123 14
Italian Pages 419 Year 2024
Dopo Kant, oltre il proble11wticis ,no Il 1 ovecento come un «roman":o metafi ico»
........ ........ :-:•:•:•:•: . ...... -:-:-:-:-:DIAPOR.. N
:::.·.·
Pubblicazioni del Centro di ricerca di Meta.fisi,ca e Filosofia delle Arti dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano DIAPOHEIN
© 2024, INSCHIBBOLETH EDIZIONI, Roma.
Proprietà letteraria riservata di Inschibboleth società cooperativa, via G. Macchi, 94 - 00133 - Roma
www.inschibbolethedizioni.com e-mail: [email protected]
Zeugma ISSN: 2421-1729 n. 19 - gennaio 2024 ISBN - Edizione cartacea: 978-88-5529-450-8 ISBN - Ebook: 978-88-5529-463-8 Copertina e Grafica: Ufficio grafico Inschibboleth Immagine di copertina: Aspiration career and ambitious illustration concept. colorful and digital painting render. © La Cassette Bleue - stock.adobe.com
A Vincenzo Vitiello, con grande amicizia, in concordia discors
Non vorrei, con questo mio scritto, risparmiare ad altri la fatica di pensare. Ma, se fosse possibile, stimolare qualcuno a pensare da sé. (L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, 1945)
11
Prologo
Filosofia contemporanea e metafisica
Per il Bontadini la metafisica classica, considerata nella sua struttura essenziale, non si contrappone astrattamente a11o svolgimento del pensiero moderno, ma lo stesso svolgimento de11ajìlosofia moderna conduce, attraverso il momento storico-teoretico rappresentato da11a filosofia contemporanea, a11a metafisica, e quindi a11a metafisica classica come a que11a che per la sua solidità teoretica si pone come esclusiva di altri tipi di metafisica, e in questa si acquieta. (E. Severino, Gustavo Bontadini, in Enciclopedia filosofica, vol. I, 1957) Abbagnano attribuisce al pensiero contemporaneo una metafisica, che in realtà questo pensiero non ha, non può avere, e forse non vuole avere. Il nulla che domina, ad es., una filosofia come que11a di Heidegger è una figura dell'esistenza, e non de11'essere: è, essenzialmente, l'essere-per-la-morte de11'esistente, de1l'uomo, ma non una risposta ontoteologica. L'ontoteologia de11a tradizione occidentale è stata, per Heidegger, distrutta. Il pensiero contemporaneo è, sull'essere, essenzialmente agnostico. (G. Bontadini, Nostalgia dell'eterno, 1979)
12
l. Filosofia contemporanea, problematicismo, metafisica Anche nella filosofia, come nella musica o in altre fanne d'arte, oltre a nuovi stili che esprimono volta per volta un passaggio epocale, appaiono configurazioni nuove di stili precedenti. Chi vi si accosta in modo distratto può credere che si tratti di semplici "variazioni sul tema" e, per questo, può anche giungere a ritenere che si tratti solo di ripetizioni del passato di poco interesse. Tuttavia, come nel campo della musica, soprattutto di quella popolare, a un ascolto più attento è possibile scoprire che la nuova veste in cui appare una nota melodia - ossia la compagine costituita unitariamente da una rinnovata strutturazione della materia sonora, da un ritmo originale e dai nuovi suoni prodotti da una diversa strumentazione - ha fatto assumere a un contenuto musicale eh' era dato come già scontato una nuova fonna, così non è da escludere che anche in filosofia ci si possa imbattere in una scoperta analoga. Il pensiero italiano del Novecento può costituire un significativo banco di prova per la verifica di tale assunto in relazione al sapere metafisico e al suo valore. Per un verso, infatti, si deve registrare come il Novecento italiano, nella sua struttura essenziale di pensiero, sia in linea con la tendenza "problematicista" ch'è dominante nella contemporaneità filosofica. Nondimeno, per un altro verso, in esso è dato vedere in modo più lineare che altrove l'implicito orientarsi di un tale problematicismo verso la soluzione del «problema» per eccellenza, il che vuol dire verso una ripresa del sapere circa l'Intero qual è, appunto, costitutivamente il sapere metafisico 1•
1. Un significativo punto di riferimento circa il variegato articolarsi del pensiero metafìsico in Italia nella prima metà del Novecento è costituito dal volume che contiene gli Atti di un Convengo svoltosi a Roma dall' 11 al 13 dicembre 2008 presso l'Istituto della Enciclopedia Italiana: P. Pagani -
13
Naturalmente potrebbero essere proposte, altrettanto legittimamente, ricostruzioni di tipo diverso del percorso filosofico novecentesco nel nostro paese2. In tal caso, alla luce di tali differenti prospettive, per darne un conto adeguato, insieme con gli autori presi in considerazione nel libro, sarebbe doveroso introdurne anche degli altri. Ciò detto, stante che il primo ori7.zonte di riferimento del libro è costituito dalla teoresi metafisica, quello che mi appresto a eseguire si propone come un racconto sufficientemente lineare del «pensiero speculativo» del Novecento in Italia e oserei dire, almeno per ciò che concerne i suoi elementi essenziali, anche abbastanza condivisibile. A queste considerazioni di carattere preliminare aggiungo che,
all'interno di una ricostruzione di così ampio respiro, per ragioni che emergeranno strada facendo ho voluto dare un rilievo particolare alla figura di un maestro del pensiero filosofico del Novecento e a quella di un suo allievo di eccezione: Gustavo Bontadini ed Emanuele Severino. Entrambe queste figure, in misura maggiore o minore a seconda dei diversi contesti storici e di quelli teoretici, assumeranno anche il ruolo di filo conduttore del racconto. Ma procediamo con ordine.
S. D'Agostino - P. Bettineschi (a cura di), La metafisica in ltal,ia tra le th.ze guerre, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2012. Nel volume è contenuto un mio studio intitolato Gustavo Bontadini e la rigorizzazione della teologia razionale dopo l'attt1alismo gentiliano, ivi, pp. 107-144. 2. Cfr. il sintetico, ma efficace prnfìlo contenuto in S. Poggi, La storia della filosofia del Novecento in Italia, in E. Donaggio - E. Pasini (a cura di),
Cinquant'anni di storiografia filosofica in Italia. Omaggio a Carlo Augusto Viano, il Mulino, Bologna 2000, pp. 311-328.
14
2. Una questione storiografica intorno all'idealisrrw italiano Sulla sequenza attualismo-problematicismo-metafisica, considerata non solo dal punto di vista della successione storica, ma soprattutto nei suoi elementi speculativi, si era soffennato alcuni anni fa Cannelo Vigna, delineando con accuratezza questo tratto particolannente rilevante del primo Novecento filosofico in Italia3 • Prima ancora e in termini simili, invitando tra l'altro gli storici della filosofia a una più appropriata ricostruzione in merito alla vicenda dell'idealismo, si era espresso da par suo Norberto Bobbio, in occasione di un Convegno del 1981 dedicato alla filosofia italiana del dopoguerra. In sede di conclusione dei lavori egli ebbe a dire che, per quanto riguarda l'ambito propriamente "filosofico" - altro essendo quello inerente agli "awenimenti storici"-, «la crisi dell'idealismo avvenne nel seno stesso della filosofia gentiliana con il connubio fra idealismo e cattolicesimo da un lato, e con il problematicismo di Ugo Spirito» 4 • A quel giudizio di Bobbio fece seguito, a breve distanza di tempo, l'autorevole parere di Eugenio Garin, il quale metteva pure lui apertamente in questione la tesi che vede «il corso del pensiero filosofico in Italia nel Novecento [ ... ] spaccato in due dalla seconda guerra mondiale e dalla sua conclusione»5 • Quella tesi storiografica, infatti, a suo giudizio poggiava su «una
3. Cfi-. C. Vigna, Attualismo, proble11wt-icisrrw, meta.fisica (1999), in Id., Il frammento e l'intero. Indagini sul senso dell'essere e sulla stabilità del sapere, Vita e Pensiero, Milano 2000, pp. 325-344 (nuova ed. accresciuta in 2
tomi, Orthotes, Napoli-Salerno 2015, t. I, pp. 383-400). 4. N. Bobbio, IJilancio di un convegno, in F. Tessitore (a cura di), La cultura
filosofica italiana dal 1945 al 1980 nelle sue relazioni con altri campi del sapere, Guida, Napoli 1982, pp. 301-311: p. 304 (corsivo mio). 5. E. Garin, Agonia e morte dell'idealismo italiano, in Aa. Vv., La filosofia italiana dal
55. E. Severino, Note sul. problematicisrrw italiano, cit., p. 447.
36
11. Un romanzo di idee A questo punto, tenendo conto delle due possibili direzioni della storiografia filosofia ricordate all'inizio, dovrebbe esser sufficientemente chiaro che la narrazione, pur fornendo volta per volta i nomi dei suoi protagonisti, avrà la forma di un romanzo di idee: di idee metafisiche e di idee sulla metafisica. 11 nostro racconto, cioè, pur soffermandosi sui personaggi empirici de11a storia che concerne il problematicismo nel Novecento filosofico italiano, prenderà una forma diversa da que11a, anche letterariamente avvincente, che può essere letta ad esempio nel bel libro Il tempo degli stregoni di Wolfram Eilenberger, avente come protagonisti Wittgenstein, I-leidegger, Benjamin e Cassirer56 •
11 nostro racconto si svolgerà puntando r attenzione, piuttosto, alle configurazioni più strettamente speculative di questa storia, fino a dare un rilievo centrale al loro prendere forma nel pensiero di Bontadini e di Severino, ripercorrendo così il complesso itinerario metafisico che, come si diceva, nella sua prima fase vide il primo dei due filosofi nella veste del maestro e l'altro nei panni del discepolo. Prima, però, vedremo emergere alle loro spalle alcuni pensatori di vaglia come Benedetto Croce e, soprattutto, Giovanni Gentile, la cui figura continuerà a permanere sullo sfondo dell'intera nostra storia, senza dimenticare che alle spa11e dell'intera vicenda che viene narrata permarrà l'ombra lunga di Kant con la tesi de11'impossibilitàde11a metafisica come «scien7.a», owero come conoscenza epistemica, allor56. Cfr. W. Eilenberger, Il tempo degli stregoni. 1919-1929. Le vite straorclinariecli quattro filosofie l'ultima rivoluzione del pensiero, tr. it. di F. Cuniberto, Feltrinelli, Milano 2018. Volendo fare un esempio di carattere analogo nel campo della fisica, si potrebbe segnalare la storia della lotta tra Heisenberg e Bohr, da un lato, e Einstein, dall'altro, che è narrata in D. Lindley,
Incertezza. Einstein, Heisenberg, Bohr e il principio di indetenninazione, tr. it. di S. Frediani, Einaudi, Torino 2007.
37
quando essa intende operare il trascendimento dell'esperienza. Nel seguire successivamente il disegno storico-teoretico del problematicismo tracciato da Bontadini, prenderemo visione del pensiero di Ugo Spirito, ma anche di Antonio Banfi e Nicola Abbagnano. Tenendo conto, in seguito, di quanto evidenziato a sua volta da Severino, un capitolo sarà dedicato al problematicismo che connota il pensiero di Martin 1-Ieidegger; come pure, all'interno di un capitolo successivo, avremo modo di ritornare sul tipo di problematicismo presente in Abbagnano. In ogni caso, è bene precisare che nel dare forma alla materia ch'è stata trattata, ho cercato di mantenere un equilibrio dinamico tra il dover assicurare la comprensione dello "svolgimento storico" che hanno avuto le vicende filosofiche narrate nel libro e il voler offrire ad esse un attivo contributo di carattere "teoretico".
12. La trama speculativa del racconto Nella prima parte ho posto al centro della scena la figura di Bontadini e il suo progetto di una metafisica da rimodulare tra «pensiero critico» nel significato moderno del termine e «pensiero costruttivo» in riferimento al sapere metafisico, quindi proiettando entrambi sullo sfondo costituito dall'idealismo italiano dei primi del Novecento e, più in particolare, dal pensiero di Gentile. Quest'ultimo, per l'importanza speculativa che riveste, fungerà da secondo fuoco di questo primo momento della narrazione. Nella parte seguente ho continuato a dare maggiormente voce a Bontadini e alla sua lettura del pensiero contemporaneo, secondo la quale le principali posizioni filosofiche che lo caratterizzano, pur con implicazioni tra loro diverse, hanno in comune la "tesi problematicista" e, cioè, la convinzione che la zona dell'umano conoscere resti al di qua
38
del sapere metafisico. Il giovane Severino riprendeva e sviluppava la linea ermeneutica del maestro, applicandola fruttuosamente al pensiero di Heidegger e vedendo in quest'ultimo, a differenza di quanto accadeva in altre posizioni contenute nel panorama filosofico contemporaneo, un'oggettiva apertura verso il sapere metafisico. Nella terza parte l'attenzione è stata posta sulla "costruzione teoretica" di Bontadini nella sua prima fase e, insieme, essa è stata rivolta a mostrare alcuni elementi portanti dell'adesione di Severino al programma metafisico del maestro, non senza rilevare il contributo originale già portato dal discepolo, sia nella discussione con il problematicismo che in ordine al momento costruttivo dell'indagine metafisica. Nella parte successiva del libro la prospettiva della narrazione è stata rovesciata e, per questo motivo, lo stesso presentarsi del rapporto tra problematicismo e metafisica conterrà una significativa variazione di cui dirò nel paragrafo successivo. Portando al centro del discorso il «Principio di Parmenide», owero il tema della radicale opposi7fone di essere e non essere, verranno in primo piano il pensiero del "secondo Severino" e l'autocritica nei confronti della propria posizione iniziale, sia in ordine al sapere metafisico che all'obiezione di fondo che questo ha ricevuto nel pensiero contemporaneo. Di seguito, è stato dato spazio alla nuova fase della costruzione teoretica di Bontadini, la quale prese forma anche in virtù delle sollecitazioni che questi aveva ricevuto dal suo oramai celebre allievo. Nella quinta e ultima parte, dopo aver seguito passo dopo passo gli sviluppi del pensiero di entrambi i filosofi e la discussione che ne è seguita, si è cercato di venire a capo della principale questione teoretica emersa dalla loro disputa relativamente alla comune impresa di andare oltre il problematicismo contemporaneo, facendo emergere conclusivamente il punto di vista dell'autore sull'intera vicenda ch'è narrata nel libro.
39
13. Oltre il problematicisrrw L'intento che ha accomunato Severino e Bontadini è sempre stato, in ultima analisi, quello di andare oltre il «problematicismo» della filosofia contemporanea. Questo, però, essendo alla fine oramai chiaro che Bontadini, per conseguire tale scopo, ha continuato a guardare con favore allo snodo teoretico ch'è rappresentato dal «problematicismo situazionale», in particolare quello professato, pur con alcuni andirivieni, da Ugo Spirito; mentre Severino, da parte sua, aveva maturato nel corso del tempo la convinzione che - in termini di maggiore coerenza, in base a un presupposto comune - a vincere, sia nei confronti di quest'ultimo che nei confronti della stessa metafisica neoclassica, fosse il «problematicismo trascendentale» con la sua tesi dell'originarietà intrascendibiledel Problema (ossia del Divenire, della Dialettica). E per poter mostrare il problematicismo trascendentale nella sua forma più rigorosa, Severino a un certo punto ritenne necessario tornare a guardare verso l'attualismo di Giovanni Gentile e alla maggiore coeren7.a, rispetto alle altre due posizioni in contesa, eh'era contenuta nella tesi dell'intrascendibilità della «dialettica» dell'Atto del pensiero. Gli sviluppi speculativi che emersero nel corso della discussione tra Bontadini e Severino avrebbero comportato, così, una ridefinizione del significato della formula «oltre il problematicismo», almeno per quanto concerne Severino, il quale perciò nel nuovo corso del suo pensiero si sarebbe lasciato alle spalle la metafisica neoclassica, a cui aveva inizialmente aderito con fervore, e avrebbe delineato per suo conto, venuta meno in lui la concezione tradizionale del divenire degli enti, un'inedita costru7fone metafisica. Non sembra, dunque, fuori luogo porre qui alcune domande, le quali, tra l'altro, possono mettere in guardia il lettore che conosca già la trama del racconto, affinché non ne anticipi affrettatamcnte la conclusione. Sarà con il punto d'arrivo raggiunto da Severino nella sua speculazione
40
che sarà scritta la parolafine per il nostro romanzo metafisico? Oppure non è da escludere che, nelle maglie di quegli stessi sviluppi teoretici severiniani, sia contenuta anche la possibilità di un esito speculativo diverso per l'avventura metafisica che è al centro di questo libro? Ed è possibile, in questo secondo caso, che quegli sviluppi siano a favore di una ripresa ben mirata della tesi bontadiniana che teorizzava la necessità di passare «dal problematicismo alla metafisica»? Una linea di risposta, in forma determinata, a queste domande si cercherà di mostrare al termine della narrazione. Prima di incominciare il nostro racconto mi sia consentita, però, un'ultima riflessione di carattere introduttivo.
14. Un'isola circondata dall'oceano A più di qualcuno, per motivi diversi, potrà sembrare fuori luogo che al sapere metafisico, cioè al sapere stabile per eccellenza, al «territorio della verità» - che, per Kant, è l'isola dell'episteme, sia pure non inclusiva del sapere metafisico, che è «circondata da un vasto e tempestoso oceano» 57 - sia stato accostato, in precedenza, il termine «awentura». Ad alcuni altri, volendo fare nuovamente i conti in merito alla storia del pensiero occidentale, sembrerà invece opportuno andare a vedere se, ali' opposto, l'oceano non minacci anche quell'isola e chiedersi, perciò, se sia «così sicura e stabile la pianura della verità»58 , quale che essa sia. A queste due tipiche osservazioni risponderei, brevemente, come segue.
57. I. Kant, Critica della ragion pura, tr. it. di G. Gentile e G. LombardoHadice, liv. da V. Mathieu, Lateua, Bari 1965, p. 248. 58. V. Vitiello, Filosofia. teoretica. l..,e domande fondamentali: percorsi e interpretazioni, Bruno Mondadori, Milano 1997, p. 75. Segnalo che, al di là di
41
La verità metafisica è pur sempre unita a una coscienza finita e, per tale aspetto, la verità in essa ospitata ha il carattere della «filo-sofia», stante che una tale coscienza inizialmente non può che tendere al sapere per potervisi adeguare. È per questo che possiede un senso legittimo il parlare di «awentura» anche a proposito della metafisica; ed è per lo stesso motivo che nel libro, offrendo un romanzo di "idee", ci si è pure riferiti costantemente alle "persone" del maestro e dell'allievo e a quelle dei loro interlocutori. Questa, però, è soltanto una delle due facce della medaglia e, cioè, si deve registrare che qui si tratta di un'awenturasui generis. Infatti, la coscienza finita che tende al sapere, nondimeno, è unita alla «struttura originaria» dell'apparire fenomenologico e logico, il cui contenuto è la verità metafisica. Pertanto, il viaggio del filo-sofo - I' avventura - include il prendere consapevolezza che si è originariamente "a casa", nella casa della verità. In terzo luogo, però, non dovrà mai essere dimenticato che per la coscienza finita anche la verità è presente nella forma della filo-sofia, proprio in quanto nella sua attualità essa si costituisce soltanto nella sua struttura originaria e in ciò che vi è necessariamente implicato: la verità, cioè, è presente secondo la sua dimensione finita e non totale. Resta, dunque, imprescindibile considerare il fatto che la metafisica delressere alla quale saremo condotti seguendo il filo del racconto è toglimento della "problematicità originaria" - del problematicis11w! -, non della problematicità ch'è intrinseca alla conoscenza più specifica delle determinazioni dell'essere da parte della ragione finita o "umana". Una tale metafisica, perciò, non ignora affatto la "problematicità" così intesa, tan-
questa specifica notazione critica, l'autore in seguito ha presentato un notevole saggio del suo "dialogo diretto" con Kant in Id., Immanuel Kant. L'Architetto della Neuzeit. Dall'abisso della ragione il fondamento della morale e della religione, Inschibboleth, Roma 2021.
42
tomeno ne è l'impossibile eliminazione, ma ritiene piuttosto che il riconoscimento della presenza di quest'ultima debba essere distinto da una sua impropria assolutizzazione sul piano del conoscere. A meno che, a favore di una tale assolutezza della problematicità del sapere, sia fornita una dimostrazione migliore di quella che viene addotta da chi ritiene di poter porre a suo fondamento - guardando, però, alla testimonianza delrapparire con un occhio non limpido - l'affermazione della "problematicità originaria" deltessere: ossia, in concreto, l'affennazione di un originario di-venire ontologico delle cose, owero l'affermazione del procedere «dal nulla" e del tornare «nel nulla" di tutte le cose. Anticipando il personale punto di vista in merito a ciò che, forse un po' enfaticamente, mi è piaciuto chiamare il «romanzo metafisico» del Novecento, soltanto in virtù di una tale giustificazione potrebbe essere esclusa originariamente la tesi metafisica dell'immutabilità dell'essere e sarebbe lecito ritenere, quindi, la «metafisica dell'essere» una mera reliquia del passato, che meglio sarebbe riseppellire definitivamente. Ma una tale dimostrazione sarà effettivamente possibile? Non potrebbe essere tolta, già da sempre, dalla «struttura originaria» della verità? E non sarà che proprio in quest'ultima l'uomo possa trovare il centro di gravità del suo esistere, senza che per questo l' «esistenza» sia considerata un nulla, pur al cospetto del sapere essenziale circa l'essere?
Parte I
Il pensiero critico e la possibilità del sapere meta.fisico Il dialogo, e poi il contrasto- ma ancor esso dialogo concitato e commosso- fra Croce e Gentile, ecco, forse, il tema più significativo della nostra filosofia nell'ultimo cinquantennio. (E. Carin, Cronache cli filosofia italiana 1900/1943, 1955)
Il significato essenziale [dell'idealismo] è la semplice soppressione del presupposto dualistico o naturalistico o del naturalismo in quanto presupposto[ ... ]. Questa negazione è stata interpretata, così da certi idealisti come da certi critici dell'idealismo, quale risoluzione o annullamento dell'essere, simpliciter, nel pensiero. Se si considera che l'annullamento è solo dell'alterità dell'essere e non dell'essere stesso, si scorgerà che questo, tolto come altro dal pensiero, è riaffermato come contenuto o termine intenzionale del pensiero stesso: è, cioè, validamente riaffermato. (C. Bontadini, La funzione metodologica dell'Unità dell'Esperienza, 1946) L'idealismo, enucleato nella sua struttura essenziale, è l'accertamento della posizione metodologicamente corretta dell'esperienza e quindi è risolvimento del gnoseologismo: conclusione del ciclo moderno e apertura (nella forma del problematicismo) del ciclo contemporaneo della storia della filosofia. (E. Severino, Gustavo Bontaclini, in Enciclopedia filosofica, vol. I, 1957)
45
Capitolo I
La metafisica come pensiero critico
l. La distinzione di meta.fisica e .filosofia L'affermazione del «contenuto» incontrovertibile nella forma dell'incontrovertibilità costituisce il cuore della filosofia come «episteme dell'essere», cioè come meta.fisica. Forse il tono di queste espressioni sarà ritenuto troppo solenne, tuttavia è opportuno che esse siano presenti proprio all'inizio del racconto, affinché si possa cogliere subito quale sia il suo tema di fondo. Immediatamente dopo, però, come a farle da armonico controcanto, a quella solenne affermazione ne segue un'altra: la filosofia sporge rispetto alla dimensione dell'episteme, owero della «scienza» intesa aristotelicamente. La distinzione introdotta non è di poco conto, in quanto consente di affermare in uno il «sapere incontrovertibile» e la sua «finitezza», owero il suo limite. È in questo preciso senso che, prima, parlavo di un armonico controcanto. Se l' «intellettualismo» rimarca che il sapere non si riduce al grado zero, secondo quanto vorrebbe una «criticità» (o problematicità) che si espande fino a coincidere con l'orizzonte dell'Intero, d'altra parte il sapere metafisico è soltanto un ambito della filosofia, per quanto all'interno di questa esso occupi
46
una peculiare posizione. Adottando per indicare tale distinzione la terminologia messa in atto da Gustavo Bontadini, si dirà pertanto: la filosofia è «la semplice imponenza dell'intero», mentre la metafisica è «la scienza dell'intero» 1• In relazione a una messa a punto circa il valore e la portata del sapere filosofico, tutto questo implica che si debba ricercare, volta per volta, l'equilibrio dinamico tra intellettualismo (o sapere) e criticità (messa in questione del sapere ereditato). A meno di intendere con il termine «filosofia» ciò che va sotto il nome di filosofia prima, per la quale «tutte le nozioni sono condendae; anche quella che ci sia una realtà data, (diciamo data, non presupposta) su cui non resti che riflettere» 2, l'irriducibilità della filosofia alla metafisica costituisce un'opportuna umanizzazione dell'intellettualismo; viceversa, l'eventuale scomparsa dell'intellettualismo equivarrebbe al venir meno della metafisica, ossia della zona del sapere incontrovertibilé1• Movendo da queste prime considerazioni si può comprendere come, per Bontadini, lo svolgimento della storia della filosofia non debba essere inteso intellettualisticamente, essendo essa la stessa «storia dell'uomo» considerata da una peculiare angolatura. E può emergere pure che, nella discussione tra metafisica e antimetafisica - non importa, ora, in nome di quale di esse si stabilisca chi sia il vincitore nella disputa-, non sono ali' opera l'intelligenza, da una parte, e ciò che si oppone all'intelligenza, dall'altra. Piuttosto, sono in campo «intelligenze diverse». Sempre Bontadini individuava la radice di tale di1. Cfr. G. Bontadini, La metafisica dassica e l'antimetafisicismo contemporaneo (1953), in Id., Conversazioni di meta.fisica, cit., t. I, pp. 135-192:
p. 137 (corsivo mio). 2. G. Bontadini, La metafisica nella .filosofia contemporanea (1952), in Id., Dal problematicismo alla metafisica., cit., pp. 163-214: p. 165. 3. Cfr. G. Bontadini, La metafisica dassica e l'antimetafisicis11w contemporaneo, cit., p. 138.
