Guns. Contro le armi 8831379038, 9788831379038

Il più grande scrittore di thriller e horror al mondo si schiera contro la violenza armata. Uno Stephen King inedito in

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Italian Pages 112 [116] Year 2021

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Guns. Contro le armi
 8831379038, 9788831379038

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"Quanti ancora devono morire, prima che si possa abbandonare questi giocattoli pericolosi?"

l 14 dicembre 2012 un ra­

I gazzo di vent'anni uccide

27

persone, tra cui 20 bambini fra

i 6 e i 7 anni. Subito dopo que­ sta strage, Stephen King scrive Guns, un testo urgente, dove

rabbia e dolore sembrano qua­ si uscir fuori dalla carta. Cosa bisogna fare per evitare che un ragazzo spari con un fucile d'assalto? Quali soluzio­ ni, quali proposte? Quali pene? Stephen King prende la paro­ la e suggerisce alternative alla violenza armata. Sei capitoli per ricordarci che la vera guerra non si combatte in Afghanistan, ma tutti i gior­ ni nelle strade degli States. In America, circa ottanta per­ sone muoiono ogm gwrno a causa delle armi da fuoco.

#ARMI #VIOLENZA #AMERICA

l Foto di Jay Rembert l

Per completare un lìbro c'è bìsogno che qualcuno ìmmagìnì quello che non c'è.

le mosche bianche 4

GUNS Stephen King contro le armi

traduzione di Ercole Leo

Marotta&Cafiero

Titolo originale: Guns

©STEPHEN KING, 2012 Prima edizione: 2020

ISBN: 9788831379038 Traduzione: Ercole Leo Editing: Maurizio Vicedomini ©Marotta&Cafiero editori srl presso "La Scugnizzeria" Via Circum.ne Esterna 20/A 80017

-

Melito di Napoli

[email protected] www.marottaecafiero.it Stampato in accordo con l'autore c/o The Lotts Agency, Ltd, grazie al contributo della Regione Campania.

CoMPOSIZIONE TIPOGRAFICA Gill Sans Nova, 2015, E. Gill, G. Ryan joanna Nova, 2015, E. Gill, B. Jones

CA PITOLO UNO

LA DINAMICA

E

eco come vanno le cose. Uno, la sparatoria. Poche perso­ ne di mezza età fra chi preme il

grilletto, e praticamente nessun anzia­ no. Qualcuno è giovane; molti sono

solo ragazzi. Gli assassini della scuola di Jonesboro, Arkansas, avevano tredi­ ci e undici anni. Due, i primi servizi al telegiornale, accompagnati da musichette squillan­ ti e drammatiche scritte

"ULTIM'ORA"

in basso sullo schermo. Nessuno sa realmente che cazzo stia succedendo, ma è eccitante. C'è la foto del luogo;

c'è la cartina presa da Google o Bing. La redazione del telegiornale si sta facendo il culo nel tentativo di met­ tersi in contatto con qualche giorna­ lista locale. Tre, la conferma che non si tratta di un falso allarme: ci sono delle vitti­ me! Sangue americano è stato versato! Aeroplani con giornalisti e troupe te­ levisive iniziano a rombare sulle piste di New York e Atlanta, in direzione di qualunque paesino sia stato messo sotto i riflettori da uno psicopatico con la pistola. Quattro, il primo video. Viene sem­ pre da un cellulare. Ce ne accorgia­ mo perché è corto, ed è tutto storto e sgranato. Mostra per lo più gente che corre. Cinque, la prima diretta sul posto, condotta da quei reporter locali che devono tenere banco fino all'arrivo della troupe principale. Sono eccita­ tissimi per l'inaspettata apparizione sulla scena nazionale, nonostante al­ cuni lo nascondano meglio di altri. Qualcuno userà l'espressione "am­ monta a" seguita da un numero. Que­ sta forma sarà impiegata dozzine di volte durante la prima ora, mentre i

reporter si avvicinano lentamente al conteggio finale. È come assistere a un gioco di probabilità.

