di la |30 Signoria; e sopra questo dito molte parole, ut in litteris. Presa. | Fu posto, per li diti, una letera al provedador Capello, come per sue letere | vedemo la propinquità di exerciti, et de facili si vegne- | riano a la zornata: cossa pericolosa, atento quelli dil Papa | non vanno dretamente etc.; perhò non vengi lui a la zornata |35 e vadi più al securo ch’el pol, atento è cossa importante. | Et, licentiato il Pregadi, rimaseno etiam el Conseio di X | suso un pocho per far la commission a sier Andrea Loredam, va a Chioza, | al qual fo dato danari per dar lì sovenzion a li galioti, | et partì la matina con Nicolò Aurelio, secretario dil Conseio di X. |40 Noto: è executor sier Zuliam Gradenigo, solo, atento sier Francesco | Capello el cavalier, compito li 6 mexi, non volse più far l’o- | ficio, come con effeto è il dover, e il Gradenigo siegue. | A dì 31, la matina: nulla fu da conto. | Dapoi disnar: fo Conseio di X con la Zonta. Fato Cai, per april, |45 sier Domenego Beneto, fo Consier, sier Hironimo Querini, fo Cao dil Conseio di X, | et sier Nicolò di Prioli, qual va Podestà a Padoa. |
38 Il periodo, bizzarramente reso nell’ed. Fulin et al. «Sic fata volunt, retraunt quæ sequamur», è una maldestra citazione virgiliana (Eneide 5,709: «quo fata trahunt retrahuntque, sequamur»). V. B 362r 45. 39 Di Zonta aggiunto nell’interlinea superiore. 40 Una barra trasversale, non insolita prima e dopo un numero, cancella una quarta cifra.
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[45r]41, 42 Sumario di letere di sier Hironimo Lippomano, date | a Ravena, a sier Vetor suo fradelo, la prima | a dì 25 marzo 1511, horre 19, ricevuta a dì / / | Come il Papa in quella horra è partito per Zervia; non ha ’uto |5 rispeto nì a Nostra Donna, nì a tempo cativo. Item, scrive | sier Piero Zem è lì e si lamenta dil Stado, che non li ha lassato | far il suo merchato di dar le zoie a Agustim Gixi, e che il cre- | dito di ducati 13 milia di Alexandro di Franza, quando non li havesse mai scos- | si, non si curava. Sta qui in caxa di Agustim Gixi et lo aspeta |10 e dize farà il suo merchado e vol andar a star in Ancona | e dize: «Ingrata patria non habebis ossa mea». Et li ha dito | le zoie sonno in sua libertà, non li ha confesato averle lì etc. | Dubita uno zorno sarà morto: non mi par mato, ma | sapi dir le sue raxon, e vol far citar in Rota questi soi Marin |15 Negro e Zuam Maraboto, suo zenero, che li ha tolto il suo | honor. E in questo vacila, parla con gran colora, e che Marin | Negro li dia dar ducati 1500, e che lo ha voluto amazar. | E che lui non è homo di andar in castello di Padoa, dove la | Signoria lo voleva far meter, lamentandossi di missier Andrea |20 Loredam, ch’è stato prima causa a non lo lassar far questo mer- | chado, perché, come suo compare, se consegliò con lui. Et dice il Gisi | li ha fato gran promesse e dize certo concluderà il merchado, | licet habi promesso al Doxe de non lo far. | Dil dito, di 26, horre 21: come sonno sì cativi tempi che non è |25 possibele parti barche. Eri partì di qui sier Vicenzo Pixani, quondam sier Antonio, | che vien di Cicilia. El Papa eri andò a Zervia con 6 cardinali, | zoè: Regino, Pavia, Farnese, Ragona, Concordia et Sauli; | ozi è andato driedo il nostro orator. Per letere di Mantoa, | scrive l’orator di Spagna al Papa che tien l’orator nostro l’habi man- |30 date a la Signoria, di questo tenor: come sonno stati lì insieme | a Mantoa, e tandem hanno concluxo di voler andar contra | infideles e non più contra cristiani. Ma non hanno voluto | concluder, salvo vegnir dal Papa, e lo Episcopo di Paris non | ha voluto contentar a questo et è andato a la volta di Cremona. |35 Et ozi doveano partir di Mantoa per qui (zoè el Crucense, | il Marchexe di Mantoa et l’oratori di Spagna). Lo messo | de li Cardinali scismatici, zoè San Mallò e compagni, nì l’orator | fiorentino, ch’erra lì, non vien, et il Marchexe vien come | orator di Maximian, et à43 mandato a dir al Papa che sarà |40 bono el vengi come orator, e cussì il Papa ha contentado, | siché sarano qui luni, a dì 31, e li piaze che ’l Vescovo di Paris | non vegna, e spera si aseterà le cosse contra Franza; ma | Maximian vorà danari, et, si Maximian sarà contra Franza, | è bon darli quello el vol, perché Dio vorà che si44 sbaratiamo di Franza. |45 Il Papa è molto ben disposto per noi et contra Franza: Idio ce aiuti. |
[45v]45, 46 Ne sonno letere dil provedador Capelo, di 23: come el dovea mandar | el Conte Vanis et zerti homeni d’arme sopra il Polesene di San | Zorzi a far prede, e ne sonno poi di 24 di altre persone. | Come haveano deliberato far fati d’arme
41 4 hora] horra | 12 sono] sonno | 24 sono] sonno | 25 possibile] possibele | 30 sono] sonno | 37 San Mallò] Samalló | 40 à contentado] ha contentado 42 20 non lassar] non lo lassar 43 à corregge una o due lettere irriconoscibili. 44 Si è aggiunto nell’interlinea superiore. 45 1 sono] sonno Capello] Capelo | 3 sono] sonno | 16 si] se | 17 marchese] marchexe | 21 sono] sonno 46 31 teremoto] teramoto
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
contra francesi, |5 ma non crede, e tien siano le soe berte consuete. Et maxime | hessendo zonto in campo il conte Lodovico di Canosa, per | mostrar ch’el non mancha dal Ducha di Urbino, perché il Papa li ha | promesso farlo cardinal, s’il Ducha farà il dover, e perhò ades- | so danno la colpa al signor Fabrizio Colona, che non vol far |10 facende; lui tien certo non siano per far fati d’arme. | Dil dito, a dì 27, horre 19, di campo: ne sono questa matina avisi | che non serano a le mano, e che non farano fati d’arme. Vien | dito che ’l signor Fabricio Colona non vol per niente, siché non si | stagi più in expectazion si fazi facende. Questa ma- |15 tina è stà mandate de qui artelarie e polvere per la impresa | di la Bastia. Li Vitelli se trovano a Codignola, e il legato, Cardinal | de Ingaltera, se trova a Lugo. El Crucenze e Marchese di | Mantoa sarano qui domenega, a dì 30, over luni a la più longa. | Lo Episcopo di Paris è andato a Cremona, è amalato di febre; |20 si costui morisse saria gran iuditio de Dio esser contra la chiexia | (e veder si pol quanti sonno morti e impresonati). Et scrive | che Rubertet, Primo Canzelier dil Re di Franza, ha persso li ochij | et Montisom è morto a Ferara. Il teramoto, che fo eri qui, | fo etiam a Zervia, dove il Papa fo primo che saltò fuori di ca- |25 mera, e durò molto più che qui; e il Papa mandò eri sera | la stafeta qui a veder s’il teramoto erra stato qui a Rave- | na perché, non essendo stato, voleva vegnir ozi qui; et, | inteso erra stato, non si ha curato tornar e starà a Zervia | fino a dì 29. |30 Dil dito, di 27, horre 14 (qual è prima letera): come eri, a horre zercha 22, | fo in Ravena47 il teramoto assai grande: tremò caxe, | camini, et li campanieli sonò per il teramoto; feze paura | a molti, durò forssi uno Pater nostro. La brigata iudichava | che li campi nostri dovesseno in quella horra esser a le mano |35 con francesi. Non sa quello dirà il Papa di questo teramoto, benché | lui non stima nì astrologi nì cossa alguna. Scrive di la | morte a Ferara di monsignor di Montasom, capitanio francese, | el qual mandò a tuor l’altro zorno l’absolutiom dil Papa. | [46r]48 Sumario di letere di sier Hironimo Lippomano, date | in Ravena, a sier Vetor suo fradelo, a dì 29 | marzo 1511, horre 20, et ricevuta a dì / / april. | Come per molte vie si arà saputo il prender di fra’ Lunardo, capo |5 di cavali lizieri nostri, da’ francesi, nova che sarà dispia- | cevole a tutti. Item, marti si aspeta de lì el Crucense et | l’orator yspano con pre’ Lucha, che andono a Mantoa: si aspeta | questa sera di qui, perché sonno venuti per la via curta; el Cru- | cense ha voluto andar a Modena. E di questa venuta |10 si parla variamente, e tutti parlano secondo le sue volontà: | chi dize se farà triegua universal con
47 La R è correzione su una lettera illeggibile. 48 8 sono] sonno | 11 dise] dize | 15 sono] sonno sono] sonno |24 chiesia] chiexia | 33 sono] sonno | 37 sono] sonno | 45 sono] sonno
5.4 Campione C
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Franza e tutti li altri, | et chi che sarà cazado Franza; ma fino non siano a la corte, | non si pol saper cossa certa. Il Papa vien ozi di Zervia qui, et zà | ha comenzato a vegnir la brigata; sarà il Papa qui a horre 22. |15 Li campi nostri sonno al Final e non sonno per far fati d’arme. | Eri zonse qui el magnifico Iuliano di Medici, vien da / /; | Bernardo di Bibiena è a Bologna. Item, il teramoto fo qui a dì 26; | è stato etiam per tuta questa Romagna, e a Bologna, a Rimi- | no e Urbim. Eri etiam, zercha a le 19 horre, qui in Ravena |20 ne fo uno pocho di teramoto, ma non da conto. Item, | a Zervia l’altra sera fo morto uno da Urbino,49 servitor dil maistro di stalla | dil Papa, e tuta Zervia fo in arme. Il Papa vol che quel suo sia | trovato e dice vilanie a tutti; tamen colui scampò. | E cussì va le terre di la Chiexia. |25 Dil dito, di 30, horre 3 di note: come il Papa questa matina, ch’è | domenega, benedì la roxa, tamen non l’à data a niuno, e dize | non aver ancor deliberato a cui darla et la benedì in cape- | leta picola. Il Marchexe di Mantoa non vien col Cruzense, | ma è venuto fino a Corezo, poi se à fato di amalato: è da pen- |30 sar quello dize il Papa di lui; tamen sofre e score. Il Papa ozi ha deli- | berato partirse di qui marti (over mercore) per Bologna, sarà a dì 2 | april; e ha messo in confusion tuta questa corte et ha ditto | ozi, a li Cardinali che se preparano, sonno motion e movimenti presti; | non si sa far iudizio quello vol dir questo partir. Scrive, etiam |35 lui vol repatriar e non si vol più stornir senza fondamento | driedo corte. El Cruzense è a Modena e vegnirà a Bologna | a trovar il Papa. Le stafete e corieri sonno corssi questa sera per | tutto, che el Papa parte per Bologna. Ozi, a vesporo, zonse qui | l’orator di Spagna, che vien di Mantoa. De lì a do horre fo |40 dito el Papa parte per Bologna. Scrive non pol far iudicio quello vol | dir il partir sì presto e cussì in furia dil Papa: si parla varia- | mente ch’el vol andar in campo iterum e far far fati d’arme; | molti dicono parte di qui per carestia di biave, strami et altro, | la qual cossa non è verisimile. Fra’ Lunardo morite, che fo prexo |45 da’ francesi. Item, el ne sonno letere di Lion in questi fiorentini: | [46v] come lì erra zonto uno orator dil Soldan, el qual oferiva | Terra Santa, zoè Hierusalem, al Re di Franza; e si questo sarà | vero, si saperà per via di Alexandria, ma fiorentini scriveno | qui al suo orator di questo e molti fiorentini hano letere. |5 Item è stà dito, ozi in caxa dil Cardinal Voltera è morti do di peste. |
[47r]50 Dil mexe di april 1511. | A dì primo april: introno in Colegio 3 Cai di 40 nuovi: | sier Domenego Griti, sier Stephano Ferro et sier Marin Falier; | et sier Zacaria Dolfim, Savio dil Conseio (li altri erano), et sier |5 Nicolò Bernardo, Savio a Terra Ferma; sier Alvixe di Prioli | non volse intrar e refudoe. Intrò etiam tre Savij ai Or- | deni: sier Francesco Minio, sier Zuam Barbarigo e sier Pollo Mo- | rexini. Li altri do electi non hanno ancora il tempo, et sier | Gasparo Malipiero, avogador, non li vol provar. |10 Di Vicenzo Guidoto, secretario nostro: erra a Mantoa, qual51 | andò col Marchexe per andar a la corte fino a Corezo, | et il Marchexe ritornò a Mantoa, chome ho
49 Da U(rbi)no è inserito nell’interlinea superiore. 50 12 come] chome | 39 pontificio] pontifizio 51 Qual sovrascritto a una parola abrasa e illeggibile.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
scripto avanti,52 | et ordito al dito secretario, l’andasse ad aspetar a la | Mirandola; et cussì da la Mirandola el dito scrisse a la |15 Signoria. Et etiam si ha di Mantoa, il Marchexe si scusa | non esser andato di longo, perché non si sentiva ben | et, varito, anderà a la corte, et è servitor di la Signoria nostra. | Di Ravena, di sier Hironimo Donado el dotor, orator nostro, fonno | letere: come l’orator yspano erra zonto lì a la corte, |20 stato a Mantoa dal Crucense, qual è partito e va a Modena. | Item, il Papa ha terminato levarsi di Ravena con la corte | e tornar a Bologna, e lì udirà el Crucense. El qual Pontifice | persevera più che mai in la benivolentia con la Signoria nostra | e vol far ogni cossa per far segui l’acordo col Re di Romani, |25 et desidera ultimar la impresa di Ferara et aver la Ba- | stia dil Fossà di Ziniul, et voria le galie nostre etc. | Etiam di sier Hironimo Lippomano fonno letere di queste tal nove. | Di sier Pollo Capello el cavalier, provedador zeneral, date in campo al Finale, | a dì 26 marzo, horre 3 di note: replicha quanto eri scrisse |30 per la via di la corte, et dil caxo di la morte dil reverendo frate | Lunardo, qual da tutti dil campo à summamente dispia- | zesto, et ozi ha fato portar lì el suo corpo, e doman | se farà uno honorevele exequie, et serà soterato | et si à forza farli grande honor, per rizerchar cussì le |35 amplissime virtute et conditione sue. Scrive, è come | disperato, perché non vede modo che de lì se possa haver | alguno honore per le raxon scrite tante volte a la Signoria, | videlicet di quelli capi, ch’è il Ducha di Urbim et il signor Fabricio Colona | e li altri nel campo pontifizio, che non voleno far nulla; |40 poi per la malla contenteza de li nostri; che, s’il scrivesse | il tutto, faria rizar i capelli a li padri di Colegio, che non | hanno voluto creder el bisogno, imo necessità, di pro- | veder per tempo dil danaro; da la qual causa è caschato | lo inconveniente di eri, e tutti li altri (che Dio non lo |45 voglia) occoresse, prozederà per dita causa, che prega Dio ce aiuti. | [47v]53 Scrive questa, ch’è per via da terra: in questa sera à ’uto, per letere | di sier Andrea Griti, suo collega è sopra il Polesene, uno | breve di la Signoria, di 21, e dize de54 lì non hanno bisogno | de brievi, né bone parole, ma danari et favore, |5 et sta con gran dubito di qualche grandissimo inconveniente | (che Idio per sua bontà non permeta tanto male). Non | zè lì in campo dil Papa governo, non zè volontade, non è cui | comanda e voglia comandare, non zè | executori, non zè guastadori, e tutto questo paexe dal mantoano in fuora |10 nemicho, non zè strami. Uno cavallo vol tre marcelli | di 52 Per la verità, l’ultima notizia su Francesco II Gonzaga lo localizzava a Correggio, trattenuto da una malattia (46r 28–29). 53 20 sono] sonno | 22 niun] nium | 34 Rufin] Rufim | 38 predicoe] predichoe 54 Un cerchio sovrasta lo spazio tra dize e de.
5.4 Campione C
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biava al zorno; fava, spelta, sorgo; carestia di pane | e d’ogni altra cossa, adeo che dal vino in fuora tutto | se strapaga, per modo ch’el non è possibele questo campo pos- | sa durar. Item, ozi in questa terra et al Bondeno, a horre |15 zercha 20, è stato un gran terramoto, et mai lui non | ha sentito lo simile; et è alozato fuora di la terra, e tutti | saltono fuora di lo alozamento. Ha ’uto una grandissima | paura, né voria sentir tropo de queste cosse. | Dil Griti, provedador, etiam fonno letere da la Badia: |20 de occurentiis; et francesi sonno pur alozati versso Sermene. | Noto: sier Andrea Loredam, fo Cao di X, tornò di Chioza et re- | ferì come quelli galioti di quelle 3 galie per nium modo | voleno più andar in galia et voleno disarmar. Et | disse quello havia fato lì, siché non si pol aver dite galie per Po. |25 Dapoi disnar: fo Conseio di X con la Zonta. È Cai | questo mexe sier Domenego Beneto, sier Hironimo Querini, sier Nicolò di Prioli. | Noto: eri et ozi fo fato processiom a San Marco di calone- | gi con una nostra Donna, che portono atorno, di mam | di San Lucha; e doman etiam si farà per li teramoti. Et per le |30 contrade si fa la sera, siché la terra è in gram paura; et | la note, a horre 2, fo un pocho di teremoto, et poi a horre 9, | qualli fonno sentiti, non perhò feno danno alcuno. | A dì 2, la matina: fonno letere di la corte, da Ravena. | Et atento che in questi zorni fra’ Rufim Lovato, qual predi- |35 cha sul campo di San Pollo, havia dito contra li zudei, | et saria bon tuorli tutto quello che hanno et ponerli | a sacho, perché questa terra è piena di zudei fuziti qui. | Et eri predichoe assai e, dubitando di novità contra di lhoro, | in questa matina Anselmo et Viviam, banchieri, fonno |40 a li Capi di X, dolendossi di questo. I qual Capi andono | a la Signoria et fo terminato admonir dito predichador, et | cussì quel di frati menori et di San Cassam, che predichano | tal cosse, acciò non segui contra ditti zudei qualche cossa. | [48r]55, 56 Et perché di Treviso, da sier Andrea Donado podestà et capitanio, se intese | come uno frate predichador, homo excelente, predichava | de lì (over uno zudeo astrologo), che ozi, a horre 19, in- | falanter saria uno grandissimo terremo-
55 3–4 infallanter] infalanter | 4 teremoto] terremoto[to] | 11 el] il | 18 Surian] Suriam | 18 à] ha | 38 pontefice] Pontifice | 40 Milano] Millano 56 23 a tante] a tante a tante
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
to[to], adeo, in- |5 teso questo, tutta la terra qui fo in fuga e molti | andono in barcha et in orti; tamen fu pocho, quasi 0. | In questa matina, in Quarantia Criminal, fo spazà | sier Alvixe Guoro, di sier Hironimo (absente), et vestito frate li Car- | meni et mandato fuora di la terra, qual, per quello ha fato |10 hessendo podestà a Grisignana, li Avogadori di Comun el me- | noe et preso di procieder di tutto il Conseio, fo bandito di tutte | terre e luogi di la Signoria nostra, sì da terra come da mar, et | di quelle se57 aquistasse, et tutti navilij armadi et disarmadi; | e, si per algun tempo el vegnirà e sarà preso, sia impichato per |15 le cane di la golla in mezo le do colone etc. | Item, fo menà, etiam in questi zorni, quelli deteno stridor | a sier Vidal Vituri, fo podestà a Muram, quando consignò il rezimento | a sier Iacomo Suriam, dicendo «Ben vegna el Suriam, / che ha | cazà via sto cam / che ha desfato Muram» et tratoli |20 saxi drio: per le qual cosse fo preso di retenirli et, exami- | nati, tra i qual il comandador dil Podestà di Muram, et menati | per li Avogadori in Quarantia, posto di procieder, veneno | a tante a tante: bisogna andar in le do Quarantie. | Dapoi disnar: fo etiam Conseio di X con Zonta. |25 Dil provedador Capello, dal Final, di 29 marzo: come francesi | sono pur sopra le rive di Po versso Sermene e il Ducha di | Ferara è in Ferara, e altre particularità, ut in litteris. | A dì 3, la matina: in Colegio fo leto le infrascripte letere. | Dil Griti, provedador zeneral, date a la Badia: come francesi passò |30 di qua di Po, venuti per tuor strami per il horo campo. | È alozato di là di Po, et hanno gran manchamento de strami; | et che alcuni nostri li fonno a l’incontro e li rebaté, ma | essi inimici haveano fato la imboschata, qual | scoperta da li nostri, ritornorono indrio et ne amazò alcuni. |35 Da Vicenza, di sier Vetor Capello, prove- dador, di primo, horre 2 di notte, | vidi letere: come ha, dil provedador Griti, la ritornata dil Marchexe | di Mantoa a Mantoa (non se intende la causa); el Cur- | zense con li oratori yspani aviati al Pontifice; et che francesi | andavano a la sfillata a 25, 50 et 100 a la volta verso |40 Millano per motion di sguizari. Da Lignago si hanno le- | vato 3 bandiere de’
57 se aggiunto nell’interlinea superiore.
5.4 Campione C
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francesi aviati versso Verona con | li soi cariazi, come etiam per letere dil Griti si ave tal nova. | [48v]58 Noto: fo dito esser letere di Verona particular, che erra | stà fato proclama de lì che tutti li francesi erano lì et | altri venturini dovesseno partirssi et che tutti li fora- | ussiti potesseno ritornar et venir a galder il suo. |5 Tamen non fu vero et fo una zanza. | Di sier Zuam Moro, capitanio zeneral im Po, date in l’armata in Po | a San Alberto, a dì 30 marzo: come questa note passata | erra stato con barche 30 a la rota de Filo, nel qual locho | ha trovato pocha zente e, sentita l’armata, subito |10 fugirno. Et dete di le prove in terra, trovoe molti | legnami parechiati per serar quella rota, li qual tutti | fece butar in fiume; tagliato etiam gran numero de pali er- | rano fichati dentro de la rota, ita che dita rota è averta | come prima. Trovoe etiam alcuni burchij dentro |15 de la rota con li soi batipali et altre cosse necessarie, | le qual, per non potersi trar fuora, li fece brusar. | Fato questo, andoe fino in geto de artellaria, apresso la Ba- | stia, et lì stete alquanto, fino che veniva certi fanti | con certe carete per tirar a l’armata e, visto poter per- |20 der senza venzer, ritornoe adrieto. Item, scrive | come per via certissima dil59 Ducha di Ferrara con 300 lanze | et 3000 fanti, né se intende el camino suo, salvo che | sia andato a conzonzersi60 con le gente francese per far | zornata con l’exercito pontificio et quel di la Signoria nostra. |25 Di Andernopoli, di sier Nicolò Zustignam, quondam sier Marco, fono letere, di 21 fe- | vrer: come aspetavano la venuta di l’orator nostro de lì, | e altre particularità non da conto. Etiam, letere da Constan- | tinopoli di sier Andrea Foscolo baylo nostro: de occurrentiis. | Dil Zante, di sier Hironimo Bernardo, provedador, e di sier Alvixe Arimon- |30 do, orator nostro va al Turcho: scrive il suo viazo lì | con le do galie partite di Corfù, et a dì 24 fevrer | partino per Eno, ma per tempi contrarij ritornò lì; et poi, | a dì 4 marzo, si levò con tempo bono, adeo tien esso | provedador dil Zante sarà andato prestissimo a Eno. |35
58 6 in Po] im Po in Po] im Po | 19 à] ha | 23 zente] gente | 25 fonno] fono | 31 partide] partite | 35 pena] penna 59 Abbreviazione o correzione difficilmente decifrabile; gli editori interpretano dil. 60 Nel ms. co(n)zonsersi.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Dapoi disnar: fo / /. | Et ozi comenzò il perdom a la Caritae di colpa e di penna, | dete per- petuo Papa Alexandro 3o,61 quando62 fo qui, dove fo gram | populo, adeo con dificultà se intrava in chiexia. | È da saper, l’aviso scrito di sopra63 di Verona si ave, per via da |40 Soave, per letere di Hironimo Pompei condutor nostro, qual è lì a quella | custodia. Scrive ch’era stà publichà che tutti quelli ha- | veano auto concession di beni di foraussiti, fosseno | taiate; et che chi vol restar lì de’ francesi a soldo de | l’Imperador resti con raynes do al mexe per uno, et il resto |45 si lievino etc. Item, che per il Tartaro erano venuto per Po | barche a Lignago per tuor le robe di francesi, over per sachizarlo. | [49r]64 Copia di letere di Sicilia, di sier Pelegrin Venier, | quondam sier Domenego, date a Palermo a dì 5 marzo | 1511, drizate a sier Alvise suo fratello, et qui | recevuta a dì primo april. |5 Come per sier Vicenzo Pixani, quondam sier Antonio, a dì 24 dil passato, scrisse; | et che sier Piero suo fratello, venuto de lì amalato a dì 16, | a dì 21 rimase libero, et a dì 2 ussì di caxa e poi re- | chazete; et questa matina iterum è rimaso libero. Scrive | anderà a Tunis per veder di recuperar il suo etc. |10 Item, scrive de qui molti preparatorij si fanno per la im- | presa di Africha, et da ogni parte risona la venuta im perso- | na, per tal effecto, di la Catholicha Maiestà. De qui formenti | tarì 11 et 12 a la parte di ½ zorno, et è compratori, et la | saxom va bona: che Idio a perfecion la conduchi! Le trate per |15 la Patria et luogi nostri, a l’usato, sonno serate. | Questo giorno, per via di Trapano et Mesina, si à da Napoli | esser fato liga tra el Pontifice, la Maiestà Cesarea, la Catho- | licha Alteza et la illustrissima Signoria nostra, ch’è di contento di tutti. | Molto si conferma la venuta di la Maiestà Catholicha a Na- |20 poli, e de qui si fa preste le galie e si provede de ogni qua- | lità di monitione et vituarie al possibile et con | grossa et potentissima armada et ultra numero infinito | de homeni d’arme et fantarie vien. Afirmassi esser | per le cosse di Barbaria: Idio lassi sequir il meglio! Etc. |25 Poi dice, in queste parte e de qui fanno far biscoti (da ste- | ra, non voglio dir il numero, ma assaissimi) per tutti li carica- | tori, farine quante puol, carne salade, munition | senza numero. A Napoli fanno X milia bote per aqua, di qui 3000, | vini assai, adeo è un spavento li preparamenti. Da Val- |30 lentia in Trapano è venuto una barza et con | quella il nepote de lo illustrissimo signor Viceré, ch’è maridato. | Qui se li prepara gran feste et zà le 3 galie de qui | li vano incontra et fanno lavorar le do sonno in | terra, et presto (se dice) anderano incontra la
61 La ricorrenza, che secondo le testimonianze sanudiane era entusiasticamente celebrata dal popolo, è ricordata anche a 12,100, 14,79, 44,418 e 47,187. 62 Così, a ragione, gli editori emendano il quanto del ms. 63 V. 48v 1–4. 64 15 sono] sonno | 29–30 Valentia] Vallentia | 33 vanno] vano sono] sonno
5.4 Campione C
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Catholi- |35 cha Maiestà; e tute nave e navilij son stà ritenuti | in quelle parte. Sua Alteza in Sibilia se ritrovava | e (se dice) certo venirà de qui im persona. Di qui non è | panni da Veniexia, non di seda, non di lana, non specie, non odori, | non rami, ché si lavora artellarie assai, non altre |40 merze che fanno per qui; et chi ne mandasse si faria bene. | Son stà serate le trate di orzi e tutti legumi, for- | mazi e vini per l’armada; et son stà fato intender | a tutti li baroni, si facia presti per far la mostra et | metersi a hordine per sequir la Catholicha Maiestà. Al zon- |45 zer di questa barza di qui (si stima sarà dimane) si saperà. |
[49v]65 Copia di una letera dil dito a la Signoria nostra, | data a dì 14 marzo 1511. | Serenissime Princeps (etc). Per mie, di 21 zener, significai vostra Signoria | di le nove de qui se intendeva; per la presente la intenderà |5 come, per letere di Barzolena di 27 dil pasato, da Valenza, di do | di l’instante, in diversi di qui afermano la Catholica Maiestà | al tutto esser per venir in queste parte e con lui dover venir | el forzo di grandi di Chastiglia, e molti baroni e cavalieri | dil Regno di Valenza; e come in Chades, e per la costa di Valenza |10 e Granata, se riteniva e metevasi a hordine tuti li na- | vilij de portà de salme 400 in suso per l’armada, e una | barza carcha per Napoli di panni, de qui dovea66 venir, fu discargata. | E / / asai esser presti versso Carthagenia, la Cantera | e Donia.67 Havea fato provision in Valenza di pavioni 2000. |15 La Maiestà Sua in Sibilia se ritrovava e per april tutti doveva | esser prestissimi per partir; e a Malicha68 inbarchar si dovea | la sua persona. Se dize per 3 effeti: lo primo, per le cosse de Italia | (più presto contra francesi che in favor); la 2a, per castigar na- | politani e li capi di quel regno per la opposition fezeno |20 a la inquisition; e l’altra, per queste cosse di Barbaria. | De qui se fa grandissima provixiom di far biscoti et farine | per tutti li cargadori de questo regno, summa infinita, etiam | carne salade d’ogni qualità; son stà serate le trate di orzi | e legumi e formazi, per haver de qui abondanzia, e de vini |25 ne fanno quanti ne poleno haver. Per Calavria aveano | mandato a far bote 3000 per aqua; e de tutte qualità se fa provi- | sion assai, per atenderse numero infinito di armata, fantarie | e homeni d’arme. Per via de Malta per bregantino a questo | viceré, e per via di Trapano, se à l’armada, soto el conte |30 Piero Navaro, essendo andato a l’ixola del Chercha, | messeno in terra, e non trovando 0, che tutti erano pasati | in terraferma, stetero 8 zorni, e lassò per custodia | di quella domino Hironimo Vianelo, capitanio di bon numero di fanti | (cui dize 1200, altri 900, 700). Dapoi, visto per le spie, |35 de’ mori non esser più zente, la note da cavali 600 | e pedoni 2000 passò su l’ixola, e fo roto e morti da quelli | tutti; e l’armada, mal condizionada, con numero di fanti | 1500, sopra a Malta è dito esser ritornata; e dito capitanio à aquistà | una mala fama e da molte barze è stà abandonato. |40 Et è stà scrito per il Re69 universalmente a tutta questa cità, se | metano in hordine e in arme per
65 5 Barzolona] Barzolena | 16 inbarcar] inbarchar 66 La a finale è sovrascritta a una lettera di difficile lettura. 67 Gli ultimi due toponimi, non identificati nell’indice al volume dell’ed. Fulin et al., corrispondono rispettivamente all’isolotto chiamato La Cantera presso Tabarca e alla città e al porto di Dénia. Le tre località nominate in questo passaggio non del tutto trasparente sono perciò disposte secondo la rotta da ponente verso Valencia. 68 a Ma- corregge un paio di lettere sottostanti. 69 Per il Re aggiunto nell’interlinea superiore.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
voler seguirlo a la | impresa d’Africha, dove conferma voler andar; e de | tal tenor à scrito per tutto el regno. Da Tripoli | son venute diverse barze, tra le qual Chiaram, ch’è |45 fatto armiragio e ritornerà im Ponente per far una | barza, per sequir de dannifichar la nazion nostra, posendo. [50r] Che Dio li taglia la posanza! Formenti tarì 12, a la parte | de ½ dì la sasom perfetissima, le trate serate. De qui | se trova una barza del signor Thesorier zeneral, e à no- | lizato; per letere del prefato, comete lassi ogni partito e pre- |5 stissimo vadi a Valenza, per voler sopra quella far montar | suo fiol e suo zenero per acompagnar el Re. Da ogni | parte se aferma la venuta sua; è stà scrito in Ara- | gona e Chatelogna, la Maiestà non cometer, salvo stagino | sopra l’armà per esser a’ confini70 di Salzes, et altri à dito averli |10 mandà in dito locho homeni d’arme; e parlasse assai per | le cosse di Franza. Per ogni respeto di l’armata sopra- | scrita, per via di Mesina, ò scrito a li magnifici rectori di Cor- | fù, Zante, Candia, a fin intendino el tutto. |
[50v bianca] [51r]71 A dì 4 april, noto: in questa note, a horre 4 ½, fo sentito | il teramoto, non perhò molto grande. | Dapoi disnar: fo Pregadi, et leto molte letere et poi | quelle letere è stà scripte per Colegio a la corte et in campo. |5 Fu posto, per li Cai di 40, che li 100 nobeli da esser electi | in Quarantia Criminal, chome fu preso, se intendi siano | di galie grosse (et cavati come verano) e il resto di sotil, | ut im parte. Et fu presa con le clausule, sicome in la parte. | Fu posto, per i Savij tutti di Colegio, dar a sier Hironimo Zorzi, cretense, |10 qual armò una galia dil suo et à dato una suplicha, | che sia fato creditor di la Signoria di quanto à servito in armà, | da li 4 mexi in suso. Item, sia fato exempte di ducati | pagava a l’anno di livello a la camera, ut in parte. Item, | li sia dato la castelanaria de / /, ch’è in mezo |15 le sue possession, per anni X, ut in parte. E fu presa. | Fu posto, per li Savij dil Conseio e Terra Ferma, dar conduta | a domino Rizardo Alidusi di Castel di Rio, fratello dil reverendissimo | Cardinal Pavia, homeni d’arme 50 et balestrieri a cavallo | 25, e questo per anni / /,72 ut im parte. Et fu presa (non ave effeto).73 |20
70 A’ confini sembra aggiunta posteriore. 71 8 in parte] im parte clausole] clausule | 15 in parte] im parte | 19 in parte] im parte | 46 in processione] im processione 72 Lo spazio bianco è attraversato da un tratto ondulato. 73 Non ave effeto, sovrapposto a un segno a forma di nastro in fine di rigo, è aggiunta successiva.
5.4 Campione C
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Fu fato scurtinio prima di un Savio dil Conseio or- | dinario che manchava, et rimase sier Francesco Foscari. Caze- | te, con titolo, sier Zorzi Emo, e soto sier Andrea Loredam, | fo luogotenente in la Patria di Friul; etiam sier Antonio Loredam, cavalier. | Item, un Savio di Terra Ferma, in luogo di sier Alvise di Prioli, |25 à refudado, sier Piero Lando, fo Savio a Terra Ferma, quondam sier Zuane; | et io, Marin Sanudo, fui nominato: avi 42 balote. | Fu posto, per li Savij, scriver una letera a sier Piero Pasqualigo | dotor et cavalier, orator nostro in Hongaria, ut in ea, al qual | è molti zorni non se li à scrito. Et sier Zorzi Emo andoe |30 in renga et disse erra bon darli libertà che potesse pro- | meter a quel Re fin ducati 5000 di più per confirmar la liga. | Li rispose sier Domenego Trivixan, cavalier, procurator, Savio dil Conseio, et | andò la letera; et l’Emo ave solum 9 balote di no; | e fo comandà grandissima credenza per il Canzelier nuovo, |35 el qual ozi comenzò a stridar questi scurtinij. Et li | do Savij, electi in questa sera, andono a sentar. | A dì 5, domenega, noto: in questa terra è molti castelani di la | Patria di Friul, foraussiti quasi di la Patria, et erano a li | Cai di X, acciò si facesse provisione. Tutti portavano ar- |40 me et corazine sotto. Etiam è qui domino Antonio Sovergnan, dotor. | Dapoi disnar: nulla fu, nì Gran Conseglio nì altro. Et | questo per dubito dil teramoto che si dicea dovea esser. | Et a Castello fu fato solenne procession con le scuole et chie- | resie et il Patriarcha, et vi fu assaissima zente; et questo |45 perché fu trovà lì certe reliquie. E fato una +, fo | portata im processione, in la qual è prima di sopra dil le- | gno di la +, di soto di pelli di la barba de Christo, et a man | [51v]74, 75 destra di la piera dil calexe, et a man sinistra uno chio- | do di Christo; over altre reliquie. | Dil provedador Griti, da la Badia: come eri passò de qua da Po | 400 cavali et 500 fanti de’ francesi, et erano venuti |5 scorsizando versso il Polesene; tamen lui, provedador, havia posto | custodia76 a li passi etcetera. Et, per uno fameio di domino Lunar- do | Grasso venuto di Verona, ha esser zonte do zatre con | artellarie de lì venute di Trento; e altre particularità. | 74 15 somerse] somersse | 23 reaver] rehaver possession] possessiom | 29–30 pontefice] Pontifice | 30 soli] solli | 40 sono] sonno | 40 hora] horra San Mallò] Samalló | 42 sono] sonno 75 2 et] over | 40 et] over 76 La s e la t di custodia sembrano sovrapposte.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
A dì 6: si ave esser zonta la nave di sier Piero Contarini, |10 vien di Cypri, con letere; et se intese le galie di / / | esser zonte de Istria a Corfù in zorni 5, ch’è bona nova. | Noto: se intese, per via di predichatori che hanno letere da Udene, | esser parsi sopra il campaniel de San / / do anzoli con | spade in man et certo fuogo. Item, versso Cargna esser |15 per il terramoto somersse cinque ville (tamen non fu vero). | Dapoi disnar: fo Conseio di X con Zonta, credo per le | cosse di la Patria di Friul; et qui è oratori di Udene | in favor di Sovergnani; e quello è seguito quelli di la Torre | meritavano, videlicet / /. Il Sovergnan à fautori qui che lo aiuta.77 |20 Vene ozi sier Hironimo Lipomano, fo dal banco, vien da la corte, | dove è stato mexi 6; partì eri sera di Ravena. | Vene etiam sier Hironimo da Molin, quondam sier Antonio, e sier Alvise Venier, | quondam sier Domenego, andono per rehaver dal Papa le possessiom | di nostri di Romagna. 0 hanno facto, solum bone parole. |25 Et è restato lì sier Francesco da Leze, quondam sier Alvixe, a questo effecto. Et | etiam vene letere di l’orator, di 2, per il qual Lippomano se | intese, il Papa partì zuoba, a dì 3, per Bologna, disna | a Russi, dorme a Codignola, poi Faenza et Ymola; | vol veder di la bastia di Ziniol (di averla). El qual Pon- |30 tifice partì con 7 cardinali solli, videlicet Regino (è di questi no- | viter electi), li altri partino avanti per Bologna et | cussì tutta la corte. Item, Ravena e tutte le terre | di la Chiexia è mal contente dil governo di preti, et maxime | Ravena desidera San Marco e si tien farà novità. |35 Item, il Papa porta barba; à bon voler versso la Signoria nostra. Item, | el Cardinal Lucemburg, a dì 8 marzo, partì di Ravena per Luzemburg | con volontà dil Papa. Questo è degno homo e di gran sangue fran- | cese, fo fiol dil Conte di San Pollo, che fo fato decapitar per Re | Alvise; et questo fu fato cardinal per re Carlo, quando fu a Roma |40 (over a Milam). Li Cardinali scismatici sonno horra 4, videlicet Samalló, | Santa +, San Severin e Capaze; et il quinto, ch’è Baiù, | partì e andò in Franza. A Roma sonno 4 Cardinali: Aginense, | nepote dil Papa, ch’è legato im palazo; Arborense, ch’è vechio | yspano; San Piero in Vincula, nepote dil Papa, non ben sano; |45 et Aus, ch’è in castello, prexom. A Napoli do: Borgia et | Surento. A Perosa uno legato, videlicet Urbim; il resto di Cardinali, | numero / /, è col Papa, exce- pto Ferara, ch’è a Ferara, e Mantoa | a Mantoa. Item, il fiol dil Marchexe di Mantoa, qual erra | [52r]78 a
77 L’ultima frase sembra un’aggiunta posteriore. 78 7 assai] assa’ | 27 Aemoniae] Emonię infrascripte] infrascrite
5.4 Campione C
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Bologna quando el Papa si partì, e vene a Ravena, | lo ’l mandò a Roma a Belveder et, zonto a Urbim, il | Marchexe rechiese il Papa volesse lasarlo lì da sua | sorela: el Papa non volse et lo ’l mandò a Roma.79 Item, |5 che ’l Papa dice vorà far cardinali, ma non li farà fino | uno anno, et sarano numero 12. Item, da questi electi à to- | chato assa’ danari, et l’Arzentim à saputo far, perché, | come veneto, è stà spazato, et il Papa si scusa con | li altri soi che l’à convenuto far a requisition di la Signoria. |10 Item, l’orator nostro ogni dì è con il Papa familiarmente | et, zercha l’acordo si traterà, tien sarà vergognoso | s’il siegue, siché le cosse è in garbuglio, etcetera. | Noto: in questi zorni fo trovato in la Procuratia di San | Marco di la Chiexia, di la qual è sier Andrea Venier et sier Antonio |15 Grimani e sier Andrea Griti (absente), uno schrigno, qual | è anni 97 che non è stà aperto, et si sa de chi è, nel qual | è stà trovà ducati 3000 d’oro di la stampa dil Foscari et | una corona d’oro con zoie et altre zoie in lastre | d’oro: tutto per valuta di zercha ducati X milia. Et di questi fa- |20 rano la zima dil campaniel di San Marcho. | Item, a Cità Nuova in Histria, di la qual è vescovo domino | Marco Antonio Foscarini, fabrichandossi in una chiexia lì, | el zorno fu il teramoto, cazete zerto pilastro nel qual | (over colona) dove erra una caseta di biombo (coperta |25 di piombo), e di sopra etiam uno sizillo di cera in carta, che | diceva la soprascrition: «Nicolaus Dei gratia Episcopus | Emoniaę» et ivi dentro erano le infrascrite reliquie. | Reliquie ritrovade soto lo altar di Santo | Pelagio, dove è principià una capella, |30 a Cità Nuova, a dì 26 mazo 1511. | Di San Fabiam martire | Dil beato Biaxio martire | Di San Floriam martire | Di San Martin confessor |35 Di Santi Innocenti | Di San Pangratio martire | Di San Gregorio confessor | Di San Stephano prothomartire | Di Santa Margarita vergine |40 Di San Sebastiano |
79 A Roma su rasura precedente.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Di San Iacomo apostolo | Di Santa Agnese80 vergine | Di San Nicolò confessor | Di San Zorzi martire |45 Di San Severo confessor | Di San Paulo apostolo |37b Item, cinque altre reliquie, | li boletini di le qual | non se hanno possuto |40b lezer per esser caduti. | [52v bianca] [53r]81, 82 Copia de una letera di sier Francesco Boldù, di sier Hironimo, | provedador di Bel Grado, data a dì primo april83 | 1511, drizata a sier Iacomo suo fratelo. | Come notificha di le nove de lì, maxime le presente |5 horribele et spaventose, che non cessano di perturbar li ani- | mi nostri, et noviter miraculose, in questo loco aparse | heri su l’hora de vesporo a quella puta la qual, tempore morbi, | fu conduta da San Paulo in caxa di la sorela, moier che | fu di Crespon, da una certa visione, né per |10 strata, né per trozo, che a nui quodamodo pareva mirabel cossa. | Retrovandosi ne li campi del castello, sub iuriditione de quelli | di Stracis, non molto distante da le caxe di Federico Acer- | pir, et recoglier in fassi cum Rondolo, Tonin Piva Piva et suo | fratello Lunardo, li aparve, distante circha 8 piantade, sopra |15 certi fassiculli, una formosissima dona, tuta vestita | di panni candidissimi. La qual puta, de anni XII inzercha, co- | menzò a notificar questo et chiamar suo fratello, mostran- | doli questa miraculosa apparicione; la quale, non possendo, | né meritando vedere sì preciosa cossa, cum diligente in- |20 tuitione dicevano niente veder. La puta, manazata | perché havea revisto (existimo), comenzò a spaurirsi, e tanto | più che a lei incontra veniva, et lei continue dicendo: | «Vedella, vedella, come è possibele che non la vediate?». | Evanuit postmodum. Li aparve poi apresso apresso uno |25 zoveneto belletissimo, con una ellegante faza et opti- | mamente vestito, el quale li disse: «Non dubitare, fiola, | né haver paura, che io son lo messo de la gloriosa | Verzene Maria, et da sua parte vengo a te, che, a cadauno | trovi, fazi intender voglia ieiunare 6 sabati con- |30 tinui, a honor et laude sua, et in tutti li sabati, dapo’ | veglia, non debia più lavorare in quello zorno, et var- | dare si deba de non dir male né biastemare, et tutti | vodi facti deba satisfare. Sapi che etiam io son quelui che | zà ti aparve et ti conduse in caxa di tua sorela, la quale |35 ha molto male facto a pararti fora di caxa; guagli a | lei! Se ben te aricordi, facesti in vodo di portare a Santa | Maria de la Bevazana una camisia et uno candeloto | et a quella di la Mota etiam un altro. Va’, fiola mia, et satisfa | più presto poi lo voto tuo, et sapi che la intemerata |40 Madre di Gratia ha facto li zenochij suoi tanto san- | guinolenti, per tanto per vui altri pregare lo suo Fiolo altis | simo, che più non pol stare, per lo magno fetor de li pec- | cati vostri: pertanto, fiola mia,
80 81 82 83
Per una svista, Agnete nel ms. 6 locho] loco | 10 quodammodo] quodamodo | 35 à] ha 35–36 guaglia a lei] guagli a lei April su rasura precedente.
5.4 Campione C
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exorta quanto trovi | al ben fare». Dove, habuta questa relatione da Rondollo |45 et Tonin, come da quelloro che presenti erano | et sentivano la puta, ma non vedevano, et84 | [53v]85 dapoi per lo sacerdote di San Paulo, questa matina, | dapoi facta la processione, mi conferì insino lì, in- | terogando la puta, la qualle ha una faza et indolle | di una santarella del tutto a proposito, e, secondo lo dito |5 de li predicti, mi dise: «Feci poner li segnalli e dimane | con lo aiuto divino cum processione andaremo super locum, | dove canterasse una bella messa con devutione | di molti che concorerano, et ho dato aviso di questo al | magnifico locotenente e a monsignor Vicario». Habiamo |10 veduto in breve tempo admirandi signalli et horendi | flagelli da l’Onnipotente per li summi nostri erori et, | inter cetera, di questo spaventoso teramoto, el qualle | universalmente ha messo in terore. Et, per letere ozi | di missier Zuam di Mazano, per esso di Civitale fuzito, mi |15 vien scrito che, ultra li altri danni ha patito quella terra, | etiam per questo terremoto è stata conquassata et assais- | sime caxe ruinate. Ma più horibele se intende | esser stato su le montagne et fora in Carentano | et nel Cragno: lo castello et corte di Tulmino fun- |20 ditus eversum, ita che li custodi sonno partiti. Et li homeni | hanno requirito vadino a tore quello locho, che voluntieri | lo darano; tamen non sa quello si farà, perché con dificultà | lo porano tenire, essendo ruinato. Da Plez se dice | (zoè la porta de la strada vien dentro) sia totaliter |25 cascato et ruinato, et doe montagne, che termina- | vano una con l’altra (et solum la strada et certo fiume | era di mezo) se sonno serate e coniunte insieme, | ita che li alemani non porano venire più a quella | banda: cossa optima per li presenti tempi a noi, ma pes- |30 sima e con summo detrimento ne li futuri, che più | corerà. Villaco ancora è ruinato e altri lochi assai | de alemani, Cormons videlicet, parte dil muro di fora, | cercha passa 14, et adesso lo rifano de riparo, et | parte di la rocha; Goricia, similiter, parte dil muro de drio |35 e parte dil castello; Gradischa e Monfalcom è stà preservati. | De todeschi, se dice esser a Goricia cavali 400, fanti 1000, | li quali più volte sti zorni sonno stati in campagna | a Gradischa, ma con suo pocho honor, sicome per letere | dil locotenente eri fui avisato. Item, in Goricia è |40 Federico di Strasoldo cum assai cavali de lì, qualli la ma- | zor parte sonno turchi, el qual è stato a Constantinopoli | et, si dice, si aspeta per l’Histria assa’ turchi (di che guai a | questa patria!) e, si vi par, ditelo a la Signoria. Item, scrive | in quella horra (3a di nocte) iterum vene lì lo teramoto |45 et lui e tutti fuziteno di fora per esser il castello marzo. |
[54r]86 A dì 7: 0 fu da conto, solum letere dil provedador Griti, da la Badia, | à letere drizate a lui, di 3, dil provedador Capello, dal Final. Item, lauda | el signor Renzo da Zere, capitanio di le fantarie, qual contra inimici | apresentadi di qua di Po, per il ponte hanno facto a Figaruol, |5 et nostri a l’incontro, et ben si portoe, ut in litteris patet. | Dapoi disnar: fo Conseio di X con la Zonta, et dicunt importa. |
84 Le ultime due righe ne ricoprono altrettante, erase. 85 6 anderemo] andaremo | 12 caetera] cetera qualle] quale | 20 sono] sonno | 27 sono] sonno | 32 alamani] alemani | 37 qualli] quali sono] sonno | 41 sono] sonno 86 13 de cœtero] de cetero | 17 ditto] dito | 25 horre] hore | 38 locho] loco | 45 sono] sonno immediate] inmediate
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
A dì 8, la matina: in Colegio li Cai di X fonno quasi tutta la matina | per le cosse di Friul, et alditeno li oratori venuti di Udene, | videlicet domino Francesco da Tolmez et do altri, excusando la cossa |10 seguita contra quelli di la Torre esser stà per un furor dil populo. | Et laudono domino Antonio Sovergnam, etc. | Dapoi disnar: fo Colegio di la Signoria e Savij e altri officij per le becharie, | atento li Provedadori di Comun volevano de cetero si pesase le car- | ne con balanze e non con staiera, atento le iotonie si fa; |15 et non fu preso. Item, feno altre provision, perché questa pasqua non | si averà carne per causa di le guerre etc. | Fo dito, auctore sier Piero Boldù quondam sier Lunardo, per uno fameio, vien da | Castel Baldo, che feraresi hanno taià il Po per far danno al | campo nostro et quel dil Papa al Bonden; e tamen le aque fenno danno |20 al campo francese è sopra le rive di Po alozato, adeo si conveniva | levar e venir sul nostro Polesene, et haveano mandà per | 400 guastatori a Ferara per repar; e altre particularità (non vere). | A dì 9, la matina: 0 fu di novo. | Dapoi disnar: fo Conseio di X con la Zonta, et veneno zoso |25 a hore 23, et il Principe parlando se inrochì teribel- | mente, adeo ste’ / / zorni che non vene in Colegio nì in | Conseio di X, solum a messa. Et dicunt fo con sier Piero Capello è dil Conseio di X. | Dil provedador Griti, da la Badia, fonno letere: come inimici | di qua di Po si apresentono et fonno rebatuti da’ nostri, |30 e altre particularità, come apar per il sumario di do letere | aute di Montagnana, qual sarano qui avanti poste.87 | Item, per avisi da Milam: si ha, prima, lì non è stà il teramoto, | ma ben a Bergamo, e à fato danno e a la Capella. | Item, che ’l Re di Franza, qual è amalato, non perhò ch’el sta- |35 gi in leto ma in camera, et è a Bles. Manda | in Italia monsignor de Dunois,88 luogotenente in campo, | con missier Zuam Jacomo Triulzi, el qual è zovene. Item, al governo | di Milam, in loco dil gran maistro, monsignor di Foys. |
87 Il sumario di una delle due lettere menzionate sarà trascritto a 56r 4–30 (SumIust). 88 Dunois sembra aggiunta posteriore.
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De89 Vicenza, di sier Vetor Capelo, provedador, vidi letere di 8: comme |40 ha ’uto letere dil provedador Griti,90 date a horre 6 in quella note, | come inimici erano passati grossi a la volta di | la Canda; et da Alexandro Capela, secretario dil dito Provedador, à che | inimici se ingrosavano a Lignago, et che subito li do- | vesse mandar fanti 1000 di quel territorio vicentino, |45 di quelli sonno stà scripti; et inmediate, in quella horra | medema, fece montar a cavalo sier Piero Donado91 | [54v]92, 93 di sier Bernardo, camerlengo de lì, per Schyo, Atalo, Tiene e Valdagno | a levar li fanti di quelli lochi, che sarano più di 1000; et | spera dimane se meterano a camino. Item, dominica | da sera, a dì 6, a horre 2 di note, inimici ussiteno di |5 Verona per lo castelo San Felice con bandiere 5, et te- | nevano la via dil monte, ma subito forno scoperti per | quelli da Soave et, datigli segni,94 fonno in hordine quelli | da Lonigo et Cologna; et do horre avanti giorno, sopra | il monte forno al conspeto loro, i qualli, visti, se ne ri- |10 tornono indriedo. Item, per spie venute di Trento, se dice | in quello loco dover venir, per la via di la Scala, fanti 5000 | di le Terre Franche per andar in campo dil Papa, e publice | se dice, sarà pace fra lo Imperator et la Signoria nostra. | Item, scrive inimici, intendendo strenzersi lo acordo, vo- |15 rano far qualche ponta, et sarà cossa savia subste- | nir li suoi primi impeti et non atachar il fato d’arme. | Noto, a dì 8, da matina: in Rialto fo publichato et | leta la parte presa, vechia95, che zudei non poteseno | star in questa terra et portaseno la bareta zalla; e, di più, |20 di hordine di sier Zuam Trivixam, l’avogador di comun, no- | viter intrato, fo publicato certo hordine contra | diti zudei; la copia di la qual parte et crida sarà no- | tada qui avanti. Et nota che in questa terra sonno da | zudei e zudee in tutto anime 500 et più. | [55r]96 Copia de la crida fata contra i zudei, | a dì 8 april 1511, in Rialto. |
89 De su lettere parzialmente erase. 90 Iniziale modificata. 91 Donado sembra aggiunta posteriore. 92 5 castello] castelo | 11 locho] loco | 13 imperador] imperator | 18 potesseno] poteseno | 23 sono] sonno 93 3 in] a | 13 tra] fra | 14 inimici] scrive inimici 94 Si preferisce questa lettura al dati gli segni dell’ed. Fulin et al. in considerazione della sostanziale assenza nei campioni dell’articolo gli (al di fuori di un paio di copie di documenti; v. §6.5.2). 95 La prima parte di vechia copre parzialmente un dil. 96 5 cuiuscumque] cuiuscunque | 7 publichada] publicada termene] termine | 11 im] in | 16 horre] hore | 17–18 acusador] accusador | 33 debbi] debi
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Ex parte et mandato magnifici domini Ioannis Trivisano, | Advocati Comunis, omnibus nota praesentis tenoris, videlicet: |5 che tuti li zudei, cuiuscunque generis, debano in obser- | vantia de la parte prexa ne lo excelentissi- mo Conseio de’ Pre- | gadi, hora publicada, in termine de mexe uno proximo | esser ussidi de questa cità, et observar tanto quanto | per dita parte è provisto, sotto tute le pene contenute |10 in essa parte; interea vero dicti zudei non possino ussir | de casa sotto pena de star mexe uno in prexon et de | pagar lire 50 per cadauno et cadauna volta contra- | farano, salvo che do de loro per contrà, per proveder ai bi- | sogni loro, et altri zudei de quella contrà, zoè do volte |15 al zorno, la matina da la marangona fino a terza et, | dapoi disnar, da hore 21 fin 23 hore. La qual pena pecu- | niaria sia divisa in questo modo: la mità sia de lo ac- | cusador per el qual se habia la verità, et l’altra de quel | magistrato farà la executiom; et si dicta executiom fosse |20 facta per l’oficio de li Avogadori de Comun, la parte as- | pectasse a li signori Avogadori vada a la Pietà, excep- | tuando tamen da questo comandamento quelli zudei haves- | seno privilegio de star in questa cità più dei termini | dechiaridi da dicta parte, per parte prexa ne li consegli |25 nostri segondo i ordeni de la terra; et etiam quelli zudei | banchieri de’ banchi de le terre et castelli de fuora che per | segurtà de le robe et pegni dei lhoro banchi fusseno | venuti in questa cità, fin a tanto che a quelli sarà | provisto zercha el vender de dicti pegni con più bene- |30 fitio et commodo de quelle persone de chi dicti pegni | fosseno. Et azò che non sia facta molestia alguna | sì a le case de dicti zudei, como a le persone sue, el se fa | a saver a tutti che alguno non debi dar molestia, | né impazo alcuno sì a dicti zudei come a le lhoro |35 case, im pena de star mexe uno im prexom et de pa- | gar lire 50, da esser divisa ut supra. |
[56r]97 Sumario di una letera di sier Francesco Iustignam, | quondam sier Unfré, drizata qui a’ soi fradelli, data in | Montagnana, a dì 8 april 1511. | Come eri fo da 4 bande asaltato sul Polesene: |5 la Canda, Villa Bona, Castel Guielmo e la Pisotolla. | Da ogni canto per inimici fo fato il horo forzo, ma sopra | tutto a Castel Guielmo, dove veneno grossi con artel- | larie di canoni e altri con barche su cari per butar ponti. | Folli per nostri mostrà il volto, a tal che, dapoi molti con- |10 trasti, ebeno la pezor: imo, feridi molti cavali e homeni | di lhoro, si tornono a Figaruol. Nostri si portono benissimo. | El provedador Griti, poi zenado, si tornò a la Canda, e con ogni | vigilantia e solicitudine non mancha; et li98 vien mandà | ogni hora munition al bisogno e, si avese 1000 fanti, |15 si staria segurissimi, e non star in tanto peri- colo. È stà | gran cossa la Signoria non habi fato per do mexi 1000 fanti | per qui, ch’è il ben di tutto questo paexe e honor di le cosse nostre | che, a questo modo, è pericolose. Scrive ch’el non si pol rale- | grar, havendo visto i nostri capetanij99 mandar via |20 forzieri e robe sue erano lì a Montagnana, et ozi è par- | tito con 25 cavali. Dubita quelli di Lignago non vengi | e quelli è a Verona e, con questi dil Polesene, da tre bande asal- | tar li nostri: e si stanno su questi spaventi, e cussì a questo | signor Lucio e il conte Bernardim, ch’è di primi capitani dil campo. |25 Di qui ogni uno fa neto
97 1 Zustignam] Iustignam | 6 i lhoro] il lhoro | 14 horra] hora avesse] avese 98 Gli editori interpretano lì. 99 La p è sormontata da un’abbreviazione superflua.
5.5 Campione D
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la roba, e se inimici ben | venisseno, troveriano il tutto sgombrato sì per li soldati, | che hanno manzà e bevuto, e il resto è stà mandà a Padoa. | Siamo molto scarssi, si spende danari e si buta via: | si doveria far un forzo, o almeno 800 fanti per do mexi, |30 ma tien tutti atendi a l’anima per questi teramoti venuti.
5.5 Campione D Marc. It. VII, 252 (= 9239), 370v–376r [ed. Fulin et al. 24,655,15–24,665,14] [370v]1, 2 A dì 13, domenega: il Principe non vene in Colegio, pur, si dice, sta ben. | Fo letere di Milam, di / / et di Franza, di X. Il sumario è questo. | Di Franza da Roan, di l’orator nostro, di ultimo avosto:3 come | a dì 28 scrisse, poi andò a trovar il Re lige tre |5 lontano a Tirapello et li comunichoe il tutto, di- | cendoli come, volendo mandar a la Cesarea Maiestà | Monsigno di Barbois, saria bon li desse comission | zercha far la pace o prolongation di le trieve cum la Signoria nostra. | Disse «Volentiera parleré al Gran Canzelier di questo». |10 Lo agente dil Ducha di Geldria li ha ditto, si fa una | dieta a Uri / / per acordar il suo Ducha con il Ca- | tholico Re, e tien non seguirà, perché quel Re vol la | restitution di do terre che tien dito suo Duca. Item, | il Ducha di Savoia manda uno suo zenthilomo |15 a questa Maiestà per veder di aquietarse con la Christianissima Maiestà a le | rechieste fatoli. Li oratori scozesi partino senza con- | clusion, perché voleano li do capitoli, come scrisse | per soe, che aveano con Re Carlo e Re Alvise, zoè | la protezion ad ofension et4 a defensionem etiam e questo Re, qual à fato pa- |20 xe con il Re di Ingalterra (in vita lhoro e anni X dapoi) | non vol romper quella: ma solum ad defensionem. | E cussì sonno restati in discordia et è partiti. Item, | è nasudo uno fiol al Ducha di Lorena; il Re Christianissimo li | manda monsignor di San Polo, fradelo di monsignor |25 di Vandomo, per tenirlo al batesemo per suo nome. | El Principe di Bisignano è stato di qui. Eri fo a far reverentia | al Christianissimo Re; si parte e va al Re Catholico, dal qual à inteso | che quel Re non partirà questo anno per Spagna. | Dil dito di Roan di 2 septembrio5. Come eri parloe col |30 Gran Canzelier zercha dar la instruzion a l’orator | va a la Cesarea Maiestà per la pace, over prolongation di | trieve; rispose il Re averla ordinà la fazi, et | cussì la faria; ne parlasse con bel modo di questo. | Scrive è letere di Midelburgo, è apresso il Re Catho- |35 lico, qual scrive tutto esser
1 1 bene] ben | 7 commission] comission | 10 dito] ditto | 14 zentilhomo] zenthilomo | 15 aquetarse] aquietarse | 19 ha] à | 20 d’Ingaltera] di Ingalterra loro] lhoro | 22 sono] sonno | 26 Il] El de] di | 27 ha] à | 35 ordene] ordine | 37 passerà] paserà | 39 lontano] lontan | successor] sucessor 2 2 16] X | 7 Barbon] Barbois | 9 parleria] parlerè | 15 per] a | 25 tenerlo] tenirlo a] al | 32 ordenà] ordinà | 34 di …] di Midelburgo 3 avosto su rasura precedente. 4 Ad ofension et è stato integrato nell’interlinea superiore. 5 Septembrio su rasura precedente.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
in ordine e le nave | e il Re Catolico reduto a la marina, tamen non | paserà questo anno fino a l’anno futuro; unde lui | orator ha mandato dita letera a l’orator Corner a Paris. Il Christianissimo Re | partirà e va a Gaion, lige 8 lontan, dove el si trova, |40 nel qual loco è uno palazo con poche caxe, siché non potrà | andar a negoziar; pur si sforzerà andar (etc.) fin zonzi il sucessor. |
[371r]6, 7 Dapoi disnar: fo Gran Conseio. Fato Avogador di Comun sier Iacomo | Michiel, fo di Pregadi, quondam sier Tomà, di 12 balote da sier Marco Loredam, | fo Avogador di Comun, quondam sier Domenego, sier Piero Zen, fo retor e provedador a Cataro, | e sier Jacomo Antonio Tiepolo, è di Pregadi, quondam sier Matio, qual ave de sì |5 161, di no 1042. Capitanio a Vizenza: sier Tomà Mozenigo, fo provedador | sopra le Camere, di sier Lunardo, quondam Serenissimo. VI di Pregadi vechij cazete | (tre con titolo dil Conseio di X: sier Polo di Puoli, sier Antonio Bembo, | sier Lucha Vendramin, Cao dil Conseio di X al presente, i qual non passono). | Fu leto, per Zuam Batista di Adriani, la parte presa im |10 Pregadi eri di far li do Censori. Voleva lezerla sul | tribunal di la Signoria. Io lo feci venir sul banco aziò tutti | l’aldisse. Et leta, sier Bernardo Donado, Cao di 40, contradise, | dicendo quelle istesse raxon disse eri. Io Marin Sanudo, | ex debito conscientie, per dispiacermi tal modi si tien |15 di pregerie, andai a risponderli. Et con atention grandissima | di tuto il Conseio, che nium spudava, parlai e ben, | defendendo la parte bona, iusta e santa per remover | le pregerie: «Ma le leze son, e chi po man ad esse?8 Et | mancha li executori, alegando leze antique e quello |20 era il Conseio di Pregadi prima a consultar il ben di la Republicha, | e non si trova il suo principio, et hora è fato Pregadi per | esser pregadi al voler. Sì Savij di colegio, come oratori | e provedadori, fino i zudexi andò in brexana e bergamasca, | alegando le ben institute republice si à governà per le |25 [le] leze (e atheniesi, lacedemonij e romani), le qual | non hanno pasado 600 anni il lhoro dominio. Questa | à passà più di 1100, perché fo edifichà da Christiani | soto il nome di Christo con optime leze firmata, | ma mal esequite al presente, e durerà ancora |30 longamente si nui non la volemo ruinar; per- | tanto è da rimover questa ambition omnium | malorum pessima: qual, si la dura, è la ruina et | pernitie di questo Stado. El qual in questi anni è stà in | grandissimo travaglio e fastidio per la conspiration |35 fata contra di le Vostre Excellentie per tuto il mondo, si pol dir, | tamen
6 5 Vicenza] Vizenza | 6 sie] VI | 9 in] im | 10 de] di | 11 bancho] banco | 12 XL] 40 | 13 instesse] istesse | 14 conscientiae] conscientie | 24 republiche] republice ha] à | 25 lacedemoni] lacedemonij | 26 passado] pasado loro] lhoro | 27 ha] à | 28 sotto] soto | 42 scale] schale 7 1 Francesco] Iacomo l’errore viene corretto a p. 813 dell’indice al volume | 7 di] dil | 7–8 tre con titolo dil Consejo di X] tre con titolo dil Conseio di X sier Polo di Puoli, sier Antonio Bembo, sier Lucha Vendramin cao dil Conseio di X saut du même au même | 19 antiche] antique | 39 à sussità] è sussità 8 Reminiscenza dantesca (Purgatorio XVI, 97: «Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?»).
5.5 Campione D
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mediante la gratia dil Nostro Si- gnor Dio e ’l bon | governar fato si ha recuperato il Stado, e longa- | mente si persevererà augumentando quello. | Ma, poi questa fortuna, è sussità una peste, un |40 morbo dannoso a questa excelentissima Republica, ch’è l’am- | bizion, et maxime nel vostro Conseio di Pregadi, | sì pregando a le schale di Pregadi,9 in la Quarantia, | [371v]10 in chiesia di San Marco, a Rialto, per li oficii, frati, mo- | nache e altri; siché tutto è pregierie. Perhò quel dignissimo | senator missier Marco Foscari, Savio a Terra Ferma, visto questa | propinqua ruina, e che non si atendeva si non a pre- |5 gierie, fece notar la presente parte, posta al con- | speto di le Signorie Vostre, da le qual sarà aprobata co- | me fo eri nel Senato. E intrò in oppinion | il clarissimo missier Francesco Foscari procurator, Savio dil Conseio, | licet questo mio honorandissimo fratello metesse un scontro |10 di star su le parte prese, e li Avogadori le exequissa, | e si desse la balota contra quelli pregaseno. Questa parte, | Signori Excellentissimi, non è altro che per le eletion e scurtinij | si fanno im Pregadi e scurtinij di Pregadi in Gran Conseio, | qual è confirmazion di le leze prese. La qual ambizion |15 comenzò dil 1448, e fo, per lo excellentissimo Conseio di X, pro- | visto che non si pregasse, e fusse li delinquenti ban- | diti per do anni dil Mazor Conseio, pagase lire 200 | et fosseno publicadi. Poi, di tempo in tempo, | cressendo le pregierie, fu posto varie leze; et |20 perché l’è stà dito questi voleno andar per via de | inquisition, questa è parte vechia che si soleva im Pre- | gadi chiamar XX zenthilomeni di quelli di Pregadi et | Zonta, dapoi li scurtinij fati, e per li avogadori | e Cai di X erano sagramentadi si erano stà |25 pregadi e, non trovando, diceva il canzelie «Omnia bene», | et erano poi publicadi i rimasi. Poi non parse | più servar tal ordine; fu posto dar la balota | contra a quelli arà pregato o fato pregar. Demum fu posto | che li electi fosseno chiamati a la Signoria e datoli |30 sacramento su messali non haver pregato o fato | pregar, poi erano balotadi. Et, venuta la guera, | tutte dite parte è suspese, siché tutti priega. | Adesso si vol, con nova forma di executori, | proveder a le pregierie si fa a quelli di Pregadi e, diremo, |35 questa è cosa nova. Antiquitus li nostri santi | progenitori che elezevano li Savij di Colegio, e per- | ché molti non voleano tal cargo, fu posto | parte di darli pena a li refudanti e apontar, | per li cai di Quarantia, quelli non venisseno a palazo. |40 Ogni dì adesso vien fato pratiche grandissime | [372r]11, 12 per intrar in Colegio e con tal pratiche riman di quelli che, | se questi non fusse, non sariano rimasti. Si fevano | li oratori sì per congratulazion: refudando, fevano | di altri con pena. Se per cose di stado, man- da- |5 vano li primi Senatori et, a questo proposito, dil 1465, | apar in libro quinto per terra, essendo stà electo | orator al Summo Pontefie il clarissimo missier Bernardo Iustinian, | il qual, essendoli stà robà le veste, refudò di | andar, quelli padri erano al governo messeno |10 parte elezer in suo loco, con questo li fusse donado | ducati 1000, e fo reeleto dito clarissimo missier Bernardo, | e acetò e andò. Adesso, per andar ambasadori, | non si fa altro cha pratiche e si convien voler tal, | e li iudicij non si pol far sincieri a ben di questo |15 Stado, e questo instesso è di provedadori etc. Questa | parte, Signori, provede a remover le pregierie. | Si dice è spexa a far novo oficio: è solum ducati | 250 a l’anno! E per sì
9 Non è necessaria l’integrazione come inserita dagli editori dopo Pregadi, evidentemente per fornire un correlato a sì. 10 2 però] perhò | 7 opinion] oppinion | 9 fratello] fradello | 12 che] cha | 16 i] li | 17 pagasse] pagase | 21 in] im | 22 20] XX | 30 haver] aver 11 8 essendoli] hessendoli | 10 fusse] fosse | 11 reelecto] reeleto | 13 che] cha | 14 sinceri] sincieri | 15 istesso] instesso | 30 Excelentie] Exelentie | 33 ha] à | 39 necessaria] necesaria 12 2 questi] queste | 11 missier] clarissimo missier | 21 nostro] vostro | 30 pregade] pregadi
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
picola cossa, questo Stado starà | di voler proveder a questa cossa di tanta impor- |20 tantia contra il ben, utele e mantenimento dil Stado | vostro? L’è stà dito: «Avé13 li Avogadori di Comun; | quelli dieno observar le leze». Signori excellentissimi! Intesi | da un savio questa degna autorità: «Si in his | fides esset in quibus esse deberet, non |25 laboreremus». Li clarissimi Avogadori hanno | altri impazi, sì a li criminali come a le altre | leze dil Gran Conseio; che questa parte non si extende | a questo Conseio ma al Pregadi, perché vui signori | sete domini rerum. E ho visto, quando per li banchi |30 vien pregadi le Exelentie Vostre, tanto mancho | si roman: sì questa parte provede a la execution, | perché «ambitio omnium malorum mater est». | Vien imputà missier Marco Foscari, à pregato per esser | Savio di Terra Ferma e, rimaso, à posto questa parte. |35 Signori, el merita gran laude et è stà fato | per la soa suficientia, perché quando l’era tolto si ri- | trova fuora, e ave 120 e, venuto, rimase. | Concludendo, signori excellentissimi, è parte degna, utile, | proficua, necessaria al ben et pacifico viver | [372v]14, 15 de le Vostre Excelentie, a le qual mi ricomando, acertandole, | ex debito conscientie, per ritrovarmi per gratia di | le Signorie Vostre in dito Senato, e vedo le pregierie | vien fate, ò voluto dir queste poche di parole»
(etc.), |5 con altre parole ben a proposito, qual al presente no mi | socore dover scriverle. Et mi andò a rispon- | der un certo sier Piero Orio, 40 Criminal, di sier Ber- | nardim el cavalier; non fo molto aldito, licet habi | bona vose. Disse, io biasemo le pregierie et |10 ho pregato per esser Savio da Terra Ferma. El Conseio | se la rise, dicendo l’ha fato quel fa li altri, | et biasemò la parte. Poi venuto zoso, andò | suso sier Francesco Morexini quondam sier Piero, zovene, et | parlò ben. Ha pocha voce: non aldito, merita |15 laude (mi laudò assai). Hor andò la parte | posta per i consieri, et sier Bernardo Donado, Cao di 40, | voleva meter scontro quello messe eri in Prega- | di, ma par sia leze un Cao di 40 non pol me- | ter parte a l’incontro si la non è presa in Quarantia prima. |20 Andò le parte: 10 non sincere, 461 di no, 810 | di la parte, et fu presa con grandissimo honor mio, | e si dice voler far sier Marco Foscari censor, primo pro- | mutor. Io che l’ho vadagnata in Gran Conseio | non so quello sarà, et mi fo tochato la man, |25 come si fosse romaso in qualche loco. La fortu- | na volse non son stà tolto ozi: pacientia! Fo | stridato far il primo Gran Conseio do Censori. | Di Ragusi, fo letere, di 4, particular, per le qual se intese | come era morto Carzego bassà, qual era al confin |30 dil Soffi, di sua morte natural, et che ’l Signor turcho | era pacificato col Soldan e partiva dil Caiero per | vegnir in Andernopoli, dove el si aspetava.
13 Così interpreta l’ed. Fulin et al. È però altrettanto verosimile un’accentazione piana: ave ‘ha’ (impersonale o concordato con Stado). 14 4 ho] ò | 7 XL] 40 | 7–8 Bernardin] Bernardim | 9 biasimo] biasemo | 14 ha] à | 15 assai] asai | 16 XL] 40 | 18 XL] 40 | 24 quello] quelo | 30 Sofi] Soffi Turco] Turcho | 31 Caiero] Chaiero 15 30 una] sua | 32 venir] vegnir
5.5 Campione D
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[373r]16, 17, 18 Die 12 septembris 1517 in Rogatis. | Ha usato sempre ogni republicha ben instituta proveder con diversi19 | ordeni et leze che, essendo li honori premio de la virtù, i siano conferiti | cum syncerità a quelli che per meriti, probità et bone operation sue li hano |5 meritato, et non a quelli che cum inhonesti et pernitiosi modi | de ambition li cerchano, et precipue in questa nostra cità, ne la qual se ha | cerchato in diversi tempi remediar a li inconvenienti predicti. | Ma non havendo fin hora operato provision alcuna, come a chadaun | è noto, et questo im primis per esser stà commesse la execution de li |10 prefati ordeni a magistrati, i quali, impliciti in diversi altri negocij | de importantia, non hano possuto né pono incumber a le exe- | cution predicte, ita che, per le cause prefate, non se fa provision alcuna, | adeo che l’ambitione predicta è in tanto cresciuta che li zentilhomeni | nostri non solum cum infinite intercession de propinqui et amici |15 et altri mezi, et cum incessante pregierie sono astreti ad far | election contra il voler et conscientia sua; verum etiam, per quanto | è publica fama, quelli che desiderano remaner in qualche ma- | gistrato (in quelli praecipue che si fano per questo Senato) astrin- | gono quelli che li hanno a ballotar a farsi prometer la ballota |20 sua cum solenne sacramento, ac etiam, dapoi le ballotazion, quelli | de Pregadi li vano a iurar sagramento de haverli voluti, né | par che altramente se presti fede alcuno. Il che, astringendo quelli che | desiderano far bona electione et satisfar la conscientia sua | ad far molte volte la election contra il dover, sì per il iuramento |25 fatto, come per quello etiam che dapoi la balotazion se usa far, nec- | cessario è che le election procedano corupte, cum offension dil nostro | Signor Dio, de le conscientie di citadini et danno gravissimo | de questa Republica. Unde, essendo necessario proveder a li prefati | inconvenienti, perhò l’anderà parte che, cum el nome del Spirito |30 Santo, el primo Gran Conseio elezer se debano duo de li primarij | zentilhomeni de la Republica nostra per scurtinio de questo Conseio | et 4 man di eletion, qualli siano appellati Censori de la cità, | et possino esser tolti de ogni loco, oficio et consiglio, et provati | etiam quelli fusseno debitori, non possino refudar sotto pena |35 de ducati mille d’oro da esserli tolta per li Avogadori nostri de Comun | senza altro Conseio, ultra tutte altre
16 Le pagine da 373r a 376v sono scritte su carta più sottile e di dimensioni ridotte (6 centimetri in meno lateralmente; 14 in meno verticalmente), apparentemente di mano di Sanudo ma con un ductus assai posato. 17 4 sincerità] syncerità operatione] operation hanno] hano | 6 praecipue] precipue | 9 in primis] im primis | 11 hanno] hano | 13 predita] predicta | 15 a] ad | 16 eletion] election | 19 balotar] ballotar balota] ballota | 20 balotazion] ballotazion | 21 vanno] vano zurar] iurar | 24 a] ad | 25 balotazion] ballotazion | 25–26 necessario] neccessario | 29 però] perhò | 30 primari] primarij | 32 election] eletion quali] qualli | 33 Consejo] Consiglio | 35 1000] mille | 36 ultra] oltra tutte] tute 18 9 commesso] commesse | 17 remaner] remanir | 20 ac poi la etiam dà balotazion] ac etiam dapoi le ballotazion | 21 li vano] che li vano | 33 da] de 19 Nel margine interno si legge: Franciscus Foscari eques / procurator sapiens consilij / Marcus Foscari / sapiens T. firme.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
pene statute contra i refudanti, | [373v]20, 21 né sia acceptata la excusation sua, salvo per li cinque sexti del | nostro Mazor Conseio congregato da 1200 in suso. Durar deba | l’oficio suo per anno uno, et non habino contumatia alcuna | finito l’ofizio suo; et essendo ne l’oficio, possino esser electi |5 in chadaun loco, possino venir nel Conseio nostro di Pregadi | ponendo ballota et, finito l’ofizio, possano etiam venir | metendo similiter ballota fin a San Michiel subsequente | et possano etiam, finito l’ofizio, iterum esser refati. Haver | debano in ogni loco el primo grado inmediate dapoi li avo- |10 gadori de comun et li capi dil Conseio nostro di X. Siano ubli- | gati vestir di color, come vano li prediti advocadori et capi. | Haver debano de salario ducati cento d’oro per uno in tuto | l’ofizio suo et, stando men de uno anno, per rata ad rasom | de ducati 100 a l’anno, i qual danari li siano dati de ogni |15 denaro de la Signoria nostra, possendo scontarli in sue angarie | et cum ogni debitor di la Signoria nostra. | Haver debano li predicti Censori, da esser electi ut supra, | precipuo carrico de remediar a li inhonesti et pernitiosi | modi de ambizion che al presente se usano et, oltra el sacra- |20 mento da esserli dato per el serenissimo Principe a l’ingresso del suo | magistrato, de observar tuti li ordeni a lor commessi, et | quotiescumque se farà oficio, magistrato over altra eletion, | sì per scurtinio et election de questo Conseio, come per scurtinio | nel nostro Maior Conseio, siano chiamati li prefati do Censori |25 avanti el serenissimo Principe et la Signoria nostra, et im presentia | de Sua Serenità, li sia dato per el nostro Canzelier Grando | (over suo vicegerente) solenne sacramento de servar simi- | liter tutti li ordeni a lor commessi. Siano ubligati, quando | se farano le electione predite, almeno giorni octo avanti |30 quelle che ordinariamente se fanno et quelle che se fanno | extraordinariamente per quel tempo inanti, che potrano far | inquisition per ogni mezo et via possibele se alcun haverà | facto practice, over haverà pregato lui (proprio over per | interposita persona), a22 quella over quelle eletion che se | [374r]23, 24 haverano a far; et debino, oltra ogni altro mezo che li | parerà de tenir circha dicte inquisition, avanti le election | predicte far chiamar a l’ofizio suo secretamente almeno XX | zentilhomeni che metteno ballota im Pregadi, tracti per tessera |5 over come li parerà, et da quelli cum iuramento inquerir debano | se serano stà pregadi over astretti ad iurar da alcuno | de volerlo (etc.) et trovando, sì per questa via come per chadauna | altra, ch’el fusse provato, almeno per duo testimonij fide | digni et non suspecti, alcuno haver pregato over facto |10 pregar per altri, debano farlo publicar quando se farano | le electione, ch’el non si possi provar per haver contrafacto | al presente ordine de
20 1 aceptata] acceptata dil] del | 2 Mazor] Maior | 6 balota] ballota | 7 balota] ballota | 9 immediate] inmediate | 11 vanno] vano | 11 Avogadori] advocadori | 12 100] cento | 13 a] ad rason] rasom | 15 danaro] denaro | 18 praecipuo] precipuo carico] carrico | 21 tutti] tuti | 22 quotiescumque] quotienscumque eletion] election | 24 Mazor] Maior | 25 in] im | 29 eletion] electione zorni] giorni | 31 innanti] inanti | 33 pratiche] practice | 34 eletion] election 21 6 finito] finito l’ofizio | 18 e li] a li 22 A corregge una congiunzione et. 23 2 zercha] circha eletion] election | 3 20] XX | 4 meteno] metteno balota] ballota in] im | 6 astreti] astretti | 8 provado] provato | 11 contrafato] contrafacto | 12 ordene] ordine | 13 Mazor] Maior | 15 aver] haver | 16 deliberation] deliberatione | 18 dito] dicto | 20 in] im | 21 eletion] election | 23 officio] oficio | 30 20] XX zenthilomeni] zentilhomeni | 33 ofitio] oficio 24 1 debano] debino | 6 sarano] serano | 17 doverli] deverli | 25 haverano] l’haverano | 27 do] doi
5.5 Campione D
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le pregierie, et ulterius se intendi bandito per | anni do del nostro Maior Conseio, et per anni tre de ogni oficio, bene- | fizio et conseio, ac etiam pagar deba ducati 50 d’oro a li pre- |15 fati Censori, et questo tante fiate quante fusse provato haver | contrafato a la presente deliberatione. Verum, quelli che haverano | astrecto alcuno de Pregadi a iurar sacramento da deverli ho- | norar, over haverano rechiesto dicto iuramento loro over per in- | terposita persona, et serà probato ut supra, li dicti Censori li |20 debano similiter far publicar in Pregadi, quando se farà | la election, et dechiarir la qualità del delicto loro et, oltra | che non possino esser provati, se intendino privi del nostro | Maior Conseglio per anni tre, et de ogni oficio et benefizio per | anni cinque, et pagar debano a li soprascriti do Censori ducati |25 100 d’oro, et hoc totiens quotiens l’haverano contrafacto. | Et, per maior certeza de venir in la verità, debano li predicti | doi Censori, soto debito de sacramento ut supra, etiam dapoi | le election facte, far similiter un’altra diligente inquisition | et, oltra ogni altro mezo che li parerà de usar, chiamar debano |30 almeno altri XX zenthilomeni de Pregadi esaminandoli | cum iuramento et, trovando alcuno haver contrafato al presente | ordene cum affirmation de do testimonij fide digni et non | suspecti, s’el fusse remasto in alcun oficio, lo debano | privar et apresso condenarlo iusta la qualità dei casi ne li |35 qual el fusse incorso, come de sopra. Et similiter li altri che ha- | vesseno contrafatto et che non fusseno remasti habino la pena soprascripta. |
[374v]25, 26 Et pariter, tuti quelli de Pregadi che avanti la ballotazion | havesseno promesso cum iuramento de voler alcuno ex se, | over cussì rechiesti, aut dapoi la ballotatione27 serano | andati ad iurar ad alcun de haverlo voluto, venendosse |5 in luce per inquisition da esser facta per li diti Censori etiam | sopra ciò, se intendi privo del nostro Maior Conseio per anni do | et de ogni oficio et benefizio per anni tre, et deba esser | stridato in Pregadi cazudo a la leze, et pagar deba a li do | Censori ducati 50 d’oro e hoc tociens quotiens haverano |10 contrafato al presente ordine. | Et perché, cum grandissima ignominia de questa republica, molti zentil- | homeni nostri, quando se fano le election im Pregadi over scurtinij | in Gran Conseio, stano a le scalle over a le porte de Pregadi et | de Gran Conseio over in Quarantia, a salutar per sì overo per altri |15 et a ricomandarsi, ex nunc sia preso che tutti quelli che serano | trovati in tal lochi a salutar, etiam che non pregasseno, se | intendino, salve tute altre leze statute in questa materia, | caduti a pena de esser privati per anni do del nostro Mazor | Conseio et anni tre de ogni oficio, beneficio et Conseglio, |20 et pagar debano ducati 50 d’oro a li Censori prefati da esser | scosi per loro ut supra. Mandar debano ogni fiata se fa- | rano le eletion predicte li sui fanti a le scalle, azioché, etiam | per viam denuntiationis, si venga in la verità de li
25 1 tutti] tuti balotazion] ballotazion | 3 balotazion] ballotatione sarano] sarano | 4 a] ad venendosi] venendosse | 5 fata] facta | 6 Mazor] Maior | 9 totiens] tociens | 12 eletion] election in] im | 13 stanno] stano scale] scalle | 15 tutti] tuti sarano] serano | 17 tutte] tute | 18 Mazor] Maior | 19 Conseio] Conseglio | 22 eletion] election scale] scalle | 27 commesse] comesse | 28 danari] denari condanazion] condenazion loro] lhoro | 29 tutti] tuti | 31 diti] dicti 26 14 dil] de overo per] over per | recomandarsi] a ricomandarsi | 18 per do anni] per anni do | 28 do] doi | 31 l’acusador] acusator 27 Bollotatione nel ms.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
manchamenti | prefati; la denuntia di qual sia tenuta secreta, et in hoc |25 casu haver debano la parte propria de le pene come | hanno li acusatori. | Le execution, come è dicto, del presente ordene, siano comesse | a li prefati doi Censori, et li denari de le condenazion che per lhoro | se farano per viam inquisitionis siano tutti liberi de li prefati |30 Censori senza diminution alcuna; ma in quello che ge inter- | venirà acusator over denonciator, la mità sia de li dicti | Censori e l’altra mità de l’acusador over denonciator, | i qual in ogni caso siano tenuti secreti. | [375r]28, 29 Possino li dicti do Censori far la execution contra li contrafactori | senza altro conseio quando haverano la probazion de do testimonij | ut supra et sarano concordi de opinion; et non essendo d’acordo, cha- | dauno de loro le possano far cum li Consegli. |5 Et perché possono ocorer molti casi ne la materia prefacta de am- | bitione (che tuti comprehender non se pono) sia comesso30 a l’arbi- | trio de li predicti doi Censori de poter, iusta la qualità dei excessi | non de- clarati nel presente ordine, proceder contra i delinquenti | ad condemnatiom, cum el modo soprascrito de privarli fin anni do |10 al più del nostro Maior Conseio, e fin ducati cento de pena da esser | scossi per lhoro, ut supra, et questo in caso che i siano concordi. | Et non essendo, possino (come è dicto) far quel medemo con | li Consegli, ac etiam possino cum li Consegli proceder ad maior | et più grave pena, iusta la qualità de li delicti, come a la |15 iustitia parerà, havendo circha le preditte cosse et tute altre | che de tempo in tempo serano a loro commesse la instessa auctorità | che hanno li Avogadori nostri di Comun, salva semper la auctorità | de epsi Avogadori. | Et ulterius possino meter parte nel Conseio nostro di Pregadi per |20 dechiarir et proveder circha le materie a lor commesse, quanto | li parerà, et tute le condenation che per loro de tempo in tempo | serano facte, le debano far stridar inmediate el primo Maior31 | Conseio subsequente. | Sia deputato per el Colegio nostro a dicti do Censori loco idoneo a San |25 Marco che parerà conveniente, et possino elezerse uno nodaro | de la Canzelaria nostra, el qual haver deba ducati 5 per cento | de tutte le condenation che per l’oficio suo serano scosse, sì de quelle | spectasseno a li Censori, come de quelle de l’acusator et denon- | tiator. Et similiter possino elezersi duo fanti con ducati |30 doi al mese de salario, el qual li sia pagato de ogni denar | de la Signoria nostra, i qual fanti haver etiam debano do per cento | de le condemnatiom predicte; hoc declarato, che ’l salario de li | dicti Censori et fanti, et ogni altra utilità de condemnatiom, | over de altro che haverano, non li possi esser tolta, né per alcun |35 modo
28 10 Mazor] Maior 100] cento | 11 loro] lhoro | 13 a] ad | 15 iusticia] iustitia preditte] predicte | 16 instessa] istessa | 21 condanation] condenation | 22 sarano] serano immediate] inmediate Mazor] Maior | 24 deputado] deputato | 27 tutte] tute condanation] condenation sarano] serano | 32 condanation] condemnatiom | 33 condanation] condemnatiom 29 2 alcun] altro | 7 doi] do | 9 per anni do] fin anni do | 11 che siano] che i siano | 25 elezer] elezerse | 30 do] doi | 35 diminuita] diminuta 30 La c corregge una lettera illeggibile. 31 Sul margine interno della riga è presente una sorta di cancelletto.
5.5 Campione D
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diminuta, né per parte de la mità del netto, né per alcuna | [375v]32, 33 altra parte general over particular che si metesse; le qual parte | non se intendino far preiudizio alcuno a l’ofizio preditto; hoc | etiam addito che a li condenati per li prefati Censori, como de sopra | è dechiarito, non possi esser fata gratia alcuna, né per li Censori |5 prefati né per altri, soto pena de ducati 500 d’oro a chi metesse | parte de farli gratiam over remission alcuna; né similiter | la pena pecuniaria possi esser remessa ai delinquenti per li do | Censori né donata, né in tuto né im parte, sotto debito de sacra- | mento; anzi li debano inmediate mandar debitori a palazo et |10 non possino esser depenati senza bolletin de li Censori prefati, | che fazi fede de la satisfazione; né possino esser provati in loco | alcuno fin starano debitori, nec etiam nei lochi et officij | dove non se guardano debitori, possendo et dovendo usar | ogni altro mezo per la exation de le predicte pene; le qual, se |15 non serano pagate da li condemnati in termene de mesi tre, | siano obligati pagar 50 per 100 più, et li predicti Censori li | debano mandar debitori a palazo de la dicta quantità. Et, | se le dicte pene non serano scosse per dicti Censori in termene | de tre altri mesi subsequenti, possino esser scosse dai Avogadori |20 de Comun et Capi di Quarantia et da cadaum de loro, senza altro | conseglio, videlicet da chi primum sarà facta la exactione. Et dicte | pene siano libere de quelli over de quello che le scoderà senza | alguna contraditione, dechiarando che la presente parte non | se intendi principiar haver execution salvo dapoi serano |25 stà electi li do Censori. | Verum, la presente parte non se intendi presa s’ela non è posta et presa | nel nostro Mazor Conseglio, et siano obligati i Consieri, sotto de- | bito de sacramento, meterla el primo Mazor Conseglio. | 34
De parte: 99; |30
Die 13 dicto in Maiori Consilio: | De parte: 810; |32 De non: 461; |33 Non sincere: 10. | Electi, die 14 dicto, |32b Sier Gaspar Maripetrus, |33b Sier Marcus Foscarus. |
32 3 come] como | 8 tutto] tuto in parte] im parte | 9 immediate] inmediate | 10 depenadi] depenati boletin] bolletin | 14 exation] exaction predite] predicte |15 sarano] serano condenati] condemnati | 16 prediti] predicti | 18 dite] dicte | 20 cadaun] cadaum | 21 Consejo] Conseglio | 23 alcuna] alguna | 27 ubligati] obligatiConsejo] Conseglio 33 6 gratia] gratiam | 18 li dicti] dicti 34 La croce, che contrassegna come d’uso il voto di maggioranza, è aggiunta in un inchiostro più chiaro sul margine esterno della pagina.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
[376r]35, 36 Essendo stà per li maiori nostri de tempo in tempo provisto in la materia37 | di le pregierie, con molti ordeni conformi a questi hora letti, super- | fluo è far novo magistrato con spesa di la Signoria nostra, et perhò l’anderà | parte che, salve et reservate tute parte et leze che parlano in questa |5 materia, per autorità de questo Conseio non se deba far novo magistrato, | ma cometer tutti li ordeni de la parte hora lecta a li Avo- | gadori nostri di Comun con le striture in quella contenute, excepto | dov’ela parla de andar per viam inquisitionis; essendo obligati | li diti Avogadori, sempre quando se farano eletion in questo Conseio, |10 dar sacramento a quelli venirano a capello che serverano la parte | de le pre- gierie, videlicet de dar la balota contra a quelli arano38 pregato | over fato pregar. Et quando se farà scurtinio, lecto che serà el scur- | tinio, far chiamar quelli de questo Conseio a banco a banco et darli | sacramento al modo soprascrito. Verum, siano obligati li soprascriti |15 Avogadori observar quanto è preditto sotto debito di sacramento | et pena di ducati 100, a la qual cada chadaun de lhoro sempre che contra- | faceseno, videlicet totien quociens, da esserli tolta dita39 pena per cadauno | de li Capi nostri de Quaranta senza altro conseio. |
De parte: 72; |20 de non: 7; | non sincere: 7.
