Giovinezza di Diderot (1713-1753)


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Table of contents :
Franco Venturi - Giovinezza di Diderot
Indice
Premessa
Prefazione
I. 1713 - 1745
II. Shaftesbury
III. Le «Pensées philosophiques»
IV. La «Promenade du Sceptique» e i «Bijoux indiscrets»
V. La « Lettre sur les Aveugles »
VI. Il conflitto col potere
VII. L'affare de Prades
VIII. La « Lettre sur les Sourds et les Muets »
IX. « De l'Interprétation de la Nature »
Conclusione o l'Isola di Lampedusa
Note
I. 1713 - 1745
II. Shaftesbury
III. Le « Pensées philosophiques »
IV. La « Promenade du Sceptique » e i « Bijoux indiscrets »
V. La « Lettre sur les Aveugles »
VI. Il conflitto col potere
VII. L'affare de Prades
VIII. La « Lettre sur les Sourds et les Muets »
IX. « De l'Interprétation de la Nature »
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Giovinezza di Diderot (1713-1753)

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La diagonale 30

Franco Venturi

Giovinezza di Diderot (1713 -1753)

Sellerio editore

Ig88 ©

Sellerio editore via Siracusa 50 Palermo

Indice

Premessa

9

Giovinezza di Diderot Prefazione

1713-1745

I II

Shaftesbury

III

Le

« Pensées philosophiques »

IV

La « Promenade du Sceptique » e i « Bij oux indiscrets »

v

La « Lettre sur les Aveugles »

VI

Il conflitto col potere

VII

L'affare de Prades

VIII La « Lettre sur les Sourds et les Muets » « De l'Interprétation de la Nature »

IX

Conclusione o l'Isola di Lampedusa

21 27 53 73 IOI

128 149 x68 204 241 268

Note

Conclusione o l'Isola di Lampedusa

285 290 293 298 302 306 309 3I8 322 326

Indice dei nomi

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I

I]I3-I745

II

Shaftesbury Le « Pensées philosophiques » La « Promenade du Sceptique » e i « Bijoux indiscrets » La « Lettre sur les Aveugles » Il conflitto col potere L'affare de Prades La « Lettre sur les Sourds et les Muets » « De l'lnterprétation de la Nature»

III IV v VI VII VIII IX

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Premessa

Ombre tragiche, tradizioni e sorrisi accademici si affolla­ vano, cinquant'anni fa, attorno a chi, con crescente passione e interesse, andava leggendo gli scritti di Diderot e dei con­ temporanei, amici e nemici, dell'enciclopedista. Nel I936, presso le Editions Sociales Internationales e cioè per le stam­ pe del partito comunista francese, era uscita la traduzione francese dell'opera di Ivan Kapitonovic Luppol, apparsa a Mosca nel I924 e di cui una seconda edizione era stata pub­ blicata a Mosca e Leningrado nel I934· Ancora nel I940 ne sarà curata una versione castigliana, a Città del Messico, pres­ so il Fondo di cultura economica, la più importante casa editrice, nell'esilio, dei repubblicani spagnoli. Nel I938 Jean Luc pubblicava a Parigi una interpretazione marxista di Diderot, meno filosofica, più varia e letteraria, come si ve­ deva fin dal titolo che prometteva di presentare tanto l'« ar­ tiste » che il « philosophe ». Gli anni '30 non erano tuttavia ancora termi1tati quando già simili tentativi compiuti in Fran­ cia e nell'Unione Sovietica di innestare il pensiero e l'opera di Diderot sul marxismo dell'età dei fronti popolari erano tragicamente naufragati. Luppol, dopo molti e notevoli suc­ cessi accademici, era stato colpito a Mosca da una delle più assurde accuse di quegli anni stravolti ed era perito nelle grandi purghe staliniane. Era stato incolpato di esser se­ guace del filosofo Abram Moiseevic Deborin e di essere par­ tigiano dell'« idealismo menscevizzante ». Ora i menscevi­ chi erano sempre stati- e continuavano ad essere, anche ne­ gli anni Trenta in esilio o in carcere - dei seguaci di Marx, materialisti per definizione, avversari di ogni idealismo. Così era pure Deborin, che era stato menscevico in gioventù e che aveva poi finito coll'assumere una importante posizione ideo­ logica a Mosca. Il suo allievo e collaboratore Luppol era stato 9

colpito ed eliminato non certo per una deviazione idealistica, ma prqprio invece per aver voluto e tentato di ripensare le formule filosofiche e le vicende storiche del materialismo il­ luminista scrivendo saggi e volumi su Spinoza, Mably, Mo­ relly, Naigeon, Robinet, Diderot. Uno dei suoi articoli, com­ preso in una raccolta di Studi storico-filosofici apparsa a Mosca nel I93J, si intitolava La tragedia del materialismo russo del XVIII secolo ed era dedicato a Radiscev. La for­ mula può esser simbolica del destino di Luppol stesso, così come di tutto il tentativo compiuto in Russia nei primi de­ cenni della rivoluzione di capire e di rivivere l'illuminismo francese. Soltanto ora, mezzo secolo dopo, la tragedia di De­ borin e dei suoi allievi è tornata presente, attraverso la rie­ vocazione di uno dei libri più vivi e importanti della nuova emigrazione russa, l'opera di Aleksandr Nekric, intitolata Basta con la paura . Ricordi di uno storico, apparsa a Londra, presso le Overseas Publications Interchange nel I979· Se oscure, misteriose e lontane erano le tragedie russe, fin troppo espliciti invece i sorrisi accademici parigini. Nel I938 usciva, presso le u Belles lettres ", la seconda edizione de L'humanisme de Diderot, di ]ean Thomas, opera raffi­ nata e intelligente, la quale tendeva, nella sua stessa impo­ stazione, fin dal suo titolo, a racchiudere Diderot in una se­ colare tradizione ben più che a mostrarne gli elementi rin­ novatori e dirompenti. Nello stesso periodo Daniel Mornet, Httbert Gillot e ]ean Pomeau continuavano le loro ricerche, proseguendo per la strada aperta da Lanson, giustapponen­ do biografia e pensiero senza porsi il problema del rappor­ to, e magari del contrasto, tra l'uno e l'altro. Per uno dei migliori conoscitori del Settecento europeo, per Paul Hazard, Diderot in ultima analisi era un gran « pantouflard », come mi sentii dire in conclusione d'una ampia e animata discus­ sione con lui. Perché poi questo eroe domestico della cultura enciclopedica finisse in carcere, fosse considerato fin da gio­ vane dalle autorità come « extremement dangereux », susci­ tasse con l'opera sua degli autentici conflitti politici e chiu­ desse la vita esprimendo il suo entusiasmo per la rivoluzio­ ne americana, restava del tutto oscuro. Il momento dell'azio­ ne, della creazione, dell'invenzione politica, pur così enerIO

gico nel « philosophe », rischiava ogni momento di essere na­ scosto sotto la familiarità erudita, la compiacenza letteraria e la tradizione della Sorbona. Il giudizio complessivo su Diderot restava quello che i secoli avevano trasmesso: uomo geniale, ma che non si poteva porre sullo stesso piano d'un Voltaire e d'un Rousseau perché l'opera sua, dispersa in mille rivoli, non era mai riuscita a creare un risultato esem­ plare e duraturo. Eppure, anche nei suoi primi passi, nella sua gioventù, se lo si seguiva da vicino, appariva evidente che quel che in lui contava non era un risultato letterario o filosofico, ma la stessa sua azione, il suo muoversi nella realtà del proprio tempo, assorbendolo, combattendolo, modificandolo, in una feconda e profonda rivolta. Politica insomma, politica non letteraria né filosofica doveva essere l'interpretazione di Di­ derot. Il « philosophe » l'aveva detto lui stesso, fin dall'inizio della sua attività. La « religion » e il « gouvernement », lé idee e la politica, stavano al centro del suo orizzonte: esser costretto a rinunciarvi equivaleva a negare le ragioni stesse della sua vita. Non solo dunque gli strumenti della storia politica dove­ vano esser messi in opera per intendere la formazione, il pri­ mo sviluppo di Diderot, la lunga, ritardata sua giovinezza. Le passioni, i dubbi e le curiosità della storia di movimenti, di gruppi, di partiti dovevano sostituire la ricerca dell'ori­ ginalità letteraria, delle tradizioni e delle scuole di pensiero. Quanto ai metodi di ricerca, non c'era da inventar molto. Come diceva Chabod, l'arte dello storico consiste nel legger tutto e nel controllare le citazioni. I risultati del lavoro po­ tevano talvolta stupire, anche se in realtà non derivavano che dall'aver aperto quei mazzi d'archivio e quelle vecchie carte manoscritte che i letterati non frequentano mai mol­ to. Paul Vernière, mettendo assieme nel z963 l'ammirevole sua edizione delle Oeuvres politiques di Didero t parlerà (a p. XXVII della introduzione) delle pagine del « philosophe », « par miracle retrottvées par Franco Venturi » e pubblicate nel I937 a Parigi col titolo di Pages inédites contre un tyran. Miracolo non particolarmente difficile da ottenere: bastava aprire il catalogo dei manoscritti della Bibliothèque NatioII

nale, all'indice dei nomi, sotto la voce u Diderot, Denzs ". Appassionante fu il viaggio di scoperta attraverso i primi scritti e le iniziali imprese editoriali di Diderot, alla ricerca delle idee, della loro logica di sviluppo e di scontro con la realtà circostante. Non insistetti abbastanza allora sulla sua famiglia, sugli studi teologici, sulle sue intenzioni iniziali di avviarsi verso la Compagnia di Gesù. Molti dettagli sono stati ritrovati ilz proposito negli ultimi cinquant'anni. Que­ sto materiale precisa, ma non modifica sostanzialmente, mi pare, quel che appariva già allora evidente, e cioè che il distacco dalla famiglia, il passaggio al deismo e all'ateismo, il suo nascente illuminismo, ancorché derivare dall'adesione a questa o quella corrente o realtà esistente attorno a lui, furono libera conquista e gioiosa creazione, affermazione di un nuovo mondo religioso, filosofico e politico. Creazione, ben inteso, non nel mondo delle forme letterarie o delle for­ mule del pensiero tradizionale, ma a contatto e in contrasto con quanto vi era di più vivo nell'Europa degli anni Trenta e Quaranta, dall'entusiasmo di Shaftesbury all'ironia di Vol­ taire, dal diffuso pietismo al deismo dei manoscritti clandesti­ ni. Scoperta e creazione fin dall'inizio fortemente originali e singolari, ed espressione insieme di un gruppo di giovani di eccezionale valore, alcuni del tutto dimenticati più tardi - e che bisognava riscoprire e far rivivere togliendoli da una troppo banale visione d'una sorta di bohème settecentesca ed altri, come Condillac, D' Alembert, Rousseau, destinati anch'essi a creare un proprio mondo nella nascente civiltà dei lumi. La Giovinezza di Diderot rischiava così di trasformarsi nella cronaca e nella storia di quella che negli anni Quaranta cominciò a diventare l'organizzazione centrale di questa ge­ nerazione, dell'Encyclopédie cioè. Tanto vivi erano gli uo­ mini, piccoli e grandi, che si andarono raccogliendo allora attorno al gran dizionario che era impossibile non tentar di conoscerli uno per uno, vedendoli operare uniti e in contra­ sto, da Fougeret de Monbron a Boulanger e Deleyre e all'aba­ te Yvon e all'abate de Prades. Nacquero così le Origini del­ l'Enciclopedia, pubblicate nel primo dopoguerra presso le Edi­ zioni U del mio amico e maestro Aldo Garosci. E nacque 12

pure una serie di saggi sulla Parigi dell'età dell'Encyclopédie, tra cui quello su Nicolas Antoine Boulanger, apparso nella rivista u Società" e presso l'editore Laterza nel I947, su indicazione e consiglio di Benedetto Croce. Troppo forte e originale la personalità di Diderot per in­ terpretarla soltanto come un ponte di passaggio verso l'età dell'Encyclopédie. Le sue idee sul tema centrale della sua generazione, quello delle sensazioni, le sue intuizioni sul­ l'origine e la natura del linguaggio, la sua visione della fun­ zione delle diverse scienze nel gran fermento intellettuale della metà del secolo, continuarono a stare al centro della vita di Diderot anche quando egli era ogni giorno maggior­ mente assorbito dalla grande impresa enciclopedica. Si aprì allora il più avventuroso periodo della sua esistenza, duran­ te la crisi generale del I748, e lo portò al conflitto con le autorità civili e ad un sempre più profondo contrasto con i gesuiti e con la chiesa. La sua gioventù si concludeva così al momento dell'iniziale levarsi della gran tempesta del secolo. La Giovinezza di Diderot apparve a Parigi, nel I9J9, tra­ dotta in francese da ]uliette Bertrand. Debbo questa edizione a mio padre. Mio cognato, Albert Skira, abituato alla lotta con ben altri « Minotauri », le diede una veste originale, null' affatto accademica. Il libro era ed è dedicato alla me­ moria di Carlo Rosselli, esempio irraggiungibile di uomo vis­ suto per le idee di giustizia e di libertà, incarnazione nella sua azione quotidiana di quella rinascita dell'illuminismo che andava fermentando nell'Europa quando questa stava preci­ pitando verso la guerra. L'eco che rispose alla pubblicazione del libro non poteva che confermarmi nella ricerca che sta­ vo compiendo. Lucien Febvre, il grande storico francese, sottolineò il rapporto tra idee e biografia che risultava dal­ la Jeunesse ( " Annales d'histoire sociale", n. 2, I940, pp. 46-47). « Donner un sens politique à la philosophie fran­ çaise des lumières, lui conférer ainsi une énergie, une force suffisantes pour faire de la France le centre d'une Europe conquise aux lumières; permettre ainsi aux idées et aux re­ ves des philosophes de s'insérer, de p1·endre rang dans l'hi­ stoire de la France et de l'Europe: telle fut l'oeuvre de Di13

derot. Il a créé une politique neuve, pleine de possibilités et de dynamisme à l'heure où la politique traditionnelle sem­ blait stérilisée. Cette politique, on en peut saisir en lui-meme la genèse. Et le but meme de l'étude de Franco Venturi, c'est d'opérer cette saisie, à meme l'intéressé. « L' évolution de Diderot, il nous la remet avec clarté sous les yeux. Il y a une période de préparation à l'Encyclopédie, d'accumulation d'énergie, de forces et d'idées qui se prolon­ ge jusque vers I753 - jusqu'à l'apparition des Pensées sur l'Interprétation de la Nature. - Il y a une période d'épa­ nouissement, de propagande, de lutte et d'affirmation: par l'Encyclopédie d'une part, par le théatre de l'autre. - Il y a une période de retraite, de récapitulation, de méditation per­ sonnelle: c'est la période des grandes oettvres, ces résumés d'expérience - écrits par Diderot pour Didero t plus encore que pour ses contemporains. Le livre que nous avons sous les yeux est consacré à la première période. « Nous ne saurions l'analyser dans son détail. Mais qu'il soit vivant, et prenant - le peu que nous venons de dire des desseins de l'auteur permet déjà de le comprendre. Ce n'est ni un travail u d'historien de la littérature ", ni un travail d' u historien de la philosophie ". C'est le travail d'un homme vivant sur le porteur d'idées vivantes. C'est un elfort de reconstitution d'un milieu non point pittoresque et décoratif, mais intellectuel et sentimental. Un milieu d'idées. Un milieu où germent des idées, à racines senti­ mentales profondes: enthousiasme, nature, génie. Par là - au rebours de tant d' autres - c'est un livre nourrissant. Tous ceux qui aiment Diderot (et je suis de ceux-là), tous ceux qui ne voient pas dans l'histoire des idées un jeu de scolastique, tous ceux qui ne se satisfont pas, pour connaztre un homme, un moment, une époque, d'un assemblage subtil ou non d'abstractions - tous ceux-là liront, avec délectation, les pages riches et chaudes de ce livre plein de promesses déjà tenues ». Emile Bréhier aprì una interessante discussione sui primi sviluppi dell'opera di Diderot nella u Revue philosophique de la France et de l'étranger " (n. z29, I940, pp. 277-278). Emile Henriot nel u Temps " del 2I marzo I939, p. 3 e 14

Daniel Mornet nella u Revue d'histoire littéraire de la Fran­ ce" (n. 46, I939, pp. I29·IJI) misero a confronto quanto risultava dal mio libro con una più tradizionale interpreta­ zione letteraria del « philosophe ». Della Jeunesse parlarono le u Nouvelles littéraires", la u Revue de métaphysique et de morale" così come la u Revue universitaire ". Il messaggiv più importante giunse dall'Italia. Nel fascicolo v, del IJ settembre I939, de '' La critica", pp. 378-38o, era pubbli­ cata una recensione di Adolfo Omodeo, che non mi è ancor oggi possibile rileggere senza una profonda gratitudine, ben sapendo che là sta la migliore possibile giustificazione del mio libro. « È fermato il momento in cui da una nuova cultura si leva il comandamento di coordinare vita e pensiero. E il Diderot si oppone a quanti, seguaci dei lumi, volevano li­ mitarsi al convincimento privato, a pacati colloqui fra ini­ ziati che si riconoscessero tra loro con segni di passo. Sente la necessità della confessione del nuovo convincimento. Tra­ sforma gli espedienti per isfuggire alle persecuzioni in mez­ zo per affermare la nuova credenza . .. questa concezione si completa, almeno nella presentazione genetica, con la teoria delle passioni, energia vitale dell'uomo. Da questo indiriz­ zo, il conflitto aperto con l'etica ecclesiastica era inevitabi­ le: sia col più duro e secco giansenismo, sia col gesuitesimo più ricco di valvole e di espedienti. Comincia la grande bat­ taglia dei lumi. Il nuovo atteggiamento pratico iniziava il moto che culminerà nella grande rivoluzione. Religiosa, nel giovane Diderot è anche la coscienza della separazione, e la volontà di costruire un nuovo falansterio, una società di uo­ mini spiritualmente liberi, capaci d'assimilare tutto un po­ polo e ricostruirne l'anima: sogno che talora si modula sul vecchio sogno di una città di filosofi da creare in Lampedusa, ma che è tuttavia dominato dal proposito dell'espansione e della conquista. Anche tutte le modificazioni del pensiero del Diderot dei primi scritti, dalle Pensées philosophiques a De l'interprétation de la nature . più che fasi di un pensiero speculativo del tipo di quello di Spinoza, sono fasi d'un mi­ to vissuto con fede, che travaglia gli stessi spunti empiri­ stici e matematici del pensiero settecentesco . . . Potranno forse tali passi non avere tale importanza da indurre il Croce .

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I5

a rivedere l'apprezzamento che egli fa complessivamente del­ le teorie settecentesche sul linguaggio, ma rilevandoli ade­ guatamente il Venturi fa intendere le interne articolazioni del pensiero illuministico che si è soliti chiudere in un ri­ gido schema . . . In complesso, chiudendo la lettura di que­ sto primo capitolo della storia dell'Enciclopedia, ho avuto un moto di ottimismo: che si sia veramente iniziato quel nuovo ciclo di ricerche e quella più adeguata interpretazione del u secolo dei lumi", che è un'esigenza vivissima degli studi storici europei? ». Ho cercato nel dopoguerra di mostrarmi fedele a questa impostazione. L'eco suscitata da quanto andai allora pub­ blicando (l'articolo, ad esempio, di Ferdinando Neri sulla '' Nuova Stampa" del 3 ottobre I947, intitolato Il poeta dell'Enciclopedia) non poteva che confermarmici. Particolar­ mente colpito fui da quanto lessi nelle pagine di Hans Aarsleff su uno dei punti più difficili sollevati nella mia ri­ cerca, quello cioè delle idee linguistiche di Diderot e del suo rapporto con le teorie di Condillac. Fui particolarmente lieto, lo confesso, di constatare che avevo cercato di preve­ nire e di combattere le interpretazioni che portarono poi all'infatuazione per le teorie del professor Chomsky e dei suoi imitatori (cfr. Hans Aarsleff, From Locke to Saussure . Essays on the study of language and intellectual history, Minneapolis, University of Minnesota Press, I982). Non re­ stai invece molto scosso dal giudizio sulla Jeunesse che lessi nel IV volume dell'utilissimo repertorio curato da D. C. Cabeen e, per il diciottesimo secolo, dall'ottimo studioso George R. Havens, presso la Syracuse University Press, nel I9JI. Il volume era dedicato « to the memory of Gustave Lanson »: immancabile era la polemica. Dopo aver detto che il mio li­ bro era « indispensable for knowledge of historical and so­ eia! background of Diderot's early works and for newly discovered documents » si aggiungeva subito trattarsi di un'opera « philosophically naive » e si ribadiva che l'« at­ tempt to construe unity of Diderot's thought from politica!, pre-marxist nature of bis ideas seems erroneous ». Chissà cosa avrà pensato il redattore di questa sentenza se gli sarà capitato tra mano il mio lavoro su Jean Jaurès e, 16

peggio, il mio libro uscito nel I952 e intitolato Il populi­ smo russo . Né Marx, né Lenin entravano in realtà nei miei studi sull'illuminismo francese e neppure in quelli sulla sto­ ria del socialismo francese o del movimento rivoluzionario russo dell'Ottocento. Forse il critico americano si sarebbe persuaso che la mia innocenza filosofica non giungeva al punto da impedirmi di vedere quel che vi era di comune in questi diversi campi di ricerca, storie tutte di diversi aspetti della formazione e dello sviluppo dell'intelligencj a moderna. Proprio per questo era appassionante lo studio di Herzen, Cernysevskii, Bakunin e della u Narodna;a Voliia" come lo era stato quello della gioventù dell'autore dell'Encyclopédie. Era tempo per me di chiudere il lavoro che avevo cominciato a Parigi con la Giovinezza di Diderot . Chiusi tanto più volentieri quando lessi l'ottimo volume dell'amico Furio Diaz, Filosofia e politica nel Settecento francese, dove la storia del u partito dei filosofi" era studiata e presentata in modo originale e approfondito. Del resto, mi sarebbe stato impossibile continuare a scrivere quella vita di Diderot che avevo progettato negli anni Trenta. Non soltanto perché il centro della mia ricerca avrebbe dovuto tornare ad essere Parigi, mentre mi trovavo a Cagliari, ma soprattutto perché ovunque, da una parte e dall'altra degli oceani, in Giappone come in America, in Inghilterra e in Francia stava impetuo­ samente salendo negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta la gran marea diderottiana. Nuovi documenti, che invano ave­ vo cercato di utilizzare prima della guerra, venivano pubbli­ cati (soprattutto quelli provenienti dalla famiglia Vandeul, discendenti della figlia del « philosophe »), le edizioni critiche si moltiplicavano, le interpretazioni più varie andavano in­ crociandosi. Ed infine, sia pure molto lentamente, la nuova, indispensabile edizione delle opere di Diderot cominciò ad esser pubblicata. Nel z98o la libreria Droz publicava a Gi·· nevra un massiccio volume di Bibliographie de Diderot. Ré­ pertoire analytique international, compilata con straordinaria pazienza e competenza da Frederick A. Spear. Sono quattro­ mila schede (per la precisione 3. 9 6 7), di cui soltanto una piccola parte deriva dal periodo prebellico, tutto il resto ap­ partenendo alla grande alluvione nilotica posteriore al I939 17

(e talvolta mi avviene di chiedermi se non sono stato in qualche piccola parte responsabile d'un simile scatenamento filologico e storico). E poiché la storia aritmetica è di moda, non posso resistere alla tentazione di dire che nell'opera di F. A. Spear Il schede riguardano il sottoscritto. Molte, ma quasi perdute nel gran mare della Bibliographie, che dovreb­ be del resto esser oggi completata con quanto è apparso nel­ l'ultimo decennio, dopo il z98o, il che, con l'aiuto di nume­ rosi anniversari e congressi, non è affatto poco. Per me non c'era altro da fare che cercar di seguire e di leggere quanto d'interessante e di importante si andava pubblicando (la ricchezza delle idee e degli atteggiamenti di Diderot diventava ogni giorno più evidente man mano che venivano compiute e pubblicate nuove ricerche), ritrovando il philosophe, come un vecchio maestro ed amico conosciuto in gioventù, nei più diversi angoli dell'Europa illuminista, dalla Russia di Caterina II alla Francia al passaggio degli anni Settanta e Ottanta, man mano che si andava allargando il mio lavoro sul Settecento riformatore. Scrissi ed inserii così nel IV volume una sorta di Vieillesse de Diderot dopo averne tracciato la Jeunesse cinquant'anni prima. E ritenevo in tal modo davvero chiuso e terminato il mio lavoro sul « philo­ sophe » . Ma facevo i conti senza prevedere la gentilezza e l'indul­ genza della signora Sellerio, che ora mi ha proposto di pub­ blicare il testo italiano della Jeunesse de Diderot. Ho esitato a lungo e non son sicuro di aver scelto la strada giusta ri­ spondendo positivamente. Riproporre ai fiorentissimi stu­ diosi attuali di Diderot un lavoro di mezzo secolo prima non è cosa da fare senza preoccupazioni né, d'altra parte, potevo pensare di riscriverlo. Era come chiedermi di rico­ minciare a vivere e a lavorare. Sul valore di quel testo, come venne scritto alla fine degli anni Trenta, non mi resta che rimettermi al giudizio degli eventuali lettori, i quali vorran­ no se non altro tener conto della generosità di chi ha preso l'iniziativa di darlo ora alle stampe. FRANCO VENTURI

Torino, agosto I987

I8

Giovinezza di Diderot

Alla memoria di Carlo Rosselli

Prefazione

Spesso, troppo spesso, si è considerato Diderot come un letterato, incapace di concentrarsi e di darci una grande opera, ma pronto sempre, invece, a discorrere in un salotto o a meravigliare un gruppo di amici con la varietà e la fe­ condità dei suoi paradossi. Si è visto in Diderot un grande letterato mancato, i cui frammenti fanno ancor oggi stupire, ma la cui opera resta caotica ed inorganica . Anche i critici più benevoli sono stati spesso incapaci di spiegarsi le contraddizioni continue che essi credevano di vedere nella multiforme produzione di Diderot, ed hanno concluso generalmente ad una irrimedia­ bile confusione nelle sue idee. Naturalmente non è bastato a superare questo primo osta­ colo lo sforzo che hanno fatto alcuni di vedere Diderot come un filosofo, di esaminare i suoi paradossi e le sue idee alla luce dei sistemi di Leibnitz, Malebranche, Cartesio, Locke, ecc. Ché Diderot non è, come loro; un filosofo di primo piano, uno di quegli uomini il cui pensiero è una tappa es­ senziale della storia filosofica dell'uomo. Si è spesso chiarita l'origine di alcune idee di Diderot guardandole, per cosl dire, da un punto di vista tecnico, ma non si è giunti al noc­ ciolo della sua personalità. E neppure si è potuto fare con Diderot quello che si fa con i grandi poeti : considerare cioè le vicende della loro vita, gli avvenimenti della loro persona, le opere non giun­ te a perfetta maturazione, come altrettante forme di pratica preparazione, necessarie alla nascita di quelle preziose pagi­ ne della loro vera poesia . Si vorrebbe ridurre tutto Diderot al Neveu de Rameau e a qualche altra opera del genere? E veramente queste cose sarebbero poi degne di essere messe alla pari con le grandi opere d'arte di altri uomini e di altri 21

tempi? Più o meno coscientemente quasi tutti hanno rispo­ sto di no e nessuno ha voluto studiare Diderot unicamente da questo punto di vista, nessuno ha osato fare di lui il vero poeta del suo secolo cosl scarso di poesia. Non certo che non ci siano dei veri, sinceri, duraturi elementi artistici nel­ le opere della sua maturità, ma sono spesso granelli, talvolta accenni che vengono a completare con un tocco pagine la cui importanza nasce altrove. Troppo nuovo nelle sue idee, troppo efficace nelle sue parole, per esser considerato un letterato, Diderot non è un filosofo nel senso vero di questa parola, né un poeta nel senso più profondo di questa espressione . Spesso la discussione che abbiamo già riassunta in poche parole si chiude con una conclusione: Diderot è stato in­ capace di darci un capolavoro. Troppo bohème, troppo poco coerente, troppo superficiale per darci un'opera eterna, egli resta oggetto di curiosità più che di comprensione. Eppure il capolavoro di Diderot esiste, ha più di venti volumi in folio ed ha un titolo che ha dato il nome a una seuola e ad un'epoca: l'Enciclopedia . Capolavoro innanzitutto per il fatto stesso che di esso possiamo leggere ancor oggi il volu­ me terminale, mentre fu cosl spesso ostacolato, combattuto, « soppresso » . Non è certo un'opera filosofica, né artistica, è un capolavoro pratico. La forza d'attrazione che esso eser­ citò sulle forze più vive della Francia di allora, l'equilibrio che esso seppe creare tra forze culturali varie e complesse, lo scopo comune a cui esso seppe dirigerle, ci dicono che l'Enciclopedia è una grande opera politica e sociale. Diderot ne fu la forza essenziale, l'animatore, il creatore, si potrebbe dire, quando si pensi che di un'impresa commerciale non molto dissimile dalla traduzione di quel Dizionario di Me­ dicina che egli pubblicò nei primi anni della sua vita, egli seppe fare il centro stesso delle lotte ideologiche della sua epoca. Diderot deve essere considerato come uno dei più note­ voli tra gli uomini che seppero dare un significato politico all'illuminismo francese. Questa forza che aveva ancora spes­ so, nella pnima metà del Settecento, un'espressione pura­ mente letteraria o religiosa, trovò nella metà di quel secolo 22

un entusiasmo, un'energia, una forma tale da fare della Fran­ cia il centro dell'Europa dei !unii. Ebbene Diderot è uno degli artefici principali di questo cambiamento, è una delle forze essenziali di questo inserirsi delle idee e dei sogni il­ luministici nella storia della Francia e dell'Europa. Biso­ gnerebbe scrivere una «storia politica di Denis Diderot» e questa vorrebbe esserne la prima parte. Naturalmente bisogna dare a «politica» un senso ben più largo di quello che tale parola ha spesso ora. Se Diderot l'avesse udita, e avesse saputo che era stata usata per lui avrebbe certo protestato. Non è la politica affare di corti, di ragion di stato, di intrighi e di diplomazie? Non è que­ sto affare da lasciarsi ai potenti della terra? Eppure proprio l'opera di Diderot può dirci che cosa può essere la nascita di una forza politica, piena di signifi­ cato e di vita nuova, quando la «politica» tradizionale sem­ bra isterilita in azioni e visioni lontane dai bisogni profondi e quotidiani degli uomini. L'enciclopedismo fu una tale cor­ rente originale, che seppe prendere, nel mezzo del Settecen­ to, forma concreta ed immediata, che seppe, verso la fine del secolo, manovrare tra i sovrani d'Europa, ed essa ha le sue radici in sentimenti ed idee che «la politique des cours» non riusciva neppure a scalfire. Assistere alla nascita nell'animo di Diderot di questa nuo­ va forza politica, è lo scopo di questo studio. Perciò le idee di Diderot sono state considerate più nella loro efficacia e nella loro ragione immediata che non nelle loro origini filosofiche. Perciò abbiamo dato tanta importanza all'arresto di Di­ derot e all'affare de Prades, due momenti essenziali della formazione dell'illuminismo enciclopedistico. Perciò ci siamo preoccupati di presentare un quadro am­ pio, se non certo completo, delle reazioni contemporanee alle opere di Diderot. Cosl abbiamo preferito fare una di­ scussione su di un testo dell'epoca, anziché servendoci del­ la pagina di un critico posteriore, sperando anche cosl di mantenere quell'atmosfera del momento che, se meno con­ ta per il filosofo e per il poeta, è certo fondamentale per il politico.

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Una volta scelto questo punto di vista l'evoluzione di Diderot ci è parsa più chiara e naturale, le sue apparenti contraddizioni si sono risolte in esigenze e momenti diversi di una medesima azione. Anche, ad esempio, il periodizza· mento della sua vita è apparso più evidente. Un periodo di preparazione all'Enciclopedia, di accumularsi di energie, di forze, di idee, si prolunga fin verso il I 75 3, quando le Pensées sur l'Interprétation de la Nature mettono un punto ed una conclusione a questa prima fase. L'Enciclopedia e il teatro sono i due aspetti diversi apparentemente, ma in fon­ do molto simili, di una seconda epoca di propaganda, di espansione, di lotte e di affermazioni di ideali. L'opera sua grande compiuta, Diderot si ritira, per cosl dire, scrive poco per il pubblico e molto per sé, riassume la propria esperien­ za nei suoi capolavori. Eppure non li pubblica perché egli sente che la sua funzione politica e sociale è per cosl dire finita e che egli non può aggiungere ancora qualche cosa se non raffinando e approfondendo, per sé e per il sup grup­ po, quelle idee e quei sentimenti di cui aveva saputo diven­ tare un esempio ed un simbolo. Questo saggio è dedicato alla prima fase, al periodo del­ l'incubazione e della preparazione dell'Enciclopedia. Abbia­ mo lasciato volontariamente da parte quello che riguardava direttamente quest'opera, per seguire invece, in tutti i suoi intrecci, il filo che ci può condurre ad intendere su quali forze e quali esperienze ideali e pratiche essa poggiava, nel­ l'animo stesso di Diderot. È questa forse l'epoca meno studiata della vita sua. Nel I 75 I , L. Charpentier scriveva nelle sue Lettres critiques:

Je t'ai dit dans une de mes lettres précédentes que l'auteur cles Pensées Philosophiques a commencé, dans son premier ouvrage, par

établir l'existence d'un Dieu, qu'il en doute dans le second, et qu'il la nierait apparemment dans un troisième. Ma prédiction est accom­ plie : il ne veut plus croire en un Dieu qu'on ne le lui fasse toucher du doigt. Il était obligé auparavant d'admettre, avec presque tous les gens raisonnables, certaines preuves de l'existence de la divinité. Il a cherché à sortir de ces entraves : il s'est jeté entre les bras cles aveugles ...

Questa marcia, dal deismo all'ateismo, dallo scett1c1smo al materialismo, qui tracciata dal critico contemporaneo par­ lando dell'evoluzione di Diderot dalla traduzione di Shafte­ sbury alla Lettre sur les Aveugles, resta ancora per la mag­ gior parte dei critici la falsariga su cui scrivere la storia dei primi anni attivi della vita di Diderot. Ma non si fa cosi che elencare delle astrazioni. Partendo da un punto di vista pra­ tico e politico, cercando cioè di dare un senso storico alle parole di ateismo, materialismo, deismo, si vedrà, crediamo, quanto l'evoluzione di Diderot sia più complessa in quegli anni. Si tratta di un approfondimento di certi sentimenti e certe idee, quali «entusiasmo », « natura», «genio», e non di salti da una forma astratta di pensiero ad un'altra. L'elemento religioso permane anche quando egli giunge a quello che si è chiamato il suo materialismo, pur modifican­ dosi profondamente. L'elemento naturalistico è già presen­ te in quello che si è battezzato il suo «deismo» e anzi, nel suo aspetto più crudo di appello alla natura, è più forte al­ l'inizio della curva che non alla fine, quando gli elementi umani, civili, istituzionali dell'uomo prendono una forza prima ignorata. Insomma, religione e natura, la religione e la natura quali si trovavano nella coscienza dell'epoca sua, cominciano nella personalità del Diderot un nuovo dialogo, con nuove battute e nuove conclusioni. Questo nuovo dialogo ascolteremo nel­ le pagine seguenti.

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I

1 7 1 3 " 1 745

Dei primi trentadue anni della vita di Diderot pochis­ simo sappiamo. Passano rapidi su questo periodo i due soli biografi che ci hanno trasmesso direttamente qualche notizia della giovinezza sua: Mme de Vandeul e Naigeon.1 Di quan­ to egli scrisse allora non ci restano che due brevi poesie, com­ poste intorno all'anno 1 74 1 , e qualche lettera, dove si pos­ sono cogliere particolari aneddotici più che vere e proprie notizie della sua vita e delle sue aspirazioni. Per cercare di penetrare nell'intimo di questi primi anni bisogna Hcorrere alle opere sue più tarde, dell'ultimo perio­ do della sua attività. Quando infatti l'Enciclopedia cominciò ad essere per lui un peso meno grave di quanto non fosse nei primi momenti, quando i suoi rapporti con la società e il regime del suo tempo furono divenuti meno precari, se non foss'altro a causa della sua fama crescente, Diderot si raccolse in se stesso per cercare di riassumere in alcune opere la sua esperienza di illuminista, di filosofo e di uomo, per ap­ profondire, per sé prima ancora che per gli altri, le diversis­ sime e vivacissime impressioni della sua vita. È il momento dei suoi capolavori, sia che nella critica di Helvétius e nel Supplément au voyage de Bougainville egli dia più largo re­ spiro a quelle idee che aveva espresso prima in forme entu­ siastiche e concitate, sia che nel Neveu de Rameau o in ]acques le Fataliste egli trovi una forma letteraria e artistica perfetta dei suoi sentimenti. Molti di questi scritti (e i due ultimi citati sono esempi caratteristici a questo riguardo) sono venati di ricordi dei suoi primi anni passati a Langres e a Parigi, delle sue prime esperienze e pensieri. Leggendoli pa­ re sempre di vedere qua e là affiorare fatti ed allusioni che sembrano ricollegarsi a quel poco che sappiamo di questo periodo della sua vita, ma sono apparizioni fuggitive che,

una volta staccate dal testo e isolate, sembrano spegnersi e perdere quella chiarezza autobiografica che si era loro attri­ buita. Ed è ben naturale che sia così : questi frammenti non si trovano in quelle opere come inutili ricordi, ma come par­ te integrante di una personalità divenuta più completa e com­ plessa, come elementi di un dialogo interiore da cui è im­ possibile staccare una battuta. Jacques le Fataliste è forse l'esempio più tipico di tutto ciò. Strano dialogo tra un Diderot giovane, entusiasta e fa­ talista insieme, e un Diderot più vecchio, fatto più saggio, senza fierezza di questa tardiva saggezza, ma ancora una volta rassegnato al corso delle cose e della natura . I due elementi di questo dibattito fondamentale, incarnandosi in due per­ sonaggi, si modificano e si complicano. Jacques le Fataliste e il Maitre assumono una loro vita autonoma, non sono sim­ boli, ma viventi figure e arrivano perfino a scambiarsi le parti tra loro, facendo sorgere dalla loro collaborazione e concordia l'impressione di un Diderot che è giovane e vec.chio insie­ me. Quello che avviene tra i due personaggi principali si ripete nelle miriadi di altri uomini e donne che appaiono e scompaiono in questo dialogo e che quasi tutti contengono o sembrano contenere una particella autobiografica . Diderot insiste spesso sul carattere di verità di quanto racconta, sia che si tratti di avventure delle sue creature letterarie, sia che egli intervenga come scrittore ed autore in mezzo ai suoi per­ sonaggi. « Celui qui - dice ad un certo punto - prendrait ce que j 'écris pour la vérité, serait peut-etre moins dans l'er­ reur que celui qui le prendrait pour une fable » 2• Altrove ri­ pete : « premièrement, Jecteur, ce ne sont pas cles contes , c'est une histoire, et je ne me sens pas plus coupable et peut-etre moins, quand j 'écris les sottises de Jacques , que Suétone quand il nous transmet les débauches de Tibère » 3• Final­ mente crede di aver convinto, almeno a metà, il suo lettore , dal quale si fa dire : « Votre Jacques n'est qu'une insipide rapsodie de faits, les uns réels, les autres imaginés ... ».4 Quan­ do, dopo tante proteste di verità, ci vengono dinanzi nomi e cose con cui sappiamo da altra fonte essere Diderot stato a contatto nei primi anni della sua vita, è ben naturale si cerchi di leggere in questo libro i ricordi e le tracce della

prima gioventù di Diderot, per quanto frammentari e par­ ziali possano essere i risultati di una tale ricerca. Qualcosa di simile avviene anche nel Neveu de Rameau, dove i ricordi di una lontana vita di Diderot si trovano pro­ fondamente modificati sia dalla presenza di quell'originalis­ simo tipo di bohème che è il nipote stesso di Rameau , sia dall'intervento, discreto, ma continuo e importantissimo per l'equilibrio del dialogo, del Diderot già maturo e « philo­ sophe ». Non manca nella comprensione umana e generosa che Diderot dimostra di fronte a quel mostro sociale e mo­ rale con cui parla, un momento di ritorno su se stesso, uno sguardo lontano ai suoi primi anni di vita parigina, ma è sen­ timento completamente modificato ed assorbito da quella larga visione che egli aveva conquistata col suo pensiero e col suo operare . Episodi ed impressioni della sua vita da giovane, anche se meno importanti, si potranno ritrovare nei Mots de Ca­ ractère, eh(! sono un po' un seguito del Neveu de Rameau, come pure in quel Plan d'Université ch'egli scrisse per l'im­ peratrice Caterina II di Russia, nei Salons, ecc. Nell'assieme tuttavia questi pochi frammenti che ci restano della prima parte della sua vita o hanno un valore puramen­ te aneddotico o male si distinguono da alcuni caratteri ge­ nerali dell'epoca e dell'ambiente in cui Diderot trascorse la sua giovinezza. Per intenderne il valore storico bisognerà al­ largare il più possibile intorno a lui il numero delle persone e dei movimenti con cui egli entrò allora in contatto, sarà necessario ricostruirgli intorno il suo mondo, moltiplicare gli esempi di altre vite che abbiano qualche parallelismo con la sua, far rivivere un istante altri giovani intorno a lui . Contrariamente a quanto si è detto spesso, la famiglia in mezzo alla quale passò i primi suoi anni non ebbe una parte veramente importante nella sua formazione ideale . Si è vo­ luto vedere un'influenza famigliare nell'interesse che Diderot dimostrerà nell'Enciclopedia e altrove per il lavoro manua� le, per la tecnica, per le macchine, interesse che gli sareb­ be stato inculcato dalla tradizione di abili coltellinai che i Diderot continuavano a Langres da molte generazioni . In 29

realtà, si tratta invece di ricerche suscitate da una sua con­ cezione del genio umano, della facoltà naturalmente e pra­ ticamente creatrice dell'uomo . Cosl pure la visione dell'ambiente paterno, della famiglia provinciale in cui nacque e crebbe, come esempio tipico di costume, chiuso in se stesso, ma compiuto e complesso, quel tanto insomma di esaltazione rousseauiana della virtù pa­ triarcale che si trova per esempio nell'Entretien d'un père avec ses enfants, è cosa tarda in lui, rappresenta un ritorno indietro degli ultimi anni, una comprensione posteriore di qualche cosa da cui invece aveva dovuto liberarsi durante la sua giovinezza. Per capire i primi passi di Diderot, non è la continuità con la tradizione famigliare che bisogna sottolineare, ma piut­ tosto i suoi primi tentativi di rottura . Naturalmente non bi­ sogna confondere la storia dello staccarsi di Diderot dalla natia Langres con la cronaca dei suoi rapporti con suo pa­ dre, sua madre, suo fratello, sua sorella, ecc. Egli nutri per essi sentimenti di affetto, li vide relativamente spesso anche quando la vita loro e la sua erano diventate completamente divergenti . Questa cronaca è già stata fatta, sia pure dal punto di vista un po' meschino del prete in confessionale, dal canonico Marcel, né importa rifarla .5 Ancora giovanissimo, Diderot tenta di fuggire a Parigi . Almeno questo è quanto ci racconta Mme de Vandeul e benché oggi ci sia assolutamente impossibile controllare que­ sta testimonianza, si tratta evidentemente di una di quelle asserzioni che se anche non esatte nei dettagli rappresentano una tendenza generale, un fatto, psicologicamente anche se non storicamente, vero. Denis - scrive - avait pour ami un cousin de son age, il lui con.fia son secret et l'engagea à l'accompagner; mais le cousin, plus médiocre et plus sage, découvrit le projet à son père; le jour du départ, l'heure, tout fut indiqué. Mon grand-père garda le plus profond silence, mais en allant se coucher, il emporta les clefs de la porte cochère, et lorsqu'il entendit son fils descendre, il se présenta devant lui et il lui demanda où il alla it à minuit. - A Pacis, lui repond le jeune homme, où je dois entrer aux Jésuites. - Ce ne sera pas pour ce soir, mais vos désirs seront remplis; allons d'abord dormir .. 6 .

Certo non è difficile constatare qualche inesattezza in que­ sto racconto se non fosse altro l'idea, attribuita al giovanet­ to, di presentarsi ai gesuiti, seguita dall'assenso paterno, quando poi, invece, nella riga seguente, ci è raccontato l'ar­ rivo di Diderot a Parigi e la sua iscrizione al Collège d'Har­ court, che con i gesuiti non aveva nulla a che fare, e che anzi era giustamente considerato una scuola di tradizioni gianseniste. Ma quello che, per ora, ci interessa in questo racconto, è un'altra cosa : il ricordo di un primo tentativo del giovane Diderot di uscire dalla famiglia e di fuggire a Parigi. Là, il più difficile, doloroso e significativo conflitto doveva prodursi a proposito del suo matrimonio con una donna di un ambiente del tutto estraneo a quello della famiglia Diderot. Episodio questo della sua giovinezza ora un poco chiarito dalla recente pubblicazione di qualche lettera alla sua :fidan­ zata. Lettere che se non molto aggiungono a quello che sa­ pevamo del carattere estremo e sentimentale di Diderot, met­ tono invece m chiara luce la gravità dello strappo alle tra­ dizioni che rappresentò questo suo legame. Se infatti la co­ struzione gerarchica dell'antico regime catalogava i Diderot tra i popolani della città di Langres , perché privi di una tradizione che li facesse borghesi, essi avevano tuttavia una posizione importante nel loro quartiere e nel loro mestiere, erano ricchi e oramai da secoli conservavano l'uso di unirsi con vincoli matrimoniali di preferenza con un certo numero di famiglie pari alla loro. Il fatto di sposarsi invece con una donna lontana sia per condizione che per mentalità giustifi­ cherà agli occhi del padre di Diderot un provvedimento tan­ to grave come quello di chiedere una « lettre de cachet » contro suo :figlio. Fino al matrimonio, i diversi atti di indisciplina commes­ si dal :figlio potevano evidentemente essere considerati, con occhio non del tutto privo di simpatia, come effetti di un temperamento troppo ardente, come passeggeri errori di gio­ ventù, ma questa sua violazione della tradizione famigliare aveva ben altra importanza. Tutta la sua vita, la moglie di Denis sarà considerata più o meno un'estranea, un'intrusa. Quanto a lui, fu rinchiuso in un convento non lontano da Troyes . Di questa detenzione sappiamo soltanto che essa fu 3I

di breve durata, perché egli riuscl a scappare in condizioni romanzesche, accennate in una lettera alla sua Nanette : Ma chère arnie, après avoir essuié des tourments inouis, me voilà libre. Te le dirai-je? mon père avait porté la dureté jusqu'à me faire enfermer chez des moines qui ont exercé contre moi tout ce que la méchanceté la plus déterminée pouvait imaginer. Je me suis jeté par les fen@tres la nuit du dimanche au lundi. J'ai marché jusqu'à présent que je viens d'atteindre le coche de Troyes qui me transpor­ tera à Paris. Je suis sans linge. J'ai fait une route de trente lieues à pied par un temps détestable. J'ai assez mal vécu, parce que, ne pouvant suivre la route ordinaire dans la crainte qu'on ne me pour­ suivit, je suis tombé dans des villages où j'ai pain et du vin.

à peine trouvé du

In seguito a questa rottura e questa fuga Diderot fu co­ stretto per evitare di essere diseredato a sposare clandestina­ mente Nanette il 5 novembre I 743· Ciò che l'episodio del suo matrimonio poteva già metterei sulla via di intendere, e cioè che il distacco dalla famiglia fu per Diderot un momento di un'evoluzione propria, di un cam­ biamento di mentalità, è confermato dalle sue prime opere, dove tutti gli accenni ai suoi sono o ironici o ostili . Il pri­ mo suo libro (se si eccettui una traduzione dall'inglese che è un lavoro puramente editoriale) , e cioè l'Essai sur le Mérite et la Vertu è dedicato al fratello . Costui era proprio quello che la famiglia desiderava che un figlio fosse: devoto e ligio alla Chiesa, diventerà prete, resterà nell'ambiente provinciale e illustrerà da vecchio il nome dei Diderot nella nativa Lan­ gres, con la fondazione di opere buone cattoliche.8 L'Essai, liberamente tradotto da Shaftesbury, è nettamente deista . Apparve nel I 745 , l'anno dopo suo fratello doveva prendere gli ordini . Quando vi si legge, nella prefazione : «· cet ouvrage sera clone, si vous voulez, un antidote destiné à réparer en moi un tempérament affaibli, et à entretenir en vous cles forces encore entières »/ non è difficile vedere il senso iro­ nico di simili frasi. Nella seconda edizione, pubblicata nel I 7 5 I , la dedica al fratello scompare ed è sostituita dallo stesso testo, diretto questa volta « à ma tante » . È vero però che non siamo, questa volta, affatto certi che l'edizione sia stata curata da Diderot stesso. 32

La famiglia è legata, nell'animo suo, ad un'idea d'opposi­ zione ai suoi ideali, al suo libertinismo intellettuale. Ancora nel 1 75 8 , quando, nel Père de Famille, si serve di alcuni ri­ cordi personali per completare l'intreccio di questo dram­ ma, ricorrerà all'episodio del suo matrimonio e all'opposi­ zione paterna.10 Soltanto più tardi, quando sarà del tutto li­ bero, quando sarà un uomo famoso e nella sua piena mlttu­ rità mentale, ritornerà con i suoi scritti e specialmente nel­ l'Entretien d'un père avec ses enfants all'ambiente famigliare, idealizzandolo con elementi tratti dalla sua filosofia e dalla sua politica, e insieme servendosene come schema per i suoi nuovi tentativi letterari. Ben più importante e profondo fu il contat-to del giovane Diderot con la religione e con la Chiesa. Aveva uno zio cano­ nico (in genere la famiglia sua sembra esser sempre stata ricca di vocazioni) che, morendo, volle lasciare al nipote Denis la sua prebenda. A 14 anni e qualche mese Diderot prese dunque l'abito d'abate che portò due anni. A Langres fece i suoi primi studi in un collegio di gesuiti . Una volta a Parigi l'idea di entrare in Sorbona, di farsi prete o monaco lo prese più di una volta. Mme de Vandeul racconta : Il [Diderot ] fut dévot pendant quatre ou cinq mois, dans le temps qu'il faisait ses études et qu'il voulait entrer aux Jésuites, il jeunait, portait le cilice et couchait sur la paille. Cette fantaisie vint un matin et disparut avec la meme vitesse.11

Ma esiste un passo anche più caratteristico e curioso, scrit­ to da Diderot stesso, il 2 1 novembre 1 76 5 , in una lettera a Mlle Volland : Je vous jure que si le Prieur cles Chartreux m'avait pris au mot, lorsqu'à l 'Age de dix-huit à dix-neuf ans j 'allai lui offrir un novice, il ne m'aurait pas fait un trop mauvais tour:

j 'aurais employé

une

partie de mon temps à tourner cles maxiches de balais, à becher mon petit jardin, à observer mon baromètre, à méditer sur le sort misérable de ceux qui courent les rues, boivent de bons vins, cajolent de jolies femmes, et l'autre partie à adresser à Dieu cles prières les plus ferven­ tes e les plus tendres, l'aimant de tout mon coeur comme je vous aime, m'enivrant cles espérances les plus flatteuses comme je fais, et

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plaignant très sincèrement les insensés qui préfèrent de pauvres joies momentanées, de petites jouissances passagères à la douceur d'une extase étemelle dont je ne me soucie guère_ll

Anche dopo questi due tentativi o velleità (di entrare a far parte dei gesuiti prima, dei certosini poi, se pure la prima versione, fornitaci da Mme de Vandeul, non è una variante errata della seconda, testimoniata da Diderot stesso) , la pos­ sibilità di entrare in convento non è assente dall'animo suo. Quando ha bisogno di trovar subito dei quattrini e di darsi un altro stato sociale, ricorre all'idea di farsi passare per monaco o prete. Fingendo una vocazione riesce a spillare dei soldi a una divertentissima figura di frate carmelitano , Ange, che ricompare in ]acques le Fataliste; quando vorrà farsi conoscere dalla futura sua fidanzata e cercare un prete­ sto di vederla, dirà che sta per entrare in seminario e che ha bisogno di un corredo . Verso la stessa epoca, nel 1 74 1 , confida ad un amico di famiglia, Pierre Lassalette, la sua in­ tenzione di ritirarsi a Saint-Sulpice. Che cosa nascondono questi contatti con la Chiesa ? Spie­ gare tutto con la semplice tradizione di famiglia, oppure co­ me espedienti più o meno ammissibili di un giovane in cerca di carriera, è evidentemente insufficiente . Persino quell'ateo professionale di Naigeon ha dovuto confessare nei suoi Mé­ moires l'esistenza di un periodo della vita di Diderot in cui i legami con la fede furono stretti. Il [ Diderot] ne se rappelait point cette époque de sa vie [la prima giovinezza ] et les obstaales que jusqu'à ce moment les préjugés reli­ gieux avaient opposés à son instruction, sans envier à cet égard le bonheur de ce philosophe qui , en parlant des sermons, des catéchismes et des livres de controverse qu'on lui avait fait lire dans son enfance, di­ sait avec cette finesse et cette légèreté qui lui étaient propres : j e n'avais alors que dix ans et je commençais à ne 11ien entendre à tout cela.13

Solo attraverso i riflessi che questa fede può aver lasciato nelle sue opere posteriori, si potrà forse penetrare in essa, scoprirne il carattere e i rapporti con il movimento religioso del suo tempo . C'è in Jacques le Fataliste un passo (uno dei più belli usciti dalla penna di Diderot) che mi pare illumini compiutamente questa sua religiosità giovanile : 34

Il vient un moment où presque toutes les j eunes filles et les jeunes garçons tombent dans la mélancolie ; ils sont tourmentés d 'une inquié­ tude vague qui se promène sur tout, et qui ne trouve cien qui la calme. Ils cherchent la solitude ; ils I)leurent; le silence cles cloitres les touche; l'image de la paix qui semble régner dans les maisons religieuses les séduit. Ils prennent pour la voix de Dieu qui les appelle les pre­ miers efforts d'un tempérament qui se développe, c'est précisément lorsque la nature les sollicite qu'ils embrassent un genre de vie con­ traire au voeu de la nature.'4

Diderot su questo tono commosso parla di se stesso, dei suoi primi anni. La spiegazione naturalistica, cosl sincera ed aperta, è evidentemente una riflessione posteriore, ma nulla falsa il sentimento che era ancora nel suo ricordo tanto vivo e forte. Lo stato d'animo cosl espresso ben si confà a ciò che sap­ piamo dell'anima entusiasta di Diderot, mentre è strettamen­ te legato ad un tipo di religiosità che egli poté trovare intor­ no a sé nei suoi primi anni di soggiorno parigino, religiosità che proprio per questo carattere storico poté lasciare in lui una traccia profonda. Se da una parte infatti, nella prima metà del XVIII secolo, si procede rapidamente, attraverso quella corrente che genericamente va sotto il nome di dei­ smo, a spogliare il vecchio Dio di tutti gli attributi leggen­ dari, mitici, personali, umani, per farne un grande principio logico o logicistico , un'altra corrente, meno nota generalmen­ te, ma non meno interessante, tende a fare del Dio biblico un essere « sensibile » , vivente la vita delle passioni e del senso in mezzo agli uomini. È in certo senso una doppia morte del vecchio Dio, che da una parte saliva sempre più alto nei cieli per finire col diventare unicamente un grande testimonio delle azioni degli uomini (ed è questa la reli­ giosità di un Voltaire per esempio) , dall'altra scendeva nella natura per finire col mescolarsi completamente in essa. A que­ sto secondo bisogno risposero, nella terza decade del secolo, i miracoli strani dell'epoca, che si chiamano generalmente col nome del diacono Paris, ma che non furono unicamente giansenisti, poiché anche i gesuiti ebbero i loro . I « philo­ sophes » sempre li ricorderanno nelle loro polemiche e nelle loro opere, i meno sensibili unicamente per additarli al ri3 .5

brezzo universale come cosa poco pulita, i più penetranti, tra cui Diderot, per vederci un fenomeno di pura religiosità femminile. Questi fenomeni mistici sono infatti caratteristici per il loro desiderio più accentuato che in qualsiasi altro mi­ racolo tradizionale, di « toccare » , di « sentire » Dio nella pelle e nella carne . C'è un romanzo di quegli anni Trenta, che ancor oggi, con la sua fama, perpetua qualcosa di questi stati d'animo : Manon Lescaut è sl una donna amata fisica­ mente, ma è insieme come un simbolo di una « religion du tempérament ». Nel suo saggio Sur les Femmes, Diderot ha cercato di spiegare questo tipo di quietismo che è « la vraie religion de la femme tendre » 15• Ricorda i miracoli, i tor­ menti volontari, egli vede giustamente l'origine e la prima forma di questo tipo di religione in Fénelon e Mme Guyon. Quando, nel 1 749, Diderot dirà che un cieco non può cre­ dere a Dio perché non riesce a toccarlo col dito e gli manca l'organo per poterlo vedere nella natura, avrà una sua effi­ cacia polemica proprio perché si riferirà a questa complessa corrente che tendeva a confondere sempre più e in tutti i modi la divinità con la natura fisica. La prima opera completamente originale di Diderot, le Pensées philosophiques, conserva ancora, in mezzo alle af­ fermazioni del tutto libere, non solo dalla religione tradi­ zionale, ma anche da qualsiasi forma di religione, alcune trac­ ce importanti di questa presa di possesso di una divinità tutta fisica sul giovanissimo Diderot, come su tanti suoi con­ temporanei : On nous pacle trop tot de Dieu : autre défaut, on n'insiste pas assez sur sa présence . . . . Si j 'avais un enfant à dresser, moi, je lui ferais de la Divinité une compagnie si réelle qu'il lui en couterait peut-8tre moins pour devenir athée que pour s'en distraire. Au lieu de lui citer l 'exemple d'un autre homme qu'il connait quelques fois pour plus méchant que lui, je lui dirais brusquement : Dieu t 'entend, et tu mens . Les jeunes gens veulent etre pris par les sens . Je multiplie­ rais donc autour de lui les signes indicatifs de la présence divine. S 'il se faisait, par exemple, un cercle chez moi, j 'y marquerais une piace à Dieu, et j 'accoutumerais mon élève à dire : Nous étions quatre, Dieu, mon ami, mon gouverneur et moi.16

