Geografia della mente. Territori cerebrali e comportamenti umani 9788860301758

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Geografia della mente. Territori cerebrali e comportamenti umani
 9788860301758

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Alberto Oliverio I --

Territori cerebrali e comportamenti umani (



R4Jàello Cortina Editore

Dal catalogo G.M. Edelman Seconda natura Scienza del cervello e conoscenza umana

E.R. Kandel Psichiatria, psicoanalisi e nuova biologia della mente

J. LeDoux Il Sé sinaptico Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo

B. Li bet MindTime Il fattore temporale nella coscienza

G. Rizzolatti, C. Sinigaglia So quel che fai Il cervello che agisce e i neuroni specchio

M. Solms, O. Turnbull Il cervello e il mondo interno Introduzione alle neuroscienze dell'esperienza soggettiva

Alberto Oliverio

GEOGRAFIA DELLA MENTE Territori cerebrali e comportamenti umani

Raj/àello Cortina Editore

Alberto Ollverlo è professore di Psicobiologia presso l'Università di Roma "la Sapienza", dove dirige il Centro di Neurobiologia "Daniel Bovet". Si occupa dei rappo rti tra cervello e comportamento ed è autore di numerose pubblicazioni, tra cui ricordiamo, per le nostre edizioni, Esplorare la mente.

Il cervello tra filosofia e biologia (1999).

www.raffaellocortina.it

Illustrazioni di Oslavia Greco ISBN 978-88-6030-175-8 © 2008 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4

Prima edizione: 2008

I n d ice

INTRODUZIONE

VII

1. STORIA NATURALE DELLA MENTE Le mappe della corteccia sono legate alla cultura che le esprime Aree e funzioni della corteccia cerebrale

10

Storia naturale del cervello

16

Funzioni antiche e funzioni recenti

20

I gangli della base: dal movimento alla cognizione

24

2. L'EVOLUZIONE UMANA

29

Paleontologia delle capacità mentali

29

Geni ed evoluzione della mente

33

Differenze individuali e variabilità comportamentale

38

Geni e cervello: le radici della variabilità e individualità

44

Il cervello in diverse età della vita

46

Plasticità cerebrale e funzione nervosa

51

3. I MOVIMENTI E LA MENTE

59

I movimenti danno forma alla mente

59

Movimenti e sviluppo della mente infantile

69

4. CERVELLO E LINGUAGGIO

73

Le radici animali del linguaggio

73

Geni, cer velli e linguaggio

76

Geni, canto degli uccelli e vocalizzazioni

81

Le reti nervose del linguaggio

85

li lessico mentale

93

Gli antecedenti del linguaggio nello sviluppo infantile

96

INDICC: 5. PIANIFICAZIONE ED ESECUZIONE

101

Le diverse memorie

101

I circuiti della memoria

104

Funzioni esecutive e lobi frontali

110

Scopi e piani d'azione

115

Lemozione: il corpo e la mente

122

6. NEUROSCIENZE ED E TICA

129

Il ruolo del lobo frontale

129

Giudizi morali e cervello

132

Il cervello e la punizione

138

In risonanza con l'altro: i "neuroni specchio"

140

Gli psicofarmaci

143

GLOSSARI O

149

BIBLIOGRARA

157

Int rod u z i o n e

Gran parte di ciò che oggi sappiamo sul cervello deriva oggi da una cre­ scente capacità di tracciare delle mappe, vere e proprie carte topografi­ che, della corteccia cerebrale e delle strutture situate nella profondità dell'encefalo. Queste mappe ci permettono di conoscere dove ha inizio un'azione, dove proviamo dolore, quali nuclei sono all a base del linguag­ gio, quali sono gli snodi e le reti della memoria, quali le dinamiche delle scelte morali: per di più, non si tratta di mappe statiche ma dinamiche, che permettono cioè di seguire nel tempo lilla determinata funzione op­ pure le sue variazioni in rapporto alle modifiche della situazione. Sino a non molti anni fa gli atlanti del cervello erano a una dimensio­ ne, basati sulla descrizione dei dettagli anatomici delle strutture sotto­ corticali e corticali con cui gli anatomisti, dall'Ottocento in poi, hanno rappresentato la tipologia dei neuroni o "citoarchitettura" delle varie uree del cervello, come nelle classiche descrizioni di Korbinian Brod­ mann ( 1 868-1918) che ancor oggi vengono seguite per numerare le aree della corteccia. Queste mappe illustrano il numero di strati formati dai neuroni corticali, la loro densità e forma e infine la presenza o assenza di fibre rivestite da un manicotto isolante, la mielina .. Altre mappe, di tipo funzionale, erano invece basate sull'attività elettrica che caratterizza il cervello nel corso di diversi stati mentali come lattenzione, la veglia, il sonno, l'emozione: negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento le mappe elettroencefalografiche, per quanto approssimative e scarsa­ mente in grado di rivelare il tipo di funzione esercitata da un'area parti­ colare, erano l'lillica strategia possibile per sondare le funzioni cerebra­ li, oltre che per analizzare i rapporti tra particolari lesioni e alterazioni della funzione nervosa. Infine, c'era una terza possibilità: visualizzare i

INTRODUZIONE confini e il volume di diverse aree e nu�lei cerebrali grazie alle immagini della radiologia e all'associazione di tecniche radiologiche e informati­ che come la TAC (tomografia assiale computerizzata). Una vera e propria svolta negli studi di cartografia o mappatura del cervello si è verificata quando è stato possibile realizzare immagini dina­ miche delle aree cerebrali e del loro metabolismo in vivo (mappe funzio­ nali) attraverso tecniche di brain imaging come la