Ammonta a sei. No, ammonta a dodici. No, alcuni testi­ moni che sono riusciti a mettersi in salvo dicono ammonti ad almeno otto. Sei, l'equazione corretta: X morti, Y feriti. Sette, la prima intervista a un agente di polizia. L'Agente Uno non dice nulla di concreto, e non è ob­ bligato a farlo. Il suo lavoro consiste nel sembrare deciso e parlare in ger­ go poliziesco. Otto, l'assassino viene identificato in modo errato. Nove, il primo resoconto in tempo reale davanti all'ospedale locale, pre­ feribilmente con un'ambulanza sullo sfondo. Punti bonus se l'ambulanza arriva con luci e sirena. Dieci, l'assassino è identificato in modo corretto e ci tocca vedere una foto tratta dall'annuario scolastico in cui il tipo somiglia praticamente a chiunque. È aperta la caccia a una fotografia in cui somigli al nostro peggior incubo. Undici, la prima intervista a un mezzobusto. Il busto parla dell'uso

delle armi. Potrebbe anche mettere in mezzo la cultura della violenza in America, ma è probabilmente trop­ po presto. La "cultura della violenza" deve in genere aspettare fino alla terza o quarta intervista a un mezzobusto. Dodici, interviste a testimoni ocu­ lari, la maggior parte dei quali è in lacrime e ha difficoltà a esprimersi (verrà usata l'espressione "rumori di spari"). Un giornalista che guadagna parecchi soldi per porre domande talmente idiote da suonare surreali chiederà: "Come ti sei sentito?" Tredici, ha inizio la copertura com­ pleta dell'evento da parte dei notiziari via cavo. A questo punto le redazioni stanno forse mettendo insieme i fil­ mati migliori, e li vedremo più spesso di Fred Thompson che pubblicizza i prestiti vitalizi ipotecari. Quattordici, iniziano i riepiloghi delle precedenti sparatorie. Ci mo­ streranno le superstar degli squili­ brati e sociopatici d'America, anco­ ra e ancora: Harris, Klebold, Cho, Mohammed, Malvo, Lanza. Sono que­ ste le persone che ricordiamo, non le vittime. Le redazioni dei notiziari sono affezionate in particolar modo

alla foto segnaletica di James Holmes, l'assassino del cinema di Aurora per­ ché, diamine, quel figlio di puttana ha proprio un'aria da pazzo. Lui è il nostro peggior incubo! Quindici, interviste con persone che conoscevano l'assassino. Con­ cordano tutti nel dire che era un po' strambo, ma nessuno si aspettava che avrebbe fatto una cosa

del genere.

Sedici, inizia quello che i notiziari sanno fare meglio, e che continuerà per le successive settantadue ore: un lento e lussurioso leccare le lacrime dai volti dei familiari delle vittime. Ci fanno sorbire interviste con ma­ dri e padri in lacrime; interviste con fratelli e compagni di classe allibiti; flotte di carri funebri in viaggio dalla chiesa verso il cimitero; funerali con fiori, orsetti di peluche, fotografie, e cartelli che dicono CHEREMO MAI.

NON TI DIMENTI­

La parte più bella del

punto sedici è che i canali via cavo sono liberi di trasmettere di nuovo messaggi pubblicitari. Come risultato, potremo passare direttamente da un funerale a informazioni su pannoloni per adulti, o su prodotti per induri­ re il pene, oppure su come il seguire

una certa linea verde lungo il pavimento della cucina ci farà passare gli anni della pensione nel paese di Bengodi. Diciassette,

l'NRA1

annun­

cia che non commenteran­ no l'accaduto fino a quando i dettagli non saranno chiari. Anche per rispetto nei con­ o

fronti delle vittime. I legisla­

2

tori favorevoli alle armi da

u o

"' ""

E

... "'

fuoco si rifiutano di rispon­ dere alle chiamate delle testa­ te giornalistiche. Diciotto, i politici instaura­ no un dibattito nazionale sul controllo delle armi da fuoco. Questo dibattito è incentra­ to su automatiche e semiau­ tomatiche, e sui caricatori ad alta capacità (l'arma che Adam Lanza usò alla Sandy Hook per massacrare quasi due dozzine di bambini era una Bushma­ ster

AR-15.