Tra gli amici stessi di Diderot, uno dei primi collaboratori dell'Enciclopedia, Toussaint, fece il suo ingresso nella vita letteraria con un atteggiamento che val la pena di confron­ tare con quello di Diderot, perché qualche luce ne nasce sul carattere di tutt'e due e sull'epoca tutta. Di famiglia forte­ mente religiosa, Toussaint comincerà a scrivere cantando in versi latini le lodi del diacono Paris, quello dei celeberrimi miracoli. Poi nel 1 7 48 pubblicherà, proprio nel momento della più intima sua collaborazione con Diderot, un libro, di cui avremo spesso occasione di riparlare, i Moeurs, che fe­ cero grande scandalo per il loro deismo sentimentale e che ebbero effettivamente una influenza non trascurabile in quella grande rinascita dell'illuminismo che doveva prodursi intorno al 1 75 0 . Ecco come vi parla di Dio : Qu'il me soit permis, pour donner une idée de l'amour de Dieu, de peindre l'amour que les dévots appellent profane. Ce parallèle, en lui m@me, n'a rien d'indécent . .. Je choisis cette sorte d'amour pour modèle de l'amour divin, parce que c'est, de toutes les affections, celle qui remue l'ame avec le plus d'empire et de vivacité. L'amour a, dit-on, donné naissance à la peinture: c'est lui, sans doute aussi, qui a intro­ duit le culte des reliques : un cheveu de ce qu'on aime est un bijou précieux. Qu'on ne s'imagine pas que l'amour de Dieu soit fort diffé­ rent de celui-là : il n'y a pas deux manières d'aimer, on aime de m@me Dieu et sa mahresse; et ces diverses affections ne diffèrent l'une de l'autre que par la diversité de leurs objets et de leurs fins . Ainsi l'homme pieux, pénétré pour son Dieu de sentiments semblables à ceux d'un amant passionné, voudrait le voir, le posséder, lui @tre uni ; il s'en occupe avec joie, en parle avec respect, il étudie sa loi, la médite et l'observe; c'est là la preuve, aussi bien que l'effet, de son amourP

Poi Toussaint apertamente ed esplicitamente continua met­ tendo in contrasto questo suo Dio con quello lontano e as­ sente del deista, come pure, anche più chiaramente, col Dio dell'ascetismo cristiano .18 Nelle prime opere di Diderot questa forma di religiosità, che, come si vede, egli ebbe in comune con una parte im­ portante della sua generazione, sarà già quasi completamen­ te superata o, almeno, si sarà profondamente trasformata. Eppure, come si è visto, delle tracce rimarranno di questo punto di partenza della sensibilità di Diderot, che, pur rien� 37

trato più tardi nell'ombra, non ebbe all'inizio scarsa efficacia. Diderot sperimentò dunque personalmente quella che è una fase importante nella formazione dello spirito moderno. Prima misticismo ascetico e individualistico nel Medio Evo, poi punta estrema, con Valdès e i valdesiani, del1'11manesimo rinascimentale, il quietismo religioso doveva rinascere, nel Seicento francese, per opera di alcuni gesuiti e di FénelDn, intimamente legato ad un nuovo interesse per la natura e per le creature di Dio . La prefazione migliore alla storia del­ la profonda vena quietistica che traversa tutto l'illuminismo settecentesco è forse la storia del sentimento religioso di Brémond, dove si vede, attraverso le griglie del dogma orto­ dosso, sprigionarsi un abbandono alla natura e a Dio che prende spesso, già nel Seicento, caratteri moderni . Una con­ tinuazione di questa storia religiosa che mostrasse, come hanno fatto Chérel per Fénelon o Masson per Rousseau, come questi sentimenti siano penetrati nel secolo decimottavo e come vi si siano trasformati, sarebbe certo piena di interesse e permetterebbe di meglio intendere la forza ed i limiti del­ l'illuminismo. L'idea di Diderot di farsi prete e di entrare in convento, è pure notevole da un altro punto di vista . La tradizione del­ la famiglia, che certo in questo non era un'eccezione, di avere qualche rampollo religioso significava che la Chiesa rappre­ sentava per quell'ambiente il naturale sbocco per i bisogni di cultura, di studio, d'elevazione, di meditazione che vi si manifestavano. Lo staccarsene del giovane Denis , dopo aver sentito il bisogno di seguire anche lui questa via, è fatto di notevole importanza sociale, ed è anch'esso un indice tipico di quegli anni . Prévost, ancora una volta esempio dei più pro­ fondi contrasti dell'epoca sua, ebbe tutta la sua giovinezza travagliata da questo conflitto tra mondo e Chiesa, e le sue opere ne sono uno specchio fedele. Il poeta che ebbe grande successo alla fine degli anni Trenta, Gresset, si fa conoscere ed apprezzare cantando in diversi modi la sua rottura con la vita gesuita. Anteriormente dunque alla lotta dei filosofi contro la reli­ gione si constata lo staccarsi di tutta una generazione di giovani dalla carriera ecclesiastica, che per tanti provinciali

e uomini del popolo era stata un'abitudine consacrata e un mezzo per giungere dove non potevano da soli. Altri che non ebbero la forza e la possibilità di com­ piere questa rottura nei loro primi anni e divennero o resta­ rono abati e preti si troveranno più tardi a fianco degli illu­ ministi nella battaglia comune, ma per loro il distacco dalle tradizioni rimarrà meno doloroso, meno difficile, l'ambiente loro li avrà portati più facilmente sulla strada dell'incredu­ lità. E di questa diversità originale, nella gioventù loro, porteranno sempre profondi i segni nella loro mentalità . Notevole invece il fatto che per alcuni illuministi futuri (tra cui Diderot) la rottura sia stata più profonda, anche se oggi ci appare più oscura e meno facile da conoscere e da ricostruire. Quegli anni su cui cosl poco sappiamo del fu­ turo enciclopedista furono essenzialmente l'epoca in cui, attraverso lotte ed idee di cui ci è impossibile fare oggi la storia dettagliata, egli ruppe ogni legame con la religione tradizionale. La prima testimonianza diretta di un contemporaneo (del 1 74 1 ) ce lo mostra già completamente lontano dalla religio­ ne, e aggiunge anzi qualche dettaglio che può servirei forse per capire una delle vie attraverso le quali Diderot giunse alla sua liberazione intellettuale . Baculard d'Arnaud, povero scrittore, in tutt'e due i sensi della parola, verseggiò , in ri­ sposta ad una poesia elogiativa che gli aveva diretto Diderot, un ritratto in versi dell'amico suo : Philosophe par gout, et non par habitude, A la vertu melant le doux plaisir, Ennemi d'une vaine étude, Volant de désir en désir, Docte censeur, juge équitable, Maitre de son esprit, plus maitre de son coeur, Amant d'Iris, parmi les plaisirs de la table, Partout ami sincère, et jamais vil flatteur, Licidas, dans cette peinture, Tu reconnais aisément ton tableau, Je n'ai fait que preter ma main à la nature, La nature, à son tour, m'a preté le pinceau.19 39

Sia pure attraverso i tratti convenzionali, riconosciamo be­ ne Diderot : « philosophe par gout et non par habitude » , « ennemi de l a vaine étude ». Lui stesso ci parlerà più tardi, ricordando la sua giovinezza, questa sua passione per le let­ tere, umanisticamente e liberamente intese, del suo gusto per la lettura dei classici che diventa come una contropartita al suo rifiuto di leggere il breviario . Plusieurs années j 'ai été aussi religieux à lire un chant d'Homère av.ant de me coucher, que l'est un bon pr�tre à réciter son bréviaire. }'ai sucé de bonne heure le lait d'Homère, de Vtirgile, d'Horace, de Térence, d'Anacréon, de Platon, d'Euripide, coupé avec celui de Moise et des prophètes.20

Idea umanistica, un po' vuota e tradizionale se si vuole, ma pure efficace e che sempre rimarrà viva in lui. Si è talvolta cercata l'origine di questo suo umanesimo nell'educazione classica completa ed armonica che egli ebbe nel Collège, nella scuola che frequentò . Ma, come si può ve­ dere dalla doppia testimonianza riportata poco prima (te­ stimonianza di un suo contemporaneo e sua) , il senso intimo di un tale umanesimo è tutto nella libertà, si potrebbe dir quasi nella gratuità, di questo studio degli antichi, che certo Diderot può aver imparato a conoscere sui banchi della scuo­ la, ma che sono importanti per la sua biografia soltanto per­ ché egli ne fece il suo otium studiosum durante gli anni della sua bohème parigina .21 Inutile certo tentare quello che un tedesco, LOpelmann, si è sforzato di fare : ricostruire la lista degli autori che il giovane Diderot poté leggere durante que­ sti anni di esplorazione intellettuale, traendoli dalle citazioni che ne fece in seguito . Tentativo che, se spinto un po' in­ nanzi , può arrivare al risultato paradossale seguente : siamo certi che oltre i classici antichi e alcuni classici moderni quale Milton, che Diderot cita insieme agli altri, gli unici libri di cui abbiamo testimonianza precisa che egli leggesse nei primi anni sono proprio quei classici del romanzo libertino (per chiamarli con una parola piuttosto eufemistica) che egli chiedeva alla giovane libraia dei « quais », che doveva poi di­ ventare Mme Greuze,22 ad esempio La Venus dans le Cloitre di Chavigny de la Bretonnière, di cui proprio si ha una ristam-

pa nel r 74 6 , o altri dello stesso genere. In mancanza di dati più precisi accontentiamoci dunque di sapere che Diderot lesse liberamente e molto e che alla passione di questo largo e vario studio egli sacrificò tutto, ogni possibilità di carriera, ogni desiderio di vita regolare. Cerchiamo di veder vivere Diderot, a Parigi, durante gli

anni della sua bohème, pieno di curiosità e passione per la

letteratura e lo studio, già tormentato da quella vocazione religiosa e filosofica che lo inciterà a scrivere più tardi le sue opere migliori. Attorno a lui altri, in condizioni simili alla sua, spostati e scrittori, spesso con idee e ideali non molto dissimili. Ritroviamo i loro nomi di sfuggita nelle posteriori opere sue, accompagnati spesso da qualche parola appena. Eppure in quegli anni essi costituivano tutto il suo ambien­ te. Non è facile ora farli rivivere, ché sono molto spesso de­ gli sconosciuti. Certo Diderot entrò in contatto allora anche con persone che divennero in seguito personaggi noti ed importanti . Cosl quel giovane che fu poi il cardinale di Bernis, ministro della Pompadour, che, se certo non fu mai un gran­ de statista, ebbe tuttavia un'influenza sui destini della Fran­ cia. Ma, nei suoi giovani anni, povero e con ambizioni let­ terarie, andava a mangiare con Diderot per pochi soldi.23 Cosl Sartine, suo compagno di scuola, che poi fu a capo della polizia . 24 Cosl anche il famoso romanziere e commediografo Le Sage, che Diderot ricorda, tanto nelle Lettre sur les Sourds et les Muets, quanto nel Paradoxe sur le Comédien , e che egli conobbe da giovane. Lo vide probabilmente in quella cerchia di « beaux esprits » che si raccoglieva attorno al grande e vecchio scrittore, per gustare e raccogliere le sue bat­ tute e le sue trovate. Altri ancora dovette conoscere nel gran­ de e famoso Collège d'Harcourt . Restò d'altronde in rap­ porto con alcuni professori di questa scuola. Ma non son questi tuttavia i personaggi caratteristici che possiamo ora raggruppare attorno a lui. Curioso invece sarà confrontare certi stati d'animo e cer­ te idee di Diderot con quelle di un giovane la cui vita ebbe , al suo inizio, tanti punti di somiglianza con la sua : Guay de Prémontval. Diderot lo ricorda in Jacques le Fataliste e con

tale abbondanza di dettagli da far pensare che sia stato vici­ no testimone delle avventure e delle sfortune di questo scrit­ tore . In un opuscolo autobiografico, pubblicato nel 1 749 Prémontval ci racconta la sua vita, le sue passioni letterarie ed umanistiche, le sue crisi religiose che gli fecero comporre, ancora sui banchi di scuola, tutto uno scritto sulla transu­ stanziazione, il suo rifiuto tanto di prendere gli ordini che di darsi all'avvocatura.25 Il padre lo aveva messo dinanzi al dilemma di prepararsi allo stato ecclesiastico e alla predica­ zione o di entrare nella carriera delle leggi. Je déclarai nettement ... que je n'embrasserais jamais une profession où, après s'@tre rempli la t@te d'un fatras de lois ridicules, .. il fallait ensuite consacrer le reste de sa vie à se mettre au :Fait de chétifs intérets de misérables plaideurs, à écouter leurs raisons ou plutot leurs fourberies et leurs imposrures, enfin, à vendre ses talents et sa parole le plus souvent contre ses propres sentiments, au mépris des lumières de sa conscience. .

E anche per Diderot l'opposizione alla carriera ecclesia­ stica si abbinò, secondo quanto ce ne riferisce Mme de Vandeul, ad una ripugnanza per l'avvocatura : « Il avait une répugnance invincible à s 'occuper toute sa vie des affaires d'autrui, l'état de procureur étant trop diffi­ cile à remplir délicatement».'JIJ La soluzione per vivere fu, per l 'uno come per l'altro l'insegnamento della matematica. Questa scienza fu forse, per Diderot, ciò che di più duraturo e di più profondo gli lasciarono gli anni di scuola. Con ironia e spirito lo afferma egli stesso in un passo di sicuro valore autobiografico, anche se messo alla terza persona: Ils l'envoyèrent au collège de la province où il se distingua, et de là à Paris, dans les classes de l 'université où ses maitres ne purent jamais vaincre son dédain pour les frivolités de la scolastique. On lui mit entre les mains des cahiers d'arithmétique, d'algèbre et de géo­ métrie qu'il dévora. Entratné par la suite à des érudes plus agréables, il se ph1t à Ja lecrure d'Homère, de Virgile, du Tasse et de Milton, mais revenant toujours aux mathématiques, comme un époux infidèle, las de sa mattresse, revient de temps en temps à sa femme.l7

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Nel Collège d'Harcourt, di tradizione giansenista e pasca­ tiana, la matematica era naturalmente tenuta in alto conto. E mentre tutte le opere di Diderot sono piene di critiche acute e profonde del sistema d 'insegnamento attraverso il quale egli stesso dovette passare, soprattutto per quanto ri­ guarda la filosofia e le scienze morali, sempre invece egli lodò ed apprezzò il fatto che fin da giovane lo avessero bene indirizzato alle matematiche. Tutta la sua vita se ne in­ teresserà infatti, anche se i primi anni furono per lui quelli di una maggiore intensità nello studio dell'algebra e della geometria. L'unico suo libro tutto dedicato a tali problemi è del 1 74 8 : Mémoires sur différents suiets de Mathématiques .28 L'inse­ gnamento di questa scienza fu, prima dell'inizio della sua carriera letteraria, il principale suo mezzo per guadagnarsi la vita, dando lezioni private. Prémontval sfruttò simili conoscenze in modo anche più originale. A partire dal 1 73 8 egli aperse un corso pubblico e gratuito di matematica. E ogni anno cominciava ogni dicem­ bre con un discorso generale, che veniva pubblicato, dove parlava di uno degli aspetti generali e filosofici della sua scienza. Nel 1 740, ad esempio, la sua prolusione ebbe per titolo : « L'origine, le progrès, et l 'utilité des mathémati­ ques » . Il pubblico era eccezionalmente largo e, cosa ben rara allora, anche delle donne vi partecipavano . I corsi erano, come abbiamo detto, gratuiti e Prémontval non guadagnava se non da coloro che poi gli chiedevano lezioni private . Ci descrive egli stesso, con molta soddisfazione e minuzia, la sala dove professava, in mezzo a macchine belle e ingegnosa­ mente costruite (ne parlerà anche Diderot) , perché potessero diventare a tutti comprensibili le leggi astronomiche . L'inten­ zione era espressamente quella di metter sulla strada dello studio i giovani e gli inesperti . La matematica era proclamata un mezzo di perfezionare il giudizio ed il ragionamento . Quel Baculard d'Arnaud che abbiamo visto in contatto con Diderot già nel I 7 4 3 , scrisse una lunga poesia in onore di Prémontval, esaltandone il carattere novatore e riformatore, in versi che se anche evidentemente troppo elogiativi, non sono per questo meno caratteristici : 43

D'autres dans leurs écrits, assemblage bizarre De détours captieux où la raison s'égare, Cherchent la vérité, qui sans cesse les fuit, De l'humaine nature épaississent la nuit . Ils e n font l e roman, toi fais-nous-en l'histoire, Par de sfirs arguments force l'esprit à croire, Développe à la fois la cause et les effets De chaque etre : saisis les principes secrets, Leurs changements divers, leur liaison intime, Entre dans l'homme meme, et sondes-en l'abime, A des noms immortels associant ton nom, Rends enfin, s'il se peut, Descartes et Newton A ce triste univers , dont ta voix les rappelle Et qu'ils brillent en toi d 'une splendeur nouvelle.29

Il « Journal de Verdun » che gli faceva apertamente e lungamente la réclame diceva: « Que ne doit-on pas attendre d 'un citoyen qui signale de si bonne heure son zèle pour sa patrie et qui lui consacre gratuitement ses talents ? » .30 No­ tevole è il carattere illuminista di questo curioso centro di studi scientifici, di quell'illuminismo tutto teso alla forma­ zione di una larga società che si interessi delle nuove idee, di un reale pre-enciclopedismo . Non mancarono neppure le persecuzioni che finirono col far emigrare Prémontval in Prussia. Questo ambiente Diderot frequentò abbastanza per poter­ ne conoscere i tipi più originali e curiosi, dei quali si diverti in ]acques le Fataliste a raccontarci le più inverosimili avven­ ture. Conosceva la scolara, poi amante e moglie di Pré­ montval : Mlle Pigeon, figlia d'un abile operaio che costruiva macchine per scienziati : « Elle allait là [ alle lezioni ] tous les matins avec son portefeuille sous le bras et son étui de mathématiques dans son manchon » .31 A quella scuola pure poté conoscere un professore associato a Prémontval, che Diderot definisce « le pendant du Médecin malgré lui, que j 'avais regardé jusque là [ cioè prima di incontrare un origi­ nale così perfetto come costui ] comme la plus folle et la plus gaie cles fictions » .32 Si chiamava Gousse ed era uno di que­ gli uomini .in cui l'incapacità di dominarsi esagerava le qualità e i difetti insiti in ogni altro mortale, rendendo così tutti i lati 44

della natura umana più evidenti : l'attenzione di Diderot era sempre attirata da questi fenomeni umani, dove egli ritro­ vava tutta la varietà del proprio carattere e che insieme acui­ vano il suo sguardo di osservatore curioso e appassionato degli uomini. Un giorno costui faceva un'azione eroica, un altro giorno era capace delle più grosse bricconerie per sod­ disfare una sua passione. Naturalmente quando ne parla in Jacques le Fataliste esso diventa uno schema per ripropor­ re di nuovo a se stesso, come aveva fatto nel Neveu de Rameau, il problema della morale e dell'immoralismo , e cioè dei rapporti della morale con quella libera e spregiudicata creatività di ogni uomo che è simbolicamente rappresentata dal proprio « genio », dal proprio carattere e dalle proprie passioni. Ma il ritratto di Gousse, che Diderot andò a visi­ tare in prigione, che là gli narrò tutta la sua buffissima sto­ ria, è troppo vivo e rapido per non essere tratto dal vero : J'avais besoin d'un livre précieux, il me l'apporte; quelque temps après j 'ai besoin d'un autre Hvre précieux, il me l 'apporte encore ; je veux le payer, il en refuse le prix. ]'ai besoin d 'un autre livre précieux. « Pour celui-ci, dit-il , vous ne l'aurez pas, vous avez parlé trop tard; mon docteur en Sorbonne est mort. - Et qu'a de commun la mort de votre docteur de Sorbonne avec le livre que je désire? Est-ce que vous avez pris les deux autres dans sa bibliothèque? - As surément ! Sans son aveu? - Eh! qu'en avais-je besoin pour exercer la justice distributive? Je n'ai fait que déplacer ces livres pour le mieux, en les transférant d 'un endroit où ils étaient inutiles, dans un autre où l'on en ferait un bon usage » . . . .

Quando Diderot lo va a vedere in carcere, dove era an­ dato a finire per una ragione ben più complessa di questa, lo trova « en robe de chambre, assis à une petite table traçant des figures de géométrie et travaillant aussi tranquillement que s'il eut été chez lui » . Del . resto « toute sa fortune con­ sistait en meubles , en machines , en dessins, en outils et autres effets mobiliers » . Se il centro scientifico e matematico di Prémontval ci ha permesso di incontrare questi curiosi amici di Diderot, la passione del teatro e della letteratura ci permetterà di far la conoscenza di Fougeret de Monbron. Diderot ricorderà nei Mots de Caractères 33 una frase di costui, udita durante una

rappresentazione all 'Opera. « Grand, bien fait, d'une physio­ nomie dure » ,34 come lo descrive un rapporto di polizia del 1 74 8 , aveva un carattere bilioso, acido . Nel suo Cosmopolite egli ci ha lasciato il suo autoritratto. En vain les Anglais quittent leur pays et parcourent les différentes contrées d'Europe, ils reviendront chez eux toujours les memes, som­ bres, mélancoliques, reveurs et généralement misanthropes. Comme je suis né d'un tempérament à peu près semblable au leur, le plus grand fruit que j 'ai tiré de mes voyages ou de mes courses est d'avoir appris à haiT par raison ce que je haissais par instinct.35

Aveva difatti viaggiato « dans différentes cours étrangères à la suite des ambassadeurs » e spesso parla nei suoi libelli di tutto quanto ha udito per versarvi sopra il proprio ve­ leno, talvolta volgare, ma talvolta effettivamente non privo di una vera forza corrosiva. Litigò tutta la sua vita continua­ mente con tutto e con tutti. Aveva cominciato col fare la « garde du Roy et ensuite le valet de chambre de sa Majesté » , m a era stato obbligato a lasciare il posto « à cause de son mauvais caractère » .36 Finl, nel novembre del 1 74 8 , coll'es­ sere arrestato per aver composto un romanzo violentemente satirico e pornografico, Margot la Ravaudeuse, e fu spedito in esilio a cinquanta miglia da Parigi . Se ne andò all'estero, publicando delle satire contro il tempo suo, contro « le gou­ vernement de la France et contre M. Berryer [ il capo della polizia ] en particulier » . Visse in Prussia qualche tempo , ma anche là attaccò briga con il conte d'Argens , che accusò di averlo fatto cacciare. Perfino in Russia « il ne put retenir les saillies d'un génie trop bouillant » n e litigò con « Sou­ marokoff, colonel et aide de camps général de son Exc. le comte de Rasoumowski » . Come si vede, una carriera agi­ tata e degna di essere ricordata tra le tante avventurose del Settecento . La conclusione delle sue esperienze è probabil­ mente contenuta nelle righe iniziali del Cosmopolite : Je haissais ma patrie. Toutes les impertinences cles peuples divers parmi lesquels j 'ai vécu, m 'ont reconcilié avec elle.

Non certo per amarla, ma per odiarla al pari delle altre . Di­ fatti :

Je me suis parfaitement convaincu que la droiture et l'humanité ne sont en tous lieux que des termes de convention, qui n'ont au fond rien de réel et de vrai ; que chacun ne vit que pour soi ; et que le plus honn�te homme n'est, à proprement parler, qu'un habile comé­ dien, qui possède le grand art de fourber, sous le masque imposant de la candeur et de l'équité, et, par raison inverse, que le plus méchant et le plus méprisable est celui qui sait moins se contrefaire.38

Questa acidità acquista talvolta, in poche sue righe, una certa grandezza. Il ricordo di personalità simili a questa, se non proprio il ricordo di Fougeret de Monbron, dovette esser presente a Diderot quando scrisse il Neveu de Rameau. Troviamo infatti, in Margot la Ravaudeuse degli episodi di vita del tempo che certo Diderot conobbe e ricostrul quan­ do volle far vivere una figura di bohème. J'avais [ è Margot che parla ] soir et matin une table de huit couverts, dont six étaient régulièrement des poètes, des peintres, des musiciens, lesquels pour l'inté�t de leur ventre, prodiguaient en esclaves leur encens mercenaire à Crésus. Ma maison était un tribuna!, où l'on jugeait aussi souverainement les talents e les arts, que dans la gargote littéraire de madame T . . . Tous les bons auteurs y étaient mis en pièces et déchirés à beHes dents comme chez elle; on ne faisait grke qu'aux mauvais : souvent m�me on les plaçait aux premiers rangs. J'ai vu cette vermine oser déprimer !es lettres inimitables de l'auteur du Tempie de Gnide ...

Fougeret ci presenta in questo suo romanzo quell'abate Pellegrin, uno degli esempi più tipici che si possano immagi­ nare di spostato e di prete praticamente spretato, dandoci dei dettagli poco noti della sua vita. Ci racconta che per vi­ vere, faceva mercato di epitalami, di poesie varie, e questo era già noto, ma aggiunge che il suo commercio si allargava ai « cantiques spirituels, sermons de carème. On en trouvait dans son magasin de toutes sortes, et à juste prix » . Mme de Vandeul ci racconta che questo fu un mezzo di far qual­ che soldo a cui ricorse anche Diderot proprio a quell'epoca. È una notizia che mi pare invano messa in dubbio dal cano­ nico Marcel come inverosimile, mentre, come si vede, vender sermoni non era un mezzo insolito allora. Tutte le classi sociali sono aggredite in Margot e l'una dopo l'altra violen47

temente svillaneggiate da Fougeret. Un « sous-fermier » è dipinto con colori violentemente caricaturali : Qu'on se dépeigne une tete carrée adhérente à des épaules de porte­ faix, des yeux hagards et féroces ombragés d'un sourcil fauve, un petit front sillonné, un large et triple menton, un ventre en poire soutenu par de grosses jambes arquées terminées par deux pieds plats en forme de pattes d'oie. Toutes ces parties réunies ensemble et chacune exactement en piace composaient ce mignon de :finances .

C'è, per il clero, un parallelo molto preciso e dettagliato tra il mestiere di prete e quello di puttana errante. Margot, l'eroina del romanzo, una donna di quest'ultima specie, cosl ragiona a questo proposito : A corsaire, corsaire et demi. Comme la profession de ces gens-là est d'en imposer en tout et partout sous le voile hypocrite des vertus chrétiennes et sociales ; comme les cagots nous prechent souvent pour un écu ce qu'ils ne voudraient pas pratiquer pour cent mille; en un mot comme les fourbes ne se proposent d'autres :fins en ce monde que de s'engraisser inhumainement de notre propre substance et de rire à nos dépens, je crus que je ferais un acte plus méritoire que répréhen­ sible, si je donnais à un tel homme sujet de se plaindre de moi.39

Come si può vedere, gli elementi di quella violenza che dà un valore sovversivo alle parole del Neveu de Rameau, Diderot può averli trovati per la prima volta a contatto con uomini come l'autore di Margot, la cui rabbia è certo tutta negativa (e il moralismo di molte sue pagine, come quelle della Nouvelle Babylone ce lo proverebbero se quelle citate non bastassero) , ma che resta tuttavia un notevole segno dei tempi. Persona più nobile ed anche storicamente più importante, quel Toussaint di cui già abbiamo avuto occasione di parlare, dovette conoscere Diderot presto nella sua vita. Ci è impos­ sibile determinare ora la data di un primo incontro, lo ve­ diamo già collaborare strettamente con lui nel 1 744 , data in cui cominciarono a preparare la traduzione del Dizionario di Medicina di James . Figlio di poveri, illuminista per sentimento, è notevole nella storia aneddotica della sua generazione per aver accet-

tato anche lui la necessità dell'emigrare, quando vide le sue idee troppo inconciliabili con la Francia della metà del secolo XVII I . A differenza di tanti altri riuscì a farsi all'estero una buona posizione, a continuare a lavorare e a scrivere, anche se le sue cose, una volta avulso dal suo ambiente, diventeran­ no sempre più deboli e insignificanti. Furono relativamente molti, come si vede, tra coloro che possiamo riunire attorno al giovane Diderot, a scegliere la via dell'esilio . Non si intendono la precarietà e le difficoltà dei primi suoi anni se non si tien conto di questa possibile via di uscita. Le circostanze e soprattutto la sua volontà scarta­ rono questa soluzione dalla vita di Diderot, ma non· per questo essa fu del tutto assente dal suo pensiero. Ne ritrovia­ mo una traccia nella prefazione alla Promenade du Sceptique, una delle sue primissime opere ( I 7 4 7 ) , dove conclude dicen­ do che per poter parlare liberamente e filosoficamente era necessario rifugiarsi in Prussia. Là infatti andarono sia Toussaint, sia Guay de Prémontval, sia il medico materiali­ sta ben noto, La Mettrie, anch'egli attivo nello stesso am­ biente parigino di Diderot. Là si rifugiò per un certo tempo anche Baculard d'Arnaud, uno dei primissimi che abbia accennato a Diderot, nella poe­ sia che abbiamo sopra citato . Più giovane di lui, certo non meno povero, era diventato, appena uscito dal collegio, un piccolo strumento letterario nelle mani di Voltaire ed era andato a finire alla Bastiglia nel I 74 I , un pÒ ' perché aveva scritto un balletto intitolato L'art de foutre, un po' perché la polizia non ammetteva che si fosse « élève de V oltaire » (sono le parole del rapporto che lo concerne) . Dopo un bre­ ve soggiorno a Berlino tornò a Parigi per restare tutta la sua lunga vita un povero bohème autore di una infinità di ro­ manzi sentimentali, dove non manca l'influsso di Diderot. È oggi ben dimenticato, ma allora perfino Rousseau ne aveva una certa stima letteraria. È diretta a lui quella poesia di Diderot che Assézat chiama Épitre à Boisard attribuendola all'ultimo periodo della vita di Diderot, mentre è la sua prima opera stampata che ci sia dato rintracciare. Nel Perroquet ou Mélange de diverses pièces intéressantes pour l'Esprit e pour le Coeur, che si pubblicò nel I 7 42 a Francoforte sul 49

Meno, questi versi in lode di Baculard furono pubblicati con la :firma P. D . Diderot e datati dell'anno prima : Épltre a M. B*** Vous sçavez, d'une verve aisée, Joindre aux charmes du sentiment, L'éclat piquant de la pensée Oncques ne fut un rimeur si charmant.

Continua facendo allusione alla povertà del poeta: ... je dis cent fois peste et rage Quand je vois au dernier étage Apollon logé tristement, Apollon, dieu de l'enjouement, Chantre ennemi de l'indigence, Et qui, dans un peu plus d'aisance, Fredonnerait bien autrement!

Finisce con l'augurio : Le destin réglant la mésure De ses présents sur vos vertus, J a de Vénus vous aurez la ceinture Aurez un jour la bourse de Plutus; C'est lorsque, défiant l'envie D'aigrir la douceur de vos jours, Vous mènerez joyeuse vie, Entre les Ris et les Amours.40

Diderot ricorse in quegli anni anche ad un altro espe­ diente, pur esso non poco malfamato, il giornalismo, nascente allora, spesso confuso col libellismo a buon mercato . In una lettera scritta dalla prigione ricorda che « plusieurs morceaux dans les Observations des Desfontaines sont de mai » . Ci è ora impossibile rintracciare tali articoli, a cui mai egli fa altrove allusione. Diderot « philosophe » certo poco ci teneva a far sapere di aver collaborato in gioventù, con un nemico cosl acerrimo di Voltaire qual fu Desfontaines.41 Ancor meno conosciuti dei legami con questi letterati che abbiamo cercato di elencare, sono i rapporti con il mondo

del teatro, al quale Diderot ci dice però essersi presto inte­ ressato. Confessa perfino di essere stato un certo tempo in­ certo tra la Sorbona e il mestiere dell'attore.42 Una lettera del 1 75 6 a Landois, il quale scrisse e fece rappresentare nel 1 742 il primo dramma (nel senso che questa parola doveva prendere poi con i tentativi di Diderot, Mercier, ecc.), lascia supporre una lunga famigliarità fra i due e potrebbe aiutarci a seguire i primi contatti di Diderot col teatro, se non ce lo impedisse di nuovo la povertà assoluta dei dati che ci sono pervenuti su questo suo amico. Certo l'opera di quest'ultimo fu sempre molto apprezzata da Diderot e possiamo supporre una lontana radice della futura riforma del teatro in questa amicizia, che si rivela anche dall'averlo Diderot chiamato a collaborare all'Enciclopedia per gli articoli concernenti la pittura. Questa vita letteraria e teatrale si mescolava, attorno al giovane Diderot, con quella dei giovani pittori ed artisti. Rimane traccia, nei suoi Salons, di qualche ricordo di que­ st'epoca : dibattendo il problema del gusto delle varie nazio­ ni, notava ancora : Moi qui vois tous les jours nos maitres et nos élèves perdre ici, dans la capitale, le grand gout qu'ils ont apporté de l'école romaine : moi qui connais, par expérience, l'influence du séjour de la province ; moi qui ai vécu dans le meme grenier avec Preissler et Wille, et qui sais ce qu'ils sont devenus, l'un allant à Copenhague, l'autre restant à Paris ; Preissler était, cependent, beaucoup plus fort que \'X'i1le ; aujourd'hui il n'est plus rien du tout, et Wille est devenu le premier graveur de l'Europe.43

Ricordi di gioventù sui quali, per una volta almeno, pos­ siamo avere qualche dettaglio : Wille ci ha lasciato delle me­ morie in cui racconta la sua partenza dalla Germania, la sua vita difficile a Parigi, il suo darsi da fare di qua e di là per guadagnarsi la vita. Le sue pagine sono un quadro vivo del mondo che dovette allora esser quello di Diderot. Par­ lando di un suo cambiamento di casa racconta con divertita sorpresa come egli trovò accanto a lui il futuro autore dei Salons. J'était curieux de savoir qui pouvaient etre en ce moment mes

vo1sms habitants de la maison. Et pour m'instruire je desccndis auprès de mes hotes, où, par hasard, je trouvai un jeune homme fort affable qui, dans la conversation, m'apprit qu'il cherchait à devenir bon littérateur et encore meilleur philosophe s'il était possible; il ajoutait qu�il serait bien aise de faire connaissance avec moi, d'autant plus qu'il estimait les artistes et aimait les arts, qu'il pensait que nous étions du meme age, et de plus qu'il savait déjà que nous étions voisins . Je lui donnai la main et en ce moment nous étions am�s. Ce jeune homme était M. Diderot, devenu célèbre par la suite ; il occupait l'entre-sol au dessous de moi, y possédait une jolie biblio­ thèque , et me pr�tait avec plaisir des livres qui pouvaient m'en faire.44

Siamo nel 1 740, eppure Diderot, nel ritratto pacato di questo disegnatore tedesco ha già alcuni dei tratti che sa­ ranno quelli di tutta la sua vita.45 Tra tanti spostati e giovani, uno bisognerebbe aggiungerne ancora se il suo gran nome non obbligasse di per sé a stu­ diare a parte e in sede di idee i suoi rapporti con Diderot : J. J. Rousseau . I due si conobbero quando ancora erano del tutto sconosciuti e quando ancora la loro vita era incerta davanti a loro, quando ancora nulla era deciso dei loro de­ stini di scrittori e di uomini . Basterà per ora aver fatto anche quest 'ultimo nome, perché una nota di più si aggiunga alla varietà e alla vitalità di coloro che possiamo raggruppare at­ torno al giovane Diderot. Miseria, emigrazione, qualche volta prigione, raramente la fortuna, ma vita libera e piena di fermenti, di nuovi senti­ menti e nuove idee, ecco la sorte di molti di quegli spostati che possiamo intravedere intorno a lui nei primi suoi anni. :g quella « compagnie » che Mme de V andeul chiama « mé­ diocre, pour ne pas dire mauvaise » . Certo appena ci è dato conoscere un Diderot scrittore, fin dai primi suoi saggi, egli ci appare, per la sua intelligenza e la sua forza d'animo, su­ periore a quasi tutti gli altri, ma il ricordo di essi rimase vivo in lui e non sarà stato inutile, per la comprensione di alcune sue opere e per meglio intendere le difficoltà pratiche che egli ebbe a superare, di aver raggruppato intorno a lui questo mondo di piccoli scrittori, libellisti, pamphletisti di cui brulicava la Parigi di allora .

II

Shaftesbury

Tra gli altri scrittori che vediamo attorno a Diderot, più famosi spesso per la loro vita povera e avventurosa che per le opere loro, molti si occupavano di tradurre libri inglesi . Eidous, collaboratore dell'Enciclopedia, per esempio, vivrà tutta la sua vita facendo un numero grandissimo di versioni da questa lingua, fornendoci cosi una piccola testimonianza personale della curiosità che circondava allora quanto venisse d'oltre Manica. Toussaint, che anche in questo troviamo accanto a Di­ derot, non disdegnò a scopo più che altro pratico, tali lavori. Il primo tentativo letterario di Diderot gli è suggerito da questo ambiente, da questa curiosità, e, soprattutto, da que­ sta necessità. I tre volumetti sulla storia della Grecia che tradusse da Stanyan non hanno altro valore se non quello di fornire un manuale corrente. Ne correggeva già nel 1 742 le bozze a Langres, durante il suo viaggio fatto per tentare di ottenere dal padre l'autorizzazione matrimoniale, e fu pub­ blicato poi nel r 7 4 3 . 1 La traduzione del Dizionario di Medicina di J ames, in sei spessi volumi in folio, rappresentò anch'essa, dal 1 744 al 1 74 8 / un grosso lavoro che gli permise di guadagnar da vi­ vere, una volta sposato. Nella prefazione, scritta dal medico Busson, si dice che tanto Diderot quanto i suoi cotraduttori (Eidous e Toussaint) erano noti come ottimi conoscitori del­ l'inglese.3 Il Dizionario fu considerato opera utile, alcune ri­ viste ne fecero una recensione elogiativa,4 esso gettò Diderot, per un momento, nelle polemiche mediche del tempo, ma fu importante per lui specialmente perché egli poté dare cosi una prova della sua capacità organizzativa per opere culturali e librarie di grande mole . I librai che pubblicarono questo Dizionario furono poi anche editori dell'Enciclopedia e, con 53

ogni probabilità, essi poterono apprezzare Diderot all'opera. Un altro possibile lavoro di Diderot, anteriore al 1 74 9 , è quello d i cui egli stesso s i vanta i n una delle lettere che diresse alla polizia, al momento della sua detenzione nel Donjon di Vincennes . Elencando i suoi meriti nella repub­ blica delle lettere, egli dice : Je donnai d'abord l'Histoire de Grèce de Tempie Stanyan, dont le public parut content. Cet ouvrage fut suivi de l'Essai sur le Mérite et sttr la Vertu. Je fus employé pendant près de trois ans au Diction­ naire de Médecine. Je publiai, longtemps après, mes Essais sur diffé­ rents sujets de Mathématiques. Mon but, dans cet ouvrage que je eomposai en travaillant aux Antiquités ecclésiastiques de Bingham et en dirigeant l'Encyclopédie, etc ....

Che cosa significa questo « en travaillant aux Antiquités Ecclésiastiques de Bingham » ? Si tratta di una traduzione? Non c'è traccia che tal libro sia stato mai pubblicato in ve­ ste francese. Diderot lo ricorda nel Plan d'Université, ma del resto senza molta precisione (confondendolo in parte con Mosheim, che fu tradotto da Eidous, ma soltanto nel 1 77 6 ) . In genere, come del resto si poteva supporre a priori, quella lettera alla polizia è meno precisa ed utile per una conoscen­ za dei giovani anni di Diderot di quanto l'abbondanza appa­ rente di dettagli poteva dapprima farci credere. Quando, nel 1 74.5 , Diderot pubblica l'Essai sur le mérite et la vertu, riconosciamo per la prima volta, sia nella scelta dell'autore da tradursi, sia nel modo nel quale lo presenta, un aspetto caratteristico della sua personalità. Prende Shafte­ sbury, deista entusiasta e lo traduce in un francese personale ed animato . Cosi facendo si dimostra per la prima volta capace di pren­ dere in mano una moda, una curiosità del tempo (per gli scritti inglesi, in questo caso), persino una necessità pratica personale, per dar loro un significato nuovo. Sa darci una cosa originale e importante senza per questo rinnegare le origini immediate che la hanno fatta nascere. Poco tempo dopo sa­ prà, da un progetto commerciale ed editoriale quale era quello della traduzione dell'Enciclopedia di Chambers, arri54

vare poco a poco a farne un centro spirituale della sua epoca. Che è poi lo stesso mezzo che impiegherà sempre, servendosi liberamente e largamente di idee, di frasi, di interi capitoli altrui, senza per questo far opera meno personale, sapendo dare una direzione e una spinta sua a quello che passerà per le sue mani. Nulla infatti di più interessante e di più libero insieme che quest'opera di incastonatura. Sarà uno dei suoi effetti preferiti letterariamente, gettare in mezzo alle avven­ ture più inverosimili dei pezzi non solo veristici ma veri, e molto dell'effetto letterario di Jacques le Fataliste, per esem­ pio, è in tal modo ottenuto. L'Essai è insieme una traduzione e non lo è, è Diderot che ci parla attraverso le idee di Shaftesbury, un Diderot che possiamo più indovinare che individuare, ma che pure ci rivela già i suoi tratti più tipici e caratteristici.5 Tradurre Shaftesbury nel r 745 , era una vera scoperta o, almeno, una notevole riscoperta. Dei bibliofili, molto pro­ babilmente troppo immaginosi, hanno fatto risalire l'idea di Diderot alla pubblicazione di una versione della medesima opera fatta da un certo Paillet, ma di tal libro in verità non si trovano tracce.6 Senza rimontare dunque ad un antenato così problematico, rimane invece il fatto che Shaftesbury aveva avuto una certa fama tra i francesi già durante la sua vita. All'inizio del secolo, pareva anzi avesse potuto in­ serirsi nel pensiero francese, quando il gruppo degli etero­ dossi rifugiati in Olanda, raccolti intorno al Ledere, lo co­ nobbe, e parzialmente lo tradusse.7 Ma lui morto, e quel gruppo di suoi apprezzatori avendo perso la sua funzione di avanguardia, che invece assunsero gli scrittori della Francia stessa una volta morto Luigi XIV , Shaftesbury rimase un no­ me, anche se relativamente noto, senza molta efficacia. Vol­ taire ne parlò nelle sue Lettres anglaises ed altrove,8 ma, con la sua prepotente personalità si servì di lui per la sua lotta immediata, più che non tentasse di capirlo intimamente. Il libro di Berkeley in cui si allude a Shaftesbury, Alciphron ou le petit philosophe, e che fu tradotto nel r 73 4 , poté servire ad elencare Shaftesbury nella lista dei rabbiosi avversari in­ glesi del cristianesimo dell'inizio del Settecento, la cui azione sotterranea fu certo importante in Francia nella prima metà

del secolo XVIII, ma intorno ai quali non si riaccese un vivo interesse che con il venire in piena luce del più violento e più forte illuminismo francese. Nel « Discours préliminaire » al­ l'Essai, Diderot cercherà di evitare che si confonda il suo filosofo inglese nella schiera degli Asgill e dei Tindal, rispon­ dendo cosi preventivamente alla fama comune che faceva di Shaftesbury un deista fra gli altri e nulla più. Più tardi con accenni e discussioni nell'Enciclopedia i col­ laboratori di Diderot mantennero vivo quell'interesse intorno al filosofo inglese che la traduzione dell'Essai aveva comin­ ciato a suscitare .9 Nel 1 769 apparve una traduzione completa delle opere di Shaftesbury dove l'Essai sarà riprodotto � un'altra prova del­ l'efficacia dell'opera di pioniere che Diderot aveva compiuto nel 1 74.5 mettendo a contatto la cultura francese con il più originale scrittore inglese dell'inizio del Settecento. L'Essai sur le mérite et la vertu è concepito infatti proprio con lo scopo di far conoscere la parte migliore di Shaftesbury. Egli scelse tra le altre l'opera considerata dall'autore come quella centrale, a cui tutte le altre si riannodano e si ri­ collegano .10 Ed è pure quella dove il ragionamento filosofico è più serrato, preciso, mancandovi in gran parte l'aspetto arti­ stico, « rapsodico » , che domina invece altri saggi di Shafte­ sbury. Traducendolo, Diderot cercò del resto di ovviare a questa mancanza, facendo nelle note, accanto a brevi rifles­ sioni personali, una scelta piccola, ma significativa di passi tratti da altri scritti del suo autore. L'assieme poteva ben rap­ presentare il pensatore inglese di fronte ad un pubblico che in gran parte lo ignorava.11 Avvicinarsi a questo tentativo di divulgazione e di parziale interpretazione di Diderot è vedere l'aspetto più specialmente illuministico di Shaftesbury. La sua grande influenza, infatti, su filosofi preromantici e romantici, in Germania essenzial­ mente, ha spesso portato a vedere in lui il precursore e quasi il profeta delle idee sull'arte, sulla morale e sulla religione che sorsero in opposizione con la filosofia dei lumi . È stata , certo, una via per scoprire in lui alcuni concetti, quali la coscienza della creatività della facoltà artistica, che sono

quanto di più moderno il suo pensiero contenesse. Ma è ri­ masto così nell'ombra l'altro suo aspetto, quello profonda­ mente radicato nell'epoca dei lumi, aspetto che pure è vivis­ simo in lui e che p6té essere inteso, assorbito ed ammiratC' da un uomo come Diderot. 12 Il centro della personalità e del pensiero dei due uomini non è allora, forse, propriamente parlando, un problema lo­ gico, né artistico. Attorno ad un sentimento, carico, è vero, di germi speculativi ed artistici, ruota gran parte dell'opera dei due scrittori : l'entusiasmo . Shaftesbury dà ad esso mille significati, distinti talvolta soltanto da leggere sfumature, talaltra invece persino contraddittori . Come forma del genio umano creatore, neila religione, nella morale, esso ritornerà spesso anche più tardi nell'animo e sulla bocca di Diderot, assumendo anche in lui i valori più diversi. Fare il giro delle molte facce di questo poliedro sarà avere una prima ve­ duta d'assieme del sentimento e del pensiero dei due scrittori. Anzitutto siamo di fronte ad una rivolta contro schemi pre­ concetti, contro qualsiasi tentativo di sostituire ad una espe­ rienza viva, sia di pensiero che morale, un sostituto artifi­ ciale, una forma vuota . « La maniera più ingegnosa di di­ ventar pazzi è per mezzo di un sistema, e il modo più certo per impedire il buon senso è di metter qualcosa al posto suo » . 13 Sono parole di Shaftesbury. Diderot insiste sin dalle prime pagine del « Discours préliminaire », premesso al­ l'Essai, sulla necessità di combattere qualsiasi forma acca­ demica, scolastica per scoprire nuove fondamenta alla morale e al pensiero . « Il faut espérer que ces professeurs éclairés qui ont purgé la logique des universaux et des catégories, la métaphysique des entités et des quiddités et qui ont substitué dans la physique l'expérience et la géométrie aux hypothèses frivoles, seront frappés de ce défaut [ lo scolasticismo ] et ne refuseront pas à la morale quelques unes de ces veilles qu'ils consacrent au bien public. Heureux, si cet " Essai " trouve piace dans la moltitude des matériaux qu'ils rassembleront » . 14 Certo questa polemica non è nuova, certo questo motivo ritroviamo in ognuno dei momenti di rinnovamento della cultura europea ; ciò che di inusitato e di nuovo c'è in Shafte­ sbury, come poi in Diderot , è la forma entusiastica, ispirata, 57

che danno ad essa. La volontà di seguire lo sviluppo del pro­ prio pensiero e della propria personalità al di fuori degli schemi appare loro come un naturale entusiasmo che li per­ vade e li porta lontani dalla meschinità del pensiero comune. Tanto per Diderot, come per Shaftesbury, l'entusiasmo si presenta insomma come un abbandono alle leggi interne della loro personalità. E qui ancora, come nei migliori scrittori del Settecento, la fede nella parte più intima del proprio essere si esprime attraverso metafore e idee tratte dalla natura fisica o fisiologica. Per Shaftesbury « i celebri scrittori del genere vario, gli scrittori di saggi, i discorritori occasionali, i creatori di meditazioni ed altri ancora della schiatta degli scrittori irregolari, possono allegare come loro giustificazio­ ne la varietà della natura . E in un clima come il nostro la loro giustificazione diventa senza dubbio del tutto accetta­ bile. Noi insulari, famosi per la nostra instabilità, siamo in special modo fatti alla varietà ed incoerenza del nostro clima, ed è certo che uno scrittore deve per noi essere tanto migliore nel suo genere quanto più egli può piacevolmente sorpren­ dere il proprio lettore, con subiti cambiamenti e passaggi da un estremo all'altro » . 15 Non è forse curioso notare che simi­ lissima è la formula trovata da Diderot per giustificare la va­ rietà della propria natura ? « La tete d'un Langrois est sur ses épaules comme un coq d'église en haut d'un clocher. Elle n'est jamais :fixe dans un point; et si elle revient à celui qu'elle a quitté, ce n'est point pour s'y arreter . . . Pour moi je suis de mon pays . . . » . 16 Il naturalismo accompagna e rivela l'entusiasmo, ne è l'espressione più intima. L'invito che Diderot poté trovare nelle pagine di Shafte­ sbury a liberare il proprio genio lasciò una traccia profonda in tutte le sue prime opere . Nella ricerca della propria for­ ma, dalle Pensées philosophiques alla Lettre sur les Aveugles, il suggerimento del filosofo inglese gli sarà prezioso. Molte delle Pensées philosophiques sono ispirate da Shaftesbury e come scritte in margine ad un esemplare delle Characteristicks, sia come rapidi riassunti, sia come brevi discussioni. Nella Promenade du Sceptique, scritta nel 1 74 7 , il « Discours pré­ liminaire » riprenderà il tema, caro allo scrittore inglese, del­ l'ispirazione tratta dalla natura, suscitatrice, nel suo vario

aspetto, di pensieri tristi e gioiosi, profondi e leggeri. An­ cora nella Lettre sur les Aveugles, il passo centrale, l'atto di fede nella natura pronunciato da Saunderson morente, con­ serva l'eco delle appassionate invocazioni panteistiche di Shaftesbury. E anche più tardi l'esempio del filosofo inglese resterà im­ portante per Diderot : l'esaltazione dell'entusiasmo e del sen­ timento sarà infatti una delle vie principali attraverso le quali Diderot arriverà ad una nuova forma di dialogo. Esprimere completamente quegli elementi sentimentali, intimamente le­ gati al suo pensiero, che con esso nascevano e crescevano, fu l'originalità stessa del dialogo di Diderot. L'intreccio com­ plesso, suggestivo di elementi critici, sentimentali e pratici, intreccio che giungerà in alcune sue opere più tarde ad una vera e propria dialettica di queste forme nell'avvicendarsi di esse a seconda del loro nascere nell'animo dello scrittore, aveva bisogno, per affermarsi, di spezzare la tradizione dei dialoghi di tipo classico e lucianesco . Già Shaftesbury si era posto il problema ed aveva cominciato a risolverlo servendosi dell'entusiasmo come di un nuovo punto di partenza. Shafte­ sbury aveva spesso ripetuta la sua ammirazione per gli an­ tichi che adoperavano il dialogo per esprimere i loro pen­ sieri, ed egli aveva notato il richiamo sempre presente, quan­ do ci si esprime dialogicamente, alla necessità del dubbio. Gli angoli morti e le posizioni astratte venivano messi in luce dalla forza interna delle domande e delle risposte. Ma, aggiungeva, una tale forma è oggi impossibile perché man­ ca, in realtà, una società capace di discutere a lungo e pro­ fondamente di problemi filosofici o morali . « Mancano gli originali » , come egli dice . L'entusiasmo, la forma rapsodica hanno proprio questa funzione : sostituire o creare quell'am­ biente, quell'atmosfera in cui simili discussioni diventino possibili. Soltanto un gruppo di amici, tutti presi dall'en­ tusiasmo per il bello e per il buono possono essere lo sfondo di un dialogo filosofico moderno. Cosl Diderot poté leggere, nelle opere di Shaftesbury, quell'operetta intitolata I Mora­ listi, ovvero una rapsodia filosofica, che l'autore stesso disse preferire tra tutti i suoi scritti e che è già un esempio tipico di dialogo dove elementi passionali e letterari si mescolano 59

intimamente ai pensieri filosofici . Fuori degli schemi di ispi­ razione classica, nei quali restano spesso ancora i dialoghi di Fontenelle o di Voltaire, Diderot creerà l'Entretien de d'Alembert, in cui l'elemento necessario di entusìasmo e di ispirazione prenderà l'aspetto, solo apparentemente parados­ sale,· di sogno, di vero sogno fisico del principale dei perso­ naggi . E Diderot tanto coscientemente sentirà il distacco dalla forma classica che si rifiuterà allora di dare una ma­ schera, dei nomi antichi cioè, ai suoi interlocutori . Un primo insegnamento dunque che Diderot poté trovare nell'entusiasmo di Shaftesbury fu l'esaltazione di quella forza interna che prende l'uomo e lo aggioga nelle sue opere mi­ gliori, foria che appare come una necessità, una forza di natura, alla quale tutti gli altri elementi vengono a subordi­ narsi. Nell'entusiasmo di Shaftesbury egli avrà trovato, per parlare un momento un linguaggio più moderno, l'apologia e l'esaltazione del valore morale dell'esperienza viva e con­ creta contrapposta agli schemi astratti, del valore morale del­ l'abbandono alla parte più intima e più profonda di se stessi . Ed è, come si vede, punto centrale in tutta la personalità di Diderot, uomo e scrittore . Importantissimo pure, per la comprensione del pensiero posteriore di Diderot, è il valore complesso che Shaftesbury attribuisce all'entusiasmo religioso . La grande originalità di questo deista inglese nella sua polemica religiosa sta nel vario combinarsi della sua radicale, completa, istintiva av­ versione per qualsiasi forma stabilita e tradizionale di reli­ gione con un sentimento almeno altrettanto profondo del di­ vino nel mondo . Attenuare uno dei due termini, ad esempio il primo, come spesso · si è fatto, è rischiare di non inten­ dere più il secondo. La sua opposizione al cristianesimo si esprime certo in forme più velate e più nobili che non quelle usate spesso da altri deisti, ma ciò non ci deve trarre in inganno : la sua ostilità fondamentale non è certo meno forte. Più sviluppato in lui che non in altri contemporanei, anche per la sua più grande cultura, e per l'animo suo più elevato, il senso della tolleranza, l'orrore di qualsiasi persecuzione e ingiuria, an­ che verbale, più numerose forse le sue concessioni superfi6o

dali che non nei libri dei Toland, Collins, ecc. , ma nel pro­

fondo della sua personalità la rottura con la religione è com­ pleta. Adopera, non meno che gli altri, quella serie di argo­ menti che doveva divenire abitudinaria nella polemica illu­ minista contro i preti, contro la meschinità e la grettezza del culto tradizionale e delle credenze dei padri . La lunga discus­ sione, nei Moralisti, sui sacerdoti egizi è tipica come forma di polemica e precisa nelle sue allusioni. Gli orrori dell'An­ tico Testamento non sono neppur più adatti, dice, come sche­ mi di un poema epico perché nessun « autore civile (poli te) » potrebbe rendersi gradito parlando di cose tanto nefande. La polemica contro l'idea del peccato originale, anche se na­ scosta sotto il velo trasparente di una discussione sul mito di Prometeo, è condotta radicalmente fino ad una negazione totale. Giunge presto al principio che « niente è altrettanto folle e delusivo quanto uno scetticismo parziale », dato che « quando il dubbio è gettato soltanto da un lato la certezza diventa più forte dell'altra. Quando soltanto una faccia del­ la follia diventa ridicola, l'altra appare più solenne e ingi­ gantisce » .18 Quanto ai mali morali e sociali prodotti dalla religione, talmente lunga ne è la serie da lui tracciata nelle diverse sue opere che, riuniti assieme, formerebbero quasi tutto il male possibile. L'interesse e insieme il disgusto che egli prova di fronte ai fenomeni del fanatismo e della superstizione è tema di al­ cune delle più penetranti sue pagine. Il fanatismo teologico, l'entusiasmo dogmatico è visto come una vera e propria ma­ lattia umana, che egli studia nei suoi aspetti individuali e collettivi (panici) . E suggerisce, non per scherno, ma per con­ vinzione, il rimedio del ridicolo, del buon umore. La franca risata ha la funzione di ristabilire l'equilibrio psicologico guasto da qualsiasi forma di fanatismo e di riportare l'uomo alla sua vera natura. C'è qualche cosa di terapeutico nella sua difesa e illustrazione del ridicolo : l'uomo e la società arrivati ad uno stato di falsità sentimentale e intellettuale hanno tutto l'interesse a mettersi alla scuola dell'ironia che sarà come una prova della vuotezza e dell'astrazione delle loro credenze.

6r

Quelle opinioni astratte - dice nella Lettera sull'Entusiasmo che sono cresciute probabilmente col cattivo umore e sono state conce­ pite con seria tristezza, non si potranno mai ritogliere se non con un genere di seria ailegria, e con un modo di pensare più facile e diver­ tente. V'è una melanconia che accompagna qualsiasi entusiasmo. Sia nell'amore, sia nella religione (e l'entusiasmo è presente nell'uno co­ me nell'altra) nulla può arrestare il male crescente fin tanto che la melanconia non sia tolta di mezzo e la mente non sia diventata libera di udire quello che può esser detto sul ridicolo di giungere agli estremi nell'una e nell'altra via.l9 -

Tanto dunque nella polemica spicciola sui diversi aspetti della religione, quanto nella visione naturalistica e ostile del­ l'entusiasmo fanatico, Shaftesbury nega profondamente tutto il mondo religioso tradizionale e ne è psicologicamente lon­ tanissimo. Eppure pochi come lui sono sensibili agli elementi divini naturali, alla religione della natura e dell'uomo. Egli mette, più di ogni altro, in piena luce l'originalità unica e grande del deismo inglese : l'aver proclamato un dio nuovo, l'aver riassunto in un mito centrale ed unico i molti e diversi ele­ menti che la critica umanistica, rinascimentale, razionalista, lockiana, ecc. aveva portato contro la religione tradizionale. Perciò ricercare quali sono gli elementi di trascendenza che permangono nel pensiero di Shaftesbury è un ricercare la sua partecipazione al formarsi e al fissarsi delle forme reli­ giose, sentimentali, mitologiche del deismo e non, come al­ cuni hanno creduto di poter fare, un ritrovare i fili che le­ gano ancora Shaftesbury alla religione tradizionale. La parola che indica questi due poli del pensiero suo, la negazione del Dio cristiano e insieme l'affermazione del di­ vino naturale, è ancora una volta la stessa : entusiasmo . Ap­ parentemente è una contraddizione, una confusione, ed è in­ vece la sua forza, la sua originalità. Con questa parola sem­ pre ricorrente e sempre presente nelle sue pagine, sono ri­ messe un momento sul medesimo piano la nuova e la vecchia fede, come per farne sentire immediatamente il valore uni­ versale che ambedue postulano e insieme per mostrare agli occhi di tutti la superiorità della prima. Entusiasmo è tanto l'ispirazione del fanatico che crede al Dio della Bibbia, quan-

to la nuova forza dell'uomo moderno, del deista, tutto ri­ volto al mondo, alla società civile, alla poesia ed al pensiero attivo e concreto. Opposizione che egli volle sottolineare nel titolo stesso di uno dei suoi più importanti libri : quello che più tardi chiamò Moralisti o una rapsodia filosofica si in­ titolava, in una prima edizione privata: L'entusiasta sociale (Sociable Enthousiast) .'JJJ Il contrasto tra il vecchio e il nuo­ vo mondo è completo ed assoluto, eppure quella parola, entusiasmo, che li lega ancora un istante, permette a Shafte­ sbury di affermare la necessità della completa sostituzione dell'uno all'altro, l'incompatibilità che egli sente tra l'uno e l'altro, e gli dà insieme la possibilità di una minuta, ac­ curata polemica su tutti i diversi aspetti, psicologici, morali, religiosi che questa contrapposizione conteneva in se stes­ sa. Al vecchio entusiasta si sostituisce il nuovo : « Il rapi­ mento dei poeti, il sublime degli oratori, il trasporto dei musici, le alte ispirazioni dei virtuosi; tutto è entusiasmo ! Anche il sapere stesso, l'amore per le arti e per le curiosità, l'animo dei viaggiatori e degli avventurieri, il coraggio, la guerra, l'eroismo, tutto, tutto è entusiasmo » dice uno degli interlocutori delle « Rapsodie » . Ed un altro risponde: « Que­ sto mi basta, sono soddisfatto di essere questo nuovo entu­ siasta, entusiasta in una maniera che mi era ignota fin ora » .21 Il nucleo centrale dell'illuminismo di Shaftesbury è in queste due battute. Come nelle religioni infinite sono le spe­ cie di entusiasmo, che vanno dal mistico che crede anche alle fate e alle streghe, fino alla rabbiosa melanconia del bigotto (e moltissime ne studia Shaftesbury con lusso di esempi e di penetranti osservazioni) , cosi infinite le specie del nuovo en­ tusiasmo naturale, che non è certo una precisa passione, ma è quella forza che tutte le vivifica e le alza di grado. Esso ci ispira qualche cosa più dell'ordinario, e ci innalza sopra noi stessi. Senza questa immaginazione e fantasia il mondo non sa­ rebbe che un essere grigio e la vita un triste passatempo. Appena var­ rebbe la pena di vivere. Le funzioni animali potrebbero continuare ad andare avanti ma non si cercherebbe e troverebbe nulla di superiore. I sentimenti coraggiosi, le fantasie eleganti, le belles passions, che tutte hanno la beltà per scopo, sarebbero lasciate da parte e saremmo lasciati probabilmente a non far altro che soddisfare i nostri appetiti

più elementari col minor sforzo possibile, per giungere ad uno stato supino di indolenza e di inattività.22

Anche prescindendo un momento dal contenuto estetico, morale, sociale di un tale entusiasmo, anche solo consideran­ dolo come forma sentimentale, è naturale che esso abbia potuto apparire a Diderot come una prima soluzione di quel­ la doppia tendenza che abbiamo scorto in lui prima del r 7 4 5 . Da una parte aveva perduto la fede; gli studi, la situazione sua sociale, il suo ambiente, il conflitto con la famiglia, tutto aveva contribuito a staccarlo completamente da ogni forma tradizionale di religione ed anzi egli guardava ad essa con occhio ironico e critico ; d'altra parte quella forma giovanile di sentimento religioso che abbiamo cercato di intravedere attraverso i pochi documenti che ci restano, non aveva ancora perduta una certa forza su di lui (ed era probabile non la per­ desse mai completamente) . Quando Naigeon ci dice a proposito dell'Essai : « Le pre­ mier de ses ouvrages est une traduction faite à sa manière, d'un traité de Lord Shaftesbury, auquel il joignit des notes en général plus chrétiennes que philosophiques . Ce moment de ferveur, ou plutot cette espèce de fìèvre religieuse ne dura pas longtemps . . . » ,23 due idee si sovrappongono nelle sue parole . C'è prima di tutto la constatazione, facile da farsi, che l'Essai non è un manuale di ateismo consequenziario quale Naigeon avrebbe desiderato che fosse, ma c'è pure il ricordo di quel giovanile stato d'animo di Diderot di fronte alla religione, che abbiamo ricordato . Il « Discours prélimi­ naire » e la dedica al fratello, che sono premessi all'Essai, come pure alcune delle poche note che non siano tratte da altre opere di Shaftesbury, conservano qualche traccia di tali sentimenti . È tipica, per esempio, l'annotazione : « J'ai des passions, et je serais bien faché d'en manquer : c'est très passionnément que j 'aime mon Dieu, mon roi, mon pays , mes parents , mes amis, ma maltresse et moi meme » .24 Tale sentimento generico e forte staccatosi completamente dalle forme della religione tradizionale si fonde in Diderot con l'entusiasmo naturale e anticristiano di Shaftesbury. La polemica contro la religione che affiora già nella traduzione

dell'Essai contiene in sé le critiche razionalistiche ed illumi­ nistiche caratteristiche dell'epoca, ma è già basata su una contrapposizione più profonda ed intima. Le allusioni ostili al cristianesimo non sono difficili da scoprirsi : Quelque difficile qu'il soit - dice - de discerner les limites qui séparent l'empire de la foi de celui de la raison, le philosophe n'en confond point les objects : sans aspirer au chimérique honneur de les concilier . .25 .

oppure : Rappelez-vous l'histoire de nos troubles civils, et vous verrez la moitié de la nation se baigner, par piété, dans le sang de l'autre moitié, et violer, pour soutenir la cause de Dieu, les premiers sentiments de l'humanité; comme s'il fallait cesser d'�tre homme pour se montrer religieux.u

Anche le note, sue e non sue, sono spesso poste proprio là dove non fanno che attirare l'attenzione su pensieri poco ortodossi di Shaftesbury : non ci si può impedire, leggendo le scuse di Diderot, di pensare spesso che esse tendono a divenire altrettanti richiami alla curiosità. Quando alla frase : « Car comment conviendrait-il [ il " titre de bon " ] à un individu qui, par sa solitude et son inaction, tendrait aussi directement à la ruine de son espèce? », si aggiunge : « Divin anachorète, suspendez un moment la profondeur de vos mé­ ditations, et daignez détromper un pauvre mondain, et qui se fait gioire de l'etre » ,'Zl evidentemente non si fa che acuire una punta polemica. Ma, malgrado queste punte ostili, la polemica antireligio­ sa conserva nell'Essai ancora fondamentalmente un aspetto sentimentale, passionale, che sarebbe sterile tentativo voler precisare in termini filosofici . Si è voluto talvolta prendere alla lettera la professione di fede teista fatta nel « Discours préliminaire » . Là è infatti spiegato, come l'Essai, ben lungi dall'essere deista, avrebbe servito come base filosofica ad una ulteriore apologetica cristiana. Egli non vorrebbe arri­ vare al di là del teismo . « Le missionnaire n'a qu'à attirer maintenant au pied de nos autels : c'est sa tache, le philo­ sophe a rempli la sienne » .21. E per appoggiare simile po-

s1z1one, riporta una frase di Shaftesbury stesso, che rigetta il deismo per adottare il teismo . In una nota insiste ancora e rimanda al « Traité de la véritable religion, par M. l'abbé de la Chambre, docteur en Sorbonne, si vous voulez etre instruit à fond du théisme et du déisme » .29 Ma come si può vedere da quest'ultima citazione, questi tentativi di definizione di Diderot non sono che l'adozione di schemi non suoi, anzi contrari alle sue idee, per permet­ tersi poi, all 'ombra di essi, di esprimere quei sentimenti che gli stavano a cuore. Sono termini teologici che non possono definire uno stato d'animo che ha la sua importanza proprio nella sua imprecisione dottrinale, nel suo aspetto entusia­ stico e generoso. Del resto Shaftesbury, citato come prece­ dente da Diderot, è molto meno reciso in proposito di quan­ to il suo traduttore non voglia farci credere. Tutt'al più si potrà vedere in queste distinzioni un tentativo, interessante per l'intenzione che rivela, di trovare una parola (sia essa teismo o deismo) da contrapporre alla religione tradizionale. Voler rinchiudere tutto ciò in formule teologiche o pseudo­ teologiche, il dire che nel 1 745 Diderot era teista, per farlo diventar deista l'anno seguente e cosl di seguito fino al­ l'ateismo puro, può essere piacere di commentatori in cerca di schemi, ma difficilmente potrà rappresentarci la sua vera evoluzione. Il suo primo atto di fede egli lo scrive l'anno seguente, nelle Pensées philosophiques e, come si vedrà, avrà ben altro accento che non una sapiente combinazione di formule. Sarà invece importante notare quali siano i punti del con­ tenuto umano e sociale dell'entusiasmo di Shaftesbury ai quali Diderot già in questo Essai mostra di esser stato par­ ticolarmente sensibile. Prima di tutto l'entusiasmo morale per la virtù. Molto tempo più tardi scriverà, ricordando i suoi primi anni : J'étais bien jeune lorsqu'il me vint en tete que la morale entière consistait à prouver aux hommes qu'après tout, pour etre heureux, on n'avait rien de mieux à faire dans ce monde que d'etre vertueux: tout de suite je me mis à méditer cette question, et je la médite encore.30 « Point de bonheur sans vertu » è uno degli aspetti essen66

ziali delle idee di Shaftesbury, che Diderot rilevava nella de­ dica al fratello. Non solo, come è noto, Shaftesbury approfon­ diva l'ormai secolare problema del distacco della legge mo­ rale da ogni fede positiva, ma dava al suo entusiasmo etico un contenuto sociale e naturale, pieno di contrapposizioni dirette con la morale tradizionale. L'equazione sopra ripor­ tata tra felicità e virtù non ha solo il senso di una rottura con qualsiasi sistema trascendentale di ricompense della virtù e del vizio, essa significa anche la sostituzione di una scala di valori nuovi, sociali ed umani a quelli del cristia­ nesimo. In certi momenti anzi essa sembra quasi rovesciarsi e diventare « point de vertu sans bonheur » . Amicizia, amor di patria, benevolenza umana, sono come i simboli della dire­ zione polemica dell'etica di Shaftesbury. L'amicizia è in lui un legame libero, assoluto, che si op­ pone ad ogni generica carità per il prossimo. Resterà tale per tutto l'illuminismo, che tanto ha discusso e parlato di questo sentimento . Sarà per Diderot esempio tipico di quella società naturale che egli non solo si limiterà a vagheggiare come migliore, ma che cercherà di trovare e di ricreare attorno a sé. Per amicizia privata - dice Shaftesbury - nessun lettore intelligente può supporre che si voglia dire quella comune benevolenza e carità che ogni cristiano è obbligato a mostrare riguardo a tutti gli uomini e in special modo rispetto ai suoi correligionari, i suoi vicini, parenti di qua:lsiasi grado, ma quello speciale legame che si forma col consenso e con l'armonia di due animi, con la mutua stima e con la reciprocs tenerezza ed affezione, questo è quanto noi decisamente chiamiamo amicizia.31

E non bisogna lasciarsi trarre in inganno da ricordi clas­ sici, che Shaftesbury cita abbondantemente, come Oreste e Pilade, Socrate e Antistene, Epaminonda e Pelopida, Cassio e Bruto, che in questo come in altri casi non sono che una forma antica di un sentimento nuovo . Così egli, ad esempio, rivendica, di fronte all'opinione del vescovo Taylor (che negava l'esistenza attuale di questo legame conosciuto dagli antichi) la modernità di questo sentimento . Curiosa pure a questo proposito la citazione biblica in cui l'amicizia è con-

frontata e messa su di un gradino superiore che non l'amore per le donne. Come l'amicizia è virtù eroica, libera da qualsiasi idea di ricompense ultraterrene, di sanzioni divine, perché legame puramente umano, eroico è l'amor di patria, anch'esso « pu­ ramente facoltativo per un cristiano » , anch'esso parte non essenziale della « cristiana carità » . Anch'esso spezza una uni­ versalità vaga per un sentire vivo e concreto . Naturalmente Shaftesbury insiste sull'idea che non intende parlare del­ l'amore istintivo degli inglesi per la terra inglese, dei fran· cesi per quella francese, ecc., ma di un legame sociale e ci­ vile . Cosl l'amor di patria per l'Inghilterra è legato all'idea di costituzione. Di tutte le affezioni umane, la più nobile e la più degna della na· tura umana è quella dell'amor di patria. Questo sarà probabilmente ammesso con f�cilità da tutti quelli che veramente hanno una patria e che sono nel numero di coloro che possono essere chiamati un po· polo, godendo della felicità di una vera costituzione e civiltà (polity) attraverso la quale essi sono liberi ed indipendenti .32

Un rapporto immediato ed assoluto con la comunità so­ ciale è ciò che costituisce in fondo gli eroi . È strano pensare che la guerra, che di tutte le cose sembra la più selvaggia, sia la passione degli spiriti più eroici. Ciò deriva dal fatto che nella guerra il nodo di cameratismo si dimostra più stretto. È nella guerra che l'uno dà all'altro aiuto, che il pericolo si corre insieme e che l'affezione comune è più esercitata ed impegnata . Eroismo e filan­ tropia sono quasi una cosa sola. Eppure una piccola deviazione di questa tendenza fa di un amante dell 'umanità un brigante : un eroe ed un liberatore diventa un oppressore ed un distruttore.33

Amicizia, amor di patria, eroismo, passioni sublimi , de­ gne di entusiasmo, tutte si ritrovano nell'amore della specie umana, al di sopra di ogni fede religiosa. Filosoficamente questa idea ha importanza come affermazione dell'autonomia degli istinti sociali, negata da Hobbes, con cui egli diretta­ mente e lungamente polemizza. L'idea naturalistica di « spe­ cie » umana, messa in rapporto e in contrasto con il resto del cosmo, segna il limite psicologico tra questa nuova visione 68

e il vecchio sentimento cr1st1ano di carità universale. Da questo germe si svilupperà l'idea settecentesca di « umanità » , con tutti i sensi di sognata organizzazione, di relazione e di lotta con la natura che questa parola contiene ancora oggi . Un altro centro di entusiasmo, non meno profondo, la na­ tura, comincia a notarsi nel Diderot traduttore di Shafte­ sbury. Sceglie, per metterla in nota, alcune delle frasi più tipiche ed esplicite del deista inglese sull'unità della natura, da lui trae la citazione di Cicerone nel medesimo senso, co­ me pure l'apologo di quel selvaggio « qui ne connaissant ni la navigation, ni la nature de la mer, ni les propriétès cles vents et cles eaux, s 'éveillerait au milieu d'un vaisseau arreté en plein océan par un calme profond . Que penserait-il, en considerant cette pesante machine suspendue sur un élément sans consistance? Et que penserait-on de lui, s 'il venait à traiter de poids incommodes et superflus les ancres, les voiles, les mats , les échelles, les vergues et tout cet attirail de cordages dont il ignorerait l'utilité ? ».34 Così è l'uomo in mezzo all'universo, che non sempre riesce a scorgere il le­ game di due frammenti che si presentano ai suoi occhi , ma che deve postularlo, sperando un giorno di scoprirlo . Per Shaftesbury questa concezione dell'unità della natura è il mezzo per affermare l'immanenza della sua filosofia, per riportare sempre più intimamente alla natura stessa quelle forze che già il neoplatonismo di Cambridge aveva staccate da Dio per darle a delle intermedie « nature plastiche » . Immanenza che s i esprime pure attraverso le formule vitali­ stiche di cui egli si serve, attraverso il parallelo sempre ri­ corrente tra le creazioni dell'uomo e la nascita, la crescita e la morte del mondo organico. Così l'uomo appare intima­ mente legato con tutto il resto del mondo vitale, sia idealmen­ te, abbassando le frontiere che dividono le diverse forme del­ la natura organica, sia pure sentimentalmente con l'entusia­ smo vivissimo per la natura vegetale, per il paesaggio, le piante e gli alberi . L'uomo è tanto migliore e più t aveva scritto, con la sua risposta al vescovo di Auxerre, per così dire la prefazione all'Apologia di de Pra­ des, ora Voltaire ci metteva una coda del suo genere. In realtà il baccelliere era ben inquadrato e diventava così, anche più di quanto forse poteva desiderare, l'esponente della nuo­ va corrente di pensiero. Voltaire, tra l'altro, aveva fatto un passo avanti rispetto alle precedenti polemiche: senza più ritegno anche i gesuiti erano attaccati apertamenute . Inutile oramai drizzare gli uni contro gli altri i devoti, ci si poteva permettere il lusso di. attaccarli tutti insieme . Non per questo certo cessarono le recriminazioni dei gian­ senisti e degli altri. Per un bel pezzo si continuò a parlare dello scandalo. Un polemista antideista, l'abate Duhamel, 200

che aveva scritto delle Lettres flamandes contro Pope, ora aggiungeva un secondo tomo alle sue lettere, parlando del complotto che egli credeva di vedere tanto più chiaramente dato l'aiuto che i filosofi avevano prestato al baccelliere nell'esilio. E tra le altre prove aggiungeva questa, che certo sarebbe curiosa se potesse essere confermata: « Trois jours avant que la thèse eut été soutenue on en triomphait dans un cles plus fameux cafés de Paris », alludendo probabilmente a Procope.135 Giansenista era pure l'abate Paris, che compilò una grossa raccolta di documenti sull'affare, pubblicati a Montauban nel 17.54 . 136 Aggiunge di suo pugno parecchie note, dove tratta apertamente la Sorbona da vecchia carcassa e dove fa risa­ lire alle lotte sulla Bolla l'origine vera dell'irreligione dila­ gante in Francia . Si può considerare ancora come una confutazione della tesi e dell'apologia il Traité de la nature de l'ame, et de

l'origine de ses connaissances contre le système de Locke et de ses partisans,137 scritto dall'oratoriano e malebranchista aba­ te Antoine-Martin Roche . Gourlin, che già abbiamo incon­ trato in queste pagine, curò quest'opera postuma e premise ai due volumi un « Avertissement touchant l'auteur, l'occa­ sion et l'objet de ce traité ». Dopo aver fatto le lodi della pietà dell'abate Roche, dopo averne ricordata la santa vita, aggiunge: Plus sa. piété était tendre et éclairée, et plus il gémissait sur le progrès de l'impiété et de l'irréligion, qui est en effet le comble des maux. Ce triste objet l'occupait déjà extremement lorsque le scandale de la fameuse thèse éclata; son coeur en fut pénétré. Entre les diverses réflexions qu'il fit sur cet étrange événement, une pensée surtout le frappa : c'est la liaison du reste de la thèse avec ce principe qui en est comme le premier anneau - que toutes nos connaissances dé­ rivent des sensations comme les branches naissent du tronc. Il dé­ couvrit tout d'abord la fausseté et le danger de ce principe ; mais pour en mieux pénétrer les conséquences, il se détermina à lire les écrits de M. Locke, philosophe anglais, et de ses principaux disciples.l38 Da qui nacquero tutte le sue riflessioni, basate sulla filo­ sofia di Malebranche; contro i sensisti, contro Condillac e 201

specialmente contro de Prades. Il suo lavoro è l'esposizione di tutta una filosofia, ma le parti interessanti sono quelle dedicate alla polemica contro gli increduli del tempo. Cerca per esempio di sminuire l'influenza sociale della filosofia di Locke, influenza sulla quale si era fondato de Prades per sostenere che le sue teorie non avevano nulla di nuovo. Quant aux professeurs de philosophie qui sont actuellement dans l'Université - dice - il se peut faire qu'il en ait quelques-uns qui aient pris parti pour les idées originaires des sens . Je dis quelques-uns: car j 'ai de la peine à croire que cela puisse se dire du plus grand nombre. Mais ce qui est certain c'est que les choses n 'étaient pas ainsi il y a trente ans ; il n'y avait alors aucun professeur célèbre qui embrassiìt ce système : tout ce qu'il avait de partisans se réduisait à deux ou trois bons péripatéticiens, qui, certainement, ne faisaient pas la gloire de l'Université. L'an a la philosophie de M. Pourchot; les cahiers de Mm. Montempuis, Guillaume, Laudier, Geoflroi, Rivard, etc. subsistent encore : qu'on les compulse, on n'y trouvera siìrement rien qui appuie l'axiome péripatéticien. 139 Il resto del libro è soprattutto una polemica volta a far ve­ dere gli effetti antireligiosi contenuti nel sistema di Locke. Riconosce che i francesi hanno riformato e dato un senso nuovo alla filosofia del pensatore inglese, e non senza qualthe ragione nota che tali modificazioni sono altrettanti segni di anticristianesimo . L a conclusione che i devoti trassero dallo scandalo, credo non possa esser meglio riassunta che attraverso le parole del padre cappuccino Hyacinthe . Nella sua Nouvelle philosophie réfutée par elle méme egli scriveva: 140 Toute la France éclairée a toujours regardé la fameuse thèse de M. l'abbé de Prades camme le fruit d'un complot, camme une tentative concertée, camme un projet conçu, réfléchi et artistement rendu par les auteurs du Dictionnaire Encyclopédique. M. de Beaumont, arche­ veque de Paris, l'annonce dans son Mandement, où il dit que d'auda­ cieux écrivains ont consacré, comme de concert, leurs talents et leurs

La savante et admirable instruction pa­ storale de feu M. de Caylus, éveque d 'Auxerre, soutient que le S .r de Prades leur a prété son nom: c'est-à-dire que sa thèse est l'ouvrage d'un complot. M . de Verthamon, éveque de Montauban, se plaint, dans son Mandement, de ce qu'un de ses diocésains s'est livré aux veilles à préparer ce poison.

202

ouvriers d'iniquité, et leur a servi d'organe.

trompée, le reconnait enfin et dit que

l'impiété

La Sorbonne d'abord a

essayé de se glisser

Une foule d'auteurs ont fait avocats généraux n'ont cessé de le dire, et de crier vengeance contre une société si dangereuse. Le Parlement l'a reconnue telle, et l'a jugée ainsi, par plusieurs arrets. Tous les corps séculiers et réguliers, tous les particuliers instruits n 'ont pour cela qu'une voix. C'est clone inutilement que l'on s 'efforce de cacher ce détestable complot. Tout est découvert.141 dans le sanctuaire méme de la religion. mention de ce projet concerté. Mm. les

Lo scandalo de Prades è infatti essenziale per capire come per opera di Diderot e dei suoi l'illuminismo prese al centro del XVIII secolo un aspetto politico che parve agli spauriti tradizionalisti un complotto, e che era invece la nascita di una nuova forza ideale e pratica . Il reverendo padre Hyacinthe non si sbagliava pensando che una nuova organizzazione sta­ va nascendo, anche se essa era ben più libera e ricca di quanto l'idea di complotto non lasciasse pensare .

203

VIII

La

«

Lettre sur les Sourds et les Muets

»

La Lettre sur les Sourds e le Pensées sur l'Interprétation de la Nature sono le due ultime opere del primo periodo della vita di Diderot. Scritte in pieno lavoro dell'Enciclopedia, continuano quel dialogo interno sui problemi :filosofici e pra­ tici che è l'apporto più originale di Diderot stesso alla grande impresa. Soltanto uno studio di questi due scritti potrà pre­ pararci a capire il .significato che egli voleva. dare alla più importante opera della sua vita e alla lotta che intorno ad essa si accese. Come egli stesso . ci dice nella Lettre sur les Sourds, ' e nella lettera al padre Castel/ egli scrisse durante questo periodo strappando i minuti al grande lavoro che l'as­ sorbiva: Diderot sembra aver voluto in queste due opere riassumere e completare i risultati ai quali era giunto prima di gettarsi completamente nel lavoro collettivo e prima di pro­ varsi in quell'ahro campo letterario, cosl tipico del periodo pubblico e sociale della sua vita, il teatro. Attorno alla Lettre sur les Sourds, tanto varia e molteplice, si raggrup­ pano i problemi più propriamente filosofici, estetici e gno­ seologici; le Pensées sur l'Interprétation de la Nature sono invece il punto d'arrivo della concezione del mondo di Diderot, di quell'assieme di immaginazioni e di ragionamen­ ti che abbiamo visto sbocciare nelle Pensées philosophiques, svilupparsi nella Lettre sur les Aveugles e che trova, in que­ sta ultima opera, una prima espressione generale. Pur molto differenti l'una dall'altra queste due opere sono tuttavia legate da un filo nascosto: l'esaltazione del « genio » uma­ no, della sua creatività, dell'entusiasmo e della passione che esso solo sa suscitare, esaltazione limitata soltanto da una personale e importante concezione della civiltà e della società. La Lettre sur les Sourds 3 è centrata attorno al problema della natura e dell'origine del linguaggio . Forse anche più 204

che per altre opere sue, si rischia di fraintenderla se non si tiene sempre presente il grande interesse che tale questione aveva suscitato negli anni in cui essa apparve, se non la si considera come un momento di una lunga polemica. Si :fi­ nisce altrimenti per immaginare Diderot nella pastura piuttosto ridicola di colui che parla e gesticola solo in camera sua . I suoi interlocutori invece esistono e non è molto difficile tro­ varli e seguirli nel loro dialogo. « Le but propre et unique » della Lettre è, come dice un contemporaneo, quello di « rendre raison de l'origine cles inversions qui règnent dans les langues. Pour cet effet [l'au­ tore] remante aux principes et recherche comment les lan­ gues se sont formées » .4 Diderot, ponendo al centro della sua discussione la questione delle inversioni, esamina il proble­ ma in un punto cruciale. Intorno ad esso nascono allora le più importanti ricerche illuministiche sul linguaggio, proprio di là si sviluppano i più importanti e notevoli risultati in proposito . Tutta la discussione settecentesca sulle inversioni, di cui l'opera di Diderot non è certo il minore dei frutti, potreb­ be portarci a rivedere il giudizio negativo, largamente dif­ fuso, sulle teorie illuministe del linguaggio. Cosl anche il :fi­ losofo moderno che più ha contribuito a far progredire il pensiero contemporaneo sulle questioni dell'arte e del lin­ guaggio, Benedetto Croce, ha pronunziato nella sua Estetica una condanna delle opere settecentesche relative a questi problemi. Opere che sarebbero viziate alla loro stessa radice da diversi pregiudizi intellettualistici e positivistici. Non rap­ presenterebbero per noi che un cumulo di materiali morti e senza interesse. Fino al giorno in cui apparve Herder e alla diffusione del pensiero rivoluzionario di Vico si sarebbe brancolato nel buio e si sarebbe stati accecati da una falsa luce. Eppure anche considerando le cose dall'esterno, parrebbe curioso che un interessamento cosl vasto, cosl continuo ed intenso per tali problemi non abbia qualche profonda ragion d'es­ sere. È facile constatare nel Settecento il grandissimo nu­ mero di studi, trattati, saggi sugli aspetti più diversi della ·

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questione, a partire dai problemi più specificamente gram­ maticali fino ad arrivare a quelli dei rapporti tra la lingua umana e Iddio. È pure facile vedere, e tutti lo ripetono, che i migliori ingegni del Settecento francese, Condillac, Rous­ seau, d'Alembert, Voltaire, Diderot furono di tali questioni appassionati. Credo si possa almeno concedere che seguire da vicino una tale discussione sarebbe uno dei migliori modi per penetrare nell'intimo dell'epoca dei lumi, per scorgerne la forza e la vigoria intellettuale che fa ancor oggi la sua gran­ dezza, e si potrebbe giunger così a cogliere quel complesso, ma interessantissimo momento in cui le forti rivendicazioni della creatività .dello spirito umano confinano con le prime scoperte estetiche che prepararono· la via alle teorie roman­ tiche e moderne. Il punto di partenza, dichiarato e proclamato, delle idee illuministiche sui problemi del linguaggio è la Grammaire générale et raisonnée de Port Royal. Su di essa Duclos scrive le sue note, al suo titolo tanto caratteristico si riallac­ cia tutto un movimento delle « grammaires générales et raisonnées ». I « grammairiens philosophes » ad essa si ri­ chiamano come alla loro origine prima e al loro modello. Gunvor Sahlin, che è, tra gli studiosi recenti, quello che più a fondo si è occupato di questo movimento, accentran­ dolo attorno alla caratteristica figura di du Marsais, ha no­ tato con ragione come la Grammaire de Port Royal faccia sua la metodologia cartesiana considerata nel suo aspetto meno profondo di « méthode géométrique », riprenda insieme mo­ tivi più vecchi, quali quelli scolastici e rinascimentali siste­ matizzati da Sanchez, ed abbia come base essenziale l'idea di un parallelismo assoluto tra la forma logica e la forma lin­ guistica.5 Questa identità supposta ha agito nella storia del pensiero come una vera e propria ipotesi scientifica, che man mano diversi autori hanno ripresa per renderne l'applicazione più radicale e generale, per confrontarla con sempre nuovi fenomeni, per metterla alla prova della realtà. L'ipotesi ha finito per autodistruggersi, ma non per questo la sua funzione storica e la sua importanza devono essere sminuite. Essa cominciò col portare un colpo definitivo al pregiudizio sulle lingue nobili e eccellenti: di fronte ad essa tutte le lingue 206

divennero mezzi simili e di ugual forza di una unica verità logica. La grammatica generale, si disse allora, è la « science raisonnée cles principes immuables et généraux du langage prononcé ou écrit, dans quelque langue que ce soit » .6 La grammatica latina perse il suo valore paradigmatico e il la­ tino divenne una delle lingue tra le altre molte, da studiarsi con i medesimi principi e metodi già sperimentati per le altre. La volontà di ritrovare la logica nelle forme del lin­ guaggio fu una vera e propria metafisica della ragione, e del resto questa parola, generalmente aborrita nel secolo, ricom­ parve spesso in questi studi linguistici. È inutile rimpiangere, come fa Sahlin, che tale sforzo abbia finito per degenerare in vaghe speculazioni metafisiche nelle operazioni dello spirito; era questo il suo destino fin dall'inizio. Sarebbe lungo fare tutta la storia dettagliata di come agisse il principio logicisti­ co. Una parte del cammino percorso si poté misurare quando, nel 1754, Duclos, riprendendo in mano la Grammaire de Port Royal dovette aggiungere qualche nota ed appendice per renderla degna dei « droits souverains de la raison » .7 Forse l'espressione più chiara della volontà logica dei grammatici del tempo si trova in Beauzée, successore di du Marsais nel lavoro linguistico dell'Enciclopedia e autore di una gros­ sa Grammaire générale ou exposition raisonnée des éléments

nécessaires du langage, pour servir de fondement à l'étude de toutes les langues. La sua certezza è senza limiti, la sua fede nell'essenza razionale delle lingue senza dubbi:

J'ai cru devoir traiter les principes du langage comme on traite ceux de la physique, de la géométrie , ceux de toutes les sciences; parce-que nous n 'avons en efiet une logique, et que l'esprit humain, si je puis risquer cette expression, est nécessairement assujetti au meme mécanisme, quelles que soient les matières qui l'occupent ... En suivant constamment cette méthode, j'ai trouvé partout les mcmes vues, les memes principes généraux, la meme universalité dans les lois communes du langage : j'ai vu que les difiérences cles langues, que les idiotismes ne sont que cles aspects différents cles principes généraux, ou cles applications différentes cles lois communes et fon­ damentales.8 E naturalmente l'ordine analitico del pensiero gli sembra il modello stesso sul quale tutte le lingue si sono formate. 207

Si può considerare questo come il punto d'arrivo della« gram­ maire raisonnée ». La fase ulteriore di un tale processo lo­ gico non è più che una escrescenza curiosa: la lingua artifi­ ciale. Essa è l'indicazione certo del naufragio di una idea, ma non deve nascondercene l'importanza storica. Difatti quando il « grammairien philosophe », armato del suo « ordre analytique », si inoltrava nella selva selvaggia dei fatti linguistici, si trovava di fronte ad una serie di contrad­ dizioni. Già Sanchez, teorizzatore della logicità della lingua latina, nella sua Minerva, dovette creare per esempio l'espe­ diente delle ellissi per spiegare le eccezioni, e tale espediente fu adottato da altri grammatici. Si cominciarono a raccoglie­ re dai grammatici :filosofi le curiosità linguistiche, si comin­ ciò ad occuparsi di questi strani fatti che non quadravano con la teoria e con la logica. Cominciò cosl ad animarsi il di­ battito attorno ad una delle più evidenti tra queste aberra­ zioni: l'inversione, che in tante lingue costruiva le frasi in modo direttamente opposto a quello voluto dall'ordine analitico. Fu questa reazione, che potremmo chiamare della curiosità linguistica, una prima via con cui si reagl alla me­ tafisica del linguaggio.9 D'altra parte si giunse, sotto l'influsso delle idee di Locke e di Bacone, all'idea di una « storia naturale » della lingua, che raccogliesse i fatti sui diversi linguaggi, ne studiasse le particolarità cosl come esaminasse i rapporti tra le varie na­ zioni, ed i loro mezzi di espressione. Problemi grammaticali cruciali per i logicisti, quali quello dell'inversione, problemi che con linguaggio moderno potremmo chiamare sociologi­ ci, si ammassarono mano mano che diventava più consequen­ ziaria la spiegazione razionalistica. L'illuminismo, certo, non risolse questo dibattito ed anzi l'Enciclopedia ebbe la fun­ zione di essere il punto in cui queste diverse tendenze pote­ rono trovare un temporaneo equilibrio, ma nella discussione nacquero una serie di considerazioni e di idee che non man­ cano ancor oggi di gr11nde interesse.10 La rigidità assoluta della spiegazione razionalistica rende comprensibile la forma frammentaria, intuitiva delle prime reazioni polemiche. La Le ttre sur les Sourds et les Muets, cosl mutevole e veloce, è proprio il miglior simbolo letterario 208

della necessità che tanti allora sentirono di approfondire il problema della lingua ricorrendo a testimonianze del senso intimo, raccogliendo fatti e osservazioni sparsi, opponendo frammenti di realtà sentita ad una astrazione utile ma op­ pressiva. L'impossibilità di spiegare tutti i fenomeni del lin­ guaggio attraverso gli schemi del pensiero analitico, venne, in questa polemica, per così dire, provata ad absurdum. È anche psicologicamente naturale che Diderot si sia sentito personalmente attratto da un tale problema che stava assu­ mendo in quel momento un aspetto paradossale. C'è nella Lettre sur les Sourds un'aria di paradosso, una volontà di portare agli estremi un'idea anche se questa finisce per pren­ dere un'aspetto inaccettabile o inaccettato, che è consono a tutta l'atmosfera in cui si svolgeva allora la polemica attor­ no a questa questione. Nella sua grammatica Beauzée ci racconta le fasi centrali della polemica. Primo di tutti: M. l'abbé Batteux s'est élevé contre le sentiment universei et a mis en avant une opinion qui est exactement le contrepied de l'opinion commune: il donne pour ordre fondamenta! un autre ordre que celui qu'on avait toujours regardé comme la règle universelle de toutes les langues ; il déclare directement ordonnées des phrases où tout le monde croyait voir l'inversion, et il la voit, lui , dans les tours que l'on avait jugés les plus conformes à l'ordre primitif. 11 La dottrina sua ebbe, aggiunge Beauzée, dei « prosélytes distingués ».12 Condillac « qui l'a adoptée dans son Essai sur l'origine des connaissances humaines »,13 come pure Pluche et Chompré, « qui fondent sur cette base leur système d'ensei­ gnement ».15 La fermentation des idées sur cette matière a meme occasionné une troisième opinion, aussi probable que celle de M. Batteux, et soutenue avec autant de feu et d'habileté par l'auteur anonyme de la Lettre sur les Sourds et les Muets.l6

Se queste parole contengono l'inesattezza storica di far Condillac dipendente da Batteux, mentre egli giunse per una strada parallela, prima di quest'ultimo, a conclusioni simili, esse hanno il merito di far notare l'importanza di Batteux 209

in questo dibattito e di mettere in rilievo la sua posizione originale. Come supplemento al suo Cours de Belles Lettres distribué par exercices, pubblicato a Parigi nel 1 747-48/7 Batteux da­ va alla fine del secondo volume delle Lettres sur la phrase française comparée avec la phrase latine, à M. l'abbé d'Olivet de l'Académie Française, che sono piene di osservazioni nuo­ ve e interessanti sul problema delle inversioni. Propone in questo scritto l'obiezione capitale al sistema logicistico del linguaggio, obiezione che egli formula apparentemente .contro Dionigi d'Alicarnasso, effettivamente contro i propri contemporanei: Denys d'Halicarnasse avait bien senti qu'il devait y avoir un prin­ cipe pour les constructions. Mais il le chercha dans l'esprit de l'homme, au lieu qu'il eut fallu le chercher dans son coeurP La formula è ammirevole e quasi geniale, ma bisogna far attenzione a non far dire ad essa quello che effettivamente essa non significa. Essa è svolta e teorizzata da lui con l'idea che esistono due tipi di costruzioni: il primo « moral ou pratique » , il secondo « spéculatif ou métaphysique » . Comme les hommes ne parlent jamais que pour se faire entendre, et par conséquent pour quelque intéret qui les engage à manifester leurs pensées au dehors ; la raison qui les engage à parler, doit régler le rang cles objets contenus dans leurs paroles. S'ils pouvaient manifester leurs pcnsées par un seui mot, ils diraient ce mot, et porte­ raient tout d'un coup ces pensées dans l 'esprit de ceux à qui ils parlent. Mais comme il leur faut plusieurs mots, et que parmi le nombre, il y en a un qui contient l'objet principal, auquel tous les autres sont subordonnés, qui fait le point de vue de celui qui parle, et qui doit faire celui de la personne qui écoute, il n'y a point de doute que cet objet ne doive se présenter le premier, puisque c'est lui qui mène tous les autres . C'est ce que j 'appelle l'ordre mora!, celui qui est fondé sur l'intéret de la personne qui parle et qui la détermine à parler. 1 8 L'ordine metafìsico o speculativo è invece quello « qui est entre deux objets dont on ne considère le rapport que spé­ culativement: comme celui du sujet comme tel avec son attribut aussi comme tel ».1 9 Un ordine logico, o meglio l'or210

dine ricalcato sul ragionamento matematico. Come si vede Batteux conserva l'idea di un'analisi compiuta dalla parola sul pensiero, ma cerca di rendersi conto del fatto che non si tratta di una analisi logica. Cosi, cercando di approfondire la frase «le père aime le fils» dirà: « la vue de l'objet, c'est-à­ dire du :61s, est nécessairement avant l'amour du père» nella costruzione morale e pratica.

On sait le vieil axiome : ignoti nulla cupido. La nature toute seule fait plus de chemin, et plus vite, que la métaphysique la plus subtile. Elle se porte sur-le-champ à la fin qu'elle se propose. Elle prend là ses motifs, ses moyens, c'est de là qu'elle part. Ainsi, quand une langue veut exprimer fidèlement ses opérations et ses mouvements, il faut qu'elle parte du meme point.20 L'importanza storica maggiore di questo tentativo di Bat­ teux è forse nell'aver definito più chiaramente che altri, più chiaramente dello stesso Condillac per esempio, come l'or­ dine « moral » della frase fosse quello « nature! » (e si sa tutto il valore teoretico ed assoluto che il XVIII secolo attri­ buisce a quest'ultima parola). L'aver staccato la natura dalla pura vagion ragionante per ciò che riguarda il problema del linguaggio, questo fatto spiega le discussioni che Batteux suscitò, l'interesse con cui furono accolte le sue idee, e il loro valore storico. Come egli stesso faceva notare, il suo «principe» aveva « plus d'étendue qu'on ne le pense, il est la base de tout langage ».21 « Principe » che però, malgra­ do la formula evocatoria del cuore umano, è spostato dalla pura analisi non verso la poesia e l'arte, ma verso il pratico e l'interesse. Già Berkeley aveva rimesso in luce gli elementi emozionali, persuasivi, pratici del linguaggio, accentuando idee lockiane. In Batteux tali idee prendono un rinnovato vigore dall'energia stessa delle idee logicistiche che egli trovava at­ torno a sé e che fu sua funzione combattere. E del resto la curiosità sempre viva che Batteux dimostrò per i problemi dell'estetica si riflette anche in queste sue ricerche sulla lingua e mescola alcuni elementi estetici alla sua spiega­ zione pratica del linguaggio, elementi che sarebbe troppo lun­ go esaminare qui, ma che iniziavano una via su cui doveva poco dopo camminare Diderot nella sua Lettre. 2II

·Condillac, preoccupato dai medesimi problemi, era giunto ad una posizione che ha certi tratti di somiglianza con quella di Batteux, pur essendo per un verso meno eflìcace.22 Par­ tendo dal quesito di quale era la costruzione naturale, e do­ po aver esaminato, da questo punto di vista, il latino e il fran­ cese, era giunto alla conclusione che tanto la cosl detta in­ versione, quanto la costruzione che corrisponde al ragiona­ mento logico, erano naturali e che nessuna ragione poteva in­ durci a preferire· né l'una né l'altra .maniera. Tutt'al più si poteva dire che il modo latino di costruire aveva dei vantag­ gi oratorii, sia dal punto di vista dell'armonia, sia da quello della forza ottenuta,. per la possibilità che esso aveva di « far quadro», di dipingere una sua azione agli occhi di chi ascol­ ta. Anche più tardi, nel Cours d'études riprendeva queste idee espresse nel 1746:

A parler vrai - scriveva - il n'y a dans l'esprit ni ordre direct, ni ordre renversé, puisqu-il aperçoit à la fois toutes les idées dont il juge, il les prononcerait toutes à la fois s'il lui était possible de les prononcer comme il les aperçoit... C'est par conséquent dans le discours seui que les idées ont un ordre direct ou renversé, parce que c'est dans le discours seui qu'elles se succèdent. Ces deux ordres sont également naturels.23 Osservazioni di buon senso, che se non evitano il pro­ blema complementare, certo non toccano il punto centrale del problema quale andava dibattendosi attorno a lui. E di­ fatti Condillac, sempre nel Cours citato, non capisce troppo perché si fosse fatto un gran parlare di codeste inversioni:

Après avoir beaucoup disputé sur les inversions, sans y rien comprendre, ils en sont venus à mettre en question, si elles apparte­ naient à la langue latine ou à la langue française, et, en vérité, ils ne savent plus où les trouver.24 Questo disinteresse non è senza ragione. In lui il problema grammaticale, al quale in fondo la questione delle inversioni continua ad appartenere anche quando è stato riempito di un nuovo e più filosofico significato, perde il suo interesse di primo piano, che invece viene assunto dalla « storia naturale » del linguaggio. C'è evidentemente in qùesto l'effetto di una 212

tradizione lockiana, ma essa viene accentuata dal bisogno di opporre alle spiegazioni logicistiche del linguaggio, che egli trovava attorno a sé, una visione empirica e psicologica . Tutto il secondo volume del suo Essai sur l'origine des con­ naissances humaines, è dedicato a questo problema che aveva, almeno ·allora, un'importanza essenziale per il suo spirito. Segue una doppia via nella sua ricerca : da una parte si sforza di rendersi psicologicamente conto di come si sia sviluppata nel singolo uomo la facoltà di esprimersi , dall'altra egli rac­ coglie fatti e commenti che possono illuminare la storia so­ ciale del linguaggio . I due metodi si incrociano e si comple­ tano nell'opera sua pur rimanendo nel fondo distinti . Secondo Condillac all'origine del linguaggio stanno i « cris des passions » 25 che servivano ai primi uomini ad indi­ care l 'oggetto del loro desiderio o del loro terrore. Essi sono accompagnati, :fin dall'inizio, da un'altra forma dell'espres­ sione umana, il « langage d'action », e questo a sua volta « servit de modèle à celui des sons articulés ». « Il y a donc eu un temps où la conversation était soutenue par un discours '11> entremelé de mots et d'actions » . Psicologicamente questo processo si spiega con la precedenza delle nozioni « qui vien­ nent directement des sens » n su quelle che invece domandano già un processo di analisi e di distinzione. Perciò le

notions complexes des substances furent connues !es premières... On distingua ensuite, mais peu à peu, !es différentes qualités sensibles des objets, on remarqua !es circonstances où ils pouvaient se trouver, et l'on fit des mots pour exprimer toutes ces choses; ce furent !es adjectifs et !es adverbes.28 Anche la costruzione della frase si modellò primitivamen­ te sulla falsariga del linguaggio dei gesti e dipese dallo scopo pratico e passionale del linguaggio . Il parlare dei gesti

agissant sur I'imagination avec plus de vivacité, faisait une impres­ sion plus durable. Son expression avait meme quelque chose de fort et de grand dont les langues, enoore stériles, ne pouvaient approcher.29 Perciò la danza, la musica, la poesia, si sono modellate sul linguaggio dei gesti e da esso hanno tratto la loro forza psicologica e sociale. 213

Ces langages ne se succédèrent pas brusquement : ils furent long­ temps m@lés ensemble, et la parole ne prévalut que fort tard. .. Il est nature! à la voix de varier ses inflexions, à proportion que les gestes le font davantage.30 Il linguaggio dovette «copier les images sensibles... adopter toutes sortes de figures et de métaphores et fut une vraie peinture ».3 1 Idea che Condillac espresse anche più chiara­ mente nella formula: «Le style dans son origine a été poétique ».32 Come si vede, il merito di tali idee sta nella fiducia ri­ posta da Condillac nella creatività della sensazione, della pas­ sione, del bisogno pratico. La sfiducia illuminista nella meta­ fisica e la proclamata fedeltà alla natura giungono qui ad una riva.lutazione delle forme più primitive, ma anche più efficaci e più spontanee dell'espressione umana. Ad un simile risultato giunge Condillac attraverso la se­ conda via della sua indagine, attraverso lo studio della fun­ zione sociale del linguaggio. Parallelo allo svolgersi della pa­ rola dal grido all'analisi è lo svolgersi di tutte le arti che non sono in fondo che un linguaggio sociale. La danza (che proprio per il suo carattere di linguaggio primitivo prese un aspetto religioso), la pantomima, la musica, sono altret­ tanti mezzi di espressione, nati anche essi dai bisogni degli uomini.

Dans l'établissement des sociétés, les hommes ne pouvaient point encore s'occuper des choses de pur agrément, et les besoins qui les obligeaient de se réunir bornaient leurs wes à ce qui pouvait etre utile ou nécessaire. La poésie et la musique ne furent donc cultivées que pour faire connattre la religion, les lois et pour conserver le sou­ venir des grands hommes et des services qu'ils avaient rendus à la société.33 La favola non è anch'essa che una delle «images sen­ sibles » 34 atte ad agire attraverso i sensi sull'anima degli uomini primitivi. I popoli hanno seguito la medesima via dell'individuo. Cosl, ad esempio, la sensibilità popolare per l'armonia delle parole, armonia derivata, come si è visto, dal modellarsi delle parole su un anteriore linguaggio dei gesti, è venuta progressivamente diminuendo col passare dei secoli. 214

A suivre mes conjectures, si les Romains ont diì etre plus scnsibles l'harmonie que nous, les Grecs y ont diì etre plus sensibles qu'eux, et les Asiatiques encore plus que les Grecs : car plus les langues sont anciennes, plus leur prosodie doit approcher du chant.35 à

Il progresso del linguaggio tende, secondo Condillac, ad una lingua formata sul modello del ragionamento analitico .

Le succès dcs génies les mieux organisés dépend tout à fait des progrès du langage pour le siècle où ils vivent; car les mots répondent aux signes des géomètres et la manière de les employer répond aux méthodes de calcul.36 Il parallelismo della logica astratta e del linguaggio, che era un postulato dei « grammairiens philosophes » , è per Condillac il risultato, lo sbocco di tutto un processo psico­ logico e sociale. Differenza più essenziale di quello che si po­ trebbe pensare : Condillac giunge a concepire infatti l'utilità della permanenza, anche presentemente, di quegli elementi primitivi e poetici che erano invece rigettati dai cartesiani come delle pure aberrazioni.

L'analyse et l'imagination sont deux opérations si différentes, qu'elles mettent ordinairement des obstacles aux progrès l'une de l'autre ... Il est donc bien difficile que les memes langues favorisent également l'exercice de ces deux opérations.37 Infatti il francese è da lui lodato per la sua esattezza, mentre la forza e l'energia sono riservate alle lingue anti­ che e all'inglese.

Le caractère que notte langue montre dans les ouvrages de Quinault et de La Fontaine, prouve que nous n'aurons j amais de poète qui égale la force de Milton.38 Tali considerazioni, come pure quelle che le accompagnano sulla funzione diversa dei filosofi., dei critici e dei poeti nella formazione delle lingue, ci guidano a scorgere il vero centro del pensiero di Condillac. Proprio per aver legato stretta­ mente l'origine del linguaggio e delle arti ai sentimenti, alle immaginazioni, non estetiche, ma pratiche e sociali, Condillac è stato portato a considerare una lingua tanto più perfetta 2I5

quanto meglio risponde ad uno stato sociale più progredito e perfezionato . Il suo ideale, che ha in comune con tutto il suo secolo , di una società razionalmente diretta, lo ha spinto a considerare le lingue come un mezzo di progresso e insie­ me come il risultato di un più alto grado di civiltà. Ma la sua curiosità e ammirazione per le forme più elementari di espressione, quali i gesti e le metafore, avevano cominciato a porre il problema, che sempre più importante diventerà in seguito, dei rapporti tra la forza creatrice del « genio » e quella del poeta . La sua concezione del linguaggio si fonda sulla capacità d'invenzione e di creazione delle sensazioni e trova insieme il suo limite e il suo completamento nell'ideale razionalistico . Idee lockiane, risultati della polemica degli antichi e dei moderni, concezioni più specialmente illuministe, idee tratte da Warburton si fondono, come si vede, nel pensiero di Condillac, che riesce ad equilibrare questi vari elementi e a dar loro una forma che serve di base a tutte le discussioni posteriori più importanti . Diderot, per studiare il problema delle inversioni e del linguaggio, è evidentemente partito dall 'Essai di Condillac . E Rousseau , quando volle dire la sua nel Discours sur l'Inégalité e nei vari frammenti sull'O rigin e des langues, si richiamerà a quell'opera fondamentale e con essa polemizzerà. Diderot indirizza, è vero , la sua lettera « à l'auteur des Beaux Arts réduits à un meme principe » /9 e cioè a Batteux , col quale infatti entra in una dettagliata polemica sul pro­ blema specifico delle inversioni, ma, fin dalle prime righe del suo libro dice : « J'aurais pu m'addresser à M. l'abbé de Condillac, où à M. du Marsais » ,40 indicandoci cosl subito quale larghezza egli voleva dare alla sua discussione . Accetta, nella prima parte della Lettre, la teoria di Con­ dillac, secondo la quale le lingue sono passate dalla sensa­ zione all'analisi . Diderot aggiunge una formulazione più net­ ta e più precisa dei due momenti opposti ed estremi del lin­ guaggio . Per lui , come per Batteux, « l'ordre nature! » della frase è quello delle lingue primitive, mentre « l'ordre d'insti­ tution ou l 'ordre scientifique » è quello tardo e moderno . Egli ha accentuato, con la parola « institution » il carattere 2!6

sociale, convenzionale, si potrebbe dir quasi giuridico, del linguaggio, carattere che era già implicito nel pensiero di Cor1dillac, mentre con la parola « scientifi.que » egli ha pre­ cisato storicamente l 'origine della costruzione logica ed ana­ litica .

Nous sommes peut..etre redevables à la philosophie péripatéticienne, qui a réalisé tous les etres généraux et métaphysiques, de n'avoir presque plus dans notre langue de ce que nous appelons des inversions dans les langues anciennes. En effet nos auteurs gaulois en ont beau­ coup plus que nous ; et cette philosophie a régné, tandis que notre langue se perfectionnait sous Louis XIII et sous Louis XIV. Les Anciens, qui généralisaient moins, et qui étudiaient plus la nature en détail et par individus, avaient dans leur langue une marche moins monotone et peut-etre le mot d'inversion eiìt-il été fort étrange pour eux.41 Un simile approfondimento del pensiero di Condillac ri­ troviamo pure in quello che Diderot dice sul primo germe del linguaggio . L'indagine psicologica è accentuata : egli tenta di dare una prova sperimentale alle idee dell'Essai. Sul le­ game delle parole e dei gesti. primitivi, egli tenta di portare delle prove tratte dalla realtà attuale . Diderot vuoi così sfug­ gire a quel processo all'infinito, diretto verso la notte dei tempi primitivi, a cui, in fondo, tendeva la spiegazione di Condillac sull'origine del linguaggio ( appunto perché era un tentativo di risolvere psicologicamente e sociologicamente un problema filosofico) . Cerca così di osservare e di sperimen­ tare quello che era i'l legame tra gesti e parole postulato da Condillac. Da questo naturalismo nasce l'idea del « muet de convention » , di colui cioè che cerca di esprimersi per gesti, rivelando in tal modo il linguaggio naturale in mezzo a uomi­ ni che si servono già di mezzi di espressione perfezionati e convenzionali . Da Il nasce pure la curiosità di interrogare un vero muto, per sorprendere in lui un linguaggio spontaneo . Ciò che interessa Diderot in questi esperimenti, è trovare ciò che « la nature seule suggère » 42 e di trovare nel muto chi rappresenti

ces hommes fictifs qui, n'ayant aucun signe d'institution, peu de perceptions, presque point de mémoire, pourraient passer aisément pour des animaux à deux pieds ou à quatre.43

217

Le conclusioni di questi tentativi di Diderot sono una con­ ferma dell'idea di « intéret », del fatto pratico dominante e determinante le costruzioni della frase e l 'origine delle lin­ gue, secondo le concezioni accettate tanto da Batteux, quan­ to da Condillac.

Sur quelque étude du langage par gestes, il m'a paru que la bonne construction exigeait qu'on présentat d'abord l'idée principale, parce que cette idée manifestée répandait du jour sur les autres, en indiquant à quoi les gestes devaient etre rapportés.44 Ma, partendo da questa idea, si può veramente ritrovare sempre quale è la vera ed originaria costruzione di una frase ? In altri termini, il concetto utilitario e pratico è capace di illuminarci sul linguaggio fin nelle sue più riposte radici ? Il punto come si vede è molto importante : esso è discusso a lungo tanto da Condillac, quanto da Batteux e Diderot. Per capire le loro posizioni rispettive, sarà indispensabile ripor­ tare i passi essenziali dei tre pensatori sulla questione. Ecco le parole di Condillac :

Quand on commença à suppléer à l'action par le moyen des sons articulés, le nom de la chose se présenta naturellement le premier, camme étant le signe le plus familier. Cette manière de s'énoncer était la plus commode pour celui qui parlait et pour celui qui écoutait. Elle l'était pour le premier parce qu'elle le faisait commencer par l'idée la plus facile à communiquer : elle l'était encore pour le second, parce qu'en flxant son attention à l'objet dont on voulait l'entretenir, elle le préparait à comprendre plus aisément un terme moins usité, et dont la signification ne devait pas etre si sensible. Ainsi l'ordre le plus nature! des idées voulait qu'on mtt le régime avant le verbe : on disait par exemple : fruit vouloir.45 Come si vede Condillac giustifica la costruzione della frase in base al suo schema sociologico-psicologico dell'evoluzione della lingua attraverso i tempi. Batteux arriva alle medesime conclusioni per una via puramente psicologica :

Si je veux faire entendre à un homme autre que moi, qu'il doit fuir, ou rechercher quelquè objet, je commencerai.. . par lui montrer cet objet. Ensuite je lui ferai comprendre ce qu'il doit faire. L'ordre que j 'ai suivi pour moi est le meme à suivre pour lui . Sa machine 2I8

étant composée comme la mienne, c'est le meme ressort qui doit la faire jouer. ]'ai vu un serpent, j 'ai fui. Si, parlant par gestes je veux l'avertir de fuir, commencerai-je par lui faire signe de fuir? Il ne fuirait pas sans savoir pourquoi. Il faut clone que je lui montre d'abord le serpent; ensuite, s'il en est besoin, je lui ferai le geste qui peint l'action de fuir...46 Ed è quest'ordine dei gesti che, secondo Batteux, coman­ da l 'ordine naturale della frase. Ed ecco ora le critiche di Diderot a questo proposito :

L'inversion proprement dite, ou l'ordre d'institution, l'ordre scienti­ fique et grammatica!, n'étant autre chose qu'un ordre dans les mots contraire à celui des idées, ce qui sera inversion pour l'un, souvent ne le sera pas pour l'autre; car, dans une suite d'idées, il n'arrive pas toujours que tout le monde soit également affecté par la meme. Par exemple, si de ces deux idées contenues dans la phrase serpentem fuge, je vous demande quelle est la principale, vous me direz, vous, que s'est le serpent; mais un autre prétendra que c'est la fuite, et vous aurez tous deux raison. L'homme peureux ne songe qu'au serpent, mais celui qui craint moins le serpent que ma perte, ne songe qu'à ma fuite : l'un s'effraie, l'autre m'avertit.47 La critica potrebbe parer ·superficiale e troppo ovvia per esser vera, ma essa ha nell'assieme del ragionamento di Di­ derot, una grande importanza. Egli accentua cosl il carat­ tere istituzionale, voluto , scientifico del linguaggio, che, pur legandosi inizialmente ai gesti, se ne è venuto staccando per una serie di convenzioni . Attraverso parecchi esempi, scelti tra i problemi riguardanti la formazione dei verbi, dei pro­ nomi, ecc . , egli studia come tale processo di istituzione lin­ guistica sia avvenuto. È la « marche didactique » della lingua che egli vuoi mostrare guardando più da vicino l'origine degli articoli . Sono « cles restes de l'imperfection originelle cles 48 langues , cles traces de leur enfance », che egli ricerca in certe forme linguistiche in apparente contraddizione, nelle lingue antiche, con la forma grammaticale e razionale del­ l' espressione. Attraverso le idee di Condillac e di Batteux Diderot sem­ bra esser tornato alle idee dei « grammairiens philosophes » , sembra aver· riadottato l 'eguaglianza reciproca del ragiona2I9

mento logicistico e dell'espressione oratoria. Ma non è che un'apparenza. Le idee di Condillac sul linguaggio della passione e dei gesti non sono state senza una profonda efficacia sul pensiero di Diderot. Un'altra lingua, accanto a quella grammaticale e didattica, gli si era rivelata possibile . Il fatto stesso di aver spinto all'estremo il ragionamento di Condillac sull'origine istituzionale del linguaggio doveva mostrargli l'importanza di tutto quello che tale ipotesi non spiegava, di tutto quello che restava fuori da una tale classificazione . Per amore della « philosophie » , della scienza, della civiltà razionale ed illu­ minista, egli affermava la necessità di un linguaggio le cui 49 qualità essenziali fossero « la netteté, la clarté, la précision » , ma non per questo era rimasto meno colpito de la « cha­ &� leur, de l'éloquence et de l'énergie » , qualità che altri lin­ guaggi, più primitivi, possedevano . Ed in questo egli aveva portato un entusiasmo ben più caldo di quello di Condillac. L'energia dei gesti aveva fatto una profonda impressione sul­ l'animo suo . « Il y a des gestes sublimes que toute l'élo­ 5 quence oratoire ne rendra jamais » , 1 esclama dando degli esempi letterari tratti da Shakespeare e da Corneille. E non si limita ad ammirare e a constatare la forza poetica del lin­ guaggio dei gesti, come aveva fatto Condillac, ma approfon­ disce in modo geniale questo primo avvicinamento del pro­ blema estetico col problema del linguaggio . Diderot aveva infatti accettato la teoria, generale al tem­ po suo, sulla funzione analitica del linguaggio . Autre chose est - dice - notte état d'ame, autre chose le compte que nous en rendons soit à nous memes, soit aux autres ; autre chose, la sensation totale et instantanée de cet état; autre chose, l'attention successive et détaillée que nous sommes forcés d'y donner pour l'analyser, la manifester, et nous faire entendre 52 ...

L'originalità di Diderot consiste nel fatto di essersi servito di una tale distinzione come di uno schema per render evi­ dente la differenza tra il linguaggio pratico e il linguaggio poetico. In fondo al suo pensiero, espresso nella seconda parte della Lettre sur les Sourds, è l'idea che accanto al linguaggio istituzionale, cioè analitico, ne esiste un altro, artistico e sin2 20

tetico, attraverso il quale l'uomo può esprimere il suo « état d'fune » senza passare attraverso le convenzioni delle parole e della costruzione oratoria gr amm a ticale. Certo l'espressione di un tale pensiero è più spezzettata in una serie di metafore e di osservazioni che riassunta in una chiara formula filosofi­ ca. Ma questo fatto, naturale data tutta la formazione men" tale di Diderot e del suo secolo, non deve nasconderei l 'im­ portanza di una tale intuizione. Ecco, a questo proposito, il passo essenziale : Il faut distinguer, dans tout discours en général, la pensée et l'expression; si la pensée est rendue avec clarté, pureté et précision, c'en est assez pour la conversation familière; joignez à ces qualités le choix des termes avec le nombre et l'harmonie de la période, et vous aurez le style qui convient à la chaire ; mais vous serez encore loin de la poésie, surtout de la poésie que l 'ode et le poème épique déploient dans leurs descriptions . Il passe alors dans le discours du poète un esprit qui en meut et modifie toutes les syllabes. Qu'est-ce que cet esprit? J'en ai quelque fois senti la présence; mais tous ce que j 'en sais, c'est que c'est lui qui fait que les choses sont dites et représentées tout à la fois ; que dans le meme temps que l'entende­ ment les saisit, l 'ime en est émue, l'imagination les voit et l'oreille les entend, et que le discours n'est plus seulement un enchainement de termes énergiques qui exposent la pensée avec force et noblesse, mais que c'est encore un tissu de hiéroglyphes entassés les uns sur les autres qui la peignent. Je pourrai dire, en ce sens, que toute poésie est emblématique.53

Questa del geroglifico e dell'emblema è la più immedia­ ta e la più importante delle metafore di Diderot che tendon tutte a far sentire il carattere sintetico dell'arte, opposto al carattere analitico della scienza e della logica . Egli la ripete e la sviluppa, dicendo , ad esempio , che il geroglifico è la so­ luzione di un problema dell'espressione « que le génie poé­ tique résout sans se le proposer » .54 Scopriamo qui la ragione della grande ammirazione di Diderot per il linguaggio dei gesti : cosl a proposito di un esempio tipico , tratto da Ro­ dogune, egli esclama : « quelle faule d'idées et de sentiments ce geste et ce mot ne font-ils pas éprouver à la fois ! » .55 Che Diderot sentisse tutta la larghezza e l'importanza della sua idea è provato dal fatto che egli parla dei geroglifici del22 I

la pittura, della musica, come prima ha ricordato quelli della poesia : ... rassembler les beautés communes de la poésie, de la peinture et de la musique; en montrer les analogies ; expliquer comment le poète, le peintre et le musicien rendent la meme image; sentir les emblèmes fugitifs de leur expression; examiner s'il n'y aurait pas quelque si­ militude entre ces emblèmes, etc., c'est ce qui reste à faire 56 ...

Idee che bisogna completare con quanto aggiunge Diderot sulla difficoltà di intendere i simboli artistici, sulla espressio­ ne poetica di per se stessa intraducibile o sul parallelo tra il mistero del geroglifico scolpito sull'obelisco e l'« imagina­ tion » 57 che ha dato la nascita all 'emblema artistico . In conclusione, per Diderot il linguaggio resta, come lo era per tutti i suoi contemporanei francesi, un fatto pratico, sociale, istituzionale . La costruzione che regola le frasi ten­ de, secondo lui, nel suo necessario processo storico , verso una perfezione che altro non è se non il modello dato dal ragionamento astratto . E ciò malgrado le eccezioni che si possono notare nel latino o nel greco e specialmente nelle orazioni fatte in queste lingue, che o sono resti di una infan­ zia, d'una imperfezione linguistica o non sono che degli espedienti pratici anch'essi , per aumentare l'efficacia dell'al­ locuzione. Ma accanto a questo linguaggio, parallelo ad esso, Diderot ha l'idea , meno chiara nella sua mente, ma più piena di promesse filosofiche, di un linguaggio sintetico invece che analitico, misterioso invece di esser chiaro , immediato invece di esser ragionato . Quest'altro linguaggio è l'arte . Molte sono le sue incertezze e le sue indecisioni sui rapporti tra l'un linguaggio e l'altro , come potrà vedere chi leggerà una delle più suggestive fra le opere di Diderot, la Lettre sur les Sourds et les Muets, ma resta il fatto che egli ha sapu­ to sollevare il problema delle inversioni, tanto discusso in­ torno a lui, al problema stesso dell'estetica . Il fatto di aver legato cosl strettamente la questione della lingua, creazione del genio pratico degli uomini, a quella dell'arte, rivela tut­ ta l'importanza di questo suo opuscolo . Se si vuoi intendere la discussione che la Lettre suscitò 222

e le opinioni che posteriormente Diderot stesso espresse sul problema della lingua, non bisognerà dimenticare tuttavia che l'ideale illuminista, che faceva della lingua un effetto e uno strumento insieme di una società perfezionata, re­ stava fortissimo nella personalità di Diderot. Basterebbe leggere l'articolo Encyclopédie per rendersene conto . Op­ pure quella parte importante che è dedicata allo studio delle lingue antiche e moderne nel Plan d'une université pour le

gouvernement de Russie. Già nelle idee dei « grammairiens philosophes » l'aspetto pedagogico del problema del linguaggio era apparso come importante . Du Marsais, che era insieme uno dei più tipici rappresentanti di questo movimento e uno dei più decisi ra­ zionalisti anticristiani del XVIII secolo, aveva dato all'idea della logicità della lingua una forma non soltanto teorica, ma pratica ed efficiente per l'opera di perfezionamento uma­ no . E sono proprio tali idee che permisero a Diderot di col­ laborare con lui e con i suoi seguaci nell'Enciclopedia . Là il lato artistico, poetico della lingua è completamente la­ sciato da parte, persino l'idea comune a lui, a Condillac e ad altri, sull'energia delle lingue meno grammaticali è messa del tutto in secondo piano : ciò che conta allora per lui è l'apporto che il perfezionamento logico di una lingua può dare all'incivilimento . La connaissance de la langue est le fondement de toutes ces grandes espérances . . . Sans la double convention qui attacha les idées aux voix, et les voix à cles caractères, tout restait au-dedans de l'homme, et s'y éteignait : sans les grammaires et les dictionnaires, qui sont les interprètes universels cles peuples entre eux, tout de­ meurait concentré dans une nation, et disparaissait avec elle . C'est par ces ouvrages que les facultés cles hommes ont été rapprochées et combinées entre elles ; elles restaient isolées sans cet intermède ; une invention, quelque admirable qu'elle eut été, n'aurait représenté que la force d'un génie solitaire ou d'une société particulière et jamais l'énergie de l 'espèce . . .sa

Diderot è tutto ripreso dal suo lavoro illuminista, tutto entusiasmato ed infiammato dalla grandezza di questo . L'idea di una lingua universale rinasce come l'utopia del mondo nuovo che egli intravede e per il quale egli lavora : 22 3

Un icliome commun serait l'unique moyen cl'établir une correspon­ dence qui s'étenclit à toutes les parties clu genre humain, et qui les liguat contre la nature, à laquelle nous avons sans cesse à faire vio­ lence, soit clans le physique soit clans le moral. Supposé cet icliome aclmis et fixé, la clistance cles temps disparait, les lieux se touchent; il se forme cles liaisons entre tous les points habités de l'espace et de la durée; et tOUS les etres vivants et pensants s'entretiennent.59

Quelle scoperte sull'energia dei gesti e delle lingue, sulla forza delle passioni immediatamente espresse, quell'àmmira­ zione per le lingue più rudi e meno raffinate, sentimenti tutti che avevano trovato per un momento un aspetto teorico e di riflessione estetica e filosofica nella Lettre sur les Sourds, non avevano affatto allontanato Diderot dal suo ideale illu­ minista. Anzi si può dire che qui, come in molti altri casi simili , tali intuizioni erano venute a rinforzare, a dare nuova vita, a spingere ad una più profonda coscienza l'illuminismo fondamentale di Diderot . È questo forse il momento , con quello delle Pensées philosophiques, in cui meglio si può cogliere quel che c'è di vero e di falso nell'idea di un Diderot preromantico . Certo, con le sue metafore dell'arte simbolica ed emblematica egli si avvicina a certe idee dell'estetica ro­ mantica, ma questo non è che un momento della sua perso­ nalità, dominata invece da una volontà illuministica che coinvolge e trascina tutti gli altri elementi dell'animo suo . Il miglior chiarimento di quanto abbiamo detto fin qui può venirci dal confronto con le idee espresse da Rousseau sui problemi del linguaggio .60 Se ci si limita a vedere le diffe­ renze del pensiero dei due scrittori da un punto di vista pu­ ramente filosofico, esse appariranno oscure e certo meno im­ portanti di quello che effettivamente sono . Se le si riducono a puri effetti di due temperamenti tanto diversi, si perderà di vista l'importanza reale di queste discussioni sulla lingua. Solo un punto di vista che si potrebbe chiamar « politico » e che in ogni modo tenga conto essenzialmente della posizio­ ne diversa di Diderot e di Rousseau rispetto alla società del tempo può spiegarci le più importanti divergenze dei due pensatori sui problemi agitati nella Lettre sur les Sourds. Nel Discours sur l'origine et le fondement de l'inégalité parmi les hommes e in alcune altre opere che ad esso si pos2 24

sono collegare sia cronologicamente, sia concettualmente, Rousseau ha detto quello che qui ci importa conoscere sul problema delle lingue. Je pourrais - dice - me contenter de citer ou de répéter ici les recherches que M. l 'abbé de Condillac a faites sur cette matière, qui toutes confirment pleinement mon sentiment, et qui, peut-etre, m'en ont donné la première idée.61

Parte anch'egli dunque, come Diderot, dall'Essai di Con­ dillac. Sappiamo anzi che i tre si conobbero presto , si fre­ quentarono spesso : 62 le idee di Rousseau sono una vera e propria continuazione di quel dialogo che abbiamo visto aperto tra Diderot e Condillac. Dialogo filosofico, in cui ora quello che ci importa sono le opinioni dei tre pensatori quali esse sono espresse nelle opere loro , anche se, come è ben naturale, l 'origine biografica di alcune idee sia oggi im­ possibile da ritrovare . Essi dovettero certo scambiarsi gli argomenti e gli esempi, dovettero aprire gli uni agli altri vie nuove, che poi ognuno prosegui a seconda della propria natura . Quel che importa è ritrovare il fondo delle loro convinzioni e questo non poté che essere accentuato e messo in più viva luce dalla loro mutua collaborazione e polemica . Nel descrivere l'origine psicologica e sociologica del lin­ guaggio Rousseau è molto vicino a Condillac, come pure a Diderot. La stessa importanza fondamentale è attribuita ai gesti : Ce que les anciens disaient le plus vivement, ils ne l'exprimaient par des mots, mais par des signes ; ils ne le disaient pas, ils le montraient.63 pas

Sembra differenziarsi dai suoi due amici quando discute e disapprova l 'idea che le lingue abbiano avuta la loro ori­ gine nei bisogni umani e quando sostiene invece che il loro germe deve esser cercato nelle passioni. Ma questa distin­ zione non ha niente di assoluto e di filosofico per Rousseau : basti dire che altra è per lui l'origine delle lingue meridio­ nali, altra quella delle lingue del nord : Dans les climats méridionaux, où la nature est prodigue, les besoins 225

naissent cles passions ; dans les pays froids, où elle est avare, les passions naissent cles besoins, et les langues, tristes filles de la néces­ sité, se sentent de leur dure origine.64

Malgrado qualche accento antimaterialista e antifìsicista che questa rivendicazione delle passioni, morali soprattutto, prende nelle idee di Rousseau , bisogni umani e passioni re­ stano ancora, in quest'opera, per lui, sul medesimo piano filosofico, quali due aspetti della creatività pratica dell'uo­ mo . Cosl pure egli non intacca in nulla il razionalismo insito nell'idea di segno rappresentativo dell 'idea, nella parola che è analisi del pensiero . Anzi, parlando della scrittura egli esten­ de questa idea forse più chiaramente ancora di quanto lo avesse fatto Condillac : L'analyse de la pensée se fait par la parole, l'analyse de la parole fait par l'écriture ; la parole représente la pensée par cles signes conventionnels, et l'écriture représente de meme la parole.65 se

Ma per lui, come per Condillac e Diderot, se questa logi­ cità è la natura della lingua attuale, l 'origine del linguaggio è invece poetica, i versi, i canti, la parola hanno un'origine comune . Non facciamo che indicare i punti principali di pa­ rallelismo, altri molti se ne potrebbero trovare . Che cos 'è dunque che rende un suono cosl differente nel­ l'Essai sur l'origine des langues di Rousseau e nelle idee di Diderot ? Il processo che seguono le lingue svolgendosi è nel­ l 'uno e nell'altro simile, ciò che differisce è il giudizio sul l oro punto d'arrivo . Non per niente questa curiosità di Rousseau per le lingue si ricollega al suo secondo discorso , l'opera prin­ cipale del primo periodo della sua vita, lo scritto in cui è negata la società stessa e quel legame tra ideale di ragione e di progresso, legame che era alla base dell'illuminismo pre­ cedente. L'idea di una lingua perfezionata a strumento e sim­ bolo di una società razionale, che abbiamo visto stare al li­ mite delle idee di Condillac, come di Diderot, è qui spezzata . Tutti i progressi delle lingue non vengono ad esser altro che una ragione di più per negare quella società che li ha resi possibili. Quando Rousseau nega che l 'origine delle lingue sia in 226

una naturale sociabilità dell'uomo e cerca invece di trovarne il germe in certe passioni morali (per i popoli meridionali) o in un meccanico avvicinamento degli uomini derivato da comuni sventure (per i popoli nordici) egli non fa che ricer­ care delle ragioni e dei pretesti per difendere la sua conce­ zione libera, fino all'anarchia, dell'uomo primitivo . Ces temps de barbarie étaient le siècle d'or, non parce-que les hommes étaient unis, mais parce-qu'ils étaient séparés . Chacun, dit-on, s 'estimait le maitre de tout, cela peut-etre ; mais nul ne con­ naissait et ne désirait que ce qui était sous sa main ; ses besoins , loin de le rapprocher de ses semblables , l'en éloignaient.66

Quello che egli ammirava nell'energia espressiva del ge­ sto non è più una forza perduta che si tratta di ritrovare in se stessi e di ricercare nella società in cui si vive (concezione che è quella di Diderot) , ma è la forma di espressione che meno si allontana dal primitivo silenzio . E difatti, più o me­ no chiaramente, Rousseau è arrivato alla conclusione logica del suo modo di vedere quando mostra una grande simpatia verso un silenzio disdegnoso , verso una volontà di non espri­ mere se stesso, silenzio che è, in mezzo ad una loquace e civile società, un segno di naturalezza e di forza morale per l'uomo . Nota con evidente soddisfazione che les sauvages de l'Amérique ne parlent presque jamais que hors de chez eux ; chacun garde le silence dans sa cabanc , il parle par signes à sa famille; et ces signes sont peu fréquents, parce qu'un sauvage est moins inquiet, moins impatient qu'un Européen, et qu'il n'a pas tant de besoins, et qu'il prend soin d'y pourvoir lui-meme.67

Questa è l 'origine del celebre motto di Rousseau secondo il quale « la parole parait avoir été fort nécessaire pour établir l 'usage de la parole » .68 Difatti una volta accettata e anzi rafforzata l'idea di un'origine convenzionale e logica del linguaggio, come aveva accettato Rousseau , diventa impos­ sibile spiegarsi l'origine della parola altrimenti che ammetten­ do una tendenza naturale e necessaria dell'uomo verso una forma sociale di vita. Negata quest'ultima, effettivamente diventava impossibile « franchir l'espace immense qui dut se trouver entre le pur état de nature et le besoin des langues ». 2 27

È vero che lo stesso baratro logico egli aveva dovuto saltare per spiegare tutta l 'evoluzione dell'umanità e lo aveva sal­ tato accettando dagli illuministi l'idea di « perfectibilité » insita nella natura umana . Per il linguaggio egli rigetta que­ sta idea, trovandosi cosl davanti ad una questione insolubile . Certo la sua critica della « sociabilité » era fondamentale per intendere le basi reali della società in mezzo alla quale egli viveva. Per quel che riguardava invece il problema del lin­ guaggio, la sua posizione non poteva essere fruttifera . La contraddizione interna del suo pensiero non poté qui che gettarlo in un misticismo abbastanza vago e non poté che con­ durlo a credere che Dio stesso aveva istruito gli uomini dan­ do loro la lingua : soluzione che evidentemente non ne è una e che non faceva che ricoprire artificialmente un vuoto o , per riprendere l a sua metafora, u n baratro . Tutt'al più si potranno ricavare , dal suo Essai sur les lan­ gues, alcune idee interessanti sui rapporti della musica e del­ la lingua, che ribadivano più tecnicamente certe idee già fug­ gevolmente espresse da Diderot sull'armonia naturale di certi linguaggi . E specialmente utili per completare il dibattito con Condillac e con Diderot sono certe osservazioni di Rousseau sui rapporti dei governi con le lingue, in cui già si vede sor­ gere dall'affermata assoluta negazione della società un desi­ derio di più concreta libertà. Les langues populaires nous sont devenues aussi parfaitement inu­ tiles que l'éloquence. Les sociétés ont pris leur dernière forme; on n'y change plus rien qu'avec du canon et cles écus; et comme on n 'a plus rien à dire au peuple, sinon « donnez de l'argent », on le dit avec cles placards au coin cles rues, ou des soldats dans !es maisons. Il ne faut assembler personne pour cela : au contraire, il faut tenir !es sujets épars; c'est la première maxime de la politique moderne. Il y a des langues favorables à la liberté; ce sont !es langues sonores , prosodiques, harmonieuses, dont o n distingue l e discours d e fort loin. Les notres sont faites pour le bourdonnement cles Divans.69

Mentre le idee di Rousseau allargano ancora il campo già cosl vasto dei problemi sollevati da Diderot nella sua Lettre sur les Sourds, con le critiche di d'Alembert torniamo alla grammatica, e alla scienza logica che su di questa si credeva 228

poter costruire nel Settecento . Nel suo Essai sur les éléments de philosophie quest'ultimo accenna alla question si souvent agitée et qui peut..etre est encore à résoudre, s'il a, dans certaines langues, une inversion proprement dite et en quoi cette inversion consiste.70

y

Ritorna poi sull'argomento negli Eclaircissements sur diffé­ rents endroits des éléments de philosophie,11 facendo questa

volta delle allusioni precise alle idee di Diderot, di Batteux, ecc . Molto giustamente egli nota che

!es difficultés de la plus part des questions sur lesquelles !es philo­ sophes se partagent viennent de ce que ces questions en contiennent implicitement plusieurs autres dont chacune demande une solution particulière.72

Proprio in questa complessità del problema delle inver­ sioni stava tutto il suo reale interesse . Benissimo lo sapeva Diderot che nella sua Lettre non aveva fatto che accumulare difficoltà su difficoltà, desiderando, per servirsi della sua me­ tafora, « plutot former cles nuages que les dissiper » .73 Ra­ pidamente aveva passato in rivista tutte le vie che si apri­ vano di fronte a colui che intendeva approfondire il problema del linguaggio . Come diceva lo stesso d'Alembert, era que­ sto il modo reale di chiarificare il problema, mostrandone tutta la complessità. D 'Alembert, invece, si limita a vedere l'aspetto gramma­ ticale della questione. Egli è più vicino che non lo siano Diderot, Batteux e Condillac, ai « grammairiens philoso­ phes ». In fondo egli crede al parallelo della logica e della lingua. Eppure, anche per lui, la critica naturalista e lockiana degli schemi puramente logicisti del linguaggio non è passa­ ta invano . Distingue, almeno in via d'ipotesi, un ordine na­ turale e un ordine grammaticale della frase facendoli poi coincidere, non per un atto di fede (come Beauzée) , ma per un atto di volontà. Infatti secondo lui una lingua, per esser perfetta, deve modellarsi sull'ordine genetico delle idee . Quanto al problema che sorge allora di quale sia il criterio per riconoscere quest'ordine naturale delle idee, egli accetta parzialmente almeno le critiche di Diderot : 2 29

Je prendrai pour exemple la phrase meme proposée, fuyez le serpent. On dit que le serpent doit étre présenté d'abord à l'esprit comme l'objet qu'il faut fuire; c'est ce qui me paratt douteux... Il n'est nullement décidé lequel des deux arrangements est le plus nature!, fuyez le serpent, ou le serpent fuyez, et je pense qu'il en sera à peu près ainsi dans la plupart des cas semblables .74

D 'Alembert ne tira la conseguenza che l'ordine grammati­ cale è nato da una convenzione e da una volontà, senza pe­ raltro fare l 'ulteriore passo avanti accennato da Diderot per quanto riguarda l'estetica . Il merito di d'Alembert è un altro, quello di aver ten­ tato, con molta finezza e penetrazione, di rendersi conto di quali fossero le diverse forme logiche, analitiche, sintetiche, analogiche, ecc. comprese nella generale ipotesi dei suoi con­ temporanei sul parallelismo della lingua e del ragionamento . Il suo acume psicologico diversifica quello che troppo spes­ so restava una visione generale o generica. In questo senso egli è sulla via, indicata pure nell'articolo « Enciclopedia » , dove Diderot cercava di render sempre più intimi i legami tra la storia del linguaggio e il dispiegarsi della mente umana at­ traverso i secoli . Se si eccettuano queste importanti discussioni di Rous­ seau e di d' Alembert, le reazioni alla Lettre sur les Sourds, sembrano esser state piuttosto limitate . Essa rimase in realtà un'opera un po' esoterica, dedicata ad un problema impor­ tante, ma di cui i profani difficilmente avrebbero potuto co­ gliere tutto l'interesse . La recensione del « Journal de Trévoux » ,75 è piuttosto un episodio della storia dell'Enciclopedia che non una fase della discussione sulle lingue. Nei primi mesi del 175 1 Diderot era in violenta polemica col padre Berthier, contro il quale scriveva l 'una dopo l 'altra due lettere pubbliche per difen­ dere l 'Enciclopedia contro gli attacchi del gesuita. La pole­ mica era ancor viva quando usci la Lettre sur les Sourds, che il « Journal de Trévoux » si affrettò a criticare . La discussio­ ne non era a dire il vero né scortese né profonda, ma essa forni una buona occasione a Diderot per replicare e per dare sulla voce al padre Berthier. La risposta è scritta vivacemen-

te, ma nulla aggiunge di sostanziale alle idee già esposte . Anche la « Bibliothèquc impartiale » di Formey parlò del­ l'opera di Diderot, ma tanto le lodi quanto le critiche restano molto superficiali . Tutt'al più si potrà trovare in quelle pa­ gine la prova che il tentativo fatto da Diderot di far attri­ buire a due scrittori diversi la Lettre sur [es Aveugles e la Lettre sur les Sourds è, per una volta almeno, riuscito . La mi­ sura di sicurezza adottata, almeno in questa occasione, sem­ bra aver raggiunto il suo scopo . Molto comicamente per chi sappia come Diderot è autore di tutt'e due le opere, la « Bi­ bliothèque impartiale » se la prende con gli scrittori che retombent perpétuellement dans cette . . . bévue : dès que le public a bien accueilli un livre doué de quclque singularité, ils s'attachen� à en reproduire d'autres sous cles formes approchantes, et qui ne man­ quent guère d'etre très inférieures. On sent d'abord la différence, et quelque fois un dégout anticipé la représente encore plus désavanta­ geuse qu'elle ne l'est effectivement.76

Il resto della recensione è un riassunto, dove l'unica ori­ ginalità è una frase in difesa di Batteux, al quale tout ce traité épistolaire est adressé, plutot par une sorte de persiflage que pour honorer ses talents, fort supérieurs pourtant à tous ceux cles auteurs qui ont jusqu'à présent excrcé lcur critiquc contrc lui.77

Per intendere un altro aspetto della Lettre sur les Sourds che abbiamo fin qui trascurato, l'aspetto gnoseologico delle idee di Diderot sul linguaggio, non bisogna dimenticare che il germe stesso di molte concezioni linguistiche settecente­ sche, è nella polemica di Locke contro l'innatismo . L'interes­ se gnoseologico permane in fondo al pensiero di Diderot anche quando l'opera sua riguarda problemi pratici o estetici . L'abbiamo già visto riapparire in una delle svolte capitali del meandro logico della Lettre, al momento in cui, per passare dalla creatività pratica alla creatività artistica, Diderot do­ vette ricorrere ad una visione sintetica dello spirito e al­ l'espressione totale di un « état d'fune » in un simbolo e ia una forma perfetta . Come inquadrare la sua teoria del lin­ guaggio nella sua visione sensistica e vitalistica della realtà? Domanda a cui si potrà tanto meglio rispondere quando si 2 '\ I

conosca la pos1z1one di un Maupertuis , in certo senso pa­ rallela alla sua e che ci fornirà un utile ponte di passaggio tra le teorie del linguaggio settecentesche e la filosofia sen­ sista di Diderot . Le Réflexions philosophiques 78 di Maupertuis sono un tentativo di spiegare l'origine della parola partendo dalla percezione. Il problema ha una grande importanza per lui . Il linguaggio essendo lo strumento delle scienze, la mag­ giore o minore verità da esso espressa può darci una maggio­ re o minore fiducia nella scienza stessa. Il problema del lin­ guaggio, diventando problema gnoseologico prende l'aspetto di una questione di terminologia. L'interesse dell'indagine di Maupertuis in questo campo non è tanto notevole per il ri­ gore con cui egli la conduce, quanto piuttosto per le conse­ guenze « idealiste » che egli ne trae . Infatti egli avverte l'esi­ stenza di un certo salto tra la serie di segni che designano le varie forme e i vari aspetti di una percezione e l'altra serie di segni che attribuiscono ad una esistenza esterna la causa della modificazione dei sensi. Tra la frase « je vois un arbre » e l'altra « il y a un arbre » invano ci si sforza di trovare una serie continua di formule intermedie, capaci di passare dal­ l'una all'altra senza soluzione di continuità . Egli riprende cosl l'idea di Berkeley, che del resto egli cita . Pensa anzi aver trovato quella prova della tesi dell'« idealista » inglese che questi si sarebbe vanamente sforzato di dare. C'est que ce philosophe n'attaque que par parties le système de nos erreurs, il démolit l'édifice par le comble, nous le sapons par !es fondements : édifice bien différent de cette tour fameuse que la confusion des langues empecha d'élever dans !es pleines de Sennaar, celui-ci n'est élevé que par l'abus ou l'oubli de la signification des mots.79

Maupertuis , insomma, da una concezione istituzionale delle lingue si era messo . sulla strada della negazione del mondo esterno . Ebbene Diderot, all'epoca tanto della Lettre sur les Aveu­ gles, quanto, due anni dopo, al momento in cui scrisse l a Lettre sur les Sourds, era alle prese con problemi molto simili a quelli sollevati da Maupertuis . Nel 1 749 già aveva espresso,

sotto forma di osservazioni sparse e di note occasionali, i dubbi e i problemi che la parola e il valore che ad essa si attribuisce, avevano suscitato in lui : « C 'est une chose assez surprenante - scriveva - que la facilité avec laquelle on apprend à parler » .80 E difatti, se si concepisce il linguaggio come un rapporto tra segno e realtà, una serie di problemi non possono fare a meno di nascere . Come ad esempio si è arrivati « à attacher . une idée à quantité de termes qui ne peu­ vent etre représentés par cles objets sensibles , et qui, pour ainsi dire n'ont point de corps ? » .8 1 Parlando del cieco di Puisaux egli aveva notato : Il s'exprime aussi sensément que nous sur !es qualités et !es défauts de l'organe qui lui manque . . . il n'attache aucune idée aux termes qu'il emploie. . . il discourt si bien et si juste de tant de choses qui lui sont absolument inconnues . ..s2

Il fatto che il cieco parli, non farebbe pensare che il lin­ guaggio è opera di una pura astrazione mentale ? Diderot ha esaminato, studiato questa ipotesi nella sua Lettre sur les Aveugles, l'ha anzi portata alle sue estreme conseguenze, tra­ sformandola nel problema del valore della matematica come mezzo universale di verità e di espressione . Diderot idoleg­ gia la possibilità di una verità assoluta espressa in formule matematiche : Il y a une espèce d'abstraction dont si peu d'hommes sont capables, qu'elle semble réservée aux intelligences pures ; c'est celle par laquelle tout se réduirait à cles unités numériques. Il faut convenir que !es résultats de cette géométrie seraient bien exacts, et ses formu­ les bien générales ; car il n'y a point d'objets, soit dans la nature, soit dans le possible, que ces unités simples ne puissent représenter, cles points, des lignes, cles surfaces, cles solides, cles pensées, cles idées, cles sensations et... si par hasard c'était là le fondement de la doctrine de Pythagore, on pourrait dire de lui qu'il échoua dans son projet, parce que cette manière de philosopher est trop au-dessus de nous, et trop approchante de celle de l'Etre supreme, qui, selon l'expression ingénieuse d'un géomètre anglais, géométrise perpétuelle­ ment l'univers.84

Diderot è qui, rispetto al problema del valore assoluto del­ la matematica in una posizione di dubbio e di passaggio . 23 3

La sua fede nella logica astratta non è attaccata di fronte , ma insidiata dall'idea che, nella sua perfezione, essa sia lon­ tana dall'uomo . Egli constata come essa sia rara, o riservata addirittura a Dio . E parlando della cecità di Saunderson co­ me di una facilitazione e insieme come di un ostacolo per il suo studio della fisica e dell'ottica, Diderot intravede la formula che i suoi dubbi sulla matematica prenderanno nelle Pensées sur l'Interprétation de la Nature. Cioè intravede il valore strumentale dei simboli matematici, subordinati allo svolgersi delle scienze . Se tali erano i limiti che già egli attribuiva al valore dei segni matematici, naturalmente con tanta più curiosità do­ veva egli cercare di rendersi conto del valore dei segni lin­ guistici . Nos sens - scrive - nous ramènent à des signes plus analogues l'étendue de notre esprit et à la conformation de nos organes .85

à

Già intravede quanto complesso sia il lavorio che ha con­ dotto l'uomo alla parola. Nous ne parvenons à attacher une idée à quantité de termes qui ne peuvent etre représentés par des objets sensibles , et ql!i, pour ainsi dire, n'ont point de corps que par une suite de combinnisons fines et profondes des analogies que nous remarquons entre ces objets non sensibles et les idées qu'ils excitent.86

I segni matematici concepiti come una volontà interna di « geometrizzare l'universo » , i segni linguistici riportati alla sensazione elaborata, le due concezioni spinsero un mo­ mento Diderot verso le idee dell'idealismo berkeleyano . I ra­ gionamenti sul valore gnoseologico dei vari linguaggi umani , dal più astratto (quello della matematica) al più concreto (i linguaggi dei sensi) lo condussero a studiare con curiosità e con interesse un'idea in cui egli dovette vedere uno di quei « paradossi » , carichi di visioni future e ardite. Secondo Con­ dillac, come secondo Berkeley, e, ciò che più importa, selon la raison, les termes essence, substance, suppOt, etc. ne portent guère par eux-memes de lumières dans notre esprit, - e del resto soit que nous nous élevions jusqu'au."{ cieux, soit que nous descen234

dions jusqu'aux abtmes, nous ne sortons jamais de nous-memes ; et ce n'est que notre propre pensée que nous apercevons.87

L'idea lo aveva già sfiorato quando scriveva la Promenade du Sceptique,88 dove aveva già citato l 'ultimo brano della

frase ora riportata e che Diderot prende da Condillac. Certo allora aveva definito come degli esseri singolari coloro che si proponevano un simile problema, ma più che altro, proba­ bilmente, per il tono scherzoso di tutta la sua opera alle­ gorica che non per intima convinzione . L'aver ripreso l'idea nella Lettre sur les Aveugles è una prova di come invece la questione fosse per lui centrale . Nata insieme da una riflessio­ ne sul sensismo di Condillac e da un tentativo di approfon­ dire il valore teorico dei segni, l'« idealismo » di Diderot è un momento importante del suo pensiero . L'« idealismo » è un modo che egli trovò per affermare la creatività della sensazione, esso è una strada per giun­ gere a quello che è il punto centrale della sua concezione fi­ losofica : il « genio » creatore dell'uomo . Citare Berkeley è per lui un modo di affermare che nei segni linguistici e in quelli matematici si deve vedere non il passivo riflesso d'un mondo esteriore, ma piuttosto la più alta prova dell'homo faber. Vede in Saunderson, scopritore di una « arithmétique palpable » , un « inventeur de symboles »89 e un esempio ti­ pico di costruttore di un nuovo linguaggio . Ciò che Diderot avrebbe desiderato trovare nella geometria del cieco :filosofo sarebbe stata tutta una serie di definizioni dei simboli ma­ tematici, non accettata dalla tradizione, ma creata ex novo in relazione alla mancanza del senso della vista .

Nous y aurions trouvé les défìnitions du point, de la ligne, de la surface, du solide, de l'angle, cles intersections cles lignes et cles plans, où je ne doute point qu'il n'eut employé cles principes d'une métaphysique très abstraite et fort voisine de celle cles idéalistes .90

Diderot andava interrogando ciechi e muti sulle definizio­ ni degli oggetti di cui essi non potevano rendersi conto dato il loro difetto fisico, cercando di cogliere nelle loro risposte il segreto del linguaggio . Non era infatti il procedimento men­ tale attraverso il quale un cieco arrivava a spiegarsi che cosa 2 .3 5

è uno specchio, un esempio tipico di come l'uomo sia riu­ scito a creare un simbolo linguistico e ad attribuirgli una realtà? L'« idealismo » è stato per Diderot un paradosso utile per mettere in luce la difficoltà del passaggio dalla sensa­ zione alla parola e per accentuare il carattere creativo attri­ buito al linguaggio . Naturalmente l'« idealismo » in Diderot non poté prendere nessuno degli aspetti metafìsici e generali che aveva in Berkeley, data la sua visione vitalistica della na­ tura . Ma esso servl a metterne in luce il suo aspetto più profondo e fruttifero . Da un tale punto di vista pure Diderot si pone il pro­ blema, tante volte già discusso, del cieco nato che si trovasse, acquistando la vista, in presenza di un cubo o di una sfera . Li riconoscerebbe senza toccarli ? Potrebbe distinguerli ? Mo­ lineux aveva posto questo problema a Locke, Voltaire lo aveva ripreso ed esso è uno dei centri di maggior interesse per tutti coloro che, nel XVIII secolo, si occuparono della teo­ ria della conoscenza . Diderot è in apparenza più empirico degli altri quando cerca di risolvere questa questione, non soltanto con un ragionamento, ma col distinguere tra le di­ verse persone di cui ci si potrebbe servire per fare degli esperimenti, persone che bisognerebbe sottoporre alla prova del cubo e della sfera . E dà una soluzione differente a secon­ da che si tratti di un filosofo, di un matematico o di un uomo incolto . Ma si tratta di sperimentalismo puramente formale , i diversi individui non sono per lui che esempi di un'idea , che mezzi di espressione dei diversi punti di vista da cui egli esamina la questione . Le parole che egli mette in bocca al filosofo riguardano spe­ cialmente l'aspetto gnoseologico del complesso problema . Ecco , secondo lui, la risposta che darebbe un « métaphysi­ cien » posto di fronte alla sfera e al cubo : Je serais fort tenté de croire que c'est ce corps que j 'ai nommé cercle, et que c'est celui-ci que j 'ai toujours appelé carré ; mais je me garderai bien de prononcer que celà est ainsi. Qui m'a révelé que, si j 'en approchais, ils ne disparahraient sous mes mains ? Que sais-je si les objets de ma vue sont destinés à etre aussi les objets de mon attouchement? J'ignore si ce qui m'est visible est palpable; mais quand je ne serais point dans cette incertitude, et que je croirais, sur

[a parole des personnes qui m 'environnent, que ce que je vois est réellement ce que j 'ai touché, je n'en serais guère plus avancé. Ces objets pourraient fort bien se transformer dans mes mains, et me renvoyer, par le tact, des sensations toutes contraires à celles que j 'éprouve par la vue. Messieurs, ce corps me semble un carré; celui-ci, le cercle; mais je n'ai aucune science qu'ils soient tels au toucher qu'à la vue.91

Soluzione del problema molto simile a quella data da Locke e accentuazione dell'importanza del tatto per l'obiettiva­ zione delle sensazioni umane . Soluzione che però, venendo dopo la critica di Berkeley, da Diderot stesso riportata, non mancava di gettare un'ombra di scetticismo su tutto il pro­ blema della realtà in rapporto con le sensazioni . Scetticismo che, del resto, in modo più ragionato e cosciente, è il punto d 'arrivo stesso di tutto l'esame settecentesco dei dubbi sol­ levati da Berkeley, quale ad esempio esso fu dato da Con­ dillac o da Hume . Di fronte alla sfera e al cubo sostituiamo ora un « géo­ mètre » . La risposta sarà differente : Voilà clone un cercle ! voilà clone un carré! Mais, aurait-il continué avec Locke, peut-etre que, quand j 'appliquerai mes mains sur ces figures, elles se transformeront l'une en l'autre, de manière que la meme figure pourrait me servir à démontrer aux aveugles les pro­ priétés du cercle, et à ceux qui voyent, les propriétés du carré. Peut­ etre que je verrais un carré et qu'en meme temps je sentirais un cercle. Non, aurait-il repris; je me trompe. Ceux à qui je démontrais les propriétés du cercle et du carré n'avaient pas les mains sur mon abaque, et ne touchaient pas les fils que j 'avais tendus et qui limitaient mes figures ; cependent ils me comprenaient. Ils ne voyaient clone pas un carré, quand je sentais un cercle ; sans quoi nous ne nous fussions jamais entendus; je leur eusse tracé une figure, et démontré les propriétés d 'une autre; je leur eusse donné une ligne droite pour un are de cercle, et un are de cercle pour une ligne droite. Mais puisqu'ils m 'entendaient tous, tous les hommes voyent clone les uns comme les autres : je vois clone carré ce qu'ils voyaient carré, et circulaire ce qu'ils voyaient circulaire. Ainsi voilà ce que j 'ai toujours nommé carré, et voilà ce que j 'ai toujours nommé cercle.92

Diderot aveva già detto la sua ammirazione per una mate­ matica capace di render l'uomo pari a Dio, perché capace di 2 37

« géométriser l'univers » . Lo scienziato riconosce il cubo e la sfera perché egli è in grado di ricostruirli . Il segno mate­ matico ha qui riempito la sua vera funzione, quella di ren­ dere intelligibile la nostra sensazione : è strumento di co­ noscenza della natura . La geometria è già posta sul terreno su cui doveva discuterla poi nelle Pensées sur l'Interprétation de la Nature. Ciò che Diderot dice del segno geometrico non è che l'esempio estremo di tutto il problema del linguaggio scientifico, della parola umana forgiata per facilitare la cono­ scenza della natura . Mentre l'approfondimento del proble­ ma dell'inversione aveva condotto Diderot alla visione di un linguaggio poetico, la considerazione dell'aspetto gnoseolo­ gico del segno linguistico doveva condurlo ad un esame sem­ pre più attento del problema del metodo scientifico e delle funzioni rispettive della matematica e della fisica sperimentale . Tanto per il « métaphysicien » , quanto per il « géomètre » , il problema di Molineux è un problema di attenzione e di ragionamento su sensazioni che non erano abituati ad avere prima che l'operazione fortunata rendesse loro la vista . Ma tutt'e due avevano già la strada preparata per questa intro­ spezione da tutto il lavorio che essi avevano compiuto sulle loro sensazioni tattili , olfattive, ecc . Diderot chiude la sua esemplificazione con un cieco nato , né colto né abituato alla riflessione : un « non filosofo », per servirsi delle sue stesse parole. Esempio che è forse il più interessante dei tre perché ripropone tutto il problema dei rapporti tra la conoscenza e la sensazione, problema che si era venuto anteriormente un poco restringendo in una questione di metodologia scientifi­ ca . Nello sforzo che fa l'occhio che vede per la prima volta per « instruire, ou , s 'il est permis de parler ainsi, (pour) 93 s 'expérimenter de lui-méme » , sta in germe tutto lo sforzo dell'uomo per conoscere la natura . La sensazione iniziale, Diderot pensa sia molto precisa e completa .

Le nier, ce serait perdre de vue la destination cles organes ; ce serait oublier les principaux phénomènes de la vision; ce serait se dissimuler qu'il n'y a point de peintre assez habile pour approcher de la beauté et de l'exactitude cles miniatures qui se peignent dans le fond de nos yeux . . .

Eppure, malgrado tutto ciò : « m'assurat-on qu'un aveugle né n'a rien distingué pendant deux mois , je n'en serai point étonné » .94 La precisione della riproduzione retinea non è che una precisione astratta, per cosi dire fisiologica . Perché l'uo­ mo veramente arrivi a coglierne tutti gli elementi, una forza fondamentale è necessaria. Forza che Condillac chiama l'at­ tenzione, riconoscendone tanto nel suo Essai quanto nel Traité des Sensations, tutta la vitale importanza per il pas­ saggio dalla sensazione alla conoscenza, e che Diderot chia­ merà con parola anche più espressiva « l'expérience » . Ogni senso ha bisogno di questo lavoro su se stesso . Il faut clone convenir que nous devons apercevoir dans les objets une infinité de choses que ni l'enfant ni l'aveugle-né n'y aperçoivent point, quoiqu'elles se peignent également au fond de leurs yeux; que ce n'est pas assez que les objets nous frappent, qu'il faut encore que nous soyons attcntifs à leurs impressions ; que, par conséquent, on ne voit tien la première fois qu'on se sert de ses yeux; qu'on n't:st affecté, dans les premières instants de la vision, que d'une multitude de sensations confuses qui ne se débrouillent qu'avec le temps et par la réflexion habituelle sur ce qui se passe en nous; que c'est l'expérience seule qui nous apprend à comparer les sensations avec ce qui les occasionne; que les sensations n'ayant rien qui re:;semble essentiellement aux objets, c'est à l'expérience à nous instruire cles analogies qui semblent etre de pure institution 95 . . .

Come si vede, la gnoseologia di Diderot non ha nulla di una passività puramente materialistica . L'esperienza, l'atten­ zione sono gli elementi necessari all'uomo perché la pura sensazione non resti inutilizzata, essi sono gli strumenti at­ traverso i quali una costruzione obiettiva, cioè utile, del mondo divenga possibile . Il problema della realtà delle cose è posto non dal punto di vista metafisico (per il quale Di­ derot continua a conservare la fiducia nelle « lois infiniment générales de la nature » 95 e una fondamentale indecisione sul come tali leggi coincidano con la sensazioni umane), ma da un punto di vista pratico, dal punto di vista, infinitamente più pieno di promesse filosofiche future, che fa dell'uomo il creatore, attraverso un complesso lavorio, della propria scienza, della rappresentazione che di volta in volta egli si fa del mondo esterno . È perciò naturale che Diderot abbia 2 39

attribuito a tutti i sensi la capacità di obiettivazione, pur in­ sistendo sul valore grandissimo del senso tattile (il più filo­ sofico, come egli finisce col dire) . La scomposizione che egli fa dell'uomo nei diversi sensi, le immaginazioni che egli intesse su questa anatomia spirituale sono tra le cose più curiose delle due Lettres. Egli giunge perfino, paradossalmente, ad imma­ ginare diversi popoli, composti di esseri aventi un solo sen­ so, come pure immagina uomini in cui un senso sia in perpe­ tua contraddizione con un altro . Immagini che hanno il va­ lore di polemica contro le astrazioni (specialmente contro quelle derivate dalla religione) e di lotta contro tutto quan­ to non sia vivamente sentito e immediatamente intuito. Cioè anche queste scomposizioni servono a dare un aspetto aper­ tamente antideistico e anticristiano del sensismo lockiano . Ma il loro interesse speculativo sta invece nella ricerca che Diderot fa di quale sarebbe la lingua, cioè la verità, la scienza, di ognuno di questi esseri provvisti di un solo senso . Ancora una volta gli si ripropone il problema della matema­ tica : il terreno comune delle varie esperienze di un occhio, di una mano, di un naso , ecc. Tali scomposizioni non sono in fondo che l'aspetto più vivace di tutto lo studio che Diderot aveva condotto nelle due Lettres sull'analisi, pratica, artistica, logica che l'uomo opera continuamente sulle sensazioni . Come una pittura con­ tinua il mondo esterno è presente in noi . L'intelligenza uma­ na, l'intuizione, l 'arte la rendono effettiva traendone risultati matematici, scientifici, artistici . Il genio umano nelle sue di­ verse forme crea i segni geometrici, linguistici, emblematici (cioè estetici) attraverso i quali interpretare la realtà .

IX «

De l'Interprétation de la Nature

»

Le due correnti essenziali del pensiero di Diderot, il pro­ blema della natura e quello della civiltà umana con le sue scienze ed arti, trovano, nelle Pensées sur l'Interprétation de la Nature, un punto di equilibrio . La visione vitalistica del cosmo, quale era nata in lui sul fecondo terreno dell'entu­ siasmo naturale, e la considerazione sempre più complessa e ricca della sensazione, quale si era venuta formando in lui a contatto con le idee di Condillac e di Berkeley, trovano in quest'opuscolo un fecondo punto di incontro . Stabilendo un parallelo tra il ritmo della natura nel suo svolgersi (il co­ sidetto « trasformismo ») e l'evoluzione stessa dello spirito umano attraverso le sue scoperte e i suoi rivolgimenti, Di­ derot riusciva a dare una unità al suo pensiero e a far con­ vergere in un problema più propriamente teorico quei senti­ menti, quelle immagini, quelle forze che avevano alimentato ]e Pensées philosophiques e la Lettre sur les Aveugles. Dopo le Pensées sur l'Interprétation de la Nature, colui che cerca di seguire l 'evoluzione delle idee di Didero t può sostare : egli è giunto ad un nodo essenziale, può volgere lo sguardo al cammino percorso vedendo nella sua unità tutto il primo pe­ riodo della vita di Diderot. Punto di partenza di tutta la sua concezione è l'unità della natura, il credere che una sola realtà è alla base di tutti i diversi fenomeni . Non si tratta soltanto di una constatazione dell'unità del pensiero umano, che filosoficamente non può concepire se non ciò che riconduce la molteplicità all'unità . Non è questo l'aspetto dell'idea su cui maggiormente insiste Diderot . Nell'In terp rétation de la Nature più coscientemen­ te ancora che altrove Diderot ci fa sentire quanto una tale visione unitaria della natura sia per lui un fatto di fede, un mito, per adoperare una parola moderna, una necessità sen-

timentale e logica insieme, di cui tutte le sue idee hanno bi­ sogno e che tutte le nutre . È una concezione vitalistica, che lega fra loro tutti gli esseri animati e riunisce tutti i feno­ meni sotto la legge stessa dell'organicità. « Il n'y a jamais ' eu qu'un premier etre prototype de tous les etres » . dice, enunciando però un principio che egli non può dimostrare a se stesso, né sul terreno della storia naturale, né nel mon­ do della pura speculazione . On ne niera pas - scrive - qu'il ne faille embrasser (cette conjecture philosophique) comme une hypothèse essentielle au progrès de la physique expérimentale, à celui de la philosophie rationnelle, à la découverte et à l'explication des phénomènes qui dépendent de l 'organisation.2

« Conjecture » , « hypothèse » , parole che ben definiscono la natura stessa di questo nocciolo del pensiero di Diderot. Talvolta il problema del pensiero (unitario per sua essenza) gli si presenta e allora afferma nettamente che « l'indépen­ dence absolue d'un seui fait est incompatible avec l 'idée de 3 tout, et sans l'idée de tout, plus de philosophie » , ma ciò non lo soddisfa completamente : c'è un'altra unità della natura che è al di qua - o al di là - del puro bisogno filosofico che egli vuoi proclamare . On imagine - dice - dans la nature autant d'actes particuliers qu'on nombre de phénomènes, tandis qu'elle n'a peut-etre jamais produit qu'un seui acte.4

Il panteismo vitalistico, la visione della natura, tutta ani­ mata ed organica, come un assieme retto da una unica leg­ ge, è il punto d'arrivo delle idee che Diderot aveva espres­ se nelle Pensées philosophiques e che aveva messo in bocca a Saunderson morente . « La Nature n'est pas Dieu » , questo motto che egli mette sulla soglia della sua Interprétation , è la ragion d'essere po­ lemica di questa unità cosmica . Abbiamo visto come essa si sia formata in Diderot a contatto con la concezione finalistica e apologetica della natura, come Diderot abbia molto insi­ stito sulla rottura necessaria tra una tale visione e i legami che la univano alla religione tradizionale . Egli aggiunge an-

cora, in quest'ultima sua opera, qualche accento importan­ te ad una tale polemica, sempre viva in lui . Egli accentua il carattere entusiastico e panico che dava tanta forza alla sua posizione : « C'est presque toujours aux dépens de la puis­ sance de la nature que nous préconisons sa sagesse » .5 La teo­ logia naturale limita, impicciolisce , immiserisce quel senti­ mento di rispetto e di ammirazione di fronte alla natura che essa crede di far nascere in noi quando canta la gloria del 6 Signore rivelata nelle sue creature . La « vigueur » , la « puis­ sance » 7 della natura sono ben più grandi di quanto i teologi possano immaginare. Cette manière de l'interpréter est mauvaise , meme en théologie naturelle. C 'est substituer la conjecture de l'homme à l'ouvrage de Dieu . 8

Ricordare Dio qui non è per Diderot atto di ipocrisia o di prudenza, è invece un modo di esprimere la sua reale co­ scienza che la nuova visione della natura è più grande , più religiosa che non la vecchia. L'unità della natura è come il simbolo e la formula di tale sentimento . E quando , poche ri­ ghe più innanzi , nella stessa opera, Diderot enuncerà quel principio che resta ancora la base della concezione scientifica moderna, principio secondo il quale : le physicien, dont la profession est d 'instruire et non d 'édifier, abandon­ nera clone le pourquoi et ne s 'occupera que du comment

9

egli avrà dato la formula di pensiero , la traduzione logica c filosofica di quel sentimento di rispetto e di ammirazione di fronte alla nuova natura, che era nato in lui attraverso la po­ lemica con la religione dominante . Considerare Diderot come un positivista, come lo si è fatto qualche volta , prendendo quest'ultima sua frase isolata da tutto il processo mentale che ne è la radice, significa staccare Diderot da tutto quell'assie­ me di sentimenti e di idee che abbiamo visto germinare fin dalle sue prime opere e che sempre resterà attivo in lui per il resto della sua vita . Egli trovò la scienza al limite, al sommo di tutta la sua originale visione della natura : l 'entu­ siasmo naturale lo ha portato alla sua concezione dell'espe­ rimento e della scienza, non viceversa. 24 3

La legge essenziale della natura quale essa è concepita da Diderot è un perpetuo circolare delle varie forme vitali : De meme que, dans les règnes animai et végétal, un individu commence, pour ainsi dire, s 'accrott, dure, dépérit et passe ; n 'cn serait-il pas de meme des espèces entières? ... Le philosophe abandonné à ses conjectures ne pourrait-il pas soupçonner que l 'animalitè avait de toute éternité ses éléments particuliers , épars et confondus dans

la masse de la matière ; qu'il est arrivé à ces éléments de se réunir, parce qu'il était possible que cela se fit ; que l'embryon formé de ces

éléments a passé par une infinité d'organisations et de développements ; qu'il a eu, par succession, du mouvement, de la sensation , des idées , de la pensée, de la réflexion, de la conscience, des sentiments , des passions , des signes, des gestes , des sons , des sons articulés, une langue, des lois, des sciences, et des arts ; qu'il s 'est écoulé des millions d 'an­ nées entre chacun de ces développements; qu'il a peut-etre encore d'autres développements à subir et d'autres accroissements à prendre, qui nous sont inconnus ; qu'il a eu ou qu'il aura un état stationnaire ; qu'il s'éloigne ou qu'il s'éloignera de cet état par un dépérissement éternel, pendant lequel ses facultés sortiront de lui comme elles y étaient entrées ; qu'il disparattra pour jamais de la nature, ou plutot qu 'il continuera d'y exister, mais sous une forme, et avec des fa­ cultés tout autres que celles qu'on lui remarque dans cet instant de la durée? 10

Concezione di cui due aspetti ci interessano specialmente ora . Prima di tutto la forma circolare, ciclica, che questa leg­ ge suprema dell'evoluzione naturale tende a prendere nel pensiero di Diderot. Circolo però che non è logicamente per­ fetto : l'esistenza di due punti privilegiati, di due momenti dello svolgimento , limita l'eguaglianza di tutti gli aspetti del movimento generale, eguaglianza che si voleva mettere in luce con la metafora geometrica del circolo . Un primo punto è l'inizio di tutto il ciclo, è quel momento necessario di « ha­ sard » che il pensiero di Diderot sempre conservava. Il se­ condo punto è l'acme di tutto il processo, il momento di sta­ bilità, come egli stesso si esprime , nel sempiterno moto . Esso sembra arrestare un momento il processo generale in un istante di perfezione . Un altro aspetto di una tale concezione è necessario subito mettere in luce . La forza che sospinge tutte le cose nei loro 2 44

cicli evolutivi viene sempre più a configurarsi come una ne­ cessità, come una misteriosa legge interna che domina tutti i fenomeni . È questo che ha fatto dire tante volte che nelle Pensées sur l'Interprétation de la Nature Diderot è finalmente diventato completamente ateo, materialista e determinista. Ma è questo un errore dovuto ad una incompleta considera­ zione del pensiero anteriormente espresso nelle Pensées phi­ losophiques e nelle due Lettres. Rispetto al caso che domina tutto attraverso una serie di combinazioni matematicamente calcolabili, la ricerca di una legge interna di tutti i fenomeni non rappresenta che un passo verso un tentativo d'approfon­ dimento e di spiegazione della forza creatrice della natura . Questa legge si esprime in Diderot essenzialmente con il con­ fronto tra la natura tutta e lo sviluppo degli esseri viventi . Diderot tenterà di spiegare l 'evoluzione delle specie e degli individui attraverso l'idea dell'utile, attraverso una forza di adattamento della vita alle condizioni in cui essa si trova. Le Pensées sur l'Interprétation de la Nature sono infatti una specie di dialogo, di parallelo tra una concezione della natura quale egli era cosl venuto definendola e il genio crea­ tore dell'uomo . Il confronto tra l'una e l'altra serie di fatti appare e riap­ pare in queste brevi pagine, ne è il filo conduttore e la vera ragion d'essere . Come lavora il « génie créateur » ? 11 Che co­ sa è questa volontà dell'uomo di conoscere e di creare insie­ me ? Quali sono i mezzi che esso impiega, le vie che spesso segue ? Qual è il rapporto tra un tale sforzo e le altre ener­ gie della natura ? La risposta è una : di per se stesse , per la loro stessa legge essenziale, le diverse scienze, le diverse for­ me attraverso le quali l 'uomo interpreta e trasforma la na­ tura, obbediscono a quelle evoluzioni, a quelle vicissitudini di nascita, crescita, morte, che sono comuni, non solo ai vari individui viventi , ma anche alle diverse specie e generi pro­ dotti dalla natura . Quella necessità che guida lo sviluppo di un organo, che adatta un essere vivente alle condizioni circo­ stanti, è la necessità stessa che guida l'uomo in tutte le sue creazioni . Dalla coscienza di questa profonda identità tra il lavoro formatore della natura e il genio dell'uomo deve de2 45

rivare tutta la metodologia scientifica e filosofica e, prima

di ogni altro, l'assioma secondo il quale sempre più è ne­

cessaria « une imitation plus rigoureuse de la nature » . 12 Come le specie animali son nate da un accidente (si ri­ cordi la Lettre sur les Aveugles), cosl anche le scoperte uma­ ne sembrano avere una tale origine . Anche le scienze hanno il loro ciclo di vita che è limitato dall'utilità sociale che esse posseggono, insomma dalla vitalità loro in seno alla società umana . L'utile circonscrit tout. Ce sera l 'utile qui , dans quelques siècles, donnera cles bornes à la physique expérimentale, comme il est en train d'en donner à la géométrie .13

E all'interno stesso di ogni scienza, i progressi si fanno in maniera non dissimile a quella che presiede alle trasfor­ mazioni degli esseri viventi . La natura è ricca, può fare mille errori, mille prove prima di trovare l'essere capace di vita , di riproduzione, ecc. Ebbene, l'« art expérimental » 14 non opera allo stesso modo ? Anch'essa è un istinto che sembra cieco , ma che scopre la propria ragion d'essere, la propria creatività precisamente attraverso la molteplicità e il ripetersi dei tentativi . L'instinct va sans cesse regardant, gofrtant, touchant , écoutant ; il y aurait peut-ctre plus de physique expérimentale

à

apprendre en étudiant

Ies animaux qu'en suivant les cours d'un professeur. 1 5

L'uomo che raccoglie i materiali per una scienza, che ne è , per così dire, lo strumento e l 'organo, « creuse e n aveugle » . 16 La filosofia sperimentale « a les yeux bandés, marche toujours en tatonnant, saisit tout ce qui lui tombe sous les mains , et rencontre à la fin des choses précieuses » . 17 Lo stesso confronto tra la natura e il genio starà al centro delle idee di Diderot sulle forme più alte della scienza, su quelle forme che per la loro stessa ampiezza sembrano ap­ parentemente non aver più contatto con l'istinto cieco e frut­ tifero dell'osservazione e dell'esperimento . L'ipotesi, la vi­ sione d'assieme, che coordinano tra loro un gran numero di fatti, che illuminano bruscamente tutta una serie di feno-

meni, sono anch'esse forme superiori di quel genio di cui abbiamo visto la natura e l'origine . La polemica, che egli aprirà fin dalle prime pagine contro la matematica, a favore del « démon familier » 1 8 e dell'intui­ zione, è l'esempio più tipico del tentativo compiuto da Di­ derot di far rientrare anche le più complesse forme di creazio­ ne scientifica in quel senso cieco e fecondo che egli vedeva do­ minare tutta la storia dell'attività umana . Come si ricorderà egli aveva tentato, nella Lettre sur les Sourds, di mostrare l'aspetto strumentale dei simboli matematici, ora questa con­ clusione del problema già non lo soddisfaceva più . La critica contro il metodo geometrico è condotta insieme sul piano storico e sul piano teorico . La matematica gli sembra giunta a quel punto dell'evoluzione delle scienze in cui l 'utile che se ne può ricavare non corrisponde più allo sforzo fatto : Au penchant que !es esprits me paraissent avoir à la morale, aux belles lettres , à l'histoire de la nature et à la physique e."'l:périmentalc, j 'oserais presque assurer qu'avant qu'il soit cent ans , on ne comptera pas trois grands géomètres en Europe. Cette science s'arretera tout court. 19

C'è in queste parole una osservazione acuta sullo spirito del suo tempo , in cui infatti le scienze della natura stavano prendendo il sopravvento, ma esse hanno soprattutto un va­ lore d 'esempio. Sul piano teorico , la matematica, giudicata più rigorosamente di quanto non 1o avesse fatto prima dal punto di vista pratico e utilitario, perde valore agli occhi di Diderot . Paragona questa scienza al gioco, che gli sembra avere anch'esso una base puramente convenzionale : « la chose du mathématicien n'a pas plus d'existence dans la nature que celle du joueur » .1JJ L'aspetto non creatore, non utile, della matematica ne diminuisce l 'importanza agli occhi di Didero t . Del tutto simile è l a conclusione sua per quel che riguarda il ragionamento sistematico , la « métaphysique » . È un ter­ reno questo ampiamente battuto da tutta la polemica del suo secolo , basti ricordare il Traité des systèmes di Condillac, di soli due anni anteriore . L'originalità di Diderot consiste nell'aver fissato la sua attenzione sulla differenza che passa 2 47

tra un « sistema » e una « ipotesi » . La distinzione tra que­ ste due forme non è, a dire il vero, del tutto esplicita nel­ l'Interprétation de la Nature. Chi leggerà quest'opera si accorgerà come tale problema fosse allora per Diderot più materia di studio e di ricerca che non una ben fissa opinione . La sua curiosità, l'animo suo sono impegnati attorno a questa idea, ma la chiarezza e la certezza intellettuale fanno di­ fetto . Alcune idee fondamentali sono tuttavia enunciate . Men­ tre il sistema non giunge a delle scoperte , non porta dei frutti, non perviene a delle verità se non per caso , ritornando cioè a quello che è il punto di partenza stesso di tutte le attività umane, l 'ipotesi è una ispirazione, un presentimento, un de­ mone famigliare, una fruttifera stravaganza . Anche il sistema può essere utile, proprio perché, nelle scienze, qualsiasi sfor­ zo, in qualsiasi direzione, non è inutile e può far capitare su qualche cosa di importante . Ma di per se stesso esso non ha alcuna capacità creativa. C'est ainsi que les chimistes et les géomètres , en s 'opiniatrant à la solution de problèmes peut-etre impossibles, sont parvenus découvertes plus importantes que cette solution .2 1

à

cles

Ben altrimenti efficace gli appare invece quell'altra facoltà umana che permette di passare dall'osservazione di un fe­ nomeno ad un altro fenomeno , da un fatto all'altro, creando cosl la verità scientifica . Quel senso che in certo modo è un perfezionamento e un compimento di quell'istinto cieco di cui egli aveva parlato a proposito del primo stadio di ogni ricerca scientifica : La grande habitude de faire cles expériences donne aux manoeuvriers d'opérations les plus grossiers un pressentiment qui a le caractère de l'inspiration.22

La molteplicità stessa dei termini con cui Diderot designa tale « sentiment » 23 (lo chiama perfino « délire philoso­ phique »24 ) è ben chiaro sintomo di come Diderot vi vedes­ se qualcosa di estremamente importante, ma che era incapace di definire completamente . Delirio filosofico esprime effetti­ vamente abbastanza bene quello che egli voleva indicare : si tratta di una forza che non è logica (delirante) e che pure un

è capace di verità (filosofica) . E naturalmente l'avvicina­ mento alle idee di Leibniz diventa evidente e immediato . Ma Diderot non è sul medesimo terreno . Mentre Leibniz tentò un.a definizione attraverso schemi cartesiani di quelle attività che non rientravano nella categoria logica, tentò cioè una sistematicizzazione filosofica di questi problemi, per Di­ derot la descrizione psicologica del « genio », la pittura di questa facoltà attraverso metafore e forme evocatorie passa in primo piano . Esso sarebbe une facilité de supposer ou d'apercevoir des oppositions ou des ana­ logies, qui a sa source dans une connaissance pratique des qualités physiques des etres, considérés solitairement , ou de leurs effets réci­ proques quand on les considère en combinaison.25

L'intuizione pratica sembra insomma coincidere con un procedimento analogico, ma essa è effettivamente più oscura e più feconda . Sarà infatti interessante notare il carattere nettamente non finalistico di una tale facoltà e dei risultati a cui essa permette di giungere, carattere che è ancora una volta in ar­ monia con la concezione generale della natura di Diderot . « La philosophie expérimentale, qui ne se propose rien, est toujours contente de ce qui lui vient » .26 Altra occasione que­ sta di combattere il sistematicismo , che esso, « est toujours instruit, lorsque meme ce qu'il s 'est proposé ne lui vient pas » .ZT L'articolo « Art » dell'Enciclopedia, che fin dal 1750 fu da Diderot pubblicato in opuscolo , come una réclame e un programma della grande impresa/8 ci può aiutare a capire come Diderot vedesse tutto il problema della creazione prati­ ca . Parlerà allora più a lungo delle tecniche che non delle scienze, ma in fondo soltanto perché le prime erano state più raramente considerate da un punto di vista filosofico : perciò tanto più utile era illuminarne la storia, le origini e lo svol­ gimento . Ma le sue osservazioni valgono per l'una come per l'altra delle due attività umane. Esse nascono, secondo Di­ derot, da un medesimo tronco e ne sono, per cosl dire, i due rami. Esse sono l 'espressione di quella facoltà interpretativa dell'uomo di fronte alla natura che egli già chiama, nell'ar249

ticolo « Art » , col medesimo nome che doveva servirgli qual­ che tempo dopo da titolo dell'opuscolo che stiamo esaminan­ do . Anche per la storia delle arti il filosofo deve supporre all'origine il caso, sia come fatto attestato da tradizioni, sia come ipotesi necessaria . Il caso è ciò che separa e unisce insieme arte e natura : le separa perché apre un nuovo ciclo creativo , perché inizia una nuova serie di fenomeni, e insieme le unisce attraverso questa comune origine di tutte le forme della natura . Senza il caso un cerchio naturale di fenomeni non si rompe per aprirne un altro . Uno strumento che l'uomo ha inventato è come « un muscle surajouté » ,29 mentre prima non c'era che la mano « nue, robuste, infati­ gable, souple » 30 dell'uomo . E anche le macchine, per svi­ lupparsi devono trovare , come le altre produzioni organiche, una loro misura ottimale , esse non debbono essere né troppo piccole, né troppo grandi . Quell'equilibrio tra le varie parti, quell'armonia , che è la legge stessa della vita organizzata, deve stabilirsi anche tra le parti di una macchina . Ed essa a sua volta crea, può creare per meglio dire, altri prodotti , non solo nel senso materiale di metterli fuori, ma dando, per cosl dire , vita a cose che prima non avrebbero potu­ to esistere . Non è vero che la macchina sia sempre creata per produrre una data cosa. Talvolta non si può definire un prodotto altrimenti che come il risultato di una data mac­ china. Prima gli uomini non avrebbero potuto neanche imma­ ginarlo . È questa la creazione della macchina . Una volta tut­ to questo processo di adattamento avvenuto, l'istrumento creato dal « genio » dell'uomo rientra per cosl dire nella natura, esso diventa totalmente ovvio come potrebbe esser­ lo un prodotto della natura stessa . E l 'uomo , volgendosi in­ dietro , ha pietà di se stesso per tutte le difficoltà, per tutti gli ostacoli contro i quali egli ha dovuto lottare per giungere ad un risultato che gli sembra ora talmente evidente ed ovvio . Cosl , parlando della storia delle diverse scienze, studiando la molla fondamentale dell'evoluzione di tutte le scienze, osservando lo sviluppo delle arti , Diderot è venuto esponendo il parallelo fondamentale delle leggi del cosmo e di quelle dell'uomo . Nell'un caso come nell'altro non si tratta di leggi logiche . Necessità interna e genio, caso e accidente, ciclo ed 2 .5 0

acme guidano questo processo insieme cosmico ed umano . La luce della ragione non è assente, essa è un momento di questa evoluzione . Nelle scienze come nelle arti un istante di coscienza permette di renderei conto , all'acme , del terreno conquistato . Tutta una parte importante delle Pensées sur l'Interpréta­ tion de la Nature è dedicata a questo aspetto del problema . Dal punto di vista metodologico questa presa di coscienza gli si raffigura come un passaggio dali'« osservazione » alla « esperienza » . « Tant que les expériences sont éparses , iso­ lées , sans liaison, irréductibles , il est démontré, par l'irré­ duction meme, qu 'il en reste encore à faire » . 31 È questo l 'aspetto che più apparenta Diderot al pensiero di Bacone, che del resto, come si vedrà, riconobbero subito alcuni lettori contemporanei di questo opuscolo . Ma l 'origi­ nalità di Diderot è nell'aver dato una forma realmente illu­ minista a questa coscienza razionale delle scienze . La neces­ sità sociale dell'organizzazione per far progredire le scoperte, la polemica sempre indispensabile per togliere tutti gli osta­ coli esterni di fronte alla libera ricerca, sono argomenti cen­ trali del libro di Diderot . Era naturale perciò che esso appa­ risse ad un lettore contemporaneo come un insieme di « ré­ flexions sur l 'état actuel de la philosophie et sur les moyens de la perfectionner » .32 In questa luce bisogna intendere, ad esempio, la polemica contro Réaumur che si incontra nelle pagine dell'Interpré­ tation.33 Era questi, come scrive un suo recentissimo biografo , « un esprit encyclopédique en dehors de l 'Encyclopédie »34 e cioè uno scienziato , non illuminista. Cosi pure la descri­ zione delle difficoltà e degli ostacoli sociali che incontra il fi­ losofo sulla via verso la verità deve anch'essa esser riporta­ ta alle contingenze del momento, anche per l 'aspetto anti­ religioso che assume tale idea sotto la penna di Diderot.35 Più tipica ancora, più rivelatrice l'ostilità dichiarata contro l 'oscurità del linguaggio di certi filosofi, come Newton e Stahl , che pure, nel loro contenuto, erano molto vicini alla sua mentalità.36 Persino qualche metafora impiegata da Bacone gli sembrò un affronto fatto a coloro che volevano stu­ diarlo . La Salle, nella prefazione della sua traduzione delle

opere di Bacone, pubblicata l'anno VIII della Repubblica, ricordava ancora come un passo aveva « allumé la bile de " Diderot », a causa della sua « obscurité un peu affectée » . C'è infatti, in tutto lo scritto che veniamo esaminando, una proclamata volontà di rendere popolare la scienza, di metterla alla portata di tutti, che non è uno degli aspetti meno inte­ ressanti, in questo periodo , del pensiero di Diderot . Hatons-nous de rendre la philosophie populaire. Si nous voulons que les philosophes marchent en avant, approchons le peuple du point où en sont les philosophes. Diront-ils qu'il est des ouvrages qu'on ne mettra jamais à la portée du commun des esprits ? S'ils le disent, il montreront seulement qu'ils ignorent ce que peuvent la bonne méthode et la longue habitude.38

Polemica illuminista che combatte per una scienza non solo chiara, ma utile. L'idea dei limiti che la società pone ad ogni ciclo di conoscenze si fonde con l'antisistematicismo ti­ picamente settecentesco per fare di Diderot il banditore di una conoscenza utile al « bonheur » degli uomini .39 Lorsque je trouve les hommes incertains sur les premiers principes de la médecine et de l'agricolture, sur les propriétés des substances les plus communes, sur la connaissance des maladies dont il sont affligés, sur la taille des arbres, sur la forme de la charrue, la terre ne me parait habitée que d'hier. Et si les hommes étaient sages, ils se livreraient enfin à des recherches relatives à leur bien-etre 40 . . .

La portata immediata delle Pensées sur l'Interprétation de la Nature si trova, cosl, in quell'invito a rafforzare le energie nuove, in quell'esaltazione della « ligue philosophique » .41 In essa tutte le energie dovranno essere impiegate, tanto dei filosofi quanto di coloro che si dedicano a minute ricerche . L'intéret de la vérité demanderait que ceux qui réfléchissent daignas­ sent enfin s 'associer à ceux qui se remuent, afin que le spéculatif ft'ìt dispensé de se donner du mouvemen t ; que le manoeuvre eu t un but dans les mouvements infinis qu'il se donne ; que tous nos efforts se trouvassent enfin réunis et dirigés en meme temps contre la rési­ stence de la nature.42

In tal senso quest'opera di Diderot è il vero manifesto 252

delle forze enciclopedistiche . Diderot vi esprime alcune delle idee centrali di tutta l 'impresa, giunta ormai, quando scri­ veva, al terzo volume e che attraverso sempre rinnovati inci­ denti e ostacoli, andrà acquistando una sempre maggiore importanza. Le annotazioni polemiche di cui è cosparsa l'Interprétation permettono di precisare alcuni punti sostanziali di questo scritto . Je laisserai - come scrive egli stesso - les pensées se succéder sous ma piume dans l'ordre meme selon lequel les objets se sont offerts à ma réflexion, parce qu'elles n 'en représenteront que mieux les mou­ vements et la marche de mon esprit.43

E, per cominciare, con il dibattito con Maupertuis

44

tor­ niamo al dialogo fondamentale della natura e della religione . Sotto il nome di « Dottor Baumann » , Maupertuis aveva pubblicato una dissertazione sugli esseri viventi .45 Dopo aver criticato la concezione cartesiana della materia come esten­ sione e movimento, dopo aver polemizzato con i filosofi mo­ derni che andavano aggiungendo sempre nuove facoltà alla materia, sperando cosl di renderla adatta alla spiegazione dei più vari fenomeni, egli si arresta di fronte a certi fatti essen­ ziali , quali quello della vita, per far vedere quanto le facoltà fino ad allora elencate siano insufficienti . Come dice Diderot, riassumendo il pensiero di Maupertuis : L'impossibilité d'expliquer la formation d 'une piante ou d'un anima! avec les attractions, et l 'inertie, la mobilité, l'impénétrabilité , le mouvement, la matière ou l'étendue, a conduit le philosophe Baumann à supposer encore d'autres propriétés à la nature.46

Tanto Diderot quanto Maupertuis partono dunque dalla vita organizzata come dal punto centrale delle loro conce­ zioni cosmologiche . Fatto questo tipico del nuovo aspetto che stava allora assumendo il materialismo, che sempre più cessava di essere meccanicistico per diventare vitalistico . Maupertuis, dopo aver scartato altre ipotesi che egli vedeva sorgere intorno a sé, finiva per ammettere che l 'unica solu­ zione consisteva nell'attribuire alla materia (o più precisa253

mente alle particelle in cui essa si suddivide) il desiderio, l 'avversione, la memoria . Costruisce su questa ipotesi tutto un sistema per spiegare la riproduzione , e le altre essenziali leggi della vita . Ecco, ad esempio, l 'origine delle cose: Les parties les moins actives d e l a matière auront formé I è s métaux et les marbres ; les plus actives les animaux et l'homme. Toute la différence qui est entre ces productions, est que les unes se conti­ nuent par la fluidité cles matières où se trouvent leurs éléments, et que l'endurcissement cles matières où se trouvent les éléments cles autres ne leur permet plus de productions nouvelles . . . Mais il ne serait pas impossible si notte terre se trouvait . . . après un déluge, un incendie, que de nouvelles unions d'éléments , de nouveaux ani­ maux, de nouvelles plantes , ou plutot cles choses toutes nouvelles , se produisissent .47

Diderot coglie in una tale concezione innanzitutto l 'ele­ mento polemico, l 'aspetto antireligioso, e questo cerca di met­ tere in piena luce . Apparentemente egli vuoi far credere di essere scandalizzato delle conseguenze atee che si potevano trarre dallo scritto di Maupertuis . Naturalmente non riesce ad altro risultato che ad accentuare quello che prima era un poco nascosto sotto prudenti sottomissioni alla Chiesa e alla Bibbia . Nessuno, tra i contemporanei , si fece delle illusio­ ni sul senso delle parole scandalizzate, neppure Maupertuis stesso , che nella sua controrisposta scrisse : Si l 'on était moins persuadé de la religion de l 'auteur dc l'Interpré­ tation de la Nature, on pourrait soupçonner que son dessein n 'est pas tant de détruire l 'hypothèse, que d'en tirer ces conséquences qu'il appelle terribles. 4B

Dava cosi anche lui prova di saper adoperare quello stile sornione e apparentemente ipocrita, che Diderot aveva usato contro di lui . Quanto a Grimm, egli è anche più esplicito :

M. Diderot, avec l a sagacité que lui est ordinaire, surtout quand il s 'agit de pénétrer les mystères de la sublime métaphysique, s 'était aperçu qu'on n 'avait pas tiré de cette thèse tout le parti possible ; mais comme il faut traiter ces matières avec une drconspection extreme il prit adroitement le parti de réfuter le prétendu Dr. Baumann , sous prétexte cles dangereuses conséquences de cette opinion, mais en effet pour la pousser aussi loin qu'elle pouvait aller.49

2 54

Di fronte a Maupertuis Diderot riprende dunque quel­ l 'opera che già aveva compiuto rispetto al sensismo di Locke : affermarne l 'elemento eterodosso, renderne chiaro l 'aspetto inaccettabile per la tradizione, far risaltare l 'elemento pratico e polemico contenuto in una filosofia. Per questo egli non si limita ad accentuarne l'aspetto negativo, ma allarga la visio­ ne di Maupertuis , dà ad essa un aspetto cosmico che essa prima non aveva , fa un mito di quello che prima non era che un'ipotesi . Estende l 'idea dell'animale concepito come unione di un certo numero di particelle di per se stesse ca­ paci di sensazione, all'universo intero , che diventa così « semblable à un grand animai » ed ha perciò « une ame . . . Cette ame du monde, je n e dis pas est, mais peut etre Dieu » .50 Non è questa una conseguenza logica tratta a freddo da una ipotesi, è rivelare invece l'aspetto più profondo di tanto vi­ talismo settecentesco . Così quando discute delle facoltà che Maupertuis attribuiva alla materia, desiderio, memoria e av­ versione, Diderot traduce queste parole con altre meno ra­ zionali, ma più piene di significato, specialmente se si tiene presente tutta l 'importanza da lui attribuita alle facoltà del genio e dei suoi rapporti con la vita più profonda della natura . Il fallait se contenter de supposer [ nelle molecole organiche ] une sensibilité mille fois moindre que celle que le Tout-Puissant a accordée au>: animaux les plus voisins de la matière morte. . . il n'y aurait eu pour une molécule organique quelconque qu'une situation la plus commode de toutes, qu'elle aurait sans cesse cherchée par une inquié­ tude automate , camme il arrivc aux animaux de s 'agiter pendant le sommeil, lorsque l 'usage de presque toutes leurs facultés est suspendu , jusqu 'à ce que ils aien t trouvé la disposition la plus convenable au repos .5 1

Un animale si sarebbe dovuto definire : Un système de différentes molécules organiques qui , par l 'impulsion d 'une sensation semblable à un toucher obtus et sourd que celui qui a créé la matière en général leur a donnée, se sont combinées jusqu'à ce que chacune ait rencontré la piace la plus convenable à sa :figure et à son repos.52

In un'edizione generale delle sue opere, pubblicata a Lio2 .5 .5

ne nel 1 75 6 ,53 Maupertuis rispose a queste critiche . Diderot aveva posto un dilemma : o il mondo è un tutto o non lo è , nella seconda ipotesi è impossibile ragionare e intenderei dato il presupposto unitario di ogni concezione filosofica, nella prima ipotesi non si può far a meno di trarre dalle pre­ messe di Maupertuis una visione generale della natura come di un assieme animato . Maupertuis muove a un tale dilemma delle obiezioni logiche : il tutto invocato da Diderot non è fissato nel suo significato ed è qualche cosa di diverso nella prima e nella seconda parte del ragionamento . Il che non è del tutto inesatto : già abbiamo ricordato il complesso signi­ ficato che Diderot attribuiva a questa unità della natura . D'altra parte, aggiunge Maupertuis, l 'estensione al creato delle idee sugli animali si fonda su un ragionamento d'ana­ logia sempre pericoloso, per non dir peggio, nelle scienze . Osservazioni come si vede esatte, e che mettono bene in luce il diverso piano su cui si muovevano i due scrittori . Maupertuis credeva di poter limitare le sue concezioni alla scienza, Diderot metteva invece in piena luce il carattere mitico e filosofico di tanta speculazione settecentesca sulla natura, forma ancora immaginosa di una visione vitalistica e non meccanica dell'uomo e del mondo , involucro sotto il quale si cercava di assimilare il ritmo della natura allo svol­ gersi dello spirito umano, tentativo di contrapporre tutto un mondo alla concezione tradizionale della religione . Nello stesso senso dev'essere intesa e capita la curiosità e l 'ammirazione di Diderot per le idee di Buffon . Nelle Pensées sur l'Interprétation de la Nature lo discute, lo difen­ de dai suoi avversari, come ad esempio dall'abate Lelarge de Lignac, autore delle Lettres à un Amériquain. Buffon era uscito da non molto tempo da una discussione con la Sor­ bona su questioni riguardanti la fede , e certo questo dovet­ te spingere Diderot a mettersi dalla sua parte . L'Enciclopedia era del resto stata apertamente lodata da Buffon 54 che , per l'importanza stessa delle cariche che ricopriva e per la fama che si era già allora conquistata, dovette certo parere a Dide­ rot un patrono importante per la sempre minacciata sua im­ presa. Ma queste ragioni immediate non bastano a spiegare

tutta l 'importanza che Buffon ha nelle Pensées sur l'Interp ré­

tation de la Nature.

Sappiamo, da una lettera che Diderot scrisse una volta uscito dal castello di Vincennes , che le idee de l'Histoire naturelle furono allora oggetto di studio da parte sua e che anzi egli scrisse là delle note che pare avesse l 'intenzione di mandare a Buffon .55 Disgraziatamente non possediamo questo scritto e siamo costretti a ricostruire le ragioni di simpatia ideale tra i due scrittori dall'assieme delle conce­ zioni loro . Ritroviamo infatti in Buffon quella polemica che abbiamo notato nelle Pensées sur l'Interprétation de la Na­ ture contro Réaumur e gli altri naturalisti che, come quest'ul­ timo, limitavano le ambizioni della scienza .56 Le idee sulla matematica, combattuta come una convenzione e considerata come una creazione della sensazione umana, sono comuni ai due scrittori .57 Perfino nelle idee sul metodo Buffon scrisse alcune pagine che è utile avvicinare a quelle di Diderot : Il faut aussi voir presque sans dessein, parce que si vous avez résolu de ne considérer les choses que dans une certaine vue , dans un certain ordre, dans un certain système, eussiez-vous pris le meilleur chemin , vous n'arriverez jamais à la meme étendue de connaissances à laquelle vous pourrez prétendre si vous laissez dans les commencements votre esprit marcher de lui-meme, se reconnattre, s 'assurer sans secours, et former seui la première chatne qui représente l 'ordre de ses idées .58

Ma quello che più avvicina Buffon a Diderot è una co­ mune forma leibniziana nel concepire la catena delle cose . Lo scienziato, è scritto nell'Histoire naturelle, se mettant à la tete de tous les etres créés, verra avec étonnement qu 'on peut descendre par cles degrés presque insensibles de la créa­ ture la plus parfaite jusqu 'à la matière la plus informe, de l 'animai le mieux organisé jusqu 'au minéral le plus brut; il reconnattra que ces nuances imperceptibles sont le grand oeuvre de la nature ; il les trouvera, ces nuances, non seulement dans les grandeurs et dans les formes, mais dans les mouvements, dans les générations , dans les successions de toute espèce.59

Questa comunità d'idee tra Buffon e Diderot è importan­ te storicamente perché ci permette di definire, attraverso le polemiche dell'epoca, e attraverso una più attenta con257

sidera2Ji.one del « trasformismoo> dell'uno e dell 'altro , il nocciolo stesso del pensiero di Diderot . Quando apparve l'Histoire naturelle gran parte degli scien.ziati dell'epoca gli fu ostile, o almeno espresse delle critiche sostanziali contro di lui .(>O E questo non tanto per gli errori materiali che essi poterono trovare nelle sue pa­ gine, né tantomeno per i dubbi che vennero gettati sulla competenza scientifica sua, quanto perché egli rappresentava una concezione nuova della scienza stessa. Concezione tipica di un'epoca in cui la scienza credeva di avere in sé la forza sufficiente per assorbire moltissimi, se non tutti i problemi della filosofia, della religione, della storia, scienza che voleva essere totale, enciclopedica , che stava prendendo coscienza insieme della sua importanza nella vita sociale e della sua funzione essenzialmente pratica, trasformatrice del mondo degli uomini e della natura. Cosl Buffon inizia l 'opera sua con un quadro d'assieme sulle leggi della materia, della na­ tura e della vita . Cosl egli cerca di tener conto , sia pure abbastanza superficialmente, nella sua classificazione degli animali, dei bisogni umani, dell'utilità che ogni specie ha per noi . Quel tanto di « filosofico » che ha l'Histoire natu­ relle, quella volontà dimostrata dall'autore di comprendere nella sua trattazione anche problemi non strettamente legati all'osservazione zoologica, ha permesso di scoprire in Buffon un precursore dell'evoluzionismo e perfino del darwinismo moderno . Certo egli combatte una concezione puramente statica delle diverse specie, ma ciò deriva da un bisogno fi­ losofico di origine leibniziana di continuità tra le varie forme della natura, deriva da una generale visione vitalistica del­ l'energia naturale, e non da una vera e propria ipotesi scien­ tifica . L'evoluzionismo non opera profondamente come guida di una ricerca, di un tentativo in una direzione nuova . Esso anzi non è che una specie di cornice generale che lascia fisso il contenuto tradizionale . Esso è una vera e propria filosofia della natura nel senso più superficiale di questa parola, cioè di una aggiunta a posteriori di alcune idee generiche ad una serie di fatti . Dopo la storia, la filosofia della natura . Se rileggiamo oggi la critica che Laimoignon de Malesher­ bes scrisse contro i primi volumi di Buffon, critica che venne

pubblicata soltanto nel 1 7 9 8 ,6 1 ci renderemo facilmente conto dell'importanza e della natura del conflitto che metteva alle prese Buffon con gran parte degli scienziati dell'epoca sua . La difesa della fissità delle specie su un terreno strettamen­ te sperimentale fatta da Malesherbes è piena di insegna­ menti anche per capire Diderot . Buffon dit qu'on descend par degrés insensibles de la créature la plus parfaite, iusqu'à la matière la plus informe. Et il infère de là que toutes !es divisions que !es naturalistes voudront admettre sont des divisions factices et de pure convention . Je lui réponds que, malgré son principe, !es productions de la nature sont partagées en espèces, et que !es bornes de chaque e spèce sont certaines et constantes . . . Je n 'ai point à prouver à M. de Buffon, quant à présent, la réalité de cet ordre que la nature semble observer dans toutes ses productions . . . Les naturalistes de la plus haute réputation l 'ont soutenu jusqu'à présent; M. de Buffon seul entreprend de le nier, et il ne se fonde que sur des raisonnements de pure métaphysique. Il me suffit de prouver que sa métaphysique n'a ici aucune application.62

Riaccosta l 'origine psicologica delle idee di Buffon a quel­ l'antica fantasia che creò le sirene ed i centauri . En effet, il est impossible de prouver par des raisonnements de métaphysique, ou meme de physique, que ces monstres ne peuvent pas exister. Ce n 'est qu'une suite d'observations constantes, ce n 'est que l 'étude de la nature qui a appris qu'elle se refusait entièrement à. ces productions bizarres, et c'est la meme connaissance de la nature qui détruit !es principes qu'avance ici M. de Buffon.63

Malesherbes conosce l 'interesse molto vivo che la filosofia della natura suscita intorno a lui, sente quale alimento le idee di Buffon danno a questa tendenza , e prende contro questo movimento la difesa di una scienza minuta e precisa , di una scienza classificatoria e puramente sperimentale : egli parla in nome dei più noti naturalisti francesi del momento e vuoi combattere l 'aspetto non professionale, per cosi dire, delle curiosità suscitate dalla natura . Combatte la concezio­ ne che « les gens du monde, les métaphysiciens , et ce qu 'on appelle les beaux-esprits , se son faite de la science des naturalistes » .63

2 59

Ces spéculatifs oisifs - dice - ne regardent les Gessner, les Bellon, les Tournefort que comme des philosophes subalternes doués par la

nature d'un degré de force et d'activité d'esprit suffisant pour sup­ porter de grandes fatigues, mais dont tout le mérite se réduit à ces talents naturels, et tout au plus à une mémoire heureuse ; en sorte que si leurs observations peuvent jamais etre utiles , elles ne fructifie­ ront qu'entre les mains de quelque génie supérieur, de quelque profond métaphysicien, qui , sans sortir de son cabinet, apercevra d'un coup d'oeil les rapports cachés qui ont échappé aux lumières bornées cles observateurs, leur apprendra ce qu'il auraient diì voir, et leur fera sentir Ìt eux-memes le prix de leurs découvertes .65

Parole che si addicono anche meglio a Diderot che non a Buffon, e che sono una risposta alle idee espresse, più chia­ ramente che altrove, nelle Pensées sur l'Interp rétation de la Nature. La difesa della fissità delle specie è qui la difesa di tutta una concezione della scienza limitata ad un compito spe­ cifico di osservazione e di classificazione . E non c'è dubbio che in quel momento , nel mezzo del secolo XVIII , risponde­ vano molto meglio ai bisogni della scienza le classificazioni di Linneo (che pure, ad esempio, Diderot e Buffon critica­ vano) e di altri naturalisti del suo genere che non le visioni generali dei filosofi della natura . La schematizzazione che le più rigorose definizioni dei vari generi e specie portavano nel­ la storia naturale era allora un progresso . Malesherbes non manca di buone ragioni per difendere la minuta e paziente ricerca di fronte alla generalizzazione dei « beaux-esprits » . M a quello che egli non vede è che l a filosofia d a lui com­ battuta, spezzando i limiti religiosi e chiesastici che la cir­ condavano, allargando gli orizzonti e le speranze, perfino cercando di riempire con l'immaginazione quei vasti campi che essa scorgeva, ma non era in grado di coltivare, tale filo­ sofia faceva opera importante e fruttifera per il futuro . Da Malesherbes dobbiamo comunque accogliere l'idea che il « tra­ sformismo » settecentesco era in gran parte fuori del campo delle teorie naturalistiche. Per quanto riguarda Diderot dobbiamo concludere che le sue idee nulla hanno in comune con le ipotesi di Lamarck e di Darwin . Erano queste ipotesi scientifiche, suscitatrici di ricerche e di studi. Si tratterà dunque di mezzi per interpre260

tare fenomeni sconosciuti al Settecento . Quando il darwini­ smo ebbe, alla fine del secolo scorso, un grande successo e un grande sviluppo, si cercarono dei predecessori e, come ci si poteva aspettare , si trovarono . Diderot e molti altri suoi contemporanei furono studiati e considerati come anteceden­ ti delle teorie moderne sull'origine delle specie . Ma alcuni tra i più seri studiosi del darwinismo dovettero accorgersi quanto generici fossero simili paragoni . Così Thomas Huxley , parlando di Buffon, scrisse che da principio questo naturali­ sta « fu partigiano dell'assoluta immobilità delle specie e poi sembra aver pensato che gruppi più o meno grandi di specie erano stati prodotti da modificazioni di un tipo pri­ mitivo, ma ciò non contribuì in nulla alla dottrina generale dell'evoluzione » .65 Eppure Buffon tra tanti « trasformisti » dell'epoca è quello che più direttamente si occupò di storia naturale . E il più recente e completo storico di Lamarck66 ha riconosciuto anch'egli la profonda differenza che sta tra le idee delle diverse filosofie della natura e gli esperimenti ed osservazioni originali e nuovi fatti dal grande scienziato che pure, tra i trasformisti , è certo il più vicino allo spirito del Settecento . Diderot è l 'esempio tipico di quanto vogliamo dire : la sua concezione della natura .è una forma immaginosa, mitica, di una visione generale del mondo, di un originale modo di in­ terpretare lo spirito umano , è una prima forma di nuove cate­ gorie del pensiero e non di classificazioni di piante, animali o minerali . Il suo « trasformismo �> si ricollega al risorgere , in Fran­ cia e in Germania, delle grandi filosofie della natura, che , attraverso la polemica contro le concezioni dualistiche di ori­ gine religiosa, tanto contribuirono a creare il clima in cui nacque la filosofia moderna. Esse sono colme di germi di pensiero nuovo , portano spesso in loro stesse, attraverso tutte le stranezze e le bizzarrie superficiali, dei semi di originali con­ cezioni sull'uomo, sulla società, sui valori creativi dell'atti­ vità pratica. È una delle intenzioni essenziali del presente studio su Diderot cercare di mettere in luce il modo attra­ verso il quale, nella sua mente, le prime sue ottimistiche visioni della natura, ereditate da Shaftesbury, cominciano a

trasformarsi in coscienza del valore assoluto della creatività dell'uomo . Come capire le sue idee sul genio senza la Lettre sur les Aveugles? Come intendere i limiti e la forza della sua concezione organica del progresso e dei cicli attraverso i quali passano tutte le attività umane, senza il suo « trasfor­ mismo » ? Ma come non considerare come pura fantasia la sua concezione della natura, se non si tiene presente il pen­ siero filosofico che essa conteneva in germe ? Alla fine dell'anno 1 7 5 3 era uscita una prima edizione dell'opera che siamo venuti esaminando col titolo De l'Inter­ prétation de la Nature. Essa conteneva soltanto circa la metà delle pagine dell'edizione definitiva . Diderot aggiunse quasi un centinaio di pagine, modificò il titolo e ne rifece fare una stampa conservando in gran parte le forme che erano ser­ vite alla prima tiratura . Malgrado i tentativi fatti ci è stato impossibile rintracciare uno dei pochissimi esemplari che 68 ancora esistono dell'edizione del 1 7 5 3 . La versione definitiva dovette uscire negli ultimi giorni di dicembre o nei primi giorni di gennaio . Difatti già nel numero del 23 gennaio 1 7 5 4 le « Annonces , affiches e t avis divers » annunciavano che « Pissot, libraire à Paris quai cles Augustins » aveva « reçu cles exemplaires du livre intitulé Pensées sur l'Interprétation de la Nature » .69 Aggiungeva che esso era attribuito ad uno « cles principaux auteurs du Dictionnaire encyclopédique » . I l giornale ne lodava le « vues fines et profondes , les idées ingénieuses et nouvelles », pur rimproverando l'eccesso di « métaphysique et de choses abstraites » . Il numero di gen­ naio del « Mercure de France » aveva anch'esso una nota in elogio del libro : 70 « cette nouvelle production est camme toutes les autres de M . Diderot, remplie de vues , de feu, de philosophie et de génie » . Anzi il « Mercure » trascriveva alcune delle Pensées per i propri lettori. Cosl anche i gior­ nali più ufficiali riconoscevano la posizione importante che Diderot si era conquistata . L'attacco, questa volta, venne da Fréron che proprio allo­ ra cominciava l'« Année littéraire » . Non che discuta molto le idee esposte nel libro, il suo attacco è diretto contro l'im­ portanza sociale che i « philosophes » erano venuti assu-

mendo . Il veleno del suo argomento sta tutto nella sua po­ lemica contro la « ligue offensive et défensive » 71 dei filosofi . È i l manifesto dei nuovi principi che egli combatte innanzi tutto in queste Pensées : L'étude de la philosophie - scrive - commence parmi nous à pré­ valoir sur la belle littérature, le plus mince écrivain veut passer pour philosophe, c'est la maladie, ou , pour mieux dire, la folie du jour.7 1

Le parole di Fréron non sono inutili per chi voglia inten­ dere come Diderot si stacchi dal mondo puramente letterario e quanto più profondi siano il suo lavoro e la sua azione . Quella « ligue offensive et défensive » di cui Fréron si lamentava era in lui il segno di una diversa atmosfera e un aspetto di quella coscienza che veniva formandosi dell'impor­ tanza sociale e politica della nuova filosofia . La personalità di Diderot resta oscura per il critico : Je ne crois pas que l 'auteur cles Pensées sur l'Interprétation de la Nature fasse fortune chez nos neveux. Ce n'est pas qu'il n 'ait beau­ coup d'esprit, un génie meme éminent, si l'on veut, et cles connaissan­ ces infinies et profondes . Comment se peut-il qu'avec tout cela on fasse cles livres médiocres? Tout ce que j 'ai lu de cet écrivain est marqué, en général, au coin d 'une imagination raffinée, qu'une atmo­ sphère très subtile environne souvent . C 'est un etre purement in­ tellectuel, et je lui conseille de l 'etre toujours , car quand il a voulu

se rendre sensible et palpable, si j 'ose parler ainsi, c'est à dire , quand il a fait cles ouvrages agréables, tels que cles romans, on a trouvé que ce sylphe devenait gnome.73

L'ironia e il richiamo ai Bijoux indiscrets sono evidente­ mente abbastanza maligni e tuttavia , attraverso la voluta e satirica incomprensione, c'è pure un certo giudizio su Di­ derot. Quel materializzarsi del suo stile, quell'appesantirsi delle sue parole, in mezzo ai più rapidi giuochi dell'immagi­ nazione , è stato varie volte constatato . Ciò che Fréron non ve­ de, come tanti altri critici non hanno visto dopo, è che que­ sto carattere del suo stile non è che un aspetto di tutta la per­ sonalità di Diderot, sempre disposto e pronto a realizzare, a render concreti ed immediati anche quelli che potevano pa­ rere i più lontani e sregolati voli della fantasia. Da silfide a gnomo, con tutti gli aspetti grotteschi e satirici che questa

trasformazione comporta: Diderot è sempre pronto a que­ sta metamorfosi, che non è una delle meno curiose e meno interessanti antinomie del suo spirito . Assai generiche e in­ concludenti sono invece le affermazioni di Fréron circa la oscurità delle Pensées sur l'Interp rétation de la Nature. Molti ripeterono allora questa accusa e dissero in vari modi che « l'auteur est peut-ètre un grand génie, mais cet astre est toujours couvert cles nuages d'une métaphysique impéne­ trable » . È proprio l'aspetto filosofico del libro di Diderot che si vuole cosl colpire, ed è logico perciò che Fréron di­ fenda la concezione più ristretta e più empirica dello studio della natura, di fronte alle idee generali di Diderot . Questo articolo di Fréron accese intorno al libro di Di­ derot una animata polemica . Grimm,74 ad esempio , fu scan­ dalizzato quando l'abate Trublet, pubblicando, nel medesimo anno 1754, un'edizione di quell'Essai sur la formation des corps organisés di Maupertuis 75 che Diderot aveva discusso nel suo libro, vi aggiunse una prefazione dove Diderot e Fréron parevano esser messi sullo stesso piano . Anzi Trublet faceva notare come Fréron fosse stato il primo a parlare dell'opera del supposto dott . Baumann : « Depuis , M. Di­ derot aussi a parlé de cette thèse . . » ,76 diceva, e prometteva anzi, da parte di Maupertuis , una discussione delle Pensées sur l'Interprétation de la Nature, che poi infatti , come si è visto, fu pubblicata a Lione due anni dopo . L'abate Trublet , nelle brevi sue pagine aveva il merito di mettere bene in luce quella che era l'intima differenza tra le idee di Buffon e quelle di Maupertuis , differenza che spiega anche l'interesse che Diderot dimostrò per il pensiero di quest'ultimo . .

Il [ Maupertuis ] donne l'instinct à chaque partie la plus petite de la matière, et forme tout avec cela, sans cette distinction de Buffon entre matière brute et matière organisée.77

Diderot, non aveva fatto, nella sua Interprétation che svi­ luppare l 'aspetto filosofico contenuto in quest 'idea della vi­ talità cosmica. Uno scrittore del gruppo enciclopedico, Deleyre, si incaricò di polemizzare direttamente con Fréron. Delle ragioni perso­ nali di concorrenza giornalistica possono averlo spinto a seri-

vere la sua « Révue des feuilles de M. Fréron » /8 ma quello che ci interessa è la sua interpretazione del pensiero di Di­ derot e il valore che ad esso attribuisce . Deleyre che, pro­ prio in quel tempo, pubblicava una Analyse de la philosophie du Chancelier Bacon,79 faceva notare il lungo studio del filo­ sofo inglese che si rivelava nelle pagine di Diderot : Son but - dice - n 'a été que de donner un nouveau jour aux idées vastes du fameux chancellier Bacon, et de !es rapprocher des expé­ riences qui ont été faites depuis ce restaurateur des sciences.80

E difatti quello che maggiormente impressiona Deleyre è l'aspetto sperimentale della filosofia predicata da Diderot, è la polemica contro i sistemi e lo spirito geometrico . Giusta­ mente nota come tale atteggiamento n 'est pas ici un mot échappé au hasard; c'est un système réfléchi qu'on retrouve dans tous les ouvrages de cette société littéraire et savante [.J 'Enciclopedia ] . On l'a lu dans l 'Histoire naturelle, on le lit dans la préface de l 'Encyclopédie, on le voit dans les Pensées rur l'Interprétation de la Nature. Une philosophie si sublime honore notre siècle, et devrait exciter en nous plus que de l'admiration.8 1

Deleyre insomma vede essenzialmente nell'opuscolo di Diderot il manifesto della nuova corrente di pensiero . Ra­ ramente cerca di penetrare gli aspetti più originali dell'Inter­ prétation. Sottolinea tuttavia ad esempio, il legame tra la concezione della scienza, quale Diderot l 'aveva esposta, e le idee sulle arti umane che si trovano nell'Enciclopedia . Per i « progrès rapides de l'art expérimental », scrive, è neces­ saria una stretta unione di tutti gli sforzi : De qui pourrait-on attendre cette invitation si ce n 'est d'un phi­ losophe zélé qui a suivi tous !es ateliers et après une attention réfléchie, a saisi dans les opérations, et jusque dans l'ame des artistes , des se­ crets qu'ils ignoraient eux-memes, et dont il enrichit le Dictionnaire Encyclopédique, ou, pour mieux dire, l'univers ? Est-il quelqu'un qui puisse mieux sentir l 'importance de ce commerce, en dresser le pian et presser l'exécution, que celui qui l'a déjà tenté si heureusement ? 82

en

Queste lodi e questa difesa di Diderot furono riprese te­ stualmente nel primo numero del « Journal Encyclopédique » ,

apparso nel gennaio 1756 .83 Pierre Rousseau che ne era il direttore prendeva così fin dall'inizio la difesa degli enci­ clopedisti e dimostrava in tal modo di voler fare della sua rivista il contrappeso dell'« Année littéraire » . Parlava molto di Bacone, in occasione del libro di Deleyre, e concludeva, parlando dell'Interprétation : Ne croirait-on pas , d'après l'idée que nous avons donnée de Ba­ con, entendre parler ce grand homme par la bouche de son premier disciple? Ainsi Platon rendait autrefois en mattre les idées de Socrate.83

Quando il « Journal encyclopédique » 84 ebbe delle diffi­ coltà con le autorità e col clero di Bruxelles , dove si stam­ pava nel 175 9 , l 'opera di Diderot, così favorevolmente re­ censita, fu ancora uno dei punti di discussione e di scandalo più vivi . Le Pensées sur l'Interprétation de la Nature conti­ nuarono la loro funzione di libro in cui i principi animatori dell'Enciclopedia erano rassunti . Perciò la storia e la cro­ naca di quest'opera si confondono , in gran parte, con le lot­ te dell'Enciclopedia . Notiamo ancora, più a titolo di curiosità che per altro , le critiche che contro l'Interprétation diresse Tiphaigne de la Roche nel suo Essai sur la nature de l'ame pubblicato in­ sieme ad altri suoi scritti nel primo dei due volumi di Bigar­ rures philosophiques , apparsi ad Amsterdam nel 1759 .86 Vo­ lendo combattere l'idea già affacciata da Locke secondo cui Dio può aver attribuito il pensiero alla materia, questo strano scrittore prende a bersaglio l 'opera di Diderot, come quella dove le conseguenze del panvitalismo sono portate agli estremi . Notre philosophe ne voit-il pas qu'il tombe lui-m�me dans l'inconvé­ nient qu'il reproche au Dr. Baumann? Selon notre auteur, ne peut-on pas conjecturer que toutes les familles cles animaux, sans en excepter celle des hommes, ne procèdent que d'un animai unique, primitif et prototype, dont les générations se seront différemment modifìées dans le laps des temps, et auront produit toutes les espèces qui peuplent la terre? L'homme est clone comme les autres un descendant de ce prototype ; comme lui c'est un composé d'un nombre infìni de petits animaux, et son ame n 'est que le résultat de toutes les ames de ces animalcules réunies et combinées.87

Come si vede già un contemporaneo poteva scorgere tra le righe delle Pensées alcune di quelle conseguenze che, noi sappiamo, Diderot svilupperà nel suo Reve de d'Alembert. E Tiphaigne de la Roche può esserci utile anche da un altro punto di vista : è uno dei pochissimi uomini di quel tempo che riavvicinarono apertamente la nuova filosofia ai precur­ sori rinascimentali di essa. Nel suo Voyages aux Limbes pub­ blicato nel secondo volume delle già citate Bigarrures imma­ gina di incontrare Campanella e di mettere in bocca di que­ st'ultimo delle parole di soddisfazione per lo sviluppo che si era dato alle sue idee : L'ai-je bien prévu ? , me di t-il. Dès le temps que je vivais , les hommes commençaient à penser; ils ne pensaient pourtant pas encore assez pour embrasser la vérité que je leur montrais ; mais je crus voir clairement que cela ne tarderait pas : la philosophie perçait de toute part.88

Tutta la discussione è interessante, anche se troppo lunga per essere riportata, e in essa sentiamo riecheggiare quanto Campanella aveva detto de sensu rerum.

Conclusione o l'Isola di Lampedusa

Si j 'avais à créer une nation à la liberté, que ferais-je ? Je planterais au milieu d'elle une colonie d 'hommes libres, très libres, tels , par exemple que les Suisses, à qui je conserverais bien strictement ses privilèges et j 'abandonnerai le reste au temps et à l 'exemple . . . Peu à peu les femmes et les hommes de mon empire s 'engageraient dans cette colonie. Peu à peu , ce levain précieux changerait toute la masse, et son esprit deviendrait l'esprit général .l

Cosi scriveva Diderot nel I774 in un quaderno di appunti riempito di note per la sola Caterina, imperatrice della Rus­ sia. Questa ideale colonia esemplare Diderot cercò sempre di realizzare · nel mezzo della sua Parigi, e questo sogno prese volta a volta un corpo diverso , a seconda dei momenti e del­ le vicissitudini . Diderot ci pensava già quando, giovanissimo, a Parigi stava « isolé sur la surface de la terre, mmtre de son sort, libre de préjugés »/ fin da quando, nella sua vita di bohème, nulla ancora era fissato del suo destino . Andava al­ lora volentieri a teatro e sognava là di poter predicare come attore grandi virtù e grandi verità : J'étais chagrin, quand j 'allais au spectacle, et que je comparais l'utilité des théatres avec le peu de soin qu'on prend à former !es troupes. Alors je m 'écriais : « Ah, mes amis, si nous allions j amais à la Lampéduse fonder, loin de la terre, au milieu des flots de la mer, un petit peuple d'heureux ! Ces seront là nos prédicateurs ; et nous les choisirons, sans doute, selon l'importance de leur ministère. Tous !es peuples ont leurs sabbats et nous aurons aussi !es nòtres . Dans ces jours solennels, on représentera une belle tragédie, qui apprenne aux hommes à redouter !es passions , une bonne comédie qui les instruise de leurs devoirs, et qui leur en inspire le gout » .3

Alla luce di questo desiderio di un'isola abitata da uomini tolleranti e filosofi bisogna vedere i legami d'amicizia, di studio e di idee che si moltiplicano attorno alla persona di 268

Diderot. Toussaint lavora con lui e gli scritti dei due « phi­ losophes » hanno in questo periodo qualche cosa di comu­ ne, agiscono nello stesso senso, sollevano sentimenti simili , incitano a riforme simili . Condillac, Rousseau, Diderot, li vediamo , attraverso le Confessions, seduti allo stesso tavolo del Panier fleuri discutere : le loro opere di quel momento si integrano le une con le altre, il loro dialogo sulle lingue e sulle sensazioni è uno dei più vivi del Settecento . Quando si accende la lotta attorno alla musica francese e italiana , troviamo Grimm, Diderot, Rousseau , già anche d'Holbach , dalla stessa sponda della polemica , formare come un corpo in difesa di certe idee estetiche.4 Più tardi la casa di d'Hai­ bach perde il suo aspetto di semplice salotto per diventare la sede di discussioni e il centro di un gruppo di uomini animati dagli stessi ideali . L'Enciclopedia è, intorno a Di­ derot, il più grande, il più riuscito , il più importante di que­ sti tentativi di legare attorno ad un centro comune le mi­ gliori forze della sua generazione illuminista . L'Enciclope­ dia, che doveva essere e che fu all'inizio , una pura impresa commerciale, divenne, specialmente per opera di Diderot, la realizzazione, parziale naturalmente, come tutte le rea­ lizzazioni, di quel suo sogno di un gruppo di uomini liberi che, come un « levain précieux, changeraient toute la masse » . E l ' « esprit » dell'Enciclopedia doveva diventare, per lungo tempo, l'« esprit général de la France » . Malgrado tante parole, più o meno bene intenzionate, di critici contemporanei o moderni, i « philosophes » non furo­ no una setta, proprio perché la generosità e la larghezza con la quale predicarono le loro idee fa sl che non convenga loro quella designazione . Non furono un partito politico benché si possa seguire anno dopo anno la loro complessa politica tanto nei problemi interni della Francia quanto in quelli eu­ ropei . L'immagine dell 'isola di Lampedusa ci può servire meglio d 'ogni altra per intendere che cosa essi realmente furono . Se si hanno presenti tutte le speranze, le immaginazioni che si accumularono attorno all'idea di falanstero tra il finire del Settecento e il principio del secolo scorso, forse si intenderà la funzione insieme solitaria, isolata ed esemplare che i

« philosophes » si attribuirono . Uno dei primissimi che pre­ se il titolo di « écrivain communiste » ,5 uno scrittore ora com­ pletamente dimenticato, ma le cui idee piacquero a Restif de la Bretonne, e che, ancor oggi, riletto, non è del tutto privo di interesse, D 'Hupay, nel suo Généralif 6 in cui esponeva il piano di una « maison patriarcale et champètre », centro di vita armonica e felice, narrava di aver pensato con due o tre amici di andare a mettere in pratica il suo progetto di « communauté philosophe , comme Diderot voulait avec les siens aUer former un peuple heureux dans l'ile déserte de Lampéduse » .7 Come spiegare l'acutezza, la violenza dei conflitti , delle lotte che nacquero tra i « philosophes » ( tipici a questo ri­ guardo Rousseau e Diderot) se non con il significato simbo­ lico, esemplare, che essi vi attribuirono ? Tali conflitti non sono né semplicemente letterari , né puramente personali, e neppure veri e propri contrasti di idee tra filosofi diversi : l'interesse stesso che il pubblico vi portò , la passione con la quale gli attori recitarono le loro parti , tutto ci fa pensare ad una scena quale Diderot la voleva , a strumento cioè delle sue concezioni sociali , esempio di miglioramento e di libera­ zione dei costumi . Così pure deve essere interpretata la pretesa che si affac­ cia in tanti scritti illuministi , la pretesa cioè di scrivere solo per pochi , di parlare solt,anto per qualche uomo degno . Le pagine di Voltaire sono spesso ispirate ad un tale atteggia­ mento che anzi volta a volta prende una sfumatura diffe­ rente . Ritroviamo quest'idea anche nelle prime opere di Di­ derot che per esempio scrisse in testa alle sue Pensées philo­ sophiques, il motto « Quis leget haec? » seguito dalla spie­ gazione :

J 'écris de Dieu ; je compte sur peu de lecteurs , et n'aspire qu 'à quelques suffrages. Si ces pensées ne plaisent à personne, elles ne pourront etre quc mauvaises, mais je les tiens pour détestables si elles plaisent à tout le monde .8

E ancora nel 175 1 , ne1la Lettre sur les Sourds et Muets Diderot prende un simile atteggiamento dichiarando che il titolo della sua opera si applicava :

indistinctement au grand nombre de ceux qui parlent sans entendre, au petit nombre de ceux qui entendent sans parler, et au très petit nombre de ceux qui savent parler et entendre, quoique ma lettre ne soit guère qu'à l'usage de ces derniers.9

Eppure solo due anni dopo, come si è visto, proclamava la necessità di « rendre la philosophie populaire » . Queste cosi diverse affermazioni si completano più che non contraddirsi . Per Diderot non si tratta di disprezzo e superiorità letteraria come per Duclos , che aveva fatto precedere il suo roman­ zetto Acajott et Zirphile da una prefazioncella rimasta famosa per il disdegno verso il pubblico che vi si esprimeva. Il « Quis leget haec? » è una rivendicazione dell'estrema liber­ tà e spregiudicatezza interna del gruppo esemplare di filo­ sofi, la volontà di « rendre la philosophie populaire » è la di­ chiarazione della funzione che Diderot attribuiva a sé c agli amici suoi . Abbiamo cercato, nelle pagine di questo studio, di trac­ ciare le idee proprie, originali che Diderot portava ad una tale « communauté philosophe » ideale e reale insieme . Nelle Pensées sur l'I11terprétation de la Nature abbiamo visto la conclusione di tutto lo sforzo dei suoi primi anni di scrit­ tore . Di fronte ai problemi essenziali che lo avevano atti­ rato fin da quando si era messo a tradurre Shaftesbury egli aveva concluso per il momento con un doppio atteggia­ mento. Riflettendo sulle scienze e sulle arti del suo tempo diceva : Quand je tourne mes regards sur !es travaux des hommes et je vois des villes baties de toutes parts , tous !es éléments employés, !es langues fixées , des peuples policés , des ports construits , des mers traversées, la terre et !es cieux mesurés, le monde me parah bicn vieux.10

Quello che Diderot chiamava qui vecchiaia era la coscien­ za che, in quei cicli della natura che egli aveva visto negli esseri viventi come nei prodotti dello sforzo umano , si era allora giunti ad uno di quei momenti di massimo sviluppo , ad uno di quei punti supremi di ogni rivolgimento. Eppure un altro sentimento si mescola in lui, completando questa 271

visione di perfezione già :fissa. Il sentimento della giovinezza del mondo, delle immense possibilità pratiche, utili che si aprono in faccia all'uomo . La visione entusiastica, intuitiva di tutto quello che resta da fare lo induceva a pensare che « le monde n'est habité que de hier » . 11 Il suo appello alla gioventù (« Jeune homme, prends et lis » 12 sono le parole iniziali della sua Interprétation) non ha cosi nulla di retorico , esso è la conclusione di tutti i suoi pensieri . Aveva esaltato le passioni per quello che esse hanno di vigoroso e di gio­ vane, aveva fatto appello all'entusiasmo, ora questo richia­ mo torna più completo, più cosciente . Già nelle Pensées philosophiques le passioni che egli invocava erano le pas­ sioni capaci di dare nuova vita agli ideali illuministi . Nelle Pensées sur l'Interprétation de la Nature un tale entusiasmo torna come la punta estrema, come la conclusione pratica di una visione completa e :filosofica di tutto lo sforzo della na­ tura e dell'uomo. Nell'articolo Encyclopédie, una delle cose migliori uscite dalla penna di Diderot , si può vedere come la sua conce­ zione generale abbia ispirato il suo lavoro nella grande impresa . On ne sait - scrive - jusqu'où l'espèce humaine irait , ce dont elle serait capable, si elle n 'était point arretée dans ses progrès . Mais les révolutions sont nécessaires ; il y en a toujours eu, et il y en aura toujours ; le plus grand intervalle d'une révolution à une autre est donné : cette seule cause borne nos travaux. Il y a dans les sciences un point au delà duquel il ne leur est presque pas accordé de passer .13

Quei cicli naturali delle scienze su cui si era modellato , più o meno consciamente, tutto il pensiero dell'In terpréta­ tion de la Nature trovano qui, probabilmente sotto l'influen­ za del pensiero di Boulanger, un nome : « les révolutions » . Esse s i schematizzano cosi un poco , acquistando però una denominazione consona a tutto il significato cosmico che Diderot ad esse attribuiva . Come i cicli, anche les « révolutions » naturali non sono logicamente perfette o chiuse, anche in esse, in quel mo­ mento che è il loro culmine o perfezione, la via verso una nuova concezione si allarga . È questo che permette a Diderot

di collegare all'idea delle « révolutions » l'idea del progres­ so. L'uomo che lavora ad una scienza e la porta in un dato momento al massimo di perfezione che le condizioni sociali e generali permettono, si ricollega idealmente a quell'altro uo­ mo che al sommo di un altro ciclo continuerà il suo lavoro. Ajoutez au travail de cet individu extraordinaire celui d'un au tre et ainsi de suite, jusqu'à ce que vous ayez rempli l 'intervalle d ' une révolution à la révolution la plus éloignée, et vous vous formerez quelque notion de ce que l 'espèce entière peut produire de plus parfait.14 ·

Come si vede l 'idea ancora puramente meccanica di pro­ gresso, come di aggiunta per cosl dir matematica di una conoscenza all 'altra , come di somma di fatti acquisiti, sus­ siste ancora nella mentalità di Diderot, che l'ha in comune con gran parte dell'illuminismo, ma già una tale concezio­ ne è modificata da quello che di più originale c'è nel suo pen­ siero, dall'idea del genio , delle forme che esso prende e dei suoi rapporti con tutta la natura . La concezione ciclica im­ mette nel progresso meccanico tutto l'elemento sociale e na­ turale da cui essa pareva astrattamente staccata. Riportando la scienza ai bisogni pratici dell'uomo, vedendola in rap­ porto con una visione generale del mondo, Diderot dà al­ l 'illuminismo un senso più profondo ed insieme una forza sociale ignota prima di lui . L'Enciclopedia doveva essere, nell'idea di Diderot, pro­ prio il simbolo di uno di quei punti culminanti che si ri­ trovano in ogni ciclo organico e che egli vedeva intorno a sé nella larghezza dei risultati scientifici ottenuti e nella fede di esser cittadino di un'Europa illuminata . Paragona il secolo precedente al suo, e se quello vede come un precursore, il suo vede come un realizzatore . L 'Enciclopedia raccogliendo tutti i risultati già acquisiti, avrebbe servito insieme come strumento di quella presa di coscienza dell'attività umana che egli invocava nell'Interprétation de la Nature e come ar­ chivio del genere umano, il quale , dopo le inevitabili rivo­ luzioni, nell'Enciclopedia si sarebbe riconosciuto e in essa avrebbe trovato il mezzo, la forma, i materiali per la conti­ nuazione del progresso .

Le moment le plus glorieux pour un ouvrage de cette nature - scrive - ce serait celui qui succéderait immédiatement à quelque grande révolution qui aurait suspendu le progrès des sciences, inter­ rompu les travaux des arts et replongé dans les ténèbres une portion de notre hémisphère. Quelle reconnaissance la génération qui vien­ drait après ces temps de trouble ne porterait-elle pas aux hommes qui les auraient redoutés de loin, et qui en auraient prévenu le ravage, en mettant à l'abris les connaissances des siècles passés .15

Una forma immaginosa, quasi mitica, come spesso avviene per Diderot, prendono così delle idee la cui importanza filo­ sofica e psicologica non deve però per questo sfuggire. Due degli elementi essenziali del Settecento trovarono nel­ la concezione di Diderot una forma filosofica e pratica piena di efficacia storica. Il ritorno alla natura, permeato di biso­ gni quietistici, trovava nell'idea della giovinezza del mon­ do, nel richiamo alla gioventù un legame con lo sforzo pra­ tico e scientifico dell'umanità . L'idea di progresso perdeva l'astrazione che ancora aveva avuto nella polemica degli an­ tichi e dei moderni per legarsi alla natura e ai bisogni più profondi e prgtici dell'uomo . Studiando l'Enciclopedia volume dopo volume, battaglia dopo battaglia, si potrà vedere quanto tali idee abbiano pe­ netrato nell'intimo di tutta l'opera, come si siano arricchite, modificate al contatto di altre concezioni, di altri pensatori . L'isola dei filosofi apparirà allora certo più complessa, più varia di quanto il generoso sogno di Diderot poteva lasciare immaginare . L'Enciclopedia e il gruppo a cui essa diede na­ scita sono pieni di contrasti, di vicende interne che, anche quando il valore intrinseco delle idee non sia grandissimo, acquistano un'importanza storica eccezionale proprio alla lu­ ce di tutta l'opera e della funzione collettiva che essa adempì nella Francia del Settecento . Per intendere appieno tale complessità interna bisognerà sempre tener presente il valore morale e sociale che Diderot seppe dare al suo ottimismo , alla sua fede nella giovinezza del mondo . E se tale aspetto è rimasto un poco in secondo piano, ciò è dovuto al fatto che nelle opere qui esaminate Diderot tentò innanzi tutto di trovare un'organizzazione ge­ nerale di pensiero a quelle esigenze che il suo tempo, la sua

educazione libera e la sua personalità ponevano a lui . Le sue opere immediatamente posteriori, specialmente il suo teatro, ci ricondurranno subito a quelle esigenze di virtù, di fe­ licità che abbiamo intraviste nel traduttore di Shaftesbury, nell'autore delle Pensées philosophiques, come pure nel Di­ derot tutto pieno di curiosità per la morale dei ciechi e per il loro valore simbolico. Virtù e felicità sono la forma, sempre più importante mano mano che si procede nella vita di Di­ derot, con la quale egli affermerà il valore morale e sociale dell'ideale illuminista. Già i rapporti che egli ebbe agli inizi della sua vita di scrittore con Toussaint, autore dei Moeurs che abbiamo già spesso avuto occasione di citare, sono carat­ teristici a questo riguardo . 16 Quel libretto che tante animate discussioni suscitò nel I 7 48 è il miglior documento contem­ poraneo sulle origini di quell'entusiasmo per la virtù che verrà a completare, in una visione d'assieme di tutta la per­ sonalità di Diderot, quell'entusiasmo che abbiamo notato per il genio umano . « Enflammé pour la vertu d'un zèle apostolique - scrive Toussaint - je voudrais rendre tous mes lecteurs vertueux » . 17 Ed è una virtù che prende il suo signi­ ficato storico opponendosi alle religioni positive. Ma come la natura di Diderot, cosi la virtù di Toussaint si oppone alla divinità assorbendola in se stessa : « Je doute qu 'on puisse assigner une différence réelle entre Dieu et la vertu » ,'8 dice Toussaint con frase rivelatrice. Tale divinità non ammette certo che un culto libero e senza forme, un culto interiore, unico vero e sincero . I Moeurs parlano cosi dei tempi dei patriarchi, quando « la face de la terre était leur tempie, la voute céleste en était le lambris » .19 Si ri­ corderà l'« élargissez Dieu » lanciato da Diderot nelle sue Pensées philosophiques. Anche Toussaint parla delle pas­ sioni in termini che ricordano quelli di Diderot, anche se meno energici e significativi : Les moralistes déclament d'ordinaire avec force contre les passions , et ne se lassent point de vanter la raison . . . Nos passions ne sont point notre ouvrage : nous les éprouvons dès la plus tendre enfance , nous

sentons avant de penser . Ce sont clone des présents de la nature, ou pour mieux dire des dons de Dieu . . . or Dieu n'a pas fait sans doute à ses créatures des présents empoisonnés. Disons plus : non seulement

les passions ne sont pas mauvaises en elles memes; mais elles sont bonnes, utiles et nécessaires . Il est juste et nature! qu'une créature intelligente souhaite sa félicité et travaille à se la procurer.20

Quello che più ci interessa ora è vedere come già nei

Moeurs del 1 74 8 idee come queste, concezioni non dissimili da quelle di Diderot, prendano un aspetto sociale ben chiaro . Nella prefazione del suo libro Toussaint contrappone aper­ tamente l'« homme vertueux » all'« honnete homme » , dando cosl un senso politico a tutto il suo modo di vedere . Laissons la qualité d'honnete homme à qui voudra s 'en contenter : on l'acquiert à trop vil prix pour que les imes bien nées doivent en etre j alouses . Beaucoup de suffi.sance, une fortune aisée, des vices applau­ dis , voilà ce qui fait un honnete homme : la vertu n 'y entre pour rien . . . Un malheureux, pressé par l'indigence, arrete un passant dans un carrefour, lui prend sa bourse ou la lui demande : voilà un mal­ honnete homme; et si vous en doutez l 'échafaud en décidera . Mais logez dans un magnifique hotel un heureux concussionnaire que les besoins de l 'Etat ont enrichi; donnez lui un Suisse, des livrées, un nom de terre, il jouit de la misère publique, sa maison est élevée sur les ruines de cinq cent familles : n'importe, il est honnete homme, puisqu'il est riche et qu'il respire. Tous les honnetes gens ensemble ne valent point un homme vertueux : ceux là ne tiennent leurs titres que de leur bonheur, de leur opulence et de leurs protections : otez­ leur ces appuis fragiles qui les soutiennent; leur honneur, qui en dépend, éprouvera les memes révolutions que leur fortune . . . Pour un homme vertueux ce sont les bonnes moeurs qui font ses titres, titres solides, auxquels l'adversité, loin de l'en dépouiller, ajoute un nouvel éclat.21

Già in Toussai,nt questa opposizione, questa ammirazione per la virtù al di fuori del mondo ·della ricchezza, prende de­ gli aspetti che non sono fondamentalinente lontani da quelli che simili idee prenderanno nella prima parte della vita di Rousseau . La virtù fatta giudice della società è fatta giudice pure delle arti umane, di tutta la .civiltà che sembra splendere maggiormente dove è l'« honnete homme » . Nel 1 7 5 0 Tous­ saint scriveva una lettera sugli « avantages et les inconvé­ nients de l 'imprimerie » 22 in cui al progresso è già contrap­ posto il desiderio di una tranquilla felicità . « J'appelle une chose utile à l'hominè 'celle qui rend sa condition ineilleure .

La science a-t-elle cet avantage ? » .23 La questione non è certo trattata a fondo, ma è indubbio da che parte pesi la risposta di Toussaint. L'impression a rendu les hommes raisonneurs . . . Saint Pau! dit que la science enfl.e . . . Les livres ne sont point propres à former cles soldats , cles laboureurs et cles artisans. Les livres ont peut etre plus dépeuplé les armées, les campagnes, les ateliers, que la manie qu'ont les riches et les grands d'avoir vingt valets à leur suite. . . Le moyen qu'une rnain, destinée à écrire une histoire galante, à composer cles idilles, cles épigrarnmes, cles madrigaux aille au milieu d 'un champs, exposée au hale, au brouillard, pousser indécemment une beche, une charrue? Et celui qui se croit né pour éclairer l'univers, ira-t-il se prostituer à faire un soulier, un chapeau ?24

La lettera citata non è certo notevole per le sue idee che anzi restano di una grande superficialità, ma perché mostra , in una forma semplice e ingenua, quella rivolta contro l'illu­ minismo di quelle stesse idee sui bisogni degli uomini, sulla felicità, sulla virtù che nel suo seno erano nate. In fondo le considerazioni ora riportate di Toussaint sono quelle che, con tutt'altra passione, doveva svolgere Rousseau nel suo primo discorso, coronato dall'Accademia di Digione, « sur la question posée par la meme académie : si le rétablisse­ ment cles sciences et cles arts a contribué à épurer les moeurs » . Non è certo ancora questa un'opera del migliore Jean Jacques , spesso le idee sono confuse, spesso i concetti sono della più grande nebulosità . Ma anch'essa deve essere interpretata, credo, come un sintomo di quella esaltazione della virtù che diventando assoluta e modello di tutte le cose si rivoltava contro le scienze e le arti , cosl come contro la società stessa. E ritroviamo nella virtù di Jean Jacques molti dei tratti che abbiamo visto in Toussaint e in Diderot . La richesse de la parure son élégance un homme de

peut annoncer un homme opulent, et gout: l'homme sain et robuste se recon­

natt à d'autres marques, c'est sous l'habit rustique d'un laboureur, et non sous la dorure d'un courtisan, qu'on trouvera la force et la viguer du corps. La parure n 'est pas moins étrangère à la vertu, qui est la force et la vigueur de l'ame . 25 .

.

277

È in fondo una nuova espressione di quel contrasto tra l'« honnete homme » e l'« homme vertueux » che abbiamo sopra incontrato . E Rousseau sembra dirci in un passo del suo Discours anche la ragione sociale di tale contrasto . I mali della società derivano, dice, dalla « préférence des talents agréables sur les talents utiles » .71J Punto di vista che non sembra lontano da quello di un Diderot, per esempio, che cerca nell'idea del genio la giustificazione teorica del la­ voro pratico, del lavoro utile, dello sforzo produttivo . In un punto del suo Discours Rousseau pare avvicinarsi ancora di più alle idee di Diderot e sembra anch'egli fare sua la pole­ mica contro le arti e le scienze proprio per incitare ad una maggiore considerazione del lavoro creativo e veramente utile, sembra cioè combattere certe arti perché altre le sostituiscano . Que les rois ne dédaignent pas d 'admettre dans leurs conseils les

gens les plus capables de les bien conseiller . . . que les savants de premier ordre trouvent dans leurs cours d'honorables asiles , qu'ils y obtiennent la seule récompense digne d 'eux , celle de contribuer par leur crédit au bonheur cles peuples à qui ils auront enseigné la sa­ gesse: c 'est alors seulement qu 'on verra ce que peuvent la vertu, la science et l'autorité, animées d 'une noble émulation, et travaillant de concert à la félicité du genre humain . Mais tant que la puissance sera seule d 'une coté, les lumières et la sagesse de l'autre, les savants penseront rarement de grandes choses, les princes en feront plus ra­ rement de belles, et les peuples continueront d 'etre vils , corrompus et malheureuxP

Ma in questa rivendicazione del valore civile, politico del­ l 'illuminismo, si mescolano elementi personali a Rousseau , che finiscono per modificarne profondamente il significato . Nel sogno di virtù di Rousseau si riversano le aspirazio­ ni verso una austerità di costumi che è insieme provinciale e ispirata a Plutarco . Nella virtù di Jean Jacques si ritro­ va più fortemente che in molti altri scrittori dell'epoca un sincero, vero desiderio di quiete, di tranquillità che prende nel quietismo dell'epoca la sua ispirazione religiosa e nel­ l 'amore per la natura la sua forza emotiva. Cosi nella civiltà contrapposta da Rousseau alla virtù ritroviamo l 'accento ,

ancor retorico nella forma, ma profondo nella sua collera, dettato dalla povertà, dall'oppressione, dal disgusto delle ric­ chezze e delle vanità . Anche il lato di tradizione religiosa che in Rousseau, contrariamente a quanto avvenne per Di­ derot, non sarà mai completamente riassorbito nei nuovi sim­ boli e nei nuovi entusiasmi naturalistici e illuministici , è già presente nel discorso sulle lettere e sulle arti . Egli si lancia contro coloro che « sourient dédaigneusement à ces vieux mots de patrie et de religion » .u Il risultato di tutti questi complessi sentimenti accumulati è già un individualismo esa­ sperato che prenderà poco a poco un carattere sempre più sociale fino a trovare uno sbocco nel discorso sull'inegua­ glianza. Vede la libertà come una forma di vita in cui sia impossibile opprimere gli uomini, perché ognuno di essi basta a se stesso : « quel joug imposerait-on à des hommes qui n 'ont besoin de rien ? » .79 Attraverso non poca retorica spesa sui ricordi classici delle repubbliche antiche, la virtù di Rousseau cominciava a prendere un profilo tutto suo . Le polemiche che il discorso suscitò e alle quali Rousseau ri­ spose molto vivacemente, furono un'occasione e una via per accentuare il carattere sociale della sua polemica . D 'Alembert stesso, nel « Discours préliminaire » dell'Enciclopedia 29 lo invitava ad allargare il suo punto di vista e a coordinare le sue idee sulle arti in una più ampia analisi di tutta la corru­ zione e oppressione che egli aveva combattuto . Anche da questa breve analisi della prima opera impor­ tante di Rousseau credo si possa trarre la conclusione che molto sterili sono i dibattiti sulla questione che riguarda un eventuale suggerimento dato a Rousseau da Diderot prigio­ niero a Vincennes .30 Da un punto di vista storico, quali che siano state le parole scambiate tra i due amici nell'autunno del 1749, è interessante notare quali germi capaci di ul­ teriore svolgimento già si potevano trovare nelle idee di Diderot sull'entusiasmo, sulla natura, sulla virtù; quali sen­ timenti altri scrittori come Toussaint già avevano espresso sui problemi che poi dovevano appassionare Rousseau . È molto probabile che la tradizione del suggerimento, che più tardi perfino Diderot stesso cercò di diffondere, sia una leg­ genda. In ogni modo è certo che il contenuto più torbido 2 79

ma anche più grave di futuro che Rousseau espresse nel suo primo discorso, è nato dal più profondo dell'animo suo , ed esprime in tutto i suoi contrasti, la sua personalità . Ed è questo naturalmente, quello che importa . Come i due uomini Diderot e Rousseau venissero a contra­ sto è cosa che esula, anche cronologicamente da questo studio. Quello che però abbiamo detto sull'equilibrio trovato da Di­ derot tra gli elementi illuministici, scientifici della sua cul­ tura e del suo pensiero e gli elementi entusiastici, naturali, quietistici, della sua personalità, ci permetterà di capire come naturalmente il tradizionalismo religioso di Rousseau, come pure la sua negazione della sociabilità naturale dell'uomo, abbiano portato ad una rottura tra i due pensatori. Rousseau è ancora molto sotto l 'influenza delle idee di Diderot al mo­ mento in cui scrive il secondo discorso, apparso nel 1 75 5 . Si è potuto dire, con qualche ragione, che la storia dell'uomo quale Rousseau la tratteggiava nella sua ricerca sull'origine dell'ineguaglianza era già tutta in germe nella conclusione delle Pensées sur l'Interprétation de la Nature. La visione pu­ ramente naturalistica dell'origine dell 'uomo , l' ammissione di successivi cambiamenti, anche fisici , portati dall'ambiente alla specie umana, la grande considerazione rivolta all'idea di « sensibilité » , anche se non poco modificata dalle idee per­ sonali di Jean Jacques , sono tutti elementi tratti dalle opere di Diderot e sono stati spesso notati da coloro che hanno studiato le origini del pensiero di Rousseau . Ma non bisogna dimenticare quanto la concezione fondamentale stessa del Discours sur l'Inégalité differisca dalle conclusioni a cui era giunto Diderot. Mentre per quest'ultimo le « révolutions » e cioè il nascere, crescere, decadere e morire dei periodi uma­ ni si congiungevano ad una generale concezione del progresso , per Jean Jacques la giovinezza del mondo era già passata, lon­ tano era quel momento di perfezione in cui l'uomo avreb­ be amato fermarsi, e l'attuale vecchiaia e decadenza sem­ bravano irrimediabili . Con Rousseau si produceva la più profonda, la più dure­ vole, la più importante scissione in quel libero mondo dei filo­ sofi di cui Diderot era tanta parte . È necessario segnalarlo qui per dare un rapido quadro della varietà, della ricchezza 280

che nelle idee e nei sentimenti espressi da Diderot nelle sue prime opere erano contenuti in potenza. Le opere sue che abbiamo studiato sono come il germe dell'Enciclopedia, ne sono la giustificazione teorica e l'appello pratico . Gli anni suoi che abbiamo percorso sono essenzialmente il tem­ po dell'accumulazione e della preparazione a quella che sarà la grande opera della sua vita e la realizzazione di quel sogno che già da giovane egli faceva di una libera isola di saggi, esempio e modello di libertà intellettuale e pratica. Tutte le pagine che precedono hanno voluto essere così una grossa prefazione allo studio dell'Enciclopedia, vista dal­ l'angolo di colui che ne fu il vero autore .

Note

Le opere di Diderot sono citate dalle Oeuvres complètes pubblicate da J. Assézat e Maurice Tourneux, in zo volumi, presso Garnier nel 1 875-77 · Le Lettres à Sophie Volland sono citate dall'edizione pubblicata da André Babelon, presso Gallimard, in

tre

volumi, nel 1930.

l

I7Ij·I745

l

Del resto la maggior parte di quello che ci dice Naigeon nei suoi

Mémoires historiques et philosophiques sur la vie et les ouvrages de D. Diderot, Paris, 1 8 2 1 , è evidentemente ricalcato sui Mémoires di Mme de

Vandeul, figlia di Diderot. Quanto a questi, la pubblicazione di un docu ­ mento importante, anche se mutilo, fatta recentemente da Babelon, Lettres lnédites, Paris, 193 1 , ne prova definitivamente l'autenticità e ci permette eli datarle con precisione all'anno 1784, data della morte di Diderot. Mme de Vandeul scrisse queste pagine per la Co"espondance di Grimm . Esse furono pubblicate in francese soltanto nel 1 830, mentre già nel 1 8 1 3 ne era stata stampata una traduzione tedesca nell'Allgemeiner Zeitschrift von Deut­ schen fiir Deutsch e , vol. I, fase. II, pp. 145-195. Ma esse circolarono ma­ noscritte largamente. Una copia di esse si trova, per esempio, nelle carte di Ginguené (morto nel 1 8 1 5 ) . Nouv. acq. franç. 9216. Per uno studio completo della vita scritta da Mme de Vandeul non do­ vrebbe essere trascurato un confronto con altre simili vite dell 'epoca, che rivelerebbero certi tratti comuni, derivati tutti dall 'ideologia « filosofica » di quell'età. Cosl, ad esempio, la biografia che Mme de Turpin premesse all'edizione delle opere di Voisenon ha qualche tratto che ricorda quella della figlia .di Diderot. Persino l'episodio caratteristico dello scrittore che corregge, preso dall'istinto della generosità e dall'amore dell'arte, una sa­ tira contro se stesso, che un famelico libellista viene a mostrargli, è comune all'una e all'altra di queste due vite. 2 Vol. VI, p. 2 1 . 3 Vol. VI, p . 22 1 . 4 Vol. VI, p. 222. Come altri esempi tipici di racconti o di idee che sembrano, sema certezza, potersi riferire . alla giovinezza di Diderot, in ]acques le Fataliste si potrebbero ancora citare: tutta la storia degli amori da vill aggio del giovane Jacques, gli episodi che si riferiscono all a famiglia Bigre « le plus grand charron dont on ait mémoire » (vol. VI, p. 210), come alcuni accenni alla vita di bohème quale il seguente: « ... Tremblin qui était de mon temps la ressource de la. misère ou du libertinage, et la ruine du talent des jeunes élèves de Vanloo » (vol. VI, p. 193 ) . Che altri episodi siano tratti dalla sua esperiema posteriore, lo proverebbe la storia cosl di­ vertente del frate Hudson, che era persona realmente esistente. In una let­ tera a Mlle Volland, del 25 ottobre 1762 (vol . II, p. 2 n ) Diderot parla di un abate de Moncets, che era proprio il cohvento del padre Hudson (vol . VI, p. 192) con frasi che non contraddicono ]acques le Fataliste : « Une mère éloignée! Deux filles absentes! Et point d'abbé de Moncets auprès d'elles ! Abbé de Moncets, que faites-:Y!)lls ? Où etes-vous? ». Questo gusto di Diderot nell'inserire nei suoi romanzi delle storie realmente accadute a lui o a persone a lui vicine spieg1l"in ' parte (�ia detto fra parentesi) la non pubblicazione . di molte sue opere, durante la Slla vita. . 5 Vedi specialmente : Le frère de · Diderof; Paris, 1913, La soeur de Di.

derot, ne Les conférences de Langres, vol. VI, 192.5, La ;eunesse de Diderot, nel « Mercure de France », 1.5 nov. 1929, p. 4.5, Diderot écolier,

nella « Revue d'Histoire Littéraire de la France », 1927, p. 377· Sul fratello di Diderot vedi un articolo di Naughton, « Romanic Review », 193.5, vol. XXVI, pp. 1 7-2.5 . Mme de Vandeul parla della famiglia di Diderot in una interessante lettera del 7 luglio 1 8 1 6 indiri2zata a Meister, pubblicata da P. Usteri e E. Ritter, Lettres inédites de Mme de Stael à Henri Meister, Paris, 1 903 , pp. 62 sgg. Sul collegio d'Harcourt vedi Bouquet, L'ancien col­ lège d'Harcourt et le lycée St. Louis, Paris, 1 89 1 . Uno studio troppo dog­ matico, ma importante sull'educazione di Diderot è quello di R. Salesses, Diderot et lVniversité, nella « Revue Universitaire », I.5 aprile I93.5· Bi­ sogna aggiungere la notizia fornitaci dall'ignoto autore dell'opuscolo intito­ lato : Lettres sur le septième volume de l'Encyclopédie, s l .n.d., p. 37, n. I : « M. Diderot a fait son cours de philosophie sous le P. Rozet, dominicain ». 6 Vol. I, p . xxx. 7 Babelon, Correspondance inédite, vol. I, p. 37· 8 Su di lui vedi una lettera di Denis che si può datare del dicembre I 742 (scritta alla sua Nanette da Langres, dove era andato per cercare d'ottenere il permesso famigliare per il suo matrimonio) : « Le voilà clone décidé pour l'état ecclésiastique, et toute la famille réduite à deux. Comme je crois que cet état lui convient, eu égard à l'éminentissime dévotion dont il se pique, je ne suis pas fliché de cet événement » (Babelon, Correspondance inédite, vol . n, p. 30) . 9 Vol . I, p. I O . IO Le lettere giovanili ora note, dimostrano il distacco completo, mezzo ironico, mezzo annoiato di Diderot dall'ambiente provinciale della sua città, al momento del suo viaggio a Langres (:fine I 742 ) . I l Vol. I, p . LX. 12 Le ttera del 2I novembre I76.5, vol. II, p. 324. 13 Naigeon, op. cit. , p. 7 · Cfr. anche Promenade du Sceptique, vol . I, p. 2 1 2 . « ]'ai passé de l'allée cles épines dans celle cles fleurs où j 'ai peu séjourné et de l'allée cles fleurs j'ai gagné l'ombre cles marronniers, dont je ne me flatte pas de jouir jusqu'au dernier terme : il ne faut répondre de rien ». Cioè : dalla religione è passato alla filosofia attraverso il « liberti­ nage ». Pare difficile non attribuire un senso autobiografico a queste pa­ role, anche se poste in bocca a Cléobule. Un recente studio su Diderot (R. Salesses, Les mystères de la ;eunesse de Diderot, ou l'aventure théologique, nel « Mercure de France », 1.5 dicembre 1937, pp . 498-.5 14) tenta di preci­ sare biograficamente i contatti di Diderot e della Chiesa. Si fonda su un passo dei Salons (vol . XI, pp 26.5-266 ) in cui Diderot passa da considera­ zioni generali sul matrimonio ai ricordi personali ( « J'arrive à Paris. J'allais prendre la fourrure et m'installer parmi les docteurs de Sorbonne. Je ren­ contre sur mon chemin une femme belle comme un ange; je veux coucher avec elle; j 'y couche, j 'en ai quatre enfants ; et me voilà forcé d'abandonner les mathématiques que j 'aimais , Homère et Virgile que je portais toujours dans ma poche, le thédtre pour lequel j 'avais du gout ; trop heureux d'entre­ prendre l'Encyclopédie, à laquelle j 'aurai sacrifié vingt-cinq ans de ma vie » (vol. XI, p. 26.5 ) . Da questo, come dalle conoscenze estese e profonde di Diderot in materia teologica, Salesses deduce che l 'avvenimento principale della gioventù del futuro enciclopedista fu la brusca :fine degli studi sor­ bonici. È certo difficile voler troppo precisare con dati cosi incerti e limitati. Le parole di Diderot ora citate sono evidentemente un riassunto cosi rapido della sua vita giovanile che par difficile poterne dedurre altro che un'altra .

286

espressione di quel desiderio di diventare religioso di cui vedemmo parec­ chie testimonianze. Cronologicamente, come accordare dei lunghi studi di teologia (generalmente di dieci anni) con le sue avventure in vista di una carriera avvocatesca, i suoi tentativi di pedagogo, tutto questo tra il 1 732 e il 1 740? Quanto alla cultura teologica essa era ben più diffusa allora di quanto lo stesso Salesses non convenga: il confronto tra una supposta semi-ignoranza in questa materia di Voltaire e una profonda cultura di Diderot non regge. L'articolo « Langue hébraique � dell'Enciclopedia non è del resto suo, ma di N.-A. Boulanger. Insomma, non si può escludere una frequenza di Diderot alla Facoltà di Teologia, benché nessun fatto ce lo provi. Del resto, per la formazione di Diderot non è tanto importante sapere fino a che punto egli ha messo in pratica le sue intenzioni, quanto queste sue stesse intenzioni e desideri. 14 Vol. VI, p. 1 8 2 . 15 Vol. n , p . 256. 16 Vol. I, p. 1 3 8 . 17 Pp. 4 3 sgg. 18 Non sarà forse del tutto inutile aggiungere che perfino il più sfrontato degli atei della generazione di Didcrot, La Mettrie, cominciò la sua vita scrivendo in onore del giansenismo. 19 Stampati una prima volta nel « Perroquet �. 1 742, con la data del­ l'anno 1 74 1 , vol. I, p. So e ristampati poi nelle Oeuvres diverses de M. d'Arnaud, Berlin, 1 75 1 , vol. 1 1 , p. 242 con la variante: « D . . . dans cette peinture �. che conferma l'identificazione di Diderot col Licidas di questi versi. Nel « Perroquet � essi sono stampati immediatamente dopo una poesia di Diderot diretta a Baculard d'Amaud: si tratta evidentemente di un invio e di una risposta. Nelle Oeuvres citate, una delle elegie composte da Ba­ culard alla Bastiglia, lo stesso anno dei versi citati ( 1741 ) è dedicata « a D. D. �. ma niente del contenuto può permetterei di affermare o di infirmare che si tratti di Denis Diderot . 20 Vol. m , p. 478 . 21 In questo ha ragione Naigeon, che proprio parlando di Diderot dice : « Ce n'est point l'éducation publique ou particulière qu'on a réçue dans l'enfance et dans la jeunesse qui est utile et instructive, c'est celle qu'on se donne à soi meme lorsqu'on a quitté les bancs de l'école et la maison paternelle . . . �. Op. cit., p. 9 · 22 Vol. x, p . 349 · 23 Vol. I, p. XXXI . Sulla giovinezza di Bernis, vedi Mémoires et lettres pubblicate da F. Masson, Paris, 1878. 24 Vol. xx , p . 65. Lo conobbe nel 1 740, quando Sartine entrò nel Collège d'Harcourt come « boursier � . 2 5 I Mémoires d i Prémontval stampati all'Aia nel 1749, non esistono nelle biblioteche francesi. Maurice Pellisson ne ha fatto uno studio, con larghe citazioni (da cui la nostra è tratta) sulla « Revue Pédagogique �. 1 904, vol. I, p. 232, basandosi sull'esemplare conservato a Berlino. La Bibliothèque raisonnée des ouvrages des savants de l'Europe, aprile 1 75 1 , pp. 395 sgg. contiene una lunga ed interessante recensione delle Lettres phi­

losophiques contre la doctrine de l'église romaine sur l'Eucharistie, adressées, en 1735, au Pè1·e de Tournemine, par M. A.P.L. de Prémontval, professeur en Mathématiques et Belles-Lettres, et pour lors étudiant de Philosophie au Collège Du Plessis-Sorbonne à Paris, pubblicate a Londra ( ? ) nel 1 750, lettere di cui non ci è stato possibile ritrovare un esemplare e che sono un documento della crisi religiosa giovanile di questo amico di Diderot.

21>

Vol . I, p. XXXI I . Vol. n, p . 399 · 2B Sull'attività matematica di Diderot vedi l'ottimo studio di Pommier, Diderot avant Vincennes, ndla « Revue cles Cours et cles Conférences � . 15 aprile 1938. 29 L'élève de la philosophie. Ripubblicando la poesia da cui sono tratti questi versi, nelle sue Oeuvres diverses, vol. I, p. 65, Baculard d'Amaud, mise in nota : « Ce poème parut en 1 743 . Le but de l'auteur dans cet ouvrage était d'encourager un jeune homme dont on pouvait concevoir de hautes espérances et que l'infortune, partage ordinaire cles gens de lettres, a forcé de se retirer dans les pays étrangers �. Vedi il caloroso ringrazia­ mento di Prémontval nel suo Dio g èn e de d'AJembert où Diogène décent, Berlin, 1755 (n. ed.), p. 254. 30 « Journal de Verdun � . aprile 1740, p. 3 1 2 . 31 Vol. VI, p. 70. A Mlle Pigeon, divenuta Madame Prémontval, sarebbero dedicati, secondo Assézat, i Mémoires sur différents su;ets de Mathé­ matiques di Diderot. Ma la cosa è veramente ben poco probabile, dato che in quel momento ( 1 748 ) essa si trovava in Olanda (mentre Diderot afferma aver ricevuto l'autorizzazione da quella Mme P. di dedicare a lei questo lavoro). Tutto induce a credere che si tratti di Mme de Puisieux, allora sua amica e che come donna piena di interesse per tutte le novità intellettuali, poteva interessarsi anche di matematica. Mlle Pigeon scrisse, nel 1750, una vita di suo padre, operaio costruttore di macchine scientifiche. Il libro, come del resto molte delle idee di Prémontval, è di ispirazione fontenellia· na. Dice persino, nella prefazione, che gli Elogi di questo scrittore dovreb­ bero essere letti come « ceux qui se dévouent à la vie spirituelle se font une pieuse habitude de soutenir chaque jour leur ferveur par la lecture cles grands exemples que l'�glise a consacrés � . Le Mécaniste philosophe, La Haye, 1750, p. 8. 32 Le storie di Prémontval e Gousse sono distribuite tra le pp. 68, 70, 89, 90, del vol . VI . Su Prémontval dr. un articolo di Beauzée sul « Journal de Paris � . del 24 marzo 1778, l'elogio di Formey nei Mémoires de l'Aca­ démie de Berlin, tomo v, e la Nécrologie des hommes célèbres dell'anno n

1 770.

33 Vol. VI, p. 3 04. Là Diderot parla di uno spettacolo che vide in com­ pagnia di Montbron, anteriormente alla « querelle cles Bouffons � ( 1 75 2 ) e perciò anche all'esilio d i Montbron ( 1 748) . 34 Mss . Bibl. Nat ., Nouv. acq. franç. 1078 2 . 35 Le Cosmopolite ou le citoyen du monde. Patria est ubicumque est bene. A Londres, 1753, p. 42. 36 Rapporto di polizia citato nella nota 34· 37 « Gazette d'Utrecht � . notizia datata 30 dicembre 1 754, ricopiata in un altro dossier di polizia che lo concerne. Ms. Bibl. Nat. 22109 . 38 Op. cit. , pp. 3 e 42. 39 Margot la Ravaudeuse par M . de M . . , a Hambourg, MDCCC, pp . 3 3 , 4 1 , I I 5 , 1 3 3 . Sulla vendita d i sermoni d a parte d i scrittori famelici, vedi anche A. Feugère, Raynal; Paris, 1922, p. 7 · 40 Cfr. nota 1 9 . Su Baculard d'Arnaud, vedi Bertrand de la Villehervé, Baculard d'Arnaud, Paris, 1920 e M. Pearson, Biograpby of Baculard d'Ar­ naud, Columbia University, 1934. La poesia pubblicata nel « Perroquet � è stata segnalata da Gustave L. van Roosbroeck Modern Language Notes, d i­ cembre 1924, p. 504, che però non identifica Baculard d'Arnaud con il B . .. della poesia. Diderot parla di Baculard nel Neveu de Rameau, mettendolo .

2..8 8

nella lunga lista fatta là di autori disprezzabili per mancanza di idee e di qualità morali. 41 Bonnefon, Diderot prisonnier, nella « Revue d'Histoire Littéraire de France », 1 899. 42 Vol. v m , p . '198. 43 Vol. x, p. 320. 44 Mémoires et Journal de ]. G. Wille, gravetlr du roi, d'après les ma­ nuscrits autographes de la Bibliothèque Impériale, pubblicato da Georges

Duplessis, 2 voli., Paris, 1 8.57, voi I , p. 9 1 .

II

Shaftesbury

1 Il « Journal cles Savants » ne diede una favorevole recensione nel suo numero di marzo I 743 (pp . 45I sgg.) parlando del primo volume. Gli altri due furono riassunti soltanto nell'annata I 745 dallo stesso giornale (pp. 2 3 I sgg.) . I ]ugements sur quelques ouvrages nouveaux diretti dall'abate De­ sfontaines, nel loro tomo I, pp. 224 sgg. scrissero a questo proposito: « C'est le meilleur de tous les ouvrages qui aient été composés sur l'hi­ stoire ancienne. Stanyan, auteur judicieux, rejette toutes les fables d'Héro­ dote e de Diodore de Sicile, et sait distinguer les siècles ténébreux et romanesques cles temps où la lumière et la vérité commencent à se répandre sur les fai ts » . 2 L a prima data s i deduce dal « privilège » che porta l'indicazione: I I maggio I 744 · Esso s i trova nel sesto e d ultimo volume, pubblicato nel I 748. Da notare che però Diderot dichiara avervi lavorato « près de trois ans »­ ( Lettera dal castello di Vincennes, pubblicata da Bonnefon nella « Revue d'Histoire Littéraire de France », I 899) . 3 « Avertissement de l'éditeur » (cioè di Busson) nel tomo I . 4 Vedi per esempio il Controleur du Parnasse dell'abate Destrées, I 745, vol. I , p. Io4, dove si trovano le indicazioni del costo della sottoscrizione : IOO livres che diverranno « I35 en blanc pour ceux qui n'auront pas souscrit ». Per tutto quanto riguarda le polemiche mediche di Diderot vedi gli studi di G. Schelle sulla gioventù di Quesnay, che si trovò immischiato nelle stesse dispute di Diderot e seppe trarne ammaestramenti importanti per le sue idee economiche e :filosofiche. s Il fatto fu già riconosciuto, particolarmente dai contemporanei e, nel modo più esplicito e più preciso, da J. François De Luc, Observations sur les savants incrédules et sur quelques-uns de leurs écrits, Genève, I 762, p. 392 . « Le premier auteur de ce livre est milord Shaftesbury. II a été tiré de l'anglais par un anonyme qui, adoptant le sens de l'originai, se l'est rendu propre; il peut clone en etre regardé comme un second auteur » . 6 Barbier ( I I ed.) e Quérard parlano d i questa prima versione francese dell'opera di Shaftesbury, che sarebbe stata pubblicata nel I 744 ad Amster­ dam dall'editore Z. Chastelain, e l'attribuiscono a Paillet . Ora la traduzione di Diderot apparve nel I 745 nella stessa città ; stampata dallo stesso editore. Paillet è altrimenti sconosciuto, la sua versione rimane introvabile. L'argo­ mento avanzato da Assézat (che crede a questa prima versione) secondo cui Diderot avrebbe preso il suggerimento della sua traduzione dal successo dell'opera di Paillet, è piuttosto ridicolo. Se mai il successo dell'Essai avrebbe potuto spingerlo a scegliere proprio un'altra opera di Shaftesbury. Si tratta con tutta probabilità di una svista bibliografica di Barbier e Quérard. 7 Per questo movimento suscitato da Shaftesbury vedi i due artiroli di E . Casati : Quelques correspondents français d e Shaftesbury e Hérault et commentateurs de Shaftesbury en France, tutt'e due pubblicati nella « Revue

de Littérature Comparée » rispettivamente nel I9 3 I (p. 2 I 7) e I934 (p. 6I4). 8 Su Voltaire e Shaftesbury vedi lo studio di Torrey, Voltaire and english deism, New York, I930. 9 Diderot parla ancora di Shaftesbury nell'articolo « Beau » dell'Enci­ clopedia, ma soltanto dal punto di vista dell'estetica, che non è quello con­ siderato qui come centrale ed essenziale. Dice « que le système proposé dans l'Essai sur le mérite et la vertu, où l'on prend l'utile pour le seui et unique fondement du beau, est plus défectueux encore qu'aucun des pré­ cédents » (vol. II, p. I75). Del resto l'articolo « Beau » è una delle più schematiche e meno comprensive espressioni del pensiero di Diderot in que­ st'epoca. Chi si è più occupato del deista inglese sulla Enciclopedia, è Saint­ Lambert, che ritorna tanto nell'articolo « Génie » che nell'articolo « Inté­ ret », sui problemi filosofici e morali posti da Shaftesbury. Anche il ca­ valiere de Jaucourt dedica un certo spazio a Shaftesbury a proposito di Whichcote (articolo Shropshire, vol. xv, p. I44). I sermoni di Whichcote erano stati infatti pubblicati con una prefazione di Shaftesbury : « c'est une chose bien singulière de voir un homme si célèbre, et si peu croyant, édi­ teur de sermons! Mais en meme temps sa préface est si belle, et si peu connue des étrangers . . . » che egli crede utile darne un ampio riassunto. IO « It will appear in this ioint edition of our Author's five treatises, that the three former are preparatory to the fourth (l' " Inquiry ") . . . and the fifth (with which he concludes) is a kind of apology for this reviv'd treatise concerning virtue and religion » (Miscellaneous reflections, vol. III , p. I 7 I ) . 11 U n raffronto completo delle note d i Diderot con i passi delle varie opere di Shaftesbury da cui esse sono in gran parte tratte si può trovare nella traduzione francese di questo libro, pp. 3 46-357 . 1 2 Su questo problema di Shaftesbury romantico ed illuminista, vedi B . Croce: Shaftesbury in Italia e per una discussione storica completa : O . F. Walzel : Shaftesbury und das deutsche Geistleben des IB. Jahrhundert, nella « Germanisch-romanische Monatschrift », I909, p. 4I6. Cfr. pure Charles Elson, Wieland und Shaftesbury, New York, I9I 3 , e Luigi Bandini, Shafte­ sbury, Bari, I930. 1 3 Le citazioni di Shaftesbury sono tratte da una edizione delle Characteristicks, s.I., I74 3 -I745, 3 voli. in I6°, vol. I, p. 261 . 14 Vol. I, p. I 2 . 1 5 Miscellaneous reflections, p . 86. 16 Lettera a Sophie Volland, vol. I , p. 67. 17 Il problema del dialogo moderno è centrale nel Soliloquy: or advice to an author, parte 3 , settore 3· 18 An Essay on the freedom of Wit and Humour, vol. I, p. 70 . 1 9 A letter concerning Enthousiasm, vol. I, p. IO. 20 Vedi l'edizione delle Characteristicks di J . M. Robertson, London, I900.

21 The moralists, p . I 9 I . Miscellaneous reflections, vol. III, pp . 26-27. 23 Naigeon, Philosophie ancienne et moderne, vol. 24 Vol. I, p . 25, nota I . 25 Vol. I , p . 9 · 26 Vol. I , p . Io. 27 Vol. I , p . 25. 28 Vol. I , p . I6. 29 Vol. I, p . 2 I . 30 Vol. VI, p . 439 · 22

II ,

p. I54·

3 1 An Essay on the freedom of Wit and Humour, vol. I, p. 86. 32 Per tutta la sua polemica contro i « patrioti del suolo » vedi Miscellaneous reflections, vol. I I I , p. 1 2 8 . 33 An Essay on the freedom o/ Wit and Humour, vol. I, p. 101 . 34 Vol. I , p. 27, nota I . 35 The Moralists, vol. n , p . 98. 36 Avignon, 1745 , pp. 73 sgg. 37 Febbraio 1 746, pp. 197 sgg., Il resoconto del « Journal cles Savants » è dell'aprile 1 746 (pp. 2 1 0 sgg., 301 sgg.). Dopo un lungo riassunto il giornalista nota che il filosofo inglese « s'est efforcé de démontrer les liaisons étroites du théisme avec le christianisme. Mais malgré les précau­ tions qu'il a prises pour faire connaitre la pureté de ses sentiments sur la religion, il s'est trouvé cles écrivains, qui ont voulu donner au public une opinion peu favorable de son orthodoxie ». E questo conferma quel che abbiamo notato sulla reputazione di deista che Shaftesbury già si era fatta in Francia . Egli conclude con ragione che : « quelque précautions que (il tra­ duttore) ait prises dans sa préface et dans ses notes, pour justifier les sentiments de M. Shaftesbury sur la religion, on ne voit dans le cours de cct essai qu'un homme frappé de la beauté du théisme et persuadé cles avantages que cette croyance donne à la créature pour devenir moralement vertueuse, et s'il conduit la créature, comme il le dit, jusqu'à la porte de nos temples, il semble en meme temps qu'il veuille la dispenser d'y entrer » .

III

Le

«

Pensées philosophiques »

l London, I 770. 2 Lettera a Sophie Volland, vol. m, p. 224, I I novembre I762 : « Vous aure2 tot ou tard ce supplément aux Pensées Philosophiques. Il y aura des idées qui vous feront plaisir ». Ho pubblicato nella « Revue d'Histoire Littéraite de France » , gennaio e marw I938 un confronto integrale tra il testo di Leningrado e quello di Diderot. 3 Ira O. Wade, The clandestine organization and dilfusion of philosophic ideas in France form I700 to I750, Oxford, I938. 4 Fu, per lungo tempo, attribuito a La Serre. Lanson ha confutato questa attribuzione con argomenti molto convincenti. s I passi citati sono tratti dal manoscritto conservato nella Biblioteca mazzarina ( n 63}, prefazione senza numerazione e pp. 24-25. � stato pub­ blicato parzialmente da Naigeon nel I 768. 6 Si trova nell a Biblioteca di Montvilliers, n. I 5 . Questo manoscritto, della stessa mano delle Promenades de Cléobule di Diderot, non è completo. Mancano alcune linee finali de I 'Analyse de la religion chrétienne. n pas­ saggio citato si trova nelle pp. 3-5 . 7 Manoscritto n96. I passaggi citati si trovano a pp. Io, 2 I , 2 3 . Vi sono altre allusioni alle Pensées philosophiques a pp. 8, I56, sgg. 8 Ms. cit., p. IO. 9 Ms. conservato nell a Biblioteca di Leningrado, Erro. Fr. 3 · Vedi più sopra, nota 2 . 10 Vol. I, p . I 2 7 . 11 Vol. I , p . 1 2 8 . 12 Ibidem. 13 Vol. I, p. I 27. 14 Vol. I, p . 25 . 15 Vol. I, p. I29. 16 Vol. I, p . I32 . 17 Vol. I, p. I 3 I . 18 Vol. I, p. I 3 5 · 19 Vol. I, p. I 3 8 . 20 Vol. I, p. I 3 3 · 2 1 Vol. I, p. 1 3 5 . 22 Vol. I, p. 1 3 3 . 23 Ibidem. 24 Cfr. su di lui Albert Chérel, Un aventurier religieux au xvme si�cle. André-Miche! Ramsay, Paris, 1926, e su tutto il movimento feneloniano: Albert Chérel, Fén elon au xv11xe si�cle en France, Paris, 1917. 25 Ediz . Moland, vol. XXXI , pp. I35 sgg. Fatto caratteristico in que­ ste note, Voltaite non esprime altro che la sua ostilità, senza voler attri­ buire al deismo il sentimento della natura che era tipico di quella corren-

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te apologetica, senza conseguentemente comprenderne la forza e l'importanza. 26 Vol. I, p. 136. Z1 Vol. I, p. 141. 28 Vol. I, p. 139. 29 Vol. I, pp. 1 39 e 140. 30 Vol. I, p . 132. 3 1 L'ispirazione che Diderot può aver tratta da Shaftesbury per le sue Pensées philosophiques è stata discussa nelle sue linee generali quando abbiamo parlato del filosofo inglese nel corso del secondo capitolo. Per un confronto più dettagliato, vedi l'edizione francese di questo volume, pp. 359·363 . 32 Per la critica che Voltaire fece delle Pensées philosophiques, dr. Torrey: Voltaire's Reaction to Diderot, P.M.L.A., 1935, p. no7, studio molto preciso, fatto su documenti sconosciuti fino allora, ma che mi sembra tendente a diminuire l'importanza storica delle posizioni dei due filosofi. La loro opposizione ed i loro punti di contatto non provengono, come Torrey tende a far credere, da differenze di temperamento o da rivalità puramente letterarie, essi rivelano due fasi diverse del movimento illuministico e due generazioni storiche molto differenti. Sulla reazione di qualche filosofo illu­ minista (Voltaire, d'Holbach) dinanzi all'idea del « caso », espressa da Diderot, dr. anche P. L. Oaude Gin, De la Religion, Paris, I 778-1779, vol. I , p. I 35; vol. n , p . 165 . 33 Vedi Turgot : Oeuvres p.p. G. Schelle, tomo I , p. 8 7 . Réflexions sur un livre intitulé: « Pensées Philosophiques » ( 1746) .

34 Pensées Chrétiennes mises en parallèle, o u en opposition avec les

« Pensées philosophiques ». On y ioint quelques Réflexions d'un autre auteur sur ces dernières, A Rouen, 1 747. Su Polier de Bottens, dr. Henri Vuilleumier : Histoire de l'église réformée du pays de Vaud, Lausanne, 1933, vol. IV, pp. 259 sgg. « Il appartenait - vi si legge - à la génération cles pères et cles premiers adeptes du liberalisme théologique dans les milieux suisses romands ». Le Réflexions d'un autre auteur non hanno neppure l'in­ teresse storico che presentano le Pensées di Polier de Bottens. Quest'ultimo parla anche dell Essai sur le mérite et la vertu che dice scritto « en excellent style français », ma che accusa essere una traduzione « très inexacte et fort libre » ( « Avis au lecteur », non numerato) . Egli è anche il primo critico che abbia veduto i legami che uniscono le Pensée philosophiques a Shaftesbury: « Les Pensées philosophiques sont en grande partie tirées cles ouvrages de cet Anglais, sans qu'il lui en fasse jamais honneur: et il a raison, vu la liberté avec laquelle il s'écarte de son originai, jusqu'à donner un tour impie et insupportable à cles idées presque excusable dans l'An­ glais » (perfino in questa nota si sente il protestante) . Un lungo ed inte­ ressante resoconto di quest'opera si trova nella Bibliothèque raisonnée des ouvrages des savants en Europe, gennaio-marzo 1 748, vol. 40. Il redattore è assai mal informato su Diderot, raccoglie le fantasie di Polier de Bottens aggiungendovi ancora le sue : « quelques personnes meme veulent qu'on n 'ait sévi à Paris contre les Pensées philosophiques que pour y avoir dépeint trop au naturel une dame de distinction de la Cour de France ». Aggiun­ ge però che « ce n'est point vraisemblable ». Voce curiosa, in ogni modo, perché rivela la confusione cosi frequente a quell'epoca, fra libellisti e illu­ ministi, e perché quelle righe furono scritte qualche mese prima dell'impri­ gionamento di Diderot, dovuto, secondo voci incontrollabili ma persistenti, all 'ira di Mme Dupré de Saint-Maur. L'autore del resoconto non è molto favorevole a Polier: « Les Pensées Chrétiennes - dice - font penser à '

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certaines gens que les Pensées pbilosophiques sont bien redoutables à la religion, puisqu'on ne peut y répondre que par de longs raisonnements ». 35 Op. cit. , p. 5 5 · 36 Op. cit. , p . 5 9 · r1 Pensées antiphilosopbiques. Et pueri nasum rhinocerontis habent. A la Haye, chez Pierre van Cleef, MDCCLI . Le prime pagine di quest'opuscolo sono una testimonianza della diffusione delle Pensées philosopbiques. Alla­ mand si scusa della fretta con la quale ha scritto, dichiarando : « Il y a peu de semaines qu'une personne de grande considération prévenue que j 'avais fait les Pensées philosophiques me reprochait le venin dont ce petit livre est rempli » (p. v ) . Parla - p. XI, n. (a) - delle Pensées Chrétiennes, che dice scritte « par une personne d'un rare mérite, qui fait depuis un demi-siècle l'ornement de notre académie de L. (cioè Losanna) ». Sull'in­ teressante figura di Allamand, cfr. E. Ritter, Le pasteur Allamand, « Revue historique vaudoise » , ottobre I903 , p. 289 . Mescolato alla vita parigina all 'epoca delle prime opere di Diderot, egli resterà sempre in contatto con grandi scrittori, come Voltaire e Gibbon. Nei suoi cinque volumi ma­ noscritti, che son conservati nella Biblioteca di Losanna, si trovano alcune interessanti confutazioni dell'Homme Macbine di La Mettrie, e del Système de la Nature, nonché delle polemiche che ebbe a sostenere a proposito delle sue Penseés antipbilosopbiques nelle pagine del « Journal Helvétique » ( I 757-I 758 ) . Parlando in queste ultime delle idee di Diderot sui miracoli, osserva con molta perspicacia : « Les miracles de l'abbé Paris valent ceux de Jésus-Christ. Les partisans de l'abbé Paris l'ont dit pour relever ses miracles ; le déiste, qu'on réfute ici, en dit autant pour abaisser ceux de Jésus-Christ ». Parole che spiegano anche un lato della tattica di Diderot nell'affare de Prades. 38 Op. cit. , pp. 6-7 . 39 Op. cit., p. 8 . 40 Op. cit. , p p . I 3-14. 4 1 Op. cit. , p. 59·

42 Pensées raisonnables opposées aux Pensées pbilosopbiques, avec un essai de critique sur le livre intitulé « Les Moeurs » , Berlin, I 749 · Ci siamo

serviti dell'edizione pubblicata nel I756 a Gottinga e Leida. 43 Op. cit. , p. 9 · 44 Op. cit. , p. I I . 45 Op. cit. , p . I 3 . 46 Op. cit. , p . 64. 47 Op. cit. , p . 57· 48 « Bibliothèque des Sciences et des Beaux-Arts », vol. XIV ( I 76o) . 49 Lo scritto di Bouiller fu stampato una prima volta nel « Controleur du Parnasse », vol. IV, lettera xrr, p. Io, febbraio I 748 . Ristampato in seguito nelle Pièces pbilosophiques et littéraires dell'autore, I 759· È questa l'edizione che citiamo, pp. I22-I 23 . 50 Op. cit. , p. 143 .

51 Lettre sur l'écrit intitulé: « Pensées Philosophiques » et sur le livre des Moeurs, MDCCXLIX, 52 pagine, più un « Avertissement ». Se ne trova un

esemplare a Parigi, alla Biblioteca dell'Arsenal. Vi si legge che « l'irréligion fait aujourd'hui des progrès aussi funestes que rapides >� . 52 Op. cit., p. 2 . 53 A l a Haye, MDCCLVI. L a Bibliothèque Nationale ne possiede u n esem­ plare con note manoscritte di Jamet, l'attribuisce al padre Castel : « c'est

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bien son style à la Garasse ». Queste note costituiscono una chiave per la comprensione del pamphlet. 54 Op. cit. , p. I 3 . 55 Op. cit., p . I 6 . 56 Op. cit. , p. 34· 'S1 Pensées antipbilosopbiques. Natura est ades ver1 lUstique magistra. A Pari s I770. Il « Journal Encyclopédique » dopo aver segnalato quest'ope­ ra il I novembre I 770, p. I 3 I , il I0 gennaio I 77 I , pp. 49 sgg. difende diplomaticamente Diderot dalle accuse dell'abate Camuset. 5s Op. cit. , p. 4· 59 Op. cit., p. 5· 60 Op. cit. , p . 22. 61 Op. cit. , « Avis au lecteur » non numerato. o2 Allamand, op. cit., p. VII. 63 Op. cit. , p. IX. 64 Op. cit. , prefazione, p. 3· Non ci è stato possibile procurarci un'al­ tra confutazione delle « Pensées philosophique » segnalata dal « Journal de Trévoux », dicembre I ?5 I , p. 2655 : Réfutation des Pensées Pbiloso­

;

pbiques par les seules lumières de la raison et les principes de la saine pbilosopbie, del barone de Gauffridi, Marseille . (Mossi, in 1 2", 2 I 6 p.).

La « Bibliothèque annuelle et universelle » anch'essa (vol. III, p . 1 5 1 ) se­ gnala quest 'opera aggiungendo che se ne era fatta un'edizione in go ad Amsterdam, Welstin e Smith. Ciò che ' è confermato dal « Journal cles Savants », giugno 1752, p. 441 . L'abbiamo fatta cercare inutilmente in nu­ merose biblioteche della Francia meridionale (Bibliothèque Méjanes à Aix, Bibliothèques de Carpentras, Marseille, Arles) . Invece la segnalazione di Querard su Tandeau F. B. Lettre sur les Pensées pbilosopbiques, Paris ( ?), 1749, non è che una indicazione inesatta dell"opera già citata dell'abate De La Chambre. Le Pensées pbilosopbiques furono attaccate da quasi tutte le opere cat­ toliche o protestanti scritte allo scopo di lottare contro l'illuminismo. Citia­ mo ad esempio, come più caratteristiche, le critiche di Gouchat: Lettres

critiques ou analyse et réfutation de divers écrits modernes contre la reli­ gion, Paris, 1 755 . Gouchat era di Langres e conosceva Diderot. Le Pensées pbilosopbiques, egli scrive, consistono « en 62 paragraphes courts,

mais pleins d'un feu qui annonce une sorte de colère contre le christia­ nisme » (vol . I , p. 107). A parte questa formula felice, le pagine di Gouchat sono senza interesse. Più curiose sono le note d'un protestante erudito : Jacques François de Luc : Observations sur les savants incrédules. A Ge­ nève, 1762 consacra numerosi capitoli della sua opera all'opuscolo di Diderot . Il capitolo IV è diretto contro le cinque prime « pensées » filoso­ fiche, quelle che esaltano le passioni. Il suo tono è moderato, cortese e poco filosofico. Nel I 784, Boudier de Villemert pubblica delle Pensées Pbilosopbiques sur la Nature, l'Homme et la Religion. Piscis hic est omnium . Paris, 4 volumi. A dir vero non si tratta di una confutazione dell'opuscolo di Diderot ma, come indica l'epigrafe, è intenzione dell'autore comporre un contravveleno per lottare contro le Pensées pbilosopbiques. La polemica antifilosofica si svolge su temi già molto lontani dall'atmosfera della metà del secolo. E il libro mostra anche tutto il cammino percorso dalla « filo­ sofia » in alcune decine d'anni . Il più strano dei confutatori delle Pensées pbilosopbiques sarebbe Diderot stesso, se potessimo pensare che l'edizione del 1751 fosse stata da lui curata.

(Philosophie morale réduite à ses principes ou Essai de M. S. sur le Mérite et la Vertu. Nouvelle édition augmentée de Pensées et de Réflexions . A Venise, par la Société des Libraires, 1 75 1 ) . La ristampa dell 'Essai è seguita dalle Pensées philosophiques precedute da un breve avvertimento. Esse

« ne seront - dice - peut�tre pas du gout de tout le monde, mais (on les) donne pour ce qu'elles sont, ainsi que le précis de quelques réponses qui y ont été faites ». Ciò che fa pensare possa trattarsi di note di Diderot stesso o di qualche altro illuminista, è il tono antireligioso che esse con­ servano, pur salvando leggermente le apparenze. Ecco per esempio una aggiunta alla « pensée » XII : « Le superstitieux injurie la divinité; l'athée nie l'existence d'un souverain pour ne point obéir: tous les deux méritent d'etre punis ; mais quel est le plus coupable? ». Non è che un modo per insistere su un'idea fondamentale delle Pensées philosophiques. Similmente la « pensée » xv è accompagnata dalla frase : « Sans user d'aucune invecti­ ve, ni d'aucune qualification offensante contre l'athée, on peut poliment le renvoyer à la première partie de ce recueil (l'Essai), pour lui prouver qu'il y a dans le mora! comme dans le physique, un ordre admirable établi par une providence ». Ancor più caratteristica è la nota aggiunta alla « pensée » xvr : « Point d'athée par conviction, ni par persuasion com­ plète; presque point de chrétiens dont les moeurs soient conséquentes à leur foi ». Varrebbe la pena di citare anche le altre note, particolarmente quella che tratta del carattere ateo del « caso », considerato come conducente ad un sistema eleatico di fissità assoluta. Al contrario, lo stile e le idee dell'introduzione anteposta alla ristampa delle Pensées philosophiques fatta nel 1 757, sotto il nome di « Etrennes des esprits forts ». London, presso Porphyre, mostrano che quest'introdu­ zione non è di Diderot. Vi si dice che questo opuscolo « quoique déjà imprimé plusieurs fois, commençait à devenir si rare et si difficile à trouver, qu'il semblait demander une nouvelle édition . » . ..

29 7

IV

La

«

Promenade du Sceptique » e i

«

Bijoux indiscrets »

1 Questa frase caratter1sttca si trova al prmc1p1o dell'indice dei nomi come lo si vede nel manoscritto di Montivilliers. Per la storia esterna di quest'opera di Diderot, vedi il cap. VI : « Il conflitto col potere » . A nostra conoscenza, ne esistono ora due manoscritti. L'uno, ignoto come il resto delle opere di Diderot insieme ad esso con­ servate, è in possesso dei discendenti del « philosophe » ; l'altro, che abbia­ mo invece consultato, si trova a Montivilliers nella Biblioteca Municipale ( ms. n. 1 5 ) . Scritto con una splendida calligrafia, con larghi margini, è intitolato Promenade de Cléobule. Una nota che non sembra del tempo e che, in ogni modo, è errata, dice: « L'ouvrage est de Boulainvilliers » . Un frontespizio e tre belle figure del tempo illustrano questo manoscritto. Esse sono state riprodotte nella rivista « Hippocrate », I giugno 1938. Il confronto del testo stampato con questo manoscritto rivela qualche errore, puramente formale del resto, nell'edizione Assézat. Malgrado uno stemma dipinto nell'interno della copertina di quest'opera, non è stato possibile ricostruire la storia di questo volume. Forse il confronto con l'esemplare conservato dalla famiglia permetterà un giorno di districare la complicata storia dei manoscritti della Promenade du Sceptique. 2 Vol. I, pp. 2 I I-2 I 2 . J Vol . I , pp. 240·241 . 4 Vol. I , pp. 241-244. 5 Vol. I, p. 241 . 6 Vol. I , p . 244. 7 Vol. I, p. 178. 8 Vol. I , pp. I 78-179 · 9 Vol. I, p. I79· 10 Vol. I, p. 178. 11 Vol. I, pp. x 8 x e 183. 12 Vol. I, p. 1 8 x . 13 Vol. I, p. 183 . 14 Ibidem. 1 5 Vol. I, p. 184. 16 Vol. I, p. 185. 17 Vol. I , pp . 186-187. 18 Vol. I, p. 1 o 7 . 19 Vol. I, p . 234. 20 È forse necessario mettere accanto i due testi, il cui avvicinamento mi sembra essenziale per la comprensione di Diderot in questo primo periodo della sua attività.

S'il n'y avait jamais eu d'etres, il n'y en aurait jamais eu; car pour se donner l'existence il faut agir, et

S'il n'y avait jamais eu que des etres matériels, il n'y aurait jamais eu d'etres intelligents ; car ou les

pour agir il faut etre : s'il n'y avait jamais eu que des etres matériels, il n'y aurait jamais eu d'etres spirituels; car les etres spirituels se seraient donné l'existence ou l'auraient reçue des etres matériels : ils en seraient des modes, ou du moins des effe ts, ce qu1 n'est point du tout votre compte. Mais s'il n 'y avait jamais eu que des etres spirituels vous allez voir qu'il n 'y aurait jamais eu d'etres matériels . . . Lettera a Voltaire n giugno 1 749, vol. XIX, p. 420

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TT

Vol. Vol . Vol. Vol.

I,

I,

I, I,

I,

etres intelligents se seraient donné l'existence, ou ils l'auraient reçue des etres matériels; s 'ils s'étaient donné l'existence, ils auraient agi avant que d'exister; s'ils l'avaient reçue de la matière, ils en seraient des effets, et dès lors je les verrais réduits à la qualité des modes, ce qui n'est point du tout le compte de Phi­ loxène . . .

Promenade du Sceptique,

vol.

I,

p. 234

p. 234. pp. 2 1 2-2 1 3 . p. 223 . p. 236. p. 237.

Aca;ou et Zirphile, conte, A Minutie, 1 744. Atalza'ide, ouvrage allégorique, imprimé où l'on a pu, 1 745 . Tutti

l'attribuiscono a Crébillon e niente contradirebbe quest'attribuzione se non un'abilità veramente rara in lui per il genere assurdo che vi si rivela. 28 Op. cit. , pp. 1 8-1 9 . 29 Vol. I , p. 237. 30 Vedi per quest'interpretazione le prefazioni che Pierre Lièvre ha premesso ai 6 volumi delle opere di Crébillon pubblicate dal « Divan » dal 1929 al 1933 . Egli vede anche in uno dei personaggi di Ah! quel conte di Crébillon un ritratto di Diderot. Ma se le prime pagine del racconto po­ trebbero provare una simile tesi, il resto del romanzo mi pare la distrugga completamente. 3 1 Caylus, Nocrion, conte Allobroge, 1 747. Esso è l'origine non solo dell'idea centrale del romanzo di Diderot, ma anche di alcuni episodi, che è inutile qui confrontare. L'esempio della giumenta parlante, tra gli altri, è preso da questo racconto. Caylus a sua volta lo aveva preso, come egli stesso dice, da un racconto di Garin, scrittore medievale, pubblicato poco dopo (Barbazan, Fabliaux et contes, tomo III, Amsterdam, 1 756, p. 8 5 ) e ch'egli aveva potuto vedere manoscritto nella Biblioteca del R e . Una nota di Janet ad un esemplare di Nocrion conservato alla Biblioteca Nazionale ( Rés . 3 2 1 2 ) , dice : « ]'ai ouYs Duclos de l'Académie Française attribuer ce charmant pamphlet à son confrère l'abbé, depuis cardinal de Bernis, alors ( 1 746 ) anagnoste et taille-plume de Madame de Pompadour, depuis peu concubine du bon roi Louis xv et laquelle a régenté et mastiné notre France pendant plus de 18 ans . . . Le 14 avril 1777, l'abbé d'Hébrail, auteur de la France Littéraire, le premier anecdotier bouquiniste de Paris, m'a dit qu'il soupçonnait le chevalier de Mouhy d'etre l'auteur de cette bro­ chure . . . ». Malgrado queste divergenti attribuzioni, Nocrion deve restare attribuito al conte di Caylus . Alla p. 17 dello stesso esemplare si legge: « Cette plaisanterie a été depuis développée par le célèbre Diderot dans son roman érotique Les Biioux indiscrets... •· 32 Voisenon, Oeuvres complètes, Paris, 1 78 1 , vol . IV, Anecdotes Litté­ raires, p. 1 7 5 .

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33 Vedi op. cit., p. 2 1 . (« Les chefs du Dictionnaire encyclopedique sont les Romains de la littérature; ils voudraient asservir l'univers, au lieu de chercher à en etre ignoréu) . 34 Vol. v, p. 26. 3S Grimm, Diderot, ecc., Co"espondt�.nce Littéraire, vol. I, p. 139. 36 Vol. I , p. 239 . 37 Bibi, conte traduit du chinois ... , Mazuli, l'an. . .. 623 , p. 5 4 · 38 L. S. Mercier, Tableau de Paris, Amsterdam, 1 788, vol. x, pp. 43-44. 39 Vol. IV, p. 286. 40 « Nouvelle Bigarrure », vol. II, parte I, p. 132. 41 « C'est à l'expérience que j'en appellerai de ce fait; et je vais peut­ etre jeter les premiers fondements d'une métaphysique expérimentale » . Vol. I V , p. 245 . 42 Vol. IV, p. 245 . 43 Vol. IV, p. 246 . 44 Vol. IV, p. 249 . 45 Vol. IV , p. 370. 46 Vol. IV, p. 245 . 47 Vol. IV, p. 247 . 48 Vol. IV, pp. 255 sgg. 49 Vol. IV, p. 258. 50 Vol. I V , p. 257. 5 1 Ibidem. 52 Vol . IV, p. 256 . 53 Vol. IV, p. 303 . 54 Vol. IV, p. 305 . 55 Ibidem. Tutto il capitolo sui sogni è molto importante per capire l'origine di quel ragionamento intuitivo per analogia, che fu il metodo pre­ ferito da Diderot. 56 Naigeon, Mémoires, Paris, 1821 , p. 37· 57 Due capitoli : XVIII e XIX dell'edizione Assézat, sono stati aggiunti per la prima volta nell'edizione Naigeon. A p. 203 si parla del padre Castel come di un morto, ciò che porta la data di quest'aggiunta a dopo il 1 757. Nei manoscritti di Leningrado i due capitoli sono raccolti sotto il titolo di « Supplément aux Bijoux Indiscrets » e messi alla fine del romanzo, che sembra infatti il modo più logico di pubblicarli perché il filo del testo primitivo non sia interrotto. 58 Mme de Puisieux, Les Caractères, London, 1 75 1 , parte II, « Discours préliminaire » , p. 2 . 5 9 « La Bigarrure ou Gazette galante, historique, littéraire, critique, mo­ rale, satirique, sérieuse et badine . .. ». A La Haye, 1 75 1 , tomo XIII , n. 8 , p. 7· Lettera datata 3 dicembre 1 75 1 . J Vol. I , pp. XLI, XLIII. 61 Mémoires et co"espondances littéraires, dramatiques et anecdotiques, di C. S. Favart, Paris 1 808, tomo I , p. 95 · 62 Vol. IV, p. 139. 63 Nouvelles acquisitions franç. , 10782. 64 « Le Petit Réservoir » , Berlin, 1 750, tomo I , p. 3 1 6 . Negli archivi della Bastiglia si conserva ancora una curiosa lettera del 1 3 aprile 1 750, dell'avvocato Moreau, quello stesso che sarà qualche anno dopo uno dei più violenti polemisti contro l'Enciclopedia, a proposito dei Caractères : « Avez-vous connaissance - scrive - d'un Iivre qui vient de parattre sous le titre de Caractères? On le dit de Diderot, et dans le gout de ceux ·

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qu'il a fait jusqu'à présent, quoiqu'on le donne sous le nom d'une dame. Le style de Diderot et les matières qu'il traite, rendent ordinairement, comme vous le savez, ses ouvrages intéressants et, après avoir fait un peu parler de lui, lui attirent la récompense ordinaire en pareil cas. Je n'ai point encore vu cette dernière production, mais j 'en ai entendu parler comme de quelque chose qui méritait des égards ». (Arch. de la Bastille 10302 ) . 65 Mme d e Puisieux, Conseil à une amie, 1 749, « Discours préliminaire » , p. x. 66 Mme de Puisieux, Les Caractères, parte I I . A Londres 1 75 1 ; « Di· scours préliminaire », p. IV e VIII. 67 Vedi rispettivamente: op. cit. , parte I , pp. 6-9, pp. Io, n, 1 5 . 68 Op. cit., p p . 8-9 . 69 Op. cit., p. 30. 70 Op. cit. , pp . 4I-43 ·

30I

v

La

«

Lettre sur les Aveugles »

1 Vol. I, p. 305 . 2 È certo che Diderot trae la sua informazione su Saunderson da The elements of Algebra, in ten books; by N. Saunderson. To which are pre­ fixed : I) The life and character of the author. n) His palpable arithmetic decyphered, Cambridge, 1 741 . Ecco alcuni confronti tipici tra la Lettre di Diderot e la « Vita » del testo inglese.

(Saunderson) donna cles leçons d'optique : il prononça cles discours sur la nature de la lumière et cles couleurs; il expliqua la théorie de la vision, il traita cles effets cles ver­ res, cles phénomènes de l'arc-en-ciel et de plusieurs autre matières rela­ tives à la vue et à son organe. Ces faits perdront beaucoup de leur merveilleux, si vous considérez, madame, qu'il y a trois choses à di­ stinguer dans toute question melée de physique et de géométrie : le phénomène à expliquer, les supposi­ tions du géomètre et le calcul qui résulte cles suppositions. Or, il est évident que, quelle que soit la pé­ nétration d'un aveugle, les phénomè­ nes de la lumière et cles couleurs lui sont inconnus . . . L'aveugle prend clone les suppositions pour ce qu'on les lui donne; un rayon de lumière pour un fil élastique et mince, ou pour une suite de petits corps qui vien­ nent frapper nos yeux avec une vi­ tesse incroyable; et il calcule en con­ séquence. Le passage de la physique à la géométrie es t franchi, et la question devient purement mathé­ matique. Vol. I, p. 302

It will be a matter of surprise to many that our author should read lectures on optics, discourse on the nature of light and colours, explain the theory of vision, the effect of glasses, the phenomena of rainbow, and other objects of sight; but if we consider that this science is ùtogether to be explained by Iines, and subject to the rules of geometry, it will be easy to conceive that he might be a master of these subjects .. . p. VI

Il confronto rende chiara la necessità per intendere quest'opera di Diderot come tante altre, di aver presente il punto da cui è partito il suo ragiona­ mento. Per esempio l'idea della distinzione da farsi tra fisica e geometria è nata in quel punto della sua Lettre in occasione del testo inglese, appar­ sogli evidentemente troppo reciso e semplicistico.

302

Mais si l'imagination d'un aveugle n 'est autre chose que la faculté de se rappeler et de combiner des sensa­ tions de points palpables, et celle d'un homme qui voit, la faculté de se rappeler et de combiner des points visibles ou colorés, il s'ensuit que l'aveugle-né aperçoit les choses d'une manière beaucoup plus abstraite que nous ; et que dans les questions de pure spéculation il est peut..etre moins sujet à se tromper. Vol. I, p. 293

But if we consider that the ideas

of extended quantity, which are the

chief objects of mathematics, may as well be acquired from the sense of feeling as that of sight; that a fixed and steady attention is the principal qualification for this study, and that the blind are by necessity more ab­ stracted than others, we shall per­ haps find reason to think there is no other branch of science more adapted to their circumstances. It is said of Democritus that he put out his eyes, to enable him to think the more intensely ... p. x

Naturalmente i fatti sulla vita di Saunderson, le sue qualità, gli esempi classici di ciechi celebri sono anch'essi tratti dal medesimo libro. Anche il nome del pastore che assistette alla morte del cieco filosofo vi si ritrova, ma naturalmente tutte le idee messe in bocca a Saunderson da Diderot sono invece originali. La Chapelle, nelle sue Institutions de Géométrie, Paris, 1 746, tomo 11, p . 327, parla di Saunderson, limitandosi però a delle generiche considera­ zioni sull'acutezza del tatto dei ciechi . Ciò non astante, quando la Lettre di Diderot apparve, pare che rivendicasse come bene proprio l'idea centrale. Come dice una « fiche » di polizia del 20 luglio 1 750, « il prétend que Diderot lui a pris la conversation de Saunderson, qui se trouve dans la Lettre sur les Aveugles, et qui est précisément ce qu'il y a de plus fort sur la religion » . 3 Il passo di Condillac citato da Diderot (vol. I , p. 323) si trova a p . 57 dell'edizione originale. Quanto alla discussione con l'Essai sur l'origine des connatssances humaines dello stesso autore, vedi vol. I, p. 3 1 9 . Là dimostra inoltre una conoscenza diretta o almeno molto seria di Berkeley. Per que­ sto problema vedi cap. vm, Lettre sur les Sourds et les Muets. 4 Vol. I , p. 307. s Ibidem. 6 Ibidem. Che la cecità di Saunderson sia la cecità stessa di Diderot di fronte alla religione, lo dice già un contemporaneo; ecco quanto si legge nella « Bibliothèque impartiale », gennaio-febbraio 1 750, pp. 76 sgg. « Il est aisé de reconnaitre ici le génie et le tour de l'auteur des Pensées philoso­ phiques, et il est d'autant plus naturel de déplorer l'abus qu'il fait de ses lumières, et l'acharnement qu'il témoigne contre les vérités les plus évidentes, et les plus respectables, que ces écrits, et celui-ci en particulier, sont d'ailleurs remplis de réflexions fines, neuves et solides meme, sur la physique, la géométrie et sur plusieurs autres sciences. II n'y en a qu'une à l'égard de laquelle il soit aveugle; mais elle vaut mieux que toutes celles qu'il manie avec tant de subtilité », evidentemente la religione. 7 Vol. I , p. 307. 8 Vol. I , p . 308. 9 Ibidem. IO Vol. I , p. 3 1 0 . 1 1 Vol. I , p. 309 .

12 Vol . I, p. 309 . 13 Vol. 1, p. 3 I I . 14 Ibidem. 15 In una lettera al padre Castel (vol. XIX, p. 425 ) . g del resto un modo di chiamare l'opera di Diderot che si ritrova anche in altri suoi con­ temporanei. 16 The moralists, vol. II, p. 28. 17 Ibidem. 1 8 Ibidem, pp. xoo-xox . 1!1 Formey, Lettre de M. Gervaise Holmes à l'auteur de la « Lettre sur les Aveugles » . Edita una prima volta nel 1 750 a Cambridge (in realtà a Berlino) e ristampata poi insieme alle Pensées raisonnables, Gottinga e Leida, 1 756, in-8, vol. XIV, p. 330, edizione della quale ci siamo serviti. 20 Op. cit. , p. 3 I I . 2 1 Bouiller, Pièces philosophiques e t littéraires, 1 759, pp. 144 sgg. 22 Op. cit. , p. I 64. 23 Di questo curioso dibattito dà notizia Formey stesso in una lettera indirizzata al « Journal encyclopédique » e ivi pubblicata il x aprile 1761, pp. 122 sg. Bouiller era morto da poco tempo e la « Bibliothèque des sciences et des arts » ne aveva fatto un caloroso elogio (tomo XIV, pp. 444482 ) . Formey è d'accordo sulle qualità del pensatore, che difatti non manca di qualche pregio, ma vuol dare un esempio del carattere irascibile di Bouiller: « ]e publiai en 1 749 un ouvrage intitulé Pensées raisonnables que j 'opposai aux Pensées philosophiques de M. Diderot. La Lettre sur les Aveugles du ml\me auteur ayant paru quelque temps après, et conte­ nant entre autre chose une fiction sur la mort de Saunderson, où les principes des Pensées philosophiques paraissaient avec un nouveau déve­ loppement, je fis un petit écrit sous le titre de Lettre de Gervaise Holmes. . . Ce fut contre cet écrit que M. Bouiller s'éleva avec s a véhémence ordinaire, dans l' cc Addition au Journal des Savants " (mars 1752, p. 516). Je fus un peu surpris d'une pareille sortie et ne sachant à qui j'avais affaire, je répondis dans la cc Bibliothèque impartiale " (mai-juin 1752). Aussitòt M. Bouiller revint à la charge dans l' cc Addition au Journal des Savants " (juillet 1 7 52, p . 5 1 3 ) » . Allora Formey, per l'interesse dell'ortodossia religiosa, interruppe una polemica cosi aspra. Ma « la dispute eu t encore une suite dans le parti­ culier et je crois qu'elle peut maintenant sortir de mon cabinet comme un morceau de philosophie et d'histoire littéraire » . E difatti, egli fa seguire uno scambio di lettere, che se poco ci possono insegnare sull'opera di Diderot, sono abbastanza curiose come un documento polemico tra un car­ tesiano estremo ed un wol:fiano moderato. 24 Homme machine, nelle Oeuvres philosophiques de M. La Mettrie, Amsterdam, 1 764, tomo 1, p. 28. 25 Oeuvres diverses de M. d'Arnaud, Berlin, 1 75 1 , tomo I, p. 209 . 26 Vedi capitolo vi : Il conflitto col potere. 27 Op. cit. , vol. I, pp. 57-58. 28 Oeuvres diverses de médecine de M. La Mettrie, Berlin, 175 1 , tomo 1 , (e unico), p. xo. 29 Homme machine, cit ., pp. x6 x-x62 . 30 La Volupté, cit., vol. III, p. B r . 3 1 Homme machine, cit ., p. x 6 r . 32 Vol. m , p. 2 1 7 . 33 Vol. III, p. 2 1 8 . 34 Vol. I , pp. 25-27. Prima d i finire questo breve parallelo tra i due :fi-

losofi, aggiungiamo ancora che già nel 1 748 La Mettrie aveva dato una grande importanza, nella sua Histoire naturelle de l'ame, a quei casi ecce­ '!:ionali, come ciechi e sordi, per « confirmer que toutes les idées viennent des sens ». Diderot può aver trovato li una occasione tra le altre di me­ ditare su tali problemi, sui quali è giunto però a delle conclusioni lon­ tane dal puro sensismo di La Mettrie. 35 La Pensée di Sade è stata pubblicata da Maurice Heine in Le surréa­ lisme au service de la révolution, n. 4, pp. I sgg. 36 Per il parallelo con gli animali vedi vol. I, p. 285; il passo citato si trova nel vol. I, p. 290. 37 La lettera di Voltaire è riprodotta in appendice alla risposta di Di­ derot nel vol. XIX, p. 419. JS Vol. XIX, p. 42 1 . Se abbiamo parlato di un razionalista protestante, un ateo e un deista a proposito della mort·� di Saunderson, non parleremo questa volta di un cattolico, perché nessuno ne abbiamo trovato di interes­ sante a questo proposito. Prendiamo ad esempio il libro di Le Masson des Granges (Le philosophe moderne ou l'incrédule condamné au tribunal de la raison, Paris, 1759) e le Oeuvres complètes dell'abate Laurent Le François (Paris, 2 voli., x 856-x 857). Tutt'e due cercano di ricondurre l 'opera di Diderot al puro epicureismo. Il primo dei due autori citati nel capitolo intitolato « Système emprunté d'Epicure » polemizza con la concezione del caso: « Il faut convenir que voilà un hasard bien .prévoyant et industrieux. Il n'a ni intelligence, ni vues, ni desseins, et cependant il exécute toutes choses avec une justesse et une précision infinies . . . L'oeil n'a-t-il pas été fait pour voir? » (pp. 26-27). L'altro insiste sul medesimo parallelo antico : « L'autcur dc la Lettre sur les Aveugles débite sous le nom d'un aveugle anglais le pur épicurisme » (p. 708) . Citando largamente, vuoi mettere in luce un fondamentale scetticismo ed agnosticismo di Didcrot. Chiama, tra l'altro, « chimère des chimères » il « trasformismo » esposto nella Lettre. Queste critiche, come si vede, restano nel generico e non colgono, come persino Formey aveva fatto, il carattere storico delle idee di Diderot. Tutt'al più potranno servire di antidoto a critici moderni troppo inclini a vedere l'antico dove c'è il nuovo. Certo riecheggiano motivi lucreziani nella Lettre, ma tutto il problema consiste nel vedere che Importanza ave­ vano tali motivi nel 1 749 . Notiamo, per completezza, che una recensione della Lettre apparve nel « Journal des Savants combiné avec le Journal de Trévoux », tomo XLI, p. 486, come pure nelle Cinq années littéraires di Oément, tomo I, p. 229, 20 giugno 1749 . 39 È il sottotitolo che egli darà al Supplément au Voyage de Bougainville. 40 Vol. I, p. 288. 4 1 Ibidem. 42 Vol . I, p. 289. 43 Vol . I , p. 288. 44 Vol . I, pp . 286 c 290. 45 Vol . I, p. 289. 46 Bouiller, op. cit. , p. 150. 47 Op. cit., p . 150. 4S Op. cit. , p . 152. 49 Op. cit., p . 15 3 .

VI

Il conffitto col potere

l La condanna delle Pensées philosophiques si trova nel « Controleur du Parnasse », Amsterdam, 1 748, vol. III, pp. 3 I I sgg. 2 Charpentier, Lettres critiques, à Londres, 1 75 1 , vol. I, pp. 5 1-52 . 3 Dulaurens, L'Arrétin moderne, parte r, p. 65 . E aggiunge: « Les gens d'esprit et les auteurs regardent cette briìlure comme un encensement glorieux fait à leur réputation au bas du grand escalier » (del Palazzo di giustizia) . 4 P. Bonnefon, Diderot prisonnier à Vincennes, « Revue d'Histoire Littéraire de France », 1 899, p . 202 . s Nelle Lettres de M. de Marville, lieutenent général de police, au Mi­ nistre Maurepas ( 1 742-I 747), pubblicate da A. de Boislisle, Paris, I8961905, 3 voli., non c'è traccia di queste prime corrispondenze, come del resto si poteva supporre. Il 4 maggio 1 745 manda al ministro alcuni libri, tra cui i Principes de philosophie morale, ma senza indicare l'autore. Il 7 marzo 1747, Maurepas scrivendo al Barone di Tassy confondeva le Pensées philosophiques di Diderot con le Lettres philosophiques di Vol­ taire. « Le livre des Pensées philosophiques a paru pour la première fois il y a environ seize ans ; on l'attribue au sieur Voltaire ». E parla anche nella stessa lettera del libro di La Mettrie. « L'un et l'autre ont été, dans leur temps, condamnés au feu. Ce sont sans doute de nouvelles éditions que vous en aurez vues » . 6 P. Bonnefon, op. cit., p. 202 . L a lettera è datata 20 giugno 1747. 7 Idem, p. 203, 22 giugno I 747· s Cfr. nota x 8 ; se l'identificazione dell'opera denunciata dal cumto con la Promenade du Sceptique è esatta, questa è stata dunque iniziata nel 1746. 9 P. Bonnefon, op. cit. , p. 209 . lO Vol. I, p. XLVI. 11 Vol. I , p . I74 · 1 2 Archivi della Bastiglia, 1 030I ( 1 748 ). 13 Ibidem. 14 Ibidem. A proposito di Hurtaut, varrà la pena di riprodurre la sua « fiche » di polizia, che aggiunge un tocco al quadro dell'ambiente giova­ nile di Diderot. La nota è redatta il I maggio 1 75 1 , quando questo per­ sonaggio aveva 24 anni . « Peti t, crapoussin, laid », nato a Parigi, era « fils d'un homme qui a un emploi à la monnaie de Paris. Il a fait plusieurs ouvrages, entre autres Le voyage d'Asnières, Les Cérémonies du mariage, et Les aventures de Roderick Randon . . Ce jeune homme est une tete qui fera des sottises. Il a été un des acteurs qui jouaient a l'Hlìtel de Tannère dans la pièce de d'Arnaud. Il s 'est fait comédien. Il était l'année dernière à Rennes dans la troupe de Picot. Il est allé en Allemagne en qualité de comédien, et il est à la Cour de Barcith (sic), d'où il a envoyé à Paris la pièce de vers ci-jointe, qu'il a faite depuis qu'il est comédien » (Nouv. acq. franç. 10782). 15 P. Bonnefon, op. cit. , p . 210. 1 6 Archivi della Bastiglia, 1030I ( 1 748) . 1!: curioso notare che in questa .

lista sono anche compresi i Mémoires sur différents suiets de mathématiques di Diderot. 17 Nouv. acq. franç., I 2 I4, p . I I I , lettera dell'S aprile I7.54· 18 Riproduciamo qui per intero questo inedito documento. (Nouv. acq. Franç., I078 I ) : Noms : Diderot, auteur, Je r janvier I 748 . Age : 36 ans. Pays : Langres. Signalement : Moyenne taille, et la physionomie assez décente. Demeure : Piace de l'Estrapade, chez un tapissier. Histoire: Il est fils d'un coutelier de Langres. C'est un garçon plein d'esprit, mais extremement dangereux. Il a fait les Pensées philosophiques, Les Bi;oux et d'autres livres de ce genre. Il a fait aussi I'Allée des idées qu'il a chez lui en manuscrit, et qu'il a promis de ne point faire imprimer. Il travaille à un Dictionnaire Encyclopédique avec Toussaint et Eidous. Le 9 juin I 749 a donné un livre intitulé Lettre sur les Aveugles à l'usage

de ceux qui voient. Le 24 juillet il a été arreté et conduit à Vincennes à ce sujet.

Il est marié et a eu cependant M.me de Puisieux pour maitresse pendant assez de temps. 19 Il primo sintomo di una sorveglianza su quest'opera è una nota mar­ ginale che si trova in una lettera della « femme de La Marche » del I4 giugno I 749 in cui non si parla di Diderot, ma nella quale la polizia scrisse : « C'est Durand qui vend les Lettres des Aveugles ». Archivi della Bastiglia, I030 I . Voltaire rispondeva ringraziando dell'invio di quest'opera l'I I giugno I 749 · Stampata perciò ai primi di giugno, fu presto sorvegliata dalla polizia. La « Bibliothèque impartiale », gennaio-febbraio I 7.50, p. 76, riassume forse meglio di ogni altra pubblicazione del tempo le ragioni dell'arresto. « La Lettre sur les Aveugles scrive - à fait trop de bruit pour ne pas lui donner ici un artide. On sait les affaires que ( ce livre) a attirées à son auteur, qu'on avait déjà plus d'une fois averti d'exercer sa piume sur d'autres sujets que sur ceux qui intéressent la religion . Le gouvernement, las de ses récidives, l'avait fait mettre à Vincennes ; il est vrai que sa déten­ tion n'a pas été fort rude, ni fort longue . . ». « La Bigarrure », 24 novembre I 749 , pp . I9-20, fa distinzione tra i libellisti arrestati e Diderot : « Je ne crois cependant pas qu'on doive mettre dans cette classe tous nos écrivains modernes sans distinction. Bien des gens en exceptent un qui a fait quelque bruit dans le monde par la manière hardie de penser et de s'exprimer sur la religion lequel vient également d'etre emprisonné. C'est le Sieur Diderot . . . » . 20 L a Correspondance d e l'abbé Trublet, pubbl. da J. Jacquart, Paris, I926, p. IO (26 luglio I 749). Trublet continua parlando delle « plaintes portées par M. de Réaumur. Vous savez qu'il n'est pas bien traité dans les premières pages. L'homme a fait venger Dieu » . L'opinione del più re­ cente e completo biografo di Réaumur è: « La maitresse d'Argenson a peut-etre joué un role dans l'arrestation de Diderot, Réaumur n'y a été pour rien ». Jean Torlais, Réaumur, Paris, I936, p. 2,52. In mancanza di documenti che soddisfino la nostra curiosità, quel che è interessante è definire l'importanza politica e sociale dell'arresto di Diderot. 2 1 Archivi della Bastiglia, I I664. 22 Ibidem (Beriot) . -

.

23 Archivi della Bastiglia, n684 (Fleur de Montagne).

24 Archivi della Bastiglia, n688.

2S

Archivi della Bastiglia, n664.

I, n. 2 , pp. I8-26, novembre I749 : « La vigilance et la juste sévérité du Magistrat préposé à la Police et au bon ordre de cette ville vient de nous délivrer d'un tas de petits auteurs qui inondaient le public de leurs productions, aussi pleines de fiel, que dépourvues de bon sens . . . » . n ]ournal et Mémoires du Marquis d'Argenson, Paris, I 864, tomo V I , p . IO, 2B Archivi della Bastiglia, n68 I . 29 La lettera di Diderot a Le Bret è pubblicata d a L . Cru, Diderot as a disciple of English thought, New York, I 9 I 3 , p. 473 , e ripubblicata nella « Revue du xvme siècle », maggio-dicembre I9I6, p. I I I . La data è precisata da Busnelli, Diderot et l'ltalie, Paris, I925, p . 9 2 . Diderot parla di Le Bret elogiandolo in De la poésie dramatique, viii, p. 3 I O . 30 Le ***, histoire bavarde, London, I 749 · Vedere alla Biblioteca Nazionale, Fon d Français, 22Io9, f. 43, una lettera di Le Bret a Berryer in cui si discolpa, datata dalla Bastiglia, 2I luglio I 749 · 3 1 Archivi della Bastiglia, n688. 32 « Dans la Lettre les hardiesses métaphysiqucs, et quelques portraits d'après nature, que l'auteu r y a répandus, lui ont fait une nuée d'ennemis qui ont obtenu la permission de le faire emprisonner ». « La Bigarrure » , anno citato, p. 22. 33 Archivi della Bastiglia, n687. 34 Archivi della Bastiglia, n68 I . 35 Biblioteca Nazionale, Nouv. acq. franç., I078 I . 36 I 749. p . 23. 37 Op. cit. , vol. vi, p . 26. 38 Archivi della Bastiglia, n683 . 39 Archivi della Bastiglia, n69o. 40 Archivi della Bastiglia, Io settembre I 749 , I030I ( I 749) . 4 1 Archivi della Bastiglia, I B settembre I 749, I 0694 (69 ) . 42 P. Bonnefon, op. cit. , p . 223 . 43 Parole che sono in margine ad una copia della « fiche » ora citata con­ servata alla Biblioteca Nazionale accanto a quella riprodotta alla nota I 8 . 44 Charpentier, Lettres critiques, à Londres, I 75 I , vol. II, pp. 2o-2 I . 45 Per i rapporti con la famiglia durante la prigionia vedi un articolo di C. Marcel nella « Revue des questions historiques », I928, luglio, p . IOO, in cui è pubblicata una lettera del padre di Diderot. E documento tipico della divergenza profonda di due mentalità. 46 P. Bonnefon, op. cit. , p. 208 ( 3 I luglio) . 4 7 Ibidem, p . 2IO ( Io agosto) . 48 Ibidem, p. 2 I 5 ( I 3 agosto). 49 Ibidem, p. 2IO. so Ibidem, p . 2I6. SI Oeuvres complètes, pubblicate da Moland, tomo XXXVII , p . 36. 52 Op. cit. , p . 38. 53 Archivi della Bastiglia, I0302 ( I no). 54 Biblioteca Nazionale, Nouv. acq. franç., I0783 . ss P. Bonnefon, op. cit., p. 2I4. 56 « La Bigarrure » , 30 ottobre I 749, p. 6 I . 57 Mme d e Vandeul, Mémoires, vol. I , p . XLIV. 58 Vedere per esempio « La Bigarrure » , data citata. 59 Vol. XIX, p. 422 .

26 Vedi ad esempio « La Bigarrure ,., La Haye I 749, tomo

308

VII

L'affare de Prades

1 Observations sur la Littérature moderne ( dell'abate de la Porte) , 1752,

vol.

VII,

p. 139·

2 « L'Observateur anglais », 1778, tomo

I,

p . 280.

3 La sua « fiche » si trova nella Biblioteca Na2ionale, Nouv. acq. franç.,

10783. 4 Il testo è stato ristampato più volte. Ci serviremo di quello che accom­ pagna l'Apologie di M. l'abbé de Prades, A Amsterdam, 1752, vol. I , pp. I-79· s Enciclopedia, « Discours préliminaire », p. n . 6 Op. cit. , p . I . Un dettagliato confronto tra la tesi e i l « Discours pré­ liminaire » si trova negli incartamenti di Joly de Fleury, riuniti nel corso dello scandalo. � troppo lungo per esser riprodotto qui integralmente. Esso è assai convincente. Cfr. Biblioteca Nazionale, fondo Joly de Fleury, 292 , fogli 327-330. 7 Op. cit. , p. 3 · 8 Ibidem. 9 Op. cit. , p. 5 · Su quest'idea, un contemporaneo annotò : « Cette maxime toujours pernicieuse, qui que ce soit qui l'avance, est encore tout autrement suspecte dans la bouche des partisans de I'état de nature. Ces messieurs ne regardent point la société comme un état primordial, institué de Dieu meme. L'homme né libre, indépendant pourrait conserver sa liberté natu­ relle, ce n'est que par un choix volontaire qu'il a fait un corps de société . . . » . Joly d e Fleury, f. 3 1 8 . I O Gourlin, Observations importantes a u sujet de la thèse d e M . de Prades ristampata nella raccolta dell'abate Paris (vedi nota 136), pp . 293-294. I l Le Réflexions d'un Franciscain sur les trois volumes de l'Encyclopédie avec une lettre préliminaire aux éditeurs, Berlin, 1754, insistono molto su questo parallelo ( pp. I9o-19 1 ) , specialmente per quel che concerne i mira­ coli. � possibile che questa influenza sia giunta a de Prades attraverso Diderot. 12 Op. cit. , p. 2 1 . 13 Ibidem. 14 Il parallelo tra i due scr1tt1 era suggerito da Mey nelle sue Re­ marques sur une thèse ... (vedi nota 83), p. 2 1 : « C'est ce que soutient l'auteur de la Préface de Telliamed. Il fait consister la Providence à avoir créé un monde qui, sorti du néant, peut se conduire tout seui ; la puissance de Dieu lui paratt d'autant plus éclater dans ses ouvrages, qu'ils ont moins besoin que sa main les soutienne et les gouverne; comme une montre est plus parfaite à proportion que les soins de l'ouvrier lui sont moins né­ cessaires ». Questo Telliamed, ou Entretiens d'un philosophe indien avec

un missionnaire français sur la diminution de la mer, la formation de la te"e, l'origine de l'homme, Amsterdam, 1 748, di Maillet, edito da J. Ant.

Guer è effettivamente un importante documento dell'illuminismo naturali­ stico. Guer ha scritto anche uno dei libri più completi sulle idee del XVIII secolo concernenti le bestie : Histoire critique de l'ame des betes . . . , Amster­ dam, 1 749 , in cui parla a lungo di Campanella. Dettagli sulla sorveglianza della polizia sulle sue opere si trovano negli Archivi della Bastiglia, 10302. I S II parallelo tra la tesi e Le Monde, son origine, son antiquité, Paris, 1 75 1 , è suggerito dalle Réflexions d'un Franciscain . . . (dr . nota n ), p. n . 16 Op. cit., p . 9 · Ecco il testo corrispondente di Diderot : « Les médita­ tions sublimes de Malebranche et de Descartes étaient moins propres à ébranler le matérialisme qu'une observation de Malpighi . . . Ce n'est que dans les ouvrages de Newton, d'Hartsoeker et de Nieuwentijt, qu'on a trouvé cles preuves satisfaisantes de l'existence d'un etre souverainement intelligent », vol. I, pp. 132-133 . I due testi sono già stati confrontati da M. Simon, dottore alla Sorbona, nel suo libro Thesis ]oannis-Martini de Prades, Theologice discussa, et impugnata, Paris, 1753, che è forse il più serio esame della tesi dal punto di vista teologico. Egli ha istituito anche altri confronti tra l'opera di de Prades e le Pensées philosophiques, alcuni convincenti, altri meno. Quanto al libro di Simon, se ne può leggere un'analisi interessante nel « Journal de Trévoux » , giugno 1 753 · Ecco quanto riguarda il nuovo dei­ smo e la Provvidenza. Secondo de Prades gli antichi deisti respingevano la Provvidenza « parce que ils ignoraient que chaque corps organisé a son germe : cette découverte, réservée aux Malpighi, aux Muschenbroek, etc., en a fait autant de hérauts de la Providence et, voilà, selon la thèse, cette révélation plus abondante dont la lumière, éclairant le théisme, l'a élevé à un déisme plus parfait que celui cles anciens philosophes . Une Providence, qui étend ses soins à la Terre, et qu'on reconnait dans la formation cles germes dont elle a pourvu !es corps organisés, une pareille Providence est un dogme que tous nos déistes sont prets à confesser », pp. 143 1 sgg. Ten­ tativo interessante - come si vede - per capire in termini teologici il vitalismo ed il naturalismo del XVIII secolo. Bouiller è forse il più esplicito tra i confutatori nelle sue accuse a Di­ derot : « Après tout - dice - de Prades doit convenir qu'une société de travail avec l 'auteur cles Pensées philosophiques et de la Lettre sur les Aveugles a pu facilement rendre sa religion suspecte ». Court Examen . . . (citato nella nota n 7 ) , pp . 29-30. È lui forse che dice l a parola decisiva sul­ l'ortodossia dell'abate de Prades chiamandolo « un homme qui a trouvé le secret de se mettre à dos tout à la fois le Pape, la Sorbonne, les Eveques, le Parlement, les Jésuites, et les Jansénistes, et qui n'a d'autres certificats d'orthodoxie, que ceux que lui peuvent donner les Philosophes Encyclo­ pédistes ». Op. cit. , p. 165. 1 7 Op. cit. , p. 7 · Ecco i l testo corrispondente d i Voltaire : « Lorsqu'on croyait, avec Epicure, que le hasard fait tout, ou, avec Aristote, et meme avec plusieurs anciens théologiens, que rien ne natt que par corruption, et qu'avec de la matière et du mouvement le monde va tout seui, alors on pouvait ne pas croire à la Providence. Mais depuis qu'on entrevoit la na­ ture, que les anciens ne voyaient pas du tout, depuis qu'on s 'est aperçu que tout est organisé, et que tout a son germe . . . alors ceux qui pensent ont adoré, là où leurs devanciers avaien t blasphémé ». Déisme, pubblicato nel 1 742 nel tomo v delle Oeuvres, poi ristampato sotto il titolo di Théisme nella terza parte dei Mélanges nel 1756. Cfr. ed. Moland, vol . xx, pp . 505506 e nota 2 . 1 8 Op. cit. , p. 9 · Ecco il testo d i Voltaire : « Le théisme est une religion

3 IO

répandue dans toutes les religions, c'est un métal qui s'allie avec tous les autres, et dont les veines s'étendent sous terre aux quatre coins du mon­ de ». Déisme, ed. citata, p. 505 . Ecco un altro testo caratteristico : Notre religion révélée n 'est meme et ne pouvait etre que cette loi naturelle perfectionnée. Voltaire,

Déisme, ed . cit., p. xo6

La religion révélée n'est elle-meme et ne peut etre que la loi natu­ relle, avec ce que les lumières de la rcligion pe�ven� y ajouter. (Le texte latm d1 t : nec esse potest alia a lege narurali magis evoluta). De Prades,

19

Op. cit. , p .

Thèse, p. I I

x.

20 P . Brotier, Examen de l'apologie de M . l'abbé de Prades, 1753, p . 5 · Brotier aggiunge un'osservazione penetrante a proposito delle idee po­ litiche della « Thèse »: « Je ne vois de différence bien marquée entre Hobbes et vous, sinon que Hobbes a mieux raisonné que vous. Son prin­ cipe une fois admis, il en résulte une société féroce, où la loi du plus fort doit dominer, où le Prince ne peut gouverner siìrement qu'autant qu'il se maintient dans une autorité sans bornes. Vous, Monsieur, vous voudriez faire résulter des memes principes une société sage et équitable ». Diffe­ renza identica a quella di gran parte del XVIII secolo di fronte a Hobbes. 2 1 P . Brotier, op. cit. , p. 25. 22 Questa frase si trova nelle note anonime dell'edizione dell'Apologie fatta da Rey ad Amsterdam, 1753, pp. 6-7, nota 2. Quest'edizione fu pub­ blicata nel dicembre 1 752 (dr. Court examen .. citato nella nota I I? nel verso del titolo) . 23 Luynes, Mémoires, vol . X I , p . 369 . (La Gerusalemme celeste e Tutti i Santi sono termini equivalenti ) . 24 Esse s i trovano i n fondo alle Réflexions d'un Franciscain (dr. nota I I ) , pp. 179 sg. « Qu'on compare - dice i l polemista - l a " Tentative ", la " Mineure " et la " Sorbonnique " de l'abbé de Prades avec sa " Majeure ", on apercevra bientòt une différence si sensible, qu'elle ne permet pas de croire qu'elles partent d'une meme main » (p. IO). E sebbene questo genere di confronti lasci sempre dei dubbi, la lettura delle differenti tesi sembra dar ragione all'autore citato. 25 Per la storia della condanna, vedi gli Acta Sacrae Facultatis pari­ siensis circa ]ohannem Martinum de Prades Parisiis, 1754, come pure Pièces nouvelles et curieuses sur l'affaire de l'abbé de Prades, sl., I 7.54· 26 Vol. I , p . 48 . 7:1 Les cinq années littéraires . . . , Berlin, 1755, 1.5 gennaio 1753, p. 410. Per una discussione minuziosa dell'attribuzione a Voltaire di questo pam­ phlet, vedi R. Naves, Voltaire et l'Encyclopédie, Paris, 1938. 28 Vol. II, p. 862, articolo « Certitude » , dove Diderot lascia de Prades discutere le sue Pensées philosophiques, ma su punti non essenziali. 29 Egli combatte, come eterodosse, le idee di de Prades, sulla cronologia mosaica. Chronologie, vol. m, pp . 394-395. 30 Apologie, parte 1, p. VII : « Des personnes habiles à profiter de tout, se servirent de ce premier cri pour en pousser de plus forts contre ma thèse et contre l'Encyclopédie, car elles eurent bien soin de ne séparer jamais l'une d'avec l'autre ; afin que si l'on venait à condamner ma thèse, le meme coup frappat en meme temps sur l'Encyclopédie, contre laquelle ils étaient fort animés » . 31 L e Tombeau d e l a Sorbonne, e d . Moland, vol. XXIV, pp. x8 sgg. .

...

3II

32 Vedere tutto quel che dice il marchese d'Argenson nel tomo VII del suo Journal. Diderot nella sua risposta al vescovo d'Auxerre, parlando dei gesuiti scrive : « ce sont eux certainement qui ont tramé toute cette ini­ quité », vol. I, .p. 446 . 33 Réflexions d'un Franciscain avec una lettre préliminaire, adressée à

Monsieur

***

(Diderot) auteur en partie du Dictionnaire encyclopédique,

sl., 1 752. 34 Biblioteca Nazionale, ms . 22157, f . 12, 20 gennaio 1 752 . 35 Op. cit. , pp . 32-33 (cfr., per la data, p. 6o) . 36 Cfr. Voltaire, Le Tombeau de la Sorbonne, pp. 1 8 s g . e l'Apologie, parte I, pp. 7 sg. 37 Apologie, parte I, p. VI : « Je demande pourquoi la Sorbonne a attendu que ma thèse parlìt pour proscrire en elle cles erreurs, qui se lisaient, Ics unes dans les Lettres Théologiques de M. de Bethléem et le Traité Dogma­ tique de M. Le Rouge, les autres dans les cahiers dictés en Sorbonne et dans toutes les écoles de l'Université . . . » . 38 L e Tombeau d e la Sorbonne, p. 19. 3 9 27 febbraio 1752, p. 3 3 - Per tutta l a cronaca della storia della Sor­ bona bisogna leggere le « Nouvelles Ecclésiastiques », che sono tra i do­ cumenti più completi in proposito. 40 « Nouvelles Ecclésiastiques », data citata, p. 34· 41 Ibidem. Come dicevano le « Nouvelles Ecclésiastiques » nell'articolo che inizia l'annata 1753, p. 5 : « L'affaire de la fameuse thèse trainerait encore come celle de l'Esprit des Lois et tant d'autres livres impies, si le Parle­ ment n'avait comme forcé de sortir de la stupide indolence où l'on était à cet égard ». 42 Estratto dei Registri del Parlamento citato nel Recueil de pièces, concernant la thèse de l'abbé de Prades, sl., 1753, parte I, p. 22. 43 « Nouvelles Ecclésiastiques », data citata, p. 34· 44 Ibidem, p . 35· 45 Traduciamo dal latino seguendo il testo conservato nella collezione Joly de Fleury, 292, f. 3 1 5 . 46 Tentativo d a considerarsi con qualche dubbio, dato che l'organo che ne parla (le « Nouvelles Ecclésiastiques », 5 marzo 1 752, p. 40) aveva tutto l'interesse a compromettere l'Arcivescovo di Parigi. 47 Censure de la Faculté de Théologie de Paris contre une Thèse appelée Majeure Ordinaire. . . A Paris, 1752. 4S Op. cit. , p. 4· 49 Op. cit. , p . 5· so Op. cit. , p . 6 . SI Mandement de Monseigneur l'Archevéque de Paris, portant condamna­ tion d'une Thèse soutenue en Sorbonne . . , A Paris, 1 752. 52 Op. cit. , p . 4 · .

53 « Dans ces deux volumes o n a affecté d'insérer plusieurs maximes tendant à détruire l'autorité royale, à établir l'esprit d'indépendence et de révolte, et sous cles termes obscurs et équivoques à élever les fondements de l'erreur, de la corruption cles moeurs, de l'irréligion et de l'incrédulité » . 54 D'Argenson, ]ournal e t Mémoires, tomo V'II, p. 122. 5 5 Nella collezione Joly d e Fleury si trova u n a serie d i note intitolate « On prétend » che registrano le voci correnti allora sulla tesi e sul suo autore. Vi si legge per esempio: « On prétend que l'abbé de Prades a été congédié cles Bons Enfants à cause de ses mauvais sentiments et meme

312

de Saint-Sulpice », notizia che si ritrova qua e là negli scritti di numerosi confutatori della tesi. (Collez. citata, ff. 3 1 0-3 14). 56 Nella collezione Joly de Fleury si trova il Cérémonial d'un licencié qui se dispose à soutenir une ma;eure avant le ;our de la Thèse, descrizione molto dettagliata e precisa dei controlli teologici attraverso i quali aveva dovuto passare de Prades. (Collez. cit., f. 324). 57 L'« arret » del Parlamento dell'n febbraio è riprodotto nel Recueil (citato alla nota 42) , p. 32. 5 8 Il decreto di « prise du corps » si trova negli Archivi Nazionali Xia, 8485, f. 288. 59 Archivi della Bastiglia, n8o1 . 60 Collez. Joly de Fleury, f. 3 1 6 . 6 1 D'Argenson, ]ournal e t Mémoires, vol. VII , p. 97· 62 Collez. Joly de Fleury, f. 321, lettera dell'intendente di Montauban, in data del 26 febbraio 1752. 63 « Si [ de Prades] est bien conseillé, il ira voir le roi de Prusse, qui lui donnera quelque bon bénéfìce en Silésie, et, de là, il enverra son apologie en France ». Op. cit., p. 109. 64 Vedi nota 54· 65 Essa si trova riprodotta nel Recueil (citato alla nota 42), p. 35· Eccone la descrizione: « Le lointain du tableau présente le territoire de Jérusalem, dont le Mont Golgotha borne l'horizon. Sur le sommet de la montagne s'élève une colonne où réside la Vérité, tenant de la main droite une Gioire céleste qu'elle admire, dans la gauche est l'Evangile et la Palme, symbole de l'�glise, et de son incorruptibilité victorieuse. Près de cet édifìce parait un illustre prélat les mains levées vers le ciel... le front du tableau repré­ sente la religion, soutenue par le roi, qu'elle regarde avec confìance .. Le roi terrasse l'Hydre de l 'Erreur, don t il abat les orgueilleuses tetes avec son sceptre de Justice .. » . 66 L'Instruction Pastorale de Monseigneur l'Eveque d'Auxerre, sur la vérité et la sainteté de la Religion, méconnue et attaquée en plusieurs chefs, par la Thèse soutenue en Sorbonne . è riprodotta nella raccolta dell'abate Paris (dr. nota 136) e ad essa si riferiscono le nostre indicazioni di pagina. 67 Op. cit. , p. 6 . 68 Op. cit., p. 7 · 69 S i trova anche nella raccolta dell'abate Paris (dr. nota 1 3 6 ) , pp. 2 1 6 sg_ 1o Op. cit., p. 1 2 . 7 1 Ibidem, p. 1 3 . 72 Ibidem, p . 5 3 · 73 Ibidem, p . 8 7 . � la parte filosoficamente più interessante del documento. 74 Ibidem, p. 93· 7 5 Ibidem, p . 107. 76 Nell'ultimo numero dell'annata 1751 vi è una semplice allusione alla tesi. La prima volta che si parla diffusamente dell'affare de Prades nelle « Nouvelles Ecclésiastiques », è nel numero del 27 febbraio 1 752. 77 27 febbraio, p. 3 3 · 78 Ibidem. 79 27 febbraio, p. 34· 80 12 marzo, p . 43 · 8 1 Ibidem . 82 12 marzo, p. 44· Per le ripercussioni all'interno della Sorbona dello scandalo de Prades, vedi : L. J. Hoocke : Lettre . . à Mgr l'archeveque de Paris, s.I.n.d. .

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..

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3I3

83 Remarques sur une thèse soutenue en Sorbonne le samedi JO octobre I7JI, par M. l'abbé de Loménie de Brienne présidé par M. Buret, professeur

royal en théologie. Il « Journal de la Librairie » tenuto da Hémery ne parlò in data 9 marzo 1752 (Bibl. Naz., Fond Français, 22157, f. 23). Già al principio di febbraio (dr. Fond Français, 22157, f. 23) circolava una lunga poesia giansenista intitolata Apologie de M. l'abbé de Prades à MM. les docteurs de Sorbonne dove si attribuiva apertamente ai gesuiti l'errore d'aver aperto, con le loro novità in fatto d'idee teologiche, la via ai filo­ sofi illuministi. Ecco alcuni passaggi caratteristici di questa poesia. Li ri­ portiamo qui perché si tratta d'un documento poco conosciuto : Aussi vous a-t-on vus proscrire sans respect Ces pédants hérissés de latin et de grec Mais dont le très borné génie, Implacable ennemi de toute invention, Ne savait enchasser dans leur théologie Que la Sainte Ecriture et la tradition. Ils ne connaissaient point cet esprit de système, Qui fait tenir en main la règle et le compas Et qui jusqu'aux mystères meme Rejette hautement ce qu'il ne comprend pas. Ce que Cécile et Plaute ont pu, Virgile croit pouvoir le faire ; Molina, Suarez, Lemoine, Tournely, Sont vos docteurs et vos ap{>tres; Les miens Locke, Hobbes, Leibnitz, Newton aussi; Et je crois que ces messieurs-ci Valent bien autant que les vòtres. Savez-vous que c'étaient de fort honnetes gens? Hommes subtils, intelligents, Et qui de l'erreur adorée Abhorrant l'empire odieux Portèrent leur oeil curieux Jusques au bout de l'empirée? De là contemplant l'univers Dans l'amas infini des attributs divers Ils trouvèrent le dieu supreme, Ce dieu, cet etre universel, Etre puissant, etre éternel, En un mot la Nature meme. Già a quell'epoca s'era sparsa la voce che Yvon collaborava all'Apologie dell'abate de Prades : altri versi della poesia ce l'attestano. Questi versi furono stampati sotto il titolo di Apologie de l'abbé de Prades à MM. les docteurs de la Sorbonne, avec une analyse du livre intitulé L'Esprit des Lois, 1752, I I pagine. La tesi fece nascere numerosi epigrammi, se ne trovano qua e là nei periodici dell'epoca, altri ancora nel « Journal de la Librairie ». Sono per lo più d'ispirazione giansenista. 84 Op. cit., p. x . La tesi di Loménie de Brienne si trova nella collezione Joly de Fleury, 292, f. 290. 85 (Comte de Bissy e J. Busson), Histoire d'Ema, due parti, I7)2. Son rare le pagine interessanti di questo racconto. J. Busson è quel medico che

aveva riveduto la traduzione del Dizionario di Medicina di James fatta da Diderot, Toussaint e Eidous. Sull'importanza che ebbe l'entusiasmo di Diderot per trasformare il sen­ sismo d'origine lockista in strumento di lotta anticristiana, vedi Bouiller, Court Examen ... , (citato a nota I I7), p. 47 : « Non seulement il est à craindre qu'on tire ces conséquences, mais les libertins les ont actuellement tirées. Sans remonter à ceux du passé, à un Herbert, à un Hobbes, etc ... le Sr. Diderot très bien connu de M. l'abbé de Prades, dans sa Lettre sur les Aveugles à l'usage de ceux qui voyent, fait clairement entendre que la morale varie, non seulement suivant les nations et les climats, mais aussi qu'elle a plus ou moins d'étendue selon le nombre de sens de nature dont on est doué; que les aveugles, par exemple, en ont une bien différente de la notre . . . » , p. 47· 86 Observations importantes au suiet de la tbèse de M. de Prades, segna­ late nel « Journal de la Librairie » (Fonds Français, 22157, f. I I3 , in data 17 settembre 1 752 ) e inserite nella raccolta dell'abate Paris (dr. nota 136), p. 2 5 � sg. lf1 Op. cit. , p. 323 . 88 Ibidem, pp. 387-388. 89 Ibidem, pp. 388-389 . 90 Ibidem, p . 254. 91 Mémoires bistoriques et pbilosopbiqttes sur la vie et les ouvrages de M. Diderot, Paris, 1 8 2 1 , p. 161 . Naigeon sostiene che nell'elaborazione della tesi la parte di Diderot si riduce al « conseil qu'il donna aux deux auteurs ( Prades et Yvon) de sortir un peu de la route ordinaire, et de faire entendre quelquefois aux oreilles endurcies des docteurs le langage de la raison. Ce qu'il leur dit à ce sujet leur parut digne d'etre recueilli et leur offrit la matière de cinq ou six positions qui, avec ce qu'ils empruntèrent de Spinoza, de Hobbes, de Ledere, etc., est à peu près ce qu'il y a de bon dans cette thèse ». Infatti, per una tesi di teologia in Sorbona, poteva bastare. 92 Cinq années littéraires, vol. II, p. 392 : « Il y a des morceaux, la fin surtout, plus forts que lui, dit-on, et qu'on croit faits par Bossuet res­ suscité ». Vedi anche l'opinione di Buffon riportata da Naigeon, vol. I , p. 4 8 2 . 93 Vol. I , p . 45 1 , cfr. mms . dell'Ermitage, vol. XVIII. 94 Vol. I, p. 440. 95 Vol . I, p. 443 · 96 Vol . I, p . 453 · 97 Vol. I, p. 443 · 98 Vol. I, p. 444· 99 Vedi quel che dice A. Gazier nella sua Histoire générale du mouvement ;anséniste, Paris, 1922, particolarmente il vol. n , pp. 52 sgg. 100 Vol. I, p. 469 . 10 1 Vol. I, p. 445 · 102 Vol. I, pp. 445 e 446. 103 Vol. I, p. 443 · 104 Vol. I, p. 476. 105 Vol. I, p. 459· 106 Diderot stesso ci dice che passò qualche tempo tra la pubblicazione della terza parte e quella delle due prime : « Mon Apologie n'aurait eu que ces deux parties qui paraitraient à présent si l'Instruction Pastorale de M. d'Auxerre n'eut donné lieu à cette troisième, que j'ai cru devoir publier

la première, de crainte qu'elle ne vint un peu tard après les deux autres » , vol. I, p. 439 · 107 Vedi lo studio di A. Gazier: L'Abbé de Prades, Voltaire et Frédéric II, che fa parte dei suoi Mélanges de Littérature et d'Histoire, Paris, 1904. È il migliore studio che sia apparso sull'emigrazione di de Prades. Per quanto riguarda in generale lo scandalo della tesi, le sue conclusioni sono molto discutibili, particolarmente per quel che concerne i filosofi. 108 Op. cit. , p. 199. 109 Op. cit., p . 201 . 110 Voltaire, Correspondance, ed. Moland, vol. XXXV II, p. 465 ( 19 ago­ sto 17.52). 111 Ibidem. 112 La nota di polizia del 1° gennaio I 7.53 (Nouv. acq. franç. 10783 ) arri­ vava a dire : « on prétend meme qu'il a eu bonne part à la composition de sa thèse » . . 1 13 Vedi Dom Deschamps : Le vrai Système pubblicato da Jean Thomas e Franco Venturi, Paris, 1939 · 1 1 4 Oltre i contemporanei, uno scrittore cattolico moderno sostiene pure questa tesi : C. Daux, Une réhabilitation: l'Abbé de Prades, « Science catho­ lique », ottobre 1902 . Riabilitazione fondata, sia detto fra parentesi, uni­ camente sull'incoscienza del baccelliere. L'articolo non ha perciò grande in­ teresse. Una voce curiosa, riportata insieme ai « si dice » più fantastici, ci è data da « La Bigarrure » del 28 aprile 17.52, p. I.57· Si dichiarava che de Prades era appena rientrato « en grace de son éveque ». « Tout Paris - si aggiungeva - attend avec impatience cette rétractation ou abjuration qui ne fera pas beaucoup de plaisir ni d'honneur à nos philosophes mo­ demes, à nos esprits-forts qui I'avaient choisi pour etre la trompette de leurs nouvelles opinions » . 1 15 Apologie, parte I, p . I I I . 116 Op. cit. , parte I , p . IV. 1 17 Court Examen de la thèse de M. l'abbé de Prades et Observations sur son Apologie, Amsterdam, 1 7.53 . 118 Apologie, parte I, pp. IV-V. 119 Op. cit. , parte I, pp. VI-VII. 1 20 Op. cit. , parte II, p. I . 121 Ibidem, p . 3 3 · 122 Ibidem. 123 Nouv. acq . franç., 1 2 14, f. 49 · Lettera d'Hémery, in data 18 ottobre 17.52. Cfr. J. P. Belin : Le mouvement philosophique de 1748 à 1789, Paris, 1 9 1 3 , p. 66. 124 Nouv. acq. franç., I0783 : « Il paratt qu'il n'est pas riche puisqu'il va dans les maisons pour enseigner l'histoire et les belles-kttres . L'abbé Raynal qu'il connatt lui donne des pratiques tant qu'il peut ». La « fiche » è datata 19 settembre 1 7.52 . 125 Nouv. acq . franç. , 1 2 14, f. 47· « J'ai tout lieu de croire . . . par bicn de bonnes raisons que l 'Apologie de l'abbé de Prades qui vient de parattre a été faite dans cette imprimerie du consentement de Le Breton et que c'est Diderot et d'Alembert qui en sont les auteurs. Cela parait d'autant plus certain que je suis sur que Rhinville en a vendu plusieurs exemplaires qu'il a volés à l'imprimeur que je crois etre Le Breton, qui vient de le renvoyer pcut-c!tre à ce su jet ». Si tratta dell'Apologia senza l'aggiunta di Diderot poiché Hémery ci dice « qu'il manquait une troisième partie » (ms. citato, f. 49) . ...

126 Nouv. acq. franç., 1 2 14, f. 47·

127 Per esempio una Lettre d'un théologien aux évéques qui ont écrit au Roi, Deux lettres à M. l'évéque de ***, Troisième lettre du 9 juin, le Réflexions théologiques sur le premier volume des lettres de M. *** à ses élèves, ecc. 12B Cfr. Nouv. acq. franç., 1 2 14, f. 52. Lettera d'Hémery in data 7 no­ vembre 1752. Vi trovò: Oraison funèbre de la bulle Unigenitus, Prédiction d'un jeune convulsionnaire, Consultations des 40 docteurs de Sorbonne, ecc. 129 Ms. citato, f. 5 1 . « Le Sieur Prault n'a jamais voulu dire les noms cles auteurs ni cles imprimeurs de ces ouvrages, au contraire il a toujours battu la campagne en nous assurant qu'il ne connaissait ni les uns ni les autres . . . que l'Apologie de l'abbé de Prades (lui avait été apportée) par une particulière qu'il ne connaissait pas » . 1.30 Nouv. acq. franç., 1 2 14, f. I I5 - Lettera d'Hémery del 27 aprile 1754, dove parla dell'Apologia dell'abate de Prades con la sua tesi e le altre pezze giustificative : tre parti in 8° meno l'ultima « qui a été imprimée chez Le Prieur ». Anche presso quest'ultimo la polizia trovò un gran numero d'opere gianseniste. 1 31 Gennaio 1753, pp. r 67-1 89. 132 Se ne parlava a Parigi nei primi giorni del 1753 . (Cfr. nota 1 34). 133 D'Argens, Histoire de l'esprit bumain, Berlin, 1 767, tomo ro, p . 350, nota r . Questa storia contiene anche altre testimonianze sulla collaborazione di Yvon all'Apologie e mostra una volta ancora come de Prades fu consi­ derato uno strumento dei « philosophes ». Vi si trova anche una pagina interessante sulla vita di de Prades in Prussia. 134 Cinq années littéraires, 15 gennaio 1 753 , vol . II, p. 410. È, del resto, quel che dice il « Journal de la Librairie » (Fonds Français 22157, f. 142), 28 dicembre 1 752 : « Cet ouvrage est très rare à Paris, où il n'y est venu que quelques examplaires par la poste » . 1 35 Lettres flamandes ou Histoire des variations et contradictions de la prétendue religion naturelle. Suite, à Mons., 1754, p. 148 . Certe voci con­ cernenti il complotto da Procope arrivarono al parlamento, che cercò di fare una piccola inchiesta nella metà marzo 1 752 . (Cfr. Collez. Joly de Fleury, 292, f. 320) . 1 36 La Religion vengée des impiétés de la Thèse et de l'Apologie de M. l'abbé de Prades. . . , A Montauban (Utrecht), 1 754. 137 Paris, 1759, 2 voli. 138 Op. cit. , tomo 1 , pp . v-vr. 1 39 Ibidem, tomo II, pp . 329-3 30. 140 Avignon, 1771 . 141 Op. cit. , pp . 159 sg.

317

VIII

La

«

Lettre sur les Sourds et les Muets

»

1 Lettre à Mademoisclle *** (La Chaux), annessa alla Lettre sur les Sourds, vol. I, p. 398. « Non mademoiselle, je ne vous ai point oubliée. J'avoue seulement que le moment de loisir qu'il me fallait pour arranger mes idées s'est fait attendre assez longtemps. Mais enfin il s'est présenté entre le premier et le secon d volume du grand ouvrage qui m'occu pe, et j 'en profite comme d'un intervalle de beau temps dans des jours pluvieux » . 2 Vol. XIX, p. 426. « J e viens d e recevoir d e bien loin une autre lettre sur la meme matière, et l'on me propose à cette occasion cinq ou six questions bien délicates à discuter; mais comment faire au milieu des énormes occupations dont je suis accablé? Si cependant je pouvais dérober un moment à l'Encyclopédie, je ne dis pas qu'il ne m'échappat une troisième lettre . . . » . 3 II « Journal de la Librairie » tenuto da Hémery nota alla data 18 febbraio 175 1 : « Lettre sur les Sourds et les Muets à l'usage de ceux qui entendent et qui parlent, adressée à M. Le Batteux ... de Diderot imprimée avec la permission de M. de Malesherbes par les soins de Corbie ». ( Fonds Français, 22156, f. 33 verso) . II giudizio del censore Lavirotte, che pensò si potesse permettere la stampa dell'opera di Diderot, si trova nel Fonds Français, 22138, ff. 20-2 1 (21 gennaio 1 75 1 ) . 4 « Bibliothèque impartiale » , maggio-giugno 1 75 1 , tomo III, pp. 409 sg. s César Chesneau du Marais et son role dans l'évolution de la grammaire générale, di Gunvor Sahlin, Paris, s.d. ( 1928) . Anche la bibliografia è eccellente. 6 E la definizione datane da Beauzée nella sua Grammaire générale, ou Exposition raisonnée des éléments nécessaires du langage, pour servir de fondement à l'étude de toutes les langues, 2 voll., Paris, 1 767, vol. I , Prefazione, p. x. 7 Grammaire générale et raisonnée, Paris, 1 754. 8 Op. cit. , vol. I , Prefazione, pp. XVI-XVII. 9 Sulle idee di du Marsais sull'inversione, che saranno fondamentali per tutti i grammatici del Settecento, vedi il capitolo III del già citato libro di G. Sahlin . 10 Vedi Hubert : Les sciences sociales dans l'Encyclopédie, dove però il problema è trattato da un punto di vista più sociologico che :filosofico. L'autore si preoccupa più della cultura storico-linguistica degli enciclopedisti che non delle loro teorie sulla base del linguaggio. Perciò dà un'importan­ za tanto grande a Turgot, che invece, sul terreno :filosofico, mi pare ne abbia una abbastanza limitata. 11 Op. cit. , vol. II, libro III, cap. IX : « De l'ordre de la phrase », p. 464. 12 Op. cit. , p. 465 . 13 Ibidem. 14 Pluche, La Méchanique des langues, Paris, 175 1 e Chompré, Intro-

3 I8

duction à la langue latine par la voie de la traduction, Paris, 1 75 I . 1s Op. cit. , p. 465 . 16 Ibidem. 17 P. I 5 , nota a) . Batteux riprendendo a discutere il problema in occa­ sione della grammatica di Beauzée, scrisse nel I 767 un opuscolo intitolato Nouvel Examen du Préiugé sur l'Inversion, pour servir de réponse à M. Beauzée, professeur de l'E.cole Militaire in cui egli ritorna su questa idea del cuore : « Eh! comment le coeur, ce ressort si puissant, si universel, qui comprend l'homme tout entier, pourrait-il ne pas influer sur le langage, qui n'a été fait originairement que pour lui, pour demander le secours dans le besoin pressant? Si on dit tous les jours que le langage du coeur est le langage de la nature; l'ordre du coeur dans le langage est clone l'ordre de la nature » (p. 43 ) . Vedi pure le interessanti considerazioni « où on examine la pensée de M. du Marsais sur l'inversion », pubblicata come « Lettre III », nel libro di Batteux: De la construction oratoire, Paris, I 763, ristampa aumentata delle Lettres à l'abbé d'Olivet. 18 Op. cit. , pp. I 3-I4. 19 Op. cit. , p . I4. 20 Op. cit. , p . 56. Batteux insisteva con maggior chiarezza su quest'idea nel suo opuscolo polemico contro Beauzée: « M. l'abbé Batteux conviendra sans doute - scriveva in terza persona - qu'on parle pour énoncer sa pensée. Mais il priera M. Beauzée d'observer qu'il y a un autre but au-delà, qui est de mettre dans l'esprit cles autres les sentiments qu'on a, et comme on les a. C'est la fin de celui qui parle, le langage n'est que le moyen qu'il emploie. Or, on sait qu'en tout genre d'action, c'est la fin qui règle l'ordre cles moyens aussi bien que leur choix », p. I 3 . 2 1 Op. cit. , p. 36. 22 Essai sur l'origine des connaissances humaines, ouvrage où l'on réduit à un seul principe tout ce qui concerne l'entendement humain, Amsterdam, I 746, tomo II, cap. XII, « Des inversions » . 23 Oeuvres d e Condillac, Paris, A n V I ( I 798), vol. v ; « Cours d'études » , « La Grammaire » , p . 336. 24 Op. cit. , p . 335, nota I . 2S Essai, vol. II, p . 7 · 26 Op. cit. , p . I I . ZT Ibidem, p . I20. 28 Ibidem. 29 Ibidem, p. I 5 . 30 Ibidem, p . I 9 . 3 1 Ibidem, p . I02. 32 Ibidem, p . I04. 33 Ibidem, pp . I07-I08 . .14 Ibidem, p. I89. 3S Ibidem, p. Ioo. 36 Ibidem, pp. 203-2 I4. '51 Ibidem, p. 2I4. 3 8 Ibidem, p. 2I4. 39 Vol. I , p . 347· 40 Vol. I, p. 349 · 41 Vol. I, p. 351 . 42 Vol. I, p. 354· 43 Ibidem. 44 Vol. I , p. 36o.

319

Op. cit. , p. 1 2 2 . Op. cit. , p. 1 6 . 4 7 Vol. I, p . 364. 48 Vol. I, pp . 371 e 363 . 49 Vol. I, p. 371 . so Ibidem. Vedi anche vol . I, p. 388. 51 Vol. I, p. 354· 52 Vol. I, p . 369 . 53 Vol. I, p. 374 · 5 4 Vol. I, p. 375 · 55 Vol. I, p. 356. 56 Vol. I, p. 385. Cfr. la frase : « Tout art d'imitation ayant ses hiéro­ glyphes particuliers, je voudrais bien que quelque esprit instruit et délicat s'occupat un jour à les comparer entre eux » . 5 7 Vol. I , p. 384. 58 Enciclopedia, vol. v , p. 637. 59 Ibidem, p. 637 verso. 60 Specialmente l'Essai sur l'origine des langues où il est parlé de la mélo­ die et de l'imitation musicale che fu pubblicato soltanto nel 1 78 1 , nelle Oeuvres posthumes de ]. ]. Rousseau ou Recueil de pièces manuscrites, pour servir de supplément aux éditions publiés pendant sa vie, Genève, 1 7 8 1 , tomo nr, pp. 2 n sgg. È l'edizione d i cui c i siamo serviti. La Lettre sur la musique française apparsa nel 1 753 e altri vari frammenti che a queste opere si devono ricollegare, pubblicati da M. G. Streckeisen-Moultou nelle Oeuvres et correspondance inédites de ]. ]. Rousseau, Paris, 1861, pp. 291 sg., formano un complemento utile per intendere le idee linguistiche di Rousseau. 61 Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes, Amsterdam, 1755, p. 45 · 62 Cfr. le Confessions. 63 Essai sur l'origine des langues, p. 2 1 6 . 64 Op. cit. , p. 281 . Distinzione che del resto si trova già i n Condillac : « Le climat n'a pas permis aux peuples froids et flegmatiques du nord de conserver les accents et la quantité que la nécessité avait introduits dans la prosodie, à la naissance des langues . . . Quand ces barbares eurent inondé l'empire, et qu'ils en eurent conquis toute la partie occidentale, le latin confondu avec leurs idiomes, perdit son caractère. Voilà d'où nous vient le défaut d'accent que nous regardons comme la principale beauté de notre prononciation : cette origine ne prévient pas en sa faveur . . . » , Essai, vol. n, p. 87. 65 Oeuvres et correspondance . .. , cit., p. 299 . 66 Essai sur l'origine des langues, p. 258. Cfr . : « Les premières histoires, les premières harangues, les premières lois furent en vers; la poésie fut trouvée avant la prose; cela devait etre, puisque les passions parlèrent avant la raison » , p. 288. 67 Op. cit., p . 255, nota. 68 Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes, Amsterdam, 1 755, p. 5 3 · 69 Essai sur l'origine des langues, p . 325. 70 Essai sur les étéments de philosophie, ou sur les principes des con­ naissances humaines, nei Mélanges de Littérature, d'histoire et de philo­ sophie, nuova ediz., Amsterdam, 1 759, tomo IV, p. 150. 71 Nei Mélanges citati, vol. v, pp. 165 sg. 45

46

320

n

Op. cit., p. 192 .

73 Vol. I, p. 384. 74 Op. cit., p. 188. 1s «

Joumal de Trévoux » , febbraio-marzo x n x .

76 « Bibliothèque impartiale » , maggio-giugno 1751, tomo m, pp. 409 sg. 77 Op. cit., pp. 416-417. 78 Le Réflexions philosophiques sur l'origine des langues, et la signification

des mots, furono pubblicate una prima volta nel 1748, poi ristampate con una polemica interessante contro Boindin nelle Oeuvres di M. de Mau­ pertuis, Lyon, I 7:J 6, pp. 253 sgg. 79 Op. cit. , p. 299 . 80 Vol. I, p. 287. 8 1 Ibidem. 82 Vol. I, p. 281 . 83 Vol. I, pp. 293-294. 84 Vol. I , p. 294. 85 Vol. I, p . 287. 86 Vol. I , p. 305 . ! la frase con la quale comincia l'Essai sur l'origine des connaissances humaines. 87 Vol. I, pp. 2 1 8-219. 88 Vol. I , p. 295. 89 Vol. I , p. 304. Boullier, nelle sue Observations au suiet de la Lettre sur les Aveugles, Pièces philosophiques et littéraires, 1759, p. 162, protesta contro l'interpretazione data da Diderot alle idee di Berkeley: « Notte écrivain est bien mal instruit de l'opinion du fameux docteur Berkeley sur les idées, puisqu'il la confond avec l'extravagance de ces idéalistes, lesquels, sous prétexte qu'ils n'ont conscience que de leur existence, et des sensa­ tions qui se succèdent au dedans d'[email protected], n'admettent pas autre chose » . Boullier è un traduttore ed un ammiratore del filosofo inglese. 90 Vol. I, p. 326. 91 Ibidem. 92 Vol. I, p. 320. 9J Vol. I, p. 321 . 94 Vol. I , p . 323 . 9S Vol. I, pp. 3 1 9-320. 96 Vol. I, p. 320.

321

IX «

l

De l'Interprétation de la Nature ,.

Vol. II, p. I 6 . Ibidem. 3 Vol. II, p. I 5 . 4 Ibidem. 5 Vol. II, p. 53· 6 Pens�es philosophiques, vol. I, p . 128. 7 Vol. II, p. 53· 8 Ibidem. 9 Vol. II, p. 54· 10 Vol. II, p. 57· u Vol. II, p. I 2 . 12 Vol. II, p. I4. 13 Vol. II, p. I 3 . Vedi tutta una descrizione sociologica di tale ciclo alla Pens�e v, pp. I I·I2. 14 Vol. II, p. 39 · Diderot parla anche di « philosophie expérimentale », p. I 2 . 1 5 Vol. II, p. I4. 16 Vol. II, p. 20. 17 Ibidem. 18 Vol. II, p. 24. 19 Vol. II, p. n . 20 Vol. II, p . Io. 21 Vol. II, p. 23 . 22 Vol. II, p. 24. 23 Ibidem. 24 Ibidem. 25 Ibidem. 26 Vol. II, p. 22 . 27 Ibidem. 28 L'articolo « Art ,. accompagnava la prima Lettre di Diderot al P. Berthier, vedi sopra, cap. VIII, nota 75 · 29 Enciclopedia, vol. I, p. 7I4. 30 Ibidem. 31 Vol. II, p. 4I . 32 « Mercure de France », gennaio I 754, p. I30. 33 Vol. II, p. x 8 . 34 Torlais, R�aumur, Paris, I937· 35 Vol. II, p. :J I . 36 Vol. II, p. 38 . 1 37 Oeuvres de Francis Bacon Chancelier d Angleterre1 traduites par Ant. 1 de La Salle. A Dijon, Anno 8 della Repubblica, Prefazione del traduttore, p. LXIV. 2

322

38 Vol.

II, p. 38. Diderot torna a Shaftesbury, dopo i suoi tentativi cosmologici delle Pensées philosophiques e della Lettre sur les Aveugles. «l Vol. II , p. 6o. 41 Vol. II, p . 9 · 42 Ibidem. 43 Ibidem. 44 Vol. II, pp. 45 sg. 45 Ristampata sotto il titolo Système de la Nature, nelle Oeuvres di Maupertuis, Lyon, I 759, vol. I, pp. I35 sgg. 46 Vol. II, p. 45 · -rt Op. cit. , pp. I 52·I54· 46 Réponse aux obiections de M. Diderot, Oeuvres, cit., p. I65 . 49 Grimm, Diderot, ecc., Correspondance littéraire, vol. II, pp. 35 I-352. 50 Vol. n , p . 49· 5! Ibidem. 52 Ibidem. 53 Vedi nota 45 · 54 « Le dictionnaire encyclopédique entrepris par MM. d'Alembert et Di­ derot va bien, le premier volume est presque achevé: je l'ai parcouru, c'est un très bon ouvrage ». Lettera del 24 aprile I 75 I , citata da Flourens, Bulfon, Paris, I 844, p. XXJçVI. Cfr. anche Correspondance inédite de Bulfon, Paris, I 86o, tomo I, p. 49· 55 XIX, p. 422. Queste note sono forse riassunte nell'articolo « Animai » dell'Enciclopedia che, contrariamente agli altri, è composto come un'espo­ sizione dei differenti aspetti della teoria di Buffon, seguiti da una discussione. 56 Histoire naturelle, Paris, I 749, vol . I, p. 4· 57 Op. cit., p . 54· ss Op. cit. , p. 6. 59 Op. cit. , p . I 2 . oo Vedi i n particolare l'interessante opera d i Lignac Lettres à un Amé­ riquain, Hambourg, I75 I . In questo libro, interessante per chi voglia co­ noscere la reazione dei tradizionalisti alla nuova scienza, Buffon è accusato apertamente di empietà. Ci dice che « les matérialistes regardent son énorme préface comme . . . le rétablissement de l'épicurisme » (tomo I, p. 4) . Ag­ giunge che « dans ses ouvrages tout s'opère fortuitement, les animaux meme se composent d'éléments qu'il appelle vivants, et également propres à entrer dans la construction des animaux et des végétaux. Il est vrai qu'il met l'efficace de l'attraction à la piace du hasard d'Epicure; mais les matérialistes ne trouvent pas mauvais qu'il ait apporté cette modification au système de leur mattre » (tomo I, p. 5 ) . Parlando dei libri eterodossi dell'epoca, scrive, dopo aver riportato il passaggio in cui Buffon nega di averli letti : « Il ne les a pas lus, et il a très bien fait. Si la raison est naturellement chrétienne, le coeur ne l'est pas : les passions qui font sa vie sont mises trop à l'étroit par le christianisme, pour ne lui etre pas opposées . . . » (Lettera 8, p. 3 ) . Parole rivelatrici dell'efficacia dei nuovi illuministi. 61 Observations de Lamoignon-Malesherbes sur l'Histoire Naturelle générale et particulière de Bulfon et Daubenton, 2 voli., Paris, anno VI ( I 798). 62 Op. cit. , vol . I , pp. 33-34. 63 Op. cit. , vol. I, p. 38. 64 Op. cit. , vol. I, p . 39· 65 Ibidem. 66 Un articolo del I 859 di Thomas H. Huxley, raccolto nel suo volume 39

323

Darwiniana, London, I893, è quanto di meglio ci sia stato dato trovare sulla questione. Combatte le opinioni di Flourens, limita il significato della scienza settecentesca. 67 Marcel Landrieu, Lamarck, Paris, I909. Si trova in quest'opera una accurata e larga discussione di tutto il problema del trasformismo nel Sette­ cento, sempre da un puro punto di vista scientifico. 68 Una descrizione dettagliata di questa prima edizione, con una foto­ grafia del frontespizio si trova in Avenir Tchemerzine, Bibliograpbie d'Édi­ tions originales et rares d'auteurs français ... , vol. IV, Paris, I930, pp. 442, 443 · Vi si dice che nel passaggio da un'edizione all'altra « le texte est remanié et augmenté considérablement ». Ci siamo rivolti al libraio M. G . Heilbrun, che era stato possessore di questa edizione, ma, malgrado il suo cortese interessamento, ci è stato impossibile consultare questo raro esemplare. 69 « Annonces, affiches et avis divers », mercoledl 23 gennaio I7.54, p. I 3 . 70 « Mercure d e France », gennaio I7.54, p. I30. 71 « L'année littéraire », I 7.54, p. I4. 72 Op. cit. , p. I . 73 Op. cit. , p . I 3 . 74 Grimm, Diderot, ecc., Correspondance littéraire, vol. II, pp. 3.5I-3.52 . 75 Essai sur la formation des corps organisés, Berlin, I 7.54· 76 Op. cit. , Avvertimento, p. VII. 77 Op. cit. , Avvertimento, p. v, nota. Buffon stesso, d'altronde, aveva fatto molto per cancellare la linea di divisione tra l'organico e l'inorganico: « L'organique - dice - est l'ouvrage le plus ordinaire de la Nature, et apparemment celui qui lui coute le moins ; mais je vais plus loin, il me parait que la division générale qu'on devrait faire de la matière est mati�re vivante et mati�re morte, au lieu de dire mati�re organique et mati�re brute; le brut n'est que le mort ... ». Vol. II, p. 39· 78 « La Revue de Feuilles de M. Fréron ... » . A Londres, I 7.56, parte II, Analyse de quelques bons ouvrages philosophiques, précédée de Réflexions sur la critique, pp. I88-zz6: « Extrait des Pensées sur l'interprétation de la Nature » . Or. la Correspondance di Grimm: « Je soupçonne l'auteur de l'Analyse du Chancelier Bacon, M. Deleyre, d'etre le commissaire de cette revue ... ce qu'il y a de mieux dans cette " Revue " sont les extraits raisonnés de I'Interprétation de la Nature », di Diderot, come anche delle opere di Condillac, Rousseau e Terrasson (I0 ottobre I 7.56, vol. III, p. 287). Cfr. anche quel che dice Cornou, Fréron, Paris, I922, p. I79 · 79 Amsterdam, I7.5.5, 2 voll. :E: uno dei documenti relativi alla ripresa del baconianesimo in Francia a quest'epoca. 80 Op. cit. , p. I39· 8 1 Op. cit., p. I93 · 82 Op. cit. , pp. 2o6-2o7 . 83 Deleyre era un collaboratore del « Journal Encyclopédique » che spe­ cialmente nei suoi primi numeri è tutto rivolto alla propaganda di quel rinnovato baconianesimo di cui Diderot fu un animatore essenziale. L'arti­ colo sulle Pensées sur l'Interprétation de la Nature si trova nei numeri del I0 e del I6 gennaio I7.56. Vedi nello stesso giornale ( I0 settembre I 7)6, p. 2 I ) una recensione della Réponse aux obiections de M. Diderot, di Maupertuis. 84 Op. cit., pp. I)-I8. 85 Il numero del « Journal Encyclopédique » del I0 febbraio I7.58 difende già Diderot contro il Nouveau mémoire pour servir à l'histoire des Cacouacs,

che lo aveva attaccato, tra l'altro, per quello che egli diceva nelle Pensées sur l'Interprétation de la Nature. Il numero del 1° ottobre 1 759 risponde alle accuse dei preti di Liegi : « Mais passons aux monades leibniziennes, pour lesquelles il prétend que nous sommes passionnés, en les voyant sous la forme que M. de Maupertuis leur a donné. Quelle inexactitude dans le raisonnement qui suppose que nous goutons fort les monades leibniziennes, refondues par M. de Maupertuis ! Toute la preuve qu'on en a, c'est que nous avons avancé quelque part que M. Diderot, en retouchant le système de ce philosophe, lui a donné une vraisemblance dont !es leibniziens mé!mes ne l'auraient pas cru susceptible » . 86 (Tiphaigne d e l a Roche) Bigarrures philosophiques, Amsterdam, 1 759, tomo I , pp. I I4 sg. 87 Op. cit. , tomo I , pp. 239-240. 88 Op. cit., tomo II, pp. 17I-I72 . Altre critiche contemporanee restano più superficiali. Per esempio quella fatta da P. Clément nelle Cinq années littéraires, Berlin, 1755, tomo II, p. 445, 3 1 dicembre 1 753 : « Tant6t d'un verbiage ténébreux, aussi frivole que savant; tant6t une fausse suite de ré­ flexions à batons rompus, et dont la demière va se perdre à cent lieues à gauche de la première; il n'est presque intelligible que lorsqu'il devient trivial. Mais si vous avez le courage de le suivre à tatons dans sa caverne, elle pourra s 'éclairer de temps en temps de quelques lueurs heureuses ; telle est peut.Ctre sa conjecture sur la cause de l'éléctricité... quoiqu'il y ait encore enfiniment loin de là à quelque chose de précis, de vraiment physique, et dont on puisse faire aucun usage » . Nel IV volume dell'opera di Ddisle de Sales De la Philosophie de la Nature, troviamo un'allusione più seria al « tact sourd et obscur » che Diderot attribuisce alla materia. E non è questo che un esempio dell 'in­ fluenza delle Pensées sur l'Interprétation de la Nature su tutti quei sistemi della natura che fiorirono specialmente nella seconda parte del Settecento. Anche quando un contatto diretto con l'opera di Diderot non si può pro­ vare, le idee sono spesso simili. Più che altro a titolo di curiosità bisogna aggiungere ancora, alle varie opinioni contemporanee su queste Pensées, le pagine di Gautier d'Agoty nelle sue Observations sur l'histoire naturelle, sur la physique et sur la peinture, parte x, 1 754, p. 58. Ricollega le idee di Diderot alla teoria di Buffon sulla cometa originaria dicendo anzi che tra l'uno e l'altro di questi sistemi egli trova « beaucoup de rapport ». « Qui est-ce qui ne croirait pas, en lisant !es merveilleux effets de la comète, et le début du livre de M. Diderot, que cet auteur et M. de Buffon veulent de concert établir une philosophie naturelle et purement mécanique? », e accusa tutt'e due più o meno apertamente di materialismo. Le sue osser­ vazioni sono meno interessanti quando entrano in una dettagliata discus­ sione con le pagine di Diderot. Gautier ha dei principi troppo strani o stravaganti perché le sue parole tocchino giusto. Parla anche di La Mettrie: « par la comparaison que pourra faire le lecteur cles questions de M. Diderot avec !es formes substantielles de M. de La Mettrie, il verra bien que l'une et l'autre hypothèse ne visent qu'à établir l'activité animée de la matière et à faire revivre le sentiment de Démocrite » .

3 2 .5

Conclusione o l'Isola eli Lampedusa

1 Maurice Tourneux, Diderot et Catherine II, Paris, 1 899, p. 160. 2 Entretiens sur le fils naturel, second entretien, vol. VII, p. 108. 3 Ibidem.

4 Uno studio bibliografico molto dettagliato e preciso sulle correnti mu­ sicali del gruppo dei filosofi è apparso recentemente: Louisette Richebourg, Contribution à l'histoire de la « Querelle des Buf!ons », Paris, I9371· Lo studio filosofico e politico che abbiamo voluto fare di Diderot, insieme con una totale incompetenza in materia musicale, hanno fatto sl che tutto que­ sto aspetto dell'attività di Diderot non appaia in queste pagine. Contraria­ mente a quanto si potrebbe credere i documenti contemporanei della « querelle cles Bouffons », se si tolgono le cose di Rousseau, non danno che pochissimo aiuto allo studio delle idee settecentesche sul linguaggio. 5 � il nome che prende egli stesso in una lettera pubblicata da Restif de la Bretonne nell'Andrographe ou idées d'un honnOte homme. 6 Générali/, Maison patriarcale et champetre. A Aix, 1790.

7 Op. cit. , p . I . 8 Vol. I , p . 127.

9

Vol.

I,

p . 347 ·

10 Vol. II, p. 6o . 11 Ibidem. 1 2 « Aux jeunes gens qui se disposent à l'étude de la philosophie natu-

», in testa alle Pensées sur l'lnterprétation de la Nature, vol. II, p. 7 · Enciclopedia, vol. v , p. 637. Ibidem. Ibidem. Per ciò che riguarda Toussaint dr. l'edizione degli Anecdotes curieuses de la Cour de France sous le règne de Louis XIV, pubblicata con una pre­ fazione di P. Fould, Paris, 1908. Si aggiungano le indicazioni seguenti : al­ cuni articoli del « Journal Encyclopédique », in particolare quello del 1 5 agosto 1772 , dove s i parla dello scacco d'una collaborazione al giornale e dove gli viene contestata la paternità dei Moeurs, uno studio apparso sug1i Annales J. - ]. Rousseau, 1907, p. 202 , sui rapporti fra Rousseau e Toussaint. 17 Les Moeurs, 1748, Avvertenza (senza numero di pagina) .

relle

13 14 15 16

18 Op. cit. , p. 57· 19 Op. cit. , p. I06.

20 Op. cit. , pp . 84-85 .

21

22

« Discours préliminaire » , pp. 2-5 . Pubblicata in « L'Abeille du Pamasse

»,

Berlin, tomo

II,

5 dicembre

1 750. 23 Op. cit. , pp. 4IJ-4I6. 24 Op. cit. , pp. 423-424. 25 Discours qui a remporté le prix à l'Académie de Diion en l'année I7JO, A Genève, s .d. ( I7JI ) , p. 8 .

26

"ZT

28

Op. cit. , p. 54· Op. cit. , p . 64. Op. cit. , pp .36-.3 7. .

29 Encyclopédie,

30

«

Discours préliminaire

»,

p.

XXXI II.

Discours qui a remporté le prix à l'Académie de Dijon, ed. cit., p. 6

nota. Sull'intero problema dei rapporti fra Diderot e Rousseau, la bibliografia è talmente estesa che riportarla qui sarebbe fare opera incompleta o troppo vasta, dato in particolar modo che non è questo il tema centrale di questo lavoro.

Indice dei nomi

Aarsleff, Hans, I6.

Barbier, Antoine-Alexandre, 290.

Abbadie, Jacques, 84, I38.

Batteux, Charles, 209, 2IO, 2 I I ,

Alembert, Jean-Baptiste Le Rond d' , I2, I67, I 70, I75, 176, I9 5 ,

I99. 206, 228, 229, 230, 267, 279, 288, 323. Allamand, Nicolas-Sébastien, 93, 295. 296. Anacreonte, 40, no. Antistene, 67. Argens, Jean-Baptiste Boyer d', I I9, I95. 3 I 7 . Argenson, Mare-Pierre d e Paulmy d', I6o, I64. Argenson, René-Louis

de

Voyer d',

I56, I58, r6I, 1 84, I85, I95, 308, 3 I 2 , 3 I 3 . Argentai, Charles-Auguste d', I66. Aretino, Pietro, I50, I55, 306. Ario, I96. Aristotele, 3 IO. Arnaud, François, 84. Asgill, John, 56. Assézat, Jules, 49, 284, 290, 298. Babelon, André, 284, 285, 286. Bachaumont, Louis-Petit de, I62. Bacon, Francis, 208, 25I , 252, 265,

322, 324.

Baculard D'Arnaud, François Tho­ mas Marie, 39, 43, 49, 50, I37,

287, 288, 304, 306.

Bakunin,

I7.

Michail

Aleksandrovic,

2 I 2 , 2 I 6, 2 I8 , 2I9, 229, 23 I , 3 I 8 , 3I9. Bayle, Pierre, IO?, I6o.

Beaumont, Christophe, arcivescovo di Parigi, I88, 202. Beauzée, Nicolas, 207, 209, 229,

288, 3 I 8 , 3I9.

Belin, Jean-Paul, 3 1 6 . Bellecombe, abate di, I57· Bellerive, cavaliere di, I58. Belon, Pierre, 26o. Berkeley, George, 55,

I07, I29, 148, 2 1 I , 232, 234 . 235 . 236 , 237. 24I , 3 2 I . Bernis, François-Joachim de, 4I , 287, 299· Berryer, Nicolas-René, 46, I50, I5I, I52, I53, I54, I55, I59, I66, I67, 308 . Berthier, Guillaume-François, 230 , 322. Bertrand, Juliette, I3. Bingham, Joseph, 54· Bissy, Henri-Charles de, 3 I4. Boccaccio, Francesco, n o . Boindin, Nicolas, 32 1 . Boisard, Jean-Jacques François-Ma­ rin, 49 · Boislisle, Arthur-André-Gabriel-Michel de, 306 . Bonin, I54, I 5 5 · Bonnefon, Paul, 289, 290, 306, 308 .

Bandini, Luigi, 29I .

Bossuet, Jacques-Bénigne, 3 1 5 .

Barbazan, :Btienne, 299.

Boudier d e Villemert, 296.

33 I

Bougainville , Louis-Antoine, 27.

Chaussonville, abate di, I,8, I'9 ·

Bouiller, David-Renaud, 96,

Chastelain, Z., 290.

I36, I37, I47, 197, 29,, 304, 30,, 3 IO, 3I,, 3 2 1 . Boulanger, Nicolas-Antoine, I2, I3, 272, 287. Bouquet, Henri-Louis, 286. Boureau - Deslandes, Antoine - Fran­ çois, I63 . Boyer, Jean-François, vescovo Mirepoix, I79, 183, I9'·

di

Bréhier, Emile, I4.

Chavigny de la Bretonnière, François, 40. Chérel, Albert, 38, 293. Chevrier, François-Antoine, I I, . Chompré, Pierre, 209. Chomsky, Noam, r6. Cicerone, 69. Oairaut, Alexis-Claude, 167. Qarke, Samuel, 132, 133, I73· Qaudiano, I n .

Brémond, Henri, 38. Briasson, Antoine-Claude, I,. Brotier, Gabriel, 3 I I .

Oaudio, Gaio Nerone, I39· Qément,

Pierre,

30, , 32,.

Bruto, 67. Buffon, Georges-Louis Ledere de,

167, 1 76, 2,6, 2,7, 2,8, 2,9, 260, 26I , 264, 3 1 , , 323, 324, 32,.

Busnelli, Manlio Duilio, 308 . Busson, Julien, ,3, 290, 3 I4. Cabeen, David C., I6. Calvino, Giovanni, I96. Campanella, Tommaso, 267, 3 IO. Camuset, Joseph-Nicolas, 98, 99,

296.

Casati, Ennemond I ., 280. Cassio, 67. Castel, Louis Bertrand, 1 2 1 , 204,

29,, 300, 304. n , 18, 29, 268, 326.

Caterina

Caylus, Anne Oaude Philippe de,

I I 3, I I4, I I ,, 167, 299 ·

I I4, 177, 200,

Qoche, Louis, I99· Collins, John, 6 r . Condillac, Etienne Bonnot de, I 2 ,

I 6 , 129, 148, 2 0 I , 206, 209 , 2 1 2 , 2 1 3 , 214, 2 I , , 2 1 6 , 218, 219, 220, 223, 22,, 228, 234, 23,, 237, 239, 247 . 269, 303, 3 1 9 , 320, Corbie, 3 I 8 . Comeille, Pierre, 220. Cornou, François, 324.

2II, 2I7, 226, 24I , 324.

Crébillon, Oaude Prosper de, I I I ,

I I2, I I3, I I4, I I,, I I6, I I9, I2,, I,9, 299· Croce, Benedetto, I3, I,, 20,, 29I . Cru , Loyalty R., 308 . Darwin, Charles, 260. Daubenton, Louis, 323. Daubenton, Louis-Jean-Marie, I67. Daux, Camille , 316.

Caylus, Charles de, vescovo d'Au­ xerre, r8,, 186, 187, I 9 I , I92,

David, Michel-Antoine, I,, I66.

Cernysevskij,

Deffand, Marie de Vichy du, 167.

I93, I97, 202, 3I2, 3I3, 3 1 , . 17.

Nikolaj

Gavrilovic,

Chabod, Federico, I I . Chambers, Ephraim, '4·

Deborin, Abram Moiseevic, 9 , r o

.

Derham, William, 136, I38. Deleyre, Alexandre, 1 2 , 264, 26,,

266, 324.

Charpentier, Louis, 24, I,o, I6,,

Delisle de Sales, Jean Claude Izo­ nart, 32,.

Chatelet, Emilie du, r66.

De Luc, Jean François, 290, 296.

308 .

332

Democrito, 303 . Denis, Marie-Louise, 195 . Deschamps, Léger-Marie Dom, 196, 3 I6. Descartes, René, 2r, 44, 84, 138, 173, 3 IO. Desfontaines, Pierre - François - Guyot, 50, 70, 7 r , 290. Destrées, Jacques, 290. Des Forges, r63 . D'Aupay, Joseph-Alexandre-Victor, 270. Diaz, Furio, I7. Diderot, Anne-Toinette Champion, I23. Diodoro di Sicilia, 290. Diogene, 288. Dionigi d'Alicarnasso, 2ro. Droz, Emilie, I7. Duclos, Charles-Pinot, I I2, 206, 207, 27I , 299 · Dugard, Charles-Louis, r8o. Duhamel, Joseph-Robert-Alexandre, 200. Dulaurens, Henri Joseph, r5o, 306. Dumarsais, César-Chesneau, 78, 79, 207, 2I6, 223, 3I8, 3 I9 . Duplessis, Georges, 289. Dupré de Richemond, r6o. Dupré de Saint-Maur, Nicolas-Fran­ çois, I59, r 64, 294· Durand, Laurent, 1 54, r55, r66, 307. Eidous, Marc-Antoine, 53, 54, 155, 307. F.lson, Charles, 29 r . Epaminonda, 67. Epicuro, 305. Erodoto, 290. Euripide, 40. Favart, Charles-Simon, 300. Febvre, Lucien, r 3 .

Federico I I , r 4 r , r 8 5 , r95, r96, I99, 3 I6 . Fénelon, François Salignac d e La Mothe, 36, 38, 85, r38, 293 . Feugère, Anatole, 288. Flourens, Pierre, 323, 324. Fontenelle, Bemard Le Bovier de, 6o, 74, r 67. Formey, Jean-Henri-Samuel, 94, 95, I36, I37, 23I, 288, 304, 305. Fougeret de Monbron, Louis-Char­ les, r2, 45, 47, 48, 288. Fréron, Elie-Catherine, 263, 264, 265, 324. Garasse, François, 296. Garin, 299. Garosci, Aldo, r2. Gouchat, Gabriel, 296. Gaufridi-Fos, barone di, 296. Gautier d'Agoty, Jacques, 325. Gazier, Augustin Louis, 3 r 5, 3r6. Geoffroi, abate, 202 . Gesner, Conrad, 26o. Gibbon, Edward, 295 . Gillot, Hubert, ro. Gin, P. L. Claude, 294. Ginguené, Pierre-Louis, 285. Giuliano, Flavio Oaudio, 88. Gourlin, Pierre-Sébastien, r9o, I9I, 20I , 309 . Gousse, vedi Goussier, Louis-Jac­ ques. Goussier, Louis-Jacques, 44, 45, 288. Gresset, Jean-Baptiste-Louis, 38. Greuze, madame Jean-Baptiste, 40. Grimm, Friedrich Melchior, 254, 264, 269, 285, 300, 323, 324. Guer, Jean Antoine, 3 ro. Guillaume, abate, 202 . Guyon, Oaude-Marie, 36. Hardouin, Jean, r2r. Hardy de Levaré, Pierre, r5r.

333

Hartsoecker,

310.

Christian,

85,

173,

La Marche, 1 54, 163, 307.

Havens, George R., r6.

Lamarck, Jean-Baptiste Pierre-An­ toine de, 260, 261, 324.

Hazard, Paul, ro.

La Mettrie, Julien Offray de, 49,

Hébrail, Jacques, 299 . Heilbrun, M. G., 324. Heine, Maurice, 305 .

Helvétius, Oaude-Adrien, 27. Hémery, Joseph d', 153, r64, 199, 3 16, 3 17, 3 1 8 . Henriot, Emile, 14. Herbert of Cherbury, George, 3 1 5 . Herder, Johann Gottfried, 205 . Herzen, Aleksandr lvanovic, 17. Hilaire, abate, r8o. Hobbes, Thomas, 68, 198, 3 1 1 , 3 14, 3 1 5 . Holbach, Paul-Henri Dietrich d', 98, 141, 269, 294· Hoocke, Luce-Joseph, 3 1 3 . Hubert, René, 3 1 8 . Huet, Pierre-Daniel, 84. Hume, David, 237· Hurtaut, Pierre - Thomas - Nicolas, 155. 306. Hus, Jan, 196. Huxley, Thomas H., 26r , 323 . Hyacinthe de Lorgues, de Gasquet, 202, 203 . llharat de la Chambre, François,

66.

Jacquart, Jean, 307. James, Robert, 48 , 53, 137, 3 1 5 .

92, 137, 1 3 8 , 139, 140, 141 , 142, 149, 151, 287, 295, 304, 305 , 306, 325. Landois, Paul, 5 1 . Landrieu, Marcel, 324. Lanson, Gustave, ro, r6, 74, 75 · La Porte, Joseph de , 309 · La Salle , Antoine de, 251, 322. La Serre, 293 . Lassalette, Pierre, 34·

La Taste, Louis Bernard, vescovo di Bethlem, 3 1 2 . Laudier, abate, 202 . Le Blanc, Antoine, r 6o . Le Blanc, Jean-Bernard, 159. Le Bret, Antoine, 159, r6o, 308. Le

Breton,

André-François,

198,

316. Ledere, Jean, 5 5 , 3 1 5 . L e François, Laurent, 305. Leibniz,

Gottfried

1 3 2 , 3 1 4.

Wilhelm,

21,

Le Masson des Granges, Daniel,

305,

Lemoyne, Pierre, 3 14. Lenin, Vladimir, 17. Le Prieur, 317. Le Rouge, Jean-Baptiste-Noel, 3 1 2 . L e Sage, Alain René, 4 1 . Lessing, Gotthold Ephraim,

122.

1 1 5,

Lièvre, Pierre, 299 .

Jamet, François-Louis, 295 .

Lignac, Joseph-Adrien Lelarge de,

Jaucourt, :Élie de, 29 1 . Jaurès, Jean, r6. Joly de Fleu ry , 149 , 312, 3 1 3 , 3 1 7 .

Linneus, Karl, 26o.

L a Chambre, François de, 9 7 , 296. La Chapelle, Jean-Baptiste, 303 . La Chaux, 3 1 8 . L a Fontaine, Jean de, n o , 2 1 5 .

3 34

256, 323 .

Locke, John, r6, 2 1 , 170, 190, 201 ,

202, 208, 2 3 1 , 236. 237. 266, 3 14. Lontade, de, 1 84. I..Opelmann , Martin, 40. Loménie de Brienne, Etienne-Char­ les, 1 89, 314.

Luc, Jean, 9 · Lucano, 175. Luigi XIII, 217. Luigi XIV, 55, 2I7. Luigi xv , 1 8 3 . Lulli , Jean-Baptiste, u6. Luppol, Ivan Kapitonovic, 9, Io. Lutero, Martin, I96. Luynes, Charles-Philippe Albert de, 3II. Mably, Gabriel Bonnot de, IO. Maillet, Benoit de, 309 . Malebranche, Nicolas, 2 I , 84, I38, I73, 20I , 3 IO. Malesherbes, Chrétien - Guillaume Lamoignon · de, I 52, 153, I 54, Ij8, I83, 258, 259, 260, 3 I 8 , 323. Malpighi, Marcello, 84, I38, I73, 3 10. Maometto, I 6 I . Marcel, Louis, 3 0 , 47, 308 . Marivaux, Pierre-Carlet de, x xo. Marville, Claude-Henri Feydeau de, 306. Marx, Karl, 9, I7. Masson, Frédéric, 287. Masson, Pierre Maurice, 38. Maupertuis, Pierre-Louis Moreau de, 232, 253, 254, 255, 256, 264, 323, 3 24, 325. Maurepas, Jean-Frédéric de, x67, 306. Meister, Jakob Heinrich, 286 . Mercier, Louis-Sébastien, 5 1 , I I5, 300. Meursius, Jean, Nicolas Charier detto, no. Mey, Claude, I89, 309 . Milton, John, 40, 4 2 , 1 67, 2 I 5 . Moland, Louis, 293, 308, 3 Io, 3 H , 3I6. Molina, Luis de, 3 I4. Molineux, William, 148. Montaigne, Miche! de, I07.

Montesquieu, Charles-Louis Secondat de, 74, 107, 1 76 . Moreau, Jacob-Nicolas, 300. Morelly, Io. Moreri, Louis, I6o. Momet, Daniel, xo, I 5 . Mosé, 40, I 7 3 , I 7 6 , I 82 . Mosheim, Johann Lorenz von, 54· Mouhy, Charles Fieux de, I62. Muschenbroek, Petrus van, 85, I73, 3 IO. Naigeon, Jacques-Pierre, xo, 27, 34, I 22, I52, I 9 I , 285, 287, 29I , 293 , 300, 3 I 5 . Naughton, Alexander E. A . , 286. Naves, Raymond, 3 I I . Nekric, Aleksandr, Io. Neri, Ferdinando, x6. Nerone, I39· Newton, Isaac, 44, 85, I 2 I , I32, I73 . 25 I , 3 10, 3 14 . Nicole, Pierre, 84. Nieuwentijt, Bernhard, 85, I36, I38, I73 . 3 IO. Olivet, Pierre-Joseph d', 210. Omero, 40, 42. Orazio, 40. Ormesson, Louis François de Paule Lefèvre d', x8o, I 8 I , I 8 3 . Paillet, 5 5 , 290. Palissot, Charles, 89. Paris, canonico di Lectoure, 20I , 309, 3 1 3 , 3 1 5 . Paris, François de, 85, I 69, I 79, 295 · Pasca!, Blaise, 84. Pellegrin, Simon Joseph, 47· Pellisson, Maurice, 287. Pelopida, 67. Perrault, x 5 x . Pestré, I98.

335

Petit de Montempuis, Jean-Gabriel, 202, Pidansat de Mairobert, MathieuFrançois, I 6 I , I 62 . Pissot, Pierre, 262. Platone, 40, 120, 12I, I 67, 266. Plauto, 3 I4. Pluche, Noel Antoine, 209, 3 I 8 . Plutarco, 278. Polier de Bottens, Georges, 9I, 92, 93. 99. 294· Pomeau, Jean, IO. Pommier, Jean, 288. Pompadour, Jeanne-Antoinette de, 41, I57, I58, I60, I62, 166, 299· Pope, Alexander, 2oi . Pourchot, Edmond, 202 . Prades, Jean-Martin de, 23, 90, I48, I57, I68 - 203 , 295, 309, 3 I O , 3 I I , 3 14, 3 I 5, 3 1 6 , 3 1 7. Prault, Laurent, I99· Prault, Louis-Lorent, I99, 3I7. Preissler, Valentin-Daniel, 5 1 . Prémontval, Marie - Anne - Victoire Pigeon de, 44, 288. Prémontval, Pierre Le Guay de, 4 1 , 42, 43. 44. 49. 287, 288 . Prévost, Antoine François, 38, 85. Puisieux, Madeleine d'Arsant de, 122, 123, 125, 126, 288, 300, 301, 307, Quérard, Joseph-Marie, 290, 296. Quesnay, François, 290. Quinault, Philippe, 215. Radiseev, Aleksandr Nicolaevic, Io. Rameau, Jean-Philippe, 21, 27, 29, 45, 47, 48 , 71, n6, 132, 288. Ramsay, Andrew Michael, 85, 293 · Ray, John, I36, 1 3 8 . Raynal, Guillaume - Thomas - Fran­ çois, I 66, I99· Razumovskij , Kirili Grigor'evic, 46. Réaumur, René-Antoine de, 159, 1 64, 25 1 , 307,

Restif de la Bretonne, NicolasEdme, 270, 326. Rey, Miche! , 3 I I . Rhinville, 198, 3 1 6 . Richebourg, Louisette, 326. Richelieu, Armand de, I58. Ritter, Eugène, 286, 295. Rivard, François-Dominique, 202 . Robertson, John Mackinnon, 291 . Robinet, Jean-Baptiste-René, Io, 70. Robuste!, Oaude, 155· Roche, Antoine-Martin, 201 . Rochebrune, 164. Roset, Marc-Alexandre, 286. Rosselli, Carlo, 1 3 . Rousseau, Jean-Jacques, n , 12, 38, 49, 52, 166, 206, 216, 224, 225, 226, 227, 228, 230, 269, 270, 276, 277 . 278, 279. 280, 320, 324, 326. Rousseau, Pierre, 266. Sade, Donatien Alphonse François de, 141 , 142. Sahlin, Gunvor, 206, 3 1 8 . Saint-Lambert, Jean-François de, 29 1 . Salesses, Raymond, 286, 287. Sallier, Qaude, 167. Sanchez, Francisco, 206, 208 . Sartine, Antoine-Raymond-Gabriel de, 4 1 , 287. Saunderson, Nicholas, 59, 129, I 3 I , 132, 1 3 3 , 135, 136, 141, 142, 144, 234. 235. 242, 302, 303 , 304, 305 . Saussure, Ferdinand de, 16. Schelle, Gustave, 290, 294. Sennemaud, Pierre, 97, 99, 100. Shakespeare, Willi am , 220. Shaftesbury, Anthony Ashley Cooper, 1 2 , 25, 32, 53-72, 73 , 8 1 , 8 7 , 104, 1 3 1 , 1 3 5 , 1 3 8 , 165, 172, 261, 271, 290, 291 , 292, 294. 323 .

Simon, Claude-François, I55, 3 IO. Skira, Albert, I 3 Socrate, 6 7 , uo, I66. Spear, Frederick A., I7, I 8 . Spinoza, Baruch, I o , I5, 3 I 5 Stael, Anne-Louise-Germaine de, 286. Stahl, Georg Emst, 25I . Stanyan, Tempie, 53, 54, 290. Streckeisen-Moultou, Georges, 320. Suarez, Francisco, 3I4Sumarokov, Aleksandr Petrovi