Diario notturno 8845974065, 9788845974069

Nessun libro come il "Diario notturno" (1956) riesce a contenere in sé – finemente distillata nella sostanza e

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Italian Pages 225 [227] Year 1994

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Diario notturno
 8845974065, 9788845974069

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Pi c c ol aBi bl i ot ec a323

Enni oFl ai ano

DI ARI O NOTTURNO

ADELPHI

Nessun libro come il Diario notturno (1956) riesce a contenere in sé - finemente distillata nella sostanza e nella forma - l'intera opera di Ennio Flaiano. Vi ritroviamo infatti tutti i costituenti primari del suo modo di essere, psicologico e letterario: il pessimismo lucido e dolente; la coscienza del nulla vissuta attraverso la quotidiana consunzione dei volti, dei luoghi, dei ricordi; la percettività del moralista di scuola francese, perso in un Paese che si preoccupa di tutt'altro. E vi ritroviamo tutte le forme che Flaiano prediligeva: il racconto ingegnoso e fulminante, l'apologo ora amaro ora grottesco, il taccuino di viaggio che intaglia immagini icastiche, il dialogo corrosivo e sarcastico, l'aforisma che non si lascia dimenticare.

L. 16.000

Ennio Flaiano (1910-1972) fu narratore, autore teatrale, sceneggiatore, critico musicale e cinematografico. Fra le sue opere ricordiamo: Tempo d 'uccidere (1947), Una e una notte (1959), Il gioco e il massacro (1970) e Autobiografia del Blu di Prussia (1974).

«I tiranni non vanno a spasso. Questa verità può sembrare uno scherzo; non la difenderei se non l'avesse enunciata, oggi, passeggiando, una insospettabile signora che di tutto pareva preoccupata in quel momento fuorché di meravigliarmi. D'altra parte una brava massaia non trascende ad aforismi politici senza un motivo ... Chiese dunque la donna: "Perché lui non andava mai a spasso?". "Perché l'avrebbero ammazzato" rispose secco il marito per troncare una discussione che dovette sembrargli oziosa o, comunque, storicamente superata. "Non è vero" rispose subito la donna. "Oh, certo," aggiunse poi "in questi ultimi anni l'avrebbero ammazzato. Ma prima ... Se fosse andato a spasso prima, come fanno tutti ... ". "Sì," ammise il marito "ma lui era diverso ... "; e il dialogo ebbe termine su questa illazione, che il mondo prima o poi elimina volentieri le eccezioni, i diversi dalla moltitudine, coloro che non amano gli innocenti piaceri altrui e che, a furia di detestarli, finiscono per vietarseli».

PICCOLA BIBLIOTECA ADELPHI 323

Ennio Flaiano DIARIO NOTTURNO

ADELPH I EDIZION I

Prima edizione: febbraio 1994 Seconda edizione: maggio 1994

@ l 994

ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO ISBN 88- 459- l 043- l

INDICE

Taccuino 1946

11

Taccuino 1948

27

Taccuino 1951

42

Taccuino 1954

59

Taccuino 1955

72

Taccuino 1956

114

Un marziano a Roma

165

Fine di un caso

186

Variazioni su un commendatore

206

DIARIO NOTTURNO

TACCUIN O 1 946

,

Le diffi col tà di un' arte appaiono negli esemplari meno riusciti o addirittura cattivi di es­ sa, i buoni danno invece la certezza di una facile riuscita, proprio perché tutto vi è risolto e la fatica non appare. C i sen tiremmo capaci di provare anche noi; siamo convin ti, perlo­ meno, di avere la chiave del segreto; l' intelli­ genza e l a cal ma faranno il resto. N e i cattivi esemplari, invece, le torture dell' idea che non riesce ad esprimersi sono di sol ito tanto evi­ denti da togl ierei ogn i coraggio. La materia non è diventata forma, invecchierà male, sco­ prirà l a sua povera natura. Leonardo mi in­ vogl iò a diven tare pittore, me ne distol se la n1ostra personale di . . . Una volta laggiù, nella pianura padana, il tre­ no si fermò sopra un ponte di ferro. Il sole stava in quel momento scomparendo al l imi­ te di una piatta campagna e si accesero le lam­ p ade nello scompartimento di terza classe. Ero solo, il cuore mi traboccava di sentimen­ ti mai prima provati e di una mal inconia con­ fortante: mangiando le mie provviste, comin­ ciai a piangere. Ero appena un ragazzo e non sopportavo, allora, quegli ammonimenti scon11

salati che un paesaggio p ien o di esperienza dà volen tieri a chi sa guardarlo. La saggezza di certi vecchi alberi mi riempie di venerazione. Ognuno, credo, è legato agl i alberi della sua terra, come ogn i uomo si ac­ corge, un bel giorno, di essere suo padre e suo nonno e che questa è l'unica immortalità pos­ sibile. Vista dall'al to, la battaglia sembrava una scam­ pagnata. Le tragedie, come i quadri, vogl io­ no la giusta distanza. Madame Bovary leggeva W alter Scott e imma­ ginava l' amore e la vita svolgersi in amabili scen ari all' i tal iana. Se Madame Bovary aves­ se letto Madame Bovary non avrebbe frenato le sue fantasticherie? I veri l ibri immoral i so­ no dunque quell i che trattano l a vita in rosa e non quelli che ne dipingon o gl i errori e gl i eccessi. Ovvero, non c'è peggior pornografia di quella sen timen tale. Un vetturino ubriaco, puntandomi un dito contro il petto, esclama: « Ad ogni poeta man­ ca un verso » . Niente di più triste di un artista che dice: « Noi pittori » , oppure: « Noi scrittori »; e sente la sua 12

mediocri tà protetta e confortata da tu tte le al tre mediocri tà, che fanno numero, società, sindacato. D a ragazzo, pur portato a col tivare il sen ti­ mento dell'amicizia, Eurialo e N iso, Oreste e P ilade mi annoiavano, li sospettavo in since­ ri. Capii più tardi che quei personaggi ama­ \'ano ognuno dell'al tro le buone qualità, men­ tre io sono più pron to a legarmi ad un ami­ co per sol idarietà coi suoi difetti, tra i qual i l ' intelligenza. N e i miei ritratti infantil i sempre mi colpisce uno sguardo di rimprovero, che non può es­ sere diretto che a me. Sarei stato io la causa della sua futura infelicità, lo presentiva. O ggi, sul punto di sven ire per l a rabbia e il dispetto. Un fonografo ha suonato tutto il po­ meriggio la stessa volgare canzone, né io po­ tevo impedirm i di ascoltarla, di impararne il motivo e le parole. Ora le so a memoria. Ero attirato da quell a stupidità come in un gorgo che m i togl iesse ogn i forza, !asciandomi pe­ rò irritato per la mia debolezza. Le antiche sirene cantavano canzoni simil i. Sol tanto la stupidità può convincere e amma­ l iare di primo acchito. N o n era la bellezza del canto a stordire i naviganti, ma l a pervicacia profondamente inutile dell e loro volgarità. 13

Non credo alla predestinazione. Esiste soltan­ to la predisposizione. Vi sono persone pre­ disposte a morire di cancro e al tre predisposte a morire impiccate, con lo stesso rigore el in I CO. •

Essere pessimisti circa le cose del mondo e la vita in generale è un pleon asmo, ossia anti­ cipare quello che accadrà. Certi vizi sono più noiosi della stessa virtù. Sol tanto per questo la virtù spesso trionfa. Francesca F., parlando di un giovane suo coe­ taneo: « Era così bello che ti faceva cadere il pane dalle mani » . E parlando di un paese, i cui abitanti sono strambi per la maggior parte: « E tutta col pa del sottosuol o » . Ora, in questo paese hanno trovato il petrolio. '

Racconto crudele: Un tale, il giorno delle sue nozze, esce per recarsi dalla sposa, che l' aspet­ ta per andare in chiesa. Allunga un poco l a strada, è i n anticipo. Passa per un giardino pubbl ico, entra in un museo, legge il giorna­ le, scherza con una giovane che incontra, fa due chiacchiere con un amico. Poi si ricorda del suo matrimon io, va di corsa dalla sposa e, invece della ragazza che ha l asciato la sera 14

prima, trova una vecchia piena di rughe. So­ IlO passati qu aran t' anni e lui non se n'è ac­ corto.

Gli indirizzi Quel tal e che ho visto poco fa en trare nella cartol eria è uscito proprio ora girando tra l e mani u n taccuino rilegato i n pelle. Sembra mol to soddisfatto dell' acquisto; anzi, giunta l a sera, occu perà il tempo che precede la ce­ na a ricopiarvi gli indirizzi e i numeri di te­ l efono che da ann i va segnando sul suo vec­ chio quadernetto. In mezz'ora è fatto, pensa; e si mette al lavo­ ro. Cttrioso: con frontando i due taccuin i si me­ ravigl ia adessò di averne potuto usare uno tanto sdrucito senza fastidio, e così a lungo. Quale sordida confusione, difatti, nelle pagine del vecchio taccuino! I nomi vi sono segnati all a rinfusa, a matita, a penna, persino con un b astoncino di rossetto per le l abbra (no­ mi di donne, galan terie di cui ora quasi ar­ rossisce). Maledetto e inelegante taccuino! Mai s' era curato, segn andovi i nomi, di rispettare l' ordine alfabetico; per di più certi numeri si distinguono a fatica, un fogl ietto s'è staccato e tutti gli altri hanno orecchie: c'è da vergo­ gn arsi a tirarlo fuori di tasca. Il nuovo, inve­ ce, ha un buon odore di pelliccia e, vuoi o non vuoi, l e sue iniziali dorate gli appartengo­ no per incan cell ab ile diritto biologico. Sono 15

diverse da tutte le al tre in izial i di questo mondo. Ora si è messo a scrivere senza su p porre che un lavoro tanto piacevole può di colpo diven­ tare noioso, come difatti succederà tra poco. E successo questo: dapprincipio ha creduto che sarebbe sufficiente ricopiare i nomi uno dietro l'al tro ma, proseguendo, si è accorto che deve imporsi un criterio di scel ta. An che i nomi di un taccuino debbon o subire que­ sta legge. Segnarl i tutti sarebbe certo inutile, puerile. Qualche nome è di persona ormai scomparsa; con altre persone non corrispon­ de da tempo e ogn i probabil i tà di riallaccia­ re relazioni nel fu turo va forse esclusa, per al tre ancora il suo interesse si è esaurito a tal punto che ora prova fastidio persino alla vi­ sta dei loro nomi scritti di sua mano, un ica testimonianza, questa, di qualcosa che pure è esistito, di sentimenti espressi, di idee scam­ biate, di amori suscitati e intravisti; o, al me­ no, di appuntamen ti presi. No, il lavoro non si presen ta facile. O gn i no­ me spinge dal buio il ritratto di qualcuno che ha interferito con la sua biografi a, per mo­ desta che possa essere. Un anno intero è le­ gato ad un numero di telefono, che ora è padronissimo di non riportare sul nuovo tac­ cu ino, a patto però di voler escludere anche quell' anno dai suoi ricordi: e d' al tro canto quel numero potrà uscirgl i di mente? Ecco un caso sempl ice. In real tà ogn i nome gli solle­ va difficol tà cen to vol te più sottil i e impen­ sate se appena tenta di vagl iarlo. '

16

Poco prima pensa,,a agl i scomparsi. Sono tre in ttitto. Trattan dosi di un numero così bas­ so potrebbe, come sta meditando, ignorare l' accadu to e segnare i nomi? O non sarebbe questa una inossenranza troppo palese alle re­ gole del gioco che un giorno o l' altro potreb­ be essergli rimproverata? Ha bell' e deciso: non li segnerà, altrimenti non varrebbe la pe­ na di comprare un taccuino nuovo. S' era anche chiesto se è necessario segnare quell e persone alle qual i niente più lo leghe­ rà in futuro se non qualche indifferente con­ tatto occasionale. E se invece sbagl iasse, se queste persone riacquistassero la loro impor­ tanza nei suoi confronti, se la vita invece di prosegu ire, rifacesse - come spesso accade - l a strada fatta? Al tre persone adesso si scopre a considerar­ l e come certi remoti paesi veduti nell' infan­ zia che non potrebbe, nemmeno se volesse, rivedere perché gliene mancherà il tempo e soprattutto perché non ricorda nemmeno do­ ve sono. Eppure sono paesi importanti, tan­ to importanti che non ha mai smesso, si può dire, di abitarl i. Ma b isogna cancell are, senza troppo pensar­ c i su ! Ecco adesso l' indirizzo di una persona che gli fu cara da ragazzo e che in seguito ha perso di vista. N o n ne sa p iù nulla e nemmeno osa indagare. Pure un senso di disagio l o lega a quel nome e adesso si rimprovera di non aver fatto qual cosa, non è stato nemmeno capace di scriverl e una lettera. Colpa anche del vec17

chio taccu ino che sempre gl i ha dato la cer­ tezza di poter ritrovare la persona dell' indi­ rizzo, se appena l'avesse voluto, men tre ora non è più possibile. Va bene! Non segnerà questo nome, come tan ti altri. Ma ora che il lavoro è fin ito, una curiosa delusione l'aspetta. S taccati l'uno dal­ l'al tro, i nomi dei superstiti hanno acquista­ to uno spicco in sol ito e sproporzion ato. A leggerl i si direbbero i person aggi di una po­ vera commedia, in ordine d' importanza. E molti nomi sono veramen te inu til i! Si ac­ corge sol tan to ora di averl i copiati ubbiden­ do ad un' idea decorativa. Che c' entran o per esempio, nel suo taccuino, questi artisti, questi aristocratici, queste personalità che egli ha co­ nosciuto per caso, appena sfi orate, forse sol­ tan to vedute e che ogn i vol ta si è affrettato a segnare sul vecchio taccu ino prevedendo corrispondenze, inviti, future amicizie? Uno scherzo atroce della van i tà. La migl ior prova è che nei « loro » taccu in i il suo nome non è certo segnato, poco interessa. Perciò bi­ sogna cancellarl i subito, questi nomi, per un principio d' orgogl io, anche a costo di sciu­ pare il taccuino nuovo. Ma adesso i nomi che restano definitivamen­ te . . . che poveri nomi! For11 itori, affittacame­ re, ragazze allegre, colleghi d'ufficio, supe­ riori ... i nomi che realmente gli spettano e che forse per sempre rimarranno, dacché s'è de­ ciso a gettare il vecchio taccuino nel bidone della spazzatura. 18

La trop pa familiarità con le cose sacre allon­ tana forse da D io. I sagrestani non en trano in Paradiso. Dio ci ama (ne abbiamo continue prove); vuo­ l e però essere con traccambiato. Io, se mi de­ cidessi ad amarl o, l o amerei senza chiedergl i nulla. Il mio difetto è la generosità , il disin­ teresse. Mi è ormai difficile affrontare nuove letture. Riprendo le vecchie, senza l'antico calore, per chiarire alcun i pun ti, coordinare quelle os­ servazioni che possono darmi, almeno lo spe­ ro, l a visione con clusiva dell' opera e giustifi­ carne la necessità. Queste avventure le affron­ to volen tieri e o gn i sera mi succede di sal tel­ Jare tra l e p agine di certi l ibri ripetu tamente l etti, t n cerca di qual cosa che so esservi an­ cora. E qui il piacere e il segreto delle mie let­ ture; e pertanto il destino dei l ibri troppo chiari è quell o di essere per me indecifrabili. Quando si p arla di guerra, io penso a que­ st'episodio che ne contiene il succo: Una volta m i toccò di assistere mentre bru ciavan o i ca­ daveri degl i abi tanti di u n villaggio. S i pre­ p arò u n rogo unico; i cadaveri (uomini, don­ n e, bambini) furon o ammassati; stavano per dar fuoco, arrivarono due soldati, portando qual cosa in un lenzuolo, che sostenevano per 19

i quattro capi. « Un momento!>> gridavano. Mi accostai. Nel lenzuolo, immobile e rattrappi­ ta dallo spavento, vidi un' orribile vecchia. « Ma questa è viva! » dissi, quasi divertito. « N o :> rispose uno dei soldati, con innocenza. « E quasi morta » . « E poi » aggiun se l'al tro « c'è ri­ masta soltanto lei, qui. Che facciamo? » . H o avuto molti amici ma di uno soltanto con­ servo il ricordo preciso. D opo aver parlato a lungo, la sera che ci conoscemmo, eccoci ac­ canitamente d' accordo su tutto. « D obbiamo rivederci, ci telefoneremo! » giuravamo com­ mossi all'alba, dopo una notte trascorsa per le strade. Debbo aggiungere che non l'ho più cercato, che sarebbe stato inutile e che una vol ta, incontrandoci, abb iamo finto di non vederci? Viene a trovarmi G., che è un' ottima perso­ na, con la testa sulle spalle, digiuna d'arte, ma con improvvise mal incon ie, che non sa deci­ frare. Osserva le pareti della mia stanza e si fi ssa sulla tricromia di un celebre quadro. Vorrebbe approfondirne il significato, che io non so spiegargli: mi domanda allora il per­ ché di quel titolo. Ha l'aria di chiedermelo in confidenza, si rimette insomma alla mia ami­ cizia; ma, quando cerco di spiegargl ielo, con­ fessa di non scorgere il minimo turbamento in quel cielo appena solcato da un verme gial­ lo (il fulmine!) né in quelle case illuminate dal 20

livido riverbero del giorno sospeso . Eccomi in imb arazzo, perché nessun al tro meglio di me, tanto arrendevole, potrebbe spiegare quel quadro, per quel tan to che c'è da spiegare in un quadro, a un brav'uomo come G.; e intanto mi compiaccio di saperci vedere io qual cosa, segn o che n ell ' intelligenza di un'opera d' ar­ te ognuno mette il megl io di se stesso, anzi tutta la propria esperienza. G. comincia a du­ b itare della mia serietà, non capisce se sto scherzando o se faccio sul serio. Per turbar­ lo, gli dico al lora che quel quadro fu acqu i­ stato per una somma enorme: gli dico anche la somma. G. rimane sbal ordito, incredulo e anche ammirato. So di avergli messo una pul­ ce nell' orecchio. Infatti mi confessa che ap­ pena vendendo tutti i suoi beni metterebbe insieme una somma simile. Il mistero artisti­ co è diventato per lui, ora, un mistero eco­ n omico: e questo arriva ad apprezzarlo. Cogl iere l'incredibile nel gesto più solito, me­ ravigl iarsi sempre. Succede che la vita è pie­ n a di spettacoli non conformi alle nostre abitu din i visive, spettacoli e forme che do­ vrebbero turbarci per l a sconnessione col mondo circostante o per l e all egorie che così han n o voluto disporli. Ma perdiamo forse tempo a n otarl i e a meravigliarcene? Se così fosse, ad ogn i momento ci chiederemmo un p erché, e forse n iente e nessuno potrebbe ri­ sponderei. 21