PET

(tomografia a

emissione di positroni) o la risonanza magnetica nucleare funzionale

(fMRI). Accanto a queste mappe - quelle più classiche di tipo neuroana­ tomico e quelle più recenti di tipo funzionale - ne sono state tracciate al­ tre sulla base della distribuzione dei mediatori nervosi nell'ambito di quei circuiti che utilizzano in prevalenza un particolare neurotrasmetti­ tore. Se si combinano le mappe funzionali con quelle di architettura mo­ lecolare (basate appunto sulla distribuzione dell'attività di particolari neurotrasmettitori) si hanno a disposizione delle carte topografiche inte­ grate che possono evidenziare sedi e caratteristiche di importanti funzio­ ni: cognitive, emotive, motivazionali. Queste mappe ibride, che combi­ nano diversi tipi di conoscenze e strategie descrittive, permettono di porre in luce la presenza di una forte variabilità individuale, sia a livello fisiologico che patologico (Toga, T hompson, Mori, Amunts, Zilles,

2006): per esempio, è possibile rendersi conto di come la stessa funzione dipenda, a seconda degli individui, da diverse reti neurali o di come alte­ razioni nell'espressione di un particolare mediatore nervoso o dei suoi recettori si traducano in modifiche delle funzioni cognitive ed emotive, come avviene nella schizofrenia o nelle sindromi maniaco-depressive. In un suo saggio epistemologico, Enrico Bellone nota, a proposito delle mappe cerebrali, che anche un mentalista - cioè chi tende a ridurre l'esperienza e i concetti empirici a pure percezioni mentali, trascurando i dati oggettivi dell'esperienza - può consultare queste carte topografiche e addirittura ammettere "che esse descrivono sempre meglio il substrato materiale dell'apprendimento e della memoria. Fatta l'ammissione, il mentalista coerente è tuttavia propenso a distinguere tra il substrato e l'agire cognitivo vero e proprio. La coerenza è ostinazione su un tema unico: il substrato non sarebbe altro che un recipiente passivo. Il capire, di conseguenza, si dà altrove. In qualche stazione terminale che se ne sta al di là, o sopra, il substrato e che al substrato non è riducibile: la mente, l'anima, lo spirito" (Bellone, 2006, p. 108). Questa osservazione, che nel discorso di Bellone fa seguito a un'analisi della ,krodilìnti',ione degli sti­ moli da parte della corteccia visiva dove i dnt i w11�·,111111 disuggregati a se-

IN 1 llOIJlJ/IONI; c.:onda dclk .IOl'o 1111 ;1111 ·111;1 ìdw, può essere estesa a ogni altra mappa? Anche a qudlv div ri1\11urda110 le fomdoni cognitive, in particolar modo quelle esecutive,

dltJ oggi vengono delineate con crescente accuratezza

grazie alle tecniche di cui dispongono le neuroscienze? Ed è necessario far ricorso a un omuncolo che tiri i vari fili cui rispondono gli attori del teatro cerebrale, che cioè dia coerenza alle funzioni dei vari territori cor­ ticali e dei vari nuclei cerebrali oppure la coerenza, ovverosia il significa­ to, può emergere dalle stesse funzioni di una rete nervosa? Nel riferirsi alla funzione visiva Bellone indica come a livello delle aree visive occipi­ tali non vi siano immagini "ma procedure di decodificazione che si svol­ gono su circuiti messi in parallelo, e i cui funzionamenti nulla hanno a che vedere con le nostre forme di consapevolezza" (Bellone, 2006, p. 1 10): e in seguito si pronuncia in favore dell'elaborazione di una teoria della conoscenza a fondamento biologico, basata su quanto oggi sappiamo - e domani sapremo - sulle basi biologiche della memoria e dell'apprendi­ mento, sulle reti neurali, sulla plasticità sinaptica alla base dell'immagaz­ zinamento dell'informazione e del suo riconoscimento. Possiamo dire altrettanto per le funzioni nervose superiori? Conoscere come funziona il cervello, dove e come si verifica una par­ ticolare attività nervosa ha quindi un valore che va al di là dei dati empi­ rici delle neuroscienze in quanto ha una valenza epistemologica, si proietta sulla filosofia e non solo su quella della mente. Ma attraverso quali strategie conosciamo il cervello? L'approccio sperimentale e pos­ sibili trappole metodologiche possono condizionare risultati e interpre­ tazioni? Quando si individua un'area la cui attività è correlata a una particolare funzione nervosa in che modo dobbiamo giudicare il suo ruolo? Si tratta di una sede esclusiva oppure di uno dei molteplici snodi di una rete? E infine, esiste un rapporto "uno a uno" tra una sede nervo­ sa e una funzione, oppure il rapporto non è esclusivo, sia in quanto da quell'area possono dipendere più funzioni sia in quanto può esistere una realizzazione multipla di una stessa funzione? Filosofi e scienziati cognitivi utilizzano due tipi di strategie per co­

struire spiegazioni di tipo mecca�istico: la prima si basa sulla scompo­

sizione, cioè sul fatto che un compito complesso eseguito da un sistema

è la risultante dello svolgimento di com.piri più elementari; la seconda si basa sulla localizzazione, cioè sul presupposto che il sistema contenga al suo interno componenti deputate a eseguire diversi sottocompiti (Mar­