Aveva con sé anche

una Glock calibro 10, una pi­ stola così grande che viene as­ segnata alle guardie forestali in Groenlandia, nel caso in­ contrino orsi polari).

Diciannove, l'NRA torna sul pez­ zo (anche se lo fa in abiti da batta­ glia), proclamandosi assolutamente contraria a qualsiasi modifica delle leggi sulle armi da fuoco. Nella sua dichiarazione ufficiale, attribuisce la colpa all'assassino e alla cultura della violenza americana. Sottolinea, peral­ tro, il fallimento di psicologi e p si­ chiatri nell'individuare persone po­ tenzialmente pericolose, nonostante gran parte dei senatori e dei rappre­ sentanti statunitensi visti di buon occhio dall'NRA non vogliano che un solo centesimo degli aiuti federali sia speso per migliorare quel genere di servizi (caspita, già devono pensare a quel fastidioso deficit). L'NRA non dice esplicitamente che anche le vittime sono da biasimare perché hanno pen­ sato di poter vivere in America senza una pistola addosso o nella borsa, ma è un sottinteso difficile da ignorare. Venti, c'è un tornado devastante in Louisiana, o uno scoppio di osti­ lità nel Medioriente, o una celebrità morta per overdose di farmaci. Ecco che arriva la musica drammatica e la scritta "uLTIM' ORA". La sparatoria è messa in secondo piano. Ben presto

è in terzo. Poi resta solo un titoletto sotto il video divertente del giorno su YouTube. Ventuno, qualsiasi proposta di leg­ ge volta a cambiare le norme in vigore sulle armi da fuoco - incluse quel­ le che rendono possibile per quasi chiunque in America acquistare un fucile d'assalto ad alta capacità - an­ nega nella palude legislativa. Ventidue, succede di nuovo e rico­ mincia tutto da capo. Ecco come vanno le cose.

CA PITOLO DU E

OSSESSIONE

D

urante i primi anni del li­ ceo ho scritto il mio primo romanzo, poi intitolato

ting It On.

Get­

Presumo che se fosse stato

scritto oggi, e un professore di let­ teratura lo leggesse, porterebbe di corsa il libro al consulente scolastico e io mi ritroverei subito in terapia. Ma il 1965 era un altro mondo, un mondo in cui non dovevi toglierti le scarpe prima di imbarcarti su un aereo e non c'erano metal detector all'entrata delle scuole. Era anche un mondo in cui l'America non era sta-

ta costantemente in guerra per una dozzina d'anni.

Getting It On

riguardava un ragaz­

zino problematico di nome Charlie Decker, con un padre dispotico, una tonnellata di angoscia adolescenzia­ le, e un'ossessione per Ted Jones, il ragazzo più popolare della scuola. Charlie va a scuola con una pistola, uccide il professore di algebra e tiene in ostaggio la classe. Durante il tu­ multo che segue, si verifica una sorta di inversione psicologica, e gradual­ mente la classe inizia a considerare Ted il cattivo, anziché Charlie. Quan­ do Ted tenta di scappare, i suoi com­ pagni di classe - in teoria equilibrati - lo pestano a sangue. Charlie coro­ na il suo ultimo giorno di pubblica istruzione provando a farsi uccide­ re dalla polizia, quello che è talvolta chiamato "suicidio blu". Dieci anni dopo, quando la prima mezza dozzina dei miei libri erano già bestseller, rivisitai

Getting It On,

lo ri­

scrissi, e lo spedii al mio editore sotto lo pseudonimo di Richard Bachman. Fu pubblicato col titolo di Ossessione, ne furono vendute alcune migliaia di co­ pie, e poi sparì. O almeno così credevo.