Odiava sua moglie al punto che, pur dormen­ do nello stesso suo letto, non abbandonava mai quel suo frustino di ippopotamo dal ma­ nico d' argen to. Lo teneva sul letto, accanto a sé, come gl i antichi caval ieri la spada. La moglie era sterile, piena di tenerezze mal col­ locate, forse innamorata del marito, comun­ que spaventata dalla sua fredda indul genza. Quando il marito morì, trascorso qual che tempo, la donna cedette alle insistenze di un maturo funzionario, nuovo della città, e ne divenne l'amante. Rovistando tra le carte e gl i oggetti del morto, il funzionario trovò il fru­ stino, che gl i piacque. Lo si vide girare per la città col frustino in mano e non capì mai le ironiche allusioni degli amici. I

tiranni

I tiranni non vanno a spasso. Questa verità può sembrare uno scherzo; non la difende­ rei se non l'avesse enunciata, oggi, passeggian­ do, una insospettabile signora che di tutto pareva preoccupata in quel momento fuor­ ché di meravigl iarmi. D' altra parte una bra­ va massaia non trascende ad aforismi politici senza un motivo. Quella donna esprimeva for­ se sol tanto un' opinione suggeritale per ana­ logia dal fatto che ella stava passeggiando ed era - come dobbiamo presumere - contenta di farlo. Chiese dunque la donna: « Perché lui non andava mai a spasso? » . « Perché l' avreb­ bero ammazzato » rispose secco il marito per 22

tron care una discussione che dovette sem­ brargl i oziosa o, comunque, storicamen te su­ perata. «N on è vero » rispose subito la donna. « O h, certo, » aggiunse poi « in questi ultimi an­ ni l' avrebbero ammazzato. Ma prima ... Se fosse andato a spasso prima, come fanno tutti ... ». « Sì, >> ammise il marito « ma lui era diverso ... »; e il dial ogo ebbe termine su questa ill azione, che il mondo prima o poi elimina volentieri le eccezion i, i diversi dalla mol titudine, co­ l oro che non amano gl i innocen ti piaceri al­ tru i e che, a furia di detestarli, fin iscono per vietarsel i. Il segreto di un tiranno prudente sarebbe dunque il condividere l'opinione generale sul modo di passare il pomeriggio della dome­ n ica. Un tiranno che andasse a spasso e ri­ spondesse ai saluti e si fermasse ad ammirare il tramonto - -come io, l a signora e suo ma­ rito abbiamo fatto - cesserebbe di essere un tiranno o, al meno, di averne l'aria. Correreb­ be certo il rischio di essere seguito da qual­ che postulante e di tornarsene a casa con una dozzina di petizion i in tasca; ma questi sono incerti del mestiere che contribuiscono alla popolarità. Purtroppo a pochi, una volta raggiunto il po­ tere, rimane il gusto di agire come agiscono gli altri uomini, con semplicità. S i può anzi precisare che i tiranni raggiungono il loro po­ tere perché incapaci di agire sempl icemente e per questo fatto suscitano grandi speranze; figuriamoci se possono imparare dopo, ad af­ fare concluso! Ma è qui la spiegazione dei guai 23

che si tirano addosso: in questa incompren­ sione della semplicità del prossimo che si tra­ muta, col tempo, in incomprensione del pros­ simo, tout court. « Se lui fosse an dato a spas­ so tutto si sarebbe risol to » pen sa la massaia. « Ma lui era lui appun to perché non an dava a spasso » ribatte giudiziosamente il marito. O ci andava - aggiungiamo noi - per mera­ vigl iare la cittadinanza. Le sue passeggiate non avevano un innocente scopo igienico, ma volevano dimostrare qualcosa, essere di mo­ nito alle ambasciate. Erano da in terpretarsi; dunque, vere passeggiate in mal afede. E pro­ tette da troppe guardie perché sortissero gl i incantevol i risultati delle comun i passeggia­ te che facciamo noi. Si può obiettare che un tale, appena al po­ tere, si crea nemici disposti anche a soppri­ merlo e che deve perciò proteggersi. Questo è vero ma non prova nulla. Chi facesse tale obiezione confesserebbe di non aver mai avu­ to creditori e di non sapere perciò che il mi­ glior modo di difendersi è di frequentarli, non di sfuggirli. Un tale che si apparta e che si di­ fende a priori, quando cioè nessuno pensa di offenderlo, suggerisce ai suoi nemici l ' offe­ sa, l'attentato, perché ammette di temerli. An­ che in questo caso è l a richiesta che provoca l'offerta. Ma i tiranni sono destinati sempre a perdersi per mancanza di immaginazione. Odian o i paradossi, affrontano gli ostacoli troppo direttamente e cadono ogni volta nello stesso errore. Un tiranno man ca di uman ità perché detesta i contatti col prossimo e an24

che se dovesse svagarsi ama restar solo e, so­ prattu tto, primeggiare. Convincerete, per e­ sempio, un tiranno a giocare al tennis per­ ché sarà solo contro un avversario, ma giam­ mai a sedersi ad un tavol o di scopone, do­ ve gl i avversari saranno due e, in più, avrà un compagno. Di regola, il tiranno preferisce esi­ birsi. E invece andare a spasso presuppone gusti molto normal i, amore per la Natura, in­ dul genza verso coloro che in con treremo, vi­ va curiosità per gli incidenti soliti della strada, una pioggia improvvisa, una rissa, una alle­ gra comitiva, u n cane che s'intesta a seguirvi: incidenti che possono forn ire idee e persino illuminazion i. C'è di più. L' incapacità di un tiranno di ap­ prezzare umanamente chi lo accosta si risol­ ve, n ella sua pol itica estera, in xenofobia. N essun tirann. o , che si sappia, ama viaggiare e conoscere a fondo altri paesi e altre genti se non quelle disposte ad ubbidirgli; e da que­ sta ignoranza n asce il disprezzo per la forza altru i. P er u n tiranno tutto ciò che succede in paesi non controll ati dal suo genio conta assai poco: l a sola realtà che accetta è quella che egl i riesce a dominare. Finisce col crede­ re soltanto alle sue convinzion i. All o stesso titolo io sarei un tiranno se con­ frontassi la penna che traccia queste righe al­ l'an tenna della radio (che vedo dalla mia finestra), e ne deducessi che la mia penna perché la prospettiva lo afferma - è assai più alta e robusta. In tal caso un vero amico per gu arirmi dalle mie fantasie - dovrebbe 25

consigliarmi di andare a spasso sui tetti, dal­ le parti dell'antenna, e di confron tare megl io i due oggetti. Il guaio è che i tiranni non han­ no amici, e reputan o estremamente odiosi i confronti. Incontro Tanino Chiurazzi e, non sapendo che fare, ci fermiamo a leggere i manifesti dei mol ti spettacol i lirici. Chiurazzi è ammal iato da questo improvviso scoppio musicale roma­ no che togl ie tristezza all a lotta pol itica e le dà anzi u n tono da festa paesana. Conclude: « Un po' di Traviata e un po' di dittatura e gl i ital iani sono contenti ». Poco dopo incon tro Mino Maccari, cupo, che mi confida: « Ho po­ che idee, ma confu se ».

26

TACCUINO 1 948

Sedu to sol o ad un tavolo del caffè vedo Rossi. E p al lido, anzi grigio, ha subìto un' operazione ed ora gl i riesce diffi cile parl are; ma sorride u gual mente e mi indica il marmo in­ gombro di giorn al i. P assa il tempo a leggere, non trascura nemmeno gli annunzi pubbli­ citari, medita anche le condizioni di abbona­ mento, eppure si sen te al disopra della mi­ schia, e nei suoi brevi sorrisi c'è l' indulgenza di chi ormai n on può inqu ietarsi per le cose di questo mondo. Punta il dito su un giorna­ l e e ride: ma nessun suono esce dalla sua boc­ ca. Poi cava di tasca una matita e sul bordo b ianco del foglio scrive: « N o n sono cattivi » . Su u n altro fogl io scrive: « Sono pazzi tran­ quill i. Non ti preoccupare » . Ride ancora, afo­ n o, e vedo che su tutti i fogli ha scritto una frase : così passa gli ultimi suoi giorn i. ,

L'attore americano visita i musei del Vatica­ n o in compagnia di un monsignore. Punta il dito contro i soffi tti, si ferma di colpo, finge un enorme rispetto, si morde le labbra, si bat­ te il pal mo aperto contro l a coscia. Poi il di­ scorso cade sulla religione; e, quindi, sul pre­ sidente della Repubblica irl andese. L' attore 27

è felice di poter dire al monsignore che il pre­ sidente della Repubbl ica irlandese - che ha conosciu to personal mente - è un fedele os­ servante. Il monsignore alza le braccia, per si­ gnificare che è meglio �on parJarne. Poi dice: « Altro che osservante! E un fanatico! » e por­ ta il discorso su altri argomenti. Questa è Ro­ ma: e i due amabili personaggi che si allon­ tanano nell'enorme corridoio saranno salva­ ti. Il secondo anzi ha più probabilità del pri­ mo. La sua risposta - il monsignore è un' ot­ tima persona, un fine letterato - è tanto più cattolica se si pensa che a Roma, di un uomo che crede in qualcosa, sia questo qualcosa l'ar­ te, la vita, un mondo migl iore, la rel igione stessa, sentirai dire che è un fanatico. Fana­ tico è colui che ha dubb i e idee particolari. Dicono appun to che dal fan atismo all' eresia c'è un passo. Salgo in autobus e vedo C .B . che sfogl ia al­ cune carte. Senza che gl i chiegga nulla mi in­ forma che si tratta di documenti mol to im­ portanti. Mi fa vedere l' in testazione dei fogli ed io lo guardo sorpreso. Gli domando come ha avuto quella roba. C.B. scoppia a ridere fa­ cendo volgere qualche passeggero. Risponde che li ha comprati . Non ha speso molto. Se mi occorrono documenti riservati, lettere, me­ moriali, può farmene avere a buon prezzo. Gli obietto che vi sono però in circolazione molti documenti falsi. Risponde che fa lo stesso, so­ no tutti ugual mente attendib il i. Il pubblico 28

n on fa distinzioni, l egge tutto, anzi comincia a non leggere più nulla, e questo è un segn o della sua saggezza. Insisto per sapere se i suoi docu men ti sono original i. M i mostra firme, visti, bolli d' archivio: non può essetvi dubbio. La Storia è in mano agli uscieri, che la ven­ don o al migl ior offerente. Gl i archivi segreti si vuotano. E saggezza. C .B . deve scendere, mi saluta ridendo e, ap­ pena a terra, esclama: « Non può morire! >>. Dal gesto largo, allusivo, delle braccia, capisco che intende: l'Ital ia. '

E notte. Torn ando a casa un uomo mi ferma: è un mendicante, indossa un lurido pastra­ no. Lo apre e mi fa vedere che non ha giub­ b a, né camicia, va a torso nudo. Si l amen ta, è molto povero, molto disoccupato. Posso dar­ gli una vecchia giubba, se mi accompagn a si­ no a casa. Tentenna, cambia discorso, proba­ b il mente n on ha tempo da perdere, sarà per un' al tra volta, se ci incontreremo. Vuole venti l ire per il tram. Poi, vuole una sigaretta. Mi chiede se è americana e quando gli rispondo di sì, sembra soddisfatto.

C i sediamo da Aragno, sotto il grande orolo­ gio. Moravia chiede al cameriere se l' orolo­ gio segna l' ora esatta. Meravigl ia del came­ riere: n on sappiamo che quell' orologio vie­ n e controll ato elettricamente, con un cavo speciale, dal negozio del migl ior orologiaio 29

di Roma? Quando il cameriere torn a con il vassoio, riprende a parlare dell' orologio. Du­ ran te l'occupazione tedesca e poi, quando il caffè fu requ isito dagli Alleati, l' orologio an ­ dava male. Una soprannatural e disapprova­ zione del Tempo per quelle oltraggiose requi­ sizioni? No, era l' orologiaio che, dal suo ne­ gozio, lo regolava male apposta. Moravia sor­ ride e si compiace col cameriere; poi guarda con simpatia l'orologio: « Abbiamo dunque un orologio della Resistenza » conclude. Davanti ad un caffè di via Veneto due foto­ grafi americani prendono istantanee della gente troppo benvestita che si gode il sole. Passano poi a fotografare i mendican ti che stazionano sulla porta del caffè . Disapprova­ zione dei presenti . Escon o tre giovan i, pre­ tendono che i fotografi si allon tan ino, non vogliono offese all' amor patrio. La gen te ap­ plaude. S i dicono frasi sul « popolo ital ian o » , i fotografi vengono invitati a torn are al loro paese, a l asciarci alla nostra « dign itosa mise­ ria » . I mendicanti approvano, n on smettono tu ttavia di chiedere l'elemosina, benché con aria più dign itosa di prima, anzi un po' n a­ zional ista. Dopotutto - sembra vogl iano di­ re - i mendicanti ital ian i son o i migl iori del mondo. Oggi, a casa di Mario Soldati. Entro nella grande stanza e lo trovo disteso sul letto, ve30

stito, col vol to coperto da un asciugamano. Gioca a fare il morto. Si compiange. M i in­ forma che i sigari sono sul caminetto. Vado ad una delle finestre che danno sulla via Gre­ goriana e mi incan to a guardare il panora­ ma. Tutta Roma è impegn ata in un faticoso tramonto, sembra questione di vita o di morte. Le cu pole sono violette, il fumo delle nuvole sfiora le terrazze. Verso San Pietro, il cielo è aperto, ma è questione di attimi, il sole sta per cadere. Per col pa dello scirocco, poi, il siga­ ro tira male. Intanto Soldati borbotta qualcosa e, quando si toglie dal volto l'asciugamano, vedo che non ha più la lunga barba che si faceva crescere da due ann i . Non ha resistito alla tentazione di tagl iarsela, per vedere che cosa c' era sot­ to. Sì, Soldati è uno dei pochi scrittori che vive l a sua autob iografia. Incontro il pittore D . , che mi appare mol to preoccupato. D eve acquistare un regaluccio e man darlo a un suo amico che sposerà do­ man i. Prezzi proibitivi, tentennamenti, infi ­ ne risoluzione di rinun ciare al regalo. Gli manderà un quadro o un disegno - più in là. M a è necessario inviare almeno gl i augu­ ri. La sal a del telegrafo è piena, b isogn erà mettersi in coda, aspettare: colpa delle feste p asqu al i. D . appare sempre p iù contrariato. Rinuncia al telegramma, manderà una carto­ l in a. Sceglie un' enorme cartolina a colori, la osserva a lun go e l a mette in tasca: è una car31

tol ina troppo bella. E p oi, arriverebbe trop­ _ po tardi. In strada, D. sfoga il suo malumore: « Ma perché si sposano? » mi domanda. E poi­ ché io non rispondo, a voce più al ta, levando le braccia al cielo, fermandosi, ripete: « Per­ ché si sposano? Eh? Perché? Perché si sposa­ no? » . Vado al cinema a vedere Pygm,alion, un film tratto dalla commedia di Shaw. Il film dovrà essere tradotto e doppiato in ital ian o . Ma co­ me tradurre per il nostro pubbl ico l'avven­ tura della fioraia londinese che dall' insigne professore di fonetica apprende a parlare cor­ rettamente, al punto da poter essere scambia�a per una Lady? , E attuale una simile ipotesi? E ancora neces­ sario parlare correttamente per consegu ire il successo nell a buona società? N o n viviamo forse in un'epoca in cui è doveroso esprimersi crudamente per sottol ineare la propria spre­ giudicatezza? Oggi è la brava signora che si sforza di parlare come una fioraia. La famo­ sa attrice parla invece come un vetturino; tutti l' ammirano, cento attrici minori si danno su­ bito ad imitarla per non apparire da �eno; e il loro gergo entra nelle scuole medie. E an­ che doveroso nutrire ambizioni semplici e plateal i, e giudicare il prossimo con sufficien­ za. Chiedono ad un famoso attore che cosa l'ha più colpito della sua permanenza in Ame­ rica ed egli risponde: « Non sanno cuocere gli spaghetti » . Gli uomini politici raccolgono 32

consensi sol tanto in virtù del turpiloquio che sanno sfoggiare. N elle polem iche si tiran o in ballo le famigl ie e i paren ti. Le ingiurie più sanguinose sono entrate nel dizionario gior­ n al istico: servono per indicare gl i avversari, chiunque siano. I giovani inventano una nuo­ va l in gu a, camuffando parole americane e fran cesi, i dialetti rinverdiscono e all'un iver­ sità nove all ievi su dieci non sanno parlare senza un forte accento tneridionale. Ecco spie­ gato perché un tale perde aderenti il giorno che comincia ad esprimersi con una certa cor­ rettezza: la sua politica, senza turpiloquio, è capace di farla chiunque. Pygmalion è dunque la testimonianza del co­ stume di un'Europa e di una società che tra­ montano sotto il segno della volgarità. Doveva toccare a Shaw di sopravvivere ai suoi stessi paradossi. Quando il professore di fonetica conosce il padre della fioraia, spazzino di stra­ da, dice: « Se avessi quest'uomo per tre mesi n elle man i lo ridurrei al punto da dover sce­ gliere o un portafogl io nel ministero o una p arrocchia nel Galles » . Ma è chiaro che oggi direbbe il contrario, e sarebbe certamente tentato di imparare lui qualcosa dallo spaz­ zino. S e, beninteso, gli stesse a cuore il suc­ cesso in una società che gioca alla ricerca degli istinti perduti. La lingua corretta è oggi il ma­ l in con ico distintivo della borghesia intellet­ tuale, rovinata dalle buone letture e dalla buona educaz ione.

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Mi accorgo che siamo in pochi, ormai, a non conoscere profondamente l'Ital ia. Tutti ve ne sanno dire qualcosa. Questa ragazza al ta e bionda, per esempio, che ride continuamen­ te, fischietta Les Noces e legge il « N e w Y orker Non ha più di 23 anni, s'è laureata il mese scorso in una università americana, è la se­ conda vol ta che viene in Italia. La prima, vi soggiornò tre mesi: Roma, Venezia, Amal fi . L'Ital ia le piace, m a s i domanda s e potrebbe viverci a lungo: forse no. N ella grande borsa di cuoio ha un libro, me lo mostra: è un libro sull'Italia, scritto da lei. Fresco di stampa e ben rilegato. Scorro l' indice: Fascism and antifas­ cism; Glory of the past; The new democracy; Dark future, ecc. Insomma, non man ca nul­ la. Le restituisco il libro con deferenza. ».

Un'avida e pacifica società, che sino ad ieri si adunava per divertirsi, ha ora scoperto che altrove ci si aduna anche per pretesti che non siano il cibo e l' amore: per l' arte e per la po­ litica. Comunque, è necessario adunarsi, par­ tecipare. Il mondo guarda e forse doman i il giornale porterà un resoconto imparziale . E mai perdere un col po! Gl i aeroplan i scarica­ no ogni giorno nuovi gen ii che b isogn a rice­ vere, conoscere, fotografare. E che b isogn a anche meravigliare con lo spettacolo della no­ stra saggezza e opulenza. Se arriva il poeta in­ glese nessuno di coloro che lo sentono nomi­ nare per la prima vol ta vuol mancare. Ma i più furb i sanno che i posti migl iori sono vi34

cin o alla porta e se ne vanno allegramen te a metà con ferenza: anche la cultura ha un li­ mite! Ma, calma: sono previsti nuovi arrivi. La politica, l' arte, la l etteratura, il pensiero con­ temporaneo possono dormire tranquillamen­ te: la mondanità li protegge. In un salotto sco­ priamo infine che in fondo a questi istruttivi giochi contemporanei si erge tuttavia, mae­ stoso come un iceberg, l'antico buffet. Qui i convenuti depongono il loro ipocrita fervo­ re davanti al volto impassib ile dei camerieri. Non avranno mai la loro compl icità. Due vecchi gen tiluomin i, resi compagni dal­ l'età e dalle idee, vanno a spasso e li vedo avanzare dal fondo di via P o, sotto il sole, con­ versando pacatamente. La via è deserta: i due poveri vecchi, · con la loro precaria presen­ za l a rendono più ammonitrice. Che cosa si diranno, con quali argomenti consoleranno l' attesa di una partenza ormai inderogabile? Quando mi sono vicino sento che uno di es­ si, commentando una descrizione dell'al tro, conclude: « Insomma, se ho ben capito, sareb­ be una specie di pan cera » . Terenzio mi telefona per chiedermi il numero del telefono di Rodrigo. Mi telefona anche S il­ vestro per chiedermi due b igl ietti per qual­ che teatro: non sono forse giornalista? Uscen­ do, incontro D iomiro che mi domanda cosa faccio. D al marciapiedi opposto, Pancrazio mi 35

salu ta festosamen te. « Vediamoci » dice Fau­ stino, che incon tro poco dopo. Vuoi sapere se il mio pastran o è nuovo, il nome del sarto, quanto ho speso complessivamen te. Alessan­ dro mi raggiunge di corsa, mi dice che sto in­ grassando. Lasciandomi, promette che tele­ fonerà doman i. Questo ogn i giorno, con lievi variazion i, da anni. •

L' onorevole min istro del Tesoro è corretto nei modi, sempl ice nel vestire, saluta i cara­ binieri togliendosi il cappello, scende gl i sca­ lini di Montecitorio con passo fermo, si guar­ da attorno senza sorridere. Non sembra ac­ corgersi della piccola folla di curiosi, degl i agenti che aspettano appollaiati nelle jeep. Fa un gesto di diniego a due giorn al isti che s' av­ vicinano, è incerto se rientrare o andarsene. Apre la giubba, mette meccan icamente una mano nel taschino del gilet. Dal taschino pen­ de un nastro e all'estremità del n astro brilla qualcosa, un oggetto d'oro, una sterlina - che ogn i giorno aumenta di valore. L 'epitaffio In questi giorni ho letto I quarantarwve racconti di Hemingway e pensavo di scrivere un omag­ gio a H emingway, all a maniera di H eming­ way. La cosa m' era del tutto uscita di mente, allorché entro in una l ibreria di via Veneto, 36

la l ibreria Rossetti , dove fanno scalo ad ore fi sse mol ti amici. N on c' era nessuno in quel momento, se si eccettua Vittorio Sforzini, che sta preparando la sua tesi di laurea su Filip­ po II nella letteratura spagn ola. Il ciel o è gri­ gio, carico di nuvole, lo scirocco non se ne andrà tanto presto, poiché la luna in questo mese è caduta appunto con lo scirocco. Men­ tre sto sfogliando qual che libro, una signora si ferma davanti alla vetrina e guarda fissa­ mente un volume esposto. Lo guarda sorpre­ sa, avvicin a il n aso al vetro, lo ritira, scuote la testa come chi è col pito da una buona no­ tizia, anzi da un a notizia del tutto impreve­ duta, ma confortante per il proprio orgogl io. La signora è anziana, indossa un ab ito di se­ ta stampato a fiori, un cappello di panama e scuote sempre l _a testa, sorridendo. Dopo qual­ che esitazione entrò e si rivolse a Vittorio. Parw lava in inglese ma molto lentamente e così ad alta voce che mi fu possib ile seguire il dialo­ go. D isse l a sign ora: « V ed o che n ella vetrina avete un l ibro di Lee M asters » . « Sì, » risponde Vittorio « abbiamo l'Antologia di Spoon River » . , « Esattamente, l'Antologia di Spoon River. E una ediz ione americana? » . « N o, sign ora, è un'edizione i tal iana. Edizion e Einaudi » . « E ciò che vol evo sapere. Mol to interessan te. Il vostro presiden te della Repubbl ica? » . « N o, sign ora. Il figl io » . '