raffa, 2003 ) . I tentativi di localizzare le diverse funzioni su base neuroa­

natomica hanno portato a una cartografia cerebrale che tiene conto del-

IX

X

I NTAODU�ONE

·---·----·------

l'esistenza di diversi sistemi funzionali come quello motorio, percettivo, cognitivo, emozionale: su questo principio topografico è basata una del­ le mappe più note, quella elaborata all'inizio del Novecento da Korbi­ nian Brodmann ( 1 909) che aveva appunto lo scopo di tracciare una cor­ relazione tra la struttura neuroanatomica fine di 52 aree corticali e la funzione da loro svolta. Anche un altro genere di cartografia, utilizzata fin dalla seconda metà del XIX secolo, e basata sulla stimolazione elettri­ ca della corteccia cerebrale, ha permesso di stabilire i rapporti tra un'a­ rea specifica e i comportamenti, in prevalenza motori, a essa collegati e indotti dalla stimolazione (Ferrier, 1 876). Wilder Penfield ( 189 1 - 1976), per esempio, utilizzando sottili elettrodi in grado di stimolare con una debole corrente elettrica gruppi di neuroni situati nella corteccia moto­ ria, ha tracciato i rapporti che esistono tra neuroni motori e muscoli corporei, elaborando una mappa, nota come omuncolo. Un metodo simile, ma basato sulla registrazione delle risposte elettri­ che della corteccia indotte da stimoli periferici, è stato in seguito adot­ tato da Penfield e Rasmussen ( 1 950) per mappare la corteccia somato­ sensoriale (dove vengono decodificate le sensazioni tattili, dolorose e cenestesiche provenienti dai vari distretti corporei) e in seguito altri tipi di corteccia sensoriale tra cui quella visiva. Mentre queste mappe sono state definite sulla base di una strategia diretta e di un rapporto imme­ diato tra la funzione nervosa e il suo rilevamento, con l'introduzione delle tecniche di brain imaging come la PET o la risonanza magnetica nucleare, la relazione tra misurazione dell'attività nervosa e funzione cerebrale comporta una strategia meno immediata. La PET è fondata sull'uso di sostanze marcate con radioisotopi mentre la risonanza ma­ gnetica nucleare (MRI) si basa sull'induzione di un forte campo magneti­ co esterno che consente di stimare l'attività di un particolare distretto cerebrale: questa stima è legata al fatto che quanto più una regione cere­ brale è attiva, tanto più elevato è il flusso di sangue che la irrora e quindi tanto maggiore il numero di molecole di emoglobina dei globuli rossi che reagiscono al campo magnetico. Entrambe le tecniche, come accen­ nato, forniscono delle stime della funzione nervosa che sono "indiret­ te", nel senso che dipendono da complesse elaborazioni informatiche e raffronti statistici. Per esempio, con la PET bisogna sottrarre le misura­ zioni del flusso sanguigno effettuate durante l'esecuzione di un deter­ minato compito da quelle effettuate durante l'esecuzione di un altro compito che richiede tutti i passi richiesti dal primo più quelli del se­

condo (Raichle, 1999). N e è una dimostrazione il 1.1 1 A

MLN I L

I n �1l trc specil' 1 1 11i 1 1 1 : i l i , i 1wccc, l'omuncolo è deformato in quanto lwnno maggiore impo.m111 za funzionale gli arti inferiori, il tronco o il 111 uso. Un altro imporcante aspetto degli studi condotti da Penfield ri­ gu arda le mappe della sensibilità (omuncolo somatosensoriale), relative

u l l a proiezione delle differenti aree della superficie corporea sulla cor­ l cccia parietale. Anche in questo caso è stato possibile tracciare sulla rnrteccia una mappa in cui era evidente, come per quello motorio, un'organizzazione somatotopica deformata, nel senso che i territori rnrrispondenti a mani, volto o lingua (ricchi di recettori tattili) sono più ruppresentati sulla corteccia rispetto a quelli dei piedi o del tronco. (Jueste prime mappe topografiche hanno permesso di idencificare sulla su perficie corticale le sedi di funzioni motorie e sensoriali: ma non biso­ gna ritenere che queste mappe rappresentino degli standard universali, invarianti: come i tratti del volto, anche i solchi e i giri della corteccia ce-

Lobi occipitali

Solco centrale Area motoria

��- Area sensoriale --J�-

Solco centrale

Lobi frontali

Figuro 1 .3 I' 1 11 1 11 11 imlo �lOmotosensoriale e quello motorio.

9

10

GIWGRAFIA OHLA ME: NTE:

rebrale variano da individuo a individuo. Nell'ambito di un certo nu­ mero di variazioni la configurazione della corteccia è infatci strettamen­ te individuale. In particolare nella nostra specie, le circonvoluzioni del­ la corteccia rappresentano uno degli aspetti più variabili dell'encefalo (Thompson, Schwartz, Lin, Khan, Toga, 1 996).

Aree e fu nzioni della corteccia cerebra le

Ognuno dei due emisferi controlla i processi sensoriali e motori della parte opposta del corpo, nel senso che le informazioni sensoriali che provengono dalla metà sinistra del corpo sono convogliate sull'emisfero destro (e viceversa). La stessa situazione contraddistingue le funzioni motorie, nel senso che la corteccia motoria dell'emisfero destro control­ la la metà del corpo di sinistra e viceversa. Dal punto di vista delle informazioni sensoriali esistono poi aree del­ la corteccia che controllano, in modo simmetrico le informazioni visive (corteccia occipitale), uditive (corteccia temporale) olfattive e gustati­ ve: ma vi sono anche delle asimmetrie tra i due emisferi, tipicamente per quanto riguarda le funzioni del linguaggio localizzate in prevalenza nell' emisfero sinistro che viene correntemente definito come I' emisfero " dominante" in quanto non soltanto controlla la mano destra (la per­ centuale dei destrimani è di circa 1'80 %), ma è anche coinvolto nell'ela­ borazione del linguaggio, anche se ciò non implica che lemisfero de­ stro sia sprowisto di funzioni linguistiche o non sia in grado di com­ prendere il linguaggio . I due emisferi hanno anche diverse competenze uditive come è ben evidente da una serie di studi che indicano che lorecchio sinistro (che invia i messaggi all'emisfero destro) è superiore nell'analisi del timbro sonoro mentre l'orecchio destro (che invia i messaggi all'emisfero sini­ stro) è più competente nella struttura temporale del messaggio e di conseguenza nella comprensione del linguaggio, per esempio nella di­ stinzione delle consonanti sorde come la b e la p. Perciò, se si ascolta con l'orecchio sinistro la registrazione disturbata di una conversazione si stenta a capirla mentre essa viene decodificata con maggior chiarez­ za con l'orecchio destro: questo è il motivo per cui si ascolta meglio una conversazione telefonica con l'orecchio destro, a meno di non es­ sere un vero mancino in cui la situazione può essere capovolta in quanto si verifica un'inversione dei ruoli tra i due emisferi: in questo

i; I OlllA

1 1 1110 � l'emisfero dest re>

u essere

NA I UllALL DI.I.I A Ml N 1 1 .

"dominante '' , a svolgere quelle fun­

.-in1 1 i dcl linguaggio che nella maggior parte delle persone sono svolte d l! l l \�misfero sinistro.

I due emisferi si differenziano per numerose altre competenze: il si­ l l Ì N I 1·0 è analitico ed esamina la realtà scomponendola nelle sue parti 1 1 11•1mc il destro è sintetico e ricompone le parti formando un tutto. Il

11in istm è prevalentemente simbolico mentre il destro è concreto. Il si1 1 haro è astratto e partendo da un dettaglio può rappresentare la realtà

1 1dla sua

completezza mentre il destro è analogico: vede cioè le somi-

1•,l i1111%.e tra due oggetti o situazioni ma non comprende quali relazioni 11wtaforiche vi sono tra di essi. Il sinistro dispone le cose e gli eventi in

1 1 1 w dimensione temporale, mentre il destro non ha il senso del tempo come in un film, assimila il passato col presente e col futuro. L'emi­

I',

till'l'O destro, inoltre, è coinvolto nell'analisi delle immagini, volti uma1 1 i l'Ompresi, e quindi nelle memorie visivo-spaziali. Queste diverse rnmpetenze sono evidenti quando si verificano danni a carico di uno

dl'i d ue emisferi, altrimenti esse sono integrate in modo unitario dalla 1'oscienza. Anche le caratteristiche della memoria sono legate a un dif1 1·rcnte ruolo degli emisferi cerebrali: per esempio, le info rmazioni e l l l��morie di tipo semantico (verbali) vengono decodificate dall'emisfe­ l'O

temporale medio e dall'ippocampo sinistro mentre le memorie e

i nformazioni visive e spaziali coinvolgono analoghe strutture dell'emi­

�,l�·rn destro e parte della corteccia frontale. Il riconoscimento acustico 1

li suoni noti e le memorie musicali coinvolgono invece soprattutto l' e-

1 1 l isrcro occipitale destro. Questi dati spiegano perché nelle persone in 1'1 i i si verifica un'amnesia totale debbano essere necessariamente dan1 11•ggiate le strutture del lobo temporale mediale e dell'ippocampo dei

dm: emisferi, mentre i casi più lievi possono dipendere da lesioni più 1

Ì IToscritte e da un lato solo del cervello.

I ; anatomia macroscopica dei due emisferi, nota sin dalle descrizioni

1fo� ci

hanno tramandato gli anatomisti e gli artisti rinascimentali, da

Andrea Vesalio a Leonardo da Vinci, è delineata dalla presenza di scis­

r11 1 rc e solchi che separano tra loro emisferi e territori corticali. I due 1 •1 nisferi sono divisi dalla scissura longitudinale che va dall'estremità ro­ :;1

rttle (anteriore) a quella caudale (posteriore) e uniti al di sotto della

:wissura longitudinale dagli assoni di quei neuroni corticali che attraver­ t11 1 110 il corpo calloso, una commessura formata dalle fibre nervose che :1ssociano tra le due metà del cervello. Diversi solchi separano i quattro lohi della corl ttdn n.•1·chralc: frontale, parietale, temporale e occipitale

11

12

G EO G R A FIA DELLA M E NTE

Solco centrale (scissura di Rolando)

Lobo occipita l e

3

Figura

1.4

1

2

3

1

2

Lobi e giri corticali (sopra) e le aree corticali secondo la n umerazione

di Brodmann.

!) IO ll l A Nt\l'Ullf\U! L>E Ll,A M lcNT[

1

m i nom i. derivano da quelli assegnati alle ossa del cranio soprastanti. Il

•,1 1k·o centrale

-

o

scissura di Rolando - divide il lobo frontale da quello

1 •11 rie tale e il solco laterale - o scissura di Silvio - separa il lobo tempora­ li·

do q uelli frontale e parietale.

Il lobo occipitale è invece separato dai

h 1hi parietale e temporale dal solco parieto-occipitale e dall'incisura P l'l'Occipitale situata sulla superficie ventro-laterale del cervello. Oltre a

l j l ll'Stc suddivisioni anatomiche se ne possono distinguere di più fini, l 1:wutc sull'anatomia microscopica dei tipi di cellule nervose e sulla loro 1 1 1w111izzazione a livello della corteccia.

I ,a corteccia è la parte superficiale degli emisferi cerebrali, formata

d11 sostanza grigia (aggregati di cellule nervose): il cervello umano è 1 omposto da circa 100 miliardi di neuroni e nella sola corteccia sono 1 1 1 1 ivc circa un milione di miliardi di connessioni sinaptiche. 1

È

stato

1 1kolato che se considerassimo il numero di possibili circuiti sinaptici

t '.rn toccia 1 11 ofrontale li11orole

t 1 11 loccia 1 11 1 1 f 1 ontale v1 111 lromediale

Aree premotorie

Area motoria primaria Giro del cingolo posteriore

< ì u o dol cingolo 1 1 1 1toriora

Figure

1 .6 I n corteccìo frontal0 e prefronta le.

13

14

G EOG RAFIA DE LLA M E NTE

avremmo a che fare con una cifra pari a 10 seguito da almeno un mi-' lione di zeri (Edelman, Tononi, 2000, p. 46). Dal punto di vista filoge­ netico si distinguono tre tipi di corteccia cerebrale, denominati neo­ corteccia (corteccia più esterna, sede delle funzioni più evolute) , ar­ chicorteccia (ippocampo) e paleocorteccia (lobi olfattivi) . La neocor­ teccia è divisa in lobi (frontale, parietale, temporale, occipitale, che so­ no specializzati in funzioni diverse) da solchi profondi (scissure). In ogni lobo, la neocorteccia è organizzata in complesse circonvoluzioni che ne aumentano la superficie totale. Dal punto di vista evolutivo lo sviluppo della neocorteccia, e in particolare lo sviluppo della corteccia frontale, ha comportato notevoli vantaggi cognitivi per i primati e in particolare per gli esseri umani. Nel suo complesso la neocorteccia è una grande corteccia associativa che consente di collegare i fatti in un quadro generale, di compiere rapide generalizzazioni, di portare avan­ ti le diverse funzioni esecutive, vale a dire un insieme di sottoprocessi, necessari per svolgere un determinato compito, come l'attenzione, la memoria di lavoro, la soluzione di problemi, la programmazione e modifica dei comportamenti sulla base delle loro conseguenze. La centralità dei lobi frontali e la ricchezza di input che essi ricevono in quanto sono praticamente connessi con tutte le altre parti del cervello, comporta che quando si verifica un danno a carico di una qualsiasi parte del cervello e si modifica così una delle fonti di input ai lobi frontali, si modifichi anche l'output: se infatti i lobi frontali non rice­ vono input corretti non possono più produrre output corretti. In altre parole, tutti i danni cerebrali possono alla fine ricordare o simulare la presenza di un danno frontale, indipendentemente dal fatto che i lobi frontali siano stati lesi (Goldberg, 2001) . L a regione antera-inferiore del lobo frontale, la corteccia prefronta­ le, ha un ruolo nelle funzioni motorie ma le aree che la costituiscono hanno altre funzioni di tipo esecutivo, legate cioè all'esecuzione di com­ piti diversi: per esempio, la corteccia prefrontale dorsolaterale è coin­ volta nella memoria di lavoro, quelle orbitofrontale e ventrolaterale in vari aspetti della presa di decisione e negli aspetti emozionali delle fun­ zioni cognitive. Nella faccia interna dei due emisferi, al di sopra del cor­ po calloso, è situata un'altra area della corteccia frontale, la corteccia cingolata che entra in gioco in diversi aspetti dell'attenzione e memoria. Gran parte del cervello umano è coinvolto in funzioni visive e si spie­ ga quindi la vasta estensione della corteccia visiva (posteriore) dove vengono convogliate le informazioni visive provenienti dal talamo. Ini-

STO R IA NATU RALE l)f� LL.A

MIWlli

,;i:dn1cntc queste informazioni giungono alla corteccia visiva primaria I d1 'llll anche corteccia striata Vl o area 17 di Brodmann): questa cortec1

·ì11 è situata soprattutto sulla superfìcie mediale (interna) degli emisferi

Vt'cb rali e si estende di poco verso il loro polo posteriore, occipitale. 1 I 1 1 orno alla corteccia striata vi è un'area alquanto estesa detta corteccia vi:iiva cxtrastriata, suddivisa in oltre 30 distinte aree visive che conten1 •,0110 mappe spaziali del mondo reale basate su particolari aspetti della rin•na visiva quali colore, movimento, forma ecc. L'informazione visiva 1 ·lw va dalla corteccia striata (Vl) a quella extrastriata passa attraverso 1 luc diverse vie che sono state descritte da Ungerleider e Mishkin (1982) rl w ritennero che la loro funzione fosse essenzialmente di tipo percetti­ vo. Secondo la loro interpretazione (figura 1.6), la via ventrale, diretta wrso il lobo temporale, sarebbe stata legata alla descrizione di forma e 1 ·11 1·utteristiche degli oggetti (via del " cosa") ; la via dorsale che si proietta i 1 1 vcc:e verso il lobo parietale sarebbe stata implicata nel riconoscimento d1•lln posizione dell 'oggetto nello spazio (via del " dove" ) (movimento e I 111sizione dell'oggetto nello spazio) . Vedremo in seguito come la via del I 11t1do dorsale non si limita a posizionare gli oggetti nello spazio ma è an1 ·hc utile per controllare i movimenti: in altre parole essa rappresenta un 1 nvcc:anismo percettivo di predisposizione ali' azione.

1

Figura 1 .6 La via del cosa e la via del dove.

su periore

15

16

G E O G RAFIA DE LLA M E:Nll:

Oltre alle cortecce coinvolte in funzioni sensoriali (quella somatosen­ soriale, visiva, uditiva, olfattiva e gustativa), tutte le altre aree della cor­ teccia che non hanno funzioni sensoriali o motorie sono state definite col termine di aree associative, composte da regioni che ricevono impulsi re­ lativi a più modalità: i processi mentali superiori dipendono da queste aree tramite le loro interazioni con le aree motorie e sensoriali della cor­ teccia e strutture sottocorticali come gangli della base e sistema limbico.

Storia natura l e del cervello

Finora abbiamo considerato i rapporti tra strutture e funzioni nervose senza preoccuparci di considerare la storia delle trasformazioni evoluti­ ve che hanno portato a questa architettura cerebrale. Un'altra chiave di lettura dei rapporti che esistono tra una particolare struttura e una fun­ zione è infatti quella evolutivo-comparata: si tratta di comprendere co­ me sono evoluti alcuni nuclei o aree della corteccia in rapporto al ruolo che esercitano in una specie animale. Vi sono infatti strutture nervose che sono specifiche per una specie o famiglia e altre che sono state con­ servate nel corso dell'evoluzione, anche se il loro peso e ruolo sono cambiati. Un esempio di specificità è quello delle vibrisse nei roditori o nei felini: le vibrisse sono quei "baffi " che in realtà costituiscono dei sensori tattili e di posizione: da questi recettori periferici partono vie nervose dirette verso gruppi di neuroni (detti barili) che decodificano l'informazione ricevuta. Nei primati le vibrisse non esistono e sono quindi presenti altri tipi di recettori e meccanismi di decodificazione a livello cerebrale. Un esempio di meccanismi e strutture che sono invece diffusi dal punto di vista evolutivo è quello dell'ippocampo, un nucleo del sistema limbico che gioca un ruolo nelle memorie spaziali e che è presente in tutti i mammiferi in cui esercita anche un ruolo nei processi di memorizzazione. Ma una struttura comune non ha necessariamente un ruolo simile, né dal punto di vista quantitativo né, talora, qualitativo: le analisi comparate possono dunque aiutarci a comprendere come so­ no evoluti i rapporti tra formazioni nervose e comportamento. Dal punto di vista comparato è anzitutto possibile seguire le varia­ zioni del volume di alcune strutture nervose in funzione dei comporta­ menti di cui esse sono responsabili. Si può, per esempio, paragonare il volume di alcune strutture cerebrali dei primati con il volume di analo­ ghe strutture degli insettivori, che hanno un cervello meno sviluppato

:; I OlllA N A I U llAl.I UI LI A M l N I l : rom plesso: è .in fa l i i du11li .i 11�vl livori primitivi che si sono evoluti i pri1 i w 1 i . Diversi studi i n d ictuio che la neocorteccia di un uomo è 150 volte

1'

p i fr grande di quella di un insettivoro medio mentre quella di uno :id mpanzé è 60 volte più grande: tra tutte le strutture cerebrali prese in 1 '011 siderazione, soltanto quelle olfattive sono meno sviluppate in rap­ porto agli insettivori che utilizzano l'olfatto molto più della vista o del-

1 'udito (figura 1.7). Esistono inoltre delle chiare correlazioni tra funzioni comportamen-

1 ali

e

l'estensione dell'area che ne è alla base. Per esempio, l'orsetto la­

v11 tore fa un grande uso degli arti anteriori per la manipolazione del ci­ l io o di altri oggetti: perciò l'area della corteccia sensoriale cui perven1 •,0110 gli stimoli tattili originati dall'arto anteriore è nettamente più este­ 'Hl rispetto a quanto si verifica in altre specie di questa famiglia animale

: lc:immia scoiattolo

Gatto

Mnceco rhesus

Cane

!ir:impanzé

Figura 1 .7 La corteccia frontale in diverse specie animali .

17

18

GEOGRAl'IA UHLA

MLNTE

che non manipolano oggetti. Anche aree corticali che rappresentano le sensazioni olfattive, acustiche e visive hanno un'estensione a seconda del ruolo che gli specifici sensi hanno in specie diverse: le aree della cor­ teccia su cui vengono proiettate le vie olfattive e uditive hanno una estensione maggiore nei Mammiferi notturni che fanno largo uso del­ l'olfatto ma poco o nulla della vista (come la talpa) rispetto ai primati e all'uomo, che si basano su vista e udito. Abbiamo già notato come le aree motorie della corteccia siano mol­ to variabili nelle varie specie animali e rispecchino diversi tipi di motri­ cità: per esempio, sulla corteccia motoria dei Mammiferi inferiori la mappa dei territori periferici controllati dai neuroni motori dà mag­ gior spazio alla zona della testa e della bocca che viene usata come or­ gano manipolatore, mentre nei Mammiferi superiori e nei primati la rappresentazione degli arti e delle dita è molto più vasta rispetto a quella del tronco o delle gambe che non sono coinvolti nella complessa produzione dei suoni (la bocca) o nella manipolazione (le mani). La corteccia umana, oltre a essere estremamente espansa in rapporto alle altre specie animali, è suddivisa in aree che sono specializzate per l'udi­ to, la vista , il movimento, le sensazioni corporee ecc. Negli animali più semplici queste aree sono ridotte al minimo, una per ognuno dei sensi e una per il movimento, mentre negli animali più complessi le aree si moltiplicano: per esempio, nello scoiattolo l'informazione visiva viene analizzata da quattro aree diverse, nel gatto ve ne sono 12, nella scim­ mia ne sono state identificate 30

-

il che significa un incremento di ol­

tre il 200 % rispetto alle mappe di questo tipo pubblicate nel 1983

-

mentre nella specie umana esse sono oltre 32 ma il numero esatto po­ trebbe aumentare man mano che progrediscono gli studi in questo set­ tore, in gran parte basati su tecniche di brain imaging. Poiché ognuna di queste aree ha una funzione diversa, la crescita della corteccia cere­ brale non implica soltanto un aumento quantitativo ma anche una mol­ tiplicazione delle funzioni: alcune - come quella visiva - crescono in complessità mentre ne compaiono altre legate alla memoria, alla comu­ nicazione, alla programmazione delle azioni, alla pianificazione di comportamenti sempre più complessi. Le diversità che esistono tra i cervelli che caratterizzano le specie ani­ mali sono alla base di differenze che riguardano ogni aspetto del com­ portamento, dal potenziale cognitivo al ruolo dell'emozione: tuttavia un

aspetto fondamentale è che esistono diversi tipi di interazione con la

realtà. La specie umana è prevalentemente visiva mentre un cane si basa

:; I Ullll\ NAl lJl lAl I DI I .LA

Ml

NIl

•.1 1prttl tu tco suH'olfatto ud 1·ucrngl icrc .informazioni: un cane ha una •11•1 1 :>i bi l ità agli odori che è tra 50 e 1 00 volte superiore a quella umana, il 1

I H' spiega perché la sua interazione col mondo che lo circonda sia pre­

v 1 1 k•n tcmente olfattiva. Ma come esistono differenze di tipo quantitati­ v1 1 ne

esistono anche di tipo qualitativo: per esempio, ci sono specie

·11•11sibili a stimoli acustici nella banda degli ultrasuoni (tipicamente i ca11 i) e specie

come quella umana che non percepiscono i suoni che appar­

l 1 'llAOno a questa lunghezza d'onda; ci sono specie sensibili soltanto a

1 I1 1c colori (e alle loro combinazioni) e specie come quella umana basate

•111 una visione tricromatica. Anche nell'ambito di una stessa specie, co1 1 1c

quella umana, la variabilità nella distribuzione dei recettori visivi

1 lvl la

retina che sono sensibili ai colori è enorme (Curdo, Sloan, Kalina, I k•ndrickson, 1990), il che spiega le grandi differenze di sensibilità che

rnistono in questo come in altri aspetti delle capacità visive. Una predisposizione nei confronti della percezione di stimoli speci­

fid

riguarda la capacità di convertire pochi indizi in una rappresenta-

1ione del corpo umano, o meglio dei suoi movimenti. Sono infatti suffi­ dl�l1ti 12 punti chiari o scuri, purché disposti in modo adatto, per fare l'i tcnere al nostro cervello che dietro a quei punti ci sia un essere uma-

110: l'importante è che questi punti non siano statici ma si muovano. PlT scatenare questa nostra capacità percettiva (che dipende da un'a1n1 della corteccia occipito-temporale laterale, ESB, vedi p. 1 08) si può l'i vcstire un attore con una tuta nera su cui siano state fissate 6 coppie

di minuscole lampadine,

una

coppia per ogni giuntura del corpo e de-

111 i arti: spalle, gomiti, polsi, bacino, ginocchia, caviglie; farlo muovere 111 1 uno sfondo scuro e registrare i suoi movimenti attraverso un video1 t1 pe ad alto contrasto che lascia percepire solo le luci. Nel corso della l'ip roduzione del videotape su uno schermo gli spettatori percepiranno i mmediatamente che quei punti corrispondono a un essere umano che 11i muove o cammina. Il "trucco" dei punti luminosi funziona quando

lo osserviamo sullo schermo di un computer anche se i punti sono ap­ pena 6, purché in movimento: anche in questo caso riterremo che si

I rutti di un essere umano che cammina di profilo se i punti sono dispo­ �a i

all'altezza delle spalle, gomito, polso, bacino, ginocchia e piedi.

( ; i-azie all'uso di una particolare procedura sperimentale, è stato possi­

b ile stabilire che queste capacità sono anche presenti nel lattante ( Ulake, Shiffrar, 2007) di cui è stata valutata la capacità di riconoscere

1 111 essere umano in movimento a partire dai 12 punti corrispondenti

1dlc prin cipali art kola;doni dcl corpo .

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20

GEOGRAFIA DELLA M ENTE

Funzioni antiche e funzioni recenti

Finora abbiamo utilizzato un'ottica comparata per accennare all'esisten­ za di differenze e somiglianze tra specie animali diverse, in particolare tra i mammiferi, nell'ambito di una storia naturale che fa capo a un pro­ cesso evolutivo che ha portato a un sistema nervoso sempre più comples­ so, caratterizzato da una notevole espansione della corteccia nei primati. Ma è possibile cogliere i principali snodi di questo cammino evolutivo? Anni or sono Paul D. MacLean ( 1 973 ) ha proposto una teoria secondo cui nel corso della storia evolutiva dei vertebrati l'accrescimento in com­ plessità del sistema nervoso si sarebbe compiuto attraverso tappe suc­ cessive che hanno comportato lemergere di strutture e funzioni diverse. Per quanto riguarda le strutture più antiche, quelle del midollo spi­ nale, esse compaiono nei vertebrati primitivi e giocano un ruolo, anche nei vertebrati più evoluti, in attività riflesse di mantenimento come la respirazione, la circolazione, la locomozione, l'accoppiamento. I mec­ canismi riflessi, esercitano numerose funzioni anche nelle specie dotate di un comportamento estremamente differenziato come quello umano: per esempio, permettono di reagire a uno stimolo doloroso, di chiudere le palpebre quando uno stimolo sollecita improvvisamente locchio, di succhiare il latte nella fase neonatale e via dieendo. Tutti i riflessi, da quelli che regolano la respirazione a quelli che sostengono un'erezione in risposta a stimoli sessuali, fanno capo a meccanismi innati. A un livel­ lo superiore strutture cerebrali più recenti, come il paleoencefalo già presente nei rettili, presiedono ad attività istintive e sono la sede di com­ portamenti emotivi legati alla presenza del cosiddetto sistema limbico (figura 1 .8): è qui che sono programmati alcuni meccanismi innati alla base del comportamento sessuale, della fame, sete, cura della prole. I comportamenti che dipendono dalle strutture paleoencefaliche non sono così rigidi come quelli riflessi, e, fatto importante, hanno cor­ relati di tipo emotivo: ma pur essendo tipici di una particolare specie animale, sono modificabili dall'esperienza. In altre parole col paleoen­ cefalo si farebbe ingresso a un livello che, se non è più complesso, è me­ no rigido e stereotipato rispetto a quello spinale. Esistono infine, indica MacLean, strutture nervose più sviluppate nei mammiferi più evoluti, le strutture appartenenti al neoencefalo, principalmente la corteccia ce­ rebrale responsabile delle attività di adattamento e di integrazione: l'in­ dividuo non nasce più con un pacchetto di comportamenti predetermi­ nati, è aperto ali'esperienza e all'apprendimento.