Poi, nell'aprile del 1988, Jeff Cox, un liceale di San Gabriel, in Califor­ nia, entrò nell'aula del suo corso di inglese, asserì che "il terrorismo urba­ no è uno spasso", e tenne in ostaggio i suoi compagni di classe con un fucile d'assalto calibro 223 prodotto in Co­ rea. Aveva poche, modeste richieste: bibite gassate, sigarette, panini e un milione di dollari in contanti. Sparò diversi colpi, ma su pareti e soffitto, non sui ragazzi. " Non credo di essere in grado di uccidere qualcuno" dis­ se, "non credo di potercela fare". Uno degli alunni gli saltò addosso mentre l'altro era intento a maneggiare il te­ lefono, e lo disarmò. Quando la po­ lizia chiese dove gli fosse venuta una simile idea, rispose che l'aveva presa da un racconto sul dirottamento di un àeroplano in televisione. Ah, e da un romanzo intitolato

Ossessione.

Diciassette mesi dopo, un timido diciassettenne di nome Dustin Pier­ ce irruppe nell'aula del corso di Wor­ ld History nel liceo di Jackson, Ken­ tucky, con una Magnum calibro 44 e un fucile. Sparò al soffitto e ordinò all'insegnante Brenda Clark e a circa mezza dozzina di studenti di andar-

sene. Tenne in ostaggio altre undici persone mentre la polizia circonda­ va l'edificio e una squadra della SWAT si calava da un elicottero. Nel frat­ tempo, Pierce sfogliò il registro della Clark e disse: "Guarda quanto sono intelligente. Perché sto facendo tut­ to questo?" Pierce lasciò andare i suoi ostaggi, uno per uno, e alle quattro del pomeriggio c'erano solo lui e il suo revolver alla Ispettore Callaghan. "Temevo sempre più che si sarebbe ucciso" disse il negoziatore Bob Ste­ phens. " Sembrava stesse inscenando le vicende di un libro che stava leg­ gendo." Il libro era Ossessione. Dustin Pierce non uccise se stesso né nessun altro. Buttò via le armi e uscì dall'edi­ ficio con le mani in alto. Quello che in realtà voleva, come si è poi scoper­ to, era vedere suo padre. E voleva che - forse per la prima volta - suo padre vedesse lui per davvero. Nel febbraio del1996, un ragazzo di nome Barry Loukaitis entrò nella sua aula di algebra a Moses Lake, Washin­ gton, con un revolver calibro 22 e un fucile da caccia ad alta capacità. Usò il fucile per uccidere l'insegnante Leona Caires e due studenti. Poi, agitando in

aria la pistola, esclamò: "Questo è di sicuro meglio dell'algebra, no?" Una citazione da

Ossessione.

Un insegnan­

te di educazione fisica, compiendo un lodevole atto di eroismo, si scagliò ad­ dosso a Loukaitis e lo sottomise. "

Sembrava stesse in­ scenando le vicende di un libro che stava leggendo. "

Nel 1997, Michael Carneal, 14 anni, ar­ rivò alla Heath High School, a Padu­ cah, nel Kentucky, con una Ruger MK n

semiautomatica nello zaino. Avvi­

cinò un gruppo di preghiera extracur­ ricolare, si fermò un attimo per carica­ re la pistola e indossare dei tappi per le orecchie, poi aprì il fuoco. Uccise tre persone e ne ferì cinque. Poi gettò la pistola sul pavimento e gridò: "Ucci­ detemi! Vi prego! Non riesco a credere di averlo fatto!" Una copia di

Ossessione

fu ritrovata nel suo armadietto. Ne avevo avuto abbastanza, anche se all'epoca le sparatorie di Loukaitis

e Carnea! erano le uniche associate a

Ossessione di cui mi fosse giunta noti­ zia. Chiesi ai miei editori di ritirare dal commercio il romanzo, cosa che fece­ ro, anche se non fu facile. Era ormai parte di una raccolta che conteneva tutti e quattro i libri di Bachman (in aggiunta a

Ossessione, c'erano La lunga marcia, L'uomo in fuga e Uscita per l 'infer­ no- un altro racconto su un assassino armato con problemi psicologici). La raccolta di Bachman è ancora disponibile, ma al suo interno non troverete Ossessione. Secondo

The Copycat Effect,

scrit­

to da Loren Coleman, mi sarei an­ che pubblicamente scusato per aver scritto

Ossessione.