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« Ah, ciò è mol to interessante. Io conosco be­ ne Lee Masters e gl i dirò questo » . « Molto gentil e, signora » . « Gli dirò che ho visto a Roma l a sua Antolo­ gia di Spoon River in un'edizione del presidente della Repubbl ica. Non credete che sarà con­ tento? Ciò sarà mol to in teressante per Lee Masters. Oh, sì » . « Certo, signora » . « Sì, mol to. I o vivo nella stessa città dove vive Lee Masters. S iamo vicini di casa». « Ah, mol to interessante » dice Vi t torio. « Sì, molto interessante. Lee Masters abita propr1o VICino a me » . « Davvero interessante >> . « Sì, mol to. Posso vedere il volume ? » . « Prego, signora » e così dicendo Vittorio por­ ge alla signora americana una copia dell'An­ tologia di Spoon River. La sign ora sfogl ia il vo­ lume, scuote la testa sorridendo: � Sì, » dice « è proprio l'Antologia di Spoon River. E un' edizione fatta in Ital ia. Io dirò questo a Lee M asters e lui sarà con tento. Lee Masters è un grande poeta » . « Sì, sign ora, un grande poeta » . La sign ora soppesa il volume e intan to guar­ da negl i scaffal i. Domanda: « C'è sol tanto questo volume dell'Antologia di Spoon River? Non c'è un secondo volume? » . « N o, signora, sol tan to questo volume » . « Non c'è il secondo volume? Lee M asters ha scritto due volumi della sua Antologia » . « Io credo » dice Vittorio « ch e siano raccolti in quest'un ico volume » . •





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« Curioso,» dice la signora «nel secondo vo­ lume c'è anche l'epitaffio che Lee Masters ha scritto per mio marito». « Ah,» dice Vittorio « mol to in teressante». « Sì, molto in teressante, no? Lee Masters era molto amico di mio marito, e quando mio ma­ rito morì , scrisse il suo epitaffio. M io marito e morto». « M i dispiace, sign ora» dice Vittorio, com­ punto. «Sì, è un epitaffio molto bello. Tutti dicono che è il più bello. Probabil mente sarà nel se­ condo volume». «Possiamo vedere nell' indice» dice Vittorio. «Posso vedere io. Vuoi dirmi, prego, il nome di suo marito?». «E inutile che lei si disturbi» risponde la signora«se l'epitaffio è nel secondo volume». « Già» dice Vittorio, disarmato. «E un epitaffio molto bello. Tutti dicono che è certamente il p iù bello. Lee Masters e mio marito erano mol to amici. Lee Masters veni­ va spesso da noi, quando mio marito era vi­ vo. Le nostre case erano proprio nello stesso q�artiere». «E curioso» dice Vittorio con un sorriso or­ mai incerto. «Sì» dice l� sign ora. «Lee Masters veniva spes­ so da noi. E un grande poeta, ha scritto al tri volumi e due volumi dell Antologia di Spoon River». «Abbiamo soltanto questo» si scusa Vittorio. «Non importa» dice la signora. «Vi ringrazio. È un vero peccato che manchi il secondo vo'

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lume. Ma Lee Masters sarà contento. Sì, cre­ do proprio che sarà contento » . La signora guarda. gli scaffali e poi conclude: « Avete una graziosa libreria, veramente graztosa » . « Graz ie, sign ora » . « Sì, proprio graziosa » . E si volge per andar­ sene. Passando davanti a me, sorride. « Lei ha capito ciò che ho detto? » mi doman­ da la signora, fermandosi. « Sì, signora » rispondo. « N o n capisco mol to bene l' inglese, ma ho capito che lei parl ava di Lee M asters » . « Sì, di Lee Masters. Era molto amico di mio marito e scrisse un epitaffio quando mio ma. rtto mort >> . « Mol to interessante » dico. « Sì, un bell issimo epitaffio. Lee M asters è un grande poeta, no? >> . « In I tal ia >> dico « Lee Masters è considerato un grande poeta. Come vede, l a fascetta del l ibro afferma che Lee M asters ha scritto La Divina Commedia del tempo nostro >> . « Oh, no! >> protesta gentilmente la signora. « La Divina Commedia è un poema spiritu ale, l'An­ tologia di Spoon River è una raccolta di epitaf­ fi . Sono veri epitaffi . Proprio veri. M io mari­ to era molto amico di Lee Masters, che gli de­ dicò un epitaffio. Oh, sì! >> . « In I tali a » insisto « consideriamo Lee Masters un grande poeta, o, perlomeno, un poeta mol­ to interessante » . La sign ora mi guarda sorpresa. Forse n on ha •

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capito le mie ultime parole. Mi guarda quasi rattristata e mormora: «M i dispiace». Subito dopo esce. Io e Vittorio ci guardiamo senza dir nulla. Le nuvole grigie sono anco­ ra più basse. La l ibreria Rossetti è una gra­ ziosa l ibreria. Causa lo scirocco, via Veneto è quasi deserta. V o levo scrivere un omaggio a Hemingway, così per cortesia, ma dispero di riuscirvi. La vita è un Hemingway inimita­ bile. E si aggiunga che non sono questi i tempi di mettersi a scrivere per divertirsi.

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TACCUINO 1 95 1

La prostituta ha deciso di redimersi, vu ol la­ vorare. Per interessamento di persona cari­ tatevole, si rivolge ad un ufficio dove otterrà un aiuto concreto. La riceve un gi ovane se­ gretario. Sorpreso della sua decisione e più ancora della sua bellezza, le con siglia di pen­ sarci: è ancora giovane, le conviene abbando­ nare così la sua fortuna? Passa n el corridoio il presidente proprio mentre il segretario, svi­ luppando questi argomenti, tenta di abbrac­ ciare la donna. Suona un campanello, il se­ gretario è chiamato dal presidente, raccon ta e confessa. « La mandi da me » dice il presi­ dente. Poco dopo la donna e il presidente la­ sciano l'ufficio in automobile. Verso la reden­ zione? « V e de, » dice indicandomi sulla parete dietro lo scrittoio la fotografi a di due sposi « questo è il mio capolavoro. Li ho uniti in matrimo­ nio, io gl i ho fatto ottenere l' annullamento. E adesso vediamo che cosa posso fare per lei ». Gl i presen tano il progetto per l o snell imen­ to della burocrazia. Ringrazia vivamente. D e42

pl ora l' assenza del n1odulo H. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, al­ l'ufficio con1peten te, che sta creando. O gni mattina, mettendo fuori il bidone del­ l a spazzatura anch' egl i, povero e disoccupa­ to, dà il suo con tributo alla creazione di una fortuna che sarà coronata da un titol o. Que­ sto dimostra che a Roma la materia più igno­ bile concorre a creare nuove nobil tà. Questo popol o di san ti, di poeti, di naviga­ tori, di n ipoti e di cognati . . . Proverbi romani: I versi d' occasione fanno il poeta l adro - çommendatori si nasce, cava­ l ieri si diventa. Scaltritosi nel furto legale e burocratico, a tut· to riuscirete fuorché ad offenderlo. Lo chia­ mate ladro, finge di non sentirvi. Gridate forte che è un l adro, vi prega di mostrargli le pro­ ve. E quando gl iele mostrate: « Ah, » dice « ma non son o in tripl ice copia!>>.

Magus Telefona Federico, vuoi vedermi subito, si tratta di cosa importante, passerà a prender43

mi. Viene infatti di corsa e dice: « D obb iamo andare da Magus. Non c'è un minu to da per­ dere». « Magu s? Non lo conosco». Federico sp iega allora che la moglie di un suo amico è scomparsa da tre giorn i e non se ne sa nul­ la. L' amico si dispera, la pol izia è in moto, bi­ sogna tentare anche con Magus, che è indo­ vino e saprà almeno dirci (l 'ha fatto altre vol­ te) se la donna è viva o è morta. « Andiamo» dico. Ho accettato troppo in fretta e Federi­ co sorride: abbiamo così scoperto il nostro gioco: ci interessa di più conoscere Magus che sapere qualcosa della donna scomparsa. Ma­ gus abita in una strada della vecchia Roma, verso piazza Navona. Le scale sono male illu­ minate e strette, i gradin i faticosi a sal irsi, di quella pietra peperina che si avvalla al cen­ tro e scopre neri bitorzoli. Magu s appare in vestaglia dietro la porta socchiusa: è un gio­ vane sui trent' anni, piccolo, con gli occhi vi­ vaci e un volto da bambino vanitoso. Non vuoi farci entrare, non è ora di visite, è solo, sta preparandosi la cena; ma insistiamo con tali preghiere che accetta di ascol tarci nel vesti­ bolo, sempre avvertendoci che non farà nul­ la per noi, a meno che n on gli portiamo « quell i della questura» che sembra l o osteg­ gino nella stia pratica di mago. C i indign ia­ mo contro i suoi nemici e infine placo i resti della sua diffidenza ammirando una riprodu­ zione in gesso di un fregio greco, che ha nel vestibolo: gliene dico l' autore e questo lo col­ pisce: non siamo dunque due avventurosi ma­ scalzoni, ma gen te « distinta», che capisce « le 44

cose belle » . Il nostro caso tu ttavia non lo in­ teressa, l o interessiamo di più noi, è chiaro. E se ora finge di ascol tarci è per non essere costretto a mandarci via. S i lascia anzi anda­ re a dirci della sua vita, dei suoi successi, de­ gl i ostacol i che deve su perare. Eccoci ben presto seduti su due pol trone viola, in un sa­ lottino deserto e tanto angusto che non pos­ siamo muoverei senza urtare nelle pareti. Ora siamo noi a essere diffidenti o, perlomeno, a sentirei a disagio. Magus ci lascia soli e ritor­ na poco dopo con una borsa di tela delle li­ nee aeree ital iane, da dove cava le sue ric­ chezze: catenine, anelli, un orologio d'oro, do­ n i di clienti soddisfatti; e titol i e l ibretti di ri­ spartnio, insomma il fru tto della sua arte. Ci confida che è stanco di lavorare in I talia, gl i hanno già offerto di trasferirsi all'estero. Uni­ sce il poll ice e l' indice e, levandoli in alto, in maniera da mostrarci a che cosa vuole allu­ dere, dice: Qy,esta è internazionale? Così la mia arte. Io campo dappertutto, cari miei, non ho b isogno dell'Italia » . L'ultimo sopruso che ha do\ruto subire lo fa fremere d' indign azio­ ne al ricordo. Aveva presso di sé, come segre­ tario, un giovane « tanto bravo ». Non gl ie­ l'hanno dunque rimpatriato, col fogl io di via obbligatorio? Ci conduce nella sua camera da letto a farci ammirare l a fotografia del gio­ vane, u n robusto contadinotto che, nella fo­ tografi a, presa in un vegl ione, appare assur­ damente in abiti settecenteschi, con una par­ rucca bian ca calata sugl i occhi, come se gli avessero dato uno scapaccione all'ultimo mo«

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mento. Ci parl a del giovane, l' aveva « ripul i­ to e affezionato »; gl i aveva dato un lavoro, no? Quando riportiamo il discorso sulla donna scomparsa, tentenna, si fa pregare. Non è la serata buona, è stanco, infine farà un tentati­ vo se noi (abbiamo detto di essere giornal i­ sti) gl i promettiamo di pubblicare un articolo su di lui e contro la pol izia. Desidera che l' ar­ ticolo appaia in prima pagina, sul giorn al e che il suo giovane amico, ora che è al paese, compra per tenersi al corrente di quanto suc­ cede a Roma. Promettiamo. Spiega allora un largo fazzoletto di seta a col ori e mi ingiun­ ge di stargli molto vicino (anzi la mia fronte deve toccare la sua) e di incoraggiarl o, man mano che procederà nelle sue rivelazion i, di­ cendo: « Bravo Magus! Forza M agus! >>: n ien­ t' altro. I miei incoraggiamen ti serviranno a « fargl i venire » il fluido, il fazzoletto a isol ar­ ci. Ce lo mettiamo dunque in testa, sino a co­ prirci le spalle, in modo da ricordare a Fe­ derico uno di quegli abat-j our di vimini che i caffè tengono d' e�tate sui marciapiedi; e l a seduta ha inizio. Il mago viene preso da un leggero eccitamento, si infiamma, parla e, sempre incoraggiato da me, rivela che l a don­ na è viva e che tornerà a casa tra poche ore. Non ci sono dubbi, l'ha « vista » . Ce ne dice anche il nome che (lo sapremo dopo) è quel­ lo esatto, non il diminutivo che conosciamo noi . Ai nostri elogi, il mago si commuove e mi abbraccia. Sollevando il fazzoletto di seta vedo Federico che dalla poltron a è scivolato sul pavimento e tenta di soffocare le risa, con 46

le lacrime agli occhi. Deve anzi fingere un im­ provviso mal di ventre per non offendere Ma­ gus, che ora non vorrebbe più lasciarci andar via. Per l e scale dobb iamo fermarci, presi da un' il arità che ci torce lo stomaco e ci impe­ disce di vedere gl i scal ini; un' ilarità infantile che per tutta la serata ci riprenderà a tratti. N é ci stanchiamo di ricordare questo o quel particolare. Quanto alla donna scomparsa, debbo aggiungere che l a notte stessa la pol i­ zia la riaccompagn ava a casa; e questo, ripen­ sandoci, non rende più affascinante il mistero di una magia povera e ridicol a di cerimonia­ le, forse fal sa e comunque assurda, che noi avevamo deriso? Che sia anzi questa la mo­ rale della storia? cioè che l' irrisione, lo scet­ ticismo sono già compresi nella profezia, la rendono meno mostruosa e infine la giustifi­ can o? Due giorni dopo, Magus mi telefona: ha saputo della donna ritrovata, è fel ice, ora aspetta l' articolo. « Lo sto scrivendo » dico vil­ mente. E lu i lasciando cadere una pausa pie­ na di sospiri, carezzevole e incredulo: « Ma lei, almeno, mi vuoi bene? ». Di uno scrittore incerto, P. dice che scrive ad orecchio, con un dito solo. Gli sposi salgono in treno. Lui è il tipo del prepoten te popolan o romano, con la bocca p iegata dal disprezzo, già disposto a litigare. Tenta di farsi credere non nuovo a questi 47

viaggi, all e cortesie dei camerieri, al silenzio degl i altri passeggeri, ma sbaglia subito: il suo tono è troppo disinvol to, provocante, tenta di aprire un vetro che non può essere aper­ to, strepita, fa cadere una borsa. La sposa è molto giovane, quasi una bambina, in cappel­ lo e cappotto nuovi : sembra che abbia preso gl i ab iti della mamma, per giocare. Siedono e tacciono a lungo. Man mano che il tempo · passa e la sera si distende sul paesaggio, ve­ do la sposa farsi più pall ida, rip iegarsi, sof­ frire. Rifiuta la cena, presa dal disgusto, lascia che suo marito mangi solo, voracemente, cer­ cando di sorridere quando lui la invita ad as­ saggiare un boccone, spingendoglielo sotto il naso: « E magna! >> . Adesso l'uomo fuma e guar­ da fuori dal finestrino la campagna buia: il vetro riflette il suo vol to scon tento. La don­ na lo osserva di sfuggita, sempre più invasa da un timore profondo, il timore della pros­ sima notte? Lo guarda comunque senza amo­ re, come se lo vedesse per la prima volta e fosse lei stessa sorpresa di andare con quel ­ l'uomo, tra noi passeggeri opachi e distratti, verso la fel icità. Volere è potere: la divisa di questo secolo. Troppa gente che « vuole » piena soltanto di volontà (non la « buona volontà » kantiana, ma la volontà di ambizione); troppi incapaci che debbono affermarsi e ci riescono, senz' altre attitudini che una dura e opaca volontà. E 48

dove l a dirigono? N ei campi dell' arte, mol to spesso, che sono oggi i più vasti e ambigui , un W est dove ognuno si fa la sua legge e la im­ pone agli sceriffi . Qui, la loro sfrenata volontà può esser scambiata per talento, per ingegno, comunque per intelligenza. Così, questi dispe­ rati senza qual ità di cuore e di mente, vivono nell' ebbrezza di arrivare, di esib irsi, impara­ n o qualcosa di facile, rifanno magari il verso di qual che loro maestro elettivo, che l i di­ sprezza. Amministrano poi con avarizia le lo­ ro povere forze, seguono le mode, tenendosi al corren te, sempre spaventati di sbagl iare, pronti alle fatiche dell'adulazione, impassibili davan ti ad ogn i rifiuto, feroci nella vittoria, suppl ichevol i nella sconfi tta. Finché la Fama si decide ad andare a letto con loro per stan­ chezza, una sola vol ta: tan to per levarsel i dai p iedi. D oppio equ ivoco: Il giovane di buona fami­ gl ia, retorico e generoso, convinto che la ra­ gazza perduta lo ami e di questo lusingato, decide il gran gesto di redenzione: la spose­ rà. La fam igl i a protesta, ma dovrà arrender­ si. Sen tiarno il parere della ragazza: « Lo ami? )). « Oh D io, )) risponde « amore proprio no, po­ veretto. Ma è tanto un bravo ragazzo, mi adora e poi piantarlo adesso sarebbe una cattiveria ». È lei, insomma, che si sacrifica per delicatez­ za; l'altro si sacrifica soltanto per ribellarsi al­ la società; o, megl io, per van ità. Un giorno si 49

rimprovereranno a vicenda questi sacrifizi, concludendo: « Che ingratitudine! » . Si ritiene che il Colosso d i Rodi sia crollato durante un terremoto. Questa non è tu tta la verità. Il Colosso di Rodi rovinò per le frasi che i turisti, insieme ai loro nomi, vi incide­ vano alla base e che, nei secol i, aumentando sempre di numero e di vol garità, ne minaro­ no la resistenza. Il terremoto fece sol tanto quel poco che restava da fare. Quel cane che va in motocicletta col suo pa­ drone e tiene le zampe ben ferme sul manu­ brio, guardando avanti a sé, senza distrarsi, ci fa ridere perché è convinto di essere un uo­ mo. Questa convinzione è diffusa tra i cani che, specie nelle città, tendono ad una con­ dotta antropomorfa: camminano sui marcia­ piedi , salutano dando la zampa, partecipano a concorsi, si nutrono razionalmente, col ti­ vano il senso della proprietà difendendo i lo­ ro giocattoli e le loro poltrone, esigono le loro passeggiate, trattano con distacco i domesti­ ci. Natural mente, sono un po' razzisti. L'uni­ ca attività che non li interessa è la politica. Durante i comizi, lo spettacolo più comune che è dato osseiVare è questo: cinque o sei cani che, nello spazio lasciato l ibero dalla folla, giocano spensieratamente, si annusano, si mordono, tentano di sopraffarsi, spesso in man iera indecente, insensib il i ai concetti ele50

vati che l'oratore in tan to va sviluppan do: Li­ bertà, Democraz ia, Giustizia, Una Migliore An1min istraz ione. Gl i applausi e le grida non li turbano, sanno di che si tratta. Ma ecco , scoppia un tumulto. Prima ancora che la po­ lizia in tervenga, i cani scappano come frec­ ce, sono già fuori tiro. Con tan ti can i che vanno ai comizi, avete mai sentito dire di uno che sia stato preso e picchiato? Il problema delle aree depresse interessa gli ital ian i mol to meno del problema delle aree convesse, come è dimostrato dal successo delle nostre attrici del cinema, o di tutte quelle che si presen tano per tal i. Piccolo discorso sulla disuguaglianza delle razze u mane. La portinaia vedendo passare una negra sospira e dice: Poverella! La stes­ sa portin aia, quando deve offendere qualcu­ n o adopera, secondo il caso, epiteti di questo genere: Quel morto di fame, quello sfrattato, quell o sfoll ato. L' aver fame, l' essere cacciato sul l astrico o allontanati dal proprio paese sono ai suoi occhi altrettante colpe vergogno­ se, giu dizi divin i che definiscono l a persona­ l ità della vittima e la mettono al bando. «

».