47 versità in una differen7.a originaria, che concerne i soggetti pensanti, che egli chiamava «differenza antropologica»4 • La sua teorizzazione acquista un rilievo particolare in riferimento alla filosofia contemporanea, in cui le tesi che contraddistinguono le diverse posizioni filosofiche non hanno la pretesa di escludere le rispettive antitesf'. A motivo dell'istituirsi di tale specifica differen7.a, che non concerne il piano della «logica», ma quello della «persona» 6 , si danno nei diversi soggetti pensanti alcuni «concetti» ed «enunciati» originari sui quali non
est disputandum 1• Quest'ultimo rilievo, in relazione alla polemica tra metafisica e antimetafisica, ha una portata enorme, soprattutto allorquando un filosofo rivendica il carattere d'incontrovertibilità della «scien7.a metafisica» e un altro - come, ad esempio, il neopositivista - oppone alla metafisica le sue obiezioni critiche: innanzitutto, quella dell'insignijìcanza del termine «essere». Il rilievo consente di ritornare sulla distinzione di filosofia e metafisica, la quale in ultima analisi ha la sua giustificazione essenziale nella circostanza che a filosofare è l'uomo tutto intero, con il concorso quindi della sua affettività e delle sue convinzioni, e non, semplicemente, la «ragione» dell'uomo. In altri termini, per poter cogliere i «significati» della metafisica è necessario innanzitutto possedere una sorta di sensibilità metafisica. E risiede sempre qui il motivo per cui, allorquando ci si riferisca a ciò che è oltre la zona molto ristretta della scien7.a metafisica, r elemento intellettualistico non costituisce la dimensione né immediata né unica del filosofare, sia nel suo
4. Cfr. G. Bontadini, Per una.filosofia neoclassica, cit., pp. 283-284. 5. Cfr. G. Bontadini, La meta.fisica nella .filosofia contemporanea, cit., pp. 166-167. 6. Cfr. ivi, p. 166. 7. Cfr. G. Bontadini, Per una .filosofia neoclassica, cit., p. 284.
48
momento critico che in quello costruttivo. Le altre componenti del concreto filosofare, considerate unitariamente, sono espressioni di questa o di quella «fede», sia essa di tipo religioso o meno, che è costantemente unita alla ragione in quanto umana8 • Per questo aspetto del filosofare, si può rilevare come la presen7.a della dimensione del «mito» sia una costante alrintemo del pensiero filosofico e non costituisca unicamente il suo passato, senza che per questo il sapere metafisico debba essere ritenuto espressione di un contenuto mitico.
2. La meta.fisica neoclassica Le considerazioni di carattere generale che sono state proposte rappresentano un primo tratto dello sfondo della narrazione che sarà svolta del libro. Questo tratto iniziale potrebbe essere utilmente incrementato grazie alle ricostruzioni complessive della filosofia italiana del Novecento segnalate in precedenza. Ad esse vorrei aggiungere, ora, quella operata da Franco Hestaino9, il quale lodevolmente dedica al pensiero di Bontadini uno spazio maggiore rispetto a quello che solitamente gli è riservato in pubblicazioni analoghe 10; ma anche quanto è contenuto in due volumi, uno dei quali a più voci, che si soffermano più specificamente sul pensiero cristiano del Novecento, sempre in riferimento 8. Per un approfondimento, sulla base di queste considerazioni, circa l'irriducibile distinzione di filosofia e metafisica, cfr. L. Messinese, Il filosofo e "fa fede. Il cristianesimo 'moderno' di Gustavo Bontadini, Vita e Pensiero, Milano 2022, pp. 121-132. 9. Cfr. F. Hestaino, Il dibattito filosofico in Italia (192~1990), in N. Abbagnano, Storia della fil,osofia, voi. IV/2, La filosofia contemporanea, a cura di G. Fomero, F. Hestaino e D. Antiseri, UTET, Torino 2013, pp. 561-758. 10. Cfr. ivi, pp. 599-600, 613-621, 673-674, 702.
49
alla situazione italiana11 • A questa serie di studi sarà utile aggiungere un saggio dedicato espressamente ad analizzare il rapporto tra il neoidealismo italiano e la cultura filosofica di orientamento cattolico 12• L'intento di questi diversi rimandi è di mostrare quali siano stati il contesto, l'anima profonda e il contenuto essenziale di una proposta di pensiero- quella di Bontadini- che andò sotto il nome di «metafisica neoclassica». Seguendo la ricostruzione che fu eseguita da Giorgio Giannini, in alcuni casi la denominazione di filosofia neoclassica è estesa a una serie di indirizzi della filosofia contemporanea diversi tra loro, ma che rientrano nell'alveo della filosofia cristiana 13 e che sono accomunati da un costante riferimento alla tradizione classica intesa in senso eminentemente speculativo 14 , specialmente per l'affermazione della trascendenza teistica 15 • Gli elementi che la caratterizzano rispetto al «neotomisno» e alla «neoscolastica» sono, in alcuni autori, soprattutto una «compenetrazione tra la linea platonico-agostiniana e la linea aristotelico-tomista» 16 e, in altri, la
11. Cfr. E. Agazzi (a cura di), Il pensiero cristiano nella filosofia italiana del Novecento, Milella, Lecce 1980. Sono presenti alcuni scritti dedicati al pensiero di Bontadini: P. Faggiotto, La ripresa della metafisica classica, ivi, pp. 13-39, in part. pp. 27-38; E. Candii, Discorso breve cù metafisica e coscienza dei valori in G. Bontadini, ivi, pp. 179-189. L'altro volume è quello di P. Prini, La filosofia cattolica italiana del Novecento, Later1.a, Roma-Bari 1997, dove è incluso un capitolo sulla «metafisica neoclassica di Gustavo Bont-.1.dini» (ivi, pp. 62-68 e, per le note, pp. 247-248). 12. Cfr. A. Bausola, La cultura cattolica e il neoidealismo, in P. Di Giovanni (a cura di), Il neoidealismo italiano, LatcJ7.a, Roma-Bari 1988, pp. 155-167. 13. Cfr. G. Giannini, La filosofia neoclassica, in M.F. Sciacca (a cura di), Grande antologia filosofica, vol XXVII, Mau.omti, Milano 1977, pp. 255310: p. 289.
14. Cfr. ivi, p. 257. 15. Cfr. ivi, p. 289. 16. lvi, p. 290.
50
«necessità di rispondere, sulla scia della tradizione classica, a certe istanze del pensiero contemporaneo» 17. Nella sua espressione di più alto valore teoretico la metafisica neoclassica coincise con il magistero di Gustavo Bontadini18 e di quello che prese forma nel pensiero dei discepoli, tra i quali Emanuele Severino ha evidentemente la posizione di maggiore rilievo 19• Una sua preliminare definizione può essere la seguente: «Una filosofia è neoclassica quando contiene il principio o fondamento della metafisica classica»w. Se ora ne sto parlando al passato, è innanzitutto per registrare che essa fa parte di una stagione filosofica che, per ciò che concerne il piano "storico", è alle nostre spalle.
3. La contemporaneità .filoso.fica Questo modo di parlare della metafisica neoclassica, in cui se ne rileva !"'inattualità", può essere tuttavia teoreticamente pro-
17. lvi, p. 297. 18. È lo stesso Giannini a ricordare l'attribuzione di «fìlosofia neoclassica», da parte di Bontadini, per l'indirizzo fìlosofico che aveva impresso alla neoscolastica dell'Università Cattolica di Milano (cfr. ivi, p. 256). 19. Insieme con Emanuele Severino, l'altro discepolo che s'impegnò inizialmente nello svolgimento di tale compito fu Italo Mancini (cfr. I. Mancini, Ontologia fondamentale, La Scuola, Brescia 1958; Id., Linguaggio e sal.vezza, Vita e Pensiero, Milano 1964; Id., Ontologia neoclassica, in Id. [a cura di],L'Essere. Problema-teoria-storia, Studium, Roma 1967, pp. 245-294). 20. G. Bontadini, La posizione della neoscolastica nella filosofia contemporanea (1960) in Id., Conversazioni di metafisica, cit., t. II, pp. 9-57: p. 19 (corsivo mio). Awerto subito che con questa definizione non si esaurisce il significato del definiendum «neoclassica». In ogni caso, anche alla luce della suddetta definizione segue che «le fìlosofie neoclassiche possono essere molte» (ibidem).
51
duttivo proprio per il tempo presente. Questo nella misura in cui si riesca a preservare una giusta distanza dalla «contemporaneità» filosofica, allo scopo di interrogarla spassionatamente circa alcune sue direttrici di fondo. Si tratterebbe di un modo di procedere che è analogo a quello adottato dallo stesso Bontadini, per il quale la contemporaneità aveva il volto del «problematicismo». Quest'ultimo era stato enucleato attraverso la chiarificazione e autenticazione dell'attualismo di Giovanni Gentile operata nell'ambito della sua scuola e, segnatamente, da Ugo Spirito. La prospettiva neoclassica di Bontadini, e in particolare la sua componente metafisica, s'inserisce speculativamente a questo punto. Ed essa, proprio in quanto ha ricevuto oramai una precisa collocazione all'interno della storia della fi.losofi.a 21 , è suscettibile di una "ripresa" sul piano della teoresi filosofi.ca, in particolare di quella che persiste nel ritenere importante tuttora affrontare il «problema di Dio». Oltretutto, nel prendere in considerazione e nel valutare la metafisica neoclassica, noi oggi siamo più
21. Data l'indole di questo scritto, pur tenendola presente, non mi soffermerò a discutere esplicitamente la letteratura critica relativa al pensiero di Bontadini. Rimando alla bibliografia che è contenuta in L. Grion, Gustavo Bontadini, Lateran University Press, Città del Vaticano 2012, pp. 275-290. Tra le pubblicazioni successive, oltre al mio recente volume citato, supra, alla nota 8 di questo capitolo, segnalo A.M. Cappuccio, Gustavo Bontadini tra gli idealisti, pres. di F. Tessitore, Hubbettino, Saveria Mannelli 2015; P. Pagani, L'Essere è Persona. Riflessioni su ontologia e antropologia .filoso.fica in Gustavo Bontadini, Orthotes, Napoli-Salerno 2016; F. Saccardi, Meta.fisica e parmenidismo. Il contributo della .filosofia neoclassica, Orthotes, Napoli-Salerno 2016 (2' ed. riv. e ampi., 2018); A. Lombardi, Il volto epistemico della.filosofia italiana. La Neoclassica di Gustavo Bontad.ini, AM, Vigon7.a 2018; M. Berlanda, L'unica svolta di Bontadini. Dal .fideisnw attualistico alla meta.fisica dell'essere, Vita e Pensiero, Milano 2022. Infine, mi permetto di ricordare un mio libro di alcuni anni fa, Il cielo della meta.fisica. Filosofia e storia della.filosofia in Gustavo Bontad.ini, pref. di V. Melchiorre, Hubbettino, Saveria Mannelli 2006.
52
liberi da alcuni equivoci e incomprensioni a cui essa dovette soggiacere, non solo negli anni in cui venne proposta inizialmente dal maestro della Cattolica, ma anche - sia pure per motivi diversi - allorquando successivamente fu rielaborata e perfezionata da Bontadini. Per disegnare il quadro della contemporaneità filosofica- forse con alcuni tratti che risulteranno troppo netti, ma comunque sufficientemente affidabili - possiamo rifarci a ciò che ne diceva, alcuni anni, fa Joseph Moingt. Il teologo francese, valutando per suo conto in modo positivo la situazione che andava a descrivere, rilevava che la filosofia «non pretende più di dire l'ultima parola né sull'essere né sul mondo, né sulla ragione, né sulla libertà, essa non elimina in anticipo ciò che ne pensa la fede, non nega a priori la realtà di Dio»22 • Tuttavia, lo stesso teologo aggiungeva pure un risvolto di questa situazione che egli considerava negativo e, cioè, che la filosofia «non si preoccupa più del problema di Dio, accetta di considerarlo un enigma al quale essa non ha più accesso»2.1. Per riequilibrare, integrandolo, il bilancio critico ch'è fornito da Moingt riguardo alla contemporaneità, ci si può riferire al rinnovato interesse sviluppatosi nella filosofia analitica più recente per la teologia filosofica, in cui però spesso questa si presenta nelle vesti di una filosofia della religione, oppure ne è inglobata. In ogni caso, quelle di Moingt sono espressioni che, quanto ali'essenziale, avrebbe potuto sottoscrivere anche Bontadini, magari aggiungendovi due osservazioni. Quella ini7fale è che Dio, in.filosofia, s'incontra come predicato e non come soggetto: "una certa realtà" (soggetto) è "Dio" (predicato). In questo modo, si viene pure a definire il senso dell'espressione corren-
22. J. Moingt, Dio che viene all'uomo. 1. Dal lutto allo svelamento di Dio, tr. it. di P. Crespi e G. Francescani, Queriniana, Brescia 2005, p. 218. 23. Ibidem.
53
te «dimostrazione dell'esistenza di Dio». La seconda osservazione è che ogni uo1rw possiede l' «idea di Dio», nel senso di avere un riferimento ultimo in base al quale egli stabilisce il senso della vita. Accostarsi alla prospettiva del pensiero neoclassico di Bontadini, ch'è il primo dei due maggiori protagonisti del nostro racconto, equivarrà a portare l'attenzione su un significato di filosofia e su uno di metafisica che, oggi, possono sembrare come delle monete fuori corso che forse non sono state realmente sostituite, ma più semplicemente messe da parte, e che, magari, potrebbero essere rimesse utilmente in circolazione. In ogni caso, incominciamo finalmente, senza ulteriori indugi, a indirizzare la nostra attenzione sulla fonna e sul contenuto della metafisica neoclassica, fornendone alcuni primi cenni.
4. La prima fase della meta.fisica neoclassica Bontadini era giunto ad afferrnare la tesi che l'esito teoretico della filosofia moderna consiste nella sua autosoppressione - questo, beninteso, strettamente rispetto al terna della metafisica - e a sostenere, parallelamente, che l'autentico punto di arrivo teoretico della filosofia moderna costituisce il punto di partenza più adeguato dell'indagine metafisico-teologica. Egli aveva potuto stabilire queste due tesi, che sono evidentemente connesse tra di loro, in quanto aveva studiato in maniera approfondita l'intero corso della filosofia moderna e aveva meditato a lungo sulle dottrine dei suoi rappresentanti più significativi. Questa prima considerazione intende eliminare, fin d'ora, il sospetto che un'ingenuità di fondo abbia potuto caratteri7.zato il programma o «compito metafisico» del filosofo milane-
54 se24. Le sue indagini sul pensiero moderno, sempre preservando l'aderenza fedele ai testi, hanno l'indole di un accostamento teoretico grazie al quale egli fu in grado di cogliere i motivi speculativi che sono caratteristici della filosofia moderna, soprattutto se vista nel suo compimento realizzatosi con l'idealismo tedesco. In questo modo, Bontadini pervenne a delineare la relazione del "nwdemo" con la "tradizione" in termini originali e che andavano all'essenziale della questione. Il risultato speculativo di questo lungo processo, in cui sono coniugati studio accurato e fine medita7ione, fu costituito dall'elaborazione del concetto di «esperienza» ed è contenuto in un denso scritto del 1946 intitolato La funzione metodologica dell'Unità dell'Esperienza'l-5 • Quanto è stato appena indicato costituisce il primo momento dell'esecuzione del compito speculativo che la metafisica neoclassica di Bontadini aveva proweduto ad autoassegnarsi. Non meno importante, anzi, ancora più decisivo è il secondo momento, quello della vera e propria costruzione metafisica. Quest'ultimo, a sua volta, presenta due fasi. La prima è quella segnata per l'appunto dal confronto con il pensiero moderno, ma pure con alcune correnti decisive della filosofia della prima metà del Novecento. Gli scritti da tenere presenti al riguardo sono, in particolare, alcuni interventi che furono tenuti da Bontadini ai Convegni di studi filosofici di Gallarate, tra i quali per il momento mi limito a menzionare quelli degli
24. Sulla rilevan7.a teorica di questa fìgura cfr. G. Bontadini, Il compito della metafisica (1952), in Id., Conversazioni di metafisica, cit., t. I, pp. 69-83. Lo scritto era contenuto originariamente all'interno di un volume dal titolo omonimo della rivista «Archivio di filosofia», XXII, n. 1, 1952, pp. 5-20. Per un'analisi dell'intero fascicolo cfr. G. Caletti, Il compito della metafisica, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», XLV, n. 4, 1953, pp. 343-349. 25. G. Bontadini, Lafanzione metodolo[!jca dell'Unità dell'Esperienza (1946), in Id., Conversazioni di metafisica, cit., t. I, pp. 33-63.
55 anni 1947 e 194826; ancora, raccolte sotto il nome di Principio della metafisica, le pagine conclusive del saggio intitolato La metafisi,ca nella filosofia contemporanea21; inoltre, la prolusione al corso di filosofia teoretica del 1953 in Università Cattolica, intitolata L'attualità della metafisica classica~; e, infine, uno scritto del 1958 per un volume contenente una serie di autopresentazioni di filosofi italiani, dal titolo Per una filosofia neoclassica'li). Un contributo solo all'apparenza di carattere minore, ma che può essere considerato come l'anello di congiunzione tra le due fasi, è costituito da uno scritto del 1963 intitolato Metafisi,ca dell'esperienza o esperienza metafisi,ca?-10 •
5. La seconda fase Il pensiero metafisico di Bontadini in una fase successiva fu segnato, essenzialmente, dal confronto con l"'allievo" Emanuele Severino, il quale, dunque, a un certo punto della narrazione, entrerà in scena nella veste di secondo protagonista. Vedremo, così, come in un primo momento Severino avesse fatto propria la causa filosofica del maestro e, anzi, avesse apportato il suo
26. Cfr. G. Bontadini,Ilpunto di partenza della meta.fisica. (1947),in Id., Dal problematicismo alla meta.fisica, cit., pp. 107-112, e Id., La struttura della metafisica (1948), ivi, pp. 112-123. 27. G. Bontadini, La metafisica nella filosofia contemporanea, cit., pp. 211214. 28. G. Bontadini, L'attualità della metafisica classica (1953), in Id., Conversazioni di meta.fisica, cit., t. I, pp. 84-102. 29. G. Bontadini, Per una filosofia neoclassica, cit., pp. 260-289. Di questo testo, per quanto riguarda l'aspetto costruttivo del discorso metafisico, sono da considerare i parr. 16-19, alle pp. 285-289. 30. G. Bontadini, Metafisica di/l'esperienza o esperienza metafisica?, in «Teoresi», XVIII, n. 3-4, 1963, pp. 291-297.
56
contributo per conferire una veste più sistematica alla metafisica neoclassica, in particolare con un'approfondita indagine teoretica dal titolo La struttura originaria31 •
Le critiche che Severino incominciò a muovere a Bontadini nel suo celebre scritto Ritornare a Pannenide32 sollecitarono il maestro a un approfondimento ulteriore della metafisica neoclassica. L'intento era di far emergere, anche dinanzi a quelle obiezioni, il persistente valore della rigorizzazione della metafisica a cui egli aveva dedicato le sue energie migliori e, in particolare, il valore della rigori7.zazione inerente al vertice "teologico" dell'edificio metafisico. Gli scritti di maggiore rilievo, a tale proposito, possono essere ritenuti: S6zein tà phain6mena, del 19641 1; Sultaspetto dialettico della dimostrazione dell'esistenza di Dio, del 196534 ; Per la rigorizzazione della teologia razionale, del 1969-1.5; Per una teoria del fondamento, pubblicato nel 197336; e infine Per continuare un dialogo, apparso sulla «Rivista di filosofia neo-scolastica» nel 198337 • Se è consentito qui un ricordo di carattere personale, due anni dopo la pubblicazione di quest'ultimo scritto, al
31. E. Severino, La struttura originaria, La Scuola, Brescia 1958 (rist. an. 2012). 32. E. Severino, Ritornare a Parmenide (d'ora in avanti, RP), in «Rivista di fìlosofia neo-scolastica», LVI, n. 2, 1964, pp. 137-175. 33. G. Bontadini, SlP..ein tà phain6mena. A Emanuele Severino (1964), in Id., Conversazioni di metafisica, cit., t. Il, pp. 136-166.
34. G. Bontadini, Sull'aspetto dialettico della dimostrazione dell'esistenza m Dio (1965), in Id., Conversazioni di meta.fisica, cit., t. II, pp. 189-194. 35. G. Bontadini, Perla rigorizzazionedella, teologia razionale (1969), in Id., Conversazioni di meta.fisica, cit., t. II, pp. 267-301. 36. G. Bontadini, Per una teoria del fondamento (1973), in Id., Meta.fisica e deellenizzazione, cit., pp. 5-23. 37. G. Bontadini, Per continuare un dialogo, in «Rivista di filosofia neoscolastica», LXXV, n. 1, 1983, pp. 110-118.
57
quale era seguita una replica ulteriore da parte di Severino38 , sulla medesima rivista grazie alla sollecitudine di Bontadini apparve una mia breve nota critica, intitolata Per far continuare un dialogo39 • In essa operavo una comparazione tra le posizioni di Bontadini e di Severino, così com'erano venute rispettivamente a definirsi, e incominciavo a porre le questioni teoretiche su cui avrei continuato a interrogarmi negli anni a seguire.
6. Il duplice significato di metafisica neoclassica Andando avanti nello svolgimento di questa prima parte del racconto metterò a fuoco la genesi, sia storica che speculativa, del «metodo» della metafisica neoclassica. Invece nella seconda parte prowederò a indicare gli elementi portanti dell' edificio teorico innalzato da Bontadini negli anni Cinquanta del secolo scorso.
È opportuno premettere che, se nella comprensione del significato di «metafisica neoclassica» si fa leva sul rapporto eh'essa intrattenne con l'idealismo moderno e con il problematicismo contemporaneo, è questa la fase del pensiero bontadiniano in cui la "costruzione" che fu portata a termine corrisponde perfettamente al suo "concetto". Nel caso, invece, si privilegi un'altra delle tesi portanti della neoclassica (comune a Bontadini e al primo Severino), vale a dire che è il «principio parrnenideo» dell'immutabilità dell'essere ad aver sorretto la metafisica classica, allora anche i contenuti della disputa tra
38. Cfr. E. Severino, Appunti per Gustavo Bontadini, in «Rivista di 6loso6a
neo-scolastica», LXXVI, n. 4, 1984, pp. 616-622. 39. L. Messinese, Perfar continuare un dialogo, in «Rivista di 6loso6a neoscolastica», LXXVII, n. 4, 1985, pp. 645-650.
58 l'allievo e il maestro devono essere considerati quali elementi della costruzione dell'edificio metafisico. Nelle parti successive del libro ho dato, perciò, il necessario spazio a quest'ultima fase della speculazione neoclassica. Essa portò i suoi due protagonisti a percorrere a un certo punto strade diverse40, in relazione alle quali ho introdotto al termine della narrazione alcune riflessioni che offrono la mia personale prospettiva in merito a questa importante vicenda filosofica e al suo esito speculativo.
40. Sulla disputa tra Sevenno e Bontadini, com'è noto, sono inteivenuti numerosi auton, alcuni dei quali saranno citati più avanti. Per quantonguarda la mia posizione in mento, cfr. L. Messinese, L'apparire del mondo. Dialogo con Emanuele Severino stdla "struttura originaria" del sapere, Mimesis, Milano 2008, pp. 225-273, in cui la lunga discussione tra i due fìlosofì è esposta in modo analitico attraverso l'esame dei van scntti, e Id., Il filosofo e la fede, cit., pp. 71-94 e 97-113.
59
Capitolo II
Empirismo, criticismo,filosofia dello spirito
l. La criticità del pensiero e il compito della meta.fisica Per andare subito al cuore teoretico della narrazione possiamo rifarci, inizialmente, a uno scritto del 1950 nel quale Bontadini non solo riassume i frutti che aveva ricavato dallo studio del pensiero contemporaneo, ma indica pure in qual modo egli li avrebbe utili7.7ati nel dare esecuzione al programma di ricostruzione metafisica in cui aveva da poco incominciato a impegnarsi più concretamente.
Lo scritto che fungerà da filo conduttore per questo avvio riproduce una conferenza che il filosofo milanese aveva tenuto nell'Aula Magna della facoltà di Lettere dell'Università di Padova, all'interno di un Seminario di filosofia svoltosi dal dicembre 1949 ali'aprile 1950 che aveva come tema La mia prospettiva .filoso.fica e di cui furono pubblicati tempestivamente gli Atti 1• Esso, peraltro, è poco conosciuto, anche perché non è contenuto nell'edizione delle Opere ristampate dall'editrice Vita e Pensiero negli anni 1995-1996.
1. G. Bontadini, La mia prospettiva filosofica, in Aa. Vv., La mia prospettiva filosofica, Liviana, Padova 1950, pp. 70-88.
60
Bontadini esprimeva la convinzione che vi sia un «nucleo di verità [ ... ] giacente, più o meno sepolto sotto la molteplicità delle prospettive personali, nel patrimonio storico dell'umanità e precisamente nella ..filosofia classica»2 • Tuttavia, questa intima convinzione in lui era unita alla necessità di onorare il «carattere critico che è proprio del pensiero stesso», il quale impone di «eliminare i pregiudizi e confermare i giudizi»3 • Ciò comporta che il pensiero, in quanto critico, «si oppone ali' affermazione dogmatica, ossia ad ogni affermazione che non sia dimostrata»4• N elio stesso tempo, una volta che «l'esigenza della dimostrazione» sia stata soddisfatta, allora si dovrà riconoscere che «anche la critica ha esaurito il suo compito, e deve acquietarsi nel puro assenso», fermo restando che la dimostrazione dovrà essere esercitata
Fu anche sulla base di queste considerazioni crociane che Guido De Ruggiero, all'interno dell'Appendice scritta nel 1920 per la seconda edizione della sua Storia della filosofia contemporanea, ebbe modo di rivedere il suo precedente giudizio in 34. B. Croce, Rivista bibliografica, cit.,
p. 161.
35. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso (1915), a cura di G. Galasso, Adelphi, Milano 1989, p. 52.
71
merito al rapporto tra il pensiero di Croce e quello di Gentile e di rilevare che la loro «diversa genesi vale a spiegarci come, negli ultimi anni, l'opera dei due pensatori si sia andata svolgendo per vie affatto divergenti»36 •
4. La fase ulteriore della discussione di Bontadini con Croce A distanza di tempo, precisamente nel 1945, Bontadini ritornò a parlare del filosofo nato a Pescasseroli, soffermandosi sui suoi ultimi sviluppi teoretici. L'occasione più immediata gli fu offerta dalla recente pubblicazione di un volume, a cura di Michele Federico Sciacca, che raccoglieva una nutrita serie di autopresenta7foni redatte da esponenti di rilievo della filosofia italiana37• Prima di passare in rassegna le diverse posizioni eh'erano ivi contenute, Bontadini svolse una serie di considerazioni introduttive, all'interno delle quali, rievocando il passaggio dal positivismo all'idealismo, ritenne opportuno soffermarsi nuovamente anche sul pensiero di Croce, dal momento che questi, dopo aver respirato «l'aria del positivismo durante il primo suo periodo di produzione erudita nel campo dell'indagine storica», successivamente «si volse alla filosofia», in parte sotto la suggestione del nascente idealismo, ma anche perché egli comprendeva la necessità di una base filosofica non «naturalistica» per gli studi storici38 • E, quella volta, Bontadini scrisse di Croce con un tono molto più di36. G. De Ruggiero, Storia dellafilosofia, voi. IX, La filosofia contemporanea (1920), Latet7.a, Bari 1964, p. 506.
37. Cfr. M.F. Sciacca (a cura di), Filosofi italiani contemporanei, Manorati, Como 1944. 38. Cfr. G. Bontadini, Conferme e riepilogo: problematicismo trascendentale o metafisica costrott-iva? (1945), in Id., Dall'attualismo al problemat·icis,1w, cit., pp. 321-390: p. 326.
72
steso rispetto a quello usato negli anni del suo apprendistato filosofico, anche quando venne a rilevare nel di lui pensiero «la semplicistica negazione del valore teoretico della scienza fisico-matematica»39, oppure la inaccettabile «sovrapposizione della dialettica dei distinti a quella dei contrari» che quegli aveva teorizzato, criticando la dialettica hegeliana40 • Croce restava, poi, in accordo con Hegel proprio in merito a «quelr aspetto dell'hegelismo, di cui il pensiero contemporaneo farà ripudio: r aspetto, cioè, della sistemazione definitiva o conclusiva o conclusa o quiescente della realtà spirituale», sebbene per Bontadini fosse da riconoscere che, più di recente, Croce avesse inteso le «categorie» del suo sistema in modo meno rigido41 • Si tratta di alcune pagine che, come appare già da queste indicazioni, meriterebbero di essere riportate per intero, tale è racutezza dell'interpretazione che Bontadini nuovamente offriva della «filosofia dello spirito» di Croce. Ed egli lo faceva anche alla luce di alcune acquisizioni del pensiero contemporaneo, grazie alle quali era più facile che emergesse il carattere «funzionale» delle categorie crociane, altrimenti passibili della critica di assolutismo dogmatico, come prima si diceva42 • In particolare, a Croce egli riconosceva il merito di aver contribuito a disfarsi, in sede di etica, di politica e negli altri campi della filosofia dello spirito, di «tante figure che storicamente hanno avuto la loro apparizione, e che si ritenevano appog-
39. Ibidem. 40. Cfr. ivi, p. 328. La sovrapposizione era giudicata inaccettabile da Bontadini in quanto, essendo la dialettica un «movimento del pensiero generato dallo stesso supremo principio logico, che è il principio di non contraddizione», essa «non può essere che dialettica dei contrari, per definizione» (ibidem). 41. Cfr. ibidem. 42. Cfr. ibidem.
73
giate, anzi pretendevano di appoggiarsi alla visione metafisica della realtà»4-1. Tuttavia, quella pacificata interpretazione con cui Bontadini riconosceva i meriti del pensiero crociano, accompagnata dalla convincente critica nei confronti di alcune accuse che a torto gli erano state mosse, come quella di «amoralismo» 44, era unita pure alla piena conferma della valutazione teoretica che egli aveva espresso, vent'anni prima, in merito alla polemica filosofica di Croce con Gentile4.5, incluso il rilievo che «il problema centrale della filosofia moderna (e più ancora quello dell'antica), il Croce ha sempre considerato uno pseudo-problema»46 • A queste ultime considerazioni critiche, contenute nel capitolo conclusivo del volume Dall'attualisrrw al problematicisrrw, possono essere accostate quelle in cui, rievocando nel 1947 la figura e il pensiero di Gentile, il filosofo milanese, da una parte, invitava a ricordare «che fu Gentile - sempre insieme con Croce - a mettere la nostra filosofia al livello di quella europea»47; e, dall'altra, tornava sul tema della «possibilità della metafisica», la quale era sì il risultato implicito della speculazione gentiliana, ma soprattutto costituiva il problema fondamentale della filosofia in quanto tale. Nondimeno, secondo Bontadini, proprio un tale problema era sfuggito così al Croce come ai problematicisti in generale, i quali a quel problema han voluto soltanto affacciarsi, o, se qualcosa di più gli hanno dedicato, ad un certo punto hanno preferito ritrarsene, rinunciando a sbrogliarne le complicazioni (e
43. lvi, p. 329. 44. Cfr. ivi, p. 330. 45. Cfr. ivi, pp. 330-331. 46. lvi, p. 331. 47. G. Bontadini, Gentile e noi (1947), in Id., Dal problematicismo alla meta.fisica, cit., pp. 5-21: p. 6.
74 rivolgendosi invece ai più vari, fecondi e allettanti problemi mondani). 48
In ogni caso, se da una parte Bontadini avrebbe continuato a leggere Croce, prendendo atto dei mutamenti intervenuti pure nell'ambito della sua dottrina estetica49, non per questo - come s'è visto- sarebbe mutata, per lui, l'interpretazione complessiva del pensiero crociano; e quindi, parallelamente, anche del pensiero di Gentile: La filosofia crociana è una fenomenologia dello spirito umano, come teoria delle forme spirituali, caratteri7.7.ata, nei confronti del positivismo naturalistico, dal declassamento del sapere scientifico. Come «sistema» delle forme dello spirito essa è poi in contrasto con il puro formalismo proprio della filosofia dell'atto.50
Bontadini, insomma, continuava a leggere entrambi i filosofi soprattutto alla luce della questione che maggiormente Io assillava: il problema della rigorizzazione del sapere metafisico, in particolare quanto alla posizione del «problema teologico» e della sua soluzione, come egli avrebbe avuto modo di ribadire nel corso di una discussione con Eugenio Garin che si svolse dal 1959 al 1961 sul «Giornale critico della filosofia italiana»: Tra Gentile, il quale asseriva non essere possibile «una filosofia degna di questo nome, la quale non teologi7.7.asse», e Croce, che riduceva l'oggetto della filosofia ali' esperien7.a storica, considerando la metafisica come morta, Garin sta per Croce. lo invece resto con Gentile. 51
48. lvi, p. 8.
49. Cfr. G. Bontadini, Estet-ica e meta.fisica (1951), in Id., Dal problematicismo alla meta.fisica, cit., pp. 137-148: p. 143. 50. G. Bontadini, La meta.fisica nella .filosofia contemporanea, cit., p. 185 (corsivo mio). 51. G. Bontadini, Anc.ora del far storia, cit., pp. 68-69.
75
Salvo essere peraltro tornato a chiosare, nel 1952, circa il filosofo di Pescasseroli-dando, così,prova ulteriore del suo costante seguire da vicino gli sviluppi della filosofia contemporanea -, che in quanto il Croce pretenda di tener fenno il suo sistema delle categorie o dei concetti puri o, appunto, delle forme spirituali (altra volta però egli lo propose come una semplice posizione storica, soggetta a possibile revisione) il Croce è anch'esso in contrasto con la tendenza radicalmente critico-storicistica della filosofia contemporanea. 52
Se si confronta questo rilievo bontadiniano dal duplice segno con le considerazioni che andava svolgendo Paci in quel medesimo tomo di tempo, se ne potrà apprezzare la sostanziale convergenza. Quest'ultimo, infatti, commentando un saggio di Croce del 1949''>-1, aveva rilevato l'impossibilità di una risoluzione definitiva dell'«utile» o «vitale» crociano nelle altre forme dello spirito, ovvero il non potersi dare di una risoluzione definitiva della problematicità della storia, pena il venir meno dello stesso spirito: se la vitalità fosse superata una volta per sempre, la storia più non sarebbe, e se la civiltà fosse definitivamente raggiunta e il problema, o la situazione iniziale problematica, completamente risolti in una situazione definitiva e finale, non ci sarebbe più la circolarità dello spirito e quindi lo stesso spirito.54
A motivo di questo, Paci rilevava «un rapporto non di semplice distinzione, ma di contrarietà tra l'utile e la morale», come pure rispetto alle altre forme dello spirito5.5; e aggiungeva che,
52. G. Bontadini, La metafisica nel.la .filosofia contemporanea, cit., p. 185 (corsivo mio). 53. Cfr. B. Croce, Ancora intorno alla vitalità come momento dello spirito, in «Quaderni della "Critica"», n. 15, novembre 1949, pp. 93-95. 54. E. Paci, Esistenzialisuw e storicisuw, Mondadori, Milano 1950, p. 298. 55. Cfr. ivi, p. 299.
76
considerandone l'ultima teorizzazione, Croce non era lontano dal sostenere un tale rapporto56 • Ciò su cui, tuttavia, Bontadini non poteva essere d'accordo con Paci riguardava la pacifica affermazione che «nulla è fuori della storia»57, stante che proprio questo per lui occorreva meglio sondare affidandosi alla fo17.a del pensiero critico.
56. Cfr. ivi, p. 300. 57. lvi, p. 298.
77
Capitolo III
Attualismo, problematicismo, meta.fisica
l. Idealisrrw gnoseologico e idealisrrw teologico Il disegno teoretico della «metafisica dell'esperienza», dopo gli inteiventi in merito alle dispute sull'idealismo, nel giovane Bontadini era quindi già sufficientemente chiaro•. Questi, in effetti, prospettandone il concreto svolgimento, aveva incominciato a distinguere nella concezione neoidealistica due momenti. Al primo di essi egli aveva assegnato il nome di «idealismo gnoseologico o fenomerwlogico», per indicare che «tutta la realtà che l'uomo immediatamente afferma e vive è contenuto di coscienza»; mentre il secondo momento, in quanto è costituito dalla «posizione in assoluto dell'unità dell'esperienza, di Dio come l'unità dell'esperienza», aveva ricevuto da Bontadini il nome di «idealismo teologico»2 • I due momenti del neoidealismo dovevano però restare ben distinti, come pure le tesi in essi contenute quanto al loro valore intrinseco. Infatti, se la prima tesi, eliminati alcuni fraintendimenti, si costituiva come
1. Per un approfondimento ulteriore, cfr. L. Messinese, Il giovane Bontadini
e il neoidealisnw, cit. 2. Cfr. G. Bontadini, Le polemiche dell'attualismo. 11. Polemiche interne (1925), in Id., Studi sull'idealismo, cit., pp. 29-55: p. 37.
78
un Dato, non era affatto pacifico «rifondere la dimostrazione della seconda tesi in quella della prima»3 e affermare, perciò, la Natura e lo Spirito - il contenuto dell'unità dell'esperienza - come Dio. Quest'essenziale distinzione funse da guida, per Bontadini, anche nell'esame delle «polemiche interne» alla scuola gentiliana, riguardo alle quali un rilievo particolare dev'essere assegnato a quella che sorse tra Carlini e Gentile in seguito alla pubblicazione del Sistema di logica, in merito al quale, già in relazione al primo volume contenente la «logica dell'astratto», Carlini aveva manifestato il disagio di chi, invece, aveva letto con grande adesione la Teoria generale dello Spirito 4 • La distinzione di quei due momenti dell'attualismo era fatta precedere da una decisiva chiarificazione circa il significato più autentico dell'Io trascendentale, che Bontadini operava sempre mediante un confronto - di carattere, però, molto diverso da quello istituito da Carlini - tra le due più importanti opere teoretiche di Gentile, la Teoria generale dello Spirito e il Sistema di logica5 : «L'Io trascendentale per sé è nulla, come le categorie di Kant. Vuol dire che non è una cosa; ma una considerazione, un punto di vista, una ratio, un riguardamento» 6 • Tale interpretazione dell'Io trascendentale è quella che emerge, come stavo accennando, quando si considera la più progre-
3. Ibidem. 4. Cfr. ivi, pp. 38-53. Per la discussione tra Gentile e Carlini, la quale ali'epoca era ai suoi primi passi, cfr. ivi, pp. 45-53. Ho ricostruito tale discussione in L. Messinese, Pensiero e trascendenza. La disputa Carlini-Olgiati del 1931-1933, Quattro Venti, Urbino 1990, pp. 39-62. Ancora sulla posizione di Bontadini riguardo a tale disputa mi sono soffermato ivi, pp. 56-62, 135140. Su Armando Carlini si avrà modo di tornare in seguito.
5. Cfr. G. Bontadini, Le polemiche dell'attualismo. 11, cit., pp. 29-36. 6. lvi, p. 31.
79
dita esposizione che Gentile offre del suo concetto nel Sistema di logica. Come è stato messo in luce molto bene da Carmelo Vigna, Bontadini ritiene che nella Teoria generale dello Spirito si conferisca al pensiero «anche una funzione causale, quasi che il soggetto trascendentale sia prima dell'oggetto come il produttore è prima del prodotto o il creatore prima della creatura»7, mentre nell'opera successiva Gentile ha declinato l'originarietà del pensiero, cioè dell'orizzonte dell'apparire, nei suoi termini più adeguati, secondo i quali essa «dice soltanto che il contenuto empirico o, comunque, il contenuto determinato non può che essere inteso come interno ad una presenza. Almeno immediatamente» 8 • Per Bontadini il «formalismo assoluto» teorizzato da Gentile nella Teoria generale dello Spirito9 - cioè la figura speculativa che, come egli avrebbe detto in seguito, emerge dalla dialettica «in quanto riesca a deporre tutti i sistemi di contenuto, ed a relativizzare ogni dato»JO - dev'essere, quindi, inteso alla luce della più accorta formulazione che esso riceve nel Sistema di logica. La successiva costruzione metafisica dovrà passare da questo guadagno teoretico conseguito dall'attualismo 11 • Questa medesima interpretazione dell'Io trascendentale sarebbe stata illustrata dal giovane Bontadini a P. Chiocchetti: 7. C. Vigna, Introduzione, in G. Bontadini, Dall'attualismo al problematicismo, cit., pp. VII-XXV: p. XVII. 8. Ibidem. 9. Cfr. G. Gentile, Teoria generale dello Spirito come atto puro, Sansoni, Firen7.e 19446, pp. 230-232. 10. G. Bontadini, Come oltrepassare Gentile, in Id., Conversazioni di metafisica, cit., t. II, pp. 167-175: p. 169. 11. Sempre Vigna rileva giustamente che «Bontadini ha colto perfettamente nel segno, quando ha lavorato alla valoriT.1.azione del formalismo assoluto gentiliano», rendendo in tal modo «un generoso omaggio al suo interlocutore», ma al tempo stesso rafforzando «le ragioni della metafisica» (cfr. C. Vigna, Introduzione, cit., p. XXV nota).
80
a mio modo di interpretare la filosofia gentiliana, il trascendentale non è che la considerazione, diciamo così, in assoluto della realtà empirica presa nella sua totalità fonnale e contenenziale; l'empirico, che per sé è immediato, in quanto, come unità o totalità dell'esperienza, è riconosciuto (dimostrato) come il tutto della realtà, diventa, in cotale sua unità, trascendentale. 12
A tale considerazione egli aggiungeva una specificazione ulteriore, che metteva in luce l'elemento della dialetticità del trascendentale: Il trascendentale esprime la caratteristica dello spirito, per cui questo, come progresso, non può mai acquietarsi in un contenuto acquisito. Il trascendentale esprime la crescita[ ... ], ma in quanto crescita che trasvaluta il già cresciuto e lo innova securulum se totum. Il trascendentale, cioè, risolve l'empirico e lo supera (nel nuovo empirico).1 3
Un altro testo bontadiniano del 1926 vale bene a esplicitare la necessità di tenere ferma la distin7fone di idealismo fenomenologico e idealismo metafisico: ammesso pure che storia e natura siano risolte nell'Unità della esperienza - e lo son bene in un certo senso, ché l'anima è, a suo modo, tutte le cose, e questo mondo, è, delle cose, quello dato, l'unico dato, essendo gli altri o l'altro modo, quello della esistenza in sé, indipendente dalla percezione, da inferire -; resta da provare il supposto che storia e natura siano l'esistente. 14
12. G. Bontadini, Lettera al P. Emilio Chiocchetti, cit., p. 56. 13. lvi, p. 57. 14. G. Bontadini, La critica negativa dell'i1mnanenza (1926), in Id., Studi sull'idealis11w, cit., pp. 59-77: p. 72.
81
2. Una revisione neltinterpretazione bontadiniana dell'attualismo Dopo aver operato questa messa a punto estremamente chiarificatrice nei riguardi del neoidealismo italiano, criticando nello stesso tempo le obiezioni inefficaci nei suoi confronti, Bontadini in un momento successivo avrebbe sviluppato la tesi che l'Atto di cui parlava Gentile non deve essere affatto trasceso, stante che esso svolge una funzione ch'è equivalente a quella svolta dall'Intero nel pensiero metafisico. Se, infatti, in quei primi anni Bontadini identificava l'Atto gentiliano con l'Unità dell'Esperienza, nel mentre al tempo stesso riconosceva il valore teoreticamente strategico dell'attualismo per il metafisico, in funzione della corretta «posizione del problema teologico» 15, in seguito - come avrebbe precisato, ad esempio, nel corso di una discussione con Pietro Faggiotto - egli superò quell'interpretazione sostenendo, più adeguatamente, l'identità dell'Atto gentiliano con l'Intero, ricalibrando in una certa misura la strategia teoretica che stava perseguen d o 16. Sottolineando un tale processo di autenticazione dell'attualismo, Bontadini confermava che, stante questo elemento in comune tra le due posi7foni filosofiche, la questione restava sempre quella di andare a vedere se la qualificazione "teologica" dell'Atto gentiliano resista effettivamente a ogni obiezione, oppure se il contenuto dell'Atto, in Gentile, non eguagli affatto la Totalità dell'essere. La formula con cui Bontadini sareb-
15. A tale riguardo, si legga il passo seguente: «L'idealismo assoluto gentiliano -il cui concetto dell'Atto coincide con quello dell'unità dell'esperienza I... ] - ha altresì il merito di porre nei termini più esatti la controversia immanen7.a-trascenden7.a» (G. Bontadini, La posizione del problema teol.ogico [1927], in Id., Studi sull'ideal.ismo, cit., pp. 185-196: p. 191; corsivo mio). 16. Cfr. infra, parte 11, cap. I, p. 143.
82
be giunto a sinteti7.zare il perfetto equilibrio speculativo che emergeva dall'autenticazione e inveramento dell'attualismo era la seguente: «La dialettica dell'idealismo [... ] è dialettica [... ] che ha la sua autonoma validità, contro la quale non c'è nulla da fare, ma soltanto oltre» 17• Questa fulminante affermazione offre l'opportunità di aggiungere una precisazione di fondo a mo' di breve corollario.
3. Corollario circa l'interpretazione bontadiniana dell'attualisnw Peruna comprensione adeguata del rapporto di Bontadini con l'attualismo lungo il corso del suo pensiero si dovrà sempre tenere conto della distinzione che egli faceva tra: 1) il significato dell'attualismo considerato nel suo concreto presentarsi «storico» e, quindi, alla luce della qualificazione "teologica" che Gentile aveva conferito ali' Atto; e 2) il significato dell'attualismo considerato nella sua «essenza speculativa», cioè in quanto poteva essere ricompreso all'interno del processo speculativo del pensiero, e che, per Bontadini, comportava la riaffermazione del sapere metafisico classico nel suo vertice teologico. Conseguentemente, per non fraintendere quale posto abbia occupato Gentile nel pensiero di Bontadini, si deve operare un'analoga distinzione tra lo sfruttamento dell'attualismo in chiave teoretica, in quanto era ricondotto nella sua verità essenziale di autenticazione della stessa dialettica hegeliana; e la consapevole7.za del contenuto dell'attualismo in chiave di disamina storica, che portava anche Bontadini a vederlo come espressione di una metafisica immanentistica e, quin-
17. G. Bontadini, Gentile e noi, cit., p. 20.
83
di, come una dottrina filosofica, come una certa concezione della realtà 18. Allorquando non si dovesse porre attenzione a tutto questo, è possibile scambiare il significato della «superfetazione retorica»19, di cui parlò Bontadini a proposito della metafisica gentiliana, con una sorta di suo improprio addomesticamento che, svuotando il dialettismo attualistico del suo vero contenuto, lo rendeva così utilizzabile per il fine teoretico che egli si proponeva di conseguire. In realtà, si trattava per Bontadini di avere occhi pure per la logica interna dell'attualismo gentiliano, guardando alla quale egli poteva sostenere anche una sua distinta qualificazione, come a breve si avrà modo di evidenziare, e cioè che per questo lato il contenuto dell'idealismo attualistico è il problematicismo che awolge ogni assolutizza7fone dell'attività categorizzante del pensiero. Si apriva, così, per lui la via per una valorizza7fone della dialettica attualista, in cui operava una risemantizzazione della creatività del pensiero20 •
4. Ancora sulla criticità del pensiero Dopo aver indicato alcune linee dell'adesione di Bontadini all'esigen7.a programmatica del «pensiero critico», per il momento non mi soffermo ulteriormente sull'elemento di «criti-
18. Per uno sviluppo articolato di questi rilievi, cfr. L. Messinese, Stanze della metafisica. lleidegger, Liiwith, Carlini, Bontadini, Severino, Morcelliana, Brescia 2013, pp. 110-127. 19. G. Bontadini, Ugo Spirito e la semplificazione del problematicismo (1948), in Id., Dal problematicismo alla meta.fisica, cit., pp. 59-77: p. 71. 20. La specifica messa in questione dell'ermeneutica bontadiniana dell'attualismo a opera di Severino sarà presa in esame più avanti e, in particolare, nel capitolo finale del libro.
84
cità» che egli ha trasfuso sulla tradizione classica per riportarla in vita teoreticamente. Mi limito soltanto a rilevare sia la piena consapevolezza eh' egli possedeva di quale fosse stato il corso del pensiero dopo l'epoca medievale, sia la sua altrettanto consapevole partecipazione al dibattito filosofico contemporaneo. Bontadini, in tale ottica, non solo non escludeva di confrontarsi con chi considerava la criticità - nel significato prima evidenziato - come il primo essenziale elemento del pensiero, ma riteneva pure che le conseguenze che ne derivavano per il sapere metafisico fossero irreversibilmente negative. È verosimile che, soffennandosi su quest'ultima considerazione, Bontadini avesse presente, in modo particolare, la fonna di ra7fonalità critica e non dogmatica eh'era stata teorizzata da Antonio Banfi già nei decenni precedenti e che aveva conseguito la sua più matura fonnulazione negli scritti raccolti nella prima parte del volume L'uorrw copernicano, intitolata Verità e u1TULnità della filoso.fia 21 . Nello stesso tempo, Bontadini riteneva di dover prospettare un esito complessivo diverso da quello raggiunto dal pensiero contemporaneo, liberando però la costruttività metafisica da ogni residuo di dogmatismo che anch'egli intendeva rifiutare in nome dell'adesione al «pensiero critico». A tale proposito egli, mentre rilevava primariamente come la criticità del pensiero faccia tutt'uno con la «dialetticità» - owero con «lo scorrere del pensiero attraverso i giudizi contraddittori»-, aggiungeva pure che questa era da intendersi come una situazione della mente la quale, lungi dal dover essere assolutizzata, era in vista del «sollevarsi alla sintesi superiore». Così procedendo, si sarebbe pervenuti «alla posizione di quella tesi21. Cfr. A. Banfi, L'uomo copernicano, Mondadori, Milano 1950, pp. 13276. L'arco degli scritti della prima parte va dal 1941 al 1947. Segnalo che il volume è stato ripubblicato nel 2018 dall'editore Mimesis, a cura di C. Solano. Anche sul rapporto di Bontadini con il pensiero di Banfi avremo modo di soffermarci più avanti.
85
sintesi la cui antitesi si mostrasse destituita di fondamento» in quanto «contraddittoria in sé»22 • La tesi-sintesi, per Bontadini, era l'affennazione della trascendenza metafisica. Un documento molto significativo in senso contrario, riguardo cioè alla non risoluzione del «momento dialettico» del pensiero nella quiete dello «speculativo», era costituito da un nuovo corso eh' era stato impresso all'idealismo gentiliano per opera di Ugo Spirito2.1 . Addentriamoci, perciò, all'interno di questo importante capitolo della nostra storia.