: i l O l t l A N A l l J l lAI I

t :111 tocclo cingolato

I li

I I A Ml N I L

Corpo calloso

Fornice

Ta lamo

' llltl()

Corpi 1 1 11 1 1 1 1 1 n illari Ipotalamo Amigdala

--.._

/

Figura

1.8

Ippocampo

I l sistema limbico e i suoi nuclei.

I ,o schema evolutivo e funzionale proposto da MacLean ha esercita­ li 1

1 1 11 a notevole attrazione soprattutto negli anni Settanta del Novecen-

11 1, 11on soltanto in quanto consente un inquadramento sistematico di I 1 'I 1omcni

complessi ma anche perché permette di correlare livelli strut-

1 1 1rnli con livelli comportamentali. La concezione "tripartita" del siste­ l l HI

nervoso (i riflessi del primitivo midollo spinale, gli istinti e le pulsio-

1 i i dd paleoencefalo, le attività cognitive del neoencefalo) rimanda a tre l i 1 ppc evolutive del cervello dei vertebrati e indica quali sono le origini t l11l l"crvello umano: fornisce una traccia interpretativa di tipo evoluzio-

1 1 i:JI ico e ha il vantaggio di presentare in modo sistematico i rapporti tra

1i1 l ' t 1 L t u re

e funzioni dei diversi livelli evolutivi del sistema nervoso cen­

i m ie,

dal midollo spinale alla corteccia. Tuttavia, le strutture paleoence­

1 1vl la

storia evolutiva dei vertebrati, così come quelle neoencefaliche

ht l i thc non sono state una semplice aggiunta a quelle spinomidollari

1 1 1 111 si limitano a coabitare con quelle paleoencefaliche o quelle spino1 11 idollari. Il cervello è infatti composto di aree, centri e nuclei stretta­ l l H .' n te

associati, cosicché la loro interazione dà luogo a un prodotto di­

wrso e

più complesso rispetto a quanto deriverebbe dalla semplice

È questa integrazione a essere carente 1wlla teoria di MacLean e nella divulgazione che ne è stata fatta, il che

11omma aritmetica di nuove parti.

l l'nde a raffor:1.arc una concezione del cervello in cui esiste una parte (o

livello che sia) n•spo1 1s11hik• di

u n n funzione.

Un esempio della comples-

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22

G EOG RAl'IA DE: LLA M ll NTEl

sità delle interazioni che esistono tra diverse strutture nervose e aree corticali riguarda i rapporti tra la corteccia prefrontale e le altre aree della corteccia che si sono tradotti in un accentramento di numerose funzioni da parte delle aree prefrontali. Nel corso dell'evoluzione la corteccia prefrontale è emersa tardivamente e quindi la sua estensione e il suo ruolo sono molto diversi tra i mammiferi: basti pensare che essa rappresenta circa il 29% del cervello umano, il 12 % di quello di uno scimpanzé, il 7% di quello di un cane e solo il 3,5% di quello di un gat­ to. Una delle caratteristiche più importanti della corteccia frontale, e in particolare di quella prefrontale, risiede nelle sue capacità associative: tutte le altre aree corticali e gran parte delle strutture sottocorticali, dai

Corteccia

N u clei subtalamici Substantia nigra

Figura

1.9

Sopra, i gangli della base; sotto, le loro principali connessioni nervose.

!:

1 01 1 1/\ N A l l J llAI I 1 1 1 1 1 A Ml N 1 l

1 ·,o i 1 1gli ddla lrnsc ro n w l 'arr1 1 1 1 1lw11s u nudci dcl sistema lim bko inviano

vie nervose (ou t p u t) ullu c.:ortcccia prefrontale. l' invece la tassonomia di tutti i comportamenti, delle azioni morali e

n i udizi etici consentiti, per cui, proprio come un danno alla corteccia llt:sociativa posteriore produce un deficit nella capacità di riconoscere 1 1 l i oggetti, un danno alla corteccia prefrontale produrrebbe la stessa li111i tazione nella capacità di riconoscere ciò che è giusto da ciò che è sba­

nliuto in quanto questa corteccia non è più in grado di mettere insieme I ulti

i "pezzi " , ovverosia le informazioni cognitive ed emotive necessa­

ril· per formulare una valutazione. Ma non è la sola corteccia - e in particolare la parte anteriore del cer­

vdlo che contiene le aree frontali e prefrontali - a essersi accresciuta e 1 rusformata nel corso dell'evoluzione: anche diverse strutture sottocor­ l i culi, la cui attività è strettamente intrecciata con quella delle aree corti­ n1l i , sono andate incontro a progressive modifiche. Queste trasforma­

Y.ioni sono sia di tipo quantitativo sia qualitativo. Per esempio, nella loro wrsione arcaica, i gangli della base avevano essenzialmente la capacità 1 li

controllare i movimenti e la loro giusta sequenza ma queste strutture

l wnno subito, insieme alla corteccia, una profonda evoluzione: essi han1 1 0 man mano assunto un crescente controllo della programmazione dei

1 novimenti che si è anche esteso a diverse funzioni cognitive basate su

tld1cmi. e scqucn;i:c (c(imc nel caso di alcuni aspetti della memoria e del

23

r.n;mnAn/\ rm I A M r N f f

di p u lsioni e lwsr e dci loro

linguaggio) o che hanno alle loro spalle il so