Le invasion i dei barbari essendo oggi impro­ b ab ili, l a N atura vi supplisce con le invasioni interne e legali: i Vandali sono all'Edilizia, At51

tila dirige la riforma agraria, i Goti aspetta­ no di andare al potere. Tutti mirano a distiUg· gere qualcosa perché il barbaro, sempre stu­ pido e impazien te, deve muoversi e fare, al­ trimen ti si annoia. In un cinema di paese (Ciociaria), seggo die­ tro una famiglia di benestanti locali, gente ar­ ricchita da poco. Il padre, la madre bovina e carica di collane d' oro, la figlioletta che fa su e giù il corridoio, il bambino di circa undici anni. Padre e figlio siedono accan to, stretti, si danno ogni tanto grossi bacioni. « A chi vuoi bene? » . « A te! » . Il padre è fel ice, orgoglioso del suo erede, che fa commenti volgari sul film: « Guarda quan ti soldi! » , oppure: « A p a' , quello è fesso! » . Il padre si vol ge a guardar­ mi, cercando la mia ammirazione. Scoppia di col po un temporale, la grandine picchia sul­ la tettoia del cinema, un tuono scuote la cam­ pagn a e si avvicina. Il bambino subito si ri­ fugia nelle braccia del padre, strill a, piagnu­ cola, si fa proteggere. Mi accorgo che è vesti­ to da grande, pantaloni lunghi e cravatta, i capelli lucidi di brillan tina e tenuti fermi da una forcina, ha un cronometro d' oro al pol­ so e all' anulare sinistro un grande anello d' o­ ro con lo stemma, che gl i orefici chiaman o chevalière. N o n riesco a dominare l a m i a pro­ fonda an ti patia per questo b ambino, che pu­ re non è nato così, che pure potrebbe salvarsi: ma come? Il benessere improvviso della fa­ miglia ne ha fatto un piccolo mostro di van i52

tà plebea implacabilmen te attaccato alla sua tribù . Mi ricorda Quaglia (o qualcosa di simi­ le), una recluta che arrivò al reggimento pian­ gendo e che per due mesi si aggirò nei cortil i sempre invocando la mamma. Quaglia era di questo paese, o dei dintorn i . La notte lo tro­ vavamo seduto sul letto: non si spogliava, spe­ rando che lo rimandassero a casa e tirava su col naso, immerso nella sua infel icità di vi­ tello. Ricordo che i compagni, per fortuna, co­ minciarono a prenderlo a pedate, accelerando il processo educativo della vita, ma Quaglia « non dava soddisfazione »: incassava le pedate e continuava a piangere. Un giorno, infine, lo trascinarono in una casa di tolleranza; e Quaglia, da quel giomo, assunse i languori di un convalescente e accennava persino a sor­ ridere: n on tuttavia per l' avvenuta iniziazio­ ne sessu ale ma perché là dentro aveva trovato il calore della famigl ia. Quando esco dal cinema, vado al caffè: ec­ col i qua, i bamboccioni di casa, cresciuti at­ torn o al bigl iardo, nel loro cifrario di scherzi: tu tti « mammaroli », come dicono al mio pae­ se di un ragazzo viziato. Per debolezza o in­ cl inazione n aturale hanno accettato l'amore esclusivo e feroce dei genitori, vi si sono ada­ giati, lasciando decidere a loro su tutto ciò che l i riguarda: amicizie� carriere, amori; e assu­ mendone l a gretta filosofia, tutta volta alla consetvazione, al disprezzo per i poveri (lo so­ n o stati), al conformismo. N o n sono nemme­ no fascisti, perché può esse,re pericoloso e richiede un certo impegno. E certo difficile, 53

vivendo qui, vincere la dolcezza dell' irrespon ­ sabilità, rifiutare la pappa pronta: e perc iò questi giovan i attorno al bigliardo, che si dan ­ no scapaccion i scherzosi, urlano e citan o gl i eroi della radio, hann o tu tti l' aria di prigio­ nieri incan agliti in un benessere senza spe­ ranze, reso anzi losco dalla paura dell' eva­ sione, che in famiglia sono riusciti a in cul­ cargl i. Una sera del '43, da De Pisis con al cuni am i­ ci (Ardu ini, Tamburi, Gazzera; e ci siamo an ­ che io e Santangelo). De Pisis parla della su a pittura, senza darle importanza, come un si­ gnore delle sue terre. Arduini scherzando fa allora il conto dei quadri che De Pisis ha di­ pinto in trent' anni : « Mettiamo due quadri al giorno, settecento l' anno, in tu tto circa ven­ timila quadri! » . « Ah no, » risponde De Pisis « ho dipinto faticosamente un quadro a,ll' an ­ no » . Poco dopo, Santangelo uscendo: « E una risposta mol to bella, però avrebbe dovu to at­ tribuirla un pochino anche a M orandi » . Famiglia con padre conservatore, figlio mag­ giore comunista, figlio minore fascista, ma­ dre monarchica, zio prete, figlia mantenu ta e senza idee politiche: si sfidano tutti gli even­ ti. Maometto dice: « La varietà delle opinion i è un segno della benevolenza divina » .

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L' attore fa della sua cattiveria 11n « numero )) . E in campa �a, in una misera fattoria a girare un film. E vestito da soldato e una vec­ chia lo guarda commossa perché lo crede real­ men te un soldato ed un suo figlio soldato è stato in guerra. Lo accarezza e lo bacia. L' at­ tore, plebeo, decide di divertirsi. Le chiede se ha fatto col azione. « Un pezzo di pane e un' insal ata )> risponde la vecchia. L' attore la rimprovera. Come? Ha visto ben issimo, lei in cucina che man giava cose prel ibate, budin i, pollo arrosto, aragosta, tortellini, caviale, cre­ ma vanigl ia! La vecchia sorride e scuote la te­ sta, n on con osce nemmeno il sign ificato di certe parol e e insiste, per convincere gl i al­ tri: « Un po' di pan e e un' insalata ». L' attore fa il cipiglio. « H o visto tutto! Ho visto anche che stavi facendo l' amore con quel giovanot­ to » . La vecchia resta sopraffatta, si allontana non sa nemmeno se per vergogn a o per sfug­ gire ad un castigo. Tutti ridono, meno l' atto­ re. H a una faccia da uovo sodo, risul tato di uno sforzo (che suppone el egan te) per restare serio. '



Ogn i giorno si ha notizia di un tale che ucci­ de la propria mogl ie. La cosa è diven tata da tempo tanto normale che ann i fa un giorna­ le roma n o uscì con questo titolo: « Uccide la suocera scambiandola per la moglie ». Le vit­ time sono tutte brave donne. Se ne potrebbe arguire che la bontà della moglie è un rimorso insopportabile, da eliminare fisicamente. Co55

sì, le mogli buone vengono uccise, le mogli cattive campano a lungo. Cercare l'origine del male nella madre: non ci hanno forse costretti a far soffrire la madre buon a e a restar vitti­ ma della madre egoista? In real tà, l'uxorici­ da è quasi sempre un matricida ritardatario. In un cinema di quartiere, durante la com­ mediola che precede il fil m. Vecchio fon dale di carta che per i lunghi trasferimenti mostra i segni delle piegature, come un enorme re­ ticolo. Due sedie, un tavolo e un armadio. At­ tori romani poverissimi ma padroni del pal­ coscen ico, non strafanno, mostrano anzi una certa iron ia verso l a loro stessa condizione. « Sei un fesso » dice un attore ali ' al tro. E que­ sti, guardando la platea, calmo, con triste ras­ segn azione: « Ecco. S'è già sparsa l a voce » . Altro dialoghetto: « Vuoi farmi intendere che tu conosci il francese? » . « D i vista » risponde l'al tro, quasi scusandosi. Il finale della com­ media: la moglie sentendo rien trare il mari­ to, chiude l'amante nell' armadio. Entra il ma­ rito stanco e corrucciato. Beve un po' di vi­ no, si pettina, prende un giornale, lo butta via quasi sub ito. Chiede un po' di soldi alla mo­ gl ie, che si affretta a dargl iene. Indugia an­ cora, creando la tensione col suo silenzio. Piccol i gesti, tic da grande attore. Poi, passan­ do davanti all' armadio si sofferma, vi batte leggermente con le nocche, dice piano: « Buo­ na sera » ed esce. Cerco il nome dell' au tore sul manifesto: non c'è . Ecco: o il teatro dei 56

grandi secol i, o « l a parola », o questo teatro anoni mo, rionale, improvvisato sera per se­ ra da generazion i di attori generosi e sfortu ­ n ati. M a quell a commediola moderna che eccita tutti i vizietti dei nostri attori, che esalta le loro vanità, i loro vestiti, il loro arredamen­ to, il loro piccolo gergo, no. Infiora il suo discorso di parole ciUde ma non è mai volgare perché egl i cerca l'efficacia, l'i­ casticità del discorso: usa quelle parole come interiezion i e senza di esse ogn i frase gl i re­ sterebbe a mezzo, stranamen te pudica. Que­ st' altro invece è volgare perché usando lo stesso repertorio, per imitazione, vuoi dimo­ strare soltanto l a sua spregiudicatezza. Co­ munque, le parole volgari non sono sempre quelle che si ·r iferiscono a cose o a funzion i naturali, perché esse non possono evocare più di quanto indicano filologicamente. La vol­ garità comincia con l ' allusione compiaciuta, che abbassa il sign ifi cato delle parole al livello di chi le pronuncia e da innocenti le fa di­ ventare sospette e colpevoli. Così la parola so­ gno detta da una ragazza, perché sappiamo a quali sentimen tal ismi allude; la parola feli­ cità nelle canzoni, perché è evidente che l'in­ fel ice autore cercava una tronca; la parola pubblico, detta a garanzia di essere nel giu­ sto da chi aspira al successo e vuoi giustifi ca­ re le sue opere. Per non parlare di quel gergo di certi letterati, preso dal vocabolario com­ merciale e tanto efficace quando è usato nel57

le banche: val ido, utile, puntuale, matu rato, scadu to, scon tato, eccetera; che rifl ette il di­ sagio di chi ha sbagliato carriera. La brava servetta aveva una sol a amb izione: diventare attrice. Lo divenne e fece male le parti da servetta. B . , romano, uomo che ha fatto di tutto nella vita e ha molto viaggiato, mi racconta di quan­ do �i trovò in una palude del Mato Grosso con un suo socio in affari. Avvenne l'incidente che avevano sempre temuto: il socio restò impa­ n iato in certe sabbie mobili e, spaventato, co­ minciò a gridare. « Io >> dice B . « gli gridai di star calmo, di non muoversi, lo incoraggiai e gli detti molti consigli. S tetti lì una decina di minuti a dargli consigli. Tu credi che mi sen­ tisse? Neanche per sogno. Dopo il primo spa­ ven to, se ne stava fermo, gl i occhi sbarrati, a guardarmi! Io gli gridavo di fare questo e quello e lui mi guardava! Insomma, sparì. Be­ ne, dissi io, fa' un po' come ti pare! » .

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TACCUINO 1 954

Stile del giorno: - Apriamo un giornale: gl i el ogi e su perl ativi sono per gli attori e i cam­ pioni dello sport: di loro tutto dobb iamo co­ noscere, e con simpatia. La censura e le offese sono per gl i uomini pol itici: di loro dobbia­ mo sapere che hanno tradito, tradiscono o tradiranno. Gl i insulti atroci sono per colo­ ro che hanno voluto la Libertà: e si possono insultare impunemen te perché c'è la libertà di stampa. La n otorietà sostituisce la fama. Il noto mi­ l iardario, in un' automob ile di una nota mar­ ca, va a spasso con una nota attrice. I setti­ manal i notano l'avvenimento, parlano di ma­ trimonio. Il noto miliardario e la nota attri­ ce smentiscono. I settimanal i pubbl icano al­ lora le loro biografie. E così di seguito. Si cer­ can o nuovi miti. B . potrebbe essere coinvol to in uno dei pros­ simi scandal i, lo teme e lo desidera. Per que­ sta eventu al ità ha messo da p arte le sue mi­ gliori fotografie. Prima di addormentarsi, cer­ te volte, immagin a le risposte che darà al pro59

cesso: sono tu tte piene di spirito, con una punta di cin ismo. P. mi fa visitare il suo puovo appartamen to. Usciamo sulla terrazza. E molto soddisfatto del panorama. Pun tando il dito verso l' orizzon­ te, comincia: « Che vista magn ifica, vero? Ec­ co, laggiù il Soratte can tato da Orazio; e, poi, Tivol i, i mon ti Alban i, Rocca di Papa. Domi­ niamo tutta Roma » . Gli domando che c'è dal­ l' altra parte. Risponde: « Dall'al tra parte? Oh, n iente, c'è il panorama di servizio » . Ciò che commuove in certi giornali è che par­ lano ancora del gen io della stirpe. Tutti ge­ n ii e tutti immortal i . Anche per gl i statal i \'orrebbero la tredicesima immortalità. Raccon to romano: - Il distin to professioni­ sta, animo elevato, quarantenne, sdraiato nella gommapiuma del suo ampio divano nel lus­ suoso salone del sign orilissimo pentacamere livel terrazzo, aspettava l' ab ile riservata ven­ tiseienne massaggiatrice; solo distraendosi al pensiero di poter permutare ratealmente l a sua seminuova ventimila percorsi con vera oc­ casione gran turismo; e dando ogn i tanto un' occhiata alla tuttofare veneta bella presen­ za che riordinava, can ticchiando, i biservizi.

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Esami di giorn al ismo: « Lei è cron ista? Mi di­ ca qual cosa della Testimone >> . « Indossava un abito di seta viola con borsa e guan ti neri e scarpe al te di camoscio » . « E il Presiden te? » . « Il Presidente è sceso dalla sua Fiat 1 400, tar­ gata Roma 1 79553 » . « E l'Avvocato? » . « Indos­ sava un vestito grigio scuro di flanella con cravatta nera ed è sceso dalla sua Fiat 1 1 00 grigiol atte targata Roma 1 82 1 00 » . « Passiamo allo sport. Descriva liricamente qualcosa ». « La difesa è un sol uomo, un sol cuore, ann ienta se stessa nello spasimo di un finale che bru­ cia e travolge » . « Sia lirico e patriottico ». « Un­ dici macchie azzurre, centomil a cuori che dagl i spal ti gridano nel solenne tramonto un sol nome: I tali a! ». « Sia lirico e pessimista ». « Il sole si nascose tra le nubi quasi temesse di tur­ bare con la sua presenza la mesta cerimonia » . « S ia l irico e ottimista ». « Verso l a fine della mesta cerimon ia un timido sole invernale squarciò le nub i, quasi a porgere il suo estre­ mo saluto ». « Bene. Torniamo alla cronaca. Se avessi un' amante, che cosa sarei? ». « Un ma­ turo D on Giovanni ». « E se fossi anche pove­ ro? » . « Un D on Giovanni da strapazzo » . « Chi era D on Giovanni? » . « Un prete, immagino ». R. non ha letto nulla m a ha visto il film. T. è un generoso: aspetta di vincere una l ot­ teria per cedere il suo posto a un disoccupa­ to; aspetta l ' alluvione per dar via il cappotto 61

vecchio; aspetta la prossima guerra per pian­ tare la moglie. Attorno ad un'edicol a sacra, in piazza S an Bernardo, leggo: « Per grazia ricevu ta. Grazie, Madonn ina ». « Per grazia da ricevere. Grazie, Madonna » . « Per grazia prontamen te ricevu­ ta. Grazie » . Un postulan te ha scritto sulla sua targa: « Per altre due grazie da ricevere », e non ha aggiun to nemmeno i ringraziamen ti. Or­ mai si sente di casa. F. ha un gran rispetto del l a pol izia ital ian a, dice che in massima parte è formata di in tel­ lettual i. Una vol ta andò in un commissaria­ to, dove l' avevano chiamato. Nell' anticame­ ra a ricevere i visitatori c' era un agente che stava leggendo un l ibro. Gl i indicò , senza le­ vare gli occhi dal l ibro, una stanza. In quel­ la stanza F. trovò due agenti che l eggevano ognuno un l ibro. Gl i dissero di passare dal « dottore » . Il « dottore » stava scrivendo un l i­ bro e lo intrattenne benevolmen te, parlando di letteratura. Ritrattino: - Sempre distratto, si innamora­ va a prima svista. Colmava sua mogl ie di di­ sattenzioni. Distrasse anche una certa somma.

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S tile di sinistra, una vol ta oratorio, oggi bu ­ rocratico. Cerco di im magi11are i comun icati che saranno « diramati » se un giorno, in Ita­ l ia, si farà l a rivoluzione: « Doman i im proro­ gab il mente all e ore 7 precise avrà in izio la Rivoluzione. Ricordiamo che l'azione non do­ vrà essere in terrotta per l'ora del pasto ma prosegu ita sino alle ore 22. Per i partecipan­ ti funzionerà un servizio d'autobus notturno ». Oppure: « Durante l' insurrezione di ieri è stata notata la deficiente attrezzatura di alcune bar­ ricate, che ha compromesso il buon esito del­ l'azione. Per la prossima insurrezione si tenga presen te che una buona barricata richiede il sacrificio dei mobili di casa » . O , infine: « A cau sa del cattivo tempo l a Rivoluzione è sta­ ta rinviata a data da destinarsi » . I fascisti amano il calendario. Quando non sanno che cosa celebrare si sentono infel ici. Una vol ta celebrarono persino il primo an ­ n iversario di un cinquantenario. Quel giorno che ci sen tiamo a sinistra basta l a lettura dei giorn ali di sinistra a salvarci. Se pendiamo a destra, ecco in nostro soccorso i giornal i di destra. Una vol ta ci svegl iammo con qualche dubbio sulla l ibertà di stampa: avevamo letto troppi giorn al i. Arrivò imme­ diatamente il posti110 con una rivista illustrata che si pubbl ica nella Germania comunista e 63

che ci viene inviata gratis per convincerc i di come si vive bene sotto quel regime. Sfogliam­ mo la rivista: la notte stessa sognavamo di fug­ gire nell'altra Germania, l'Occiden tale. Eppu­ re, quella rivista era un inno alla Gioia. C'e­ rano mol te fotografi e a testimoniare come tutti laggiù fossero fel ici. Operai sorriden ti stavano al torn io; altri collaudavano macch i­ ne utili, sorridendo; minatori sorriden ti scen­ devano nelle miniere; famiglie di operai sor­ ridevano nei l oro l indi appartamen tin i; al tri ope: ai, vestiti a festa, ascol tavan o sorriden ­ do Cajkovskij o I masnadieri di S chill er, reci­ tati da attori popolari e sorridenti; molti al tri operai sorridevano all' idea di andare in va­ canza e ci andavano, contenti, in gtUppo; ope­ raie sorridenti preparavano profumi e co­ smetici per la cl asse operaia; un nonno ope­ raio raccontava infine, a due frugol etti, fiabe russe ispirate alla Gioia e alla Vita. E i frugo­ letti sorridevano. Furono insomma quei sor­ risi a convincermi che Orwell ha sbagl iato il suo 1 984 , mostrandoci, sotto la dittatura, un'uman ità tetra e spaurita. Non è così : nel­ le dittature popolari tutti sorridono, sempre. Si può obiettare: Megl io! - Nient' affatto. La condanna a sorridere è più feroce, insoppor­ tabile, agghiacciante di quella ideata dallo scrittore inglese, che ci permetterebbe alme­ no di restare seri. Se ne può dedurre che Or­ well non aveva grande immaginazione, tale da superare la real tà di una dittatura. Non ha saputo vedere quel che un semplice funzio64

nario della Propaganda sovietica ha real izzato: i « suoi >> person aggi costretti a dormire con la paura che il loro sorri so possa spegnersi n el son no. Esami di moral ismo: « Lei è moral ista? Espri­ ma un giudizio ironico sugli ital iani » . « S ono dei dongiovanni sul piede di casa che all'e­ stero si lamentano del cattivo caffè e a casa consumano più brillantina che carta » . « Be­ ne. D efinisca scherzosamente la situazione po­ litica in Italia ». « La situazione politica in Italia è grave ma non è seria » . « Ne dia un giudizio più amaro » . « S ono un sincero democratico, ma certe cose mi fanno arrossire di rabbia e di vergogna: penso, pertanto, che gl i italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura » . « Accenni con - disinvoltura al suo passato fa­ scista » . « Ero studente, allora, e la mia attivi­ tà si ridu ceva a svol gere 1..1 n ' azione tanto in­ genua quanto inascoltata in seno alla mia or­ ganizzazione » . « Accenn i, con prudenza, alla sua attività di partigiano » . « Fu sol tan to negl i ultimi tempi che ebbi l'onore, ché tale l o con­ sideravo, di partecipare ad un modesto mo­ vimento: il mio, debbo dire malfermo, en tu­ siasmo, e la mia azione critica, non furono tut­ tavia graditi » . « Magnifico. Adesso sia spirito­ samente an ti patriottico » . « Come Sa turno, di cui portava ab antiquo il nome, questo paese non riesce a perdonarsi di averci dato i nata­ li » . « Una domanda facile: che cosa fa lei, ogni volta che va in treno? » . « Scrivo un pungente 65

articolo sui miei occasionali compagn i di viag­ gio ». « Mettendoli in ridicolo? ». « Sì, et pOtlr cau­ se! » . « Come, se è lecito? ». « Riportan do i l oro discorsi e sottol ineandone l' assenza di l ogi­ ca, di senso politico, di serietà, e di educazione civile e patriottica ». « Quali sono i suoi per­ sonaggi preferiti? » . « Sono l ' industriale mil a­ nese, il qualunquista, il democratico di sin i­ stra, il deputato meridionale, il funzionario dello S tato, l'ex paracadutista e il sign ore che non vuoi compromettersi » . « Che con tegn o tiene lei, durante queste discussion i? » . « Iro­ nico e riservato » . « Frequenta lei i salotti? » . « Forcément, per studiare la decadenza delle classi borghesi » . « Frequen ta. le case di toll e­ ranza? » . « Per studiare la spaventosa condizio­ ne delle mercenarie » . « Frequenta i ristoran ti alla moda? » . « Per bollare, nei miei scritti , l e persone che occupano gl i al tri tavol i » . « Co­ me sono queste persone? » . « Sconten te, gras­ soccie, annoiate, volgari e sentimental i » . « Va al cinema? » . « Sì, per dormire: Grato m'è ' l sonno, davan ti alle penose e spesso immora­ l i esibizioni dei n ostri registi » . « E a teatro, ci va? » . « Ci andrei, ma non sopporto gl i inter­ vall i » . « La ragione, prego? )) . « Negl i interval ­ l i gli spettatori discu tono di argomenti che non conoscono )) . « S ia pun gente n el descri­ vere un tabarin » . « Ah, questi templi del no­ stro col onial ismo, dove i figl i dei commen­ datori indossano surplus di guerra, citano au­ tori che non hanno mai l etto e dove dome­ stiche l icenziate e promosse b allerin e si agi­ tano in penosi ten tativi di danze cariocas » . 66