5. Ugo Spirito e il problematicisnw dopo la difesa dell'attualisnw A distanza di anni dalle "vicende interne" alridealismo italiano di cui ci siamo fin qui occupati, nel 1948 Ugo Spirito aveva dato alle stampe un volume intitolato Il problematicismo, con il quale, tra l'altro, era ribadita la tesi che l'esigenza del mondo moderno «è caratterizzata dal dubbio metodico, dall'analisi della propria coscienza e dalla volontà di possedere sé stesso, e, attraverso sé stesso, il mondo»24 • Si trattava, insomma, di quella «esigenza critica» in nome della quale dall'U manesimo in poi l'uomo «si ripiega su sé stesso e in sé stesso vuole 22. Cfr. G. Bontadini, Saggio di una metafisica dell'esperienza, cit., p. 262. 23. Circa il pensiero di Ugo Spirito e i suoi molteplici sviluppi, cfr. G. Riconda, Ugo Spirito, Edizioni di Filosofia, Torino 1956; A. Negri, Dal Cor-
porativismo comunista all'Umanesimo scientifico. Itinerario teoretico di Ugo Spirito, Lacaita, Manduria 1964; Aa. Vv., Il pensiero di Ugo Spirito, Atti del Convegno internazionale di Roma, 6-9 ottobre 1987, 2 voli., Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1988-1990; A. Russo, Ugo Spirito. Dal positivismo all'antiscienza, Guerini e Associati, Milano 1999; H.A. Cavaliera, Ugo Spirito. La ricerca dell'incontrovertibik, SEAM, Roma 2000. 24. U. Spirito, Il problematicismo, Sansoni, Firenze 1948, p. 18.
86
trovare il criterio della verità e la ragione della vita» e che, nel successivo criticismo di Kant, «implica addirittura un capovolgimento metafisico del pensiero»2.5. Chiediamoci: in che modo questo ennesimo "ritorno a Kant" si coniugava con l'esperienza "idealistica" di Spirito? Spirito, in quel libro, aggiungeva che «il passo decisivo per giungere al fondo del criticismo è stato compiuto dal problematicimw»'}Jj e indicava le due tappe essenziali degli sviluppi a cui la stessa «logica del criticismo» kantiano aveva condotto, nel modo seguente: l) elimina7ione di ogni residuo di trascendenza, grazie all'idealismo attuale di Giovanni Gentile27; 2) toglimento anche di tale posizione, ch'era chiamata con il nome di «dialettismo metafisico», in quella del «dialettismo problematico» in cui è superata la contraddizione, insita nell'attualismo, di ripristinare un Assoluto all'interno della dialettica28 • Ecco, dunque, indicato in quale modo il criticismo kantiano avrebbe potuto rivivere anche dopo la successiva stagione dell'idealismo e la stessa ripresa e risistemazione di quest'ultimo operata dall'attualismo: come problematicismo. L'atto di nascita del problematicismo, nei termini che sono stati appena delineati2!\ è costituito però da un libro precedente
25. Ibidem. 26. lvi, p. 37. 27. Cfr. ivi, p. 39. 28. Cfr. ivi, pp. 45-49. 29. Mediante questa precisazione intendo riferirmi implicitamente a un'accezione di problematicismo che Emanuele Severino ha riservato per il giovane Bontadini, allorquando questi aveva guadagnato con l'Unità dell'Esperien7.a «la base del futuro viaggio metafisico», ma restava ancora in una posizione secondo la quale si poteva affermare solo che non reggeva «né la metafisica immanentistica, né la meta6sic-c1 trascendentistica» (cfr. E. Severino, Introduzione, in G. Bontadini, Studi sull'idealismo, cit., pp. VII-XVIII: p. XI). In tal modo, rileva ancora Severino, Bontadini anticipava lo stesso Ugo Spirito,
87
di Spirito, intitolato La vita come ricerca (1937)3°. È opportuno offrire qualche cenno della sua genesi sulla scorta di questo libro, anche perché così facendo avremo modo di aggiungere alcuni particolari relativi alla vicenda storica delr attualismo. Dopo r abbandono dell'iniziale positivismo in favore dell'idealismo31, perii filosofo aretino vi fu una prima fase caratterizzata da «una posizione attualistica ortodossa», com'egli stesso ebbe a definirla. Essa si esprimeva in un'appassionata difesa del maestro, innanzitutto dalle critiche di ordine filosofico che provenivano molto spesso da parte di pensatori cattolici, come ad esempio dall'Università Gregoriana di Roma e dall'Università Cattolica di Milano32 • Insieme con tali critiche, nei confronti di Gentile ve ne furono pure altre eh' erano legate alla politica scolastica e, più avanti, essendo sensibilmente diminuita la sua posizione di forza all'interno del regime fascista, si produssero anche delle vere e proprie contestazioni3.1 . Nel frattempo, si
avendo dalla sua anche una maggiore consapevolezza teoretica deUa questione (cfr. ivi, pp. XI-XII). 30. Cfr. U. Spirito, La vita come ricerca (1937), pref. di F. Perfetti, intr. di I-I.A. Cavaliera, Luni, Milano 2000. 11 documento principale deU'inizio de11"'eresia" nei confronti de] maestro è contenuto in U. Spirito, Scienza e ftlosofia (1933), Sansoni, Firenze 1950.NeU'introduzione aquesta seconda edizione intitolata Dall'attual,isnw al, problematicismo, dopo aver ricordato che ]aprima edizione conteneva soltanto i saggi raccolti neUa prima parte, Spirito ripercorre ]e tappe de] suo distacco "teoretico" da Gentile (cfr. ivi, pp. 9-29). 31. Cfr. A. Russo, Ugo Spirito, cit., pp. 25-49. 32. Cfr. i numerosi interventi contenuti in U. Spirito, J..,'ideal,ismo italiano e i suoi critici (1930), Bulzoni, Roma 1974, tra i quali uno de] 1922 dedicato al libro di Chiocchetti su Gentile, a cui fece seguito uno scambio epistolare pubblicato l'anno successivo su] «Giornale critico deUa fì1osolìa italiana», anch'esso qui riprodotto (cfr. ivi, pp. 61-80). L'espressione di Spirito citata poco sopra è tratta dalla Prefazione alla seconda edizione, ivi, pp. 11-16: p. 12. 33. Cfr. ]a ricostruzione che si trova ne] capitolo intitolato Cattolici contro Gentile del libro di A. Tarquini, Il Gentile dei fascisti. Gentiliani e antigentiliani nel regime fascista, il Mulino, Bologna 2009, pp. 107-163. L'autrice
88
accrebbe l'opposizione nei confronti di Gentile anche da parte dell'Università Cattolica di Milano, in primis del suo fondatore P. Agostino Gemelli.
6. Neoscolastica e neoidealismo Gemelli inizialmente aveva promosso tra i suoi docenti, in un clima di confronto dialogico, uno studio accurato dell'idealismo contemporaneo34 , ma poi ebbe a prevalere in lui lo spirito di un'opposizione frontale tra la filosofia neoscolastica e l'attualismo gentiliano, in particolare:1.·5, mosso dall'esigenza di preservare in modo perfettamente integro la fede cattolica36
fonda la sua rtcerca soprattutto su una serte di articoli pubblicati sui seguenti pertodici: «Rivista di fìlosofìa neo-scolastica», «Vitae Pensiero», «Il Frontespizio», «Studium», «Segni dei tempi», «La civiltà cattolica» (cfr. ivi, p. 108). 34. Cfr. l'esposizione di un tale programma in A. Gemelli,Al lettore, in «Rivista di fìlosofìa neo-scolastica», XI, n. 1, 1919, pp. 1-5. Vedi pure Id., Une orientation nouvelle de la scolastu,ue, in «Hevue néo-scolastique de philosophie», XIX, n. 76, 1912, pp. 549-554. 35. A tale proposito cfr. A. Bausola, Gemelli e Gentile, in «Vita e Pensiero», LXXXIII, n. 2, 2000, pp. 104-130; M. Lenoci, Gentile, Gemelli e l'Università Cattolica del Sacro Cuore, in M. Ciliberto (a cura di), Croce e Gentile, cit., pp. 588-593; L. Pa7.7.aglia, Il carteggio Gemelli-Gentile nel contesto dei rapporti tra Università Cattolica. e ideal,ismo (1911-1929), in «Annali di storta dell'educazione e delle istituzioni scolastiche», XIX, 2012, pp. 117-160. Un'analisi a più ampio raggio dei rapporti tra Gemelli e Gentile è contenuta in M. Bocci, Agostino Gemelli rettore e francescano. Chiesa, regime, democrazia, Morcelliana, Brescia 2003, pp. 263-314. Sono pure da vedere i numerosi e significativi rtfertmenti a tali rapporti che sono contenuti in P. Simoncelli, Gentile e il Vaticano. 1943 e dintorni, Le Lettere, Firen7.e 1997, passim. 36. Sotto tale aspetto, sono molto indicative le due relazioni inviate da Gemelli al SanfUffizio, rispettivamente 1'8 dicembre 1932 e il 6 luglio 1933, pubblicate - la plima solo parzialmente - in G. Verucci, Idealist-i all'Indice. Croce, Gentile e la condanna del Sant'Uffizio, Later7.a, Homa-Bali 2006, risp. pp. 246-
89
e di promuovere una "cultura cattolica" dal carattere fortemente identitario37• Può essere di un certo interesse menzionare in qual modo un osservatore molto attento dei processi culturali del suo tempo come Antonio Gramsci, nonostante le difficoltà inerenti alla sua difficile condizione carceraria, interpretasse nei primi anni Trenta del secolo scorso quella evoluzione nei rapporti dei neoscolastici con l'idealismo: C'è stato un periodo in cui i neo-scolastici, che avevano rappresentato il tentativo di incoiporare nel tomismo le moderne dottrine scientifiche e il positivismo del secolo XIX, di fronte al discredito che il positivismo godeva fra gli intellettuali e alle fortune del neo-idealismo, tentarono di trovare un terreno d'accordo tra il tomismo e l'idealismo e quindi una certa fortuna, tra loro, delle filosofie del Croce e del Gentile. Da qualche tempo i neoscolastici stanno concentrandosi su un terreno più ristretto e più proprio, e combattono contro ogni infiltrazione idealistica nelle loro dottrine: certo essi credono di poter ereditare tutto ciò che può essere salvato del positivismo e di appropriarselo, diventando i soli oppositori teorici dell'idealismo.38
L'opposizione verso Gentile si era manifestata con particolare vigore in occasione del VII Congresso nazionale di filosofia del maggio 1929, celebratosi all'indomani della firma dei Patti Lateranensi, e venne a essere nettamente ribadita da Gemelli nel discorso per l'inaugurazione dell'anno accademico
255 e 256-258. Rimandando all'accurata ricostruzione compiuta dall'autore in merito all'intera vicenda, non è secondario rilevare che Gemelli - com'egli stesso comunicò a Mons. Nicola Canali, assessore del Sant'Uffizio, in una lettera del 9 giugno 1933-, nell'analin.are il pensiero fìlosofico di Gentile, si avvalse dell'opera di Mons. Olgiati e di Mons. Masnovo (dr. ivi, p. 179). 37. Cfr., a titolo esemplificativo, A. Gemelli, Idee e battaglie per la coltura cattolica, Vita e Pensiero, Milano 1933. 38. A. Gramsci, Quaderni del carcere, cit., voi. Il, Q. 10, p. 1218.
90
1930-193139 • Sebbene anche in quella circostanza egli confermasse l'importanza di approfondire I' «esame dei problemi che il pensiero moderno pone» e il compito che aveva assegnato alla sua università di «ripensare la nostra filosofia in funzione dei problemi e delle preoccupazioni del pensiero moderno» 40, pure non disdegnava di sottoscrivere «le affermazioni di quegli Scolastici della prima metà del secolo scorso», i quali avevano ritenuto che le filosofie di Kant e di Hegel «erano malattie dello spirito dalle quali bisogna guardarsi», attribuendo a Descartes la responsabilità «della infezione immanentistica e idealistica che ancora logora la vita moderna» 41 • Questo cambiamento di clima era avvertito anche all'interno del versante dell'idealismo, secondo quanto testimoniava Ugo Spirito su una rivista inglese in uno scritto del 1951 sul pensiero filosofico italiano contemporaneo, nel quale raccontava che, con la crisi dell'identificazione spirituale del fascismo con l'attualismo, «il cattolicesimo cominciava a riprendere il proprio cammino con maggiore autonomia, rafforzando l'esigenza dell'ortodossia e accentuando l'aspetto polemico del proprio rapporto con I'attualismo» 42 • Per poter comprendere quale fosse anche, e forse anzitutto, sul piano pratico la posta in gioco tra idealisti e cattolici, i quali costituivano le due maggiori posizioni allora schierate sul campo, come pure per avere un primo spaccato di che cosa accadesse all'interno di ciascuna di esse, è opportuno aprire una parentesi nel nostro racconto soffermandoci sul Con-
39. Cfr. A. Gemelli, L'Università Cattolica e l'idealisuw (1931), in Id., Idee e battaglie per la coltura cattolica, cit., pp. 441-470. 40. Ivi, p. 449. 41. lvi, p. 448. 42. U. Spirito, Il pensiero .filoso.fico italiano contemporaneo (1951), in Id., Significato del nostro tempo, Sansoni, Firen7.e 1955, pp. 209-230: p. 223.
91
gresso nazionale di filosofia del 1929, il quale segnò una «data importante» per l'Italia per quanto concerne le questioni e le problematiche di carattere filosofico, culturale e politico-4-1 .
7. Il VII Congresso nazionale di .filosofia del 1929 Il Congresso, in effetti, assunse quasi inevitabilmente un carattere più politico che filosofico, a motivo delle diverse interpretazioni che venivano date dei Patti Lateranensi eh'erano stati da poco firmati e, in particolare, delle loro conseguenze pratiche nella vita del Paese44 • Oltretutto, nella terza e ultima sessione del Congresso, la discussione sulla rela7fone di Augusto Guzzo su L'insegnamento della filosofia nelle scuole medie, che andava a toccare proprio il nervo ancora scoperto della politica scolastica, a un certo punto assunse un tono fortemente polemico, stante il modo in cui P. Gemelli ebbe a prospettare la forma di educazione "cattolica" e a proporla, almeno in linea di principio, anche per la scuola pubblica. La posizione assunta da Gemelli, il quale si spinse fino ad attaccare l'attualismo come radicalmente anticristiano e a parlare di «veleno dell'idealismo» 45, ebbe l'effetto di suscitare la ferma reazione di Gentile - che, tra l'altro, del Congresso era stato I'organi7.7.atore principale - alle
43. Uno spaccato sintetico, ma molto efficace, di questo complesso di questioni è contenuto in E. Carin, Storia della filosofia italiana, cit., pp. 13371342. 44. Cfr. A. Tarquini, Il Gentile dei fascisti, cit., pp. 131-141. Ma sul Congresso del 1929 è da vedere, innanzitutto, anche nella qualità di documento dell'epoca, l'ampio resoconto fattone da C. Bontadini, Il VII Congresso nazionale di filosofia. Roma - maggio 1929, in «Rivista di 6loso6a neoscolastica», XXI, n. 3-4, 1929, pp. 323-356. 45. Cfr., an7.itutto, il sintetico resoconto che ne fece E. Carin, Cronache di filosofia italiana 1900/1943, cit., p. 450.
92
richieste che in esso venivano avanzate riguardo alle modalità dell'insegnamento della filosofia anche nelle scuole statali46 • In una nota critica di Spirito relativa al Congresso vi era l'eco dell'aspra polemica che si era consumata in quei giorni tra l'idealismo di Gentile e della sua scuola e alcune distinte posizioni di realismo, tra le quali andava emergendo quella rappresentata dalla Neoscolastica milanese47 • In tale scritto Spirito inizialmente si occupava della comunicazione presentata al Congresso da Bontadini, riportandone esattamente l'assunto conclusivo, che mirava a porre nei suoi termini più corretti il rapporto tra l'immanenza dell'idealismo e la trascendenza della neoscolastica48, ma giudicando poi, sbrigativamente, tale discorso come frutto di «eclettismo»49 • Quel giudizio suscitò una puntuale risposta da parte dello stesso Bontadini, all'interno di un articolo di replica alle accuse che gli erano state rivolte per quella sua comunica7fone anche da altri idealisti, tra i quali Guido Calogern 50, subito dopo il Congresso51 • Una
46. Cfr. Aa. Vv., Atti del VI I Congresso nazionale m.filosofia. Roma - 26-29 maggio 1929, Bestetti & Tumminelli, Milano-Roma 1929. I testi della discussione tenutasi nella sessione conclusiva sono alle pp. 359-403. Sulla questione dell'insegnamento della fìlosofìa e della religione nelle scuole medie, anali7.7.ata nel suo contesto e nei suoi più immediati sviluppi, cfr. G. Vcrucci, Idealisti all'Indice, cit., pp. 80-119.
47. Cfr. U. Spirito, Rassegna di studisull'idealisuw attual.e VII I, in «Giornale critico della fìlosofìa italiana», XI, n. 1, 1930, pp. 75-78. 48. Cfr. ivi, pp.
75- 76.
49. Cfr. ivi, p. 76.
50. Cfr. G. Calogero, Cronaca e trwral.e del VI I Congresso nazionale di filosofia., in «Educazione fascista», VII, 1929, pp. 399-400. Lo stesso Calogero, a distam.a di anni, tornò a occuparsi di quel Congresso (cfr. Id., Mussolini, la Conciliazione e il congresso .filoso.fico tl.el 1929, in «La Cultura», N, n. 4, 1966, pp. 433-467). 51. Cfr. G. Bontadini, Echi renwti del Congresso di .filosofia, in «Rivista di fìlosofìa neo-scolastica», XXII, n. 3-4, 1930, pp. 250-260. La parte dedicata
93
lettera del 19 luglio 1929 inviata a Spirito, conservata presso la Fondazione Giovanni Gentile e proveniente dall'Archivio Storico del Senato della Repubblica, esprime con chiare7.za quale fosse lo spirito di Bontadini al riguardo52 • Preannunciando a Spirito il suddetto scritto di replica, Bontadini nella lettera confessava di non essere «rimasto contento degli articoli Suo e di Calogero (e di altri idealisti) sul Congresso». E, auspicando una riappacificazione degli animi e una ripresa della collaborazione nella ricerca filosofica, aggiungeva: Io comprendo che voi siate seccati di tanti "inni di vittoria" di parte nostra, ma non mi par giusto che da questa seccatura passiate addirittura a negare l'esistenza di un pensiero cattolico ecc. Così facendo, rendete più difficile quella collaborazione alla quale io, e altri migliori di me tra i neoscolastici, teniamo sommamente, come a un mezzo di progresso nella scien7.a e d'umana intesa. Ne parlerò in una nota sul Congresso. La mia fiducia è che, passata la buriana, si torni tutti a più fervide fatiche. Le sarò grato se anche Lei vorrà adoperarsi in questo senso.5.1
a Spirito è alle pp. 255-258, al termine della quale si accenna al giudizio di Calogero secondo cui la comunicazione di Bontadini sarebbe stata «molto idealistica e molto poco neoscolastica»; ma una replica più circostanziata a Calogero è presente nel resoconto del Convegno pubblicato l'anno precedente (cfr. Id., Il VII Congresso nazionale di filosofia, cit., pp. 352-353, nota). La comunicazione di Bontadini al Congresso, intitolata Critica dell'antinomia di trascendenza e immanenza, oltre che in Aa. Vv., Atti del VII Congresso, cit., pp. 82-92, è contenuta pure in Id., Studi sull'.idealismo, cit., pp. 197-206. 52. Cfr. Archivio Giovanni Gentile, 1.1.4.147. 53. IbMem. Sulla "partecipazione neoscolastica" al VII Congresso nazionale di filosofia, cfr. M. Mangiagalli, La "Rivista di Filosofia neo-scolast-ica" (1909-1959), voi. I, Il movimento neoscolastico e la fondazione della Rivista, Vit-c1 e Pensiero, Milano 1991, pp. 168-200. L'autore, che attinge abbondantemente alla coeva cronaca di Bontadini - citata supra, alla nota 44 -, alle pp. 192-200 si sofferma su alcuni degli "strascichi" polemici che si protmssero negli anni suc,-cessivi.
94
Ma torniamo, ora, a seguire le tracce dell'evoluzione filosofica di Ugo Spirito, non senza aver prima ricordato che «una prima importante conseguen7.a dell'esito del congresso fu di realizzare una seconda rottura del gruppo attualista, dopo quella del 1925»54, in seguito alla quale alcuni membri si diressero verso il cattolicesimo, senza peraltro aderire al pensiero neoscolastico, ma orientando l'attualismo verso un più puro «spiritualismo» assertore della trascenden7.a teologica, come si vedrà successivamente5.5 •
8. Dall'attualismo al problematicismo A una fase iniziale di fervida adesione di Spirito al pensiero di Gentile, ne era seguita un'altra, la quale conteneva una prima, pur se ancora parziale, revisione dell'attualismo. Il contenuto di questa consisteva principalmente nell'approfondire il rapporto tra scienza e filosofia e nel delinearlo in termini diversi da quelli propri di Gentile, in quanto per Spirito tale rapporto si poneva nei termini di una identificazione di scienza e filosofia56 • E adesso, con La vita come ricerca, la critica dell'allievo si fa molto più radicale. Vediamone, perciò, i suoi elementi essenziali così come sono presentati in tale opera, anticipando che nel corso del tempo Spirito s'impegnò a chiarire a se stesso quali fossero i termini più precisi del suo rapporto di pensiero con il maestro. In tal modo, nel momento inaugurale della sua retractatio, superando l'atteg-
54. G. Verucci, Idealisti all'Indice, cit., p. 93.
55. Cfr. infra, parte Il, cap. Il, par. I, pp. 173-181. 56. Cfr. U. Spirito, Conoscenza.filosofica e conoscenza scientifica (1929), in Id., Scienza e filosofia, cit., pp. 45-70, e Id., Il nuovo concetto di filosofia ( 1930), ivi, pp. 71-91.
95
giamento fortemente polemico che aveva assunto nel suo libro del 193757, egli giunse a vedere nella stessa «metafisica della mente» gentiliana, se debitamente riconsiderata, la fonte originaria della identificazione di scienza e filosofia, che ora veniva a essere posta nuovamente come cifra essenziale del proprio itinerario di pensiero, pur continuando esso a permanere nell'orbita del problematicismo58• In effetti, la tesi dell'identificazione di scienza e metafisica, per Spirito, era strettamente connessa con la tesi della metafisica che diviene scienza nel momento in cui essa «si riconosce sul piano della ricerca e non del possesso»59 , così che, al pari di ogni altra scienza, «essa è fondata sulla ipotesi e non sulla verità»00 • La ragione prima per la quale Spirito ne La vita come ricerca prendeva nettamente le distanze dall'attualismo gentiliano era costituita dall'opporre al "sapere" dialettico del maestro la sua "ricerca" dialettica del sapere, e questo a motivo del dichiarato carattere strutturalmente "antinomico" del pensiero. Nel libro leggiamo questo brano, che esprime con grande efficacia la tesi essenziale dell'autore: Il mistero della vita non è semplicemente l'ignoto, ma I'antinomia. Se fosse soltanto l'ignoto potremmo abbandonarci all'ignoranza, ma di fronte all'antinomia non è concesso ripo-
57. Cfr., in particolare, U. Spirito, L'eredità dell'attualisnw, in Id., Dal mito alla scienza, Sansoni, Firen7.e 1966, pp. 303-326. Circa i rapporti di Spirito con l'attualismo gentiliano, cfr. I-I.A. Cavaliera - F.S. Festa (a cura di), Ugo Spirito tra attt1alismo e postmoderno, Fondazione Ugo Spirito, Roma 2007. Una menzione a parte merita il penetrante scritto di I. Valent, Ugo Spirito: una dialetticaillimi.tata (1989), in S. Natoli (a cura di), Percorsi e figure. Filosofi italiani del '900, Marietti, Genova 1998, pp. 54-86. 58. Cfr. U. Spirito, La fondazione idealistica della metafisica come scienza, in Id., Dal mito alla scienza, cit., pp. 327-362. 59. lvi, pp. 358-359. 60. lvi, p. 359 (corsivo mio).
96
so. Non posso aver coscienza della tesi senza che sorga l'antitesi e perciò il problema che mi impegna alla ricerca della soluzione: ma non posso poi aver coscien7.a della soluzione senza che questa diventi la tesi di una nuova antinomia e non richiegga una nuova antitesi e una nuova soluzione.61
Gentile aveva risposto al discepolo sul «Giornale critico della filosofia italiana», prima con una brevissima Nota della Direzione, giudicando il libro «fondamentalmente sbagliato»62 e, poi, con una riflessione più distesa, eh'era stata sollecitata dallo stesso Spiriton1 e che però confermava in pieno il suo giudi7fo estremamente critico64 • Spirito non replicò alle critiche ch'erano state espresse del maestro e solo a distanza di vari anni, in occasione della settimana di studi gentiliani tenutasi a Homa nel 1975, venne a indicarne la ragione all'interno della sua relazione intitolata Il Gentile romano. Essa risiedeva nel fatto che quel suo libro «era sostan7falmente una critica a fondo di tutto l'attualismo, nei suoi presupposti storici e nelle sue conclusioni speculative»n5• Nondimeno, riconsiderando alcune successive trasformazioni che aveva avuto modo di rilevare nell'attualismo e l'allargamento degli stessi interessi culturali di Gentile, essendogli stato a stretto contatto nel comune la-
61. U. Spirito, La vita come ricerca, cit., p. 42 (corsivo mio). 62. Per il testo della nota di Gentile, cli-. U. Spirito, Scienza efilosofia, cit., p. 297. Originariamente essa compare in «Giornale critico della fìloso6a italiana», XVIII, n. 4, 1937, p. 356, e accompagnava l'ampia recensione alvolume di D. Cantimori, ivi, pp. 356-370. 63. U. Spirito, La vita come ricerca. Lettera a Giovanni Gentile, in «Giornale critico della fìlosofia italiana», XIX, n. 2, 1938, pp. 147-148; poi anche in U. Spirito, Scienza efilosofia, cit., pp. 298-300. 64. Per questo intervento di Gentile cfr. La vita come ricerca. Al prof Ugo Spirito, in «Giornale critico della fìloso6a italiana», XIX, n. 3, 1938, pp. 240243; poi anche in U. Spirito, Scienza e filosofia, cit., pp. 300-305. 65. U. Spirito, Il Gentile romano, in Id., Dall'attualismo al problematicisnw, Sansoni, Firenze 1976, pp. 79-98: p. 92 (mrsivo mio).