5.6 Campione E Marc. It. VII, 265 (= 9252), 232r–238r [ed. Fulin et al. 37,384,12–37,397,24] [232r]1, 2 Copia di la scrittura presentata in Collegio per li oratori cesarei et ducheschi, | a la venuta qui dil prothonotario Carazolo orator cesareo. | Essendo, illustrissimo Principe et magnifici signori, già molti giorni passati richiesta et | oportunamente sollicitata da me, Alonso Sanchez orator cesareo, in nome di Sua |5 Maiestà et secondo le instantie grandissime faceva lo illustrissimo signor Viceré, la unione | del
35 3 però] perhò | 8 ubligati] obligati | 11 harano] arano | 12 sarà] serà | 16 chadaun] chadaum loro] lhoro | 16–17 contrafacesseno] contrafaceseno | 17 quotiens] quociens 36 18 Quarantia] Quaranta 37 Nel margine interno: Bernardus Donato / caputde XLta / sier Lucas Trono / sier Andreas Trivisano eques / sapientes consilij. 38 La a iniziale corregge due o tre lettere sottostanti. 39 Interpretazione proposta dagli editori di un ta preceduto da un’abbreviazione o correzione incomprensibile. 1 7 comuni] communi | 10 come] como esser] essere | 12 pubblico] publico | 17 come] como | 20 obbligo] obligo | 21 legittima] legitima | 27 soa] sua poca] pocha | 28 richiedesse] richiedese | 32 abbiano] habbiano | 33 danno] damno obbligo] obligo | 34 pubblico] publico | 39 notabil] notabile | 41–42 expetava] expectava | 43 danno] damno 2 8 dilatione] dilationi | 9 observandissimi] observantissimi | 3 ne è] n’è
5.6 Campione E
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vostro exercito con il cesareo a la defensione de lo illustrissimo signor Duca de Milano | et expulsione de francesi communi inimici, persuadevasi epso signor Viceré | dal canto di questo illustrissimo Dominio non doverseli interponere difficultà o dilationi | alcune, perché parevali che ad homini et principi di fede observantissimi, |10 como suole essere questa inclita Republica, non fusse molto necessario proceder | con preghiere et persuasioni dove è la promessa chiara et aperta, corrobo- | rata dal publico iuramento: perché assai è noto che nel contracto de la perpetua | pace et unione facta con la Cesarea Maiestà, serenissimo signor Infante et illustrissimo Duca | di Milano, ha promisso questo illustrissimo Dominio, siando invaso el stato de Milano |15 celeriter presto esser adiutar et defender dicto signor Duca3 et stato con 800 | lanze, 500 cavalli leggieri, 6000 fanti et una bona banda de artellaria, | como del medemo obligo ligata dicta Cesarea Maiestà compitamente et d’avan- | taggio assai observa. Fermavasi più Sua Signoria in questa opinione discorrendo | quello che in simile occurentia fecero Vostre Signorie lo anno passato con grandissima satisfactione |20 et obligo de la Cesarea Maiestà; pur vedendo maggior tardità che non comportavano | li bisogni, et non siandoli legitima causa alcuna di dilationi4 tali, admirato di tanta | repentina alteratione de animi, mandò il magnifico don Carlo de Aragona et, | con epso, lo illustrissimo signor Duca de Milano il magnifico cavalier Bilia per darli | piena et particular noticia del stato de l’exercito cesareo et de le forze5 |25 de inimici, quantunche note gli fussero; et per fargi maggiore instantia et pressa | a la dicta unione debita et tanto utile et necessaria. Ma fin al presente | Sua Excellentia, con pocha contenteza et satisfatione, nulla ha potuto reportare: | quasi como non con amici et confederati se negociasse et si richiedese cosa non | debita per publica fede et iuramento. Et da questo modo di procedere, oltra |30 che n’è sequita la tanto evidente ruina et oppressione de le persone et stato | de Milano, accresciuta la insolentia de inimici quali in ogni suo pen- | siero procedeno como se dal vostro canto non habbiano da dubitar ponto, | ne nasce novo damno: che molti, quali non per obligo ma voluntariamente | per il publico beneficio de Italia se sariano monstrati contra francesi, |35 vedendo queste vostre dilationi, et che voi che havete la vostra fede publica obli- | gata supersedete de darne adiuto, recusano con qualche colore di ragione | esserne fautori, poiché voi che l’havete promisso et iurato non ne siete. | Alcuni ancora, forsi più oltra temendo et pensando, se sono accostati a li | inimici nostri, et prestatoli notabile adiuto, come sapete. Talché, perse- |40 verando la Signorie Vostre secondo il cominciato, si potria dire che da questa pace et con- | federation facta tra la Maiestà Cesarea et questo illustrissimo Dominio, da qual si expecta- | va et doveva adiuto per defension de lo illustrissimo signor Duca de Milano, | ne procedesse damno, perché la supersedentia in non darlo ad alcuni dà suspecti, | [232v]6, 7 ad altri scuto di pratiche con quali poi si pigliano excusationi (benché assai | si sapia che a satisfare a la publica promessa non siano sufficienti), et invero | ad Sua Excellentia non pare che a la prudentia de tanta Republica convenga
3 Nel ms. duce. 4 Così nell’ed. Fulin et al.; nel ms. dilasioni. 5 Così nell’ed. Fulin et al.; nel ms. forse. 6 5 sciano] scianno | 9 persistere] persister | 14 come] como | 27 obbligo] obligo | 28 avantagio] avantaggio | 29 contratto] contracto | 31 obbligo] obligo | 34 persuadere] persuader | 38 inimiche] inimice | 39 deinde] da inde | 40 dopo] doppo 7 4 riferito] referto | 16 l’assidua] assidua | 17 i geminati] geminati | 27 in] di
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
differire | di far quello è tenuta verso la Maiestà et,8 magnifico Proveditore, gli sia referto che9 |5 far tale unione non sia expediente, poiché assai scianno che nel contracto | de la pace non si remisse la Maiestà Cesarea al voler et parer del vostro ca- | pitaneo circa el dar lo adiuto et unirse a la defensione de li stati invasi, | ma absoluto fu l’obligo reciproco, benché non se può imaginare como | habbia dicto capitaneo da persister in questa, se è sua opinione, como ca- |10 pitaneo expertissimo, havendoli monstrato Sua Excellentia et altri cesarei capitanei | già due volte che è ito a retrovarlo a Ottolengo et Chiari la evidente securità | di questa unione, grande utilità et quasi certa victoria. Del che tanto meno | †haver† da dubitare, quanto che può esser certissimo che niuna cosa, quan- | tunche minima, se ha da far se non unitamente, como ne la guerra passata |15 sempre si fece. Vedendo adunque epso illustrissimo signor Viceré non haver fin | ad hora profitato assidua sollicitudine di me Alonso Sanchez, geminati | abochamenti di Sua Excellentia cum Vostri Signori Capitaneo et Proveditore, di- | verse particular letere suę et poi instantie facte per dicto don Carlo a posta | mandato et, che più si deve considerare, la fede publica data a la Cesarea Maiestà nel |20 stabilimento de la pace perpetua, di novo per ultima resolutione ha voluto | che noi, prothonotario Caracciolo et Alonso Sanchez unitamente, in execution | di quello che anco noi unitamente cuntrahessimo richiedamo, instemo et | pregamo questa excellentissima Republica ad observar la sua publica fede obligata con la Cesarea | Maiestà per la defensione de lo illustrissimo signor Duca de Milano et suo stato |25 et celeremente esser presta et adiutar dicto signor Duca et stato con le 800 | lanze, 500 cavalli leggieri, 6000 fanti et una bona banda de artellaria | unitamente cum lo exercito di Sua Maiestà, quale non solo secondo lo obligo ma di | notabile avantaggio. Et così, in nome di Sua Maiestà et di dicto illustrissimo signor Duca | et stato suo, como per la promessa facta nel contracto de la pace sono |30 obligati, pregandoli che apertamente voglino explicare il suo concepto, quando | altramente pensino di fare che lo obligo loro recerca et non lassarne | con implicate et dilatorie risposte in resolutione però de la negativa, | siandone a noi del medesimo effecto la dilatoria et negativa, il che mai | si poteremo persuader che habbino de volere, per esser contra suo natu- |35 rale et antiquo instituto. | Questa nostra richiesta dovete exaudir, Signori, senza alcuna exceptione, | como nulla exceptione è nella promessa, ma per satisfare a li animi | di quelli che forsi sono male informati de le forze inimice et nostre | et da inde temeno (benché tal timore non è iusta excusatione a tardar |40 la unione) sappiano le Signorie Vostre che, sì como inimici doppo passato il Ticino | [233r]10, 11 a la giornata si sono indebeliti, così dal canto nostro sono accresciute le forze | notabilmente. Quando inimici introrno in Millano con quella furia che pareva | minacciase tutta Italia, restò il signor Viceré, oltra quelli che restorno a la custodia |
8 Gli editori tentano di risolvere l’aporia seguente inserendo del dopo et. 9 Il passo non pare perspicuo. 10 1 indeboliti] indebeliti | 2 Milano] Millano | 3 minacciasse] minacciase | 5 due] duo | 7 dopo] doppo | 10 deffecto] defecto | 11 valesani] vallesani | 12 lanzchnech] lanzchnec | 13 eguali] equali | 14 in Pavia] im Pavia | 16 comunità] communità | 17 legieri] leggieri | 18 avvantaggiamo] avantaggiamo | 20 conditionati] condizionati | 25 lanzchnech] lanzchnet | 30 contentezza] contenteza | 32 carico] caricho | 43 testemoni] testemonij 11 8 dicono] dicano | 17 da] do | 32 de] da aconti] conti | 42 facto] facte | 43 possano] possono
5.6 Campione E
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di Pavia, solo con fanti spagnoli 6000 et fanti italiani circa 4000, et niente di |5 meno il Re di Franza già in più di duo mesi non solo non gli ha facto detrimento | alcuno con quel tanto fluxo de fanti che predicano, ma receputo molti damni. | Doppo, da lo exercito francese sono partiti svizeri in notabile quantità, | molti italiani, fantopini assai, quali, non licentiati como francesi dicano ma | per non esser pagati da sé stessi, fuggeno; et ultimamente quel bon numero di fanti |10 che se dice andare con il Duca de Albania. Solo, al defecto di tanti, gli sono aggionti | 4000 grisoni et mille vallesani. A l’exercito cesareo sono cresciuti italiani fin | al numero compito di 6000, et circa 7000 lanzchnec et nullo diminuto, talché, | unite le forze vostre, saremo superiori o almeno equali a francesi di numero di fanti | in campagna, oltra quelli che sono im Pavia; et pur li nostri si sa quanto siano |15 superiori di vigorositate, consueti a vincer, non a fuggire, soldati veterani | non collecticij, né mandati da le communità con pagamento de le spese, gover- | nati do capetanei non meno circumspecti che valenti. De cavalli leggieri, | de’ quali ne havemo da poner in campagna 1600, gli avantaggiamo di numero | et bontà; parimente di homini d’arme, de’ quali se sa la maggior parte |20 loro esser mal condizionati12 et 600 lanze esser partite con dicto Duca | de Albania, gli saremo superiori. Havemo ne le forze nostre le forteze, | le cità ben fortificate, li populi devotissimi et de’ francesi inimicissimi. | Queste cose, signori, ad chi se governa per ragione monstrano la certa et indu- | bitata victoria, la quale tanto più presto si può sperare che oltra le presen- |25 tanee forze se puoteno vedere in esser altri 7000 lanzchnet con | bon numero de cavalli, quali non puoteno tardar sua gionta in campo oltra octo | o dieci giorni, como debbono esser certificate le Signorie Vostre per molte vie: però | doveriano, senza tanta nostra instantia et oltra il debito, da sé stesse ac- | cenderse et offerirse a la participatione di tanta et così gloriosa victoria, |30 da la quale ne puoteno expectare grandissima contenteza et satisfactione per | la universale liberatione de Italia. | Et perché da diversi conti si è sparso per alcuni in qualche caricho de la Maiestà Cesarea | che Sua Maiestà disignava occuparsi el stato de Milano, il che, como cosa di mala | sorte et indegna de uno tanto Imperatore di fede observantissimo et de la iustitia |35 obsequentissimo, così non era da creder né da pensare; ma havendo Sua Maiestà | exposto tanta summa di denari per la recuperatione et conservatione del stato | de Milano ad beneficio de lo illustrissimo signor Duca, como a tutto el mondo | è noto, parevali conveniente in qualche parte rimborsarsene. Dal che forsi si suspica | che Sua Maiestà con tal via disegnasse 40 indirectamente usurpare dicto stato; il che, | como mai fu pensamento di Sua Maiestà, così ad tuto il mondo l’ha largamente | demonstrato, intromettendolo como principal contrahente in le leghe quale ha | facte Sua Maiestà cum il Summo Pontifice, con il serenissimo Re anglico, et con questo | illustrissimo Dominio. Et ultimamente ne possano esser bon testemonij voi, | [233v]13, 14 illustrissimo Principe et assistenti Signori del Collegio, a li quali è stata facta per me | Alonso a li giorni passati non mediocre instantia per trovar modo di unir | svizeri a la defensione de Italia, et particularmente del stato di Milano, cosa | notoriamente
12 La z ricopre un’altra lettera, apparentemente una t. 13 1 stà] stata | 12 iudicherà] iudicarà | 14 poca] pocha | 16 fundasse] fundase | 17 chiarezza] chiareza in] im 14 8 termine] termino | 12 expedienti] expediente sapia] scia | 18 nissuna] nissuno | 22 …] epsa
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
repugnante ad questi disegni vanamente fabricati et sparsi; et |5 se pur qualche suspition resta o ne li animi vostri o de altri, per chiareza di tutto | il mondo, sapendo dicto signor Viceré la mente de la Cesarea Maiestà, per molte | evidentie et replicate letere, offerisse prestare ogni cautione et secureza che | voglia questo illustrissimo Dominio di presentargli in mano sua in termino conveniente | la investitura nova imperiale de dicto stato ne lo illustrissimo signor Duca, |10 et stare al discreto et savio iudicio di questa excellentissima Republica circa li denari | quali haverà per dicte spese a reimborsar dicto signor Duca a Sua Maiestà, | et in quelli termini che iudicarà expediente, benché assai scia Sua Maiestà che ad | così maturi et prudenti homini como sono il Principe et governatori di questa | excellentissima Republica non penetrano questi colori in verità di pocha apparentia, |15 con quali non saria excusato alcuno presso a Dio et il mondo se sopra epsi | si fundase et se mancasse del debito: poiché oltra che possano iudicarsi | apertamente vani, se gli offerisse chiareza et cautione del tutto; il che im | brevi (ancora che nissuno lo richieda) per compita satisfactione et desiderio | di Sua Maiestà si vederà con effecto. |20 Expectiamo adunque subita et resoluta resposta, et senza altra dilatione | et nova consulta, de la unione del vostro exercito affirmativa, como | conviene a la fede promessa per voi, Signori observantissimi di epsa ad uno imperatore | quale, per la venuta de’ francesi in Italia, non è però mancato de le forze sue | tale che li amici non habbiano da sperar proficto de Sua Maiestà et li ini- | mici cognoscere le forze sue poterli portar damno. |
[234r]15, 16 Dil mexe di zener 1524. | A dì primo: vene letere di le poste di Crema, Cremona et | Brexa, il sumario di le qual noterò qui soto. |17 Vene in chiexia, iusta il solito, il Serenissimo vestito di veluto cre- |5 mexin rosato, di martori et bareta di veludo di quella sorte, | con li oratori Papa, Cesareo, Milam, Ferara et Mantoa. | Non vene quel di Franza; la causa fo per / /. | Erra questi procuratori: sier Lunardo Mocenigo, sier Alvise Pasqualigo, sier | Alvise Pixani et sier Hironimo Iustiniam. Vene etiam sier Vicenzo |10 Grimani, fo dil Serenissimo, vestito di beretim, per tocharli questo | mexe acompagnar la Signoria per esser di la Zonta. |
15 3 sotto] soto | 6 Ferrara] Ferara | 8 Mozenigo] Mocenigo | 9 Alvixe] Alvise Iustinian] Iustiniam | 10 beretin] beretim tocarli] tocharli | 12 passato] pasato | 15 valesani] vallesani | 16 cavalcata] cavalchata | 18 Luca] Lucha | 20 condescendano] condesendano | 21 hore] horre | 25 sono] sonno | 26 lanzinechi] lancinechi | 27 dato] datto | 34 Rossetto] Rosseto | 37 zerca] zercha | 44 dicevasi] dicevassi 16 33 ponte] ponto 17 Immediatamente sotto nel testo (234r 12–235r 5).
5.6 Campione E
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Da Cremona, di sier Marco Antonio Venier el dotor, orator, di 30 dil pasato: | come hanno nova lì al signor Ducha di Milam che a la custodia | di Milam dil campo francese è sotto Pavia è venuti 3000 gri- |15 soni, 1000 vallesani et 150 lanze, acciò non li fosse tolto | Milam per la cavalchata hanno fato questi18 cesarei di Lodi. | Il Ducha di Albania, con le zente l’ha, par vadi di longo | a Lucha et poi a Siena, dove si tien vorano danari, | et fanno etiam questo con voler dil Pontifice, acciò spagnoli |20 condesendano a l’apontamento ha tratà Soa Santità. | Di Crema, di sier Zuam Moro podestà et capitaneo, di 29, horre 3: manda | do reporti di soi exploratori, uno venuto di le parte di Pro- | venza et l’altro dil campo francese. Et per uno suo, venuto | da Lodi, li è stà refferito de lì haver inteso che le gente |25 francese che sonno in Santo Agnolo fanno ruinar li borgi | di quel loco, et questa matina li lancinechi cridavano | nella piaza de Lodi che, si non li venia datto danari, | voleano partirse. Et se diceva che li cesarei voleano | buttar un ponte sopra Adda di sora da Lodi per esser |30 più propinqui a Maregnan et far che le gente d’arme | stesseno allogiate ne la Geradada, acciò potesseno | per ogni bisogno passar di là di Adda in presteza sopra | ditto ponto.19 Né altro è di novo. | Nicolino Rosseto, mandato per il magnifico podestà di Crema al campo |35 francese sotto Pavia, dice de lì esser partito marti | fo a dì 27 a mezozorno, et che la sera precedente | de quelli de Pavia ne ussireno zercha fanti 30, et | fecero dar alarme al campo scaramuzando, de mo- | do che in un subito li spagnoli ne pigliorono 3 |40 dil campo et ne amazorono 7, et se retirorno dentro. | Et dice esser stato sopra il cavalier che fabricano | per batter la terra, et haver veduto che attendeno | ad alzarlo anchora più, et medesimamente lavo- | rano per voltar il Tecino nel Gravalon. Et dicevassi | [234v]20 che, passato il primo dì de l’anno, voleano dar lo assalto | a Pavia et facevano la mostra a le gente dil signor | Zanino et del signor Federico da Bozolo, dandoli danari. | Et ha inteso che, pagata la compagnia dil signor Zanino,21 la |5 dovea andar a Milano. Et se diceva che il Ducha di Al- | bania andava a l’impresa dil Reame. Et dice che non | tirano de l’artellaria né l’una parte né l’altra. |
18 Scritto su rasura, come il successivo ce-; potrebbe leggersi quelli. 19 Forse da intendersi ‘punto’ e quindi da non considerare metaplasmo né lapsus per ponte (v. sopra alla riga 29). 20 5 duca] Ducha | 7 tiran] tirano | 13 zerca] zercha | 18 cussì] cusì | 20 cerca] cercha | 25 qual] quali | 28 zerca] zercha | 30 10] X | 32 in] im | 38 dicea] diceva | 40 Toscana] Toschana 21 La i sembra corretta su una lettera illeggibile.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Gratiano Corso,22 mandato per il magnifico Podestà di Crema a le parte di | Provenza ne la riviera de Zenoa, dice esser partito da |10 Saona heri fu otto zorni (21 di questo), et si atrovò de lì | quando il signor Renzo hebbe Saona, quale se rese alla | devotione di la Maiestà Christianissima, et cum ditto signor erra fanti | zercha 6 in 7 milia, bella gente. La qual terra non fu sa- | chegiata, ma pur li fu fatto del danno nel intrar |15 dentro, perché li soldati non haveano havuto danari, | dicendo che saonesi pregorno il signor Renzo che non | li desse governator de li Fregosi, ma ogni altro a no- | me dil Christianissimo Re: et cusì il prefato signor li promesse | de meterli uno baron francese. Et dice che dapoi, per |20 cercha dui giorni, il prefato signor Renzo, dubitando | che li fanti non sachegiasseno la terra, li fece la mo- | stra et feceli ussir fuori dandoli danari et fa- | cendoli allogiar di fuori. Ne la qual mostra fo adim- | pite le compagnie et se atrovorono fanti 8000, |25 de li quali ne erano 6000 italiani et il resto fran- | cesi, de le qual gente ne ha lassato in Saona da | fanti 1500 et il resto fatto montar su l’armata, | excepto zercha 1000 che non li volse andar. Qua- | le armata era de lì, che è de velle 43 in tutto, zoè |30 galee X, nave 7 et galioni 12, et il resto fusti, | brigantini et altri simel legni, dove etiam il pre- | fato signor Renzo in persona ha pagato la gente de l’ar- | mata, dicendo lui esser recognosciuto governa- | tor dil tutto a nome dil Christianissimo Re. Et sopra ditta armata |35 li erano 1000 fanti che al continuo lì stava; et dice | che, montate le fantarie sopra l’armata cum victualie | per mexi 6, il prefato signor Renzo stava in Sao- | na cum la sua corte, et se diceva dì per dì dovea | montar sopra l’armata et partirse, chi dicea per |40 andar in Sicilia, chi nel Reame et chi in Toscana. | Et se diceva che quello faria Pavia farebbe | [235r]23 anchor Genoa, ne la qual se diceva esser fanti 3000. | Item, dice che, essendo il signor Renzo a Marsegia, gli fu | portato buona summa de danari di Franza man- | datoli da la madre dil Re. |5 Di Brexa, dil proveditor zeneral Pexaro, di 30: di queste occorentie. |24 Dapoi disnar: zorno ordinato a meter il reverendissimo domino | Hironimo Querini, frate di San Domenico di Castello observanti | di l’hordine di Predicatori, di età di anni / /, electo per il Con- | seio di Pregadi et confirmato, per il Pontifice,
22 Corso è trascritto dagli editori con la maiuscola quale appellativo etnico; nell’indice è invece trattato alla stregua di un cognome, forse a ragione. 23 1 ancor] anchor | 8 ordine] hordine | 9 patriarca] patriarcha | 10 possesso] posesso | 14 Ferrara] Ferara | 17 Alvixe Pixani] Alvise Pixani | 18 3] tre | 20–21 essendo] hessendo | 23 chiexia] chiesia | 24 patriarca] patriarcha | 26 monastier] monestier | 35 calca] calcha | 36 coro] choro patriarca] patriarcha manca] mancha | 37 loco] locho | 39 patriarca] patriarcha | 41 patriarca] patriarcha 24 Segue uno spazio bianco equivalente a circa 5 o 6 righe.
5.6 Campione E
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Patriarcha di Ve- |10 niexia in posesso dil ditto patriarchado, qual la chiexia | di San Piero fo benissimo conzata con tapezarie assai | et 4 telle grande di Fiandra bellissime; etiam il patriarcà | fo conzo con tapezarie. Hor reduti li oratori a palazo, videlicet | Papa, Imperator, Milam, Ferrara et Mantoa, et do Episcopi, |15 domino Iacomo da Chà da Pexaro Episcopo di Baffo et D / / | Borgese Episcopo / / con 5 procuratori, sier Lunardo Mocenigo, | sier Alvise Pasqualigo, sier Iacomo Soranzo, sier Alvise Pixani et sier Hironimo | Iustinian, et li deputati ad acompagnar questi 3 mexi, mon- | toe Soa Serenità in li piati et andono a la riva di Santo |20 Antonio, dove per il gran secho fu fato un ponte. Et zà hes- | sendo reduti li parenti dil prefato Patriarca vestiti | di scarlato et sier Hironimo Querini quondam sier Piero, suo zerman cuxin, di velu- | do cremexin in chiesia di San Domenego per acompagnar | ditto Patriarcha fino in li piati, el qual erra con la sua |25 capa da frate et con li frati di San Domenego principali et altri | frati dil ditto monestier con la + e dopieri aparati avanti. | Et cussì fo acompagnato fino a Santo Antonio, dove il | Serenissimo lo aspectava in li piati, et montato dentro, e cussì | parte di parenti che poteno star, li altri zoveni con barche |30 e li frati per terra veneno a smontar a Castello. Qual | aproximato a la chiexia, li vene contra uno Episcopo | aparato, qual erra lo Episcopo de / /, greco, con li canonici | aparati (alcuni) et la + et dopieri. Cantando el «Te Deum | laudamus» è intrato in chiesia sonava li organi, |35 dove erra una grandissima calcha di zente (maxime done). | Et in choro25 sentato il Patriarcha, qual erra a man mancha | dil Doxe al suo locho con la + avanti, e cussì il Serenissimo sopra | una cariega deputata, e li altri tutti, fo principiata una | oration in laude dil ditto Patriarca per prè Zuam Rivio. |40 Compita, il Serenissimo acompagnò il Patriarca fino in la sua ca- | mera et poi tolse licentia, e lì rimase ditto Patriarcha. | [235v]26, 27 A dì 2, luni, la matina per tempo: fo letere di le poste, qual il su- | mario scriverò di sotto (videlicet da Brexa et di Parma).28 | Vene l’orator di Franza in Colegio iusta il solito, dicendo che ’l suo | Re Christianissimo prospera et presto averà il stado de Milam et, si ben è ve- |5 nuto questo prothonotario Charazolo in questa terra, cognosse questa illustrissima | Signoria savia che non si lasserà voltar a mandar le sue | zente, perché il suo Re è nostro
25 Nel ms. rocho. 26 8 qual] quale | 10 Loredan] Loredam | 14 ha] à | 15 amalato] amallato | 18 acetasseno] acetaseno | 25 haver] aver essere] esser | 26 fanterie] fantarie | 27 ducha] duca | 30 Gabriel] Cabriel | 32 passar] pasar | 36 zerca] zercha | 39 passato] pasato | 40 Pellegrin] Pelegrin 27 29 per ordine] di ordine | 34 che ha inteso] ch’el à inteso | 37 stesso] instesso 28 Di seguito, rispettivamente a 235v 21–36 e 235v 38–236r 3.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
bon amigo, con altre savie parole. | Al quale il Principe li rispose verba generalia et che deside- | mo sia un bon acordo tra questi principi, et che ’l Papa si afatica. |10 Introe un solo Savio dil Conseio, sier Lorenzo Loredam procurator, | qual è papalista, et sier Francesco Foscari refudoe, dicendo ha | passà anni 80 et è dil Conseio di X. Item, veneno sier Alvixe | di Prioli procurator e sier Daniel Renier, i qual etiam refudono: il Prioli | per esser inquisitor dil doxe Loredam et non à compito l’oficio suo, |15 etiam non si sente, e il Renier è amallato (dice) et è dil Conseio di X, | unde la Signoria zoè li Consieri disseno che non potevano | acetar la soa scusa, ma iusta la parte presa in Gran Con- | seio bisognava il Conseio di Pregadi acetaseno la scusa. | Et etiam per far li Savij a Terra Ferma fo ordinato Pre- |20 gadi hozi, etiam Conseio di X con tutte do le Zonte. | Di Brexa, vidi letere di sier Antonio Surian dotor e cavalier, Podestà, di ultimo | dil passato, qual scrive cussì: per letere de missier Gabriel Lan- | tana de dì 30 decembrio, date in Roveré, qual fu man- | dato a Trento per guidar queste gente che vien, hor scrive |25 aver inteso per viazo esser gionte in Trento bandiere | tre de fantarie, et lì se atrova cavalli 200, et era | ancora lì iunto il duca di Barbon. Scrive etiam come | in Trento gli è missier Zuam Batista Caligaro, gentilhomo | veronese, mandato di ordine di rectori di Verona per tenir |30 dicte gente zoso dil veronese. Et dicto missier Cabriel | scrive seria il meglio pasano per Val de Sabia et | pasar a Pontolio, perché più presto andariano sul Du- | cato de Milano. Et per letere di sier Hermolao Lombardo, | proveditor di Peschiera, si ha ch’el à inteso il signor Ducha di Barbon |35 heri aut hozi, ch’è ultimo dil mexe, dovea zonzer et | farà il transito per Peschiera con zercha cavalli 100. | Et di Verona, di rectori, si ave questo instesso aviso. | Da Parma, di sier Lorenzo di Prioli orator va a l’Imperador, di 29. | Scrive come il Ducha di Albania con le zente havia passato |40 li monti Appenini et zonto a San Pelegrin su la Grafi- | gnana, ch’è al pian di Luca, et andava a grande zornate | marchiando verso Toscana aut Napoli, con altre par- | ticularità ut in literis. Et par che ’l signor Renzo, smontato | di l’armata, era stà in campo dal Re Christianissimo e poi tornà a l’armata | [236r]29, 30 con 300 cavali, et che il Re Christianissimo 29 4 Gabriel] Cabriel | 13 zerca] zercha quali] qualli | 16 però] perhò | 22 loro] lhoro | 23 haver] aver | 25 ducha] duca haverli] averli dito] ditto | 26–27 imperator] imperador | 27 ducha] duca | 32 loro] lhoro 30 16 nulla] 0 | 17 nulla] 0 | 23 poteano] potriano | 30 grande] gran | 35 Antonio] Zuam Antonio
5.6 Campione E
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havia tolto a suo stipendio il signor | Zuam Lodovico Palavicino con 50 lanze, et darli l’hordine | di San Michiel, et altre particularità ut in literis. | Di Verona, di sier Polo Nani podestà et sier Marco Gabriel capitano, di / /: |5 come erano zonti li 2000 lanzinechi a Gusolengo, et an- | davano di longo con fama dia vegnir altri 4000. | Dapoi disnar: fo Pregadi, et ordinà Conseio di X. | Di Zara, di sier Piero Zen, mandato de lì, fo letere: dil suo zonzer | lì, e aver trovato l’orator dil Signor turcho fo qui, che lo aspecta- |10 va. Qual zonse avanti lì, al qual apresentoe, siché rimase | ben satisfato, et partivano per Cataro etc. |31 Dapoi leto le letere, fo chiamà il Conseio di X simplice per tratar | zercha sier Francesco Foscari e sier Daniel Renier, qualli è dil Conseio di X, | che voriano excusarsi de intrar Savij dil Conseio per esser |15 dil Conseio di X. Et, stati un pezo, tratono questa materia | e, leto le leze, visto esser parte dil Gran Conseio, perhò 0 feseno | et ussiteno fuora senza far 0. | Et ussiti, sier Zuam Antonio Venier, Avogador di Comun, che erra | in seimana, andò in renga dicendo esser stà electi per questo |20 Conseio 4 Savij dil Conseio, in tanto bisogno di la Republica, | tre di qual hanno refudado et non poleno refudar iusta | la parte presa 1523 in Gran Conseio, qual fece lezer. E benché lhoro | Avogadori potriano tuorli la pena di aver refudado, | tamen per honestà, in tanto bisogno maxime per le letere di |25 l’orator apresso il duca di Milam, che scrive il Viceré averli ditto | voler dar la moier e fioli per pegno a la Signoria che l’Impe- | rador investiria il Ducha di Milam dil stado, e non lo daria | a suo fradello Arziducha di Austria, come la Signoria havea paura, | rechiedendo le zente nostre si unissa con le sue, ch’è cosse di aver |30 gran consulto. E in tanto bisogno questi Savij vol refudar, | con scusarsi il Prioli è inquisitor dil doxe Loredam, il Foscari | e Renier per esser dil Conseio di X. Pertanto lhoro Avogadori | vuol tuorli la pena col Conseio, con altre parole. | Et fece lezer la parte che meteva essi tre Avogadori |35 (sier Francesco Morexini, sier Domenego Trivixan, sier Zuam Antonio Venier), videlicet la | copia ad litteram sarà notada qui avanti.32 |
31 Segue uno spazio bianco corrispondente a circa 5 o 6 righe. 32 La copia occupa la prima parte della pagina 239v (ed. Fulin et al. 37,339).
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
[236v]33, 34 Et sier Alvixe di Prioli procurator, uno di electi, andò in renga, | scusandosi non esser san et esser inquisitor dil doxe Lo- | redam, et hanno molte cose da compir, né pol esser astrec- | to a intrar; né la parte dil 1523 dil Gran Consilio li obstava. |5 Hor essendo mandà la parte, visto il cegnar dil Conseio, ditto | sier Alvise di Prioli procurator si levò e disse voleva intrar. E introe. | Dapoi, sier Daniel Renier andò in renga et fece un belis- | simo exordio, dicendo esser inpotente e rauco e non | poteva servir. Poi disputò di la leze che non li obstava |10 per esser dil Conseio di X, et su questo parlò vigorosamente. | Unde fu posto per li ditti Avogadori la parte contra sier Daniel | Renier, et fo de sì 126, di non 72, non sincere 6, et fo presa. | Dapoi, sier Francesco Foscari, qual à passà anni 80 et è dil Conseio | di X, andò in renga e parlò summissa voce volendosi ex- |15 cusar. Et posto la sua scusa per li consieri et, volendo sier Francesco | Morexini avogador risponderli, il Conseio sentiva per lui, | et vene zoso, unde andò la parte sopraditta35 et etiam | fu presa. Ave: 140 / 60 / 17. | Et per l’hora tarda non fu fato il scurtinio di Savij a Terra Ferma. |20 Vene prima letere di Brexa, Crema et Parma, qual | fo lecte, et perché erano de importantia, fo comandà | grandissima credenza per respeto de li oratori cesarei etc. | Da Brexa, fo letere dil proveditor zeneral Pexaro, di ultimo, horre 436 | di notte, con questo aviso, qual vidi letere particular, che dice cussì: |25 questa sera si ha come francesi sotto Pavia non attende- | vano ad altro che ad divertire l’aqua del Ticino, ma che | non la potevano tanto divertire che non li restasse dui | cubiti di aqua. Item, come il signor Renzo erra gionto a li 29 | in campo dal Re, et quel instesso giorno partite per andar |30 ad ritrovar il Ducha de Albania, et la notte è allogiato |
33 1 Alvise] Alvixe eleti] electi | 2–3 Loredan] Loredam | 6 Alvixe] Alvise | 7–8 bellissimo] belissimo | 8 impotente] inpotente | 19 ora] hora | 23 hore] horre |28 acqua] aqua | 30 ducha] duca | 31 Piacenza] Placenza | 33 ducha] duca | 41 hauto] auto 34 3 di] da | 10 questa] questo | 26 le aque] l’aqua | 27 la] le 35 Sopraditta su rasura. 36 Ultimo horre 4 su rasura.
5.6 Campione E
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in Placenza con 200 cavalli, et che le fantarie sue era- | no andate per mare per smontar a Civitavechia. Il qual | Duca di Albania si atrovava in Val de Moza et la gente | sua in parmesana. Si ha etiam come il signor Ioanne Ludo- |35 vico Pallavicino erra acordato con il Re con 50 lanze | et 1000 fanti de conduta. | Et questo aviso dil Ducha di Albania si ha etiam in la Signoria per letere | di Parma, di sier Lorenzo di Prioli orator nostro, et che l’era zonto | di là di Grafignana a Castelnuovo, ch’è sul pian di Luca. |40 Item, che quello Zuam Lodovico Palavicino acordato con | il Re Christianissimo havia auto le 50 lanze et l’ordine di San | Michiel (ma non dice de li 1000 fanti) etc. | [237r]37, 38 Dil dito proveditor39 zeneral Pexaro, di primo, horre 18: come | era venuto uno suo explorator dil campo francese, qual par- | tì venere a dì 30. Dice Pavia aversi resa al Christianissimo re, et ha- | ver visto lui intrar dentro la terra monsignor di la |5 Palisa et alcuni altri francesi et esser venuti fuora a par- | lar al Re uno per nome di Antonio da Leva et uno per nome | di lanzinech, et do citadini di la terra, et erano rimasti | di dar la terra al Re Christianissimo in termine di zorni 10, non essen- | do socorssa. El qual explorator ha ditto questa esser la vera |10 verità: unde lui Proveditor l’à fato retenir con dirli non hes- | sendo vero li darà il malanno, e lui è stà contentissimo | dicendo: «Femi amazar si questo non è la verità». | Dil dito, di horre 23: scrive aver letere di Crema che conferma | questa nova, et par spagnoli habbino brusato Marignan. |15 Di sier Antonio Surian, Podestà di Brexa, vidi letere, di la dita horra [2]3, qual | scrive il sottoscritto sumario auto per via dil podestà di Crema. | Die ultimo decembris 1524, horra 3 noctis: nove havute | per exploratori mandati nel campo francese per il Podestà di Crema, | qualle ha rifferito che francesi havevano levati alcuni |20 pezi de artellaria che erano da la banda de qua da Pavia | et li haveano condutti da la banda del Tecino, et ha- | vevano compito el cavalier che havevano fatto per batter | nella terra, et postoli sopra alcuni pezi de artellaria. | Et dice haver inteso per via bona che ’l Re Christianissimo era d’acordo |25 con quelli de Pavia, quali se dice haver tolto termine a darli | la terra
37 1 ditto] dito hore] horre | 3–4 aver] haver | 9 soccorsa] socorssa | 10 l’ha] l’à | 13 haver] aver | 15 hora] horra | 16 summario] sumario hauto] auto | 19 quali] qualli | 20 artelaria] artellaria | 21 aveano] haveano | 21–22 havevan] havevano | 25 aver] haver | 26 10] X | 28–29 descrition] descritione | 31 diligentia] dilligentia | 34 città] cità | 35 ne è] n’è | 36 dicevasi] dicevassi ducha] duca | 37 a la] alla 38 19 levato] levati | 40 mandati lì] mandati da] di | 41 expetando] expetando che 39 Sotto le prime tre parole della pagina si intravede della scrittura precedente.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
fino alli X de zenaro, non li venendo soccorso, | ma che Sua Maiestà fa voce di non la voler, dicendo voler | parlar con li soldati per havergela promessa a descri- | tione, tamen secretamente ha inteso esser d’acordo. |30 Et dice che hanno levato mano de lavorar cum | quella dilligentia facevano per voltar il Ticino nel Gra- | valone, et iudica esso refferente ditto acordo esser vero, | perché non ha visto quelli del campo far motione de dar | assalto a quella cità. Et ha visto el signor Renzo in campo |35 mercore fo a dì 28, et ha parlà cum il Re Christianissimo e se n’è | partito, et dicevassi lui andar a ritrovar el Duca | de Albania per andar alla impresa dil Reame et che | le sue gente andavano a quella volta per mare. Et se | diceva certo esser gionto in campo gran summa de danari |40 mandati lì di Franza, et li soldati stavano di bona | voglia expetando che li fusse dato danari. Et se | diceva che aspectavano in campo gente di Franza | [237v]40, 41 cum li quali dicevano alcuni ch’el veniva el Gran Bastardo, | et alcuni dicevano ch’el andava alla volta del duca de | Albania per andar nel Reame. Et se diceva che ’l Mar- | chexe di Saluzo andava a Savona per il governo di quella |5 città. Item, dicevasi che volevano far la resegna de le gente | et darli danari, et che zuoba a dì 29 principiò a pagar | le gente dil signor Zanino. Et dicevassi volevano pa- | gar ancho tutte le altre. Item, che cum el signor Renzo erano | 400 cavalli et quella sera li doveano allogiar alla |10 Stradella. Et dicevassi che in Pavia haveano poco | da vivere et che in campo se diceva che a Milano li | francesi haveano piantate le artellarie per le strade | per batter il castello. |
Questo aviso di Pavia fo comandato in Pregadi secretissimo, |15 acciò non venisse a orechie a li oratori cesarei, acciò non insta- | seno la risposta dil rechieder le nostre zente cum dir vo- | leno andar a socorer Pavia, fin non si habbi rispo- | sta di le letere fo scritte a Roma et non venga altri avisi più certi. | Noto: nel Conseio di X simplice che ozi fo chiamato, atento |20 erano cazadi sier Francesco Foscari e sier Daniel Renier electi et sier Donà | Marzello zerman dil Prioli, fu terminà nel ditto Conseio, | per adimpir il numero di X senza far altra ballotation, chiamar | li tre fo electi dil Conseio di X in loco di papalisti. Et cussì chia- | mono dentro sier Nicolò Coppo, sier Andrea Badoer el cavalier |25 et sier Mathio Vituri; et poi 0 feno, come ho scripto di sopra. | Et licentiato il Pregadi a horre 3 di note, restono Conseio | di X con la Zonta ordinaria per tuor certi danari ubli- | gati per mandarli in campo (zoè a Brexa). | In questo zorno et sera, in chà Querini Stampalia a Santa Maria |30 Formosa fu fato una festa di compagni di la compagnia | nuova ditta Valarosi, per le noze zà un anno 40 2 ducha] duca | 3–4 marchese] Marchexe | 5 città] cità | 7 dicevasi] dicevassi | 8 anco] ancho | 10 dicevasi] dicevassi | 14 in Pregadi] im Pregadi | 15–16 instasseno] instaseno | 18 scrite] scritte | 26 notte] note | 31 Valorosi] Valarosi | 37 hore] horre 41 25 nulla] 0 | 35 fu fato] fu fata
5.6 Campione E
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fate | di sier Francesco Mozenigo di sier Alvise el cavalier in una di queste Querine. | Et li compagni, zà 8 zorni, levono vesta di scarlato. Erra | signor di la festa sier Zuam Francesco Iustinian di sier Hironimo procurator et fu assa’ done |35 et assa’ persone e, poi balato assai, fu fata una comedia | per Francesco Cherea, chiamata «La comedia orba», che fu | bella, qual duroe horre / /. Et poi si dete la cena. | [238r]42, 43 Da Crema, di ultimo, horre 3 di notte: come manda tre re- | porti di soi exploratori hozi ritornati dal campo francese, | et heri non scrisse per non haver da banda alcuna cossa de- | gna di relatione. Hozi mandoe uno suo nuntio a Lodi |5 cum ordine dovesse andar fino alla Torreta di là da Lodi, | dove parte di le gente cesareę sono alogiate, et ri- | tornato in questa horra refferisse che in quel loco spa- | gnoli attendeno a fortificarsi. Et ha inteso in Lodi che | luni proximo dieno dar certi pani a li lanzinechi |10 per parte di la paga sua, et che francesi hanno brusato | Maregnano, acciò spagnoli non andasseno a far lo | alogiamento de lì. Né altro si atrova di novo. | Francesco da Cavergnanega, mandato per il magnifico Podestà di Crema al campo | francese sotto Pavia, dice de lì esser partito zobia |15 da matina, 29 di questo a una horra di zorno, et haver | tardato il suo ritorno per esser stà fato pregione da le | gente de lo illustrissimo signor Duca de Milano. Et che marti | di notte, venendo il mercore a dì 28, levorono de le artel- | larie che erano da la parte de qua da Pavia et le |20 condusero44 da la banda de Tecino, dicendo che lavoravano | a voltar l’aqua del Tecino nel Gravalon et già | l’haveano tolta forsi la mittà. Et tien45 esso refferente | che sino a questa horra l’habino tolta tutta. Et dicevassi | che, compita de voltar ditta aqua, voleano far la |25 bataria et dar lo assalto a Pavia, et attendevano a[f] | fornir il cavalier che haveano fatto per batter nella | terra. Et dice esso refferente che mercore, a dì 28, li gionse | in campo il signor Renzo con zercha 400 cavalli, et | heri haverlo visto. Et se diceva che il zuoba, a dì 29, se |30 dovea partir per andar a trovar il duca de Albania | et andar alla impresa dil Reame, et che le fantarie | sue erano imbarchate su l’armata a Saona et anda- | vano a ditta impresa per mare. Dicendo etiam haver | inteso in campo che a Milano francesi haveano |35 piantate le artellarie per le strade per bater il castello. Et | zuoba a dì 29, in campo al suo partir davano | principio a
42 1 hore] horre | 5 a la] alla | 6 hora] horra | 15 hora] horra |17 ducha] duca | 23 hora] horra dicevasi] dicevassi | 28 zerca] zercha | 29 averlo] haverlo | 30 ducha] duca | 31 a la] alla | 32 imbarcate] imbarchate | 38 dicevasi] dicevassi anco] ancho 43 19 de] da 44 La s corregge una lettera sottostante, forse una x. 45 La t corregge una lettera sottostante, forse una s.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
pagar le gente dil signor Zanino, | et dicevassi che voleano pagar ancho tutte le | altre gente.
5.7 Campione F Marc. It. VII, 286 (= 9273), 222r,1–226v,14 e 232v,33–238r [ed. Fulin et al. 58,684,26–58,698,50 e 58,723,48–58,742,32] [222r]1, 2 Fo leto una lettera di sier Piero Lando Podestà di Padoa, di X septembrio, zercha mandar con li fanti Hironimo Abioso, electo | contestabele, de lì a soa obedientia con XXX fanti, il che summamente è necessario. | Fu posto, per li Consieri / /, che tutte le condanason dil Podestà di Padoa e dil capitanio che si farano, tutte | siano aplicade im pagar li fanti sopradetti, ut im parte. |5 Fu leto una letera di sier Zuam Dolfim, Podestà di Verona, di 29 avosto: di certo caso sequito de la moier di Nicolò Piloto3 | da chà Contarini, venendo sopra un caro con do fie, una di anni 18 l’altra di anni X, da la festa di San Piero | di Cerea, per andar a Terazo dove le abitano, sopra la strada, hessendo zerca hore 1 de note, fo asaltà | da X vilani armadi et alcuni incogniti cum camise bianche, et sforzà la fia di anni 18, volendo | etiam a la madre e fiola, se ’l padre non zonzeva lì, che erra uno mio lontano. Et inteso alcuni erano |10 in dita villa, mandai li Capitanei dil Devedo cum 20 archibusieri, i qual tre sul campaniel si feno forti et |
1 1 letto] leto 10] X settembrio] septembrio zerca] zercha | 2 30] XXX sumamente] summamente | 4 sopraditti] sopradetti | 5 seguito] sequito | 6 10] X | 8 10] X d’anni] di anni | 9 lontan] lontano | 11 a li qual] alli qual pena] penna | 13 città] cità possendo] posendo assolver] asolver | 14 habi] habbi | 15 Savi del Conseio] Savij del Conseio Savi ai Ordeni] Savij ai Ordeni | 15 letera] litera Golfo] Colfo zerca] zercha | 16 Bocca de Cattaro] Bocha di Cataro | 17 Golfo] Colfo | 18 Savi] Savij Golfo] Colfo le accompagni] l’accompagni | 19 Golfo] Colfo Savi] Savij | 20 però] perhò | 21 Savi] Savij zerca] zercha | 23 40] XL Savi] Savij zerca] zercha | 24 difficultà] dificultà | 25 opinion] oppinion fosseno] fusseno | 26 dia] dea a la] alla | 27 iudusiasse] indusiase refuso | 28 tuti] tutti portino] porteno haver] aver | 29 tuto] tutto | 31 Savi] Savij | 33 a acompagnar] a compagnar Cattaro] Cataro | 34 seguente] sequente | 35 Savi] Savij tuti] tutti | 37 compir] cumpir | 39 comenzase] cumenzasse | 41 voleva] volleva | 43 haver] aver 2 14 150 /0 /11] 150 / 0 /1 | 16 videlicet] videlicet perhò | 22 se ha a] si à | 24 Civita di Castelli] Civita di Castelle | 27 et ave] ave | 28 la tansa et meza] la tansa e ½ tansa | 29 et offici] e di officij | 40 con] siché cum | 43 a 12 marzo] a dì 12 marzo 3 Lettura dubbia (l’ed. Fulin et al. reca Ploto).
5.7 Campione F
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fo fe- riti et si reseno, alli qual farò portar la debita penna, li altri li sia dà taia e autorità di bandirli. | Fu posto, per li Consieri, dar autorità al Podestà de Verona di proclamar li delinquenti et bandirli di terre et lochi | et de questa cità, con taia lire 2000, posendo asolver uno bandito per homicidio puro, excepto di questa cosa,4 | et chi accuserà li altri habbi taia lire 1000; ut im parte. Ave: 150 / 0 / 1 /. |15 Fu posto per li Savij del Conseio, excepto5 sier Lunardo Emo, et Savij ai Ordeni, una litera al capitanio dil Colfo zercha rimover l’ordine | li fo dato de acompagnar le galie di viazi fino a Corfù, videlicet perhò sia preso che non trovando a Bocha di Cataro | el capitanio dil Colfo o altre galie vadi di longo a Corfù per andar al suo viazo, ut in parte. | Et sier Lunardo Emo, Savio dil Conseio, e li Savij a Terra Ferma messeno a l’incontro, il capitanio del Colfo l’acompagni fino | a Corfù, poi torni cum 4 galie in Colfo. Andò le parte: 16 non sincere, 0 di no, 74 di Savij, 101 di l’Emo. Fu presa. |20 Noto: questa parte fu posta a dì 12 et non hozi, et perhò qui la casso et a dì 12 la noterò.6 | Fu posto, per li Savij dil Conseio e Terra Ferma, una parte zercha quelli condanadi fanno7 oblation per liberarsi de la pena, che | de cetero non possino più far, se non avanti i sarano condanadi, la qual si à meter a Gran Conseio. Ave: 147, 13, 6. | Fu posto, per li Consieri, Cai di 40 et Savij del Conseio e Terra Ferma, una parte zercha i Corectori di le Leze che debino venir | cum le sue parte in Collegio, e quelle sarà dificultà balotarle in questo Conseio prima, poi nel Mazor Conseio, et possendo |25 loro Corectori meter a l’incontro le oppinion ancora fusseno prese, ut im parte. La copia sarà qui avanti.8 | Et se dea meter a Gran Conseio. Sier Alvise Gradenigo corector vene alla Signoria dicendo, el suo colega sier Marco Dandolo | erra a Padoa, et se indusiase: vol contradirla. Fo mandà la parte. Ave: 155, 20, 9. | Fu posto, per il Serenissimo e tutti ut supra, una parte, tutti porteno el suo boletin aver pagato la tansa e ½ tansa | per tutto 20 dil presente, aliter siano publicadi et
4 5 6 7 8
Cosa: lettura dubbia. Forse da leggere exepto. Cf. infra 222v 35–37. Segue uno spazio bianco equivalente a a 5 o 6 righe. Forse piuttosto fano. La promessa non sarà esaudita.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
cazadi di Pregadi e di officij, ut im parte. Ave: 166, 17, 7. |30 La copia de la qual etiam scriverò qui avanti, ma è stà messa altre fiade.9 | Fu posto, per li Savij tutti, che a sier Filippo Salamon, va retor a Napoli de Romania, e sier Agustim da Canal, | va consier, sia scrito al Proveditor de l’armada li dagi 2 galie per condurli a Napoli. Item, sia scrito a sier Domenego Contarini | capitanio de le fuste, dagi 1 fusta a compagnar sier Francesco Sanudo, va retor e proveditor a Cataro. Ave: 145, 8, 5. | El qual sier Francesco Sanudo con do marziliane partì de qui il zorno sequente di note. |35 Fu posto, per li Savij tutti, che la barza è a San Biaxio sia armata per mandar a tuor formenti poi vadi | in l’armata, e il patron10 sia electo per Colegio con li modi fo electo sier Pandolfo Contarini patron de la barza: | cum ducati 20 al mexe (etc.), ut im parte. El qual patron soliciti a farla compir de quello le bisogna. | Et io Marin Sanudo andai in renga per contradir se dia far per Pregadi et non per Collegio, et tutto | il Pregadi ave piacer, siché avanti cumenzasse a parlar feno conzar la parte di elezer il patron |40 per questo Conseio; siché cum la spada in vasina vadagnai perché non voleva altro, et veni zoso di renga | con grandissimo honor laudato da tutto il Pregadi, ma non dal Collegio (né da chi volleva esser patron per Collegio). | Andò la parte, ave: 172 / 2 / 2. | Fu leto una termination fata a Verona per sier Lunardo Justinian capitanio et vice podestà 1532 a dì 12 Marzo, | che Zuam Paradiso tegni il libro di le fabriche de quella cità (dar et aver), cum ducati uno al mexe. | [222v]11, 12 Fu posto, per li Consieri, Cai di 40, Savij dil Conseio e Savij a Terra Ferma, di confirmar la dita
9 La promessa non sarà esaudita. 10 Lettura dubbia. 11 1 40] XL Savi dil Conseio] Savij dil Conseio Savi] Savij 2 debino] debbino 4 se habi] si habbi | 5 fo fatto] fo fato | 7 Castelfranco] Castel Francho | 9 fato] fatto | 13 saranno] sarano | 15 dicto] dito | 16 haverlo] averlo | 18 fatta] fata eri] heri | 19 narrò] narò commessari] comesarij però] perhò | 22 coloqui] coloquij habuti] abuti | 25 Savi] Savij sopradito] sopraditto | 27 acadendo] achadendo | 28 turchesca] turchescha | 28 vada] vadi Streto] Stretto navili] navilij grani] granni | 29 Golfo de Salonichi] Colfo di Salonichij Golfo] Colfo | 30 Golfo] Colfo tuto] tutto | 31 diti] ditti | 33 Cipro] Cypro aspeti] aspetti dite] ditte quele] quelle | 34 haverà] averà | 35 Savi] Savij | 35 Bocca de Cataro] Bocha di Cataro | 36 Golfo] Colfo Savi] Savij Golfo] Colfo | 37 Golfo] Colfo Savi] Savij | 38 tuto] tutto Savi] Savij a le] alle | 39 mancava] manchava | 40 Matio] Mathio 40] XL Battista] Batista | 42 XL] Savi] Savij tuto] tutto Gabriel] Cabriel | 43 ballotà] balotà | 44 per i] per li suplication] suplichation a li] alli Savi] Savij | 45 vechi] vechij | 46 Savi] Savij Roccabianca] Rocha Biancha guera] guerra 12 16 135, 4, 5] 135, 14, 15 | 20 mandà] mandi | 21 havia scrite] haver scrito
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termenation, | et sia scrito a li rectori di Verona la debbino far observar. Ave: 133, 7, 14.13 | Fu voluto lezer, per Zuam Jacomo Caroldo secretario, le letere prese im Pregadi di sier Zuam Dolfim podestà di Verona, di Trento ma, perché biso- | gnava prima far certa dechiaration qual letere si habbi a lezer per il Conseio di X cum la Zonta, fo terminà licentiar el Pregadi |5 et chiamar Conseio di X con la Zonta, et cussì fo fato, e restò Conseio di X fin hore 3 di note. | In questa matina: in Quarantia Criminal si lezé il processo di sier Jacomo Memo, fu proveditor al Zante, et per sier Alvise Badoer14 | l’avogador fu menà una condanasom fata per sier Zaccaria Trivixan, Podestà di Castel Francho, contra un certo oficial, | et poi li fé salvo conduto (etc.), come sententia / / fata, e lui fo condanà in lire 50 per le spexe, cosa che mai alcun | retor per condanasom fazi lui dia esser condanato: per esser cosa nova ne ho fatto nota. |10 A dì 12, la matina: fo letere da Milam, di l’orator, di / / et dil Proveditor de Dalmatia et dil Proveditor di l’Armada, vechie. | Vene l’orator di Franza per cose particular, di certi scolari di Padoa. | Vene l’orator di Anglia per il vescoado di Cividal di Bellum. | Dapoi disnar: fo Pregadi et leto solum 4 letere, le quali sarano qui avanti.15 | Fu posto, per li Consieri, che una taia fu data a Sibinico al tempo di sier Bernardo Balbi conte e capitanio, di lire 800 (e fu preso |15 il malfator in una villa) che Arigo di Verona cavalier dil dito conte sia fato creditor di lire 800 di la taia, | per averlo preso, a l’oficio de Camerlengi di Comun. Ave: 135, 14, 15. | Fu posto, per li Consieri, una gratia a uno vol far uno molin.16 | Dapoi, iusta la deliberation fata eri nel Conseio di X con la Zonta, poi comandà per il Canzelier Grando la credenza, | el Serenissimo si levò et narò perché erra stà mandà sier Zuam Dolfim podestà di Verona a Trento: perché havendo il Re |20 di Romani mandi 6 comesarij degni, nui solum uno secretario, perhò fo mandato ditto
13 Seguono circa 4 righe bianche. 14 Lettura dubbia. 15 Si allude probabilmente alle lettere riportate di seguito a 223r. 16 L’inchiostro sembra svanire alla fine del rigo; un paio di righe successive sono lasciate vuote. La notizia è probabilmente rimasta incompleta.
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podestà di Verona, persona qualificata, | et haver scrito alcune letere a li Cai di X, le qual per deliberation di quel Conseio sariano lecte. | Dapoi, per Nicolò Sagudino secretario dil Conseio di X, fo lete do letere dil ditto sier Zuam Dolfim, di 4 et 7, di coloquij abuti | cum el superarbitro, che voria expedir queste diferentie per via di composition. Et manda una scritura li dete, | dicendo per altra via non se compieria mai. |25 Fu posto, per li Savij dil Conseio e Terra Ferma, excepto sier Gasparo Malipiero, una letera al sopraditto sier Zuam Dolfim | in risposta di soe drizate a li Capi di X.17 | Fu posto, per tutti li Savij, una letera al Proveditor di l’Armada: come non achadendo più acompagnar le galie di viazi, hessendo | partida l’armada cesarea, e tenemo la turchescha vadi in Stretto, per segurar li navilij cum granni per questa cità | vadi verso Cao Malio et mandi qualche galia verso il Colfo di Salonichij per questo effeto, et il capitanio dil Colfo torni |30 in Colfo cum 8 galie. Ave tutto el Conseio. | Fu posto, per li ditti, una letera a sier Bertuzi Contarini capitanio dil galion: atento l’ordine preso andasse ad | acompagnar le galie di Baruto e cum esse ritornino, ora revochemo tal ordine, volendo vadi cum quelle | fino in Cypro e lì resti, cargi formenti, biscoti o orzi, aspetti il ritorno di ditte galie et con quelle in conserva | vengi al Zante, dove haverà ordeni nostri. Ave: 124, 5, 3. |35 Fu posto, per li Savi dil Conseio, exceto sier Lunardo Emo e Savij ai Ordeni: le galie di viazi, doveano in Bocha di Cataro aspetar | el capitanio dil Colfo, vadi di lungo a Corfù; sier Lunardo Emo et li Savij a Terra Ferma vol vadi col capitanio dil Colfo a Corfù, el qual | poi torni in Colfo cum 4 galie. Ave 16 non sincere, 0 di no, 74 di Savij, 101 di l’Emo, et questa fu presa. | Fu posto, per tutto el Collegio, non obstante non sia el numero di Savij, se possi perlongar la muda alle galie di viazi. | Et ave: 143 / 3 / 5; tamen manchava 1 Savio dil Conseio et 1 a Terra Ferma. |40 Fu posto, per sier Zuam di Prioli, sier Zuam Francesco Morexini, sier Mathio Vituri, consieri, sier Andrea Tiepolo Cao di 40, sier Zuam Batista | Bernardo Savio ai
17 Seguono circa 5 righe bianche.
5.7 Campione F
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Ordeni, darli muda a le galie di viazi Baruto et Alexandria per tutto 10 novbrio; il resto de Con- | sieri, Cai di 40 e Savij, per tutto 15 novembrio. Andò le parte: 412 dil Prioli, 43 dil Cabriel e altri 120. | Et perché quella dil Prioli et altri nominadi andò zoso, fo balotà l’altra et fu presa. Ave: 162, 5, 2. | Fu posto, per li Consieri, poi leto una suplichation di Hironimo di Christoforo, fante alli XV Savij, li sia concesso fante a li Auditori |45 Vechij, o a le Biave, qual prima vacherà, ut im parte. Fu presa. Ave: 96, 11, 11. | Fu posto, per li Savij a Terra Ferma, cha a Iacomo di Rocha Biancha, stato homo d’arme in la guerra et è vechio, sia posto | provisionato a le porte de Padoa, in locho del primo vacherà. Ave: 105, 5, 2. | [223r]18, 19 Da Milam, di l’orator, di 8 septembrio, ricevute a dì 12: comunicai a questo Signor li avisi dil Proveditor di l’Armada | et dil Zante, dil socorso posto in Coron, qual prima erra stà inteso di qui, come scrissi, et li fo grato et rigratia. | Et, parlando di questo abochamento, disse teniva non havesse a sequir cosa che perturbasse la quiete de | Italia. Et havia auto aviso di Roma che l’orator Venier havia fato bon officio col Pontefice per scusarsi |5 col Re Christianissimo de la morte dil Maraveia, di che ringratia molto la Signoria et li è cresuto il cumulo di l’obligo. | Il signor Antonio di Leva ancora non è risolto, per il caso di Nove, in aiutar el Duca di Ferara. Sonno letere | dil secretario Rizio apresso Sguizari, di XXX dil passato, come in la dieta fata alli 24 de li Cantoni | christiani, reduti per far la liga col Pontefice et Cesare (et etiam lui erra intervenuto), par che li oratori | di ditti Cantoni non haveano mandato di concluderla, et è stà differita la cosa a una altra |10 dieta. Scrive havia offerto le 300 some20 al mese ma loro non si
18 2 soccorso] socorso ringratia] rigratia titulus mancante o non leggibile | 3 abocamento] abochamento seguir] sequir | 4 hauto] auto da] di | 7 30] XXX a li] alli | 9 diti] ditti | 11 vagli] vaglii | 12 conciedergli] conciederli fatto] fato haver] aver | 13 pratica] praticha | 15 dil] di | 16 Setembrio] septembrio ho hauto] ho auto | 17 poco] pocho | 18 chiecaia] chiechaia | 21 ebbe] hebbe | 21 loco] locho da] di | 22 Morat] Morath vaivoda] vayvoda fabricar] fabrichar appresso] apresso marina] marrina | 23 Morat] Morath | 26 chiecaia] chiechaia | 27 Zante] Zanthe | 29 anderà] andarà | 30 a la] alla a la] alla | 31 Heri] Eri | 31–32 a acompagnar] acompagnar | 32 bailo] baylo | 34 vela] vella a la] alla | 35 fianco] fiancho | 36 vele] velle | 37 barca] barcha recuperassimo] recuperassemo quali] qualli | 39 turchesca] turchescha haver] aver | 42 Rocco] Rocho | 43 da] di | 44 armata] armada | 45 partissi] partise 19 34 passà] paso 35 afondata] afiondata 20 Forse da leggere sume.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
contentano: voleno 600 some.21 | Questo Signor li ha scrito li offerissa a parte a parte la dita summa, pur non sia carestia nel Stado et vaglij | lire 10 il mozo, et conciederli la trata di risi. Et scrive esser fato li capitoli per aver questa trata22 | et, non si risolvendo, la praticha di la liga si risolverà in niente. Il reverendo prothonotario Carazolo è tornato | qui dil Stato di Monferà e lassato a quel governo el Sarmenta23 che prima erra orator cesareo in Caxal. |15 Sonno letere di 23, di la corte cesarea, di bon animo di Cesare per il caso di Meraveia, ut in litteris. | Da Zara, di sier Nicolò Trivixan proveditor zeneral in Dalmatia, di 4 septembrio, ricevute a dì 12: in questa hora ho auto | una letera da Sibinico di l’abate, qual manda inclusa. Avisa nel loco di Plasno,24 pocho distante | da Tenina, Murath chiechaia25 suo fratello havia mandato uno per meter ordine a li confini, el qual non poté | passar per non esser le strade sicure: solicitarò etc. Ho turchi esser andati a depredar sopra quel |20 dil Re di Romani fra Udvigna et Novi,26 dove il ban novo, conte Piero de Glovich,27 qual erra | a Bichach,28 li hebbe per spia e fo morti di essi turchi da 250. Di qui a Carino, locho luntan di Nove | Gradi mia 5, si aspetava Morath vayvoda per fabrichar quel loco apresso la marrina, et ha- | via prencipiato a far calzina et ne zonzeva guastatori. Il qual Morath mi ha mandato | do puti fo presi nel territorio de Sibinico per turchi a li zorni passati. |25 Lettera di pre’ Zorzi abate, di 2, da Sibinico: hozi terzo zorno corse 800 cavali di croati a Plasno | e fato preda. Morath chiechaia e tutta la Bossina li è andato drio. | Di sier Hironimo da Canal, Proveditor de l’Armada, di XV avosto, dal Zanthe, ricevute ut supra: scrive haver mandate | le do galie, venute noviter di Candia, a Corfù a
21 V. sopra. 22 Da preferire alla lettura queste trate dell’ed. Fulin et al., che però non si può escludere. 23 Nell’ed. Fulin et al. si legge più spesso Sarmento (ma cf. 58,224: «don Alvise Sarmenta» e 240: «domino Alvise Sarmenta»). Nell’indice (p. 864) entrambe le varianti sono riferite a un Antonio o Alvise (de) Sarmiento o Sermento. 24 Probabilmente l’attuale Plavno, villaggio a nord di Knin (Tenina) in Croazia. 25 Storia e caratteristiche del turcismo (‘luogotenente’), che ricorre infra alla riga 26 e a 226r 19, si trovano, illustrate con esempi tratti dai Diarii a partire da 36,277 (anno 1524) in Mancini (1990, 98). La prima attestazione della voce nell’opera data però dal 1503 (5,598: «chechaja di capizi»). 26 Rispettivamente le attuali città croate di Udbina e Novigrad (citata anche infra; non può essere la distante Novi Pazar in Serbia indicata nell’indice al volume dell’ed. Fulin et al.). 27 Petar Keglević, ufficialmente bano di Croazia e Slavonia solo dal 1537 al 1542. 28 Bihać, oggi nella Bosnia-Erzegovina settentrionale presso il confine croato.
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palmarse, cum ordine le aspeti de lì, et diman | andarà etiam el capitanio dil galion. Ozi si sentì molte artellarie per le guarde di questa ixola, et |30 dieno esser alla volta di Modon. Ho mandate do fregate alla volta di Coron e diman manderò 1’altra. | Di sier Bertuzi Contarini, capitanio dil galion, dal Zante, a dì 15 avosto, ricevute ut supra: eri zonse qui, stato acom- | pagnar l’orator e baylo vanno a Constantinopoli, et a dì primo da Termissi29 scrisse. Avisa fo scoperto per le do | galie Bem- ba et Sibinzana, drio Cao Schilo, una fusta. Tolsi la volta e la seguitai a remi | et la bombardai fin paso il Cao; non poté voltar, li fu forzo far vella. Messa alla larga |35 in mar, io per fiancho bombardai et la butai a fondi e, afiondata, sorazonse la galia | Sibinzana a velle e vene cum la fuga di la galia. La urtò tal che la rebaltò. Mandai la mia | barcha et recuperassemo li schiavi erano suso; da 60 scapoli, qualli andono per fil di spada. | Erra di banchi 19 et li schiavi de questi dil Zante e Zefalonia, presi l’anno passato quando vene l’armà | turchescha. Et per non aver pan, mi fu forzo con le galie andar in Candia: a la Cania ho inteso |40 il principe Doria, trovandomi, vol al tutto menarmi con lui. Scrive el galion ha bisogno | de conza, è mexi 14 è fuora et 3 anni fato, ha mille magagne. | Di Otranto, di Zuam Rocho Iseo consolo, di 23 avosto, ricevute a dì 12 setembrio, non leta im Pregadi (una lunga | et cattiva lettera): come a dì 16 zonse lì lo signor Francesco Rogio castelan di Taranto, vien di Napoli, | cum ordene armasse uno bregantim e andasse in l’armada dil Doria. Et in tre zorni fo qui esso |45 bregantim di 11 banchi, e lo armò et partise. | [223v bianca] [224r]30, 31 Fu posto, per li Consieri, Cai di 40 e Savij, che a Andrea32 Cosichio e Zuam Croato, qualli serveno in la Pa- | tria de Friul cum do
29 L’attuale centro di Θερμησία presso Ermioni in Argolide. 30 1 XL] 40 Savi] Savij quali] qualli | 2 se] soe refuso? appar] apar | 3 locotenente] lochotenente debi] debbi | 4 fo ditto] fu dito scrutinio] scurtinio | 5 heri] eri però] perhò | 6 Alvise] Alvixe | 7 collega] colega | 10 Zecca] Zecha | 11 venuti] venute | 12 a la] alla a la] alla Zecca] Zecha | 13 de diti] di ditti formenti] furmenti saranno] sarano | 14 a la] alla Zecca] Zecha | 16 Fo] Fu ha] à | 17 vacante] vachante hauta] auta | 18 contradixe] contradise | 19 assolseno] asolseno | 21 né] nì zonti] Zonto | 22 fatto] fato | 23 ha] à fo] fu | 27 ballotà] balotà | 28 zerca] zercha | 31 scritture] scriture | 32 Sebastian] Sabastian | 33 avocato] avochato avocato] avochato | 34 Mafio] Maphio | 35 Baxadona] Basadona avocato] avochato | 37 fono] fonno 31 3 dil Friul] di Friul Ave: 111] 111 220] 20 | 5 terminà] termina | 12 fo ubligà] ubliga | 28 poi] per | 37 le] la | 38 che] e boteghe] botega le] la le loro] la loro | 39 loro] lhoro metter] meter | 44 fono] fonno forse da leggere funno 10] X drizate] drezate Gritti] Griti | particolarità] particularità | 46 doni] donni faranno] farano | 49 Gritti] Griti | 50 drizate] drezate lettura dubbia 32 a Andrea su rasura precedente.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
cavalli, et havea le soe taxe, et ha fato bona monstra, come apar per letere | dil lochotenente di la Patria di Friul, debbi continuarli le taxe. 111, 20, 12. | Fu dito, per il Canzelier Grando, di far el scurtinio di patron di la barza, e meglio cumsiderato che la parte di farlo |5 eri fu presa, perhò termina farlo uno altro Conseio. | A dì 13, la matina: non fo alcuna letera di cosa di novo di farne memoria. Vene sier Alvixe Gradenigo33 | corector sora le leze, pregando la Signoria non volesse meter doman in Gran Conseio la parte, perché è bon el suo colega | sier Marco Dandolo, qual è Padoa, sia qui, et fo indusiato a metterla l’altra domenega. | Dapoi disnar: fo Conseio di X con Zonta; prima fo semplice, aspetando la Zonta se redugano.34 |10 Fu poi preso tuor di la Zecha ducati 2000 per armar la galia, soracomito sier Francesco Corner, va in Cipro. | Fu preso tuor altri ducati 2000 per pagar stara 1500 venute in questa terra, per 1 Hironimo Donati zenoese fé | vendeda alla Signoria, non è il tem- po di condurli, tamen li dà a lire 9 il staro, et ubliga alla Zecha el trato | di ditti furmenti, venduti che sarano. | Item, fo ubligà alla Zecha per li primi ducati 2000, certi danari recuperadi da sier Filippo Trun andò fuora, |15 che promesseno pagar 1533 et 1534. In questo mezo si dagi de danari de la Signoria 6 per 100. | Fu leto una gratia di Hironimo Alberti secretario, à sora la vicarìa di Feltre ducati 100, dimanda di gratia la | nodaria di Auditori Nuovi prima vachante e, auta, lassa li ditti ducati 100, ut in suplicatione. | Et sier Alvise Mozenigo el cavalier, Savio dil Conseio, contradise altamente, siché li Cai non mandorono la parte. | Et licentiato la Zonta, restò il Conseio di X semplice et asolseno uno / / |20 da Serravalle, il qual / / |
33 Vene sier Alvixe Gradenigo soprascritto a un rigo orizzontale. 34 Il ridottissimo modulo della terza vocale non permette di escludere del tutto la lettura redugino dell’ed. Fulin et al.
5.7 Campione F
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A dì 14, domenega, fo la Croce: non fo alcuna lettera nì cosa notanda. Zonto 3 schierazi con formenti. | Dapoi disnar: fo Gran Conseio; non fu il Serenissimo. Fato podestà e capitanio a Crema, in luogo di sier Piero da Chà de Pexaro | (à refudado hessendo in rezimento), sier Alvise Bragadim, fu podestà e capitanio a Treviso, quondam sier Marco, e altre 9 voxe. Et | nota: sier Iacomo Dolfim, fo podestà e capitanio a Treviso, dove ha spexo tanti danari in la intrada e ne l’ussida, et |25 tamen lui medemo si tolse di Pregadi et cazete. | Fu posto una gratia di uno / / debitor di la Signoria per perdeda di datij, vol pa- | gar di tanto cavedal e pro Monte Vechio di le 30 page: balotà 2 volte, fu presa. | Fu posto, per li Consieri e Cai di XL, la parte presa a dì XI im Pregadi zercha li condanadi: non possino | dar più denontie, ut in ea. La copia sarà qui avanti.35 Fu presa. |30 A dì 15, la matina, non fu alcuna lettera. In Quarantia Criminal, per il caso di sier Jacomo Memo fo proveditor al Zante, hessendo | compito di lezer36 le scriture, sier Mafio Lion, olim avogador in questo caxo, comenzò a parlar sopra tre opposition. | Dapoi disnar: fo Colegio di la Signoria, Cai et Biave, e l’alditeno, per quelli tieneno li fontegeti, sier Sabastian | Venier avochato, et poi, per quelli di fontego di la farina, domino Alvixe da Noal dotor avochato. | A dì 16, la matina: non fo alcuna letera. In Quarantia Criminal compite di parlar sier Maphio |35 Lion nel caso di sier Iacomo Memo, et poi disnar parlò sier Alexandro Basadona avochato dil Memo, et dama- | tina si balloterà, et si tien sarà asolto. | Dapoi disnar: fo Colegio di la Signoria e Cai di X et Biave, et fonno supra la regolation di funtegi di la farina, | e di 41 botega la reduseno a numero 28, dando a li altri la loro utilità; et di quelle siano 8 deputadi a li | funtegeti, e altri vorano meter farine in funtego, potendo lhoro meter li soi venditori etc. |40
35 La promessa non sarà mantenuta. 36 lezer soprascritto a una parola illeggibile.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Di Trento, fo letere di sier Zuan Dolfim, Podestà di Verona, di / /: come li zudexi arbitri voleno andar in Friul | a veder li lochi di le diferentie, e in questo mezo lui sier Zuan Dolfim, volendo cussì la Signoria, tornerà podestà a Ve- | rona per cumpir alcune cose, et li fo concesso ch’el venisse. | A dì 17, la matina: fo grandissima pioza per do volte ma non durò molto. Da Costantinopoli, di | oratori, fonno letere, di X, 15 et 17 avosto, et altre drezate a li Cai di X, et di domino Alvise Griti |45 a li Cai di X: | morbo grandissimo, et altre particularità, come scriverò lecte sarano im Pregadi. | Fo parlato de tuor certi danari di Monti, per dar donni a quelli farano nave, et parlato in Collegio, | cum li Proveditori sora i Monti, sier Andrea Trivixan el cavalier, sier Lorenzo Bragadim, sier Francesco di Prioli procurator. | Dapoi disnar: fo Conseio di X con Zonta, et fu leto le letere di Constantinopoli di domino Alvise Griti, |50 drezate al Conseio di X, in materia de formenti di 10 fin 17 avosto. [224v]37, 38 Fu posto una regolation dil Collegio di le Biave, videlicet entrino quelli dieno intrar in locho di cazadi o quelli | che manchasse di ordeni ballotano li Avogadori di Comun, e non suplendo li Cai di X, et siano cazadi tuti chi | fa merchadantia de biave lui pare, fio et frar, ut im parte. Item, quelli hanno più di stera 300 de intrada. | Item, che li Proveditori a le Biave debbano venir al primo di zugno in Collegio per far provision de haver biave per l’anno futuro. |5
37 1 loco] locho 2 | 2 mancasse] manchasse tutti] tuti | 3 mercadantia] merchadantia | 6 zerca] zercha il loro] i lhoro oficio] officio | 8 diti] ditti magazzeni] magazeni se] si | 10 fo] fu | 11 avocato] avochato | 12 dito] ditto ballota] balota | 13 siroco] syrocho hozi] ozi ha fatto] à fato | 15 haver] aver 11] XI particolarità] particularità | 17 comunicò] comunichò | 18 zerca] zercha | 21 Offici] Officij | 22 suplication] suplichation | 24 da Roma] de Roma da Roma] di Roma | 28 Hieronimo] Hironimo | 29 l’abbi] l’habi | 30 che] cha | 32 frutarol] frutaruol Grisostomo] Crisostomo | 33 toccò] tochò | 34 Gabriel] Cabriel XL] 40 | 38 11 posta] posto | 20 a Malamocco] Malamocho | 29 ducati 120…] ducati 120 / / do / / | 35 alcuni] 4 v. nota 46
5.7 Campione F
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Item, che li39 Proveditori sora l’Arsenal et Proveditori sora l’Armar de cetero siano electi de questo Conseio, zoè dil | corpo, et di officio continuo, possendo meter parte im Pregadi zercha il horo officio. | Item, che se fazi un deposito in li magazeni de megij stara 100 milia in anni tre, non passando il tempo, et non se possi | aprir ditti magazeni si non per parte presa in questo Conseio con la Zonta. Et li danari da comprarli, el Collegio sia tenuto trovarli.40 | Di Spagna, vene letere di l’orator nostro, da Monzón, di 18 et 27 avosto. Il sumario scriverò qui avanti.41 | 10 In questa matina, in Quarantia Criminal, per il caxo de sier Iacomo Memo, fu proveditor a la Zefalonia, compite di parlar | sier Alexandro Basadona suo avochato; et posto per sier Mafio Lion, olim avogador in questo caxo, la parte de procieder | contra ditto sier Iacomo, fo 7, di no 19, et non sincere 11; et fo assolto di una balota. | A dì 18, la note: fo grandissima pioza, cussì la matina e tutto el zorno, posto syrocho, et ozi à fato la luna con grandissima | pioza. Et vene in collegio l’orator cesareo per saper de novo da Constantinopoli. Disse haver letere di Zenoa, |15 cum aviso el corsaro aver brusà XI nave de zenoesi; et altre particularità disse. | Da Milam, fo letere di l’orator Baxadona, di / /, con questo aviso, come dirò qui avanti. | Vene in Colegio el Secretario di Milam e comunichò avisi di Sguizari che haveano dato repulsa a li oratori francesi. | Dapoi disnar: cum grandissima pioza e aqua granda fo Gran Conseio. Non fu el Serenissimo; eramo da zercha 1000. | Fato Podestà e Capitanio a Crema sier Zuan Antonio Venier, fo orator al Re Christianissimo, quondam sier Francesco42 Alvise, qual l’altro zorno fu tolto e cazete. |20
39 Seguono due parole cassate e abrase, illeggibili. 40 La riga termina nel discrimine tra le pagine; segue uno spazio bianco sufficiente a ospitare una decina di righe. 41 Cf. 58,699–702. Le lettere sono in realtà tre e risalgono al 24, al 26 e al 27 agosto. 42 La parola abbreviata è attraversata da una linea orizzontale.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Item, fu fatto Oficial Malamocho (e non titolo di Podestà come se feva), in loco di sier Michiel Baxadona | morite. E altre voxe, numero X in tutto. Et nota: non fo mandà zo di Conseio li Officij, come vol la leze. | Fu posto, per li Consieri et Cai di XL, poi leto una suplichation de le monache di Santa Maria Mazor numero 80, dimandano | li sia fato un pozo, et cussì messeno che per li Proveditori de Comun li sia fato un pozo. Ave: / /. | In questa matina: in Collegio vene uno palafrenier dil Papa, dicendo vien de Roma, el Papa partì marti a dì 9 di Roma |25 con Cardinali / / et va di longo verso le Speze per montar sopra l’armada. Questo è brexan e va a Brexa cum licentia del Papa.43 | A dì 19, la note: fo grandissima pioza (et la matina), siché cazé grandissima aqua, cosa contraria a li megij. | Di Trento, fo letere di sier Zuam Dolfim podestà de Verona, do letere di 16. El sumario scriverò qui avanti.44 | Dapoi disnar: fo Conseio di X con il collegio, et prima semplice. Azonseno salario a Hironimo Zivran interpetre turchesco ducati | 80, siché l’habi a l’anno ducati 120, / / do / /. |30 Item, fono sopra il processo de Nicolò de le Carte, è im prexon, preso a Treviso, per parole dite contra el Stado, né altro fo fato cha lezer, | et rimesso al primo Conseio a expedirlo.45 | A dì 20, la note: fo grandissima pioza, e cussì la matina. Se intese che quel frutaruol de San Zuam Crisostomo, el qual | amazò soa moier et la butò in aqua, ave corda et non confessò, tochò el Collegio, sier Cabriel Venier avogador et | sier Cabriel Moro el cavalier consier da basso, sier Andrea Tiepolo cao di 40, sier Lion Viaro signor de Note. |35 Et questa note, hessendo stà alcuni46 zorni senza manzar, è morto.
43 44 45 46
Seguono quattro o cinque righe bianche. Cf. 226r 28–34. Seguono quattro o cinque righe bianche. 4 aggiunto nell’interlinea superiore.
5.7 Campione F
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[225r]47, 48 1533. Die 17 Septembris. In Consilio Decem cum Additione.49 | Hessendo conveniente regular questo Conseio et il Collegio di le Biave, quando si tratta la importantissima | de biave, così de comprade come de altre cose aspetante a ditta materia, l’anderà parte | che, salve e riservate tutte parte e ordeni in materia di biave alla presente non repugnanti, |5 in questo Conseio et nel Collegio di le Biave non possino intervenir, ma siano expulsi quelli | facesseno mercantia de frumenti, fave et altre biave, (patre, fiol, fratelli de’ mercadanti | de furmenti, fave et biave), soto pena de privation de l’oficio et de ducati 500, la mità de li quali | sia de l’acusador et l’altra mità de l’Arsenal nostro. Et se alcuno de questo Conseio et dil Colegio | de le Biave, patre, fiol et fratello, che stesseno insieme, haverano in esser più di stara |10 400 de furmenti de intrata, siano expulsi quando si tratarà la materia di le biave, | sotto pena de inmediata privatione, et parimente siano expulsi li Proveditori a le Biave et Proveditori | supra ditto offitio che fusseno alla condition de li soprascritti, né de cetero possi intrar Proveditor | al ditto officio di le biave, né Proveditori sopra ditto offitio, alcuno de li soprascritti mercadanti | (patre, fioli et fratelli) che stesseno insieme et facesseno mercadantia do furmenti, |15 fave et biave, over havesseno compagnia et intelligentia cum alcuno del- li ditti mercadanti, | et quelli serano rimasi, ritrovandosi in esser più di stara 400 de formenti dille sue in- | trate, siano tenuti fra termine de do mesi haverli venduti sotto la soprascrita pena. | Et quando questo Conseio non fusse al debito numero, servar si debba che, in luogo de li expulsi, siano | electi et tolti per scurtinio di questo Conseio tanti di quelli sarano in questo Conseio (senza me- |20 ter ballota) che siano habeli di poter intervenir in materia di biave, quanti mancherano | del debito numero: ita che il Conseio sia in ordine per proveder a quello sarà bisogno in dita materia, | la qual finita di tratar, li diti adgionti de Zonta non possano più meter ballota | in questo
47 2 essendo] Hessendo regolar] regular se trata] si tratta | 3 dita] ditta | 4 parti] parte a la] alla | 5 queli] quelli | 6 formenti] frumenti | 7 formenti] frumenti officio] oficio metà] mità qual] quali | 8 Collegio] Colegio | 11 soto] sotto immediata] inmediata parimenti] parimente espulsi] expulsi | 12 sopra] supra fosseno] fusseno a la] alla entrar] intrar | 13 dito] ditto offitio] officio dito] ditto soprascriti] soprascritti | 15 de li] delli | 16 sarano] serano di le] dille | 18 deba] debba | 19 saranno] sarano | 19–20 metter] meter | 20 balota] ballota | 21 quelo] quello | 22 agionti] adgionti possino] possano | 23 deba] debba | 24 a li] alli 11] XI queli] quelli diano] dieno | 25 dito] ditto sono] sonno entrar] intrar uno avogador] un Avogador | 26 poteseno] potesseno | 27 mancasseno] mancasseno | 28 possi] possa ballotar] balotar | 29 sora] sopra loro] lhoro balota] ballota di le] dille | 30 ordenari] ordenarij debano] debbano assister] asister | 32 modo] muodo soprascrito] soprascritto | 34 città] cità l’ordine] l’hordine | 35 deba] debba Collegio] Colegio | 36 mercadante] merchadante | 37 a li] alli | 39 necessario] neccessario l’officio] l’oficio | 40 saranno] sarano queli] quelli saranno] sarano | 42 debono] debano 48 14 do furmenti] de formenti correzione dell’ed. Fulin et al.; lapsus di Sanudo per de/di formenti/furmenti | 30 la ballota] ballota | 41 marzo] mazo 49 Di questa stessa deliberazione della Zonta, datata però al 24 settembre, si dà notizia in Lazzarini (1960, 18); la nota 38 ivi informa che il documento si trova nell’Archivio di Stato in Venezia, Consiglio di X, Comuni, reg. 9, c. 104. Se ne cita anche un estratto che recita: «se alcun de questo conseglio e del Collegio delle biave, padre fiol et fratello che stesseno insieme, haverano in esser più de stara 400 de frumenti de intrada, siano expulsi quando si trattarà la materia delle biave».
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Conseio. Quando50 veramente el Colegio di le Biave non fusse al debito numero, servar si debba | quanto è stà preso in questo Conseio alli XI avosto 1530, videlicet che in luogo de quelli dieno |25 esser nel ditto Colegio che sonno expulsi, possino intrar un Avogador per cadaum | ordine, et in caso non si potesseno haver li Avogadori che bisognasse, over fusse maior numero | de expulsi, si possa suplire con li Capi del Conseio prefato, in luogo de quelli manchasseno over | fusseno expulsi, talmente che non si possa balotar con menor numero de 18. Dechiarando | che li Proveditori sopra le Biave, electi per questo Conseio, debano etiam lhoro meter ballota; li Proveditori dille |30 Biave, electi per il Maior Conseio ordenarij, veramente debbano asister senza poner ballota, | et cussì li Avogadori et Capi di questo Conseio, che intrerano nel Colegio ut supra, se observi de quelli | se dieno cazar il muodo et ordene soprascritto. Et aziò ogni anno se fazi opportuna provisione, | siano obligati li Proveditori nostri sopra le Biave venir in Colegio el primo dì de zugno et proponer | li partiti et mercati che haverano de far condur furmenti in questa cità, et l’hordine prefato |35 observar se debba de anno in anno, né se possa lezer mercato o partito alcuno in Colegio | se non sarà expresso el nome del merchadante che propone et fa el partito et compagni et | partecipi. Et la executione de la presente parte sia commessa alli Capi di questo Conseio | et Avogadori nostri di Comun, dovendosi publicar la presente parte nel nostro Mazor Conseio. | Et perché è neccessario regolar el tempo che haverano a star et exercitar l’oficio quelli |40 sarano electi per questo Conseio Proveditori sopra le Biave, sia preso che quelli al presente sarano electi, | star debano per tutto el mexe di mazo proximo, al qual tempo siano electi | altri Proveditori, quali star debano anno uno integro, et cusì si debba observar di anno in anno.
[225v bianca]51 [226r]52, 53 Di sier Daniel Bragadim Capitanio de le galie di Alexandria, date a Ruigno a dì XI septembrio, | ricevute a dì 14: come a dì 28 avosto partì di sora porto; zonte poi le conserve, fece | far la zercha; scrive
50 Così, a ragione, gli editori emendano il quanto del ms. 51 Le prime sei righe della pagina presentano un rientro a destra; gli spazi risultanti sono occupati da altrettanti tratti orizzontali. 52 3 zerca] zercha mancar] mancar Bocca] Bocha | 4 panni] pani | 5 balle] bale balle] bale balle] bale casse 69] case 69 | 7 case 7] case 7 case 44] casse 44 case 7] casse 7 casse 15] case 15 rocha] rocca casse 5] case 5 | 8 casse 4] case 4 casse 5] case 5 casse 4] case 4 | 9 haver] aver di cassa] di casa lettura incerta nolo] nollo | 11 zerca] zercha mancar] manchar | 12 Boca di Cattaro] Bocha di Cataro | 13 panni] pani panni] pani casse 42] case 42 | 14 casse 134] case 134 casse 13] casse 13 casse 8] case 8 casse 10] case 10 | 15 cenabri] cenabrij casse 10] case 10 cassa 1] casa 1 panni] pani cassa 1] casa 1 | 16 cassa 1] casa 1 casse 6] case 6 | 17 cassa] casa | 18 heri] eri | 19 chiecaia] chiechaia vaivoda] vayvoda guastadori] guastatori fortificar] fortifichar loco] locho | 20–21 sanzaco] sanzacho | 21 haver] aver hauto] auto | 23 sanzaco] sanzacho | 26 Bossina] Bosina | 29 zerca] zercha | 30 loro] lhoro | 32 Dil ditto] Del dito se] si | 37 bailo] baylo 10] X |38 a li] alli | 40 però] perhò | 43 a li] alli | 44 parlateli] parlatelli | 45 bailo] baylo | 46 necessario] neccessario | 48 a la] alla vela] vella | 50 loro] lhoro | 51 loro] lhoro lacrimando] lachrimando | 54 mercadanti] merchadanti haver] aver | 55 immarzeria] inmarzeria | 57 navili] navilij | 58 se il] s’il | 60 una altra] un’altra Gritti] Griti 53 1 de Septembrio] septembrio | 2 de avosto] avosto | 10 scrite] scrita | 40 confida] confiso
5.7 Campione F
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manchar 4 nobeli et altri homeni. Andarà a Bocha de Cataro unito | cum le galie di Baruto et manda el cargo: panni fini da Venetia balle 122, pani forestieri de |5 più sorte bale 215, carisee54 bale 128, panni di seda e d’oro bale 27, verga case 69, | stagni 101, rami lavoradi baloni 89, arzenti vivi 119, cenabri 19, sulimadi | barili 20, corali case 7, savoni case 44, berete case 7, paternostri di vero case 15, lume di rocha case 5, | ambra lavorada case 4, banda larga case 5, canevaze ruodoli 4, merze case 4, rami | im pan cofe 20, aver di casa d’aviso ducati 30 milia, a nollo ducati 12550. |10 Di sier Zuan Iustinian, Capitanio di le galie di Baruto (non dice dove né a che zorno scrita), ricevute a dì 14 septembrio: | come a dì 28 avosto partì; zonse la conserva, ha fato la zercha. Scrive el manchar di homeni, ma | non nomina nobeli. Anderà unito cum el capitanio di Alexandria a Bocha di Cataro. Questo è el carico:55 | carisee bale 737, panni da Venetia bale 111, pani fiorentini 439, pani di seda case 42, stagni | case 134, corali case 13, rami lavoradi baloni 19, banda larga case 8, bande raspe case 10, |15 cenabrij case 10, arzenti vivi coli 24, pelami casa 1, pani d’oro casa 1, carte bale 5, | merze casa 1, gusi bale 39, faxeti56 8, sarze 2, canevaze bale 18, barete e capeli case 6, | aver di casa , a nolo ducati 22200. | Da Zara, di sier Nicolò Trivixan proveditor zeneral in Dalmatia, di XI, ricevute a dì 17 septembrio: l’altro eri zonse a Carino | Morath chiechaia, vayvoda, con cavali et guastatori per fortifichar quel locho, unde mandai |20 Zuam Velami et Zorzi Grimani, capi de stratioti, a visitarlo e per saper da lui quando veniria el san- | zacho per meter li confini, il qual disse aver auto uno corier dal sanzacho di Bossina, che li scriveva | si era tempo di venir a meter li confini, et che li havia risposto questo era il tempo, et ch’el venisse. | Et dicono che lì a Cluino57 si preparava alozamenti per la venuta del ditto sanzacho. | Da Sibinico, di sier Zuam Alvise Venier conte et capitanio, di 458 septembrio, ricevute a dì 18 dito: come
54 L’ed. Fulin et al. reca carisce, anche se poco oltre al rigo 13 gli editori scelgono carisee. È quest’ultima la variante autentica del nome di un antico ‘tessuto fatto di cascami di lana o di seta’, derivato da Kersey (Greco 1997, 147; Mozzato 2002, 699; DI 2,597; Cortelazzo 2007). Il passaggio ‹e› > ‹c› potrebbe però essere più del risultato una occasionale svista editoriale: pur non ricorrendo altrove nei Diarii, carisce ritorna nella Relazione di Costantinopoli di Simone Contarini (1612, nella versione digitalizzata in BibIt). 55 Lettura incerta. 56 Cf. in Boerio le voci fasso ‘fascio’ e fassèto ‘fascetto; fascettino; fasciatello; fastellino; fastello’. 57 L’odierna Livno in Bosnia-Herzegovina, attraverso un’antica forma Hlivno () per confusione ‹iu› ~ ‹ui›. 58 Forse da leggere 14.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
avisa esser |25 zonti spachi et timarati da numero 700 a cavallo a Cluino, Scar dona e quelli confini contorni, | et il magnifico Morath, et par voleno far una forteza lì a Cluino, et si diceva el sanzacho di Bosina | aspetarsi a Scardona, dove voleva invernar questa invernata. | Da Trento, di sier Zuam Dolfim, Podestà di Verona, di 11, hore 14, ricevute a dì 16: come voleno expedir le cose de | vicentini e veronesi et aspetano la risposta dil Re, o di Yspruch, zercha le diferentie di Avi et Bellum, |30 et poi li iudici voleno andar lhoro stessi in la Patria di Friul et Histria. Item, el dito, per un’altra letera | scrita a li Cai di X, aspeta risposta di quello propose il iudice arbitro. | Del dito, di 14, ricevute a dì 16: come li cesarei hanno contentà si vadi in Friul et Histria. Manda una | letera dil reverendissimo Cardinal di Trento, scrive al secretario Rosso, il Re darà trata di formenti di terre aliene. Item, domino Jacomo | Florio verà a Venetia per informar di partiti, è bon far per acordo, che altramente mai si cumpiria. |35 Item, di 15, scrive a li Cai: come lui, si altro non haverà in contrario, verà a Verona a expedir alcune | cose, poi tornarà per andar in Friul con li iudici etc. | Da Costantinopoli, di sier Piero Zen, sier Thomà Contarini, oratori, sier Nicolò Justinian baylo, di X avosto, ricevute a dì 17 de septembrio. | Come alli tre fossemo mandati a chiamar per il magnifico Schander celebì deferder,59 che lì andessemo nui | oratori a parlar. Et andati, dapoi ragionato insieme di nove, ne disse poi che il Signor, inteso la pre- |40 paration di armata feva Spagna, confiso ne l’amicitia l’havea cum la Signoria nostra, perhò havea deliberato | de tuor queste 6 nostre nave è in questo porto e altre soe et de altri è qui, et quelle armarle e mandarle contra Andrea | Doria, rechiedendo le facessemo discargar. Li rispondessemo queste nave erano stà deputate | mandar alli cargadori per formenti, e cussì havia ordinato beogli,60 idest el reverendo Gritti, a le | qual nui non potemo comandar. Ne disse: «Il Griti è contento, andate da lui e parlatelli». |45 Et cussì andassemo e in strada trovassemo el baylo e lo menassemo cum nui. Il qual Griti ne | replicò dicendo: «El Signor le vuol; è neccessario vadino», né valeva alcuna scusa. Li dicessemo, sapeva | erano nolizate per mandarle a le Scale per formenti. Disse esso
59 Rispettivamente dal tc. çelebi ‘divino’ e defterdar ‘ministro delle finanze ottomano’. Sulle voce nei Diarii (entrambe vi compaiono fin dal 1503 a 5,459) cf. Mancini (1990, 98s. e 103). 60 Mancini (1990, 104) registra il turcismo (‘figlio del Signore’) anche a 639 nello stesso ultimo volume dei Diarii; in entrambe le occasioni identifica Alvise Gritti (1480–1535), figlio del Doge e di una donna greca e al tempo residente a Costantinopoli. La trafila greca proposta per spiegare l’uscita -i (cf. gr. Μπέογλη) non pare necessaria, vista la diffusa assenza di armonia vocalica nei composti ottomani con -ogli ‘figlio di’ (Kakuk 1973, 308, 453, 466).
5.7 Campione F
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Griti: «Non si pol far altro: voleno | meter homeni suso, e fra 4 zorni siano alla vella, e mandarla a l’armata» (e, visto questo, stren- | zessemo le spale). Et, chiamati li patroni dentro, li disse: «Vi comando che dobiate discargar |50 le nave e, stati a Coron, poi andarete a le Scale per formenti». E, lhoro instando, disse: «Vi comando | da parte dil Conseio di X e la Zonta». Et lhoro, lachrimando, disse non haver armizo per star | l’invernata fuora né homeni da capo, per esserli stà tolti per missier Zorzi Gritti e le nave esser carge et | haver fato le stive, siché andando cussì si perderia le nave e li formenti et li homeni. Disse: «Ha- | biate pacientia». Li merchadanti e bazarioti cridono molto e disse aver comprà la roba a tempo, |55 e fata discargar se inmarzeria. Li dissemo almen ne lasasse do nave picole di bote 300 l’una, | la Malipiera e la Zucarina, quale anderiano cum le robe al Zante e lì discargeriano, et poi | anderiano per formenti: non fuit dare modum. Di navilij di Candia è stà electi 4 de li mazori per | armata, et vadino a discargar in Candia, poi vadino per formenti. S’il bassà havesse hauto | questo manizo a le man, se haria otenuto le tre nave grosse (Pastrovichia, Ragazona et Testa Grossa) |60 e la soa barza di 600 bote e un’altra di tal portada et una ragusea, ma el Griti vol cussì | [226v]61 et dice la impresa è stà comessa a lui, e dice vol haver honor, et dice se si havesse tante nave se | trazeria 100 milia stera de furmento, et dice la cosa di furmenti è stà commessa a lui solo, e non vol spoiar il paese dil Signor | di biave. Scriveno: «Non potemo dir tutto; a bocha se riservemo». Io Thomà mi dolsi cum lui esser stà aperti et | taià li presenti, cosa inusitata. Rispose, si spechiava in quello feva nostri (volendo dir i Proveditori de cotimo) di le cose sue. |5 Scriveno è impossibele star in questo paese al governo lì è, et li maligni zercha col bassà meter mal per far li | fati soi. Le 4 galie bastarde, armate per domino Zorzi Griti, de oficiali venitiani, non è ancora partite. | El morbo multiplicha; el mar è pieno di fuste di ladri; non sano che far per la sua tornata; venendo per | terra il paese è amorbato tutto, poi cavalchar XXX zornate a la nostra grande etade; il mar è pien di corsari: | pregemo Dio li piacia aprir li ochij! Etc. Li nontij dil Re di Romani si hanno hanno rechiamà dil Re Zuam, che in tempo |10 de trieve e quasi paxe habbi preso alcuni soi loci et fato presoni, scusandosi s’il farà contra de lui non se meraveia. | Si parla el Sophi haver suo nontio in Spagna, andato per via di Alexandria. Questi dubitano de qualche ar- | salto del Doria. Aspetano intender di lo abochamento di Niza. Questi solicitano XX galie | et voleno siano expedite fra uno mexe: non lo credemo. Domino Zorzi Griti non è partito; solicitano questi | el suo partir, ma non potrà avanti zorni XV alla più corta. |
[232v,33]62, 63 Dil ditto, di 14, ricevute ut supra.64
61 2 comessa] commessa vole] vol | 3 bocca] bocha | 5 zerca] zercha | 6 4] quatro veneziani] venitiani | 7 sanno] sano | 8 cavalcar] cavalchar 30] XXX pieno] pien | 9 piaccia] piacia ochi] ochij nonzii] nontij Zuane] Zuam | 11 Sofi] Sophi | 12 aboccamento] abochamento 20] XX | 13 15] XV a la] alla 62 1 dito] ditto hospitali] ospitali | 3 principal] prinzipal | 4 assai] asai | 5 fatto] fato | 6 proibito] prohibito abilità] habilità | 7 loro] lhoro secondo] 2o | 8 fatta] fata | 9 Granvela] Gran Vella zerca] zercha disse] dise | 10 aver] haver | 12 gionse] giunse marchese] Marchexe | 13 dito] ditto imperator] imperador | 14 nova] nuova Barbarossa] Barbarosa | 15 acque] aque 63 9 di] dil | 14 del] di 64 Sono le lettere di Marcantonio Contarini (ca. 1485–1546), per lungo tempo ambasciatore presso Carlo V, ricevute dal Senato il 17 (58,699s.) e 19 (58,721–723) di settembre. Cf. DBI (voce a cura di Angelo Ventura): «la prima parte della sua missione, fino al settembre del 1533, è
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Come qui in Monzón sto cum gran spesa et pericolo: le caxe è hospitali (per | cadaun 3 et 4 amalati) et per la mol- titudine di le zente è gran fetor per le strade et puza, si non | in una strada publica prinzipal.65 Si aloza streti et mal. Dubito de peste. Hozi è stà dato prin- | cipio aldir quelli si voleno doler et agravarsi di Cesare, che porta tempo asai. Fin hora non |5 hanno fato altro si non habilitar el magnifico May, qual è catalano, che’l possi esser iudice di Ara- | gon, che per capitoli è prohibito. Dapoi lungi contrasti hanno habilità che’l sij cum tre condition: | il primo, star [star] a la decision lhoro; 2o, tegni beni stabeli in Aragon, aziò si possi pagar contra | de lui di qualche sententia fata; e che non possi far atto alcuno senza intervento di aragonesi. | Visitai el gran comendador di Lion e monsignor di Gran Vella. Zercha la ripresaia dil Ram dise si vederà. |10 Dimandai la copia di le letere dil Re di Romani, non la putì haver. Lauda molto le letere scrive dom | Lopes de Soria l’Imperador. Come hanno dito questi signori, non temeno bravate dil Re di Franza. |
Giunse de qui el fradello dil Marchexe di Brandiburg, venuto per sue facende, chi dice per il concilio, | chi per[ché] la liga di Svevia ch’è compita. L’orator dil Duca di Milam mi ha ditto l’Imperador se porta | benissimo verso Soa Maiestà. Eri vene nuova come l’armata di Barbarosa esser zonta cum quella |15 del Iudeo: in tutto legni 42. Haveano preso nele aque di Piombim nave quatro | zenoese che andava per grani, over venivano cargi de grani de66 Sicilia. | [233r]67, 68 Illustrissimo et excellentissimo patron mio observandissimo. | Essendo qui il signor missier Andrea non mi extenderò in molte parole, solum li dirò si come | 60 galere et fuste turchesche ne aspetavano venere, che fu eri, ad hora di terza dietro | a Capo Gallo con le puppe in terra. Et non ostante che Sua Excellentia havesse
documentata dai numerosi dispacci riportati nei Diarii del Sanuto, fitti di notizie sui paesi che formavano il vasto impero di Carlo V – dalla Germania alla Spagna, alle Indie Occidentali, al Regno di Napoli – e sugli avvenimenti politici e militari, informatissime, acute e colorite, come sempre, specchio duno spirito colto ed aperto. […] In Spagna soggiornò a lungo, tra Barcellona e Monzón, informando la Repubblica dei preparativi e delle vicende della spedizione di Tunisi». 65 Nel ms. prinizpal. 66 Il ms. riporta in luogo della preposizione una sorta di doppia b sormontata da titulus. 67 4 non obstante] non ostante | 5 dovessero] dovesseno | 6 fianco] fiancho | 7 tuto] tutto | 8 tuta] tutta | 9 appresso] apresso tiri] tyri cannone] canone | 11 abbandonarle] abandonarle | 12 ager] fuger refuso? | 13 sopra] supra 20] XX | 14 tiro] tyro | 15 ripreso] ripresso dite] ditte | 16 quali] qualli | 17 imperial] imperiale la qual] la quale di qual] di quali | 18 …] senza | 19 hessendo] essendo faticata] fatichata | 20 …] carigò a le] alle | 21 a la] alla | 22 quale] qualle | 23 a la] alla | 24 dil 1533] 1533 | 27 adunque] adonque heri] eri l’ixola] l’isola | 28 vasseli] vasselli | 29 circa] zircha | 30 accostandosi] acostandosi | 32 lor] lhor | 34 appresso] apresso cerca] cercha | 35 poca] pocha | 36 turchesca] turchescha | 37 abbandonata] abadonata | 38 tuto] tutto | 40 fato] fatto hebbeno] ebbeno | 41 zerca] zercha 20] XX | 42 soccorrer] socorer piacque] piacque | 44 maggior] magior lor] lhor poco] pocho | 46 poco] pocho | 47 ebbe] hebbe lo effeto] l’effetto soccorso] socorso allogiamenti] logiamenti | 49 allogiamenti] alogiamenti | 50 note] notte | 51 faceva] facea | 52 a li] alli 68 32 affrontarli] afrontarla | 52 a Coron] in Coron
5.7 Campione F
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mandato a ordinar |5 al suo galeone et a quello di Belhomo, deputati per guardia, che dovesseno sorzere tanto sopra | di le lor prove quanto erra possibile per investire lui per fiancho, e ditto galeone non ne fece | niente, di modo che ne fu forza darli tutto lo traverso a meza canonata et redeteno di bone | canonate et ne butorno in fundo lo bergantino di Materana, perhò si recuperò tutta la | gente. Et poi apresso dui tyri di canone se imbaracò la nave di Antonio di Talamo |10 con quella de Malpagato per causa de la paura de le bombardate che continuamente seguendo | ne tiravano, di modo che ne fu forza abandonarle per paura di pegio. Et la magior parte di la | gente cum li patroni, per voler fuger con li batelli, restorono presi et, dapo’ alcuna difesa fata | per soldati, li turchi li montorno supra. Ma poste le nave in seguro, li ussì Sua Excellentia con XX | galere, et furono a manco de tyro di canone, et a colpi di canonate li fecemo tornar |15 adrieto. Et havemo ripresso ditte nave, l’una cum 200 turchi, presa per il signor capitanio Antonio | Doria con più galere, de qualli se ne amazò in questa bataglia più di 100, et il resto presi; et io | con la galera imperiale, l’altra, in la quale erano da 100 turchi, di quali chi si butò in mare | et chi si amazò, et †senza† preso da 60 vivi. Et non obstante questo Sua Excellentia li seguì fino sopra | de ditto Cavo, et essendo già hore 22 con la gente molto fatichata et con 14 galere perché |20 le altre tiravano le nave, se ne ritornò, e lo carig̣ ò. Alhora dete foco alle stanzie, et con | grande paura se ne ritornò alla volta de un certo castello qui apresso miglia 5. L’armata | è andata a Modon, et si ha dato principio a scaricare le vituarie, qualle spero sarano scari- | cate fra 8 giorni. Et fato questo se ne veniremo alla volta di Messina, per questo che posso in- | tendere. Da Coron, in galera, a dì 9 di agosto 1533. Francesco Perimentero da Ferrara. |25 Illustrissimo signor.69 | Aziò che Vostra Signoria sia ancor lei avisata dil bon effetto di questo nostro camino, 70 intenderà breve- | mente. Saperà adonque come eri, che fu 8 dil presente, partiti che fumo da l’isola de Sapientia | con le 26 galere et altri vasselli in compagnia per venir qui in Coron, trovamo qui apresso | 6 o 8 miglia, ad uno locho che se chiama Capo de Gallo, da 70 velle vel zircha cum la puppa |30 in terra, et diverse bandiere de fantarie verso di esse. Et venendo noi tuttavia acostandosi | giuntamente per andarli adosso, il vento non concesse mai a nostre nave che potesseno andar | a l’orza et afrontarla; pur tuttavia li andavamo brachizando con l’artellaria et lhor nui. Et | vedendo noi71 che ’l vento per far quello effecto non erra in nostro favor seguitando | il nostro camino per questo locho, apresso del qual cercha do miglia il vento mancò, et do |35 di le nostre nave per pocha diligentia et cura de li marinari se imbarazorono insie- | me et, seguitandone tuttavia, l’armata turchescha a remi fu assai presto a cercha di esse | do nave. Et combatendo un gran pezo, una di esse abadonata da diversi marinari restò | in tutto presa cum diversi homeni vivi, et l’altra, dove erra il capitanio Ermosiglia, si difese sem- | pre tra il castel di poppa et quel di prova. Et vedendo noi che la importanza per |40 socorer questo locho erra che le altre tutte restante fusser poste in cauto, fatto che l’ebbeno, | se voltamo con zercha XX galere de le miglior, che non erano de le forzate ma de bona voglia, | per socorer le do nave, et come a
69 Seguono sei tratti di penna che ricordano tre numeri latini VI. 70 Così l’ed. Fulin et al. interpreta una sequenza di tratti indecifrabili. 71 noi sovrascritto su una o due parole al termine dei quali si intravvede una i.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Dio piaque non solum recuperamo le do nave, una cum 200 | ianizari che li erano sopra, ma seguitamo tutta l’armata nemica per 5 o 6 miglia | con magior danno assai de li lhor homeni che de li nostri. Et vedendo non poterli far altro per lo pocho |45 numero che eramo, retornamo al nostro camino pur qui dove siamo con honor grandissimo | de Sua Maiestà et de questa sua felicissima armata, et remediato al pocho danno di le galere. | Il campo da terra, sicome hebbe veduto l’effetto di questo socorso, si levò da li logiamenti | et tuttavia, per quello fino qui ho possuto intender, va caminando come in fuga, | lassata in li alogiamenti quella poca vitualia et munitione che havevano con diverse |50 altre bagaglie et do pezi pizoli de artellaria. Et questa notte poi mandai tre galere per in- | tender quello facea l’armata nemica; et l’hanno trovata che già erra retirata | in Modom. Data in Coron, alli 9 de avosto 1533.