« Perché frequenta i bar alla n1oda? ». « Per stig­ matizzare garbatamen te coloro che si ostina­ no a frequentarli ». « Vuoi farci un esempio? ». « Eccol i là, appoggiati al bar, parola che non sanno derivata dall' ital ianissima barra, men­ tre ingurgitano misture che non gustan o af­ fatto ma che danno al loro sacrifi cio un tono di esterofil o snob ismo » . « E se i cl ien ti bevo­ n o aranciate? » . « Al l ora compiango l ' ital iano medio che, a differenza dell' homn nordicus, non sopporta l' al cool » . « Molto ingegnoso. Mi de­ scriva il Commendatore » . « Pall ido, grassoc­ cio, il Commendatore si passò la mano sull a guan cia polverosa di tal co » . « Adesso m i de­ scriva l'Oratore Avversario » . « L'Oratore Av­ versario si alzò, offrendo alla luce la sua barba di due giorn i, agitò le braccia troppo corte e cominciò a parlare col suo accento che tra­ diva una lunga permanenza, e forse addirit­ tura l a nascita, in una regione dell'ex Regno delle Due Sicil ie » . « Molto pungente. Vuoi dir­ ci ora quali sono le parole che lei adopera più spesso nei suoi scritti, nella convinzione che facciano ridere il l ettore? ». « Sono: artistoide, cinematografaro, goliardo, untorello, scritto­ rello, aficionado, politicastro ». « E quelle che adopera nella convinzione che facciano pen­ sare? ». « Sono: Stato etico, élite, scoliaste, Sum­ ma, refoulement,facit indignatio versum, monade, Krafft- Ebin g » . « Cita mai Freud? ». « Se vi so­ no costretto, adopero questa perifrasi: Anche il più sprovveduto lettore del medico viennese sa che, eccetera . . . » . « Qual è il suo aggettivo preferito? » . « Oxon iano, che sign ifica: di Ox67

ford » . « Ancora uno sforzo. Com'è il malco­ stume? » . « D ilagan te ». « E gl i scandal i? ». « Uno squall ido segno dei tempi ». « E andrebbero? ». « Prevenuti, più che repressi ». « Come? ». « Sen­ za troppo scal pore di stampa » . « Ben issimo. Adesso qualche esercizio. Vada un po' a de­ stra » . « Anche quel poveruomo di Mussol ini, nella sua disgraziata lungi rp iranza ... ». « Basta. Vada un po' a sin istra » . « E forse la giu stizia più urgente della l ibertà? Me lo domando: e nei l oro occhi vedo la risposta » . « Adesso si tenga al centro » . « Il Presiden te, quest'uomo che conosce l' arte di sorridere a tempo ... » . « Vada un po' in al to » . « La sua Bianca Figura apparve al balcone e la piazza fu tutto un tuo­ no di applausi e un volo di colombi, angeli­ camente spaventati » . « Bene, siamo all a fine. Il suo autore preferito? >> . « Selmosson , detto "Raggio di luna" , mezz' ala dell'Udinese, au­ tore di moltissimi goal » . « Che impertinen­ za! Lei dunque non rispetta n iente? » . « Ah, sì! I monopol i, i gran di giornal i e la Radio. Quest'ultima, beninteso, da quando ne faccio parte » .

Due o tre soluzioni Prima soluzione: - N iente mi commuove quan to la vita dei piccol i scrittori dimentica­ ti. Alessandro Manzoni, per esempio. Manzo­ n i? Chi era costui? Perché la sua fama non ha varcato il secolo in cui visse e le mura dell a città dove nacque? N on sappiamo risponde58

re. Sappiamo sol tanto, grazie ad un modesto e altrettanto dimenticato biografo, che il Man­ zoni era poverissimo. Giovane e desideroso di affermarsi, scrive il suo primo romanzo, Gli sposi del Lario. N o n ne è soddisfatto; vorreb­ be riscriverlo, ma le cure famil iari lo costrin­ gono invece ad accettare l e proposte di uno stampatore, per il qual e , sotto fal so nome, scrive altri romanzi di più facile smercio, quali La perseguitata del N avigl io e Il Masnadiero della Pusteria, ossia l'Innominato; nonché La Monaca mal edetta. Il successo di questi libri è volgare qu anto effimero. Col poco denaro che n e ricava, Manzoni pensa di potersi de­ dicare al « SUO » l avoro prediletto. S tretto, in­ vece, dal b isogno, deve firmare un contratto col suo stampatore per scrivere sei romanzi l ' anno. Accetta: perl omeno è il pane assicu­ rato. D opo il primo romanzo, Manzon i rom­ pe il con tratto. Riprende Gl i sposi del Lario, che chiama Fermo e Lucia, e decide un sog­ giorno a Firenze, « per risciacquare i suoi pan­ n i in Arno » . Dopo pochi mesi ha scritto i primi capitol i, ma il denaro è fin ito. Ormai stanco e amareggiato, il Manzoni abbandona l a famigl ia in miseria, si rifugia a B rusugl io, presso certi suoi poverissimi parenti e, nel du­ ro invern o del 1 840, riscrive il suo romanzo, nella redazione che purtroppo è andata per­ duta. C ambia il titolo: I Promessi Sposi. E il cu­ rato di Bru sugl io, uomo di gusto l etterario, che ha occasione di leggere il manoscritto, ne p arlerà p iù tardi come del « capolavoro dell a n. a rrativa ital iana d i tutti i temp i » : giudizio 69

iperbol ico cu i certo fa vel o l' amicizia che il Manzon i professava al sacerdote. Com'è no­ to, il manoscritto dei Pr:omessi Sposi fu dato alle fiamme dal Manzon i stesso, in un accesso di quel furore che lo avrebbe condotto, per l e molte privazion i, ben ché in età ancora val i­ dissima, all a morte. Le sue ossa fin irono nel­ la fossa dei poveri. La sua vedova risposò il fortunato romanziere T ommaso Grossi, che è giustamente considerato il padre del roman­ zo storico ital iano. Seconda soluzione: - Il cinema non è diffi ­ cile, ma assurdo. Immaginiamo che il M an­ zon i debba scrivere i suoi Promessi Sposi nelle stesse condizioni in cu i abitual men te l avora un regista. Egli, pieno di en tusiasmo, espon e l a storia del suo romanzo: piace, ma gl i os­ servano che alcun i personaggi è bene tenerl i in secondo piano, al tri invece approfondirl i . Inutile insistere, per esempio, su Don Abbon­ dio, satira troppo evidente dei nostri parro­ ci, sarà bene invece spiegare l' avventura della Monaca di M onza, che ha il suo fascino. La peste, serve? N o n piace al pubbl ico e deni­ gra l'Italia, anche se si tratta dell'Italia del ' 600. La sommossa milanese è utile? N on fa un pa­ chino il gioco dei comunisti? In più , è certa­ mente costosa. B asterà appena accennarvi di sfuggita. Bene l'Innomin ato, non potrebbe però essere un pirata? U tilizzeremmo le n avi del Corsaro. E Lucia? Non è scialba? Con tutte queste belle ragazze che abbiamo! C i tiene 70

proprio a Don Rodrigo? Se ci tiene, lasciamo­ lo, ma che sia n1eno prepoten te. Basta, rag­ giunto un faticoso accordo, il Manzon i pas­ serà alla stesura del romanzo. Gl i annuncia­ no che potrà cominciare l' indomani, alle due, sulle rive del lago di Como. Sulla piazza prin­ ci pal e di Lecco, il M anzon i trova un tavol o con un cal amaio e fogl i di carta. Tutt' in tor­ no, i tecn ici e una foll a di curiosi che si fati­ ca a tenere a bada finché non arriva la polizia e stende i cordon i. Benché innervosito, il Manzon i si accinge a scrivere; ma, ecco, il ta­ volo traball a. « N o n i m porta, dottore, » gli di­ cono « vada avan ti egualmente, domani se ne troverà un altro » . Il Manzoni comincia: « Quel ramo del lago di . . . » . Impossibile scrivere « Co­ mo » : mancano l e « C » . « Lasci perdere, dotto­ re, scriva Lomo o Tomo, poi accomoderemo ». E così di seguìto, fermandosi ogn i tanto. Che si aspetta? La luce non è buona. Poi è l a vol­ ta dei « bravi » , che ritardano. S opraggiunge invece il produttore, che si raccomanda: « Fac­ ciamo presto, caro Manzon i, tanto il pubbli­ co a queste cose non ci bada ». Il Manzoni con­ tinua a scrivere, arriva all a meno peggio alla fine del cap i tolo; è triste perché sa che non potrà riscriverlo, né correggerlo. « Benissimo » dice il produttore entusiasta. « D omani scri­ veremo il capitolo x x nel castello dell' Inno­ minato. Tutto pronto? » . Morale delle soluzioni precedenti: - I l genio è n el carattere. 71

TACCUINO 1 955

Rapida visita alla Quadriennale. La buona vo­ lontà sostituisce spesso l'ingegno. I giovan i hanno quasi tutti il coraggio delle opinioni al trui. Nella maggior parte, non hanno nien­ te da dire ma lo dicono lo stesso e corrono avanti per non restare indietro, fastidiosa­ mente, come i cani nelle passeggiate, spaven­ tando i gatti e abbaiando all e au tomob il i. Perciò, si credono all' avanguardia: ma è un'a­ vanguardia riconosciuta dallo S tato. Questo dei pittori non è uno degl i aspetti meno tri­ sti della nostra disoccupazione giovan il e. In una sala incontro un vecchio amico che fi­ nalmente « espone :> : un nudino. Si riconosce anche la modella. E molto conten to e in fon­ do lo invidio. Si è dato alla pittura per vede­ re le donne nude, come quei timidi che nel '45 si iscrivevano al Partito comunista speran­ do che, in quella confusione di belle ragazze di cellula, ci scappasse di fare all' amore. Nella vetrina di un l ibraio mi colpisce il tito­ lo di un libro: « Il comportamen to sessuale della nonna » . Entro per comprare il l ibro. Che delusione, si tratta solo di una mia svi­ sta, il l ibro in realtà tratta del comportamen72

to sessuale della donna. Lo sfoglio egual men­ te: è un volume pieno di diagrammi, di un erotismo statistico degno di questa epoca sta­ tistica. Immagino che si debba leggere « co­ me un romanzo » . Comunque, sarebbe stato meglio intitolarlo: « Il comportamento sessua­ l e dell' angelo della casa » . Più corretto, pen ­ so, in un paese dove la > autori, che esalta, pronto tra qualche anno a vergognarsene, co­ me ora si vergogna un poco di Kafka ( 1 942), di Sartre ( 1 946), di Genet ( 1 950). Qualche vol­ ta ha un dubbio: torn are indietro, ai classici? Ma da che parte si comincia? Avanti, allora, sempre avanti. S i alzò , si versò un bicchiere colmo di whis­ ky, lo bevve di un fiato. Se ne versò un al tro, poi sedette e accese una sigaretta. Prese il te­ lefon o e formò un numero. Mentre attende­ va che gl i rispondessero, si versò ancora del whisky, ma prima di buttarlo giù ne osservò con troluce l a trasparenza. Fece una smorfia, nessuno rispondeva alla sua chiamata. Di nuo­ vo si alzò, buttò via la sigaretta e guardò fuo­ ri della finestra l'en orme réclame del whisky che troneggiava sul tetto della casa di fronte. Prese la bottigl ia che era sul tavolo, la vuotò 73

d' un fiato e si gettò di peso sul letto, aspet­ tan do che il romanzo pol iziesco, di cu i era il solerte protagon ista, fin isse. Illu stre Professore, in qu esta lettera trove­ rà accluso un assegn o di l ire cinquan tam il a, che mi permetto inviarLe a sal do del Suo onorario. M en tre La rin grazio per l e Sue at­ ten te cure, che mi han no grandemen te gio­ vato a superare il mio depl orevol e esau ri­ men to psichico, La prego di crederm i, per sempre, il Suo riconoscente e devotissimo Na­ poleone IV. Leggo sui giornal i: Grazie ad una rel iquia del­ l 'abito del cardinal e S chu ster, una ragazza si svegl ia dal letargo in cui era piombata da qua­ ranta giorn i. S i parl a di miracol o. Purtrop­ po, la ragazza resterà paral izzata. Leggo an­ cora: La Madonna « avrebbe intercesso » pres­ so il suo D ivino Figl iolo, Gesù, « affinché si tnostrasse » al Pontefice. Gesù « non appari­ va » ad un pontefice dal . . . e segue la data, che non ricordo. Tu tto ciò scritto come io l o ri­ peto, nello stile dei corrispondenti di provin­ cia che segnalano l � visita del ministro al­ l' acquedotto l ocale. E l o stile che sfida il ridi­ colo. Viviamo talmen te nel soprannaturale governativo che non ci meravigl ieremmo di leggere che l'antiprotone è apparso in sogno a Padre Gemelli. Qualche anno fa, in un paese della costa amal74

fi tan a, Rossellini n1i portò a visitare un pic­ colo convento dove un vecchio frate, cara e onesta persona, « vedeva » la Madonna. Gl i al ­ tri frati ne sorridevan o e ci incitavan o a far dornande al compagno. S eguì un in terroga­ torio lieto e, senza irriverenza, scherzoso. Però quando don1andai: « Vede spesso la Madon ­ n a? >> il vecchio frate rispose secco: « S pesso e vol en tieri >> . Egl i era an che autore di poesia­ le delle qual i ricordo, ahimè, soltanto questa: « D al mio fi nestrino l Io vedo un balconci­ no l Con sopra due testine l Di Padre Raffae­ le C an itano l Appartenente al nostro ordine francescano » . Furono questi versi a metter­ mi il dubbio che il frate vedesse molto più di quanto fosse dato di vedere a noi incredul i di passaggio. P iù tardi sepp i che il poeta per testine in tendeva, l atinamente, vasi di terra: tutto fu p iù chiaro, ma debbo con fessare che mi dispiacque. Oggi, l ettura attenta di un giornaletto di fan­ tascienza. Come resteranno male i nostri ra­ gazzi quando, invece di sal pare in astronave all a conquista di al tri pianeti, saranno man­ dati all a terza guerra mon diale, con le sol ite scarpe di cartone. S erata di p ioggia, vado in un cinema di peri­ La « brava genè umida e calda. feria. La sala . . . te » st annota o amoregg ta, eppure e per un pubbl ico simile che si fanno film simil i. Se'

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miramide, la « cortigiana », è una bella ragaz­ za americana, pulita, inodore, d' intell igenza media, contenta di fare un fil m in Ital ia. Sem­ bra un fiore incartato, rispetta tissimo dai no­ stri generici. Ad un certo punto le fanno dire, essendo lei prigion iera del re assiro che la vuole sposare: « Ma io vogl io vivere la mia vi­ ta! ». Alla fine, la portano al rogo, come Gio­ vanna d'Arco. Indossa persino una lunga tu­ n ica grigia e sfran giata. Le scene della reggia e di Babil onia in genere si svolgono in quei pal azzi di marmo bianco ideati da Piacen tin i per l'Esposizion e Un iversale, verso S an Pao­ lo. Iron ico destino di questo cen tro edil izio fal so come un progetto e adibito ormai a con­ gressi, fiere, esposizion i e ri prese di film sto­ rici: ve ne girano due o tre l'anno, tutti di que­ sto tipo. C'è un po' di confusione, in giro. D ice M az­ zarella: « Le signore vogl iono diventare scrit­ trici, le scrittrici vogl iono diventare amba­ sciatori, gl i ambasciatori scrivono poesie, i poeti dipingono e i pittori si lamentano di es­ sere in troppi » . E, come se non bastasse, il pubbl ico vol gare diven ta sempre più esigen­ te con se stesso, v-u oi capire tutto e vi riesce. N on ride più dell' arte d' avanguardia, come faceva una volta, perché il C inema promette di spiegargl iela, con le biografie, come un fe­ nomeno romantico e nelle vetrine dei gran­ di magazzini l ' avan guardia è di casa. 76

D o men ica, piazza S an P ietro, ci11que preti prendono il sol e. Uno di essi parla con tinua­ mente e dev'essere anche di molto spirito per­ ché gl i al tri ridono. Uno, però, forse punto da una sua battuta, gl i osserva: « Due giorni dopo morto, parlerai ancora » . « D i te » ribat­ te prontissimo l' arguto chiacchierone, con un fel ice sgambetto. Una sign ora in visita ad un illustre critico se ne va dimenticando l'ombrello sul tavolo. « Lo recensirà » dice F. a cu i il piccolo incidente viene riferito. Era addetto a leggere articoli e racconti in un giornal e letterario. Ricevette una lettera d' a­ more: non gl i ·p iacqu e ma, con qual che tagl io e rifacendo l a fine, poteva andare. « Si annoia? Cap isco, ma perché non fa qual­ cosa? M a, tutto quello che vuole! Per esem­ p io, perché non scrive? Ma certo, cara, lei è ricca e ha ingegn o da comprare ».