97
voro all'Istituto della Enciclopedia Italiana, Spirito in quella sua relazione poteva concludere che «per un verso, il problematicismo è la negazione dell'attualismo, e, per un altro verso, ne è il frutto più genuino»00 • In effetti, è questo secondo significato assunto dal problematicismo che sarà sottolineato da Bontadini, il quale avrà modo di rilevare che la sconfessione che fece Gentile de La vita come ricerca «fu lo stesso Spirito a necessitarla, in quanto presentò la sua opera come una critica pure dell'attualismo, anziché come una liberazione o precisazione della sua sostanza speculativa»67 • Un giudizio analogo circa il significato più genuino della filosofia di Spirito era stato espresso da un giovane Giulio Preti, il quale aveva riconosciuto nel libro del discepolo di Gentile non un «rinnegamento dell'attualismo», quanto piuttosto una «intelligente ed energica ripresa di quello che ne è il lato più moderno ed importante»68 , owero la «ricerca» quale espressione più viva dell'atto gentiliano.
La vicenda filosofica di Spirito presenta delle fasi ulteriori a quella che va "dall'attualismo al problematicismo", secondo la forma ch'è disegnata ne La vita come ricerca. In effetti, egli s'impegno ad approfondire ulteriormente sia la tesi dell'identità di scienza e filosofia, adottando però una prospettiva che si distaccava nettamente dal positivismo ottocentesco69, sia le ragioni del suo irrequieto svolgimento dell'attualismo del maestro in un problematicismo che, peraltro, verrà ad assumere
66. lvi, p. 98 (corsivo mio). 67. G. Bontadini, Intorno all'essenza della filosofia contemporanea (1941), in Id., Dall'attualisnw al problematicismo, cit., pp. 19-232: p. 221. 68. G. Preti, Crisi dell'attualismo, in «Studi 6loso6ci», I, 1940, pp. 106-121:
p.119. 69. Cfr., a tale proposito, soprattutto il saggio L'ipotetisnw o la metafisica come scienza, in U. Spirito, Dal mito alla scienza, cit., pp. 5-79.
98
dichiaratamente «vesti più pessimistiche» nella diagnosi della società odierna70 • Questo anche perché Spirito aveva visto la stessa "fede" nel valore della scienza essere messa in questione dalla presenza di realtà che sfuggono alla scien7.a e che egli raccoglieva unitariamente nel concetto di antiscienza 71 • Nella seconda parte del libro, proseguendo nel racconto dell'oltrepassamento bontadiniano delproblematicismo, avrò modo di ritornare su Ugo Spirito. Per il momento, con quanto fin qui detto, è stato precisato più analiticamente il significato del «pensiero critico» di cui Bontadini si faceva non solo intelligente interlocutore, ma anche assertore, in attesa di approfondire in modo più dettagliato il carattere problematicista della filosofia contemporanea nel suo insieme, il quale ne costituisce una specifica versione.
9. Il compito della meta.fisica neoclassica Riprendendo a seguire da vicino l'orientamento della Conferenza padovana del 1950, mi accingo ora a presentare i tre nuclei teoretici più importanti che il "programma" o il "compito" di una filosofia neoclassica, così come Bontadini l'aveva pensato, doveva realizzare. Il primo di essi, tenendo presente il panorama filosofico odierno, potrebbe sembrare tutt'insieme al limite del provocatorio, fastidiosamente superbo e colpevolmente ingenuo. Bontadini, in effetti, riferendosi a un oltrepassamento di quel problema70. Cfr. il resoconto che fu fornito dall'autore in U. Spirito, Il cammino del problematicismo, in Id., Dall'attualismo al problematicismo, cit., pp. 9- 78; la citazione è a p. 55. 71. Cfr. U. Spirito, Storia della mia ricerca, Sansoni, Firen7.e 1971, pp. 71110.
99
ticismo che connota la filosofia contemporanea, così afferma: «Se il discorso potesse proseguire, esso arriverebbe fino al punto in cui sarebbe dimostrato che la metafisica classica fonda o istituisce il significato stesso del termine metafisica, e perciò si pone come l'unica metafisica o la metafisica sen7.a più»72 • Come si vede, la posta in gioco è altissima. Bontadini non sta dicendo soltanto che si possa andare oltre il problematicismo e, così, fissare il pensiero in alcune affermazioni che non hanno la loro referen7.a nei dati delresperienza. Egli, qui, sta affermando che in un tale sviluppo del pensiero si istituisce lo stesso semantema 'meta.fisica", in linea con la tesi che il pensiero nulla debba presupporre; e inoltre, siccome una tale istituzione della metafisica definisce la meta.fisica classica, egli sta pure sostenendo che è questa la metafisica. In altri termini, la metafisica classica, owero la metafisica di trascendenza in relazione alr esperienza considerata unitariamente, è ritenuta "l'unica metafisica" - s'intende: l'unica metafisica vera. Sulle "ragioni"portate daBontadini per quest'affermazione così impegnativa ci soffermeremo più avanti. Il secondo nucleo del programma di metafisica è intimamente unito con il primo, ne è - si potrebbe dire - il suo concreto riempimento. Bontadini, ora, afferma: In dipendenza e in connessione con ciò, vedremmo che la metafisica sola fonda o istituisce, mediando il sapere volgare, i concetti di mondo naturale, di molteplicità dei soggetti, e di Dio (ovviando allo scandalo - al paradosso - di una umanità che crede e non può non credere in queste cose, senza peraltro essere in grado di darne ragione). 13
Lo scandalo o il paradosso, in realtà, per Bontadini non riguardano soltanto l'umanità in genere, ma anche quella filosofica
72. G. Bontadini, La mia prospettiva filoso.fica, cit., p. 87. 13. Ibidem.
100
in specie - almeno quella contemporanea -, la quale mentre ritiene di dover relegare nel passato il terna dell' affermazione di Dio, in quanto essa sarebbe razionalmente indecidibile, riguardo al mondo naturale e alla molteplicità dei soggetti si affida pacificamente all"'umanità" che è presente nel filosofo, quindi a ciò che l'uomo presume che r esperienza affermi a loro riguardo, senza rendersi conto che anche queste due affermazioni, per essere valide, richiedono il trascendimento dell'esperienza, ovvero dell'immediatezza fenomenologica. Infatti, «la fenomenologia ci attesta solo che l'uomo è convinto di una realtà del mondo più ampia di quella, che è fenomenologicamente constatabile. Ma non ci dice nulla sul fondamento teoretico di tale convinzione» 74 • In verità, se ci si riferisce ali'esecuzione del triplice compito di dare ragione di ciò che non è affermato unicamente in base alresperienza, si deve riconoscere che le fatiche maggiori di Bontadini sono state dedicate alla «trascendenza teologica». Detto questo, però, si deve rilevare che per lo stesso Bontadini è un medesimo principio che sorregge le tre distinte affermazioni, quello che egli chiama il «principio della metafisica» e di cui, più avanti, indicheremo il contenuto. Per il momento mi limito a dire che esso è in stretta rela7fone con il principio parmenideo dell'«immutabilità dell'essere». L'evocazione del «principio metafisico» consente di indicare il terzo nucleo della prospettiva neoclassica. È quello in cui emerge la distinzione tra filosofia neoclassica e metafisica neoclassica, le quali- se non tenessimo contro della distin7fone tra filosofia e metafisica introdotta preliminarmente - per quanto detto finora avrebbero potuto essere ritenute pienamente equivalenti tra di loro. La distin7fone intende evidenziare che il prefisso "neo-" non possiede unicamente la valenza
74. G. Bontadini, Confenne e riepi"logo, cit., p. 376 (corsivo mio).
101
ch'è stata fino ad ora tenuta presente, cioè quella del necessario volume di «criticità» da immettere nel corpo della tradizione e con cui positivamente contaminarla, giungendo così a confermare, quanto alla sua "astratta materia", il contenuto della metafisica classica. In quel prefisso, per Bontadini, v'è qualcosa di più, qualcosa che - senza aver prima introdotto le opportune distin7foni - non consente di inquadrare il suo pensiero all'interno della tradizione classica e neppure della filosofia neoscolastica e che richiede, appunto, l'utilizzo dello specifico sintagma di «filosofia neoclassica». Ecco, dunque, in cosa consiste questo terzo nucleo teoretico, stando sempre alle parole di Bontadini: La filosofia neoclassica, così come è stata prospettata, non equivale punto al proposito di riattualizzare nella sua completezza sistematica una concezione del reale che è legata ad altra epoca; ma semplicemente di far lavorare un principio la cui validità soprastorica noi siamo in grado di riconoscere dopo il risultato della storia della filosofia modema.75
La filosofia neoclassica non costituisce la restaurazione di un mondo passato, ad esempio il ritorno alla "concezione del reale" eh' era propria dell'epoca premoderna e neppure il ripristino di un intero sistema metafisico. E questo perché in essa si distingue ciò che è storico, e quindi mutevole, da ciò che è soprastorico. Soltanto il nucleo speculativo della metafisica viene a essere ripreso, ma esso è di carattere soprastorico e, perciò, la sua valorizzazione non costituisce un "ritorno al passato". Come a dire: in nome di questa speculazione condotta sul filo del massimo rigore teoretico, non potrà essere evocato un ripristino del passato nell'ambito della «cultura» e della «prassi» dell'uomo. In un articolo pubblicato l'anno precedente, Bontadini aveva scritto in termini molto espliciti:
75. G. Bontadini, La mia prospettiva filoso.fica, cit., pp. 87-88.
102
Si awerte, che non può trattarsi di ripristinare il blocco di una civiltà che appartiene al passato, che in fondo non si tratta neppure di ispirarsi ad essa - giacché ogni civiltà ha solo l'obbligo di essere se stessa-, che la complessità dell'uomo contemporaneo ha altre esigenze che la semplicità del medievale (questi viveva quasi esclusivamente, per ciò che riguarda la cultura, di filosofia e teologia, senza scienza, senza · ecc.. ) 76 s t ona,
Queste ultime considerazioni non esauriscono il tema del rapporto tra metafisica e filosofia, ma hanno unicamente il significato di mettere in luce quali siano i suoi termini essenziali, lasciando il suo approfondimento ulteriore ad altra sede77 • È giunto, piuttosto, il momento di ritornare a parlare della criticità che è necessario assumere per non peccare d'ingenuità e di sventatezza allorquando s'intenda riprendere la metafisica, soprattutto nella sua accezione classica. Secondo Bontadini, come abbiamo ascoltato poco fa da lui stesso, a tale scopo dev'essere attribuita una grande importanza al «risultato della storia della filosofia moderna». È necessario, perciò, chiederci innanzitutto quale sia tale risultato. Ma, poi, si affaccia con eguale necessità una domanda ulteriore, e cioè se pur in presenza della relazione positiva che si istituisce tra questo risultato e il riconoscimento della validità soprastorica del «principio della metafisica» - circa il quale devo invitare ancora a pazientare - non si debba, poi, tuttavia ipotizzare che la validità di cui si sta parlando possa venir meno una volta che quel medesimo principio sia messo a cimento con lo svolgimento della filosofia contemporanea e conside-
76. G. Bontadini, Esperienza e metafisica (1949), in Id., Dal problematicismo alla meta.fisica, pp. 149-162: p. 159. 77. Per alcune riflessioni in proposito rinvio nuovamente a L Messinese, Il filosofo e la fede, cit., pp. 121-132.
103
rando la diversa istanza critica ch'è presente in quest'ultima nei confronti della metafisica tradizionale. Procediamo con ordine, cercando di dare una risposta a entrambe le questioni ora introdotte, avendo sempre come filo conduttore la conferenza padovana del 1950.
105
Capitolo IV
Il bilancio della .filosofia moderna e contemporanea e la possibilità della meta.fisica
l. Esito della filosofia moderna in relazione alla «criticità» del pensare filosofico La filosofia moderna, giudicando quale suo compimento organico l'idealismo tedesco, presenta agli occhi di Bontadini un esito a due facce: da una parte, essa si conclude in «una posizione di steresi costruttiva» in ordine al sapere metafisico; dall'altra parte, però, quella steresi è «compensata da una corretta progettazione metodologica dell'indagine» metafisica•. Considerando entrambi questi aspetti, Bontadini conclude che, sempre che la filosofia moderna sia vista nel suo esito effettivo, «il suo contenuto è, cioè, un compito»2 • I termini nei quali Bontadini si esprime sono, qui, molto stringati. Si tratta, per noi, di comprendere bene il loro significato. A tale scopo è necessario introdurre esplicitamente la seguente questione: in cosa consiste il pensare propriamente "filosofico"? Vale a dire: che cosa lo qualifica rispetto ad altre modalità del pensare? Per poter offrire una risposta, si deve tornare a
1. G. Bontadini, l..,a mia prospettiva .filoso.fica, cit., p. 79. 2. Ibidem.
106
riflettere sulla «criticità» di cui si è parlato in precedenza e chiedere ulteriormente: su che cosa, in ultima analisi, la criticità deve essere esercitata? Ecco che siamo arrivati alla soglia del punto cruciale in merito al senso stesso della criticità propria della filosofia e che è bene affrontare prima di rivolgerci al tema specifico ch'è stato annunciato. Peraltro, così facendo, si avrà modo di cogliere anche un tratto essenziale della filosofia contemporanea nel suo insieme, il quale emerge considerando quest'ultima in relazione alla conclusione storico-teoretica del ciclo moderno. Bontadini osservava che, troppo spesso, la filosofia si riduce a essere solo una «critica di se stessa», cioè a essere una «lotta contro castelli da lei stessa fabbricati»=\ Si potrebbe dire, in altri termini, che spesso la filosofia pecca di una sterile autoreferenzialità. Per questo, onde evitare il rischio di girare a vuoto con i suoi concetti, invece di chiudersi in una criticità ch'è rivolta al pensiero dei suoi predecessori, il filosofo dovrebbe indirizzarsi verso la vita ed esercitarla verso le questioni che essa presenta4 • Questa indicazione, però, costituisce soltanto il prirrw passo del filosofare, stando almeno alla prospettiva ch'è delineata da Bontadini. È sempre possibile, infatti, che pur quando si rivolge direttamente alla dimensione dell'umano e in essa trova la sorgente che le assicura il suo stesso permanere in quanto «criticità», la filosofia si riduca a essere «una mera riflessione» sui contenuti già dati. Così facendo, essa si limiterebbe semplicemente a registrare - e, al massimo, a tenere insieme - determinazioni che essa riceve, appunto, dalle varie realizza~doni dell'umano. Accadrebbe, in tal caso, che la filosofia, nel concepire la dimensione umana e nel progettarne il destino, non avrebbe da pronunciare una
3. Ibidem. 4. Cfr. ivi, p. 74.
107
parola in proprio e si limiterebbe ad assumere ciò che il senso comune o le varie scienze o anche questa o quella religione presentano all'uomo. L'ipotesi che abbiamo appena considerato, per Bontadini, costituisce in effetti il modulo ordinario di pensiero che è seguito dalla.filosofia contemporanea, la cui essenza è individuata nel suo strutturale «problematicismo». Bontadini è pienamente d'accordo con il programma di radicale problemati7.zazione di ogni determinazione categoriale dell'esperienza che da essa è stato dichiarato. Tuttavia, egli pone pure la contemporaneità di fronte a un bivio, chiedendo se la filosofia debba «bensì continuare a vivere, a vivacchiare, se si acconcia ad essere intesa in senso debole, ossia come mera riflessione»; oppure se essa potrà nuovamente esser «presa in senso forte, ossia come attività determinante»5 • Una tale questione non è di poco conto. Il pensiero filosofico è determinante in quanto «pensiero inferenziale», ossia affermazione di qualcosa non in quanto consta, ma nel suo essere logicamente implicato nel dato 6• Operiamo ora una nuova digressione che, però, come vedremo, si rivelerà molto opportuna, cercando di chiarire questa densa sequenza concettuale.
2. Pensiero espressivo e pensiero dirrwstrativo Il «pensiero espressivo» è pensiero del puro dato, owero di ciò che consta o appare fenomenologicamente. In quanto riferimento al dato sensibile, esso è immediato; in quanto, poi, tale pensiero è "riconoscimento" del senso come senso, esso
5. Ibidem. 6. Cfr. G. Bontadini, Saggio di una meta.fisica dell'esperienza, cit., p. 183.
108
è già una mediazione. Anche l'attività della riflessione costituisce una certa mediazione, ma pure essa non conduce oltre ciò che è dato. Ci si chiede, perciò, se vi sia una diversa forma di mediazione, tale che sia capace di portare oltre il dato pur movendo da esso, cioè dall' esperien7.a. In tal caso, si parlerebbe del pensiero non solo in quanto «espressivo» o «riflessivo», ma in quanto capace di manifestare alcune determinazioni che non compaiono netr esperienza; per questo, esso si costituirebbe come «pensiero detenninante». Se ora assumiamo come dato la stessa Unità dell'Esperienza, possiamo domandarci «se l'esperienza sia l'Assoluto o no», ossia «se il pensiero non possa pensare che l'Esperienza ovvero possa oltrepassarla» 7• Questo, tuttavia, come stiamo per vedere, non è l'unico caso in cui si possa parlare di oltrepassamento dell'esperienza, ma è quello che caratterizza specificamente la metafisica, la quale è il più concreto determinarsi della "struttura originaria" del sapere ch'è stata prima indicata8 • Il pensiero determinante è quello che, in generale, è in grado di oltrepassare l'esperienza e che in specie, cioè per quanto riguarda la questione inerente ali' Assoluto, è il pensiero in grado di andare non solo oltre l'esperienza attuale, ma pure oltre l'esperienza possibile, ovvero oltre l'Unità dell'Esperienza. Il primo dei due casi di oltrepassamento è quello che concerne il pensiero scientifico, il secondo è quello del pensiero metafisico. Leggiamo, a tale riguardo, un passo tratto dall'importante Saggio di una meta_fisfoadell'esperienza di Bontadini: in due maniere ben distinte si potnì giungere a stabilire una implicazione logica tra due determinazioni: e cioè, o in quanto le due determinazioni siano date nell'esperienza e quivi il pen-
7. Ibidem. 8. Il tema della «struttura originaria» sarà svolto ampiamente nelle parti successive del libro.
109
siero colga la necessità (essenzialità) del loro rapporto; o in quanto nell'esperienza sia dato un solo termine e l'altro debba esser assolutamente inferito. 9
Ebbene, il pensiero metafisico è detenninante in quanto è pensiero «inferenziale» 10, dove l'inferenza consiste nel giungere ad affermare la necessità che, data la realtà di a, deve essere affennata la realtà di b non circoscritto alr esperienza possibile. Nello schema dell'inferenza teologica che sarà presentato più avanti 11 , a sarà costituito dal diveniente (l'Unità dell'Esperienza) eh dall'Immobile (l'Essere trascendente). Perii momento, proseguiamo nella comparazione tra le diverse forme del pensiero.
La necessità dell'inferenza è propria del «pensiero dimostrativo» e quest'ultimo, per essere tale, comporta l'esclusione di ciò che la contraddice: l'argomentare sarà arrivato a un punto fermo quando sarà stato mostrato che l'antitesi di una sua detenninata conclusione è contraddittoria 12• A differenza di quanto accade con il pensiero espressivo, che fonda il suo valore sull'evidenza fenomenologica, il pensiero dimostrativo fonda il proprio valore eliminando il contraddittorio nell'atto stesso in cui lo mostra nel suo essere contraddittorio 13• L'esecuzione di questo compito dell'attività filosofica non comporta affatto che venga a essere limitato l'esercizio della criticità, a favore di un dogmatismo che andrebbe a investire
9. lvi, p. 192. 10. Perun approfondimento relativo alla logica inferenziale, cfr. ivi, pp. 185200. 11. Cfr. infra, parte III, cap. I, pp. 223-240. 12. Cfr. G. Bontadini, Saggio di una metafisica dell'esperienza, cit., pp. 209210. Nello stesso tempo, non è secondario precisare che «il pensiero deve essere, nella sua dimostratività, posseduto attualmente e attivamente (cioè vitalmente) dallo spirito» (ivi, p. 209). 13. Cfr. ivi, p. 204.
110
non solo il trascendimento in senso verticale dell'esperienza, ma anche la stessa "categorizzazione" orizzontale del flusso dell'esperienza. Si tratta, piuttosto, di non identificare affrettatamente la criticità del pensiero filosofico con la posizione dello «storicismo» o del «problematicismo» contemporaneo e, perciò, di esercitare la criticità fino al punto di eliminare un dogmatismo di segno opposto, ovvero quello di una problematicità che dovesse assurgere ad affermazione assoluta di se stessa senza dame il fondamento. Con queste osservazioni, che corrispondono allo spirito della prospettiva filosofica bontadiniana, s'intende egualmente evitare che si faccia riferimento alla tradizione in modo parassitario, riattaccandosi ad essa «come ad una tavola di salvezza» 14 • In questo stesso spirito, la tradizione dovrà invece essere messa sempre alla prova della criticità. Essa, cioè, dovrà essere "ripetuta" e non semplicemente "ereditata", il che è appunto cosa ben diversa dal considerarla acriticamente come una facile ancora di salvataggio che esoneri dall'affrontare le questioni che si affacciamo, volta per volta, nel corso del tempo.
3. Ritorno al risultato della .filosofia nwderna Tenendo conto di queste ultime riflessioni, ritorniamo a volgere l'attenzione al risultato del pensiero rrwderno. Questo, se considerato nel suo effettivo risultare - ossia, adottando una celebre espressione hegeliana, «portato in sé»-, può essere mostrato non come espressione di una metafisica di segno opposto a quella classica di trascendenza, ma piuttosto come ciò che designa una situazione di steresi in riferimento alla dimen-
14. G. Bontadini, La mia prospettiva filosofica, cit., p. 87.
111
sione di pensiero detenninante che caratterizza specificamente l'attività filosofica, almeno quando non si abbia l'intenzione di arrestarsi alla sola dimensione fenomenologica. Dinan7i a questa tesi dobbiamo chiederci, finalmente, in virtù di quali argomenti Bontadini sia venuto a parlare di una steresi, di una mancanza da colmare teoreticamente, in relazione agli esiti del pensiero moderno, stante che l'idealismo tedesco, soprattutto nella sua versione hegeliana, si è di fatto costituito invece proprio come una meta.fisica, sia pure di segno opposto rispetto a quella classica. E si potrebbe fare una considerazione analoga in relazione a un altro elemento di questo fatto, e cioè che quell'idealismo aveva assoluti7.zato il piano della storia, owero si era costituito come un radicale storicismo. Per dare soddisfa7fone a tale perplessità e, nello stesso tempo, per comprendere in modo adeguato il concetto di «steresi costruttiva» quale esito ultimo della filosofia moderna, è opportuno prendere le mosse da ciò che Bontadini osservava di fronte a una trasposizione del processo storico sul piano dell'essere assoluto. In primo luogo, Bontadini metteva in evidenza che «la storia non è un principio semplice, dal quale dedurre il molteplice, ma non è se non la determinata produzione del suddetto molteplice secondo le diverse guise dell'attività umana» 15 • Ciò significa, in secondo luogo, che il piano dell'immanenza è sì riconosciuto, ma pure che esso è riconosciuto come tale, ossia come ciò che nei suoi tennini autentici è affermato in quanto è sperimentato, così che in base al suo semplice presentarsi non è consentito di stabilire categoricamente se esso si costituisca come assoluto - dando, perciò, credito in modo ingiustificato a una metafisica immanentistica-, oppure se esso implichi una diversa affermazione dell'assoluto - dando fona,
15. lvi, p. 78.
112
così, a una metafisica della trascenden7a, allorquando essa sia effettivamente argomentata. Con queste considerazioni siamo pervenuti al punto cruciale ch'è inerente alla rigorizzazione di carattere metodologico dell'indagine metafisica, ovvero a indicare il guadagno teoretico che l'esito del pensiero moderno costituisce per la «metafisica di trascendenza».
4. Il guadagno del pensiero moderno Il lungo lavoro della filosofia moderna, nella prospettiva di Bontadini, è consistito nel giungere a eliminare, con l'idealismo, il presupposto che costituisce il suo stesso motivo generatore: il "naturalismo" - la presupposizione dell'esse naturae- che essa condivideva con il senso comune e con la scien7a fisica. Era da tale presupposizione gnoseologistica che si generava il dualismo tra «Natura» e «Spirito», con la conseguente impossibilità di conoscere la natura (come «cosa in sé») da parte dello spirito ch'era stata sancita dalla filosofia kantiana. Tolto, successivamente, il «naturalismo», non era però eliminata la natura, ma soltanto ciò che di essa era affennato indebitamente secondo il modulo della presupposizione. L'idealismo hegeliano, considerato in questa sua più pura essen7a, consiste innanzitutto nella giustificata eliminazione del presupposto costituito dalla natura nei con fronti dello spirito. L'idealismo neohegeliano, perfezionando tale linea di pensiero e portando ancora più a fondo la sua struttura dialettica, è pervenuto a togliere i limiti inerenti a ogni costruzione compiuta della natura e dello spirito. Il risultato speculativo che emerge da questa sequenza storica esprime, per Bontadini, un effettivo guadagno ch'è stato conseguito dalla filosofia moderna dal punto di vista metodologico, nonostante non mancassero alcuni ritorni al criticismo
113
kantiano, il quale aveva avuto una reviviscen7.a anche in I talia, ad esempio nella posizione ch'era stata espressa da Adelchi Baratono e che Bontadini volle esaminare, riconoscendo l'importanza delle sue indagini storiche e di quelle fenomenologiche nel campo deir estetica 16, ma rilevando al tempo stesso il fatto che questi, additando il pensiero kantiano come «la premessa del pensiero contemporaneo», e le sue conclusioni come addirittura le «colonne d'Ercole» di questo pensiero, non si avvedeva «che pure Kant ha i suoi presupposti, i quali limitano in un determinato orizzonte storico i risultati del suo pensiero» 17• Tra l'altro, era per questo che in Baratono era presente l'antinomia tra l'esigenza, da lui chiamata «logica», che la realtà esista in sé e l' esigen7.a «critica» o idealistica dell'intrascendibilità della coscien7.a 18, rispetto alla quale Bontadini, alla luce del risultato cui era pervenuto con le proprie indagini sulla filosofia moderna, era legittimato a rilevare criticamente: Così, quando il nostro autore scrive che «la presenza del dato rinvia necessariamente a una "cosa in sé" che lo possa giustificare [ ... ]», [ ... ] resta in posizione equivoca tra la genuina - ed eterna - concezione della metafisica come mediazione del dato alla luce dell'idea dell'essere o dell'assoluto, e la interpretazione di questa mediazione nei termini del dualismo di fenomeno e cosa in sé, dal quale si ricava la inattuabilità della mediazione stessa, il suo restare mera esigenza, mero «pensiero». 19
Nell'idealismo successivo a Kant, come s'è visto, l'Io trascendentale era stato portato nel registro, per così dire, del puro conoscere, ovvero era stato essenzializzato come «puro oriz-
16. Cfr. G. Bontadini, Conferme e riepilogo, cit., p. 341. 17. Cfr. G. Bontadini, Carattere programmatico della filosofia odierna (1943), in Id., Dall'attualismo al problematicismo, cit., pp. 233-319: pp. 265-266. 18. Cfr. ivi, p. 261. 19. lvi, p. 266.
114
zonte della comprensione». In ordine al problema metafisico si trattava, però, di un guadagno puramente negativo, nel senso che esso non consentiva di andare teoreticamente oltre il contenuto ch'è offerto dall'esperienza rettamente considerata e che corrispondeva, com'è chiaro, alle determinazioni della natura e dello spirito. Ancora più precisamente, si trattava di un vero guadagno - sia pure minimale - allorquando si faceva lo sconto dell'indebita trasposizione del piano dell' esperienza al piano dell'essere assoluto, secondo quanto accadeva nell'idealismo "storico". Questo, infatti, avendo risolto correttamente la «trascendenza gnoseologica» dell'essere presupposto al pensiero, riteneva impropriamente di avere così risolto ogni forma di trascendenza. D'altra parte, Bontadini in maniera analoga già da tempo invitava alcuni suoi critici provenienti dal campo della neoscolastica a riconoscere che il «mettersi sul terreno dell'immanentismo», discutendo i problemi dell'idealismo, non significava «mettersi nell'immanentismo»; e sottolineava che, quando si parla di «realismo», si deve distinguere tra il «semplice realismo» e il . Esprimendo in termini diversi la medesima questione, per Severino si doveva rilevare che l'assolutizzazione della «molteplicità antinomica della storia», che costituiva il cuore del problematicismo trascendentale o assoluto, imponeva a quest'ultimo di fondare !'«identità tra struttura storica e struttura teoretica» 17 , cosa
14. lvi, p. 361.
15. Il capitolo che nel volume severiniano era dedicato a Banfì era intitolato, per l'appunto, La legge trascendentale (cfr. ivi, pp. 400-424). 16. lvi, p. 362. 17. lvi, p. 360.
207
che esso non aveva affatto potuto realizzare, lasciando quindi in realtà impregiudicata la possibilità di una «soluzione» della suddetta antinomicità che si richiamasse alla metafisica classica. In realtà, la tesi della risoluzione dell'attualismo in un problematicismo trascendentale - sia che fosse affermata criticamente nei confronti di Gentile, sia che la si rawisasse nello stesso attualismo - trovava per Severino un appiglio nell'Io trascendentale gentiliano, sia in Banfi 18 che nello stesso Paci 19, senza però che si tenesse conto del passo in avanti che il Sistema di logica costituiva rispetto alla Teoria generale dello Spirito: Gentile si accorse della equivocità del suo Io trascendentale, per non dire sen7:altro della sua presupposizione, e si adoperò nella Logica per far scomparire, nella pura attualità e identità di pensante e pensato, il trascendentale come tale, ipostatizzato al di là dell'identità: nella Logica il trascendentale si fa tutto il suo oggetto e non è niente di più di questo suo farsi oggetto.21l
Stando così le cose, con il suo problematicismo trascendentale Banfi non faceva altro che spostare l'Io trascendentale dal piano della «corpulenza ontologica» della metafisica gentiliana a quello della «legge trascendentale», owero della «legge secondo cui I' ontologicità attuale trova il suo fondamento e la sua giustificazione»21 • Passando, poi, dall'esegesi del pensiero di Banfi all'ordine della valutazione critica, Severino osservava che l'affermazione non dogmatica della legge trascendentale richiederebbe un procedimento inferenziale, vale a dire di ritornare «a quella struttura tipica della metafisica - l'infe-
18. Cfr. ivi, pp. 404-405. 19. Cfr. ivi, p. 430. 20. lvi, p. 404. 21. lvi, p. 405.
208
renza - che secondo Banfi è stata definitivamente messa in disparte da Kant» 22• Anche per Severino, come per Bontadini, la superiorità del problematicismo situazionale rispetto al problematicismo trascendentale era, quindi, da ritenersi fuori discussione. Spirito, oltretutto, aveva efficacemente evidenziato che, se il problematicismo intendesse costituirsi come «conclusione» dell'iter teoretico, esso si porrebbe come una posizione intrinsecamente contraddittoria, dal momento che così facendo ratificherebbe l'assolute7.za dell'antinomia2.1 ; al contrario, come parafrasava il giovane pensatore bresciano, «nel problematicismo situazionale la contraddizione c'è, ma non è più contraddittoria, dato appunto il suo ritirarsi dal piano dell'assolutezza a quello dell'affermazione semplicemente storica» 24 • Circa il giudizio che veniva dato sul rapporto tra le due forme di problematicismo, la posizione dell'allievo concordava, dunque, con quella del maestro, pur non mancando di differenziarsene in merito alla valutazione estremamente critica che il secondo aveva dato di alcuni passaggi del capitolo conclusivo del volume spiritiano del 1948 intitolato Il problematicis1no2.5,
22. Ibidem. 23. Cfr. ivi, p. 364.
24. Ibidern. Per un esame più dettagliato del problematicismo situazionale di Spirito, la cui formulazione più matura è individuata nel volume del 1948 intitolato Il problematicisnw, cfr. il capitolo del volume a esso dedicato, ivi, pp. 369-385, i cui primi cinque paragrafi erano stati pubblicati in «Rivista rosminiana», III, 1948, pp. 133-137. Nella riedizione del volume del 1994 sono stati espunti, oltre a una serie di righe e ad alcune note fuori testo, gli ultimi due paragrafi contenuti nell'edizione del 1950 (per i quali cfr. E. Severino, Note sul problemat-icisnw italiarw [1950], cit., pp. 49-54). 25. Cfr. E. Severino, Note sul problematicisuw italiano, cit., pp. 430-436, in cui il giovane Alosofo discute la prima parte dell'articolo di G. Bontadini intitolato Ugo Spirito e la semplificazione del, problematicismo, cit.
209
come pure - sebbene in una fonna più attenuata - anche riguardo al rapporto tra l'attualismo gentiliano e il problematicismo di Spirito. In merito a tale aspetto, ritengo opportuno citare integralmente quanto Severino precisava al riguardo in una nota fuori testo che era contenuta nella prima edizione del volume nel 1950: In alcune conversazioni col prof. Bontadini quasi tutte le discordanze cui si accenna in questo paragrafo sono state chiarite. E Gliene sono quindi grato. Rimarrebbe un ultimo disaccordo sull'interpretazione dell'atto gentiliano nel suo valore di attualità: per il prof. Bontadini tale attualità non è altro che la situazione di Spirito, per me l'attualità gentiliana non si è ancora ben chiarita nel suo puro significato situazionale; per quanto molti elementi possono comprovare questa seconda tesi. 26
Inoltre, come lo stesso Severino avrebbe rilevato esplicitamente in uno scritto successivo, era soprattutto considerando la posizione spiritiana che emergeva la differenza tra il problematicismo contemporaneo - se inteso come situazionale - e quello di matrice kantiana: Mentre la Critica della ragion pura vuol essere una forulazione dell'impossibilità del problema metafisico, le forme più recenti di problemati7.7.azione del sapere metafisico si limitano a prendere atto che nella effettualità storica della metafisica non è comparsa la soluzione metafisica. 27
26. E. Severino, Note sul problematicismo italiano (1950), cit., p. 194, nota
24. 27. E. Severino, Problematicismo, in Centro di studi fìlosofìci di Gallarate, Encidapedia filosofica, voi. N, Istituto per la collaborazione culturale, Venezia-Roma 1957, coli. 1640-1642: t'Ol. 1641. La voce è stata riprodotta, con alcune integrazioni, nell'ultima edizione dell'opera (cfr. V. Melchiorre [a cura di]. Encidapedia filosofica, voi. IX, Bompiani, Milano 2006, pp. 89978998: p. 8998).
210
Per esemplificare tale specificità del problematicismo contemporaneo, il filosofo ricordava l'«aporetica di I-lartmann», l' «esistenzialismo di 1-Ieidegger» e il «problematicismo di Spirito»28. Severino, peraltro, era consapevole del fatto che la medesima chiarezza che aveva riscontrato in Bontadini nel mettere a fuoco la relazione tra problematicismo e metafisica non poteva essere posseduta anche da chi - egli pensava, di nuovo, a Spirito - «è l'immediato erede dell' antimetafisicismo e immanentismo moderno, anche se tenta di liberarsi da queste conclusioni»29 • Per tale motivo, egli comprendeva bene come il problematicismo situazionale, a causa di tale eredità, potesse di fatto «trovarsi in opposizione a quelle forme di pensiero alle quali deve pervenire necessariamente nel suo rigoroso svolgimento teoretico» 30 • Il retaggio di carattere storico dell'attualismo che permaneva nel problematicismo di Spirito, consistente nel ritenere che la trascendenza della filosofia classica fosse stata pienamente risolta nell'immanenza del pensiero, impediva a quest'ultimo di vedere le implicazioni di ordine speculativo contenute nella problematicità situazionale eh'egli stesso aveva teorizzato 31 • Era a motivo di questo che la problematicità del reale appariva agli occhi di Spirito «più tragica di quello che effettivamente non sia», come Severino chiosava in uno dei paragrafi del testo pubblicato nel 1950 ed espunti nella riedizione di Note sul problematiciSJTW italiano 32 • Infatti,
28. Ibidem.
29. E. Severino, Note sul problematicismo italimw, cit., p. 368.
30. Ibidem. 31. Cfr. ivi, p. 358. 32. Cfr. E. Severino, Note sul problematicismo italiano ( 1950), cit., p. 50.
211
pur essendo la problematicità situazionale lo stesso atteggiamento del pensiero che si accinge alla costruzione del sistema, pure non riesce a vedere come si potrà costruire tale sistema, rigettate senz'altro le varie soluzioni metafisiche che l'umanità ha dato; senza pensare che tra quelle potrebbe esservi appunto quella che si rivelerà come l'assoluto sapere degli uomini. 33
A distanza di anni, ma sempre nel contesto della sua prima fase di pensiero, Severino intervenne su un momento successivo del pensiero di Spirito, in cui questi aveva abbandonato il «problematicismo puro» per l'«onnicentrismo», owero per l'ipotesi della centralità di ogni determinazione dell'universo e del valore assoluto di ogni posizione assunta dal pensiero, indicando quale suo principio fondamentale quello di «non esclusione»34 • In primo luogo, Severino rilevava che, dopo avere in precedenza scartato in quanto autocontraddittorio il relativismo, passando ali' onnicentrismo Spirito ora nella contraddizione ci cadeva, «giacché ammette insieme la propria verità e la verità della propria negazione»:i.5. Soprattutto, però, egli argomentava a favore di una purificazione ulteriore del problematicismo situazionale che si sarebbe potuta condurre movendo dallo stesso punto di vista di quest'ultimo36 • Più avanti avremo modo di considerare la posizione che fu assunta successivamente da Severino nei confronti del problematicismo di Spirito all'interno della seconda fase del proprio pensiero.
33. lvi, pp. 50-51. 34. Cfr. E. Severino, Studi di filosofia della prassi (1962), nuova ed. ampliata, Adelphi, Milano 1984, p. 88, nota. 35. Ibidem. C&. U. Spirito, Dal, problematicismo all'onnicentrismo, in Id., Inizio di una ntwva epoca, Sansoni, Firenze 1961, pp. 257-2B7; la prima pubblicazione è del 1958. Si tratta di quello che Bontadini aveva chiamato il pensiero del «tel7.o Spirito, quello della metafisica onnicentrista» (G. Bontadini, Del far storia, cit., p. 343). 36. Cfr. E. Severino, Sttuli difilosofia della prassi, cit., pp. 87-94.
212
Riprendendo, ora, il filo principale del nostro racconto, è da rilevare come i riferimenti di natura teoretica al sapere metafisico, sobriamente accennati nelle Note sul problematicismo italiano31, si sarebbero fatti più consistenti nell'opera successiva di Severino, pubblicata nel medesimo anno.
2. Severino, Heidegger e la metafisica In analogia con quanto è emerso dalle riflessioni precedenti, anche in Heidegger e la metafisi.ca - un'opera che, pur collocandosi anch'essa pienamente nell'alveodel magistero di Bontadini, mostrava già la personale forza speculativa dell'autore - la filosofia contemporanea veniva a essere compresa da Severino «nel suo esser priva della soluzione del suo ricercare»38, ma anche oggettivamente orientata verso una "risposta". L'insieme delle pagine introduttive di quel saggio giovanile del 1950 sono particolarmente illuminanti a tale riguardo. Nello stesso tempo, se rilette alla luce degli sviluppi successivi del suo pensiero, esse consentono di cogliere la distan7.a che segna l'interpretazione offerta da Severino della filosofia contemporanea, in seguito alla svolta inaugurata dall'articolo Ritornare a Parmenide del 1964, rispetto a quella che orientava la prima fase del suo pensiero e di cui il saggio in questione costituisce uno degli episodi più significativi. 37. Vale la pena di citare anche questo passo: «Ora, se la crisi e la disillusione è stata prodotta appunto dal riconoscimento della finiteT.1.a dell'infinito dialettico dell'immanen7.a, l'antinomia, dato che l'immancn7.a è carattcriT.1.ata immediatamente dalla sua finitudine, si pone tra l'immanen7.a e un altro da questa, cioè la trascenden7.a. Crediamo che il problema della metafisica sia tutto qui e solo qui» (E. Severino, Note sul problemat-icismo italiano [1950J, cit., p. 51). 38. E. Severino, lleidegger e la metafisica, cit., p. 33.
213
Per il giovane pensatore formatosi alla scuola di Bontadini il sapere metafisico, quale risposta al problematicismo, non era da sperare in un'elaborazione filosofica futura, ma piuttosto da ritrovare in una risposta che si era già data nella storia del pensiero, ovvero nella metafisica classica39 • Certo - aggiungeva Severino - in quanto risposta all'indigenza contemporanea, «questa metafisica deve a sua volta riesaminarsi in vista delle esigenze e dei problemi sollevati dal pensiero moderno e contemporaneo»40• Nondimeno, i termini essenziali del rapporto tra l'indigenza della filosofia contemporanea e il sapere metafisico restavano quelli appena indicati.
La filosofia di I-leidegger era studiata da Severino all'interno di tale ampio orizzonte di ricerca. Quest'ultimo ne includeva un altro più ristretto, eh' era direttamente riferito allo stesso definirsi del pensiero di I-leidegger, in virtù di cui il pensatore tedesco era visto in una sua peculiare specificità nel panorama contemporaneo. In che cosa consisteva tale peculiarità? Severino ne indicava due elementi in particolare. Egli rilevava che, in I-leidegger, «è presente la consapevole7.7.a del ritorno essenziale della speculazione moderna alle tesi fondamentali della metafisica classica» e sottolineava che la problematica heideggeriana, considerata nel suo elemento essenziale, «è già impegnata in una prima elaborazione di quelle tesi»41 • Il significato più concreto di queste due indicazioni interpretative sarà mostrato più avanti. Ciò che ora mi preme rilevare è, piuttosto, quale fosse t esito della ricerca operata dal giovane Severino circa il rapporto di I-leidegger con la metafisica. Egli riteneva che la soluzione alla quale era pervenuto il filosofo tedesco si poneva «come un rinvio della solu7fone radicale,
39. Cfr. ivi, pp. 33-34. 40. lvi, p. 34. 41. Ibidem.
214
che tuttavia non ha niente a che fare con una problematicità trascendentale, intesa come necessario e strutturale riporsi del problema»42 • Il rinvio della soluzione radicale concerne il problema più radicale della cosiddetta «metafisica speciale», ovvero quello delr esistenza di Dio. Per Severino, infatti, Heidegger, in &sere e tempo, sia pure procedendo in un modo che successivamente egli giudicherà non lineare, aveva provveduto a offrire una risposta positiva ai primi due problemi della metafisica speciale, quelli relativi all'affermazione della sostanza spirituale (ranima) e delrindipendenza dell'ente (il mondo) dal suo manifestarsi. La non linearità dipendeva dal fatto che entrambe quelle affermazioni non sono come tali di carattere fenomenologico, ma in quanto inferenziali sono letteralmente "metafisiche"; mentre il metodo filosofico heideggeriano è, esplicitamente, quello "fenomenologico". Questo rilievo critico è introdotto da Severino nella seconda edizione del volume nel 199441 e presenta anche un accento autocritico, in quanto egli dichiara che all'epoca avrebbe dovuto essere più esigente nei confronti di Heidegger44. D'altra parte, egli rileva pure che «in quel mio saggio, si tende ad allargare la portata del metodo fenomenologico, in modo che esso si configuri come la dimensione che include sia la manifestazione dell'ente, sia rinferenza che porta oltre di essa»4.5. Tornando, ora, alla tesi interpretativa contenuta in quel passo di Ileidegger e la metafisica che avevo prima citato, ai fini di una sua piena intellezione devono essere tenute presenti ancora due cose. Da una parte, che la ricerca di Severino giungeva a esaminare anche il Briefiiber den Ilumanismus, ossia
42. 43. 44. 45.
Ibidem. Cfr. ivi, pp. 25-26. Cfr. ivi, pp. 27-28. lvi, p. 27. Cfr. ivi, pp. 237-238.
215
lo scritto che nel 1947 gettava luce sull'allora pressoché sconosciuto pensiero di Heidegger successivo a Essere e tempo e ad alcuni altri scritti più brevi composti verso la fine degli anni Venti del secolo scorso; e, dall'altra parte, che Severino, quanto al «problema della metafisica», leggeva il Brief- a mio avviso, opportunamente - nei termini di una sostanziale continuità con gli scritti precedenti del filosofo tedesco, tra i quali è bene qui ricordare, anche per il ruolo assegnatogli da Severino nella sua strategia interpretativa, il volume Ka.nt e il
problema della meta.fisica. Severino era consapevole che, così interpretato, «il pensiero di Heidegger si presenterà forse diversamente da come è generalmente riguardato», tuttavia riteneva di aver saputo offrire nel suo libro una giustificazione adeguata del proprio quadro interpretativo 46 • È di sicuro interesse rilevare quanto Severino osservasse a tale riguardo nell'altro suo volume pubblicato nel 1950: In effetti, la filosofia di Heidegger è oggi la meno compresa e la meno apprezzata nel suo valore di contributo positivo per la costruzione della metafisica. Il concetto di nulla non ha, per esempio, quel significato che usualmente si è soliti riferirgli, ma ha una sua particolare calibratura [ ... ] esplicitamente indicata da Heidegger. 47
Il passo successivo che intendo, ora, compiere consiste nel mostrare alcuni elementi del pensieroheideggeriano che, tratti fuori da Severino in virtù di un notevole acume teoretico, avrebbero dovuto giustificare la tesi del contributo positivo di Heidegger alla costruzione del sapere metafisico.
46. Cfr. ivi, p. 35. 47. E. Severino, Note sul, problematicismo italiano, cit., p. 388, nota.
216
3. La ricerca del sapere metafisico In un brano di Heidegger e la metafisica, che funge da passaggio all'ultima parte dell'opera, leggiamo: Metafisica del Dasein è l'essenza stessa di questo, che destina l'uomo alla ricerca della risposta al perché. Ma la ricerca, radicalmente sviluppata, conduce all'assoluto Fondamento dei fondamenti provvisori che l'indagine di Heidegger ha sin qui illuminato. 48
È opportuno precisare che, con l'espressione fondamento provvisorio, Severino si riferisce ad alcune "fondazioni" che il pensiero afferma circa il Dato e che, in un secondo momento, decadono da un rango di assolutezza49 • In quel saggio, lo svolgimento della «metafisica del Dasein» era ritenuto da Severino il maggior contributo di Heidegger alla metafisica, un contributo di cui dev'essere precisato il carattere metodologico. Esso era analogo al contributo metodologico alla costruzione della metafisica che Bontadini aveva saputo cogliere nel pensiero di Gentile, ma si può aggiungere che, agli occhi di Severino, esso possedeva un rilievo anche maggiore. Il contributo di Heidegger era sintetizzato nei termini seguenti: «La "metafisica" del Dasein, come radicale finitez7.a di esso, rende possibile la domanda fondamentale della metafisica classica, che domanda sull'assoluto Fondamento del porsi di fatto [dell']ente»50 • Il primo momento dell'indagine che, a tale proposito, sarebbe da svolgere riguarda la chiarificazione del preciso configurarsi della «finitezza» del Dasein, che è equivalente alla messa in
48. E. Severino, lleidegger e la metafisica, cit., pp. 322-323.
49. Riguardo ai suddetti «fondamenti provvisori» e&., infra, quanto esplicitato, nel corpo del testo, in corrisponden7.a della nota 54 del presente capitolo. 50. E. Severino, lleidegger e la metafisica, cit., p. 322.
217
luce della metafisica del Dasein, come pure di ciò che vi è implicato. La comprensione dell' «essenza» del Dasein, limitatamente a quanto emerge da Essere e tempo - s'intenda bene, perciò: non si tratta già della comprensione della sua "essenza metafisica"-, secondo l'interpretazioneseveriniana «sollecita a porre quello che anche Heidegger riconosce come il problema fondamentale della metafisica: "Perché l'ente e non piuttosto il nulla?"»51 • Sia pure in termini sintetici, espliciterò questa tesi e quali siano le sue ragioni attraverso alcuni passaggi. La tesi afferma che la finitezza del Dasein implica la sua "infondatezza" e questa apre alla ricerca del donde e del verso dove del Dasein medesimo, owero apre alla ricerca delfondamento assoluto. Vediamo questa sequenza più da vicino.
La finitezza del Dasein è affermata, innanzitutto, a motivo del fatto che esso è sì manifestativo dell'ente, ma non ha alcuna "potenza" su di esso. Il Dasein, perciò, già per tale ragione, vale a dire in quanto lascia infondato l'ente (che esso manifesta) nella sua «onticità», non può essere assolutizzato. In secondo luogo, guardando a se stesso, precisamente al suo «esser gettato», il Dasein non può costituirsi neppure come fondamento di sé nella sua dimensione ontica. Meno ancora, quindi, esso può costituirsi quale fondamento assoluto della totalità dell'ente. Sono queste le ragioni per le quali sorge il problema fondamentale della metafisica e si fa innanzi la ricerca della risposta al problema. È da questa situazione, lo si ripeta, che sorge per Severino la celebre domanda heideggeriana: «Perché l'ente e non piuttosto il nulla?». Il secondo momento di un'indagine che intenda "ripetere" l'itinerario proposto da Severino in Heidegger e la metafisica è
51. Ibidem. Non possiamo qui soffermarci a discutere sul diverso significato che lo stesso Heidegger, in alcuni scritti successivi alla conferenza intitolata Was ist Metaphysik?, attribuirà a tale domanda.
218
strettamente connesso con il primo. Esso consiste nel mostrare che le analisi svolte in Essere e tempo conducono alla tesi che il tempo costituisce il «senso dell'essere del Dasein» - del Dasein, si badi, non dell'essere come tale - e proprio questo chiarimento getta la sua luce preziosa sulla decisiva questione inerente alla posizione heideggeriana circa il senso dell'essere come tale. Con quest'ultima considerazione Severino intendeva sostenere che, di per sé, le analisi heideggeriane svolte in Essere e tempo non conducono ad affennazioni che intendano valere sul piano metafisico, ossia per l' «essere in quanto essere», neppure quando riguardano il senso della «temporalità». Per questo, soltanto se fosse effettivamente così, quanto Heidegger affenna circa la temporalità verrebbe a concernere il rapporto tra il tempo e l'essere e la tesi heideggeriana affermerebbe che l'essere come tale è «tempo» e, quindi, che l'essere è radicalmente «finito». Tuttavia, nonostante quella diversa interpreta7fone di Essere e tempo fosse (e lo sia anche tuttora) molto accreditata, per il giovane Severino le analisi heideggeriane mostrano invece che, da una parte, la «temporalità» su cui si fonda l'essere del Dasein, nell'unità delle sue tre ecstasi del presente, del passato e del futuro, si pone come «l'unità di fondazione metodologica, fonda7fone ontica e fondazione ontologica»52 ; e, dall'altra, che la medesima temporalità «non è altro che il pensiero nella sua immanenza al reale e nella sua trascendentalità a questo»5..1.
In questa sede non si può prowedere ad approfondire ulteriormente la struttura della temporalità costitutiva del Dasein e neppure, parallelamente, a esplicitare pienamente i significati di quei tre ambiti della «struttura del fondamento» enu-
52. Ivi, p. 259. 53. Ivi, p. 268.
219
cleati da Severino (metodologico, ontico, ontologico), ai quali è da aggiungere il quarto, ossia il fondamento assoluto54 • Qui può essere solo indicato che il fondamentometodologico coincide con l'Unità dell'Esperienza, il fondamento antico consiste nell' «esser già» dell'ente che è manifestato nell'atto conoscitivo, e il fondamento ontologico è la «capacità manifestativa» dell'ente chiamata aristotelicamente anima, la quale ha un suo corrispondente concettuale nel Dasein heideggeriano. Ciò che, per Severino, risulta intanto dall'insieme dell'analisi è che, nell'opus magnum di Heidegger del 1927, «il tempo è il pensiero umano, nella sua finitezza, nella sua non potenza sul manifestato» e, di conseguenza, egli nel 1950 può sostenere che in Heidegger «il tempo è lo stesso orizzonte entro cui la metafisica potrà raggiungere i suoi decisivi risultati»•5.5_
È, in tal modo, confermata la duplice tesi che la filosofia heideggeriana dev'essere compresa come un'espressione particolarmente significativa del «problematicismo situazionale» e che quest'ultimo, costituendo la versione del problematicismo più libera da alcune dogmatiche presupposizioni del contemporaneismo, è oggettivamente aperto al sapere metafisico. Si tratterà, ora, anche che per Severino, di svolgere costruttivamente il passaggio teoretico «dal problematicismo alla metafisica». Nella parte successiva del libro procederò a illustrare la prima fase della speculazione metafisica bontadiniana nel suo momento propriamente "costruttivo" e l'analoga costruzione che fu eseguita da Emanuele Severino in continuità con l'opera del maestro, in cui peraltro egli si rivelava già capace d'introdurre alcuni elementi propri. Prima, però, devo ricordare che Severino, in un momento successivo del suo pensiero, avreb-
54. Cfr. ivi, pp. 254-261.
55. lvi, p. 268 (corsivi miei).
220
be rilevato che negli scritti di Heidegger - come si evince, ad esempio, confrontando tra loro alcuni passi della Lettera sull'umanisrrw-è presente un'oscillazione tra un «problematicismo situazionale», dello stesso genere di quello su cui ci siamo soffermati, e un meno coerente «problematicismo» dal carattere assoluto. Severino, più precisamente, ha parlato di un'oscillazione tra «uno Heidegger che afferma di non potersi ancora pronunciare sui problemi della metafisica» - così che resta aperta la sua possibilità - e «uno Heidegger per il quale il pensiero potrà dare delle risposte soltanto storiche ... » - così che la metafisica deve essere messa da parte56 • A motivo di una tale oscillazione, in un'altra circostan7.a egli ha parlato analogamente di una «forma acerba» di nichilismo presente in Heidegger, congiuntamente a una «forma più matura e coerente» che caratterizza il pensiero di Gentile, Leopardi e Nietzsche57• La comprensione analitica di questa sequenza ci porterebbe, però, troppo lontano dai contenuti specifici della nostra storia58. È più opportuno, quindi, concludere questo capitolo riportando per intero un brano dcli'autobiografia di Severino nel quale, ritornando sull'intento di fondo della sua tesi di laurea, si fa cenno di quel mutamento di giudi7fo ch'è soprawenuto nella sua interpretazione del pensiero di Heidegger: Neila mia tesi di laurea, Heidegger e la metafisica, sostenevo che anche Heidegger, come il Gentile di Bontadini, pur provenendo daila fenomenologia e non dall'idealismo, lasciava aperta la porta ai problemi della metaphysica specialis, ossia
56. Cfr. E. Severino, Il nichilis11w e Heidegger, in Id., Imnwrtalità e destino, Rizzali, Milano 2008, pp. 143-181: pp. 163-166; le citazioni sono tratte da p. 163. 57. Cfr. E. Severino, Il mio ricordo degli eterni, cit., p. 33. 58. Su questo tema posso rimandare, comunque, a L. Messinese, Il paradiso della verità. Incontro con il pensiero di Emanuele Severino, ETS, Pisa 2010, pp. 167-185.
221
della metafisica in quanto affermazione dell'esistema di Dio e dell'immortalità dell'anima. Per quanto riguarda Heidegger lo sostengo anche oggi; sebbene quella porta aperta sia intesa nei miei scritti come una forma ancora acerba di nichilismo, mentre da tempo ritengo che in Gentile (come in Leopardi e in Nietzsche) il nichilismo abbia raggiunto la sua forma più matura e coerente e che lasci definitivamente fuori dalla porta il Dio della tradizione filosofica e l'immortalità personale.59
59. E. Severino, Il 1nio ricordo degli eterni, cit., p. 33.
Parte III
La costruzione della metafisica neoclassica La struttura della metafisica classica è fondata ed essenzialmente è costituita, per il Bontadini, dal principio dell'impossibilità dell'originaria limitazione dell'essere dal non essere. Esperienza, principio di non contraddizione nel suo valore logico e ontologico, idea dell'ulteriore o dell'altro dall'esperienza, sono gli elementi che per il Bontadini fondano il discorso metafisico. (E. Severino, Gustavo Bontadini, in Enciclopedia filosofica, vol. I, 1957) Come «neoclassico» [ ... ] mi corre l'obbligo di notare che non soltanto ritengo che tale metafisica abbia fondamenti diversi e indipendenti da quelli della fisica e dell'astronomia aristoteliche (già lo stesso san Tommaso aveva fatto dei passi in questa direzione, come è ben noto), ma che la stessa metafisica non equivale punto ad una «sintesi classicamente perfetta», cioè ad una sintesi - o «sistema» - che debba considerarsi intoccabile nella sua integrità. Come si è spiegato in altra sede, di quella metafisica si ritiene, come soprastorico o eterno, il «principio».
(G. Bontadini, Del far storia, 1959)
225
Capitolo I
Gli elementi costitutivi della meta.fisica di Bontadini nella sua prima fase
l. Il concetto di esperienza Bontadini aveva, oramai, meditato lungamente sul rapporto tra idealismo e immanentismo e sulla differenza tra il realismo presupposto della filosofia moderna pre-idealistica e quello della metafisica classica. Egli lo aveva fatto soprattutto in funzione di una ripresa di quest'ultima che facesse per dawero i conti con la speculazione idealistica, avendo cioè l'accortezza di evitare critiche inadeguate e conclusioni troppo rapide 1• Forte di questo lungo lavoro preparatorio, nel 1946 Bontadini pubblica un importante saggio teorico in cui prowede ad affinare il concetto di «esperienza» rispetto ad alcune sue spurie formulazioni e a indicare la sua «funzione metodologica» in vista della costruzione metafisica2 • Che cosa s'intende dire con queste espressioni? L'esperien7a che viene a essere tematizzata in quel saggio non è l'esperienza dell'uomo ch'è mosso dalle 1. Una sintesi di questa accurata meditazione è contenuta in G. Bontadini, Idealisnw e immanentisnw, cit., pp. 5-32. 2. Cfr. G. Bontadini, La fanzione metodologica dell'Unità del,l'Esperienza, cit. È da vedere pure uno scritto di alcuni anni successivi, intitolato Espe-
rienza e metafisica, cit.
226
esigenze vitali, ma quella delruonw teoretico, per la cui riflessione critica ciò che non si presenta come immediatamente evidente esige di essere giustificato movendo dall'immediato. Diversa, anzi rovesciata, è la situazione per l'uomo allorquando prevalgono, in lui, le esigenze della «vita». In tal caso, dando per scontate molte presupposizioni, egli non si trova nella pura immediatezza o manifestazione, così che le cose gli si presentano sempre in relazione ai suoi bisogni e desideri. È chiaro, perciò, che l'accezione di esperienza che qui stiamo considerando è riferita al «sapere» dell'uomo, senza che tuttavia s'intenda semplicemente opporre tra loro l'esigenza vitale e l'ideale teoretico, dal momento che essi corrono chiaramente su piani diversi. In ogni caso, riferendoci a quest'ultimo, da una parte, l'esperienza, come pura presenza, dovrà essere preservata da elementi che possano offuscare la sua purezza; e, dall'altra, proprio in quanto è così assunta ed è considerata nella sua unità - comprensiva perciò di tutto ciò che, in qualunque modo, costituisca il contenuto dell'apparire-, l'esperienza potrà svolgere la sua caratteristica «funzione» in ordine al sapere metafisicdl. Nel saggio La funzione metodologica dell'Unità dell'Esperienza Bontadini esamina tre distinti concetti di esperienza: esperienza come recettività, come presenza e come costruzione. Attraverso una serie di analisi, egli giunge a rilevare che soltanto il secondo di essi gode di un'effettiva "immediatezza", mentre gli altri due concetti di esperienza esigono di essere giustificati, owero si richiede che siano mediati4 •
In ordine al contenuto dell'immediate7.za, comunque, oltre a quanto è stato già indicato, si precisi che non dev'essere ri-
3. Quest'ultimo aspetto relativo ali' esperten7.a sarà sviluppato sarà sviluppato nell'ultimo paragrafo del presente capitolo. 4. Cfr. G. Bontadini, La fanzione metodologica dell'Unità dell'Esperienza, cit. p. 37.
227
stretto a ciò che rimarrebbe dopo aver eliminato alcune soprastrutture concettuali. L'immediatezza o esperienza come presenza è «anche esperienza di tali eventuali soprastrutture ed elaborazioni, supposto che si sia rinvenuto il criterio per proclamarle tali»5 . In tal modo, all'esperienza è effettivamente assicurato l'incremento del suo contenuto.
2. Metodo e metafisica Proseguendo la riflessione circa l'esperienza, avendo chiaramente in vista il tema della relazione tra esperienza e metafisica, è bene chiarire ora anche il significato di «metodo». Per Bontadini il metodo è «non tanto lo strumento o l'organo o la regola del sapere e della sua dilatazione, ma il processo effettivo, onde esso si costituisce e struttura (e che include lo strumento, l'organo e le regole)»6 • In tal modo, lungi dall'essere un elemento estrinseco al contenuto filosofico, l'istanza metodica contenuta nel prospettare la "ripetizione" della metafisica classica risponde positivamente all'esigenza di evitare il dogmatismo di cui questa potrebbe essere accusata. Bontadini potrà, quindi, sostenere che tale metafisica, avendo fatto tesoro particolarmente della lezione dell'idealismo, «lungi dal presupporre [ ... ] un ordine della realtà, che si tratti di rispecchiare», contiene invece «la eliminazione di siffatto presupposto come presupposto» 7• La «funzione metodologica» dell'esperienza risiede, quindi, nel fatto che questa per un verso si costituisce come il primo si-
5. lvi, p. 43. 6. lvi, pp. 33-34. 7. lvi, p. 61.
228
gnificato della realtà, quello di ordine fenomenologico, ma nel contempo essa implica la domanda - owero il problema - se quel significato debba essere identificato, o meno, con quello della Totalità del reale. Infatti, se l'Unità dell'Esperienza sia finita oppure sia illimitata non può essere sperimentato. Un tale problema nasce in relazione all'idea dell'infinito, o dell'assoluto, o ancora della totalità; e nello stesso tempo quest'idea non è affatto arbitraria, stante che l'altro dall'esperienza «è pensato, in idea, nel punto stesso in cui si pone f onnalmente il concetto di esperienza»8 • Infatti, si deve egualmente rilevare che «l'esperienza, prima della contrapposizione, sia pure solo ideale, ali' altro, non è nominata esperienza, ma nominate sono soltanto le varie e concrete cose che noi viviamo»9 • In relazione alla metafisica, si tratta, quindi, di prospettare una cosa molto diversa dal presupporre l'«essere trascendente» l'esperienza e dal chiedersi, poi, se il pensiero sia in grado di corrispondervi positivamente 10• Viceversa, l'autentica problematicità che sorge in sede di filosofia prima è quella «che nasce dall'incontro dell'esperienza con l'idea dcli' assoluto» 11 • In questo modo, le due dimensioni del pensare che sono state evocate precedentemente, vale a dire l'intellettualismo e la criticità, sono assunte in modo sinergico e il metodo della metafisica viene a identificarsi con il movimento del pensiero che è posto dinanzi alla «grande alternativa che incombe sul sapere umano in generale, e sulla metafisica in particolare»: owero se «i risultati delle costruzioni teoretiche risultino
8. lvi, p. 44 (corsivo mio).
9. Ibidem (corsivo mio). Per un approfondimento circa la nozione di espetien7.a in Bontc1dini in relazione alla costruzione metafisica, cfr. L. Messinese, L'apparire di Dio. Peruna meta.fisica teologica, ETS, Pisa 2015, pp. 125-137. 10. Cfr. G. Bontadini, La funzione metodologica dell'Unità dell'Esperienza, cit., p. 56. 11. lvi, p. 46
229
convalidati o vengano infirmati» 12• Nel primo caso si ha il realismo, inteso come possesso della metafisica, cioè del sapere deffessere nella sua struttura essenziale; nel secondo si ha l'idealismo, inteso come semplice assenza della metafisica. Il realismo corrisponde alla «mediazione delr esperienza»; l'idealismo aff «esperienza della mediazione», senza che quest'ultima possa arrestarsi in un punto fermo, ovvero possa giungere al sapere dell'essere 13 • Il realismo risolve la problematicità della situazione dell'uomo di fronte all'essere; l'idealismo lo lascia nella situazione di problematicità, non essendo in grado di offrire una soluzione categorica. Prospettato, brevemente, il metodo della metafisica - che Bontadini inizialmente chiamava «metafisica dell'esperienza», mentre in seguito avrebbe adottato il nome di «metafisica neoclassica» - e sottolineato nuovamente che, in generale, qui per metodo si deve intendere hegelianamente la «cosa stessa» nel suo venire a manifestazione 14, procediamo ora a indicare i passi iniziali della pars construens della speculazione bontadiniana, prima di enucleare un essenziale lessico di metafisica, che ha lo scopo di restituire gli elementi decisivi del movimento di pensiero che caratterizzò la prima fase della speculazione metafisica di Bontadini.
3. Primi passi per la ricostruzione meta.fisica I contributi iniziali della costruzione metafisica erano stati of-
ferti da Bontadini in occasione dei primi Convegni di Galla12. Ivi, p. 44.
13. Cfr. ivi, p. 62. 14. Cfr. G.W.F. Hegel, Scienza della logica, tr. it. di A. Moni, riv. da C. Cesa, 2 voli., Lateu.a, Roma-Bari 1974, voi. II, p. 352.
230
rate nell'immediato dopoguerra, nel corso dei quali il maestro della Cattolica si era soffermato a indagare il «punto di parten7.a» del discorso metafisico 15 e a stabilirne la struttura essenziale16. Si tratta delle prime prove esperite da Bontadini per dare forma a ciò che egli sarebbe venuto a chiamare il «discorso breve» della metafisica, intendendo con questo il concentrarsi del discorso metafisico sul nucleo essenziale della «protologia». A titolo di un orientamento iniziale, può essere utile riferire quale sarà la trama essenziale di tale discorso, utilizzando l'efficace esposizione che ne fece Italo Valent dall'alto della sua fine intelligenza speculativa: Per Bontadini logos vuol dire protologia: discorso sul e del principio. Guadagnare il principio significa attestarsi su quel fulcro semplicissimo - un punto fermo quanto nudo - donde tracciare con infallibile compasso la linea che, circoscrivendo l'esperienza nella sua totalità, indichi inequivocabilmente la presenza di un aldilà dell'esperienza, e stabilisca insieme con la contiguità delle due regioni la loro specifica alterità. Tre corti passi, un unico ritmo: l'intelligenza del logos è tutta qui. Il principio di non contraddizione sancisce e l'eviden7.a dell'essere nella sua costatabile mutevolezza e l'eviden7.a dell'essere come ciò che in quanto non può non essere è immutabile e l'eviden7.a di quella mediazione che, attraverso la contraddizione tra la contingen7.a e la necessità del reale, stabilisce la dipendenza dell'essere contingente dall'essere necessario. 17
Nel primo intervento gallaratese sopra richiamato, pronunciato nell'anno 1947, Bontadini aveva svolto il tema del «pun-
15. Cfr. G. Bontadini, Il punto di partenza della metafisica, cit. 16. Cfr. G. Bontadini, La struttura della metafisica, cit. 17. I. Valent, Il meraviglioso della ragione. Una rilettura del pensiero di Gustavo Bontadini (1989), in S. Natoli (a cura di), Percorsi e figure, cit., pp. 81-109: p. 86.
231
to di partenza» dell'inferen7.a metafisica, owero il tema del «fondamento» nella sua quadruplice determinazione, il quale «è teoretico ed unico di diritto» 18• Il fondamento, infatti, non deve essere confuso con il «cominciamento», che invece è storico ed è oggetto di scelta da parte delruomo 19• La quadruplice struttura del fondamento (esperienza, principio di non contraddizione logico, idea dell'ulteriorità, principio di non contraddizione ontologico) sarà ripresa nell'intervento al Convegno di Gallarate del 1949, discutendo alcune annotazioni in merito ch'erano state svolte da Stefanini20 • Essa riceverà nel seguito del suo pensiero alcune variazioni - in particolare, l'idea dell'ulteriorità sarà chiamata idea dell'Assoluto - e, anzi, come mostrerò più avanti, la struttura quadruplice del fondamento da ultimo sarà ricompattata da Bontadini nella «struttura originaria» di esperienza e principio di non contraddizione nella valenza logica e ontologica21 • L'intervento dell'anno seguente è volto a delineare la struttura della metafisica dell'essere22, la quale è esposta dopo aver escluso le due pregiudiziali che ben conosciamo: quella moderna o criticista, che dipendeva dallo gnoseologismo, e quella contemporanea o problematicista2.1 . Il passo successivo è la ripresa del tema eh' era stato svolto l'anno prima, owero l'esposizione del carattere molteplice del punto di partenza della metafisica24, 18. Cfr. G. Bontadini, Il punto di partenza della meta.fisica, cit., pp. 107-110; le citazioni sono tratte da p. 107. 19. Cfr. ivi, p. 107. 20. Cfr. G. Bontadini, Morale e meta.fisica, cit., pp. 127-129. 21. Per l'esposizione più organica della struttura originaria in Bontadini, cfr. G. Bontadini, Per una teoria del fondamento, cit. Questo testo può essere ritenuto un conclusivo breviario di meta.fisica. 22. Cfr. G. Bontadini, La struttura della metafisica, cit., pp. 112-123. 23. Cfr. ivi, pp. 112-113. 24. Cfr. ivi, pp. 113-114.
232
senza che per questo venga meno la sua unitarietà. Bontadini chiarisce questo aspetto in sede di discussione2-5 e lo ribadisce nel Convegno gallaratese dell'anno successivo26 • Il terzo passo consiste nell'introduzione del «principio della metafisica», che è il fondamento della radicale «dimostrazione dell'esistenza di Dio», la quale nel suo aspetto essenziale consiste nella dimostrazione del «teorema dell'im11wbilità dell'essere» 21 • Il quarto e ultimo passo vale a dimostrare il secondo teorema della «metafisica puri intellectus», il quale «stabilisce nel concetto di creazione libera [ ... ] il rapporto tra I'Im11wbile e il mobile»28 • Circa il risultato della prima dimostrazione, Bontadini precisa che «la spiritualità di Dio e così il sistema degli attributi teologici possono riguardarsi come corollari del primo teorema»29 • Presentando la propria rehl7ione, Bontadini proponeva di discutere su tre punti essenziali: a) l'interpretazione dell'essenza della metafisica classica; b) la valutazione critica di tale metafisica; e) la valutazione delle diverse proposte metafisiche presenti nella filosofia contemporanea, specialmente quelle dei "filosofi cristiani" non neoscolastici 30 • Un ulteriore contributo bontadiniano, com'è stato già segnalato, era confluito nelle dense pagine finali del volume Dal problematicismo alla metafisica31 , mentre nella prolusione tenuta per l'anno accademico 1952-1953 in Università Cattolica - dove a partire dall'anno precedente era subentrato ad
2.5. Cfr. ivi, p. 117. 26. Cfr. G. Bontadini, Morale e metafisica, cit., p. 123. 27. 28. 29. 30.
G. Bontadini, Lastmttura della metafisica, cit., p. 114.
Ibidem. Ibidem. Cfr. ivi, p. 115.
31. Cfr. G. Bontadini, La metafisica nella filosofia contemporanea, cit., pp. 211-214.
233
Amato Masnovo32 sulla cattedra di Filosofia teoretica - Bontadini aveva inteso fare un bilancio della propria attività filosofica, ma insistendo pure sul valore della costruttività del pensiero metafisico3.1 . Su questi ultimi due scritti e alcuni altri più brevi mi sono soffermato all'interno di un mio recente volume, al quale mi permetto nuovamente di rimandare34 • Nella presente narrazione farò riferimento soprattutto ad alcuni scritti ulteriori, tra cui segnalo di nuovo, per la sua importanza, il saggio intitolato Per una .filosofia neoclassica. Da essi è possibile ricavare un organico lessico di metafisica che fungerà, per noi, da filo conduttore per proseguire nel nostro racconto.
32. Bontadini, come pure Vanni Hovighi, era stato allievo di Masnovo, con il quale discusse nel 1925 la sua tesi di laurea intitolata Il mio contributo al.la metafisica dell'esperienza. Per un profilo sintetico della figura del maestro, dr. G. Bontadini, Mons. Amato Masnovo, in «Annuario dell'Università Cattolica del Sacro Cuore», a.a. 1955-1956 e 1956-1957, pp. 580-583. Bontadini si sofferma in particolare su quattro elementi: la discussione avviata da Masnovo con l'indirizzo di pensiero della neoscolastica di Lovanio circa il punto di partenza dell'indagine metafisica (cfr. ivi, pp. 580-581); il di lui contributo a una «essenzializzazione» della metafisica nella «rinuncia al "sistema" a favore di una radicali7.7azione del principio», con cui si segnava un passaggio «dalla neoscolastica alla neoclassica» (cfr. ivi, p. 582); alcuni limiti presenti nell'argomentazione relativa ali' affermazione teologica in sede di metafisica (cfr. ivi, pp. 581-582); una certa rigidità nei riguardi del pensiero moderno e contemporaneo, che ostacolava un proficuo dialogo con quest'ultimo (cfr. ivi, p. 583). Sul pensiero di Masnovo cfr., più ampiamente, S. Vanni Hovighi, L'opera di Amato Masnovo, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», XLVIII, n. 2, 1956, pp. 97-109; P. Pagani, Sentieri riaperti. Riprendendo il cammlno della "neoscolastica" milanese, Vita e Pensiero, Milano 1990; G. Neva, Amato Masnovo (1880-1955). Un percorso .filoso.fico, Vita e Pensiero, Milano 2002; S. Pietroforte, La scuola di Milano, cit., in part. pp. 62-64, 93-165, 337-338. 33. Cfr. G. Bontadini, L'attualità della meta.fisica classica, cit., pp. 84-102. 34. Cfr. L. Messinese, Il .filosofo e la fede, cit., pp. 85-95.
234
4. Elementi per una meta.fisica neoclassica 4.1. Idealismo e neoscolastica L'idealismo e la neoscolastica generalmente si sono considerati, rispettivamente, come awersari e la loro opposizione era ritenuta come lo scontro tra due mondi. Bontadini, invece, secondo quanto è stato abbondantemente mostrato, ha prospettato la questione in termini diversi. Egli ritiene che, considerando l'idealismo come consuntivo della filosofia moderna e la neoscolastica come lo scrigno di un antico tesoro, si debba fare la "somma" di queste due posi7foni. E questo resta vero anche se, in relazione a un piano successivo del discorso, emerge un'effettiva differenza che, a un certo punto, si rivela essere anche un'opposizione3'5 • Il significato di tale opposizione non è, però, univoco. Esso muta a seconda che l'idealismo sia riguardato come una "metafisica immanentistica" oppure, semplicemente, come "assenza della metafisica" 36 • Quest'ultimo è il caso dell'idealismo nella sua versione problematicista, la quale poi ne costituisce l'autenticazione.
4.2. Il momento di identità di idealismo e realismo Con l'idealismo, soprattutto quando è considerato nella sua espressione «attualistica», la separazione tra l'ambito fenomenico della rappresentazione e l'ambito della realtà come cosa in sé è definitivamente superata. Il trapasso del fenomenismo nell'idealismo conduce ad affennare l'assolutezza della rap-
35. Cfr. G. Bontadini, Pernna fùoso.fia neoclassica, cit., pp. 260-261. 36. Cfr. G. Bontadini, Motivi di una.fil.oso.fia neoclassica. Appunti per una discussione (1958), in Id., Conversazioni di meta.fisica, cit., t. I, pp. 306-327: p.308.
235
presentazione, vale a dire che essa non è più subordinata a una realtà in sé (che, peraltro, resterebbe come tale inconoscibile), ma coincide con la realtà simpliciter. In tal modo si ha una coinciden7.a di idealismo e realismo, la quale non comporta, di per sé, l'affermazione di un'assoluta identità delle due posizioni, ma soltanto la messa in rilievo di un nwmento d'identità tra di esse. Tale momento riguarda la concezione dell'Intero, il quale non è più in sé diviso nelle due dimensioni della realtà fenomenica e della cosa in sé, ma è occupato sia per l'idealismo che per il realismo dal reale stesso, qualunque sia la dottrina del reale che, per awentura, venga poi a costituirsi37 • In questa riconquista del "punto di vista speculativo" consiste l'importanza metodologica dell'idealismo in funzione dell'augurata costruzione metafisica38 • Se come filosofo arriverò a tanto, sarò, «a pari titolo, idealista (perché giudico dell'essere, porto l'essere nel giudizio) e realista (perché l'essere, la realtà mi si disvela, il giudizio si apre sull'essere, e così mi posso regolare sull'essere)»39 • Se non vi giungerò, sarò idealista, perché «resto con in mano il puro mediare, la pura ricerca dell'essere» 40•
4.3. Taletisnw e non-taletisnw Con il termine «taletismo» s'intende qui la filosofia nella sua dimensione classica di intellettualismo, ossia in quanto essa è rivolta a definire la struttura dell'essere: a ricercare il principio fondamentale dell'essere e a costituire tendenzialmente un compiuto sistema dell'essere. Il non-taletismo fu inaugurato
37. Cfr. G. Bontadini, Per una filosofia neoclassica, cit., pp. 264-265. 38. Cfr. G. Bontadini, Motivi di una filosofia neoclassica, cit., p. 308. 39. lvi, p. 310 (corsivi miei). 40. Ibidem (corsivo mio).
236
dal criticismo kantiano, in un'epoca in cui prevalevanoi dissensi tra le concezioni fondamentali dell'essere, cioè tra i vari sistemi metafisici. Una versione migliore del non-taletismo è da ravvisare nella «dialettica» del successivo idealismo. Quesfultima, tuttavia, inizialmente non è ancora quella in grado di assicurarne la più pura espressione, stante che essa viene a costituire un «sistema» di categorie, così che il piano taletiano e il piano non-taletiano sono presenti entrambi. Di conseguenza, la dialettica hegeliana contiene r equivoco di presentarsi insieme come il depotenziamento dei vari sistemi metafisici e come una metafisica essa stessa. Il superamento dell'equivoca convivenza di taletismo e nontaletismo avviene con l'attualismo di Gentile, sebbene per Bontadini esso stesso non sia esente da alcuni ritorni all'indietro. Il filosofo milanese tiene a precisare che, nella sua valorizzazione dell'attualismo, non intende riferirsi alla filosofia gentiliana nella sua storica determinatezza- in cui quell'equivoco, pur se in misura minore, pennane -, ma a una sua tipicizzazione ulteriore, che è l'esito di un «andare in sé» dell'attualismo. In virtù di questo sviluppo teoretico intravisto da Bontadini, l'attualismo non appare più come un successore sui generis del taletismo dell'epoca classica della filosofia e della stessa epoca moderna, ma pienamente nella veste del non-taletismo, ossia come quella dialettica in cui si assiste alla deposizione di ogni «definizione dcli'essere» e che provvede a riformulare continuamente le proprie categorie 41 • L'autenticazione dell'attualismo, per Bontadini, è costituita dal problematicismo situazionale. Quest'interpretazione e valori7.7.azione dell'attualismo possiede un ruolo chiave nell'economia della costruzione metafisica neoclassica al punto che, ove dovesse esser messo in questione il passaggio teoretico
41. Cfr. G. Bontadini, Perunafil,osojùi neoclassica, cit., pp. 265-269.
237
«dall'attualismo al problematicismo», la solidità dell'edificio non potrebbe non risentirne.
4.4. L'Intero (il Trascendentale) e la Totalità del reale L'Intero è una figura originaria del pensiero, in cui si pone l'idea della Totalità del reale e, perciò, il problema di una disequazione della totalità assoluta rispetto alla totalità dell'esperienza, owero il problema della metafisica dell'esperienza. Dunque, i concetti di Intero e di Totalità del reale non devono essere affatto confusi, ma restare distinti. L'Intero è figura emergente del non-taletismo, la Totalità del reale è figura emergente del taletismo. L'idealismo, che con la figura teoretica del Trascendentale ha guadagnato la posizione dell'Intero e che ha validamente criticato ogni alterità presupposta al pensiero, ha tuttavia confuso quei due concetti, così che quando ha giustamente criticato l'alterità presupposta al pensiero, esso ha ritenuto di aver criticato ogni altro modo di affermare l'alterità dell'essere al suo apparire fenomenologico. Quindi, per un verso l'idealismo è la stessa affermazione del piano speculativo, così che l'attualismo gentiliano considerato per questo suo lato si qualifica per Bontadini come un immanentismo nei cui confronti non è ipotizzabile un trascendentismo. Per un altro verso, però, non trascendendo punto la dimensione del Trascendentale, è perfettamente ipotizzabile un trascendimento della totalità del reale esperito, della realtà presente, owero dell'esperienza considerata nella sua unità e totalità42 •
42. Cfr. ivi, pp. 269-270. Si ricordi che invece, in un primo momento, Bontadini aveva identificato l'Atto gentiliano con l'Unità dell'Esperienza.
238
4.5. L'Unità dell'Esperienza e la metafisica dell'essere Con il primo dei due sintagmi contenuti nel titolo ci si riferisce all'esperienza considerata nei termini precedentemente indicati. L'Unità dell'Esperienza è, infatti, la totalità delr essere presente, in qualunque modo questa presenza venga a determinarsi, anche in virtù di un processo di cui essa sia il risultato4.1 . La metafisica non è interessata allo svilupparsi della fenomenologia, al suo contenuto determinato, ma alla «posizione fenomenologica in generale»: appunto al concetto come tale dell'Unità dell'Esperienza e alla funzione metodologica di quest'ultima.
In relazione alla comprensione della Totalità dell'essere, si pone la questione di andare a vedere se rintero - la «struttura originaria» - sia riempito unicamente dall'Unità dell'Esperienza, oppure se la Totalità del reale trascenda quest'ultima. Sotto tale aspetto, la «meta.fisica dell'essere» si prospetta sempre come «metafisica dell'esperienza». Il trascendimento operato dalla metafisica delr essere non è, quindi, da riferire formalmente all'Intero- ossia al piano della speculazione, al Trascendentale nei tennini istituiti dall'idealismo vincitore del criticismo kantiano-, ma unicamente all'Unità dell'Esperienza. L'idealismo, da parte sua, potrebbe opporsi alla «possibilità» della metafisica deltessere solo nel momento in cui, andando contro la sua più profonda intenzione, riportasse la sua «metafisica della mente» sul piano taletiano e tornasse, così, a fare del «pensiero» il successore delr acqua di Talete, cioè un principio metafisico 44 • Su questo punto essenziale del suo colloquio pensante con l'attualismo, Bontadini si era già espresso precedentemente,
43. Peruna tmttazione esauriente del tema, cfr. C. Bontadini, Saggio di una metafisica dell'esperienza, cit., pp. 123-145. 44. Cfr. G. Bontadini, Per una jil.oso.fia neoclassica, cit., pp. 271-273.
239
chiarendo il significato autentico della «metafisica della mente» gentiliana, la quale, se sopprime validamente la metafisica «dell'essere come cosa in sé», non per questo costituisce l' abolizione della metafisica «dell'essere come essere»45 , ma anzi ne costituisce la possibilità teoretica46 •
4.6. Il principio della metafisica Una componente decisiva della filosofia neoclassica è costituita dal principio della metafisica classica, che è il principio che consente di mediare costruttivamente l'esperienza e di operarne il trascendimento. Una tale mediazione dell'esperienza corrisponde a ciò che abitualmente va sotto il nome di "dimostrazione dell'esistenza di Dio". Il principio, nello scritto Per una filosofia neoclassica, è così formulato da Bontadini: «l'essere non può essere originariamente limitato dal non essere»; oppure: «è contraddittorio che l'essere sia originariamente limitato dal non essere» 47 • In uno scritto precedente, intitolato Il principio della metafisica, egli lo aveva introdotto rifacendosi agli «antichissimi metafisici, e prima di tutti gli Italici della Scuola di Elea», i quali ebbero a chiedersi: «come può il nonessere avere, per se stesso, la potenza di limitare, di ridurre a sé, di annullare l'essere? Una siffatta potenza o possanza annullatrice sarebbe, come possanza, un positivo, cioè una pertinenza dell'essere» 48 • Il principio della metafisica, per Bontadini, è fondato sul primo principio, owero sul principio di non contraddizione, il qua-
45. G. Bontadini, Gentile e la metafisica, cit., p. 110 (corsivo mio). 46. Cfr. G. Bontadini, Morale e metafisica, cit., p. 123.
47. G. Bontadini, Perunafilosofia neoclassica, cit., p. 285. 48. G. Bontadini, Il principio della metafisica (1955), in Id., Appunti di filosofia, cit., pp. 30-32: p. 31.
240
le oppone tessere al non essere. Infatti, la ragione ultima del principio della metafisica è che, se il non-essere limitasse l'essere, sarebbe dotato di una forza (di una positività) che, come tale, è caratteristica dell'essere (è, anzi, l'essere stesso, come sappiamo): il non essere avrebbe l'attributo dell'essere, il non essere sarebbe, allora sì, identico all'essere. L'assurdo. 49
Il principio della metafisica era chiamato da Bontadini il Principio di Pannenide ad honorem, per distinguerlo dalr autentico Principio di Pannenide che nella sua formulazione non contiene l'avverbio "originariamente", dal momento che l'Eleate riduceva il divenire - ossia la dimensione dell'essere limitato dal non essere - ad apparenza.
4. 7. Lo schema dell'inferenza teologica (la "prima prova") In forza del principio della metafisica si deve affermare che la Totalità del reale non può essere costituita dall'essere diveniente, ossia non può essere costituita dall'Unità dell'Esperienza. Se quest'ultima facesse equazione con la Totalità del reale, ovvero se la realtà diveniente facesse equazione con l'essere, contro il principio della metafisica si avrebbe la contraddittoria limitazione dell'essere da parte del non essere. È questa la ragione per cui la realtà diveniente non può essere la realtà originaria. In quanto l'Unità dell'Esperienza è diveniente, la Totalità del Reale la trascende; e la trascende non in un modo qualsiasi - in quanto cioè ci sia semplicemente altro reale oltre l'Unità dell'Esperienza - ma in quanto è trascendente il Principio della stessa esperienza, e in quanto questo Principio è poi, in
49. G. Bontadini, Discussione sul principio della metafisica (1955), in Id., Appunti di filosofia, cit., pp. 41-45: p. 44.
241
se stesso [ ... ] non necessitato [ ... ] alla posizione della Unità dell'Esperienza, e quindi dell'uomo:'lO
Detto diversamente: il principio della metafisica, ch'è fondato sul principio di non contraddizione, consente di giustificare l'affermazione che l'essere trascende l'Unità dell'Esperienza - ovvero esso fonda la disequazione tra l'esperienza (il diveniente) e l'Assoluto (Immobile). Siamo in presenza della "prima prova" bontadiniana della dimostrazione dell'esistenza di Dio, alla quale, come si vedrà, nel corso della discussione con Severino degli anni Sessanta del secolo scorso, ne seguirà un'altra. In ogni caso, il principio della metafisica giustifica pure, l'affermazione che il divenire deve venire dall'Immobile senza farlo divenire: e, cioè, fonda ciò che è chiamato da Bontadini il Principio di Creazione51 • Se non si compisse questo secondo tratto dell'inferenza metafisica, cioè se ci si arrestasse a una semplice giustapposizione del diveniente all'Immobile, la contraddizione inerente al divenire continuerebbe a sussistere. Si tratta di quanto avviene, in ultima analisi, nella concezione aristotelica del Motore immobile, rispetto al quale è affermata l'indipendenza della materia prima. La contraddi7fone è tolta radicalmente affermando la dipendenza totale nell'essere da parte della realtà diveniente: owero è tolta, appunto, mediante il Principio di Creazione.
4.8. Il principio di non contraddizione Il principio di non contraddi7fone è il primo regista della costruzione metafisica, attraverso la mediazione del principio della metafisica. Si ha, dunque, a differenza di quanto avesse ritenuto Kant, un "uso sintetico" del principio di non contrad-
50. G. Bontadini, Pertma filosofia neoclassica, cit., p. 285. 51. Cfr. G. Bontadini, La metafisica nella.filosofia contemporanea, cit., p. 212.
242
dizione, nel senso che l'esperienza in virtù di esso si connette necessariamente ad altro da se stessa. Si deve pure rilevare che, nonostante quanto spesso si ritenga,
il principio di non contraddizione non era stato affatto escluso dall'idealismo. La dialettica hegeliana è, anzi, il movimento del pensiero generato dal principio di non contraddizione, in quanto per essa sarebbe contraddittorio fermarsi in una o nell'altra determinazione empirica o anche categoriale, come se una di queste possa rappresentare pienamente rintero52 • Nella dialettica hegeliana, però, il contenuto dell'essere, in generale, è offerto dalla fenomenologia, sia pure da una fenomenologia storica, così che l'intero sistema hegeliano dev'essere interpretato come una sistematizzazione categoriale dell' esperien7a. Una tale dialettica, perciò, vale in relazione al contenuto dell'Unità dell'Esperien7a, e non assolutamente. Si ricordi, a tale proposito, uno dei rilievi maggiori introdotti da Bontadini nel suo giovanile confronto con Croce e Gentile. La metafisica classica, invece, nell'utilizzo del principio di non contraddizione ha in vista direttamente la determina7fone dell'Intero. Essa, cioè, pur non trascurando l'importanza di una sistemazione categoriale dell'esperienza, di suo è interessata a dirimere la questione se la Totalità dell'essere faccia equazione, o meno, con l'Unità dell'Esperien7a:;.1 .
52. La logica hegeliana è «una applicazione dei principi di identità e di noncontraddizione, giacché essa mostra che bisogna trascorrere da una determinazione all'altra della realtà, per la ragione che, se ci si fermasse in una di esse, e la si concepisse come assoluta o per sé stante, essa si contraddirebbe con se medesima» (G. Bontadinl Saggio di una meta.fisica dell'esperienza, cit., p. 199). 53. Cfr. G. Bontadini, Per una .filosofia neoclassica, cit., p. 288.
243
Capitolo II
Il sapere metafisico in Severino tra struttura dell'esistenza e struttura dell'essere
l. Esistenzialismo e meta.fisica Dopo aver preso visione della più matura strutturazione della metafisica neoclassica cui Bontadini era pervenuto negli anni Cinquanta, si avrà ora modo di vedere il giovane Severino operare i suoi primi passi nella veste di originale ricostruttore della metafisica nella sua accezione classica. Il titolo del capitolo fa esplicito riferimento a una delle problematiche di maggior rilievo che, all'epoca, erano discusse in Italia nel campo della filosofia teoretica. Guardiamo, perciò, più da vicino quale fosse la posta in gioco in quella discussione. Spesso si è portati a ritenere che il tema dell'«essere», il quale è al centro dell'intero discorso metafisico, sia stato espunto in tutte quelle filosofie che sono caratterizzate da una posizione critica nei confronti della metafisica. In realtà, le cose stanno diversamente. Ad esempio, quando ci si riferisce alle varie forme di problematicismo su cui ci siamo soffermati nella seconda parte, si registra che pure in quelle filosofie il tema dell'essere non è affatto assente. Comprensibilmente, però, esso è presente in una sua specifica calibratura, secondo la quale è evidenziata la "problematicità dell'essere" e, cioè, la
244
tesi che rwn vi sia un "sapere" circa l'essere. Se, ora, restringiamo la nostra attenzione al problematicismo trascendentale, è dato riscontrare che per esso tale situazione costituisce la dimensione dell'immediatezza da cui muove l'indagine filosofica, ma pure, al tempo stesso - in un senso che sarà precisato-, il suo punto d'arrivo. Per illustrare tale posizione farò un riferimento più circostanziato al pensiero di Nicola Abbagnano. Esso sarà esaminato nella sua stagione "esistenzialista", nella quale è stato già colto uno specifico determinarsi del problematicismo nei confronti del sapere metafisico'. Un tale accostamento, oltre a sviluppare quest'ultimo elemento, è pure funzionale a preparare il terreno per l'approfondimento del discorso che attiene alla «struttura originaria» del sapere e che, oramai, mi appresto a eseguire tra breve.
Le analisi che seguono prenderanno le mosse dal volume di Abbagnano intitolato La struttura dell'esistenza, un libro in merito al quale Norberto Bobbio, in un discorso commemorativo, ricordò come a lui e a tanti altri, alla sua uscita - si era nel 1939-, fosse apparso «come un meteorite piovuto dal cie-
1. Per questa fase, cfr. N. Abbagnano, Scritti esistenzialisti, a cura di B. Maiorca, UTET, Torino 1988. Per la fase successiva, in cui l'esistenzialismo costituisce una delle componenti del suo pensiero, venendo a incontrare il neo-empirismo o strumentalismo di Dewey e il positivismo logico inteso come metodologia delle scien7.e, cfr. Id., Scritti neoilluministici (1948-1965), a cura di B. Maiorca, intr. di P. Rossi e C.A. Viano, UTET, Torino 2001. Per una ricostruzione complessiva della sua posizione fìlosofìca, cfr. B. Miglio (a cura di), Nicola Abbagnano. Un itinerario filosofico, prem. di P. Rossi e C.A. Viano, il Mulino, Bologna 2002; R. Panelli Marvulli, Abbagnano, una vita per la filosofia. Opere, documenti, ricordi, UTET, Torino 2019. Si soffermano sulla fase esistenzialista i volumi di S. Paolini Merlo, L'esistenza come struttura. Il pensiero di Nicola Abbagnano, Editoriale Scientifìca, N apoli 2009, e di C. Caltagirone, Nicola Abbagnano, Lateran University Press, Città del Vaticano 2012.
245
lo» 2, sia per la sua distanza dagli stilemi delle pubblicazioni del tempo, sia perché nulla, negli scritti precedenti di Abbagnano, «lasciava presagire la svolta esistenzialistica»3 •
2. La «struttura deltesistenza» in Nicola Abbagnano La dimensione dell'originario, per il filosofo dell'«esistenzialismo positivo», sarebbe costituita dal rapporto con l'essere che definisce integralmente l'esistenza, la quale è formalmente una certa struttura: la «struttura esistenziale». La sequenza concettuale qui indicata è particolarmente densa. Ci si deve chiedere: qual è il suo specifico significato? come perviene Abbagnano a tale duplice affermazione? Nella prospettiva che caratteri7.za l'esistenzialismo, dire «rapporto con l'essere» sta a significare, di per sé, lo «sforzo verso r essere» in cui è impegnata r «esistenza». Per Abbagnano, però, l'essere verso cui essa trascende non è l'essere presupposto dell'antica ontologia, ma unicamente l'essere costituito da tale rapporto e, cioè, l'essere costituito dal «problema»: è, precisamente, l'essere come problerna4 • L'essere di cui si pone il problema è l'essere che si costituisce come problema, senza nulla più. L'essere, quindi, propriamente non è oggetto del problema, quanto piuttosto l'atto del costituirsi del problema5 • In tal modo la filosofia, da Abbagnano, è riconfer-
2. N. Bobbio, Nicola Abbagnano (1967), in Id., La mia Italia, a cura di P. Polito, Passigli, Firen7.e-Antella 2000, pp. 49-71: p. 52. La conferenza era stata tenuta da Bobbio a Salerno il 4 dicembre 1965. 3. lvi, p. 53. 4. Cfr. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza (1939), in Id., Scritti esistenzialisti, cit., pp. 57-227: pp. 78-79. 5. Cfr. ivi, p. 79.
246
mata nella sua dimensione di ontologia, solo che ora essa è intesa appunto come «rivelazione dell'essere nella fonna del problema»6 : l'essere di una tale ontologia è, semplicemente, l'essere che si autorivela come problema. Facciamo, ora, un primo passo in avanti. La situazione iniziale - descritta dall'originario rapporto con l'essere che definisce l'uomo in quanto esistenza-, ossia il problema, per Abbagnano viene a coincidere con la situazione finale, cioè con la soluzione del problema. O, per meglio dire: la situazione finale coincide con la riconfemw del problema, ma precisando a tale riguardo che, in tal modo, il problema dovrebbe ricevere la giustificazione della posizione teoretica che gli è assegnata nell'esistenzialismo di Ab bagnano, precisamente in quantofondato nella sua «possibilità». La «soluzione» assume, qui, un significato molto specifico. Essa, infatti, «è la giustifica7fone della possibilità del problema: è la riproposizione del problema nel fondamento della sua impostazione»7• Se, invece, la soluzione costituisse l' «eliminazione del problema» - come accade nel pensiero metafisico-, per Abbagnano paradossalmente essa sarebbe nello stesso tempo «eliminazione di sé medesima» nella qualità di fondazione del problema e, cioè, si convertirebbe nell'annullamento delr«esisten7.a»8 • Ma questo esito, in verità, è correlativo precisamente a uno dei presupposti dell'esistenzialismo, per il quale l'affemwzione dell'Assoluto quale toglimento del problema coinciderebbe con l'annullamento dell'esistenza in quanto «possibilità trascendentale». Il rilievo posseduto dalla categoria di «possibilità», in Abbagnano, non potrà mai essere soprawalutato. Il suo concetto non deve essere confuso né con quello aristotelico di potenza, né con quello del contingen-
6. lvi, p. 87. 7. lvi, p. 90. 8. Cfr. ibidem.
247
te, tanto meno con quello della possibilità logica. Non a caso, è attorno a tale categoria - nel cui orizzonte la filosofia ha la prima condizione del suo stesso costituirsi - che egli svolse la sua "conferen7.a di autopresentazione" pronunciata nella stessa sede padovana in cui ebbe a conferire anche Bontadini9 • Possiamo fare, adesso, un secondo passo in avanti. In questo orizzonte di pensiero, l'esistenza viene a designare l'essere nella modalità della struttura ch'è stata sopra stabilita. Scrive Abbagnano: «da ciò si vede che I'esisten7.a è l'essere dell'essere; attua la forma di una struttura»IO. L'essere realizza se stesso ponendosi come esistenza 11 • Proprio qui è da vedere il nucleo del suo «esistenzialismo positivo», in cui I'esisten7.a non è caratteri7.7.ata dalla negatività di uno «scacco» nel suo rapporto con l'essere, ma dalla positività del suo essere autentica «possibilità» 12• E, insieme, in esso è da cogliere l'integrale riconduzione (e riduzione) della struttura dell'essere nella struttura esistenziale. Mi soffermo ora, più analiticamente, su questi due aspetti. Con il concetto positivo dell'esistenza come «rapporto con I'essere», Abbagnano intende opporsi sia alla posizione di Heidegger, in cui l'esistenza è ostacolata nel suo sforzo verso I'essere in quanto è trattenuta nel «nulla» iniziale ch'è presupposto al rapporto 13; sia alla posizione espressa da Jaspers, dove l'im-
9. Cfr. N. Abbagnano, La mia prospettiva filosofica, in Aa. Vv., La mia prospettivaJifusofica, cit., pp. 11-27. Sulla peculiarità della categoria della possibilità in Abbagnano, cfr. P. Prini, Storia dell'esistenzialismo. Da K.ierkegaard a oggi, Studium, Roma 1989, pp. 228-239. 10. N. Abbagnano, La struttura dell'esistenza, cit., p. 92. 11. Cfr. ivi, p. 98. 12. Cfr. N. Abbagnano, L'esistenzialiSTTW è una.filosofia positiva (1948), in Id., Scritti esistenzialisti, cit., pp. 511-533. 13. In Heidegger «il niente viene ad essere [ ... ] il termine che consente di definire l'esistenza e di stabilirla nella sua struttura autentica» (N. Abbagnano, La stmttum dell'esistenza, cit., p. 68).
248
presa è votata allo scacco a motivo del fatto che in questi, viceversa, a esser presupposto al rapporto è l'«essere» verso cui ci si sfona (la trascendenza) 14 • Tuttavia, come fu rilevato criticamente dal giovane Severino in un suo articolo del 1949 15, poi ripreso con alcune lievi modificazioni nel volume Note sul problematicisnw italiano, in Abbagnano «la struttura non instaura mai un concreto rapporto con l'essere, ma gira in folle, arrivando a una situazione finale che non è sullo stesso piano di quella jaspersiana» 16• Al contrario, con essa - e cioè nell'esistenzialismo positivo di Abbagnano - si resta al di qua del «problema dell'essere» nei termini in cui era stato posto da Jaspers 17• Considera7foni analoghe potrebbero essere eseguite ponendo a confronto la struttura esistenziale di Abbagnano con l' «esistenza» di Heidegger, dal momento che in quest'ultimo - stante l'iniziale interpretazione del pensiero heideggeriano eh'era offerta contemporaneamente da Severino -, a differen7.a di quanto accade in
14. L'essere è concepito da Jaspers come «al di là dello sforzo che muove verso di esso» (ibidem). Ricordato che Abbagnano si confrontò pure con la forma di esistenzialismo negativo propria della posizione di Sartre, sulle due assunzioni di Abbagnano circ-J. l'esistenzialismo che si stanno considerando cfr. E. Severino,Note sul problematicismo italiano, cit., pp. 386-388. In particolare, per ciò che riguarda Heidegger, Severino ritiene che Abbagnano abbia frainteso il signifìcato che il «nulla» possiede nel fìlosofo tedesco (cfr. ivi, p. 388, nota). Esso non è quello di nihil absolutum che gli è attribuito da Abbagnano e, solitamente, anche da altri suoi interpreti. 15. E. Severino,Note sulla filosofia, di N.Abbagnano, in «Rivista rosminiana», XLIII, n. 2, 1949, pp. 97-108. 16. E. Severino, Note sul problematicismo italiano, cit., p. 390 (corsivo mio). 17. Cfr. ivi, p. 389. Sul carattere di positività dell'esistenzialismo di Abbagnano ritornerò a breve. Cfr. pure L. Pareyson, Il pensiero di Abbagnano e i suoi sviluppi recenti (1950), in Id., Prospettive di filosofia contemporanea, Mursia, Milano 1993, pp. 267-268, e, più ampiamente, E. Paci, Esistenzialismo positivo, in Id., Il nulla e il problema dell'uomo (1950), intr. di A. Vigorelli, Bompiani, Milano 1988, pp. 101-115.
249
Abbagnano, è «completamente assente ogni "problematicità trascendentale"» 18•
La «situazione finale» di cui parla Abbagnano in riferimento al problema, come già segnalato, coincide con la situazione iniziale in quanto fondata. In effetti, però, un tale peculiare fondamento -owero: la «possibilità trascendentale», nel senso di Abbagnano, quale fondamento - è interamente riconducibile alla presupposizione che sta alla sua base: e, cioè, la presupposizione che la totalità delressere (la quale, per il filosofo torinese, è costituita dalla triade io, l'altro, il mondo) sia riducibile all'essere costituito dal «rapporto» con I'essere 19 • Con un'aggravante ulteriore a carico di Abbagnano, stante che la stessa affermazione dell'io, dell'altro e del mondo al di là di ciò che di essi è contenuto nell'Unità dell'Esperienza, esige di essere mediata teoreticamente al pari dell' afferma7fone della trascendenza teologica; mentre, in Abbagnano, quella triplice affermazione, non essendo mediata, è assunta acriticamente, come se fosse già scontata 20• Per conferire un valore di assolutezza alla struttura esistenziale nei termini che sono stati introdotti da Abbagnano, ossia «per risolvere la totalità dell'essere nel rapporto», sarebbe stato dunque necessario