Nossignore, nos­

signora, non l'ho mai fatto e mai lo farei. C'è voluto più di un roman­ zo breve per far sì che Cox, Pierce, Loukaitis e Carnea! facessero ciò che hanno fatto. Erano ragazzi infelici con radicati problemi psicologici. Ragazzi bullizzati a scuola, maltrat­ tati a casa da genitori assenti o vit­ time di veri e propri abusi. Sembra che abbiano agito in trance - due di loro addirittura si sono poi chiesti ad alta voce perché lo avessero fatto.

Rispetto a ciò che gli stava capitando prima che agissero:



Cox passò diverse settimane in un re­

parto psichiatrico della Contea di Los Angeles, dove parlava di infilarsi una pistola in bocca e premere il grilletto.



Pierce era l'effetto collaterale di un

brutto divorzio; il padre lo aveva ab­ bandonato e la madre gli diceva spes­ so che si sarebbe suicidata.



Carneal veniva bullizzato. In più

soffriva di una forma di paranoia così grave che aveva l'abitudine di copri­ re le ventole di aerazione e le fine­ stre nei bagni della scuola, perché credeva che qualcuno lo guardasse pisciare. Quando stava seduto, alza­ va i piedi così che nessuno nascosto sotto la sedia potesse afferrarlo.



Loukaitis scriveva poesie su quanto

suo padre fosse miserabile, e su quan­ to desiderasse vederlo morto. Tutti e quattro avevano facile accesso alle armi. Molte fra quelle che hanno usato erano in casa.

Cox comprò la sua in negozio al Wolfe's Gun Shop, nella sua città na­ tale, San Gabriel, per quattrocento dollari - un gioco da ragazzi. Il com­ messo non aveva motivi per non ven­ dergliela; il ragazzo gli aveva detto che la semiautomatica era un rega­ lo per suo padre, e aveva comunque raggiunto l'età legale per l'acquisto di armi da fuoco in California. La madre di Ryan Lanza acquistava pistole - come fanno in molti - per difesa personale. Quando il giovane Lanza volle impossessarsene, la uccise. Il mio libro non distrusse psico­ logicamente Cox, Pierce, Carneal o Loukaitis, né li trasformò in assassi­ ni; avevano trovato nel mio libro qual­ cosa che parlava direttamente a loro, perché erano già distrutti. Eppure ho individuato in

Ossessione un possibile

accelerante, perciò ne ho interrotto la vendita. Non lasci una tanica di benzi­ na dove un ragazzino con inclinazioni alla piromania può mettere le mani. Ciononostante, l'ho ritirato con gran dispiacere. Non perché fosse un capolavoro letterario - con la possi­ bile eccezione di Arthur Rimbaud, di rado i teenager sfornano capolavori -

ma perché conteneva un terribile, sfolgorante nocciolo di verità che il me adolescente trovava più accessi­ bile. Gli adulti non si scordano degli orrori e delle vergogne della loro in­ fanzia, ma quei sentimenti tendono a perdere la loro immediatezza (ec­ cetto forse nei sogni, dove anche gli anziani si ritrovano nudi a sostenere il compito in classe per cui non han­ no studiato) . Le azioni e le emozioni violente ritratte in Ossessione traevano diretta ispirazione dalla vita liceale che vivevo cinque giorni a settima­ na, nove mesi all'anno. Il libro rive­ lava spiacevoli verità, e chiunque non senta un briciolo di ribrezzo nel get­ tare un velo sulla verità è uno stronzo senza coscienza. Per quanto mi riguarda, il liceo faceva schifo quando ci andavo, e probabilmente fa schifo ora. Tendo a considerare con prudenza - e un certo grado di pietà - coloro che lo ricordano come i migliori quattro anni della loro vita. Per la maggior parte dei ragazzi è un'epoca di dub­ bio, stress, dolorosa autoconsapevo­ lezza, e infelicità. E loro sono quelli fortunati. Per la sottoclasse dei bui-