La decapitata Nel lugl io scorso il cadavere decapitato di una donna fu trovato nel bosco che circonda il la­ go di Castelgandolfo, da un sagrestano che de­ siderava appartarsi in quel luogo per certi 77

suoi bisogn i. La toponomastica lazial e è ric­ ca di Femmine Morte, di Coccie di M orto, di Fossi dell 'Ammazzato, cosicché anche quel macabro rinvenimento rien trò in una certa tradizione popolare. Quanto al ritrovatore del cadavere, il motivo della sua gita appare na­ turale, poiché in I tal ia i boschi e gl i antichi monu men ti godon o di questo privilegio, di non restare estranei alla vita ma di essere con­ siderati luoghi famil iari, e non meta di vaga­ bondaggi estetici ma di i mperiose n ecessità. La S toria e la Natura stimolano più la nostra sfera anal e che le romantiche fantasie della nostra mente; e questo spiega, forse, come an­ cora oggi esistano nel maestoso agro roma­ no paesi che si chiamano P isciarell o e S mer­ darolo. Tutto regolare, dunque: l a donna morta e il suo prosaico ritrovatore. M a, poi­ ché oggi l a diffusione delle informazioni of­ fre al più sempl ice episodio l ' op portunità di una fama che prima gl i era negata e non c'è rissa tra ubriachi che, per poco che ne siano oscuri i motivi, non pretenda di ingrandirsi sino a diventare un caso, così anche la deca­ pitata ebbe i suoi scandal i, i suoi fal si testi­ mon i, i suoi sospettati e le sue inchieste. S i parlò, all' inizio, di efferato del itto. S i fecero varie ipotesi sul suo movente: tutte però con­ cordavano nel ritenere che questo delitto fos­ se opera di un mostro. S i sperava anche che la vittima fosse una bella signora e la man­ canza della testa alimentò molte illu sioni . Identificata poi l a vittima per u n a domesti­ ca, nemmeno avvenente, l' opin ione pubbli78

ca subì la prima delusione, non si invocò più l a pena di morte per simil i atroci misfatti e si fi nì per n on parlare più del Mostro ma, onestamente, dell'Assassin o. Anzi, venendo poco a poco all a luce le modeste avventure galanti della vittima, l' indignazione per la sua fi n e atroce fi nì per addolcirsi in compassio­ ne, poi in fastidio, infine in un sentimento di recisa antipatia. Tuttavia il pubblico avreb­ be ancora « compreso » la vittima se i cronisti non avessero, per ragioni che apprezziamo ma che pure ci ripugn ano, insistito a informarci della sua anatomia, delle sue deformità, del contenuto del suo stomaco, del contenuto del­ l e sue val igie, del suo epistolario, pubblican­ do fotografi e che aggravavano sempre più la sua posizion e. Quando il quadro fu comple­ to in tutti i suoi particolari, ci trcvammo di fronte una piccola risparmiatrice, scialba, or­ fan a, che tirava a sposarsi, frequentava l e lat­ terie del quartiere, telefonava col gettone, si faceva fermare da timidi e anzian i signori (i qual i squ agl iavano al primo accenno di ma­ trimon io): insomma, di fronte a una di quel­ le fastidiose sogn atrici che vedono la vita co­ me al c inema: amava infatti un contrabban­ diere e forse voleva redimerlo. E l ' assassino? Ah, costu i cominciava a guada­ gnare simpatie. L'abil i tà professionale con la quale aveva operato gli aveva val so i primi ti­ midi consen si : siamo ancora un popolo che apprezza il l avoro ben fatto. Inol tre si era re­ so irreperibile. Che non si fosse tradito in nes­ sun modo piacque ai cultori del delitto per79

fetto, che in Ital ia sono l egione. Infine, l' i­ potesi che fosse un sign ore, infastidito dalle pressan ti e assurde richieste di riparazione della sedotta, la quale l'avrebbe minacciato di rivelare altrimen ti la tresca, precipitò in suo favore la sol idarietà dei mariti ital ian i. Tutti rivivemmo le angosce del Poveraccio che, pur di levarsi dai piedi quel M ostro, cu i aveva ce­ duto per mal intesa bontà, si vede costretto ad eliminarlo. Immaginavamo i suoi sgomenti al­ l ' idea che il suo ambien te potesse con oscere la verità, le lunghe meditazion i sul da farsi (confessare? fuggire?), sin o alla decisione di uccidere l' inopportuna ricattatrice. E poi, la cauta preparazione del del itto, le promesse di un pronto e onorevole matrimon io, le ca­ rezze sul collo di lei, per studiarne la forza e la conformazione, la tremenda finzione di un amore, sorretta fino alla fine, recitando ma­ le. E la gita in barca, le sciocche e sentimen­ tali ossetvazioni di lei, che indossa un ridicolo vestito nuovo (« Che bello il lago », oppure « Mi piacerebbe avere una villa qu i, ma sol o per l'estate »), la faticosa sal ita nel bosco, i due o tre baci prel iminari, l' impaccio di quel con­ vegno amoroso che non deve concludersi ero­ ticamente, l' afa della giornata, i mosconi che assordano, la villa del S anto Padre proprio lì di fronte: in somma, tutto fino al colpo l ibe­ ratore. Un uomo come noi, che u ccide per conser­ varsi la stima delle persone con cui vive, per­ ché nessuno possa dire di lui : « Cerca i suoi amori i n basso » . Qual e omaggio all a società! 80

Non siamo forse al del itto d' onore? Ecco una tesi abbastanza sostenibile nella patria del di­ ritto. E, a questo punto, cominciaron o gl i scherzi. S tanchi di aver troppo atteso, i roma­ n i passarono all e battute di spirito. Rispar­ miamoci quelle facil i, sulla « testa ». Un giovi­ netto di ottima famiglia mi scrisse - e la sua battuta definiva l o stato d' animo della pl atea di fronte al del itto: « Se la vittima è veramen­ te quella di cui i giornal i pubblicano la foto­ grafi a, bisogn a credere che l'assassino è un esteta che tentava di migl iorarla )>. Questo gio­ vinetto ha qu indici anni, ama l a musica, di­ pinge e non è affatto un cinico. Ma sa già che un buon del itto, per sostenersi nella stima ge­ nerale, esige la Bellezza. Questo del lago era invece il caso di una bru ttina, el iminata da un uomo d' ordine. E il giudizio precipitò. Sull a vittima venne a pesare il grave fardello delle storie di tutte le domestiche incapaci di vivere. Quella donna era già destinata alla cronaca dei giornali! Ta­ gliandole la testa, l'assassino le aveva soltan­ to impedito di commettere tutti quegl i atti successivi che la sua conformazione fisica e morale autorizzavano a ritenere inevitabili. Quali atti? Eccol i : abban donata dal sedutto­ re avrebbe potuto tentare di uccidersi, o real­ men te uccidersi. O ten tare di uccidere il se­ duttore, o u cciderlo a conclusione dell'ul ti­ mo concitato convegno davanti alla latteria. Avrebbe potuto, in seguito, nascondere il frut­ to della colp a nel cassetto del comò, o farlo a pezzi e disfarsene per mezzo dei condotti 81

igien ici, ottu randol i. Avrebbe potuto abban ­ don are il suo bambino in un giardin o pub­ blico e qu indi pretenderne la restituzion e: il suo caso avrebbe commosso la città e turba­ to Zavattin i. Avrebbe potuto infine scrivere le sue memorie! Concludendo: in un modo o nell' al tro noi avremmo sentito parl are di quella donna e sempre avremmo visto su i giornal i la sua fotografi a, con quel sorriso di bontà insufficiente e quegl i occhi che sogna­ no avventure e amori difficil i. S ono queste l e strade che la fama tiene aperte per le ragaz­ ze che vengono a vivere in città, senza sapere che in città tutto è predisposto per la loro fine. L' assassino è stato crudele con la donna del lago non tanto nel toglierle la vita, quanto nel toglierle le poche soddisfazioni già fissate dal­ la tradizione. N on le ha tol to, però, « il nome sul giornale » . M a aveva tentato. Che morale cavare da questa storia? Nessu­ na, salvo forse che oggi l a vita di una perso­ na è condizionata dalle sue ambizioni e dalla sua capacità di con trollarle, al di fuori delle leggi della morale corren te. S ono gli assassi­ ni, invece, che ubbidiscono all a moral e cor­ rente. Sono essi che uccidono per non delu­ dere la società sul loro conto. C osicché oggi, in un delitto, la parte peggiore tocca al mor­ to. Gl i altri, esecutori e testimoni hanno tut­ to da guadagnarne, saranno sempre accom­ pagnati dalla curiosità e dalla comprensio­ ne. Tutti ricordiamo il nome di Raskoln ikov, nessuno quell o della vecchia che lui ammaz­ zò a col p i di accetta. E il fattaccio della mor82

ta di T or Vaianica a che cosa è servito? A crea­ re due sciocchi personaggi che scrivono e re­ citano goffamente, sorretti dalla simpatia ge­ nerale. Un giorno, forse, uscirà fuori an che l' assassi­ no dell a donna del lago. Se saprà trovare il tono giusto rischierà di essere applaudito. E so di non scherzare prevedendo che potrà ca­ varsel a con qual che anno di galera, dei quali tre amnistiati e due condonati per buona con­ dotta (gl i affi deranno la b ibl ioteca del carce­ re) . E che scriverà le sue memorie e che i giornal i se le disputeranno. Potrà esserci un solo punto nero nella sua vittoria: potrà di­ ven tarci antipatico per l' eccessivo numero di fotografie che pubbl icheranno di lui i setti­ manali. Questa è l'unica probabile vendetta e con sol azione che avrà l a sua vittima in Cie­ lo, se nel C ielo i tal iano sono ammesse le do­ mestiche. Viene un tale, perché mi interessi di sistemar­ lo in qual che modo. l'Ton pretende mol to, gli b astano cinquantamila l ire il mese. Ten to di spiegargl i che chiede troppo: gl i impieghi da cinquan tamil a l ire a Roma sono ambitissimi ed è ormai impossibile trovarne. Anch' io ho cercato, purtroppo invano, di attenerne uno. C i sono liberi, invece, molti posti da quattro­ cento, da cinquecentomila, persino da un mi­ l ione; però deve farseli offrire, mai chiederl i. Con fredda pazienza potrà riuscirei. Mi guar­ da se11za capire. Gli ho svelato uno dei più de83

l icati segreti roman i e crede che vogl ia pren ­ derlo in giro. « Certe volte » dice T. « penso al mal e che ho fatto e mi piacerebbe avere dei rimorsi. N o n ci riesco. Forse » conclude « viviamo in un'e­ poca in cu i la dichiarazione dei redditi sosti­ tuisce i rimorsi » . La sen tinella sembrava fel ice, i l prigion iero era triste. « Devi proprio convincerti della ne­ cessità di un dialogo tra noi due » disse allo­ ra la sentinella. « Parliamo della libertà » disse il prigion iero. « Perché? All o stato dei fatti » repl icò la sentinella « questo è un argomento superato. Ma ci sono al tri argomenti sui qual i vorrei proprio trovarmi d' accordo con te » . E poiché il prigion iero, senza parl are, guarda­ va ol tre il reticolato, la sen tinel l a aggiunse amabilmente: « Il commercio con la Cina, per esempio. Ne parl iamo? Su , non stare sempre con quel mu so! » . '

E la stagione dei grandi viaggi per i nostri uomini pol itici. Partono, s' incontrano, non so­ no nemmeno tornati che già ripartono . M a ci sono l e mogl i . Anch' esse vogliono parte­ cipare, in cappell ino e pelliccia. E anch' esse, una volta all' estero, sorridono, s' incontrano, comprano orologi e tappeti. Questo toglie alla nostra attività pol itica viaggian te un po' del 84

suo incan to. Resta il dubb io che i nostri uo­ mini politici non vadano all'estero per discu­ tere, trattare, firmare, ma sol tanto per curarsi. La mogl ie « fa » sempre M ontecatin i. In un impeto di distensione, B . , comun ista, mi ha detto che sono dimagrito. L'uomo che spazza questa strada prende il so­ le. Fuma una cicca, raccatta un pezzo di gior­ n al e, l o spiega, legge, l'appallottola di nuovo, l o butta nel suo carretto. Passa una donna: s' incanta a guardarle le gambe e il sedere. De­ cide di muoversi: preme l a scopa sul selciato come un pittore che prova il suo pennello. O ra si fi ssa: un pacchetto di immondizia si presenta ai suoi occhi . Bruscamente costret­ to a scendere alla real tà del suo lavoro, guar­ da sdegn ato verso le finestre e mormora: « Io gl ielo farebbe magnà! » . S tanotte, l ettura della Confessione di Solda­ ti. Racconto fine, scritto con grande garbo, nuovo, pul ito, garantito per due anni. Se si guasta, l 'Autore rimborsa il denaro versato? S cherzi a parte, che del resto mi sono sugge­ riti dalla mia simpatia per S ol dati, il raccon­ to è bello, tenuto da un' intelaiatura leggera, robusta. Mentre l eggo, do ogn i tanto un'oc­ chiata all a fotografi a di S oldati, nel risv � l to della copertina. S ta facendo il buffone. E il 85

suo inguaribile modo di esibirsi. Fingere sem­ pre, con l' aria di vol er fingere. S pesso finge la sua finzione sino alla sin cerità e all ora è il momen to di insistere, se non si vuoi rinun z1are a capire. •



Un dialoghetto filosofico: « Verrà al mio cock­ tail? » . « Certo, certissimo, anzi probabile » . Dedica il giorno alle attività mondane e in ­ tellettual i. Quando l a notte scende e la luna cornuta gioca tra i rami del grande noce, pro­ prio là dove un l ieve frusciare di scope segna­ la la presenza inquieta delle sue vecchie com­ pagne, ecco che arriva lei, sempre « moder­ na » , a cavallo di un aspirapolvere. Lamenta la corruzione della vita romana, ci­ ta sdegnato qualche caso. Sì, d'accordo, è stato così per secol i e secol i, ma ora stiamo esage­ rando; vizio e putredine. Vien vogl ia di an­ darsene, ma dove? Facendosi triste: « Ah, » conclude « potersi ritirare in campagn a, sol i, con un chilo di cocaina, lontani da queste sozzure » . Oggi, sentenza del processo Egidi. Dobbiamo ten tare in tu tti i modi di renderei col pevol i, o almeno di apparire colpevoli. Perché, a lun­ go andare, la nostra innocenza non potrà che 86

attirarci i rigori della l egge, di chi la difende e di chi l' applica. C i si chiederà improvvisa­ mente di dimostrare, per esempio, la nostra innocenza. E questo è quasi impossibile. Qual­ cuno ci riesce; e all ora è perdu to. Fine di serata: « Ma sì, mi dia un bicchiere d' acqua. Non minerale, acqua pura. Vogl io provare. (Beve). Com'è buona! (Riflette). Ogni tanto bisognerebbe bere un po' d' acqua ... As­ saggiane anche tu , vero che è buona? Ti di­ co, riporta all' adolescenza. Ah, che tempo fe­ l ice, incan tato, sospeso . . . » e comincia a rac­ contare di quando era adolescente. Forse ci scriverà anche un l ibro. Il vuoto della sua bellezza è persino affasci­ n ante. Ha il viso di quella bellezza cupa e bas­ samente drammatica delle ragazze che si in­ n amorano sempre e male. Il suo sguardo e­ sprime pen sieri gravi, che non ha; la piega della sua bocca, un dolore assolutamente in­ consolabile, che prova soltanto per miseri mo­ tivi. S i guarda le scarpe, si passa un dito umet­ tato di sal iva sulla calza e riassume: « La bor­ sa nuova ce l'ho, le scarpe pure, adesso mi fac­ cio il tailleur. Che dici, me lo faccio classico? ». Approvo. U n silenzio ed eccola che esclama: « Uffa! Vorrei morire! » .

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Lettura di Viaggio in Sicilia di Bernard Beren­ son : nel '53, sessantacinque anni dopo il su o primo viaggio, Berenson torna in Sicilia e tie­ ne un diario: lo stile fel ice della saggezza e del­ l'età fanno di questo rapporto un modello di fedel tà ai propri interessi spiritual i e un s � g­ gio di incantevole mel anconia l etteraria. E il primo libro che mi abbia fatto desiderare una partenza nel cuore dell a notte, per rical care quel viaggio nei particolari. M i accontento di una carta della Sicilia, dove segno i luoghi che man mano B . nota nel suo taccuino: cittadi­ ne dove l' ospital ità è ancora fieramen te pra­ ticata, come una sfida ai tempi; luoghi e rovi­ ne talmen te sacri che, senza averl i mai visti, hanno un posto nella nostra memoria. Ci an­ dremmo per controllare le impression i del­ l'Autore, che per ora sono le nostre. Gente per bene riun ita a prendere il tè, co­ me una vol ta, tutti seduti e composti . L' arre­ damento fa rima con la conversazione: si parla di gite all' estero, di Gassman , si arriva a M ar­ lon Brando, un accenno ai vizi moderni, il ci­ nema, il traffico stradale. Una lunga pau sa. Temo il momento delle storielle. Invece, chis­ sà perché, si comincia a parlare di reincar­ nazioni. Alcuni ci credono, altri no, nessuno si sbilancia. « Io, » dice una signora molto mi­ te, inaspettatamente « io ho spesso la sensa­ zione di essere vissu ta nell' antico Egitto, ai tempi di Cleopatra » . E arrossisce, come se si 88

fosse denudata. Un sign ore piccolo e atten­ to, che n on ha mai parl ato e che ora scopre un difetto di pronunzia, si anima di col po: « Ah , fi ,, fi, dice « fuccede ancl1e a me, fpeffif. fin1o )). E la catastrofe. Subitanea simpatia per questi due misteriosi personaggi . Poterl i co­ noscere, farl i parl are, andare a spasso insie­ me, prestarsi dei l ibri, insomma farsene due amici e la domenica mattina visitare il mu­ seo egizio! D a allora non l'ho più visti. >>

I popoli vecchi - diceva N ietzsche - hanno la tendenza a monumentarsi. Qui in Italia non si fi n irebbe mai, adesso c'è nell' aria il monu­ mento a Dante. Va bene, concesso, purché sia M ichelangelo a farlo. Invece, andrà a finire che utilizzeranno il monumento a Per6n: e sa­ rà esattamente il monumento che i dantisti sogn ano. P iccolo contributo all'etimologia popolare: le parole si trasformano grazie a coloro che me­ glio dovrebbero conoscerne il sign ificato e la buona pronuncia. Il condu cente del tram mi informa che la sua vettura fa capolino a piaz­ za tale. Viene il giardiniere: ha intenzione di mettere dei rampicanti a un muro e propo· n e l'edena. Il fumista sostiene che per il ca­ minetto ci vuole il mattone refaltario, il vigile urban o mi indirizza al Casto Pretorio, il lat­ taio afferma che il l atte si è incagl iato, l' in89

fermiere prevede che dovrò farm i la puntura lombarda, eccetera. E chi spiegherà al popo­ lo il mistero di certi uffici on ni presen ti e in­ sondabil i? Un pescatore di Fregene, che oc­ cupa un po' di spiaggia con la sua baracca, mi informa che se voglio costiU irmi anch' io una baracca come la sua dovrò fare ogni anno do­ manda al D emanio. « Ogn i anno? » . M i guar­ da sorpreso : « Sì, ogn i anno. Apposta si chia­ ma Demanio » . Un al tro pescatore mi spiega che la costiUzione della strada litoranea è stata interrotta « perché si sono opposte l e bellez­ ze natural i » . N on capisco. Aggiunge che so­ no venute apposta da Roma le bellezze natu­ rali a vedere e « non hanno dato il nulla osta » . Anche adesso, scrivendo, mi perdo un po' nel­ la visione evocata dalle parole del pescatore, di bellissime, selvatiche, audaci ragazze che si oppongono alla costruzione della strada. Chi sono? Vanno a piedi o a cavallo? Bellez­ ze naturali!. .. O sono in costume da bagno, co­ me le bathing beauties di M ack Sennet? La mitologia popolare ha già i suoi segreti e i suoi simbol i: rispettiamol i. La donna cammina su e giù sotto il lampio­ ne. Pensa all'estate e pensa al suo bambino. Ecco ora un tale le si accosta, insieme s' avvia­ no verso l' oscurità del parco. Per vincere il fastidio, l'uomo parl a, si mostra gentile. La donna gli chiede della sua professione. D o­ po l a risposta tace un momento e, mentre 90

l'uomo l' abbraccia, ha un lungo sosp iro: « Per caso >> dice « non conosci nessuno alle colon ie marine? >> . Un giornal ismo romantico ha imposto come normal e soperchieria il travisamento della realtà. N o n basta raccontare al lettore come stanno le cose; bisogn a colpirlo, spingendo il giuoco al l imite. E poiché sol tanto le men­ zogn e convin cono ormai, l a verità appare a qtiesti cronisti sempre blanda, se non inuti­ le. In un giorn ale francese l eggo un breve ar­ ticolo su Civitella di Bagnoregio, « peti t village situé à 1 80 km de Rome » . Che succede a C i­ vitella? « Toutes l es maisons, ou presque, sont en ruine Un vecchio (c'è l a fotografia del v et chio) vive sol o « dans ce n id d' aigle que la population a déserté peu à peu » . Questo vec­ chio resiste, non ha voluto andarsene, ama la sua terra. (Il titolo dell' articolo è infatti all a Hemingway: Le vieil homme et la terre) . Manda­ no allora da Roma « huissiers et policiers » per convincere il vecchio a lasciare Civitella. Che c i fa, solo ormai, in quell a desolazione? Ma il vecchio resiste, « il veut mourir sur le sol qui l 'a vu n aitre » . Commoven te. La fantasia parte, pur trabal­ l an do di sospetto, nella direzione voluta dal gior11alista. Ecco il villaggio in rovina, ecco il vecchio solo tra le macerie (si ciberà di ra­ dici?), ecco le autorità commosse e suppl ican­ ti che ten tano di convincerlo. Il sole sta per scendere, il vecchio tace, testardo. Infine huis. . . >> .