[233v bianca] [234r]72, 73 Copia di una letera scritta per sier Francesco Moro di sier Bortolomeo prexom di corsari, la | qual fo leta a Gram Conseio, ricevuta a dì 3 Setembr 153. | Laus Deo, 1533. A dì 22 Luio, in le Zerbe. | Magnifico missier padre honorandissimo. Io vi ho scripto questa matina, et ho habuto mezo che la sarà mandata a Roma, |5 et cussì le ho adrezade al clarissimo ambasador, le quale de facili le potreti haver. Mi ha parso etiam, | per via de Cicilia, farvi la presente, per le qualle io vi avixo star bene per la Idio gratia, non obstante | che io habbi patito tanto et tanto che certo è divino miraculo che sia vivo. Come che fossemo | in questo locho fui acusato da uno griego, che zà è stato turco, che io andava capitanio magosta et che era | homo grande et richo. Donde che il Capitanio Grande me chiamar et me disse: «Donde è li tui ducati?». |10 Ge dissi non tenir ducati, che era povero, et che per v andava soldato in uno castello in Cypri. | Mi feceo ligar le mano da driedo et su questo da soi sateliti mi fo pellà tutta la barba et capelli | et fui butado in terra cum la panza in suso, mi fu messo uno baston in bocha, et cum li piedi teni- | vano frachato, ita che le bande di la bocha, tutte due, si ase et scomenzomi a butar aqua | salsa et ne butò74 tanta che io me sentiva morir. Et come i vedeva che erra per morto |15 i pigliò uno bastone et mi bastonò tanto il pecto et tutta la vita che lui era stracho. Io come | morto mi recomandava de continuo al summo Idio. Dapoi me menò su uno locho alquanto emi- | nente per tagliarmi la testa. Io certo pensava finir mi vita, pur mi ricomandai al Signor, | el quale per sua gratia mi ha perservato. Et venmi tar el collo mi dete de piato, caschai zoso | et mi machai la testa et rimaxi morto. Fui portato . Et de là due hore reveni siché posso can- |20 tar quel
72 1 scrita] scritta | 5 ambassadore] ambasador | 6 quale] qualle | 8 accusato] acusato è stato] è stà | 9 ricco] richo | 10 Cipro] Cypri | 11 satelliti] sateliti pelà] pellà | 12 bocca] bocha | 13 bocca] bocha buttar] butar acqua] aqua | 15 stracho] straco | 18 qual] quale cascai] caschai | 19 rimasi] rimaxi | 21 a la] alla | 23 manco] mancho bevar] bever assai] asai sono] sonno mancati] manchati | 24 ferri] feri a’] ai | 25 scapolo] scapollo | 26 grande] grando | 27 Iddio] Idio peccati] pechati mancate] manchati | 29 taia] taglia | 30 qual] quale caverà] chaverà | 31 Però] Perhò Cipro] Cypro | 33 opinion] oppinion suplica] suplicha haver] aver 73 33 danno grandissimo] gran danno 74 Nel ms. butà.
5.7 Campione F
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salmo che dice: «Circumdederunt me dolores mortis». Il tutto cognosso da Dio che mi ha | dato tanta forteza che mai non ho habuto mal de la mia vita. Per uno mexe siamo stati alla | marina, come saria a Lio, al sole sempre et l’aria, sul sabion, e da mangiar non haveamo, né | mancho aqua da bever, ita che asai sonno manchati. Poi fui venduto et bastonato ancora cum | li feri a’ piedi, et poi revenduto, con tanti tormenti et guai che certo miraculosamente io sto come |25 stago. Et pertanto ho promesso a Dio, si scapollo de qui, da viver più christianamente, et cusì | suado vui, caro missier padre, cum il resto, zoè mio carissimo fratello, perché il Signor è grando e | verissemo Idio et ne manda di le fragelatione per li nostri pechati, siché pregovi: non manchati di esser bon christiam | e vogliati la sua gratia. Di ciò più pregar non vi posso. Per ussir di queste pene io ho conzato la | mia taglia in ducati 350, tamen fo conzo e leto 550 venitiani. Et cussì questa sera se partiamo |30 per volta di Alexandria: lì aspeterò el mio carissimo Barbaro, el quale certo mi chaverà di queste mano. | Perhò, cum lo ai di Dio, io son im pensiero di andar di lungo in Cypro. Et perché io non ho la letera | ducal, mi fareti far una, e la mandareti a Famagosta più presto vi sarà il poter dil pasazo. | Io saria di oppinion far una suplicha per aver qualche balestraria per il [danno] gran danno ho auto: per questo | voi et mio fratello forsi hareti qualche bem. A tutti mi raccomando. Vostro fiol Francesco Moro.
[234v bianca] [235r]75, 76 Dapoi disnar: fo Conseio di X con Zonta. Prima si reduse semplice et stete lungamente. | Da- poi con la Zonta fu remessa la parte di riconzar il Colegio di le Biave, videlicet cazar solum pare, fio e frar, e quelli hanno | da stera 400 de intrada. Et fu presa. 18, 8, / /. | Item, preseno elezer de presenti do Proveditori sora le Biave in luogo di sier Hironimo Querini e sier Piero Bragadim che compieno, |5 et sia solum per tutto mazo, poi se elezi do altri et possino venir in Conseio di X e in Colegio di le Biave e balotar. | Fu fato il scurtinio: rimase sier Vicenzo Grimani procurator; sier Zuam Pixani procurator; cazete sier Piero Bragadim, | è proveditor sora le Biave, quondam sier Andrea; sier Francesco Venier, fo podestà a Brexa, quondam sier Zuam; sier Piero
75 1 redusse] reduse | 4 ballotar] balotar | 6 Zuane] Zuam | 7 Sebastian] Sabastian Troilo] Troylo | 8 preseno] presono | 11 Todaro] Thodaro Moscatello] Moschatello poco] pocho | 12 Beccaria] Becharia | 14 letto] leto | 16 fu assolto] fo asolto | 17 Settembrio] septembrio basso] baso | 19 Vitturi] Vituri Gabriel] Cabriel còlora] colera | 20 excellentia] excelentia | 21 Gabriel] Cabriel | 22 infrascritta] infrascrita | 24 Gabriel] Cabriel | 25 Joannes] Ioanne | 28 commisit] comisit | 29 pubblicis] publicis | 30 tamquam] tanquam | 32 cassetur] casetur | 35 iuxta] iusta | 39 quelo] quel | 42 ballotadi] balotadi ballotà] balotà | 43 Consieri] Consier | 44 quale] qualle sono] sonno | 45 licenziate] licentiate | 46 di quai] di qual | 48 contradixe] contradise | 49 ha] à | 52 savi] Savij 76 16 preso procieder] preso il procieder trevixana] trivixan | 23 1531] 1530 Alovisium] Alovisio | 24 Stephanum] Stephano Mapheum] Mapheo Angelum] Angelo | 24–25 advocatos phiscales] advocatorum phiscalium | 25 provisor] provisori | 42 over al] over | 45 discargar] discargarle | 51 tegnir] tegni
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Valier, è di Pregadi, quondam sier Antonio; | sier Sabastian Malipiero, fo Proveditor al Sal, quondam sier Troylo; sier Michiel Morexini, è Proveditor sora l’Arsenal, quondam sier Piero; sier Marin Morexini, fo Censor. | Item, presono e trovono 6000 ducati per dar, arente quelli dil sal, domani77 per il Conseio di Pregadi a quelli farano nave.78 |10 Item, nel Conseio di X, prima simplice, preseno che Zuam Iacomo Trivixan, fu bandito con l’Aurelio, che certo tempo | fo im prexon, li sia posto a conto di l’exilio di anni / / è bandito. | Item, preseno che a Thodaro et Moschatello, Capitanei dil Conseio di X, hanno pocho salario, li sia concesso uno bando per uno. | Item, preseno che a Utinam, Capitanio di la Becharia, oltra uno bando li sia concesso uno altro bando. | Item, preseno che a uno, fo cavalier di sier Bernardo Balbi conte a Sibinico olim, e prese uno monetario, oltra la taia li sia dà uno bando. |15 Et poi licentiata la Zonta, restato il Conseio cum il Colegio, qual l’ultimo Conseio di X simplice fo leto il processo hora | menato per sier Hironimo da Chà da Pexaro, Avogador di Comun: Nicolò di la Carte fu preso a Treviso per parole usade contra il Stado. | Et preso il procieder, fu bandito di Trevixo e trivixan im perpetuo, et Francesco d’Arzenta suo zenero fo asolto. | A dì 25, la matina: fo letere di Franza, di l’orator nostro, longe, di 29 avosto et 2 septembrio. Colegio si reduse da baso | et vene sier Domenego Trivixan el cavalier, Procurator, Savio dil Conseio, che molti zorni non è stato per indispositiom di le gambe. |20 Et redute le do Quarantie per taiar la proclama contra sier Zuan Vituri fo bandito, et parlò sier Cabriel Venier, Avogador, cum colera. | Et li rispose sier Mafio Lion olim Avogador di Comun in questo caxo, et parlò per excelentia et fu molto laudato. |
77 Lettura incerta. 78 Segue l’equivalente di 3 o 4 righe bianche.
5.7 Campione F
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Dapoi, per sier Cabriel Venier, sier Hironimo da Chà da Pexaro, Avogadori di Comun, sier Iacomo da Canal et sier Zuan Contarini, | olim Avogadori in questo caso, messeno la infrascrita parte: «Quod ista pars posita et capta in Consilio |25 duarum Quarantiarum, interveniente serenissimo Principe sub die 23 Iunii 1530, explacitata per †V. N.†, sier Alovisio | Baduario, sier Stephano Teupulo et sier Mapheo Leono ac quondam sier Angelo Gabriel, Advocatorum | Phiscalium. Quod vir nobilis sier Joanne Viturio, olim Provisori Generalis, imputatione quod derobaverit | et per multas fraudes et dolos subtraxerit notabilem summam pecuniarum illustrissimi Dominij, tam in | solvendum79 peditibus et capitaneis eorum, quam etiam in administratione frumenti et aliarum bladarum | pertinentium ad prelibatum Dominium comisit quoque alias extorsiones bonorum et rerum tam contra |30 privatis et publicis personis ac multa alia detestanda et facinorosa perpetravit etc., ut | in ea, tanquam pars iniusta, indebita et contra stilum, observantiam ac consuetudinem officii | Advocarie, ac mali et periculosi exempli, sicut huic Consilio dictum, ostensum et declaratum | est, auctoritate huius Consilij incidatur, casetur et revocetur cum secutis et dependentiis | suis, sic de cetero nullius valoris vel vigoris existat, ac si minime posita et capta |35 fuisset. Non derogando propterea advocatores ipsi possint ire ad quod Consilium voluerit et | ponere de retinendo ipsum sier Johannem Viturio iusta ordinem et debitum justitię».
Et sacramen- | tato Consilio fuerunt: de parte 23, de non 46, non sincere 6, et capta fuit de non. | Dapoi disnar: fo Conseio di X con Zonta. Fu preso che de cetero la Zonta dil Conseio di X, cussì come si ele- | zeva per quelli dil Conseio di Pregadi quando si andava a capello in Gran Conseio, cussì de cetero sia electa nel Conseio di Pregadi |40 per quelli di Pregadi quando si eleze la Zonta dil Conseio di Pregadi il zorno di San Michiel, aziò li Procuratori che quel zorno che | si eleze non poleno venir a Conseio si possino, volendo, far nominar, hessendo loro im Pregadi. | Item, preseno a requisition di Procuratori che hanno richiesto et maxime quelli di la Procuratia de supra, che li electi, non volendo esser | balotadi, possino dir al Canzelier Grando over suo vicegerente: «Non voio esser balotà di tre per venir nel Conseio di X», | excepto quelli havesseno titolo di esser stati Consier o Savii dil Conseio. |45 Fu preso una gratia a quelli di Chioza, che alcune barche con formenti, qualle sonno per la parte venute in questa | terra, havendo comprà per quella comunità, siano licentiate ad poter discargarle a Chioza. |
79 Un tratto segnalante a capo, dopo in, indica che la preposizione e solvendum sono uniti nella percezione dello scrivente (v. p. 239).
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Fu posto, per li Cai di X, di far do Proveditori sora la Zecha per uno anno, in questo Conseio, uno di qual tengi el zornal, et altre clausule. | Et sier Nicolò Venier, è dil Conseio di X, stato sora la Zecha, andò in renga, dicendo dieno veder le operation di quelli stati sora la Zecha. | Et contradise la parte sier Marco Antonio Grimani, Savio a Terra Ferma, e ben, dicendo se dia far del corpo dil Conseio di X, e non per far in- |50 trar do nel Conseio di X, e che non bisogna questo per esser quel sora la Zecha che à questo cargo. Li rispose sier Daniel Renier Savio dil Conseio | e li dete bote grande. Il qual sier Marco Antonio tornò in renga, e li rispose gaiardamente, dandoli mazor bote a lui. Dapoi | parlò sier Hironimo Querini, è sora le Biave, stato a la Zecha, dicendo: «Volè tegni el zornal, e il masser li danari et li ori e arzenti; | come si pol far queste cose?» cum altre parole. Parlò etiam sier Gasparo Malipiero e sier Alvise Mozenigo el cavalier, Savij dil Conseio, | contra la parte, siché non la mandorono. [235v]80, 81 Fu posto la gratia di Hironimo Alberti secretario, vol l’oficio di nodaro a li Auditori nuovi primo vachante e lassar li ducati | 100 sora el vicharià di Feltre, et questo atento le sue fatiche et meriti, ut in suplicatione. Et contradise sier Gas- | paro Malipiero, Savio dil Conseio, et li Cai non mandono la parte. | Fu posto / /82 |5 Et nel Conseio simplice balotono di secretarij, di remaner tre83 im Pregadi, et remase Zuam Negro et Zuam Fran84 | Ottobom; cazete e fo soto Marco Antonio Moriani, Inzegner Inzegner, Zuam Inzegner, Phebus Capella, Zuan Francesco | di Ruberti, Beneto Ramberti, Domenego Bivilaqua et altri (numero 16). Non passò se non do; sollo il Moriani manchava una balota a passar. |
80 1 officio] oficio vacante] vachante | 2 vicarià] vicharià | 5 ballotono] balotono secretari] secretarij | 7 Bivilacqua] Bivilaqua solo] sollo mancava] manchava ballota] balota | 13 fatto] fato | 15 accaduto] achaduto | 17 fitto] fito ricca] richa | 21 letto] leto suplication] suplichation | 23 ferramenta] feramenta | 24 XL] 40 | 26 ditti] diti Nani] Nanni nove] nuove | 27 anni] ani | 28 ha] à nove] nuove | 30 ditti] diti Baldissera] Baldisera | 32 settimana] setimana narrò] narò | 34 Gritti] Griti | 35 quelo] quello pratica] praticha | 36 propria] propia Gritti] Griti | 38 scritto] scrito | 39 Marogna] Maregna | 40 ha] à | 42 letto] leto scrittoli] scritoli | 44 ha] à | 46 haver] aver trata] tratta | 47 golfo] colfo Salonichi] Salonichij | 48 Cipro] Cypro spese] spexe | 49 l’ha] l’à pena] penna Marogna] Maregna | 50 haver] aver | 51 haverà] averà haver] aver | 52 Ungaria] Hungaria 81 17 era] e era | 21 S.] San | 23 Et ave] Ave | 37 farò] farò la | 38–39 chiesti] richiesti | 48 e in] in | 50 poi] poi che 82 Il resto della riga è vuoto; seguono 3 o 4 righe bianche. 83 Riscritto su rasura. 84 Integrazione dell’ed. Fulin et al.; la parola termina nel margine interno.
5.7 Campione F
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A dì 26, la matina: vene in Colegio il legato dil Pontifice et ave audientia con li Cai di X, in materia di le mo- | nache dil Corpus Domini. Et prima parloe per certi beneficij et di l’abazia di Leno85 di Brexana. Item disse haver inteso |10 esser letere particular dil Papa, erra zonto a le Specie, qual havea gote con alteration di febre. | Di Anglia, fo letere di l’orator nostro, di / /, et di sier Zuam Dolfim da Trento, qual refudoe podestà di Verona, pregando la Signoria, licet | il successor non fusse zonto, potesse esser nominato di la Zonta per trovarsi a servicij publici senza salario. Et | cussì per li Consieri fu fato una termenation ch’el potesse esser balotà di la Zonta, il che è contra le leze. | Di Piasenza, fo letere di sier Marco Antonio Venier, dotor orator, di 21. Il sumario sarà qui avanti.86 |15 In questa matina: se intese un caxo achaduto questa notte, qual questa matina se ha inteso. | Che una madona / / Donado fo di sier Zuane, olim consorte di sier Francesco Ruzini, quondam sier Ruzier, qual stava sola in una caxa in la contrà | di Santa Justina, pagava di fito ducati / / a l’anno, e era mira (et richa di danari, zoie, etc.) | hor è stà trovata distesa driedo uno forzier sopra uno cavazal cum le man ligade da driedo et una spalanga | in bocha, morta.87 |20 Dapoi disnar: fo Pregadi, et leto le letere sarano qui avanti.88 | Fu leto una suplichation di le monache di San Mafio di Muran, observante, da numero 40, qual è poverissime. Dimanda | di gratia una galia sotil vechia da poter riconzar al suo monaster. | Et li Consieri messeno che li sia dà una galia che va a la maza, e la feramenta sia di l’Arsenal. Ave 144 / 2 / 2.89 | Fu posto, per li Consieri, Cai di 40 e Savij dil Conseio, erra sier Domenego Trivixan procurator, e Savij a Terra Ferma, suspender li debiti di sier Iacomo Michiel, |25 quondam sier Biasio, debitor di perdeda di dacij di ducati 450, per anni do. Fu presa. 152 / 23 / 4. |
85 86 87 88 89
Lettura incerta: Lene? V. 237r 25–34. Segue uno spazio bianco sufficiente per 3 o 4 righe. V. 236r ss. Segue un rigo bianco.
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Fu posto, per li diti, suspender il debito di sier Daniel Nanni quondam sier Zuane, orbo,90 di ducati 7440 a le Raxon91 nuove, per perdeda | di dacij, et per X offici ducati 300, in tutto dia dar ducati 7830 per ani do. Fu presa. 163, 10, 1. | Fu posto, per li ditti, suspender li debiti di sier Donado Malipiero, quondam sier Pasqual, qual à nuove fioli, debitor a li Governadori, | de tanse, ducati 35, et questo per anni do. Ave: 140 / 8 / 2. |30 Fu posto, per li diti, supender per do anni ut supra il debito di sier Baldisera Contarini quondam sier Francesco, debitor a li Governadori et | Cazude ducati 200. Ave: 166 / 4 / 2. | Dapoi, sier Marco Antonio Corner Savio a Terra Ferma, era in setimana, andò in renga et narò le operation dil Colegio | in materia de formenti, e come a dì 2 luio consultono, vedendo la penuria grande, di tuor la via di Constantinopoli | per man di missier Alvise Griti, e andono in camera dil Serenissimo, e il clarissimo missier Domenego Trivixan Procurator parloe a Soa Serenità |35 quello il Colegio havea consultato, per ultimo remedio ad aver formenti, di scriver a suo fiol a Constantinopoli e darli la praticha in | le sue man, et che Soa Serenità scrivesse un’altra lettera di sua man propia. Et il Serenissimo disse in le cose di Alvise Griti mai | si havia voluto impazar; pur, persuaso dal Collegio, fu contento di scriver, dicendo: «Deme la menuta, farò la | lettera». Et a dì 3 fu preso e scrito come si lezerà.92 Dal qual havemo auto letere che haveremo li 200 milia stara ri- | chiesti et 100 milia di più a lire 7 soldi 10 il staro con la spexa. Item, havendo fato uno Gasparo Maregna stara |40 25 milia per nome di missier Lorenzo Griti suo fradello, il Serenissimo à voluto sia per conto di la Signoria nostra, con danno dil fiol di ducati 25 milia. | Laudando molto le operation dil Serenissimo e dil Collegio, qual sempre ha invigilà si habbi formenti. | Dapoi, per Nicolò Sagudino, Secretario dil Conseio di X, fo leto la letera scritoli a dì 3 luio per il Conseio di X e Zonta al prefato Griti ne fazi | dar la trata di stara 200 milia. Item, quella li scrisse il Serenissimo di sua man, exortandolo a tuor questo cargo come fiol carissimo. | Item, una lettera di oratori nostri, di 23 luio, non haver parlato al bassà di trata, ma il Griti zà à preparà stara 60 milia. |45 Item, una lettera dil Griti al Conseio di X, di 10 avosto, tenuta fin 17 (molto lunga); risponde
90 orbo in corsivo nell’ed. Fulin et al. 91 Le raxon su rasura precedente. 92 I Diarii si interrompono prima che Sanudo possa inserirvi il documento.
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a la fin è contento | tuor questo cargo per amor di la patria e farà aver la tratta di stara 200 milia, e ancora altri 100 milia, volendo, a tre carga- | dori, al colfo di Salonichij di qua, e di là al Volo et / /, e si mandi le nave a levarli cum li danari e non stenti come al tempo | dil tributo di Cypro, ch’el pagò e stentò quando fo in Ungaria. In messi spexe 100 ducati non è stà pagati, poi quelli di sora Cotimo | l’à fatto pagar, di sede, con penna, tamen vol servir et ha dà il cargo a do: sier Marco Loredam, quondam sier Lorenzo, et Gasparo Maregna cum |50 provision di 5 per 100. Item, scrive aver tolto 6 nave per mandar a Coron, poi che mandino93 a li cargadori a levar formenti, et | conclude facendo la provision dil danaro si averà formenti, e di nave; e manda do olachi94 dil Signor per aver le trate etc., ut in litteris. | Noto: il Griti si sottoscrive Alvise Griti governador dil regno de Hungaria, e la Signoria li dà «Illustre Signor». [236r]95, 96 Di sier Francesco Bernardo, Capitanio dil regno di Cypri, di Famagosta, di 26 mazo, ricevute a dì 23 septembrio: come | zà cinque mexi la peste continua de lì et è de morti di le persone numero 1072, et molti soldati cussì è morti | come infedadi, et maxime di nuovi mandati (et manda la lista, siché ne mancha da numero 150). Zercha | biave hanno formenti per tutto il mexe di luio e più; l’arcolto di orzi97 è rasonevole, ma de formenti |5 non sarà quella quantità se iudichava rispetto alla cavalleta et nella Masaria e Carpasso ha fatto gran danno. | Lauda molto le provision ha fatto far sier Stefano Tiepolo, stato Proveditor in quel regno,
93 Lettura incerta. 94 Dal tc. ulak ‘messaggero’; «ricorre dei Diarii già in III, 333, a. 1500; in séguito lo si incontra non meno di settanta volte, a testimonianza della notevole diffusione del prestito» (Mancini 1990, 101). 95 1 Cipri] Cypri | 2 5] cinque | 3 manca] mancha Zerca] Zercha | 5 iudicava] iudichava a la] alla ne la] nella fato] fatto | 7 manca] mancha a le] alle fabricar] fabrichar | 8 Setembrio] septembrio | 9 zerca] zercha | 10 sono] sono loro] lhoro | 11 iudica] iudicha | 12 villani] vilani atacà] atachà | 14 passati] pasati | 15 Messina] Mesina | 16 terra] tera | 17 refrescamenti] refreschamenti 10] X | 18 partido] partito | 20 accordati] acordati | 21 aspettemo] aspetemo | 23 zucari] zuchari sono] sonno | 24 exeguir] exequir | 25 difficoltà] dificultà isola] ixola | 26 acque] aque | 29 ochi] ochij | 30 ditto] dito suscità] susità | 31 assassini] asasini | 32 monopoli] monopolij | 33 navili] navilij | 34 accade] achade delito] delicto | 35 ascondono] ascondeno | 36 Mattio] Mathio | 38 Golfo] Colfo ditto] dito Zerca] Zercha | 39 Bocca] Bocha accompagnar] acompagnar | 40 mercadante] merchadante | 41 a la] alla | 42 mercadante] merchadante | 43 fatto] fato | 45 Zuane] Zuanne turco] turcho investito] investido | 49 cometteva] cometeva | 52 Baxadona] Basadona | 54 mercato] merchato | 56 però] perhò | 57 zentilomeni] zentilhomeni | 59 sono] sonno duchessina] Duchesina | 61 sono] sonno 96 5 che nella] et nella | 12 de li] de | 37 nulla] 0 | 44 rimesso] rimessa | 45 troverà] troveria che il] che ’l | 48 dil] de 97 Il manoscritto sembra recare piuttosto un incongruo cazi; la lezione dell’ed. Fulin et al. si appoggia a numerose occorrenze del plurale orzi nei Diarii (nel solo volume 1, a 145, 229, 321, 501).
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
et di novo poi intrato. | Non si mancha alle provision; le guardie si fa al solito; il fabrichar per il morbo è stà levà mam. | Di sier Stefano Tiepolo, Locotenente et Consiere, da Nicosia, a dì 4 Zugno, ricevute a dì 22 septembrio: in Famagosta | la peste continua, morti da 1100 et zercha 100 soldati di le compagnie nuove, et ancora |10 ne sonno da 16 in 20 infetadi di lhoro. Il conte Francesco dal Borgo per la Dio gratia è varito: il gover- | nador Bataia sta bene, al qual morite una massara, et il Perduzi e Valier, cussì si iudicha non sia stà peste. | Lauda quel capitanio domino Francesco Bernardo, e lì provedeno etc. Et per causa de vilani è atachà la peste | in uno casal sotto Famagosta lontan do lige, chiamato Trapesa, qual è de privati. Scriveno, a li zorni | pasati vene a questa insula uno corsaro nominato Visconte Cigala, zenoese, con uno galion |15 di botte 300 armato a Mesina con 150 homeni suso, benissimo in ordine, qual sorse a le Saline, | et messe in tera 50 o 60 archibusieri in ordinanza, e tolse et acostatosi a la Canuta si feno dar | refreschamenti e tutto pagoe, et tolse X botte di malvasia, per forza, di uno navilio candioto, et | avanti el sorzese a Saline prese uno navilio de Lindò cargo di savoni, qual erra partito da Tri- | poli et Baruto (la conserva fugite a Saline), discargò etiam li savoni havea, in terra et, siando |20 insieme acordati, recuperò l’altro navilio per ducati 80 d’oro venetiani. Nui non havemo | de qui forze alcune: aspetemo con desiderio le galie bastarde; tenemo siano in armade per le 50 | galie turchesche ussite di Stretto, ma dubitano non vengino de li altri corsari, come fece l’anno | passato. Vendessemo li gotoni, ma de li zuchari non trovamo compradori: sonno in vilissimo precio, | ducati 13 il canter. Si vederà di darli via per exequir. Di danari, li manda etc. L’arcolta è stata, per causa |25 di la cavaleta, che con dificultà si potrà suplir al bisogno de l’ixola. Questa Camera è povera et98 men- | dica. La galia soracomito sier Piero Capello, ussite di Famagosta ben in ordine, l’havemo mandà in le aque | di Baffo a compir la sua contumatia. La galia soracomito sier Domenego Bembo, è im porto di Famagosta et si conza, | qual sarà expedita fin molti zorni, perché il soracomito sta in caxa e non solicita, non vedemo | l’hora ch’el ne ensa davanti li ochij. |30 Del dito rezimento, di 4 zugno: come in quella insula, contra il consueto, è susità una quantità | di tristi et asasini da certo tempo in qua, che amazano proditoriamente in caxa le persone et su le | strade, et fanno secte et monopolij. Et volendo castigarli, non hanno libertà ch’a bandirli de quella | ixola: rechiedeno autorità poter bandir di terre e lochi, navilij armadi e disarmadi, et dar questa | autorità al rezimento, quando achade simel delicto, etiam al capitanio di Famagosta, perché
98 et forse da leggere e ’l.
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li soldati, volendo partirsi |35 e non potendo, fanno qualche mal, si ascondeno in chiesie, vien banditi de l’ixola, e a questo modo si parteno. | Di sier Hironimo da Canal, Proveditor di l’Armada, e sier Mathio Barbarigo, Proveditor dil Zante, dal Zante, a dì 18 avosto, ricevute a dì 24 | septembrio: come di l’armada cesarea e turchesca 0 hanno. Diman si parte per Corfù il galion con il magnifico sindico. | Di sier Vicenzo Zantani capitanio al Colfo, da Zara, di 6 septembrio, ricevute a dì 23 dito: zercha interzarsi et biscoti etc. | Andarà a Bocha di Cataro per aspetar le galie di viazi et quelle acompagnar fino a Corfù. |40 Da Cividal di Friul, di sier Nicolò Vituri, Proveditor, di 21, ricevute a dì 24: è zonto de qui uno merchadante de panni | di questa cità, persona discreta; dice a li 15 era in Lubiana alla fiera di Santa Croce et parlò con uno | merchadante di Pordenon, etiam lui persona discreta, qual veniva di Xagabria e li disse haver inteso | erra stà fato una dieta in Hongaria a Cinque Chiesie, dove erano venuti molti baroni per dar obe- | dientia a la corona di Hongaria. Et che erra stà rimessa a farne un’altra a Varadim, perché in l’altra |45 non erano reduti tutti li baroni, e che lì si troveria il Re Zuanne. Che ’l turcho l’havea investido | di tute le terre sotto la corona di Hongaria, excepto Belgrado et Iayza. Riporta etiam che a Xaga- | bria erano zonte letere di Lubiana che dimandava presidio di gente, et che quel Conseio havia terminà | non far cosa alcuna senza ordine de Re Ferandino. Dice che, partito di Lubiana per venir a Cividal, | gionse a Vernich,99 loco dil predito Re, dove soprazonse letere regie, che cometeva non lasasse trar biave, |50 non solum di terre aliene, ma etiam di le soe. | Noto: intesi che, per queste aque grandissime, il ponte / / | Da Milam, dil Basadona, Orator, di 19, ricevute a dì 25 septembrio: a dì 15 riceveti le letere con una drezata a questo illustrissimo | signor Duca, qual deti, et li richiesi in consonantia li danari promessi. Soa Excellentia si scusò che per questi rumori de | fanti si facea in Sguizari non havia potuto compir certo merchato tratava col Grimaldo a Zenoa, dove |55 havia mandato el Tusignan per veder di concluder, e li ducati 10 milia primi sarà di la Signoria. Io li dissi questo congresso di | Niza farà non sarà novità alcuna: perhò poteria ben satisfar a sì iusto credito, che per servirlo la Signoria nostra havia | zà molti anni tolto ad imprestedo da nostri zentilhomeni. Soa
99 L’odierna città slovena di Vrhnika (it. Nauporto; ted. Oberlaibach).
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
Excellentia zurò la impotentia sua, e scriveria una lettera a la Signoria. | Si è stato questi zorni in expedir il Taberna, Gran Canzelier, et lo Episcopo di Modena, vanno a trovar el Pontefice: | et anderano a Zenoa, poi dove sarà Sua Santità. Da Turin sonno letere di 13, come la Duchesina erra |60 zonta a Niza et aspetava ordine dal Pontefice, et che ’l duca di Savoia non erra risolto di dar il castello di Niza | in le man dil Papa. Sonno letere di Roma, di 7 et 9, dil reverendo Andreasio, Orator di questa Maiestà,100 come Cesare havia | scrito al suo orator de lì parlasse al Papa ch’el operasse che ’l Re Christianissimo si acquietasse per la morte del scudier Meraveia, | [236v]101, 102 et che dito orator cesareo, insieme con lui Andreasio, parlono al Pontifice di questo. Disse Soa Santità ha- | ver parlato al reverendissimo Tornon et al conte di Tenda, et di novo faria bon oficio. Li altri oratori è qui, vedendo io | non haver fato quella fede che ’l Maraveia non è stà come orator dil Re Christianissimo, nì etiam lhoro l’ànno fata. Il burchio | col formento sarà expedito dimane. Manda letere di Franza. Et scrive trovarsi ducati 2000 in groppi103 per |5 formenti: partendossi, e il Dolfim venendo via, la Signoria ordeni quello habbi a far di essi. | Di Franza, di sier Marin Iustinian orator, da Nimes, a dì 29 avosto, ricevute a dì 25 septembrio: come havia ricevute nostre | lettere di 9 di avosto con li avisi di Levante e infine zercha aver la trata, le qual lezé al re. Soa Maiestà disse se mera- | vegliava che ’l Turcho non fusse venuto a socorer Coron con mazor forze de quello
100 L’ed. Fulin et al. evidenzia con un sic l’eccezionalità del titolo questa Maiestà in riferimento al duca di Milano Francesco II Sforza. 101 1 ditto] dito | 3 fatto] fato Maraveia] Maraveia loro] lhoro hanno] ànno | 5 partendosi] partendossi | 7 zerca] zercha haver] aver | 8 Turco] Turcho soccorrer] socorer fato] fatto | 9 soccorso] socorso vele] velle Stretto] Streto | 10 a la] alla Ambassador] Ambasador ambassador] ambasador | 11 haver] aver | 12 accordasseno] acordaseno | 13 restasse] restase Turco] Turcho | 16 acerrima] acerima vendetta] vendeta | 18 tuto] tutto fatto] fato | 19 abcamento] abochamento refuso quali] qualli | 22 coletor] colector | 23 ditto] dito zerca] zercha | 24 haver] aver Lenguadoca] Lengua Docha Ferrara] Ferara | 26 haver] aver | 28 faticar] fatichar | 31 ditto] dito | 32 zerca] zercha l’ha] l’à scritto] scrito | 33 information] informazion metter] meter guerra] guera | 34 ditto] dito | 36 che io] ch’io | 37 ditto] dito | 38 trataria] trateria infideli] infidelli ofensa] offensa | 39 luterani] lutherani sono] sonno | 40 dota] dotta | 41 casa] caxa | 42 10] X in zerca] inzercha cusì] cussì sottilmente] sotilmente | 43 poca] pocha personaggio] personagio | 44 comunicati] comunichati | 45 zerca] zercha | 46 ditto] dito summari] sumarij | 47 Gritti] Griti | 49 ha] à haver] aver passato] pasato | 50 ditta] dita | 51 assediata] asediata scritto] scrito venisse] venise soccorso] socorso | 52 haverò] averò un altro] uno altro | 53 saranno] sarano 30] XXX haverò] averò navili] navilij | 54 assai] asai vele] velle | 55 20] XX | 56 saranno] sarano | 57 privilegi] privilegij | 58 spexa] spesa haverò] averò duchessa] Duchesa | 59 a li] alli 15] XV | 60 aboccamento] abochamento 102 12 et] e il Zuane] Zuam | 25 meni] mena | 26 bisognerà] bisogna | 30 et lo] lo | 32 et come] come | 35 eri a sera] eri sera | 41 mi] li | 46 poi pranzo] poi pranso ringraziò] rigratia 103 La vocale tonica del manoscritto sembra piuttosto una e.
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l’ha fatto, et che se ’l Doria meterà | socorso in Coron, si trattava dil suo honor, et teniva che uno altro anno faria 300 velle e ussiria di Streto |10 e potria far qualche sinistro alla christianità. E disse: «Ambasador, vi voio dir quel che l’ambasador di Barbarossa, | venuto da mi, mi disse che Carlo di Spagna e il Re suo fratello havia mandà ambasador a Constantinopoli per aver | la pace, e che ’l Re di Romani e il Re Zuam104 il Turco havia contentà che si acordaseno insieme. Al qual Re Zuam | restase Strigonia, et voleva esso Turcho intervenir in questa paxe, ma non voleva farla con Spagna. | Et la Raina Maria, governatrice di la Fiandra, etiam mi ha scrito questo». Et perché il re ho inteso haver par- |15 lato con l’orator cesareo in la materia d la morte dil Meraveia, dicendoli non voler soportar questa iniuria, | e voleva o fusse reparata ditta iniuria o farne acerima vendeta, dicendo haver mandato uno | †re di arme† a Milam al duca; el si tien sia in camin de ritorno. Scrive, monsignor de Briam, uno di oratori anglici | mi disse, il novo matrimonio dil Re suo e repudiar la Raina Maria,105 tutto è stà fato con conseio di questa | Maiestà. E che a questo abochamento questa Maiestà conzerà le cose dil suo Re o si partirà inimico dil Papa. Li qualli oratori |20 dimandano con instantia di le galie di Fiandra. Monsignor di Valoy mi ha ditto esser seguito trieva | per sie setimane fra il Re di Anglia et Scozia per conzar certi dubii. Dia venir a questa corte domino Petro | Vanes, Colector dil Papa et Secretario dil Re de Anglia, per esser a questo convento con li altri do oratori. | Dil dito, di Avignon, a dì 2 septembrio: arivò qui il Gran Maestro, qual ha spazà le 18 galie da Marseia, et li parlai zercha | aver la trata di 25 mila stara di formenti di Lengua Docha, Provenza over Borgogna. Disse, el Duca di Ferara haver |25 mandato a rechieder per il suo Orator il Re lo mena con lui, aziò el vedi si se pol servirlo, perché oltra l’armata, per quelli | venirano a questo convento, bisogna aver gran quantità. Ma vederà darmene qualche summa di la Borgogna, | dicendo: «Voio parlar a questo legato di Avignon si pol servir di qualche summa, si non di Bertagna, Nor- | mandia e Picardia, ma si vol fatichar se ne habbi per la via di Borgogna». Dia venir a questa corte 7 over | 8 zenoesi con salvo conduto, menati dal conte Francesco di Pontremolo scudier dil Re. È ritornà di Roma e zonto |30 qui il reverendissimo Agramonte; lo visiterò etc. |
104 Il nome, che ricorre due volte in questo rigo, sembra piuttosto da leggere Zae(n). Nella prima delle due occorrenze l’abbreviazione finale si lega in realtà a una lunga asta verticale seguente. Sanudo potrebbe avere incontrato una sigla rara nella propria fonte e averla trascritta in modo ambiguo. L’indice del volume non esplicita l’identità del personaggio, che è Giovanni I d’Ungheria (pol. Jan Zápolya, 1487–1540). 105 Come correttamente segnalato dagli editori ad locum, si tratta in realtà di Caterina d’Aragona (1485–1536). Il lapsus è forse dovuto a confusione con Maria Tudor, la futura Maria I la Cattolica (1516–1558), figlia di Enrico VIII e di Caterina.
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Dil dito, di Avignon, di 5 septembrio, ricevute ut supra: eri visitai questo Orator cesareo, qual mi disse haver hauto letere da Cesare | zercha la morte dil Maraveia. Com’el à inteso quanto quella Maiestà li ha scrito di questo, et ch’el scrive al Duca per | informazion, e si confidava in questa Maiestà che non vorà meter guera fra christiani e romper la pace et quiete | de Italia: e cussì havia parlato a questa Maiestà. Qual li ha dito voler ad ogni modo la reparation di la iniuria. |35 Eri sera fui a far reverentia al reverendissimo Agramonte, qual, dapoi le parole comune, mi disse: «So, la illustrissima Signoria | teme di questo convento si fa: ma non è nulla, e quando trovaré altramente, tenete ch’io sia il mar ladro et | trufador dil mondo, e cussì Dio mi liberi di questa egritudine, perché questa Maiestà ama la Signoria. Lui Orator rispose: «Il Re mi l’ha dito | più volte». E li dimandai quello si trateria; mi disse, prima la materia de infidelli di defensa et offensa, | poi di lutherani, perché sguizari e germani sonno molti in quella secta, et spera operar quello non ha potuto far |40 Cesare quando fo in Germania. Poi, disse, si farà il matrimonio di la Duchesina nel duca di Orliens. Li dimandai la dotta: | li disse li dà l’intrada havea in Franza la caxa di Bologna e la soa parte l’ha in Fiorenza; pol esser ducati | X milia de intrada inzercha (ma il Re non guarda cussì sotilmente) et li danari li vorà dar il Pontifice. Io li dissi questa | è pocha dota a tanto personagio; mi rispose: «Dar cose de Italia, vi iuro, non so, e questo potria esser fra il | Papa e il Re». Ho ricevuto letere di 30 di luio,106 con avisi di Constantinopoli di 24 zugno; li ho comunichati |45 col Gran Maestro, qual si partiva per Marseia, et zercha la trata, parlato l’habbi a l’armiraio, si vederà. | Dil dito, pur di 5: poi pranso andai dal Re e li lexi li sumarij di Constantinopoli. Rigratia, e disse: «Conosco questo | missier Zorzi Griti, vene da mi per li danari mi servite suo fratello, è fiol dil vostro Principe». El monstrò admi- | ration. Li dissi: «Questo né il fratello non ubediva il serenissimo nostro Principe, né godeno cosa alcuna dil suo, | e Soa Serenità à gran fastidio». Mi disse aver letere di Roma, di 29 dil pasato, che l’armata dil Doria havia patito |50 sinistro; e per uno navilio, zonto a Marseia, vien di Sicilia, riporta dita armata esser retirà in una | vale, asediata, et havia esso Doria scrito a la Religion di Rodi, le galie venise in suo socorso, e non era | conzonta con l’armata di Spagna. Poi disse: «Io averò uno altro anno una bona armata, sopra il mar | ho 24 galie et 6 fazo far: sarano XXX. Averò 4 galie bastarde et altri navilij che si fa im Ber- | tagna, che portano artellarie asai. Li altri 40 si lavorano: sarà in ordine 40 velle, zurme per forza |55 ne ho per XX galie; ho tanti presonieri condanà a la morte per casi criminali, che armerò le altre. | Et voio
106 Di luio su rasura.
5.7 Campione F
225
far 7 legion a piedi di la Franza a numero 6000 per legion, che sarano homeni 42 milia, e li farò exercitar ogni | anno con darli privilegij e utilità, e a li capi e oficiali pagarli in tempo di pace et di guerra (ma sarà | gran spesa). Siché averò armata da mar e da terra». Disse, il Gran Maestro esser andato a Marseia contra la Duchesa di Urbim, | che cussì chiamano la Duchesina, la qual sarà in Franza fra 4 over 5 zorni, e l’armata tornerà a levar il Papa, qual alli XV |60 di questo monterà su[s]o. E lo abochamento si farà a Marseia o a Tolon, over in altro locho lì apresso. [237r]107, 108 Di Anglia, di sier Carlo Capelo, Orator, di 15 avosto, ricevute a dì 25 septembrio: come ha inteso che il messo spazò | questa Maiestà, come scrisse, fo mandato a Roma a revochar li soi Oratori erano de lì, infuora che el doctor | Bonare, et come di atti fati per il Pontifice in materia dil divortio si apella al futuro concilio. Et in quella | sera vene a Soa Maiestà letere dil Ducha dil Norfolch: scrive lo abochamento dil Pontifice col Re Christianissimo sequirà, |5 siché ’l Pontefice non vol vi sia alcun per nome di questa Maiestà, sicome li ha dito il Re Christianissimo, perhò si partiva per tornar. | Ritornò di Scozia il secretario di monsignor di Beove, Orator franzese, qual insieme con questi Oratori francesi andò | dal re, e ho inteso è tornà senza conclusion, e quelle cose è restà confuse. Comparse questi zorni | a le Dunes, verso Dobla, XXII nave di Dans fanno danni a fiandresi e olandesi et haveano | preso alcune scrite con merze di quelli, e ne li contorni sonno nave di questa Maiestà, qual, mi vien afermà, |10 questa Maiestà haver mandato homeni in Alemagna per condur 8000 lanzinech, et ch’el ha bona
107 1 Capello] Capelo Setembrio] septembrio | 2 revocar] revochar | 3 fatti] fati appella] apella | 4 duca] Ducha aboccamento] abochamento seguirà] sequirà | 5 ditto] dito però] perhò | 6 franzesi] francesi | 7 quele] quelle | 8 22] XXII | 9 sono] sonno affirmà] afermà | 11 habbi] habi parti] parte | 12 accordi] acordi guerra] guera | 13 aspecatano] aspetano loro] lhoro accordo] acordo | 14 l’Ixola] l’Isola guerra] guera | 14–15 navili] navilij | 15 sono levate] sonno levate sono] sonno | 16 seguirà] sequirà l’aboccamento] lo abochamento | 20 accusato] acusato luterano] lutherano predica] predicha | 22 Heri] Eri | 23 fanno] fano apparati] aparati | 26 sollicita] solicita | 27 gentilhomo] genthilomo | 28 accompagnarlo] acompagnarlo all’armata] a l’armata duchessina] Duchesina | 29 partii] partì appresso] apresso | 30 loco] locho | 36 assai] asai | 37 lo havemo] l’havemo | 38 Excellentia] Excelentia la parola è di lettura particolarmente ardua lete] lette | 38–39 l’hebemo] le hebemo | 39 rallegrasemo] rallegrassemo li obligi] l’obligi | 41 cessamo] cesamo | 42 immortalità] inmortalità Son] Sono | 43 20] XX | 45–46 interpretatione] interpetratione | 46 zà] già | 47 a la] alla 10] X debe] debbe vani] vanni | 48 quali] qualli | 49 sono] sonno | 49–50 allontanati] alontanati | 50 mancamo] manchamo | 52 praticare] pratichar | 54 10] X | 55 quale] qualle | 56 a la] alla | 57 così] cossì | 58 raccomandiamo] racomandiamo settembrio] setembrio Sottoscrita] Sotoscritta | 59 Gritti] Griti 108 4 di Norfolchi] dil Norfolch | 5 et che] siché | 7 ch’ho] e ho | 11 et si dice] el si dice | 35 de Settembrio] septembrio
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
intelligentia | con il Re di Dazia e con Alemagna. El si dice di brieve habi a seguir in queste parte novità e guera. | Dil ditto, di 23, ricevute ut supra: li acordi con Scozia vien menati in longo. Questo Re si prepara a la guera da mar | et da terra. Li Oratori francesi aspetano uno lhoro secretario man- dato al Re Christianissimo et vi è poca speranza di acordo. | È stà mandato a l’Isola per proveder di maior numero di nave da guera. Le nave de Sterlini, preseno molti na- |15 vilij de fiandresi e spagnoli usando gran crudeltà, sonno levate di questa ixola. Sonno letere dil Duca | di Norfolch: questi tieneno non sequirà lo abochamento dil Papa et Re Christianissimo. Le letere dil Duca di Norfolch | è date e San Spirito apresso Avignon. Scrive, aspetava il Re Christianissimo per parlarli et ponersi a camino per qui. | De qui è stà suspeso le intrate dil Cardinal Campegio, dil vescoado di Sarisberì, qual dà più di ducati 5000 | de intrada a l’anno. Et l’auditor dil suo vescoado vigurniense in Ibristogna, provintia di questo |20 regno verso Gual, uno Latomieri,109 altre volte acusato per lutherano, par che predicha publice | contra il Papa et contra la potestà papal, siché ogni dì qui si fa cosse contra il Papa. Di Alemagna | si aspeta risposta. Eri questa Maiestà con la regina venero a Vas Monestier et zuoba proxima | andarà a Granuzi, dove si fano honorandissimi aparati per il parto suo, et questi signori si preparano | per giostrar et far feste. |25 Da Piasenza, di sier Marco Antonio Venier dotor, Orator, di 21 setembrio, ricevute a dì 26, la matina: a dì 6 il sabato mi | partì di Roma per Niza, et a dì 9 partì el Pontifice, qual, ho inteso, solicita molto il viagio suo; e cussì | accelererò il mio camino. In Lucha trovai uno un[a] genthilomo dil Duca di Albania, andava contra | il Pontefice per acompagnarlo a l’armata a le Speze, et è aviso la Duchesina esser zonta a Niza et l’armata | tornata a le Speze. Et quando mi partì da Lucha passando apresso la marina, vidi a Viarezo, |30 locho de luchesi, 8 nave grosse, carge di grani di Sicilia (zoè cinque per conto di loro110 et tre per conto | de luchesi, zoè di domino Martim Bonvisi), e dicono aspetarse alcune altre. Et in ogni loco | dove ho passato ho trovato grandissima carestia di pane. A Serzana, lontan di le Specie 7 mia, mi | fu confirmà l’armata francese di galie 18, et do nave erano zonte a le Speze. Qui im | Piasenza ho ritrovato il Conte Paris Scoto, qual mostra gran servitù a la Signoria, e mi ha fato gran amorevoleze. |35
109 Evidentemente non compreso dagli editori e reso tipograficamente come lato … mieri. È Hugh Latimer (1487 ca.–1555), teologo luterano e vescovo di Worchester dal 1535. 110 Loro è seguito da tre segni di difficile interpretazione nell’interlinea.
5.7 Campione F
227
Copia di una lettera scrita per il Duca di Milam a la Signoria, ricevuta a dì 16 septembrio. | Illustrissimo et excelentissimo Signor, come padre honorandissimo. Benché asai ne constava qual fusse il desiderio | di Vostra Excellentia, nondimeno l’havemo più chiaro inteso per bocha dil magnifico suo Orator apresso | noi residente, qual ne presentoe letere di Vostra Excelentia, di 9, tutte conforme. Lette che le heb- | bemo, nel primo capo se ralegrassemo vedendo representarsi l’obligi grandissimi quali |40 tenemo a Vostra Excelentia et quello illustrissimo Dominio per li beneficii recevuti, de quali non solo ne rende- | mo bon testimonio, ma non cesamo di valersene e favorirne in tutti li casi et occorentie | nostre, et ne servamo memoria gionta con la inmortalità. Sono vere le promesse nostre, | qual Vostra Excelentia scrive. Per li scuti XX milia et distinti li tempi li havemo da pagar, non potemo | senza grandissimo dispiacer far nostra excusatione. Ma poiché la colpa viene da li sinistri |45 tempi et non da noi, speramo che Vostra Excelentia, desiderosa dil nostro bene, non farà mala inter- | petratione sopra la tardità nostra. Se tenevamo certi già alcuni giorni de poter satisfar | alla prima parte de li X milia ma, come Vostra Excelentia debbe sapere, se circumferavano certi vanni | rumori de inminar guerra, qualli hanno retirato di la praticha questi che ne haveano dato | intentione di servirne di qualche notabile summa. Ma hora che tali rumori se sonno alonta- |50 nati, non manchamo di tutta diligentia per trovar modo de potersi redimer de li debiti, | et novamente havemo mandato homo nostro a Genoa da missier Ansaldo Grimaldo et altri con- | sueti ad fare partito con noi per pratichar et concludere, se possibile sarà, per qualche notabile summa. | Et per questa via over per altra siamo disposti per ogni modo provederli et de li primi danari primo | sarà el pagamento de li X milia scuti. Vostra Excelentia cognoscerà chiaramente che non solo non se intendemo |55 ponto declinare de nostra singula afectione, qualle verso essa et quello illustrissimo Dominio tenemo, ma | di continuar in esser eternamente, tribuendo sempre ogni nostro honor fortuna in alcuna parte alla | protetione, qual Vostra Excelentia et esso illustrissimo Dominio ha tenuto da noi. Et cossì facendo fino a Vostra Excelentia de | continuo ne racomandiamo. Di Milano, a dì 18 setembrio 1533. Sotoscritta: di vostra illustrissima et excelentissima Signoria | obsequentissimo fiol .111 A tergo: Illustrissimo et excelentissimo domino Andree Griti duci Venetiarum etc., patri honorandissimo.
[237v bianca] [238r]112, 113 De Avignom, di sier Marin Iustinian, Orator, di 4 septembrio 1533, scrita a sier Thomà Lippomano suo cognado. | Partidi di Mompelier, venissemo a Nimes, poi qui in Avignon. L’abochamento ogni zorno se | tien per certo con lo matrimonio. Monsignor illustrissimo Gran Maestro era partido per
111 Integrazione dell’ed. Fulin et al.; insieme di tratti incomprensibile nel ms., forse a imitazione della firma ducale. 112 1 scritta] scrita Tomà] Thomà | 4 tre] 3 | 6 iudica] iudecha | 9 sarà] serà | 10 Nimes] Numes quello] quelo | 13 sono] sonno | 15 fuori] fuora uno] un | 17 11] XI | 18 habi] habbi | 21 tera] terra uno gran saxo] un gran saxo | 22 donna] dona | 27 sotera] soterra | 35 pena] penna | 37 in ginocchione] in ginochione | 39 bellezza] beleza | 28a estrema] extrema | 28b cosa] cossa | 30 a-b abbondantissime] abondantissime | 31b dell’homo] de l’homo 113 8 fata] fatto | 21 se è] se ha picolo] picol
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5 Sei estratti dal manoscritto autografo
expedir l’armada, | el qual è tornato, riporta114 la expedition total de 18 galie a dì 26, et si dice esserne altre 3 in Aqua |5 Negra et do in terra quasi serate, e le forzano finirle per la tornata dil Papa. Hanno hauto buon | tempo ne l’andar, si iudecha zà alcuni zorni siano zonte. Questa Maiestà non aspeta altro | per il partir suo de qui se non la nova di la partita di Roma. E lo abochamento si farà a Mar- | seia, dove zà è fatto tutta la preparation, perché el Duca de Savo non ha voluto dar il castello | in mano dil Pontifice come havea promesso. El viver serà carissimo, maxime di vino, etc. |10 A Numes ho veduto una arena (sive theatro) menor di quelo di Verona, de fuora | più integro et più bello, de dentro più diminuto et manco bello. Ho visto etiam una | chiesia antiquissima de idoli antiqui, picola ma molto bella, ne la qual | sonno monache di Santo Benedeto et bone compagne. Ho visto etiam uno hedificio | antiquo,115 sia erario o altro, con colone sargiate, e davanti ha uno peristillo. Poi |15 venendo ad Avignon, alquanto fuora di strada, havemo trovato un aquedotto, zoè tre | ponti uno sopra l’altro, qual erra grandissima machina et è di bellissima struttura, sotto el qual | score el fiume Gardo. El primo ponte ha archi 6, el secondo, fondato sopra el primo, archi XI, | el terzo 35 alquanto più picoli. È cosa assa’ bella come habbi visto ne la Franza, | imo la più bella. Qui in Avignon è stà trovata novamente la sepultura di Madona |20 Laura dil Petrarcha, la qual è nella chiesia di Santo Francesco de Menori, et è sepultura | di terra con un gran saxo sopra, sotto el qual saxo se ha trovato un picol vaseto di | piombo, nel qual era una figura scolpita [di una figura] di dona, con una carta | bergamena dentro, ne la qual vi son scritti li infrascritti verssi, per li qual chiaramente si | cognosse questa esser la sepultura di madona Laura: |25 Qui riposam quei casti et fęlici ossa |116 di quella alma gentile et sola in terra. | Aspro e dur sasso, hor ben techo hai soterra | il vero honor la fama e beltà scossa. | [M]Morte ha del verde lauro svelta e smossa |30 frescha radice e il premio de mia guerra |
114 Nel ms. risporta. 115 hedificio antiquo su rasura. 116 Questo verso e i successivi occupano solo la metà sinistra della pagina. A destra si trova il testo in prosa qui riportato con l’indicazione 27b–32b. Sul ritrovamento e sull’alterna fortuna dei due frammenti cf. da ultimi Monda (2002, 41s.) e Carrai (2007, 453–459), e nel presente lavoro la n. 6 a p. 78. In essa si è già sottolineato come questa precoce testimonianza non sia finora mai stata chiamata in causa negli studi sulla tradizione del sonetto apocrifo e della successiva quartina libera (per una rassegna bibliografica aggiornata cf. Giudici 1980, in particolare 12–29, e Carrai 2007, 458). La redazione più fedele, relativamente al solo sonetto, è oggi considerata quella, ben più tarda, di un Ludovico Baccadelli che poté esemplare i lacerti nel 1539 direttamente dalla pergamena cui accenna Sanudo (Carrai 2007, 455). Manca ad oggi un’edizione critica dell’apocrifo rinascimentale, che si tende attualmente ad attribuire allo stesso Scève (ibid., 458; Giudici 1980, 37–48).
5.7 Campione F
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di quatro lustri e più, se anchor non erra | mio pensier tristo, e il clude im pocha fossa. | Felice pianta in borgo de Avignone | nacque et morì, et qui con essa giace |35 la penna e ’l stil, l’inchiostro e la ragione. | O delicati membri, o viva face, | che ancor mi cuoci e struggi, in ginochione | ciascun pregi el Signor te accepti im pace. | | Mortal beleza indarno se suspira, |40 l’alma creata117 in ciel vivrà in eterno, | pianga il presente o il futur secul privo | d’una tal luce et io degli ochi e il tempo. | F. Pa. / P.118 | In Marseia è extrema carestia |28b di ogni cossa, et maxime de vim | (che val un ochio), dil qual in queste parte |30b le tavole ne vol esser abondan- | tissime, et quello sol comproba bon- | tà, doctrina e suficientia de l’homo | in questi paesi.
117 La prima a di creata è aggiunta nell’interlinea superiore. 118 La P. è sovrastata da una linea curva verso il basso che racchiude una ventina di puntini. Corrisponde all’albero fasciato da una sorta di banderuola ascendente (che disegna contemporaneamente un cuore e appunto, assieme al tronco, una P) descritto da altri testimoni antichi e riprodotto nelle edizioni a stampa dell’opera di Petrarca a cura di Jean de Tournes risalenti al 1545, al 1547 e al 1550 (il facsimile è riprodotto tra le pagine 20 e 22 di Giudici 1980). La prima edizione reca un testo notevolmente corrotto: premio > primo (verso 6); quatro > quatri (verso 7); viva > vivace (verso 12). Fra il sonetto e la quartina, inoltre, molte edizioni riportano cinque lettere (OSEUL, altrimenti lette O SEXO), seguite da un vanne, che l’edizione del 1550 trascrive «cancellato, come ne l’archetipo» (Giudici 1980, 10s., 15 e 50 n. 15).
6 Note linguistiche 6.1 Introduzione 6.1.1 Il veneziano di fine XV–inizio XVI secolo In questo paragrafo ci si propone di fornire un brevissimo compendio sulle principali caratteristiche del volgare di Venezia al tempo di Sanudo e su qualcuna delle tappe storiche precedenti. Si rimarca fin d’ora che un tema tanto complesso può essere formulato così sinteticamente solo a prezzo di alcune generalizzazioni e forse di qualche vera e propria forzatura. Ulteriori informazioni preliminari d’insieme sono inserite a mo’ d’introduzione di ognuno dei sottoparagrafi dedicati all’esame linguistico dei campioni. Le cautele sempre necessarie nella ricostruzione di sistemi linguistici del passato valgono a fortiori per il caso di Venezia. La ricchezza documentaria del veneziano lascia infatti intravedere un quadro assai sfaccettato: non sono riducibili al veneziano metropolitano «illustre» documenti come i precocissimi testi di Lio Mazor o le varietà socialmente o topograficamente connotate riflesse a più riprese nella letteratura (tra i testimoni più illustri si ricordano almeno Andrea Calmo e Carlo Goldoni). La linea evolutiva qui tratteggiata riguarda quindi il solo veneziano degli atti ufficiali o delle scritture private degli strati più elevati della popolazione lagunare. La storia (anche) linguistica del Veneto non è sovrapponibile a quella della restante Italia settentrionale. Già in epoca prelatina l’area risulta abitata dalla popolazione non celtica dei Veneti. I Romani conquistarono gli attuali Veneto, Friuli, Istria e Lombardia orientale nel II sec. a. C. e Augusto ne fece la regio X. Le parlate venete presentano fin dalle prime attestazioni, accanto ai tratti che le accomunano al gallo-italico e alle lingue romanze occidentali (degeminazione e lenizione delle consonanti intervocaliche e intersonantiche, metafonesi settentrionale, clitici soggetto), anche alcuni caratteri demarcativi rispetto a esse, quali la tendenza alla conservazione delle vocali atone interne e finali e la mancata palatalizzazione di A , Ū e Ŏ toniche e del nesso -CT -. 1 Un fascio di importanti isoglosse2 separa il veneziano lagunare dalle altre macroaree linguistiche del Veneto: quella centrale (padovano, vicentino, polesano), quella occidentale (veronese) e quella nord-orientale (trevigiano, feltrino, bellunese, oltre al liventino, 1 Cortelazzo/Paccagnella (1992, 220–22); Loporcaro (2009, 102–104). 2 Ad esempio, a livello morfologico, l’esito -er del suffisso nominale -ARIU (M ), di contro all’-aro egemone nelle parlate venete occidentale e centrali (cf. Stussi 1965, XXIX ; Tuttle 1997, 134 n. 13; Tomasin 2004, 99s.; Bertoletti 2005, 162–164).
6.1 Introduzione
231
all’agordino e alle altre varietà di contatto con il ladino). Almeno a partire dal Trecento, poi, tutte in diversa misura subiscono profonde modifiche dovute all’irradiazione dei modelli linguistici veneziani. Sulla genesi e sulla preistoria del veneziano sono state avanzate proposte ricostruttive contrastanti. Gli elementi che accomunano la parlata delle origini al veneto settentrionale e orientale, coniugati col dato extralinguistico della provenienza settentrionale delle popolazioni dalle quali i coloni riparavano, puntano a un’originaria parlata friulana-trevigiana, portata nella laguna intorno al VI–VII secolo e presto sprovincializzata dai parlanti. Una seconda esegesi dei dati implica invece la formazione di una koinè lagunare tra questa componente e una proveniente «dalla vicina area occidentale, cioè Padova-Polesine».3 Entrambe le ricostruzioni postulano una fase più o meno lunga di assestamento, che in seguito a un processo plurisecolare marginalizzò le varianti più originali e finì per imporre un modello linguistico dalla «bassa variabilità interna» (Ferguson 2005, 498). Nel contesto di questa lunga gestazione si colloca il ruolo decisivo degli influssi alloglotti, in particolare di quello toscano. La particolare varietà ed entità dei contatti con altre realtà linguistiche, conseguenti alla rapida espansione di Venezia e dei suoi traffici, è infatti una delle peculiarità storiche del veneziano. Un’altra, già da tempo agli atti, è la relativa esiguità della produzione letteraria in volgare, attribuibile in definitiva ad una scarsa propensione delle classi dominanti a una produzione culturale autonoma e alla perdurante egemonia del francese in letteratura (sono in francese il Milione di Marco Polo e le Estoires de Venise di Martin da Canal) e del latino negli altri àmbiti d’uso.4 È però il rapporto con il toscano il fil rouge che accompagna i primi secoli del veneziano. A Venezia infatti, come del resto in tutti i maggiori centri del Veneto, la ricezione della cultura e della letteratura toscane è stata eccezionalmente vitale e precoce (particolarmente significativa la fortuna di Dante e di Petrarca); a livello linguistico, l’influenza del toscano si esprime anche nei testi
3 Tuttle (1997, 129; cf. ibid., 133–137). Lo stato del dibattito è stato illustrato, e la questione nuovamente affrontata, da Ferguson (2007, 161–177) che suddivide la storia della secolare costituzione della città lagunare in un primo insediamento tardo-latino o alto-medievale, un successivo afflusso di esuli dall’ager Patavinum (Veneto centro-meridionale) all’altezza del VI secolo e infine una lenta colonizzazione proveniente da nord-est fra l’VIII e l’XI secolo (ibid., 174–175). 4 Stussi (2005, 44–49); Ferguson (2007, 211–213); Tomasin (2010, 13–15). Sul passaggio dal latino al volgare nella stesura di atti pubblici, sensibilmente più tardo a Venezia che a Milano e Firenze, e sulle ragioni e le caratteristiche del passaggio nella Serenissima e altrove cf. Frasson (1980); Cortelazzo ([1982] 1989); Tomasin (2001, in particolare 11–58); Eufe (2003 e 2006, 171–176); Stussi (2005, 63).
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6 Note linguistiche
pratici già in alcune fra le prime testimonianze cancelleresche in volgare.5 Pur secondo moduli del tutto originali, che determinano una caratteristica persistenza del dialetto fino a oggi (di «un’armonica convivenza diglossica tra le due varietà, o in altre parole una complessiva non-conflittualità» con l’italiano parla Tomasin 2014, 291), nel secolo XV e nei successivi la storia del veneziano si sviluppa sul binario di un progressivo adeguamento al paradigma toscano. Come dimostrato anzitutto da Sattin (1986), esso era già pervasivo parecchi decenni prima della definitiva sanzione del primato del volgare toscofiorentino nelle Prose della volgar lingua di Bembo (pubblicate proprio a Venezia nel 1525), al punto che per alcuni documenti quattrocenteschi si può già parlare di «toscoveneziano», ovvero di un volgare a base toscana venato di generici venetismi residuali.6 L’influsso toscano si coniuga in veneziano almeno dal XV secolo con la lingua cortigiana, a sua volta profondamente sprovincializzata, dei maggiori centri settentrionali circostanti la Serenissima.7 Accanto alla matrice letteraria del fiorentino trecentesco, decisivo è stato l’apporto del toscano «argenteo» umanistico e rinascimentale, penetrato con particolare forza attraverso la lingua delle cancellerie: «A partire dal Quattrocento prende vita un registro veneziano cancelleresco caratterizzato da considerevole toscanizzazione fono-morfologica; analogamente a quanto accade nelle corti lombarde, anche a Venezia nel corso del sec. XV la scrittura cancelleresca evolve verso una sempre maggiore accoglienza di forme condizionate dal prestigio della tradizione toscana» (Coluccia 2008a, 2483; cf. Vitale 1953, 26 e Tomasin 2001, in particolare 86 e 90– 96).
Per poter associare un discrimine temporale più netto al compimento della Toskanisierung, bisognerebbe restringere l’osservazione a una o più tipologie testuali, se non a singoli documenti esemplari, e privilegiare determinati versanti del diasistema linguistico del volgare veneziano. In ogni caso, come osserva opportunamente Tomasin (2001, 96), «un limite preciso non può esistere». Si può in ogni caso legittimamente affermare che la toscanizzazione è precoce e che già nei decenni
5 Cortelazzo ([1982] 1989, 65–67); Cortelazzo/Paccagnella (1992, 231–234); Paccagnella (1997, 187–191). 6 La definizione di tosco-veneziano è stata coniata da Carlo Salvioni in riferimento alla veste linguistica della trecentesca Storia di Apollonio di Tiro da lui edita (Salvioni [1889] 2008). Cf. Brugnolo (1976); Cortelazzo/Paccagnella (1992, 231–234); Paccagnella (1997, 196–200); Tomasin (2001, 86 e 90–96). 7 Ferguson (2007, 191) introduce la definizione di «Northern Italian written lingua franca», equivalente alla «koiné [sic] scritta settentrionale» di Ferguson 2005, 500, in opposizione al toscano.
6.1 Introduzione
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precedenti il 1496 è ormai assai avanzata e in qualche modo standardizzata.8 È in questa data che inizia la redazione dei Diarii, ed è proprio attorno al 1500 che Ferguson (2007, 46) situa, alludendo al provvisorio superamento della «questione della lingua» cinquecentesca con la pubblicazione delle Prose (1525), il passaggio dall’Early al Middle Venetian.9 Di fatto, già dai primi decenni del XVI sec. la gloriosa lingua locale dell’uso alto10 viene gradualmente confinata all’uso orale (Cortelazzo [1982] 1989, 70–73). Il veneziano degli ultimi volumi dei Diarii, quindi, può considerarsi in qualche misura un relitto preservatosi grazie all’ostinazione di un anziano cronista particolarmente abitudinario e devoto alla tradizione.
6.1.2 La lingua di Sanudo: stato della ricerca Marin Sanudo, e in particolare i suoi Diarii, vengono regolarmente e doverosamente menzionati, pur se generalmente di sfuggita, in tutte le ricerche che tocchino il nevralgico passaggio storico-linguistico appena delineato in quanto punto di arrivo o di partenza, secondo l’ottica di volta in volta adottata, nella documentazione dell’antico veneziano. Per un cronista di enormi ambizioni come Sanudo la stessa scelta del volgare in opposizione al latino non è affatto scontata e il cronista la giustifica in diverse occasioni. L’argomento che egli sviluppa è quello topico dell’avvicinamento a un largo pubblico incolto che non sarebbe in grado di intendere una redazione in latino, e ai concittadini in generale, maggiormente propensi alla lettura di un testo redatto nella lingua madre.11 Si può per lo meno accostare a queste motivazioni il 8 Sattin (1986, in particolare 8); Cortelazzo/Paccagnella (1992, 231–234 e passim); Tomasoni (1994, 216s.); Tomasin (2001, 86, 96 e passim). 9 La successiva cesura è collocata dallo studioso attorno al 1880. Le legittime riserve che sono state espresse sugli elementi di arbitrarietà implicati in questa suddivisione non contraddicono l’assunto, ampiamente illustrato tra gli altri da Ferguson stesso, che il passaggio dal XV al XVI secolo sia effettivamente nevralgico (Tomasin 2007, 84; Crevatin 2009, 231). 10 Il tradizionale impasto linguistico venezianeggiante rimase ancora oggetto di devozione e lode nei secoli successivi nell’uso ufficiale e politico (De Vivo 2012, 133s. e fonti ivi indicate). 11 La principale testimonianza di questo atteggiamento autoapologetico è la Marini ad lectores excusatio in calce all’apografo dei Commentarii della guerra di Ferrara (Marc. It. cl. VII, 521, cc. 162s.). Così suona un passaggio, particolarmente pertinente, riportato in Berchet (1903, 24s.): «Forsi da alchuni sarò biasimato, lectori suavissimi, ch’essendo la materia degna l’abia descrita nel sermon materno e lasciato la degna latina; ma, come se divulgano, questa guerra è stà scrita per ecelenti autori et quella la latina pilgieranno, unde per quelli che ne le faccende sono occupati, acciò qualche cognitione de la Ferrarese guerra possino avere, et altri patricii che de scientia non sono periti, ho descrito questi Commentarii in vulgar. Per la qual cossa se quelli l’utilità di questa mia opereta diligentemente considerando, non ricercando l’ornato et elegante
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6 Note linguistiche
sospetto che in Sanudo la competenza del latino, negli anni, si fosse gravemente impoverita.12 Tale scelta operativa non sarebbe stata in ogni caso praticabile un secolo prima, quando il latino era ancora a tutti gli effetti a Venezia la lingua dell’amministrazione e della giurisdizione. Nei Diarii la componente latina è tutt’altro che residuale: ogni aspetto della lingua, dalla grafia alla fonomorfologia, dalla sintassi al lessico, ne è pervasa. A ciò si sommano i latinismi integrali, non limitati alle riprese da fonti ufficiali ma ben vivi nell’uso scritto dell’autore, e le copie integrali (anche se spesso pedestri) di documenti in latino. La base della lingua dei Diarii consiste però in sostanza di un composto insolubile di veneziano e toscano. La polimorfia del testo, a ogni livello, è tale che Lepschy ([1993] 1996, 48) si domanda se esso rispecchi un sistema grammaticale vero e proprio, o non sia piuttosto un composto sostanzialmente incoerente di elementi eterogenei, una «mescolanza di due grammatiche differenti, quella del dialetto e quella dell’italiano scritto». Viene spesso citata la risposta parzialmente interlocutoria che si dà la studiosa (ibid., 48s.): la lingua dei Diarii è in effetti un codice esclusivamente scritto, non sovrapponibile al parlato colto dell’aristocrazia veneziana, né tantomeno al parlato popolare testimoniato soprattutto dalla drammaturgia comica coeva o di poco posteriore (le commedie «alla bulesca», la Venixiana, il Saltuzza di Andrea Calmo).13 Sarebbe perciò vano ricostruire una
parlar, non dubito che tal mia utile et honesta faticha comenderano». In una versione solo lievemente ritoccata, il passaggio rientra nelle Vite dei Dogi (ed. Bettio 1829, XIV ): «[…] per quelli che nele facende sono occupati, acciò qualche cognitione della ferrarese guerra possino avere, et altri patricii che de sientia non sono periti». Nella dedica della Spedizione al doge Agostino Barbarigo, anch’essa cit. in Berchet (1903, 35–37), Sanudo reitera: «Et benché ne sia molti che tal gallica historia habbi descripto sì in latino, come Marco Antonio Sabellico, huomo litteratissimo et veterano in tal cose, et altri nel sermon materno, et questi o con più alto stile o con nova forma haranno formato loro scritture: ma io non curando di altro che di la verità, ho fatto questa, vulgari sermone, acciò tutti, dotti et indotti, la possino leggere et intendere, perché molto meglio è faticharsi per l’università che per rari et pochi». Fra le numerose ulteriori argomentazioni a difesa della scelta del volgare per i Diarii, si cita qui solo un passaggio a 21,485: «le mie [scil. historie] sono in lengua materna, et sarano più acepte a tutti a lezer che alcuna altra, perchè ho scripto copioso et con ogni verità». Cf. Neerfeld ([2001] 2006, 205 n. 16); Knapton/Law (2014, 47–50). L XIII s.) e §2.2.3. Un possibile indizio in tal senso potrebbe costituire 12 Cf. Caracciolo Aricò (1989, LXIII anche la forma della giovanile traduzione del Liber secretorum fidelium crucis. Essa contiene gravi incertezze, non spiegabili solo con corruzioni nel manoscritto latino, che lasciarono già perplesso l’editore Rinaldo Fulin (Fulin 1881a, 49s.). Gli editori dei Diarii dedicano due delle pochissime note a piè di pagina del vol. 16 (pp. 112 e 196) a chiedere indulgenza per gli eventuali errori sopravvissuti alla correzione di lunghi exempla in latino «gravemente scorretti». 13 Tomasin (2001, 95) mette in guardia contro richiami impropri alla letteratura dialettale riflessa quale metro di paragone per la lingua dei documenti cancellereschi di Quattro – Cinque-
6.1 Introduzione
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grammatica interna nella lingua del cronista. I tratti dialettali si collocano funzionalmente in una sfera non troppo distante da quella dagli insistiti latinismi, gli uni e gli altri già da tempo ingredienti supplementari della scripta cancelleresca. I Diarii si possono considerare un testimone esemplare del volgare delle scritture veneziane di registro sostenuto; in più presentano la particolarità di essere profondamente influenzati dai documenti coevi, e non esclusivamente veneziani, di carattere amministrativo, diplomatico e cancelleresco. Anche in virtù di questo spettro così variegato di usi e di registri la lingua dell’opera risulta decisamente artificiale, non rispondente a una langue (per riprendere i termini della questione impostata da Lepschy) e lungi dall’essere un correlato scritto del veneziano parlato, anche di quello diastraticamente più elevato. Di conseguenza, la protesta sanudiana di scrivere in «lengua materna» va intesa piuttosto come una dichiarazione di aderenza all’illustre codice scritto locale, congiunta ad una retorica proclamazione di veridicità.14 Come già accennato, lo spartiacque negli studi linguistici sui Diarii è lo studio di Anna Laura Lepschy ([1993] 1996), apparso la prima volta poco dopo l’auspicio espresso in tal senso da Ivano Paccagnella (Cortelazzo/Paccagnella 1992, 244). La studiosa si è concentrata specialmente su alcuni tratti locali particolarmente significativi in opposizione alla norma toscana in espansione. Già le ricerche precedenti, per quanto cursorie, avevano posto l’accento alternativamente su uno dei due poli della dialettica veneziano-toscano, che è il loro presupposto più o meno esplicito. Così se da una parte Bruno Migliorini definiva quello dei Diarii «un veneziano cancelleresco di solido impasto, con parecchie caratteristiche dialettali ben salde» nel contesto della sua Storia della lingua italiana (Migliorini 1960, 251), parallelamente Alfredo Stussi, nel giustificare la scelta delle Vite dei Dogi fra le fonti da raffrontare ai testi veneziani delle origini da lui editi, affermava che i Diarii sono inadatti allo scopo in quanto «tendent[i] a una lingua toscaneggiante» (Stussi 1965, XVI ). Non a torto Cortelazzo ([1982] 1989, 109), a proposito di una parte del Senato del 1474, ugualmente ibrida, parla del rischio di partecipare a un futile «gioco delle etichette» e molti anni dopo definirà «impresa disperata» il tentativo di incasellare in una tassonomia esatta i testi volgari di XVI secolo di origine veneziana e profondamente toscanizzanti come appunto i Diarii di Sanu-
cento (come pure, si potrebbe generalizzare, per tutte le prose veneziane non letterarie di età rinascimentale e di registro elevato). 14 In tal senso la lingua dei Diarii «è forse meno artificiosa di quanto appaia» (Tomasin 2010, 69; cf. Tomasin 2001, 165s.). Cf. il riferimento all’uso del volgare come garanzia di affidabilità cronachistica implicito nell’ultima citazione riportata qui sopra alla nota 11.
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6 Note linguistiche
do (Cortelazzo 2007, 12). È ancora Lepschy ([1993] 1996, 49) ad archiviare la polarizzazione dandole spessore temporale: «Ciò che di fatto troviamo nei Diarii è una forma di lingua scritta con forte colorito locale, basata sulla koinè letteraria che si era venuta a creare nel corso dei due secoli precedenti su basi toscane».
A cavallo tra il XX e il XXI secolo i giudizi si fanno più circospetti e tendono a mettere tra parentesi la dialettica tra la componente indigena e quella toscana, ormai sostanzialmente archiviata già decenni prima della comparsa dei Diarii. Emergono piuttosto nuove chiavi di lettura.15 Il codice scritto dei Diarii, con la sua ricca variantistica, la sua sintassi essenziale e la sua polimorfia a ogni livello della grammatica risponde anche ad esigenze di praticità compositiva. Una simile opera-collettore necessitava di uno strumento espressivo straordinariamente duttile, come ha ben sottolineato Paccagnella (1997, 200): «Dalla prima opera, l’Itinerarium cum syndicis terrae firmae del 1483 ai monumentali Diarî redatti fra il 1496 e il 1553 [sic] in 58 volumi, la storia della scrittura di Sanudo è quella della fedeltà a questo volgare cancelleresco veneziano, mantenuta attraversando una cultura umanistica formatasi sul Merula e su Biondo Flavio e un fiorentino (o meglio: un volgare fiorentineggiante), che […] gli permetteva di riformulare e amalgamare nei diarî testi e documenti di diversa provenienza linguistica, mantenendo l’uniformità del ‹vulgari sermone›»
Un contributo di Eufe (2003, 21) sulla politica linguistica di Venezia permette invece di intravedere nei Diarii la messa in pratica degli ideali politico-culturali profondamente conservatori di Sanudo. Le strategie diegetiche del cronista sono coerenti, o almeno non in contraddizione, con la sua attività politica: nel gennaio 1501 egli si era opposto con forza alla proposta di Luca Tron di imporre il volgare nella redazione degli atti ufficiali. Secondo Eufe (ibid.), l’intervento del Sanudo si inserisce in un’appassionata difesa di «uno status quo plurilinguistico a Venezia del quale facevano parte sia una tradizione storiografica in volgare risalente alla metà del quattordicesimo secolo […], sia la prima ricezione della poesia toscana, e che veniva rafforzato dal teatro veneziano, anche e soprattutto nel sedicesimo secolo».
15 Non per questo la critica, anche quella più aggiornata, dimentica la dimensione interlinguistica originaria: Cortelazzo (2004, 129) concentra ancora l’attenzione sulla ricchezza di «varianti alternatrici veneziano-toscane» all’interno del veneziano dei Diarii. Anche Eufe (2006, 186) accosta ai Diarii l’etichetta di tosco-veneto.
6.1 Introduzione
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Tra le componenti dell’ibrido linguaggio dei Diarii, Paccagnella ha messo l’accento sul ruolo di quella veneziana, supportato secondo la sua analisi da una prevalente «personale dimensione di interpretazione quotidiana della vita politica cittadina» e dunque in definitiva da una costante componente autoreferenziale (Cortelazzo/Paccagnella 1992, 224). Opere congeneri ai Diarii si situano su uno spartiacque anche dal punto di vista stilistico-linguistico, oltre che strutturale-tematico: vale a dire, a cavallo del discrimine fra la cronachistica e la diaristica da una parte e i documenti delle cancellerie dall’altra, come è stato autorevolmente rilevato a proposito della succinta Cronica todina di Ioan Fabrizio degli Atti (1461–1536).16 La prossimità ancora maggiore dell’opera del Sanudo alla lingua delle cancellerie potrebbe consigliare un’estensione della definizione di cancelleresco alla sua lingua. Caracciolo Aricò (2008, 373 n. 69; cf. ibid. p. 375) ha avuto tuttavia modo di esprimere delle fondate riserve in questo senso a proposito dei Diarii: inserire lingua e stile di Sanudo nell’alveo dello «stile cancelleresco» sarebbe senz’altro «un po’ riducente», data la distanza testuale e pragmatica tra i due ambiti. Ciò non impedisce di tratteggiare in senso lato l’«ascendenza cancelleresca, quattrocentesca insomma» del veneziano illustre che accomuna Sanudo ad altri prosatori veneziani di alta estrazione a lui contemporanei (Tomasin 1999, 123). Rimane valido l’auspicio a mantenere una pari prudenza a proposito dei testi in volgare illustre redatti, come i Diarii, fuori dalle cancellerie o comunque non in esecuzione di un mandato ufficiale.17 L’ascrizione della complessa veste linguistica dei Diarii al veneziano «cancelleresco» tout court potrebbe a rigore ingenerare imprecisioni nel giudizio su registri e àmbiti d’uso all’interno del veneziano illustre. Ciò nonostante, la sostanziale equivalenza delle definizioni di veneziano cancelleresco e veneziano illustre è a più riprese tollerata da alcuni tra i più eminenti studiosi dell’antico veneziano e dei Diarii in particolare.18 Gli studi finora apparsi a proposito dei Diarii si sono concentrati essenzialmente, come si è accennato, sul rapporto tra il costituente veneziano e quello toscano. È quindi rimasto sovente in ombra il trait d’union costituito dalle koinai settentrionali (cf. §8.3); solo molto recentemente, grazie ai progressi su questo fondamentale versante della storia linguistica d’Italia, a tale elemento è stato attribuito il giusto ruolo anche nella struttura linguistica dei Diarii (Ferguson 2007, 207).
16 Mancini (1955, 82); Ageno (1955, 217). 17 L’etichetta cancelleresco si attaglia a un ventaglio di sottogeneri decisamente ampio e variegato (Breschi 1986, 177–179; Palermo 2010). 18 Cozzi ([1968] 1997b, 104) e, sulla sua scorta, Lepschy ([1993] 1996, 49) e Eufe (2006, 185); Cortelazzo (2004, 129); Tomasin (2007b: «volgare cancelleresco, ossia illustre»).
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6 Note linguistiche
6.1.3 Particolarità del manoscritto Anche a un confronto sommario tra i campioni di testo risulta evidente il progressivo peggioramento della qualità della carta usata e, in parallelo, della leggibilità della scrittura. Particolarmente flagrante è il passaggio dal quinto estratto (1524–1525) al sesto (1533). Quest’ultimo è, significativamente, l’unico a presentare guasti materiali (234r, 235v, 236v, 238r). Inoltre in esso aumenta notevolmente la quantità di testo per pagina: nel grafico seguente si raffrontano le somme approssimative delle parole contenute nelle prime sei pagine interamente coperte di scrittura dei singoli campioni (includendo le parole costituite dallo scioglimento di un’abbreviazione).
Fig. 1: Parole per pagina
Nel corso degli anni si infittiscono in parallelo le sigle e le abbreviazioni, e soprattutto le occasioni in cui esse sono usate in modo asistematico e approssimativo. Basti l’esempio di Constantinopoli, abbreviato nel campione F in ben cinque modi diversi: (Con)stant(inopoli) 224r 49, 224v 14, 236v 46, (Con)stanti(nopoli) 223r 32, 236v 44, Constanti(nopoli) 235v 32, (Con)stantinopoli 236v 11 e addirittura (Con)st(antinopoli) 235v 34. È però già a partire dal campione B che si incontrano lunghi passaggi costellati di abbreviazioni numerose e irregolari (362v–363r). Alcuni brani di testo, talvolta di lunghezza considerevole, che l’ed. Fulin et al. contrassegna con la dicitura exempla19 sono verosimilmente corpi estranei
19 In alcuni casi l’indicazione sarà già nel manoscritto: così per il primo exemplum dei Diarii a 1,112: «Exempla di una lettera di re Ferando, scripta a l’oratore suo existente in questa terra».
6.2 Grafia
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anche dal punto di vista codicologico: l’unico testimoniato dai campioni (D 373r– 376v) si distingue appunto dal testo circostante nel manoscritto sia per la qualità del supporto che per quella della scrittura.20 Alcune note al testo degli editori rivelano che nel volume manoscritto si trovano inseriti addirittura diversi brevi documenti a stampa (7,109–111; 8,77s.; 14,113s.; 53,120–123; 56,999s.; 58,107–114 e passim; v. §3.3 e n. 10). I trattini in fine di rigo, segnalanti gli a capo, sono naturalmente usati anche fra parole considerate come un’unità dallo scrivente ma non tali nell’ortografia moderna. I modi della separazione, in compenso, corrispondono già in gran parte alle condizioni moderne.21 Il numero complessivo degli a capo interni alla parola nei singoli campioni è considerevolmente disomogeneo: mentre i quattro centrali sono sotto questo aspetto nel complesso comparabili (B: 83 volte, per un a capo ogni 102,168 parole; C: 154 [1/94,35]; D: 50 [1/95,4]; E: 82 [1/77,792]), il primo mostra anche in questo caso una maggiore attenzione per l’impaginazione e una scrittura considerevolmente più rispettosa del margine finale del rigo (si spezza l’unità della parola ben 278 volte, per una proporzione di 1/57,838), mentre l’ultimo, all’opposto, rivela una gestione meno controllata della pagina (solo 53 volte, cioè una ogni 282,264 parole).
6.2 Grafia 6.2.1 Considerazioni generali. Cenni di paragrafematica La base testuale di riferimento per l’esame della grafia sarà da qui in avanti il solo campione A: i dati rilevabili da esso saranno verificati di volta in volta sugli altri estratti solo per mettere in evidenza sospetti sviluppi diacronici. Soprattutto nell’ultimo degli estratti proposti nel §5, di lettura in generale difficile, difficilissimo è distinguere le vocali. Già a partire dal secondo campione, infatti, sia la ‹i› che la ‹e› possono essere costituite indifferentemente da uno o due tratti, mentre la ‹u› e la ‹o› (ad es. in con B 131v 22, 133r 5, 360v 16) possono entrambe assumere la forma di una curva aperta verso l’alto. Nel campione F quest’ultima, a sua volta, è ridotta non di rado a un singolo breve tratto verticale. Negli ultimi volumi l’opposizione tra i due grafemi sembra insomma, per così dire, neutralizzata: in F
20 Di ciò bisogna perciò tenere conto nel valutare il dato contenuto nell’istogramma presentato sopra. 21 Fra le differenze, va segnalata quella che riguarda le consonanti doppie, le quali formano nel testo dei Diarii un’unità grafica che non viene spezzata se non molto di rado (mai ‹tt› e una sola volta ‹rr›, in Ferrara C 42v 27s.).
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la vocale di poi a 226r 58 o di con a 233r 13 sono indistinguibili da altrettante ‹u›. Questa sorta di conguaglio grafematico, che impedisce un esame rigoroso del vocalismo soprattutto del campione più recente, si verifica con particolare ricorsività per la prima i/e di una parola o di un sintagma, generalmente prefissi re-/ri- o de-/di-, per con/cum/cun preposizione e prefisso e per altri allotropi quali fu/fo, forme del perfetto del verbo essere. Questa collocazione prevalente delle realizzazioni ambigue dei grafemi vocalici permette di avanzare cautamente l’ipotesi che la continua alternanza, forse propria anche del parlato, tra le due coppie di vocali alte e medio-alte anteriori e posteriori in questi e altri contesti (v. §§6.3.2.1–6.3.2.3) abbia spinto negli anni il diarista a reagire all’incertezza aggirandola in questo modo. La punteggiatura del manoscritto rimane fedele a sé stessa negli anni e impermeabile alle innovazioni del primo Cinquecento, prima come dopo le date cruciali delle edizioni aldine del De Aetna (1496), del Canzoniere di Petrarca (1501) e della Commedia (1502), generalmente considerate l’atto di nascita della punteggiatura moderna. I segni interpuntivi sono nei Diarii limitati a una barra obliqua, versione rudimentale della moderna virgola (Coluccia 2008a, 89), a due punti, segnalanti pausa debole oppure privi di una funzione evidente (ma particolarmente frequenti davanti a ‹&›), e a un punto a metà o nella parte superiore del rigo, per lo più associato nel primo campione a numeri, sigle o s e r finali di parola. Nel complesso, tali segni sono più frequenti nel campione A ma rimangono anche in esso minoritari; in ogni caso, solo occasionalmente segnalano in effetti una pausa. Le pause forti sono piuttosto segnalate con uno o più tratti orizzontali in fine di rigo, seguiti da una maiuscola sporgente a inizio del successivo. Manca ogni traccia di accenti e apostrofi; l’uso delle maiuscole rimane incoerente; anche la divisione delle parole, infine, non rispecchia ancora in toto l’uso moderno: in particolare le parole atone sono di regola univerbate alla parola accentata successiva.22 Gli storici dell’ortografia italiana hanno già prodotto numerosi e approfonditi studi sulla prassi scrittoria di autori illustri che fiorirono nel tardo Rinascimento, pur indagando essenzialmente in chiave toscanocentrica.23 L’usus grafico degli
22 È interessante che un frammento di cronaca bolognese leggermente più tardo dei Diarii (1557–1560) sia per tutti questi aspetti ancora sostanzialmente sovrapponibile ai nostri Diarii (Badini 1995, 312–314). 23 Cf. soprattutto Maraschio (1993, 195–200 e bibliografia ivi indicata) e gli studi monografici di Bardeschi Ciulich (1973), che segue l’evoluzione della grafia di Michelangelo tra il 1497 e il 1563 (da aggiornare con Felici 2015, 295–303) e di Ghiglieri (1969) su quella di Machiavelli tra 1497– 1498 e 1526–1527. Quest’ultimo autore è particolarmente legato, al pari di Sanudo, all’uso cancelleresco locale. Per l’ortografia dei manoscritti italiani della seconda metà del XV secolo,
6.2 Grafia
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scriventi colti veneziani coevi non ha ancora ricevuto altrettanta attenzione nonostante la rilevanza del tema, che tocca il fondamentale ruolo dei letterati e degli editori veneziani che promossero in questo periodo le innovazioni tipografiche manuziane e in generale alcune fra le posizioni più avanzate nel dibattito sulla questione della lingua. Si cercherà di seguito, attraverso la messa in luce di alcune caratteristiche della prassi dei Diarii, di riconoscere un segmento di storia della dialettica tra il modello grafico sovraregionale di base toscana, tendenzialmente fonetico, e i residui della scripta locale, nonché con quelli, ancora determinanti, della matrice latina umanistica.24 Anticipando le conclusioni, possiamo affermare che tutte le macrocategorie di quest’ultimo genere sono ancora ben rappresentate nel campione e in misura particolarmente sensibile nei nomi propri. Altri elementi non classificabili con sufficiente sicurezza come esclusivamente grafici, in primo luogo le alternanze tra consonanti doppie e scempie, sono relegati nei paragrafi dedicati alla fonomorfologia.
6.2.2 Tratti settentrionali La ‹x› che rende nelle scriptae settentrionali la sibilante alveolare sonora compare nel campione A (1496) con notevole frequenza: in mexe 191r 1, 195r 32 e 46, e in altre otto occorrenze / mexi 194r 12, 197r 47, 205r 42 e altre due volte (contro i soli mese 188v 10 e 194v 48 / mesi 204v 9), caxa 191r 11, 193r 27 e 28, 193v 45, 204r 43, 204v 35, 205r 38 / caxe 193r 24,25 paxe 192v 4 (ma pace 194r 15), paexe 192v 16, 194r 46 a margine / paexi 192v 13 e 28, ma anche paese 189v 21 e 204r 5, spexa
cornice cronologica qui anch’essa pertinente in quanto coincidente con la formazione del nostro cronista, gli studi sono invece più radi e concentrati sugli aspetti paleografici (Richardson 2008, 101–105 e bibl.). Punto di arrivo di questa corrente di ricerca è la collana Autografi dei letterati italiani, di cui sono finora apparsi due dei tre volumi dedicati al Cinquecento (Motolese/Procaccioli/Russo 2009–2013). 24 Cf. Maraschio (1993, 173): «[…] la grafia in Italia, soprattutto in alcuni tratti, ha stentato ad uniformarsi e la oscillazioni nelle stampe sono continuate notevoli almeno per tutto il Cinquecento. Troppo rilevante era il peso delle diversificate tradizioni scrittorie regionali, anche letterariamente fondate, che erano in molti punti antifiorentine e piuttosto latinocentriche». 25 Caxa è praticamente esclusivo anche negli altri campioni di testo (B 131v 47; C 43r 2; F 235v 15): verosimilmente per evitare ambiguità con casa (F 226r 9, 15, 16 e passim) / cassa (B 363v 10; C 43r 13) ‘cassa’. Le uniche eccezioni (casa 198v 7 e C 55r 11 / case C 55r 32 e 35) non modificano il quadro, dato lo scarto semantico («casa de Aragona») e le collocazioni (subito dopo l’incipit della copia di una lettera dei maggiorenti di Taranto al provveditore veneziano e nell’esposizione pubblica di una nuova legge contro gli ebrei = LettTar e ParZud).