lizzati - le schiappe, i nanerottoli, e le ragazze cui ci si riferisce abitual­ mente col nome di cagne, racchie o troie - sono quattro anni di soffe­ renza accompagnati da due tipi di odio: l'odio che senti per te stesso, e quello che provi per gli stronzi che ti spintonano nei corridoi, ti abbassano i pantaloncini in palestra, e ti affib­ biano deliziosi epiteti quali frocio o faccia di rospo, che ti restano ad­ dosso come colla. In alcuni riti iro­ chesi di iniziazione all'età adulta, i guerrieri erano obbligati a correre nudi tra due file di bellimbusti che agitavano clave e manici di lancia. Al liceo, anziché il copricapo da adulto, la meta è il giorno del diploma, ma immagino che si provino più o meno le stesse sensazioni. Avevo degli amici, al liceo- inclusa una ragazza che mi è stata vicina quan­ do ne avevo bisogno, Dio la benedicae un ceno umorismo da ginnasiale che mi garantiva rispetto (oltre a qualche sospensione, un prezzo accettabile.) Queste cose mi hanno aiutato ad an­ dare avanti. E anche in quel caso, non vedevo l'ora di !asciarmi le scuole su­ periori alle spalle e incontrare persone

che non considerassero smutandare gli sfigati parte integrante del processo di socializzazione. Se era così per me, un tizio più o meno ordinario, come dev'essere per quelli come Jeff Cox, Dustin Pierce, Barry Loukaitis o Michael Carneal?

È davvero così sconcertante che trovi­ no nel personaggio di Charlie Decker un compagno di sventure? Ma ciò non significa che dobbiamo giustificarli, né tantomeno lasciare che sfoghino liberamente il loro odio e la loro pau­ ra. Charlie doveva sparire. Era pericoloso. E per più di un motivo.

CA PITOLO TR E

2

Corrente della sinistra americana di vedute progressiste favorevole all'intervento dello stato nella società. (NdE)

UBRIACONI IN UNA BETTOLA

S

e potessi agitare una bacchetta magica per realizzare un desi­ derio, chiederei che la fame nel

mondo svanisse; le altre stronzate pos­ sono mettersi in fila. Comunque, se il dio o il genio che mi ha donato la bacchetta mi imponesse di desidera­ re qualcosa che abbia a che fare con la politica americana, credo che la agi­ terei pronunciando questa formula: "per un anno intero, ogni liberaF dovrà guardare Fox News, e ogni conservato­ re, invece, MSNBc". I centristi possono continuare a vedere

esi.

Riuscite anche solo a immaginare come sarebbe? Per il primo mese, le urla

("Che è 'sta merda???")

riechegge­

rebbero altissime nel firmamento. Nei tre mesi seguenti ci sarebbe una sorta di riassestamento turbolento, poiché entrambi gli emisferi dello spettro politico realizzerebbero che, letame politico a parte, hanno comunque le previsioni meteo, i risultati sportivi, le notizie di cronaca e le pubblicità con il geco della GEICO. Durante i suc­ cessivi quattro mesi, i telespettatori comincerebbero a vedere nuovi con­ duttori e commentatori, dal momen­ to che gli strilloni di parte di ognuna delle reti di informazione avranno at­ tirato crescenti critiche dal pubblico appena acquisito. Le linee editoriali adamantine e squillanti inizierebbero a mutare in seguito a tweet ed e-mail come: "Calmati un po': questa è una stronzata". Infine, sarebbero gli stessi spettatori a cambiare. Non di molto, giusto un passettino o due in là, allon­ tanandosi dai socialisti del kumbaya3 di sinistra, o dai

Tea Partiers di

destra.

Non dico che andrebbero a ripopolare il centro ormai deserto (prezzi van­ taggiosi sul mercato immobiliare da

quelle parti, signore e signari), ma potrebbero avvicinarcisi un tantino.

tT1 VI

'"O ..., , VI VI

Non è un bel sogno? Non ai livelli del sogno del mio zio spirituale, Martin Luther King, ma comunque bello. Immaginate la tranquillità che ne seguirebbe se tutta quella stridula retorica abbassasse il volume di qualche tacca! Pensate a tutte le discussioni a tavola che non avrebbero luogo! Potrebbe anche verificarsi (o perduta, splendida patria) la ripresa di un vero e proprio dialogo. Di certo, adesso non ce n'è alcuno. La politica americana è stata capace di incastrarsi in una di quelle diaboliche trap-

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