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siers et policiers allargano l e braccia in un ge­ sto di rinuncia. Hélas! rien à faire! E lo lascia­ no sol o; forse il poveraccio sprofonderà con tutto il paese, al cadere della notte. Bravo vec­ chio, che non abbandona la sua nave! Qualche giorn o dopo la lettura di quest' arti­ colo (circa un anno fa), capito a Bagnoregio e decido di vedere questo vecchio. Per anda­ re a Civitella si scende verso lo speco di S an Bonaventura che domina, dal ciglio del pae­ se, una vallata stu penda, man giata dal ven to e dalle acque. Là in mezzo, al to sul su o pre­ cario acrocoro, è Civitella: si tiene in equ il i­ brio. Per arrivarci, una strada che fi nisce in un viadotto. Due arcate sono già cadute: un ponte di fortuna permette un cauto passag­ gio. S ostando sul ponte ci si fa un' idea del­ l' erosione del vento, agevolata dal disb,osca­ mento e dalla natura cretacea del suolo. E for­ se troppo tardi per pian tare alberi? Arrivo a Civitella che è mezzogioiTlo. Le prime case del villaggio sono crollate, una di esse scopre già, nella can tina, un antico tempio. Solitu dine, pen sieri che si accompagnano generalmente a questi spettacoli. Proseguo, sono nella strada principale del paese ed ecco mi raggiunge un allegro vociare di ragazzi. Qualche audace, piccolo esploratore? No, è l'uscita dalla scuola. I ragazzi in grembiule sciamano come in tut­ ti i paesi del mondo, tirandosi le cartelle. Sulle sogl ie delle case ancora intatte, l e solite don­ ne che scru tano il forestiero. S aluto, mi ri­ spondono. Arrivo in piazza, visito la chiesa, ammiro il campanile. Sulla piazza passa gen92

te cal ma e distratta che, come ogn i giorno, si reca a casa per il pra11zo. Quattro muratori stanno innalzando un' impalcatura sulla fac­ ciata di un palazzotto settecen tesco. Doman­ do se l o butta no giù . M i rispondono che de­ vono imbiancare la facciata. (Ecco un' idea che P oe n on ha avuto : imbiancare Casa Usher). D omando allora del vecch.i o. Non c'è, dev' es­ sere andato a Bagn oregio. « Il paese sta crol­ lando » dico. « C'è tempo » mi risponde il ca­ pomastro. Quan to? Uno, tre, mille anni? S olo la verità contiene abbastanza fantasia. Racconto romano: Invecchiando, lo scritto­ re si accostava un po' troppo alla gioventù . Forse così dimenticava. Finì che una ragazza incontrata per caso all'uscita di una scuola gli piacque mol to: l a corteggiò e lei ne fu lusin ­ gata. Andavano a spasso, un giorno finirono in una garçonnière e lì suonarono un disco di pianoforte. Rannicchiata nel divano, gli oc­ chi fi ssi al soffi tto, la ragazza sembrò immer­ sa in un preoccupante pensiero. L'uomo vide giunto il momento e l a strinse a sé. Lei accet­ tò le sue carezze, poi disse: « Solo tu puoi aiu­ tarmi a risolvere il mio problema ». Lo scrit­ tore fece l' occhio duro di gallina, temeva si trattasse già di soldi, perché era anche ava­ ro. Accertato che i soldi non c'entravano, si dichiarò felice di mettere tutta l'esperienza, tutta la sua con oscenza del cuore umano al servizio di lei. La ragazza si rasserenò : « Ec93

co » disse togl iendo un quaderno dalla borsa « u n muratore deve pavimentare un a stanza di dam quadrati l ,24. Se adopera mattonelle di cm 1 3 di lato, quan te mattonelle gl i accor­ reranno? E se ogn i mattonella costa . . . . ))

La cul tura estranea alla borghesia. Qual siasi accusa di letterato engagé cade nel vuoto, per­ ché nessuno legge. Borghesia che non ha bi­ sogno di scrittori se non per divertirsi; e, se vuole indignarsi sulle col p e degl i al tri, ricor­ re agli oratori. Quan to alle sue col pe, ha im­ parato a farsene motivo di soddisfazione, met­ tendole in conto all'antica saggezza della razza (o, forse, stirpe?) di cu i si sente erede. Fine del lavoro in un can tiere edil izio. I ma­ noval i escono ognuno con una borsa di cuo­ io sottobraccio. Dentro ci sono i pantaloni da lavoro, una bottiglia vuota, il sapone. Sem­ brano tanti avvocati che lasciano il Palazzo di Giustizia. La borsa di cuoio è l oro conqu i­ sta elegante e tangibile. Così non si sentono più tanto operai, ma piccoli professionisti. N o n ci restano che gl i artisti a voler sembrare operai. •

Fregene Il ragazzino che guarda le macchine sulla spiaggia ha otto anni . S i fa aiutare da un suo 94

fratell o che ne ha sei. La domen ica assumo­ no un aiuto straordinario, un loro vicino di casa, di cinque anni, che comandano aspra­ mente. Quando mi informo se lo pagano: « Gli diamo un gelato da cinquanta e il cinema » ri­ sponde il maggiore. « Ma così lo sfruttate » os­ servo. I due fratelli protestano: « Lui mica deve mantenere la famiglia, » dice il più piccolo « lui l avora perché gl i piace » . Certe vol te, verso mezzogiorno, arriva il camion del fruttiven­ dolo an1bulante. Si ferma e aspetta cl ien ti. I due ragazzi si avvicinano, si consultano, poi uno doman da: « Quanto fai le pesche? » . D al­ l ' al to del camion, senza voltarsi, i l fru ttiven­ dolo risponde: « Cen tottanta » , e seguita a fis­ sare l a spiaggia con gl i occhi socchiusi per il riverbero. « Al c an ti ere » osserva il minore « le fanno centosessanta » . Il fruttivendolo non si sco tp pone: « E va' al cantiere » dice stancamen­ te. E un dialogo tra uomin i dell a stessa età, che conoscono il prezzo del denaro. Passando davan ti al cancello T., muratore di­ soccupato, sorride e saluta. Parla del tempo, poi si appoggia al pil astrino, lo scuote. « To', » dice « questo casca » . Poiché non ci credo, lo scuote d i nuovo con forza e lo fa cadere. Vie­ ne il pomeriggio a ripararlo, si porta appresso un giovane che lo guarda lavor are senza dir n iente, con l e mani in tasca. « E un disoccu­ p ato » mi informa T. « Non ha niente da fare così è venuto a guardarmi mentre l avoro » . 95

C'è un cane, fuori, sul terrazzo. Appena mi vede, scappa, curvo; poi si volge, ritC? rna, an­ nusa, si tiene a distanza, tremando. E magro, mol to bru tto, la coda è un frustino di cui si sorprende lui stesso continuamente. N el Trionfo della morte di Bruegel c'è un cane si­ mile, che sta annusando un bambin o morto, forse per mangiarselo. Apro una scatola di carne e gliela lascio sul terrazzo. Il cane si ac­ costa, lappa la scatola in un lampo, l o sento poi che la spinge col muso, a lun go, sempre sperando di cavarvi qualcosa. C'è del pane raf­ fermo. Glielo getto e lo fa sparire con un ru­ more di sassi macinati. La mattina dopo eccolo lì che occhieggia, asp � ttando. Il nuo­ vo cibo lo fa diventare mansueto, si lascia per­ sino carezzare. Ha un pelo che gratta. Tenta persino di farmi le feste, ma non sa che cosa deve fare. Infine gli viene un' idea. Torn a po­ co dopo portando una vecchia scarpa, una scopa e un barattolo, che lascia davan ti alla mia porta. Sono i suoi regal i. Viene a mettere il tubo dell a stufa e lo mette storto. Gli faccio osservare che è storto. N e­ ga. Con un filo a piombo gli dimostro che ho ragione. Allora guarda sorpreso il tubo, il filo e me: « Perché, lo voleva proprio diritto? » ; e ten ta di convincermi che, un pochino storto, il tubo tira meglio. N on mi convinco. S i in­ cupisce: « Non poteva dirlo prima? Adesso do­ vrei ributtarl o giù » . « N o n si può fare? » . « Ma sì, si può fare » risponde cal mo e serio. D alla 96

tasca gl i esce il giornal e del suo partito. H a imparato a espri mersi come i polemisti del suo giornale. Quando gl i chiedo se ha ricor­ dato al muratore di portare il gesso, mi ri­ sponde, grave: « L' ho inchiodato alle sue re­ spon sab il ità » . Il pescatore ha otto o nove figl i, il più picco­ lo di due anni. Vive in una baracca sulla spiag­ gia e non è scontento. Si lamenta solo che le grandi barche a motore vanno spopolando il mare dei pesci; e ce l'ha a morte con quei pi­ rati che la notte, procedendo a lumi spenti, gl i strappano le reti. « Ma non c'è n iente da fare, » aggiun ge « oggi vince la prepotenza » . Sua mogl ie, ancora molto bella, cucina una sola volta al gi�rno: un gran cal daione di pa­ sta col sugo, che viene con sumata durante le ventiquattr'ore e la mattina dopo, fredda, ser­ ve per colazione. Parlando delle elezioni, gli domando per chi voterà. Si guarda intorno, strizza l' occhio: « Per il re » risponde. Gli do­ mando per chi voterà sua mogl ie. Alza le spal­ le: « Oh, mia moglie non vota. Si vergogna » . Foglietti di Spagna I

In un caffè dell'Avenida, l'lbiza, una sign ora di quasi ottant'ann i, sedu ta al tavolo, si fa lu­ strare le scarpe: scarpine nere, da san ta. Tie97

ne la gambetta sollevata e guarda il passeggio. Poco più in là, al Fujima, un giovane stringe le mani alla sua amata, parlandole fi tto all ' o­ recchio (parole che fanno pensare l a donna e la costringono a continui cenni di assenso); e intanto anche lui, il seduttore, allunga il pie­ de al lustrascarpe, senza guardarlo. II

Conosco un giovane studen te che fa l' attore. S iccome si fin isce per parlare di tori mi con­ fessa che ha fatto il torero e che ha smesso per paura. N o n se ne vergogna. Cominciò co­ me tutti, giostrando torelli e vacche, nelle fiere di paese. S i buscò una prima ferita, ritentò . U n giorno gli tocca in sorte una vacca enor­ me; lui, piccolo, non le arriva al mu so, nean­ che a pensarci di poterl a infilzare. S i rifiuta, dimostrando al presidente che per u ccidere la vacca ha bisogno di una sedia. La cosa fini­ sce a ridere. Adesso vorrebbe tentare anco­ ra, ma non ha soldi. Quella del torero è una carriera che richiede denaro, all'inizio: per l'a­ bito, per la pubbl icità, per gl i amici, per tut­ to. Così, adesso, fa l' attore. Preferisce le parti drammatiche, ma ha un vero talento per quel­ le comiche. Ho appreso più da lu i sul carat­ tere quotidiano degli spagnoli che da tutti i l ibri che ho letto e dalle persone che ho co­ nosciuto. Acutissimo osservatore, inventa bre­ vi scenette che qui in Ital ia, poiché hanno un pubblico, lo porterebbero ben presto alla fa­ ma. Una, soprattutto, ne ricordo: declamava 98

un lungo poema patriottardo, tronfio e assur­ do. E declamando, con sottil issima arte, sen­ za mai esagerare, rivelava la segreta natura del poeta: pederasta. L' accoppiamento delle ro­ boanti sonorità patriottiche ai brevi leziosi ge­ sti che egli riusciva sempre meno a trattenere, che gli sfu ggivano, era tutto l o spettacolo. Il giorno dopo mi presenta un amico, un cupo studente di medicina. Costu i conosce a me­ moria i suoi poeti, Antonio Machado soprat­ tutto, da solo ha rifatto il viaggio di D on Chisciotte, a piedi, dormendo nei fienili, man­ giando p ane e bevendo acqua, infiammato di giustizia, innamorato del suo paese. Ha una fi danzata p iccola e fel ice, con occhi dolcissi­ mi. Se la porta via, vanno a guardare il profi­ l o viola dell a S ierra de Guadarrama, i mon ti che Vel azquez sempre dipinse, prima che il sole si n asconda. S i vedono giovani così, che hann o l ' aria di leoni che misurano su e giù l a l oro gabbia. III

D i una città, arrivandoci, mi piace la parte più evidente e comune. So che ogni città ha i suoi quartieri e i suoi angol i, che il passeggero non scoprirà mai e che fanno invece la delizia di chi vi abita: io preferisco ign orarl i, sono luo­ ghi, sensazioni che b isogna meritarsi con un lungo soggiorno. A Madrid non vado più in là della Gran Via. Le poche escursioni mi han­ n o portato al Prado, alla piazza Mayor, a San­ t'Antonio de la Florida, all a Plaza de Toros. 99

H o trascorso così le mie giornate nei caffè dell'Aven ida, dai librai, nelle osterie, a guar­ dare la gente, spesso _con tanta insistenza da essere frainteso. E le insegne. N iente mi ha dato più gioia, se si eccettua il Prado, di un cartello trovato in un locale notturno: En ca­ so tk incendio, rw alarmarse. O l' insegna di un'o­ stetrica: Encarnaci6n Gutiérrez, profesora en parto. O l' insegna scritta sul muro bianco di una ca­ serma: Se prohibe terminantemente hacer agua. O il cartello di un veterinario: Consulta para aves, monos, gatos y perros. O la sempl icità sin tattica dei cartell i sulle case in vendita: Se vende esta casa. O l'avviso che gl i autobus portan o die­ tro: Atenci6n, frenos potentes ! O un negozio di piume: Plumeros para militares y confederaciones. O la traduzione delle opere di M arcel Proust, nella vetrina di un libraio: En busca del tiempo perdido. Come tu tto è solenne, sempl ice, am­ monitore! La l ingua spagnol a è baritonale, piena, esce dal cuore, si fin isce per amarla. E come dimenticare il disperato richiamo del­ la venditrice di tabacco, la notte davanti al ci­ nema? - un richiamo gettato a brevi in ter­ vall i come un grido insostenibil e di dolore: Hay tabaco! Da tutto questo io deduco che sono un pessimo viaggiatore: di ogn i nuova città mi resta solo un ricordo futile e stra­ ziante. -

IV

La piazza M ayor è N a pol i, anche in certi usi che in altre piazze di M adrid non vivono. Per 1 00

esen1pio, alla fermata del tram c'è un vecchio che noleggia ron1anzi a fu metti ai viaggiato­ ri in attesa, pron to a ri pren dersel i, con una piccola mancia, appena il tram arriva. v

D opo l a mezzanotte, nella Gran Via, riappa­ iono fi gure settecen tesche, pezzi rimasti del gran presepe picaresco: il venditore d' acqua, che sta a guardia del suo orciolo, le spalle pog­ giate ai marmi del Pal azzo dei telefon i, e il piccol o venditore di cialde, nel suo candido grembiule, così serio e inadeguato alla notte che si prepara, sgusciando tra l e donne che aspettano, tra le venditrici di biglietti della lot­ teria, tra i pall idi innamorati dell'alba. VI

U morismo degl i spagnoli, che si esercita gar­ batamente sulle persone e gli edifici pubbl i­ ci. Il P al azzo delle poste, che fa pensare ad una chiesa gotica l ievitata male, viene chia­ mato Santa Maria delle Comunicazioni. Il mi­ n istero dell'Aria, che arieggia l'Escuriale, è il Monastero dell'Aria. Il figlio di Gregorio Ma­ ran6n ha un incidente d' auto. Ecco come un giomale, l'« ABC » , dà notizie del ferito: « . . . il signor Marano n non ha ancora recu perato le sue privilegiate facol tà mental i ». VI I

Il toro dappertutto, o quasi; sull e copertine dei l ibri, nel menu dell a trattoria, nelle rivi101

ste popol ari di varietà, dove appare in scena roteando gli occhi e gettando fumo dalla �oc­ ca a risolvere comicamente la situazione. E in tutti i souven irs. Spesso, la testa di qualche glorioso esemplare è, impagl iata, nelle oste­ rie, a garanzia del vino o, al meno, del pro­ prietario. In queste osterie, si troverà anche il quadro con la fotografia di Man olete, l'in­ dimen ticabile. In basso a sin istra, la Plaza de Toros di Linares, dove Manolete morì; e, a de­ stra, « el autor de la tragedia » , il toro Islero. E l' imparzial ità degl i spagnol i davanti all a morte. '

VI I I

L'attore mi ha promesso �i farmi assistere alla vestizione di un torero. E domen ica, e ci an­ diamo. Quasi tutti i toreri che non abitano a Madrid alloggiano all' albergo Vittoria e in una camera di quest' albergo entriamo, verso le tre del pomeriggio. Ci accompagna il cri­ tico taurino di un grande giorn ale. La stanza è modesta, con un grande letto d' ottone, mo­ bili comuni, parquet sgangherato. Il torero, un giovane su i vent' ann i, d' aspetto del icato, quasi infan tile, sta a letto, in vestagl ia, anzi esattamente con la mia vestagl ia, nera a pal­ lini bianchi . Questo contribuisce a mettermi davvero nei suoi panni. Il torero ci saluta e noi restiamo in piedi accanto all a porta, at­ tenti a non toccate nulla, per il malocchio. La stanza è già piena di amici, che leggono gior­ nal i, fumano, ci guardano senza simpatia: a102

miei che sentono di dover creare un' atina­ sfera allegra e non ci riescono: cadon o im­ provvisi silenzi che nessuno è capace di squar­ ciare. Tocca allora al torero, domandando l'o­ ra: lo fa a bassa voce, a brevi in tervall i. Il suo tnozzo di stacco, un ex torero, gl i risponde che è an cora presto, l o incita a star calmo, a riposare: lu i ha già pensato a tu tto: il vestito è accomodato su una sedia, le scarpine all i­ neate sullo scendil etto, il cappello sul como­ dino. Comincio a sen tirmi l eggermente a di­ sagio, questo giovane a letto che si accarezza i capel l i mi fa pen sare ad un convalescente; poi, di colpo, ma mi rifiuto di crederlo, ad un condannato a morte. Ogni tanto apre il tiretto del comodino e prende due fotografie, che guarda a lungo. Penso si tratti di persone ca­ re. No, sono i tori che dovrà affrontare tra po­ co. Gl i amici hanno avu to questa idea di fo­ tografarl i , la mattina stessa, nel torile. E lui guarda i suoi tori, cerca di capirne il valore, perché con un toro bravo c'è sempre speranza di cavarsela, ma un toro vile guasta tutto, forse uccide. N asce una discussione sulle corna di un toro. Impaziente, il torero la tronca, levan­ dosi e sparendo nel bagno: torna poco dopo con il cappello da torero in testa, ç ompleta­ men te nudo. Comincia a vestirsi. E un' ope­ razione estenuante, cavillosa, che si svolge in sil enzio, come la vestizione di un prete. Pri­ ma la calza destra, poi l a sin istra. Il mozzo l ' aiuta qu indi a infilarsi l e brache, gl iele mo­ della sapien temente, facendo sparire ogn i p iega, insaccandolo. P o i è la vol ta della ca1 03

micia e della cravatta. Le bretelle sono pie­ ne di scapol ari. Gl i scarp in i richiedono varie prove, saltelli, genufl,ession i. Il torero infine sembra soddisfatto. E sempre più p all ido e calmo, quasi snervato: è questa la prima vol­ ta che combatte a Madrid, il suo esame di lau­ rea; e i due tori Tahuron e Gaitiero, il primo barrendo negro e il secondo negro bragado, lo aspettano tra un' ora, sull' aren a. O ra il to­ rero indossa il corpetto e si pone davan ti ad un tavol ino dove immagin i di Madonne, di santi e di persone care, sono all ineate davanti una lampada ad ol io. Ci chiede i fiammiferi, accende la lampada e ci fa cenno di uscire: è il momento della preghiera, vuoi restare so­ lo. Ci stringiamo la mano. Debbo apparire ab­ bastanza inquieto, perché salutan domi il to­ rero ha l' aria di farmi coraggio. IX

Alla ricerca di versi nelle Obras completas di Fe­ derico Garcia Lorca nel bel volume unico del­ la Aguilar. La rilegatura fa pen sare ad un messale, i versi che mi sal tano agli occhi, ad apertura di pagina, parlano di morte. « La muerte l entra y sale l de la taberna . (Mala­ gueiia); « Muerto se qued6 en la calle l con un puiial en el pecho . . (Sorpresa); « Los cien enamorados l duermen para siempre l bajo la ti erra seca . . . (De Profundis); « La muerte me esta mirando l desde las torres de C ardo­ ba . . . ; « Cuando yo me muera l enterradme Così questa con mi guitarra l bajo la arena . . .