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6 Note linguistiche
193r 21, 204v 27 / spexe 197r 38, 39 e 47, 197v 4, 14 e 43, ma spesa 197r 36 / spese 189r 40 (inoltre havia speso 191r 34), texorier 195v 50, caxon 196v 39 e 42, Marchexe 197r 24s., 204v 11 / Marchexi 196v 33, ixola 203r 49 (accanto a isola 199v 47, 202v 24, mentre Isola 204r 28 e 30, 204v 25, 205r 30 è la traduzione dell’etimo del toponimo Ischia), avixa (voce verbale) 203v 1, avixi m. pl. 204v 27 (isolato rispetto ad avisi 191r 30, 193r 46, 202r 22 e passim). In havesseno tanxati 191r 41 / tanxato 191v 1 la ‹x› potrebbe essere spia di un’effettiva pronuncia della nasale immediatamente precedente. In tutto, quindi, risultano 68 occorrenze, che in proporzione non diminuiscono nelle annate successive: tutte le voci appena elencate sono testimoniate anche dai campioni restanti (eccetto il raro texorier), e in genere fino all’ultimo di essi.26 La natura residuale del grafema ‹x› traspare però dal dato dei nomi propri: pur resistendo infatti nella resa grafica tradizionale di elementi onomastici locali (Alvixe, Morexini, Trevixo), in quelli allogeni la sibilante alveolare è resa di norma, e apparentemente sempre più spesso con il passare degli anni, con ‹s›. Emblematico è il caso di Pisa e derivati: la variante Pixa è testimoniata nel solo campione A (in quattro occasioni: 191r 24, 191v 7, 196v 24, 203r 13), nel quale si trovano anche 19 Pisa (193v 34 e 42, 195v 21 e 24 e passim; nel secondo campione 131r 26 e 29, 361v 45 2 volte) oltre all’incontrastato etnico pisani (193v 38, 195v 11 e 29 e passim; B 131r 30 e 131v 42). L’omonimo cognome veneziano, invece, non presenta che la grafia indigena (194v 15, 197v 29; B 362v 37; C 43r 7, 45r 25, 49r 5; E 234r 9 e 235r 17; F 235r 6). Si vedano inoltre nel primo campione (oltre all’Isola ‘Ischia’ citato sopra) Alvixe (192v 1, 193r 2, 198r 23, 203v 36, 204r 14, ma Alvise 193v 49, 194r 53, 195r 6 e 28), Morexini 193v 42, 194v 14, 202r 6, 204v 36, Veniexia (194r 24, accanto alla variante grafica Veniesia 202v 50),27 Brexa28 194r 27, 29 e 31, 194v 44 con brexanna 194r 26 e brexana 194v 43, Trivixam 196r 16, Mezacroxe 204r 26. La ‹s› rappresenta indifferentemente la sibilante sonora e la sorda, mentre il nesso ‹ss› sembra associato esclusivamente a quest’ultima.29 Tale valore giustifica la relativa frequenza del gruppo ‹rss› nel campione A: versso 190r 19, 191r 21, 26 Gli estratti aggiungono naturalmente diverse voci pertinenti: ad esempio zudexi B 363v 7, piaxerà C 42r 35, Doxe E 235r 37, prexon F 224v 30. 27 Resta qualche dubbio sull’interpretazione fonetica di questa ricorrente grafia del toponimo. Accanto a Veniexia/Venexia l’OVI attesta Veniesia/Venesia ma mai Veniessia/Venesia; la resa Vinegia fa sospettare una pronuncia palatale sonora (cf. Stussi 1965, LVI e n. 1; Rohlfs 1966–1969, §290; Sattin 1986, 89 n. 96; Ferguson 2007, 76 n. 11; Dotto 2008, 399). L’interpretazione si attaglierebbe anche al digramma ‹xi› di Biaxio C 52r 32 e F 222r 35. 28 Potrebbe però essere latinismo grafico, per influsso dell’etimo Brixia: né le fonti antiche né quelle moderne testimoniano varianti con s sonora del toponimo o dei suoi derivati (DI 1,275– 279). 29 Cf. Stussi (1965, XXIX ) ; Sattin (1986, 83 e n. 78, 88 e 91).
6.2 Grafia
243
191v 4 e altre 7 volte, contro 8 verso (4 dei quali concentrati a 202r), Perssi 190r 21, sumerssi 190r 33, perssona 193r 4 (contro 7 persona e 3 persone nel solo CapFed a 188v 1–190r 12; inoltre persone 192v 27, 197v 4, 203r 12 / persona 196v 47 e 204r 47), Orssini 194r 2, 20 e 23, 195r 41 (ripetuto al margine esterno) e altre 6 volte / Orssina agg. 195r 50 / Urssini 198r 17, contro 8 Orsino cognome e agg., 6 Orsini e un Ursini 195r 46, mal traverssi 194v 31, scorsso 204r 33. Inoltre in acordarssi 190r 45, partirssi 197v 35, volerssi 198r 37, spenderssi 198r 41, accanto a una maggioranza di infiniti riflessivi con si / se enclitico dalla ‹s› scempia: partirse 188v 31, 189v 9, ritornarsi 191r 29, farsi 191v 24 e 202v 42, darsi 193v 25, conservarsi 198v 22, diminuirse 198v 23, adviarse 202v 27, levarse 203r 47, publicarsi 203v 13, trovarsi 204v 33. A fronte della relativa frequenza di questo nesso, la laterale postconsonantica è notata con una doppia solo nel tirarlli di 189r 13. Si registrano due sole occorrenze per la doppia ‹s› dopo laterale (volsse 191v 41 e tolsseno 198r 12) cui fanno seguito nei campioni successivi gli isolati falssa (B 133r 8) e vulssi (C 44r 33). Pare di poter delineare un progressivo diradarsi della grafia tradizionale nella categoria delle consonanti doppie postconsonantiche: le uniche sopravvivenze del nesso più consueto di questo genere, vale a dire ‹rss›, negli estratti successivi al primo sono socorsso B 134v 2, Orssini B 135v 43 / Urssini B 362r 7, Perssia B 360v 32; versso C 40v 20 e altre 7 volte, forssi C 43v 5 e C 45v 33, persso C 45v 22, corssi C 46r 37, partirssi C 48v 3, somersse C 51v 15, scarssi C 56r 28; socorssa E 237r 9; verssi F 238r 23. Il seguente diagramma30 rappresenta il rapporto di frequenza tra i nessi ‹rs› e ‹rss› nei singoli campioni:31
30 È evidente che rappresentazioni dei fenomeni come quella proposta in questo e nei successivi diagrammi, che non tengono nel conto i cotesti né le voci di pertinenza, possono avere solo un valore indiziario. Sono incluse nel computo le sezioni in latino. I valori sono approssimati alla terza cifra decimale. Il valore associato a ‹rss› nel campione D, nel quale non ricorre mai, è approssimato a 1. 31 Il dato approssimato relativo al dodicesimo volume dell’ed. Fulin et al., particolarmente affidabile (v. §4.4) è 4,672, non troppo distante quindi da quello del campione C. La proporzione tra le due grafie nel complesso dei più antichi testi veneziani (fino al 1407) raccolti nella banca dati dell’OVI è di 6,75 a 1: il dato è naturalmente molto incerto, vista l’eterogeneità cronologica, tipologica ed editoriale della base considerata. Nei documenti quattrocenteschi in Sattin (1986) il rapporto è invece solo di 3:1. L’evidente accantonamento delle geminate postconsonantiche negli ultimi campioni (l’unica occorrenza in F è verssi 238r 23) può indicare una precoce adozione delle prescrizioni dei grammaticografi: cf. Bembo, Prose della volgar lingua, 2,10, ed. Dionisotti, BIZ: «nel principio delle voci, o nel mezzo di loro in compagnia d’altra consonante, niuna consonante porre si può seguentemente due volte».
244
6 Note linguistiche
Fig. 2: Rapporto ‹rs› / ‹rss›
La ‹z› (in rappresentanza di un’affricata alveolare sorda o sonora) è sempre scempia (graveze 191r 9, mezo 191r 50, 191v 3, 193v 3 e passim, palazo B 134r 14, amazato C 41r 8, scozesi D 370v 16, contenteza E 232r 27, pioza F 224r 43): probabilmente in continuità con la prassi scrittoria contemporanea, anche al di fuori dei volgari di aria settentrionale, piuttosto che in ossequio alla fonetica.32 Non si può escludere che il trigramma ‹chi› indichi anziché una velare come in toscano un’affricata prepalatale sorda < lat. CL , come in altre scriptae nordorientali quattrocentesche (Vitale 1953, 73; Ghinassi 1976a, 91–93) e in precedenza nello stesso veneziano (Stussi 1965, XXIV ), in voci come chiamato 189r 48, 191v 29, 193v 39 e passim / chiamata 197v 38 / è chiamato 191r 43 / chiamano 192v 36, chiesie 190r 24 / chiesia 199v 4433, vechia 194r 37 / vechio 197v 12 / vechij 202r 37 (e Civita Vechia 202v 4 e 6), ochij 198v 14. Il sospetto di una lettura palatale è particolarmente forte per toponimi settentrionali quali Chiavena 195v 40 e Chioza 196r 14, che presentano anche per il resto una veste compatibile con la pronuncia locale.
6.2.3 Elementi di variatio nella scripta sovraregionale a base toscana: g, h, i diacritiche La laterale palatale non è un fonema indigeno del veneziano (cf. §6.3.3.8) ma era certo ben presente alla competenza di quella fascia di parlanti, di cui faceva parte anche Marin Sanudo, che si trovavano continuamente a contatto con il toscano, 32 Migliorini ([1955] 1957, 214); Ghiglieri (1969, 246). In altre tradizioni grafiche del Cinquecento, e in Ariosto in particolare, il gruppo ‹zz› segnala l’affricata alveolare sorda in opposizione a ‹z›, riservato alla sonora (Maraschio 1993, 182; Stussi [1994] 2007, 58). 33 Grafia «settentrionaleggiante» (Trovato 1994, 87).
6.2 Grafia
245
lo spagnolo e il francese. Mentre le antiche grafie locali ‹g› e ‹gl› corrispondono a /dʒ/ (Stussi 1965, LII s.; Alinei [1975] 1984, 237–239; Dotto 2008, 148 n. 194), alla laterale palatale allogena potevano corrispondere nel Quattrocento alternativamente le rese toscane ‹lgl›, ‹gl› e ‹gli› (oltre alla settentrionale ‹ll›, cf. Vitale 1953, 70). Mentre la prima è ormai obsoleta (Migliorini [1955] 1957, 216), la seconda addirittura prevale negli autografi machiavelliani negli anni 1506–1508 (Ghiglieri 1969, 138) e in quelli di Francesco Vettori (1474–1539; cf. Rossi 1987, 8). A proposito di ‹lgi›, ancora in una relazione del Podestà Marcantonio Contarini del 1524 si leggono Conselgio e milgio (Tomasin 2001, 163). L’allografo spesseggia anche nella prima redazione, di poco posteriore al 1484, del giovanile Itinerario sanudiano: nell’ed. Varanini (2014) se ne incontrano svariati esempi, quali volgia (p. 472), artelgiarie (p. 484), muralgie (p. 488), meravelgiate (ibid.), e il nesso non è alieno nemmeno alle Vite dei Dogi (cf. a titolo esemplificativo similgiante a p. 193, acolgience a p. 195, Castilgia a p. 270 dell’ed. Caracciolo Aricò (1999) del primo tomo. La variante, assente negli estratti qui considerati, pare tuttavia sopravvivere anche nei Diarii fuori campione, sebbene assai stentatamente: in tutto il primo volume dell’ed. Fulin et al. si riscontrano solo maravelgiandose (486), Algiam ‘Agliano Terme (AT)’ (582), galgiardi (850). È improbabile che tali grafie si debbano agli editori; viceversa non è da escludersi che diverse altre occorrenze siano state da essi eliminate. Il trigramma ‹gli›, «indizio sicuro di toscanità»,34 è ampiamente prevalente nel campione, come già vent’anni prima (presumibilmente con lo stesso valore) nell’editio princeps degli Statuti Veneti (Tomasin 2001, 114); d’altro canto la grafia ‹gli› compare assai precocemente in una domanda di testamento stilata a Venezia nel 1281 (Stussi 1965, LIII e 2005, 33).35 Non sorprende perciò incontrare già nel primo campione voglia 188v 21, voglij 192v 39 e voglio 195v 34, 197v 45 e 198r 30, Marsiglia 189r 30 e 32, gli articolo determinativo m. pl. (v. §6.5.2) in CapFed a 189v 37, moglie 191r 3, 191v 12, 194r 47 e passim, ingagliarditi 191r 25, toglieno 191r 50, figliola 191v 5 e 202r 18 / figlioli 193r 7, 197r 1, Trivigliano 194r 2, 203r 15 e 203v 18 / Trevigliano 202r 51, Petigliano 194r 25, conseglio 195v 18 / consiglio 198v 15 e 21 / conseglij 195v 28, bataglia 198r 10. Notevole, negli estratti successivi, è la grafia dell’esclamazione guagli a lei C 53r 35, che registra la palatalizzazione del nesso in fonosintassi. L’etimologico ‹li› si riscontra nella voce milia 191v 39, 192v 19 e 20 e passim, dove è forse da considerare inserto latino come in Marsilia 203r 50 e nel sintagma in campis Roncilioni (zoè su quel di Spagna, 202r 34 Cf. Dotto (2008, 424), a proposito però di testi lontani dai Diarii sia cronologicamente che geograficamente. 35 Cf. Lepschy (1996,42) e sulla sua scorta Eufe (2006, 185), che non mostra dubbi nel considerare l’alternanza con l’encorico ‹i› come meramente grafica.
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6 Note linguistiche
23). Le rese grafiche che riflettono la fonetica locale (‹i› / ‹j› e ‹gi›) sono trattate nel §6.3.3.8. Se si eccettua l’isolato trigramma ‹gni› nello strano spagniuli 194r 3, i campioni non registrano esempi di digrammi ‹gn› accompagnati da ‹i› diacritica ridondante.36 È ancora ben saldo, invece, il digramma ‹ch› con valore di /k/ davanti a vocale palatale e centrale. Nel campione A risultano particolarmente numerose le occorrenze davanti ad a: carichare 188v 24 e 36 e nel corradicale discarichate 188v 41, circha 188v 27, 203r 23 / zercha 192r 7, 196v 18, 204v 46 e 204v 49, praticha 189r 1, 204r 35 con praticharano 189r 8 / fo pratichato 203v 44, revocha 189v 7, rocha 190r 18, 204v 47 (e nei toponimi Rocha Vielma 190r 40, 203v 27, Rocha Guielma 205r 9), duchato 190v 4, 195v 2 e 8 / duchati 198r 37 e 42, Ducha 191r 5, 10, 23 e passim, Archiducha 191v 43, 195v 45, 196r 37 e passim, charazo 192v 20, pacificha 193r 5 / pacifichar 194r 22, pocha 193r 21, 198r 39, fo verifichata 193v 13 / fo verifichato 194r 12 / verificha 202v 2, 203r 11, impichati 193v 16, 203v 42, Zanchani 193v 26, 204v 47, adoncha 193v 47 / aduncha 197r 9, cha’ 194r 49, grecha 194r 51, 194v 6, turcha 194v 6, republicha 194v 9, manchava 194v 38s. / esserli manchato 203v 34, cavalchar 194v 42s., 45, 51 e passim, fusse zerchato 195r 16s., fo judichato 195r 35, predichava 195v 33, mysticha 195v 48, Toschana 196v 27, Villa Francha 196v 32, Chandia 198r 15, charata 198r 38, cha ‘che’ 198v 22, zaschadum 198v 41, qualuncha 198v 43, Blancha 202r 19, charezoe 202v 29s., mancha 203r 29, ricercha 203v 4, se havea imbarchato 204r 6 / erano imbarchati 204r 37, Perisacha 204r 18s., Flischa 204v 15. Il digramma segnala (presumibilmente) un’affricata postalveolare sorda esclusivamente in corrispondenza dell’affricata alveolo-palatale sorda finale di parola di un pugno di nomi slavi: Zernoich / Zernovich ‘Crnojević’ 194r 42, 194v 1, 204r 2 e 3, Terceich ‘ignoto capitano del Re d’Ungheria’ B 134v 16, 22, 29, 38 e 43, Glovich ‘Keglević’ F 223r 20, Bichach ‘Bihać’ F 223r 21.37 Come si è accennato, la ‹h› diacritica ricorre anche (ma meno frequentemente) davanti a vocale posteriore: ciaschuno 188v 27, senescalcho 189r 47, Turcho 190r 7, 192v 3, 193r 3 e passim, chome 190r 24, 191r 16, 196v 13 e passim, nimicho 193r 39s., San Marcho 193v 18s., 195v 25, si fortifichoe 193v 40, sacho 194r 3, praticho 194v 5, Fiescho 194v 30, si pacifichoe 194v 34, cavalchono 194v 50 / cavalchò
36 L’allografo concorrente ‹ngn› ha una lunga storia di variante minoritaria nella scripta veneziana (Stussi 1965, XXVIII) e in quella toscana, nella quale rispecchia il grado intenso dell’articolazione (Alinei [1975] 1984, 215–217; Maraschio 1993, 153). Si trova ancora in uso, assieme a ‹gni›, nel veneziano notarile di inizio Quattrocento (Sattin 1986, 86). 37 Il nome della nave Pastrovichia F 226r 59 è inoltre evidentemente derivato da quello della potente famiglia montenegrina dei Paštrovići.
6.2 Grafia
247
194v 52 / cavalchorono 204r 24, pocho 195v 5, 197v 44, unicho 196r 38, richo 197r 20, mancho 198r 38, focho 203v 21, sanzacho 204r 15 e 18. Ricorrono in questo elenco, come si vede, diverse parole variabili le cui ‹h› al plurale erano probabilmente avvertite come elemento integrante della parte invariabile della parola. Almeno i nomi e gli aggettivi appena elencati devono essere influenzati dalle rispettive forme plurali; per i verbi l’argomento è forse meno valido. I digrammi ‹ch› davanti a vocale centrale o posteriore che si susseguono fittamente nel sonetto pseudo-petrarchesco (F 238r: Petrarcha 20, techo 27, frescha 30, anchor 31, pocha 33) richiedono invece una spiegazione ad hoc.38 Il primo campione è dovizioso di esempi per la grafia ridondante in alcune serie lessicali, che perciò si prestano particolarmente bene a un raffronto con i campioni successivi: (1) Ducha torna in A ben 48 volte, a fianco di 6 Archiduca e 3 duchato ‘territorio governato da un duca’, contro appena 8 Duca (202r 20, 202v 25, 203r 9 e 10 e passim) e un Archiduca (197v 36).39 (2) La ‹h› ridondante è pressoché regolare anche nel caso dell’alternanza circa / circha / cercha / zerca / zercha40 (l’unica eccezione contenuta nel primo campione è probabilmente un latinismo: item circa 188v 13). (3) Lo stesso grafema si registra sempre nelle voci in cui il nesso /ka/ è preceduto da una nasale (tranne che in incanto 193v 4 e incantate 193v 9). (4) Balza anche agli occhi, nel primo estratto, la decisa prevalenza del nesso arcaico nei verbi della prima coniugazione uscenti in venez. -icar / it. -icare / -iccare. Fanno eccezione in A, in quest’ultima categoria, solo notificarla 198v 45s. / notificar 204v 24, pubblicar 199v 43 / publicarsi 203v 13, dedicati 198v 25. Nel seguente istogramma si rappresenta il raffronto fra i campioni limitatamente a queste quattro categorie:
38 La più economica è probabilmente un arcaismo nella fonte della relazione oppure in Sanudo stesso. In gioventù il cronista era stato sensibile al petrarchismo (v. §2.1.2) e i testi con i quali era entrato in contatto, precedenti all’edizione aldina, allora potrebbero essere stati vicini nella veste grafica agli autografi trecenteschi. 39 Non si considera qui invece il derivato ducato nell’accezione numismatica, che non si incontra di norma che al plurale e abbreviato in un duc seguito da un segno a nastro che parte dal tratto superiore della c e la cui seconda gamba si prolunga sotto il rigo. Si legge per esteso solo molto di rado, tipicamente quando è inserito nel discorso anziché seguito o preceduto da una cifra (ducato B 363r 38 / ducati 192v 19 e 25, D 373v 12 e 374r 14 e 24, F 234r 10 / duchati 198r 37 e 42, di contro a circa un centinaio di occorrenze compendiate). 40 Zerca e zircha si trovano solo in F, una volta ciascuno, rispettivamente a 222r 7 e 233r 29.
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6 Note linguistiche
Fig. 3: Rapporto ‹cha› / ‹ca› in duca, circa, dopo ‹n› e in -icar / -icare / -iccare
Le proporzioni quantitative delle due grafie ‹cha› ~ ‹ca› nelle quattro tipologie contestuali, inserite nel diagramma soprastante,41 riservano qualche sorpresa: pur invertendosi progressivamente, in generale, dal primo al quinto campione, nell’ultimo mostrano una vistosa inversione di tendenza, almeno per i tipi (2), (3) e (4). Il dato può essere giustificato, in via provvisoria, ipotizzando un ritorno a una grafia rimasta più spontanea per l’autore, e quindi più adatta a una scrittura frettolosa e stanca come quella del campione F ma censurata nel corso dei decenni precedenti. L’uso di ‹c› per la velare precedente una vocale palatale (Stussi 1965, XXIV ) è ormai del tutto sporadico: lo si registra solo nell’italice di A (203r 10: «per consultar dile provision italice»). Inversa risulta la situazione per ‹g›: nel primo campione si incontrano Gedi ‘Ghedi (BS)’ (194r 25s.: «Gedi im brexanna»), page (194v 46: «dar tre page»), ingiotita 195r 36, Perger (197v 6; cognome di un notabile viennese), Ingilterra 202v 24 / Ingeltera 203v 11, giazo 203r 35, oltre a ge 192v 16, 196r 24. Non si riscontrano invece che due isolate occorrenze del digramma ‹gh›, in ScrittImp, documento ufficiale copiato fedelmente e qui inserito nel campione E: preghiere 232r 11 e 233r 41.42 I Diarii rinunciano senza eccezioni anche all’antiquato ‹ç›,43 estraneo oltretutto all’inventario grafematico del latino, mentre la ‹c› potrebbe ormai registrare
41 Nel calcolo relativo alle voci della tipologia (4) si ignorano quelle latine. Nel diagramma le singole colonne sono accompagnate dai relativi valori numerici al fine di evidenziare quelli inferiori a 1, che indicano che il secondo valore della coppia è maggiore rispetto al primo. 42 Il digramma è comunque raro nei testi veneziani antichi: il corpus testamentario edito da Sattin ne presenta due sole occorrenze (Sattin 1986, 30s.), all’interno dello stesso documento e dello stesso lessema (il cognome Ghiroldi). 43 Sebbene questo fosse, nel veneziano delle Origini, «forse il più vistoso fra i fenomeni negativi della grafia veneziana [rispetto a quella del latino]» (Alinei [1978] 1984, 242). Ricorrente in
6.2 Grafia
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la sola affricata prepalatale del toscano.44 L’allografo ‹zi›, apparentemente più recente e «latineggiante»,45 è invece testimoniato esclusivamente dalle copie di documenti: Franzia 188v 19 (CapFed), abondanzia C 49v 24 (LetSic), stanzie F 233r 20 (LetCoron).46 Come non si riscontra nei campioni alcun caso di omissione della ‹i› diacritica, così già nel primo di essi il suo impiego ridondante è assai raro.47 L’affricata prepalatale sorda vi è registrata col digramma ‹ci› in conciede 189v 23 (ma concede 188v 6), sucieder 192v 12 / succieder 193r 9, Cievali 193v 39 (ma Cevali 203r 41) e l’omologa sonora con ‹gi› in Borgies 190v 12 e Giem 193r 47.48 V. sopra per i casi di ‹i› diacritica sovrabbondante combinata invece con i digrammi ‹gl› e ‹gn›. Si rinvia al prossimo paragrafo per altre alternanze pertinenti più strettamente all’influsso della norma grafica del latino umanistico.
6.2.4 Grafie etimologiche Prescindendo dagli inserti latini di varia estensione integrati nel testo volgare, è facile verificare nel campione A la permanenza non residuale dei cultismi grafici normali nelle scriptae italoromanze e anche nel veneziano delle origini (Stussi 1965, XXXI ). I nessi dotti sopravvivono in misura «assai discontinua» ma tutto sommato salda in documenti ufficiali di vario genere lungo tutto il corso del XV secolo e all’inizio del XVI (Tomasin 2001, 73, 86s., 112, 118 e 113). Il dato, d’altra parte, si inquadra nelle generali linee di tendenza dell’ortografia italiana del Rinascimento: ancora «negli ultimi decenni del Quattrocento e nei primi del Cinquecento la grafia etimologica era predominante» (Migliorini [1955] 1957, 197). In questo rapido esame sono stati presi in considerazione le consonanti e i gruppi consonantici, mentre per i fenomeni grafici relativi alle vocali, generalmente
entrambe le redazioni dell’Itinerario giovanile (Varanini 2014, 168, 210, 500 e passim), sembra estraneo all’uso grafico del resto dell’opera sanudiana (è del tutto isolato il domino Perdoçimo Conte delle Vite dei Dogi, cf. Caracciolo Aricò 1999, 62). 44 Cf. Stussi (1965, XXV s.); Sattin (1986, 75 n. 55 e 85); Tomasin (2001, 228). 45 Sattin (1986, 85). Si opta invece per un’interpretazione fonetica in Barbieri/Andreose (1999, 73): secondo gli studiosi, nel «Milione» veneto il digramma ‹zi› «i tradisce la palatalizzazione» (eventuale sviluppo di cui, nei Diarii, non sembra però di poter rintracciare ulteriori indizi). 46 Lizier/lezier contiene invece probabilmente un reale dittongo: v. §7.2 s.v. cavalo. La i potrebbe inoltre avere valore fonetico nei nomi propri contenuti nel campione F Dazia 237r 11 e Ruzier 235v 15. 47 Ciò appare non in linea con la forte irregolarità nell’uso manoscritto del Rinascimento segnalata da Bruno Migliorini ([1955] 1957, 201). 48 V. sopra la nota 46 a proposito di cavalli leggieri in ScrittImp (E 232r 16, 232v 26 e 233r 17).
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6 Note linguistiche
meno sensibili al latinismo,49 si rinvia ai §§6.3.1–6.3.2. Il confronto tra i campioni conferma nella sostanza l’assenza di apprezzabili regressi nell’uso di grafie etimologizzanti. A titolo esemplare si rappresenta nel seguente grafico la frequenza di alcuni cultismi grafici in rapporto al numero complessivo delle parole contenute nei singoli campioni:50 a colorare il dato generale della complessiva stabilità nel tempo, si notano un improvviso diradarsi del nesso ‹ct› nel campione risalente al 1533 e la scomparsa di ‹mn› al di fuori delle parole integralmente latine dopo il 1496 (v. sotto per le già sparute occorrenze contenute nel campione A).51
Fig. 4: Frequenza relativa dei nessi ‹bs›, ‹ct›, ‹pt› e ‹mn›
Di seguito si fornisce un elenco esaustivo delle grafie latinizzanti contenute nel primo degli estratti. La famiglia lessicale di osservare presenta sempre il nesso ‹bs›: observatione 189r 22 e 190r 11, observano 191r 43. Il prefisso lat. OB - è indicato graficamente anche in obviar 202r 51 e observatione 189r 22, come pure SUB - in subditi 189r 20 e 35, 193r 19 / subditti 189r 27s., subscripta 190r 11s.; AD solo in adviarse 202v 27. Casi di conservazione di CON - e IN - davanti a consonante complicata sono rispettivamente Constantinopoli 192v 2, 15 e 42, 193r 11, 202r 43, 204r 2, constringendo 198v 11, Constantin 202r 25 e 204v 11, constanti 203r 42, e
49 Cf. la classica formulazione di Migliorini ([1955] 1957, 198): «[…] si può dire, molto all’ingrosso, che si scrivevano le vocali all’italiana e le consonanti alla latina: il philosopho ha scripto octo lectioni, e simili». 50 Sono escluse dal calcolo le copie di documenti in lingua latina inserite nei campioni A, B ed F. I risultati si intendono arrotondati alla sesta cifra decimale. 51 Ancora più rivelatrice è la circostanza che la totalità delle occorrenze di quest’ultimo nesso sia relegata in copie di documenti ufficiali, vale a dire CapFed e LettTar in A, ParCens in D e ScrittImp in E. Nel terzo dei quattro testi ricorre all’interno del tecnicismo giuridico condemnation (375r 9, 32 e 33) e nel corradicale condemnati (375v 15); nel quarto all’interno del sostantivo damno (232r 33, 43, 233v 25) / damni (233r 6).
6.2 Grafia
251
instrutione 192r 2 / instrution 195v 48, instante 202r 34, 204v 31 e 40 e havia instado 204r 48. Altri casi notevoli di conservazione culta di ‹n› davanti a consonante sono offensione (188v 12 e 30, 189r 37), tanse (191r 6) e tansar (191r 49), defension (195v 34), responsione (203v 15). L’isolato difenzoe 199v 46 (v. §7.2) potrebbe contenere un semplice scorso di penna (si trova in una notizia in fine di pagina, redatta con un’interlinea piuttosto ridotta e un ductus particolarmente rapido). Il gruppo ‹ct› è di uso particolarmente frequente, anche se non si registrano nei campioni casi di sovrestensione anetimologica: compare in proporzione particolarmente considerevole nel frequentissimo aggettivo anaforico dicto (al maschile, 7 volte al sing.,52 12 al pl., contro ditto 40 volte e ditti 11); inoltre in fo facto 197v 14 e havendo facto 198r 24, facti 198v 7, 202v 2, 203r 37 e 205r 2 (le varianti con doppia t, indipendenti o in tempi composti, ricorrono 8 volte, oltre a un fatti m. pl. e a 7 altri esempi con t semplice). Non è troppo sorprendente riscontrare con regolarità la grafia nelle voci del lessico politico e amministrativo: auctorità 192v 8, 196v 45 e 204r 19 e auctoritate 194v 13, delicto 189v 1, doctor 194r 5, 195v 19 e 30, 202v 36 (una sola volta dotor 194r 28), electo 193v 9, 27 e electi 194v 12 ed electori 191v 44, 195v 40 e 197r 15 (ed electione 198v 18), rectori 194r 29 e 44, oltre che in oct(ubrio) 194r 7 e 198v 4 (e octubrio per esteso a 198v 48 e 202v 44). La grafia sancto ricorre solo nei toponimi Petra Sancta 196v 32s. / Pietra Sancta 202r 15 (ma Petrasanta 204r 26) e Civita Sancto Angelo 203r 29 (invece Santa [Croce] 191v 46 e 196v 17, Santa Maria 194r 48s. e 196r 49 e Santo Andrea 204v 2). Sono forse meno scontati aponctamenti 189v 49, aspectar 193v 23 / si aspectava 195r 17 / aspectavano 202r 39 / aspectava 203r 47,53 tractono 195v 23 e lecte 196r 31.54 Ben presente è anche ‹pt›, specialmente nella famiglia lessicale di scrivere, dove la si registra altrettanto spesso che la grafia fonetica alternativa con t scempia: ho scripto 194r 46, 196r 7, 196v 22, 204v 49, fo scripto 197v 30, scripta 203v 16, descripte 196v 49, infrascripti 190r 13, se è subscripta 190r 11s. Appare inoltre incontrastato nella grafia dell’antroponimo Baptistin 191r 19 e 194v 22 / Baptistino 203r 9, 203v 3, 204v 5 e in alcuni latinismi come accepto 191v 19, voluptà 192v 5, intercepte 203r 7. Il nesso ‹mn› è invece confinato, come si è accennato, alle copie di documenti: damno ricorre 2 volte (189r 43 e 189v 27) nella capitolazione di Federico d’Aragona (CapFed) dove si legge anche omne rebellion (189v 1), mentre omne
52 Inoltre una volta nel sintagma lat. in dicto casu (190r 3). 53 Nel campione F la voce presenta 19 volte ‹t› scempia e una volta ‹t› geminata (aspetti 222v 33), ma mai il nesso latineggiante. 54 Diricta via 189v 18 è un inserto latino in caso ablativo, non rilevato dagli editori e perciò da essi riprodotto in carattere tondo.
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6 Note linguistiche
loro richiesta si trova nella copia della lettera inviata ai provveditori veneziani dalla città di Taranto (LettTar: 198v 40). In altri casi, potrebbe essere mascherato dall’abbreviazione mediante titulus: ad es. in calo(n)niavano 195v 35. Saltano agli occhi anche i nessi ‹mpt› di somptuosissime 191v 6 e consumpto 203v 21 e ‹mpl› di ampla 198v 42 e 202v 19.55 Non sono rari neppure ‹x› e ‹h› etimologici, anche al di fuori degli inserti e dei sintagmi latini. Il primo grafema è registrato in proximo 189r 37 e 203r 27, elexe 195v 49 / elexeno 191r 40 e 195v 18, expedito 190v 1 e 204v 46 / esser expediti 193v 22 e 203v 29 / expedita 198v 17 / expedir 203r 21, excusatione 191r 45, sexto 191r 52, expertissimo 191v 18, expese 193r 16, rixa 193r 22, expose 195v 21, expugnati 202r 23 / expugnar 203r 29. L’uso è esclusivo per gli antroponimi Alexandro 195r 6, Maximiliano 197r 1 e 7 e per il toponimo Saxonia 197r 24, 202v 25. Appare particolarmente saldo nel complesso dei latinismi grafici dei Diarii: l’alternativa non etimologica delle voci raccolte sopra si legge nel campione solo in tanse 191r 6 e 191r 49, sesto 193r e spese 189r 40 / spesa 197r 36. Ciò si deve forse anche alla sua coincidenza con l’omografo dal valore di sibilante sonora, storicamente sviluppatosi a partire da esso. C’è sovrapposizione tra i due usi, forse anche agli occhi dello scrivente, almeno in exortasseno 192r 4 e exortava 194v 28, 196v 12 e 203v 46, da affiancare a exortatione 204r 22, exercito 193r 18, existente 195v 16 ed existenti 202r 16, exempio 198v 32. Anche la ‹h› non diacritica (sola o in digramma) è usuale nel campione specialmente nei nomi propri, che nei Diarii compaiono di preferenza in versione latinizzata. Troviamo infatti Hyerusalem 188v 3, Hannibal 193r 46, Hironimo 194r 28 e 41, 197v 11 e passim, Hispruch 197r 5 e 197v 2 / Hyspruch 197r 30, Hongaria 197r 14, Histria 197r 15 (ma Istria 194r 34), Hostia 203r 22 (ma Ostia 190r 42); inoltre i digrammi culti Philippo 196r 38 (ma Filippo 205r 26), San Stephano 196v 32 (ma San Stefano 202v 3), pheudatarij 197r 46s., rhodiani 193r 36 (ma nave rodiana 203r 50s. e 204v 6), Theodosio 193v 12, Bartholameo 193v 17, 195v 36 e 198r 17 e Bartholamea 195r 40 e 203r 23, Thadeo 195r 7, Corinthia 197r 856 e Carinthia 197r 13, 31, 43 e passim.57 Il grafema si mantiene inoltre in diverse serie lessicali facilmente etimologizzabili dall’autore: habitationi 191v 6, habita 193r
55 In quest’ultimo caso («Zuam Jacopo di Traulzi erra venuto in Aste con comission ampla dil roy») la grafia potrebbe rinviare a un antigrafo in francese. Cf. anche redemptor in B 360v 20 e exempte C 51r 12, che risale al 1511 e costituisce l’ultima occorrenza del nesso nei campioni. 56 ‘Carinzia’, probabilmente per influsso di lat. Corinthus ‘Corinto’. In quest’ultimo caso la ‹h› potrebbe avere valore diacritico e indicare una pronuncia non assibilata (Migliorini [1955] 1957, 203). 57 Inoltre, a Ercole si preferisce il più evocativo etimo Hercules 196v 36; la ‹h› di re Henrico 199v 45 e 202v 24 (cf. Henricus regolarmente nell’epistola in latino immediatamente precedente)
6.2 Grafia
253
10; heriedi 197r 8; homo 189r 29, 193r 39, 194r 51, passim / huomo 198r 4 / homeni 203v 45, 205r 40 e 41 e passim; honor 190r 47, 190v 9, 196r 22 e passim (con honorati 197v 13 e 29, honorato 205r 8, honorifico 205r 33); ahorra 192r 7, ahora 202r 14, horra 192v 17 / hora 193r 30 / horre 193v 31, 196v 1 e 198v 27 / hore 196v 25, cui andrà affiancato lo pseudoetimologico lhoro 188v 11, 195v 18, 203v 26 e passim (32 volte, contro 10 loro); hordine 193v 27, 194r 32, 195r 9 e passim; perhò 191r 13 e 22, 195v 44 e passim e perhoché 193v 36, 195r 29. Inoltre in tutto il paradigma del verbo avere predicativo o ausiliare: havesse 189v 6, havevano 198r 22, havendo 198r 24 e passim (ma non senza sporadiche eccezioni: aver 192v 37). Non fanno eccezione il derivato rehaver 203r 22 e il crudo latinismo habite ‘ricevute’ 198v 7.58 Sorprendente nella sua regolarità è la metatesi grafica nel composto zenthilomo 204r 7 / zenthilomeni 193r 23 che è sicuramente alla base dell’eteronimo zenthildona 194r 47s.59 I non frequenti usi pseudoetimologici sono indicativi di un modello latino cancelleresco piuttosto che umanistico, a conferma di quanto si legge nelle sezioni in latino e a dispetto dell’educazione ricevuta dal Sanudo in gioventù. Oltre che in lhoro, zenthilomo, prothonotario 197v 10 e 24 e trichlinio 196r 30, una ‹h› indebita si trova inserita nel toponimo Thodi 195r 47. Anche ‹y›, generalmente residuo dell’uso manoscritto nel quale faceva le veci di una ‹i› corta ambigua per il lettore, spesseggia in toponimi e deonimici di vario genere: oltre che nel citato Hyerusalem, in Ytalia 195v 28, Yspruch 195v 44, 196r 44 e 45, 197r e passim e in yspano 192r 3, 205r 2, 8 e 33 / yspane 203v 18.60 Sono francesismi grafici Lyndò 191v 44, 195v 46, 197v 33 e 202v 17,61 roy 194v 38 e 202v 19 e No(n)bray 196v 5. Presentano ‹y› anche diversi antroponimi ottomani; non sono etichettabili senz’altro come latinismi grafici neppure gli isolati baylo 193r 45 e 194v 4, doy 191r 25, dyeta 195v 46, 202v 18, mysticha 195v 48, symbinzana 194r 37. Ysabeta 199v 45 potrebbe derivare da una tradizione antroponimica diversa da quella di Elisabetta (torna nel primo volume, fuori campione, alla col. 805: Ysabetha).
riprenderà invece l’inglese Henry. A influsso diverso da quello del latino si deve anche l’antroponimo ottomano Thaut bassà 202r 40s. ‘Davud pascià’. 58 A questa regolare scelta etimologizzante per avere, approvata anche dai riformatori dell’ortografia del primo Cinquecento (Fortunio), si dovrà l’estensione anetimologica dell’iniziale al gerundio dell’altro ausiliare essere: hè B 362r 14 / hessendo 192r 1, 193r 2 e 23, 195v 9 e 198r 12 e 32. 59 Il tratto, arduo da reperire in altri autori, sopravvive fino alla fine dei Diarii: nell’ultimo campione, accanto a un zentilho(men)i (236r 57), si legge infatti genthilomo (237r 27). 60 Si noti la frequente presenza del grafema in corrispondenza delle i prostetiche che si sviluppano in toscano davanti a s + consonante. 61 Ovvero Lindau in Baviera, per verosimile trafila francese: l’accentazione ossitona dell’ed. Fulin et al. è quindi da mantenere.
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6 Note linguistiche
La tradizionale grafia ‹ti› per /(t)ts/ o /(t)tsi/62 è in gratia 188v 2, 193r 32, 197v 12 e passim, Gratiam 190r 41 e 202v 7s. / Gratiano 205r 5 e 9, 204v 42, venitiani 191r 35, 191v 31, 195v 24 e passim, Gretia 193r 13, amicitia 194v 35, 196v 43, 195v 32s., militia 196r 6, credential 196r 31, abatia 196r 49, Dalmatia 197r 13 e 15, Croatia 197r 14, inimicitia 197r 22, servitio 198v 40, mercantie 198v 44, Venantio 205r 45. In corrispondenza dei suffissi -TIONE ( M ) / -CTIONE ( M ) il modello etimologico è incontrastato: incontriamo infatti conditione 188v 8, 198r 29 / condition 204v 24, natione 188v 8 e 20, 197v 11, donatione 189v 7, mutation 191r 22 e 194v 26, habitationi 191v 6, legatione 191v 25, instrutione 192r 2, relatione 192v 1, 193r 1, 196v 9, inclination 193r 9, inquisitione 194v 11, privation 194v 27, requisition 194v 38, reputatione 195r 14s., legatione 196r 19, oratione 196r 32, positione 196v 19, condition 196v 25, descriptione 197v 7, solutione 197v 17, operatione 198r 35, conventione 198v 7 e 12, protetione 198v 16, devotione 198v 25 / devutione 198v 35 / devution 204r 10, confederatione 198v 33, restitution 202v 9, requisition 202v 31s., publication 203v 13, turbation 204v 18, designation 204v 22s., deliberation 204v 46. La stessa regolarità si riscontra per la serie degli astratti femminili «umanisticheggianti» (Contini 1986, 19) in -anza, -enza < lat. -ANTIA , -ENTIA : licentia 189r 2, 5 e 9, 191v 8 e 16 e passim, abondantia 189v 16, violentie 190r 34, potentia 193r 16, obedientia 193r 21, audientia 193v 22, 194r 8, 196r 27 e passim, importantia 193v 40s., diligentia 198r 26, residentia 202v 38, disobedientia 203r 39s., intelligentia 204v 43. Fa eccezione solo speranza 193r 8, nella copia di una relazione dall’Impero Ottomano (RelSag). Risulta quindi costante la rinuncia alla registrazione grafica dell’affricata alveolare sorda in tutti i casi nei quali l’autore aveva ben presente l’etimo latino (cf. §6.2.2 per gli altri casi). L’unica alternativa è la variante grafemica ‹ci› < lat. -TI -, già propria del latino umanistico specialmente nell’Italia settentrionale:63 in Venecia 193v 50, servicio 188v 8, 189r 49 e 190r 10 (tutte all’interno della copia dei capitoli di Federico d’Aragona) / servicij 204v 37, precio 189,16, spurcicie 190r 34, mesticia 191v 4, dacij 197r 30, confecione 197v 26s., noncio 202r 42, Scocia 202v 23. La situazione diviene meno uniforme nei campioni successivi, ma un raffronto limitato agli esiti di -TIONE ( M ) / -CTIONE ( M ) preceduto da vocale (i risultati trovano posto nel seguente istogramma)64 rivela un percorso evolutivo tutt’altro che lineare.
62 V. sopra per esempi di ‹ct› etimologico ~ /tts/. 63 Migliorini ([1955] 1957, 212ss.). Cf. nel campione anche i lat. tercio 193v 5, laeticiam 199r 13 / leticiis 199v 27, solsticia 200v 45. 64 Il valore 0 è reso come 1 e i decimali sono approssimati al terzo decimale. Le stringhe riportate nel diagramma si riferiscono naturalmente ai soli casi pertinenti alle serie etimologiche in discussione. Il computo include le forme plurali e le sezioni in latino.
6.2 Grafia
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Fig. 5: Rapporto ‹tion(e)›, ‹tiom› / ‹zion(e)›
Per rintracciare invece grafie fonetiche dei sostantivi astratti assimilabili agli omologhi latini uscenti in -ANTIA , -ENTIA , da accostare allo speranza del primo campione, bisogna giungere all’isolato posanza di C 50r 1 e poi al campione F. In esso si incontrano importanza 233r 39, ordinanza 236r 16 e di nuovo speranza 237r 13: la proporzione è ormai comparabile a quella dell’alternativa latineggiante (cf. consonantia 236r 53, instantia 236v 20). La grafia fonetica si può in questo caso considerare, già a partire dagli anni circostanti il cambio di secolo, una variante legittima e assorbita con crescente disinvoltura nella scrittura. Va infine segnalato che, in un significativo numero di casi, il continuo contatto tra i due sistemi grafici volgare e latino rinascimentale produce il risultato inverso. Anche nelle sezioni in latino si incontrano cioè elementi della scripta veneziana (e, come non è improbabile, della relativa fonologia reale) non sporadici né risalenti alle rispettive fonti documentarie: la classica alternanza settentrionale di consonanti semplici per le doppie e viceversa (miserime 199r 18, comendatis 199v 19, summus 199v 28, procesionaliter 199v 31, neccessario 200r 1 e neccesse 200r 47, attolant 200r 28, Affricam 200v 34, asperima 200v 41), vocali volgari (com per cum 199v 21), adeguamenti fonosintattici (im partes 200r 43, Davit filij Abram 200v 19).65
65 Gli esempi sono naturalmente numerosissimi anche al di fuori del campione, ad esempio nelle scrizioni ibride Ecclexiae antedictae (13,88) ed eo caxu (13,91), nonostante che nella Prefazione all’ed. Fulin et al. si dichiari l’intenzione di «correggere i testi latini, spesso per fretta di trascrizione sbagliati» (Berchet 1903, 124).
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6 Note linguistiche
6.3 Fonologia 6.3.1 Vocalismo tonico 6.3.1.1 Anafonesi Fra i tratti toscani che tra XV e XVI secolo si fanno strada anche nel veneziano dell’uso ufficiale, l’anafonesi sembra uno di quelli che si diffondono in modo più lento e intermittente. È ancora praticamente assente nel Quattrocento e affiora solo sparsamente nel corso del secolo successivo.66 Il corpus conferma il dato: di longo 191v 27, 196r 9 e longo 196v 39; lengua 194v 6 e 197r 11; zonzerano 195v 51 / zonzer 203r 49, 204v 2, 7 e 14, 205r 37 / gionto 196r 44 / gionti 189v 25 / zonto 191r 3, 194r 7 e 17, 194v 21 e passim / zonti 203r 19 / zonta 191r 17, 204v 4 / zonte 205r 15;67 noncio 202r 42, spenti ‘spinti’ 205r 25, fenzeva B 133r 6 / fenzendo B 360v 17 e 19 / fento B 362r 41. Nel primo campione, per la serie anafonetica palatale, accanto a conseio 191v 37, 193v 1 e 10, 194v 10, 196r 18 e passim / conseglio 195v 18 / conseglii 195v 28 (e, in atonia, conseieri 197v 1 e 5) si incontra due volte consiglio (198v 15 e 21), non casualmente all’interno della copia della lettera inviata a Venezia dalle autorità di Taranto (LettTar).68 Si registrano inoltre fameie 192v 33 e fameio 195r 22.69 Il vocalismo di aponctamenti 189v 49 è dovuto alla recente introduzione del prestito, dal fr. appointement (cf. §7.2 s.v.), mentre si possono ascrivere alla serie delle reali resistenze all’anafonesi le forme, testimoniate nei campioni successivi, ponto avv. E 232r 32, F 237r 55, ponta f. C 54v15 e, in atonia, apontar D 371v 38 (se le letture sono corrette); si segnala inoltre venzer C 48v 20. Fa eccezione, e con assoluta regolarità anche negli altri campioni di testo per quanto è possibile giudicare dalla difficile lettura delle vocali i ed e negli ultimi campioni, la voce principe 199v 47 / principi 196r 39. A creare questa apparente
66 Sattin (1986, 60); Tomasin (2001, 74s., 153 e 216s.). L’assenza di anafonesi è anche uno dei tratti più caratteristici e tenaci delle scriptae cancelleresche non toscane (Senatore 1998, 197). 67 Il campione F presenta forse un paio di eccezioni, anche se è destinata a rimanere incerta la lettura della maggior parte delle vocali interessati, come la tonica di zunta (?) in F 232v 14 e della u atona di giuntamente (?). Questa lettura dell’avverbio è confortata dal consonantismo e può costituire una ripresa pedissequa dall’antigrafo di LetCoron (233r 31). 68 La forma anafonetica ritorna infatti in una sola altra occasione, nella trascrizione di un’arringa di Sanudo (SanPreg; D 373r 33: «ogni loco, oficio et consiglio»); per il «Gran Consilio» a E 236v 4 si può parlare piuttosto di un latinismo. Altra è l’origine del tipo indigeno conssiar, che presenta semplice chiusura di e in iato davanti a i semivocalica < -lj- (Sattin 1986, 60). 69 Non è necessario pensare ad un esito anafonetico per le occorrenze della chiusura in i COMINTIĀ Ā RE (comencioe 198r 35 / comenzando 188v 9; cf. protonica negli esiti settentrionali di *COMINTI Bertoletti 2005, 79 e nota 184).
6.3 Fonologia
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anomalia partecipa la pressione del latino,70 che si dovrà prendere in considerazione anche a proposito del derivato principal 194v 31 / principali 193v 16, 197v 5. Difficilmente, data anche l’altezza cronologica, questi ultimi casi potranno rappresentare una estensione in atonia dell’esito anafonetico se pure è lecito chiamare in causa il fenomeno per questa voce. Le difficoltà che, come si è accennato al §6.2 e passim, si incontrano nel distinguere le ‹o› dalle ‹u› nella lettura dei campioni successivi al primo rende un confronto arduo e non del tutto affidabile: sembra tuttavia di riconoscere diverse apparizioni della forma anafonetica nella radice di lungo in F (222v 36, 223r 42, 232v 6, 234r 31, 235r 1, 235v 44) e in quella di familia in C (in posizione atona: familiarmente 52r 10). Complessivamente le occorrenze pertinenti sembrano in ogni caso solo episodiche e non in contraddizione con il quadro ricordato ad apertura di paragrafo.
6.3.1.2 Dittongamento Il quadro degli esiti di Ĕ e Ŏ toniche in veneziano è piuttosto vario. La metafonesi settentrionale da -i rimane molto presto relegata nella documentazione a poche occorrenze marginali. Il veneziano delle origini conserva generalmente e ed o medio-basse: i primi casi di dittongamento (più cospicui e precoci per la serie palatale) si incontrano a cavallo tra la seconda metà del Duecento e la prima del Trecento. Nel resto di questo secolo e in tutto il successivo il fenomeno viene registrato nello scritto sempre con incidenza sempre maggiore. Questa vitalità del processo, favorita se non promossa dal crescente prestigio del fiorentino letterario, si estende però oltre le condizioni toscane: si incontrano quindi ie da Ē e uo da o aperta secondaria < AU . Risulta difficile ridurre a leggi generali gli esiti di queste vocali nelle diverse serie lessicali.71 Rispetto al generale equilibrio tra vocali e dittonghi già riscontrato nelle deliberazioni del Maggior Consiglio (1528–1536) esaminate da Tomasin (2001, 135)
70 Cf. §7.2 s.v. principe. Il campione include anche un sintagma lat. principali nomine (189r 27). 71 Cf. almeno Rohlfs (1966–1969, §§94, 96, 115, 117); Stussi (1965, XXXVII –XXXIX ) ; Sattin (1986, 59 e 62–65); Ferguson (2007, 87–90); Tomasin (2010, 29 e 58–59). In favore della tesi di un’origine indigena del fenomeno si esprimono, anche in considerazione della sua presenza assai antica e non sporadica in testi di carattere pratico, Stussi (2005, 65) e Baglioni (in corso di stampa). Quest’ultimo contributo espone sinteticamente le posizioni di eminenti fautori della tesi della dipendenza del fenomeno da influenze esterne (Sattin, Tomasin, Loporcaro) per proporre poi assai persuasivamente la sostanziale autonomia del dittongamento «veneziano» spontaneo in sillaba aperta, ma impedito da foni nasali contigui, da quello toscano, diverso per condizioni ed esiti (è ignoto al veneziano, ad esempio, il dittongamento in puoteno che ricorre in ScrittImp a E 233r 25, 26 e 30).
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6 Note linguistiche
si può cautamente rilevare una discreta diffusione dei dittonghi risalenti alla Ŏ e soprattutto alla Ĕ del latino nel campione A, messo per iscritto nel 1496. Dittongano infatti nel campione insieme 193v 43, 194r 41, 196r 28 e 33 e passim, piedi 197v 48 (ma al sing. pede 188v 7 all’interno del sintagma latinizzante fanti ad pede), lieto 198v 23; inoltre i verbi all’indicativo presente con e aperta tonica in sillaba aperta vien 191v 1, convien 191v 2, tien 193r 20, 196v 32 e 33, 197r 36 e passim, possiede 197r 9s. La radice conserva il vocalismo latino nella voce rizoatona possideva 197r 9s. Alcuni mancati dittongamenti si spiegano senza difficoltà come latinismi, come nel caso del numerale dece 188v 9. Presentano con regolarità72 l’esito dittongato i sostantivi e gli aggettivi costruiti con i suffissi di origine galloromanza -iere e -iera (< fr. ant. -ier/-ière e prov. -ier/-iera):73 confalonieri 191r 42, Canzelier 195v 36 / Cancelier 199v 45 / cancelieri 191r 48,74 cavalier 191v 20s. e 23, 194r 16, 194v 15 e passim, condutier 198r 2 / condutieri 193v 48, bombardier 195r 22, texorier 195v 50, bandiere 198v 28 e 47, frontiere 203v 6, 204v 3, riviera 204v 16. È un crudo gallicismo anche trieva 194r 12, 199v 43 e 204v 9.75 Fa eccezione il notevole minere ‘miniere’ 197r 28 (< fr. minière, DELI). L’assenza del dittongo in figlioli 193r 7, 197r 1 / figliola 191v 5, 202r 18 rientra nella norma toscana del progressivo riassorbimento del dittongo dopo fono palatale; non è quindi necessario postulare una sovrapposizione al tipo grafico e fonetico indigeno fiol (§6.3.3.8). Per l’antroponimo Pietro l’esito dotto Petro (Petro di San Cassano 195v 19; Petro Griffo 195v 30) è marginale rispetto a Piero: si legge San Piero in Vincula 190v 3, 191r 18s., 194v 21 e passim oltre a e Sam Piero 204v 3976 accanto agli antroponimi Zuam Piero Stella 191v 18 e 197v 31, Piero de Damian 194r 37, Piero Donado 194v 14, Piero Bontemps 197v 10, Piero Lion 204r 1 e Piero di Medici 204v 7. Fra i toponimi, oltre a quelli citati finora, emergono Veniexia 194r 24 / Veniesia
72 La riduzione in i del dittongo fuori accento di bandiruole trova diversi riscontri al di fuori dei Diarii nei volgari settentrionali (LEI-Germanismi s.v. BANDWO , soprattutto 1,334s., 348s., 352–355). 73 Rohlfs (1966–1969, §§ 1113 e 1114); Tekavčić (1972, 1387); Castellani (2000, 102). Si può associare a questa serie staiera ‘stadera’ C 54r 14: la gran parte degli esiti italoromanzi (con una propaggine a STAT Ē RA deriva da una forma rimodellata nella parte Barcelonette, nell’Alta Provenza) del lat. STATĒ S TATE ATEREA REA o *STATERIA STAT ERIA (FEW 12,244a; Arcangeli 1997, 311s. e bibl. ivi indicata). desinenziale in *ST 74 Il passaggio -ARIUS > -er(o), caratteristico del veneziano antico, è registrato nei testi delle Origini con particolare dovizia di esempi proprio per cançeler / cancelleri (Stussi 1965, XXXIX ; cf. OVI). 75 Si noti in questa voce, in driedo e nel successivo Griego il mancato riassorbimento del dittongo dopo il nesso consonante + r (su cui cf. Castellani [1967] 1980, 18–24; Manni 1990, 120–22). Cf. per Griego / Grego in Sanudo Caracciolo Aricò (2001, 766 e 2011b, 41). Il cognome è identico al regolare etnico veneto e veneziano di Grecia: cf. Carile (1969, 539); Cortelazzo (2007); Paccagnella (2012). 76 Abbreviato («San Po in Vīcula») a 203r 8 e 204v 5.
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202v 50, Pietra Sancta 202r 15 (e all’inverso, con vocalismo latino e consonantismo volgare, Petrasanta a 204r 26) e Siena 205r 44. Una tendenza prossima a quella esemplificata per la serie anteriore emerge per Ŏ tonica, che dittonga nella maggioranza dei casi: scuoder 191r 6, nuovo 191v 38, 194v 17, 195v 21 e passim / nuova f. ‘notizia’ 193v 13 / nuove 190r 14, 191r 1, 203r 1 (nova è solo a 195r 38), fuora avverbio e preposizione (semplice o combinata con di) 192v 15, 193v 41, 194v 33 e 202r 3 (contro fora 188v 23, 189r 4 e 6, e 189v 22),77 remuover 193v 7 (ma se move 192v 35), fuogo 194r 4 (ma focho 203v 21), vuol 194r 14 e 15 (occorrenze isolate rispetto a vol 193r 45, 202v 23, 205r 39 / vole 192v 40 e a tutte le altre voci rizotoniche del verbo voler, cf. §4.5.7.16), zuogo 194v 24, vuoda 195r 29, huomo 198r 4, luogo 198r 26 (la vocale semplice compare solo nelle varianti a base latinizzante loc-, cf. §6.3.3.5), Castel di l’Uovo ‘Castel dell’Ovo’ 202v 29. Spicca la costanza della vocale semplice in bono: bon 188v 31, 189v 9, 194r 9 e passim / bono 189v 22 / bona 189r 33, 190r 44, 193v 37 e passim / bone 193v 26.78 La medesima regolarità si riscontra, per quest’ultima famiglia lessicale, in tutta la documentazione veneziana almeno fino alla metà del secolo79 e ciò sarà da attribuire alla ricorrente posizione protonica non meno che all’influsso del latino. Non si incontra che una volta nel complesso dei campioni (A 198r 4) l’esito dittongato di homo (189r 29, 32, 48, 190r 41, 193r 39 e passim; cf. anche zenthilomo 204r 7). Sono complessivamente scarsi nel campione gli esempi del dittongamento in sillaba libera, da Ē e Ō oppure da e aperto secondario, documentato nel veneziano di XV secolo (vedi ad es. diebia, Anthuonio in Sattin 1986, 63–64 e muodo, puoco in Tomasin 2001, 135).80 Le uniche occorrenze nel primo campione di dittongamento non sovrapponibile a quello toscano, per il timbro della vocale soggiacente o per la posizione dopo consonante + r, sono aliegri 191r 25, driedo 191v 48, 196r 20, 198r 15 e passim (e indriedo 197v 48 e 202r 41)81 e heriedi 197r 8, per la serie palatale; per la serie velare il solo tuor 191v 16 e 195r 33.82
77 La variante fora è assente negli ultimi tre campioni (posteriori al 1511). 78 La forma dittongata fa la sua comparsa nei campioni successivi, ma solo in tre circostanze (C 42v 2, E 235r 3, F 238r 5), che vanno messe a paragone delle decine di occorrenze dell’agg. bon(o) / bona. 79 Sattin (1986, 64); cf. LEI (6,918–1049) e Cortelazzo (2007). 80 Cf. Mussafia (1873, 11) e Barbieri/Andreose (1999, 77). 81 La variante non dittongata dredo è ancora in uso nel Quattrocento in veneziano (Sattin 1986, 63; indredo in Tomasin 2001, 112s. e 119) come in generale nelle koinai settentrionali (Vitale 1953, 80; Matarrese 1990, 251). Dietro non si incontra che una volta in tutto il complesso dei campioni, all’interno della copia di una lettera inviata a Venezia in data 9 agosto 1533 (LetCoron: F 233r 3; altrove driedo: 234r 11, 235v 17 due volte). 82 Le principali banche dati dell’italiano antico (OVI; BIZ; BibIt) mostrano che la forma dittongata è pansettentrionale ed estranea al toscano: questa distribuzione è comunemente ricondotta a
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Latita, in tutti i campioni, anche il caratteristico passaggio cinquecentesco del dittongo tonico -uo- a -io- dopo consonante coronale in alcune voci non esclusive.83 L’evoluzione, ampiamente testimoniata già nel Calmo, pare affermata nel basiletto al più tardi verso la metà del XVI secolo (Cortelazzo 2004, 130; Baglioni in corso di stampa): la sua assenza apparentemente senza eccezioni in Sanudo sembra dunque spiegabile come un tratto diastratico caratterizzante il registro dei Diarii. Le riduzioni asistematiche del dittongo velare alla prima componente, segnalate per il Quattrocento da Sattin (1986, 64), trovano un esempio in spagniuli 194r 3. Per la declinazione dei possessivi v. §6.5.1.3.
6.3.1.3 Innalzamenti in iato primario Nei testi delle origini s’impone la conservazione del grado di apertura originario, con la notevole eccezione del ricorrente innalzamento di e prima di a (tranne che nel congiuntivo sea). Nel XV secolo, invece, rimane intatta la sola o, mentre per e la chiusura è ormai regolare anche davanti alle altre vocali.84 Nei Diarii del 1496 la situazione non sembra essersi sostanzialmente evoluta: mentre sopravvivono in sillaba atona doane 192v 22 e Zenoa 191r 12 e 15, 192r 2, 194r 18 e passim / Genoa 191r 21 con il derivato rizoatono zenoesi 191r 16, 192r 4, 196v 32, sono ormai incontrastati Dio 188v 2,85 sia (verbo autonomo) 188v 8, 189r 1 e 12, 198v 34 e passim, sia (ausiliare) 189v 42 / siano 189v 4, 189v 40 e 49, galie 193v 1. I casi di resistenza di e in iato primario sono relegati all’onomastica: Andrea 193v 11 e 50, 204v 2 e 46, Bartholameo 193v 17, 195v 36 e 198r 17 e Bartholamea 195r 40 e 203r 23, Thadeo 195r 7 e, con e atona, Meleagro 198r 3 e Galeazo 202r 20. Fanno eccezione le vocali in iato in Matio B 135v 22, D 371r 4 / Mathio B 135v 17, E 237v 25, F 222v 40 e 236r 36, variante di Mattia con estensione analogica della desinenza caratteristica dei maschili (Rossebastiano/Papa 2005 s. v. Mattia). L’identico sviluppo si registra quando e atona è seguita da vocale tonica e segnatamente nei derivati di galea (galione 188v 25 / galion 204v 33 e 205r 4 /
un etimo *tòlre < lat. T Ŏ LLERE LLE RE comune alle due aree. Cf. Cecchinato (2008, 101s.) e Vitale (2012, 25). V. anche, nel campione F, nuove ‘nove’ 235v 28. 83 Baglioni (in corso di stampa); cf. anche Rohlfs (1966–1969 §115) e Tomasin (2010a, 88s.). È anche testimoniato un precoce e anomalo viorà in Sattin (1986, 119 n. 165). Con ogni probabilità le sporadiche occorrenze registrate dall’ed. Fulin et al. (liogo 2,18, 588 e passim), anche se risultassero autentiche in seguito a confronto con il manoscritto, non risulterebbero che passive riprese testuali dalle fonti. 84 Stussi (1965, XXXIX s.) ; Sattin (1986, 61s.); Gambino (2007, LXXI s.). 85 Un inserto latino nel campione recita ita volente Deo (190r 32s.).
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galioni 188v 24 e 26s. / galeaze 192v 44)86 ma non nel gallicismo reame 188v 23 due volte, 189v 3, 190r 39 e passim. Da rilevare anche il nome nobiliare Lion 204r 1.87 Una serie piuttosto nutrita di voci che presentano iato, in sillaba tonica come in atonia, consiste in semplici cultismi che replicano il vocalismo del modello (neo)latino: Genua 189r 33 (nel sint. fino ad Genua), ruinarli 191r 11 / ruinati 205r 47 (e ruina 198r 33), cesareo (in cesarea Maiestà 191v 9, 195v 43, 196r 8 e passim), neapolitano 192r 3s., 197v 11, Croatia 197r 14, e Capua 202v 35. Saranno ancora i rispettivi omologhi latini (nelle note a margine dell’autografo del primo campione gli antroponimi sono regolarmente ripetuti in versione latina) a determinare la conservazione negli antroponimi Ioachin 191r 31, Edoardo 199v 46 e 47 / Odoardo 202v 23. A Ioanne 194v 30 / Ioanne 195v 17 fa riscontro l’esito popolare del tipo antroponimico Iohannes: Zuam 191v 18, 194v 14, 19 e 51, 195r 15 e passim. Cf. §§6.5.1.3 e 6.5.3 per i riflessi morfologici del fenomeno rispettivamente nei possessivi di prima, seconda e terza persona e nei numerali.
6.3.1.4 Vocali toniche latineggianti Presenta sempre i tonica il participio passato di dire in funzione di aggettivo o pronome anaforico: ditto 188v 23 e 29, 189r 1 e 32, 189v 8, 32, 35 e passim88 / ditti 188v 36 e 44, 189r 27 e 31, 189v 9 e passim89 / ditta 188v 14, 37, 42, 190r 34, 190v 10 e passim90 / ditte 189r 4, 190r 20 e 28, 195r 8 e 43 e altre due volte. Non fanno eccezione i composti sinonimici preditto e sopraditto / supraditto, che, in tutti i numeri e generi in cui appaiono, occorrono rispettivamente 9 e 2 volte, con la consueta concentrazione nei Capitoli di pace in A (CapFed), documento ad alto gradiente di formalità. Solo a F 222r 4 sembra di poter leggere un sopradetti. Anche l’altro derivato preditte compare esclusivamente in questa forma (188v 37, 189v 23, 191v 21 e passim con prefisso compendiato; è trascritto integralmente solo a 190r 11). La variante scempia compare due sole volte (dita 188v 13 / dito 199v 46) mentre la grafia etimologica è rappresentata in dicto 189v 25, 190r 8, 191v 26 e passim / dicti 188v 47, 189r 15, 189v 31 e passim / dicta 189v 33, 190r 5,
86 Cf. però sull’alternanza tra galea e galia la possibilità di un duplice influsso delle corrispondenti voci greche (gr. γαλέα e γαλία cf. Cortelazzo 1970, 95). 87 L’esonimo Orliens 195r 18 e 203r 9 non è un adattamento di Orléans ma si appoggia alle forme fr. ant. Orliens / Orlians (DI 3,509s.). 88 Per complessive 40 occorrenze, cui si aggiunga dito 199v 46. L’elevata frequenza d’uso del connettivo è già stata evidenziata da Lepschy ([1993] 1996, 42; cf. Sattin 1986, 61). 89 Delle 12 occorrenze, 8 sono contenute nella copia dei Capitoli e 3 in quella della Relazione di Alvise Sagudino. 90 In tutto 32 volte, 24 delle quali all’interno di CapFed (188v–190r). Cf. §6.6.7.
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6 Note linguistiche
197r 34 / dicte 202r 49 (cf. §4.3.1.3).91 Il vocalismo radicale in i è il reale esito pansettentrionale, condiviso anche da diversi dialetti toscani diversi dal fiorentino; il modello del latino dovette però quantomeno confortarne la regolare resa nello scritto, come provano le grafie dotte e la particolare ricorrenza della voce nei documenti più solenni.92 Altri casi notevoli di cultismo nel vocalismo tonico sono licito 189r 13, liga 189r 2293 (ma collegati 189r 25), Pontifice 194r 1, 195r 39 e 52, 198r 6 e passim, participe 198v 34 e 35 (nella sola LettTar, lettera latineggiante diretta al provveditore veneziano da parte del comune di Taranto) e probabilmente Trabesunda 193r 12.94 Il vocalismo culto del sostantivo femminile summa 192v 197r 46, 197v 4 si mantiene in atonia nell’avverbio summa mente 196v 12. Il dittongo au ricorre nelle voci Paulo 190v 10, 193v 47, 194v 15, 202v 30 (accanto alla forma corradicale popolare, minoritaria, Polo 190r 16, 203v 23), laudando 191v 22 e laude 198v 20, audientia 193v 22, 194r 8, 196r 27 e passim.95 In tutti i campioni, i participi passati di conducere (189r 32) e reducere presentano per attrazione del modello latino una u tonica che si mantiene in derivati e composti, anche rizoatoni: così in A havia conduto 205r 44s. / fo conduto 198r 1s. / fu conduto 203v 45 / haver conduto 205r 42 / esser conduti 198r 20s. / condutosi 198v 15; conduta 190r 48; condutier 198r 2 / condutieri 193v 48; salvo conduto 194r 26s. e 30; erano reduti 195v 41. Unica eccezione è condoto 198v 25, nel primo campione, che però è voce anomala anche per la semantica.
6.3.2 Vocalismo atono 6.3.2.1 Vocali palatali protoniche Il comportamento di e protonica in antico veneziano varia in base alle condizioni contestuali e morfologiche. Nei primi secoli la chiusura in i è l’esito più usuale in
91 La grafia latineggiante occorre 23 volte in tutto, ben 10 delle quali concentrate in CapFed, in cui compare inoltre nel sintagma latino in dicto casu 190r 3. 92 Piuttosto che a un’analogia sulle rimanenti voci del verbo volgare, bisogna ricostruire una base latina D Ī CTUS , rifoggiata sulla vocale lunga del resto del paradigma (Arcangeli 1992, 8; cf. Rohlfs 1966–1969, §§49 e 623; Stussi 1965, XXXVIII n. 30; Vitale 2012, 28 e nota 99). 93 Pur essendo un derivato deverbale romanzo da legare (DELI), la sua vocale tonica è stata certamente attratta dalla famiglia lessicale del lat. LIGĀ L IG Ā RE . 94 Potrebbe essere semplice riflesso del lat. T RAP EZ EZŪ Ū S , ma la ricca documentazione in volgare autorizza qualche dubbio (cf. Trapexunda in una Tarifa zoè noticia dy pexi e mexure degli inizi del XV sec., cit. in DI 4,633). XL VI ) ha avanzato l’ipotesi di una effettiva 95 Per le fasi più antiche del veneziano Stussi (1965, XLVI conservazione popolare del dittongo.
6.3 Fonologia
263
contesto palatale; una apertura in a non è rara e occorre soprattutto davanti a r; non mancano casi di sincope e sviluppi irregolari nelle diverse serie prefissali. Agli inizi del XV secolo la situazione è mutata: i casi di passaggio e > a e di sincope sono ormai nel complesso marginali e, soprattutto, i prefissati con inprevalgono decisamente sugli esiti concorrenti in en- (un solo caso in Sattin 1986, 69), secondo una linea evolutiva ben documentata anche per il veronese dei decenni precedenti. Tuttavia ancora nelle edizioni del 1477 e del 1492 degli Statuti veneti le e protoniche, in particolare nelle serie prefissali in de- e re-, sono più frequenti delle forme corradicali con innalzamento rispondenti alla norma fiorentina; la tendenza sembra condivisa dai volgari delle cancellerie settentrionali.96 Nel primo campione dei Diarii l’innalzamento in i risulta stabile in un ristretto numero di serie lessicali: diricta 189v 18, dimoreno 190r 1 / dimorare 188v 30, 189v 3 e 20, fo divulgato 190r 24 e 32, difusamente 190r 27, 190v 13, 195v 3 e difuso 204v 49, si dimostra 193r 22 / dimostrando 193r 29, si difendeva 195r 42 / se difendea 205r 30 / difenzoe 199v 46 / si difendesse 202v 33, dipendeva 195v 15, diligentia 198r 26, diminuirse 198v 23, se divulgava 202v 25, esser disolta 203r 44. Il corrispondente prefisso con vocalismo locale, e spesso al contempo latineggiante, è però ancora maggioritario: delicto 189v 1, declaratione 189v 42s., erano deliberati 191r 19s. / fo deliberà 203r 47s. e 204r 14 / erra stà deliberato 205r 32 e deliberation 194v 9s. e 204v 46, deputati sost. 191r 44 e agg. deputati 191r 48, 192r 6 / deputato 191v 2, desesa 191v 29, fu decreto 191v 37, defension 195v 34, descriptione 197v 7, devenisse 198v 12 / devenuta 198v 13, devotione 198v 25 / devutione 198v 35 / devution 204r 10 e devoti 198v 39 e 46, demostrate 198v 30, haviano designato 202v 12 / designati 202r 8 e designatione 202r 31, depredato 203r 41, desiderava 203v 26 / desiderar 203r 45, demostration 203v 12, denotano 203v 37, deffetto 204v 22. In contrasto con i dati appena elencati appare la situazione in fonosintassi, in cui il modello toscano sembra prendere il sopravvento a discapito dell’influenza coincidente della scrittura latinizzante e della fonologia locale: la preposizione de ricorre poco più di 250 volte, mentre di è quasi due volte più frequente (circa 475 occorrenze). Anche l’alternanza des- / dis- pende ormai con decisione a favore della seconda forma, in questo caso in accordo con l’etimologia: discarichate 188v 41, havia dismesso 193r 41, al discoverto 193r 49, disputatione 193v 31, fo disarmato 194r 38 / disarmar 194v 34, disconfortava 196v 10s., fo disputato 196v 18, discussa 198v 17, haveano disposito 202v 26, disobedientia 203r 39s. I campioni restanti non testimoniano che eccezioni sparute, nessuna delle quali è posteriore al 1511
96 Vitale (1953, 49); Stussi (1965, XLVII - L ) ; Vitale ([1983] 1988, 184); Sattin (1986, 67–70); Tavoni (1992, 54); Tomasin (2001, 113 e 119); Bertoletti (2005, 92–94).
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6 Note linguistiche
né, a parte un desobedienti 204v 21, in voci che non siano localismi privi di riscontri latini immediati: à descavedado 192v 24, desviar 198r 18, ha desfato C 48r 19 (messo in bocca a una tumultuante folla muranese).97 I dati confermano l’avvenuta estinzione delle forme en- e en già acquisita per il veneziano rinascimentale. Si propone perciò di seguito una rassegna solo parziale delle voci prefissate in in- o derivate da etimi latini in IN - nel campione A: se intende 204v 7 / se intendeva 194v 10 e 18 / se intendea 204v 8 / intendevano 191r 20, 193v 24 / intenderete 190v 13, 191v 30 / havia inteso 204v 16 / intendino 189v 40 / intender 204r 3, inteso 191v 47 / intendendo 191v 31, 194v 42, 204r 5, intrò 190r 47 / introe 190r 17, 190v 9, 196r 40, 196v 20 / intrar 202v 23, 204r 26 e sostantivato a 204v 31 / hessendo intrato 198r 31 / essendo intrato 203v 17 e intrada 192v 19 e 23, 193r 14, 197r 19 e 20 e passim / intrata 196r 20, 196v 49,98 ingagliarditi 191r 25 / ingaiardando 193v 35, integre 188v 39 e integralmente 192v 23, inclination 193r 9, inanimato 193r 33s., fo incantate 193v 9 e incanto 193v 4, insieme 193v 43, 194r 41, 196r 28 e passim, inverno 194r 10, 195r 44, se ingrossava 195v 24, ingiotita 195r 36, inimici 196v 30, inimicitia 197r 22, indriedo 197v 48, 198r 12, 202r 41, è investito 202r 26 / investì 202r 48. La preposizione in conta più di 250 occorrenze e non conosce concorrenza. Nel primo campione, l’alternanza nel grado di apertura della vocale protonica del prefisso re- / ri- sembra definita su base lessicale. La seconda forma, pur rincalzata dal fiorentino letterario, è ristretta a un pugno di paradigmi verbali, all’interno dei quali ricorre però con regolarità. Oltre che nei verbi di largo uso ritornare e ritrovarsi ‘trovarsi, essere’, che non conoscono eccezioni (ritornava 197v 46 / ritornoe 191r 14s., 194v 35 / ritornò 196v 7, 202r 14 / ritornono 197v 48 / ritornar 191v 41, 193v 20, 194r 17 e passim / ritornato 194r 7, 197v 9 / ritornando 193r 29s. / hessendo ritornato 193r 2, ritornarsi 191r 29; si ritrova 203r 31, 205r 10 / si ritrovava 190v 5, 195r 40, 195v 45 / se ritrovava 194r 19, 197v 41 / se ritrovavano 203r 14 / si ritrovavano 203r 18 / ritrovar 191v 43), si registra in ripatriar 191v 8, aver risposto 202r 25, ricercha 203v 4, ritrar 204r 24. Il vocalismo settentrionale e latino predomina nel resto del primo campione, con un paio di isolate eccezioni: resta 190r 40 / resteno 188v 15 / restoe 193v 47, 194r 40 / restasse 191v 48, 204r 48, / resteria 204r 43, restare 188v 14 / restar 191v 1, 38, 41 e 50, 198r 30 / restando 189v 44, repari sost. 189r 6s., recapito 189r 41 / recapiti 189r 41, erano stati remessi 202r 16 / remeterli 189r 50, rebellion 189v 1, recuperono 202r 38 /
97 Stussi (1965, L e LXXII ) ; Rohlfs (1966–1969, §1011); Sattin (1986, 70); Branca/Pellegrini (1992, Tomasin (2001, 75); Eufe (2006, 30); Gambino (2007, CXXXI ) ; Ferguson (2007, 105). 98 La variante a vocalismo radicale i è una delle voci più caratteristiche della koinè cortigiana settentrionale e veneta (Cortelazzo 2007; Vitale 2012 e ampia bibliografia ivi indicata). Sembra di poter leggere la radice entr- una volta nell’ultimo campione: entrino 234v 1. XXI ) ;
6.3 Fonologia
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recuperar 190v 1 / recuperato 198r 32 / recuperando 204v 39, 195v 10, respetti sost. 191r 26, 196v 44 (ma per rispetto che ‘dal momento che’ 196r 47), se reducevano 191v 35 / se redusevano 194v 15 / se redusse 196v 2, remuover 193v 7, remandar 194r 53, republicha 194v 9, revelaveno 194v 12, requisition 194v 38, recevete 196r 6, referite 196r 18, 196v 10, 196v 38 / referiteno 197v 15 (ma riferite pass. rem. 193r 3, nella relazione del Sagundino), relatione 192v 1, 193r 1, 196v 9, resolutione 197v 31, esser reposti 198v 11, erra rechiesto 202v 34 e rechiesta sost. 198v 40, reportava 202r 43, erra reconciliato 202v 8s., restitution 202v 9, rehaver 203r 22, rearmar 203r 50, responsione 203v 15. Anche al di fuori di queste serie prefissali, nei campioni di testo qui considerati è la e a prevalere in tutte quelle voci di che in veneziano e negli altri volgari settentrionali presentano in età rinascimentale una pervasiva alternanza e ~ i in protonia: artellaria 188v 34, 37s. e 40, 189r 13 (esclusiva in CapFed) / artelarie 202r 7 ma artilarie 203v 27 (unica occorrenza con i seconda vocale atona nel complesso dei campioni), collegati 189r 25, senescalcho 189r 47, presonieri 190r 9,99 venitiani 191r 35, 191v 31, 195v 24 e 197r 14, menor 192v 10 contro minor 197r 4, à descavedado 192v 24, Trabesunda 193r 12,100 ordenarii 193r 19s (ma anche ordinarii, 192v 33 e 39; cf. anche fu ordinato 196r 21 e ordinadamente 196v 22), astesana 195r 14, vezilia 195r 27, carestia 195v 14. Fa eccezione capetanio 190r 42 / capetanii 190r 22, meno rappresentato del tipo capitanio 196r 2 / capitanei 188v 4, 6s., 18, 36s. e 44, 189r 9, 15, 28 e 31, 189v 9, 24 e 31 e passim / capitanii 193r 19 (il rapporto sembra più equilibrato nei campioni successivi: capetanij B 363r 33, C 56r 19, capetanei E 232v 17 contro capitaneo E 232v 9 e 17 e capitanei E 232v 10). Anche nelle voci semidotte della famiglia lessicale che fa capo a lat. OBOEDĪĪ RE , la quale presenta in tutta l’Italoromania esiti oscillanti anche per il OBOED timbro della prima vocale e per la quantità dell’occlusiva bilabiale, risultano esclusivi in tutti gli estratti gli esiti in e protonica: obedientia 193r 21, obedir 202v 20, desobedienti 204v 21. In fonosintassi i dati replicano quelli relativi alla preposizione di, illustrati sopra, con l’affermazione di i protonica, malgrado la spinta congiunta della fonetica e del latino. Così, contro se pronome proclitico 188v 8 e 21, 189r 11, 18, 38 e 40, 190r 6, 11 e 46 e passim (45 volte), prevale si 190r 30, 31, 40, 190v 5, 191r 8, 10, 24 e 35 e passim (75 volte). Il rapporto non varia in modo significativo nei sucessivi cinque campioni: si aggira infatti (inserendo anche i casi di lettura non assolutamente certa) rispettivamente attorno a 33 ~ 48, 63 ~ 112, 31 ~ 18 e 49 ~ 104.
99 Anche dato il contesto (CapFed), si può sospettare un francesismo. In questa accezione i Diarii presentano di solito prigione. 100 Cf. DI (4,632–634).
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6 Note linguistiche
Si registrano anche esempi in senso contrario per altri lessemi, assolutamente regolari nei campioni e per lo più storicamente motivati: opinion 191r 36, 196r 20,101 bisogno 189r 40. Sono sopravvivenze di koinè settentrionale mità 194v 41, 102 MEDIETĀ Ā TE (M ) in venezia197v 19, 21 e 22, 198r 21 ‘metà’, regolare succedaneo di MEDIET 103 no, nisuna agg. det. 188v 31 contro nesuno 189r 3 e 10 e spironi 197v 48, 202v SENIŌ Ō RE (M ), la quale presenta una 41.104 Per la famiglia lessicale che rimonta a SENI chiusura in i protonica ormai con regolarità, va invece probabilmente chiamata in causa la forza del modello sovraregionale:105 signor 188v 1, 189v 43, 192v 3, 15, 29, 32 e 39 e passim / signori 188v 3, 189r 24, 193v 35 e passim / signora 189v 6 con i derivati Signoria 192v 2 e 17, 193r 44, 193v 12, 26 e passim106 e monsignor 189r 47, 189v 43, 190r 21, 43 e passim. L’unica eccezione si trova nel terzo campione (39r 5: «el nostro Segnor Dio») all’interno della copia di un «libro anticho», probabilmente una cronaca in latino. Il modello latino gioca un ruolo almeno nei casi di securamente 188v 11 e 29, 189r 19 e 42, 189v 2 e passim / seguro 194r 18 / securi 189v 13, 198r 27 / secure 188v 15 / securtà 189r 22 / securtate 189v 10, 189r 33 (sporadiche le eccezioni: sicuro B 362r 27, -e F 223r 19) e decembrio 191r 1, 194r 42, 195r 27 e passim, e in
101 Sono però le antiche fonti toscane a registrare la totalità delle attestazioni con e protonica nell’OVI. Migliorini (1960, 367s.) inserisce questo caso in un elenco dei più significativi esempi di allotropia tra un esito latineggiante e «cortegiano» e uno fiorentino in italiano antico. 102 La variante è pansettentrionale (Matarrese 1990, 246; Bertoletti 2005,84) e piuttosto che con un’alternanza Ī ~ Ē nell’etimo latino volgare (Rohlfs 1966–1969, §28; Fernández González 2012, 849) può essere forse meglio spiegata con un innalzamento metafonetico provocato dalla vocale interna dell’etimo latino. 103 Sull’origine della variante cf. Tomasin (2004, 118s.) e bibliografia ivi indicata. 104 Le attestazioni del tipo con i protonica attengono al solo veneto nell’OVI, anche se la loro concentrazione nel Tristano veneto (49 su 51) e la parallela frequenza del tipo sperone nel Tristano corsiniano, testo veneto ugualmente antico, riducono il valore del dato. 105 Il tipo segnor concorre con signor nei testi delle Origini e fino al XV secolo (Stussi 1965, 253; Tomasin 2001, 119) ed è ben testimoniato nell’eccentrica scripta cipriota di XV secolo, dalla forte componente veneziana (Baglioni 2009, 92s.), come anche in diverse antiche fonti di area settentrionale (Vitale 1953, 59; Tomasin 2004, 118; Bertoletti 2005, 82s.; Videsott 2009, 33 §84). Si è osservato che il secondo tipo potrebbe essere un sincero esito veneto con innalzamento dovuto alla prossimità di nasale palatale (Barbieri/Andreose 1999, 77). Il vocalismo etimologico è però ampiamente minoritario nei volgari italiani coevi: segnor / segnori / Signoria ricorrono rispettivamente 12, 9 e 7 volte nei testi di XV e XVI raccolti in BibIt, contro 443, 250 e 255 risultati per l’allotropo in i. Le sopravvivenze di età rinascimentale di segnor / segnore interessano aree settentrionali (Boiardo, Michele Savonarola, Caterina da Bologna) quanto meridionali (Basile, De Iennaro). 106 Non sussistono quindi dubbi sullo scioglimento delle relative abbreviazioni in signor, signori e Signoria (rispettivamente Sor 190v 6, 193r 29, 33, 193v 29 e passim; Sri 192v 34; Sria 191v 10, 25 e 47, 192v 12, 193r 40, 194r 26 e 29 e passim).
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senso opposto in consignare 188v 45 / consignar 204r 36 / consignata 190r 18 / consignati 189v 36 / consignerano 189v 32; fidelissimo 194v 36 / fidelità 198v 25 e 32 (si noti la mancata sincope, ulteriore spia di latinismo); solicitava 202r 44, 204v 10, 205r 20 / solizitar 204r 21 / solicitati 203v 39 e solizitudine 204v 1. Alla stessa categoria esegetica va associato l’etnico tarentini 193v 21, 23, -a 205r 3 ARENT Ī NUS ), pure accompagnato, a breve distanza nel testo, dall’esito (< lat. T ARENTĪ popolare Taranto 193v 13, 29, 30, 33, 198v 1, 203r 30 e passim. Nella toponomastica, ambito lessicale notoriamente propenso a sviluppi idiosincratici, si riscontra la consueta abbondanza di varianti non riconducibili a regole generali ma in parte imputabili a trafile orali: Obignì ‘Aubigny’ 190r 43, 202v 10 / Obegnì 189v 30 e 43; Trivigliano ‘Trevignano Romano’ 194r 2, 203r 15 / Trevigliano 202r 51; Ingilterra 202v 24 / Ingelter(r)a 203r 11, 203v 11 e perfino un Ingalterra 202v 21 di possibile trafila francese. V. anche triverense 197r 19 ‘di Treviri’. L’isolata forma microtoponimica Igna, oggi Egna, non potrà essere assunta a prova che la tendenza all’innalzamento di e atona in contesto palatale (sostanzialmente /ɲ/ e nessi consonantici con /i/) fosse ancora attiva in questa fase storica del veneziano.107 La e protonica è mantenuta senza deroghe, oltre che in regnavano 191r 17, in tutte le voci dei paradigmi settentrionali mantegnir, otegnir, tegnir e vegnir. Fanno eccezione nel primo campione consignar(e), per il quale si è già chiamato in causa un modello latineggiante, e la voce dotta designation(e) 202r 31, 204v 22s.108 Una aspecifica apertura di e protonica in a è limitata a danari 189r 44, 189v 16, 191r 39 e passim (in totale 15 volte) / danar 196v 46, contro l’isolato denari 189r 42.109 È risultato di labializzazione110 domandono 193r 31 (contro se dimanda 192v 30 e dimandate agg. 202v 6), unico esempio rilevante del fenomeno all’interno dei campioni.
107 Il toponimo, derivante da un prelatino Endia, registrato con E- in latino medievale, corrisponde all’Inia dell’Anonimo Ravennate del VII sec. (Gasca Queirazza et al. 1990). Sul fenomeno XL VII ) e Tomasin (2004, 118). menzionato a testo cf. Stussi (1965, XLVII 108 Solo nelle poche pagine latine del campione, dignus ricorre ben tre volte: dignam 200r 9 / dignum 199r 8, 200v 35; v. inoltre signo 299v 30 / signis 199v 27, signare 200v 34, significanda 199v 36s., presignare 200v 36. 109 Cf. Rohlfs (1966–1969, §130); Sattin (1986, 69). 110 Cf. Stussi (1965, XLIX XL IX ) ; Sattin (1986, 69).
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6.3.2.2 e mediana e finale Ancora alla prima metà del XVI secolo è piuttosto tenace nella documentazione del veneziano la conservazione dell’esito e da Ĭ postonica non finale, contro il modello convergente del latino e del fiorentino.111 Alcune voci nelle quali e postonica precede una liquida o una nasale conoscono ab antiquo il passaggio a o:112 un relitto del fenomeno si intravede in colora B 362v 17, C 45r 16 / collora B 362r 45 e 50 e vesporo C 46r 38 e 53r 7.113 Si incontrano nel corpus, tra gli altri, i seguenti casi di fedeltà al vocalismo indigeno: calesi ‘calici’ 190r 24, graveda 192v 18, 202r 21, B 132r 2, -e C 39r 24 (ma anche gravida 191v12s. e gravide due volte in LibAnt, C 39r 28 e 45; in protonia nel composto parasintetico ingravedar 197v 42s.), nobeli 193r 24 e 26, C 51r 5, F 226r 3 e 12 (in posizione intertonica nobilissima, in ParteIC, B 363r 9), trafego 193v 2, prestedo 193v 8 (cf. imprestedo F 236r 57), contestabelli 193v 48s., homeni 195r 4, 35 e 47, 203v 45, 205r 40, 41 e 43 e zenthilomeni (sic) 193r 23,114 aseno 198r 12, batesemo D 370v 25, biasemo D 372v 9 / biasemò D 372v 12. La voce fondaco ‘magazzino e alloggio per mercanti stranieri’ < ar. funduq si presenta a Venezia esclusivamente con e postonica: fòntego B 363r 44, F 224r 33 (e derivati fontegeti F 224r 32 e fontegeri B 363r 44).115 Si nota facilmente, sulla base di questi esempi, come il vocalismo atono settentrionale si conservi solo in voci del lessico concreto oppure in coincidenza con il mantenimento di esiti consonantici popolari o semidotti dalla salda tradizione cancelleresca locale (calesi, contestabelli, fontego).116 L’innalzamento è attestato invece per lo più in voci proparossitone inerenti al lessico intellettuale:
111 Stussi (1965, L ) ; Sattin (1986, 70s.); Tomasin (2001, 75 e 136). 112 Stussi (1965, XLIX ); Sattin (1986, 71). 113 Cf. Cortelazzo (2007) s.vv. còlera e vespro; TLIO s.v. còllera; LEI 13 s.v. CHOLERA . 114 In base al criterio statistico, si dovrà sciogliere così anche l’abbreviazione «hnī» che ricorre altre 5 volte. In 11 sulle 12 occorrenze complessive in A, il sostantivo è testa del sintagma homeni d’arme. Le uniche due deroghe al dato generale dei campioni sono localizzate in ScrittImp (E 232r 9 e 233r 19: «homini»). 115 Cf. DELI; Ferguson (2007, 276); Nocentini (2010). Esclusivamente veneziana è anche la desonorizzazione della [t] postconsonantica per influsso di fonte (Pfister 1983, 256; cf. anche Paccagnella 2012 per il pavano fontega ‘fonte d’acqua termale’). Il DEI propone invece un’analogia da portico e Marcato (1982, 66) una metatesi del tratto [+ sonoro]. 116 Si può forse aggiungere ordene, unica grafia registrata dai campioni per il sintagma Savio/ Savij ai Ordeni (B 132r 19, C 44r 18, F 222r 15 e passim) e concorrente di ordine / hordine (più frequente ed esclusivo del primo estratto: 193v 27, 194r 32, 195r 9 e passim), nell’accezione specifica di ‘provvedimento, atto legislativo’, in LetMold (B 360v 16), ParCens (D 374r 32 e 374v 27), ParBiave (F 225r 32) e al plurale in ParZud (C 55r 25), ParCens (D 373r 3), ParBiave (F 225r 4).
6.3 Fonologia
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termine 188v 29, 189r 1, 189v 8 e passim,117 mobili 189v 4, simile 193r 5, C 47v 16, E 232r 19 (ma simel E 234v 31 e F 236r 34), amicabile 198v 37s. Normalmente i suffissati in -bile mantengono la veste dotta, come nell’ultimo esempio appena citato. Quella popolare emerge solo dopo i primi campioni, quasi esclusivamente nelle copie di documenti e unicamente per un ristretto gruppo di voci: teribel C 39r 34 in LibAnt, possibele C 42r 40 e 45r 25 in LetLip, horribele C 53r 5 / horibele 53v 17, mirabel 53r 10 e possibele 53r 23 in LetBoldù, possibele D 373v 32 in ParCens. I campioni annoverano inoltre, al di fuori delle copie, possibele a C 47v 13 e l’avv. teribelmente C 54r 25s. In posizione finale, se si eccettua l’aperto latinismo omne 189r 1, 198v 40, e per i sembra ricorrere esclusivamente nelle particelle enclitiche aggregate a infiniti apocopati118 e in alcune varianti toponimiche. Per la prima categoria si segnalano: partirse 188v 31, 189v 9, diminuirse 198v 23, adviarse 202v 27, levarse 203r 47 (contro ritornarsi 191r 29, farsi 191v 24, 197v 26, 202v 42, darsi 193v 25, conservarsi 198v 22, publicarsi 203v 13, trovarsi 204v 33). Nelle altre forme nominali del verbo l’elemento enclitico presenta i: bastino a titolo di esempio lamentandosi 193r 25 e ofertosi 198v 14. In ambito toponomastico, come si è accennato, si registra una interessante tendenza ad appiattire il grado di apertura delle vocali finali in e negli esonimi: Aste 194v 18, 195r 14, 195r 17 e 202v 19, Vegevene 196v 20, Ligorne 196v 24 e 26, Barce 202r 5, Val de Calze 202r 7, Civita di Castele 202v 14 / Civita de Castelle 203r 18 / Civita di Castelle 205r 19 e 24 ‘Civita Castellana’,119 Trane 204v 35. Si può forse chiamare in causa, a proposito di questa serie toponimica, una sovraestensione della desinenza locativale latina di prima declinazione -ae; fa però difficoltà l’appartenenza di tutte le forme interessate, eccetto Barce, a classi
117 Anche in protonia: terminoe 195v 44 / terminò 198r 25 / terminono 191r 39 / fo terminato 193v 32 e termination 193v 20. L’esito popolare non toscano sembra confinato al lessico amministrativo: termeni B 363r 14 (ParteIC) e D 375v 15 e 18 (ParCens); cf. anche termination ‘deliberazione’ (v. §7.2). 118 Tratto distintivo delle koinai cortigiane, generalmente considerato alla stregua di una forte caratterizzazione in senso antitoscano (Vitale 1953, 86 e 2012, 61–63; Matarrese 1990, 246; Tavoni 1992, 144), ma qua e là in declino già nella seconda metà del Quattrocento (Vitale [1983] 1988, 203 e 216s.). 119 Un’accentazione tronca a partire dalla una forma accusativale (Cività) è improbabile, data la diffusione del tipo proparossitono Civita in territorio italiano (soprattutto centrale: cf. Gasca Queirazza et al. 1990 s.v. civita), dal nominativo CIVITAS . La componente Castelle è tanto più notevole se si considera la forma del nome comune: a un isolato castele 198v 10 (LettTar) fanno infatti riscontro castello 188v 33, 189v 33, 190r 1 e passim / castelli 193v 39 e 40, 194v 33, 195v 10 e passim / casteli 195v 2. Può avere qualche rilevanza il fatto che in tutti i toponimi interessati la vocale finale sia preceduta da una consonante coronale.
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6 Note linguistiche
flessive diverse dalla prima. Almeno a proposito di alcuni di tali esempi, si può anche ipotizzare una restituzione analogica di forme apocopate nel veneziano predocumentario e chiamare in causa il passaggio -o > -e documentato in diversi antichi testi emiliani e romagnoli.120
6.3.2.3 Vocali velari atone Diversi studi sull’antico veneziano hanno da tempo messo in luce la discreta incidenza dell’innalzamento di o protonica specie prima di un elemento palatale e, di converso, la scarsa consistenza del fenomeno in postonia.121 Non sorprende perciò ritrovare nel primo campione spurcicie 190r 34, Turin 194v 21, 203v 5, 204v 7, 205r 15,122 devutione 198v 35 / devution 204r 10, Lunardo 196v 34 ( -erAl di fuori della morfologia verbale, nella quale il vocalismo -er- è ormai incontrastato nei futuri e nei condizionali (v. rispettivamente §6.5.7.6 e §6.5.7.9), restano all’opposto saldi i nessi -ar- intertonici e postonici, come nella coeva lingua cortigiana di matrice settentrionale:134 artellaria 188v 34, 37s. e 40, 189r 13 / artelarie 202r 7 / artilarie 203v 27, palandarie 192v 43 / pallandarie 193r 17, angaria 193r 21, gianizari 193r 23, 26 e 31 (contro un gianiceri 193r 22), manzarie 193v 7, Hongaria 197r 14, fantarie 198r 19, Barbaria 202v 49 (oltre che nell’antroponimo Zacaria 191v 20 e 196r 28 e, naturalmente, nel nome gentilizio Barbarigo 194r 35). I campioni seguenti sono coerenti col primo: artellaria C 48v 17, E 237r 23, F 233r 32 e passim, palandarie B 361r 7 e 15, Canzelaria B 133v 45, Hongaria B 132r 26, C 51r 28 / Hungaria F 235v 51 e passim, fantarie 198r 19, C 49v 27, F 233r 30 e passim, santarella C 53v 4, becharie C 54r 12. L’esemplificazione potrebbe essere notevolmente arricchita: con la notevole eccezione del tecnicismo legaleamministrativo preg(i)erie pl. (D 371r 15 e 17, 371v 2, 19, 34 e passim), neppure uno dei sostantivi pertinenti contenuti negli estratti considerati presenta l’alternativa in -er-.
133 Mentre i primi testi veneziani e veronesi e padovani testimoniano un reale esito cu˙ /cu’ / cun / chun, forsecum (Stussi 1965, L , ma v. anche ibid. 201–204 per con e i numerosi prefissati in con-; Tomasin 2004, 243; Bertoletti 2005, 51; Verlato 2009, 72), nel XV e nel XVI secolo la documentazione reca in sostanza il solo esito con(-), mentre cum potrebbe essere mero latinismo (nonostante Ineichen 1966, 363; cf. Sattin 1986, 71). La velare chiusa è ancora attestata nel veneto post-trecentesco in testi a vario titolo marginali rispetto a Venezia (Baglioni 2006, 95s.; Paccagnella 2012, 156). 134 Vitale (1953, 60; 2012, 32 e nota 126). Cf. Sattin (1986, 69).
6.3 Fonologia
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6.3.2.5 Sviluppi locali, residuali o anomali Altri sviluppi fonetici che caratterizzano il veneziano delle origini nel campo del vocalismo sono ormai da lungo tempo in regresso: il passaggio di a tonica ed è, già raro nel XIV sec., è in ulteriore declino nel XV.135 Anche il passaggio AL + dentale > ol è ormai documentato nel veneto di XVI secolo solo in misura e in testi marginali. Tanto meno attivo è ormai il precedente passaggio settentrionale ipercorretto di AU > al davanti a dentale: in sua vece si incontra in tutte le sedi la vocale semplice, in ragione del progressivo appiattimento dei volgari settentrionali sul modello toscano.136 Il trattamento originario si riscontra ancora in documenti veneziani del primo quarto del XV secolo (Tomasin 2001, 74) e sopravvive anche oltre come relitto in aldir (per lo più in quanto tecnicismo forense, cf. ibid. 138; aldir B 361v 15, 25 e 362v 9, F 232v 4 / alditeno C 54r 8, F 224r 32 / aldisse D 371r 12 / aldito D 372v 8, 14, -i B 361v 24 e 362v 31) e in galder ‘godere’ C 48v 4. Il monottongamento au > o potrebbe invece essere ancora attivo nei campioni in taluni toponimi, per i quali si può però anche sospettare la resa grafica di una pronuncia francese: Lyndo (probabilmente ossitono) ‘Lindau’ 191v 44, 195v 46, 197v 33, 202v 17, Brisco ‘Brisgovia’ (ted. Breisgau) 197r 45. Si è infine esaurita da tempo, almeno a Venezia, la spinta alla metafonesi, peraltro molto irregolare già nei primi documenti (v. §6.3.1.2).137 Sopravvivono alcune forme cristallizzate nel sistema pronominale tonico (nui, vui) oltre che nel numerale sie e in alcune voci della flessione verbale (v. infra). L’asistematico innalzamento di e protonica in i fuori iato, che largheggia nel veneziano dei primi documenti soprattutto in prossimità di foni palatali,138 non ha lasciato tracce apparenti (v. §6.3.2.1; neppure in una voce decisamente locale come cegnar E 236v 5), a meno di non voler chiamare in causa un residuo del fenomeno, in un diverso contesto fonetico, a proposito del regolare innalzamento nei verbi uscenti in -izar (= it. -eggiare), per il quale si raccoglie un discreto numero complessivo di occorrenze: si motizava 191v 33, erra stà nolizada 195r 29 / à nolizado C 50r 3s. / erano nolizate F 226r 47, campizar 195r 44, danizavano 195r 49, temporizar B 132r 8, haveva sachizato B 360v 46 / sachizarlo C 48v 46,
135 Stussi (1965, XLIIIS .); Sattin (1986, 57s.). 136 Stussi (1965, XLVI s.); Rohlfs (1966–1969, §17); Sattin (1986, 59s.); Cortelazzo (2004, 130). Per l’interpretazione fonetica del passaggio AU > au > ol davanti a consonante alveolare nei volgari settentrionali orientali cf. almeno Ineichen (1966, 368s.); Bertoletti (2005, 60 e nn. 140–141); Tomasin (2010, 30s.). 137 Stussi (1965, XXXVII –XXXIX ) ; Sattin (1986, 60); Tomasin (2001, 73). 138 Stussi (1965, XLVII s.); Sattin (1986, 68s.).
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scorsizando C 51v 5, brachizando F 233r 32, oltre ai sostantivi deverbali manizo e armizo in LetConst (C 226r 51 e 59). Accanto all’antroponimo semidotto Agustim 194r 35 si registra la variante culta Augustin (o Augustim?) 202r 12. Infine, diversi toponimi presentano esiti vocalici peculiari, come Pontremolo 196v 31. Il tipo toponimico Brandizo 198v 3 ‘Brindisi’ è antico e abbondantemente attestato in area veneta e in Toscana (DI 1,284s.; v. §6.3.3.7.). Lo stesso vale per Conturbari 199v 44 ‘Canterbury’, il cui vocalismo potrebbe continuare quello dell’ant. ingl. Cantwaraburg o del lat. mediev. Cantuaria (ibid. 1,365). Numerosi altri casi sono elencati nel capitolo dedicato agli accidenti generali (§6.4); per proveditor / provedador v. §7.2.
6.3.3 Consonantismo 6.3.3.1 Consonanti doppie e scempie Nei documenti dei volgari veneti e settentrionali in genere, interessati dallo scempiamento regolare delle consonanti geminate, ricorrono insistentemente coppie consonantiche non giustificabili fonologicamente né etimologicamente, anche in posizione postconsonantica. Proprio il dato quantitativo sconsiglia di derubricarle semplicemente come ipercorrettismi; peraltro, data appunto l’evidente contraddizione con il dato linguistico della degeminazione delle consonanti intense primarie o secondarie al di sopra della linea La Spezia-Rimini (e in rumeno),139 gli studiosi tendono ad interpretare il fenomeno come puramente grafico.140 Come rileva Tomasin (2004, 95 n. 31), lo spoglio di Alinei (1978) sulla base dei testi veneziani editi in Stussi (1965) rivela una maggioranza schiacciante, tra i grafemi consonantici geminati, di ‹ss› (279 volte) e ‹ll› (247). I restanti digrammi sono, al paragone, di uso solo occasionale: ‹mm› (20), ‹nn› (16), ‹pp› (10), ‹ff› (8), ‹rr› (5), ‹cc› (4), ‹tt› (4). Grazie ai moderni strumenti informatici, non è difficile
139 Rohlfs (1966–1969, §229); Loporcaro (2009, 83). 140 La via dell’interpretazione grafica dell’alternanza consonanti scempie ~ doppie nelle scriptae settentrionali (ma non solo: cf. ad esempio Castellani [1961–1965] 1980, 103 n. 139) fu percorsa per primo da Carlo Salvioni. Cf. Vitale (1953, 65); Ineichen (1957, 91); Mengaldo (1963, 84 e n. 9); Stussi (1965, XXX ); Alinei ([1978] 1984); Tomasin (2001, 89 e 154). Riscuote oggi scarso consenso (Sattin 1986, 91; Bertoletti 2005, 36) l’interpretazione delle doppie r, l e s preconsonantiche e doppie m, n, f, v, l, s postconsonantiche come effettive rese grafiche di una pronuncia di grado articolatorio medio-forte, secondo la terminologia di Castellani ([1956] 1980, 58s.). Per una provvisoria esemplificazione di antiche voci veneziane pertinenti cf. Lepschy ([1993] 1996, 40, dai Diarii di Sanudo) ed Eufe (2006, 184, dai Diarii di Girolamo Priuli).
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estendere il computo ai testi quattrocenteschi editi in Sattin (1986, 12–56): ‹ss› (679), ‹ll› (90), ‹mm› (0), ‹tt› (13, 8 delle quali nel solo documento n. 19), ‹ff› (11), ‹nn› (5), ‹cc› (1), ‹rr› (1). Il seguente diagramma rappresenta il dato numerico indifferenziato per le consonanti doppie nelle due raccolte di testi pratici e nei sei estratti dai Diarii qui considerati:141
Fig. 6: Frequenza assoluta delle consonanti doppie ‹ss›, ‹ll›, ‹mm›, ‹nn›, ‹pp›, ‹ff›, ‹rr›, ‹cc›, ‹tt›, ‹bb›, ‹gg›
Questi risultati142 possono prestarsi a diverse interpretazioni. Rispetto ai testi veneziani di epoca anteriore, colpisce anzitutto l’assenza nei campioni di raddoppiamenti grafici a inizio di parola (resistono invece, pur se stentatamente, le geminazioni postconsonantiche, cf. §6.2.2). Con tutta la prudenza imposta, oltre che dalla possibilità di errori umani nel procedimento, dalla grossolanità del nudo dato numerico e dalla mancata rappresentazione dei fattori fonetici e contestuali, si può evincere dalla schematizzazione una relativa contrazione nella frequenza della doppia laterale dopo i primi secoli, mentre la doppia ‹s› resta stabilmente nel tempo la geminata di gran lunga più rappresentata. L’incostante presenza dei nessi ‹rr› e ‹tt›, insignificanti nei secoli precedenti, differenzia
141 In considerazione della natura puramente grafica del tratto considerato, non si considerano nel computo le coppie di consonanti contenenti abbreviazioni di qualsiasi genere. Si integrano invece nel totale le risultanze delle sezioni in latino, che mostrano anche per altri aspetti le oscillazioni normali nelle parti in volgare, e i nessi separati dalla fine di rigo. Ovviamente, data la diversa estensione dei testi o dei gruppi di testi considerati, l’elemento saliente nel diagramma è il valore relativo delle colonne per ogni gruppo e non le cifre assolute. 142 I dati dei sei campioni, inseriti nel grafico, sono i seguenti: ‹ss› 426 / 225 / 342 / 145 / 159 / 327 volte, ‹ll› 272 / 86 / 171 / 58 / 101 / 196, ‹mm› 5 / 0 / 0 / 1 / 0 / 1, ‹nn› 10 / 2 / 7 / 1 / 0 / 4, ‹pp› 4 / 6 / 7 / 2 / 7 / 11, ‹ff› 35 / 11 / 7 / 4 / 16 / 18, ‹rr› 170 / 62 / 84 / 3 / 32 / 52, ‹cc› 19 / 10 / 9 / 2 / 15 / 8, ‹tt› 220 / 44 / 87 / 26 / 63 / 122, ‹bb› 2 / 3 / 3 / 0 / 9 / 21, ‹gg› 1 / 0 / 0 / 0 / 12 / 1. La riduzione della frequenza delle doppie vibranti e nasali è imputabile a un uso più fitto delle abbreviazioni negli ultimi campioni.
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nettamente l’uso sanudiano dalla scripta veneziana di XIV e XV secolo. Rappresentano una novità, anche se sostanziata da numeri non altrettanto significativi, anche ‹ff› (specialmente in A) e ‹bb› (in F, dove si può interpretare senza difficoltà come un portato del modello toscano: tutte le attestazioni si concentrano nel paradigma dei verbi (h)aver e dover). L’unico dato dimostrato con certezza è però la coscienza in Sanudo della intercambiabilità di una serie di consonanti semplici (per lo più ad asta lunga) con le rispettive versioni raddoppiate indipendentemente dal tratto fonetico della durata consonantica, estraneo alla parlata locale. L’altissima frequenza dei digrammi, specialmente anche in corrispondenza di grafemi ad asta lunga, contribuisce a negare valore fonetico a tali notazioni grafiche e consiglia di considerare l’elemento come stabilmente inserito nell’uso grafico coevo, anziché come una serie di effettivi ipercorrettismi slegati. Questa consapevolezza vale anche per le parti in latino (al cognome Capelo a 202v 46 fa riscontro a margine un latinizzato Franciscus Capello | eques orator) e per le consonanti identiche a cavallo dei confini di parola nell’uso odierno.143 Data per acquisita la natura grafica dell’opposizione semplici ~ doppie per le consonanti ad asta lunga, e più in generale per le ostruenti, merita invece una verifica la sistematizzazione dei dati relativi alle sonanti /nn/, /rr/, /ll/ in veneto proposta da Bertoletti (2005, 191–200).144 Nei testi veronesi di XIII e XIV secolo, almeno per i primi due fonemi, lo studioso ha riscontrato un doppio esito determinato dalla prosodia e interpretabile come reazione alla defonologizzazione romanza occidentale della quantità consonantica. Si produrrebbe perciò una nuova opposizione, questa volta tra /n/ e /r/ rispettivamente scempie in protonia e intense (realizzate graficamente di volta in volta come consonanti semplici o doppie) in postonia. Si presenta di seguito una rassegna ragionata delle occorrenze di ‹n› ~ ‹nn› e ‹r› ~ ‹rr› intervocaliche nel campione A. Relativamente alla prima alternanza, al netto dei latinismi e delle desinenze di sesta persona, per le quali non si registrano ipercorrettismi, la variante raddoppiata è solo in posizione postonica ed è sovente affiancata dalla rispettiva variante scempiata (l’apparente eccezione Hannibal 193v 46 è un latinismo): stanno 188v 9, 190r 10, 192v 12 ~ stano 188v 19, hanno 188v 22, 197r 11, 197v 2 e 204v
143 Come si è accennato a §6.2.1, la consuetudine dei Diarii è piuttosto volatile e tende a negare autonomia alle parole atone. Ciò spiega grafie come ‹iloro› in iloro viagio 189v 18 (nella presente edizione la consonante «mancante» è integrata tra parentesi uncinate). 144 Per l’argomentazione della maggiore longevità delle sonanti nelle lingue romanze occidentali, dovuta alla difficoltà di riformulare le loro opposizioni fonologiche in seguito alla perdita del tratto della quantità, cf. ibid. e rinvii bibliografici indicati alla n. 48, inoltre Tomasin (2004, 95 n. 32), che rimarca fra l’altro la particolare frequenza della resa ‹ll› negli esiti veneti di lat. -BILE (M ).
6.3 Fonologia
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43 ~ hano 191r 45, 192v 27 (2 volte), 197v 3, Colonna 189v 44 ~ Colona 190v 6, sonno 190r 2, 9, 38 e 39, 197v 5, 202r 37 e passim ~ sono 188v 17, 189r 8 e 9, 190r 7 e altre 14 volte (e la variante apocopata son 188v 35 e 41, 193r 19, 197r 47, 197v 20), fonno 190r 33, 197v 12 e 29 ~ fono 194v 12 e 47, 195v 23, 197v 14, Menno 190r 42, anno 192v 19 e 23, 193r 42, 193v 3 e passim / anni 192v 3, 10, 11 (2 volte), 193r 14, 194v 40 e passim, fanno 193r 46, Ioanne 194v 30 / Ioanne 195v 17, danno m. 195r 42 (cf. danizavano 195r 49), affanni 195v 12; inoltre, dopo accento secondario, in solennemente 199v 43. A parte il sistematico sonno, per cui v. §6.5.7.3, l’unico ipercorrettismo è brexanna 194r 26 (affiancato da brexana 194v 43).145 In protonia non si riscontrano che ‹n› semplici (a titolo esemplificativo, in anecono 190r 31, canone 188v 38, gianizari 192v 30, inanti 198v 37). L’unica eccezione è annulla 189v 7 in giuntura di morfema. Di norma però i prefissati con a- (< AD -, AB -) non presentano geminazione: in CapFed, a poca distanza dalla forma citata, si trova anullati 189v 41 e 49; inoltre apresso 189v 11, 192v 13, 196r 50 e passim, atendevano 194v 18, acresimento 202v 16. La grafia latinizzante ‹mn› in damno 189r 43 e 189v 27 ricopre probabilmente una pronuncia intensa della nasale, di matrice toscana. Un elenco dei casi in cui è la vibrante intervocalica semplice ad alternare con la doppia rivela un maggior numero di geminazioni: erra 191r 2, 26, 27 e 32, 191v 12, 47, 192v 3 e 8 e passim, per complessive 81 occorrenze / errano 194r 11 (fanno eccezione era 205r 31 / erali 191v 25 / erano 191r 11, 16, 19, 25, 191v 32, 39, 192r 26 e passim), horre 196v 1, 198v 27 e ahorra 192r 7 ~ hora 193r 30 / hore 196r 25, serra ‘sera’ 196r 25, Sorra 198r 34 ~ Sora 190v 4 (2 volte), 195v 2, 4 e 7, 203r 31 e passim, Cerveterri 203r 19. La ‹r› raddoppiata ricorre anche in terra 188v 12, 13, 14 e passim / terre 189r 4, 190v 6, 191r 7 e passim,146 ferro 188v 35 e 43, guerra 189r 35, 190r 2, 192v 5 e 29 e passim (e Guerra antroponimo 190r 41 e 42, 202v 8) ~ guera 189r 20 (ma l’esito veneziano è vèra, cf. Cortelazzo 2007), Volterra 191r 31, Ferretto 197r Turris Vetteras 202v 37s., Ingalterra 202v 21 / Ingilterra 202v 24 / Ingelterra 203r 11 ~ Ingeltera 203v 11.147 Anche in questo caso si riportano a titolo di esempio alcune occorrenze di ‹r› in protonia: careta 195r 22 / carete 195r 20,
145 Una delle due nasali è sempre espressa mediante titulus, con le uniche eccezioni di annulla 189v 7, Menno di Guerra 190r 42, anno 192v 23 / anni 192v 3 e 11, brexanna 194r 26, sonno 197v 5, fonno 197v 12, venne 203r 3 (oltre a innumerabilia 199r 37 nella sezione in latino; le due componenti di nonne 199r 21 sono separate da uno spazio nel manoscritto). 146 Alla stabilità della grafia in questa particolare voce potrebbe non essere estranea una cosciente connotazione di genere politico. 147 La circostanza che in ben 149 casi su 157 la consonante doppia ricorra all’interno della sequenza ‹erra›, prescindendo dall’etimologia delle singole voci, rafforza l’ipotesi di lavoro di un semplice automatismo scrittorio.
278
6 Note linguistiche
seragio 193r 30, Ferara 194r 24, 197v 45, 202r 30 e passim, Terazina 204v 28, si socoresse 202r 51 / socorer 203r 19, 40 e 51. Si può precisare inoltre che la base testuale non fornisce esempi di ‹rr› in posizione diversa da quella precedente una vocale finale. Il caso dell’imperfetto erra148 sembra emblematico: la vibrante si scempia quando la voce è seguita da pronome enclitico o sillaba desinenziale (erali stata 191v 25; a un errano a 194r 11 fanno riscontro 100 erano nel complesso dei campioni). Anche per ‹r›, quindi, le occorrenze raddoppiate si localizzano esclusivamente in posizione postonica. Il dato quantitativo pare quindi complessivamente confermare quello dei testi di età scaligera analizzati da Bertoletti (2005, 191–200). Vanno naturalmente tenuti in conto la notevole distanza temporale (oltre che geografica) che separa i testi veronesi delle origini dai Diarii e le notevoli perturbazioni ulteriori cui il sistema veneziano è stato soggetto nel frattempo.149 Anche per queste ragioni sembra preferibile continuare a interpretare la macroscopica serie di alternanze come un dato di ordine essenzialmente non fonetico ma grafematico, almeno a quest’epoca; nel testo sanudiano non sembrano agire argomenti decisivi per sostenere che le consonanti geminate siano, nel testo, altro che un portato di interferenze tra sistemi scrittòri diversi. L’influenza dell’etimo latino può spiegare la geminazione solo in un numero ristretto di casi: oltre ai già citati Ioanne e terra si possono citare offensione 188v 12 e 30, 189r 19 e 37, accepto 191v 19 / accepta 191v 26, officio 192v 9, 198v 37 e soprattutto la serie dei superlativi in -issimo. La grafia etimologica del suffisso è incontrastata: così negli aggettivi fortissima 190v 4, 195v 5, bellissimo 194r 50 / bellissima 190v 8, grandissimo 190v 9 / grandissima 193r 8, somptuosissime 191v 6, expertissimo 191v 18, crudelissimo 191v 28, fidelissimo 194v 36, nimicissimo 196v 42, amicissimo 197r 24, valentissimo 198r 4, cristianissimo 205r 34 / cristianissima 198v 9, florentissimi 198v 15, felicissime 198v 28 come pure negli avverbi certissimo 191r 32 e benissimo 194r 32. In LetMoro sembra di poter leggere la variante semidotta verissemo (F 234r 27).150 Il belletissimo a C 53r 25 ha diversi riscontri nelle antiche parlate venete.151
148 La scrizione sembra caratteristica delle opere di Sanudo (cf. Berchet 1903, 126). 149 Già i testi veneziani delle Origini, in ogni caso, non presentano tracce della conservazione dell’opposizione di quantità per r e l (Alinei [1978] 1984, 227 n. 3 ). 150 Cf. Vitale ([1983] 1988, 187 e 202). Naturalmente il tipo latino provoca all’inverso, in molti altri casi, un apparente scempiamento: ad esempio nei casi di abondantia 189v 16, obedientia 193r 21, obligati 192v 278 (‹bb› ricorre, come ricordato, solo nelle voci verbali debbi 191r 46 e ebbeno 193r 32). 151 Accanto a forme come bonettissemo, cattivettissimo, grandenissimo, maletinissimo (Rohlfs 1966–1969, §404). La voce è presente anche in antiche fonti di area centro-meridionale,
6.3 Fonologia
279
Si riportano di seguito, a titolo di esempio per le occlusive, i dati relativi all’alternanza ‹t› ~ ‹tt›, che come si è segnalato è particolarmente prodiga di esempi: promette 188v 6 e 45, 189r 27 e 39 e 50, 189v 15, 23, 24 e 35, 190r 3 e 8 / prometteno 189v 31 ma in protonia prometterà 189r 23 e 26 (contro promete 189r 15 / prometeno 189r 31), tutto 188v 22 e 29, 189v 1 e 3, 190r 23 e passim / tutta 188v 40, 189r 22, 189v 21 e passim / tutti 188v 6, 18, 21 e 28, 189r 17, 25 e 44, 190r 9 e 31 e passim / tutte 188v 19 e 27, 191r 38, 192v 17 e passim, con il composto sopratutto 194r 14,152 metteno 191r 47 / metteva 191r 11 / mettere 188v 24 / metter 202v 28 (ma meteva 191r 6 / meterlo 194r 3 / meter 204r 16, v. anche remeterli 189r 50), botte 188v 27, 195r 28 (ma bote 192v 45), havia scritto 195r 25 e infrascritta 188v 34 (minoritari rispetto alle varianti scempie ho scrito 198r 25, 203v 2 / fo scrito 194v 44 / scrita 198v 1 e scrita f. 198r 13), siano rotti 189v 40 e rotta f. 188v 39 (contro erra rota 204v 29 / esser rota 195r 38; rota f. 202v 21, 203r 11), havea fatto 191v 44s. / havia fatto 196r 17 / havesse fatta 189v 6 / fusse fatto 196r 21s. / havendo fatto 196r 7s. e fatti 195v 14 (a bilanciare havia fato 191r 33 erra fata 194r 12 / fu fato 191v 34 / fo fato 194v 51, 204v 46 / fata 192v 1, 203v 12), prefetto 190v 2, 205r 10 (occasionale, accanto a prefeto 195v 2, 198r 33, 202v 7, 203v 30 e all’ipercorretto preffeto 195v 5, 203r 31, 203v 29: va ricordata la minore permeabilità del tradizionale lessico politico e giuridico veneziano al volgare toscano), rispetto 196r 47 / respetti 191r 26, 196v 44, sotto 191r 29, 196v 2 e 35, 198v 25 e 33 e passim (contro soto 192v 27 e 204r 10, e di soto 195v 8), lettera 191v 24, notte 193v 31, 197v 37, Gatti 194v 31, frutti 196v 27, Ferretto 197r 27 (cf. Ferreto 197r 45), attesi 198v 20, deffetto 204v 22 (e si può forse aggiungere adtanto 189v 21). Per ditto e composti v. §6.3.1.4. Spicca per la posizione in protonia, accanto al già citato prometterà, bollettini 191r 52 (cf. bolletini 191r 45 e 47). Anche per queste serie consonantiche sono nel complesso scarsi i raddoppiamenti: Gaetta 188v 42 / Caietta 190r 17, haveano abutti 195v 11 e in latino praefatti 196r 41, quottidianis 200r 15, Turris Vetteras 202v 37s. La regolare scempia corrispondente è, ad esempio, in trato 189r 12, combatere 189v 47 / combater 195r 43 e combatenti 195r 25, matutino 193r 30, dotor 194r 28, sotil 194r 34, ingiotita 195r 36, Iacometo 193v 49, Casteleto 194v 37, cativi m. pl. 195v 27 e cativo agg. 196v 38, fo butada 195v 37, matina 196r 22, zambeloto 197v 25, bataglia 198r 10, maltratate 198r 10, condoto 198v 25, puti 202r 37, gato 202v 41, botin 203v 19, pati 204v 20, 205r 6, acetava 205r 5s. / acetasse 204v 12 / acetado 205r 38. Parole-chiave come cità
sulle quali avrà agito anche l’influenza dello sp. bellido ‘bello’ (Ineichen 1966, 390; LEI 5,950 e n. 11). 152 La variante tuto compare solo al plurale tuti 188v 21, 189v 4 (in CapFed, nel quale alterna con la forma raddoppiata), 192v 8, 31 e 32 (in RelSag) / tute 192v 21 (RelSag), 202v 20. Si segnala anche il composto tutavia 195v 23.
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6 Note linguistiche
(188v 5 e 19, 195v 35, 197r 35 e altre 5 volte; cf. inoltre il derivato citadino 191r 44 e l’alterato, lessicalizzato nel significato di ‘roccaforte’, citadela 198r 24) conservano senza eccezioni la grafia fonetica.
6.3.3.2 Esiti delle occlusive labiali e delle spiranti labiodentali Al pari delle altre occlusive, la /p/ e la /b/ etimologiche subiscono regolarmente lenizione nelle parlate settentrionali: già i primi documenti testimoniano tra vocali e prima di /r/ ora l’esito /v/, ora il dileguo. Quest’ultimo, precoce per le dentali, risulta però per le labiali circoscritto a un numero relativamente ristretto di voci, quali sulimadi F 226r 6 ‘porzioni di argento sublimato per uso cosmetico’ e il ben più nevralgico sora < SUPRA (in funzione avverbiale e preposizionale), che nei primi documenti alterna ancora con sovra in qualità di variante meno comune (ma se ne può seguire la progressiva affermazione nella prima parte del XV secolo).153 Nel primo campione la forma con dileguo sora è registrata a 190r 30, 194r 46, 195r 28 e soracomito a 193v 10, 194r 37 / soracomiti 194r 35s.; il cronista mostra però nel complesso una decisa preferenza per la variante con /p/ restaurata (sopra compare 14 volte, e altre 3 come prefisso), mentre non si registra mai sovra / sovra-. L’alternanza permane attraverso tutti i campioni fino all’ultimo, nel quale si trovano 16 sora e 3 prefissati in sora- contro 19 sopra e 7 sopra- (o forse, in molti casi, supra / supra-).154 Già Lepschy ([1993] 1996, 40) ha rilevato un altro caso di regolare dileguo in una voce centrale nel linguaggio politico e nei Diarii: Cai (che nel solo campione F ricorre in questa forma a 222r 23, 222v 1, 21, 42, 224r 1), cui si può affiancare il toponimo, pure particolarmente significativo per la presumibile frequenza d’uso a Venezia, Cao d’Istria 197r 15. Notevoli anche taola C 41r 23 (tavole a F 238r 30b) e vescoado F 222v 12, 237r 18 e 19. Altrove emerge occasionalmente la corrispondente costrittiva sonora: à descavedado 192v 24 (e cavedal F 224r 27), al discoverto 193r 49 (di contro agli ordinari capitanio/capetanio, saper, episcopo ecc.), averto 194v 24 / -a C 48v 13 / -e C 44r 15, savoni ‘saponi’ F 226r 7 e 236r 18 e 19, scovaze ‘immondizia, rifiuti’
153 Stussi (1965, LVI s.); Ineichen (1966, 374); Rohlfs (1966–1969, §260); Sattin (1986, 79); Gambino (2007, LXXXII ); Ferguson (2007, 97). Sono evidentemente entrati nella lingua in epoca posteriore i germanismi che non partecipano del fenomeno, come roba 190r 31 / robe 188v 11, 204r 7 e robar 192v 38 / robati 193r 26. 154 In ben 17 casi su 26 le ultime due lettere sono compendiate in un tratto sovrastante la p.
6.3 Fonologia
281
C 43r 16.155 In contesti intersonantici Calavria156 190v 8 fa fronte alla più consueta restituzione dell’occlusiva (Ebraim 193r 7, octubrio 198v 48, 202v 44); la fonetica di Aldrovandino è genericamente settentrionale (Caffarelli/Marcato 2008, 42).157 È documentata fin dal XIV secolo la sonorizzazione iniziale della seconda componente nel tipo sintagmatico ˹carta pergamena˺ (F 238r 22s.; cf. DI 3,662), forse con influenza secondaria di Bergamo. Tuttavia la lenizione portata fino al dileguo sembra un processo attivo ancora recentemente almeno per la costrittiva labiodentale sonora, dato il dileguo in Zernoich 204r 2 e 3: è il nome del principe montenegrino Đurađ Crnojević, altrove reso Zernovich 194r 42, 194v 1, la cui famiglia non sembra aver avuto una risonanza significativa a Venezia prima del secondo decennio del XV secolo (v. anche Saona 204v 5 e 17). Per il semicolto abuto v.§6.5.7.13.
6.3.3.3 Esiti di L La storia delle laterali alveolari in veneziano contempla, secondo una ricostruzione che risale agli studi di Giovan Battista Pellegrini, uno scempiamento tardivo che sarebbe all’origine della cosiddetta l «evanescente» veneziana, un’articolazione «dorsopalatale rilassata» più prossima a un’approssimante [j] che a un fono laterale.158 Questo fono, oggi ben vivo a Venezia e diffusosi da qui fino a Padova e Treviso,159 sarebbe l’esito della laterale intensa esteso successivamente anche a quella semplice. La l allofonica «evanescente» è certamente estranea al veneziano di XVI secolo, come dimostrato da Tomasin (2010b, 734–746) nonostante che in passato si fossero citate alcune possibili spie di precocità in Calmo, nella letteratura pavana e in un Lamento dei pescatori del 1571ca. Al contrario, la caduta della consonante davanti a /i/ (specie negli esiti di -(E )LLI , -(I )LLI ) è già acquisita, coerentemente sia con le altre parlate settentrionali, sia con l’italiano letterario di base fiorentina: le alternanze cavali / cavai sono
155 La variante con dileguo della labiale intervocalica sembra assente dall’ed. Fulin et al. dei Diarii, a fronte di almeno altre 3 scovaze (6,241, 24,45 e 46,18). La circostanza merita menzione in quanto non condivisa dal complesso delle fonti venete coeve: «Wie bei sco(v)a alternieren in den Belegen aus dem 16. Jh. die Formen mit und ohne intervokalischem -v-» (Sallach 1993, 195; cf. Cortelazzo 2007 s.v. scoàzza). 156 Variante in uso anche nel milanese cancelleresco (Vitale 1953, 82). 157 Antivari (202r 42, 204r 16) e l’etnico antivaresi (193r 37) rendono la fricativa bilabiale del gr. biz. Αντίβαρiς (DI 1,97). 158 Lepschy ([1962] 1978, 159s.); cf. Tomasin (2010b). 159 Stussi (1995, 127) ritiene l’articolazione importata assai di recente.
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6 Note linguistiche
solo grafiche (cf. «de fieli in fiei», Calmo cit. in Cortelazzo 2004, 130s.).160 Per la casistica delle preposizioni articolate v. §6.5.2.
6.3.3.4 Esiti delle occlusive dentali intervocaliche Nei documenti veneziani di primo XVI secolo, la grande ricorsività di occlusive sorde intervocaliche o intersonantiche «costituisce uno dei più vistosi elementi di novità rispetto alla tradizione del veneziano cancelleresco», mentre le forme concorrenti a fonetica locale si arroccano, in linea generale, in alcune voci di altissima frequenza d’uso e in quelle che compongono il lessico tradizionale della legge e del commercio (Tomasin 2001, 136s.). Sono soprattutto le dentali ad aver «subito nel corso del tempo vari processi di blocco e di restituzione» (Zamboni 2005, 524). Questa tendenza etimologizzante è ben rappresentata nei Diarii: è esemplare il caso della desinenza dei participi passati deboli (v. §6.5.7.13). L’esito popolare settentrionale si conserva in driedo 191v 48 e passim (e in indriedo 197v 48 e passim),161 maridade 192v 17, 203v 25, prestedo 193v 8, nadal 194r 36, 195r 27, 196r 4 e passim, fadigava 194v 23, vuoda 195r 29, stado 195r 13, 205r 47, ordinadamente 196v 22, veludo 197v 26, fradelo 204r 3, 9, invidava 204v 26. Rimane generalmente fedele alla fonetica e alla grafia locali anche, nel lessico economico, intrada ‘introito di denaro’ 192v 19, 23, 193r 14, 197r 17, 19, 20, 23, 25 e 26; B 363r 1 e 27; F 224r 24, 224v 3, 235r 3, 236v 41 e 42, 237r 19 / intrade B 363v 1. Fanno eccezione intrata a 196v 49, F 225r 10 / intrate 237r 18, oltre a intrata ‘l’entrare, specialmente di un personaggio illustre o di un esercito in armi in una città’ 196r 18 e 20.162 Nel primo campio il dileguo non si registra, e anche in questo caso dubitativamente, che nel cognome Tealdini 193v 49, probabile variante settentrionale di un *Tedaldini o *Tebaldini.163 Ad ambasador/ ambasiador (che compare, in entrambi i numeri, 20 volte nel complesso dei campioni; v. §6.3.3.9) si oppone l’isolato ambasciatore 195v 29. La
160 I campioni si attengono all’analogia con il singolare e non presentano tracce della seconda variante. Cf. Ferguson (2007, 101). 161 Ben più saldo sembra però l’esito di dileguo drio (C 41r 33, 48r 20, 53v 34, F 223r 26 e 33). La variante mostra nella documentazione una fortuna apparentemente più recente di quella del tipo driedo nonostante la consecuzione dell’evoluzione fonetica (lenizione > dileguo), ma potrebbe essere stata solo censurata a favore di driedo in molti dei testi: cf. Rossi (1888, CLI s.); Rohlfs (1966–1969, §836); Folena/Pellegrini (1968); DEVI; Cortelazzo (2007); LEI 19,1322–1341 (la struttura dell’articolo evidenzia la comune origine metatetica delle due forme). 162 L’infinito sostantivato intrar 204v 31 sembra conservare un’accezione imperfettiva in opposizione all’altrimenti sinonimico intrata 196r 18 e 20 (cui va forse aggiunto 196v 49). 163 Cf. Pellegrini ([1956] 1991, 269); Caffarelli/Marcato (2008) s.v. Tealdi / Tealdo.
6.3 Fonologia
283
forma con lenizione della dentale in armada appare in regresso rispetto ad armata (v. §7.2).
6.3.3.5 Esiti delle occlusive velari Alcuni testimoni del veneziano quattrocentesco registrano un’apparente incertezza nel grado di sonorità di alcune occlusive velari iniziali di parola e intervocaliche.164 I dati documentari, qui esemplificati con il primo campione, si interpretano generalmente meglio come ipercorrettismi limitati alla veste grafica che come rese fonetiche:165 così anzitutto la ricorrente variante antroponimica Cabriel 194r 34, 38, 196v 33 e forse il gentilizio Mocenico 202r 30. La presenza dell’etimo nella coscienza dello scrivente è invece alla radice dell’alternanza di Gaeta / Gaetta 188v 13, 19, 30, 42, 189r 16, 28, 189v 33, 190r 6 ~ Caieta / Caieta / Caietta 188v 5, 9, 190r 17, 29, 35, 45, 190v 1 (e altre 9 volte). È sulla radice latina che si conia l’etnico caietane 190r 25, 203v 25. L’influsso del latino è un fattore decisivo, almeno nel primo campione, anche per le grafie laco 202r 51 (contro lago 202r 46) e loc(c)o 190r 8, 195r 43, 195v 42 e altre 7 volte / loc(h)i 194r 43, 195v 2, 196v 30, 34 e altre 7 volte, contro un unico luogo (198r 26). Anche una voce del lessico cancelleresco come secretario (v. §7.2) rilutta alla regolare sonorizzazione settentrionale per adeguarsi al consonantismo etimologico. Presentano al contrario la normale lenizione intervocalica e intersonantica, a titolo esemplare, fuogo 194r 4, C 51v 14 / fuogi B 135r 31, l’antroponimo D(omene)go 191r 12, 193v 43, 203r 46,166 i gentilizi Griego 194v 51 e Avogaro 195r 6, l’agionimo San Pangratio C 52r 36 e il congiuntivo presente se comunegi B 134v 7. Le residue sonorizzazioni delle occlusive intervocaliche del campione A si accompagnano in un numero maggioritario di casi a un vocalismo atono settentrionale (trafego 193v 2, prestedo 193v 8, nonché seguro 194r 18, isolato contro il normale tipo senza sonorizzazione, che il vocalismo atono contribuisce a contrassegnare come probabile latinismo: securi 189v 13 / secure 188v 15 e il burocratico securamente 188v 11 e 29, 189r 19 e 42, 189v 2, 12 e 19) o ad altri contrassegni fonetici locali (zuogo 194v 24). La variante sonorizzata del maggioritario alcuno aggettivo o pronome indefinito (116 occorrenze nel complesso dei campioni) emerge solo nei primi quattro campioni e quasi esclusivamente nelle copie di documenti (alguna
164 Sattin (1986, 75). Il fenomeno non viene trattato sistematicamente in Rohlfs (1966–1969; ma cf. §155). 165 Una tendenza simile, accompagnata da analoga controtendenza ipercorretta, è attestata anche per V - > /b-/ ~ /v-/ (Ferguson 2007, 98). 166 Si dovrà probabilmente sciogliere in Domenego, variante maggioritaria nel primo volume (nell’ed. Fulin et al.), anche la contrazione Dngō (191r 12, 193v 43, 203r 46).
284
6 Note linguistiche
198v 12 [LettTar], algune 192v 22 [RelSag], alguno B 363r 10 e 40 / alguna 363r 6 [ParteIC], alguno C 55r 33 / alguna 55r 31 [ParZud], alguna D 375v 23 [ParCens]). Le eccezioni si concentrano in C: alguno 47r 37 / algun 48r 14 / alguna 45v 36. Non è altrettanto agevole trovare una spiegazione univoca per le ‹c› dei toponimi Brisco ‘Breisgau’ 197r 45 e Barce ‘Barga’ 202r 5 e del derivato etnico curzense 194r 20s.167 L’assordimento iniziale del toponimo Gandía nel sintagma Ducha di Chandia (198r 15) è però con ogni probabilità un semplice caso di reinterpretazione paronomastica per accostamento a Candia ‘Creta’ (cf. Ducha di Gandia al 203v 18). Sono probabilmente forme ipercorrette, non specifiche dell’antico veneziano e largamente in uso nel toscano (v. OVI), navicono 190r 20 e confalonieri 191r 42 (la sorda di anecono 190r 31 è etimologica).168
6.3.3.6 Esiti di C e G davanti a vocale palatale Uno dei tratti che più chiaramente separano i volgari settentrionali dal resto dell’Italoromania è l’alveolarizzazione (con successiva assibilazione) delle affricate palatali sorda e sonora originate rispettivamente da C e G davanti a vocale palatale. Il veneziano non fa eccezione e fino agli inizi del XV secolo è questo l’esito testimoniato in prevalenza dalle fonti.169 Qua e là fin dei primi documenti emerge però già l’ulteriore evoluzione in sibilante. Le prime affricate a essere soggette ad assibilazione (già dalle origini) sono quelle risalenti a c intervocalica davanti a vocale palatale, mentre altri casi precoci sono da imputare a gallicismo o cultismo: l’occorrenza del fenomeno in altre serie etimologiche (cf. §6.3.3.7) sembra successiva ai primi decenni del XV secolo, anche se in epoca anteriore può essere stata oscurata da grafie conservative.170 D’altra parte già nei documen-
167 Tutte le attestazioni di questo etnico di ambito ecclesiastico < ted. Gurk a iniziale assordita finora venute alla luce sono di area veneziana (DI 2,394s.). 168 Il colfo che ricorre 12 volte nel secondo campione (222r 15, 17, 18, 19, 222v 29 due volte, 30, 36, 37, 38, 235v 46, 236r 36) è una variante che caratterizza il veneziano rispetto al resto della Romània fin dall’XI-XII sec. Si deve probabilmente a un influsso greco, se la direzione dell’interferenza non è inversa (Cortelazzo 1970, 66s.). 169 Stussi (1965, LIV-LVI); Rohlfs (1966–1969, §§152 e 156); Sattin (1986, 75s. e 82–84). Che anche grafie etimologiche ‹ci› e ‹gi› venissero senz’altro interpretate dai parlanti veneti come alveolari è comprovato dai termini con cui Giovan Francesco Fortunio prescrive l’uso della ‹h› diacritica tra consonante velare e vocale palatale: «Ma quando ad e overo i si preponga c overo g et al suono della voce si convenga, l’aspiratione di necessità vi s’intrapone: como poco, vago, delli quali, volendo così isprimere il maggior numero: poci, vagi, sarebbe il suono pozi e vazi, et così tutti altri tali; onde pochi e vaghi si scriverà» (Richardson 2001, 155s. e nota 70). IV -LVI e bibliografia indicata a n. 64); Sattin (1986, 83 e nota 78); l’affricata 170 Stussi (1965, LLIV ancora trascritta ‹z› è nel XVI secolo un «suono estinto da tempo» secondo Cortelazzo (2004, 131).
6.3 Fonologia
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ti ufficiali di primo XVI secolo l’evoluzione della fonologia locale appare in forte regresso rispetto al modello toscano, che impone negli stessi contesti un’affricata palatale (Tomasin 2001, 155). I Diarii mostrano da questo punto di vista una rimarchevole aderenza alla presumibile pronuncia reale (esempi sanudiani sono già stati segnalati in Lepschy [1993] 1996, 41s.). Il naturale trattamento settentrionale è ben attivo, come confermato da voci di recente introduzione come charazo < tc. harač (192v 202 volte; v. §7.2). L’oscuramento dello sviluppo dovuto a grafie latinizzanti o toscaneggianti, pure avvertibile nel campione, rimane quantitativamente non decisivo. Si registrano infatti nel campione A, per gli esiti di C etimologica + vocale palatale: dezembrio 191v 5, 196r 4, 202v 47 e passim (affiancato da decembrio 191r 1, 194r 42, 195r 27 e passim, 5 volte contro le 7 della variante assibilata), zercha 192r 7, 196v 18 e 41, 204v 46 e 49 contro circa 188v 13 / circha 188v 27 (entrambi in CapFed), fusse zerchato 195r 16s. (ma anche ricercha 203v 4), Canzelier 195v 36 contro Cancelier 199v 45 / cancelieri 191r 48, curzense 194r 20s.,171 Zernovich 194r 42, Zimera 195r 32, zenere 195r 33, Arzivescovo 199v 44, Val de Calze ‘Val di Calci; piazzaforte strategica presso Calci, oggi in provincia di Pisa’ 202r 7, feze 204r 26 / fezeno 204r 24 / fazi 204r 17, Terazina 204v 28, zerti 204v 41 (isolato a fianco di certi 198v 6, 202r 46, 205r 26 / certa 191v 11, 193r 31, 193v 14, 202v 21 / certe 193r 35 e certissimo 191r 32). Per principe v. §6.3.1.1. Sparse ma non sporadiche appaiono le registrazioni scritte della successiva deaffricazione: basti rinviare alle forme paxe 192v 4, F 226v 10 e 236v 13 / pase B 360v 48, 361r 25, 27 e 40, redusevano 194v 15, tasevano 194v 17, calesi 190r 24 / calexe C 51v 1, crose C 43v 31 e il toponimo Mezacroxe 204r 26, suosero B 361r 29, vose D 372v 9.172 Il tc. yeniçeri ‘giannizzero’ presenta ancora nel primo volume il doppio esito con affricata palatale originaria (gianiceri 193r 22) e con l’assibilazione settentrionale (192v 30, 32, 193r 23, 26, 31; cf. anche, al di fuori del campione, ianizeri 1,731 / gianizero 2,806 / ianizero 10,303 e passim e v. §7.2); nelle annate successive, a giudicare dalla lezione dell’ed. Fulin et al., la variante con z intervocalico resta pressoché esclusiva. Tra gli esiti di G si contano: zente 190v 5, 191r 23 e 37, 192v 30 e 40 e passim (35 occorrenze complessive) contro gente 188v 4, 7, 18, 20, 46, 48 e altre 9 volte, una sola delle quali al di fuori di CapFed, Zenoa 191r 12, 15, 192r 2, 194r 18 e
171 La palatalizzazione della velare sorda della base Gurk è ampiamente documentata altrove, anche nello stesso veneziano, e risale al latino medievale in riferimento appunto al vescovado (DI 2,394s.). 172 Difenzoe 199v 46, possibile ipercorrettismo, è più verosimilmente un semplice lapsus del cronista (v. §6.2.4).
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6 Note linguistiche
passim e zenoesi 191r 16, 192r 4, 196v 32 contro Genoa 191r 21 a fianco del latinismo integrale Genua 189r 33, zonzerano 195v 51 / zonzer 203r 49, 204r 1s., 204v 2, 7 e 14 e passim, zeneral 194r 39, zenthilomo 204r 7 / zenthilomeni 193r 23 e zenthildona 194r 47s., vezilia 195r 27, arzento 197r 28 (ma v. il toponimo Monte Argenteo ‘Monte Argentario’ 190r 30 / Monte Argentato 202v 3s.), se volzerano 203v 7. Sulla forma Barzelona 194r 17, 202v 47s. potrebbe aver esercitato un ruolo la pronuncia catalana. Non si riscontrano nel campione esempi notevoli dell’esito, di matrice toscana, in nasale palatale di ng davanti a vocale palatale.173 I materiali lessicali derivanti da prestito (generalmente gallicismi) o di origine incerta sono omogenei nel trattamento a quelli di trafila popolare ininterrotta: erano alozati 194v 43s., alozò 191v 6, 202r 3 / alozono 197v 13 / alozar 204r 22 / alozato 204v 32 e alozamenti (pluralia tantum) 193v 37, 194r 11 e 25, 195v 6 e 13 e altre 7 volte, zalo 192v 4, pasazo 194r 18, symbinzana 194r 37, viazo 193v 2, 194v 7, 196v 9 (la variante viaggio 188v 49 / viagio 189v 18 e 25 si trova solo all’interno di CapFed), barzoti 192v 44 e barza 204v 29 / barze 192v 45, 193r 17 e 35, zoie 194r 50, lizieri 194r 52, parizo 195r 34, zambeloto 197v 25, Rizardo 199v 45, Buzardo 202r 42, svalizò 202r 49. Sembra di poter individuare un’evoluzione del nesso negli ultimi campioni, che però non coinvolge tutte le voci (non riguarda ad esempio zenere) e non è univoca: gli estratti successivi al primo riflettono senza eccezioni il consonantismo settentrionale in canzelier (B 361v 41, D 370v 9, F 236r 58 e passim), minoritario in A. D’altro lato, la radice del passato remoto di far non presenta alveolarizzazione se non quattro volte, nel primo e nel terzo estratto (feze 204r 26 e C 45v 32 / fezeno 204r 24 e C 49v 19), contro decine di occorrenze per fec- (fece C 48v 12, feci D 371r 11, fecero E 234r 48, fecemo F 233r 14 e passim); le ultime due ricorrenze della radice zert- successive a quella in A sono in C (-i 45v 2, -o 52r 23); la forma palatalizzata ˹gentilhomo˺ appare solo negli ultimi campioni: gentilhomo 235v 28, genthilomo F 237r 27.
6.3.3.7 Esiti di j, (t)tj, dj, (c)cj, gj La situazione appena descritta è grosso modo sovrapponibile a quella dei nessi iniziali e intervocalici di occlusiva alveolare o velare + j, come anche dello iod iniziale e intervocalico, che ne condivide il destino già a partire dal latino volgare.174 Lo stesso trattamento è condiviso dai gallicismi e dalle altre voci non derivate direttamente dal latino. Nel veneziano della prima metà del XVI secolo
173 Castellani ([1963–1964] 1980, 221); Sattin (1986, 84 e 87). 174 Per una visione d’insieme degli esiti popolari italoromanzi cf. Rohlfs (1966–1969, §220).
6.3 Fonologia
287
l’esito prepalatale toscano, spesso reso graficamente con g scempia, è ormai maggioritario;175 i Diarii appaiono da questo punto di vista singolarmente conservativi. Per le rese ‹ti› e ‹ci› v. §6.2.4. Le grafie culte sono affiancate dall’allografo ‹z› (in un caso ‹zi›). Si raccolgono di seguito le occorrenze postconsonantiche ricavabili dal primo campione, seguite dalle singole classi etimologiche per quelle intervocaliche: comenzando 188v 9, senza 188v 12, 30, 189r 2, 5, 8, 19, 43, 192v 29 e 36 e passim, Franzia 188v 19 / Franza 190r 26, 191r 2, 31 e 32 e franzosi 189v 37, Provenza 188v 32, 189r 18, 43, 189v 23 e 25 e passim, Fiorenza 190r 46, 191r 42, 195v 32 e passim, Serzana 191r 27, 191v 3, 196v 32, 202r 4, conzar 191r 33 / conzarla 191r 34 / fo conzo 194v 49, balzello 191r 40, terzo 192v 11, 14, 20, 193r 8, 194r 46 a margine e passim, speranza 193r 8, manzarie 193v 7, anzuini 193v 14, symbinzana 194r 37, Parenzo 195r 34, Valenza 202v 48, Faenza 205r 24 e il turcismo sanzacho 204r 15 e 18; inoltre gli antroponimi Sonzin Benzon 193v 44, 203r 44 e Alvise Soranzo 195r 28 e la nave Soranza 204v 15, Gonzaga 195r 12. La pronuncia così trascritta è con ogni verosimiglianza affricata. Da (t)tj: graveze 191r 9, 196v 39, piaza 198v 35 / piaze pl. 194v 8, fo carezato 196r 42, peza 197v 24, beleza 197v 25, forteza 198r 25, amazati 198r 11, scozessi 203r 11 (cf. Scocia 202v 23); da -PTJ -: cazar ‘cacciare’ 204v 17 e il derivato a suffisso zero caza 196r 34, 196v 6 (ma scaciar 202v 24); da -CTJ -: drizata 198r 16. Il nesso -STJ - dà generalmente nell’italiano settentrionale una sibilante alveolare sorda in luogo della corrispondente postalveolare intensa del toscano: possa che 194v 2.176 Il tipo toponimico cui appartiene Brandizo 198v 3 (altrove Brandiço, Blandizo ecc.) potrebbe essere esito popolare di un latino medievale *Brunditium (< lat. Brundisium con cambio di suffisso), di cui il tipo Brundizio sarebbe invece esito dotto (per la documentazione cf. DI 1,284s.). I risultati dell’antico scambio tra i suffissi - TIONE ( M ) e - SIONE ( M ) ,177 residuali già nei testi quattrocenteschi spogliati in Sattin (1986, 88s.: vi compaiono solo priexio, il solito raxon e l’ambiguo Veniexia), sopravvivono in condanaxon B 131v 36 / -ason F 222r 3 / -asom F 222v 7 e 9, in sasom C 50r 2, e in raxon B 131v 29, C 42v 5, D 371r 13 e passim /
175 Stussi (1965, LIIIs.); Rohlfs (1966–1969, §§158, 277, 279, 290–292); Sattin (1986, 84–86 e 88s.); Tomasin (2001, 137). 176 Rohlfs (1966–1969, §§292 e 937). 177 Stussi (1965, LIV ) ; Barbieri/Andreose (1999, 84); Baglioni (2006, 116s.); Dotto (2008, 434). Almeno per alcune delle voci interessate si dovrà però pensare piuttosto a un gallicismo, al pari che per gli equivalenti toscani ragione, cagione, prigione (Stussi 1965,LV s.; Castellani 2000, 399– 401). Verso un doppio esito da inquadrare a livello romanzo indirizzano invece Rohlfs (1966– 1969, §290) e Aski (1997).
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6 Note linguistiche
rason 194v 48 / rasom D 373v 13 e passim (cf. caxon 196v 39, B 131v 36, C 196v 42 e prexon C 44r 30, C 55r 11 e 224v 30 e passim).178 L’esito popolare di dj è invece registrato in zorno 191v 45, 193v 21, 196r 20 e altre 4 volte / zorni 190r 15, 196r 15, 17 e 47, 202v 37 e zornata 193r 10 e quindi rappresentato in proporzione comparabile alla variante concorrente di matrice toscana giorno 196r 44 / giorni 191r 40 e 41, 193r 43, 194v 8. In posizione intervocalica, si hanno mezo 191r 50, 191v 3, 193v 3 e altre 6 volte (e Mezacroxe 204r 26), Chioza 196r 14 e 17,179 ozi 198v 26 e 37 (ma ogi in CapFed 188v 10), mozo ‘moggio’ F 223r 12 / moza B 362v 3. La qualità degli esiti di j iniziale o intervocalico è sovrapponibile: zener 190r 47, 194v 7, 197v 27, zà 191r 27, 194r 6 e 9, 204r 13, Zuam 191v 18, 193v 47, 49 e 50, 194v 14, 19 e 51 e passim / Zan 204r 28, mazor 192v 8, 10, 11, 193v 10, 199v 44, 205r 20, Zustignan 193v 42, 195r 30, 202r 6, zuogo 194v 24, zugno 196r 19, pioze 203r 35, Zordam 204r 29. Anche zonzer continua a prevalere su gionger(e) (il cui vocalismo non anafonetico ne rivela comunque la natura di travestimento toscaneggiante): erra zonto 191r 2s., 194r 7, 194v 21 e passim / erano zonti 203r 7 / zonse 194r 31 e 39, 195v 19, 196r 4 e 19 e passim / zonseno 196r 34 / zonzerano 195v 51 / zonzer 204r 1s., 204v 2, 7 e 14, 205r 37 / esser zonta 191r 17 / esser zonte 205r 15 / zonto 194r 17, 204r 3 / zonta 204v 4 / zonti 203r 19 / e il derivato azonse 196r 23, 44, 48 e passim, cui si affiancano erra gionto 196r 44 / gionse 191v 5, 196r 37, 197v 8 / serano gionti 189v 25 con il derivato agionse 196r 26. Grafia e forse fonetica del toscano informano anche pegio 190r 39. Si ha conservazione culta in iusto 189v 16 e iusta avv. 190r 43, 193v 9, 198r 7, 202r 29,180 Maiestà 189v 34, 190r 10 / Maiestà 190r 12, 198v 13, Caieta/Caieta ‘Gaeta’ 188v 5, 9, 190r 29, 35 e 45, 190v 1 e passim / Caietta 190r 17 e l’etnico caietane 190r 25, fo iudichato 195r 35, iocondo 198v 23. La resa latineggiante è particolarmente frequente in campo antroponimico: Ioachin 191r 31, Iacomo 194r 5, 194v 19, 195r 15 e passim,181 e Iacometo 193v 49, Ioanne 194v 30 e 204v 10, Iacob (cognome) 197r 42. Da (c)cj-: lanze 195r 14, 203v 6, brazo 198 V 33 / braza 191v 23, 197v 25, Brazano 198r 11 (due volte) e 19, 202r 46, Ranuzo 196v 36s.,182 giazo 203r 35,
178 È invece probabilmente un semplice lapsus calami il dilasioni a E 232r 21. 179 Cf. DI (1,472s.). 180 La variante si può forse considerare una semplice resa grafica parallela del lat. iuxta: nella parte in latino si legge iusta 199v 37 accanto a iuxta 200r 5. Puro inserto latino è Hyerusalem 188v 3. Anche il maior a 197r 3, piuttosto che latinismo grafico, sarà da intendere come parte di un’indicazione geografica integralmente latina (Austria maior). 181 Per esteso solo a 202v 36, altrimenti abbreviato in Iaco. 182 Cf. Rohlfs (1966–1969, §1041); Rossebastiano/Papa (2005, 2,1062).
6.3 Fonologia
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piaza 198v 45, Terizola ‘Terricciola (PI)’ 204r 23, 204v 20. Pertengono alla formazione delle parole e alla morfologia del veneziano, e in quanto tali si attengono strettamente alla fonetica locale, il suffisso alterativo -azzo < -ACIUS (galeaze 192v 44)183 e quello verbale -izar (it. -eggiare; v. §6.3.2.5). Da gj: l’esito normale è quello di Zorzi 194r 38, 194r 42, ma v. anche il latinismo politico Collegio 193v 6 e 195v 20.184 Inoltre, tra gli esiti di labiovelare latina, si incontrano zoè 191r 16, 193v 17, 194r 34 e altre 8 volte, azò che 198v 33 e zaschadum 198v 41.
6.3.3.8 Esiti degli altri nessi di consonante + J Mentre in Piemonte e in Liguria prevalgono esiti palatalizzati per la serie dei nessi bj e vj, le parlate venete seguono in generale la stessa trafila conservativa del toscano, con l’ovvio corollario dello scempiamento dell’occlusiva bilabiale in ambiente intervocalico. Anche i rari esiti che sfuggono a questa evoluzione, cioè alcune voci dei verbi avere e dovere (deba, eba, aba),185 subiscono ormai una pesante concorrenza da parte delle corrispondenti forme toscane.186 Gli esiti veneziani dei nessi etimologici -SJ - sono resi graficamente con ‹s› o con ‹x›, interpretabili come allografi di una sibilante sonora, mentre l’antico ‹xi› potrebbe anche indicare conservazione del nesso e ‹si› è limitato a latinismi quali camisia C 53r 37 e la serie degli astratti in -sione.187 Esempi classici per il veneziano, testimoniati anche dai Diarii, sono brusoe 194r 4 / hessendo brusà 193r 23s. / brusato B 360v 46 / brusar C 48v 16; caxon 196v 39, 42 B 131r 36 e con uscita in -m 133v 38; chiexia C 39r 11, 41r 34, E 234r 4 e passim per 13 occorrenze nel complesso dei campioni, in entrambi i numeri e concentrate in C ed E, mentre i 12 chiesia / chiesie sono distribuiti più equamente (190r 25, B 363r 17, C 40r 32 e passim). La geminazione in San Cassano 195v 19 risente forse della forma dell’etimo latino; rifletterà in ogni caso una pronuncia alveolare in corrispondenza di quella palatale dell’esito toscano.188
183 Rohlfs (1966–1969, §1037); cf. Rossebastiano/Papa (2005, 1,522) per l’antroponimo di matrice settentrionale Galeazo (202r 20). 184 Ben 37 volte (Collegio / Colegio) nel campione F. 185 Stussi (1965, LVI L VI ); Rohlfs (1966–1969, §274); Sattin (1986, 85). 186 Cf. inoltre sul veneziano zuoba ‘giovedì’ < IOVIA (DIES ) a F 237r 22 e passim, non toscano né per l’etimo né per l’evoluzione fonetica, Sallach (1993, 236–238) e Cortelazzo (2007). 187 Stussi (1965, LVI L VI ); Rohlfs (1966–1969, §287); Sattin (1986, 88); Barbieri/Andreose (1999, 84s.); Ferguson (2007, 103). 188 Castellani ([1960] 1980); Gasca Queirazza et al. (1990, 570).
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6 Note linguistiche
I nessi di laterale + approssimante palatale danno in veneziano [i], in opposizione al tosc. [ʎ]. L’effettiva pronuncia locale (cui si accosti l’esonimo francesizzante Marseia 191r 17, 204v 4) è registrata con ‹i›: luio 190r 38, 196r 45, taie 191r 6, fio 191r 24, 202v 23 / fia 204r 6, mia 191v 16 e 29, 196r 48, 196v 15 e passim, fioli 192v 10, 199v 47, 204v 35, 205r 47 / fiol 192v 14, 193r 11 e 43, 195v 45 e passim / fiola 194r 48, 199v 46, fiole 192v 17, ale Foie 192v 11 / a la Foia 193r 10, Alexandria di la Paia 194v 51, fameie 192v 33, conseio 193v 1 e 10, 194v 10s. e passim, ingaiardando 193v 35, zoie 194r 50, Coiom 195r 7, fameio 195r 22, pavion 196v 2, conseieri 197v 1 e 5, Sinigaia 198r 33, Puia 198v 3, 203r 30, Maximiano 202v 13, 204r 25, 204v 13 e 26 (cf. il latinizzante Maximiliano 203r 35), medaia 202v 42, garbuio 204r 17, Rocha Guielma 205r 9, voio B 361r 48, F 235r 42, 236v 10, 27 e 56. Gli sviluppi posteriori e soprattutto le caratteristiche dei prestiti in croato e greco permettono di concludere che forme del tipo muger, vogio non siano mere varianti grafiche, rinviando invece a una pronuncia diastraticamente elevata nel senso di un allontanamento dalla pronuncia popolare [j]: ciò corrisponde allo stato del veneziano contemporaneo.189 Il digramma ‹gi›, testimoniato nel primo campione dal solo seragio 193r 30, ritorna nei successivi in voci come famegij B 135v 12, travagi C 43v 38, armiragio C 49v 45 e Marsegia E 235r 2, megij ‘migli’ F 224v 7 e 26. Come si è visto al §6.3.1.2, le voci formate, direttamente o attraverso un intermediario galloromanzo, attraverso i suffissi -ARIUS e -Ē RIUS , presentano sempre l’esito -ier(o), minoritario nei testi delle origini ma apparentemente affermatosi tra XV e inizio XVI secolo a danno dell’antico esito veneziano del nesso lat. -RJ preceduto da vocale centrale (*-air > -èr).190 Quest’ultimo si conserva nel campione solo in zener ‘gennaio’ 190r 47, 194v 7, 197v 27, per ‘paio’ 202v 40 e ster ‘staio’ < SEXTARIUM , su cui è foggiato il plurale stera (v. §7.2). Altrove si incontra marinari 188v 21, 189v 13 (cf. venez. ant. marineri: cf. Stussi 1965, 227 e OVI). La nasale palatale < nj è resa di volta in volta con ‹gn› e ‹ni›: v. §6.2.3.
189 Sattin (1986, 86); Cortelazzo (2004, 131); Zamboni (2005, 529); Dotto (2008, 148–150, in part. le note 194 e 199 con la bibl. ivi indicata). 190 Non mancano nella documentazione antica sparse attestazioni del tipo -aro, regolare nella maggior parte delle parlate italoromanze e nel veneto centrale. Cf. Stussi (1965, XXXIX ) ; Sattin (1986, 87s.); Tomasin (2001, 40, 74, 87 e 154); Ferguson (2005, 496). In prospettiva più ampia, la conservazione della vibrante nel nesso -rj- dei nomi di professione è uno dei tratti encorici più caratteristici delle koinai settentrionali (Palermo 2010, 169).
6.3 Fonologia
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6.3.3.9 Esiti di SC davanti a vocale palatale e di X Nei dialetti italiani settentrionali, con l’eccezione di parte del settore occidentale, i nessi consonantici X e SC producono una sibilante sorda.191 L’alternanza di ‹si›, ‹s›, ‹ss› nelle più antiche fonti del veneziano lascia sospettare però l’esistenza, almeno in una fase precoce, di un altro fonema soggiacente variamente registrato dai documenti: «una [s] palatalizzata, come nei dialetti veneti moderni» (Barbieri/Andreose 1999, 74). Nel primo campione, un esito palatale si trova con certezza solo nella voce dotta lascivie (193r 5). Altrimenti è la sibilante alveolare delle parlate settentrionali a esservi documentata: si registrano ussire 188v 11, lasseno 191r 50 / lassava 195r 15 / lassò 192v 24 / lassoe 194r 46 / lasseria 204r 45 / lassati 198r 14 / lassando 191v 17, desesa 191v 29, pesse 193v 24, acresimento 202v 16. Si segnalano, traendoli dai campioni successivi, condesendano E 234r 20, cresser C 43r 5 / cressendo D 371v 19 / cresuto F 223r 5 (ma crescer C 39r 39 / cresciuta D 373r 13 / -i E 233r 11) e gusi F 226r 16. La grafia acessa ricopre la stessa pronuncia e con ogni probabilità subisce l’influenza delle grafie con digramma ‹sc›.192 Non è univoco il trattamento del gallicismo ambasador / ambasadori 191v 26s., 36, 194v 4 e passim / ambasciatore 195v 29 / ambasiadore 197v 23.193
6.3.3.10 Esiti dei nessi in nasale L’esito dei nessi etimologici in -NSJ - confluisce in quello di -SJ - e consiste in una sibilante sonora.194 Le n preconsonantiche appaiono in questa fase storica considerevolmente più salde che nei primi testi veneziani fino al Quattrocento. Questi presentavano irregolarmente omissione e relativo inserimento ipercorretto, in misura più rilevante di quanto spiegabile con la semplice caduta del corrispondente segno di abbreviazione.195 Resta notevole tuttavia la forma del cognome dell’emissario veneziano alla Porta Alvise / Alvixe Sagudino.196 Il tipo esonimico Yspruch 195v 191 Stussi (1965, LX L X ); Rohlfs (1966–1969, §225), Sattin (1986, 91) e cf. Lepschy ([1993] 1996, 42). 192 La voce ricorre più volte nell’ed. Fulin et al. (2,819, 7,347, 28,351 e passim). Cf. nel secondo campione assesseno ‘asceseno’ (135r 13). 193 La radice imbas(s)- compare solo in LetMold: imbasarie B 360v 6 / imbassaria 360v 10 / imbassarie 361r 26 e imbassator 360v 17 / imb(assator) 360v 22 / imbassatori 360v 13 e 361v 7. 194 Stussi (1965, LVI L VI ); Sattin (1986, 88). 195 Stussi (1965, LVIII L VIII ) ; Sattin (1986, 89s.). 196 La variante del nome del personaggio con caduta della nasale non può essere un errore di trascrizione: ricorre altrove in Sanudo nel secondo tomo delle Vite dei Dogi (Caracciolo Aricò 2001, 428, dove viene emendato in Sagudino, e 2004, 119, nella variante Allvise Sagudino) oltre che nella Spedizione di Carlo VIII (Fulin 1883, 349 e 421); inoltre nei Diari di Girolamo Priuli
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6 Note linguistiche
44, 196r 44 e 45, 197r 27 e passim / Hispruch 197r 5, 197v 2 / Hyspruch 197r 30 ‘Innsbruck’, con perdita della nasale davanti a sibilante complicata, è attestato nel volgare veneziano e in italiano dal XV al XVIII secolo (e ancora oggi a livello dialettale, cf. DI 2,514s.).
6.3.3.11 Nessi consonantici con L I primi testi veneziani, in discontinuità con quelli veneti di Terraferma, registrano una generale conservazione dei nessi consonante + laterale (clamao, plevane, blavo). Almeno successivamente si tratterà invece, in gran parte, di latinismi grafici, mentre il reale esito popolare /ǧ/ < -GL - < -CL - è registrato dalle grafie ‹gl›, ‹g›, ‹i›. Non del tutto chiaro è l’assordimento in /č/. La stessa ambiguità interessa le rese degli esiti di -PL -.197 Sono probabilmente rubricabili come semplici iperlatinismi le rese dei foni iniziali di iandusa e iotonie (v. §7.2; la grafia della prima voce potrebbe risalire al «libro anticho» da cui il cronista sta copiando). Altrimenti, come già rilevato da Stussi (1965, LII n. 58) «in Marin Sanudo sono ormai dominanti i tipi vechio ochio»: bastino a conferma le voci del primo campione chiesie 190r 24, chiamato 191r 43, 191v 29, 193v 29 e passim, Chioza 196r 14, 17. È stato da tempo dimostrato, anche in base alla dissimmetria apparente rispetto alla grafia ‹gi› per la serie sonora, che questa grafia nasconde in scriptae settentrionali coeve un esito palatale (Ghinassi 1976a): non vi sono ragioni per ritenere che i Diarii facciano eccezione. I nessi cl e pl non ricorrono ormai se non in palesi cultismi quali declaratione 189v 42s., concludeva 191r 4s., implorava 191r 23, inclination 193r 9, ampla 202v 19. Tra i toponimi si registra Placentia E 236v 31, variante semidotta dalla lunga ma discontinua tradizione (cf. DI 3,727). Spicca l’eccezionale plui 204v 20 (< PLUS ), relitto di una reale conservazione del nesso a un’altezza cronologica che lo vede ormai generalmente soccombere alla secolare concorrenza di più (già nel primo campione: 190r 27, 190v 13, 191r 4 e passim).198 Ben salda nel lessico locale è anche la forma biava 204r 21.199 Viceversa altro, altrui sono ormai vincenti sulle
(Segre/Cessi 1912–1941, 2,412). La lezione Sagundino a 2,412 dei Diarii è forse una banalizzazione editoriale: lo stesso brano, riportato nell’ed. Fulin (1888, 194), reca a testo Sagudino. 197 Stussi (1965, LI L I s.); Sattin (1986, 76–78, soprattutto la nota 64). 198 Accanto alla variante con palatalizzazione della laterale, plù e plui si incontrano non sporadicamente in Stussi (1965, 241); Sattin (1986, 78); Barbieri/Andreose (1999, 86); Tomasin (2001, 79). Secondo Ferguson (2007, 224) plui resiste «as late as the second half of the fifteenth century in notorial writing». 199 Nei primi decenni del XV secolo si incontra ancora blava (Sattin 1986, 130; Tomasin 2001, 79).
6.3 Fonologia
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forme autoctone atro, atrui (altro 191r 10 / altri 192v 12 / altra 191r 30 / altre 190r 34, e passim).200
6.3.3.12 Esiti di QU e W L’articolazione labiovelare intervocalica delle voci dei verbi seguir(e) e seguitar(e) presentano alternanza tra la sonora e la sorda: quest’ultima variante, anche se forse non puramente grafica, è però quantomeno supportata anche dal modello dell’etimo latino.201 Esemplificando sulla base del campione A: seguita 192v 35 / seguiva 195r 51 / erra seguita 193v 13s. / seguitoe 190v 7 e 11 / seguite pass. rem. 3a pers. 191v 45 / seguirà 195v 8 / seguiria 194v 28 / seguitando 191v 8 contro sequita 190r 14, 193r 1 / sequitano 188v 1 / sequirò 196v 49 / sequente 196v 20 / sequendo 194v 26, 195v 38. È notevole la voce custione 193v 14s., con sincope e conseguente vocalizzazione dell’approssimante velare (v. §7.2). La W iniziale di parola degli etimi germanici normalmente dà in veneziano v-. Già i più antichi documenti registrano però sporadiche attestazioni di gu-, in proporzione invertita rispetto al resto delle parlate venete, nelle quali prevalgono gli esiti in /gw-/ normali anche in tosco-fiorentino e italiano.202 Nei campioni selezionati è quest’ultimo l’esito prevalente, in contrasto con la scripta tradizionale: hanno guadagnato 188v 22 e il deverbale guadagno 192v 37 a fronte di vadagnata D 372v 23 e vadagnai F 222r 40, guera 189r 20, D 371v 31, F 236v 33 / guerra 189r 35, B 131r 43, E 232v 14 e passim, guardia 194v 38 contro vardie B 362r 25, guasto 203r 41 e guastatori C 54r 22, F 223r 23 e 226r 19 / guastadori C 47v 9 ma si vastono C 43r 3. Resiste varito C 47r 17, F 236r 10. Rientrano in questa serie anche i toponimi contenuti nel primo campione Guastalla 195r 12 e, dopo prefisso, Bel Reguardo 203r 4, 205r 11, nonché gli antroponimi Gratiam de Guerra 190r 41, 203v 28 / Gratiam di Guerra 202v 7s. / Gratiano Guerra 205r 5 e 9, Menno di Guerra 190r 42 e Ioachin Guasconi 191r 31. Il cognome del veneziano Antonio Vincivera 202v 11 è una variante cristallizzata che non contraddice la sostanza dei dati. Presenta il dopio esito Rocha Guielma ‘Roccaguglielma, castello oggi nel comune di Esperia (FR)’ 205r 9 / Rocha Vielma
200 Cf. Cortelazzo (2004, 130); inoltre Arcangeli (1990, 8s.) per la documentazione storica degli AL TER ER . esiti veneziani di ALT 201 Cf. lat. sequatur 200r 10. Il tipo latinizzante è frequente nei testi settentrionali coevi: Vitale ([1983] 1988, 186); Pierno (2008, 75). 202 Stussi (1965, LX ) ; Rohlfs (1966–1969, §168); Sattin (1986, 76); Stussi (1995, 129); Tomasin (2001, 288 e 2004, 147s.); Bertoletti (2005, 191).
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6 Note linguistiche
190r 40 e 203v 27.203 Una ‹v› in posizione iniziale si riscontra anche nell’esonimo tedesco Vormes ‘Worms’ 197v 41 e 43. Poco pertinente è il francesismo trieva 194r 12, 198v 1, 204v 9. L’esito labiovelare del nesso sw- in sguizari 197v 17, B 362r 3 e 4, C 48r 40, F 223r 7, 224v 17, 236r 54, 236v 39 (svizeri è specifico di ScrittImp nel campione E, in cui ricorre a 233r 7 e 233v 3) sembra generalmente invalso nei volgari italiani di XVI secolo, in coincidenza temporale con la massima diffusione del significato ‘mercenari svizzeri assoldati nelle compagnie di ventura’.204 Squales ‘Galles’ 199v 47 (cf. nel campione F Gual ‘id.’ 237r 20) va invece associato ad altre voci del veneziano coevo che presentano un esito labiovelare con sibilante prostetica -i nella voce plui.208 La variante apocopata di assai (assa’ 190r 21, B 133v 28, C 40v 45, E 237v 34, F 238r 18 e passim) è condivisa dall’antico toscano e attestata in tutta l’Italoromania.209 Un’apparente labializzazione delle nasali in fine di parola ha caratterizzato il veneziano fin dalle origini, in continuità con la situazione veneta ed emiliana, QU Ō MOseppure in misura sporadica e in convivenza con almeno un esito diverso (QUŌ
207 Stussi (1965, XXXIII –XXXV ) e (2005, 66); Sattin (1986, 72–74); Loporcaro (2009, 102s.). Alcuni esempi sanudiani in Lepschy ([1993] 1996, 40s.). Già tre decadi fa Tuttle (1981–1982, 16 e note 4 e 5) osservava che «escludere tali testi [Atti di Lio Mazor, Panfilo, Plainte de la Vierge] dal dominio veneziano cittadino solamente in base a questi segni di apocope più avanzata che non sembri fosse stata [sic] dalla scripta notarile rischia di essere una petizione di principio». Lo studioso propone di accettare l’esistenza di una apocope regolare estesa nell’uso plebeo oltre le condizioni canoniche. Questo quadro interpretativo ridimensiona la portata dell’eccezione veneziana nel complesso dei volgari settentrionali. Le vocali finali conservate si dovrebbero infatti, almeno nelle prime fasi di un processo plurisecolare, solo a una spinta restauratrice operata ai livelli di lingua diastraticamente più elevati. 208 La palatalizzazione è l’esito normale in veneto antico e in veneziano almeno fino a tutto il XV secolo (Stussi 1965, LVIII ; Sattin 1986, 93; Pellegrini [1956] 1991; Tomasin 2001, 79). 209 L’avverbio presenta nei volgari veneti, come del resto altrove, una notevole polimorfia: (h)assè, assè, assai, asà, assà, assae (cf. LEI 1,832–852; Cortelazzo 2007, 107; Paccagnella 2012, 53s.; corpus OVI).
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6 Note linguistiche
DO >
con’). Come già segnalato fra i primi da Alfredo Stussi (1965, LIX e n. 71), il fenomeno era condiviso da tutti i volgari veneti e condiviso anche da testi emiliani, oltre a caratterizzare con particolare evidenza il dettato dei Diarii. Ricorre invece solo episodicamente nei primi documenti del veneziano e sembra ancora più raro in quelli di XV secolo. Un tratto locale originario e ad altissima ricorrenza riemerge quindi in veneziano, con evidenza, nelle isolate testimonianze di un testimone tardo e miscidato come i Diarii e di pochi altri documenti veneziani contigui per cronologia e genere, come le Vite dei Dogi dello stesso Sanudo (Caracciolo Aricò 1989, 152: «Beneto Trivixam»; Caracciolo Aricò 2001, 552: «Domenego Dolfim») e i Diarii di Girolamo Priuli (Segre/Cessi 1912–1941, 1,155: «facendo bom vento»). Colpisce invece l’indisponibilità di esempi per -n > -m davanti a pausa, vocale o consonante non labiale in altri documenti molto simili ai Diarii per altri versi, come gli Annali di Pietro Dolfin e molte delle opere di Marin Sanudo stesso. Sarebbe necessaria una verifica puntuale vòlta a verificare possibili banalizzazioni editoriali; tuttavia, che il tratto sia a questa altezza cronologica un arcaismo, di ordine solo grafico o anche fonetico, caratterizzante l’idioletto dell’autore (o della sua scrittura), parrebbe in ogni caso sostenibile, anche in considerazione dalla maggiore incidenza nelle sezioni di testo diverse dalle copie di documenti. I sei campioni dei Diarii qui considerati offrono una notevole messe di esempi con ‹m› finale,210 non abbreviata in titulus, in contesti che escludono fenomeni di assimilazione fonosintattica: A: Gratiam 190r 41, 202v 7s., Milam 191v 47, 194r 32, 194v 25, 36, 50 e passim (anche in B 131v 40, 133v 38, C 51v 40 e passim; le uniche varianti scritte a tutte lettere nei campioni sono Milano e Milam), Sultam 193r 47, gram disputatione 193v 31, Zuam 193v 50, 194v 14, 19, 205r 23 (e in C 44r 42, 47r 7; le uniche grafie non abbreviate nei campioni sono Zuane e Zuam), Baptistim 194v 22, Trivixam 196r 16, cadaum 197r 38, Bevazam 197v 34, Loredam 198r 23, 203v 36, im Lombardia 204r 22 e Zordam 204r 29, B: Baiom 131v 45, Liom 132r 29 e 32, Roam 132r 35, Modom 133r 9, saxom 133v 5, patrom 133v 12, Urbim 133v 32 (anche a C 46r 19, 51v 46 e 52r 2), caxom 133v 38, Iacomo del Liom 361v 31, Trapolim 361v 40, Dolfim 362r 17, Preiam 362r 42, iustificatiom 362r 46, nium 362v 38, Gram Conseio 363r 3, C: Magnam 40r 10, cadaum 40v 31, gram teramoto 41r 11, Manfrom 41r 20, conclusiom 42r 27, Fantim 43r 19, Marim 44v 17, Zem 45r 6, Agustim 45r 7 e 9, Montasom 41r 2 e 45v 37 / Montisom 45v 23, Dolfim 44r 23 e 47r 4, Loredam 210 Nel corpo della parola la distribuzione di ‹m› e ‹n› non presenta particolarità di rilievo; la forma aconpagnava deve spiegarsi come lapsus legato alla separazione in fine di rigo dopo aconL IX ) ha rilevato oppure, in seconda istanza, a un residuo delle oscillazioni che Stussi (1965, LIX davanti a labiale nei più antichi testi veneziani.
6.3 Fonologia
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44r 26 e 37, 44v 26, 47v 21 e passim (anche in E 236v 2s. e 235v 10), absolutiom 45v 38, processiom 47v 27, mam 47v 28, Rufim 47v 34, San Cassam 47v 42, Suriam 48r 18 (due volte), cam 48r 19, perdom 48v 36, provixiom 49v 21, forse l’ammiraglio ottomano Chiaram 49v 44, sasom 50r 2, possessiom 51v 23, Arzentim 52r 7, Trivixam 54v 20, executiom 55r 19, D: Bernardim 372v 7s., rasom 373v 13, condemnatiom 375r 33, cadaum 375v 20, E: Iustiniam 234r 9, beretim 234r 10, F: Dolfim 222r 5 e 222v 3, 19, 22 e 25 e passim, Bellum 222v 12, 224r 40, 226r 29 e passim, Agustim 222r 31, condanasom 222v 7 e 9, bregantim 223r 45, cadaum 225r 25, Bragadim 224r 23, 226r 1, 235r 4 e passim, dom 232v 10, Modom 233r 52, prexom 234r 1, 234r 34, Gram Conseio 234r 2, indispositiom 235r 19, mam 236r 7, Varadim 236r 44, Briam 236v 17, Avignom 238r 1, vim 238r 28b. Tutte le altre nasali finali il cui luogo di articolazione non sia oscurato dalla frequente abbreviazione in titulus restano indicate come -n: così anche non pochi cognomi nobiliari in -in (Baptistin 191r 19, Ioachin 191r 31, Bragadin 193v 11s., Sonzin 193v 44, 203r 44). Nel cercare una motivazione del dato documentario si è chiamata in causa l’influenza del latino, derubricando implicitamente lo sviluppo a un’interferenza nei codici scritti di tradizione locale. Presenta in effetti il pregio dell’economicità la spiegazione, che anche Bertoletti (2005, 184) chiama tangenzialmente in causa indicando possibili «grafie semidotte», che implica un’estensione al volgare di un’alternanza implicita nella fonomorfologia latina scritta, in cui le numerose -m ed -n desinenziali, non influenzate dall’articolazione seguente, potevano in definitiva essere interpretabili come grafie foneticamente equivalenti di un arcifonema nasale (cf. anche grafie inverse come tamem B 134v 44). Bertoletti (2005, 182– 184 e ampia bibliografia raccolta alle note 457–460)211 ha anche ipotizzato che la
211 Cf. inoltre soprattutto Stussi (1965, LLIX IX e nota 71) ; Sattin (1986, 93); Verlato (2009, 405 e bibliografia alla n. 82). Uno dei primi testi a registrare il passaggio in area nord-orientale è il Flore de parlar di Giovanni da Vignano (ed. Vincenti, OVI: «avram gratia», «savi’ bem ch’el», «a quela fim che»). Il confronto con antichi testi settentrionali già editi nell’ultimo secolo in cui ricorre il tratto permette qualche ulteriore considerazione: la ricorrenza nei nomi propri e in gram ‘grande’ caratterizza anche i testi ferraresi censiti in Stella (1968, 272). Gli antichi testi padovani (Tomasin 2004, 155) e quelli veronesi (Bertoletti 2005, 184) forniscono un’esemplificazione varia e in gran parte sovrapponibile a quella dei Diarii (i tipi ˹zascaum˺ e ˹gram˺, la particolare consistenza del fenomeno nella categoria degli antroponimi) ma apparentemente più estesa nel secondo corpus, che conta anche diverse occorrenze all’interno di parola davanti a dentale in uno dei documenti esaminati (emtemda, mamdà, p(er)bemda). Non pochi degli altri testi settentrionali raccolti nella banca dati dell’OVI condividono l’elemento, le origini del quale, quali che siano, andranno localizzate cronologicamente alle origini della documentazione dei volgari italiani. Tra i più
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6 Note linguistiche
‹m› renda graficamente una perdita di forza articolatoria conseguente alla nasalizzazione della vocale precedente. Si può avanzare il sospetto, anche in considerazione della situazione odierna, che ‹m› nei contesti considerati non indichi affatto la nasale bilabiale, bensì uno degli altri due esiti storicamente più riccamente documentati: appunto una nasalizzazione della vocale precedente, quale sopravvive ancor oggi in area emiliana, romagnola e lombarda centro-orientale (Sampson 1999, 256s., 270–274 e passim; Loporcaro 2009, 97 e 106), o un passaggio a nasale velare verosimilmente restituita (Sampson 1999, 259–262, 342 e passim), uguale o prossima all’articolazione allofonica delle nasali nel veneziano e nel veneto moderni in ogni posizione (Mafera 1958, 159; Zamboni 1974, 12 e 2005, 529). L’esito [m] risulta invece, a giudicare dai dati contemporanei, minoritario, condizionato dalla qualità della vocale precedente (Sampson 1999, 261) e confinato in aree marginali dell’Italia settentrionale (alcuni comuni trentini, Istria, val Cuvio nel comasco; in alcuni contesti nella val Maggia in Canton Ticino).212 L’interpretazione velare è passata in giudicato per grafie analoghe in antichi testi liguri (Petracco Sicardi 1995, 115). Una scelta della ‹m› nella registrazione della [ŋ] finale di parola potrebbe essere stata agevolata sul piano fonetico da ragioni articolatorie, quale il tratto comune [-coronale], e su quello grafematico dall’elevata frequenza della lettera in posizione finale (nelle molte occasioni nelle quali i Diarii contrassegnano evidenti assimilazioni regressive in fonosintassi, su cui v. §6.4.8) corroborata, come si è ricordato, dalla continua intromissione di parole o di sezioni di testo in latino. Nel XV–XVI secolo, in corrispondenza della definitiva affermazione del
significativi e i più doviziosi di esempi utili si contano (si cita solo un esempio pertinente per testo) l’Alboro de la croxe veneziano di XIII sec. («gram conforto»), il Flore de parlar bologneseveneto di XIII–XIV sec. (ed. Vincenti: «le nostre vixende andaram bem a bom fim»), l’Anonimo genovese (ed. Cocito: «gram caxom») e i liguri Tratao de li VII pecai mortali di fine XIII–metà XIV sec. (ed. Marchiori: «devociom de cor») e Dialogo de Sam Gregorio in vorgà (ed. Porro, titolo), la bolognese Vita di San Petronio (1287–1330, ed. Corti: «gram copia»), il Laudario dei Battuti di Modena (ed. Elsheikh: «gram croxe»), la pavese Leggenda di Santa Maria Egiziaca (1384, ed. Isella Brusamolino: «gram tempo»), il Serapiom (1390ca., ed. Ineichen: «per questa casom»). Il fenomeno coinvolge anche almeno due testi toscani orientali: un Bestiario moralizzato aretinocastellano di XIII sec., ed. Romano, e diverse Laude cortonesi di metà XIII e XIV sec., ed. Banfi/ Ceruti Burgio/Varanini, da cui si possono citare rispettivamente «gram ruina» e «gram solennitate». Il tratto emerge anche in tergestino, l’antica parlata friulana di Trieste già fortemente venetizzata verso la metà del XVII sec., e nel capodistriano di XVI sec. (Heinemann 2015, 229 e 235: Ser Zuam, venditiom, terrem, parentim). Una panoramica ancora attuale della documentazione pertinente è anche in Arcangeli (1992, 9 n. 13). 212 Rohlfs (1966–1969, §305) e gli studi in chiave prevalentemente sociolinguistica di Edward Tuttle, da ultimo Tuttle (1992, in particolare la n. 173).
6.4 Fenomeni generali
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modello toscano anche nella scrittura, l’allografo potrebbe essersi trovato confinato all’uso di autori particolarmente tradizionalisti.213
6.4 Fenomeni generali 6.4.1 Aferesi Come nella maggior parte della documentazione del veneziano antico e delle koinai cinquecentesche, non sono numerosi i casi di aferesi che rivestano carattere specifico.214 L’iniziale di Italia e derivati cade non di rado, certo per interferenza con le diverse forme dell’articolo determinativo, già nei testi italiani delle origini:215 nei campioni si rintracciano l’etnico taliano 188v 16 e il glottonimo talian B 360v 13 (e a questa variante andrà associato l’antroponimo Taliano da Carpi 195r 5). Anche Natalia (192v 26, 193r 12) / Natolia (B 360v 32 e 35) per Anatolia e Ragona per Aragona (C 42v 18 e 45r 27) non costituiscono novità nella documentazione dei testi settentrionali di XVI secolo (cf. rispettivamente DI 1,82 e 1,113).216 La caduta di i- è alla base della continua alternanza nimico / inimico, che sembra pendere quantitavamente in favore della forma non aferetica: a nimicho 193r 39s., C 42v 8 / nimico C 40v 42 / nimicissimo 196v 42, si oppongono, se si includono i casi incerti resi nella trascrizione convenzionale descritta alla nota 140 del §5.2, 196v 30, 198r 12, 204v 19, B 135r 22, C 40v 9, 20 e 21 e altre 10 volte nel campione, E 232r 7, 25, 31 e altre 2 volte nel campione, F 236v 19 / inimice 213 Molti esempi rientrano nella categoria degli esiti di - TIONE ( M ); specialmente frequente è la scrizione nei nomi di battesimo, nei gentilizi e negli antroponimi. Più in generale, balza agli occhi la collocazione grammaticale della grafia in questione, praticamente esclusiva delle parti declinabili del discorso. Non risultano invece esempi per le classi del verbo, dell’avverbio e della preposizione, con l’unica eccezione di im Lombardia. Almeno per il verbo, la circostanza è coerente con il resto della documentazione esterna ai Diarii (v. la nota precedente) e si può spiegare anche con l’infrequenza, in essa, delle voci potenzialmente interessate (prima e quarta persona; per la sesta v. §6.5.7.2). 214 Sattin (1986, 95); Vitale ([1983] 1988, 212); Barbieri/Andreose (1999, 80); Gambino (2007, LXXVIII ). Alcune aferesi di a- potrebbero rappresentare una reazione alla frequente prostesi della stessa vocale nel parlato locale (Folena 1952, 35). 215 Cf. DI (2,542–571). La forma aferetica, probabilmente poligenetica, è attestata sia in diversi testi di area napoletana (ibid., 543 nota 3; Formentin 1998, 2,860), sia in antico toscano (Antonio Pucci, OVI: «Taliano»; Ranieri Sardo, ibid.: «Taliani»; Franco Sacchetti, ibid.: «Talia»), sia nei dialetti settentrionali moderni (DI 2,565 nota 1). 216 Si segue la divisione di parola del manoscritto: solo la seconda occorrenza del campione A non è preceduta dall’articolo (in Natalia).
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6 Note linguistiche
E 232v 38, oltre a inimicissimo B 360v 20 / inimicissimi E 233r 22, inimichato B 361r 30 / inimicato B 361r 36, inimicitia 197r 22.217 In ambito onomastico si registra forse aferesi in Scander bassà 192v 8, 193r 39.218 L’aferesi di o- si verifica inoltre in due francesismi assai lontani per origine e statuto: stagii ‘ostaggi’ 190r 4 e monsignor di Begni 205r 37s. (< fr. seigneur d’Aubigny).
6.4.2 Sincope Nella categoria delle sincopi vocaliche, come nella precedente, non sono molti gli elementi di rilievo nell’antico veneziano, anche a paragone di altri volgari settentrionali coevi.219 Resistono, e resisteranno ancora a lungo nella morfologia del veneziano, i futuri non sincopati (v. §6.5.7.6). L’alternanza del radicale caric- / carg- vede prevalere nei Diarii la variante sincopata settentrionale.220 Le voci del verbo cargar ricorrono in tutto 5 volte, quelle del derivato discargar 7, l’aggettivo deverbale cargo 7 e altrettante il sostantivo omonimo, cargador 4; la prima è invece sporadica e caratterizza per lo più la prosa delle copie di documenti: CapFed (carichare 188v 24 e 36, discarichate 188v 41), LetSic (caricatori C 49r 26s.), ScrittImp (caricho m. E 233r 32), LetCoron (scaricare F 233r 22 e scaricate F 233r 22s.). Al di fuori di queste sezioni di testo si trovano scharicato B 131v 5 e carico m. F 226r 12. L’antroponimo con apparente sincope don Fedrico è più probabilmente calcato sulla versione catalana dello stesso.221 Per custione v. §7.2 s.v.
217 L’esito nemico è invece localizzabile con sicurezza solo a C 40v 25e 47v 10 (nemicho) e F 233r 43 e 51 (nemica). 218 L’assenza della vocale iniziale etimologica del nome di İskender Pasha Mihaloğlu († 1504) era però forse già nella fonte di Sanudo: cf. il bosniaco Skender-paša Mihajlović cit. in . 219 Stussi (1965, XLIX ); Sattin (1986, 69 e 95); Barbieri/Andreose (1999, 82). Cf. Lepschy ([1993] 1996, 42). 220 Cf. LEI (12,510–603 e 603–633, in particolare 582–603 e 626–633). La sonorizzazione della velare, costante nel campione come nel complesso della documentazione veneziana, dimostra che la sincope e la sonorizzazione sono «tardiv[e]». Due isolate occorrenze ibride sono carcha agg. in LetSic (C 49v 12) e carigò in LetCoron (F 233r 20). 221 Il nome del sovrano è citato dagli Anales de Aragón dello storico spagnolo Ierónimo Zurita y Castro (1512–1580), consultabili all’indirizzo , nella forma don Fadrique (de Aragón).
6.4 Fenomeni generali
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6.4.3 Apocope ed elisione Specialmente per il campione F, punteggiato da abbreviazioni più numerose e irregolari, vale l’avvertenza che le vocali finali sormontate da titulus potrebbero sostituire non solo la nasale finale, ma anche un’uscita n + vocale (uso ammesso a proposito di documenti padovani del XIV secolo in Tomasin 2004, 126 n. 153). Mentre il troncamento sillabico nei participi passati cede più spesso il posto alla restituzione della desinenza etimologica (§6.5.7.13), singoli sostantivi originariamente parossitoni perdono la sillaba postonica ed escono in -à: contà 197r 27, 44 (accanto all’etimologico contato 197r 6 e alla variante lenita contado 197r 28 / contadi B 135v 39), fazà ‘facciata’ C 39r 10 e 43v 26, brigà C 42v 15 e 43r 26 (seguiti nel testo da brigata 45v 33 e 46r 14), vicharià F 235v 3 e gli antroponimi Lonà ‘Bernardino Lunati, legato pontificio’ 203r 17, Tomà D 371r 2 e 5 / Thomà F 226r 36, 226v 3 e 238r 1 (oltre al nome dell’antica abbazia di San Thomà di Borgognoni B 134r 25) e Donà E 237v 20. Le rispettive forme locali hanno forse favorito le rese degli esonimi Dolfinà 205r 15, Monferà 204v 11s., B 132r 39, F 223r 14,222 Lonà ‘Lonato del Garda’ B 134v 9, Fossà di Ziniul ‘fortezza sul Po’ C 47r 26. Tra gli antroponimi si segnala anche il veneto Zorzi 191r 13, 194r 38, 42, 194v 1 e passim.223 Gran presenta apocope anche davanti alla vocale iniziale di honor 190r 47, auctorità 196v 45 e apiacer 197v 32, amorevoleze F 237r 34. I casi di mancata elisione dell’articolo determinativo e dell’aggettivo dimostrativo si concentrano, in misura che appare significativa, davanti ad appellativi di personalità illustri o in altri contesti semanticamente elevati. Si può quindi supporre un valore connotativo accessorio, di carattere enfatico: lo illustrissimo conte 189r 23 / lo illustrissimo signor 198v 8 / lo illustrissimo signor Viceré E 232r 5 / lo illustrissimo signor duca E 232v 24, 233r 37, 233v 9, 238r 17, la illustrissima Signoria 192v 2, 198v 19, C 49r 18, F 236v 35, lo episcopo 196r 1, 197r 42, C 42r 4, 13 e 16, 43r 34 e passim, E 235r 32, F 236r 58, lo imperator B 360v 40 e C 54v 13 / lo imperador C 42r 34, la ira de Dio C 40r 29, lo illustrissimo signor viceré C 49r 31, lo altar C 52r 28, lo aiuto divino C 53v 6, lo excelentissimo Conseio C 55r 7, D 371v 15, la auctorità D 375r 17, la execution D 375r 1 / la executione F 225r 37, quello illustrissimo Dominio F 237r 40 e 55 e quella alma gentile F 238r 26 all’interno della trascrizione del sonetto pseudopetrarchesco. Diversi altri casi di conservazione della vocale non rientrano però in questo schema interpretativo: la inclination
222 Cf. rispettivamente DI (1,652) e le varianti Monferà, Monferrà e Monferat di antichi testi settentrionali (tra i quali più d’una cronaca veneziana) raccolte ibid. (3,316). 223 Cf. Sattin (1986, 95).
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6 Note linguistiche
193r 9, la intrada 193r 14, 197r 26, F 224r 24 / la intrata 196r 20, la Elemagna 195v 38s., la inimicitia 197r 22, la Università 198v 1, la impotentia 204v 26s., la impresa 202v 35, 205r 46, C 45v 15, 47r 25, F 226v 1, lo inconveniente B 47r 44, lo alozamento C 47v 17, la imboschata C 48r 33, lo acordo C 54v 14, lo accusador C 55r 17s., lo agente D 370v 10, la instruzion D 370v 30, lo assalto E 234v 1 e 238r 25, lo exercito E 232v 27 e 233r 7, lo abochamento F 226v 12, 236v 60, 237r 4 e 16; inoltre, dopo aggettivo dimostrativo: questo officio 192v 9, questo anno 195r 19, quella impresa 195r 51. V. anche §6.3.3.13; inoltre §6.5.7.11 per il troncamento nei modi infiniti del verbo.
6.4.4 Prostesi Il fenomeno prostetico più considerevole è l’aggiunta di a- davanti a verbi inizianti per consonante, endemica nelle koinai cortigiane nord-orientali. Le forme apresentare / appresentare e abruciare / abbruciare / abbrusciare punteggiano i maggiori testi letterari cinquecenteschi in prosa (Ramusio, Castiglione, Trissino) come in versi (Ariosto, Bandello, Boiardo):224 apiacere ricorre nel milanese cancelleresco di XV secolo (Vitale 1953, 62).225 I campioni registrano apresentati 188v 17, -e 196r 31, -adi C 54r 4 / si apresentono C 54r 29 / apresentoe E 236r 10, se atrova E 235v 26 / si atrova E 238r 12, se atrovava 203r 22 / si atrovava
224 Vitale (2012, 68s. e note 273 e 274). 225 Altri esempi consimili, relativi a documenti letterari e cancellereschi nord-orientali, in Ineichen (1966, 407s.); Matarrese (1990, 246); Trovato (1994, 225); Arcangeli (1997, 79–81); D’Onghia (2006, 189). Diversi commentatori propongono per alcune delle voci interessate una continuità con il lat. AD -; di vera e propria prefissazione parlano Barbieri e Andreose (1999, 82). La presenza del fenomeno in area italiana settentrionale è sostanzialmente ignorata nell’indagine su scala panromanza di Sampson (2010), in quanto relativamente tarda; vi si prendono in considerazione invece la prostesi in a- in conseguenza di sincope della vocale protonica in emiliano e romagnolo (ibid., 148s.) e la distribuzione italoromanza settentrionale, soprattutto piemontese, emiliana e romagnola, di quella in i- (ibid., 137–145). Poiché molte delle voci pertinenti emerse nei presenti campioni trovano dei precisi corrispondenti in francese, non si può escludere che un it. ant. a- semanticamente vuoto rifletta un’irregolare sovraestensione fonetica di un prefisso galloromanzo morfologicamente motivato. Cf. Hope (1971, 2,598): «Probably the French prefix was functionally inert as far as Italian speakers were concerned, except perhaps that as a syllabic affix it may have prompted them to put something there in its place. What I do suggest, however, is that an Italian verb with prefix a- was somehow felt to bring out more fully the predicative force of the foreign verb. This explains why Italian a- appears in borrowed forms which possessed no prefix in the original; cf. mediaeval agghindare < Fr. guinder; sixteenth century accavalciare < Fr. chevaucher; nineteenth century accantonare < Fr. cantonner».
6.4 Fenomeni generali
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E 236v 33 / si atrovò E 234v 10 / se atrovorono E 234v 24 / atrovandosse B 360v 12 (a lato dei sinonimi se trovava 202v 9, e se / si ritrovava 190r 40s., 190v 5, 194r 19 e passim), si aricorderà (C 43r 39) / te aricordi (C 53r 36), apiacer 197v 32. Per quest’ultima forma si può evocare il puntello del sintagma di uso frequente a piacer (nel campione a 195r 11). Instesso D 372r 15, E 235v 37, E 236v 29 / -a C 344r 10, D 375r 16 / -e C 39r 10 / istesse D 371r 13 e il toponimo Ibristogna226 ‘Bristol’ F 237r 19 costituiscono gli unici esempi, nel corpus, della prostesi di i- davanti sibilante complicata tipica del toscano e dell’italiano letterario (Rohlfs 1966–1969, §187). Quella consonantica in s-, particolarmente usuale nei volgari settentrionali,227 è invece singolarmente poco rappresentata (v. però §6.3.3.12); sembra semmai al contrario attiva una certa avversione per i prefissati in s- (v. conquassata C 53v 16).
6.4.5 Epentesi I volgari nord-orientali tendono a prediligere, in iato, l’inserimento di v, g o d; è stato ragionevolmente ricostruito che gli ultimi due foni fossero articolati come spiranti.228 È appunto una v a estirpare lo iato secondario in Alovisio 194v 30, F 235r 23, in avosto 196v 14, B 135v 16, D 370v 3 e passim, che agli inizi del XVI secolo sembra aver soppiantato l’allotrio agosto (solo in LetCoron, F 233r 24),229 e in biava (v. §7.2); è invece la g in Ligorne 196v 24 e 26.230 Più frequentemente e specialmente negli elementi onimici, però, lo iato viene tollerato: per la documentazione v. §6.3.1.3. Il modello (neo)latino non sarà estraneo alla conservazione che si verifica in diverse di queste voci (come Ioanne e Genua). La g epentetica di agumentar 195v 26 e augumentando D 371r 38 non è specifica dal momento che accompagna la storia della relativa famiglia di parole dalle origini a oggi (in alcuni relitti dialettali) ed è già del latino tardo (LEI 3,2281– 2290). La voce veneta disnar C 41r 23 / disna 51v 27, che ricorre per lo più all’interno del sintagma lessicalizzato dapoi disnar (una volta poi disnar a F 224r
226 Dopo preposizione in. Cf. la variante quattrocentesca uscente in nasale Briscon (Andrea da Barberino, DI 1,285s.). 227 Ascoli (1873, 415); Arcangeli (1990, 21–22). 228 Rohlfs (1966–1969, §§215 e 339), Arcangeli (1990, 23). 229 Stussi (1965, LVIII L VIII ) ; Ferguson (2007, 295). 230 Cf. Rohlfs (1966–1969, §215). La variante con g radicale sembra attestata solo fra la metà del XV e la fine del XVII, anche se il deonimico con reinterpretazione ingl. leghorn non lo è che dal secolo successivo (DI 2,744). È invece etimologica la g del latino Tragurii (202r 36).
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6 Note linguistiche
35; v. §7.2),231 pur generalmente annoverata tra i casi di sincope, va piuttosto considerata una mancata anaptissi interna al nesso sn, condivisa anche dalle parlate toscane con l’eccezione del fiorentino.232 Allo stesso modo va interpretata come una mancata epentesi, anziché come una sincope, la variante fr. ant. medesme > medemo 193r 16, B 363r 11, D 375r 12, E 232r 17, F 224r 25 / medema 198r 38, C 39r 15 e 54r 46, caratteristica, fra i volgari antichi, del bolognese e del veneto (specialmente del veneziano) oltre che, nel Mezzogiorno, del siciliano e del napoletano (OVI).233 L’esito toscano è confinato alle copie di documenti (LettTar, ParteIC, LibAnt, ScrittImp): medesimo 198v 33, E 232v 33 / medesima B 363r 42 / medesime C 39r 39. L’unica parziale eccezione è l’avverbio medesimamente in E 234r 43. Non trova ormai alcuna rappresentanza nel campione l’epentesi in nasale che contrassegna una serie di voci venete del XV secolo ben attestate altrove (ancona, ançipreso, engualmente, inssar).234 Un’anaptissi in e si riscontra in Vormes ‘Worms’ 197v 41 e 44 (cf. DI 4,796s.). Per l’orientalismo zambellotto e per symbinzana v. le rispettive voci a §7.2.
6.4.6 Epitesi L’adattamento degli esonimi prevede spesso l’aggiunta di una vocale finale (v. §9.2.4), che con l’eccezione della -e di Iorche (199v 47)235 è nel primo campione sempre -a (Alla 197r 29, Caffa 193r 12, Viena 197r 4). La vocale ritorna anche in antroponimi adattati come Payseta 193r 4, Baldisera 203v 33. Appariono più rari i casi di epitesi in -o (Vandomo ‘Vendôme’ D 370v 25, Carino ‘Karin, in Croazia’
231 Il sintagma è formulare nell’introduzione delle relazioni sulle attività pomeridiane e serali dei Pregadi (196v 1, B 361v 14 e 24s., 362v 8 e 35, C 40v 1, 41r 27, 43r 10 e 41 e passim, D 371r 1, E 235r 6, F 222v 13, 224r 9, 22, 32, 35, 224v 18 e passim). 232 DELI; Castellani (2000, 303); Ferguson (2007, 279). 233 Cf. DELI. Per un’approfondita revisione della trafila alla base della forma settentrionale cf. Bertoletti (2005, 187s. e nota 471) e bibliografia ivi indicata. 234 Sattin (1986, 90); in particolare insir ‘uscire’ (ibid. 87 e nota 120; Stussi 1965, LIX L IX ; Cortelazzo 2007), ricorrente tuttavia fuori campione nella lezione dell’ed. Fulin et al. a 1,731, 755, 911 e passim. Per schienza ‘scheggia’ v. §7.4.3–b. Queste occorrenze ricorrono quasi sempre nelle copie di missive di mano veneziana: il tratto è quindi presumibilmente assunto da Sanudo solo passivamente. Cf. anche il reinsir ‘riuscire, concludere; apparire, dimostrarsi’ ben attestato da autori coevi, specialmente da Andrea Calmo (Rossi 1888, 59, 88, 99 e passim; D’Onghia 2006, 71; Cortelazzo 2007). 235 V. anche la serie endonimica presentata a §6.3.2.2.
6.4 Fenomeni generali
305
F 223r 21 e 226r 18)236 e in -i (Granuzi ‘Greenwich’ F 237v 23). Altri toponimi ancora mantengono invece l’originaria uscita in consonante, alveolare (Malz ‘Malles Venosta’ 196r 46, Tunis C 49r 9, Vas Monestier ‘Westminster’ F 237v 22), palatale (Bichach ‘Bihać’ F 223r 21) o velare (Brandilburg 197r 25, Yspruch 197r 27, Luzemburg C 51v 36). Si ricorre a una i paragogica nell’adattamento occasionale dal francese canone perieri 188v 38. Nonostante la scarsa frequenza del fenomeno nella documentazione veneziana dei primi secoli237 come anche nelle koinai circostanti,238 la -e paragogica alla III=VI persona del passato remoto, sviluppo etimologicamente motivato e condiviso dal fiorentino,239 ricorre decisamente spesso nei Diarii. È esclusiva dei verbi della prima classe e in questa categoria tali forme epitetiche si presentano in leggera maggioranza. Di seguito si elencano le occorrenze pertinenti nel primo campione: introe 190r 17, 190v 9, 196r 40, 196v 20 (contro un intrò 190r), montoe 190r 19, 20, 202v 49 e smontoe 202v 50 (ma montò 196v 23), seguitoe 190v 7, 11, andoe 190v 10, 191v 30, 193v 45 e passim (complessivamente 10 volte, contro 9 andò 191v 12, 27, 48, 194r 24, 194v 7, 196v 6, 23, passim), ritornoe 190v 12, 191r 14s., 194v 35 e tornoe 202r 6 (ma anche ritornò 196r 36s., 196v 7, 202r 14), mandoe 192r 1s. (mandò 202v 1), 194v 50, 195r 1 e passim, fortifichoe 193v 40, restoe 193v 47, 194r 40, brusoe 194r 4, pregoe 194r 27s., lassoe 194r 46 (ma lassò 192v 24), pacifichoe 194v 34, donoe 195r 13, sublevoe 195r 50 (ma levò 193v 33), aquistoe 195v 1, terminoe 195v 44 (ma terminò 190v 1s.), disnoe 196v 1, comencioe 198r 35, difenzoe 198v 4, charezoe 202v 40. Non presentano vocale paragogica, oltre alle forme fin qui riportate, le terze persone alozò 191v arivò 194r 48, cavalchò 194v 52 ordinò 196r 32, 46, presentò 196r 35, cantò 198r 7 svalizò 202r 49, trovò 202v 37, donò 202v 40, 41. Il raffronto con il resto della documentazione veneziana coeva permette di sospettare che questa -e finale non corrispondesse a un tratto linguistico reale ma, ancora una volta, solo dell’uso scritto di Sanudo e forse in particolare alla necessità e forse alla necessità da questi avvertita di segnalare l’accentazione ossitona in opposizione alla prima persona del rispettivo presente. Quale che ne sia la natura, l’elemento si dirada, sopravvivendo in proporzione grosso modo costante ma minoritaria, nei campioni successivi al primo:
236 Grafie come rasono (B 363v 9), se confermate da un numero sufficiente esempi simili, potrebbero segnalare un adeguamento ancora incerto alla fonomorfologia italiana di voci tronche di alto uso nel volgare veneziano. 237 Solo un foe in Stussi (1965, LXVII ). 238 Vitale (1953, 63 e [1983] 1988, 212). 239 Rohlfs (1966–1969, §335); nel corpus raccolto da Sattin (1986, 97) i perfetti epitetici si concentrano in uno solo dei testi, il che pare ulteriore spia dell’artificiosità della serie desinenziale.
306
6 Note linguistiche
Fig. 7: Frequenza assoluta delle uscite -oe e -ò alla III=VI persona nel passato remoto di prima coniugazione
6.4.7 Metatesi La metatesi svolge nell’evoluzione della fonetica del veneziano rinascimentale un ruolo complessivamente poco significativo e coinvolge principalmente la /r/.240 Gli esempi rilevanti di metatesi vocalica appaiono generalmente scarsi: si registra però Barzolena a C 49v 5.241 La voce di più alto uso a presentare l’accidente fonetico in questione, limitatamente al consonantismo, è formenti 193r 38, 195r 30, unica variante della voce a essere documentata nei Diarii e più in generale nel veneziano (fin dai Proverbia que dicuntur di fine XII sec.; cf. la banca dati OVI e inoltre Stussi 1965, 218 ; Sattin 1986, 90; Tomasin 2007b, 13; Gambino 2007, LXXXV ).242 Il nome del pascià ottomano Ebraim (193r 7) è reso anche come Imbrai bassà (192v 6s.). La metatesi in Triuli 197r 6 ‘Tirolo’ non
240 Stussi (1965, LIX L IX s.); Rohlfs (1966–1969, §§322–325); Sattin (1986, 94). 241 L’assenza di riscontri nel resto della documentazione italoromanza finora nota (DI 1,187s.) avvalora però l’ipotesi di una semplice trasposizione grafica dovuta a lapsus. 242 In una prospettiva più ampia, l’esito è normale in tutta l’area settentrionale (Vitale 1953, 83; Badini 1995, 315; Paccagnella 2012 s.v. formento/fromento) e non è estranea neppure al toscano (Pegolotti, OVI; Deca terza di Tito Livio volgarizzata, ibid.; Crusca 1612). Specialmente nel campione F la grafia, che ricorre ben 31 volte (al sing. a 226v 2 e 236v 4; al pl. a 222r 35, 222v 33, 224r 13, 21 e 50 e passim), può anche interpretarsi come furmento, variante minoritaria pure attestata in antichi volgari veneti (XIII sec., Rainaldo e Lesengrino [versione di Udine], ed. Lomazzi, OVI; 1304, Gratia frumenti missa per Ducham Cretae, DVL, vol. 1, 32s.; prima metà XIV sec., Vangeli in veneziano, ed. Gambino, OVI; Bertoletti 2005, 478), nel modenese (Inventario, ed. Bertoni, OVI; Trenti 2008), nel milanese cancelleresco (Vitale 1953, 61) e in piemontese (1549, Aschiero, Fernández González 2012, 439) oltre che in testi meridionali, specialmente siciliani.
6.4 Fenomeni generali
307
sembra attestata altrove in Sanudo né in altri autori (mentre la desinenza in vocale anteriore vanta una certa fortuna, cf. DI 4,589) e potrebbe essere stata influenzata da Friuli. Rampret 197r 41 sembra variante metatetica di un Rambert/ Rampert. Il cognome nobiliare Aldrovandino presenta metatesi già nel latino medievale bolognese (Caffarelli/Marcato 2008). Si può postulare all’origine dell’apparente metatesi in Bertagna 191r 18 e F 236v 27 e 53s. l’originario fraintendimento di un’abbreviazione: analoga spiegazione può avere Bergogna ‘Borgogna’ 191v 43, 195v 45 e 51, 196r 38, 197v 36, B 132r 36 con l’etnico bergognoni 196v 10.243 Non si tratta però di sviste occasionali: i rispettivi tipi etnici e toponimici sono attestati continuamente dal XIV fino agli inizi del XVII secolo e ne sopravvivono tuttora riflessi sporadici in derivati dialettali (DI 1,258–1262 e 280–283). Si incontrano inoltre altri casi di metatesi di un nesso vocale + vibrante: Grafignana E 235v 40s., 236v 39 e forse Cragno ‘Carniola?’ C 53v 19. Notevole anche il microtoponimo Sterniza 204r 9 e 12, probabilmente variante di Trešnica (it. Tresgnizza).
6.4.8 Fenomeni di armonia vocalica e consonantica (assimilazioni e dissimilazioni) Naturalmente non mancano, tra le tracce di accidenti generali rilevabili nei campioni, gli esiti di processi assimilativi e dissimilativi. Essi agiscono con particolare frequenza su antroponimi e toponimi (e, fra questi ultimi, sugli esonimi) e alterano più spesso le vocali atone.244 Alemagna alterna nel primo campione con la variante Elemagna, assente nei successivi; il doppio esito si rispecchia anche nell’etnico alemani 194r 3, 202r 29, 205r 27, C 40r 40, 53v 28 e 32 / alemana 197r 12 ~ elemani 196v 10, 41, 205r 7.245 Si registra assimilazione regressiva in Bertonoro 204v 42,246 ragatar ‘gareggiare in una regata’ B 134r 13, prezesione ‘processioni’ C 43v 24,247 manazata ‘minacciata’
243 A 203r 49, la prima sillaba di Bertagna è abbreviata per mezzo di una b tagliata trasversalmente; a 197v 38 la stessa abbreviazione contrassegna Bergogna. 244 Rohlfs (1966–1969, §§328–332); Sattin (1986, 94s.). 245 Cf. DI (1,45s.); la variante con assimilazione regressiva non vi è registrata. 246 Cf. il tardocinquecentesco bretonoriani ‘abitanti, nativi di Bertinoro’ (DI 1,225). 247 La variante alterna fin dai primi testi veneziani con il tipo etimologico (1344, Statuto, ed. Zanelli, OVI: «se faxe la precession»; secondo quarto del XV sec., Badas 2009, 134: «va a grande preçesion»; 1511, Merlini, Cortelazzo 2007 s.v. processión; Varanini 2014, 517).
308
6 Note linguistiche
C 53r 20,248 e progressiva in Camarino 205r 45 (ma Camerin in B 362r 7)249 e in Vegevene 196v 20.250 Eccezionale è l’assimilazione della vocale tonica al timbro della protonica: Natalia 192v 26 e 193r 12 (entrambe le occorrenze fanno parte di RelSag).251 Altrettanto abbondanti, nelle stesse classi di lessico, le dissimilazioni: Portegallo 202v 37, Barbon 203r 10, E 235v 27 e 34 ‘Borbone, fr. Bourbon’, Chatelogna C 50r 8. A Serzana ( sp. aloiar (dal secondo quarto del XV
acresimento m. ‘rinforzo, sostegno’ 202v 16. ■ Dal 1243ca. (bologn., Guido Faba,
sec., DCECH 3,695). Coromines postula un influsso esercitato dal francese del Cinquecento
Parlamenti, ed. Castellani, OVI: accresa-
sulla semantica della voce catalana («Més
m(en)to). Questa accezione bellica del signifi-
tard, intensificant-se la influència francesa en
cato generale ‘aumento, ingrandimento, incre-
el llenguatge militar, des de les guerres del
mento’ sembra di uso solo occasionale; ricorre
S. XVI, la forma fou rectificada convertint-la
una volta in Guicciardini (BibIt: «aspettavano
en allotiar, que trobem, generalment, aplicat a
il dì seguente non piccolo accrescimento di
tropa», DELCat 5,285). Cf. Grassi 1,51: «In si-
soldati»). Cf. TLIO; GDLI.
gnif. att. vale Dare alloggiamento ai soldati, e
Loc. nom.: alabardieri pedestri m. pl. ‘soldati armati di alabarda’ 197r 39.
dicesi degli abitanti d’un luogo, che son co-
■ ♦ In italiano come in francese, il mated.
do il Giovio, ad introdurre in Italia questo per-
helmbarte «è penetrat[o] con i lanzichenecchi e
nicioso modo d’albergare i soldati, furono gli
con le milizie svizzere (cf. fr. hallebarde,
Spagnuoli nel regno di Napoli prima, ed in
1448)» (DELI; cf. Michaux (2008) s.v. albarde).
Lombardia, poi, nel secolo XVI . In franc. loger».
Il derivato francese halbardier è attestato dal
→ alozamenti
1483 (Isambert, TLFi); è probabilmente un suo
alozamento m. B 134r 11, C 47v 17 / alozamenti pl. 193v 37, 194r 11 e 25, 195v 6, 13 e passim, C 43r 34, F 226r 23 / alogiamento m. E 238r 12 / alogiamenti pl. F 233r 49. ■ ♦ Il DELI confuta
adattamento l’equivalente italiano, il quale compare precocemente qui, all’interno di un’espressione polirematica che non pare altrimenti attestata nei Diarii né altrove.
alozar v. intr. ‘accamparsi; albergare’ 204r 22, B 363r 15: indic. pres. III aloza F 232v 3 / pass. rem. III alozò 191v 6, 202r 3 / IV alozono 197v 13 / fut. III alozerà B 134r 8 / allogiar E 234v 23, 237v 9.1 ■ ♦ Dalla fine del XIII sec.
stretti a riceverli nelle case loro. I primi, secon-
l’interpretazione tradizionale di loggia come gallicismo (< fr. loge; Rohlfs 1966–1969, §274) e lo considera piuttosto esito diretto del germ. laubja ‘pergola, portico’. L’ambito d’uso originario e più diffuso sembra però in italiano e in francese, appunto, quello militare (FEW
(TLIO: fior. aloggiarsi). L’accezione militare
16,446a-452a). Il derivato alloggiamento è con-
sembra quella originaria tanto in italiano (cf.
siderato alla stregua di un derivato parasinteti-
ibid.) quanto in francese (FEW 16,446b–452a).
co italoromanzo dal DELI, mentre un confronto con le altre lingue romanze induce a valutare la possibilità di una trafila indipen-
1 Possono considerarsi voci del verbo transitivo ʻospitare, alloggiare’ alozar B 134r 5, part. p. alozato 204v 32, B 133v 26, C 47v 16, 48r 31, 54r 20 / alozati 194v 44, C 47v 20 / alozadi B 134r 30 / allogiato E 236v 30 / allogiate E 234r 31.
dente da quella della base: l’antico fr. logement (1260ca., FEW 16,449a–b), prov. lotiamen (Levy 4,440) potrebbe dunque essere passato, con prostesi di a- e rafforzamento della laterale, in it. (dal 1362ca., Cronica senese, ed. Lisini/Iaco-
398
7 Note lessicali
metti, OVI: «alogiamenti», anche al singolare),
mettere in amore uno), 4,1777 (venire in amore
cat. (allotiament dal XIV sec., DELCat 5,285a) e
ad uno), GDLI s.v. amore (p. 425, «stare in
grigionese (allogger, FEW 16,451a). Vitale
amore» ‘amoreggiare’, p. 427, «avere in amo-
([1983] 1988, 199 n. 106) fa riferimento da un
re» ‘tenere in gran conto, apprezzare, amare,
lato alla forma settentrionale «semidialettale»
custodire con cura affettuosa’) e Zing.
logiamenti, dall’altro al latino classico allocare
Loc. verb.: [andar] a piombino ‘affondare (nave)’: cong. trap. III fusse andata a piombino 195r 36. ■ Già dopo il
e volgare alogiamentum. → alozar
Loc. nom.: amador de paxe m. ‘uomo pacifico; governante che promuove politiche poco bellicose’ 192v 4. ▲ ■ ♦ È
1431 in Piero Querini, GDLI §2: «Non era stata (scil. la barca) ben ligata la precedente lun-
normale in italiano antico l’uso di amatore /
ghissima notte, e, sbattuta su le pietre e in
amadore per il cultore di un’entità esterna alla
diverse parti apritasi, andò a piombino a fon-
sfera delle passioni individuali (ad es. Guittone
do»; cf. Caravia in Cortelazzo (2007: «A fondi i
d’Arezzo, GDLI: «amatore di vertù»). Per que-
xe cascai come piombini») e il trecentesco ap-
sto sintagma in particolare cf. 24,44 («siamo
piombare ‘cadere a piombo’ (TLIO, su docu-
amadori di pace et quete») e inoltre Machiavel-
mentazione tosco-veneta).
li (BibIt: «Baisit, sultan de' Turchi, come che fussi più amatore della pace che della guerra,
Loc. verb.: [andar] di mal im pegio ‘peggiorare sempre’ 190r 38s. ■ Dal 1268
potette godersi le fatiche di Maumetto suo pa-
(Andrea da Grosseto, ed. Segre/Marti, OVI:
dre»; l’epiteto, si noti, è qui riferito allo stesso
«tanto si contristano e si disconsigliano che
sultano Bayezid II della relazione qui consi-
vengono tal fiata di male in peggio»).
Loc. verb.: and[ar] a campo → cam-
derata), Botero (BibIt: «[Cesare] usò finalmente ogni arte per dimostrarsi, se bene era desidero-
po
so di guerra, amator di pace») e ancora alla Nicolò Erizzo (BibIt: «[Iddio] ha all'improviso
Loc. verb.: [andar] a la maza ‘esser avviata allo smantellamento (imbarcazione)’: pres. III va a la maza F 235v 23.
cambiati i sentimenti di Sua Maestà rendendo-
▲ L’espressione ricorre anche a 37,493 e
lo di re belligero, amatore di pace»). Alla base
40,49. È preceduta dalle locuzioni sinonime
c’è probabilmente un modello latino umanisti-
meter a la maza (5,165: «la nave grossa […]
co (cf. Petrarca, Familiares, BibIt: «amator pa-
l’anno conducta in capo di questo colfo, credo
cis»).
per desfarla et meterla a la maza») e mandar a
Loc. avv.: in amor ‘in concordia, in ottimi rapporti’ 193v 3s. ▲ Più spesso
la maza (3,1521, 3,1225). La marginalità della
ricorre nei Diarii in funzione predicativa (2,125:
fermata dagli editori, che segnalano con un sic
«fratello dil conte Lamberto di Sojano ma non
l’occorrenza a 25,534 (anno 1518): «si soleva
molto in amor»; 3,527: «con lui sta in amor»;
navegar una galia al viazo di pelegrini, qual è
17,8: «sempre da poi è stato in amor» e pas-
andà a la maza». ■ Cf. TB s.v. mazza §23
sim). ■ Cf. TB 1,437 (andare in amore), 1,785
(«(Mar.) Mazza de’ costruttori di navi, dicesi un
(avere in amore), 2,490 (entrare in amore ad
Martello più grosso, per cacciare con maggior
uno), 3,243 (mettere in amore una cosa ad uno e
forza i chiodi ovunque occorra»); GDLI s.v.
fine del XVII secolo una Relazione di Francia di
serie fraseologica sembra indirettamente con-
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
mazza1 § 28, ottavo paragrafo: ‘durare fino allo smantellamento (imbarcazioni)’;
2
Cortelazzo
399
appuntamento, in modo Pisa si puol dire essere sicura»). A questa voce Cortelazzo (2007) acco-
(2007) s.v. màzza1 §3.
sta dubitativamente il pontamento testimonia-
angaria f. ‘tassa, balzello’ 193r 21 / angarie pl. D 373v 15. ■ Il significato, pur
to dal Priuli. Cf. Trovato (1994, 241); DELI.
ma fonetica locale. Cf. Cortelazzo (1970, 18s.);
armata f. ‘esercito’3 189r 19, 34, 189v 47, 192r 4 e passim, C 48v 6, 9, 19, 49v 27, 50r 11. – armata f. ‘flotta da guerra’ 193r 49, B 361r 6, 10, 13, E 234v 27, 29, 34, 36, 39, 238r 32, F 222r 36, 226r 40, 48, 58, 232v 14 e passim / armada 191r 12, 14, 18, 203r 46, 204v 14, B 361r 18, C 49r 22, 42, 49v 11, 29, 37, F 222v 28, 223r 44, 224v 25 e passim / armata de mare 189r 10, 189v 11, 47s. / armà C 50r 9, 51r 11, F 223r 38.4
LEI (2,1168–1172); Cortelazzo (2007); TLIO.
■ Come segnalato già dal DEI e ulteriormente
anime f. pl. ‘esseri umani, persone’ 202r 36, C 54v 24. ■ L’accezione metonimi-
documentato dal TLIO, il significato originario
ca è già latina e attestata la prima volta in
boni, TLIO), che sembra anche il più rappre-
volgare nella Vita nuova di Dante («l’alma gen-
sentato nei campioni. → far armata
til»). Cf. TLIO; LEI s.v. ANIMA , §2.a.α.
armigeri m. pl. ‘uomini d’arme’ 197r 39. ▲ Nei Diarii sembra sinonimo raro
tralasciato dal DELI (ma non dal DEI), è ampiamente documentato nei primi secoli e costituisce la giuntura tra quello, più specifico, del lat. mediev. angaria ‘obbligo di fornire allo stato mezzi di trasporto’ (GMIL 1,248s.; MLLM 43s.) e quello moderno di it. angheria, di tradizione toscana, ‘sopruso, vessazione’. Quest’ultimo sviluppo semantico è già antico e ampiamente attestato nel veneziano di XVI secolo nella for-
è quello di ‘flotta militare’ (dal 1292ca., Giam-
apontamento m. ‘accordo, patto’ E 234r 20 / aponctamenti pl. 189v 49.
di (h)omini d’arme, mentre il lat. armiger ricor-
■ ♦ È in questa accezione burocratica e diplo-
re sovente nelle sezioni in latino: «aliquos ar-
matica che il gallicismo (< fr. appointement, dal
matos seu armigeros» (1,159), «gentes armige-
1388, TLFi) entra in italiano. Il prestito, situato
rae» (13,90), «cum armigerorum copiis»
addirittura nel XIV secolo dal DEI senza allega-
(43,146) e passim. ■ Cultismo attestato dal 1316
zioni, non sembra invece essere di molto prece-
(fior., OVI); cf. LEI 3,1324s. ♦ Cf. fr. armiger
dente alla redazione del primo volume dei Dia-
(‘qui porte les armes’, TLFi s.v. -gère).
rii: la prima attestazione nota è nel Memoriale
arsenal m. ‘stabilimento dove si costruiscono e riparano le navi militari’ 193v 5, F 225r 8, 235v 22.5 ■ Quello di
di G. Portoveneri (1495; BibIt: «s'è fatto tale
2 La glossa ha origine dalla nota a una lettera di Andrea Calmo (che costituisce l’unica documentazione della voce nel GDLI: «che le vostre nave vaga tutte a la mazza») in Rossi (1888, 198 n. 3): «Durino fino a che giunge il momento di mandarle alla mazza, cioè di farle smantellare, in altre parole le tue navi non si perdano in mare».
3 Alcuni dei contesti considerati in questa prima sezione non escludono che si tratti anche qui di una flotta. 4 Inoltre nel sint. Proveditor de/di l’Armada F 222r 32, 222v 10, 27, 223r 1 e passim. 5 Anche nel sint. Proveditor sora l’Arsenal F 235r 7 / Proveditori sora l’Arsenal F 224v 5.
400
7 Note lessicali
Venezia fu in Italia il punto di riferimento per
comune all’italiano letterario e ad alcuni dia-
ogni analogo complesso di officine e cantieri
letti anche settentrionali e presenta più spesso
navali (scontato il riferimento all’«arzanà de’
valore intransitivo. Cf. LEI (1,706–14, special-
Viniziani», vividamente descritta nel canto XXI
mente 710–12) e TLIO; per la documentazione
dell’Inferno, nella primitiva forma tronca). Ve-
cf. Belloni (2003, 221) e Cortelazzo (2007).
neziana è anche la prima attestazione volgare
balotar v. tr. / v. intr. ‘mettere ai voti; eleggere; andare al voto’ C 44r 16, F 222r 24, 225r 28, 235r 4, ballotar D 373r 19: pres. VI ballotano F 224v 2 / impf. pass. VI erano balotadi D 371v 31 / pass. rem. VI balotono F 235v 4 / pass. III fo balotato B 362v 4, fo balotà F 222v 43 / fut. pron. III si balloterà F 224r 36 / cong. trap. pass. VI fusseno ballotadi 193v 6, part. p. balotà F 224r 27 / inf. pass. esser balotadi F 235r 41s., esser balotà F 235r 42, 235v 12. ■ Deriva-
della voce (1305), che è però del latino medievale di Amalfi già nel 1099 (DEI; cf. GMIL e MLLM s.v. arsena). Arabismo (< ar. dār ṣinā’a / dār ṣanā’a ‘fabbrica’), mediato dal greco bizantino secondo Cortelazzo (1970, 28–33). Cf. DMMM; DELI; Castellani (2000, 217–225); Cortelazzo (2007).
artellaria f. 188v 34, 37s., 40, 189r 13, C 48v 17, E 232r 16, 232v 26, 234v 7 e passim, F 233r 32 e 50 / artellarie pl. C 49r 39, 51v 8, 56r 7s., E 237v 12, 238r 18s. e 35, F 223r 29, 236v 54 / artelarie pl. 202r 7, B 135r 32, C 45v 15 / artilarie 203v 27 → §7.4.1. astesana f. ‘il territorio intorno ad Asti’ 195r 14. ■ Cf. DI 1,142. avantaggia[r] v.tr. ‘superare, vincere’: indic. pres. IV avantaggiamo E 233r 18. ■ Accezione finora registrata come esclu-
to da ballotta, «senz’altro, v[oce] di orig[ine] sett[settentrionale]» secondo il DELI s.v. ballottare. È tecnicismo giuridico tradizionale soprattutto in area veneta. La prima attestazione è in uno Statuto dei mercanti drappieri della città di Vicenza del 1348; cf. TLIO: «quelli cinque cossì eletti siano ballotati in tutto il capitolo della ditta frateglia, e quello, che haverà più
sivamente secentesca (dal 1619ca., Sarpi,
ballote sia gastaldo». Nel latino medievale trie-
GDLI, con altri esempi da Marino e Bartolomeo
stino si legge balotar già nel 1315 (DELI) e in
Corsini; LEI 1,21; TLIO). Per vantaggiare si pos-
quello veneziano nel 1327 in forma di perifrasi
sono però rintracciare usi simili già nel XIV
(Lazzarini 1960, 25: «ponere ballotam suam»).
sec. (ad esempio nel volgarizzamento di Vale-
Cf. GMIL s.v. ballotare; LEI s.v. BAL (L )- / P ALL -,
rio Massimo, ed. De Visiani, OVI: «nella statu-
§1.d.ηˈ; Cortelazzo (2007). → ballote pl.
ra e nelle forme vantaggiava Alessandro»).
ballotazion f. ‘votazione per ballottaggio’ D 373r 20, 374v 1 / balotazion D 373r 25 / ballotatione D 374v 3. ■ La
→ di notevole avantaggio
azon[zer] v. tr. ‘raggiungere’: pass. rem. III azonse 196r 23 / v. intr. ‘giungere’: pass. rem. III azonse 196r 44, 48, 49, 50, 51, agionse 196r 26 / v.tr. ‘aggiungere, incrementare’: pass. rem. VI azonseno F 224v 28. ■ L’esito del lat. ADIUNGERE
privo di prefisso rafforzativo r(i)- è
soggiacente voce latina si incontra dal 1333 in Istria (Semi s.v. ballotta: «bulatatione») e almeno dal 1490 a Venezia (Rossi 1988, 274: «ballotationis»). Fin dal 1474 in pugliese antico (Statuto, ed. Migliorini/Folena, LEI 4,711); in veneziano almeno dal 1499 (Diarii, ed. Fulin
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
401
duttività della base in ambito politico, non
banda larga f. ‘qualità di lega metallica’ F 226r 14. – bande raspe f. pl. ‘id.’ ibid. ▲ I sintagmi tornano a identificare
pare che la voce abbia mai fatto parte del
alcuni generi di importazione dal Medio Orien-
lessico fondamentale dei patrizi veneziani
te (Alessandria e Beirut) a 3,1188, 12,87 e 17,82.
(manca in Boerio, Cortelazzo 2007 e negli altri
■ Cf. per il significato ‘latta’ Boerio s.v. banda
maggiori repertori; Rezasco registra solo
e Cortelazzo (2007) s.v. bànda2 7. Qualche in-
un’occorrenza machiavelliana). → balotar
formazione sulla qualità dei due prodotti si
ballote f. pl. ‘proiettili’ 195r 23 → §7.4.3. balzello m. ‘tributo straordinario’ 191r 40. ▲ Nei Diarii il termine non è mai
ricava da Paxi (1503, 302): «Banda larga zoe
et al. 2,510: «ballotation»); in italiano dal 1527ca. (Machiavelli, GDLI). Malgrado la pro-
ferro restagnado fa per damasco e comprassi in venesia».
allude con balzelo / balzello a 1,2036 e 839,
barza f. ‘nave da carico’ 204v 29, B 131v 19, 133v 11, C 49r 30 e 45, 49v 12 e 46, 50r 3, F 222r 35 e 36, 224r 4, 226r 60 / barze pl. 192v 45, 193r 17, C 49v 38 e 44. ■ Il termine nautico, con questa specia-
2,86, 3,90, 6,319, 24,91). Quest’ultima (1517)
lizzazione di significato, è attestato in vari luo-
pare l’ultima occorrenza nell’opera, in coinci-
ghi dei Diarii e delle fonti veneziane coeve, per
denza con gli anni in cui la voce iniziava a
divenire una mera sopravvivenza dizionaristi-
sprovincializzarsi. È infatti tentante ricostruire
ca a partire dal Seicento. È probabile variante
un ruolo dalla corte romana del papa mediceo
settentrionale, con normale alveolarizzazione,
Leone X (1513–1521) nella diffusione della voce
del raro francesismo bargia / bargio (< fr. bar-
al di fuori della Toscana. Così pare implicare
ge, dal 1100ca.). cf. DMMM; LEI 4,1388–1391;
anche un’interessante testimonianza arioste-
Cortelazzo 2007; TLFi). → barzoti
sca (1523, Rezasco: «Si stilla notte e dì sempre
barzoto m. ‘sorta di imbarcazione’ B 131r 15 / barzoti pl. 192v 45. ■ Forse
usato in riferimento a tasse veneziane, né di alcun paese o centro diverso da Firenze (oltre che nel luogo citato, a imposte fiorentine si
il cervello, / come al Papa ognor dia freschi guadagni / con novi dazii e multe e con balzel-
‘piccola barca, piccola barza’ (Corazzini; Corte-
lo»). ■ Voce coniata a Firenze poco prima della
lazzo 2007). Derivato da barza mediante il suf-
metà del XV secolo (ca. 1449, Burchiello,
fisso -otto, con probabile valore diminutivo
GDLI). La trafila descritta già da Angelico Prati
(Rohlfs 1966–1969, §1143). → barza
muove dalla loc. a balzi ‘a salti’, «riferita ad
997 e 1009–1010).
bassà m. ‘pascià’ 192v 6, 7 2 volte, 8, 193r 27, 39, 202r 41, 204r 19, B 134r 37 e 46, 134v 1, 21 e 33, 135r 28 e 36, 360v 23 e 37, D 372v 29, F 226r 58, 226v 5 e 43 / bassà pl. 192v 6, 31, 34, 193r 24 / bassi pl. 193r 6. ■ Compare in
6 La lezione balzeto (ibid.) è probabilmente un semplice refuso dell’ed. Fulin et al.
7 Il lemma bànda1 è assente, evidentemente per un refuso.
una tassa che, nella Siena del basso Medioevo, veniva imposta in modo saltuario e apparentemente casuale ad un numero circoscritto di cittadini abbienti» (Nocentini 2010; cf. LEI 4,
402
7 Note lessicali
toscano dal 1484ca. (Pulci, GDLI) e contempo-
matina a l’alba impressa batando spazamo el
raneamente in veneziano nei Commentarii del-
presente messo a Baruto»; l’ultima sembra po-
la guerra di Ferrara (Bettio 1829, 59). Si pospo-
tersi registrare in «saria bon el spazasse lettere
ne al nome di persona, al pari di sultan,
in Franza batando» (49,374; anno 1529). Oltre
quando lo accompagna come titolo onorifico.
questa data, l’avverbio non sembra più docu-
Cf. Cortelazzo (2007), che lo attesta in venezia-
mentato dalle fonti ed è ignorato dalla lessico-
no a partire dal 1500 (nel Diario di Pietro Dol-
grafia posteriore. ■ Le rade attestazioni antiche
fin). ♦ Anche in altre lingue europee i primi
(1490ca., lucchese; 1670, lombardo orientale)
adattamenti della voce turca presentano ini-
e moderne (lombardo orientale, cadorino) del-
ziale sonora: fr. bassat (1396–1397, TLFi), sp.
la voce sono raccolte in LEI 5,538. Nella rasse-
bajá (1550ca., CORDE), ingl. Bassawes (1534,
gna non compaiono parlate venete. ♦ Dal fr.
OED).
battant
bastion m. ‘(milit.) terrapieno rinforzato da spesse mura, eretto agli angoli delle fortezze’ 203r 40. ■ ♦ Una pri-
1,290b).
batipali m. pl. ‘piccola vela aurica; paranco (?)’ C 48v 15. ■ Il contesto non
ma esigua serie di attestazioni si raccoglie nel
sembra compatibile con la voce omonima
‘aussitôt,
immédiatement’
(FEW
contesto della guerra di Ferrara (1482–1484):
‘macchina per conficcare pali nel terreno’
«quello bastione il quale haveva habiuto l'ar-
(1570, Palladio, GDLI; 1609, Lorini, DEI; 1821,
mata del duca de Milano» (1483, Boiardo, Bib-
Patriarchi; 1829, Boerio; cf. LEI 5,480). Si può
It), «fece ripari e magni bastioni» (Guerra di
pensare piuttosto a una variante idiosincrati-
Ferrara anonima, ibid.). A partire dal 1494 (Pa-
ca, di carattere eufemistico, di bat(t)iculo ‘vela’
cioli, DELI) la voce entra stabilmente nel lessi-
o ‘paranco’ (attestato però solo, apparente-
co italiano. Sulla questione etimologica così si
mente, ancora più tardi: cf. LEI 5, 389; Corazzi-
esprime il DELI, sulla scorta del FEW: «Forse
ni; DMMM).
non accr[escitivo] di bastìa, trattandosi di una
suff[isso], del provz. bastide». A favore di un’o-
baylo m. ‘ambasciatore di Venezia a Bisanzio presso la corte bizantina e, dopo il 1453, ottomana’ 193r 45, 194v 4, C 48v 28, F 223r 32, 226r 37 e 45.
rigine italiana della voce cf., tra gli altri, FEW
■ Bailo è il titolo dell’emissario di Venezia ad
(15/1,79a) e Hope (1971, 162–164). La cronolo-
Acri già nel trattato con il sultano di Aleppo
gia sembra coerente con un’origine galloro-
del 1225 (OVI: «lo so bailo de Acre»). Appare in
costruzione più piccola, ma dal fr. bastillon, dim. di bastille, adattamento, con più comune
manza (fr. bastion dal XV-XVI sec., TLFi; ba-
un trattato in veneziano ancora precedente,
stillon dal 1474, ibid. s.v. bastillonée), ma il
ma solo nell’accezione più generale di ‘alto
dato si capovolge se si considerano le fonti
funzionario rappresentante di un’autorità poli-
latino-medievali: un lat. vallum sive Bastionum
tica’ (1207–1208, TLIO). Cf. LEI s.v.
è attestato a Piacenza già nel 1447 (GMIL
BAIULA , §1.a.β ‘magistrato’.
1,600; cf. DEI).
batando avv. ‘in fretta, rapidamente’ C 134r 31. ▲ La prima occorrenza nei Diarii si trova a 1,886 (anno 1498): «questa
BAIULUS /
Loc. agg.: in tutta beleza ‘del massimo splendore’ 197v 25. ■ Locuzione oggi obsoleta. Cf. «Il sole che a quella otta luceva in tutta bellezza» nel Dialogo di Pietro Aretino
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
403
(1536, BibIt) e il goldoniano mettersi in bellezze
38b. ■ Il diminutivo di bolletta con diverse
‘acconciarsi, farsi bella’ (GDLI).
accezioni condensabili in ‘breve documento
bergantino m. F 233r 8 → breganti-
ufficiale’ compare negli stessi anni in fiorenti-
no
no (1378–1385, Marchionne, Cronica, ed. Rodo-
biava f. ‘cereale usato per foraggiare il bestiame’ 204r 21, C 47v 11 / biave pl. B 363v 1, C 40v 40, 46r 43, F 224v 3, 4, 225r 3, 4, 6, 7, 10, 15, 20, 23, 226v 3 e passim.8 ■ Variante settentrionale, già at-
lico, TLIO) e in veneto (1380, Statuto del capita-
testata nel latino di XI secolo (blava, DEI) di
teggi; biglietti dello scrutinio per l’elezione di
«boletin»). A Venezia è arduo reperire attestazioni anteriori al 1407 (Mozzato 2002, 138). ♦ La fortunata accezione politica di ‘schede per sor-
che ricopre un
cariche pubbliche’ non emerge mai nei cam-
celtico *blāto ‘fiore’ > it. sett. *biaa con v estir-
pioni e prende forma, apparentemente, solo in
BLAT O §I.1 e patore di iato (DELI; LEI 6 s.v. *BLATO
data leggermente posteriore alla redazione dei
ibid. alle pp. 238ss.).
Diarii nella documentazione veneziana e mo-
Loc. agg.: de bisogno ‘necessario’ 188v 47. ▲ ■ Il sintagma, in toscano dal
denese di XVI secolo (cf. Rezasco s.v. bollettino
1292ca. (Bono Giamboni, ed. Segre, OVI; cf.
2008, 84).
TLIO s.v. bisogno, §1.3.3) e in veneziano dal
di bisogno» (2,1295), «è de bisogno» (11,651) e
bombarda f. 189r 12 / bombarde pl. 202v 5 → §7.4.2. bombardier m. 195r 22 → §7.4.5. Loc. verb.: [esser] bona causa di ‘fare in modo che, determinare il fatto che’: pess. pross. III è stà bona causa 190r 44s. ▲ V. anche, nel terzo campione,
passim. Cf. LEI-Germanismi 1,865s., 868 e
«missier Andrea Loredam, ch’è stato prima
886–888 e Cortelazzo (2007) s.v. debesògno m.
causa a non lo lassar far questo merchado»
‘occorrente’.
(45r 20). Nei Diarii l’espressione può introdur-
boletino m. ‘piccolo foglio scritto rilasciato da un’autorità; nota con valore legale’ B 363r 40 / bolletin D 375v 10 / boletin F 222r 28 / bolletini pl. 191r 45, 47 / bollettini 191r 52 / boletini C 52r
re subordinate implicite o esplicite ed è di
biada, dal lat. mediev.
BL ATA , BLATA
niato di Montorio, Bertoletti 2005, 456:
1415 (Sattin 1986, 130), ricorre spesso nelle espressioni verbali ˹essere di bisogno˺ e ˹avere di bisogno˺, prodromiche alla nominalizzazione veneziana debesogno («voce bassa» secondo Boerio): «fusse di bisogno» (1,253), «havia
§§1s.; Cortelazzo 2007 s.v. boletìn, §3; Trenti
norma riferita a un soggetto umano. Cf. 1,1016 («bona causa era stato el prefato re di questo acordo), 8,382s. («il conte Alvise Avogaro, il qual fo bona causa di fortifichar ditto castello»), 11,744 («per esser stati lhoro bona causa de tanti incendij») e passim; inoltre, in un
8 Inoltre in F nei sintagmi (Auditori) a le Biave 222v 44s., Collegio di le / de le Biave 224v 1, 225r 2, 5, 8s., 235r 2, 4 (con ellissi: Biave 224r 32, 37), Proveditor sora le Biave 235r 6 / Proveditori a le Biave 225r 11, 12s. / Proveditori (nostri) sopra le Biave 225r 29, 33, 40 / Proveditori dille Biave 225r 29s.
passo di registro particolarmente ricercato, «non siandoli legitima causa alcuna di dilazioni tali» (E 232r 21) e, al di fuori dei Diarii, «Questa donzella, che la causa n’era […]» (Ariosto, Orlando furioso [1516], GDLI). ■ La locuzione è attestata fin dal 1486ca. (Pico della
404
7 Note lessicali
Mirandola, BibIt: «quel temperamento el quale
447). Cf. LEI (s.v. buttis, §I.1.b.β); Cortelazzo
è causa che quelle nature […] convengono e
(2007 s.v. bóte, §2).
concordano insieme»). Per il sint. bona causa
credo che sia stato bona causa che fin adesso
bragantini m. pl. 202r 46, 50; → bregantino brachiza[r] ‘braccare, inseguire’: brachizando ger. F 233r 32. ■ Occasionali-
non ha (sotto specie di partialitadi) molestata
smo isolato anche rispetto al resto della produ-
questa provincia» (1522, Lettere, BibIt) e «mi
zione sanudiana. La variante extraveneta brac-
persi tutta la grazia della Duchessa, che fu
cheggiare si registra solo dal 1618 (Buonarroti
buona causa di tormi ancor quella del Duca»
il Giovane, GDLI); riemerge nel XIX secolo in
(1562ca., Cellini, Vita, BibIt).
Tommaseo, Nievo e Faldella (BIZ).
bonazar v. tr. ‘rabbonire, blandire’ B 362v 17. ■ Già nella Spedizione, in un
brazo m. ‘potere, autorità’ (?) 198v 33. ■ L’interpretazione qui proposta sembra
contesto simile (Fulin 1883, 295: «el cardinal
compatibile con la documentazione in LEI s.v.
San Piero in Vincula zercava de bonazar el
BRAC ( C ) HIUM , §I.1.f.α.
cf. ancora in Ariosto «Io mi son sforzato fin adesso di tenermilo per amico, […] e questo
prio, riferito alle condizioni del mare o del
braza f. pl. ‘unità di misura di estensione lineare, della lunghezza approssimativa di un braccio umano’ 191v 23, 197v 25. ■ Attestato in toscano dal
vento (GDLI; Cortelazzo 2007). È però transiti-
1240–1250 e in veneziano dal 1280ca. (TLIO).
ca l’occorrenza nel Glossario settentrionale di
Cf. LEI s.v. BRAC ( C ) HIUM , §I.1.g.
metà XV secolo studiato da Arcangeli (1997,
dal 1298ca. (sen., TLIO). Dal un lat. tardo *BU-
bregantino m. ‘(nav.) dal XII al XVI secolo, bastimento a remi, con vela triangolare; nave con un solo ponte, due alberi e bompresso, a vele quadre’ C 49v 28 / bregantim F 223r 44, 45 / bergantino F 233r 8 / brigantini pl. 192v 43, E 234v 31 / bragantini 202r 46, 50s. ▲ Cortelazzo (2007) mette a
XULA / *BUXULA ,
lemma la variante bergantìn (1552) che però,
Re»). Non è facile trovare riscontri a quest’accezione traslata fuori dall’opera sanudiana; il verbo ricorre in veneziano nel significato pro-
80, 354 e 374: «Sedo (…) per pacificar(e) o abonazare (…)»). Abbonacciare ‘rabbonire’ si trova invece in italiano e, sparsamente, nei dialetti dal 1663 (Bàrtoli, LEI 6,899).
bossolo m. ‘urna per elezioni e votazioni’ 191r 47. ■ In questa accezione fin diminutivo di BUXA < lat. BUXIS ,
con metaplasmo di genere (LEI s.v.
BUXIS /
PY XIS , in particolare §I.3.b).
pur ricorrendo a 233r 8 del campione F (LetCoron: «lo bergantino di Materana») e pur
botte f. pl. ‘unità di misura della stazza di una nave’ 188v 27, 195r 28, F 236r 15 / bote 192v 45, F 226r 55, 60.
tenendo conto delle possibili modifiche ope-
■ Tecnicismo marinaresco apparentemente
pl. contro più di 380 per brigantino / briganti-
esclusivo dell’antico volgare di Venezia, dove
ni e un numero comparabile per la variante
è attestato dal 1447. La prima attestazione nota
breg-). ■ Evoluzione dell’etimo celt. brig- ‘for-
si trova però in un documento venezianeggian-
za, vivacità’, secondo l’evoluzione semantica
te di Ragusa risalente al 1371 (Dotto 2008, 327 e
‘praticare, accompagnare’. Denominazione di
rate dagli editori, rimane di gran lunga minoritaria nei Diarii (circa 16 occorrenze sing. e
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
405
origine veneziana (Ragusa 1380, TLIO: «bri-
vaucher à travers champs’. Cf. anche sp. cam-
gentino»).
Guglielmotti;
pear (1250, DRAE s.v. §§5–7), port. campear
(7,422–482), special-
(Houaiss s.v. §§2 e 7). Cf. Grassi s.v. campeggia-
Cf.
DMMM; LEI s.v.
Corazzini; BRIG -
mente §I.1.a.β.3
re; FEW 2/1, 157a e 163a; LEI (10, 455, 460s. e
brexanna f. ‘il territorio che fa capo a Brescia’ 194r 26 / brexana 194v 43, D 371r 23, F 235v 8. ■ Per ulteriore documen-
523s.); Cortelazzo (2007).
tazione cf. DI 1,275–279.
Loc. verb.: buta[r] in / a stampa ‘dare alle stampe, pubblicare’: pass. rem. pass. III fo butada in stampa 195v 37 / VI: fonno butate a stampa B 131v 12. ▲ Queste varianti veneziane del consueto cinquecentesco mandare / mettere in stampa
campo m. ‘accampamento; campo di battaglia’ 192v 35, 198r 20, 203r 13 e passim, B 131r 28, 135r 24, 361v 43, C 40r 41, 40v 4, 25, 42, 42r 4, 9, 22, 24 e passim, E 233r 26, 234r 14, 23, 34, 38, 40, 235v 44 e passim, F 233r 47. ■ All’interno dell’ampio spettro dei significati della voce latina poi continuati nelle lingue romanze, è particolarmente ricco di attestazioni e
(dal 1495, Savonarola, GDLI) sono quelle pre-
sfumature di senso quello militare di ‘accam-
dilette nel primo volume dei Diarii (con in nelle
pamento; campo per le esercitazioni’, ma an-
pagine 252, 405, 630 e passim e con a in 634 e
che quello di ‘campo di battaglia’ (LEI 1.c.γ2 e
939; anche, rispettivamente, a 12,218, 16,155 e
1.c.γ3; Nocentini 2010). – Loc. agg.: a cam-
2,269, 14,49 e passim). Nei seguenti si incontrano però anche po[r] in stampa (2,1348) e
po ‘(milit.) accampato’ 193v 29, 195r 39, 198r 12 e passim, B 131v 43. ■ Dalla
metter in stampa (37,197), oltre al semplice
fine del XIII sec. (pis., OVI; cf. LEI 10, 419,
stampar, che pare imporsi progressivamente
448s. e 457s.). – Loc. verb.: poner campo
(7,217: «si stamperà; 11,81: «fa stampar»;
a ‘stringere d’assedio’ 204r 28. ▲ Più
14,450: «à fato stampar» e passim), anche se
frequente, nel seguito dei Diarii, è il sinonimo
nel primo volume ricorre solo al participio pas-
meter/metter campo a (1,551, 2,578, 7,306 e
sato. ■ La voce stampar non compare in Corte-
passim). ■ Dal 1282–1299 (Leggenda di messer
lazzo (2007), mentre di butar si registrano ben
Gianni di Procida, ed. Cappelli, OVI: «puose
15 accezioni: un verbo di largo uso così versati-
suo campo a Santa Maria di Rocca Maiore»). –
le era naturalmente candidato a formare que-
venir a campo ‘andare ad accamparsi, anche per combattere o per assediare una fortezza o una città’ 190v 6. – and[ar] a campo ‘id.’: pass. rem. III andoe a campo 195v 4.9 ■ Dal 1348ca. (G. Villani,
sto neologismo.
campizar v. intr. ‘(milit.) disporsi e stazionare nei campi che circondano una località, generalmente per assediare o fronteggiare il nemico’ 195r 44. ■ In
Cronica, ed. Porta, OVI: «Manfredi e sua gente
uso nel XIV secolo, a partire dal 1333 circa, in
venuti a campo per combattere»).
testi tanto toscani quanto settentrionali. Il DEI propone, in alternativa alla derivazione italoromanza da campo, un prestito dal prov. campejar (ante 1147) ‘tourner, voltiger (autour d’un adversaire)’, cf. fr. ant. champoier ‘che-
9 Cf. anche «si parla variamente ch’el vol andar in campo iterum e far far fati d’arme» (C 46r 41s.).
406
7 Note lessicali
Cancelier m. ‘funzionario incaricato di dettare, redigere, archiviare o conservare i documenti e le comunicazioni ufficiali’ 198v 3 / Canzelier B 361v 41, C 51r 34 / cancelieri pl. 191r 48 / canzelieri B 363v 7. ■ Gli esiti settentrionali di CANCE LLARIUS ,
dato il gallicismo suffissale
-iere / -ieri / -iero, sono verosimilmente lasciti dell’amministrazione carolingia, o forse più precisamente dell’autorità ecclesiastica (Rohlfs 1966–1969, §1113; LEI 10, 639s.). –
Loc. nom.: Canzelier Grando m. ‘capo della cancelleria e responsabile dei dispacci diretti al sovrano’ 195v 36, C 373v 26, F 222v 18, 224r 4, 235r 42 / Gran Canzelier D 370v 9, 30, F 236r 58. – Loc. nom.: Primo Canzelier m. ‘id.’ C 45v 22.10 ▲ Non è facile rintracciare nella
servazione dei documenti pubblici. Dal 1462 l’incaricato coordinò la Cancelleria ducale per conto del Consiglio dei Dieci (Frasson 1980, 597) e dal 1485 curò anche l’esame e l’investitura dei notai (Rezasco 141).
canone perieri m. 188v 38 → §7.4.2. Loc. nom.: capitanio zeneral da mar m. ‘ammiraglio supremo della flotta da guerra veneziana’ 194r 39 / capitanio zeneral B 131r 7, C 48v 6 / zeneral B 131v 13, 16, 132r 22, 133r 9. ▲ Il sintagma, nella forma estesa e in quella ridotta, ricorre identico nei Diarii decine di volte (1,270, 2,147, 3,211 e passim), con l’unica alternanza nel vocalismo atono capitanio / capetanio (v. §6.3.2.1). ■ Gli esiti settentrionali di CAP ITANEUS
(anziché *CAPITANUS ) ‘signore di una
città; amministratore della giustizia penale;
documentazione del veneziano attestazioni
comandante; condottiero’ sono forse relitti del
più antiche di questa (che, forse non casual-
latino ufficiale carolingio (→ Cancelier). Il tito-
mente, si riferisce al cancelliere di Firenze) del
lo veneziano è attestato dal 1493 (Sanudo, De
sintagma volgare canzelier grando, destinato a
Origine, Cortelazzo 2007 s.v., §2). Cf. Rezasco
particolare fortuna (GDLI s.v., §3; LEI 10, 630).
144; LEI 11, 1–10, in particolare 8.
Nel seguito dei Diarii il sintagma ricorre tipica-
inverso se il referente è quello veneziano. Sulla
careza[r] / chareza[r] v. tr. ‘trattare affettuosamente e con riguardo, onorare, riverire’: pass. rem. III charezoe 202v 39s. / pass. III fo carezato 196r 42. ■ L’equivalente toscano careggiare è atte-
morfologia dell’aggettivo v. §6.5.1.2. Il più raro
stato fin da prima del 1342 (TLIO). La base
tipo ˹primo cancelliere˺ precede di pochi mesi
carezza è considerata un derivato dall’agg. ca-
la prima attestazione di canzelier grando e fa
ro (Rohlfs 1966–1969, §1153; DELI; LEI 12, 846–
riferimento al cancelliere dell’imperatore Mas-
856 e 874; Nocentini 2010), anche se il DEI s.v.
similiano I (Diarii 1,88; Spedizione, Fulin 1883,
carézza1 registra già un lat. tardo C Ā RITIA ‘moi-
342). ■ La carica veneziana di canzelier grando
na’. Cortelazzo (2007) riporta solo l’accezione
fu creata nel 1268, con la mansione della con-
‘blandire, lusingare’.
mente in riferimento ai magistrati milanese e francese nella sequenza determinante-determinato (1,791, 2,388, 3,172 e passim) e in ordine
10 Probabilmente Florimond Robertet d’Alluye (1458–1527). Il cancelliere di Francia al tempo era però Jean de Ganay (1455–1512).
cariazi C 48r 42 → §7.4.3. castelan m. ‘guardiano o signore di un castello’ 204v 30, F 223r 43 / castelani pl. C 51r 37. ■ Attestato a Firenze dal 1279ca. (TLIO) e ancor prima nell’onomastica
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
407
(1262, Lettera senese, ed. Castellani, OVI: «Cha-
§16).11 Cf. LEI s.v. CABALLARIUS , rispettivamente
CAS TELL CAST ELLĀ Ā NUS / -A .
§§III. 1.a.α.–α1. e I.2.d.ε. ♦ Cf. fr. cavalier ‘butte
stelano notaio»). Cf. LEI s.v.
Sulle caratteristiche e le responsabilità dell’uffi-
dominant toutes les autres défenses d’una pla-
cio, non particolarmente prestigioso, cf. Mal-
ce’ (1546, Rabelais, FEW 2/1,4b).
lett/Hale (1984, 271); Law (2000, 277–298). →
cavalo m. ‘(milit.) soldato a cavallo’ 194v 48, 197r 38, 197v 3 / cavallo C 43r 22 / cavalli pl. 190r 48, 194r 47, 195r 5, 7, 21, 197r 40, 48, B 134v 25, E 233r 26, 235v 26, 36 e passim, F 224r 2 / cavali pl. 192v 32, 193r 19, 20, 195r 6 e passim, B 133r 5, 133v 24, 134r 16, 38, 41 e passim, C 40v 20, 24, 37, 43r 23, 31, 44r 13 e passim, E 236r 1, F 223r 25, 226r 19. ■ Significato metonimico attestato
castelanaria
castelanaria f. ‘ufficio, governo di un castellano; distretto il affidatogli’ C CAS TELL ELLĀ Ā NUS , attestato 51r 14. ■ Derivato di CAST dal 1279–1280 in fiorentino (Libro d’introiti e d’esiti di papa Niccolò III, ed. Castellani, TLIO: «kastelleneria»). La storia della parola sembra interrompersi intorno al 1614 (LEI 12,1221).
castroni pl. ‘animali castrati, in particolare agnelli; la loro carne’ 192v 22. ■ Dal 1287 in fiorentino (TLIO). Non da CASTR CASTRĀ Ā RE
(DELI) né da castrare (Nocentini
CAS TR RŌ Ō , -Ō NIS conti2010), bensì esito di un *CAST
nuato in tutta la Romània con le eccezioni del sardo e del rumeno (DEI; LEI 12,1318–1330).
cavalier m. ‘chi possiede la dignità del cavalierato’ 190r 17, 190v 11, 191v 20s., 23 e passim, B 135v 21, 23, 361v 29, 30, 362r 49, 362v 36, C 44r 24, 26, 44v 23, 26, 41, 47r 28, 51r 23, 28, 32, D 372v 8, E 232r 23, 234r 41, 235v 21 e passim, F 222v 15, 224r 18, 48, 224v 34, 235r 13, 18, 52 / cavalieri pl. B 363v 7, C 49v 8. – cavalier m. ‘sopraelevazione artificiale per fornire maggiore dominio di tiro alle artiglierie’ E 234r 41, E 237r 22, E 238r 26. ■ L’originaria accezione ‘soldato a
fin dalla prima metà del XIV sec. (TLIO s.v., §2; cf. LEI s.v.
CABALLUS / CABALLA CABALL A ,
§I.1.c4. [recte:
c ]). – Loc. nom.: cavalli lizieri m. pl. ‘soldati di cavalleria armati alla leggera’ 194v 52 / cavali lizieri C 40v 19, 22, 46r 5 / cavalli leggieri E 232r 16, 232v 26, 233r 17. ▲ Il dittongo, che si mantiene 2
almeno fino al 1552 (cf. Cortelazzo 2007 s.v. lezièr), riflette una fase precoce dell’adattamento: nei Diarii il primo cavalli lezeri sembra comparire solo nel 1524 (37,69). ■ Gallicismo cinquecentesco (LEI s.v.
CABALL US / CABALL CABAL LA A,
§III.1.a.α.), adattamento della giovane voce del lessico militare fr. chevau-légers pl. (dal 1495, Commynes, TLFi; Cf. FEW 2/1, 9b). Forma e semantica rendono la trafila indubbia, benché non supportata dalla cronologia relativa: una lettera di Boiardo datata al 1494 reca infatti già
cavallo’ sembra abbandonata da tempo a Ve-
«ducento cavalli lezeri» (BibIt).
nezia, dove l’apposizione è sempre posposta al
cegnar v. intr. ‘segnalare, accennare’ E 236v 5.12 ■ L’uso sostantivato (‘segna-
nome col valore esclusivo di titolo nobiliare o di membro dell’amministrazione pubblica. Il soldato a cavallo è invece il → cavalo. La prima accezione è registrata in area italoromanza almeno dal 1321 (TLIO); la seconda solo dal Cinquecento
(1540ca.,
Guicciardini,
GDLI
11 Guicciardini si riferisce però ad un ‘ampio tratto di terrapieno scavato presso un bastione’. 12 Uso sostantivato.
408
7 Note lessicali
le, cenno’) ha diversi riscontri nel veneziano di
netto Latini, Favolello, TLIO: «a tutte le carra-
XVI secolo; la palatalizzazione, forse dovuta
te / che voi oro pesate»); a Venezia dal 1310–
all’influsso della famiglia lessicale che fa capo
1330 (Zibaldone da Canal, TLIO: «24 charati de
a S Ī GNUM , è registrata già dai testi settentrionali
fin oro»). Il DEI situa la voce a Venezia già nel
di XIV secolo. Cf. Mussafia (1873, 124); DELI;
1278. La desinenza, che continua il morfema
Bertoletti (2005, 464s.); Cortelazzo (2007) s.v.
neutro plurale latino, è forse influenzata da
cignàr; Verlato (2009, 685); TLIO s.v. cennare.
quella del numerale milia (§6.5.3). Curiosa-
cere f. pl. ‘candele ornamentali’ 197v 27. ▲ Cere ricorre qui e altrove nei
ciolo Aricò 2011b, 105 e nota a.) incorre in una
Diarii, sempre al plurale, in elenchi di doni
svista analoga a quella dell’ed. Fulin et al.
mente, lo stesso Sanudo nel De origine (Carac-
(1,72, 488, 641, 856 e passim). ■ Cf. Boerio s.v.
(dechiarata per de charata). Cf. GDLI; Cortelaz-
cera: «Cera acconcia o di compimento, chiama-
zo (2007).
si le Candele o simili di cera perfettamente
charazo m. ‘imposta cui i Turchi assoggettavano i sudditi non maomettani’ 192v 20. ■ Dal turco ottomano harač
imbianchita, bianchissima». Si tratta certamente di una metonimia, ma non si può escludere del tutto che il designatum sia un altro
(mod. haraç), a sua volta dall’ar. ḫarāǧ. Cardo-
genere di oggetti pregiati in cera. Cf. TLIO s.v.,
na (1970) rintraccia la prima attestazione
§1.1; GDLI s.v., §3; LEI 13 s.v. C Ē RA , §§1.a2.–a5.
nella Cronaca di Benedetto Dei, allora inedita
charata f. pl. ‘unità di misura delle leghe aurifere, espressione del grado di purezza dell’oro’ 198r 38. ▲ Spesso
(1492ca., «paghare ogn’anno lo censo e
c(h)arata f. sing. / c(h)arati m. pl. vale più
Papafava, 1985]). Rimane da spiegare la sono-
characcio»; il testo è stato nel frattempo pubblicato a cura di Roberto Barducci [Firenze,
spesso nei Diarii ‘quote, parti di tributo’, signi-
rizzazione dell’affricata nelle attestazioni di
ficato assente nei testi italiani anteriori al 1375
XVI (nei Diarii del 1523 secondo l’ed. Fulin
(TLIO), attestato dal GDLI solo a partire dal
et al.: 34,89), XVII (Gemelli Careri) e XVIII sec.
XVII sec. in Marino (ma cf. ‘ciascuna delle
(Casti). Cf. Cortelazzo 2007; DEI s.vv. caràgio e
ventiquattro parti nelle quali è divisa la pro-
carazo. Cf. GDLI s.v. caràgio. – terzo del chara-
prietà di un bene’ a Pisa già nel 1338, TLIO; cf.
zo m. ‘supplemento di imposta’ (?) 192v 20. ■
DEI) e non contemplato in Cortelazzo (2007).
Cf. GDLI s.v. terzo, §12: «percentuale del reddi-
Così a 2,27 (1498): «dato la soa charata»; 2,229
to fondiario che anticamente si versava come
(1498): «fo fato pagaseno di 16 carati 8 quelli di
tassa» (attestato dal XVI sec., Caro).
fora, 5 la cità et 3 il clero»; 17,109 (1513): «di primi di Colegio aveano carati nel dazio» e
citadela f. ‘solida costruzione fortificata adibita a difesa’ 198r 24. ■ Dal
passim. ■ Dall’ar. qīrāṯ < gr. κεράτιον («a sua
1306 in toscano (TLIO s.v., §2), originariamente
volta calco del lat. sĭlĭqua ‘baccello’ […] che
diminutivo di cittade. Cf. GDLI; assente in Cor-
come unità di misura monetaria rappresentava
telazzo (2007).
la ventiquattresima parte di un soldo», Nocen-
cognomina[r] v. tr. ‘identificare per mezzo di un cognome o di un’altra ulteriore specificazione onomastica’: part. p. cognominato 204v 36. ■ Celebre
tini 2010). Attestato già in latino medievale (caratus nel 1264 a Bologna; nel XIII sec. a Piacenza, DEI); dal 1266ca. in fiorentino (Bru-
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
409
26 attestazioni del lemma in Ramusio, 9 nella
collar m. ‘collana che costituisce il simbolo di un’alta dignità, carica od onorificenza’ 202r 27. ▲ Un analogo co-
Storia d’Italia di Guicciardini, 11 nelle Hore di
lar regio «ch’è certo segno de obedientia» è
ricreazione di Ludovico Guicciardini. Tra le
citato a 1,426. ■ ♦ Potrebbe costituire retroda-
forme verbali è particolarmente saldo il parti-
tazione dell’accezione di collare ‘catena
cipio passato, anche con uso aggettivale
d'oro, d'argento, di smalto, variamente in-
(GDLI).
trecciata, a cui si appende l'insegna di un
coladena f. ‘sorta di collana di gran pregio’ 202v 43. ▲ Oltre che nel passo del
generica accezione di ‘monile prezioso, colla-
voce boccaccesca, ben salda nei volgari cinquecenteschi: dalla banca dati BibIt risultano
ordine’, attestata dal 1619 nel DELI. La più
De origine riportato infra, il termine ricorre
na’ è un francesismo semantico di XIV secolo
altrove nei Diarii (2,163, 3,1381, 48,378, 52,639,
(TLIO; FEW 2/2, 893a-895b), già obsoleto nel
cit. in Cortelazzo 2007 s.v.), nelle Vite dei Dogi
1861 (TB).
(Caracciolo Aricò 2001, 490) e nella Spedizione normale alternanza grafica tra laterale sempli-
collega m. ‘chi affianca il titolare di una carica pubblica’ 196r 36, C 47v 2 / colega F 222r 26, 224r 7. ▲ Malgrado
ce e geminata. ■ Dopo il 1492, quando compare
la mancata lemmatizzazione in Cortelazzo
nel Reisebericht dal Sacro Romano Impero di
(2007), il latinismo del linguaggio politico è di
di Carlo VIII in Italia (Fulin 1883, 552), con la
Andrea de’ Franceschi (Schweickard 2013, 92),
uso regolare nei Diarii (circa 230 occorrenze
e prima del 1552, quando la si registra in pava-
per collega, circa 190 per colega). ■ Il TLIO
no (1552, Morello, Paccagnella 2012 s.v.), la
allega attestazioni di area centrale (Firenze,
voce sembra attestata in veneziano nel solo
Perugia, Roma). → collegato
Sanudo. Lo stesso cronista sembra cosciente della rarità della voce: «quando vien alcuna
collegat[o] m. ‘chi ha stretto lega con altri, alleato’: collegati 189r 25.
signora per veder Venetia ghe vanno incontra
▲ La forza della grafia latina impone la dop-
130 e più donne adornate, et vestite con zoie di
pia ‹ll› a scapito della fedeltà alla pronuncia
grandissimo valor, et precio; et tal coladena –
effettiva, con evidenza ancora maggiore che
che cusì si chiama – porta de valor da ducati
per la voce collega (cf. anche col(l)egato, -i
300 in suso fino a ducati mille» (Caracciolo
part. p., per circa 70 occorrenze con la doppia
Aricò 2011b, 21). Le Vite dei Dogi attestano
contro 13 con la scempia). ■ Dal 1348ca. (Gio-
anche la variante con dileguo colaina (Carac-
vanni Villani, TLIO s.v., §3). Cf. GDLI s.v., §3.
ciolo Aricò 1999, 350 e 493; nel secondo dei
Cf. la variante popolare ferrarese collicato ‘id.’
contesti sembra un collettivo: «quelli che hano
(Trenti 2008).
fermagij da dreza e da spala, colaina, anelli di
Collegio m. ‘assemblea di persone la cui attività si esplica in base alla volontà della maggioranza dei componenti; organo consultivo e deliberante; a Venezia, per antonomasia, il Senato’ 193v 6, 195v 20, B 363r 47, E 232r 1, 233v 1, F 224v 8 / Colegio C 40r 12, 43r
affitar»), per cui cf. ancor oggi a Forni Avoltri (Udine) [gɔˈlajna] (AIS 1571, 318). Almeno la variante colaina è probabilmente un prestito dal medio fr. collaine (FEW 2/2, 912a); il dittongo resiste in alcune varietà galloromanze fino al XVI secolo (Sampson 1999, 73s.).
410
7 Note lessicali
8, F 225r 8, 35, 235v 31.13 ▲ La proporzione
ziari e pubblicare gli editti’ (1585, Garzoni, BIZ e
paritaria tra le due grafie nei campioni induce a
cf. GDLI; assente in Cortelazzo 2007). Quest’ul-
revocare in dubbio quella di circa 2:1 con cui la
tima voce ricorre già nei Diarii («publichata la
forma con ‹l› semplice prevale su ‹collegio› nel-
ditta liga per uno comandador» 1,251) e ancora
l’ed. Fulin et al. ■ A giudicare dalle fonti, la
in Goldoni (Folena 1993, 130). Patriarchi chiosa
voce del linguaggio politico-amministrativo ve-
‘messo’. ♦ Lo sp. comendador (dal 1184, DCECH
neziano non è antica in volgare. Il relativo arti-
3,800b; cf. DRAE) è secondo Corominas a sua
colo riporta però molteplici specializzazioni
volta un adattamento di un fr. ant. comandeor
analoghe di significato in diversi organismi sta-
‘el que manda’ per il quale però non si fornisco-
tuali (cf. anche GDLI, §1): a Roma («Collegio
no riscontri. Il FEW allega solo fr. ant. comman-
dei/di cardinali»), a Firenze («Collegio dei
dateur ‘délégué’ e prov. comandador ‘chef, ce-
quattordici»), a Siena («Collegio dei nove»).
lui qui commande’ (FEW 2/2, 948b e 949b). La
colloniense agg. ‘di Colonia’ 197r
cronologia comparata dello spagnolo e dell’it.
18. ■ Latinismo del linguaggio ecclesiastico.
commendatore, che sembra attestato la prima
Cf. il precoce «ab Archiepiscopo Coloniensi»
volta in Ramusio, lascia sospettare appunto un
nella prima redazione del Comentum super poe-
ispanismo (una valutazione leggermente diver-
ma Comedie Dantis di Pietro Alighieri (XIV sec.,
sa si legge in D’Agostino 1994, 106, che per la
BibIt) e DI 1,556s. → concordiense → triverense
prima volta rileva il prestito: «voce in realtà
colombine f. pl. 188v 39 → §7.4.2.c. comandador m. ‘titolo nobiliare o militare’ 192r 2, C 48r 21. ▲ ■ In questa
schiettamente italiana, ma che ha conosciuto
forma ricorre nel primo volume a 22, 307, 397,
attestato già dal 1182, e dal 1191 nella forma
una rinnovata espansione per impulso iberico»). È certo questo il caso del cat. comanador,
618, 675, 834, 1016, 1114 e nei successivi alterna
latina comendatoris, ma con nuove specifica-
con comendador (ad es. a 56,640: «Mandai il
zioni d’uso nel XVI e XVII secolo (DELCat
mio secretario Leonzini al comendador Covos
5,408).
[…] Li disse esso comandador haver leto le
Date però la recenziorità della voce e le caratte-
compid[o] / compito agg. ‘portato a termine, concluso, interamente realizzato’: compide f. pl. 193r 35, compito m. E 233r 12, compita f. E 233v 18, F 232v 13. ▲ L’agg. non è nettamente distinguibile
ristiche contestuali nei Diarii, almeno in essi
dal part. p. di compir (B 131v 23, C 41r 25, E
potrebbe costituire più precisamente uno spa-
236v 3, F 236r 27, 54). ■ Compìto è attestato dal
gnolismo da comendador con reinterpretazione
1193 in italiano centrale (marchigiano: Carta
paretimologica su comandare, o più probabil-
picena, TLIO). Per la variante sonorizzata del
mente sull’omonimo commandadore ‘a Vene-
veneziano cf. Cortelazzo (2007) e, per i secoli
zia, messo incaricato di intimare gli atti giudi-
precedenti il XVI, lo Zibaldone da Canal che
lettere […]»). DELI e Nocentini (2010) risalgono senz’altro per commendatore al lat. COMMENDAT Ō RE (M )
(‘Empfehler, Gönner’, Georges 1,1007).
legge «aldando la santa Messa compida e principiata» (XIV sec., Stussi 1967, 119). 13 In altri 61 contesti, a partire dal secondo campione, il termine è abbreviato in Colo.
concordiense agg. ‘della sede vescovile di Concordia Sagittaria (VE)’
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
195v 47, 196v 3. ▲ L’etnico derivato dal
411
attestazioni italoromanze dell’originario ‘co-
nome della piccola diocesi è rappresentato so-
mando di milizie, milizia’ (dal 1325, Armannino,
lo sporadicamente nei tomi successivi al perio-
Fiorita, ed. Gorra, TLIO) sono posteriori (FEW 2/
do 1496–1499: a 10,9 di nuovo a proposito del
2, 1024a) a quelle francesi (conduite ‘action de
vescovo, a 39,250 per identificare due «canoni-
conduire, de commander (une armée), de diri-
ci concordiensi». Nei primi due volumi l’agget-
ger (une entreprise)’ e provenzali (conduta/con-
tivo etnico ricorre in relazione a un’importante
ducha ‘action de conduire’). Ciò nonostante non
legazione presso Massimiliano d’Asburgo affi-
pare necessario postulare un ruolo galloroman-
data a Leonello Chiericati, vescovo di Concor-
zo nel vocalismo tonico u, latinizzante e analo-
dia (cf. DBI, voce a cura di Anna Foa). Altrove,
gico sugli altri tempi verbali, in tutti i volgari
come d’uso, il toponimo indica per antonoma-
antichi. Le accezioni civili di ‘scorta’ e ‘affitto,
sia il titolare della diocesi (Concordia C 42v 18,
prezzo del trasporto’ trovano riscontro nel
45r 27). ■ Latinismo ecclesiastico. → collonien-
modenese cinquecentesco conduta ‘condotta,
se → triverense
trasporto (servizio)’ (1551–1553, Trenti 2008).
condur v. tr. ‘assoldare; avere un esercito, o parte di esso, in proprio potere’ F 237r 10: trap. pross. III havia conduto 205r 44s. / pass. rem. pass. III fo conduto 198r 1s. / fu conduto 203v 45 / inf. pass. esser conduti 198r 20s. / inf. p. haver conduto 205r 42. ■ Il lemma
condutier m. ‘comandante di soldati; capitano di una compagnia di ventura’ 198r 2, B 131v 44, 135v 44, C 40v 27 / condutieri pl. 193v 48. ▲ Le varianti della radice del lemma nei Diarii sono essenzialmente, secondo l’ed. Fulin et al., condutiere condottier-, con conduttier- e condotier- rele-
non è registrato in Cortelazzo (2007) e le defini-
gate in proporzioni insignificanti. ■ Dal 1337
zioni alle voci della relativa famiglia lessicale
(Regolamenti, ed. Canestrini, TLIO). Come per
non comprendono accezioni militari, con l’ec-
→ condu[r] e → conduta, il significato che allu-
cezione di condutier. Per il toscano il TLIO lo
de alle milizie mercenarie è panitaliano e già
attesta dalla fine del XIII sec. (Fatti di Cesare,
trecentesco, e si specializza ulteriormente nel
ed. Banchi, TLIO s.v. condurre, §2.4). L’unico
corso del Rinascimento. Cf. Cortelazzo (2007) e
accenno in GDLI è s.v. condurre §31: «(rifl.,
Paccagnella (2012) a proposito della parodica
ant.) mettersi al soldo».
variante pavana sconduttiero.
conduta f. ‘comando di eserciti, milizie o flotte; convenzione mediante la quale un capitano e la sua milizia venivano assoldati da un principe o un comune; l’ufficio di capitano di una truppa mercenaria’ 190r 48, C 51r 16, E 236v 36. ■ Uso e voce già diffusi, almeno in Toscana,
confalonie[r] m. ‘custode o vessillifero dello stemma ufficiale del Comune (gonfalone)’: confalonieri pl. 191r 42. ▲ ■ La voce toscana e romana gonfaloniere è
fin dal Trecento (TLIO, s.v. condotta, §3). Nel
lo di ritorno nel francese rinascimentale (DELI;
Rinascimento diventa termine tecnico del lessi-
FEW 16,102b-103a). Anche nei Diarii ricorre
co pertinente alle compagnie di ventura (cf.
solo a indicare gli ufficiali toscani insigniti del
GDLI s.v. condotta, «ant. condutta», §6). ♦ Le
titolo (1,467, 2,167, 3,95 e passim) o i pontifici
attestata dal 1268 (Andrea da Grosseto, ed. Selmi, TLIO), dal fr. gonfanonier / gonfalonier, attestato dall’XI secolo e rientrato quale caval-
412
7 Note lessicali
velare iniziale, non esclusivo dell’area veneta
consulto m. ‘dibattiti in materia politica o diplomatica’ E 236r 30 / consulti pl. 205r 1, 3. ▲ Il lemma ha un’altissima
(cf. BibIt: confaluner in Jacopone da Todi e
frequenza d’uso dei Diarii, almeno nei primi
confallonieri sing. nella Cronica dell’Anonimo
volumi. Particolarmente salda è la locuzione
romano) v. §6.3.3.5 e cf. il confalenero nel Can-
essere in consulto (nel solo primo volume, alle
gonfalonieri della Chiesa (1,369, 8,110, 11,143 e passim). Per l’apparente assordimento della
zoniere di Niccolò de Rossi (Brugnolo 1974,
colonne 111, 137, 167 e un’altra decina di volte).
272). La variante gonf- ricorre solo sporadica-
■ Nonostante ciò, la definizione è assente
mente, per fedeltà di Sanudo verso le fonti o
sia nel GDLI che in Cortelazzo (2007), dove si
infedeltà degli editori verso Sanudo: le uniche
registra la sola accezione medica. Il TLIO regi-
occorrenze sembrano gonfaloniere 54,164 /
stra alcuni interessanti esempi in accezione
gonfalonieri sing. 1,951 e pl. 49,176.
prossima a questa (‘deliberazione amministra-
confecio[n] pl. ‘lavorazione di cibi speciali, di dolciumi, di confetture; i prodotti così ottenuti’: confecione 197v 26s. ▲ Il nesso -ci- anziché -(t)ti- è estrema-
tiva’).
mente raro nell’ed. Fulin et al. La voce si in-
contà m. ‘distretto circostante una città, divisione amministrativa del territorio, contea’ 197r 27, 44 / contato 197r 6 / contado 197r 28. ▲ ■ L’esito tron-
contra di norma all’interno di elenchi di doni
COMIT Ā TU (M ) è attestato dal 1243ca. in co del lat. COMITĀ
assieme ad altri cibi e bevande o a → cere
bolognese (Guido Faba, ed. Castellani, TLIO) e
(4,167: «bote X di vino, 4 botte di moschatello
dal 1321ca. in veneziano (Legenda de Santo
[…] boi e vedelli, numero 8, confetion e siropi»;
Stady, ed. Monteverdi, OVI); quello con sono-
17,379: «cere, confecion e altre cosse comesti-
rizzazione desinenziale in Toscana dal 1235 (a
bele»; 21,333: «confetion, salvadegume et vi-
Siena, TLIO) e a Venezia dal 1301 (Cronica deli
ni»). ■ Dal 1309 (Giordano da Pisa, TLIO), ma
imperadori, ed. Ceruti, OVI). Né Cortelazzo
già dal secolo precedente secondo il DEI, forse
(2007) s.v. contàdo2 né Trenti (2008) registrano
in riferimento a fonti latine medievali (nelle
la forma minoritaria con restituzione della -t-
quali confectio è voce importante del lessico
intervocalica. V. §6.4.3.
della medicina, cf. GMIL 2,494). Cf. confezión colta e confeczione / confezione ‘confettura va-
conversare v. intr. ‘frequentare, condurre pratiche commerciali’ 198v 44. ▲ Ripresa inerziale dalla fonte (v. §5.2 e n.
ria, dolciumi diversi’ in Trenti (2008).
336). Il termine è eccezionale nel seguito dei
conservation f. ‘salvaguardia, difesa, protezione’ 195r 2s. / conservatione CONSERVATI Ō NE E 233r 36. ■ Voce dotta (lat. CONSERVATIŌ
terno di una grida diretta ai sudditi della regina
(M ), Georges 1,1175) attestata in questa accezio-
inserita nel manoscritto,14 e a 10,158, a 37,90 (in
in Cortelazzo (2007) con la definizione qui ac-
Diarii: ritorna solo a 16,272 («conversar»), all’indi Spagna, probabilmente in forma di stampa
ne latamente politico-militare in testi toscani a partire dagli inizi del XIV secolo (TLIO). Cf. ancora in Goldoni «bisogna pensar alla conservazion della casa e della fameggia» (in Folena 1993 s.v. conservazion).
14 È questo ciò che implica, almeno nei casi di cui si è potuto prendere visione, l’indicazione Exemplum dell’ed. Fulin et al.
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
413
una copia di capitolo di lettere), a 40,891 (in un
lare’ 198r 40. ■ Cf. s.v. correre TLIO §§9 e 13
sumario de capitoli) ed a 53,66 e 273. ■ In fioren-
(attestazioni a partire rispettivamente dal 1252/
tino dal 1260ca. (Brunetto Latini, ed. Segre,
58 e 1288), GDLI §§3 e 44, Cortelazzo (2007) s.v.
TLIO); cf. GDLI s.v. §3 e Cortelazzo (2007).
córer §§3 e 2.
conzar v. tr. ‘mettere in assetto, riparare, allestire’15 191r 33, 34, C 44r 3, F 236v 21: pres. impers.-pass. III si conza F 236r 27 / pass. rem. pass. III fo/fu conzo 194v 49, C 44r 1s., E 235r 13 / fo conzata E 235r 11 / fut. III conzerà F 236v 19. ■ Il verbo, attestato già dalla fine
corado[r] m. ‘ausiliario non stipendiato dell’esercito ottomano, remunerato con la licenza di saccheggiare’: coradori 192v 36. ■ La voce non è lemma-
del XII secolo in toscano (Declaratoria pistoie-
tizzata in Cortelazzo (2007), anche se ricorre spesso nella documentazione di altre voci (s. vv. achìgi, arcumbè, bàrbaro e passim). Semanticamente attiene all’accezione ‘compiere scor-
se, ed. Castellani, TLIO), sembra molto più
rerie, saccheggiare’ del verbo → cor[er] (cf. s.v.
giovane nel territorio veneziano, dove si pre-
corridore TLIO §2 e GDLI §8). Altrove nella
senta nella forma locale conzar (Ragusa, 1359,
documentazione di Cortelazzo (2007) il signifi-
OVI). Il ritardo nella documentazione è ancora
cato è però essenzialmente ‘corridore’, in fun-
più pronunciato per l’accezione qui considera-
zione aggettivale o nominale, specialmente in
ta: mentre il TLIO lo riscontra già nel 1275 a
riferimento a cavalli.16 Il deverbale era già sta-
Prato, non ne risultano attestazioni trecente-
to segnalato, senza glossa né documentazione,
sche per il veneziano, a giudicare dall’OVI. La
in Mussafia (1873, 23). L’estensione del suffisso
prima occorrenza utile sembra conzar ‘rimette-
agentivo deverbale dei paradigmi di prima
re in sesto, restaurare’ in un documento del
classe parrebbe un tratto caratteristico della
luglio 1401 (Tomasin 2001, 80), ben posteriore
formazione nominale veneziana (cf. indenda-
alle numerose testimonianze del veronese sca-
dor ‘intenditore’ e sorzador ‘sorgitore, ancorag-
ligero (Bertoletti 2002, 468). Significante e si-
gio’ in Cortelazzo 2007).
gnificato conoscono in seguito a Venezia una grande fortuna (Boerio; Cortelazzo 2007). Sulla
Curzense agg. ‘della diocesi di Gurk, in Austria’ 194r 20s., C 40v 15, 43r 28. ▲
documentazione per le aree circostanti Vene-
■ La grafia testimonia una trafila semidotta del
zia a questa altezza cronologica cf. Mengaldo
lat. mediev. gurcensis (nei Diarii a 2,847, 12,131,
(1962, 498), Trenti (2008) e Paccagnella (2012).
14,97 e passim, ma anche curcensis 1,1049,
cor[er] v. intr. ‘compiere scorrerie e saccheggi’: pass. rem. III corse F 223r 25 / VI corseno 195r 49, B 362r 28 / trap. pross. VI haviano corso 202r 35. – corer v. intr. ‘(di monete) avere corso, circo-
32,328), la cui la ‹c› predesinenziale, che doveva
15 All’esito di una contrattazione si fa invece riferimento in «io ho conzato la mia taglia in ducati 350, tamen fo conzo e leto 550 venitiani» (F 234r 28s.).
16 I due coradori che si incontrano in due testi ragusei del 1312 e del 1380 sono altrettanti ‘corrieri’ (Dotto 2008, 455; cf. GDLI s.v. corridore §9).
ricoprire originariamente una velare sorda, fu palatalizzata e alveolarizzata nella pronuncia. Alla prevalente resa curzense (più di 650 occorrenze) si affiancano nell’ed. Fulin et al. dei Dia-
414
7 Note lessicali
rii le varianti sporadiche gurcense (2,847,
§7) vive ancora oggi, specialmente nel sint.
12,176, 20,489) / gurzense (11,791, 36,557) / cur-
botta e risposta (GRADIT).
cense (1,486, 3,977, 4,817). QUAE STI QUAES TIŌ Ō NE ( M )
Loc. verb.: dar soldo ‘assoldare o tenere al proprio servizio genti d’arme’ 194r 52. ▲ I Diarii preferiscono il sintagma al
(Georges 2,3991s.), specializzatosi nei volgari
verbo parasintetico as(s)oldare: quest’ultimo
settentrionali nel significato di ‘lite, contesa’
ricorre in tutte le voci del verbo complessiva-
(Patriarchi s.v. custion; Stussi 1965, 246; Ca-
mente ca. 60 volte con la sibilante semplice e
racciolo Aricò 2011b, 366; Cortelazzo 2007;
ca. 40 con la doppia. ■ Il verbo è attestato già
Trenti 2008; Paccagnella 2012 s.v. costione).
in fonti latino medievali (1281–1288, DELI) ma
custione f. ‘disputa’ 193v 14s. ■ Esito popolare sincopato del lat.
Cf. il salentino custione (Rohlfs 1966–1969,
sembra godere di fortuna relativamente scarsa
§163).
nel XIV secolo. L’OVI ne registra una sola oc-
daniza[r] v. tr. ‘guastare, rovinare’: impf. VI danizavano 195r 49. ▲ La locu-
correnza, all’interno della Cronica di Pisa di
zione sinonima dar dan(n)o ricorre poco sopra
per il secolo successivo (asoldò nel 1483, nella
nel testo del campione A, con alcune zente […]
Gynevera de le clare donne di Giovanni Sabadi-
più volte fo dato assa’ danno a ditte zente ponti-
no degli Arienti, edd. Ricci/Della Lega). Cf.
ficie (41–43). Il suffisso toscano -eggiare ricorre
GDLI s.v. soldo §14. ♦ Il verbo it. assoldare, di
a 28,85 e nelle sporadiche forme ibride dane-
rinnovata fortuna nel XVI secolo, è probabil-
giare (11,431, 37,433, 40,458 e passim) e danne-
mente alla base del fr. assoulder (1554, FEW
giare (37,433). ■ Il toscano ha danneggiare già
12,56a), del cat. asoldejar (DELCat 8,124a) e
dal 1219 (Breve di Montieri, ed. Castellani,
dello sp. asoldar (1536, Diego de Salazar, COR-
TLIO: «danegiare»); nel XIV sec. si segnala il
DE: «asoldaron»; precedentemente asoldadar,
veneto danneçada (Arte d’amare di Ovidio, ed.
1440–1460, Antón de Zorita, ibid.).
Lippi Bigazzi, TLIO).
d’aviso loc. avv. ‘all’ingrosso, circa’ F 226r 9. ▲ Nell’ed. Fulin et al. a 28,514
Ranieri Sardo (1354–1399), la BibIt solo una
Loc. verb.: da[r] la bataglia ‘(esercito) assaltare’: trap. pross. VI haveano dato la bataglia 198r 10. ■ Cf. GDLI s.v.
(«Ruode gran numero d’aviso, zercha 300») e
battaglia §10 e TB 2,29 sugli usi traslati dell’e-
dell’italiano né del veneziano. Oltre che in Sa-
spressione.
nudo, lo si rintraccia nel Discorso della fame-
Loc. verb.: [darsi] bon tempo ‘intrattenersi, spassarsela’: impf. III si deva bon tempo 195r 11. ■ Dal 1325ca. in
glia Dardena (1556, Grubb 2009, 123: «Poste
fiorentino (Pistole di Seneca, ed. Bottari, OVI:
Barbaro, ed. Milanesi, BIZ: «Principierò dal
«meglio è darsi buon tempo»). Cf. GDLI s.v.
numero del popolo, e dirò d’aviso, imperoché
tempo §29.
numerarli non era possibile»). Cf. anche per
Loc. verb.: dar bote ‘sconfiggere in una disputa’ F 235r 51. ■ Il significato
aviso ‘id.’ in testi pratici fiorentini di XIV sec.
traslato di botta ‘motto, espressione pungente,
decim[a] f. ‘tassazione dovuta al proprietario di un fondo; tributo dovu-
1
pronta, anche offensiva’ (cf. GDLI s.v. botta
53,101. ■ Uso non codificato nella lessicografia
secondo el modello numero 100, d’aviso, miera 4») e in Ramusio (1559, Viaggio di Iosafa
(TLIO s.v. avviso1, §1.1.2.1).
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
415
to a enti ecclesiastici; tassa’: decime pl. 192v 28, B 131r 22. ▲ Non è facile definire
‘scapitare, perdere’ nel 1547 e nel 1566ca.,
quale dei tre significati fondamentali qui indi-
Lorenzo Lotto e nelle Lettere di Andrea Calmo.
cati del lemma sia il più prossimo a questa
Descavedar è ancora registrato in Boerio (e
occorrenza, in cui si riferisce ai sudditi dell’Im-
come descavedare in Patriarchi), a fianco del-
rispettivamente nel Libro di spese diverse di
pero ottomano. ■ Dal 1065 nella Formula di
la variante delocalizzata descapitar, l’unica
confessione umbra («decema», TLIO) e nel lati-
usata da Goldoni (Folena 1993, 173). Cf. Toma-
no medievale padovano dal 1131 (DELI; cf.
sin (2004, 253) per un padovano discapitar
GMIL 3,23–27). Cf. LEI s.v. decimus / decumus,
‘cadere in disgrazia’ e LEI 11,63–67 per scapi-
soprattutto §I.2.b.b.
CAP IT ARE , attestato nelle parlate centrotare < *CAPITARE
declaratione f. ‘disposizione negoziale, clausola contrattuale’ (?) 189v 42s. ▲ La collocazione del latinismo in regi-
meridionali dalle origini fino a oggi anche
me di coordinazione a un altro termine astratto
11,1499).
immediatamente precedente è ricorrente in dodella sanzione ufficiale di una decisione presa:
desviar v. tr. ‘deviare, sviare; (milit.) disperdere od ostacolare con manovre diversive’ 198r 18. ▲ La totalità
«la costituzion et dechiaration» (31,46), «obli-
delle poche occorrenze del sinonimico sviare
cumenti ufficiali, nei quali richiama la fase
in accezioni prossime a questa. ♦ Fr. ant. deschater, prov. descaptar (Tobler-Lommatsch
gatione et dechiaratione» (51,184), «addition et
nell’ed. Fulin et al. sembra ricorrere dopo con-
dechiaration» (53,129) e nei passaggi latini
giunzione di / de: così per l’infinito sviar / svia-
«quibus conditionibus et declarationibus fac-
re a 1,449, 11,60, 33,378, 45,228. Si può sospet-
tis» (14,270), «significationem et declaratio-
tare quindi una serie di banalizzazioni di
nem» (28,16), «decisionem et declarationem»
altrettanti disviar(e) / desviar(e) con omissione
(34,183). ■ Cf. LEI 19,574s.
del di introduttore di proposizioni infinitive (v.
deposito m. ‘bene depositato in consegna ad altri’ 192v 24, F 224v 7.
§6.6.3). Quella militare sembra l’unica accezio-
■ ♦ Dal 1262 in senese (Lettera di Andrea de’
41,548, 48, 280 e passim). ■ La lessicografia
Tolomei, ed. Castellani, TLIO). Latinismo con
ottocentesca e quella moderna non separano
riscontro nel prov. e fr. ant. depost (> mod.
generalmente l’accezione militare dal generico
ne in uso nei Diarii (1,33, 5,638, 11,504, 12,425,
dépôt) e nello sp. depósito. Cf. DEI; DELI; No-
‘sviare’ (Patriarchi; TLIO; GDLI; Cortelazzo
centini (2010); FEW 3,45a; DCECH 4,608.
2007). La voce, derivato parasintetico di via, è
descaved[ar] v. intr. ‘perdere denaro, avere un danno, riportare perdite’: pass. pross. III à descavedado 192v 24.
attestata dalla fine del XII sec. (nei sostanzial-
▲ Non sembra che descavedar / discavedar
ma volta in Bonvesin de la Riva sul finire del
dezembrio m. ‘dicembre’ 191v 5, 196r 4, 202v 47 e passim, C 39r 3 / decembrio 191r 1, 194r 42, 195r 27 e passim, E 235v 23. ▲ ■ Le varianti venezia-
XII sec. e nel 1348 in un Testamento veneziano
ne in -embrio del nono, undicesimo e dodicesi-
(TLIO). Cortelazzo (2007) attesta descavedàr
mo mese dell’anno potrebbero interpretarsi
né descapitar / discapitar ricorrano altrove nei Diarii. ■ Da un *DISCAPITARE . Attestato la pri-
mente veneziani Proverbia que dicuntur super natura feminarum, ed. Contini, TLIO).
416
7 Note lessicali
come grecismi filtrati dal latino parlato (δε-
blea’ (GMIL 3,110; DEI; Nocentini 2010 s.v. diè-
κέμβριος >
secondo una trafila
ta2; Kluge). Corominas propone però di inverti-
delineata da Kramer e rielaborata da Aprile (LEI
re la trafila del calco (dal latino all’alto
19,527 e n. 1) a corredo di quella analogica a
tedesco); la voce latina non sarebbe inoltre
IANU Ā RIUS , F FEBRU EBRUĀ Ā RIUS . partire dai nomi di mese IANUĀ
derivato da diēs, bensì grecismo da δίαιτα >
DE CEMBRIUS ),
La serie sembra uscita dall’uso vivo dall’uso
lat. diaeta = cenaculum ‘Salon, Pavillon’
dopo il XVI secolo, a giudicare dalla sua man-
(DCECH 2,493a; cf. Georges 1,1643).
cata registrazione in BibIt, Biz, Boerio e Folena Ciò nonostante, anche ipotizzando possibili ba-
difenz[ar] v. tr. ‘difendere, proteggere (da offese, pericoli, nemici’: pass. rem. III difenzoe 198v 46. ▲ Come per
nalizzazioni editoriali, le varianti ricorrono nei
difenziom 8,84, la spiegazione più semplice
Diarii in una proporzione maggioritaria di 3:1
della grafia è forse un’inversione della lettera
rispetto alle forme uscenti in -embre. Il rapporto
‹z› dovuta a una svista facilitata dal gran nu-
di frequenza tra dezembrio e il latinizzante de-
mero dei nessi grafici ‹nz›. ■ Il latinismo inte-
cembrio si può stimare in 7:4. Nei più antichi
grale (prima att. in Buccio di Ranallo, TLIO;
1993 (TB segnala decembrio come obsoleto).17
documenti italoromanzi setembrio, novembrio
FENSĀ Ā RE , Georges 1,1959) ebbe una notelat. D Ē FENS
e decembrio sono attestati esclusivamente in
vole circolazione nel XVI secolo, per scompari-
Veneto, specialmente in veneziano (Stussi
re dall’uso nel successivo. Ha paralleli nel
1965, 253; Capitolare dei camerlenghi di Comun,
prov., cat., sp. e port. defensar e nel fr. defen-
ed. Tomasin, OVI; Sattin 1986, 99) e in veronese
ser. Cf. LEI 19,703–705.
(Bertoletti 2002, 471, 490, 505, anche nell’esito
disarmar v. tr. ‘privare un’imbarcazione dei mezzi per navigare e, in caso di navi da guerra, per combattere; smantellarla’: 194r 34, C 47v 23 / pass. rem. pass. III fo disarmato 194r 37 / part. p. disarmadi C 48r 13, F 236r 33. ■
-embro), ma anche in questa regione sembrano usciti dall’uso prima del secolo scorso (AIS 327). Cf. LEI s.v. DE CEMBER / DECEMBRIUS , §§I.1.b e II.1 → novembrio
dieta f. ‘durante il Medioevo, nel Sacro Romano Impero e nell’Europa orientale, assemblea delle massime autorità’ 191v 11, 42, 50, 195v 41, 197v 33, D 370v 11, F 223r 7, 10, 236r 43 / dyeta 195v 46, 202v 18. ■ Dal 1498ca.
L’accezione del linguaggio marinaresco data dal 1348ca. (Giovanni Villani, Cronica, ed. Porta, TLIO). Cf. DEI; GDLI §6; TLIO §1.3. ♦ Prov. desarmar e fr. désarmer (TLG 2,723; FEW 25, 250a), sp. desarmar (Fernando a Juan Dusay,
(Vespasiano da Bisticci, GDLI); ritorna tra l’al-
CORDE: «que de continente desarme sus gale-
tro nello storico veneziano di XVI secolo Paolo
ras»).
Paruta (Giani 2009, 235 e 578). Probabile calco
disconforta[r] v. tr. ‘sgomentare, disanimare’: impf. III disconfortava 196 10s. ▲ A meno di errori nello spoglio, il
dotto, al pari di lat. mediev. dieta, fr. diète, sp. e port. dieta, del ted. Tag ‘giorno dell’assem-
sinonimo a prefisso s- non ricorre mai nei Diarii. ■ Attestato in toscano dal 1260–1261 (Bru17 Almeno decembrio e setembrio resistono fino al 1590 in vicentino (Bortolan s.vv.).
netto Latini, TLIO), in area settentrionale dal XIII sec. (Sermoni subalpini, ibid.) e in veneto
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
417
descunforter / discunforter > ingl. to discomfort
doan[a] f. ‘ufficio pubblico per i tributi di entrata e uscita sula merci; dazio doganale’ B 131r 38 / doane pl. 192v 22.
(Tobler-Lommatsch; OED), sp. ant. desconfor-
■ La prima attestazione della voce veneziana,
tar (1325ca., Historia del caballero Plácidas,
che presenta dileguo della velare sonora inter-
CORDE: «so desconfortado»), port. desconfor-
vocalica, è anche la prima nell’intera documen-
tar (dal XIII sec., Houaiss).
tazione italoromanza (1207–1208, Patto del Sol-
Loc. avv.: al discoverto ‘all’aperto, senza riparo’ 193r 49. ▲ La variante a
dano di Aleppo, TLIO).
dal XIV (Tristano veneto, ibid.). ♦ Fr. ant. descomforter / disconforter e anglo-normanno
attestata nei Diarii. ■ Dal primo quarto del XIV
dominio m. ‘potere, posizione legittima di supremazia’ 190r 18, 192v 16, 194v 27, D 371r 26. – dominio m. ‘territorio su cui si esercita un potere politico’ 197r 5.18 ▲ ■ Il latinismo, nelle due
secolo, nella fiorentina Storia del San Gradale
accezioni già dugentesche di area italoroman-
(«a discoverto», TLIO). Cf. GDLI s.v. discopèrto
za (DELI), vanta centinaia di occorrenze nei
§5; Cortelazzi (2007) s.v. al descoverto; Trenti
Diarii e un ruolo primario nel linguaggio politi-
(2008) s.v. descoverto, al (moden.) e Pacca-
co veneziano (vedi contesti d’uso come quelli a
gnella (2012) s.v. descoverto / descoerto.
1,12: «lo illustrissimo dominio de Veniexia»,
Loc. avv.: dapoi disnar ‘nel pomeriggio’ 196v 1, B 361v 14, 24s., 362v 8, 35, C 40v 1, 41r 27, 43r 10, 41 e passim, D 371r 1, E 235r 6, 236r 7, F 222v 13, 224r 9, 22, 32, 37, 49, 224v 18, 28 e passim / poi disnar F 224r 35. ■ Nel vene-
12,171: «tra l’imperator et illustrissimo dominio
vocalismo protonico e, pur posta a lemma da Cortelazzo (2007) sulla base di una raccolta di Rime piasevoli stampata nel 1573, non pare
veneto»; 14, 525: «l’imperator ha auto il dominio di quel locho») ma non si trova registrato in Cortelazzo (2007). Nell’opera dello storiografo ufficiale di Venezia Paolo Paruta (1540– 1598) la voce si differenzia da stato in quanto
ziano trecentesco si incontra driedo disnar (To-
«il dominio è il potere territoriale di un poten-
masin 2007b, 9; Navigatio Sancti Brendani, ed.
tato sopra un certo stato ‘territorio’ e di conse-
Grignani, OVI) / dredo disnar (Statuti venezia-
guenza sui suoi abitanti» (Giani 2009, 440); la
ni, ed. Belloni/Pozza, OVI); almeno dal 1475 ha
definizione di Boerio suona genericamente
luogo un cambio di preposizione (Lazzarini 1960, 104: da può disnar); l’espressione risultante resta in uso almeno fino a tutto il XVI secolo. Cf. il pavano daspò disnare (D’Onghia 2006, 250; Paccagnella 2012) e il moden. doppo disnare (Trenti 2008, 210). È anche nelle Lettere del Calmo, nella forma daspuò disnar (1548, Cortelazzo 2007 s.v. disnàr1), e rimane in uso nel veneto moderno con modernizzazione del primo elemento (dopo disnà, dopo disnar) in concorrenza con il tipo ˹dopo mezzodì˺ (DEVI; AIS 339).
18 Il termine compare riferito per antonomasia allo stato veneziano in due copie di documenti, nelle quali è sempre accompagnato dall’attributo onorifico illustrissimo. La forma del sintagma è invariabilmente «questo illustrissimo Dominio» (in ScrittImp, «presentato» nel Senato veneziano dagli emissari imperiali e milanesi: E 232r 8, 14, 41, 233r 43, 233v 8) o «quello illustrissimo Dominio» (in LetDuca, ovviamente non recapitata personalmente: F 237r 40, 55; anche, anaforicamente, «esso illustrissimo Dominio» alla riga 57).
418
7 Note lessicali
«Dominazione, cioè Autorità assoluta, coman-
usi fossilizzati come l’imperativo in non dubi-
do, disposizione».
tare! (GRADIT).
drizat[o] part. p. / agg. ‘indirizzato, spedito per posta’: drizata f. 198r 16, C 53r 3, 56r 2 / drizate f. pl. C 42r 2, 49r 3, 54r 2, F 222v 26. ■ Significato attestato dal 1373–1378 in fiorentino (Marsili, Lettere,
ducato m. ‘moneta d’oro o d’argento coniata a Venezia a partire dal 1284’ B 363r 38 / ducati pl. 192v 19, 25, D 373v 12, 374r 14, 24, F 234r 10 / duchati 198r 37, 42.20 ■ Attestato in volgare dal 1299
TLIO s.v. §2.3) e oggi obsoleto: le ultime atte-
(Stussi 1965, 212). Cf. Boerio; Mutinelli (1851);
stazioni dell’accezione del verbo e del partici-
Folena (1993); Cortelazzo (2007); TLIO. → fiori-
pio aggettivato registrate nel GDLI risalgono
no
rispettivamente al 1798 e a prima del 1748 (s. vv. drizzare §9 e drizzato §3). L’accezione non è
edito m. ‘decreto promulgato dall’eutorità costituita’ 198r 19, B 132r 3.
citata dal GRADIT ed è marcata come rara e
▲ La quantità delle attestazioni appare piutto-
letteraria in Zing.
sto esigua per un designatum tanto fondamen-
dubitar v. intr. ‘sospettare di, nutrire esitazioni o timori a proposito di qs.’ E 232r 32 / dubitare C 53r 26,19 E 232v 13: pres. III dubita 193r 47, B 361v 44, C 42v 30, 45r 13, 56r 21 / VI dubitano F 226v 11, 236r 22 / pass. pross. III ha dubitato B 361r 35, 37 / impf. III dubitava 194v 20, 204v 17, B 361r 41 / impers. si dubitava 194v 25, 30 / dubitando ger. 193r 32, C 44v 11, 47v 38, E 234v 20. ▲ La voce ha un’altis-
tale nei Diarii: poche decine per editto, circa 150 per edito. ■ Latinismo attestato nei volgari italiani fin dalla Commedia (ante 1321, TLIO). Cf. LEI E 1,180–182 per un inquadramento generale e ulteriori dati, in particolare sui pochi continuatori popolari antichi (fra i quali il venez. asdito ‘frase, sentenza’ nei Proverbia di metà XIII sec.) e su quelli dotti registrabili in tutte le lingue romanze.
la sola forma di terza pers. sing.) o meno
Loc. verb.: esser a le mano ‘affrontarsi in combattimento’ C 45v 34: pass. pross. VI sono stati a le man B 131r 39, è stati a le man B 362r 4 / trap. pross. VI erano state a le man 203v 18s. / pass. rem. VI fonno a le man B 131v 42, 134r 44 / fut. VI serano a le mano C 45v 12. ■ Variazioni obsolete dei sintagmi
spesso da in (C 42v 30: «dubita in la conclu-
venire / giungere alle mani (cf. a 194r 3s. vene-
xion»). ■ Dal 1243ca. (Parlamenti in volgare di
no a le mane). Il primo risulta attestato dal XIII
Guido Faba, ed. Castellani, TLIO). L’uso è
sec. (Brunetto Latini, Tesoretto, ed. Contini,
sima frequenza d’uso nei Diarii in questa accezione; regge una completiva o un complemento introdotto da di (di insidie, di queste terre, di peste, di esser molestati, di la vita, e così via, per un totale di più di 230 istanze per
ignoto all’italiano contemporaneo se non per
19 In funzione di imperativo e all’interno di un’apparente endiadi («Non dubitare, fiola, né haver paura»).
20 La voce compare altre 94 volte abbreviata in ‹duc› seguito da un segno a nastro con la testa rivolta in alto a destra (191r 34, 40, 192v 20, 21, 22, 193r 14, 15, 42 e passim; inoltre al singolare in B 362v 45).
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
419
OVI: «egli è maggior prodezza / rinfrenar la
strato la prima volta in Dante (1304–1307, Con-
mattezza / con motti dolci e piani / che venire
vivio, TLIO: «escusazione») e già in disuso al
a le mani»; Bono Giamboni, Libro de’ Vizî e
tempo del Tommaseo. Cf. TB, GDLI e GRADIT
delle Virtudi, ed. Segre, ibid.: «anzi che co·llei
s.v. escusazione.
vegni alle mani») ed è di uso comune ancora
fu / furono alle man non occorrono nelle ban-
expedir v. tr. ‘sbrigare, compiere, terminare (un’opera); risolvere (una faccenda, un problema)’ 203r 21, F 222v 23, 224v 31, 226r 28, 35 / part. p. expedito 190v 1. – ‘congedare (persone, navi)’ F 236r 58, 238r 3 / inf. pass. esser expediti 193v 22 / pass. rem. pass. III fo expedì B 131r 21, fu expedito B 135r 21 / fut. pass. III sarà expedita F 236r 28, sarà expedito F 236v 4 / cong. pres. pass. VI siano expedite F 226v 13 / part. p. expedito 204v 46, expediti 193v 22, 203v 29. ▲ Estremamente rara nei Diarii è la
che dati BIZ e BibIt che negli scritti di Ariosto,
variante espedire a lemma in Cortelazzo
oggi (GRADIT) nell’accezione «civile» di ‘lottare, azzuffarsi’ anziché in quella antica (e sanudiana) di ‘combattere’. Essere / stare alle mani sembra, al paragone, una coniazione relativamente effimera (1324–1328, Jacopo della Lana, ed. Biagi et al., OVI – 1721, Gemelli Careri, GDLI 9,717; ante 1337, Fatti di Enea pisani, OVI: «io voglio essere alle mani con lui»; 1353, Battaglia di Franco Sacchetti, ib: «par che si strugga d’essere a le mani») e di uso realmente corrente solo nel Rinascimento: le sequenze
Machiavelli, Ramusio, Guiniforte Barizza (†
(2007): le occorrenze della radice expedi- sono
1463) e Filarete († 1469), oltre che nel già citato
circa venti volte più numerose. La fedeltà di
commento di Jacopo della Lana alla Comme-
Sanudo alla grafia latina non sembra condivi-
dia.
sa dagli altri scrittori veneziani coevi (espedire
Loc. verb.: esser in libertà (di) ‘avere la possibilità, la facoltà’ 191r 37, B 361r 1.21 ■ L’unica attestazione registrata da
è anche in Calmo, cf. Belloni 2003, 231 e D’On-
GDLI 9,26 è in Goldoni; la locuzione risale in
Machiavelli) per la prima definizione e 15 per
realtà al XVI secolo, come conferma la banca
la seconda (solo dal 1558, Caro). Per il ferr. cf.
dati BibIt, che la attesta in Ramusio (1550,
le testimonianze boiardesche in Mengaldo
Barbosa: «gli riscattano e comprano per por-
(1962, 501) → expedito
gli in libertà di volare») e in Vincenzo Cartari
expedit[o] agg. ‘spedito, veloce’: expedita f. 198v 17. ■ Cf. il venez. mod.
(1556: «erano in libertà di maritarsi»).
excusatione f. ‘giustificazione, richiesta di indulgenza’ 191r 45, E 232v 39, F 237r 44 / excusation D 373v 1 / excusationi pl. E 232v 1. ■ Latinismo regi-
21 V. a C 45r 12 in sua libertà ‘a sua disposizione’ e in D liberi de 374v 29 / libere de 375v 22 ‘a disposizione di’.
ghia 2006, 250). ■ Travestimento latino di spedire: GDLI s.v. spedire §§9 (solo dal 1513–1521,
spedìo ‘id.’ (dal 1604, Cortelazzo 2007; Boerio; DEVI). → expedir.
falconi pl. 188v 39 → §7.4.2. fameio m. ‘servitore, garzone; (milit.) uomo, generalmente armato, al servizio di un signore o facente parte del suo seguito’ 195r 22, B 135v 12, C 51v 6, 54r 17 / famegij pl. B 135v 12. ■ In toscano (senese) dal 1305 e dal 1315 in venezia-
420
7 Note lessicali
no; l’accezione militaresca data dal 1310–1312
fantasia questo», 3,176: «per esser homo che
in toscano (fior.) e non sembra attestata in
exequisse la fantasia che gli vien» e passim). Il
veneto prima del trecentesco Tristano veneto
significato qui considerato era ed è prossimo a
(TLIO; OVI). Per altre testimonianze di area
quello di ‘moto dell’animo, capriccio’ (TLIO
settentrionale cf. Patriarchi s.v. famegio; Fole-
§1.3; GDLI §18; GRADIT §4). Cf. anche il gol-
na/Pellegrini (1968) s.v. famégia; Bertoletti
doniano cazzarse in la fantasia (Folena 1993
(2002, 476); Tomasin (2004, 259); Trenti (2008)
s.v.).
s.vv. fameio, fameglio, famio e i due documenti
variante infanterie si legge solo a 14,587, nel
fanti ad pede m. pl. ‘uomini d’arme, specialmente a piedi; soldati del corpo di guardia di un pubblico ufficio o di un signore’ 188v 7. – fante m. ‘id.’ C 40v 25, F 222v 44 / fanti pl. 191r 11, 193v 50, 194v 22 e passim, B 363v 2, C 40v 37, 42v 24, 44r 13 e passim, D 374v 22, 375r 29, 31, 33, E 232r 16, 232v 26, 233r 4, 6, 9, 13 e passim, F 222r 1, 2, 4, 54. ▲ ■ La specializzazione militare di fante
sommario di una lettera inviata da Ulma dal-
data dal 1253 (sen., Lettera di Arrigo Accattapa-
l’oratore veneziano in Inghilterra. ■ Dal
ne, ed. Castellani, TLIO). Il sintagma, che rive-
1362ca. in toscano (sen.) e assente dalla docu-
la una lessicalizzazione ancora incompleta di
mentazione di area settentrionale almeno fino
fante ‘soldato a piedi’, emerge anche altrove
al 1375 (TLIO). ♦ I neologismi rinascimentali
nei Diarii, nella forma fanti a pè (2,984 e
prefissati in en-/in- si sovrappongono, almeno
46,483). Il processo sembra poi, a giudicare
mantovani del 1374 censiti nell’OVI (edd. Bongrani/Morgana).
fantari[a] f. ‘truppe che procedono e combattono a piedi’: fantarie pl. 198r 19, B 362r 10, 12, C 49r 23, 49v 27, 54r 3, E 234v 36, 235v 26, 236v 31, 238r 31, F 233r 30. ▲ Sembra del tutto assente nei Diarii la variante con suffisso toscano -erìa. La
in francese e in portoghese, ai precedenti pre-
dal corpus BibIt, compiersi a cavallo tra XVI e
stiti dall’it. fanteria: fr. infanterie / enfanterie
XVII sec. Le stringhe , ingl. infantry (1579), sp. infantería
piedi> producono complessivamente 188 ri-
(1510, in una Confirmación de los asientos otor-
sultati per il Cinquecento e nessuno per il
gados a los moros de Argel por el capitán gene-
Seicento, se si eccettuano gli Annali pisani
ral don Pedro Navarro), cat. (1472) infanteria e
quattrocenteschi di Paolo Tronci, «arricchiti e
port. (1510) infantaria. Cf. FEW 4,661b; TLFi;
seguitati» fino al 1839. Si segnalano ancora i
OED; DELCat 4,850; DCECH 3,449; CORDE;
fantappiedi22 citati nella Vita di Giulio Agri-
Houaiss.
fantasia f. ‘volontà, proposito, progetto’ 205r 51. ▲ ■ L’accezione è testimoniata dalle fonti solo a partire dal XV sec. (Macinghi Strozzi, GDLI §17) e sembra mantenere in questo contesto una connotazione ironica, che ritorna in diversi luoghi dei Diarii (1,673: «acciò tal fantasia li ussisse dil capo», 2,462: «esso podestà lo esortoe a levarsi di
22 Così lemmatizza il GDLI, ma l’edizione spogliata dai redattori informa in nota «Veramente la Nestiana pone fanti a piedi; ma inducemi a scriverlo in una sola parola, sì il pensare che il Davanzati avrebbe altrimenti detto fanti a risparmio d’una parola; e sì ancora il vedere che ci sono fin casati di Fantappiè o Fantappiedi» (Bindi 1852–1853, 2, 255 n. 2).
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
421
cola di Bernardo Davanzati († 1606). Sopravvi-
una tradizione decisamente più recente: non
venze inerziali della designazione resistono
la si rintraccia nel database OVI e in GDLI
ancora nel XIX sec. (Grassi 2,106: «Fante a
s.v. massa §17 la prima attestazione è tratta
piede o da piede. Lo stesso che Fante. V.»).
dal volume 56 dei Diarii. Si può però anteda-
→ fantopini
tare almeno al 1495, con la Spedizione dello
fantopini m. pl. ‘soldati di fanteria (?)’ E 233r 8. ▲ Cf. nello stesso volume 37
stesso Sanudo (Fulin 1883, 68: «dovevano far la massa dil resto di le zente»). ♦ Le locuzio-
dei Diarii (1524) la col. 234: «li francesi non
ni equivalenti fr. faire son / un / l’amas sem-
hanno più di 6000 alemani, 6000 svizeri,
brano più tarde e sospette di italianismo
6000 italiani et circa 2000 fantopini venturieri
(FEW 6/1,446b). → armata → gente → ingros-
con circa 2000 lanze». Si tratta di nuovo, per-
sa[re]
ciò, di truppe irregolari al seguito dell’esercito
trovare altri esempi nelle fonti primarie né se-
Loc. verb.: [far] le spexe [a qc.] ‘mantenere, provvedere qn. del necessario’: pass. rem. pass. II (li) fo facto le spexe 197v 14. ■ GDLI s.v. fare1 §41, sulla
condarie. Cf. i sint. medio fr. enfant de pied,
scorta di TB 2,687, identifica la prima attesta-
enfant à pied e il prov. fansapé, tutti attestati
zione della locuzione in un passo di una Can-
fra l’ottavo e il nono decennio del XV sec.
zone morale di Antonio Pucci († 1388).
(FEW 4 s.v. INFANS ).
fassicull[o] m. ‘fastello di erbe, rami spighe; fascina’: fassiculli pl. C 53r 15. ■ Mentre questa occorrenza sembra un
francese. ■ ♦ Gallicismo occasionale, equivalente al tipo ˹fanti a piedi˺, per cui non è facile
Loc. verb.: far armata ‘allestire il complesso degli armamenti e delle truppe per una spedizione militare, terrestre o marittima; effettuare una spedizione militare’ 192r 4. – far zente ‘id.’ 192v 40.23 – far la massa ‘id.’ B 131r 10s., 132r 23s. ■ Le prime due espressioni sono già trecentesche nell’accezione militare: per la prima cf. TLIO s.v. ar-
unicum nei Diarii (e nel complesso delle antiche fonti veneziane), la voce è attestata fin dal 1310 in fiorentino (Zucchero, Santà del corpo, ed. Baldini, TLIO: «i fascicoli dell’aneto»). Cf. GDLI §6; TLIO §1.
Loc. prep.: a’ favori di ‘in servizio, in aiuto di qualcuno’ 205r 24. ▲ ■ Cf.
mata §§1.1 e 3.1, con esempi che datano dal
GDLI s.v. favore, §11: «andare a’ favori di».
1309–1310 (Costituto del comune di Siena, ed.
Locuzione di epoca rinascimentale, attestata
Lisini);24 la seconda è attestata la prima volta
quasi sempre in contesti di argomento bellico,
in Armannino, Fiorita, ed. Gorra, OVI (1325):
solo sparsamente, e in apparenza esclusiva-
«alla greca gente fare intendea». La terza
mente in scritti fiorentini (ante 1457, Neri di
locuzione (fare massa / fare la massa) vanta
Gino Cappoli, GDLI: «Niccolò da Tolentino rimase contento andare a’ favori di Papa Eugenio, che avea guerra col principe di Saler-
23 Anche si fa aparato di zente ‘id.’ (B 131r 40s.). 24 GDLI s.v. armata1 reca la definizione riduttiva ‘allestire un’armata navale’.
no»; 1512, Guicciardini, BibIt: «uno che vi aspirassi di gittarsi piú a’ favori del populo che del senato»; ante 1532, Machiavelli, ibid.: «lo pregò montasse a cavallo e venisse in
422
7 Note lessicali
Piazza a’ favori della Signoria», «Il signore
Guido da Pisa (ed. Carbone, TLIO §4.4; cf. GDLI
Lodovico, durante quella espugnazione, ave-
§13).
va mandate le sue genti d'arme a Pontremoli, per mostrare di venire a’favori nostri»). Si tro-
flisch[o] agg. ‘dell’antico casato genovese dei Fieschi’: flischa f. 204v 15.
va qui e altrove nei primi volumi nell’ed.
■ Il vocalismo del nome latino (Fliscus) della
Fulin et al., ma apparentemente non nei suc-
schiatta, particolarmente potente a cavallo tra
cessivi (2,494: «li scrive esser l’artilarie sue
XV e XVI sec., spinge Caffarelli/Marcato (2008,
cargate ai favori di la liga grisa»; 2,1144: «si
1,760 e 800) a cercare l’origine del cognome tra
oferiva ai favori di la Signoria nostra»; 4,341:
le varianti del poligenetico Frisco. Cf. EncSto-
«Si divulga, Vitelozo metersi in hordine, per
ria s.v.
venir ai favori di esso ducha»). Anche gli
fonteger m. ‘fondachiere’ B 363r 44. ■ Derivato attestato dal 1391 (Tassini, Fo-
ultimi cinque campioni non presentano che in favor (di qn.): B 131r 37, 133v 22, 361v 16, C
lena/Pellegrini 1968 s.v. fóntego) e in forma
49v 18, 51v 18, F 233r 33.
latina già dal 1307 (Semi s.v. fonticum: «De
ferm[o] agg. ‘irremovibile, decretato in modo certo e irrevocabile’: fermi pl. 189v 41, 204r 47. ■ Attestato almeno a
electione fontegarii»; cf. anche nel 1337 «per
partire dal Canzoniere petrarchesco («Egli è
fornir v. tr. ‘provvedere di vettovaglie, di armati o di rinforzi (un esercito, una piazzaforte, un luogo strategico), approvvigionare, rifornire’ 188v 48, B 131r 33, E 238r 26: impf. III fornia 205r 44. ■ Nei primi secoli la gran parte delle
ben fermo il tuo destino»). Cf. GDLI §3; Cortelazzo (2007) §3.
alium fonticarium»). A proposito della base v. §6.3.2.2.
fiorini m. pl. ‘moneta aurea coniata a Firenze, largamente accreditata in Italia e in Europa’ 191v 39, 197r 17, 19, 20, 23, 24, 25, 33, 38, 197v 3, 20. ▲ ■ An-
occorrenze ruotano attorno alla sfera militare,
che se la moneta con questo nome risulta co-
a partire dalla prima attestazione (metà XIII
niata a Firenze già dal 1252, la prima attestazio-
sec., Ruggieri Apugliese, ed. Contini, OVI:
ne in volgare data dal 1265 (Lettera di Andrea
«paion[o]ti forniti / di gente e di kavalieri?»).
de' Tolomei, ed. Castellani, TLIO). La circola-
L’apice della fortuna della voce si situa nel
zione del glorioso conio di origine fiorentina è
periodo rinascimentale. L’ultima attestazione
in forte regresso rispetto al XIII e al XIV secolo,
citata dal GDLI (§4, ottava suddivisione) risale
sotto la spinta del ducato veneziano (Tucci
al Berni († 1535).
1996, 753). Moneta e significante si incontrano
fortissim[o] agg. superl. ‘molto ben fortificato, estremamente saldo, inespugnabile’: fortissima f. 190v 4, 195v 5. ▲ In entrambe le occorrenze accompagna il
però ancora con estrema frequenza fino agli ultimi volumi dei Diarii (55,53, 56,331, 58,337). → ducato
fiorito agg. ‘scelto, gagliardo, ben organizzato (esercito)’ B 134v 21, 135r 25. ■ L’accezione, prossima a quella di ‘giova-
sostantivo terra (la città e il territorio di Sora).
ne, vigoroso, florido’, è già registrata nella
attagliarsi alla totalità delle occorrenze nei
prima metà del XIV sec. nei Fatti di Enea di
Diarii, e certamente a tutte quelle contenute
Più in generale, il superlativo sembra lessicalizzato nella definizione qui proposta, che pare
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
nel primo volume (8, 77, 127, 147, 178 due 25
423
rumeno). Cf. FEW 3,736b–737b; DELI; GDLI s.
volte, 185 e altre 54 volte). V. anche a B 361v
v. fortuna1, §9 e TLIO §7.
44 «Il loco è forte». ■ Il superlativo in questo
dia»); potrebbe essere occasionato, almeno in
forzo m. ‘sforzo’ B 361r 18, C 56r 6. – forzo m. ‘la parte più cospicua, il grosso; contingente militare’ C 49v 8, C 56r 29. – Loc. verb. esser forzo ‘essere necessario (di far qc.)’: pass. rem. II, fu forzo F 223r 34, F 223r 39. ■ Cf. GDLI §§1,
parte, da una tendenza ad evitare l’omonimia
3, 4. Il primo significato è il più antico (ante
con forte m. ‘fortilizio, fortezza’. Cf. GDLI s.v.
1294, Guittone, ed. Contini, OVI); segue il se-
significato sembra particolarmente frequente e già dugentesco (dal 1282, Restoro d’Arezzo, Composizione del mondo, ed. Morino, OVI: «sugiogò e segnoregiò le fortissime rocche de In-
1
fòrte , §8.
condo (prima metà del XIV sec., Pegolotti, ed.
forteza f. ‘opera di fortificazione, piazzaforte’ 198r 25, F 226r 26 / forteze pl. B 233r 21. ■ La prima attestazione in un
Evans, ibid.: «il forzo della mercatantia»),
volgare italoromanzo rimonta al 1265, in un’a-
«li fo forzo […] prometter et obligar quel cotimo
nonima Contemplazione della morte cremone-
de Damasco»; cf. Girolamo Priuli in GDLI: «li
se-senese, ed. Broggini, OVI («né torre né pala-
fo forzo levarsi»). La voce, in tutte le sue acce-
ço, / casteg né rocche né forteça»). Il DEI
zioni, esce dall’uso al più tardi nel corso del
segnala però un lat. mediev. umbro fortitia nel
XVII secolo (ante 1673, Rucellai, TB).
1190; per occorrenze ancora anteriori di area romanza cf. GMIL s.vv. fortia3 e fortisia; MLLM
furatola f. ‘commercio illecito di vini’ B 131v 36. ■ Nella Mariegola dell’arte
s.vv. fortia §9 e forticia. Cf. GDLI s.v. fortezza2;
della lana si incontra nel 1482 la variante ma-
Cortelazzo (2007). ♦ La voce è indipendente dal
schile del sostantivo: «[…] non posi né debi
fr. forteresse, prov. fortaleza e simili (dal
vender né far vender ad algun lavorante, […]
1160ca., e lat. mediev. fortalicia, fortaricia e si-
vin a menudo né in groso, soto pena de furato-
mili dal 1119, TLFi). È invece in rapporto con
lo» (Mozzato 2002, 333). In altri contesti la voce
mentre più tarda e ristretta sembra la circolazione della locuzione (1490, Rossi 1988, 178:
l’italiano il prov. fortesa / forteda / fortisia
è stata glossata ‘piccola bottega, pizzicagnolo’
(Raynouard; FEW 3,734b).
(Boerio; Cortelazzo 2007;26 Caracciolo Aricò
fortuna f. ‘tempesta in mare, fortunale’ 190r 30. ■ Latinismo semantico che
2011, 369) ma sembra in realtà indicare preci-
muove dai sintagmi lat. fortuna maris, fortuna
et al. 5,1179: «voce del dialetto veneziano, che
procellae (Cicerone, in Georges 1,2176) e simili,
significa luogo di vendita di vino senza ferma-
comune a francese, provenzale. Dal veneziano
tiva»).27
puamente taverne e smerci di vino (cf. Fulin
la voce si propaga nelle lingue del Mediterraneo orientale (serbo, greco, albanese, turco e
25 Solo nel latino fortissimi (200v 42) il significato è ‘vigoroso, gagliardo’, attributo riferito dal papa ai bellatores suoi alleati nella Lega Santa del 1495.
26 Il contesto sanudiano citato s.v. reca erroneamente furatela. 27 Diversa la ricostruzione proposta a suo tempo da Mutinelli (1851, s.v.): «Anticamente le furatole erano botteghe costruite di legname, perciò assai poveramente. Commettendosi
424
7 Note lessicali
fusta f. ‘piccola galea veloce, provvista di vele e di remi in numero da diciotto a ventidue per banda’ B 135v 46, F 222r 33, 223r 33 / fuste pl. 192v 43, 193r 17, 36, B 131r 13, 15, 361r 7, 11, 15, F 222r 33, 226v 7, 233r 3. – fust[o] m. ‘id. (?)’: fusti pl. E 234v 30. ▲ La voce, nella più frequente variante femminile, ricorre più di
gabell[a] f. ‘tassa, imposta’: gabelle pl. 197r 30. ▲ Che la voce non fosse stabilmente parte dell’uso attivo di Sanudo sembra comprovato, oltre che dal numero tutto sommato modesto di ricorrenze nei Diarii (meno di cento), dalle chiose sinonimiche (oltre che in questo contesto del campione A, in 1,587 «gabella sive datium», 2,1214 «angaria, over gabel-
1200 volte al sing. e più di 2300 al pl. È quindi
la»). ■ Dal 1282 ca. in toscano (in una Memoria
molto ben presente alla coscienza linguistica di
di compravendite di buoi sangimignanese, ed.
Sanudo e delle sue fonti, tanto da lasciar sup-
Castellani, TLIO); la documentazione della vo-
porre che la definizione più esatta sia quella
ce è seriore (dal XIV sec.) e meno copiosa a
generica di ‘piccolo naviglio’ adottata da Corte-
Venezia, dove la prima attestazione vale ‘ap-
lazzo (2007) sulla scorta di Boerio, nel caso di
palto’ (Stussi 1967, 132).
sintagmi come «fuste rodiani (sic)» (3,1120),
galeaz[a] f. ‘grande galea a tre alberi e trentadue ordini di remi, in genere armata di artiglieria pesante’: galeaze 192v 44. ■ Dal 1478 (Pulci, Morgante, ed.
«fuste turchesche» (7,30), «una fusta di corsari» (29,525) ma certo non dovunque (40,32: «una fusta over galia»). ■ ♦ Fusta potrebbe definirsi un mediterraneismo: fr. fuste, prov.,
Codecà, BibIt), o dall’ultimo quarto del XIV
cat., sp. e port. fusta, gr. cipriota φούστα. Non
sec., se è affidabile l’attestazione del DELI rica-
c’è accordo tra gli studiosi sulla trafila etimolo-
vata, attraverso la Crusca, da Lionardo Fresco-
gica: Corominas e TLIO pensano a un catalani-
baldi.28 Il suff. -azzo (< lat. -Ā CEUS ) sviluppa
smo, il TLFi a un italianismo, il TLG a una
sovente, nelle parlate settentrionali come in
derivazione, in francese, da fust m. ‘legno’ «par
quelle meridionali, un’accezione accrescitiva.
des intermédiaires (génois, italien, occitan)»; il
Cf. Rohlfs (1966–1969, §1037); Guglielmotti.
FEW si limita a rilevare l’anteriorità cronologica
♦ Prima attestato nel lat. mediev. genovese
dei materiali galloromanzi. La variante maschi-
(XIV sec.: galeacia / galeatia), passa in prov.
le è assente dal TLIO ma emerge in un taccuino
(1453: galeassa / galleacia / galiasso), fr.
nautico di XV secolo (Conterio 1991, 91: «uno
(1470ca.: gallyace / galéasse) e cat. (galiassa).
solo fusto o gallia»); un’altra attestazione vene-
Cf. Mutinelli (1851, 176); Boerio 296; FEW
ziana è registrata in Corazzini in un documento
4,28a; DEI; TLG s.v. galéasse; TLFi. → galea
del 1468 (‘naviglio in genere’). Cf. Guglielmotti;
gale[a] f.: galeę pl. 190r 10 / galee E 234v 30 / galia f. B 131r 15, 131v 18, 362r 16, C 47v 23, 51r 10, F 222v 29, 223r 35, 36, 224r 10 e passim / galie pl.
Corazzini; DMMM; GDLI; DCECH 2,983b; DELCat 4,244a; TLG s.v. fuste; TLFi. → galea
in esse solitamente inganni nelle vendite, si cercò di provvedervi, colla pena di cinquanta ducati d’oro, e colla perdita del diritto di vendita: questa pena fu chiamata pena della furatola».
28 La prima attestazione allegata dal GDLI (1425, Rinaldo degli Albizzi) riprende la Crusca, che si fonda su una copia cinquecentesca (GDLIIndice 5).
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
425
191r 14, 192v 42, 193r 17, 48 e passim, B 131r 10, 16, 19, 21, 131v 16, 21, 25, 30, 132r 23 e passim, C 41r 40, 44r 35, 47r 26 e passim, F 222r 17, 19, 32, 222v 30, 32, 33, 37, 223r 28, 33, 39 e passim / galera f. F 233r 17, 24 / galere pl. F 233r 3, 14, 16, 19, 28, 41, 46, 50. ▲ I Diarii
galione m. ‘veliero militare o da carico di grandi dimensioni’ 188v 25 / galion 204v 33, 205r 4, F 222v 31, 223r 29, 31, 40, 236r 14, 37 / galioni pl. 188v 24, 26s., E 234v 30 / galeone m. F 233r 5, 6. ▲ A fronte di più di mille galione, la
presentano solo in proporzione assai poco si-
stata nei Diarii prima del 1518 (25,444). ■ Dal
gnificativa la variante galera (7,769, 22,457,
1309ca. (Folgóre da San Gimignano, ed. Vitale,
55,599 e passim), le cui ricorrenze nel corpus
TLIO: «galeoni»). La distribuzione prevalente-
variante galeone è eccezionale e non pare atte-
sono ristrette al solo LetCoron. Sulla possibile
mente centro-meridionale della voce almeno
origine catalana della variante cf. DEI s.v. ga-
fino al terzo quarto del XIV sec. appare com-
lèa, DCECH s.v. galera e Castellani (2000,
plementare a quella del settentrionale galeaza,
γαλία.
di significato affine. Contrastano però questa
168s.).
■
Dal
gr.
biz.
γαλέα /
In volgare fin dal toscano Ricordo d’imprese
interpretazione geolinguistica i lat. mediev. ve-
pisane (1246ca., ed. Castellani, TLIO) e a Vene-
neziano galioni gen. (1226, Besta 1912, 32) e
zia non prima del 1304 (Deposizione anonima,
ferrarese galionem acc. (1281, DEI). Cf. Corazzi-
ed. Stussi, ibid.), ma in lat. mediev. veneziano
ni; TLG §2. → galea → galeaza
già dal 1097 (Cortelazzo 1970, 94). L’etimo remoto della voce, che ha raggiunto tutte le
garbuio m. ‘subbuglio, tumulto’ 204r 17, C 52r 12. ■ Derivato zero di garbu-
lingue del Mediterraneo occidentale e il neer-
gliare ‘ingannare; far confusione, scompiglia-
landese, non è ancora stato stabilito con cer-
re; rumoreggiare’ (LEI 7, 277–291). Questa, e
tezza. Cf. Cortelazzo (1970, 94s.; 2007 s.v. ga-
ancor più quella a 1,31 (1496, «dubitando de
lìa); DELI; TLG s.v. galère; Castellani (2000,
garbugli»), conta fra le più antiche attestazioni
165–170). – galia sotil f. ‘galea da guerra
note del lemma, altrimenti documentato anche
stretta e allungata, con poco fondo’ F 235v 21 / galie sotil pl. 194r 34, B 361r 6s., 9, C 51r 7. ▲ L’antonimo di sotil in
nell’annata 1495 degli Annali attribuiti al Mali(Diario del fiorentino Luca Landucci, BibIt) e
questo contesto sintagmatico è grosso (B 361r
nei Ricordi postumi di Sabba da Castiglione (†
6s., 363r 33, C 51r 7). ■ Dal 1334ca. (Ottimo
1554, GDLI). Voce cinquecentesca, viva nel XVI
commento, ed. Torri, OVI: «galee sottili arma-
secolo anche a Vicenza (Bortolan s.v. garbu-
te»). Cf. Corazzini; GDLI; TLG s.v. subtile; Cor-
gio), Modena (Trenti 2008 s.v. garbuglio) e,
telazzo (2007) s.v. sotìl. – galie bastarde f.
ancora oggi, in Veneto (DEVI). È anche il nome
pl. ‘galea grossa, di forma rotonda’ F 226v 6, 236r 21, 236v 53. ■ Guglielmotti s. v. bastarda; DMMM. – galie di viazi f. pl. F 222r 16, 222v 27, 35, 38, 41, 236r 39. ■
di un personaggio della Piovana di Ruzante
Probabilmente sinonimo di galia da traffico o
▲ ■ Non è facile reperire testimonianze ester-
galia da mercato (Rezasco s.v. galèa §3; DMMM
ne ai Diarii di quest’uso metonimico di gatto a
284).
indicare pellicce di altri animali. Nell’opera
piero (ASI 7, vol. 1, 347) e ancora nel 1498
(1532, Paccagnella 2012). Cf. Boerio; Cortelazzo (2007); DEI s.v. garbugliare; GDLI §§3 e 5.
gato m. ‘sorta di pelliccia’ 202v 41.
426
7 Note lessicali
ricorre anche a 1,997 («uno gatto de zibeto») e
sec. Cf. Mengaldo (1962, 502); GDLI §8; Trenti
nella strana espressione gato fazibeto di
(2008) s.v. graveza.
12,483. Cf. GDLI; TLIO per ‘pelle di gatto’.
Loc. agg.: a la grecha 194r 51. ▲ I
Loc. nom.: gente de guera f. pl. (?) ‘milizia, esercito’ 189r 20 / gente de guerra 189r 35, 190r 2. ▲ Gente / zente
riferimenti ad abbigliamenti di caratteristica
de/di guera/guerra è alternativa minoritaria a
grafia qui riportata: 1,641, 2,421, 3,1554, 7,701
gente d’arme, ricorrente nei Diarii non più di
(«vestiti a la grecha con tulimani»), 16,206
un centinaio di volte, al sing. a 37,125, 39,380 e
(«una caxacha a la greca d’oro»), 33,555. ■ Cf.
passim e al pl. a 1,255, 14,387, 32,289 e passim.
GDLI s.v. greco §14; DI 2,343 (che attesta l’acce-
■ Attestata già in Giovanni Villani (1348ca., ed.
zione dal 1469 in una fonte veneziana).
Porta, OVI: «gente di guerra»), come il sintag-
grip[o] m. ‘sorta di bastimento veloce, da commercio e da trasporto’: gripi pl. 192v 43, 193v 32, B 135v 46 / grippi 193v 27. ■ Prestito dal gr. γρῖπος ‘bat-
ma successivo e il più fortunato gente d’arme (cf. DELI). Per l’accezione militare di gente cf. GDLI §7; Cortelazzo s.v. zènte. → far armata
foggia greca abbondano nei Diarii, soprattutto nei primi volumi e quasi sempre nella stessa
Loc. nom.: gente de mare f. pl. (?) ‘personale marittimo, specialmente di flotte in armi’ 188v 46. ▲ Il termine, che
tello da pesca’ attestato in lat. mediev. vene-
qui ricorre all’interno della copia fedele di un
nelli (1851) e Corazzini s.v. grippo, Cortelazzo
trattato, non sembra ricorrere altrove nei Dia-
(2007) s.v. grìpo e per una sintetica storia della
rii. ■ Dal 1348ca. (Giovanni Villani, ed. Porta,
voce Cortelazzo (1970) s.v. gripo1.
OVI). → gente de guera
gianizar[o] m. ‘soldato di un corpo scelto della fanteria ottomana’: gianizeri pl. 192v 30, 32, 193r 23, 26, 31 / gianiceri 193r 22 / ianizari F 233r 43. ■ Dal
ziano dal 1278 e nei volgari italoromanzi dal XV sec. (Tommaso di Silvestro, GDLI). Cf. Muti-
guadagno m. ‘bottino, preda’ 192v 37. ■ Accezione attestata già nella prima metà del sec. XIV (Deca prima di Tito Livio, ed. Dalmazzo, OVI). Cf. TB §8, con un’attestazione guicciardiniana, e GDLI §3.
gratuir v. tr. ‘propiziare, accattivarsi qn.’ B 362v 17. ▲ ■ Formazione latineggian-
guast[ar] v. tr. ‘mettere a ferro e a fuoco, devastare, distruggere’: guasto part. p. 203r 41 – vast[ar]: pass. rem. pron. pass. si vastono C 43r 3. ■ La radice
te, apparentemente di conio cinquecentesco e
con labiovelare è attestata in toscano dalla
1470ca. (Luca Pulci, GDLI) nella variante giannizzo < tc. yeniçeri (cf. DELI). V. §6.3.3.6.
di circolazione limitata, più spesso in forma
metà del XIV secolo (Ricordo d’imprese pisane,
pronominale. Negli stessi Diarii sembra eclis-
ed. Castellani, OVI: «guastaro tucto»); l’esito
sarsi dopo il 1520 (28,217: «fa per la Signoria
locale veneto fin dalla fine del XII (Proverbia
nostra gratuir quello per l’autorità sua in quel
que dicuntur super natura feminarum, ed. Con-
regno»; ma ancora nel 1582 in Nardi, GDLI §2).
tini, OVI: «lo so fruito destruçe, vasta, e pere»).
gravez[a] f. ‘tassa, tributo’: graveze pl. 191r 9, 196v 39 ■ Dal 1243ca. (Guido
Cf. Rohlfs (1966–1969, §168); Cortelazzo (2007)
Faba, Parlamenti, ed. Castellani, OVI: «grave-
gusi m. pl. ‘fodere, coperte’ F 226r
ça»). Anche nel moden. e nel ferr. di XV–XVI
16. ▲ Sembra questa, e non quella di ‘imbotti-
s.vv. guastàr e vastàr.
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
427
‘gusci’ di origine vegetale o animale), la natura
B 134v 31s., C 45v 2, 49r 23, 49v 28 e passim / homini d’arme E 233r 19. ▲ Di
della merce, per il suo trasporto in bale e per il
frequente lo stesso significato viene espresso
raffronto con gli altri contesti d’uso nei Diarii
dal sostantivo semplice homeni (B 131v 20, C
(28,835: «rase, sarze e gusi, e altre simel ro-
56r 10, F 233r 44, 236v 56). ■ La prima occor-
be»). ■ Cf. s.v. guscio TB §8 e GDLI §6.
renza del sintagma, centrale nel lessico dei
Loc. verb.: haver il zuogo averto ‘avere buon gioco’ (?) 194v 24. ▲ ■ Del-
volgari italoromanzi rinascimentali, si registra
l’espressione non si registrano altre ricorrenze
radori, ed. Ceruti, TLIO), preceduta solo da un
nei Diarii. Altrove la si rintraccia solo con diffi-
«uomo dell’arme» in Brunetto Latini (ibid.). Cf.
coltà: ad esempio nella traduzione di Girolamo
Cortelazzo (2007) s.v. òmo §10.
Naselli del trattato politico di René de Lucinge (Dell'origine, conservatione et decadenza de gli
Loc. nom.: homo da bene m. ‘nobile, di valore, probo’ 189r 29. ■ In toscano
stati, Ferrara, appresso Benedetto Mamarello,
e in italiano il sintagma presenta raddoppia-
1590, 32v: «l’avenimento del nimico commune
mento fonosintattico e univerbazione (dabbe-
della Christianità, il quale havendo per tale
ne, dalla fine del XIII sec. nel Libro dei sette
negligenza gioco aperto […]»).
savj di Roma, ed. D’Ancona, TLIO).
Loc. verb.: [haver] a pati ‘conquistare per trattativa’: trap. pross. VI haveano abuto … a pati 204v 20. ▲ Sembra
Loc. nom.: homo del diavolo m. ‘uomo dedito al male, malvagio, peccatore’ 193r 41. ▲ L’epiteto ritorna a 2,788. ■ Dal
consigliabile trattare la locuzione come lessi-
XIV-XV sec., nella Bibbia volgare, ed. Negroni,
calizzata, vista la sua frequenza e la sua carat-
TLIO: «uomo del diavolo».
teristica di tecnicismo diplomatico: espressioni
semantico opposto e complementare in con-
Loc. agg.: in hordine ‘(esercito o flotta) ben armato e rifornito; pronto, minaccioso’ 193v 27, 195r 9, 204v 6, 205r 27, B 131r 14, 134v 42, C 49v 41, 54v 7, F 236v 54 / in ordine B 361r 6 / ben in hordine 205r 27, B 134v 29, 360v 26, F 236r 26 / benissimo in hordine 194r 32, F 236r 15 / a hordine C 49r 44, 49v 10. ■ Bene in ordine data dal 1363ca.
giunzione con ˹rendersi˺ a 1,1079 (e a 2,127,
(Filippo Villani, OVI), ma cf. anche, nel Milione
3,12, 4,27 e passim) e con ˹darsi˺ a 2,22, 3,70,
veneto (edd. Barbieri/Andreose, ibid.), il giro
4,48 e passim. ■ Questa specializzazione d’uso
di frase «i merchadanti vano ben in ordine
in contesti di trattative di guerra della locuzio-
d’arme et d’archi». Ancora dalla banca dati
ne non viene distinta nel GDLI; cf. Cortelazzo
dell’OVI si ricavano «si levorono male in ordi-
(2007) s.v. pato1, §2: darse a pato.
ne» (Dino Compagni, Cronica, ed. Del Lungo),
Loc. nom.: huomo d’arme m. ‘soldato, guerriero’ 198r 4s. / homo d’arme 189r 48, F 222v 46 / homeni d’arme pl.
«messi in ordine per andare a’ nimici» (Gio-
tura per materassi e guanciali’ (e tanto meno di
sinonimiche sono solo marginali. Nel solo primo volume, il modulo (haver) a pati / a patti ritorna a 178 (2 volte), 191, 228, 271, 273, 430, 451, 465 e 506 (e nei volumi successivi a 2,127 e altre 5 volte, 5,421) e con prendere a 434 e tuor a 437; nei volumi successivi al primo con ˹accettare˺ a 2,135 e con intrar 5,379; con il valore
proprio in veneziano (1301, Cronica deli impe-
vanni Villani, Nuova cronica, ed. Porta). Le banche dati dell’italiano antico non contengo-
428
7 Note lessicali
no attestazioni di benissimo in (h)ordine ante-
to più tardi, dal 1556 (Francesco di Xerez [Ra-
riori al 1496. Sono ricorrenti le locuzioni mette-
musio], ed. Milanesi, BibIt: «le pecore […] im-
re, porre a ordine, all’ordine, in ordine; mettersi
barazzavano il campo») e ancora più tardi nel
all’ordine, in ordine (cf. GDLI s.v. ordine §98).
lessico della marineria (1646, Dudleo, TB; ante
→ ordinadamente
1686, Frugoni, GDLI s.v. imbarazzare §4). La
iandusa f. ‘bubbone; peste’ C 39r 33, 39r 45. ■ Il tipo ˹glandusa˺ / ˹giandusa˺ è
‹c›, difficile da rintracciare altrove, potrebbe
attestato già in antico veneto, spesso in riferi-
tramite ispanico. Ancora nel moderno friulano
mento alla peste del 1348 come in questo con-
imbarazzâ ‘impigliato’ (Marcato 1982, 18; la si
testo, di volta in volta nel valore di ‘bubbone’ e
deriva però da baràz ‘rovo’). Cf. Corazzini; Gu-
in quello di ‘pestilenza’ (e posteriormente ‘per-
glielmotti; DMMM.
sona, situazione assillante o sgradevole’). Cf.
costituire un’eco etimologica sopravvissuta al
(1969, 539); Folena/Pellegrini s.v. giandussa;
impresa f. ‘campagna di guerra, spedizione militare’ 190v 10, 195r 51, 52, 195v 13 e passim, B 131v 15, 44, C 45v 15, 47r 25, 49v 42, E 234v 6, 237r 37, 238r 31, 33, 226v 1. ▲ L’accezione,
Sallach (1993, 104–106); D’Onghia (2006, 252);
comunissima nel XVI secolo e ricorrente più di
Salvioni ([1904] 2008, 693); Paccagnella (2012)
4000 volte nei Diarii, viene registrata in Zing
l’Iscrizione nel chiostro di Santa Maria della Carità (1348, ed. Stussi, TLIO: «vegniva glanduxe soto li scaii»); Rossi (1888, 471); Carile
s.v. giandusa; GDLI s.vv. ghiandosa, ghianduc-
solo nella forma sintagmatica impresa militare
cia e giandussa. A proposito della grafia del
e nel GRADIT solo con la connotazione ‘eroico,
fono iniziale v. §6.3.3.11.
glorioso’.
imbaraca[rse] / imbaraza[rse] v. pron. ‘ostacolarsi, essere impedito da funi o altri ostacoli (imbarcazione)’: pass. rem. III se imbaracò F 223r 9 / VI se imbarazorono F 233r 35. ▲ Forse le
inanima[r] v. tr. ‘dare coraggio a qn., spingere qn. a compiere un’azione’: part. p. inanimato 193r 33s. ▲ ■ Dal Fontani, TLIO). Il veneziano conosce anche
uniche due ricorrenze nei Diarii accanto al pre-
qualche resto della formazione parasintetica
cedente «La nostra capitanea andò ad investir-
concorrente di terza coniug., attestata nell’OVI
se et se imbarazò con la galea bastarda et tre
esclusivamente in testi di area senese (con
fuste grosse» (28,84, nel rapporto, datato al 12
l’eccezione di un inanimiti nell’ed. Moutier del-
novembre 1519, di una battaglia navale tra la
la Cronaca del fiorentino Giovanni Villani; cf.
flotta spagnola e la turca). Cf. inoltre, nella
GDLI e DEI). Cortelazzo (2007) registra un ina-
copia di una lettera in spagnolo all’imperatore
nimìo ‘animoso’ in rima con incivilio; i Diarii
(38,20–23) risalente al 1525 «la nostra [scil. ar-
registrano forse la forma a 38,333, ma la testi-
tellaria] con la priessa imbarazada y de mane-
monianza sembra viziata da un refuso (inani-
ra que de solas tres piezas nos podimos servir»
misa, per inanimisca?). Cf. GDLI s.v. inanimito1.
(38,22). ■ ♦ Ispanismo marinaresco, diffuso in
inclination f. ‘simpatia, predilezione’ 193r 9. ■ Cf. GDLI §5. ingaiarda[r] v. tr. ‘rendere risoluto, impavido; rassicurare, fortificare’: in-
molte lingue europee a partire dal leonese o port. embaraçar (in sp. dal 1460; cf. DCECH 2,555–558). Altrimenti attestato in italiano mol-
1292ca. (Bono Giamboni, Vegezio volg., ed.
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
429
gaiardando 193v 35 / ingagliarditi 191r 25. ▲ A onta della probabile natura di prestito
pass. rem. III investì 202r 48 / VI investirno B 135r 4. ■ La prima attestazione
relativamente recente, la voce ha una non tra-
dell’accezione registrata in GDLI §5 è machia-
scurabile frequenza d’uso nei Diarii, dove ri-
velliana, ma altri usi nel significato ‘aggredire,
corre soprattutto nelle porzioni di testo costi-
assalire’, in particolare in contesto marinare-
tuite da libere parafrasi delle fonti: 1,464,
sco, sono ben più antichi (GDLI §§4, 6, 7; DEI s.
2,102, 3,164, 7,284, 12,602 e passim. ■ Diversi
v. investire4; DELI).
segnali contraddistinguono la voce come un
instrution f. ‘ordine, direttiva; raccomandazione scritta’ 195v 48 / instruzion D 370v 30 / instrutione pl. (?) 192r 2. ■ A giudicare da un raffronto con dizionari
toscanismo: la grafia della seconda occorrenza; la provenienza pisana di entrambe le missive che lo contengono nella versione sanudiana; la localizzazione delle attestazioni nell’OVI
e banche dati, l’attestazione sanudiana pare
(Boccaccio, il cronista fiorentino Marchionne e
precoce: cf. GDLI §6, dove si citano altri autori
una lirica tosco-veneta); l’assenza dai maggio-
cinquecenteschi; Savonarola in BIZ (1498, «cir-
ri repertori del veneziano antico. Il prestito è
ca a ciò non possiamo dare altra instruzione»)
completamente adattato alla grafia e alla fono-
e Castiglione in BibIt (1520, «come la deve
morfologia locale: notevole il gerundio in-
racordarsi per la mia instrutione ch’io man-
gaiardando, in una fase di regresso del suffisso
dai»).
-ando, precedentemente esteso nei volgari set-
interzarsi v. pron. ‘fornirsi di rematori, equipaggiare (un’imbarcazione)’ B 131v 23, F 236r 38.29 ▲ Il verbo, nell’acce-
tentrionali a classi diverse dalla prima (v. §6.5.7.12).
ingravedarse v. intr. pronominale ‘diventare gravida, concepire’: si havia potuto ingravedar 197v 42s. ■ Modulo
zione marinaresca, è nei Diarii almeno altrettanto frequente in funzione transitiva. Così nei due contesti sanudiani citati in GDLI §6 e nei
morfosintattico altrimenti attestato solo nel
volumi 4 e 58 dell’ed. Fulin et al., corrispon-
1607 in Serafino Razzi (GDLI §5); il «s’ingravi-
denti al testo manoscritto dei campioni B e F
darono» che il TB pone attestato nel Cortegiano
qui citati, rispettivamente alle colonne 57, 87 e
di Baldassarre Castiglione non compare nel-
131 (due volte), 160. Altrove ricorre nei Diarii
l’ed. Quondam/Longo digitalizzata in BibIt e
circa 40 volte. Il sinonimo aterzar è invece ap-
BIZ.
parentemente attestato nei Diarii solo nel part.
ingrossa[re] v. pron. / intr. ‘accrescere di numero, rinforzarsi (esercito)’: impf. III se ingrossava 195r 24 / VI se ingrosavano C 54r 43 / inf. p. aver ingrossato B 131r 12. ■ Dall’ultimo ventennio
p. aterzada a 4,258 (cit. in Corazzini 7,308), vale
XVI sec. ad attestare il verbo parasintetico sia
del XIII sec. (bologn.), Serventese dei Lamber-
proprio quest’opera (Cessi/Sambin 1943, 35:
tazzi, ed. Contini, OVI: «la soa parte sempre
«zerca de aterzarle»; cf. Cortelazzo 2007). ■ La
a dire nell’ampia sezione ripresa dai Diari di Pietro Dolfin (v. la n. 18 a p. 43): forse non è casuale che l’altra fonte veneziana del primo
ingrossa e cresse». Cf. GDLI §14. → far armata
investire v. tr. ‘assalire, combattere corpo a corpo; speronare’ F 233r 6:
29 Uso sostantivato.
430
7 Note lessicali
storia documentata della voce, che prende le
possibile calco ted. Nachen ‘navicella, legno’
mosse dai Diarii, permette di collocarne il pe-
(ipotesi non esplicitata in Kluge). Nei volgari
riodo di maggior fortuna in un’epoca interme-
italoromanzi risale almeno al 1264, quando è
dia tra quella dei semanticamente sovrapponi-
registrata nel Trattato di pace fra i Pisani e
bili aterzar30 e rinterzar (dal 1906, Corazzini;
l'emiro di Tunisi, ed. Castellani, TLIO: «li legni
31
GDLI §11).
della forsa nostra». Cf. GDLI §5 e Cortelazzo
iotoni[a] f.: iotonie pl. ‘truffe, frodi’ C 54r 14. ■ La documentazione fornita in
(2007) §2.
semantico è analogo a quello di → manzari[a].
licentia f. ‘autorizzazione concessa formalmente dall’autorità’ 189r 2, 5, 9, 191v 8, 191v 16, 197v 34, B 361v 47, E 235r 41, F 224v 25. ■ In volgare dalla prima
In aggiunta alle molte occorrenze di giotón
metà del 1243ca. a Bologna (Guido Faba, Parla-
‘truffatore; ladro; poco di buono’ raccolte in
menti, ed. Castellani, OVI). Cf. per il veneziano
Cortelazzo (2007), cf. giotoni in una lettera di
Haller (1982, 110; prima attestazione venez.,
Boiardo (1494, BibIt). Cf. GDLI s.vv. ghiottonia
1250ca.), Cortelazzo (2007) s.v. licénza, Folena
(«dial. giottonìa») §2 e ghiottornìa §3 e i rispetti-
(1993) s.v. licenza / licenzia.
vi §3 degli stessi lemmi in TB: ‘avidità, cupidi-
livido agg. ‘giallo scuro; giallo verdastro’ (?) 192v 4. ■ In volgare toscano
Cortelazzo (2007) s.v. giotonìa32 si esaurisce in altri due esempi tratti dai Diarii. Il passaggio
gia’. Per la grafia v. §6.3.3.11.
legn[o] m. ‘nave’: legni pl. 203r 50, E 234v 31, F 232v 15. ■ ♦ L’accezione, oggi
dalla fine del XIII sec. (Tristano Riccardiano,
ristretta al registro letterario (Zing; GRADIT), è
l’aggettivo indica uno spettro piuttosto ampio
antica e comune a prov. (lin / lein, FEW
di sfumature cromatiche, accomunate dalla
5,332b), fr. ant. (lin / ligne, ibid.), cat. (lleny,
caratteristica di essere sintomi di qualche affe-
DELCat 5,155s.) e port. (lenho, Houaiss); cf. il
zione se riferite alla carnagione (GDLI).
30 La voce è registrata, in forma latina, nel 1421 (DVL, vol. 2, 338: «galeas aterzatas hominibus de remo et de pede et de ballistariis») e in area adriatica nel 1422 (AAV 2/10, 162: «galeam polanam de Crete aterzatam ex hominibus alterius galee de Crete») e nel 1442 (Kostrenčić s.v. atterzare: «atterzare quam celerius possibile sit bene et sufficienter ambas ipsas galeas»); in volgare nel 1454 (AAV 3/22, 185, 187, 189 e passim). 31 Cf. anche Guglielmotti §4: «Tatt. mil. Mescolare le squadre, i reggimenti, i navigli di diversa forza, o di diverse nazioni, per equilibrare le membra dell’ordinanza, o togliere occasioni di ammutinamento o di fuga». 32 Alla voce jotonìa si rinvia però a una variante giotònia.
ed. Parodi, OVI). Negli antichi testi italiani
Loc. avv.: di longo ‘senza soste, senza tappe intermedie’ 191v 27, 196r 9, C 47r 16, E 234r 17, 236r 6, F 222r 17, 224v 25 / de longo B 361v 4 / di lungo F 222v 36, 234r 31. – de longo ‘di seguito, ininterrottamente’ C 39r 15. ▲ ■ La locuzione è di uso piuttosto frequente nei Diarii, soprattutto nella prima accezione. Il GDLI (s.v. lungo, §46) cita l’opera ben tre volte nei quattro sottoparagrafi in cui disperde la documentazione del sintagma: il primo a di lungo ‘senza fermarsi, senza sostare; difilato’, il quindicesimo andare di lungo ‘procedere oltre senza sostare’, il ventinovesimo di lungo ‘continuamente, di seguito’ e il trentesimo di longo, di lungo ‘difilato, senza sostare; prontamente, senza in-
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
431
dugi; direttamente’. Cf. anche Cortelazzo
Terrasanta del fiorentino Giorgio Gucci (XIV
(2007) s.v. dé lóngo (sic).
sec.). → iotoni[a]
malmena[re] v. tr. ‘ridurre a malpartito in combattimento’: malmenati 203r 42. ▲ ■ Frequentissimo nei resoconti di
marchesc[o] m. ‘fautore di Venezia’: marcheschi pl. 193v 14. ▲ Il motto
genere bellico in questa accezione dall’origina-
della voce, ricorre in brani dei Diarii che de-
rio carattere eufemistico (intorno alle 130 oc-
scrivono espressioni popolari di stima o di fe-
correnze). Cortelazzo (2007) registra solo il ge-
deltà per Venezia, in diverse forme: 1,252 («Evi-
nerico malmenào ‘malmenato’. Sinonimo di →
va San Marco!»), 5,548 («San Marco!»), 14,493
maltratar. ♦ Cf. fr. malmener (dal 1150ca. (FEW
(«Viva missier San Marco!») e passim. ■ Il
6/2,111a e 113a; TLFi).
termine, neologismo fondamentale in epoca di
maltrat[ar] v. tr. ‘ridurre a malpartito in combattimento’: erano stà maltratate 198r 10. ▲ La base maltrata- conta tra le
rapporti tormentati fra Venezia da una parte e
50 e le 100 occorrenze. ■ Dal 1288ca. (Trattati di
scorcio del XV secolo. In questo breve volgere
Albertano da Brescia. ed. Faleri, OVI: «maltrac-
di anni appare in Sanudo, prima che nei Diarii,
tare»). ♦ Cf. fr. maltraiter > ingl. to maltreat e
nell’Itinerario del 1483 (Varanini 2014, 288) e
ted. malträtieren (OED; Kluge; FEW 13/2, 142b e
nei Commentarii (Bettio 1829, 126); inoltre negli
143b;), dal 1520ca., anche se, come nota Wart-
Annali attribuiti a Malipiero (ASI 7, vol. 1, 369),
burg ibid., «in loser Verbindung wird das Ad-
nei Diarii dei Priuli (Segre/Cessi 1912–1941,
verb mal natürlich auch schon früher mit traiter
3,419) e in una epistola dell’umanista napole-
verbunden». → malmenar
tano Giovanni Pontano († 1503, GDLI). Per un
manzari[a] f. ‘guadagno illecito ottenuto con l’abuso di una funzione pubblica’: manzarie pl. 193v 7, B 135v 4. ▲ Questa appare come l’unica variante
cenno alle evoluzioni storiche dell’affine mar-
della voce nei Diarii, più spesso al plurale. Fa
ed. Contini, OVI). Cf. GDLI s.v. mattutino §8.
eccezione l’ibrido manzerie 25,456. ■ Attestato
tra manzar e magnar cf. D’Onghia (2006, 203).
Loc. nom.: Mazor Conseio m. ‘la più ampia delle assemblee della Repubblica di Venezia, dotata di poteri legislativi e funzioni di governo, aperto ai patrizi veneziani che avessero compiuto i 25 anni di età’ 193v 10, B 135v 30, D 371v 17, 373v 2, F 222r 24, 225r 38 / Maior Conseio D 373v 24, 374r 13, 374v 6, 375r 10, F 225r 30 / Maior Conseglio D 374r 23 / Mazor Conseglio D 375v 27, 28. ■ Il primo riferimento in volgare
L’equivalente toscano mangerìa sembra atte-
al Maggior Consiglio di Venezia compare nel
stato prima del XVI secolo solo nel Viaggio in
Capitolare dei Camarlenghi di Comun del
la prima volta nei volgari italiani in un testo veneziano (1370ca., Leggenda dei ss. Piero e Polo, ed. Brusegan Flavel, OVI). La documentazione della voce rimane più cospicua a Venezia; la variante magnerìa / magnarìa non si rintraccia però nella relativa scheda di Cortelazzo (2007, s.v. manzerìa → magnerìa [recte: magnarìa]) che in una raccolta di rime stampata nel 1573. Sull’alternanza in antico veneziano
Viva San Marco! / San Marco!, possibile etimo
gli stati confinanti e il Dominio di Terraferma dall’altro, non pare attestato prima dell’ultimo
colìn cf. Cortelazzo (1994, 130s.). → San Marcho
matutino m. ‘alba, mattino’ 193r 30. ■ Dalla fine del XIII sec. (Jacopone da Todi,
432
7 Note lessicali
1330ca. (ed. Tomasin, OVI: «Maçor Conseio»),
Imola (BibIt: «dominus Philippus non erat ho-
preceduto dalla menzione di omonime assem-
mo mottezandus»). Derivato dal francesismo
blee a Pisa e a Ragusa. Cf. Mutinelli (1851) s.v.
motto ‘detto arguto, risposta spiritosa’, poi
Maggior Consiglio; EncStoria.
passato in ingl. e ted., mediante il suffisso
meter v. tr. ‘mandare, inviare’ B 133v 3, 134v 22, C 45r 19, E 234v 19: impf. III metteva 191r 11, 202v 28 / fut. III meterà F 236v 8. ■ Dalla fine del XIII
frequentativo denominale toscano -eggiare / venez. -izar. Cf. Patriarchi s.v. motezzare ‘motteggiare, bisticciare’; DEI; DELI; FEW 6/ 3,303a-305b; Rohlfs (1966–1969, §1160); Hope
sec. (Jacopone da Todi, ed. Ageno, OVI: «dono
(1971, 1,111); Cortelazzo (2007, §2); OED; Kluge.
de grazia m’ha miso»). Cf. GDLI §46.
Loc. verb.: meter a sacho v. tr. ‘depredare, saccheggiare’ 194r 3 – poner a sacho C 47v 36s. ■ Il tipo sintagmatico è
muda f. ‘viaggio periodico della flotta mercantile veneziana, soprattutto verso il Levante’ B 131v 26,33 F 222v 38, 41. ■ Accezione attestata fin dal 1307
documentato la prima volta intorno al 1362 in
(GMIL s.v. muta7). La sonorizzazione della con-
una Cronaca senese (edd. Lisini/Iacometti,
sonante intervocalica è registrata dal 1421
OVI: «fu preso Torniella per bataglia e andò a
(DVL, vol. 2, 336: «muda nauium gothono-
sacho»). Costituisce la base della successiva
rum»); cf. anche, nel 1423, «de muda Marcij»
espressione sintetica saccheggiare (DELI; GDLI
(AAS 2/10,260). Generalmente interpretato co-
§9).
me un deverbale da mutare / mudare; è stata
Loc. nom.: mia italiani f. (?) pl. ‘unità di misura di lunghezza variabile, a seconda dei luoghi e dei tempi, da 1500 a 2500 metri circa’ B 134v 24 / milia italiani B 135r 10 / mia italiane B 135r 28s. ■ Cf. DI 2,554s. milanese m. ‘territorio di Milano’ 194v 43, 195r 4. ■ Cf. DI 3,268s. militia f. ‘investitura cavalleresca’ 196r 6. ■ L’accezione sembra testimoniata la
però proposta anche l’ipotesi di un arabismo < ar. mudda ‘misura di tempo, periodo di attesa’ (Wis cit. in Cortelazzo 2007 s.v. mùa §4 e in Marcato 1982, 102). Un argomento a favore di essa può essere considerata l’apparente assenza, nel complesso dei Diarii e della documentazione veneziana, della variante *mua: l’alternativa, foneticamente regolare, ricorre invece nella coniugazione e nei derivati veneti del supposto etimo ˹mutare˺ (Cortelazzo 2007 s.vv.
prima volta nella Commedia (ante 1321, Paradi-
mùa, muànda, muàr; DEVI s.v. mua – muda;
so, OVI: «el mi cinse de la sua milizia»).
«se mua talenti», «farte muar», «mua lo color»
motiza[r] v. intr. ‘parlare, chiacchierare’: motizava 191v 33. ■ ♦ Attestato
e passim tra i testi veneti di XIV–XV sec. rac-
la prima volta negli Ammaestramenti di Barto-
Loc. nom.: mutation di stato f. ‘repentino rivolgimento politico-sociale’
lomeo da San Concordio (1302–1308, OVI: «lo
colti nella banca dati dell’OVI).
motteggiare d’altrui»); la variante settentrionale con alveolarizzazione compare in forma blandamente latinizzata con l’accezione ‘farsi beffe di qn.’ nel trecentesco Comentum super Dantis Aldigherij Comoediam di Benvenuto da
33 Almeno in questo contesto non è possibile escludere il significato ‘dazio, dogana’ (Rezasco §6; Cortelazzo 2007 s.v. mùda1).
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
433
nel prezzo delle merci’. Il taglio tematico dei
novità f. ‘avvenimento degno di rilievo; azione di guerra, attacco’ F 236r 56 / novità pl. 204v 44, B 131r, 133v 14, C 47v 38, 51v 34, F 237r 11. ▲ ■ Cf. GDLI
Diarii, invece, determina un maggiore peso del
§12. L’antica accezione ricorre per lo più in
significato politico: cf. 1,61, 2,758, 3,1031,
sintagma con fare, nei Diarii (circa cento volte)
4,377, 5,1025 e passim. ■ Dal 1334ca. (Ottimo
come nel resto della tradizione: cf. nell’OVI
commento a Dante, OVI: «le mutazioni delle
almeno «vogliendo fare novitade» (1292ca.,
cittadi», «le mutazioni delli stati»). Cf. GDLI
Bono Giamboni, Storie contra i Pagani di Paolo
§13.
Orosio, ed. Tassi), «queste novitadi fece alle
mystich[o] agg. ‘segreto, misterioso’ (?): mysticha 195v 48. ♦ L’attributo
dette città di Toscana» (1348ca., Giovanni Vil-
sembra un unicum nei Diarii. La stessa missiva
Diarii è l’altra espressione eufemistica del con-
imperiale a Venezia è ricordata come «instru-
cetto di ‘andare in guerra, attaccar battaglia’
tion misticha» a 1,489. Negli altri contesti in
far fati / fatti / facti (circa 100 / 20 / 10 volte),
cui compare, l’accezione è inequivocabilmente
spesso ulteriormente precisata con la specifi-
‘sacro; relativo alla Chiesa’: così pure nel lati-
cazione «d’arme» (1,132, 3,139, 11,114 e pas-
no di 200r 1 e 200v 14 e nell’ed. Fulin et al. a
sim). Voce e sintagma si trovano anche usati a
43,610 («questo corpo mistico»).
proposito di tumulti civili (cf. TB 2,678: «tenta-
Loc. nom. nave biscaina f. ‘sorta di nave a vele quadre’ B 131v 3. ■ Il sintag-
re mutazione di stato, o sim.»).35
191r 22, 194v 26 / mutation 204v 42, B 361v 45. ▲ Cortelazzo (2007) registra la sola accezione di ambito economico ‘cambiamento
lani, Cronica, ed. Porta). Altrettanto viva nei
(1496, DI 1,238s.; nella Spedizione del 1495 Sa-
observatione f. ‘rispetto di una prescrizione o di una norma; il comportamento conseguente’ 189r 22, 190r 11.
nudo menziona una barza biscaina, Fulin
■ Cf. GDLI s.v. osservazione §9. Significato ob-
ma, attestato per la prima volta nei Diarii
1883, 650), ha un immediato antecedente nelle
soleto (GRADIT); l’ultima occorrenza registrata
navi di bischaini corsari più volte citate in un
nel GDLI è in Bisaccioni (1652).
diario di bordo del 1475 (Greco 1997, 34 e 37).
obviar v. tr. ‘ostacolare, impedire l’accesso’ 202r 51. ■ Dal 1336–1338 (Boc-
Loc. nom.: nave de sacro f. pl. ‘?’ 188v 26. ♦ Dato il contesto, potrebbe non
caccio, Filocolo, ed. Branca, OVI). Cf. GDLI s.v.
essere un nome comune: il sintagma è inserito
ovviare §6: ‘respingere, ricacciare, contrastare,
tra due nomi propri di altrettante imbarcazio-
affrontare il nemico in un’azione bellica’ con
ni. È meno probabile che si indichino qui alcu-
ben tre esempi tratti dai Diarii. La voce è di
ne navi armate di sacri (v. §7.4.2).
impiego costante e versatile nell’opera, nono-
novembrio m. ‘novembre’ 188v 10, 191r 3, 193v 11,34 194r 10, 40 e passim, F 222v 42. ■ → dezembrio
stante la marcata natura di latinismo che ne ha
34 In questo caso il sostantivo è abbeviato in un ‹nov› collocato nella parte superiore del
rigo con una barra ad attraversare l’ultima lettera. 35 Tutti i dati numerici indicati in quest’articolo si riferiscono alle sole forme con infinito presente apocopato far.
434
7 Note lessicali
precluso la lemmatizzazione in Cortelazzo (2007). Breschi (1986, 213) elenca inoltre il verbo tra i latinismi caratteristici della lingua cancelleresca urbinate sotto Federico da Montefeltro; Trenti (2008) ne rileva l’uso (‘far fronte, resistere’) in un Diario ferrarese della seconda metà del XV secolo.
impers. si pacificheria 194r 13, 22. – pacifichar v. intr. ‘interrompere le ostilità’: pass. rem. impers. si pacifichoe 194v 34. – pacific[arse] v. pron. ‘rappacificarsi (con qn.)’: impf. III se pacificava B 361r 4 / trap. pross. III era pacificato D 372v 31. ■ Dal 1252–1258 in
Loc. avv.: per odio o per amor 191r 49. ■ Eco della fraseologia del latino aureo:
romanesco (Storie de Troia e de Roma, ed.
cf. le antinomie tacitiane «neque amore qui-
lat.
squam et sine odio» (Historiae, I,1), «sine ira et
trafila dotta nell’italoromanzo e in fr. pacifier,
studio» (Annales, I,1,3). Nei volgari italiani al-
prov. pacificar, port. pacificar; per trafila popo-
Monaci, OVI: «se pacificao co lo exercito»). ♦ Il P ACIFIC Ā RE PACIFICĀ
(Georges 2,3468) continua per
meno dall’ultimo quarto del XII sec., nei Pro-
lare nello sp. apaciguar e nel cat. apaivegar.
verbia misogini dalla base linguistica venezia-
Cf. DEI; FEW 7,459b-460b; DCECH 4,445a;
na (ed. Contini, OVI: «pe[r] odio nuio blasemo,
DELCat 6,349a; Houaiss.
ni laudo per amore»).
padre m. ‘senatore, patrizio’ F 234r 4, 26, 237r 36 / padri pl. 191v 35, C 47r 41, D 372r 9. ▲ Cf. l’appellativo al dativo
offensione f. ‘danno causato da un’azione o un’espressione lesiva’ 188v 12, 30, 189r 19, 37 / ofension D 370v 19 / offension D 373r 26. ■ Dal 1219
«patri honorandissimo» in calce alla lettera indirizzata al Doge dal duca di Milano (F 237r
(Breve di Montieri, ed. Castellani, OVI); sembra
59) e il sintagma lat. «inter patres» ‘fra i sena-
registrato per la prima volta in area veneta
tori, nel Senato’ che ricorre nel campione A
all’interno di un documento raguseo venezia-
(204r 14) e nei primi volumi dell’ed. Fulin
neggiante (1371, Dotto 2008, 476). Cf. GDLI §1;
et al. (1,990, 2,571, 3,512, 4,27, e a 7,105, in
contrassegnato come obsoleto in TB 3,577. ♦
quella che pare l’ultima attestazione nei Dia-
Cf. i corrispondenti latinismi fr. ant. offension,
rii). ■ Ripresa del lat. patres ‘id.’ (Georges
prov. ofensio (FEW 7,331a).
2,3526), la cui prima occorrenza italoromanza
ordinadamente avv. ‘per filo e per segno, con dovizia di particolari’ 196v 22. ▲ L’ed. Fulin et al. non registra che ecce-
può considerarsi il «Padri Conscritti» (< lat.
zionalmente la variante con sonorizzazione
torica, ed. Maggini, OVI), in venez. dal 1305
palandari[a] f. ‘imbarcazione levantina, e in particolare ottomana, destinata al trasporto dei cavalli o di merci varie’: palandarie pl. 192v 43, B 361r 7, 15 / pallandarie 193r 17. ■ ♦ Voce di
della dentale: ordenadamente 1,1093 e 1103, a fronte di circa 50 ordinatamente. ■ Nei volgari italoromanzi dal 1261ca. (Brunetto Latini, Ret-
patres conscripti) di Bono Giamboni (Storie contra i pagani di Paolo Orosio, ed. Tassi, OVI).
nell’accezione ‘in modo giuridicamente valido’
area veneta, attestata a partire dal 1494 in una
(Stussi 1965, 235; cf. OVI: «ordenatame(n)tre»).
relazione di Giosafat Barbaro († 1494, GDLI) e
Cf. GDLI §4. → in hordine
ancora prima nella variante palandree pl., in
pacifichar v. tr. ‘risolvere, appianare (contrasto)’ 194r 22: condiz. pass.
rima con galee, nel Ciriffo Calvaneo di Luca Pulci (†1470, TB). In lat. mediev. fa la sua
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
comparsa già nel 1340 (palandaria ‘nave le36
435
Stussi, OVI: «trovasti de chaçarme / he de mia
Mentre il DEI, sulla scorta di un
mason pararme / per quel paço») e, nel sintag-
paio di testimoni cinquecenteschi, avanza l’i-
ma ricorrente parar fuora ‘espellere’, all’inter-
potesi di un turcismo, Guglielmotti include la
no del volgarizzamento del Serapiom (ed. Inei-
voce tra le varianti del grecismo mediato dal
chen, OVI: «parali fuora», «pararli fuora»).
vantina’).
latino medievale chelàndia (§2 per la semanti-
Quindi attestato dal 1535ca. (Berni, GDLI s.v.
ca). Dall’italiano è passato al fr. palandre (fine
parare1 §9; cf. la loc. parare le mosche in TB s.
del XV sec., TLFi s.v. bélandre), da cui proba-
v. parare §13) e ancora vivo nel veneto moder-
bilmente l’ingl. palander e forse lo sp. ant.
no (nel tipo sintagmatico ˹parà via˺, AIS 1667).
palandria / palandra. La varianti con b- inizia-
te posteriore e semanticamente non del tutto
paraschelmo m. ‘specie di barca a remi; nella Repubblica di Venezia, piccola imbarcazione usata soprattutto nelle cerimonie’ B 131r 3. ▲ La forma qui
congruente, vale a dire l’olandese billander /
documentata si accompagna nelle opere di Sa-
le in diverse lingue europee rimontano probabilmente a un etimo diverso, cronologicamen-
2
bijlander. Cf. DEI s.v. palandra ; Cortelazzo
nudo alle varianti paraschermo (Vite dei Dogi,
(2007) s.v. parandària; Trenti (2008) s.v. palan-
ed. Caracciolo Aricò 1999, 26, 74, 163 e passim,
drea, palandra; DCECH s.v. balandra; OED.
con frequente omissione della ‹h›; ed. Carac-
palmarse v. pron. ‘ormeggiarsi, essere ormeggiato’ F 223r 28. ■ Catalani-
ciolo Aricò 2004, 109), palaschermo (10,677,
14,500, 21,400 e passim) e ai più rari palischer-
smo nautico (cf. prov. pouloumar, sp. empal-
mo (14,498, 21,400; Bettio 1829, 74) e pare-
mar), da empalmar, a sua volta derivato da
schelmo (2,1276; De Origine, ed. Caracciolo Ari-
paloma ‘amarra que es llançava des de l’em-
cò 2011b, 59). Cf. anche Cortelazzo (2007) s.v.
barcació per unir aquesta a la platja’ (DELCat
palaschèrmo. ■ ♦ La documentazione venezia-
3,293s.; cf. DCECH 2,571s.; cf. già nel 1441 il lat.
na nota risale solo al XIV secolo (1364, Sella,
mediev. genovese imparmare velum cit. in DEI
Cortelazzo 1970: «ganzaras et paraschelmos»)
s.v. impalmare2). Cf. inoltre, esclusivamente
ma quella centro-meridionale è anteriore:37 la
sulla scorta di esempi sanudiani, DMMM e,
voce compare a Pisa nel 1264 (DEI: «parischal-
sulla falsariga di questo, GDLI s.vv. palmare2 e
mo») e a distanza di qualche decennio nell’en-
impalmare3.
troterra toscano (prima metà del XIV sec., Pe-
parar v. tr. C 53r 35 ‘allontanare, scacciare’ ■ Uso già rintracciabile in padova-
golotti, Pratica, ed. Evans, OVI: «paliscarmo»;
no negli anni successivi il 1369 (Frottola, ed.
ibid.: «paliscalmi» pl.), a Lesina (1331, Sella,
1370ca., Boccaccio, Decameron, ed. Branca, Sallach 1994, 155), a Napoli (1354ca., Cortelazzo 1970 s.v. palaschermo) e in Sicilia (1348,
36 Rinvia a una fase storica ben più alta Mutinelli (1851, 286): «Palandaria, parentaria e parendaria, naviglio di notabile grandezza, e forse da guerra, in uso nel nono secolo». La palandra di Boerio (s.v.) è una «specie di bastimento da commercio, il quale somiglia ad un brigantino».
37 Il parascalmus (1246) a più riprese citato come genovese proviene da un contratto stipulato dal re Luigi IX con la città e andrà invece registrato come la più antica attestazione della voce in francese (FEW 9,141a).
436
7 Note lessicali
Senisio, Declarus, ed. Marinoni, OVI: «gun-
1258: «Accilles forte feruto retornao a lo pavil-
dula, bucettus vel parascalmus»; cf. VS s.vv.
gione» e secondo un’altra lezione «Acilles re-
paliscarmu e parascàimmu). La trafila e l’eti-
tornao forte feruto ad lo pavilione»). Cf. DEI,
mologia della voce «non sono affatto chiare»
DELI e GDLI s.v. padiglione; Bortolan s.vv. pa-
(Cortelazzo 1970 s.v. palaschermo; Sallach
vegion e paviglion; Cortelazzo (2007).
1993, 154s.; Tomasin 2002, 13) ma l’origine più probabile resta, come proposto a più riprese
perseguita[r] v. tr. ‘seguire, cercare di raggiungere’: perseguitando 191v 7s.
dagli studiosi, un composto gr. con σϰαλμός
▲ ■ Il verbo potrebbe essere qui usato con una
‘scalmo’ (GMIL s.v. paraschelmus; Corazzini s.
connotazione ironica, dal momento che un’ac-
v. poliscalmo; Cortelazzo 1970; DEI s.v. pali-
cezione non ostile non pare attestata altrove
38
GDLI s.vv.
nei Diarii (al contrario «perseguitava la fusta»
palischérmo e parascalmo). L’alternanza vi-
1,329, «ha gran odio verso il ducha perché
brante ~ laterale preconsonantica è gia in gre-
quello lo perseguita zà anni 16» 2,1015, «perse-
co (Sophocles 1888 s.v. σϰαρμός).
guitar et extinguer Charatormis» 3,448 e pas-
parlamento m. ‘incontro per intavolare trattative’ 189r 2, 191v 49, 196r 10, 196v 4 / parlamenti pl. 203v 10. ■
sim), ed è molto rara anche altrove in italiano
schèrmo; FEW s.v. polyskalmos;
(TB §7; GDLI §10).
Il lemma trova applicazione in veneziano nel-
persone pl. ‘uomini in armi; truppe di un esercito di terra o di mare’ 203r 12.
l’ambito diplomatico, anziché in quello di po-
■ Cf. uomo, persona di guerra in GDLI s.v. guer-
litica interna ampiamente attestato per gli
ra. I Diarii testimoniano con regolarità un uso
Stati feudali, i Comuni medievali e le repub-
ellittico del sintagma: nel solo primo volume
bliche rinascimentali (Cortelazzo 2007; GDLI
alle colonne 16, 47, 87 (2 volte), 122, 133, 199,
§§4 e 5). È appunto in questa accezione di
201, 205, 272, 336, 398, 419, 451 («persone di
‘adunanza, assemblea, riunione pubblica’ che
campo»), 482, 496, 501, 510, 511 (3 volte), 512
il termine compare la prima volta in un volga-
(«persone di gente d’arme et pedoni»), 515, 520,
re d’Italia (1219, Breve di Montieri, ed. Castel-
529 (2 volte), 564, 577, 580 («persone fra a piedi
lani, OVI).
et a cavalo»), 606 («persone tra a cavalo et a
passavolante m. 195r 21 / passavolanti pl. 195r 20 → §7.4.2. pati pl. 204v 20 → [haver] a pati pavion m. ‘confortevole tenda da campo’ 196v 2 / pavioni pl. C 49v 14.
piedi»), 629, 687, 688 (2 volte), 701, 723, 798,
■ Significato già antico del lat.
ne a Bologna nel 1256; l’OVI lo registra nelle
peza f. ‘striscia di tessuto, di solito avvolta intorno a un’anima di cartone’ 197v 24. ■ Dal 1263 (Dare e avere di Francia
romanesche Storie de Troia e de Roma (1252–
della Compagnia di Gentile Ugolini, ed. Castel-
P Ā PILIO
(Geor-
ges 2,3494, §II). Il DEI situa la prima attestazio-
800 (2 volte), 806, 810, 820, 859, 903, 913, 950 («uno exercito di 60 milia persone»). Il termine, con questa specializzazione semantica, non sembra ricorrere mai al singolare nei Diarii.
lani, OVI: «una peça di sa[n]guennio d’Ipro»). Cf. GDLI §6; Cortelazzo (2007) §2. 38 Come indicato nell’articolo del FEW, l’etimo non risulta però attestato.
Loc. avv.: a piacer ‘per diporto’ 195r 11. ▲ Limitatamente al primo volume,
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
437
anche alle coll. 266, 403, 630, 741, 789, 1046,
cismo nel corso del XVI secolo, e soprattutto
1054. ■ Per la locuzione, non documentata in
Sallach (1993, 166), che documenta la voce dal
Cortelazzo (2007), il GDLI riporta un solo esem-
1477, la interpreta come derivato da piezzo ‘id.’
pio, contemporaneo ai Diarii, in Ludovico de
e non dà conto di occorrenze toscanizzanti an-
Varthema († 1517).
teriori al 1630 (pieggiaria). → pregerie
piantad[a] f. ‘filare’: pl. piantade C 53r 14. ■ Cf. GDLI s.v. piantata §§2–3. La voce, volgare, ed. Bertoni, OVI: «cum la pla[n]tata
pregerie f. pl. ‘raccomandazioni, sollecitazioni, malleverie’ D 371r 15 e 17 e passim / pregierie D 371v 2, 19, 34, 372v 3, 9, 373r 15 e passim. ▲ La voce e il
ch’è de sovra da la poxara: la quale piantata
concetto sembrano centrali nell’ideologia poli-
tuta dibia esere in la dita mia parte de sovra
tica di Sanudo fin dal primo volume dei Diarii
chom uno braço de sovra da albore de la dita
(837 e 848). Più rara, e sospetta di modernizza-
attestata in modenese già nel 1353 (Documento
piantata»), sopravvive, alternativamente con e
zione, la grafia pregherie (29,559). Entrambe le
senza apocope sillabica, soprattutto in trenti-
forme sono decisamente minoritarie rispetto a
no, veneto meridonale ed emiliano (AIS 1306;
piezaria (1,770, 2,141, 3,97 e passim per circa
Lorenzi, cit. in Olivieri 1961, 61 e n. 5).
200 occorrenze). ■ ♦ In venez. almeno dal 1224
piat[o] m. ‘chiatta, grossa barca a remi da trasporto con fondo piatto’: piati pl. E 235r 19, 24, 28. ■ Denominazione
(Besta 1912, 31: «pro plegeria Alardi albergato-
assai antica (998 secondo Romanin cit. in
particolare dal napoletano e dal siciliano, dal-
ris»), con successivo influsso di pregare.39 Prestito, condiviso da molti volgari italiani e in
DMMM s.v. peata; 1095 secondo Cecchetti cit. in
le voci antico e medio fr. plegerie e plege (cf.
Cortelazzo 1970 s.v. peata; successivamente nel
lat. mediev. plibium/plevium), a sua volta de-
lat. mediev. di Pisa, Ravenna e Genova, cf. DEI
verbale da un antico basso francone *plegan
s.v. piatta), generalmente lemmatizzata nella
‘garantire’ probabimente con influenza del lat.
forma femminile (così, ad es., in Boerio e in
praebere. L’esito dell’evoluzione popolare del-
Cortelazzo 2007). Il DMMM menziona piato come variante tipicamente sanudiana; il maschile è comune nelle fonti più antiche e il greco conosce entrambe le forme (Cortelazzo 1970).
piegiaria f. ‘malleveria, cauzione; ostaggio’ 189v 29. ▲ Questa variante semitoscanizzata dell’encorico piezaria ricorre anche a 2,324 (piegiarie pl.) e 49,465; quella integralmente toscana piegeria a 25,170 e 54,16 (piegerie pl.). ■ Ad onta della lemmatizzazione in Cortelazzo (2007, s.v. pezarìa), la voce è regolarmente dittongata nelle fonti di XIV–XV sec. e ancora in Boerio (nella seconda parte, s.v. fideiussione) e Piccio (1928). Cf. Tomasin (2001, 186) a proposito della sopravvivenza del tecni-
39 L’etimologia popolare è indubbia limitatamente alla coscienza linguistica di Sanudo, sulla base di accostamenti operati negli stessi Diarii (D 371r 21s, nella concione contro le pregerie: «hora è fato Pregadi per esser pregadi al voler»; 371v 16 «che non si pregasse» e 28 «contra a quelli arà pregato o fato pregar»). In epoca precedente, però, almeno un passaggio risalente al 1343 della Mariegola dell’arte della lana (Mozzato 2002, 32: «removesto odio, amore e paura, prexio et pregarie çoè pregi, e propria utilitade e danno de quelli») denuncia invece l’influsso di pregio / prezzo. È con esso che Rezasco (XV ) spiega il rotacismo nella documentazione fiorentina e napoletana.
438
7 Note lessicali
la voce è piezaria. Cf. GMIL s.vv. plegeria e
▲ In nessuno dei campioni la voce Pregadi
plegius; MLLM s.vs. plivium; FEW 16,633a-
presenta il dileguo della dentale né l’originario
635a; TLF; Rezasco s.vv. plegeria, pregaria,
numero plurale attestati da Cortelazzo (2007) in
pregeria; Arcangeli (1997, 112 e n. 432); Baglio-
altri testi veneziani di XVI secolo. L’equivalente
ni (2010, 468); OVI. → pregiaria
latino è rogati (in rogatis 1,656 e 983, 7,499,
polvere 195r 23 → §7.6. poner campo a → campo Porta f. ‘residenza del Sultano turco; per metonimia, il governo dell’Impero ottomano’ 192v 13, 193r 23, 204r 4. ■ Calco, come il più tardo sinonimo Sublime
16,47 e passim). ■ Dal 1330 ca. (Capitolare dei
Porta, del tc. bāb-i ‛ālī ‘l’alta porta’ (DEI s.v.
ta di convocarsi presso di lui per consultarli
Camarlenghi di Comun, ed. Tomasin, OVI: «in Conseio de Pregadi e de XL»). Cf. Mutinelli (1851); Rezasco; Boerio s.v. pregài «con nome vernacolo dall’antico uso che il Doge mandasse a pregare o richiedere alcuni patrizii a sua scel-
Pòrta). La più antica attestazione databile a
negli affari di Stato»; Piccio (1928) s.v. consegio;
Venezia sembra, allo stato attuale, contenuta
GDLI.
nella Spedizione di Sanudo (1494, ed. Fulin
nopoli»). Cf. EncStoria. ♦ Questa parrebbe la
preparamento m. ‘preparativo; allestimento e approvvigionamento di truppe’ 195r 18, 202v 7 / preparamenti pl. C 49r 29. ■ Il nomen actionis è attestato
prima attestazione finora nota del calco seman-
dal 1334ca., in un’accezione meno concreta
tico in qualsiasi lingua europea: cf. fr. porte (dal
(Ottimo Commento, ed. Torri, OVI). Sembra
1538, TLFi) > ingl. porte (dal 1600, salvo una
aver avuto una fortuna circoscritta nel tempo:
controversa testimonianza del 1440ca., OED),
dei 15 documenti che lo registrano nella banca
sp. porta (italianismo, DCECH 4,681b), port.
dati BibIt, 5 risalgono al XV secolo e 10 al
porta (Houaiss s.v. porta otomana).
XVI. Cf. GDLI §5 (prima attestazione ricavata
Pregadi m. ‘il Senato di Venezia; l’edificio che lo ospitava; una seduta assembleare del Senato’ 191v 35, 37, 193r 3, 194v 17, 30, 195r 3, B 131r 22, 131v 24, 132r 15 e passim, C 40v 1, 44r 15, 48, 44v 4, 7, 36, 51r 3, D 371r 2, 4, 6, 10, 21, 22, 42, 371v 14, 22, 34, 372r 28 e passim, E 236r 7, 237v 14, 26, F 222r 29, 38, 39, 41, 222v 3, 4, 13, 223r 42. – Conseio di/de Pregadi m. ‘id.’ 191v 37, 193v 1, 194v 10 e passim, B 133v 2, 135r 35, 135v 1, D 371r 20, 41, 373v 5, 375r 19,40 E 235r 8s., 235v 18, F 235r 8, 38, 39.
dai Diarii).
1883, 125: [l’ambasciatore del Sultano] «si partì et ritornò a la Porta dil suo Signor a Constanti-
presa f. ‘bottino di guerra’ 189v 27. ■ La prima attestazione di questa accezione concreta del significato ‘occupazione armata, espugnazione di città o luogo fortificato’ è indicata dal DEI in Bernardo Davanzati (1579– 1600), dal GDLI in Bembo (1552) e da Cortelazzo (2007) in Martino Merlini (1509).
presentane[o] agg. ‘attuale’: presentanee E 233r 24s. ■ Latinismo (praesentaneus ‘sogleich, schell wirkend’, Georges 2,762) attestato in questa accezione, e perciò come semplice variante affettatamente arcaizzante di presente, da prima del 1503 (Pontano, GDLI §4). Lo sviluppo è però già del latino
40 «nel Conseio nostro di Pregadi».
tardo e medievale (ThesLL; LIMAL).
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
presonie[r] m. ‘prigioniero’: presonieri pl. 190r 9, F 236v 55. ▲ ■ Il sing.
439
Stussi 2005, 62) alterna in Sanudo col sinoni-
principe m. ‘sovrano, monarca’ 199v 47, D 370v 26, F 223r 40 / principi pl. 196r 39. – Principe m. ‘Doge di Venezia’ B 361v 14, 18, 25, 362v 8, 16, 18, C 40r 29, 54r 25, D 370v 1, E 232r 3, 233v 1, 13, 235v 8, 236v 47. – Serenissimo Principe m. ‘id.’ B 362v 39, D 373v 20, 25, F 236v 48.41 ▲ Il lat. princeps accompa-
presonier (2,752, 16,280, 31,104 e passim) è decisamente meno frequente del plurale. Qui, dato il contesto, potrebbe trattarsi di francesismo. Il prisoner / prisonier / prixionier dei primi secoli (Stussi 1965, 243; Sattin 1986, 149; mo di uso ben più comune prison/preson/pre-
gna l’intestazione di diverse missive ufficiali in
gion (al sing. a B 131r 44, 135r 9, E 238r 16 e al
volgare riportate nel libro I dei Diarii: «Prin-
pl. a B 135r 16, F 226v 10; prisoni pl. è già in
ceps Altemurae locumtenens generalis» (1,39),
Stussi 1965, 243, testo del 1314). Cf. Cortelazzo
«Serenissime princeps» (1,83), «Serenissime ac
(2007) s.v. presón (del presente lemma si regi-
illustrissime princeps et domine excellentissi-
stra solo il f. presonièra).
me» e passim. ■ La voce inoltre fa parte del
presuposito m. ‘proposito, obiettivo’ B 134v 41. ■ Il GDLI attesta la voce
lessico politico di Venezia almeno dal XV seco-
(ante 1498, Savonarola) unicamente nel si-
Serenissimo Principe, viene stabilmente asso-
gnificato di ‘premessa necessaria, presuppo-
ciato alla figura del doge (Raines 2006,
sto; ipotesi, supposizione’. La presente acce-
1,560s.). Cf. la variante popolare con metapla-
lo, quando il titolo di Princeps, volgarmente
zione ritorna invece in altri autori prossimi a
smo prenzipo ‘doge’ in Cortelazzo (2007) accan-
Sanudo nello spazio e nel tempo: Ramusio
to al semidotto prinzipo (ibid., s.v. principe).
(Relazione del capitano Fernando Alarcon,
Germania, BibIt: «E sempre hanno i capitani
Procuratia di San Marco f. ‘gli uffici dei Procuratori, affacciati su piazza San Marco (oggi Procuratie Vecchie)’ B 363v 10, C 52r 13 – Procuratie f. pl. ‘id.’ 193v 5.42 ▲ Il sing. collettivo ricorre a 1,666, 2,446,
questo per fermo presupposito, di mai non
3,251 e passim. ■ È proprio quella singolare la
lasciar loco alcuno vano nella fronte dell'or-
forma che Cortelazzo (2007) pone a lemma,
dinanza») e Andrea Calmo (ed. Rossi 1988,
sulla base di un contesto del 1543. Cf. anche
162: «Perché donca tante chimere, tanti des-
Patriarchi (‘procureria’), Boerio s.v. procuratie,
segni, tante fantasie e tanti presupositi fuora
Mutinelli (1851) s.v. procuratie nuove e Piccio
de tempo […]?»).
(1928) s.v. procuratia.
prim[o] m. ‘persona eminente per potere, ricchezza, valore, rango’: primi 192v 31. ▲ Cf. al sing. 2,352 («el quale è il
promisione f. ‘impegno di carattere ufficiale’ 202r 29 / promision B 134r 48.
BIZ: «la qual relazione io portavo scritta in sommario, perché sempre ebbi presupposito di darla […]»), Vincenzo Querini (Relazione di
primo drio il re»). Ben più numerose sono le occorrenze in questa accezione dell’aggettivo non sostantivato: v. a C 56r 24 «il conte Bernardim, ch’è di primi capetani dil campo». ■ Cf. GDLI §18.
41 «il Serenissimo nostro Principe». V. anche la forma lat. abl. «interveniente Serenissimo Principe» (F 235r 23). 42 Una parte di tali uffici è menzionata come «Procuratia de supra» a F 235r 41.
440
7 Note lessicali
▲ Voce ad alta ricorrenza nei Diarii: conta
figura anche il lat. promissiones nom. pl. (200v
pl. 193v 43, 203r 14, B 361v 26, F 225r 13. – provedador m. ‘id.’ 203r 46 (p. di l’armada), C 47v 19, 51v 3, 53r 2 / provedadori pl. 198v 2, 204r 20.43 ▲ Il ver-
45s.). ■ Il latinismo giuridico è già nel Breve di
nacolare provedador, -i alterna con la variante
Montieri del 1219 (ed. Castellani, OVI: «p(ro)
proveditor, -i; solo occasionalmente emergono
circa 400 occorrenze nella grafia con s geminata e circa 50 con la scempia. Nel campione A
missione») e in veneziano dal 1321 (Stussi 1965,
gli ibridi provedator e provedidor. La voce e i
244).
sintagmi che la contengono ricorrono più di
protest[o] m. ‘atto ufficiale che richiede la difesa di un proprio diritto, la riparazione di un danno o esprime generalmente delle rimostranze’: protesti pl. 205r 2, C 42r 19. ▲ Il singolare ricorre
18000 volte: il dato numerico e la pregnanza
nel primo volume alle colonne 68, 428 (3 vol-
riferimento a numerose e variegate mansioni,
te), 774, 795, 811. ■ Formazione deverbale da
appare in veneziano almeno dal 1409 (Mozzato
protestare attestata nei volgari d’Italia fin dalla
2002, 145: «honorevoli provedadori de co-
seconda metà del XIII sec. (Monte Andrea, ed.
mun»; cf. Besta 1912, 133: «l’oficio di provede-
Minetti, OVI). ♦ In rapporto con i fr. protest
dori sora i pozi») fino alla caduta della Repub-
(1479), prov. protest (1451). Cf. Rezasco; DEI;
blica (Folena 1993: «proveditor»; Tomasin
FEW 9, 475b–477a.
2001, 248: «Proveditori alle Rason Vecchie»
prothonotario m. ‘ciascuno dei notai apostolici della Curia pontificia’ 197v 10, 24, E 232r 2, 232v 21, 235v 5, F 223r 13. ▲ ■ Mentre la grafia proto- risulta
nel XVIII sec.). Le varianti a suffisso -ador sono
semantica all’interno del linguaggio politicoamministrativo veneziano portano a ritenere che la sua assenza in Cortelazzo (2007) sia imputabile a una mera svista materiale. ■ In
probabilmente analogiche sugli altri nomina agentis cristallizzati nel veneziano cancelleresco e uscenti in -ador (ambasiador, avogador,
sporadica (2,552, 7,191, 33,115 e passim), il nesso iperculto -th- ricorre centinaia di volte nei Diarii e continua una dotta tradizione grafica attestata fin dal 1363 nel lat. mediev. romano (DEI). È appunto nel corso del XIV secolo che la voce, la quale continua il greco bizantino attraverso il lat. medievale, passa a identificare effettivamente un titolo ufficiale (DELI; Nocentini 2010).
proveditor m. ‘nell’ordinamento veneziano, magistrato, comandante militare, commissario o governatore di provincia o città’ 198r 23s., 198v 4, 204r 1, 205r 26, E 237r 1 (p. zeneral) / proveditore E 232v 4, 17 / proveditor (di l’armada) 191r 12, 194r 41 / proveditori
43 Il titolo ricorre inoltre nella forma dell’abbreviazione del prefisso pro seguita al singolare da ‹or› in esponente a 204v 14 (p. di l’armata), B 135v 27, 362v 33, C 40r 39, 40v 3, 4, 5, 17 (p. zeneral), 29, 35, 41r 43 e passim, D 371r 3, 5s. (p. sopra le Camere), E 235r 5 (p. zeneral), 235v 34, 236v 23 (p. zeneral), 237r 10, F 222r 32 (p. de l’armada), 33, 222v 6, 10, 27 (p. di l’armada), 223r 1 (p. di l’armada), 16 (p. zeneral), 27 (p. de l’armada) e passim e da ‹ori› al plurale B 361v 22, C 43r 13, 44r 32, D 371r 23, 372r 15, F 224r 48 (p. sora i Monti), 224v 4 (p. a le biave), 5 (p. sora l’Arsenal, p. sora l’Armar), 23 (p. de Comun), 225r 11 (p. a le Biave), 29 (p. sopra le Biave), 29s. (p. dille Biave), 33, 40 (p. sopra le Biave), 42 e passim.
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
441
governador, pagador; cf. anche l’apparente
OVI). Cf. GDLI s.v. provvisione §§4, 5, 7–9. Il
passaggio alla prima classe verbale di manti-
veneziano conosce anche l’accezione civile
gnador, corador, credador, intendador). La pre-
‘paga, salario’ (Folena 1993; Cortelazzo 2007).
ponderanza di questo vocalismo in una versio-
πρεβετατούρης. Cf. Boerio; Rezasco s.v. prove-
provisionato m. ‘uomo in armi al seguito di un capitano di ventura; mercenario; fante, soldato’ F 222v 47 / provisionati pl. 193v 51, 195r 1, B 362r 13. ■
ne cipriota del lemma viene spiegata da Baglioni (2006, 95) a partire dal gr. cipriota ditore / provveditore «ed in Venezia, provveda-
Dal 1363ca. (Matteo Villani, ed. Porta, OVI);
dore» per un dettagliato elenco di specificazio-
non si registrano attestazioni in veneziano pri-
ni
ma del terzo quarto del XIV sec. (ibid.). Cf.
magistrature
così
denominate;
s.v.
provveditore TB §2 e GDLI §4.
GDLI s.v. provvisionato §4; Corazzini s.v. prov-
provision f. ‘preparativo, acquisto, scorta, specialmente di carattere bellico’ D 373r 8, 12, F 224v 4, 225r 32, 235v 50 / provisione pl. 194v 29, 195r 2, C 41r 30, 49r 14, 31r 39, 54r 15 / provision 203r 10, F 236r 6, 7 – provision f. ‘emolumento, paga, soldo di un fante o di un capitano di ventura o ai suoi eredi’ 193r 42, 204v 35,44 F 235v 49 / provision pl. 192v 33. ▲ Molto spesso il sostanti-
visionati; Cortelazzo (2007) s.v. provisionado.
veneziana, anche a designare un uomo ‘scapo-
vo è complemento diretto di fare (C 41r 29s.,
lo, celibe’ (Boerio; Folena 1993).
put[o] m. ‘bambino, ragazzino’: puti pl. 202r 37, F 223r 24. – puta f. ‘bambina, ragazzina’ C 53r 7, 16, 20, 46, 53v 3. ■ Dal 1301, nella veneziana Cronica deli imperadori romani, ed. Ceruti, OVI («VII puti»). Voce essenzialmente settentrionale (Stella 1968, 295; Trenti 2008; Ferguson 2007, 262; Cortelazzo 2007; Zing «accezione † o ven.») e
49v 14, 51r 39, 54r 15, D 373r 12, F 224v 4, 225r
ramin m. ‘sorta di vaso’ C 43r 15.
32, 235v 50; cf. fare la provvisione in GDLI
▲ ■ La definizione fornita da GDLI s.v. rami-
14,819). Il significato si avvicina in taluni casi
no1 è ‘vaso rotondeggiante di rame o ferro
a ‘provvedere a, occuparsi di’ (F 224v 4: «per
smaltato’, ma già all’altezza del primo volume
far provision de haver biave»); data la non rara
dei Diarii il legame con la base etimologica
inserzione di altri elementi tra il nome e il
rame risulta perduto: «do ramini tutti d’oro»
sostantivo e la variabilità di quest’ultimo, non
(924, anno 1498). Sono probabilmente dello
si può però parlare di locuzione verbale vera e
stesso genere di suppellettile il «ramino» men-
propria. ■ Dal 1275 nella seconda accezione
zionato in un elenco pistoiese di proprietà risa-
(Spese del comune di Prato, ed. Castellani, OVI:
lente al 1350ca. (ed. Chiappelli, OVI) e i «rami-
«pro[vi]gione de’ chapitani») e dalla fine del
ny bianchi e biavi» della Raxion de’ marineri di
XIII sec. nella prima (Tesoro di Brunetto Latini
Pietro di Versi (1445ca., ed. Conterio 1991, 85).
volgarizzato da Bono Giamboni, ed. Gaiter,
La voce ramina ‘vaso di rame’ è considerata «di area veneta e sett.» da Morgana (1994b, 331; cf. DEVI), che cita anche il friulano ramine
44 Il riferimento è in questo caso a una casa concessa a mo’ di vitalizio agli eredi del combattente defunto.
‘id.’; cf. la ramina ‘cuccuma di rame’ in molti documenti estensi (Stella 1968, 295; Trenti 2008).
442
7 Note lessicali
reame m. ‘Stato governato da un sovrano, regno’ 188v 23, 189v 1, 190r 39 e passim, B 131r 38, 41, E 234v 6, 40, 237r 37, 237v 3, 238r 31. – reame m. ‘dignità, titolo di sovrano’ B 132r 38.
del contado di Firenze (Rezasco; GDLI) aveva-
▲ Le occorrenze raccolte nella prima sezione
no una mansione assimilabile a questa. Cf.
30 / rectori pl. 194r 29, 194v 44, B 131r 4, 134r 4, 134v 6 e passim, C 50r 12, E 235v 29, 37, F 222v 2 / retor m. D 371r 3, F 222r 31, 33, 222v 9. ■ Gli antichi rettori
dell’articolo indicano sempre per antonomasia
Mutinelli (1851) s.v. reggimento; Boerio; Reza-
il regno di Napoli, tranne che nella seconda
sco §6; Stussi (1965, 248); Tomasin (2001, 56);
occorrenza in 188v 23 e a 198r 41 (cf. la citazio-
Cortelazzo (2007).
ne da Giovanni Ventura Rosetti, risalente al
redu[rse] v. pron. / intr. ‘riunirsi, recarsi, per lo più a convegno’: impf. VI se reducevano 191v 35 / se/si redusevano 194v 15, C 44r 5 / trap. pross. VI erano reduti 195v 41, C 44r 16, F 236r 45 / pass. rem. III se/si redusse 196v 2, B 362r 27 / se/si reduse B 134v 23, 362v 8, C 43r 8, F 235r 1, 17 / VI si reduseno C 41r 28 / cong. pres. VI se redugano F 224r 9 / ger. hessendo reduti E 235r 20s. / part. p. reduto B 361v 14, D 370v 6 / reduti E 235r 13, F 223r 8 / redute F 235r 19. – redu[r] v. tr. ‘recare, portato (anche figurato)’: trap. pross. III havea reduto B 134v 30 / part. p. reduto B 363r 13. ■ Dalla fine del XIII sec. in toscano (Tesoro
1555, in GDLI 15,617: «Puglia, overo Reame»). ■ ♦ Questa frequente specializzazione di significato, se confermata da altri documenti dei primi secoli dell’italiano, potrebbe essere un lascito, a qualche livello, della dominazione normanna o di quella angioina. L’it. reame, infatti, continua probabilmente una variante locale dell’antico francese (reame, raemme, e cf. il prov. regeme, rexeyme), immune dall’incrocio con un *REGALIMEN che ha dato reialme > royaume. Cf. DEI; FEW 10, 208b–210a; Hope (1971, 117). Per la seconda accezione cf. la ricca esemplificazione, che non supera però la prima metà del XVII secolo, raccolta in GDLI s.v. reame §3.
recapito m. ‘riscatto, saldo di un debito’ 189r 41 / recapiti pl. 189r 41. ▲
di Brunetto latini volgarizzato da Bono Giambo-
Non comune nei Diarii e perciò qui probabile
uno loco»). Cf. GDLI §§42, 43, 49, 68, 71.
ripresa testuale dalla fonte, come altre voci mente testimoniato fino all’ultimo volume
regent[e] m. ‘nelle monarchie, chi tutela e rappresenta i diritti del sovrano’: regenti pl. 197v 1. ▲ Tale significato
(58,420: «prometendo dar recapito in Coron de
della voce è attestato per la prima volta in que-
scudi 10 milia»). ■ L’accezione del latinismo,
sto passaggio, nel quale è significativamente
rara anche nel resto della documentazione,
chiosato «over conseieri». In GDLI §2 i Diarii
non pare attestata prima del XVI sec., in una
sono anche il primo testo italiano citato per il
lettera a Giorgio Vasari (GDLI §4) e in una di
significante, che però si trova registrato già
Filippo Sassetti (1581, TB §6).
almeno a partire dal 1495 (Giovanni Portovene-
rector m. ‘titolo dei governatori delle città e delle terre dello Stato veneto, i loro rappresentanti a Venezia’ B 135v
ri, Memoriale, BibIt: «un reggente franciosso»).
trasmesse in CapFed. Resta tuttavia sparsa-
ni, ed. Gaiter, OVI: «si reducessino insieme in
♦ Si può sospettare un calco semantico dal fr. régent ‘celui, celle qui gouverne l’Etat pendant
443
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
la minorité ou l’absence du souverain’ dal 1316 (FEW 10,205a); cf. sp. regente (1481–1482, Crónica de Enrique IV de Castilla, CORDE).
203v 37, C 43v 25 / rumori pl. F 236r 53. – rumori pl. ‘notizie minacciose e incerte’ F 237r 48, 49. ■ Nei volgari italoromanzi
reme[ter] v. tr. ‘mandare a svolgere un compito’: part. p. remessi 202r 16. ■
dai primi decenni del XIII sec., all’interno dello
Dal 1292ca. (Bono Giamboni, Arte della guerra,
cremonese Girardo Patecchio (ed. Contini,
ed. Fontani, OVI: «se […] altri giovani non
OVI: «qe sïa la guerra o tençon o remore»). Cf.
fossero rimessi, verrebbe l’oste a neente»). Cf.
TB §2; GDLI rispettivamente §§5–10 e 12.
GDLI §4. → mette[re].
salvadicine f. pl. ‘selvaggina’ 196r 35. ▲ L’ed. Fulin et al. presenta la seguente
requisition f. ‘richiesta, istanza, comando’ 194v 38, C 52r 8, F 235r 41. ■ Dal
Splanamento de li Proverbii de Salamone del
variantistica: salvadicine anche a 2,973, 4,184,
1318ca. nel toscano (sen.) Statuto dello Spedale
26,351, 36,577, salvadexine 1,806, 16,678, sal-
di Santa Maria di Siena (ed. Banchi, OVI); nella
vadesine 4,566, 7,7, 17,74, 34,203, 40,607,
documentazione del veneziano a partire dal
53,96. ■ ♦ Allotropo settentrionale di selvaggi-
1330 (Capitolare dei Camerlenghi di Comun, ed.
na senza la sincope propria degli esiti galloroSALVĀ SALV Ā TICU ( M ) ,
da cui l’it.
Tomasin, ibid.). Cf. Boerio (che conosce la sola
manzi del lat. tardo
accezione moderna ‘atto col quale l’autorità
selvaggina. Delle 7 occorrenze reperibili nella
priva qn. della proprietà o del godimento di un
banca dati OVI per il tipo ˹salvadesina˺, 4 pro-
bene’ e la considera un francesismo posteriore
vengono da Venezia. Cf. FEW 11,616b–621b;
al 1797); GDLI §3; DELI; GRADIT.
GDLI s.v. selvaticina; DELI s.v. selvaggina.
roy m. ‘re di Francia: Carlo VIII (A), Luigi XII (B)’ 202v 19, B 132r 7, 133v 4 / roy di Franza 194v 38. ■ Le occorrenze dell’appellativo divengono sporadiche dopo il vol. 27 dell’ed. Fulin et al. (1519). ▲ La ricorrenza più tarda registrata in
salvo conduto m. ‘salvacondotto, lasciapassare per una zona di guerra’ 194r 26s., 30, C 43r 21, F 222v 8, 236v 29. ▲ La desinenza participiale (di matrice latina o francese) si legge nei Diarii più di 650 volte, contro meno di una decina per la varian-
Cortelazzo (2007) s.v. roi risale al 1512. Rarissi-
te in -oto (2,414, 12,627, 46,70). ■ Attestato in
mo caso di francesismo rinascimentale non
fiorentino già nel XIV sec., da Giovanni Villani
adattato, verosimilmente perché introdotto in
(Cronica, ed. Porta, OVI: «sotto salvocondot-
italiano già nella seconda metà del XIV secolo
to»)45 nella variante oggi obsoleta salvocondot-
(Franco Sacchetti, Trecentonovelle, ed. Perni-
to, e da Matteo Villani (Cronica, ed. Porta,
cone, OVI: «Quelli rispose: – Oì, monsignore le
ibid.) in quella ancora in uso salvacondotto
Roi […]»). Risulta attestato in Sanudo fin dalla
(Grassi; GRADIT). ♦ Entrambe le forme sono
Spedizione di Carlo VIII (1495; cf. Fulin 1883,
adattamenti del fr. sauf-conduit (dal XII sec.,
10); compare nei Diarii di Girolamo Priuli (ed.
FEW 2/2,1026: il secondo è stato «rifatto nel
Segre/Cessi 1912–1941, 2,173: «il Roy Frances-
tipo dei composti imperativi ‘salvadanaio’»
se») ma non, almeno in apparenza, negli Annali di Dolfin.
rumor m. ‘agitazione popolare, trambusto, protesta, insurrezione’
45 L’ed. Moutier banalizza in salvacondotto (OVI).
444
7 Note lessicali
(DEI, che riporta anche un lat. mediev. securus conductus). Prov. salvconduch (Levy 7,453).
San Marcho m. ‘Repubblica di Venezia; il vessillo di tale Repubblica’ 193v 18s., 195v 25 / San Marco 203v 39, C 51v 34. ▲ Anche «la illustrissima et sere-
scalosi[a] f. ‘scalo marittimo, punto d’imbarco per le merci’: scalosie pl. 192v 21. ■ Cf. GDLI e Cortelazzo (2007). Dal gr. biz. σϰαλωσίαι pl. (XII sec.) > gr. mod. σϰαλωσία sing., in lat. mediev. dal 1422 e nel volgare di Venezia dal 1440 (Cortelazzo 1970,
nissima Signoria del glorioso San Marco»
215s.).
(198v 19s.). All’apparente declino della voce
Ingaltera, et San Marco ch’è la Signoria no-
scapola[r]/scapolla[r] v. tr. / v. intr. ‘evitare, scampare, sfuggire’: pers. I scapollo F 234r 25 trap. pross. VI erano scapolati 204v 30 / pass. rem. III scapoloe 43v 7 / VI scapolono C 43r 24. – scapoll[ar] v. tr. ‘fare scampare, risparmiare’: inf. p. aver scapollado C APULĀ Ā RE , attestato fin 43v 17 ■ Da un *EXC APUL
stra»). La prima attestazione databile con cer-
dalla fine del XIII sec. in Jacopone da Todi
tezza sembra nel passaggio «una habitatione
(OVI: «l’antiquo serpente par scapolato»). Cf.
era già dil tyranno ferrarese, nunc di San Mar-
DEI s.v. scapolare1; GDLI s.v. scapolare3; DELI
co» nel giovanile Itinerario di Sanudo (1483,
s.v. scapolàre3; Folena (1993); Cortelazzo
Varanini 2014, 200). ■ Cf. Rezasco §7; GDLI. →
(2007).
marchesco
scapol[o] m. ‘illeso’: scapoli pl. 202v 4, F 223r 37. ■ La prima attestazione
ha certamente contribuito il rischio di ambiguità con la piazza e la basilica omonime (v. C 39r 38, 40r 27, 35, 47v 27). Il passaggio semantico che interessa il nome del protettore di Venezia è esplicitato a 13,132 («la arme di la liga, zoè dil Papa, dil re di Spagna, dil re de
saxom f. ‘stagione, condizioni opportune’ B 133v 5, C 49r 14 / sasom C 50r 2 ■ Antico gallicismo (se non si tratta di
italoromanza è veneziana (1313–1315, Trattato de regimine rectoris di Fra Paolino Minorita,
SAT IONE (M ) in continuità con esito popolare da SATIONE
OVI). Cf. GDLI §5; il Battaglia registra anche la
le lingue romanze occidentali), attestato nei
prima occorrenza, ricavata dai Diarii, del signi-
volgari settentrionali e in veneziano già nei
ficato ‘vogatore volontario di galera’ (§1). È
Proverbia (ultimo quarto del XII sec., ed. Conti-
questa anche l’unica eccezione registrata in
ni, OVI: «sason», «sasone»). Cf. anche saxon
Cortelazzo (2007). → scapola[r]
(Bonfiglio Dosio 197, 38). Cf. Folena/Pellegrini
scor[er] v. tr. ‘percorrere saccheggiando’: part. p. scorsso 204r 33. ■ Dal
(1968) s.v. staʃón; Bertoletti (2005, 502) a proposito della salda presenza della voce in antico
1348ca. (Giovanni Villani, Cronica, ed. Porta,
veronese; Cortelazzo (2007); Ferguson (2007,
OVI: «andò poi con sua oste scorrendo intorno
278); Trenti (2008) s.v. sasone (modenese);
a Prato»). Cf. GDLI §§8 e 12.
Paccagnella (2012) s.v. sason/stason (pavano).
scuoder v. tr. ‘esigere o riscuotere (un tributo, una multa)’ 191r 6: fut. III scoderà D 375v 22 / pass. VI D serano scosse 375r 27, 375v 18 / cong. trap. III havesse scossi C 45r 8s. / inf. pass. esser scosi D 374v 20s. / esser scossi D
La voce è considerata obsoleta nel significato originario già da Boerio e sopravvive in epoca moderna in Italia settentrionale solo nel ladino atesino, oltre che in area provenzale e francoprovenzale (AIS 310).
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
445
forse per metafora quello indicante l’atto di
securtà f. ‘garanzia di incolumità, salvezza, successo’ 189r 22, 33 / securtate 189v 10 / securità E 232v 1. ▲ ■ Il
agitare un albero per raccoglierne i frutti, pro-
sinonimo sicurezza (nella variante secureza a E
viene proprio da Venezia (1283–1295, Stussi
233v 7) pare relativamente recente e attestato
1965, 250). Cf. Patriarchi s.v. scodere; Bortolan
solo sporadicamente nei secoli precedenti il
(scoderano 6a pers.); DELI s.v. riscuòtere; GDLI
XVI: prima del 1375 l’OVI registra solo un segu-
s.v. scuotere §24; Folena (1993) s.v. scuoder /
reza in Bonvesin da la Riva, un sicurezza in Cino
squoder / scoder; Cortelazzo (2007) s.v. scuò-
da Pistoia, un segureçe pl. a Verona e quattro
der §1.
secureze nel Libro de la destructione de Troya
seconiense agg. ‘di Seckau, in Stiria’46 197r 42. ■ Derivato etnico del linguag-
napoletano, contro poco meno di mille occor-
gio ecclesiastico con -n- epentetica (sul model-
te˺. La voce sembra soppiantare il latinismo
lo di forme come bononiense, oxoniense,
securtà, -ate solo nel corso dei primi decenni
sidoniense; cf. DI s.vv. Bologna, Oxford e Sido-
del Cinquecento. Sembra di poter seguire i pri-
ne).
mi passi del lemma nei Diarii: mentre il verna-
secretario m. ‘funzionario o consigliere di una persona facoltosa o eminente’ 191r 13, 191v 18, 20, 192v 12 e passim, B 133v 31, 135v 12, 361v 5, C 40v 13, 16, 43r 27, 40, 44v 39 e passim, F 222v 3, 20, 22, 223r 7, 224r 16 e passim / secretarij pl. F 235v 4. ■ Attestato in
colare ˹segureza˺ vi compare già dal 1498 (ase-
375r 11 / esser scosse D 375v 19. ■ La prima attestazione del significato, che estende
renze complessive per i tipi ˹securtà˺ / ˹securta-
gureza), sicureza / sicurezza non si incontra prima del 1523 (35,27), preceduto dalla variante secureza / securezza (1512, 13,375). Si contano invece tra le 80 e le 90 ricorrenze di securtà anteriori al 1521, cui si aggiungono tra le 60 e le 70 (quindi in lieve calo) tra questa data e il 1533.
Castellani, OVI: «grande (et) alto (et) co(n)gno-
sentar v. intr. ‘sedere’ 192v 14, C 51r 36 / part. sentato E 235r 36. ■ Voce
sciuto secretario»). Cf. Rezasco s.v. secretario /
settentrionale, particolarmente presente nel
volgare dal 1264 (Trattato di pace pisano, ed.
segretario; GDLI s.v. segretario; Cortelazzo
lessico dei volgari e dialetti veneti almeno a
(2007).
partire dal 1370ca. (nella veneziana Legenda di
securamente avv. ‘senza rischio di molestie o danni’ 188v 11, 29, 189r 19, 42, 189v 2, 12, 19. ■ Dai primi decenni del
glorioxi apostoli misier sen Piero e misier sen
XIII sec., nello Splanamento de li Proverbii de
derivato dal participio presente del lat.
Salamone del cremonese Girardo Patecchio. Cf.
(SEDENTEM SE DENTEM ). Cf. Boerio; Piccio (1928); DEI; Fole-
GDLI §1.
na/Pellegrini (1968); Folena (1993); Ferguson
Polo, ed. Brusegan Flavel, OVI: «sentar in alEDE NT NTĀ Ā RE to»), con sincope sillabica da un < *SSEDE SEDE O SEDEO
(2007, 267); Cortelazzo (2007). ♦ Cf. lo sp. sentar (DCECH 5,205–207), port. sentar (dal XIII sec., Houaiss). Corominas pone un *ADSEDEN46 Interpretazione dubitativamente avanzata anche nell’indice del rispettivo volume dell’ed. Fulin et al.
T Ā RE
alla base delle antiche varianti sp. assen-
tar e port. assentar, nonché del cat. assentar (DELCat 7,893s.).
446
7 Note lessicali
seragio m. ‘nel mondo islamico, residenza di un sovrano’ 193r 30. ▲ Interessante l’adattamento femminile a 1,809:
sindico m. ‘magistrato veneziano con poteri inquisitòri’ F 236r 37 / sindici pl. 203v 38. ▲ La pronuncia meno sorve-
«Item, esser stato ivi un gran terramoto che
gliata corrispondeva probabilmente alla forma
ha ruinato parte di la caxa dil Granturcho et
sinico m. (1,1095, 2,543, 3,72 e passim) / sinizi
tuta la seraja sua che tenia li puti». ■ Il fore-
pl. (1,176), con assimilazione della dentale
stierismo presenta una tradizione continua al-
omorganica e alveolarizzazione davanti alla -i
meno dal 1375 (DVL, vol. 2, 169: «li scrivani di
della desinenza plurale. ■ Dal lat. tardo syndi-
losora»). Gli sviluppi sono per lo più formal-
cus < gr. σύνδιϰοι (DELI), senza il cambio di
mente influenzati della famiglia di serrare e in
timbro i > a (it. sindaco) che ha carattere di
particolare dell’omonimo serraglio ‘steccato,
regolarità in italiano per le parole sdrucciole,
recinto’ < prov. seralh. Cf. Folena (1993) s.v.
come rilevato già da Schuchardt (1866, 1,109s.)
serraggio. ♦ Cf. DELI; fr. sérail (dal 1409–
limitatamente alle serie suffissali da -ICUS e
1410ca., TLFi), sp. serrallo (dal 1573, Roman-
-INUS . Spesso, per antonomasia, si indicano in
ces en Rosa real, CORDE: «En el serrallo está
questo modo i Sindici di Terraferma inviati a
el Turco / Con la Sultana holgando»), port.
ispezionare i domìni veneti. Cf. Rezasco, in
serralho (dal 1697ca., Houaiss). Malgrado la
particolare §§49 e 51; GDLI §6; Cortelazzo
notevole priorità cronologica, FEW 19,154b e,
(2007).
sulla sua scorta, TLFi considerano la voce un
solutione f. ‘paga’ 197v 17. ▲ ■ GDLI
prestito dall’italiano; la trafila della voce fran-
s.v. soluzióne1 §12 non documenta attestazioni
cese quattrocentesca e quella della voce cin-
del latinismo, ancora in uso oggi nel lessico
quecentesca comune alle altre lingue europee
dell’economia (GRADIT), precedenti a una oc-
sono probabilmente indipendenti.
correnza in Ludovico Agostini († 1609). Il signi-
Loc. nom.: signor di la campagna47 ‘chi ha conquistato un territorio in battaglia; padrone del campo’: signori di la campagna pl. 193v 35, 195v 9. ■ Precoce
ficato ‘Abzahlung, Bezahlung’ è già del latino aureo (Georges 2,4441).
ne) e nel 1550 (Leone Africano, Ramusio, Navi-
(il) Soffi m. ‘scià di Persia; discendente di Ṣafi ad-Dīn, fondatore della dinastia dai Safavidi, la quale conquistò e unificò la Persia nel primo decennio del XVI sec.’ D 372v 30 / (el) Sophi F 226v 11 / Sophis pl. B 360v 32. ▲
gazioni e viaggi). Cf. anche «Piacemi che i
L’appellativo ricorre nei Diarii a partire dalla
signori revisori concedino a i cristiani la signo-
sezione del quarto volume redatta negli ultimi
ria della campagna» (1575, Tasso, Lettere poeti-
mesi del 1502 (308: «el signor Soffl [sic] pro-
che, BibIt).
sperava […] et non andò da Sofi in Tauris»;
attestazione di un sintagma attestato in BibIt solo a partire dal 1516 (Ariosto, Orlando furioso) e poi nel 1548ca. (Alvise Mocenigo, Relatio-
340: «à nova, Sophis è intrato in la Natalia»; 341: «quel Sophì è propinquo a Angoli»). Nei mesi precedenti il nuovo sovrano si trova men47 Questa forma sing. ritorna identica a 1,131, 132 e 224; 13,207; 14,107; 19,378.
zionato come (nuovo) propheta («In questi zorni dil mexe di dezembrio, per alcuni venuti di
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
447
Persia se intese, esser aparso certo puto, novo
sora- (si è rintracciato sovra- esclusivamente a
profeta, di anni 14 in 15, à seguito di assaissi-
13,34 e 346). La prima si ripete quattro volte
ma zente etc.»: 4,191, il dicembre 1501; «È fa-
ancora nell’ultimo volume (1533): 58,67, 73,
ma, che 500 turchi, in Constantinopoli, voleva-
118, 682 e 575 al pl. sopracomiti. ■ La prima
no seguir il novo profeta di Persia»: 4,255, il 27
attestazione in volgare, preceduta da traduzio-
aprile 1502; cf. B 133r 3 e 6, il 29 giugno 1502).
ni in latino medievale, è in un documento
Difficilmente le prime menzioni europee saran-
linguisticamente ibrido proveniente da Ragusa
no di molto precedenti: lo scià Ismāʿīl I diede
(1347, Dotto 2008, 492). Dopo la metà del XVI
inizio alla dinastia safavide, che rese la Persia
secolo la voce sopravvive stentatamente: l’ulti-
una potenza di rango mondiale, solo nel
ma ricorrenza sembra rintracciabile nell’Am-
1
■ Cf. Babinger (1922); DEI s.v. soffì
basciata straordinaria di Costantinopoli di Pie-
(dove il nome è fatto risalire all’ar. sūf ‘stoffa di
tro Foscarini datata 1641, BibIt), e in seguito
cotone’); Benzoni (1996, 776).
solo in testi di ambientazione storica (I fatti
soprastar v. intr. ‘soprassedere, astenersi dal prendere una decisione o compiere un’azione’ 193v 32 / cong. impf. VI soprastesseno B 131r 4. ■ Già nei
d’arme famosi di Giovanni C. Saraceni e I due
Parlamenti del bolognese Guido Faba (1243ca.,
Per la fonetica v. §6.3.2.2.
ed. Castellani, OVI: «no soprastarò a lauda(r) ve»). Cf. TB §8; s.v. sovrastare GDLI §7; GRADIT
spalanga f. ‘piastra, sbarra’ F 235v 18. ■ Voce ardua da rintracciare altrove che
§5.
qui e in Ramusio (Francesco di Xerez, ed.
soracomito m. ‘a Venezia, nobile insignito del comando di una nave (tipicamente, una galea da guerra)’ 193v 10, 194r 37, F 224r 10, 236r 26, 27, 28 / soracomiti pl. 194r 35s. ▲ Nonostante il
Milanesi, BIZ: «delle piastre d'oro che in que-
progressivo disuso della voce nel corso del XVI
tre e quattro palmi lunghe»). Probabilmente
48
1501.
Foscari di Francesco Maria Piave, GDLI). Cf. OVI; TB, Rezasco, Guglielmotti e GDLI s.v. sopraccòmito; Cortelazzo (2007) s.v. soracòmito.
sto palagio erano, n’avevano tolte 700 spalanche o lamine», «vennero altri 60 carichi d'oro basso, e la maggior parte di tutto questo erano spalanche, a modo di tavole di casse, di
secolo, nei Diarii essa conta più di 2200 occor-
deverbale da spalancare (ca. 1480, Poliziano,
renze nella variante sopra- e più di 1400 con
BIZ), a sua volta derivato parasintetico da palanca ‘palo’. La velare sonora tuttavia non
48 Il «zenero» del sultano ottomano identificato con Ismāʿīl nell’indice al primo volume dell’ed. Fulin et al. (1,552, 644 e 922) è invece con ogni probabilità Ahmad Bey, avversario dei safavidi, figlio di Uğurlu Muhammad (a sua volta figlio del sultano Uzun Hassan) e di una figlia di Maometto II. La confusione risale alle voci inesatte pervenute allo stesso Sanudo: «El qual li disse, che ’l signor Soffi, nuovamente sublevato in le parte di Persia, è fiol de una fia de Uxon Cassan» (4,309).
si registra in alcuna attestazione nota di spalancare,49 il che lascia sospettare un ruolo, a qualche livello, del longobardismo spranga. Cf. DEI; DELI.
49 Non mancano invece materiali per palanga: ad esempio in Francesco di Vannozzo (ed. Manetti, OVI: «dietro a le palanghe») e, in apparenza, negli stessi Diarii (ed. Fulin et al., 3,450: «gran numero de palange»).
448
7 Note lessicali
spaza[r] v. tr. ‘inviare una persona, spesso un corriere, con un particolare incarico’: part. p. spazado 202r 43. ■ La
parte d’una misura’ (DELI), continuato nel Me-
forma non settentrionale spacciare data dal
la che ha lasciato tracce nel lat. mediev. (cf.
1334ca. (Ottimo commento, ed. Torri, OVI: «Chi
GMIL s.v. stara; MLLM s.v. sextarius) e nei
m’ha tolto il peso de le ricchezze, m’ha spac-
prestiti alle lingue celtiche e germaniche, oltre
ciato a correre tostamente»). Cf. Mengaldo
che in tutte le lingue romanze occidentali (DEI;
(1962, 510) s.v. spazare / spaciare; GDLI s.v.
DELI; Nocentini 2010, sempre s.v. stàio). L’esi-
spacciàre §6; Cortelazzo (2007); Trenti (2008)
to volgare settentrionale è documentato la pri-
s.v. spazare / spaziare.
ma volta in una lettera mercantile mantovana
Loc. avv.: con li spironi … im piedi ‘(di chi si presenta ad un convegno di persone) in modo trafelato o già in procinto di ripartire’ 197v 48. ▲ Il sost. pl.
del 1283ca. (ed. Schizzerotto, OVI). Cf. Boerio;
■ Esito autoctono del lat.
S SEXT EXT Ā RIU (M )
‘sesta
dioevo fino all’età moderna, secondo una trafi-
GDLI s.vv. stàio1 (e stèro1); Ferguson (2007, 99); Cortelazzo (2007).
riecheggia a 35,77: «intrati in conclavi con li
sterlin[o] m. ‘unità monetaria basata su un conio inglese in corso a partire dal basso Medioevo’: sterlini 204r 33.
spironi in piedi subito» e 47,136: «Vene in
▲ La denominazione numismatica sembra ri-
Collegio el signor Cesare Fregoso […], venuto
correre nei Diarii solo a 14,581 e 597 e 58,325.
di campo a stafeta et con li spironi in piedi». ■
Quest’ultimo luogo, che reca «sterline» se la
Il GDLI s.v. speróne1 §12 reperisce invece un’a-
lezione è autentica, costituirebbe il più antico
naloga occorrenza bandelliana (1554).
adattamento femminile dell’anglismo in italia-
squadr[a] f. ‘la più piccola unità organica di un esercito’: squadre pl. 204v 19. ■ Derivato a suffisso zero da un
no. ■ I più antichi adattamenti dell’ingl. ster-
E XQUADR Ā RE (DELI), attestato in toscano già *EXQUADRĀ
«issterlino»); il femminile oggi in uso non pare
dal 1362ca. (Cronache senesi, ed. Lisini/Iaco-
risalire, nelle fonti antiche, molto oltre il 1678
metti, ibid.: «a schuadra a schuadra»). Cf. DEI
(F. Michiel, BibIt) o il 1685 (Pacichelli, GDLI).
spironi ricorre anche a 202v 41. La locuzione
ling sono infatti maschili (dal 1211, Libro di conti di banchieri fiorentini, ed. Castellani, OVI:
s.v. squadra2; GDLI §4. ♦ Il lessema, in diverse
♦ Dall’antico ingl. sterling, documentato la pri-
accezioni, ha raffronti nel fr. équerre (dal 1170,
ma volta nella forma fr. ant. esterlin (1085 o
TLFi), nel prov. escaire (Levy 3,138), nello sp.
1104, OED; l’articolo riassume anche lo stato
escuadra (dal 1459, DCECH 2,256), nel cat.
della questione etimologica). Cf. i lat. mediev.
esquadra (DELCat 2,400s.) e nel port. esquadra
esterlingus e sterlingus (dal XII sec., GMIL
(dal 1572, Houaiss).
3,319).
stampa → buta[r] in stampa ster m. ‘staio, misura per aridi, usata soprattutto per i cereali’ B 135v 42 / stera pl. 193r 38, B 135v 42, F 224v 3, 226v 2, 235r 3. ▲ L’allotropo toscano stajo /
stram[e] m. ‘paglia, fieno da foraggio’: strami pl. 203r 39, 204r 21, 204v 22, 205r 31, C 46r 43, 47v 10, 48r 30, 31. ▲ Il pl. strami mostra nei Diarii una ricorrenza all’incirca doppia rispetto al sing. collet-
staio emerge eccezionalmente anche nell’ed.
tivo strame. ■ Esito del lat. stramen ‘id.’, com-
Fulin et al.: 2,253 (staja pl.), 47,416 (staia pl.).
pare nella documentazione dei volgari d’Italia
7.2 Il lessico: un glossario selettivo
449
già dal 1292ca. nel fiorentino Bono Giamboni
gràr, stramuàr, → straparla[r], strapassàr,
(ed. Fontani, OVI), ma non è facile reperirlo nei
strassinàr, stravestìrse. I verbi strapagare e
documenti del veneziano antico, per il quale v.
straparlare potrebbero perciò essere, all’inter-
invece → biava, che può esserne approssimati-
no del patrimonio lessicale italiano, due dia-
vamente considerato geosinonimo.
lettismi fortunati ma finora non riconosciuti
strapaga[r] v. tr. ‘pagare eccessivamente’: pres. impers. se strapaga C 47v 13. ■ Prima attestazione nota della voce. Per
come tali.
considerazioni generali → straparla[r]
stratiot[o] m. ‘cavalleggero di origine levantina, reclutato dalla Repubblica di Venezia’: stratioti pl. 194v 43, 195v 31, 202r 37 e passim, F 226r 20.
straparla[r] v. intr. ‘parlare in modo inopportuno o irriverente’: impf. III straparlava 194v 8s. ▲ ■ Questo derivato
diotto, -a, -i ricorre nei Diarii in proporzione
di parlare, oggi verbo di uso comune, sembra
circa quattro volte inferiore rispetto a stratioto,
attestato per la prima volta nei Diarii, precisa-
-a, -i / stratiotto, -a, -i. ■ La storia del celebre
mente a 1,91 dell’ed. Fulin et al. («pervenerat
reparto di cavalleria e del relativo significante
ad aures nostros [sic] alcuni tristi soldati stra-
è tracciata in Cortelazzo (1970, 241–243): adat-
▲ La forma sonorizzata stradioto, -a, -i / stra-
parlare et imputare questi fedelissimi citadini
tato da un gr. biz. στρατιώτης ‘soldato di ven-
de infidelità»), risalente al marzo dello stesso
tura’ (< ‘viandante’ piuttosto che dall’omoni-
anno 1496. La precoce registrazione non è tut-
ma voce gr. antica per ‘soldato’), il termine
tavia isolata: si rintracciano complessivamente
compare in documenti latini nel 1403 a Geno-
dieci istanze della voce nel solo primo volume
va e attorno al 1414 a Venezia. In volgare
e otto nel secondo. Proprio nell’annata del
veneziano giunge solo attorno al terzo quarto
1496 degli Annali veneti attribuiti a Malipiero si
del XV secolo; ancora alla fine del XVIII si
legge il passaggio «ha straparlà contra la Si-
menziona un corpo armato con questo nome
gnoria» (ASI 7, vol. 1, 481). Ritorna ancora in
di stanza a Corfù. Cf. anche Corazzini s.v. stra-
Sanudo nelle Vite dei Dogi, seppur con parsi-
tioto; DEI s.v. stradiota; Guglielmotti e GDLI s.
monia (Caracciolo Aricò 1989, 72: «per aver
v. stradiotto.
straparlato di la persona dil Doxe» e Caraccio-
rio e Cortelazzo (2007) si può ricostruire una
Streto m. ‘l’insieme dei passaggi di mare che mettono in comunicazione l’Egeo e il Mar Nero’ B 361r 11 / Stretto F 222v 28, F 236r 22. ▲ La denominazione
serie abbastanza nutrita di prefissati (per lo
geografica appare nei Diarii già nel 1498
più verbali) in stra-, solo in alcuni casi esito di
(1,994: «Caracassam turco corsaro, qual è in-
EXTRA -
(DELI; Nocentini 2010) e in altri allotro-
trato in stretto sponte, quando fu zonto in
po di voci toscane e italiane in tra(s)- < TRANS -
Galipoli»). ■ Prime attestazioni dell’uso anto-
lo Aricò 2001, 599 e 605), ma non nei Diarii di Girolamo Priuli. Sulla base di Patriarchi, Boe-
(Rohlfs 1966–1969,
nomastico, univoco nei Diarii; ancora posterio-
§§1012, 1013 e 1031), che apparentemente emer-
ri sembrano le accezioni ‘Stretto di Gibilterra’
gono in veneziano tra fine XV e inizio XVI
(dalla seconda metà del XVI sec., Sigismondo
secolo (ma sarà necessaria una verifica pun-
Cavali, GDLI s.v. stretto2), ‘Stretto di Messina’
tuale): stracòlo, stracréder, straforàr, strami-
(dal 1870, Garibaldi, ibid.; ma gia nel 1574 cf.
o in s- rafforzativo
i (§6.3.2.2); 5. algun / alguno (§6.3.3.5); 6. medesimo anziché medemo (§6.4.2); 7. caric- anziché carg- (§6.4.2); 8. -tioni / -sioni pl. anziché -tione / -sione (§6.5.1.2); 9. mano pl. anziché mane / man (§6.5.1.2);6 10. sui ‘suoi’ (§6.5.1.3); 11. articolo det. m. sing. lo / gli (§6.5.2); 12. di + i > dei anziché de’ / di (§6.5.2); 13. forme settentrionali dei pron. personali soggetto ’l, la / ela, i (§6.5.4.1); 14. Sintagmi preposizionali con loro (§6.5.4.2); 15. pron. personale atono di IV persona: ce e ne anziché se (§6.5.4.2); 16. nessuno / nissuno (§6.5.4.4); 17.˹ciascheduno˺ e ˹ciascuno˺ (§6.5.4.4); 18. ad + consonante iniziale; 19. circha / circa anziché zercha (§6.5.5.2); 20. fora anziché fuora (§6.5.5.2); 21. VI pers. pres. indic. di II e III classe in -ano (§6.5.7.2) ; 22. IV pers. indic. pres. di 1a coniugazione in -amo oppure in -iamo (§6.5.7.3); 23. tipo serò anziché sarò (§6.5.7.6); 24. futuro arò (§6.5.7.6); 25. Habia, habiano anziché habi, habino (§6.5.7.7); 26. infiniti non apocopati (§6.5.7.11); 27. gerundio siando (§6.5.7.12); 28. cossì / così anziché cussì (§6.3.2.3); 29. subordinate implicite da + inf. p. calcate sul gerundivo (§6.6.1).
5 Il dato è particolarmente incerto per la difficoltà di distinguere le o e le u nei campioni successivi al primo. 6 La forma compare anche due volte, a breve distanza, nella libera parafrasi di due lettere del provveditore generale Paolo Cappello (C 45v 12 e 34).
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29.
CapFed
RelSag
LettTar
LetHong
LetMold
ParteIC
LibAnt
7
LetLip
LetSic
LetBoldù
510 8 Conclusioni
7 Si esclude, in quanto probabile forma di congiuntivo presente, se sbaratiamo (§6.5.7.7).
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29.
ParZud SumIust SumRoan SanPreg ParCens
ScrittImp
SumSur ParBiave
LetConst
LetCoron
LetMoro LetDuca LetAvign
8.1 In prospettiva intratestuale: tipologia
511
512
8 Conclusioni
Lo schema qui proposto ha richiesto evidentemente qualche semplificazione: non si distinguono ad esempio gli elementi latinizzanti e toscaneggianti da quelli di matrice locale (i tratti 5, 13 e 28). Non trovano posto inoltre nello schema diverse particolarità della variantistica di singole voci, in quanto troppo isolate sintagmaticamentre o paradigmaticamente ovvero bisognose di conferme su un corpus più ampio: popoli in RelSag (§6.3.2.3), imbassator e imbas(s)eria in LetMold (v. §6.3.3.9), figlia e figlio in LetLip (C 42r 22 e 23), triegua e tregua (anziché trieva) in LetLip (rispettivamente a C 42v 2 e 46r 11 e a 42r 38), svizeri anziché sguizeri e il concessivo quantunche in ScrittImp (§6.3.3.12.), agosto anziché avosto in LetCoron (§6.4.5), (§6.5.1.2), l’agg. e pron. possessivo sui in LetHong e ParCens (§6.5.1.3), il pronome dativale di III e VI persona gli in ScrittImp (§6.5.4.2), i pronomi indefiniti quelui/quelloro in LetBoldù (§6.5.4.4), il passato remoto tronco morì anziché morite in LibAnt e LetAvign (§6.5.7.5), il travestimento etimologizzante habuto del participio passato di avere in LetMoro e LetBoldù (§6.5.7.13), gli avverbi adunque/adonque anziché aduncha/adoncha in ScrittImp e in LetCoron (§6.5.8); le varianti galere anziché galie (o il più raro galee) e galeone anziché galione sono esclusive di LetCoron e le sole due occorrenze di fiorito, attributo di un esercito valutato come particolarmente gagliardo, si trovano in LetHong (§7.2). Alcuni tratti, come l’uso dei tempi futuro anteriore e congiuntivo trapassato, sono sostanzialmente esclusivi dei testi di carattere prescrittivo (§§6.5.7.6 e 6.5.7.8). Non si può escludere, infine, che alcune delle schematizzazioni qui proposte siano dovute a una distribuzione casuale nel testo; il rischio è particolarmente alto per i tratti che compaiono anche, in proporzione meno significativa, al di fuori delle copie di documenti. Molti particolari risultano inoltre in apparenza contraddittori: il documento dal tono più formale (CapFed) presenta tratti delocalizzanti (8, 9, 21, 24, 27) ma anche almeno un venezianismo estraneo perfino al tipo I (tratto 11); nel riportare la relazione dall’Impero turco del veneziano Alvise Sagundino, il testo sanudiano presenta diversi tratti encorici risalenti molto probabilmente alla fonte, che nel corpo centrale della sua opera soccombono più spesso al modello toscano (11 e 14), ma anche altri che al contrario pertengono eminentemente a quest’ultimo (tratti 4 e 20). Alcuni dei brani che si è deciso di isolare dal corpo centrale del corpus sulla base di elementi macrotestuali sono in realtà linguisticamente del tutto omogenei a esso: presentano meno di quattro tratti individuanti LetHong, LetMold, LibAnt, LetSic, SumIust, SumRoan, SanPreg, SumSur, ParBiave, LetConst, LetMoro e LetAvign. Se ne può concludere che alcuni documenti, in primis quelli espistolari e quelli non a caso denominati sumari dall’autore, vengano da questi rielaborati con un certo grado di libertà. Un secondo gruppo di sottotesti mostra un livello intermedio di assimilazione al corpo centrale del testo: difficilmente sarà casuale la somma di 4, 5 o 6 elementi
8.1 In prospettiva intratestuale: tipologia
513
abnormi in RelSag, ParteIC, LetLip, LetBoldù, ParZud, LetCoron e LetDuca.8 Una terza serie di estratti è caratterizzata da un’evidente escursione di registro, palesata da ben 10 (LettTar), 13 (CapFed, ParCens) o 16 (ScrittImp) tratti sostanzialmente estranei alla grammatica dei Diarii nel loro complesso. Le caratteristiche dei brani riuniti in questi ultimi due gruppi fanno supporre che l’escursione linguistica tra di essi sia da imputare alle fonti: sorvegliate ma prossime al veneziano dell’uso alto le prime; profondamente e studiatamente distanti da esso le seconde. Si può prudentemente ricavare da questa presentazione dei materiali con quanta fedeltà il cronista segua, evidentemente per ragioni di acribia storiografica, il dettato di selezionate fonti documentarie, e come ciò risalti in modo più evidente quando esse sono caratterizzate già a monte da un registro diafasico particolarmente sorvegliato o affettato. La dimensione diatopica non sembra invece rivestire un ruolo apprezzabile. In attesa di un confronto puntuale con le fonti di Sanudo sopravvissute negli archivi di Venezia9 è già possibile in alcuni casi rintracciare indizi interni sui codici linguistici delle fonti, anche in base alla provenienza o alla pertinenza topografica delle notizie da essi veicolate. Così CapFed presenta diverse spie di una precedente relazione in francese (il documento è esplicitamente diretto agli occupanti francesi di Gaeta): oltre al nome di nave Montonier (188v 26) e al possibile caso di interferenza a livello morfologico in satisfaré 189r 44 (§6.5.7.6), si colgono alcune riprese lessicali inerziali: canone perieri 188v 38 (v. §7.4.2), viagio 189v 18, 25, senescalcho 189r 47; sortire 189v 22 e forse haverano bon tempo 188v 31 / haverano bono tempo 189v 21s. / facesse bon tempo 189v 8s. e villa 188v 33. Il referente del toscanismo integrale ambasciatore 195v 29 (§4.3.2.5) è, forse non a caso, Petro Griffo, emissario pisano a Roma; l’oratore pisano a Venezia,
8 In alcuni casi, ad es. quello di LetDuca, il numero relativamente esiguo di tratti rilevanti potrebbe essere conseguente alla brevità del brano: che l’argomento non sia nel complesso dirimente è dimostrato però dal succinto ma chiaramente anomalo LettTar. 9 Al momento, i soli punti di riferimento sulla questione sono il raffronto con gli Annali veneti di Pietro Dolfin (Sambin 1944–1945) e l’importante, seppur cursoria, impressione che Gaetano Cozzi ha tratto da un raffronto «rapido» di alcune trascrizioni di lettere contenute nei Diarii con i relativi originali conservati nell’Archivio dei Frari (Cozzi [1968] 1997b, 104). Il riuso di Dolfin da parte di Sanudo presenta non poche discrepanze rispetto all’antigrafo, forse motivate anche dal tentativo di dissimulare la fonte; la copia appare invece a Cozzi assai fedele nella sostanza ma sistematicamente venezianeggiante nella lingua. Non è incompatibile con i precedenti il giudizio che XV s.) dà delle trascrizioni sanudiane dei documenti archivistici, fonte di Caracciolo Aricò (1989, LLXV buona parte delle Vite dei Dogi. Esse sono talvolta assolutamente fedeli, ma nel complesso piuttosto libere, tanto da far sospettare in molti casi l’esistenza di apografi intermedi tra il documento originale e le Vite.
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8 Conclusioni
«Petro di San Cassano», è eletto da un conseglio 195v 18 (la fonetica non è toscana, la grafia sì). Il giudizio dato da Sambin (1944–1945, specialmente 27–29) a proposito della sezione di testo che Sanudo ricavò dagli Annali veneti di Pietro Dolfin (campione B, 131r–135v) fu di una eterogeneità evidente tanto a livello paleografico quanto macrotestuale. Non sembra però di poter ravvisare differenze significative ad alcun altro livello di lingua.10 Sembra legittimo portare questo dato a prova della piena coscienza autoriale del Sanudo: mentre le differenze strutturali evidenziate da Sambin si possono imputare nel complesso all’inevitabile necessità di adattare il proprio metodo alle mutate circostanze, la veste linguistica sembra occultare coscientemente la ripresa testuale (ciò che si potrebbe oggi anacronisticamente additare come plagio) amalgamandola al corpo centrale dell’opera. La circostanza può quindi essere citata come prova analoga e inversa alla precedente della fedeltà del cronista a criteri stilistici impliciti ma coerenti. In conclusione, l’operazione evidenzia un’escursione innegabile tra alcune copie di documenti e il resto della cronaca. Ciò contribuisce a illuminare, anche se non a risolvere, il quesito posto da Lepschy ([1993] 1996, 48), il quale a ben vedere si può estendere in diversa misura alla maggioranza degli scritti extratoscani in volgare: «ci si può domandare se questo testo sia scritto in una lingua dotata di un proprio sistema grammaticale (pertinente alla sfera della langue saussuriana, o della competence chomskiana), un amalgama di due sistemi linguistici diversi, quello veneziano e quello della tradizione letteraria basata sul toscano».
La fase della trascrizione (copie) delle fonti ufficiali si conferma nel complesso passiva: i Diarii mostrano una chiara tendenza ad accogliere supinamente i tratti grafici, fonomorfologici, sintattici e lessicali delle fonti, senza quegli adeguamenti sistematici al veneziano cancelleresco che emergono altrove. D’altra parte, la lettura qui tentata non riduce certo a sistema la polimorfia che si registra anche altrove in tutti i settori della lingua dell’opera, né permette di codificare nel dettaglio una sua grammatica interna.
10 Non sembrano sufficientemente probanti elementi isolati come il futuro arrà (§6.5.7.6) e la rara voce marinaresca aterzar (§7.2 s.v. interzarsi).
8.2 In prospettiva intratestuale: diacronia
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8.2 In prospettiva intratestuale: diacronia Alle conclusioni esposte nel capitolo precedente è possibile incrociarne altre di carattere diacronico: ciò è reso possibile dalla storia inconsueta dell’opera, la cui redazione copre ben quattro decadi ed è facilmente segmentabile nel tempo; inoltre, come fonte di lingua, i Diarii hanno dalla loro un dettato omogeneo, garantito dalla monoautorialità e dalla scarsa variabilità delle modalità redazionali (e, entro certi limiti, degli obiettivi del lavoro). È stato perciò possibile isolare alcune linee evolutive, che però richiederanno esami su campioni più ampi per essere definite con maggiore sicurezza e più in dettaglio. Laddove si è tentata questa via interpretativa, come nei diagrammi ai §§6.2.2, 6.2.3, 6.2.4, 6.3.3.1, 6.4.8, 6.5.2 e 6.5.4.3 che rappresentano implicitamente il tempo in ascissa, i risultati non sono sempre stati lineari. Le geminate postconsonantiche si diradano tra il secondo e il terzo decennio del XVI sec. (§6.2.2); così pure i nessi latinizzanti ‹ct› e ‹mpt› (§6.2.4) e isolate varianti grafiche come ducha (§6.2.3). Si può al contrario seguire l’affermazione, negli ultimi due campioni, della preposizione articolata alla con l intensa negli ultimi due campioni (§6.5.2). Vi sono spie di una progressiva stabilizzazione in senso moderno della tradizionale alternanza caotica tra consonanti doppie e semplici: tutti gli esempi di ‹debba› e ‹debbano› provengono dall’ultimo campione (v. §6.5.7.7). L’anaforico ditto è inizialmente raro al di fuori delle copie dei documenti di registro più sostenuto (v. §8.1) ma diventa una voce ad alta ricorrenza negli ultimi campioni, anche in sequenze di testo che sembrano redatte in modo particolarmente concitato e poco coeso, come a E 234r–v. La distribuzione del possessivo e dell’anaforico lui / l(h)oro (§§6.5.1.3 e 6.6.7) invita a ricostruirne una progressiva stabilizzazione nell’uso, compiutasi solo nei due campioni più tardi. Pur con le incertezze dovute alle difficoltà di lettura, sembra di poter seguire un progressivo regresso dell’articolo el rispetto a il a partire dal campione C, vale a dire in anni precedenti la sanzione in questo senso da parte di Bembo e prima ancora del Fortunio;11 parallelamente, il plurale dell’articolo determinativo li marginalizza progressivamente i ed e in tutti i contesti (§6.5.2). Nei campioni successivi al quarto (1517) la prima vocale del numerale doi / doe sembra regolarmente chiusa in iato; il dato però è da
11 Non è forse fuori luogo ricordare che Giovan Francesco Fortunio era stato in gioventù allievo e frequentatore di Marcantonio Sabellico, come Sanudo (§2.1.2), e che a Venezia aveva richiesto personalmente già nel 1509 un privilegio di stampa per le sue Regole orientate sul fiorentino trecentesco: è almeno possibile che già nel 1511 alcune delle idee contenute in queste ultime fossero già note in qualche misura al cronista (Dionisotti [1967] 2009; Richardson 2001, IX – XIII ; Trifone 1994, 91; DBI [voce a cura di Gino Pistilli]).
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8 Conclusioni
considerarsi sub iudice (v. §6.5.3). Tra le alternative per il pronome obliquo di IV persona, il campione A predilige ce; ne compare per la prima volta solo in C e ritorna, in proporzione significativa, in F (v. §6.5.4.2). Sorprendentemente, le uscite verbali in -orono e in -orno compaiono in misura non sporadica solo negli ultimi campioni (1524–1525 e 1533; v. §6.5.7.2). Le prime occorrenze della desinenza toscana di quarta persona del presente indicativo -iamo si incontrano solo nel terzo campione (1511) e poi negli ultimi due (§6.5.7.3).12 Come accennato nel §6.5.7.7, non sembra casuale l’incremento progressivo della frequenza d’uso di dia / dea, cong. pres. di dovere (la forma passa progressivamente dalla completa assenza in A a dodici occorrenze in F). Si potrebbe sospettare un’evoluzione diacronica anche nella scomparsa, dopo i primi due campioni, dei gerundi locali di II e III classe in -ando, se si escludono i siando che sopravvivono invece, seppure stentatamente, fino alla fine del corpus (v. §6.5.7.12). Comunque si consideri la sintassi dell’avverbio assai, non sarà casuale che la variante con dittongo appaia nei campioni solo a partire dal terzo campione, affiancando e marginalizzando assa’, pure ricorrente ben 11 volte nel primo (§6.5.8). Le quarte persone dei perfetti deboli uscenti in -ssemo figurano nel corpus solo nel terzo (1511) e soprattutto nell’ultimo campione, nel quale hanno carattere di regolarità almeno nelle copie di documenti (v. §6.5.7.5). La desinenza è però già documentata in veneziano dal XIV secolo:13 non la si potrà quindi ricondurre semplicemente all’influsso delle koinai settentrionali, che avranno tutt’al più legittimato la sua selezione, da parte dello scrivente, a partire dall’inventario della tradizione scritta locale. Ancora nella categoria morfologica del perfetto, il tipo autoctono (h)ave sembra mostrare segni di progressivo cedimento al tipo ebbe (v. ibid.). Anche sul versante propriamente lessicale il confronto fra i campioni lascia emergere possibili o probabili tendenze evolutive. Sono emersi nel §7.2 e nel §7.4 (cui si rimanda per le questioni di dettaglio sulle singole voci) l’affiancamento di alozar e alozamento alla radice al(l)ogi- negli ultimi due campioni; l’affermazione
12 La nuova desinenza pare già saldamente assestata vei volgari settentrionali alla seconda metà del XV secolo, ad esempio nelle Lettere del Boiardo (Mengaldo 1963, 119), ma in veneziano non sostituirà mai definitivamente l’alternativa indigena (Tomasin 2001, 289; Zamboni 1974, 21). 13 Al più tardi a partire dal 1321 (La legenda de Santo Stady, ed. Monteverdi, OVI: «Tanto quella notte andassemo / con gran pena, con nuy potessemo, / che nuy çonçessemo la maytina / ad un porto sovra la marina»). Cf. anche Ambrosini (1956, 54); Stussi (1965, LXVII ); Barbieri/Andreose (1999, 100); Stussi (2005, 75); Dotto (2008, 407). L’elemento ricorre del resto già nel giovanile Itinerario dello stesso Sanudo (Varanini 2014, 386, 482, 483 e passim) e il primo tomo dell’ed. Fulin et al. contiene solo un venimo (278) a fronte di un venisemo (572), un venissimo (278) e ben sette venissemo (89, 171, 191, 278 due volte, 349 e 620).
8.3 In prospettiva intertestuale
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apparentemente senza eccezioni della locuzione preposizionale in favore di a scapito della variante a’ favori di già a partire dal secondo; la scomparsa dell’agionimo San Marco con significato traslato ‘Repubblica di Venezia; suo vessillo’ (tre volte nel primo campione, una nel terzo, assente nei successivi); la definitiva eclissi dell’avv. batando; elementi utili per la ricostruzione della storia delle voci bombardella, colombrina, serpentine / serpentini, spingarda. È forse da mettere in relazione con la maggiore ricercatezza formale del primo volume manoscritto il dato di fatto dell’assenza, nei campioni successivi al primo, di più di uno dei latinismi in esso documentati (conversare, observatione, obviare, parlamento, verific(h)are). Nonostante questa serie, certo largamente incompleta, di innovazioni grafiche e linguistiche intervenute nel corso della redazione dei Diarii non può non continuare a colpire la sostanziale coerenza della lingua e dello stile di Marin Sanudo in un arco temporale che si estende su più di un terzo di secolo e si situa a cavallo delle rivoluzioni manuziana e bembesca. È conseguenza di ciò la facies arcaizzante che le ultime annate dei Diarii mostrano nei confronti di molta documentazione veneziana coeva. Neppure quest’ultima osservazione può però essere generalizzata senz’altro: alcuni tratti procedono nel tempo in direzione contraria a quella, prevedibile, di un progressivo appiattimento sul nuovo codice sovraregionale di base toscana e caratteristiche locali non innovative emergono solo nell’ultimo campione (1533), come se l’autore, privilegiando ormai una scrittura meno sorvegliata, avesse rimosso alcune delle censure che si era imposto in precedenza. Come più vicini alla lingua reale si possono forse interpretare anche alcuni elementi come il passaggio (puramente grafico?) -n > -m (§6.3.3.13), la persistenza delle congiunzioni ca e como (§6.5.6) e il riemergere dei futuri autoctoni di prima coniugazione in -ar- (§6.5.7.6).
8.3 In prospettiva intertestuale Come si è accennato al §6.1.1, il quadro teorico in cui la lingua dei Diarii viene di regola inserita è quello della dialettica tra il volgare locale e il toscano, effettivamente nevralgica nella storia dell’italiano del Rinascimento almeno fino al fatidico 1525, data a cui si riconduce convenzionalmente la vittoria del fiorentino trecentesco (v. §6.1.2). La pluridecennale stesura dei Diarii (1496) rientra agevolmente in questa prospettiva e conferma il sostanziale compimento della toscanizzazione e la riduzione dell’elemento veneziano a uno status complessivamente ancillare. Il ruolo del latino resta immediatamente evidente; va però osservato che copie integrali in latino sono relativamente poco numerose e limitate a precise tipologie di documenti (disposizioni papali, epistole imperiali). Le que-
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8 Conclusioni
stioni di politica interna vengono riferite nei Diarii in volgare, sebbene nei registri ufficiali contemporanei l’uso del latino fosse ancora usuale.14 Meno frequentata è invece la via del confronto con le koinai dell’Italia del nord, anch’esse fortemente toscanizzate ma ancora caratterizzate da molti tratti individuanti. Sono esse a costituire la colonna portante della lingua sovraregionale pre-bembesca, più o meno spontaneamente coagulatasi nelle corti e in particolare nelle rispettive cancellerie, che condivide con il veneziano coevo tanto lo sbiadito colorito settentrionale che il sedimento di una ormai secolare Toskanisierung. Proficuo potrebbe anche rivelarsi un raffronto a larga scala nell’orizzonte del genere diaristico-cronachistico coevo (§3.1). Sembra ragionevole attendersi in via preliminare maggiori consonanze con le fonti di genere propriamente cronachistico nei primi volumi, nei quali più evidenti sono le tracce dell’ambizione letteraria abbandonata in corso d’opera (v. §3.3). Nel frattempo, tuttavia, un primo esame ravvicinato rivela un impasto grafico e fonomorfologico a base antifiorentina che accomuna il veneziano sanudiano a quello cancelleresco. Sono i documenti contemporanei rifusi o trascritti a sostanziare i Diarii, mentre per le Vite dei Dogi Sanudo si servì largamente di annali e cronache anteriori. Non sorprendono quindi le molte significative consonanze con le koinai cancelleresche settentrionali coeve: puntano in questa direzione tra l’altro la resistenza condivisa a diversi tratti toscani quali l’anafonesi (§6.3.1.1), la chiusura in i dei prefissi de- e re- (§6.3.2.1) e di alcune e mediane (§6.3.2.2), il passaggio di -ar- postonico e intertonico ad -er- (§6.3.2.4), anche nel condizionale saria anziché seria (§6.5.7.9), l’esito del nesso vibrante + iod (§6.3.3.8), i futuri sincopati in luogo di volerano e haverano (§6.5.7.6). Può considerarsi un tratto conservativo comune anche la generale persistenza del passato remoto rispetto al concorrente passato prossimo (§6.5.7.5). Il senso di una continuità è avvalorato però anche dalla condivisione di fenomeni innovativi e fortemente radicati nelle scriptae locali, quali alcuni casi di esasperata fedeltà ai moduli del latino umanistico: alcuni pseudolatinismi grafici (§6.2.4), la frequente prostesi di a- davanti a verbi inizianti per consonante (§6.4.4), il plurale mane (§6.5.1.1), la desinenza -eno alla sesta persona dei presenti indicativi di II e III classe (§6.5.7.2), l’uscita -ti di quinta persona (§6.5.7.10), la costruzione accusativo + infinito, le omissioni di parole grammaticali, le esaspe-
14 Il latino è esclusivo nei registri della Quarantia criminal tra XV e XVI secolo, almeno fino agli inizi del Cinquecento nella redazione delle leggi per opera della Cancelleria ducale, e persiste ancora più a lungo in determinati àmbiti dell’amministrazione e della giurisprudenza (Frasson 1980; Tomasin 2001). Proposte in favore dell’ampliamento degli àmbiti d’uso del volgare nell’uso ufficiale furono apparentemente respinte sotto il dogado di Andrea Gritti (1523–1538): cf. a questo proposito Tomasin (2001, 125–134) e Eufe (2003).
8.3 In prospettiva intertestuale
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rate focalizzazioni e in generale le strategie sintattiche e coesive condivise dalla lingua della cancelleria fiorentina coeva (v. rispettivamente §§6.6.1, 6.6.2, 6.6.3 e 6.6.7). La sintassi rimane nel complesso abbastanza prossima a quella, farraginosa e a basso quoziente di programmaticità, della lingua delle cancellerie non toscane (Senatore 1998, 196s.): si può anzi affermare che ogni pagina dei campioni considerati presenti sconcordanze, anacoluti o fenomeni caratteristici dell’oralità. Completa il quadro una miriade di coincidenze a livello lessicale (v. §7.2; §6.5.6 a proposito di alcuni sintagmi congiuntivi). La corrispondenza non è comunque completa: si deve concordare con Caracciolo Aricò (2008, 373 n. 69) nella rinuncia a una sovrapposizione della lingua dei Diarii al veneziano cancelleresco. Si può identificare più di una divergenza tra la lingua dei Diarii e quella delle lingue cancelleresche settentrionali: si possono citare la scarsa vitalità, nei primi, delle desinenze -orono e -orno alla sesta persona dei passati remoti di prima classe (§6.5.7.2) e dei perfetti deboli con ampliamento sigmatico (§6.5.7.5), nonché la notevole presenza dell’articolo determinativo il, irrilevante nella documentazione cancelleresca nota. Taluni elementi che caratterizzano quest’ultima a livello sintattico, testuale e lessicale latitano nei Diarii (al di fuori delle copie integrali di documenti): ad esempio la coniazione di serie di astratti deverbali in -tura, le passivizzazioni e i moduli formulari costituiti da serie sinonimiche.15 Meritano ulteriori approfondimenti i pochi tratti che sembrano delineare per i Diarii una fisionomia linguistica originale rispetto al resto della documentazione pertinente. In particolare, sembra di poter rilevare ad alcuni livelli una tendenza più marcatamente arcaizzante e di conseguenza un minor tasso di toscanizzazione e di koineizzazione nei Diarii rispetto al dato medio coevo. Parla in questo senso una serie, pur non troppo consistente, di tratti conservativi o avviati alla marginalità: la forma plui (§6.3.3.11), la prima persona del passato remoto intisi (§6.5.7.5), i connettivi arente (§6.5.5.2) e domente che (§6.5.6) al pari della palatalizzazione analogica della nasale in vegnir (§6.5.7.13), dell’uscita dei participi passati in -esto (ibid.) e dell’apocope delle desinenze di quinta persona contro la tipica uscita di koinè in -ti (§6.5.7.3). Non si può inoltre sottovalutare il ruolo ancora decisamente avvertibile del latino umanistico nel campo della sintassi. Diversi altri tratti dalla forte connotazione locale, invece, non sono rappresentati nel corpus o lo sono solo in ragione non significativa, forse per marcare una distanza da elementi della parlata locale avvertiti come plebei. Potrebbere essere questa la motivazione soggiacente all’assenza di qualsiasi testimonianza del passaggio del dittongo tonico uo a io (§6.3.1.2) e dell’ancora parziale alveolarizza-
15 Prada (1995, 162); Palermo (2010, 167).
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8 Conclusioni
zione delle affricate palatali (§§6.3.3.6–6.3.3.7), pure già avanzata nei documenti ufficiali di primo XVI secolo (Tomasin 2001, 155). Tuttavia, a ulteriore conferma della complessità del tema, fonologia e morfologia dei Diarii parrebbero attestare anche isolati tratti prossimi all’uso vivo ignorati dalla maggior parte delle fonti per l’antico veneziano.16 Questa linea esegetica si può suggerire a proposito dell’abnorme serie di -m finali registrate nei Diarii, in fonosintassi o no (v. §6.3.3.13); la serie di verbi di prima classe costruiti mediante il suffisso fattitivo -izar, pure assai produttivo nella derivazione di verbi a partire da nomi e aggettivi, non è rappresentata in modo significativo nei documenti ufficiali (Stussi 1965; Sattin 1986; Tomasin 2001) né ricorre nei brani linguisticamente più fedeli alle fonti (CapFed, RelSag, LettTar).17
8.4 Osservazioni riassuntive I monumentali Diarii di Marin Sanudo offrono a tutt’oggi nuovi materiali e nuove sfide ai più diversi livelli della ricerca. Le dimensioni eccezionali rendono però inevitabilmente ardua un’analisi complessiva dell’opera. Struttura e lingua di parti dei Diarii sono state prese in esame rispettivamente da Fedi (1994) e Lepschy (1996), mentre ricche schede lessicali relative ad essi sono confluite nel fondamentale Dizionario veneziano della lingua e della cultura popolare nel XVI secolo di Manlio Cortelazzo (2007). Tutte queste ricerche si fondano sul testo dell’edizione Fulin et al. che vide la luce tra il 1879 e il 1903. Nel presente lavoro si è cercato di arricchire il quadro delle conoscenze su questo preziosissimo documento sul fondamento degli studi già disponibili e cercando di seguire criteri storico-linguistici e filologico-editoriali aggiornati. Base testuale di gran parte delle osservazioni è stato il manoscritto autografo conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia.
16 Caratterizzare con precisione le varianti diastratiche delle lingue del passato è sempre un’operazione rischiosa. Nel caso del veneziano tardorinascimentale queste valutazioni possono tuttavia fondarsi su dati piuttosto espliciti: la gran parte della documentazione è riferibile ai filoni legislativo, burocratico, notarile e politico; la conoscenza degli usi linguistici esterni a quello «cancelleresco» è affidata in sostanza all’uso letterario riflesso e a testimonianze di semicolti (cf. la recente rassegna in Tomasin 2010a, 73–81). Perfino sul versante lessicale sono possibili, e sono state avanzate, osservazioni diasistemiche: così Mancini (1994, 861) nota come molti turcismi di scarsa diffusione nell’uso comune dovessero essere pane quotidiano per chi si trovava regolarmente a contatto con i testi della politica e della diplomazia, come prova la loro considerevole presenza nei Diarii. 17 La chiusura in i della vocale suffissale, d’altra parte, sembrerebbe esclusiva del veneziano all’interno del sistema delle parlate settentrionali (Rohlfs 1966–1969, § 1160).
8.4 Osservazioni riassuntive
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Quest’opera, che corona una vita di instancabile attività letteraria, appartiene al sottogenere della cronachistica del contemporaneo (Gegenwartschronistik), che visse una stagione di improvvisa fioritura nell’Italia centrale e settentrionale di fine XV–inizio XVI secolo. I censimenti bibliografici tendenti sempre più all’esaustività permetteranno certo nei prossimi anni considerazioni complessive in grado di fare luce sulla storia e sulle caratteristiche del genere in questo contesto geografico e cronologico e forse al di là di esso. Un documento dalla natura così composita, oscillante tra la raccolta preliminare di documentazione e l’opera storiografica compiuta, si potrà più agevolmente interpretare quando ne siano finalmente note le circostanze di redazione, finora non del tutto chiare. Il processo di scrittura che pare più economico ricostruire sulla base dei risultati del presente esame dovette seguire per la gran parte una routine quotidiana in due tempi. Ogni mattina Sanudo annotava le attività del Senato e le notizie che vi venivano diffuse, con completezza o per accenni, in tempo reale o attraverso verbali ufficiali, inframmezzandole con informazioni estemporanee e con le promesse di copiare in seguito documenti citati en passant a vario titolo durante le sue attività mattutine; queste trascrizioni venivano inserite in seguito, non senza incoerenze, trasposizioni e lacune, di norma nel pomeriggio e nella sera (dapoi disnar) dello stesso giorno. La bipartizione piuttosto regolare di questo procedimento redazionale si rispecchia anche, in certa misura, nel registro linguistico delle due fasi. Si è ripercorsa per grandi linee la storia del testo a partire dalla riscoperta settecentesca, soffermandosi in particolare sulla verifica della coerenza con cui gli editori incaricati dalla Regia Deputazione Veneta di Storia Patria nel 1877 si attennero al loro lodevole proposito di «fotografare» il manoscritto. I campioni qui considerati mostrano diverse oscillazioni non trascurabili, del resto non sorprendenti in un lavoro editoriale di tale impegno e durata in quel momento storico e limitate in sostanza agli aspetti grafici e fonomorfologici. Su questi piani l’edizione non appare nel complesso affidabile: a una serie di modernizzazioni non sistematiche, come la perdita delle scrizioni arcaiche ‹rss›, ‹lss› (> ‹rs›, ‹ls›) e ‹cha› (> ‹ca›) e la neutralizzazione di tratti caratteristici del veneziano (/-m/ > /-n/), si accompagnano di converso, per lo più senza un criterio evidente, arcaismi e venetismi non autentici (aver > haver, tutto > tuto). Sono risultati particolarmente esposti a modifiche imprevedibili i toponimi, gli antroponimi, i numerali e gli elementi latini. Dei sei campioni di testo si è qui proposta una riedizione di carattere conservativo, per la quale si è cercato di mantenere una continuità con l’usus delle recenti e meritorie edizioni di diversi altri lavori di Sanudo curate da Angela Caracciolo Aricò. Gli estratti sono stati scelti in modo da rappresentare passaggi tematicamente eterogenei redatti a intervalli di tempo pressoché regolari tra il 1496 e il 1533. L’ultimo
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8 Conclusioni
campione contiene la più antica menzione di un celebre apocrifo petrarchesco, finora ignorata nel dibattito critico sulle sue origini. In apparato si registrano tutte le deviazioni dal dettato dell’ed. Fulin et al., nella forma di una nota a piè di pagina all’inizio di ogni nuova pagina del manoscritto, separando in una nota distinta e immediatamente successiva gli eventuali interventi più profondi. Non si registrano le discrepanze derivanti da un diverso scioglimento delle abbreviazioni rispetto all’edizione. L’esame linguistico condotto sul corpus così composto, e in particolare sul primo dei campioni, conferma nella sostanza l’alto grado di toscanizzazione raggiunto dal veneziano «illustre» e la sua polimorfia; permette inoltre di descriverne la sostanziale continuità con la forte tradizione latinizzante e con le koinai settentrionali contemporanee, in particolare nelle loro declinazioni cancelleresche. Le affinità sono in gran parte in negativo, cioè consistenti nell’assenza di tratti toscani (anafonesi, innalzamento di e protonica, passaggio -ar postonico e intertonico > -er- e -ARIU (M ) > -aio, futuri sincopati del tipo vorranno, estensione d’uso del passato prossimo); si possono però citare, con qualche cautela, anche elementi positivi: lo pseudolatinismo lhoro, le frequenti prostesi di a- in verbi inizianti per consonante, la desinenza -eno alla sesta persona dell’indicativo presente della seconda e terza coniugazione, l’uscita di quinta persona -ti, oltre a diverse particolarità sintattiche, quali la predilezione per le frasi infinitive e l’ellissi di alcune parole grammaticali, e a non poche corrispondenze lessicali. Le copie, ma non i riassunti (sumari), dei documenti originali si confermano linguisticamente eterogenei rispetto alle altre parti dell’opera: a titolo di esempi, le condizioni della resa degli occupanti francesi di Gaeta (188v 1–190r 13), la lettera dei tarantini alla Repubblica (198v 1–48) e l’ambasceria di Carlo V (E 232r–233v) conservano con evidenza una veste latineggiante (grafie ‹mn›, mano pl.) e tratti non settentrionali (gente, ogi) o comunque anomali rispetto all’impasto tosco-veneto del resto del testo (fora, futuri in -arà, prevalenza dell’articolo determinativo lo su el / il). All’inverso, la trascrizione del sommario della Relazione di Alvise Sagudino (192v 1–193r 49) riflette elementi del veneziano altrove censurati: i pronomi personali soggetto l’ anziché lui ed ela anziché lei e l’oggetto i anziché li, il plurale popoli anziché populi e la variante scempia dell’anaforico diti / dite. Nel complesso le trascrizioni di Sanudo, complete o parziali, si distinguono pressoché a ogni livello dell’analisi linguistica (sono emersi circa 20 tratti discriminanti) dall’insieme delle parti redatte in modo più libero rispetto alle fonti. Si è potuto così ricostruire, per diversi aspetti e sia pure in via ipotetica, un qualche ordine nella grammatica apparentemente incoerente del testo distin-
8.4 Osservazioni riassuntive
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guendo con qualche verosimiglianza le alternative assunte passivamente da quelle più prossime all’uso vivo della lingua e della scrittura dell’autore. Data la relativa esiguità dei campioni bisognerà usare cautela nel tracciare linee evolutive nella grafia, nella grammatica e nel lessico dei Diarii nel corso della loro pluridecennale redazione. Un primo confronto tra gli estratti sembra rivelare però una complessiva fedeltà alla tradizione scrittoria locale, contraddetta dal regresso di alcuni elementi tradizionali, spesso di carattere latinizzante, come le consonanti doppie postconsonantiche, il nesso ‹ct› e la forma ‹ducha›, oltre che dalla crescente frequenza della preposizione articolata alla che soppianta a la / ala. In prospettiva lessicologica i Diarii costituiscono un preziosissimo documento del rapido rinnovamento del vocabolario italiano a cavallo tra XV e XVI secolo. La lessicografia scientifica del XX secolo si è rivolta a essi con crescente interesse. Nel presente lavoro si è cercato di illustrare ulteriormente il patrimonio lessicale dell’opera, previa un’indispensabile riduzione del campo d’indagine. Si sono tentate due strade: una drastica selezione del vocabolario dei campioni del manoscritto nell’edizione qui proposta (in particolare del primo) e la selezione su base semantica dei materiali forniti dall’intera ed. Fulin et al. In quest’ultimo caso l’esame è stato ristretto al campo semantico dell’artiglieria.18 I risultati, pur provvisori e parziali, portano a ritenere che i Diarii contengano ancora molte potenziali integrazioni alla lessicografia storica ed etimologica del veneziano e dell’italiano: ne fanno fede tanto i casi di possibile revisione di trafile acquisite (dezembrio, *falconetto, *schioppo) quanto le numerose retrodatazioni (*sacro, *schioppo, strapagar, straparlar). Come ad altri livelli della lingua, l’elemento veneziano nel lessico appare ormai assai sbiadito a vantaggio di un generico settentrionalismo di koinè (cf. s.vv. conduta, condutier, (esser) a le man, (esser) bona causa di, expedir ‘compiere; spedire’, a’ favori di, instrution, poner campo a, preparamento, recapito). Il rinnovamento in atto nel vocabolario, provvisoriamente postulabile in base alle numerose prime attestazioni, avviene sia attraverso numerosi prestiti provenienti soprattutto dall’Europa occidentale (cf. s. vv. alozamenti, alabardieri (pedestri), bassà, imbarazar(se), roy, aponctamenti, comandadore) che grazie a neoformazioni endogene. Emergono ad esempio alterati lessicalizzati (*bombardela, *canonzino) e derivati mediante affissi particolarmente produttivi (-ador, -izar, stra-). Alcune glosse o informazioni esplicite con-
18 Come nel paragrafo §7.5 i lemmi di questo secondo glossario, citati secondo l’ed. Fulin et al., sono segnalati con un asterisco.
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8 Conclusioni
sentono, seppur di rado, di fissare l’atto di nascita di talune voci: la coniazione di *aspido ‘cannone’ sembra registrata alla colonna 149 del volume 20. In alcuni casi è possibile fare tesoro dell’anomala lunghezza della redazione per azzardare qualche considerazione diacronica sul lessico: la si è tentata ad esempio per *bombarda, *bombardela, dapoi disnar, inter patres, securtà, vicedomino. Nella terminologia relativa alle bocche da fuoco si può cercare di seguire per grandi linee e, per così dire, in tempo reale l’adeguamento del lessico alle innovazioni materiali costituite dalle nuove tecnologie che prendono piede in Italia in questo volgere di anni, introdotte anzitutto dall’esercito francese. Ciò avviene ora attraverso estensioni di significato (*banda, *bocca, *pezzo), ora per locuzioni esplicative (*artellarie da batter, *pezi da muraia, *artilaria granda), ora con prestiti adattati (*colubrina, *cortaldo, *falcone).
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10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni a- 277, 302s. a campo 405 accepto 397 acciò (che) 337 acresimento 397, 504 adoncha / aduncha ‘dunque’ 331, 367, 512 -ador 505, 523 a’ favori di 421s., 502, 517, 523 affusto 490 -aio 290, 522 alabardieri pedestri pl. 397, 504, 523 a la grecha 426 alcuno 283s. al discoverto 417 alemano 307 alguno → alcuno alozamento 397s., 504, 516, 523 alozar 397, 516 altro 293 amador de paxe 398 ambasador / ambasiador 282s., 291, 512s. (andar) a campo 405 – di mal im pegio 398 – a la maza 398s. – a piombino 398 angaria 399 anima 399 antivaresi pl. 504 -anza, -enza 254 apiacer 302 a piacer 436s., 506 apogi pl. 490 apontamento 399, 504, 523 archibusaria 474 archibusata 496, 503 archibusiero 499 archibuso 472s., 503, 506 arente 334, 519 -arìa 505 armada / armata / armà 282s., 399 arme pl. 313 armigero 399 -aro → -aio arsenal 399s.
artellaria / artegliaria / artigliaria 400, 463s., 496, 503, 506 – (da batter, da batteria, grosse, da bombardar, grande, murale) 469s., 503, 524 – (di / da campo, de caretta, mezane, menude, di quarto, da campagna, leggiera,campale, campestre, da rota) 470–472, 503 – (di seguranza, di securtà) 496, 505 artificiere 500 artificii di foco 488 artigliere 500 as(s)oldare 414, 506 aspido 475s., 504–506, 524 assa’ / assai / assaissimi 295, 368, 516 astesana 400 a tante a tante 451, 503 atento (che) 336 aterzar 429s., 515 avantaggiar 400 (haver) a pat(t)i 427, 506 averta 451 avosto ‘agosto’ 303, 512 azò (che) → acciò (che) azonzer 400 balle pl. 492, 503, 505 bal(l)ota 491s. bal(l)otar 400 ballotazion 400s. balotelle pl. 492 balzello 401, 504 banda (larga) 401 – (di artiglieria, di pezi di artellarie) 464s., 503, 524 barza 401 barzoto 401 basilischate pl. 497 (mezo) basilisc(h)o 476s., 505 bassà 401s., 506, 523 bastardela 477 bastion 402, 504 batando 402, 503, 506, 517
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10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
bat(t)aria / bat(t)eria 495s. batipali 402, 506 batitura 496, 503 baxilisc(h)o → basilisc(h)o baylo 402 -bele → -bile belletissimo 278s., 502 ben in hordine → in hordine biava 303, 403 -bile 269 biombo ‘piombo’ 309 boche (de foco, di artiglierie, de canoni, di bombarde, de falconeti, de spingarde, di sacri, armade) pl. 465s., 503, 524 bol(l)etino 403 (artelaria) bombarda 466, 477s., 504, 505, 524 bombardamento 495 bombardar 496 bombardel(l)a 478, 504s., 517, 523s. bombardiera 493 bombardier(o) 500 bonazar 404, 506 bono 259 bossolo 404 bot(t)e 404 – de fogo 488 botte pl. 497 brachizar 404, 503, 506 brazo / braza 404 bregantino 404s. brexanna 277, 405 butar in / a stampa 405, 506 cha ‘che’ 335, 517, 521 Cai pl. ‘Capi’ 280 calafato 133 calonego 309 campizar 405 campo 405 cancelier (grando) 405s., 503s. candeloto 502, 505 canonata 497, 503 canone 466, 478s. – perieri 305, 479, 513 canoneri pl. 500, 504 canoniera 493
canonzino 479, 503, 505, 523 canzelier → cancelier capeleta 505 capitanio / capetanio (zeneral) 265, 406 – (delle artiglierie) 500s. capo di artilarie 500s. c(h)arata pl. 408, 506 c(h)arazo 285, 408 c(h)arete pl. 490 c(h)arezar 406, 506 cargar → caric(h)ar car(r)i / car(r)a pl. 490 cariagi / cariazi pl. 490 caric(h)ar 300 carisce / carisee pl. 207 carta bergamena 281 cassa 490, 503, 506 castelan 406s., 506 castelanaria 407, 506 castrone 407 cavali pl. 407 – di artiglierie 466 – lizieri 407, 504 cavalier 407 cegnar 407s. cerbottana 475 cere pl. 408 chiecaia 198 chiesa / chiexa 289, 309 circa 247, 334, 509 citadela 408, 506 coda 493s., 506 cognominar 408s. coladena / colaina 409, 503, 550 collar 409, 506 collega 409, 506 collegato 409, 506 Collegio 409s. colloniense 410, 504 colombina / colombrina / colubrina (bastarda) 480s., 503, 517, 524 colpo 497 comandador 410, 503, 504, 506, 523 come / como 337, 517 compito / compido 410 comprada / compreda ‘acquisto’ 312 concordiense 410s., 504
10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
conducere / condur 262, 411, 506 conduta 411, 502, 523 condutier 411, 502, 523 confalonier 411s. confecion 412 con li spironi im piedi 448, 503 conquassato 502 conservation(e) 412 consiglio / conseio 256 – di Pregadi → Pregadi consulto 412, 506 contà / contato / contado 412, 506 contra 334 conversare 412s., 502, 517 conzar 413 corador 413, 506 corer 413 cortaldo / curtale 481, 506, 524 curzense 284, 413s., 504 cusin (zerman) 455 cussì 270, 509 custione 414 da 332s. danizar 414 dapoi disnar 417, 505, 521, 524 (darsi) bon tempo 414 dar bote 414 – la bataglia 414 – soldo 414 d’avantaggio 369 d’aviso 414 de → di de- / di- 263 de bisogno 403 decima 414s. declaratione 415 de pari voto 454 deposito 415 des- / dis- 263s. descavedar 415 desviar 415, 506 dezembrio 415s., 503, 523 di 263, 331s., 335 diaria 40, 50 diario 41 dieta 416
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di facile 332 difenzar 416 di longo / di lungo 430s. disarmar 416 disconfortar 416s. disnar 303s. dito / ditto ‘detto’ 261s., 381, 515, 522 doana 417 domente che 335, 519 dominio 417, 506 doppio canon 479, 503 dover(e) 289, 346, 355, 357, 360, 371, 516 drio / driedo 282 drizato ‘indirizzato’ 417s. dubitar 418 duca / ducha 247, 515 ducato 247, 418 edit(t)o 418 elemano → alemano en → in -èr 290 effemeride 40 essere: hè 253, xè / zè 346, sonno 277, erra / errano 277s., (h)essendo / siando 253, 363, 516 – a le mano 418s., 502, 523 – bona causa di 403s., 502, 523 – forzo 423 – in consulto 412 – in libertà di 419 excusatione 419 exequie 313s. expedir 419, 502, 505, 523 expedito ‘veloce’ 419, 505s. falchi pl. 482 falc(h)onet(t)o 481s., 503s., 523 falconi pl. 482, 524 fameio 419s., 506 fantaria 420, 503, 506 fantasia 420, 506 fanti ad pede 420, 503 fantopini pl. 421, 503 far 286 – armata / zente / la massa 421 – fat(t)i 433
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10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
– novità 433 – provision 441 – le spexe a 421 fassicullo 421, 502, 506 faxeto ‘fascetto’ 207 fermo 422 fin(o) (a) 334, 336 fiorini pl. 422 fiorito 422, 506, 512 flischo 422, 505 fogi pl. → fuogi fondi 311 fonteger 422 fontegeto 505 fontego 268 fora ‘fuori’ 259, 334s., 509, 522 forchade pl. 491, 506 formento 271, 306 fornir 422 forteza 423 fortissimo 422, 506 fortuna 423 forzo 423, 506 fragelatione 309 fuogi (artificiosi, artifiziadi, artificiali, lavorati) 487s., 503 furatola 423s. fusta / fusto 424, 503 gabella 424 galea / galia / galera (sotil, bastarda, di viazi) 424s., 506, 512 – sibinzana 450 galeaza 424, 506 galione / galeone 425, 503, 506, 512 garbuio 425 gato 425s., 503, 506 gente (de guera, de mare) 426, 502 gentilhomo 253, 286 get(t)o 497, 503 gianizaro / gianicero 285, 426 Gran Canzelier 406 grande / grando 314s. gratuir 426 graveza 426 grifalchi pl. → zirifalchi gripo 426
guadagno 426 guastar 426, 506 guerra 277 gurcense / gurzense → curzense gusi pl. 426s. iandusa 292, 427s. ianizero, ianizaro → gianizero -icar(e) 247 imbaracarse / imbarazarse 428, 506, 523 imbas(s)ador → ambasador impresa 428, 506 in 264 in- 264 in amor 398 inanimar 428 inclination 428 incontinente 368 in favor di 422 ingaiardar 428s., 506 ingravedarse 429 ingrossar(e) 429 inimico → nimico in hordine 427 in questo mezo 368 insir 304 instrumenti de focho 467 instrution 429, 502, 523 intanto che 336 inter patres 434, 505, 524 interzarsi 429s. intrada / intrata 282 intrar 305 in tutta beleza 402s. investire 429 inzoc(h)ador 491, 503s. inzocar 491, 503 iotonie pl. 430 -issimo 278 -izar 273s., 505, 520, 523 lai ‘lato’ 311 lanze tosegate 488 Lega Grisa 389 legno 430 let(t)ere pl. 339 let(t)i pl. 491, 506
10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
licentia 430 livido 430 maestro dell’artiglieria 501 Maior Conseio → Mazor Conseio malmenar(e) 431, 506 maltratar(e) 431, 506 man(e) pl. 314, 518 manazar ‘minacciare’ 307s. manzarie pl. 431, 506 marchesc(h)o 431 matutino 431 Mazor Conseio 431s., 506 medemo 304, 509 meter 432, 506 – a sacho 432 meze colubrine pl. / mezo colubrin 480s., 503 mezi baxilischi pl. 477 mezo canon 479s., 503 mia italiani 432 milanese 432 milia italiani → mia italiani militia 432 monega 271 monitione 494 mortali / mortari pl. 483, 506 moschet(t)o 473 motizar 432 muda 432 munega → monega munegin 270s. munitione → monitione mutation (di stato) 432s., 506 mysticho 433 nadrazes 130 nave biscaina 433 – de sacro 433 naviglio 313 nimico 299s. nis(s)un(o) 331 niun(o) 331 novembrio 433 novità 433 observatione 433, 506, 517 obviar 433s., 506, 517
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offensione 434, 506 olaco 219 oltra 367 homo / huomo 259 – da bene 427 – del diavolo 427 – di artilarie 501 opereta 505 opinion 314 ordinadamente 434 organeti pl. 484, 503 orsino 505 pacific(h)ar 434 padre 434 palla → balle pal(l)andaria 434s. palmarse 435, 503 parar 435, 502 paraschelmo 435s. parizo → tuor il parizo parlamento 436, 517 pas(s)avolante 483s., 506 pavion 436 pedra → piera per 332s. – bona via 454, 506 – causa de / di 334 – odio o per amor 434 perdeda / perzeda 312 perhò ch(e) 336 perseguitar(e) 436 persone pl. 436, 506 petra → piera petrara 475 peza 436 pez(z)i (di artiglierie, di colubrine, di falconeti, di foco, di mezi canoni, de canon, da muraia, da campo, da campagna) pl. 467–469, 471, 503, 506, 524 piantada 437, 502, 506 piato 437, 506 piegiaria 437 piera / pietra 492s. pignate (de fuogo, di fochi artificiali, de foghi lavorati) pl. 488s. piombo 493
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10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
pisano 242 più 292, 295, 519 plui → più poi disnar → dapoi disnar polvere 494s., 506 poner a sacho → meter a sacho – campo a 405, 502, 523 Porta 438, 506 posoni pl. 504 possa che ‘poiché’ 336 preditto 261 Pregadi 438 preg(i)erie 272, 437s. preparamento 438, 502, 506, 523 presa 438, 506 presentaneo 438 presonier 439, 506 presuposito 439 prima tonsura 389 primavera 451 primo 439 – Canzelier 406 (Serenissimo) principe / prencipe 256s., 439 Procuratia 439 promision(e) 439 protesto 440 prothonotario 440 proveditor / -ador 440s., 505s. – alle artiglierie 501 provision 441 provisionato 441 puto 441 qualunche / qualuncha 294, 331, 512 quantunche 294 quarto de canon 480, 503 quelui / quelloro 330, 512 rachete pl. → rochete ramin 441, 506 re- → rireame 442 recapito 442, 502, 523 rector 442 reducere / redurse 262, 442 regente 442s., 504
reinsir 304 remeter 443 requisition 443 retor → rector ri- 264s. ritornata 452 robar 271, 280 rochete pl. 489 rode pl. → ruode ronzada / ronzà 497s., 503 roy 443, 504, 523 rufianel(l)a 484, 503s. rumor 443 rumper → romper ruode 491, 506 sacro / sagro 484, 503s., 523 salnitro 495 salvadicine pl. 443 salve pl. 498, 503 salvo conduto 443s. San Marc(h)o 444, 517 sasom / saxom 444 sbaramenti pl. 498, 503 sbicarderi pl. → spincardhari scaie pl. 493 scalosie pl. 444 scapol(l)ar 444 scapolo 444, 506 schienza 304, 493 schiopetaria 474 schiopet(t)iero / sciopetiero 499 schiopet(t)o / sciopeto 473s. schiopo / sciopo 474, 503, 523 scorer 444 scovaze 280s. scriver(e) 382 scuoder 444s. se pron. → si seconiense 445, 504 secretario 283, 445 securamente 283, 445 securo 283 securtà 445, 524 segnor → signor seguire 293 sempre che 336
10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
sentar 445 sequire → seguire seragio 446 serpentine / serpentini pl. 485, 517 sguizaro → svizero si pron. 265 signor 266 – di la campagna 446, 503 sindico 446 smerigli pl. 485, 503 Sofi 446s. solutione 446, 503 Sophi → Sofi sopracomito → soracomito sopraditto 261 soprastar 447 sora ‘sopra’ 280 soracomito 447 soto la tolela 452 spalanga 447, 506 spazar 448 spincardhari / spinganderi 499 spingarda 485s., 504, 517 spingardel(l)e pl. 486, 505 spingardiera 493 spingardon 486, 506 spironi → con li spironi im piedi squadra 448, 506 ster ‘staio’ 448 sterlino 448, 503 stopino 495 stradioto → stratioto strame 448s. strapagar 449, 503, 505, 523 straparlar 449, 505, 523 stratioto 449 Streto 449s. stridor 450, 506 stritura 450 sube pl. ‘giubbe’ 450 subir 450 successo 40 sumario 75, 508s., 512, 522 superarbitro 450 supersedentia 451, 503 supraditto → sopraditto svalizar 450
553
sviar 415 svizero 294, 512 symbinzana 450 -tae / -tade 311s. talian(o) 299 tansa 451 tansar / tanxar 451 tempo n(u)ovo 451 terminar(e) 451 termination 452, 506 terra 277 Terre Franche 452, 506 terzo del charazo 408 t(h)esorieri / texorier 452 timarlı 90 -tione / -zione 254s., 287s., 299, 313, 509 tiro 498s. tondi pl. 493 tornata 452 tortizar(e) 388 trato 499 triverense 452, 504 trombe pl. 493, 506 – (de fuogo, di foco artificiato, di fuoco lavorato) 489 trozo 502 -tue / -tude 311s. tuor il parizo 452s. turbation 453 tuto → tutto tutto 279, 521 huomo d’arme 427 vascello / vassello 453 vastar → guastar veder (che) 453, 503 vegnir / venir 366, 519 – a campo 405 – alle mani 418s., 506 – su (denari) 453 vendeda 312 verific(h)ar 453s., 517 verta 451 vicedomino / visdomino 454, 505s., 524 vituaria 313
554
10 Indice delle voci, dei morfemi e delle locuzioni
volentiera 367s. zambeloto 454 zeneral 406 zenere 454 zenthilomo → gentiluomo zercha → circa
zerchar 455 zerman (cuxin) 455 zirifalchi pl. 486, 504 zochi pl. 491 zuoba 289