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morte spagnola vestita da sposa vola di pagi­ na in pagina come un moscone che non tro­ va sfogo nel vetro; e i versi di Garcia Lorca, di un'allegria che porta all e lagrime, versi do­ ve l a luce si mischia ai suon i e l a premon i­ zione ai ricordi, le fanno strada. Questa della Aguilar è l a prima edizione di tutte l e opere di G. L. stampata in S pag11a, un vero monu­ mento funebre al fi glio troppo presto rapi­ to. C'è tutto, anche una minuziosa cronologia della vita e delle opere del poeta. Vado a ve­ dere il 1 936: « 1 6 de julio - S ale de Madrid para Grenada. Agosto: Muere » . Né il luogo, né il giorno, né « l' autore della tragedia » . Sol­ tanto: Muere. x

La notte è lunga, Jesus mi trascina in un ri­ storante all ' aperto con numeri di danza. Co­ nosco il genere e prevedo di an noiarmi. Ci sediamo al tavolo del ricchissimo Y. con altri sconosciuti, quando le luci si smorzano e sulla pista viene Lolita. Tutti ne dicono un gran be­ ne e difatti Lol ita è una meravigl iosa, enor­ me ragazza, ma Jesus sostiene che è troppo bella per saper danzare. Lol ita aspetta che l' orchestra prenda posto, è entrata in antici­ po e aspetta, con un sorriso di fiducia, gli oc­ chi grandi e spal an cati che vedono qualcosa che noi non vediamo, sopra gli alberi del giar­ dino. Quando tutto è pronto, comincia a dan­ zare, prima lentamente, poi affrettando, in­ fine sfidando l'orchestra a tenerle dietro, di1 05

rigendola lei con una forza che trova inesau­ rib ile nel su o corpo e che ci schiaccia. S i fa dolce, sembra vinta, sfi nita e invece torna al­ la carica, con un volto terrib ile. I suoi occhi diven tano splenden ti, le parole che mormo­ ra si fanno più in tell igib il i, sferzanti, il pub­ bl ico è già suo. La danza sembra non debba fin ire mai, mi sen to un in truso. A chiusura, Lol ita si china all' indietro, quasi a toccare il pavimento con i lunghi capelli, dà un balzo, eccola già l ontana. Ho tremato, temevo che si sarebbe spaccata in due. Va via in seguita dagl i applausi, sudata e fumante come un ca­ vallo. Più tardi (fervono altre stupide danze) Jesus fa sedere al nostro tavolo una ragazza piccol a e pienotta, dal sorriso mite e casal in­ go. Se non fosse per gli occhi non riconosce­ rei mai Lolita. Se ne sta buona, a guardarci, non vuole nien te, ha una voce bassa e timi­ da. V este di scuro, accollata. N o n ha trucco e questo spiega la sua dolcezza stanca, la dol ­ cezza del boxeur dopo l' incontro. Il ricchissi m o Y . , impaziente, l e chiede: « E l ib era domani? » . Vuole invitarla ad una gita. Lol ita ag­ grotta l a fron te come una bamb ina: « Mi cre­ de forse un taxi? » risponde senza sorridere ma semplicemente. Jesus, che sta bevendo, nello sforzo di trattenersi, spruzza il whisky dal naso. ,

XI

Jesus è sivigl iano, gl i occhi pun tu ti e neri, il sorriso di fauno intelligentissimo e sbadato. 1 06

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E un poeta ma riesce a bere dieci whisky, che lui pronuncia uichi, senza perdere la conver­ sazione. Poichè, parlando delle città della Spa­ gn a, dico, senza importanza, che mi piace­ rebbe vedere Siviglia, tni avverte che deve an­ darci per un paio di giorni e che potremmo partire e tornare in sieme. S paventato dall' i­ dea di dovermi muovere non rispondo e il di­ scorso cade. La mattina dopo, all' albergo, tro­ vo un bigl ietto per l' aereo, andata e ritorno, e una macchin� che mi aspetta per portarmi all' aeroporto. E l'el egante magn ificenza spa­ gnola. C osì, eccomi a S ivigl ia per due giorni, il minimo indispensabile per non capirne niente. Mi ripeto che tornerò a Sivigl ia in pri­ mavera e che avrò tempo di vedere ogn i co­ sa, non ho la cal ma né la curiosità del turista. E S ivigl ia mi è piaciuta subito, al primo sguar­ do; quindi la ffi ia reazione, come di fronte a persona che mi colpisce, è di rinviare la cono­ scenza, per timidezza. Le strade del resto sono p iene di torpedon i con gitanti di un giorno. XI I

Le vedove americane, scese da un torpedo­ ne, appena nell' atrio dell' albergo hanno as­ sediato il ban co dei souvenirs. S ono una doz­ zina, nei l oro abiti vaporosi di nylon, i capel­ l i azzurrin i e arricciati, le dentiere di marmo, gli occhiali da sole, diabolici, le collane di ve­ tro. Esprimono la ganula festosità delle signo­ re che si abbandonano allo scopo segreto del l oro viaggio: l' acquisto delle cartol ine. S cel1 07

gono atten tamen te, passandosi i doppion i, con brevi commenti, aprendo e chiudendo le borse. Un quarto d'ora dopo le trovo tutte ap­ pollaiate e disperse nella sal a di scrittura co­ me in una voliera. Non osservate, leccano per­ sino i francobolli. Sono agghiaccian ti, così sorprese in questo loro piacere. Il tru cco ac­ curato ma vinto dal caldo, quella loro aria di igiene sprecata mi fa pen sare alle nostre vec­ chie che non viaggiano, vedove fedel i e ma­ dri rassegn ate sino all'ultimo respiro, che si p reoccu pano della nostra salute e, ancora! delle n ostre cattive compagn ie. XI I I

D alla finestra dell' albergo, attraverso l e pal ­ me del giardino, vedo una larga fabbrica ab­ bandonata, un edificio settecen tesco che non mi sembra estraneo, anzi abbastanza familia­ re. Guardo la pianta, è l'antica manifattura dei tabacchi. Carmen , in somma. Tutto si fa chia­ ro. P iù vol te, duran te il giorno, ho guardato questa fabbrica color pergamena, i suoi stu c­ chi mangiati dal sole, l e sue finestre vuote e sempre un sentimen to di fel icità è venuto a confortarmi, l a fel icità di scoprire che certi simbol i dell' infanzia esistono realmente. La manifattura dei tabacchi, così come ora la ve­ do, era in una cromolitografia popolare del­ la Carmen, e faceva dunque parte di un cata­ logo di immagini assolutamente fantastiche, che m' erano servite da fondale ad al tre e più reali avventure. Ma tutta S ivigl ia mi dà que1 08

sta sen saz i o n e , di comp iere un vi aggi o nel tem p o . I n tan to , il cal do , che mi ricorda ap· pu n to il c al do d i qu ando ero bamb in o . Poi S ierpe s , che è il vecchio corso, con i circol i dei signori e l e l o ro pol tro ne messe su du e fi l e e i s i gn o ri seduti che gu ardan o il passeg· gi o . La strada è stre tta, l e p ol trone vol te sfac­ c i atame n te al pubbl ico e b i sogn a far atten ­ z i o n e a n on pes tare i p iedi ai soci che leggo· n o il gio rn al e . D a u n b al cone all ' al tro corrono larghe stu o ie e ten qe, a riparo del sol e . P assa un' innaffi a­ tri c e . E tro p p o , mi si edo ad un caffè sp ortivo e m' ab b andono al p i acere di farm i lustrare l e s c arpe e di fu mare u n s i garo. Tu tto diven · ta sempl i c e . Ecco, adesso , p assa un tram in­ credib il e . S e chiudo gl i occhi è lo stesso tram di l atta col qu al e giocavo , con i suo i p asseg­ geri ri tagl iati di profi l o . S ol o che su qu esto tram c ' è u n a gran de récl ame del coii ac Ter· ry, « el coii ac preh ist6rico » , a garanz ia del l ' i­ perb ol e andalu sa. XIV

Sul l a terrazza del l ' alb ergo c'è il ven to fresco del fiume e su una pedana un' orchestrin a che su o n a b al l ab il i . Du ran te l a cen a arrivan o, da u n an gol ò del l a terrazza chiuso da un lungo p araven to , i mp rovv i s i sco p p i di n acchere. Esce infin e una troupe di ballerin i, le sei don­ n e avan ti , i due u o m i n i in coda. S al gono sul ­ l a p e dan a e, senza p reamb ol i, comincian o . S on o ballerin e scaden ti, mi informa jesus. M i 1 09

sembran o invece genu ine e nobilissime. Bal ­ lano a turno, una alla vol ta, le al tre restan do in piedi a battere il tempo con le mani. Fin i­ ta una danza, c'è una breve pausa, tutte re­ stan o serie sul palco, comin cia un'al tra. C'è una ragazza sui sedici anni, angel ica, che balla con assorta disinvol tura, senza curarsi del pubblico, aggrottando la fron te come a ricor­ dare i suoi passi. Tutte vestono senza sfarzo, con poveri foul ards che copron o il collo e le spalle. N on sono le squall ide profession iste dei nostri varietà. Un' ora dopo, passeggian ­ do, le rivedo assieme, accompagnate dai due uomini, con le loro valigette di fibra, che tor­ nano a casa, in fretta, senza guardare nessu ­ no. Sono del quartiere di Triana, il quartiere popol are, mi spiega jesus; e gu adagn ano po­ chissimo: una su cento si fa strada, perché tut­ te qu i ballano. Perciò quella l oro grazia fa­ mil iare e quel riserbo, quell a mancanza di preambol i e di astuzia che mi aveva col pito. xv

In una vetrina, questo cartello: « Ogn i buon sivigl iano deve fare la sua offerta per il mo­ numento a Fleming, scopritore dell a pen icil­ lina » . Sulla porticina laterale di una chiesa, una lapide da cui pende il cordone di un cam­ panell o: « P ara qui se avi sa para que se admi­ nistren los santos sacramentos ades ora de l a noche » [sic] . Penso al Don Giovanni d i Azo­ rin , l'un ica mia guida notturna spagnol a. 1 10

XV I

Ciò che n1i piace di qt1esto n1useo provin cia­ l e di S ivigl ia, messo in un vecchio conven to secen tesco, è il suo ricco disordine. Non c'è catal ogo - l o stan110 facendo, informa il cu­ stode - e nessun sovrintendente ha creduto di dover escludere dalle pareti le opere di mi­ nor val ore che sono il sale di ogn i raccolta, perché ci mostrano l' aspetto segreto di un se­ colo attraverso la cattiva pittura di tutti i gior­ ni. N ien te n1i rattrista più della raccolta scelta e ordinata dello studioso che vuoi dimostra­ re sol tan to l a sua tesi. I quadri preferisco ve­ derl i nell'ordine di acquisto, che è il migliore. La buona pittura viene esal tata dalla compa­ gnia di quella più modesta, la quale a sua vol­ ta serve a metterei a nostro agio. Oggi ho tra­ scurato Valdés, Zurbaran, Murillo, Roelas, Herrera, per la pittura contemporanea. Si sale al primo p iano e ci si trova in un grande ap­ partamento, in piena mostra degli amatori e cul tori. Final mente, un po' di Blu di Prussia! Non manca nessuno dei temi che io predili­ go: il caval iere arabo, lo zampogn aro, le cio­ ciare, la n infa e il fauno, gli emigranti, la mo­ della, il treno, il p azzo, i fiori e i vasi, lo stu­ dio dell ' artista, sua mogl ie, il carnevale, Ve­ n ezia, l e feste notturne, insomma il buon re­ p ertorio della pittura fine secolo, così com­ movente! Perdo mezz'ora davanti al pezzo più importante, che s' intitola: Visita all 'Ospedale. E un quadro di proporzion i enormi, dove un clinico in redingote e tuba mostra ai suoi al'

III

lievi, egual mente ves �iti, un caso interessante, una giovane malata. E uno di quei quadri da­ vanti ai qual i, ai bei tempi del S al on, si affol­ lavano i critici, anche loro in redingote e tuba, parlando di composizione, ritmo, anatomia e prospettiva. Giù, nella vecchia chiesa del convento, Murillo e gl i al tri. Le famose san te del Zurbaran, gentildonne vestite a festa, una col tricorno veneziano, un'ampia gonna di ra­ so, la camicetta di velluto ornata di merletto e l o sguardo di Lol ita. E santa M arina. '

XV I I

S ivigl ia non ha finito di sorprendermi. Jesus è venuto in albergo , per portarmi a casa sua, dove pranzeremo . « E una casa tipica sivigl ia­ na, può interessarti » dice, per non dare nes­ sun peso all' invito. N el patio troviamo due giovani che leggono giornal i sportivi e non diranno mai una parola. Devo avere un paio di cugin i così, in qualche parte d'ltal ia. Jesus mi mostra la casa, come se non fosse l a sua, quasi divertendosi a quel silenzioso abbando­ no di stanze vuote e fresche, dove l a vecchia madre, una donna alta e vestita di n ero, vive sola, aspettando le vacanze per vedere i n i­ poti riun iti. A tavola, la vecchia signora mi fa sedere alla sua destra e comincia a parlarmi bruscamente, come del resto parla agl i al tri. N on capisco bene e Jesus, ridendo, traduce: sua madre si preoccupa che io non mangio abbastanza, sono pallido, devo mangiare. Così mi trovo il piatto colmo senza poterei far 1 12

n ien te, quasi col pevole di non essere stato promosso. La conversazione prosegue, toc­ cando argomen ti così prevedibil i che mi sor­ prendo a parlare spagn olo: voglio dire, gl i stessi argomen ti di mia madre, gl i eterni ar­ gomenti delle nostre famiglie disordinate. La vecchia sign ora con tinua: ogn i tanto un so­ spiro , un crollare del capo, un silenzio. Jesu s mi strizz a l'occhio, complice. E infine fa quello che faceva mio fratello, scoppia a ridere e ab­ braccia la madre che si schermisce abbassan­ do la testa, schivando i baci, fel ice e ingru­ gnata, con le sette spade dei sette dolori ben confitte nel seno, come le Madonne delle no­ stre cl1iese meridional i.

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TACCUINO 1 956

Gita a Saturn ia: - S iamo arrivati appena ie­ ri sera e già siamo un po' intossicati dall' aria pura, dai vasti orizzon ti, dalla vita sana. Lo spirito è forte, ma la carne, debole, non ci se­ gue. Sen tiamo il corpo gonfio, anzi goffo, lo specchio dell'albergo c i riflette una immagi­ ne quasi ignota e desolante. Una corsetta nel prato ci fa battere le tempie e respirare con affanno. « Qui ci lasciamo l a pelle » dice Ros­ setti. Verso le nove, bagno nella piscina cal ­ da, all' aperto. Va molto megl io. Non c i siamo che noi, il più an tico paesaggio d'Ital ia e un cavallo grigio nel torrente di scarico, immo­ bile nella nuvola di vapore. Il cavallo sta qu i a pensione per curarsi una infezione agl i zoc­ col i. Tutta la mattina restiamo nella sorgen­ te cal da, con tenti . Ci pren de anzi l a sgan­ gherata allegria dei momen ti fel ici, con ten­ tativi di canto e scherzi. La città sembra l on­ tana, mostruosa, mortifican te. Poter restare lì, al meno sino a domen ica. Chi ce l o proibi­ sce? Decideremo dopo, si sta troppo bene adesso, per prendere decisioni. Dal paese, che è lassù come una corona araldica di tufo, ven­ gono voci e rumori tranquilli. « Su, poltron i, al paese! » grida M accari. Ci andiamo, in at­ tesa dell' ora di pranzo. Il paese, in trenta se1 14

col i, è stato distru tto sei vol te e ricostru ito al trettan te: è qu indi un tipico paese ital iano. C'è una vecchia porta romana, una chiesa re­ staurata, una bell a pala d' al tare. Nella lunga e sconnessa piazza di terra battu ta, il monu­ men to ai caduti, qualche frammen to di anti­ ca trabeazione, una pietra tombale e il silenzio dei luoghi abbandonati dai giovan i. Alla po­ sta l'ufficiale postale ci fa vedere due cammei che ha trovato zappando l' orto: forse baste­ rebbe scavare per trovarne al tri. Nel negozio principal e , non sapendo che fare, compria­ mo un ombrello. Visitiamo le due osterie: in una, un carabin iere sta giocando a carte con tre paesan i e un bambino segna i punti; nel ­ l ' al tra c'è l' apparecchio della televisione. « Al ­ meno hanno l a tel evisione » dice Vicentini. Proseguiamo. Al solito, Maccari fa il ministro in visita, ma l o· fa malissimo e nessuno ci cre­ de: si stanca subito anche lui. Allora, tentati­ vo di passeggiare attorno alle mura romane: ci fermiamo a guardare il paesaggio verso nord, che si perde nei monti dell'Amiata. La campagna, nelle valli assolate, è piena di car­ tell i dell 'Ente Maretnma. « Tagliano gl i albe­ ri per farci i cartelli » dice Maccari. Ora la stanchezza ci porta alle meditazion i. Citiamo Thoreau. E Virgil io? E Teocrito? Basta: que­ sta è la vera vita. N o n sarebbe ora di l asciare Roma e ritirarsi a vivere in un paese così? Qui soltanto l e stagion i hanno un senso e il tem­ po ha una misura., Vicentini dice: « E la sera? Che fai l a sera? » . E la domanda che tutti in­ consciamente ci eravamo già posta e quindi 1 15

protestiamo: « La sera? Ma si gioca, si passeg­ gia, si sta accan to al fu oco, si legge! ». Questa prospettiva fa tacere definitivamen te Vicen­ tini, cormcciato. Gli altri, ognuno in cuor suo, pen san o che resisterebbero ben issimo, pur­ ché sol i. S ono gl i « altri » che fanno apparire squallida e intollerabile la solitudine. Ma, for­ se, sol i . . . Comunque il p aesaggio, troppo va­ sto, ci ammonisce. Ora due con tadin i ven­ gono sul sentiero verso di noi, conversan do. Quando ci passano accanto sentiamo che cosa dicono. Uno sta raccontando la trama del film Tre soldi n.ellafontana e l' altro, a tratti, commen­ ta: « To' , gua' , lo vo' vedere anch' io ». D opo pranzo torn iamo a Roma. I ragazzi della via M. sono cinque o sei, co­ mandati energicamente da Giovann i, che ha tredici anni. Poiché lavora nell'officina d el pa­ dre, Giovanni ha potu to fare elmi roman i, scudi e lance per armare i suoi compagni. Su­ bito dopo pranzo suona l' adunata: i ragazzi accorrono, Giovanni distribuisce le armi, met­ te i suoi uomini in riga, li passa in rivista, elo­ gia, ammonisce, quindi dà in izio all a seconda parte del giuoco. Pone due soldati di senti­ nella al portone e manda gl i altri in ricogn i­ zione per sorvegl iare un probabile sbarco di pirati. La ricogn izione parte. Giovan n i siede su un muricciolo, un po' discosto dalle sen ti­ nelle, le braccia conserte, pensoso. S i rivolge ad una sentinella e gli domanda se ci sono no­ vità. Nessuna novità. Ahimè, un url o disuma1 16

no scuote la strada: è la madre di Giovann i che dalla cucina chiama suo figlio, come se l a scannassero. Giovanni non risponde. La madre è già alla finestra. P opolana e dram­ matica ordina a Giovann i di tornare subito a casa, gridando terribili minacce. Giovanni, l ivido di rabbia e imprecando, si avvia verso casa. Proprio in quel momento, dal fondo del­ la strada riappaiono di corsa, emozionati, quell i della ricogn izione. Gridano: « Capo, pi­ rati in vista! » . Giovanni al za le spalle e dice: « Dopo » . dolori della domen ica: tornare in un pae­ setto che non vediamo da due anni e trovare che l' amministrazione ha fatto degl i abbelli­ menti. La vecchia e nobile passeggiata è or­ n ata di tub i al neon, c'è un'edicola per la fermata della corriera, un enorme orinatoio circolare a quattro posti: il tutto, in quello stile ardito e confuso che è lo stile « moderno » tra­ dotto dal geometra locale. N el vecchio pal az­ zotto principesco c'è un garage e l a facciata è piena di cartell i pubblicitari. Ah, poter but­ tare tutto giù, vero signor Sindaco? e ricostiUi­ re daccapo sui nuovi modelli. Una volta i modell i erano l a chiesa e il pal azzo, oggi so­ no il bar e il distributore di benzina. Appena fuori del paese, l e case- Fanfani, già sporche. Le C orbusier non ha detto forse che l'archi­ tettura moderna non invecchia, ma si sporca? I

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A Sella di Corno, al tezza m 1 000, su una ca­ sa, a caratteri gran di come un uomo, leggia­ mo: