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Italian Pages 180 [200] Year 1996
Cronache da Hollywood comprende una larga scelta degli scritti che, con vari pseudonimi, Cesare Zavattini andò pubblicando tra il 1930 e il 1934 in Cinema Illustrazione, il periodico milanese di Angelo Rizzoli, diretto da Giuseppe Marotta. Nell’Italia provinciale e fascista di quegli anni, attratta dal fascino del divismo hollywoodiano, Cesare Zavattini si immagina corrispondente dalla Mecca del cinema. Scriverà: «Inventavo tutto, dall’a alla z, sposalizi di attori già sposati, incendi, furti, divorzi, liti, tutto inventato». Il fenomeno del divismo è perfettamente colto dall’umorismo zavattiniano, che acutamente ridicolizza gli aspetti più caduchi del mito hollywoodiano. Uno Zavattini delizioso e smagato, che nel suo scherzoso «Viaggio» oltreoceano manifesta già quelle doti di moralista e polemista che si esprimeranno compiutamente più tardi nei suoi racconti e nei suoi film.
Cesare Zavattini (1902-1983), scrittore e sceneggiatore, è stato uno dei massimi esponenti del cinema neorealista. Tra il 1931 e il 1943 rivelò la sua personalità singolare, ricca di fantasia e di surreale umorismo, in una vasta produzione giornalistica e letteraria raccolta in parte nei volumi Parliamo tanto di me (1931), I poveri sono matti (1937) e Totò il buono (1943). Esordì come soggettista e sceneggiatore nel 1935 con Darò un milione di Camerini, affermandosi nel 1942 con Quattro passi tra le nuvole di Blasetti. Nel 1943 iniziò il suo sodalizio con Vittorio De Sica, dal quale sarebbero nate opere come Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951) e Umberto D. (1952).
In copertina, Jean Harlow, locandina di The girl from Missouri, 1934
Gli introvabili
Cesare Zavattini
Cronache da Hollywood A cura di Giovanni N egri Prefazione di Attilio Bertolucci
Editori Riuniti
Si ringrazia l'Archivio Cesare Zavattini per la collaborazione
I edizione: novembre 1996
© Copyright Editori Riuniti Via Arenula 41-00186 Roma Grafica: Luciano Vagaggini Editing: Sinnos Coop. Sociale a r.I.- Roma ISBN 88-359-4139-3
Indice
XI XV
Favole sul cinema Nota del curatore
Cronache da Hollywood 3 6
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Holliwood Detronizzati Arte muta ... mah? Il caffè dei divi Tutto per un pacco di chiodi! Régisseur per un giorno Che cosa avrebbero fatto i divi se ... Lo Zar del Cinema ovvero ufficio scandali Quale personaggio storico preferite? Insuccesso Quali sono gli uomini che non mi piacciono I divi sono gelosi I divi e il caldo Ufficio soggetti Un uomo fra due donne Come li vorremmo sposati Hollywood ride cosi I sette peccati capitali a Hollywood
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I divi e la poesia Ultime da Hollywood. Sessue Hayakawa e il dramma di una madre Nubi nel cielo dei coniugi Powell Le originalità di un divo Sempre in tema di concorsi Sul marciapiede Il cuore di W allace Beery Il diario di Helen Twelvetrees. Diva terribile Che cosa può far succedere una canzonetta Gli scherzi del «doublage» Un cocktail-party che ha delle conseguenze. Ciò che dice Jean Harlow degli uomini dopo un infortunio in amore Greta Garbo vedova? Hanno rubato Dolores Del Rio Storia di un letto troppo alto L'ultimo amore di Lewis Stone Un duello e un fidanzamento andati a monte Cronaca di Hollywood Miriam Hopkins e ... i corsari I divi a Los Angeles Trucchi del mestiere Spiritismo Compleanno Fredric March salvo per miracolo Charles Farrell che cosa fa? Harold Lloyd vuol correre Come nelle pochades Charlot contro Gloria Swanson Gli abiti di Zorro Anche a Cinelandia vi sono i funghi Che cosa pensano i bambini di Hollywood Recentissime Il bagno di latte di Claudette Colbert
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Tutto per l'amore Erich von Stroheim è sempre quello È pericoloso far l'amore con un dentista Due cuori felici, ovvero le automobili conducono lontano Dimmi come ti diverti e ti dirò chi sei L'amore e un contratto Martus tra i divi Le belle donne e la beneficenza La fine del mondo Due parole con il minorenne piu simpatico di Hollywood Un'avventura automobilistica e galante diJohnny Weissmiiller J ack Holt eroe sfortunato La beneficiata dei direttori Bisogna vivere, dice Wynne Gibson, per essere artiste Tutta la storia e i pettegolezzi di Hollywood in quattro camere Le colpe di due colpi di rivoltella Che cosa può fare un barattolo di latta La colpa è del ventilatore Ma è proprio il caldo? Guy De Guimpelar chi è? Laura La Piante sta benissimo, anzi ha tre anni di meno Se non è vera è ben trovata: Greta ama i ventenni
favole sul cinema
Nel1928 (non scrivo nel «lontano 1928», perché quell'anno mi è vicinissimo alla memoria) Cesare Zavattini, dopo aver fatto l'istitutore al Convitto Nazionale Maria Luigia di Parma, e in quel nobile edificio, in aule prestate al Liceo-ginnasio Romagnosi, esercitato, da supplente, la pure nobile professione di insegnante di lettere al ginnasio inferiore (io ero fra gli scolari deliziati dalle sue invenzioni pedagogiche, diventandone, bontà sua, amico per tutta la vita), si diede al giornalismo. Non sto a raccontare in quale strano quotidiano egli fece le prime prove di redattore: il foglio, la Gazzetta di Parma, uscito nuovo nuovo verso la fine del Settecento, resisteva, appunto nel 1928, all'allineamento generale voluto dalle direttive del partito allora al potere, quello fascista. Non opponendosi apertamente (era impossibile), ma, come dire, mantenendosi appartato, distanziato, facendo lo gnorri. Chi lo gestiva in tale modo erano le associazioni parmigiane dei combattenti e dei mutilati, dirette da due simpaticissimi e sornioni segretari, di fatto profondamente antifascisti, all'apparenza soltanto afascisti. Quell'alfa privativa poco piu tardi non poté non dico esistere, ma immaginarsi. Cesare Zavattini (continuo a scriverne con difficoltà nome e cognome per intero, ma Za era di là da venire), con i pochissimi soldi fornitigli dall'amministrazione, faceva miracoli, non so quanto comprensibili ai vecchi abbonati di quello che era stato un onesto giornale conservaXI
tore, mai neppure un fiancheggiatore del regime dominante. A quei lettori, a quelle lettrici fedeli del vetusto foglio arrivavano, con le notizie filtrate e invecchiate del giorno, le novissime proposte dell'innocente e geniale redattore capo, Cesare Zavattini. I suoi primi, stupendi raccontini, entrati poi nella libera struttura di Parliamo tanto di me, e le albeggianti prove dei suoi giovanissimi amici Pietrino Bianchi e Attilio Bertolucci vi spiccavano. Il quale ultimo, scrivendo quasi soltanto poesie (e un anno dopo fu Za, ormai si firmava cosi, che volle fossero pubblicate da un altro ragazzo della compagnia con grandissimo gusto tipografico, Alessandro Minardi, e il volumetto s'intitolò Sirio), vi propinava tradizioni, figuratevi da chi: fra gli altri, dal misterioso Lautréamont, appena riscoperto e oggetto di culto fra i neoteroi surrealisteggianti. Tempi meravigliosi, confrontati con il consumistico giornalismo d'oggi. Ma veniamo, finalmente, allo scritto che apre questa incredibile raccolta di Cronache da Hollywood. Confesso che, malgrado la mia memoria di ferro, non lo ricordavo, mentre ricordo benissimo la serie che usd poi su Cinema Illustrazione. Forse Za, quando scrisse le prime parole «Arrivai a Cinelandia ... », pensava che quella corrispondenza immaginaria, quella Hollywood tutta inventata, non sarebbe rimasta che «un raccontino», natogli in testa con gli altri. Portatosi a Milano, entrato nella non ancora stritolante struttura dell'industria culturale, si adattò, o meglio finse di adattarsi. Hollywood o Cinelandia o la Mecca del Cinema, appassionava, con i suoi eroi e con le sue eroine, anzi divi e dive, la buona gente che accorreva al cinema. Maledetta televisione, che la buona gente tiene a casa, magari a vedere film, quanche volta anche belli, ma fuori dall'aura sacra delle scampanellanti sale cinematografiche dai bei nomi, lui mi c1:1pirebbe perché li ricordo: Lux, Orfeo, Edison ... Ma perché non saziare la giusta fame dei sognatori di una Hollywood cui era in fondo inutile e certamente troppo costoso inviare dei corrispondenti? Che ne avrebbero ricavato noiosi, controproducenti pezzi di banale cronaca, XII
mentre era possibile fantasticarne fatti e dialoghi, figure e ambienti. Ho divagato forse troppo, ma volevo lasciare al lettore il gusto di conoscere quest'altro esempio dell'incredibile talento di Za, che a qualsiasi prova si sottomettesse o venisse sottomesso, finiva per uscirne sempre vincente. Allora, i lettori di Cinema Illustrazione saranno stati felicissimi di sapere i fatterelli personali (inventati) dei Wallace Beery, Clark Gable, Greta Garbo eccetera, da loro conosciuti come meravigliose «maschere di celluloide» si può dire quotidianamente. Oggi i fatterelli veri (ma cosa significa «veri»?) li forniscono, a chi vola a Los Angeles, i press agent e altri manipolatori. Le tante e tante pagine datate L.A., magari, anzi certamente inviate via Fax, saranno cosi di poco ... Ma leggete queste favole sul cinema, un certo cinema e i suoi personaggi del tempo andato, e se avete una certa età vi divertirete, non senza qualche spunto nostalgico; se conoscete e ammirate il rigoroso Zavattini che ha scritto La~ dri di biciclette e Umberto D. non meravigliatevi né tanto meno scandalizzatevi. Aggiungete questo tassello minore e pure non inutile, al ritratto del multiforme talento creativo che vi sarete fatti di Cesare Zavattini da Luzzara. Scrivo «da Luzzara» perché è inimmaginabile, il nostro, nato ad Aosta o a Poggibonsi. Soltanto nella ricca di umori e di nebbie pianura del Po poteva nascere il sanguigno e volante, concreto e fantastico, imprendibile, indefinibile, inclassificabile, unico, Za. Attilio Bertolucci
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Nota del curatore
Questo libro comprende una larga scelta degli articoli che, con vari pseudonimi, Cesare Zavattini andò pubblicando dal 193 O al1934 in Cinema Illustrazione, il periodico di Angelo Rizzoli, diretto da Giuseppe Marotta con il quale lo scrittore di Luzzara ebbe, appena arrivato a Milano, un ottimo rapporto («imparai molto da lui, passando al suo fianco giornate di piena allegria»). La rubrica sotto la quale apparvero questi scritti si intitolava inizialmente «Cronaca di Hollywood», poi tra il1932-1933 «Recentissime» e nel1934 «Espressi da Hollywood» per accreditare sempre piu la tempestività delle cronache: si apriva su un'intera pagina, tutta di Zavattini anche nei «pezzi» senza firma, ed era illustrata da fotografie di attualità cinematografica provenienti direttamente dall'America. Alla raccolta abbiamo fatto precedere un articolo, «Holliwood», apparso sulla Gazzetta di Parma nel 1928 nel quale Zavattini immagina il suo arrivo a Cinelandia e che, per molti aspetti, ha una stretta parentela con le «cronache»: un articolo che, come scriverà Lorenzo Pellizzari nel volume Zavattini cinema, racchiude in sé «una vocazione (critica) per il cinema, un abbozzo di soggetto ... un esempio di teoria filmica applicato alla prassi e, insieme, una piccola metafora di quella che sarebbe stata la sua esistenza successiva, quasi una profezia». Alla Gazzetta di Parma - come ricorda Bertolucci nella sua prefazione- Zavattini aveva lavorato dal1927 al1929 dandole, malgrado le difficoltà economiche e politiche at-
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traversate dal giornale, un carattere di insoluta vivacità per i tempi. Dopo aver fatto le sue prime prove letterarie su Solaria ed aver svolto un'attività di critico su L'Italia letteraria, Zavattini giunse a Milano nel1930. Dopo aver lavorato per poco tempo come correttore di bozze, si occupò dei periodici a rotocalco presso il grande complesso editoriale della Rizzoli lasciando- con l'apporto delle sue idee e della sua creatività - una forte traccia in quello che allora era un nuovo tipo di giornalismo. La sua operosità era frenetica: si divideva in due, «il giorno con Rizzoli, di sera con Bompiani», mentre continuava a collezionare quei suoi deliziosi racconti che, insieme con i precedenti, entreranno nella raccolta Parliamo tanto di me, apparsa poi nel 1931. In questa temperie milanese nacquero le «cronache» su Cinema Illustrazione dove, come scriverà lo stesso Zavattini, «inventavo tutto dall'a alla zeta, sposalizi di attori già sposati, incendi, furti, divorzi, liti, tutto inventato». Scriveva persino che «la sera, usciti dagli studios, i divi vanno con le potenti automobili a svagarsi a New York», che- come è noto- dista da Hollywood molte migliaia di chilometri. Pur restando a Milano era un perfetto «inviato da Hollywood». Alla Rizzoli, dove passava gran parte del suo tempo, il cinema era di casa: non c'era film che uscisse, «di cui non avessimo prima di ogni altro il materiale illustrativo nelle sue forme piu sontuose e piu pubblicitarie e quindi piu imponenti, piu pressanti, piu determinanti addirittura. Non era tanto facile allora uscire dal clima del film americano essendo quello che nelle riviste aveva particolare successo». I nomi con i quali Zavattini firmava le sue «cronache» erano diversi: daJules Parma aJ.P., da Kaiser Zha a Giulio T ani, a Louis Sassoon: qualche volta i suoi scritti non recavano alcuna firma. Questo ha reso non sempre agevole la nostra ricerca e ha comportato necessariamente una fitta rete di riscontri per l'attribuzione degli articoli. Le cronache zavattiniane registrano l'itinerario, pur breve ma cosi mosso, degli anni che vanno dal 1930 al 1934. Dal '30 che vede i successi di Hallellujah di King Vidor, dei film di Lubitsch e di Mamoulian, di Milestone, il XVI
passaggio dal muto al sonoro, l'impiego del microfono «che raccoglieva senza misericordia ogni rumore», la nascita dei vari generi di film, da quelli musicali e di costume a quelli del filone «gangsteristico» sino allo sperimentalismo di matrice espressionista e a quelle pellicole della produzione Zanuck basate sulla cronaca, vere istantanee di vita americana nel contesto, a volte, di una critica alla sua struttura sociale. Per arrivare con un salto, agli anni 19331934, quando cominciò per Hollywood un periodo difficile con la riduzione degli incassi, e quindi degli investimenti, con la chiusura di cinquemila sale cinematografiche sulle diciottomila allora esistenti. Ma anche nella crisi che gli Stati Uniti attraversavano, la gente di Hollywood, registi ed attori, continuava a condurre una vita sfarzosa, di un lusso ostentato, e finiva per consumare un'esistenza che la poneva molto al di sopra della normalità, per avere - come sottolineerà uno storico del cinema, Gianni Rondolino, «libertà di costumi e di atteggiamenti che la tradizione, la legge, la moralità corrente vietavano alla gente comune». Era il fenomeno del divismo, un' «inflazione dei valori», perfettamente colta nelle «cronache» attraverso l'umorismo zavattiniano che, acutamente e intelligentemente, ridicolizzava gli aspetti piu caduchi del mito hollywoodiano. Era già viva in Zavattini, nel suo disincantato e scherzoso viaggio in oltre Oceano, la coscienza del moralista e del polemista che si rivelerà sempre piu forte e agguerrita nella sua narrativa e nella sua attività cinematografica successive. Le cronache di Hollywood, lo diciamo a smentire l'idea di una assurda quanto totale e vuota invenzione del cronista Jules P arme, erano insieme avventura, umorismo e storia. Storica era infatti l'informazione accurata sul mondo americano, esatti i nomi degli attori, dei registi, dei film, delle case di produzione, reali il costume e gli atteggiamenti mentali dell'epoca. Ma un altro aspetto va sottolineato delle «cronache» zavattiniane. Attraverso i suoi articoli lo scrittore-giornalista partecipava a modo suo, con la sua vena originale, al movimento di quegli intellettuali italiani che volevano guardare fuori del loro paese, farlo uscire dalla palude provinciale XVII
alla quale il fascismo lo condannava. Anch'egli si poneva, con smagata malizia, il tema dell'America - di questo grande paese dove si incrociavano valori e disvalori e di cui si awertivano le enormi contraddizioni - e la questione, allora nuova, del cinema. Le sue cronache sottolineavano già da allora il suo vivo interesse per questo eccezionale strumento di cultura e di comunicazione, verso il cinema «Vero», non il teatro filmato che in quegli anni la faceva da padrone in Italia: interesse condiviso da altri letterati come Soldati o Pavese, per citarne solo alcuni. E già in queste «cronache» affiorano certe intuizioni che anticipano in parte lo Zavattini neorealista. Prendiamo ad esempio, nelle cronache l'immaginaria intervista a King Vidor del193 3. A Vidor - come risposta alla do manda «quale film le piacerebbe fare» - Zavattini fa dire, esprimendo un proprio segreto pensiero: «Il mio ideale sarebbe un film che descrivesse la giornata di un uomo, dalla sveglià al momento in cui va a dormire: parlo di un uomo qualunque. La lunghezza del film dovrebbe corrispondere alla lunghezza della giornata del mio eroe. E tutto riprodotto con la piu grande fedeltà». «Non si sa per quali vie- scrive Pellizzari nel suo volume già citato- ma la Hollywood di Zavattini è quasi credibile e insieme alquanto detestabile: vi dominano la falsità, la correzione della realtà, l'impossibilità di entrarvi con la propria sproweduta schiettezza. Ma è proprio quest'ultima, cioè la vita, a guastare il falso incanto della finzione, a compiere un'azione di disturbo, a far si che quel prodotto non sia piu identico a come il committente l'aveva voluto. Di qui scatta un discorso quasi teorico: è possibile un'intrusione nei modi da sempre tradizionali di fare cinema, l'uomo della strada può diventare volontario (o involontario) protagonista, ma altresi l'irruzione della fantasia può modificare la banalità del quotidiano». Crediamo che la riscoperta di queste incantevoli storiette potrà contribuire a fornire un altro tassello a quel complesso e geniale mosaico che è l'opera giornalistica, letteraria e cinematografica di Cesare Zavattini. E ci auguriamo che il nostro giovane-vecchio Jules Parme abbia il lettore che merita. Un lettore cioè che sappia leggere la sua XVIII
ironia «coperta» e «socchiusa», anche a rischio di qualche incomprensione, in bilico fra serio e faceto, fra realtà e invenzione. Vorremmo concludere con le ironiche raccomandazioni dello scrittore che ha sempre usato l'arma della fantasia per meglio penetrare la realtà: «lo vi ho raccontato nelle mie cronache, che vogliono avere soltanto un pregio, quello dell'obiettività, molti fatti cosi curiosi e movimentati da parere usciti dalla mente di un romanziere. Ma chi è saggio, non si stupisce piu del necessario, sapendo che la realtà sta al di sotto della fantasia solo per i miopi». Giovanni Negri
XIX
Cronache da Hollywood
Hollywood
Arrivai a Cinelandia un mattino rigido di dicembre. Avevo freddo, come si conviene in inverno, e fame e sonno per il lunghissimo viaggio. L'albergo nel quale avevo prenotata la camera si trovava a 500 passi dalla stazione. Mi ero appena incamminato verso l'albergo che due policemen mi si precipitarono addosso: «Alt, signore». E mi spiegarono che dovevo sostare un paio d'ore, poiché stavano ultimando il film La città deserta dove si sarebbe veduta una città senza abitanti. - Se lei capita sotto l'obiettivo, la pellicola è sciupata. Pensi che durante tutto il film non si vede una sola persona. In Hollywood non c'è che l'operatore. La gente, artisti o no, è tappata in casa e guai a chi ne esce prima del segnale convenuto. Trascorse le due ore regolamentari, un colpo di cannone fece affollare la strada come per incanto. Ero intirizzito dal freddo e male mi reggevo in piedi. «Può andare» fece un policeman. Mi avviai. Avevo fatti appena dieci passi che una turba di gente sbucata da una via laterale mi sorpassò di corsa: Erano 100, 200 uomini con il viso stravolto, seminudi, coperti di pelli, armati di lance e di faretra. «Corra, perdinci, corra ... lei mi rovina il film. Corra o mi pagherà i danni...». Un signore alto, vestito da generale o anche piu, affannato e sudato, mi passò vicino urlandomi quell'incitamento. 3
Ne arrivò un altro addirittura furibondo. «Un milione di danni, se non corre ... Stiamo girando il supercolosso: La fuga dei barbari. Fugga ... ». Spaventato dalla minaccia di dover pagare una cosi ingente somma, mi diedi a correre dietro alla turba sino a che giunsi davanti all'albergo che è in una piazza di stile settecentesco. La turba continuò la fuga inseguita dall' operatore. Seppi poi, che il cineasta, per giustificare l'inaspettata inclusione nell'orda fuggente di un uomo del XX secolo, aveva introdotto la didascalia, là dove io apparivo: «un precursore». Finalmente pochi metri mi separavano dall'albergo. Vi ero arrivato con la lingua fuori dalla bocca. Ma proprio nella piazza settecentesca, stavano girando il film: Una ri-
voluzione. «Non si può attraversare la piazza>> m'intimò il policeman. lo ero estenuato: dovevo rimovere a grande pietà se il policeman s'ingegnò a trovare un mezzo perché io giungessi ugualmente all'albergo e in fretta. Mi fece caricare sopra una barella, chiamò due portatori e diede l'ordine di attraversare la piazza di corsa. D' accordo con il direttore fece inscrivere la didascalia: «Un morto». Ma, a metà strada, i miei portatori maldestri scivolarono e caddero. Io con essi. Scompigliavamo cosi questa parte del film. Allora l'operatore salvò ogni cosa con la seguente didascalia: «Un morto?». E quando mi rialzavo da terra con i miei portatori, una seconda dicitura: «No!». Entrato, dopo tante vicissitudini nell'atrio dell'albergo, chiamai il maitre che si precipitò ai miei ordini. «Signore, per l'amore di dio, esca, esca. Tornerà piu tardi. Non vede? Qui stanno girando un film: Donne sole». C'erano infatti molte signore belle ed eleganti. La mia presenza fece modificare il titolo del dramma in Signore
quasi sole. Mi parve d'impazzire. Con le energie superstiti giunsi in stazione di corsa, senza fermarmi alle frequenti ingiunzioni dei policemen. 4
C'era un direttissimo in partenza. Salitovi sopra mi affacciai subito al finestrino e mentre il treno s'allontanava, agitai il braccio in segno di esasperazione. Poiché, proprio in stazione, stavano girando la pellicola: L'emigrante arriva, non riusci difficile inquadrare la mia partenza nel tema generale, facendola precedere dalla dicitura: «Doloroso distacco». [Gazzetta di Parma, 4 marzo 1928]
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Detronizzati
Un paio d'anni fa, Mary Pickford era considerata come una regina: la fidanzata dell'America, come era chiamata, aveva visto inchinarlesi dinnanzi fin l'ex-regina del Portogallo che le aveva detto: «Voi siete stata un raggio di luce nei miei giorni oscuri di dolore. Il mio unico piacere e l'unico mio divertimento sono state le vostre pellicole». Ebbene, ora Mary Pickford non trova pin lavoro, perché la pellicola Coquette, il suo primo tentativo di cinematografia parlata, è stato un orribile insuccesso. La sua voce non va per quel tremendo giudice che è il microfono. E anche suo marito, Douglas, il bel Doug dal sorriso affascinante, deve lasciare lo schermo. La fama di Douglas Fairbanks era, almeno per il novanta per cento, basata sulla sua agilità, sui suoi salti meravigliosi. Ora, come si fa a parlare, durante e dopo tanti esercizi fisici? Per forza è impossibile. Le frasi, se escono, escono mozze. Dunque, o rinunciare all'acrobazia o rinunciare al film. Pare che Douglas rinunci al film, almeno al film parlato. Greta Garbo minaccia di perdere, pur ella, la sua corona di regina, perché parla l'inglese con un forte accento svedese. Lo stesso si dica per Vilma Banky, dotata di un gustoso accento tedesco. Ella ha, è vero, potuto fare un film parlato, perché vi rappresentava la parte di una ragazza tedesca-americana, ma non è possibile creare continuamente per lei delle parti simili. 6
John Gilbert, il bellissimo John, l'uomo dai quindicimila dollari alla settimana, ha fatto, anche lui poveretto, una cattiva prova, perché la sua voce è troppo delicata per essere la voce di un uomo, e poi perchè parla nell'esse. Cosf gli attori, i veri attori, hanno, questa volta, il sopravvento. È giunta per essi- Marie Dressler e Ruth Chatterton insegnino -l'ora dd trionfo. L'unico attore dell'arte muta che ancora può sopravvivere è Charlie Chaplin, ma soltanto perché i comici che parlano sono infmitamente meno divertenti dei mimi.
[Cinema Illustrazione, 8 ottobre 1930]
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Arte muta ... mah?
Non per fare aforismi o per lanciare delle massime immortali, ma per stabilire una verità inconcussa, posso cominciare senz'altro con l'asserire che se c'era un'arte che era muta proprio solamente per modo di dire ... era quella muta. Per contrapposto, e questa è un'altra verità assoluta, se c'è un'arte che sia muta, o quasi, sul serio, questa è quella della cinematografia sonora. Siete mai stati in un teatro d'arte muta, di quelli di una volta? No? Ebbene, io si. A Torino, a Parigi, a Hollywood, e vi posso giurare che era una cosa da pazzi. Il minor rumore che si udisse era quello della voce umana, e pure, sotto il vasto capannone di vetro, rimbombavano gli urli, vibravano gli strilli, scoppiettavano gli ordini: Avanti! Ferma! Fuori il primo attore! Piu moto! Piu vita! Fermo, quello H che è morto!. .. Poi martellate, tonfi, fischi, la mitragliatrice in sordina della macchina da presa, un pandemonio! Allora una vera folla assisteva alla presa delle pellicole: c'era il direttore, poi c'erano i suoi aiutanti, i macchinisti, gli operatori, gli artisti, le comparse «che non c'entravano» e, a compiere l'opera, i soliti sfaccendati, quelli che alla sera dicevano, al caffè, con aria trascurata, per farsi invidiare dagli amici: -Sai, sono stato alla «Cicoria Film» a vedere «girare» la Bertini nella sua nuova produzione Gli occhi di pernice. 8
E tutta questa gente passeggiava, chiacchierava, si industriava, insomma, in tutti i modi migliori e piu corrispondenti allo scopo di far rumore. Il curioso in tutto questo è che quelli o quello che dovevano far rumore ... non ne facevano affatto! Le terribili esplosioni che si vedono in certi film, per esempio, sono quasi assolutamente silenziose. O sono ot!enute con razzi, 0 con polvere pirica bruciata all'aperto. E il caso di dire: molto fumo ... con quel che segue. Cosi anche succedeva con le fucilate. Mi rammento di avere una volta assistito alla riproduzione di un episodio della rivoluzione francese. È inutile che vi dica quando. Certo quasi duecento anni fa, nel tempo in cui i miei capelli c'erano ancora tutti e tutti biondi ... Molto tempo prima, dunque, che si sentisse parlare di Diana Karenne e di Emilio Ghione ... mettiamo duecento anni fa ... C'era una turba di vandeani armati che assalivano una masseria difesa da un forte nucleo di truppe rivoluzionarie. In meno di mezz'ora, tra prove, controprove e riprove, si saranno sparate un duemila fucilate, senza rumore. Non so che polvere avessero messo alle canne dei fucili: il fatto sta che l'aria era resa irrespirabile dal fumo, e si era all'aperto, ma l'unico rumore che si udiva, era il vociare delle comparse. Del resto, a quel tempo, gli attori non recitavano mai una frase che fosse coerente all'azione. Bastava che muovessero le labbra per fare vedere che parlavano. Mi ricordo di una bella scena d'amore tra non rammento piu che attore e la Costamagna, forse la prima stella del firmamento sorgente allora. Lui in ginocchio, di fronte a lei, coi gesti dimostrava la piu grande passione. Lei lo respingeva disdegnosa. Ecco il dialogo: Lui (comprimendosi il cuore con le due mani): Ah, che male di stomaco. Bisogna che cambi trattoria. Quell'oste è un vero avvelenatore. Lei (tendendo le mani come per respingerlo): Adesso sto fresca. Ho sentito che mi si è sganciata la sottana ... non oso voltarmi. Lui (sempre piu appassionato): Se vuoi sospendiamo e ti fai puntare uno spillo ... 9
Lei (ancora piu disdegnosa): Non fa niente, ora è finita. Chiama la sarta. Lui (in un ultimo urlo d'amore): Carolina, Carolina, Carolina! La Costamagna perde la sottanaaa! E il pubblico poi, a teatro, piangeva per tanto amore infelice. Ma poi si dovette cominciare a recitare sul serio, in seguito a questo fatto. Lavorava, allora, a Torino, all'Itala Film un simpaticissimo attore francese, un certo Verdannes, caratterista di valore che, in una certa pellicola di costume medioevale, doveva rappresentare la parte di un ispirato predicatore delle crociate. La scena avveniva nella navata di una cattedrale, ampia, solenne. I cavalieri crociati in ginocchio vedono passare il santo sacerdote: Verdannes. Egli, col capo coperto da una parrucca a lunga chioma incede solenne, sale sul pergamo e con aria ispirata comincia la sua invocazione: - Quel figlio d'un cane di Larousse (un altro attore francese della stessa compagnia) ieri sera mi ha sbancato all' écarté. Adesso devo chiedere un anticipo all'ingegnere Sciamengo. Poi voglio la rivincita. E tu, Del Ponte, verrai ad assistere a questa partita. Mi è arrivato il vino nuovo. Sentirete che roba e mia moglie vi farà una zuppa inglese da leccarsi le dita ... E via di questo passo, anche un po' peggio, perché il buon Verdannes amava i discorsi grassocci. Senonché, pochi giorni dopo, scoppiò un piccolo scandalo. La pellicola fu proiettata in un teatro torinese, dove furono condotti ad assistervi - trattandosi di soggetto storico e morale - i ragazzi sordo-muti, i quali, abilissimi a leggere le parole dal movimento delle labbra, scoppiarono, con grande meraviglia del resto del pubblico, in una risata. Inutile dire che Verdannes fu pregato di attenersi, nelle sue parlate, al carattere della scena in via di rappresentaZiOne. La pellicola sonora o parlata, invece, si svolge nel piu religioso silenzio, per via del «Terribile Mike», cosi si chiama, qui in Hollywood, il microfono. Questo infernale IO
strumento ha il dono di amplificare tanto tutti i rumori che il ronzio di una mosca viene riprodotto forte quasi come il rombo di un aeroplano. Ma del film sonoro e parlato e della sua tecnica vi dirò un'altra volta. [Cinema Illustrazione, 15 ottobre 1930]
Il
Il caffè dei divi
Appena giunto a Hollywood andai al famoso «Caffè di Montmartre» dove sogliono riunirsi i piu illustri eroi dello schermo. Mi sedetti in un angolo, tutto solo e tacito, prendendo qualche appunto per le mie corrispondenze alla «Ford Universal Press». Vidi Greta Garbo che si annoiava davanti a un mélange di cioccolato e panna ornata con fragole del Caucaso, vidi Gloria Swanson stritolare con i suoi cari dentini le zolle di zucchero; Douglas faceva curiosissimi giuochi di prestigio con le tazze da the. Appartato se ne stava Buster Keaton e nei suoi grandi occhi mansueti si rifletteva quel mondo come sulla superficie di un tetro lago. Harold Lloyd, invece, raccontava storielle paradossali a Josephine Dunn, alla Crawford, a Billie Dove. Harold Lloyd, interrompendo di quando in quando la narrazione, si divertiva anche a lanciare pallottoline di carta a W alla ce Beery, il quale si voltava con la p ili terribile delle sue maschere, molto seccato di non riuscire a individuare il colpevole. A un tratto un mormorio generale e concorde aguzzò la mia attenzione: in quel momento stava entrando il signor Charlie Chaplin, ovverosia Charlot. Lo seguivano alcuni personaggi del tutto insignificanti, i quali speravano, evidentemente, di essere scoperti da lui. Charlot si sedette vicino ad Harold Lloyd, il quale, dopo aver salutato con rispettosa effusione il grande umorista, continuò imperturbabile a lanciare le pallottoline di carta contro Wallace Beery. 12
Notai Adolphe Menjou che, non sapendo dimenticare completamente le sue origini, quando sentiva chiamare: «cameriere» riusciva a stento a restar fermo al suo posto. Greta Garbo si alzò e, dopo aver sorriso ai presenti, usci seguita dal suo paggio senegalese. Subito John Gilbert, con l'aria piu indifferente del mondo, si eclissò per una porticina laterale. Ma non trascorse un minuto che Hans Larson si precipitò sulle tracce dei due celebri attori. Udii un cameriere che si lamentava: «Ci rimetto sempre io ... Tutte le volte, per la gran fretta, se ne vanno senza pagare il conto ... ». Mi ero incantato ad ammirare gli occhi di Colleen Moore, quando la voce potente di W allace Beery mi scosse. Egli gridava rivolto a Charlot: «lo sono un suo devoto ammiratore, ma non ammetterò mai, capisce, mai, che lei mi tiri delle pallottoline di carta ... ». Charlot non rispose: allargò le braccia come per dire: «Destino, ci vado sempre di mezzo io ... ». Intanto Josephine Dunn dava dei pizzicotti ad Harold sibilando: «Confessa che sei stato tu, confessa ... ». Ma Harold esclamò: «Guarda Josephine, l'uccellino ... ». Josephine guardò in alto, a destra, a manca: Harold ne approfittò per dileguarsi, inseguito dal cameriere. La riconobbi subito: entrò avvolta in una sontuosa pelliccia, Mary Pikford. Si avvicinò a Douglas che stava facendo divertire, con i suoi scherzi estrosi, Vilma Banky e J an et Gaynor, e disse forte aggrottando le delicate ciglia: «Doug, sono le undici...». Doug mogio mogio si alzò e i due coniugi si allontanarono. Sulla porta s'incontrarono con Al Jolson, il quale teneva per mano un bambino. «Cantami Sonny Boy cinguettò il bambino. AlJonson non seppe dir di no e cominciò la patetica e famosa romanza. Dopo cinque minuti nel Caffè eravamo soltanto in quattro, AlJonson, il bambino, io e Charlot. A mezzanotte uscimmo tutti insieme mentre il bambino piagnucolava: «cantami Sonny Boy». [Cinema Illustrazione, 22 ottobre 1930]
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Tutto per un pacco di chiodi!
Il fatto avvenne mentre AlJonson stava provando- fu il primo ad impressionare una pellicola sonora- una scena de Il Cantante di jazz. La scena era andata benone: la voce era perfetta, la dizione anche, il gesto equilibrato ed elegante. Il direttore di scena si fregava le mani soddisfatto: -Ragazzi, faremo un colpo, con questa scena! L'infelice aveva fatto i conti senza la ferocia del «Terribile Mike». Alla riproduzione della scena ecco un rombo di aeroplano, assordante. Qualcuno s'affaccia a vedere chi è che vola cosi basso sui tetti. Niente. Nemmeno una rondine; nella stanza il rombo continua, tanto forte da coprire la voce del cantante. È impossibile continuare. Si sospende la proiezione, ed il rombo cessa. Poi, quando pare che tutto sia silenzio, si riprende la proiezione: ecco che il rombo riprende. Allora si comincia a capire: era la pellicola. Insomma, a farla breve, ce ne vollero, del tempo e della fatica, per scoprire che una minuscola mosca, inosservata, aveva combinato tutti quei guai! Un'altra volta, durante la proiezione di un film sonoro si ode, ad un tratto, uno scroscio orrendo: pare che si siano spalancate le cataratte del Niagara, che milioni di metri cubi d'acqua rotolino dall'alto, oppure pare che un grattacielo si stia sfasciando e crolli al suolo. Cos'era stato? Un affare semplicissimo: un operatore di scena, preparandosi per approntare un nuovo ambiente, aveva sciolto un pacco di chiodi i quali, cadendo confusa14
mente sul pavimento avevano prodotto un leggero rumore che il microfono aveva raccolto e reso fino a quel punto d'intensità! Ora, però, le cose sono cambiate, poiché si annuncia che è stato inventato un nuovo tipo di «Terribile Mike», capace di isolare dagli altri rumori le voci che si devono riprodurre. Fa, in fondo, lo stesso lavoro che un obiettivo anastigmatico, prendendo a fuoco solamente la parte che si vuole fotografare con maggior chiarezza di particolari, di un paesaggio, di un ambiente, di una persona, e lasciando il resto indistinto. Se questa invenzione sarà perfezionata, come si spera, fino alla massima sensibilità, sarà anche possibile abolire la cabina imbottita, soffocante strumento di tortura, entro cui attualmente si è costretti a rinchiudere la macchina da presa e l'operatore, perché il «Terribile Mike» non neriproduca, in modo disastroso, il leggero scoppiettare da mitragliatrice in distanza, come riproduce tutti gli altri rumori, ad esempio quello del pezzo di giornale strappato, il cui leggero fruscio, sempre ai primi tempi della pellicola, era stato riprodotto forte come lo strappo di un pesante pezzo di tela. Persino il fiato degli attori veniva riprodotto con forza tale da parere un sibilo di vento, quando l'artista, un poco stanco, cominciava ad ansare alquanto. E, a proposito di ansare, eccovi una buona notizia, che viene a smentire quella già datavi, nella prima di queste chiacchierate, sull'impossibilità in cui si trovava Douglas Fairbanks di produrre film sonori. Pare che ne abbia impressionato uno, e anche molto buono. n titolo inglese sarebbe Reaching/or the Moon, che in italiano si potrebbe, all'incirca, tradurre in Cercando di acchiappare la luna. E si dice, anche, che egli abbia potuto risolvere perfettamente il problema della respirazione, o, almeno, quello di non far udire il suo fiato grosso. Gli è compagna, in questo nuovo lavoro, quell'altra creatura, indiavolata almeno quanto lui, che è Bebe Daniels. E, per oggi, basta.
[Cinema Illustrazione, 22 ottobre 1930] 15
Régisseur per un giorno
Ero arrivato a Hollywood con un biglietto di presentazione di Max Reinhardt: quanto bastò perché il signor Sillibeth della Union K.A. mi accogliesse con particolare deferenza. Fui inviato a colazione da Douglas Fairbanks al quale ero stato presentato dal Sillibeth. A tavola si parlò del film sonoro, che cominciava allora ad interessare come tentativo. Mary Pickford interveniva amabilmente nella discussione mentre Claire Bennett, la mia compagna, non si stancava di guardare il nostro ospite. Questa Claire Bennett era una ragazza d'ingegno, londinese, che io contavo di lanciare nel mio primo lavoro. Con Douglas, che era un forte azionista della «Union», si stabili che io avrei diretto alcune scene del film: Ritorno dal mare, a titolo di esperimento, il giorno seguente. Confesso che il pensiero dell'imminente prova, dalla quale dipendeva il mio avvenire, mi agitò oltre modo. E durante la notte non riuscivo a prender sonno. Ero, in verità, felice: dopo un mese di permanenza a Hollywood, ero già sulla soglia della fama. Avevo un bagaglio non indifferente di novità da mettere in mostra e contavo soprattutto sulle mie dissolvenze incrociate che davano un tono poetico a qualsiasi visione. Dunque, andai a bussare all'uscio della mia compagna. Con lei, l'alba sarebbe giunta piu presto. Per farla breve, Claire non era sola! lo amavo Claire e, come gran parte degli uomini, avrei giurato d'essere riamato. Ma ad Hollywood i suoi occhi erano caduti su Ivan Zandor, un rumeno, attore mediocre, ma bellissimo. 16
Naturalmente di questo me n'accorsi soltanto quella notte. Il pensiero dell'avvenimento del giorno dopo, fece tacere quei sentimenti che di solito vibrano in tali occasioni causando notevoli fatti di cronaca. E giunse il momento. Il caso volle che fosse lvan Zandor il partner di Claire nelle scene che si dovevano girare. May O'Nor, un irlandese erculeo, che cominciava proprio allora la sua carriera, rappresentava il marinaio che torna da un lungo viaggio e trova la moglie tra le braccia di un qualsiasi dandy. La moglie era Claire, il dandy era Zandor. Al vederli abbracciati, quei due, sia pur per ragioni d'arte, il sangue mi ribolliva nelle vene e il recente ricordo mi esasperava. È incredibile come gli istinti, le passioni, in certi momenti travolgano l'uomo piu gelido e padrone di se stesso. L'idea della vendetta mi balzava davanti come uno spettro e io non riuscivo piu a raccapezzarmi. Durante una sosta del lavoro dissi a O'Nor: «Giovanotto mio, voi avete del temperamento. Se azzeccate questo film, parola di Zha, in un anno vi faccio diventare piu famoso di Tom Mix». Poi, dopo avergli fatto nuovi elogi, aggiunsi: «Rifaremo la scena del vostro arrivo in casa. È la piu debole ... Voi accarezzate Zandor, mentre invece dovete prenderlo a pugni. Pugni sul serio, caro O'Nor, pugni potenti, pugni che rompano un dente, che ammacchino un occhio, pugni, insomma ... Faremo un primo piano splendido ... ». «Ma- obiettò O'Nor- e il signor Zandor?». «Ragazzo mio, siete un novellino ... Il signor Zandor ve ne sarà grato. Anch'egli vuoi fare della strada e preferisce un pugno a un cattivo film». Fatto sta che le cose andarono a gonfie vele. Dopo la scena, Zandor aveva un largo livido all'occhio destro, un'ammaccatura in fronte. «Bravi - gridai col megafono dal mio posto di osservazione - peccato che Claire abbia sbagliato un movimento. Ma poco male ... Su, su, presto, ripetiamo ancora la scena ... ». Zandor con la faccia piu contrita del mondo apri la bocca per protestare, immagino, ma io gli gridai: «Coraggio, Zandor, siete meraviglioso, trionferete. Un po' di pazienZa». E feci rifare la scena tre volte. Dopo di che io fui licen17
ziato dagli stabilimenti della Union K.A. e Zandor fu portato al piu vicino ospedale. O'Nor, credo, fini in un circo equestre come sollevatore di pesi. [Cinema Illustrazione, 7 dicembre 1930]
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Che cosa avrebbero fatto i divi se ...
Se il naso di Cleopatra fosse stato piu lungo, la storia ha scritto un famoso pensatore- non sarebbe quella che è. Infatti, a cambiare il destino dei popoli, oltre che degli uomini, basta un nonnulla. Ero amico di una distinta persona, ad esempio, la cui infelicità derivava dal fatto che l'America era stata scoperta nel 14 92 «Poiché - egli mi spiegava -l'avrei scoperta io. Io sono nato, mi creda, con il bernoccolo di scoprire l'America ... » Ma non sarà il solo caso questo di un uomo nato in ritardo. Io mi diverto molto a immaginare, attraverso pazienti osservazioni, quale mai sarebbe stata l'attività di certe persone celebri se l' ambiente in cui agirono fosse stato totalmente diverso. Che cosa avrebbe fatto Marconi se non ci fosse stata ... l'elettricità? Che cosa avrebbe fatto il re della velocità, Campbell, se non ci fosse stata ... l'automobile? Ma io credo che ai nostri lettori interesserà sapere che cosa sarebbe avvenuto di alcuni divi famosi se l'invenzione dei fratelli Lumière si fosse fermata alle sue prime modeste applicazioni, a ritrarre, cioè, qualche scena dal vero o tutt'al piu l'arrivo di un treno. Per questo abbiamo rivolto domanda scritta a qualche asso dello schermo. Gli interpellati hanno fatto il cammino a ritroso nella loro vita, riuscendo con la immaginazione a ricostruire idealmente una probabile esistenza. Riferiamo integralmente le risposte cominciando· da quella di Buster Keaton, che ci pare molto interessante. «Il mio viso fu sempre impassibile, ermetico, serissimo, 19
sin dalla piu tenera età, tanto che perfino la mia balia aveva una grande soggezione di me. Divenuto grande, e senza un'arte, fui assunto in qualità di cassiere da un industriale che dirigeva una grande ditta. In città dicevano: "La ditta Cook ha un cassiere molto serio ... " e la ditta acquistava credito. Il padrone si congratulava meco nonostante che io sbagliassi qualche volta le somme. Ma, ahimè, perdetti il posto. Dovete sapere che il mio padrone aveva la triste abitudine di raccontare storielle allegre in ufficio. Tutti ridevano sino alle lacrime. Il capo contabile fingeva perfino di soffocare dalle risa. Il padrone ogni mese, però, gli aumentava lo stipendio. Ma io ero il solo che conservassi inalterato il mio viso. Conoscete il carattere dei narratori di storielle? Il padrone mi congedò. Poi mi capitò la fortuna del cinematografo. Altrimenti cosa mi restava da fare? Forse mi sarei impiegato presso una casa di pompe funebri, come accompagnatore di funerali ... Ma con la mia abitudine d'incespicare ogni tanto (con una corona o con un cero in mano, immaginate quali guai avrei combinato incespicando?) mi sarei fatto licenziare assai presto. Allora? Allora avrei passato i miei giorni pensando alla mia triste sorte, cosi il mio viso serio sarebbe stato in pieno giustificato». Assai curiosa è la risposta della divina Greta Garbo, la quale, contrariamente alle dicerie di certi giornalisti che la descrivono come una scioccherella, dimostra di avere anche dello spirito. «Vivevo tra i miei fiordi- essa scrive- tra cielo e mare. Mi chiamavano anche laggiu "la donna enigmatica". Il mio primo amore, uno studente, soleva dire fissandomi negli occhi: "Greta, a che cosa pensi? Qual'è il mistero della tua anima?" Anche in casa mia si udivano frasi di questo tenore: "Chissà mai cosa racchiude in quel cervellino ... " Oppure: "Dove sarà mai con la testa quella ragazza?" E quindi non mi sarebbe restato altro, qualora la sorte non avesse fatto di me una diva, che sfruttare la mia "misteriosità". Mi sarei fatta ingaggiare da Barnum, colui che porta in giro per il mondo i fenomeni come la sirena, la donna cannone, ecc., in qualità di "donna misteriosa". La folla mi si sarebbe assiepata intorno: "A cosa pensa, a 20
cosa pensa?" Il signor Barnum avrebbe fatto pagare una certa cifra a chiunque desiderasse saperlo dalla mia voce. "Penso a un usignolo verde e rosso ... " avrei risposto a qualcuno. "Strano -avrebbe commentato qualche altrostrano, avrei giurato che pensava ad un usignolo verde e giallo". Scherzi a parte, forse sarei diventata una brava donna di casa, che, nelle ore di riposo, avrebbe sognato su qualche libro molti di quei romanzi che oggi realizzo sullo schermo». ll vecchio e sempre caro Tom Mix, colui che infiorò con le sue avventure, i sogni di un'intera generazione di ragazzi, se la cava con molto humour. Egli scrive: «La mia natura è sempre stata quella dell'eroe. C'è chi ha bisogno, dopo il pasto, di fare una fumatina o un pisolino. lo, invece, ho sempre sentito il bisogno di salvare qualcuno, di atterrare un prepotente, di sparare alcuni colpi di rivoltella contro i banditi. Ma purtroppo i banditi non si trovano a ogni momento, né le persone disposte a farsi salvare sono sempre a portata di mano. Perciò, prima che io diventassi attore, trascorrevo la mia vita in una continua nostalgia. Se non mi fosse capitato improvvisamente l'ingaggio per Hollywood cioè il modo di sfogare i miei istinti generosi almeno nei film, avrei cercato di ammassare, lavorando, immense ricchezze, poi avrei stipendiato briganti e pelli rossa con l'incarico di rubare fanciulli, d'incendiare fattorie, di tener prigioniere povere donne; ma con l'obbligo di darsela a gambe, lasciando tutto nelle mie mani, appena io fossi apparso sulla groppa del mio purosangue». E Douglas, l'atletico Douglas, il ginnasta nato, l'uomo folgore, ecc. ecc.? «lo - esso ha risposto - avrei fatto l'acrobata, magari in un circo di terz'ordine, ma l'acrobata. Per me le capriole, i salti splendidi, sono una manifestazione naturale del mio spirito; per me entrare da una finestra, saltar giuda un balcone equivale alla passeggiata lenta e digestiva del perfetto borghese. Una volta mio padre mi disse: "Se tiri ancora la coda al gatto, ti faccio volare con un calcio fuori dalla finestra". Figuratevi la mia gioia. Tirai subito, e fortissimamente la coda al gatto. Mio padre mi assestò si, un formidabile calcio, ma, ahimè, senza farmi volare dalla finestra». 21
Harold Lloyd ci ha sbalordito con tre righe abbastanza enigmatiche: «lo? Io avrei lanciato la moda del giovanotto senza occhiali». Molto umana nella sua semplicità è stata la risposta di Marion Davies: «Non lo so». La risposta conclusiva, forse la piu divertente, forse la piu profonda, ci è pervenuta, come il lettore immaginerà, dal «mago» dello schermo. Charlie Chaplin, infatti, ha scritto: «Che cosa avrei fatto se non fosse stato inventato il cinematografo? Non so. So, tuttavia, che avrei passato molte ore a pensare: "Che peccato che non esista il cinematografo... Se no chissà quanti bei film avrei girato creando un tipo singolare: Charlot"». [Cinema Illustrazione, 8 aprile 1931]
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Lo Zar del Cinema ovvero ufficio scandali
A Hollywood vi sono le stelle, i pianeti, le vie lattee gremite di quel pulviscolo siderale che sarebbero le comparse, e infine l'Empireo che ospita colui che ha diritto di vita e di morte sulle eccellenti o sulle nefande cose che s'imprimono sui nastri di celluloide. Questo divino personaggio non ha intorno al capo l'aureola: è un distinto signore, assai spesso in cappello duro, dal viso glabro e sorridente, il signor Will Hays, che in termini terreni, viene chiamato lo Zar del Cinema nella sua qualità di presidente della «Motion Picture Producers and Distributors of America Inc.», vale a dire del piu formidabile organismo mondiale che regola la produzione e la distribuzione, nei suoi indirizzi morali fondamentali e nei suoi rapporti economici internazionali, di tutto quanto nasce nei magici studi di Cinelandia. Conoscete William Boyd, il biondo interprete della Canzone del cuore? Avevano riferito allo Zar del Cinema che William trascorreva le sue serate in un tabarin malfamato dei dintorni di Hollywood. Ciò poteva nuocere alla fama dell'attore e di conseguenza agli interessi della Casa che lo aveva scritturato, senza contare che in quei giorni la stampa era a rumore per certi particolari sulla vita privata di Clara Bow. Quindi bisognava evitare che un altro caso clamoroso autenticasse la cattiva fama di Cinelandia. «Vi ordino - disse a Boyd il nostro Censore- di farvi trovare in casa tutte le sere alle 24 precise. Ci penserò io a controllare». Ma Will Hays, passando sotto le finestre del23
la villa di Boyd alle 24 precise ne udiva la bella voce squillante che cantava: Oh Baby, good by, la canzonetta in voga. Ci vollero quattro o cinque sere consecutive perché il nostro Censore capisse che il nostro divo lo ingannava ... con un disco fonografico appositamente impresso. Stanis Laurei, il comico simpaticissimo, per ingannare il terribile tutore della moralità si era trovato niente meno che un ... sosia. Quando Stanis amava darsi liberamente alle sue avventure galanti, incaricava il sosia di passeggiare bene in vista su e giu per Sunset Boulevard, la passeggiata elegante di Hollywood. «Voi ieri sera avete commesso delle sciocchezze, delle ragazzate in un dancing, caro Stanis, cose troppo clamorose ... ». «lo - rispondeva Stanis sgranando quei suoi occhi di abitante della Luna- Io?». E citava testimoni e circostanze dalle quali risultava come egli fosse stato invece ... pensate un po', in casa di un pastore protestante. Ma una volta avvenne un fatterello che per poco non costò la carriera a Stanis: il suo sosia passeggiava come al solito in Sunset Boulevard, quando fu avvicinato da due signori trafelati: «Presto, Stanis, venite allo stabilimento». E lo caricarono sulla macchina. Lungo il tragitto gli spiegarono che s'era bruciata una parte della sua ultima pellicola che doveva partire il mattino seguente per l'Europa e che quindi bisognava lavorare tutta la notte per rifare le quattro o cinque scene mancanti. Il sosia avrebbe voluto parlare tanto la situazione era imbarazzante per lui, ma pensando che nel contratto stipulato tra lui e Stanis si diceva che il compenso, pingue in verità, gli sarebbe stato corrisposto solo se avesse mantenuto ad ogni costo il suo ruolo sino alla fine (cioè per un mese), fece buon viso a cattiva sorte. Ma immaginate cosa successe tra i riflettori e le macchine da presa quella notte ... Per poco Stanis, o meglio il sosia, non fu preso a revolverate dal direttore che gridava: «Ma, Stanis, siete rimminchionito ... ». Il film non parti la mattina dopo, anzi quando il vero Stanis entrò bel bello nello studios, ilare e vestito con un leggero abito estivo, restò di stucco: c'era ancora il direttore con le mani nei capelli, stanco e sudato, e il suo sosia che pareva un pulci24
no nella stoppa davanti all'obiettivo. Da quel df Stanis, per eludere la sorveglianza dello Zar, dovette studiarne un'altra. Ma lo zelo di Will Hays procurò a lui stesso uno ingrato incidente. Era giunta ai suoi orecchi la notizia che alla sera di quel giorno il marito di una diva che non possiamo nominare, (bionda, famosa, con un nasino un po' all'insu) avrebbe dovuto trovare in flagrante adulterio la consorte con il giovane Charles Rogers. Conosceva il temperamento focoso del marito, cittadino di Vera Cruz, quindi temeva giustamente chi sa quali drammatiche conseguenze. Mancavano soltanto due ore al convegno: Will cerca gli amanti a destra e a sinistra, e non li trova. Deve decidersi ad aspettare l'ora fatale. Infatti ih un alberghetto alla periferia i due colombi si presentano alle dieci meno cinque. Will Hays si precipita verso di loro, sta per parlare quando spunta a gran velocità l'automobile del marito. Charles Rogers intuisce il tutto, sparisce. Lo Zar del Cinema respira di sollievo, la diva sviene ... Alcuni secondi dopo s'ode un grido: «Ah, eravate voi...». E il povero Will cade a terra colpito da un formidabile diretto al mento. Si riesce dopo a far credere al marito l' opposto della verità, gli si parla di scene, di prove, ecc ... La morale è salva, lo scandalo è evitato, ma lo Zar del Cinema, per una settimana, riceve i suoi sudditi non con la corona in capo, bensf con una larga benda intorno al viso. In Beverly Hills, tra le piu note case dei divi, sorge una casetta bianca silenziosa. Vi abita un vecchio, con funzioni di custode, messo da chi sa quali misteriosi proprietari. Di notte strane luci e fruscii trapelano dalle finestre. Gli informatori avevano messo la pulce nell'orecchio dello Zar. «Vi si radunano alcuni divi e alcune dive per farvi spaventose orge ... ». Furono fatti anche i nomi diJohn Gilbert, di Reginald Denny, di Gloria Swanson, di Nancy Carroll, insomma del fior fiore. Purtroppo da certi particolari la faccenda pareva attendibile. Penetrare nella casa era impossibile: evidentemente la gente vi conveniva per qualche passaggio sotterraneo. Che cosa fa Will? Vi entra di giorno, approfittando di un momento di distrazione del custode, uscito nel giardinetto, Will si nasconde in un armadio. 25
Avendo udito rientrare il custode, non aveva fatto in tempo a visitare la casetta. L'armadio è proprio nella camera in cui il custode si ferma. Giunse la sera. Will si sente soffocare, ha le membra indolenzite. Arriva gente, alle sue orecchie giungono suoni di voci maschili e femminili. Il capo gli si fa pesante, Will porta una mano alla gola, sviene. Tre ore dopo si svegliò su una panchina del giardino pubblico. Chi l'aveva portato là? Certo che da quella sera dalle finestre della casetta bianca non trapelarono piu luci e fruscii. Però a Hollywood si fecero dei commenti: «Ah dicevano - il signor Will si fa trovare alle due di notte nei giardini pubblici, solo. Bell'esempio ... ». Ma forse gli attori che facevano simili malignità erano proprio quelli in grado di dare ... piu esatte informazioni. [Cinema Illustrazione, 22 aprile 1931]
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Quale personaggio storico preferite?
Per tutti, le singole simpatie storiche derivano da sotterranee o evidenti affinità col personaggio prediletto: perciò una specie di esame ... di storia fatto sostenere ai divi, è valso a comprendere meglio il loro carattere. «Dimmi che personaggio storico preferisci e ti dirò chi sei» potremmo affermare. E infatti guardate quali soggetti ha scelto John Barrymore: Don Giovanni, Lord Brummel, e capirete come il temperamento del Barrymore sia romantico; cosi Ivan Mosjoukine, un Casanova indimenticabile, trasferisce in tutte le sue altre interpretazioni quel carattere di seduttore di donne e di uomo ardito che fu tipico del famoso veneziano ed è insieme un aspetto dell'uomo Mosjoukine. L'inchiesta condotta a Cinelandia da un giornalista specializzato, Ben Macklen, che i nostri lettori conoscono, ha dato curiosi e spassosi risultati. Clara Bow ha detto: «lo preferisco ... Antinoo, lo schiavo dell'imperatore Adriano». Il giornalista restò sbalordito e obiettò: «Ma non mi pare una figura molto significativa ... ». E Clara, strizzando con la consueta birichineria, l'occhiolino: «Avete ragione, ma era ... tanto bello». Dal che si vede che la deliziosa flapper scriverebbe la storia moderna consultando per i suoi giudizi delle fotografie. Ma non meno stramba è la preferenza di Dorothy Sebastian: «Ho molta simpatia e ammirazione per Vercingetorige. Ha un nome tanto strano ... ». La parte piu piccante dell'intervista di Ben Macklen è quella che riguarda ... Non possiamo fare il nome del divo, 27
poiché la faccenda tocca delicati aspetti della sua vita domestica. Se il lettore indovinerà quando gli avremo detto che si tratta di un famoso «generico», con i capelli già brizzolati, la colpa sarà di Ben Macklen e soprattutto del divo stesso che ha fornito l'episodio. Egli, dunque, ha raccontato: «Un bel giorno mia moglie arrivò a casa con un grosso involto. Immaginate che cosa conteneva? Un busto di Carlo V, il grande imperatore spagnolo. Essa lo mise nella sua camera da letto, sopra una colonnina. Non osai contraddirla, poiché in quel tempo essa stava per diventare madre. "Caro ***, mi spiegò, ho sempre avuto una profonda ammirazione per Carlo V. Sarei felice che la nostra creatura gli assomigliasse. Tu sai che tenendone l'effigie davanti mattina e sera, molto probabilmente la nostra creatura potrà riprodurne qualche tratto". Veramente avrei preferito che riproducesse i miei tratti, ma, ripeto, data la circostanza, non feci obiezione. Ebbene, caro Macklen, nacque un bimbo ... che assomigliava straordinariamente a Carlo V. Passò un mese, passò un altro mese. Un giorno trovai mia moglie in flagrante adulterio. Divorzio immediato. Ma ciò che mi colpi in quella circostanza drammatica fu la somiglianza perfetta dell'amante di mia moglie con ... Carlo V. E capii allora a quale ingegnoso sotterfugio ella era ricorsa per giustificare la somiglianza del bimbo con quel signore, qualora me ne fossi accorto». E il divo concluse: «Ora sono io che ho in camera da letto il busto di Carlo V, in segno di riconoscenza, poiché mi ha liberato di una donna indegna del mio affetto». [Cinema Illustrazione, 13 maggio 1931]
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Insuccesso
A Hollywood frequentai anche il Balsamo, un ristorante di second'ordine nel quale si riunivano i cachets, gli aspiranti cachets, infine tutti coloro che si assoggettavano a ben duri sacrifici pur di vivere sotto i raggi incantati dei riflettori degli studios con la speranza nel cuore di sentirsi un giorno o l'altro rivolgere a bruciapelo dal direttore una domanda di questo genere: «Ehi, giovanotto, fareste la parte del prim' attore nel film tal dei tali?». O aspettano che si verifichi una di quelle circostanze, romanzesche invero, che fecero di Clara Bow una diva e di Richard Barthelmess un astro. Ogni tanto vi capitavano anche gli «ultimi arrivi», come erano chiamati in gergo, cioè coloro che giungevano da chi sa dove armati di focose intenzioni e che ripartivano pochi giorni dopo senza essere riusciti neppure a scambiare tre parole con il direttore della piu modesta casa cinematografica. Fu appunto uno di costoro che attrasse la mia attenzione. Era un giovane alto e magro, biondo come un norvegese. Se ne stava rincantucciato in un angolo, davanti a untavolinetto sul quale era preparata una molto sommaria colazione. Ma piu della colazione lo interessava un orario ferroviario che sfogliava con ardente nervosità. Udii che domandava al cameriere: «Farò in tempo a prendere il piroscafo che parte domani per l'Europa?». ll suo viso esprimeva il disappunto, la tristezza, un miscuglio di sentimenti la spiegazione dei quali era forse in quel largo livido che copriva il suo occhio sinistro. Un pugno? 29
Certo che il giovane nel complesso mi appariva misterioso e interessante quel tanto sufficiente perché mi gli avvicinassi con una scusa e attaccassi con lui un lungo discorso. Mi disse che era danese, che a Hollywood c'era da cinquanta giorni e che per venirci aveva fatto formidabili sacrifici, ma che ora se ne ripartiva disilluso e magari a piedi, pur che fosse presto. «Come mai?» gli chiesi. «Qui giunto - egli narrò - pieno di baldanza e di rosee visioni, mi accorsi dopo ventiquattro ore che prendere contatto con l'ambiente cinematografico, con coloro che mi avrebbero potuto iniziare nella carriera cinematografica, era assai difficile. Bisogna farsi notare, pensai, sia pure con uno stratagemma. Ahimè, per farmi notare feci tali e tante stramberie che finii nella camera oscura ... della police per tre giorni. «Nella mia cella avevo stabilito un piano, quello di dedicare tutto il mio tempo a uno scopo preciso: entrare nelle grazie di D.W. Griffith, il grande régisseur, il grande mago di Cinelandia. A parer mio, qualora fossi riuscito a farmi notare favorevolmente da Griffith, anche in virtu di ragioni estranee all'arte, dopo avrei approfittato della sua benevolenza per confidargli i miei sogni d'attore. E cosi il mio film che doveva avere un finale veramente drammatico, ebbe inizio. Ogni qualvolta incontravo D.W. Griffith lo salutavo molto cerimoniosamente; mediante abili evoluzioni, corse, corsette, dietrofront e altre manovre, riuscii perfino a incontrare il régisseur dieci volte in un tragitto di poche centinaia di metri. E Griffith sempre rispondeva con amabilità al mio saluto. Coraggio - pensavo - coraggio e la spunterai. Ero diventato la sua ombra, specialmente nei giorni di vento, poiché nutrivo la speranza che un colpo di vento gli avrebbe portato lontano il cappello e io, subito lanciatomi a riprenderglielo, lo avrei riportato a lui con un trionfale sorriso. Ma purtroppo passavano i giorni e le mie relazioni con Griffith non erano andate piu in là del saluto. Nulla capitava a quest'uomo fortunato che mi desse il destro di essergli d'aiuto poiché non poteva considerarsi un aiuto tale da impressionarlo il fatto che io mi trovassi sempre pronto con il fiammifero acceso 30
quand'egli si portava alle labbra una delle sue sigarette turche. «Un giorno lessi sulla Gazzetta di Hollywood pagina degli annunci: "Mancia competente a chi riporterà al signor D.W. Griffith un cane bassotto cosi e cosi allontanatosi in questi giorni dalla casa del suo proprietario". «Trascorsi una settimana alla cerca del cane bassotto. Tutti i cani bassotti che ebbi la ventura di incontrare mi facevano sussultare. Ma nessuno aveva le caratteristiche di quello del signor Griffith. Nello stesso tempo, avevo fatto inserire sul giornale un annuncio come quello del signor Griffith, ma sostituendo il mio nome al suo. In questo modo era probabile che l'eventuale trovato re del cane lo riportasse a me - e avrei pensato poi io a consegnarlo al suo legittimo proprietario. Un pomeriggio passavo davanti a una bella casa in una delle vie principali di Hollywood, e che cosa vedo? Nel giardino prospiciente la casa, c'era il cane bassotto, proprio quello con i connotati giusti, quello del signor Griffith. Ero pazzo dalla gioia. Mi avvicinai in punta di piedi al cane, dopo aver aperto il cancelletto del giardino, lo afferrai e ... via dicorsa. Fatti cento metri mi fermai. Chiesi a un policeman: "Scusi, dove abita D.W. Griffith?". "Là" mi rispose. E con la mano mi indicò la casa ... si, proprio la casa dalla quale io avevo due secondi prima rubato il cane. Lasciai andare il cane per il suo destino e me la svignai al piu presto: evidentemente qualcuno aveva riportato il cane al signor Griffith prima di me. «Ma finalmente ieri parve che la fortuna mi secondasse. Passeggiavo melanconicamente pensando ai miei casi quando, alla svolta di una strada, una scena insospettata mi si parò davanti: Griffith, D.W. Griffith, il grande direttore, stava altercando con un uomo. Intorno ai due c'era una discreta folla di persone. «-Ecco, ecco- pensai- forse ci siamo, forse c'è bisogno del mio intervento. E appena mi parve che l'avversario del signor Griffith stesse per alzare le mani, mi precipitai con tutte le mie forze contro di lui. Dopo due minuti ero steso al suolo, con il livido sull'occhio che ben vedete e con un policeman che aspettava che io mi rialzassi per condurmi alla police. Ma non tanto ciò mi sbalordiva 31
quanto il fatto che avevo visto il signor Griffith in persona, aiutato dal suo avversario e da altri accorsi, sferrare contro di me un vero attacco di boxe. Poiché, lo seppi troppo tardi, il grande direttore stava girando sulla via la scena di un film e nel momento in cui io ero giunto mostrava all'attore il modo perfetto di recitare la parte dell'uomo incollerito. «Ora capirete, caro signore- concluse il giovane danese -perché io desideri non soffermarmi un'ora di piu su questo ingannevole suolo». [Cinema Illustrazione, 3 giugno 1931]
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Quali sono gli uomini che non mi piacciono
«Si- disse Myrna Loy -l'argomento piu interessante per noi donne di Hollywood è sempre quello che riguarda gli ... uomini». «Gli uomini in genere?» domandai sorridendo alla diva dagli occhi ~erdi. «Caro Kaiser Zha, per noi esiste una sola qualità d'uomini: quelli che mi piacciono». «Potreste descrivermeli?». «Non finirei piu tanti sono, e poi correrei il rischio di farvene un elenco troppo personale. E i gusti, lo sapete, sono innumerevoli. Sapete anche che un attore, famoso per la sua bruttezza, ha fatto girare la testa a non poche stars. Dunque ... ». «Allora, limitiamo l'indagine. Ditemi quali sono gli uomini che non vi piacciono». Myrna scoppiò a ridere e volgendosi verso un gruppo di illustri colleghe che stavano prendendo il tè all'ombra di un immenso ombrellone a righe azzurre, esclamò: «Amiche, ho bisogno del vostro aiuto. Anche oggi Kaiser Zha, questo instancabile palombaro della nostra intimità, vuole fare curiosi sondaggi nella nostra psicologia». Ci avvicinammo alla deliziosa costellazione accolti dalla fresca esuberanza di Anita Page, dagli occhi vivaci di Lily Damita, dallo sguardo ironico di Kay Francis. Norma Shearer e Billie Dove conversavano animatamente tra di loro e non si accorsero del mio arrivo. «Voi- disse Raquel Torre ch'era seduta sull'erba (era33
vamo nel parco della villa di Adolfo Menjou, invitati a un cocktail-party)- siete il prototipo degli uomini che non mi piacciono. Siete insaziabile, curioso come un giudice istruttore. Vi immagino fidanzato: anche nei momenti piu dolci, piu idilliaci, quando le vostre labbra stanno per essere sfiorate dall'amante, sotto gli alberi in fiore, in una bella sera di primavera, estrarrete il taccuino per chiedere ... "Amore, preferisci il roast-beef o il pollo lesso?"». «Ha ragione Raquel- intervenne Kay F rancis - bisogna !asciarci avvolte nel mistero il piu possibile se si vuole amare perfettamente. Neppure io saprei sopportare un marito che mi chiedesse troppo spesso: "Dove sei stata oggi? Che hai fatto?"». «Sfido io- commentò Ramon Novarro sopraggiunto in quel momento. - Io non mi sposo appunto per evitare di domandare spesso a mia moglie: "Dove sei stata oggi, che hai fatto?"». «lo detesto gli uomini con le cravatte a palline» gridò con la sua vocetta stridula Lily Damita. «E io quelli con gli abiti di cotone» incalzò Anita Page. «Per questo- insinuò quella perfida lingua di Menjou non sapendo distinguere con sicurezza la lana dal cotone, per non sbagliarvi preferite gli uomini... svestiti». «Impertinente- gridò laflapper- e nemmeno gli uomini spiritosi io posso soffrire. Gli uomini spiritosi quando parlano, e parlano sempre, è come se si guardassero allo specchio. Per una battuta, saprebbero rinunciare all'amore, alla gloria ... Conobbi un marito che trovò la moglie in flagrante adulterio. Ella gli si gettò ai piedi piangendo: "Paolo, Paolo, è l'ultima volta, te lo giuro ... ". Il marito, che stava lanciandosi contro di lei, si arrestò e disse: "Sia lodato il cielo, temevo fosse la prima ... ". E se ne andò soddisfatto del suo humour... ». Quando prese la parola Lilian Gish, la spirituale interprete del famoso film Il vento. «A me non piacciono gli uomini che piacciono molto alle altre ... Se il mio prescelto suscita intorno a sé l'ammirazione, io sento d'amarlo meno. Voi sapete che l'idillio cominciato tra me e Norman Kerry restò un idillio appun34
to perché vi furono tre mie colleghe che andavano a gara
nel disputarselo». «Ma come volete essere sicura - obiettai io - che un uomo piaccia o no alle altre? Non è facile equivocare?». «No, caro Kaiser Zha. Io domando a tutte le mie amiche il loro parere sull'uomo che mi sta facendo la corte. Se esse me ne parlano molto male vuol dire che ... piace molto alle mie amiche, quindi ... ». Ma la mia attenzione fu attirata da Clara Bow che già parlava ascoltatissima con la sua voce sensuale: «Non mi piacciono gli uomini che mi piacquero un tempo. Il passato è sempre detestabile, l'avvenire sempre promettente. Gli amori trascorsi sono fiori appassiti che si gettano per sempre. Conobbi un uomo che mi suscitò amore cantandomi una canzonetta, un altro perché aveva delle splendide cravatte. L'amore per me è l'incognita. Ecco perché non posso rispondere altro alla domanda di Kaiser Zha». Una fredda brezza che veniva dalle colline fece fuggire come passeri spaventati nell'interno della villa attori e attrici. Il colore vivo dei golf risaltava piacevolmente contro il verde dei prati. Charles Rogers disse a Mary Nolan «Venite, Mary ... ». «No, voi non mi piacete ... ». Infatti, un'ora dopo li sorpresi in un angolo del salotto che si baciavano con molta serietà. Anch'io e Marion Davies ci avviammo. «E voi? Ditemi, e voi? Perché non avete detto il vostro illuminato parere?». Mario n mi guarda e la sua bocca assume quell'aria sbarazzina e mordente che tutti gli conosciamo: «Perché, caro Kaiser Zha, sono pareri che si possono dare dopo, non prima. Mi capite?». Mi sarei offerto di tutto cuore per un esperimento, ma sulla scala della villa era apparso il grande amico di Marion, il re della stampa, Hearst. Stemmo in casa Menjou sino al tramonto e io ebbi agio di trovare qualche attrice in flagrante contraddizione con ciò che aveva dianzi affermato. [Cinema Illustrazione, 10 giugno 1931] 35
I divi sono gelosi
Se è vero che i piu grandi amanti sono a Hollywood, sarà probabile che in quella romanzesca terra del «tutto possibile» vi siano anche i piu grandi gelosi. E del resto taluni casi amenissimi raccontati al sottoscritto in confidenza da un noto cineasta che trascorre laggiu buona parte dell'anno, starebbero a provare che Otello, il moro di Venezia, sfigura di fronte a taluni gelosi ... cinematografici. Né bisogna stupirsi, dato che i sentimenti e le passioni hanno il loro naturale sviluppo sotto i tropici come allume artificiale dei sunlights. Vi era lo sposo di una diva celeberrima il quale voleva assistere alla presa dei quadri patetici in cui figurasse sua moglie. E se, nelle scene del bacio, gli pareva che l'attore andasse oltre lo stretto indispensabile, si alzava gridando: «basta basta ... ». Allora, poiché molto spesso interrompeva anzi tempo il quadro, venivano studiati sotterfugi e sotterfugi per distrarlo nei punti capitali. E si decise di far lavorare la diva ... nei film d'aviazione. Voi direte: «Non c'era modo per impedire a tanto seccatore l'ingresso nello studio?». No, cari lettori: i dirigenti, per non disgustare la star, avrebbero sopportato ben altro! E la star, per non disgustare il marito, avrebbe disgustato tre case cinematografiche in una volta... Ma forse avrete capito a quale bionda stella alludiamo. Piu curioso è il caso di ... (anche qui dobbiamo tacere il nome, per owie ragioni). Stava girando un film in cui gli era stata affidata una parte importantissima. «Quando 36
udrete il campanello trillare- gli aveva spiegato il régisseur _voi vi slancerete in fuga fuori da questa finta finestra. Ma i negri vi raggiungeranno e voi sosterrete con loro una lotta violenta ... mi raccomando la naturalezza dei movimenti. Qualche stretta di muscoli non importa, se tutto va a beneficio della veridicità della scena ... ». E ai negri aveva rivolte calorose raccomandazioni: «Mi raccomando, è la scena madre, quella che regge tutto il lavoro. Appena vedrete mister *** che sta per fuggire, balzategli addosso e ingaggiate con lui una vera lotta: lo legherete solidamente. Disinvoltura, disinvoltura, disinvoltura ... ». Tutti sono alloro posto, la scena sta per cominciare, un groom arrivato di corsa, dà un biglietto all'attore. Leggiamolo insieme: «Vostra moglie è con Sphirest...». L'attore dà un balzo, fa per slanciarsi fuori. Ma i tre negri sono pronti a inseguirlo: lo afferrano, rotolano tutti e quattro per terra. L'attore grida, urla, ha la bava alla bocca ... Intanto il direttore, dall'alto del suo osservatorio, batte le mani: «Bene, bene, meraviglioso ... ». Finalmente l'attore è legato, imbavagliato, la scena è finita. «Ripetiamola ... » dice il direttore, e si avvia verso l'attore con la mano tesa per congratularsi con lui. Ma questi, appena libero dai lacci, gli assesta un formidabile pugno in viso e si precipita fuori dallo stabilimento. «È impazzito» dicono tutti, costernatissimi. Ma l'enigma si spiega il giorno dopo, quando Hollywood registra un sensazionale divorzio di piu. Pare che un geloso imbattibile fosse Wallace Beery, ai tempi del suo matrimonio con Gloria Swanson. La deliziosa attrice era invece abituata a un tenore di vita liberissimo e non aveva mai ammesso predomini maschili di sorta (i suoi divorzi sono abbastanza eloquenti). La lotta che s'ingaggiò fra i due fu accanitissima. Wallace era giunto al punto di farla seguire da un domestico ... Ma la furba Gloria si liberò del custode facendo credere a W alla ce che il domestico ... la corteggiasse. Il caso capitato a due ben noti assi dello schermo, a proposito di gelosia, merita di essere esposto minutamente. Lui e lei erano entrambi gelosi. Che cosa decisero di fare, l'uno all'insaputa dell'altro? Si recarono a un'agenzia d'informazioni private. 37
«Seguite notte e giorno la signora X» disse lui. «Seguite notte e giorno il signor Y» disse lei. Trascorse un mese e nulla di notevole giungeva all'agenzia, che aveva incaricato due agenti per il pedinamento. Un bel giorno lei ricevette un biglietto: «Il sig. Y è stato ieri con una donna ecc.». Un bel giorno lui ricevette un biglietto: «La signora X è stata ieri con un uomo, ecc.». I due coniugi si fecero delle scenate reciproche terribili, si tennero il muso per tre di consecutivi e finalmente capirono che i due rivali ... erano loro due stessi. Un grande giornale di New York si impadroni di uno scandaletto (rivelandone i protagonisti con allusioni velate, si, ma sufficienti per identificarli da parte di chi segua il mondo dello schermo con una certa attenzione) che a Hollywood era stato fatto il possibile per tener celato, o almeno ridotto negli ambienti piu riservati. Si trattava di una famosissima . E la fatale Greta che cosa dice, che cosa fa, mentre la canicola imperversa? Non certamente come Estelle Taylor che si fa rinfrescare per ore e ore da due negri che agitano enormi flambelli. Ma ciò che accade nella palazzina della svedese è sempre un mistero: persiane abbassate, porta chiusa, estate ed inverno. A Hollywood si dice che basta un colpo di vento per abbattere la bionda del Nord, basta un colpo di sole per farla dileguare come la rugiada. Sarà. Certo che per dimostrare la delicata sensibilità della diva mi pare assai ben trovata la seguente boutade che viene attribuita a ... Jeannette Mac Donald: «Una volta un moscerino entrò nella camera di Greta. Greta disse: Cameriere che cos'è questa corrente d'aria?». [Cinema Illustrazione, 1luglio 1931]
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Ufficio soggetti
Il signor Selder dell'ufficio soggetti, sezione C. La voce di mr. Helldogg, casting director della R.S. United Film, risuonò secca e imperativa nel largo atelier. Io m'inchinai, mormorai qualche parola di ringraziamento, cui Helldogg rispose con una specie di grugnito, e seguii un giovane impiegato che si era messo istantaneamente ai miei ordini. Dopo aver attraversato corridoi, stanze e cortili, incontrando dovunque donnine piccanti e giovanotti, ben piantati, vecchi di ogni razza e fenomeni barnum, infine un vasto campionario di quella straordinaria umanità che negli studi di Hollywood è considerata merce da industrializzare come le pecore per i lanieri del Lancashire, giunsi in una camera vastissima, sede dell'ufficio soggetti, reparto C, come aveva detto mr. Helldogg. - Il signor Beauvais vi darà gli opportuni chiarimenti. E nel dir cosi la mia guida mi presentò al signor Beauvais che era presumibilmente il mio compagno d'ufficio. Restati soli, io e il francese, discorremmo a lungo e cordialmente. -Fumate? -mi domandò. - Ahimè, è il solo vizio che non posseggo. - Male. Qui vi sarebbe indispensabile. Che cosa farete altrimenti? Otto ore d'ufficio sono lunghe. Né credo che basteranno i romanzi di Edgard Wallace a farvi passare il tempo. - Lavorando, caro amico, le ore volano. 42
Una sonora risata interruppe la mia frase, Beauvais mi picchiò una mano sulla spalla e mi disse: - All'ufficio soggetti non si lavora. Riceverete regolarmente il vostro stipendio, sarete trattato come si conviene, ma l'ozio sarà il vostro passatempo. Una, due volte al mese vi chiederanno il vostro parere sulla possibilità di realizzare cinematograficamente un romanzo, una novella. E siate certo che il vostro parere non sarà ascoltato. - Ma allora, perché mi hanno ingaggiato? -Sanno che avete dell'ingegno, e tutto quello di buono che capita sulla piazza qui fanno a gara per accaparrarselo. Non importa servirsene, basta che non ne usufruiscano gli altri. Capite? Si, capivo. Arrivato a Hollywood certo di conquistarlo, mi vedevo relegato, quasi immobilizzato in quell'ufficio dove i miei sogni sarebbero naufragati a uno a uno. Ero giunto, dopo qualche mese di patimenti, al benessere, ma io non cercavo solo quello: anzi, avevo affrontato la fame e tante delusioni per mirare in alto, molto in alto. Ma forse aveva ragione quel cinico di Beauvais: -Lasciate fare, caro Selder, se la fortuna vi ama, ci penserà da sola a venirvi a pescare.
[Cinema Illustrazione, 8luglio 1931]
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Un uomo fra due donne
- Allò, Dolly. - Allò, Marius. - Siete felice? -Tanto. -Perché - Perché me lo domandate voi ... -Oggi la vostra voce è piu limpida, Dolly, piu armoniosa. - E la vostra è piu tenera, piu affettuosa, Selder... - Dolly, sono stanco di aspettare. Io voglio vedervi, voglio vedervi. Io so già come siete, Dolly ... - Si, Descrivetemi, allora ... - Siete bionda, avete la bocca piu bella del mondo, due occhi chiari come il cielo di ... aspettate un momento ... Si, come il cielo di stamattina. Né alta né bassa, elegante, vestite spesso di grigio, vi profumate d'ambra ... -Fermatevi, Selder, il vostro ritratto è un capolavoro di inesattezze. Si vede che non mi amate ancora abbastanza, altrimenti il vostro amore sarebbe stato capace dimettervi in trance e di vedermi quale sono ... - Dolly ... - Marius ... - Siete cattiva ... Posso sbagliarmi nel dipingervi, ma so che siete bella, che siete buona, che vi amo. La vostra voce, dopo mesi e mesi che la odo, è per me come il vostro viso. Da un'inflessione nuova, dalle sue piu impercettibili sfumature, io capisco il vostro stato d'animo, i vostri pensieri ... Io sento, Dolly, che un poco anche voi mi amate, che il 44
mio nome non lo pronunciate come quello del signor Beauvais, come quello del signor Helldogg ... A questo punto della conversazione Beauvais intervenne: si alzò dal suo tavolo e appressandosi al telefono disse: _Ragazzo mio, non hai il vizio del fumo, ma te ne ho scoperto uno ben piu nocivo, cioè il vizio dell'amore. Questa Dolly ti esalta piu della nicotina. Salutai Dolly e, dopo aver appeso il ricevitore, buttai le braccia al collo a Beauvais. Dopo otto mesi ci volevamo bene come fratelli il mio entusiasmo e la sua esperienza si erano alleati. - Evviva, evviva - gridai - essa mi ama, lo sento, lo giuro ... -Sarà gobba, ragazzo mio. Un uomo può essere romantico al punto da innamorarsi di una donna mai vista, per corrispondenza telefonica, ma una donna ... E dev'essere furba, furbissima la bimba; si farà conoscere de visu, come dicevano gli antichi, solo quando sarà certa di averti narcotizzato come dopo cento sigarette Abdullah fumate una dopo l'altra ... Vedrai... Avrei picchiato quel terribile Beauvais, ma le sue parole erano suggerite dall'affetto, lo sapevo. Né era la prima volta che tra noi due correvano tali parole: correvano da quando avevo trovato il modo di passare le monotone ore d'ufficio telefonando a destra e a sinistra alle impiegate della casa, che erano alcune centinaia. E un bel giorno la voce di Dolly mi aveva fermato, e da quel giorno io vivevo di quei nostri incantati dialoghi, ingenui e appassionati, puri come il vero amore, poiché nessun desiderio poteva esser sorto a farne sfumare la poesia. Cominciata per gioco, crebbe via via e la relazione divenne motivo dominante della mia vita a Hollywood: non piu gloria, non piu la ricchezza, ma quella fanciulla misteriosa, di cui conoscevo il nome solamente e la bella voce, era diventata il mio sogno. Anch'io, pur bramandolo sempre piu, da un lato gioivo a rimandare di volta in volta il momento del nostro incontro per sentirne dopo un piu violento piacere. - Dolly. - Marius. Cosi passavano i giorni. Ogni tanto qualche attricetta 45
veniva a consolare la solitudine di Beauvais e spesso mi pungeva la voglia di investigare per scoprire l'identità della mia adorata; mi sarebbe stato facile, ma l'uno e l'altra ci eravamo promessi che solo di comune accordo ci saremmo rivelati. E tradire la reciproca fiducia era tradire l'amore. Ma il momento meraviglioso si avvicinava, da certi turbamenti della nostra voce, dai lunghi silenzi, entrambi comprendevamo che soltanto dei giorni, pochi giorni ci separavano: i fantasmi sarebbero diventati realtà e finalmente avrei baciata la piu bella bocca del mondo. -Andiamo, Selder, passeremo una bella sera. Vi saranno alcuni divi famosi, l'orchestra di Witheman, Nancy Carroll canterà Oh, my Jack, AlJolson ci farà udire le ultime novità ... Di solito passavo le sere in casa, a lavorare intorno a un canovaccio che avrei presentato a mr. Helldogg per la realizzazione. Da esso mi ripromettevo onori e guadagni: era una cosa originale, assai lontana dalle consuete pièce cinematografiche a parti obbligate. Ma l'invito di Beauvais fu pressante e andai anch'io al King Bar per partecipare alla divertente serata. In verità, mi divertii. L'allegria, l'animazione, non avrebbero potuto essere maggiori: e la canzoni di Nancy Carroll, e le risate straordinarie di Maurice Chevalier, e infine il coro di tutti i divi presenti da Rod la Rocque a Warner Baxter, avevano fatto spuntare piu e piu volte il sorriso sulle labbra di Ronald Colman di solito cosi serio e pensieroso. Anch'io bevvi qualche bicchiere di champagne di piu e mi trovai molto spesso vicino alla cassa del bar, dove una giovanetta bruna assisteva imperturbabile a quella specie di baccanale. Le mormorai delle frasi galanti, le chiesi il suo nome, ma invano. Essa continuava la sua funzione di cassiera, ritirando dollari e distribuendo scontrini, senza degnarmi di uno sguardo. Fu per questo che io mi rincantucciai in un angolo e restai là, sino a quando ce ne andammo tutti, a guardare la bruna ragazza. A casa non riuscii a prender sonno: la immagine della fanciulla del King Bar mi aleggiava intorno sconfiggendo 46
il ricordo etereo della mia Dolly. Poi mi addormentai ed essa mi riapparve. N eppur io seppi come, tornai al King Bar la sera successiva, e finii col diventarne un assiduo. Il manoscritto del nuovo lavoro s'era fermato a metà, né piu riuscivo a procedere. Ora la mia vita s'era arenata, come un maldestro veliero, e i miei propositi colarono a picco. -Fai bene, ma deciditi- diceva Beauvais.- Meglio questa che è di carne e d'ossa, che la vedi, che ti piace ... L'altra è un fantasma, è una nube. Potrebbe diventare una nube di temporale ... Io non gli davo ragione nel mio interno, ma sempre piu m'ingolfavo nel nuovo amore. La fanciulla del King Bar era tenera e brava, aveva degli occhi iridescenti come il cielo notturno delle Antille, una carnagione pallida che nascondeva il fuoco. Giungeva tutte le sere alle nove, e sino a mezzanotte stava al suo posto con impeccabile correttezza. Mai ero riuscito a farmi concedere da lei piu del solito, né d'altra parte osavo, poiché da quando m'ero accorto d'amarla, la piu profonda timidezza si era impossessata di me. Mi accontentavo di guardare, di adorarla in silenzio e qualche volta di seguirla sino alla sua casa, una modesta casa in fondo a Olive Street. - Marius ... - Dolly... - Perché, Marius? Da molti giorni non mi chiamate piu ... Per la prima volta sono io che debbo chiamarvi. E se non vi avessi chiamato ... -No, Dolly, oggi vi avrei chiamato ... - Non credo ... Sento dalla vostra voce mutata, tanto mutata, che anche il vostro cuore è mutato ... -Ma, Dolly, avete torto, in parte ... Ecco, io ... Ecco, io vorrei vedervi, io sento che non posso piu continuare in questa relazione platonica, per il tramite di un filo telefonico ... La vita ha i suoi diritti, Dolly, l'amore li ha ancora piu forti e invincibili. Volete che ci vediamo stasera? -No, Marius. Voi cercate una giustificazione, per voi stesso quasi piu che per me, al vostro mutato affetto. Perché non me lo avete detto prima insistendo? Perché me lo dite ora con un accento quasi debole? Marius, forse è bene 47
che non ci siamo mai visti: voi avete il cuore labile come l'acqua, come una nuvola. Addio, Marius, cercatemi solo quando sarete sicuro di voi... Ora temo che non amiate piu la vostra Dolly. - Dolly, Dolly ... - chiamai piu e piu volte, ma Dolly aveva interrotta la comunicazione. - Meglio cosi... - commentò Beauvais - meglio cosi, la cosa si è risolta da sé. Ma tu deciditi, ragazzo mio, prenditi quell'altra, se no te la portano via. Non vedi che le sta intorno anche don Alvarado? Ieri sera erano in parecchi a tenerle gli occhi addosso. -Si, meglio cosi- risposi.- E l'immagine irreale di Dolly spari dalla mia mente: che cosa avevo perduto? Nulla, una voce, forse una voce soltanto, un incantesimo. Ma gli occhi della fanciulla del King Bar, il suo collo tiepido e candido, la sua nuca morbida e vellutata, erano una realtà, una viva realtà, che mi accendeva il sangue dandomi una febbre continua. Quella sera la fanciulla del King Bar mi parve piu triste del solito. Da un po'di tempo una mestizia sempre piu apparente velava quel bel viso, dava ai suoi occhi una piu profonda cupezza. Io soffrivo per lei: mi pareva che il mio amore avrebbe saputo darle la gioia, farle dimenticare ogni sventura, ma ancora non osavo. Beauvais riusciva talvolta a farla sorridere con le sue facezie, ma erano attimi; eppure bastavano per empirmi di letizia, di coraggio. Si, ella sarebbe stata mia, per lei avrei fatto qualsiasi sacrificio: mi appariva come la donna attesa, colei che il destino ci prepara lungo la strada. Che cosa erano gli antichi amori? Anna, Mary, Jenny, Daine? Che cos'era Dolly, la evanescente larva di Dolly? Non sentivo neppure il rimorso del dialogo avuto al mattino, dell'ultimo dialogo, che certo per Dolly doveva essere stato penoso e indimenticabile. A mezzanotte, quando la fanciulla usci dal King Bar per tornare a casa, mi feci forza e la seguii. Stava per giungere davanti alla sua porta quando la fermai. - Sia buona mi conceda, un colloquio, un breve colloquio. Non vede come l'amo, e da quando? Essa non rispose subito. Dopo avermi guardato in silenzlo e fissamente, disse: - Pare d'amare, e non si ama. 48
L'amore ha bisogno di ben altre e piu lunghe prove, creda ... -No, l'amore ... Stavo per dirle le piu dolci cose che mai fossi stato capace di dire o ?i pensare quando la fanciulla mi fermò con un gesto: - E inutile, saremo buoni amici, se crede. Io ... amo un altro. - Disse buona notte con una voce delicata, come se volesse farmi meno male, e si allontanò. - Amo un altro ... - Ecco le parole alle quali non si può rispondere. Tutto era finito, anch'io dovevo riprendere la mia strada in cerca di una nuova labile illusione. Non andai piu al King Bar. Vi organizzarono una grande festa per salutare la partenza per l'Europa del signor Samuele Goldwyn, che si recava nel vecchio continente per scoprire qualche «stella» e per ispezionare le agenzie piu importanti della Metro. lo mi ero rimesso a lavorare con lena intorno al suo canovaccio e quasi lo avevo ultimato. -Sei l'ultimo dei romantici- mi diceva Beauvais che nel frattempo era passato alla Paramount come su per visoree non mi meraviglierei di vederti presto innamorato di qualche fioraia cieca, come Charlie Chaplin: altro romantico, ma con alcuni milioni ... Confesso che la vita isolata, spirituale, che conducevo mi aveva fatto tornare alla memoria Dolly. Mi capitava talvolta di trovarmi a pensare a quei nostri colloqui telefonici, cosi sereni, cosi poetici e intimi. E io avevo interrotto proprio quando stavo per cogliere il fiore fragrante. Un mattino il telefono trillò:
- Allò. - Allò. - Mister Marius? -Ah, Dolly, siete voi... Dolly, Dolly ... La sua voce riudita mi aveva dato lo stesso palpito di quando si rivede, dopo tanto, la donna amata. - Si, Marius, sono io. Voglio salutarvi, stasera parto per New York, torno a casa ... lo vi amo ancora, Marius, e me ne vado per voi. Mi avete fatto male, piu di quanto credeste, oh certo ... 49
- Dolly, io sono come una volta, io sono ancora il vostro Marius. - Addio, Marius, voi avete dimenticato, io dimenticherò senza dubbio. Ma dimenticherò presto se andrò lontano da qui... - Come vorrei parlarvi, vedervi ... -. Segui un breve silenzio, poi la dolce voce riprese: - Volete? Io avrò una rosa rossa in mano, voi avrete una rosa bianca. Alla stazione, alle ore 20: io mi rivelerò solo quando il treno si metterà in moto. Ma forse, Marius, rompiamo l'ultimo incanto della nostra avventura. -No, Dolly, anch'io voglio vedervi, per un attimo, solo per Ut:J. attimo, ma almeno avrò nel cuore una cosa viva, una immagine viva, Dolly ... - Arrivederci, Marius. -Arrivederci, Dolly. Alla stazione giunsi con puntualità. Non era facile distinguere in mezzo a tanta folla. Avrei visto quando il treno mi sarebbe lentamente sfilato dinanzi, Dolly sarebbe stata al finestrino. Aspettavo con ansia che diventava spasimo: le giovani donne che vedevo salire sul convoglio, tutte potevano essere Dolly, la mia Dolly. Come sentivo d'amarla di nuovo ora che stavo per perderla per sempre. Ad un certo punto la campana d'argento della locomotiva si mise a suonare, il convoglio si mise adagio adagio in moto. I miei occhi erano dilatati, la mia attenzione acuta e febbrile: avevo in mano, ben visibile, la rosa bianca. Visi ignoti, allegri o dolenti, senili e freschi, come in una prestigiosa pellicola, mi passavano davanti lentamente. Nulla? Improvvisamente il mio cuore ebbe un sussulto: lei, Dolly, con la rosa rossa in mano. Non riuscii a muovermi, i miei sguardi la seguirono come fossi ipnotizzato: Dolly, la mia Dolly, non era che la fanciulla del King Bar. La vidi protendersi anch'essa per la sorpresa, lanciarmi un bacio con le sue belle mani, poi una nuvola di fumo la nascose ai miei occhi. Nuovi squilli di campane d'argento, una marea di voci e nel mio cuore una gelida desolazione. Finalmente mi SCOSSI.
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Tornai a casa a testa china e quando Beauvais mi disseQuesta sera voglio proprio portarti al King Bar,- scoppiai a piangere come un bambino. [Cinema Illustrazione, 8luglio 1931]
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Come li vorremmo sposati
Non vi è mai capitato di uscire dal cinema scontenti? Altroché, direte. Io non voglio alludere ai film in sé, ma piuttosto ai protagonisti e per certe speciali ragioni. Caso tipico: Orchidea selvaggia, con Nils Asther, Lewis Stone e la divina Greta. Ricorderete tutti la trama che si conclude con il trionfo dell'amore coniugale: Greta ritorna a Lewis, devota e piu saggia. Ebbene, restiamo tutti un po' male, noi spettatori; e non perché si voglia favorire l'adulterio, ché anzi in fondo al petto di ciascun spettatore, come si è visto in quel carcere americano, vibra sempre il piu dolce e morale dei cuori, ma perché Lewis Stone, nonostante la sua arte sobria ed efficace, la sua figura distinta, non poteva nascondere i capelli bianchi, cioè l'età ... E un marito di tal fatta, vicino alla giovanissima consorte, cosi piena di sogni e di romanticismo, non può essere il miglior veicolo ... della fantasia. Insomma, in quel caso tutti spezzavano una lancia in favore di Nils Asther; quella volta avremmo voluto che ... Già, avremmo voluto: noi, pubblico siamo un po' despoti e ci piacerebbe fare e disfare nel campo degli artisti, che ha pure le sue leggi umane e fatali, a nostro piacimento, secondo i nostri gusti. In una recente inchiesta fatta da una rivista tedesca sull'argomento, ci furono delle risposte ben curiose. Curiosissima fra tutte fu quella di un bambino che diceva: «Vorrei vedere Charlot sposato con Greta Garbo; e vorrei che Greta gli pulisse tutte le mattine le scarpe logore, gli facesse la piega ogni domenica nei calzoni laceri, lo sve52
gliasse all'alba con un bacio sugli occhi ... ». Questo desiderio sembra paradossale e mostruoso, ma invece risponde a dei sentimenti nobilissimi ed elementari, come sono quelli di un bambino, infatti: l'avvilimento di colei cha fa soffrire tanti uomini e il trionfo di colui che gli uomini fanno soffrire. Filosofia semplice, ma profonda, e tanto che diremmo che il bambino si sia fatta tenere la manina almeno ... dai suoi genitori. [Cinema Illustrazione, 15luglio 1931]
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Hollywood ride cosi
Il signor Goldwyn, il capo della Metro-Goldwyn-Mayer è l'uomo piu previdente di Hollywood. Anche il piu modesto atto della sua vita, cosi piena di movimento e di novità, è controllato dalle piu ferme ragioni della previdenza . . Per esempio, poco tempo fa ha assunto un cassiere che fa parlare di sé tutta Hollywood. È l'uomo piu caratteristicamente brutto che si possa immaginare, ha un naso sproporzionato, due orecchie a ventilatore. «Come mai- gli hanno obiettato- avete scelto un impiegato cosi orribile?». «Cari miei - ha risposto l'illustre uomo - non potevo trovare di meglio. Perché se scappa lo identificano subito». «T'è piaciuto il banchetto di stanotte?» domanda a Buster Keaton sua moglie. «Nient'affatto». «Non era buono il pranzo?». «Molto buono, ma io stavo vicino ad una signora strabica e questa si prendeva ogni volta il piatto messo davanti a me». La stella cinematografica: «Mi amerai quando sarò vecchia?». Il terzo marito: «Non fare la sciocca, mia cara. Sai bene che noi divorzieremo molto prima d'allora». 54
«Quando passi per la stazione, non dimenticare di prendere l'ora esatta» raccomanda El Bandel alla moglie. «Ma io non ho l'orologio» risponde la moglie. «Non fa niente. Segnati l'ora su di un pezzo di carta». Gary Cooper, nel suo recente viaggio in Europa, ha visitato anche la Svizzera. Appena tornato a Hollywood gli amici lo hanno tempestato di domande. Egli sentiva ripetersi le stesse domande dieci, venti volte al giorno. Allora si mise a rispondere umoristicamente, lasciando perplessi gli ascoltatori. Eddi Nugent gli chiese: «Mi hanno detto che vi sono panorami bellissimi in Svizzera ... ». «Si - rispose Gary - Peccato che se ne vedano pochi, perché ci sono le montagne che ne velano la vista». Al matrimonio di Nancy Caroll fu sorprendente la quantità di doni che giunsero alla diva, da ogni parte dell'America. Anzi, suo marito incaricò un poliziotto privato di sorvegliare il tavolo sul quale erano stati esposti la serata in cui i nuovi coniugi dettero un ricevimento. La mamma di Nancy, che è una donna all'antica, non abbandonò mai la sala, e, quando dovette uscirne per un momento, disse a Nancy: «Ti prego, durante la mia assenza, tieni d'occhio il poliziotto». [Cinema Illustrazione, 12 agosto 1931]
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I sette peccati capitali a Hollywood
Superbia Ne sentirete delle belle, cari lettori, nel corso di questi sette articoli (forse nel nostro tempo i peccati capitali sono di p ili, ma noi abbiamo preferito seguire l'antica e classica distinzione) che vogliono essere una specie di radioscopia della mentalità degli attori cinematografici, i quali sono, ancorché divinizzati dalla folla, poveri mortali che «un giorno son nati e un giorno moriranno», come diceva il poeta, e perciò hanno le loro debolezze ben visibili accanto alle loro virtu. Ma del resto contribuiranno anche le loro debolezze a farceli amare, perché li sentiamo in tal modo piu umani, piu vicini a noi, non assurti in quel gelido cielo, in quell'Olimpo, in cui perdono le spoglie mortali per diventare uno dei miti del nostro secolo. Cominciamo dunque dal primo dei peccati capitali, la superbia, e se non interesseremo come Eugenio Sue, il grande romanziere che interessò a suo tempo svolgendo i sette peccati capitali in sette avvincenti romanzi, siamo certi che l'accuratezza dell'informazione, l'inedito dell' episodio, i protagonisti, varranno a farci seguire senza rincrescimento. Se una semplice attrice, una Dorothy Jordan, una Mary Brian, unaJean Collyer, fossero superbe, sarebbero eliminate in quattro e quattr'otto. Ma a Greta, a Stroheim, a pochi altri tutto è lecito: l'oro del mondo intero che essi 56
fanno affluire nelle casse dei magnati del film li protegge da qualsiasi assalto. È superba Greta Garbo? Ecco un problema che persino a Cinelandia è insoluto. La dea delle dee vive in una splendid isolation che naturalmente fa nascere intorno a lei malignità e inimicizie. Ma la svedese che sa benissimo tutto ciò, seguita nella sua politica, e non avvicina che due o tre intimi, degnando appena di uno sguardo colleghe colleghi e collaboratori. Un giornalista americano la intervistò un anno fa e le disse con molta franchezza, ciò che di lei si pensava negli ambienti cinematografici. «Perché- rispose Greta Garbo- devo mutare il mio temperamento in omaggio alle consuetudini sociali? Io ho sempre amato la solitudine, sin da bambina, quando fuggivo da casa per fare lunghe passeggiate sulle rive gelide dei miei fiordi. No, non sono superba, ma credo che l'amicizia sia una cosa molto rara, e che quindi bisogna andare assai cauti nella scelta e lasciare che il tempo provi la sincerità del sentimento. Inoltre, due, tre amici fidati non bastano? Chi ha tanti amici, non ha nessun amico: poiché sarebbe ridicolo che andassimo a riversare le nostre pene con la stessa emozione, con la stessa sincerità, nelle braccia di dieci venti persone una dopo l'altra». Ma a sentire l'altra campana, le cose starebbero diversamente: poiché pare che Greta Garbo non rivolga neppure il saluto alle persone che a Hollywood non siano almeno o il signor Samuel Goldwyn, capo della Metro, o il signor Will Hays, colui che laggiu fa il buono e il cattivo tempo, o il suo direttore, il suo régisseur. Si racconta che Karl Dane, il famoso ed esilarante Slim, non sia mai riuscito a farsi rendere il saluto dalla pallida dea. Né essa va ai ricevimenti, e nemmeno accetta i soliti omaggi quando a New York si rappresenta per la prima volta un suo film. A Greta Garbo, evidentemente, basta la devozione, il fanatismo, dei milioni e milioni di anonimi spettatori. Ed ora parleremo di Erich von Stroheim, che laggiu è considerato il superbo per antonomasia, il superbo nato, il superbo superbo. Tutti sanno che Erich von Stroheim ha molto talento, come direttore e come attore. Ma dalla sua grinta non è difficile supporne il carattere scontroso, chiu57
so e aristocratico senza elasticità. Testardo come pochi, egli non ammette osservazioni, neppure da coloro che sono interessati finanziariamente ai film, e che sono, ahimè, i veri padroni. Egli si reputa infallibile, crede che il suo sogno d'arte sia perfetto, quindi tutte le volte che ha dovuto ridurre i suoi film, sempre di una lunghezza straordinaria, sono accadute scene drammatiche per il vigore delle proteste e per le conseguenze, dato che Erich offendeva spietatamente i suoi contraddittori. Ma in fondo in fondo, ciò sarebbe scusabile nascendo da un vero amore dell'arte: quello che invece spiace non è tanto che egli siritenga un direttore magistrale quanto il suo modo di farlo capire agli altri. Si racconta che una volta si recò da Adolph Zukor, uno dei capi della Paramount, e disse al servo: «Annunciatemi». «Chi devo annunciare?» domanda rispettosamente il servo. Il viso di Erich si oscurò: come, il servo non lo conosceva? L'ira gli sali al volto, fece un dietrofront, e se ne andò rinunziando all'incontro con Zukor e mandando contemporaneamente a monte un affare di grande importanza. Nei rapporti con i colleghi di lavoro o di casta non va piu in là del piu freddo saluto. Anche a lui sono state fatte, da qualche intimo, obiezioni in proposito, ma egli ha risposto seccamente: «Ognuno è come può essere. Contano le opere. Io morirò, ma spero che resterà qualche mio bel film. Conosco dei direttori molto gentili, molto democratici, ma ciò non evita loro di fare delle mediocri pellicole. È straordinario che qui a Hollywood s'indignino piu contro un uomo superbo che contro un uomo sciocco». Ha ragione? Gli si può obiettare che la grandezza non include per forza la superbia e che David W. Griffith, direttore-mago, il papà dei direttori, non disdegna di conversare affabilmente con le piu modeste comparse; senza parlare del povero Rodolfo Valentino che, mentre riceveva omaggi da tutte le parti del mondo, perfino dai re, passava volentieri qualche sera insieme agli antichi compagni del tabarin.
[Cinema Illustrazione, 5 agosto 1931] 58
Avarizia Tra tutti i peccati questo vi sembrerà, care lettrici e lettori, il piu impossibile a Hollywood. Invece esso talvolta fa capolino in questo regno dell'oro. Gli esemplari sono pochi, pochissimi, ma tanto clamorosi: poiché come del resto avviene nella vita, l'avarizia trova i suoi proseliti anche tra coloro che, per ragioni sociali e economiche, dovrebbero essere immunizzati dal male. Dobbiamo subito sgombrare il terreno da due gravi dicerie che i cronisti con i loro pettegolezzi spesso fantastici hanno via via rinsaldato. La prima si riferisce a Charlie Chaplin, il grande Charlot. In parte la sua religione ebraica, in parte le accuse molto interessate della moglie, furono i motivi che gli appiopparono tale vergognosa nomea. Ma se Charlie Chaplin non è un prodigo, certamente non è un avaro. n suo modo di beneficiare non vuoi essere rumoroso: solo per caso si son venuti a conoscere certi suoi atti benefici. Egli, che conosce il mondo, non vuole stanziare una cifra e devolverla a ente o istituto senza controllarne il preciso impiego: preferisce spendere il doppio ma essere nello stesso tempo certo che il .suo danaro allevia sofferenze, lenisce dolori, si converte in pane per i poveri. Quante volte è stato incontrato Charlie Chaplin nei quartieri piu desolati di Los Angeles e di New York. Resosi conto di persona di certi casi pietosissimi, provvede subito tenendo presente l'evangelico: «Non sappia la tua destra cosa fa la tua sinistra». Ma un avaro autentico, tipico, famoso, non manca a Hollywood. Chi è? Non possiamo nominarlo poiché egli è di una suscettibilità straordinaria e se gli capitasse sott' occhio il nostro articolo siamo certi che ci darebbe dei grattacapi per mezzo della legge come ha già fatto in un caso consimile due anni fa. Se lo indovinate, merito vostro e non colpa mia. Costui guadagna cifre enormi e spende cifre irrisorie. Pensate che ha divorziato dalla prima moglie perché essa spendeva.... troppo. La sua inimicizia con John Gilbert derivò dal fatto che John Gilbert era ... troppo prodigo. Quando passeggiavano insieme per le vie di Los Angeles e incontravano qualche accattone, J ohn Gil59
bert offriva sempre una manciata di dollari costringendo l'amico a fare altrettanto. Ma dopo si lagnava, e andò a finire che ruppe i rapporti conJohn Gilbert. Il quale si vendicò in un modo curioso: trovava ogni giorno dei pretesti e altri ne inventava per fare delle collette tra artisti, costringendo l'amico a parteciparvi, poiché rifiutarsi di partecipare a una colletta per la famiglia di un operaio, per esempio, è un caso inaudito a Hollywood e se capitasse, il colpevole si attirerebbe degli odi e delle antipatie invincibili. A proposito di attrici avare, si diceva che Pola Negri comperasse alcune sue toilette anziché dai grandi ateliers parigini, dalle nobildonne che dovevano disfarsene dopo averle indossate, per varie ragioni. Ma erano calunnie ancor queste e la futura moglie di Charlie Chaplin fece vedere agli amici i conti delle case Worth e Patou che assommavano in un anno alla bella cifra di centomila dollari! «l miei genitori sono avari» disse un giorno J ackie Coogan a un amico piu grande di lui. MaJackie Coogan è sf un grande attore, ma anche un ... giovanetto, per il quale i genitori sono sempre ... avari.
[Cinema Illustrazione, 12 agosto 1931] Lussuria Questa volta l'argomento è delicato, delicatissimo. Forse, care lettrici, l'avete aspettato con ansia- perché siete voi, di solito, che preferite i temi, come dire? un pochino piccanti. Ma perdonatemi se vi do una grande delusione: a Hollywood i reporters scandalistici o hanno fantasia o falliscono. Forse anche voi sapete che vi è una specie di régisseur morale, il signor Will Hays, che ha l'incarico di far sf che niente avvenga che possa suscitare le ire dei quacqueri, dei puritani, infine coloro che a torto o a ragione stanno in agguato per precipitare sulla nuova Sodoma, dicono loro, fulmini e saette e provocare magari un decreto legge del Senatore di W ashington che ordini di distruggere in tre ore Cinelandia. Dunque, a Hollywood la lussuria non ha posto il suo 60
subdolo piede. Non lo credereste, ma vi sono persino dei
club moralisti cui partecipano molte dive. Che predichino bene e poi razzolino male, può darsi: ma è certo che scelgono casomai, come campo dei loro piaceri, delle sedi lontane, dove è possibile sfuggire all'occhio implacabile del giornalista. Questo sarebbe il caso di Clara Bow che finanziava il «Circolo femminile americano delle Uno solo», circolo che aveva per iscopo di propagandare tra le donne americane la lotta contro tutte le forme della poliandria, cioè contro quelle donne che non reputano sufficiente a riempiere la loro vita un solo uomo. E di quanti ha avuto bisogno la famosa flapper tutti sanno! Anche Lupe Velez fa parte di un club animato da buone intenzioni, una sorta di dépendance dell'Esercito della salvezza. Ma poco tempo fa quasi quasi la diva ne fu espulsa poiché durante una riunione, mentre la conferenziera stava parlando dei risultanti ottenuti dal sodalizio in un anno di attività, si mise a cantare accompagnando la musica di una canzonetta un po' sboccata che un suonatore ambulante faceva giungere dalla via. Chi proprio pareva volesse mettere a rumore Hollywood con i suoi costumi era Conchita Montenegro: essa si era fatta precedere da una stampa rumorossissima che la descriveva addirittura come una novella Messalina. Giunta e presa in affitto una villetta a Beverly Hill, nacquero intorno a lei delle strane leggende. Si diceva ch'essa aveva per guardia del corpo un terribile orango: e da questa constatazione i discorsi arrivarono facilmente a rinnovare la favola della bella e il mostro. Ma l' orango c'era veramente, e chi passava davanti alla villetta in date ore del crepuscolo lo vedeva confusamente tra gli alberi del giardino. I giornali di New York sferrarono una campagna feroce contro la diva, ma poi si seppe, e lo si seppe quando Conchita aveva raggiunto in pieno il suo scopo pubblicitario, che l' orango era... il giardiniere che si truccava tutte le sere da ... nostro progenitore per ordine della diva. Voi direte: ma è proprio necessario che queste dive facciano parte di club moralistici? Non possono, dati i loro guadagni, essere indipendenti? No, se pensate che in America vi sono certe convenienze sociali che devono es61
sere rispettate da tutti: è curiosissimo, ma un paese nuovo, il paese di Broadway e del jazz, è per certi costumi piu conservatore del nostro. E quindi le dive sanno che bisogna tenere il piede in due scarpe, cioè in quella della pubblicità e in quella di una verità assai modesta e quasi famigliare, pena il perdere metà degli ammiratori. Infatti vi è chi reputa Hollywood sentina di ogni vizio e perciò la sua fantasia ne è accesa, e vi è chi la sfronda di ogni attributo fantastico o piccante e se ne compiace. Poveri divi, in fondo! Quando vogliono spassarsela in pace, scappano in Europa o in qualche solitario paesetto del W est. Infatti, di certe cose un po' sensazionali avvenute a Juan le Pins, la spiaggia prediletta in Europa dai divi, alcuni giornali illustrati parigini hanno dato notizia riprendendo quanto avveniva in una cittadina del Texas, dove in estate si riunivano molti divi illustri, fra cui Gilbert, Colman, Barthelmess, la Del Rio, la Talmadge, la White, ecc.: i cittaQ.ini almanaccavano intorno al palazzetto che i divi avevano scelto a luogo dei loro passatempi. Si sa come capita, l'immaginazione popolare galoppa e fu cosi che una notte i buoni cittadini diedero l'assalto al palazzotto, convinti di trovare quadri orgiastici, messe nere o che so io; invece trovarono i divi a banchetto, poiché là durante le vacanze si davano delle cene meravigliose, rallegrate da un' orchestrina. Però, Gilbert e Berthelmess chiarirono ai cittadini l'equivoco ma il giorpo dopo avevano - sulla fronte il primo, in testa il secondo - due protuberanze di natura misteriosa. Ma torniamo a Hollywood, e per dire che là soprattutto v'impera il lavoro, e che lo svago è contenuto dentro limiti normali. La povera Anna Rubens, che aveva il vizio degli stupefacenti, per appagarsi doveva recarsi a New York. Bisogna dire, tuttavia, che a Hollywood si va contro la legge quando si tratta di... bere. A Hollywood si beve, e si beve con gusto, e vi affluiscono tutte le piu grandi specialità vinicole del mondo, in barba al signor Hoover, presidente degli Stati Uniti. Ma si beve anche a Roccacannuccia, obietterete, care lettrici. D'accordo: né io so cosa aggiungere. Del resto vi avevo avvisato che proprio questo 62
sulla lussuria sarebbe stato il meno scandalistico dei miei articoli. Si sa, anche i divi sono furbi ... [Cinema Illustrazione, 19 agosto 1931]
Ira Ecco finalmente un peccato che, senz' essere un peccato amabile, è tuttavia di quelli che ci consentono di penetrare nella vita dei divi con maggior coraggio per trame notizie senza veli. Questa volta, dunque, diremo pane al pane lasciando le reticenze nella penna. A tout seigneur tout honneur... Cominciamo da Charlie Chaplin. Del resto non si tratta di una novità, poiché tutti ricorderete che fra le principali ragioni della ex moglie di Charlot per chiedere il divorzio c'era proprio ... la eccessiva attitudine del marito a infiammarsi, e adirarsi. Per un nonnulla, diceva Lita Grey. Ma le donne hanno un modo assai personale di giudicare i nonnulla: per la moglie di Charlot era un nonnulla il fatto che Charlot non la trovava in casa ogni volta ch'egli volesse. «Mi picchiava ... », disse anche la moglie. Evviva! Il pensiero che Charlot picchi la moglie, lui cosi timido, lui cosi infelice, deve riempirei l'animo di gioia. Tanto piu pensando che Lita Grey era una moglie, come dimostrò dopo il divorzio, attaccata solo al danaro. Però Charlot è veramente irascibile. Egli è capace di restare un giorno senza pronunciare parola, poi, di scatto, reagire per una parola detta troppo forte, per una sedia caduta. Lavorare con lui è di solito piacevole, essendo egli affabile e democratico al massimo, ma non bisogna meravigliarsi se lancia tutto quello che gli capita tra le mani contro quel suo collaboratore che gli abbia fatto sciupare una scena. I suoi collaboratori lo adorano, per fortuna, e sopportano di buon grado, gli estri di Charlot. Molto irascibile è Mitzi Green, la piccola e grande diva. I genitori hanno fatto miracoli per correggerla, ma invano. Essa non è piu padrona di se stessa quando la contraddi63
cono: piange, urla e le busse non servono che ad esasperarla. Solo una doccia fredda ha su di lei un effetto sedativo, e infatti trovate in casa Green, nascoste con eleganza, delle docce a ogni angolo. Eccovi un elenco dei divi che, piu o meno, incorrono nel quarto dei peccati capitali: Richard Barthelmess; Norma Shearer; Bobina Ralston; Jean Arthur; Erich von Stroheim; Edmund Love; Lupe Velez; Clara Bow. Chi ne pare assolutamente immune è Karl Dane, alias Slim. Gliene fanno di tutti i colori, è lo spasso dei colleghi durante le feste, ma lui non si scompone. Si racconta anzi, forse con un po' di esagerazione, che una sera, quando la festa stava per chiudersi, Slim si arrabbiò ... perché non avevano cercato di farlo arrabbiare. Caro Slim, con quegli occhi di ragazzone merita proprio la fama di T obia ... Dicono che sia irascibile anche Greta Garbo. Forse ... quando le parlano di Marlene Dietrich. [Cinema Illustrazione, 26 agosto 1931]
Gola Ho visto piangere Betty Compson un mattino che s'accorse d'essere cresciuta in una settimana di ben nove etti; ho visto Dorothy Mackaill digiunare due giorni filati per perdere l'adipe secondo lei guadagnato partecipando a un banchetto in casa di Menjou; ho visto Loretta Young studiare dei grossi volumi di medicina per sapere quali sono le sostanze che fanno ingrassare e quali no. Perdere la linea, ecco la terribile paura che incombe sui divi, la grande ombra paurosa che si distende sulle bianche dimore degli artisti disseminate per Beverly Hill. N on avete notato che perfino Charlot è ingrassato? Lui, nonostante la malinconia, nonostante i pasti saltati ... Infatti, a un osservatore non può essere sfuggito che il Charlie Chaplin di Luci della città non era certo come quello de Il monello. Ora, a Juan le Pins, Charlie Chaplin sta facendo delle quotidiane corse sulla spiaggia di ben sessanta minuti l'una per riac64
quistare l'antica snellezza. Ma, ahimè, per lui come per Menjou, come per Douglas, gli anni avanzano impavidi e distruttori. Con questa spada di Damocle sul capo, immaginate che cosa diventano i piaceri della tavola laggiu. Diventano dispiaceri! Le gioie della tavola rappresentano una specie di castigo, perché sono tanto desiderate, ma non ci si può abbandonare, pena ... la perdita della linea. Si tratta, in una parola, di una specie di supplizio di T an tal o. Beato, invece, era il povero Volheim, l'uomo piu brutto di Hollywood, il quale non si curava certo dell'estetica; a vederlo davanti ai cosciotti rosolati e profumati di tartufi i colleghi bellissimi e statuari quasi quasi avrebbero venduto la loro grazia. Volheim era un uomo di spirito, un uomo di talento, ma adorava le ghiottonerie. Sono famosi i viaggi... gastronomici di Volheim. Mentre gli altri, durante le loro vacanze, andavano o sulle spiagge della California o sulle Montagne rocciose, il nostro partiva per ignoti lidi. Ma chi avesse consultato l'itinerario ch'egli s'era segnato nel taccuino, avrebbe letto cose ben strane. Per esempio: Boston: insalate. New York: arrosti. Washington: fritti, ecc. Avete capito? Egli girava il mondo non con il Baedecker in mano, ma piuttosto con un manuale geografico di cucina. «Dove vai?» gli domandavano gli amici allorché lo vedevano partire con valigie e bauli. «Vado a Parigi, al Caveau Caucasien, a mangiare il prosciutto affumicato con il popone». Ed era vero, il suo viaggio transoceanico non aveva altro scopo. Invece tutti gli altri, come abbiam detto, debbono guardarsi bene dal cadere nei gorghi del peccato ... di gola. Anche quella vivacissima ragazza di Anita Page ha un servizio d'oro (cucchiai, forchette, ecc.) tempestato di brillanti degno della mensa del famoso imperatore Vitellio. Ma, ahimè, in quei bei piatti d'oro che piccole porzioni! Tanto piccole che una volta un giornalista che la diva aveva invitato a pranzo, alla fine del medesimo disse: «Signorina, sino ad ora abbiamo scherzato. Adesso si comincerà a mangiare sul serio, spero». E le vivande servite erano preziosissime, costosissime, ma tutte in miniatura. Per65
ché Anita pensa che anche i giornalisti desiderino di non ingrassare. Ma ecco un fatterello autentico che dimostra come anche i divi non sappiano resistere in certi casi alle tentazioni. Si girava un film con Clara Bow, e precisamente il film Lui, lei e l'altra. In questo film vi è una scena molto patetica, con chitarra, che si svolge, guarda caso, a tavola. Per la naturalezza della scena, furono preparati cibi veri, dei cibi squisiti. Ebbene, i divi cominciarono a mangiare, poi, quando il direttore gridò Pronti (e con ciò s'indicava il momento in cui la scena doveva mutare con la sospensione del pranzo) gli attori continuarono a mangiare imperturbabilmente, anzi entusiasticamente, attratti dalla qualità delle vivande. n direttore gridò, tempestò, ma invano. Gli attori ripresero la scena solo alla fine del pasto. Fra le dive vi è Elissa Landi che si picca ... di gastronomia. Ella è convinta di fare dei manicaretti insuperabili. Invece ... Ma il guaio è che non li fa per lei, ma per gli altri. E gli amici invitati da lei debbono far festa alla sua cucina anche se pensano il contrario. Guardate un po' le debolezze di una bella donna. Anche Lil Dagover ha le sue debolezze: non può mangiare che nei grandi restaurants. Ella dice che tutto le par buono, ed eccellente. E sf che il suo vitto è sempre quello: consommé, una fetta di roast-beaf, una frutta. Però, ogni volta che si reca al ristorante, Lil Dagover non cambia il menu, ma la pelliccia o l'abito. «Non bisogna ingrassare», ecco la parola d'ordine negli stabilimenti di Hollywood. Per questo vedete i divi e le dive darsi anima e corpo alla ginnastica, dall'erculeo Wallace Beery al sottile Gary Cooper, dalla matronale Marie Dressler alla diafana Virginia Cherrill. [Cinema Illustrazione, 2 settembre 1931]
Invidia E questa volta tocchiamo il tasto piu delicato, forse. Chi infatti, a Hollywood sfugge alle sottili torture del sesto dei peccati capitali? Non la grande diva, non la modesta com66
parsa. Là vi è una gara continua, un'ininterrotta ansia di superare se stessi e di superare gli altri. Coloro che hanno già assaporato la dolce gioia della fama e non vorrebbero rinunciarvi piu; coloro che aspirano a raggiungere quelle soddisfazioni che secondo loro rendono felice la vita degli arrivati, sono laggiu tocchi per la gran parte di questo terribile male. Pensate alla modesta generica, o a una di quelle girls che sognano tutte le notti di rinnovare il caso Clara Bow o diJoan Crawford, anch'esse uscite improvvisamente dal rango oscuro di ballerine, pensate a queste creature che hanno tutte le ambizioni e vedono intorno a loro sfarzo, lusso, gioie e dollari, che vivono a contatto per ore e ore con le piu celebri stars e hanno occhi per vederne solo i piaceri e mai i dispiaceri, e allora avrete per esse un po' di pietà. E avrete anche un po' di pietà, di giustificazione, per coloro che dagli altari precipitarono nella polvere e videro altri assidersi al loro posto. Quante di queste vittime ha fatto il film sonoro sostituendosi a quello muto. I nuovi idoli, che a loro volta saranno abbattuti dagli ultimi sopraggiunti appena le esigenze industriali lo esigeranno, sono passati trionfanti, mentre il loro nome correva per il mondo, davanti agli spodestati. Come volete che nell'animo di costoro non potesse trovare posto l'invidia? Per vincerla bisogna avere un animo superiore, una conoscenza profonda della vita, cosf labile e cosf ingiusta spesso, un senso di rispetto per il misterioso potere del destino. Ma a Hollywood troverete belle donne, begli uomini, piu che animi saggi e riflessivi. Ma non tutti sono uguali, però, e anche là vi sono le eccezioni. Per esempio non fu J anet Gaynor a iniziare al cinema la sua amica Fay Wray? E invece di solito i nuovi venuti sono accolti con diffidenza poiché in ciascuno di essi ognuno vede il rivale, il probabile successore, colui o colei, infine, che potranno attirare sopra di sé l'attenzione del pubblico. Fay ebbe nella giovane amica la piu affettuosa e paziente delle consigliere. La umana tenerezza, la poetica semplicità che J an et trasfonde nei suoi film non è dunque soltanto finzione d'arte, ma anche splendida realtà. Proprio il contrario capitò a Lily Damita e altrettanto a 67
Marlene Dietrich verso la quale ci furono persino dei pronunciamenti collettivi di antipatia. Già s'intuiva che la tedesca avrebbe offuscato tutti gli astri del gremito cielo di Cinelandia. [Cinema Illustrazione, 9 settembre 1931]
Accidia Ed eccoci alla fine di questa nostra rassegna che deve aver portato un po' di sollievo a qualcuno. Perché l'aver visto che anche i divi hanno le loro debolezze umane non può che aver fatto piacere a noi miseri mortali. Inoltre, e lo dicemmo all'inizio di queste rivelazioni, svelarli nei loro difetti vuoi dire anche farli amare meglio, avvicinarli all' affetto delle folle. Quando vi diremo che Adolfo Menjou è pigrissimo, siamo certi che non per questo egli decadrà nella vostra estimazione. Una notte Adolfo Menjou, uscito da un tabarin, s'incamminava per una via solitaria verso una piazza prossima per prendere un taxi, quando fu fermato da invocazioni d'aiuto. Alla finestra di una casa una donna in camicia urlava: «Aiuto, signore, ho i ladri in casa ... ». Menjou è un uomo forte, non solo, ma coraggiosissimo. Si slancia immediatamente verso la porta della casa, poi, come colpito da un pensiero, grida alla donna: «Che piano?». «Quarto», risponde la donna. «C'è l'ascensore?», incalza l'attore. «No», risponde la donna. Allora Adolfo, dopo un attimo di esitazione, riprende la sua strada dicendo: «Peccato». A proposito della sua pigrizia, Menjou dice anche qualche freddura: «lo amo il tennis, lo adoro. Ma è tanto faticoso che ho un servo che lo giuoca apposta per me ... ». Ma il tipo piu straordinario di laggiu è il conte Arden Zweig, reca tosi a Cinelandia per fare l'attore. Egli è là ormai da un anno e la Casa che lo ha invitato non è riuscita ancora a fare un provino. Perché Arden in un anno di per68
manenza laggiu non è mai riuscito ad alzarsi prima di mezzodi. E la Casa non vuoi fare eccezione per lui, cioè mutare l'orario, che per i provini delle reclute è fissato nelle ore mattutine. [Cinema Illustrazione, 16 settembre 1931]
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I divi e la poesia
Chi non ha scritto una poesia in gioventu? «lo» vi risponderà Bob Montgomery. Ma gli altri ... Un'inchiesta svolta laggiu dal piu garbato dei giornalisti americani, che vive in perfetta amicizia con tutto il firmamento di Cinelandia, ha fatto venire a galla documenti antichi e recenti dell'arte poetica di alcuni divi. Il piu curioso, forse perché è il piu attuale, sarebbe quello che riguarda una passione che riempi di sé le cronache dei giornali di tutto il mondo. E una poesia di Clara Bow, una poesia d'amore, scritta per quel ragazzone che risponde al nome di Rex Beli e che non ha altro merito se non quello di adorare veramente laflapper baby. Il saggio di Clara è di quei mesi in cui la diva era messa quasi al bando da tutti perché nei suoi casi gli americani vedevano soprattutto il lato scandalistico. Ma ecco i versi che traduciamo un po' liberamente:
Siamo /elià nel mondo, piccolo Rex, andiamo lungo strade solitarie, à accompagna il canto del nostro amore e talvolta il dolore di un dubbio: «Ci ameremo per sempre?» Come la rosa appassisce anche il nostro bene, piccolo Rex, sfiorirà un giorno ... E già mi sento sola 70
come una viola sui margini di un rivo. In verità, il paragone tra Clara e la viola non ci convince. Questa fiammeggiante americanina, perso Re x Bell... ne troverà un altro. Non meno importante, e potremmo dire addirittura storico, è il saggio di John Gilbert. Per quale diva egli scrisse la poesia ognuno capirà. Ma Greta Garbo fu sorda anche a queste dolci invocazioni in versi. Gilbert le scrisse sulla pagina bianca di un libro ch'egli regalò alla svedese.
Io ti ho baciata, donna del nord, eppure le tue labbra erano fredde come le onde che lambiscono i/iordz;tu mi hai baciato, ma il tuo cuore era lontano tra le nebbie della tua pallida terra. Una volta ti udii cantare. Era di sera, io come un amante ascoltavo e sognavo di vivere teco come un fanciullo cieco guidato dall'amore e dal tuo canto. Si dice che Ina Claire, la legittima moglie diJohn, abbia trovato la poesia in un sécretaire del marito e che gli abbia chiesto immediate spiegazioni. Gilbert avrebbe risposto: «Ma Ina, io l'ho scritta per te ... ». E la moglie che è molto intelligente, come tutti sanno, pare si sia limitata a dirgli: «Ci credo. Però dimostri di essere molto ignorante in geografia; poiché nella mia terra non ci sono i fiordi, né essa fa parte del nord ... ». Ed eccoci al piatto forte, a una piccola poesia di Greta Garbo, scritta dalla diva nei primi tempi del suo arrivo a Hollywood e spedita a un'amica in patria. Allora la nostalgia della sua terra era piu forte della gloria che tuttavia le si presentava non piu irraggiungibile. 71
Sono triste, sono sola guardo dalla finestra il mio mare e le bianche vele che tornano. Quando scende la sera e le ombre avvolgono il mio giardino piango come una bimba pensando al dolce lume della casa lontana. Certamente non è un capolavoro, ma anche questi pochi versi rivelano una faccia dell'anima poliedrica di questa donna famosa, forse la faccia sua piu vera e piu umana. Per rompere un poco l'atmosfera sentimentale e malinconica creata dai versi di questi tre atout di Cinelandia, riproduciamo quelli di Buster Keaton, strani e bislacchi, umoristici, di quell'umorismo incantato e paradossale che è la specialità del nostro Saltarello. Egli ne scrive moltissimi; è una sua innocente mania, ma però non attribuisce loro alcun valore. «È un modo per prendere in giro quei colleghi che fanno versi sul serio», egli dice. Questa poesia di Buster è intitolata Un sogno. Eccola:
Don don don Sono le tre Ho sognato un re con uno scettro in mano Volava in aereoplano sotto l'acqua dei mari. don don don don don don Sono le sei Mi sveglio sto meglio di un re: inzuppo due biscotti nel the. Vi piace? A noi si. Come a noi piace questo innocente madrigaletto di Adolfo Menjou che riempie di versi gli album di tutte le belle signore che glieli sottopongono. Il suo modo è sempre patetico e con dei finali ... a sorpresa, ironici, tutto il suo stile d'attore 72
Mia dolce signora, d'autunno cado n le foglie ma sulle soglie fiorite del vostro destino è sempre primavera. Per voi non passan le stagioni il tempo si/erma in omaggio dei vostri chiari occhi. Mia dolce amica, facciamo un lungo viaggio, Posso baciarvi la mano? Neppure una carezza? Capisco: siete tornata appena dall'istituto di bellezza. Terribile Adolfo che nasconde sotto l'aplomb del perfetto gentiluomo tanta gustosa ironia. Per finire citiamo i versi di quel burlone di W alla ce Beery che li ha fatti incidere sulla pietra davanti alla sua villa. Non sono versi molto ospitali, ma non allarmatevi; anche voi saprete che Wallace è il vero tipo del burbero benefico:
Entri chi vuole, la casa è aperta a tutti. Si volti a destra, si passi pel giardino, Vi accoglierà il mio servo, Dick, il mastino. Che bel tipo di... poeta! Qualche altra volta pubblicheremo non piu i versi dei divi, ma i versi degli ammiratori dei divi (Greta Garbo e Dolores del Rio hanno fatto diventare poeti almeno un milione di persone). E ne leggeremo delle belle. Ma può darsi che le Muse non ce lo permettano.
[Cinema Illustrazione, 14 ottobre 1931]
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Ultime da Hollywood- Sessue Hayakawa e il dramma di una madre
Un'attrice americana, miss Ruth Noble, ha intentato a Los Angeles un processo contro Sessue Hayakawa per rompere un contratto molto singolare, in virtu del quale ella avrebbe dato in adozione al famoso attore cinematografico il suo unico figlio, nato nel1929, e che nello stato civile figura come figlio di certi William e Ruth Hayes. In cambio ella avrebbe ricevuto la somma di 22 mila franchi e in piu un assegno mensile di 750 franchi. L'attrice dichiara che ella fece tale strana cessione perché in quel tempo si trovava senza danaro. Bel modo, in verità, il suo di ricavare danaro! Fatto sta che ora, dopo due anni, l'amore materno è ritornato a galla - e miss Ruth vuole indietro il suo bambino. Sessue invece non intende restituirglielo, e nemmeno la moglie di Sessue, la bella attrice Oaki, vuol privarsi del bambino cui è ormai affezionatissima. Ma ecco la complicazione: miss Ruth ha fatto la rivelazione che il bambino è figlio di Sessue Hayakawa, che ella conobbe nel1926 a Baltimora e con il quale strinse una relazione amorosa. Sessue nega, ma vuole ad ogni costo tenersi la creatura. A un giornalista che ha intervistato i coniugi Hayakawa essi hanno detto: «Noi ci siamo affezionati al bambino in questi anni come fosse nostro. La madre doveva pensarci a tempo. È troppo comodo ricordarsi dell'affetto materno di quando in quando. Come miss Ruth ha venduto- è la parola- suo 74
figlio una prima volta, non ci meraviglieremmo lo facesse una seconda. Noi insistiamo, e le leggi sono con noi». La signora Hayakawa aggiunge che le accuse della Noble sono semplici tentativi di ricatto, ma che nessuno sa come ella sa l'impossibilità che sia avvenuto quanto afferma l'americana. «Proprio nel 1926 - essa afferma - facemmo un lungo giro in Europa, poi tornati in America fummo a Baltimora di passaggio, solo due giorni. E poi io non abbandonai mai mio marito ... ». L'ottimismo della signora Hayakawa è sorprendente. Miss Ruth Noble afferma che produrrà alcune lettere per documentare la relazione amorosa tra lei e l'attore. Ma ciò proverà che il figlio è di Sessue? A meno che nell'iperbolico regno americano basti una lettera, magari tolta dal segretario galante, per attribuire tale paternità allo scrivente. I commenti sono vari, contraddittori, laggiu. Ma l'opinione pubblica non è troppo fayorevole al giapponese, nel senso che di lui sono note parecchie sorprendenti avventure casanoviane. La signora Hayakawa crede il proprio marito la perla dei mariti, ma il pubblico no, poiché il pubblico anche in questo caso è piu informato dell'altro ... coniuge. Sono venuti a galla i particolari della relazione di Sessue con una principessa russa la quale per dimostrargli il suo amore buttò nell'Hudson tutti i suoi gioielli: poi vi si sarebbe buttata anche lei se Sessue non l'avesse trattenuta. Per liberarsene l'attore dovette escogitare mille invenzioni fra le quali non fu certo piacevole quella di una falsa malattia: poiché, entrato in una clinica per malattie nervose appunto per sottrarsi con un pretesto alle furie amorose della principessa, non riusd ad uscirne che dopo tre mesi, poiché i medici si erano convinti ch'egli era realmente colpito da incipiente alienazione mentale. Un'altra vicenda piccante il nostro Sessue la ebbe con una girl di Filadelfia. Essa gli si era abbandonata in cambio della promessa che Sessue l'avrebbe fatta diventare una stella del cinema. Ma era proprio quello il tempo in cui Sessue era in ribasso a Hollywood, e la sua influenza era nulla. La girl fece delle scenate e riusd perfino a farsi 75
assumere come cameriera della signora Hayakawa, la quale era ignara di tutto. E naturalmente il marito non poteva rivelarle il vero essere della ragazza. Cosf Sessue visse alcuni mesi in famiglia con l'incubo che la ragazza rivelasse tutto da un momento all'altro alla moglie. Ma una notte la ragazza spari portando via alcuni gioielli della signora. La quale, appena accortasi del furto, quasi svenne dal dispiacere. Ma il marito non volle assolutamente che ella avvertisse la polizia; e voi capite il perché. Ancor oggi la signora si chiede la ragione di quella generosità del marito. Come finirà questa ultima faccenda? Noi auguriamoci che miss Ruth Noble vinca la causa, poiché una cosa è certa, almeno, che il figlio è suo. E quando un figlio può tornare in seno alla madre, non v'è di meglio. E se la signora Ruth Noble ha sbagliato una volta, non sbaglierà una seconda. Sessue Hayakawa metta il cuore in pace; se vorrà giovare al bambino, sia perché si tratti del suo bambino, sia perché ci si sia affezionato come a un suo bambino, i mezzi non gli mancheranno. Ora che i dollari torneranno ad affluire nelle sue tasche (i contratti firmati da lui sono vantaggiosissimi) egli potrà tutelare, garantire l'avvenire del figlioletto. In America con i dollari si ottiene tutto, dunque? E alla signora Oaki, maritata Hayakawa, diamo un consiglio: «Sorvegli suo marito. Non è un marito giovane, anzi lo crediamo sulla cinquantina, ma lo sorvegli. Altrimenti le farà adottare un altro bambino. Egli è un sentimentale, ha visto, e non può resistere alla tentazione di adottare i bambini ... ».
[Cinema Illustrazione, 28 ottobre 1931]
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Nubi nel cielo dei coniugi Powell
Carole Lombard non usciva di casa da sei giorni. Che cosa succede? Ammalata non è: nessun medico è entrato nel dolce nido degli sposi novelli. Allora? William Powell è serio, e poi non è facile domandargli notizie in proposito. Quando parlano di Carole diventa un orso, non vuole che anima viva entri negli affari del suo cuore. Ma i commenti s'intrecciano, i pettegolezzi aumentano. Saranno le prime nubi dopo la luna di miele? Un giornalista ha cercato di sapere qualche cosa da un servo, senza riuscirvi. Un'amica di Carole ha detto che Carole sta studiando intensamente una nuova parte per il grande film che interpreterà insieme al marito. Secondo le versioni di quella cattiva lingua che è Lew Cody pare si tratti di gelosia. Carole è gelosa di William, gli ha trovato in tasca il biglietto di una ammiratrice straniera. Se pensate che ogni attore riceve decine e decine di lettere, c'è da meravigliarsi che Carole sia tanto suscettibile. Ma c'è un ma: l'ammiratrice straniera abita a Hollywood e manda anche dei fiori a William. «lo non uscirò piu di casa sino a quando riceverai fiori da quella signora ... ». Ma William ha preso una decisione. Bisogna sapere che William mandava tutti i giorni a sua moglie un mazzo di fiori. Ora pare che non glieli mandi piu. Ha consegnato al suo portinaio un pacchetto di biglietti da visita con su scritto. Alla mia Carole- con l'incarico dimetterlo in quel mazzo di fiori che ogni mattina viene portato da uno chaf77
feur per lui - naturalmente togliendo l'altro biglietto, su} quale è scritto: «A William Powell, la sua ammiratrice ... ». Cosi William si riappacificherà con Carole e continuerà a far pervenire alla dolce metà i fiori senza spendere ... un soldo e senza ... scontentare l'ammiratrice. [Cinema Illustrazione, 4 novembre 1931]
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Le originalità di un divo
ConosceteJean Hersholt? È l'attore piu strambo di Cinelandia. Pigro come pochi, egli ritrova tutta la sua attività quando è ... dal lustrascarpe. Infatti, mentre gli puliscono le scarpe, egli legge i copioni sbriga la corrispondenza, e cosi di seguito. Voi direte: «Ma in cinque minuti fa tutto ciò?». Il suo lustrascarpe, che è quello del Salon di toilette della Metro Goldwyn Mayer, conosce il debole del cliente e impiega un' oretta a sbrigare il suo compito. Particolare curioso: il lustrascarpe aveva trovato un sotterfugio, quello di lustrare le scarpe dei vicini mentre Hersholt leggeva e sbrigava la corrispondenza. Un giorno che Hersholt se ne accorse andò su tutte le furie. «lo vi pago perché lustriate le mie, vi dò due dollari perché c'impiegate un'ora ... ». Strano, ma queste originalità, chiamiamole cosi, non impediscono a Hersholt di essere un bravo attore. [Cinema Illustrazione, 2 dicembre 1931]
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Sempre in tema di concorsi
Una casa di mode di Parigi ha commesso un errore che ha provocato un incidente abbastanza clamoroso al Regina Hotel dove le dive hanno sfilato gareggiando in eleganza. Un vero concorso con un premio vistoso messo in palio dagli attori. Ebbene, quando si presentò Lily Damita con un abito di voile azzurro ornato di velluto e di pizzi scoppiò un applauso generale. Tutti erano certi che il primo premio sarebbe toccato alla francesina con quel modello cosi squisito e fragile. Passarono, dopo, fra l'ammirazione generale, altre dive, le quali avevano ottenuto dalle case un modello esclusivo per ciascuna di loro. Ma ecco la grande sorpresa: Anna Sten, la neo-arrivata, appare sulla scena con un vestito identico a quello di Lily Damita! Immaginate lo stupore generale e, alla fine, l'imbarazzo dei giudici e le occhiate che si scambiarono le due attrici. Evidentemente la casa aveva, per errore, venduto adentrambe lo stesso modello. Ci volle tutta la diplomazia di Robert Montgomery per appianare l'incidente. Venne deciso, infatti, dalla giuria che il premio fosse diviso a metà fra le due competitrici. El Brendel non tralasciò l'occasione di fare dello spirito: «Eh, eh - disse - visto che le due contendenti hanno il vestito uguale, giudichiamole dalla biancheria ... ». Sollevò l'ilarità generale, ma se la sua proposta fosse stata accettata, si sarebbe visto che anche la biancheria delle 80
due attrici era identica. Infatti la casa aveva mandato ad entrambe un completo.
*** Sempre in tema di concorsi, un esito assai comico ebbe anche quello indetto dalla Paramount: mille dollari di premio a chi dava la piu curiosa frase su Gary Cooper. Ne arrivarono a decine di migliaia e un giornale di Los Angeles pubblicò quelle piu singolari. Una bambina diceva: «lo non conosco bene il signor Gary Cooper, l'ho visto una volta sola, ma sorride con tanta bontà che dovrebbe essere molto contento se vincessi io i mille dollari perché io sono povera». Una popolana: «Il mio fidanzato fa il meccanico ed è molto geloso di Gary Cooper. Mi ha visto una volta che baciavo Gary in una rivista illustrata. Da quel giorno non mi accompagna piu al cinematografo. Se vinco mille dollari, ne spenderò cento in sole fotografie di Gary e pianterò il mio fidanzato». Ecco la frase vincitrice: «Non potrò mai dimenticare Gary Cooper. Durante la rappresentazione di un suo film ho visto mia suocera piangere». È una frase spiritosa, ma nient'affatto specialissima. Gli americani hanno i loro gusti in fatto di humour: bisogna rispettarli. L'amenità della cosa sta invece in questo: che vincitore dei mille dollari risultò... Gary Cooper stesso. L'attore aveva partecipato al concorso con uno pseudonimo, cosi per ischerzo. Egli fece, poi, un gesto molto simpatico: spedii mille dollari alla bambina autrice della frase che sopra abbiamo riferito.
*** Alcuni mesi fa, dunque, quando venne lanciato Grand
H6tel, la Metro Goldwyn Mayer organizzò un concorso detto dei quattro sosia (qualcosa del genere si sta facendo in tutte le nazioni che hanno in visione la pellicola di Edmund Goulding). 81
Si trattava di trovare quattro persone in tutta l'America, che piu somigliassero rispettivamente agli interpreti principali del film, quindi a Greta Garbo, a Joan Crawford, a Lyonel Barrymore, a Wallace Beery: ai prescelti era assegnato un vistoso premio. Dopo alcuni giorni dalla pubblicazione del bando, cominciarono ad affluire a Cinelandia gli aspiranti-sosia. In maggior numero erano naturalmente le donne, anzi le Greta Garbo. Alcune giovani provinciali arrivavano piene di speranza, vestite come la svedese. E di alcune la commissione esaminatrice diede questo giudizio ameno: «Bocciata. Potremmo però scritturare il suo berretto basco che è identico a quello della diva>>. [Cinema Illustrazione, 16 dicembre 1931]
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Sul marciapiede
Vi mando due fotografie curiose. La loro storia è molto semplice: nel1927 si inaugurò un grande cinematografo a Culver City. Sull'asfalto ancora fresco del marciapiede i visitatori piu illustri vollero lasciare un ricordo: la loro firma e... le loro impronte. Invece di scrivere, come si usa in questi casi, i loro nomi su un gran registro, gli invitati alla première, all'inaugurazione, trovarono questo singolarissimo e americanissimo modo. n proprietario del cinema fece fotografare i pezzi del marciapiede su cui spiccavano le impronte piu ... celebri. E fece bene, poiché dopo qualche giorno il maciapiede fu ... rubato. Di notte, alcuni ignoti tifosi delle star di Cinelandia rubarono il pezzo di marciapiede che un milionario, giunto da New York, era disposto a comprare a un prezzo favoloso. Il fatto suscitò molto clamore e la fortuna di quel cinema fu fatta. [Cinema Illustrazione, 20 gennaio 1932]
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Il cuore di Wallace Beery
A proposito di Wallace Beery, l'ultima dà una prova del suo buon cuore. Egli ha adottato tre figli di una sua parente. Nel ruolo di padre, Wallace è straordinario, impagabile. Guardate un po' la realtà e la finzione, l'arte e la vita. Chi avrebbe immaginato in quel «Bug» che interpreta l'edizione americana di Carcere un cuore tenero come quello di un agnello? «Diffidate dei "buoni" sullo schermo - è solito dire Wallace- Charlot nella vita è una canaglia, come dimostrò quella volta che mi fece trovare nel letto due grossi topi, e sullo schermo è un angelo». W allace si lamenta perché è spesso la vittima degli scherzi degli amici. Recentemente gliene combinò uno Douglas Fairbanks: gli fece giungere un biglietto anonimo in cui lo si avvertiva che un suo nemico aveva deciso di avvelenarlo mediante i cibi. n povero wallace, che è un gran mangiatore, stette per due o tre giorni, cioè sino a quando non capi che si trattava di uno scherzo, senza osar mangiare che qualche sandwich che si preparava lui stesso. (Si vide il nostro Beery andare a far la spesa a fianco della sua donna di servizio).
[Cinema Illustrazione, 3 febbraio 1932]
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Il diario di Helen Twelvetrees. Diva terribile
In uno di quei prati che si distendono intorno alle ville di Hollywood, ombreggiati da gruppi di piante nane, le dive e i divi si recano spesso a passeggiare, a giocare a golf, a improvvisare degli ameni picnic. Poco tempo fa Greta Nissen, in compagnia dei suoi quattro pechinesi e di un signore russo, un principe russo decaduto, che fa da maggiordomo alla bella compatriota di Greta, trovò in mezzo all'erba un libriccino: un libriccino di cuoio, scritto a matita. Non portava firma alcuna, ma Greta Nissen riconobbe subito la calligrafia di Helen T welvetrees. La diva se lo lesse avidamente dalla prima all'ultima parola ... e la sera stessa lo restitui alla proprietaria. La quale ringraziò molto l'amica della cortesia e non riusci a nascondere il suo rurbamento esprimendo il timore che qualcun altro avesse conosciuto il tenore di quelle pagine. Ma che cosa aveva fatto Greta? Ne aveva fatte fotografare a una a una le pagine, e poi ne aveva data lettura ad alcuni amici intimi, e cioè a Myrna Loy, a Philips Holmes, a George Bancroft, a Linda Watkins, a Irene Purcell. La lettura era stata molto interessante: infatti quel libriccino era il diario segreto di Helen Twelvetrees, dove ella appuntava i suoi pareri e le sue schiette impressioni sulla vita e sulle persone di Cinelandia. Si venne a sapere cosi che sotto l'apparenza mite e angelica, Helen nascondeva un cervello terribilmente inquisitore, che i ritratti ch'ella faceva dei suoi colleghi erano veramente all'acido nitrico. 85
Ne riportiamo alcune pagine, nella loro precisa versione (voi vi stupirete sapendo che il diario andò poi per le mani di tutti e giunse anche nelle nostre- ma, leggendo il giudizio che Helen dà di Greta Nissen, capirete come la svedese non propalasse innocentemente il segreto di quelle pagine: infatti le donne sono vendicative, e figurarsi una diva che è una donna al cento per cento). Sotto la data del 28 agosto 1931 è scritto: «Anche stamane Richard Barthelmess mi ha fatto la corte. È un uomo insopportabile. Senza il cinematografo, questa enorme macchina delle illusioni, Richard sarebbe un gentleman noioso, non altro. Per lui il cinema non è stato una conquista, ma una fortuna ... ». Sotto la data 3 ottobre 1931: «Greta Nissen sembra bella, sembra brava, sembra intelligente ... ». Non avete mai letto un giudizio piu lapidario e piu feroce? Sotto la data 29 dicembre: . Infatti il17 maggio alle ore 9 non poche splendide automobili si fermarono davanti alla casa di Dorothy Jordan e ne scesero i piu illustri personaggi di Cinelandia. Dorothy faceva gli onori di casa con quella grazia e quella birichineria che le conoscete. Ma Bob non si vedeva. Ad un tratto si alzò Dorothy e disse: «Vi comunico che il fidanzamento tra me e Bob è rotto». Stupore generale. Ma tutti cercarono di non mostrarsi stupiti, naturalmente. A qualche amica Dorothy disse: «Il fidanzamento è stato rotto oggi nel pomeriggio. Egli voleva che non indossassi questo vestito che è fatto su modello diJean Remin, il disegnatore della Metro Goldwin Mayer. Bob è geloso diJean, ecco il fatto, e ciò mi sembra molto stupido». Alle 5 del mattino, quando l'alba dorava le dolci colline di Cinelandia, gli ospiti se ne andarono. Ci fu qualcuno che asseri di aver visto Bob con il cappello sugli occhi e il bavero rialzato ronzare nei pressi del giardino della villa. Dicerie. Però il giorno dopo Bob e Dorothy erano insieme sulla spiaggia di Santa Monica e J eanette Mac Donald ha giurato di aver udito con le proprie orecchie queste parole dette da Dorothy: «Ora che non siamo fidanzati, ti voglio piu bene». Queste donne! [Cinema Illustrazione, 22 giugno 1932] 104
Miriam Hopkins e ... i corsari
Non meno interessante è il fatto che ebbe per protagonista Miriam Hopkins. La biondina è una eccellente nuotatrice. Quando si vede un puntino rosso lontano lontano, tutti dicono: «Ecco Miriam che fa le gare con i pescicani». Miriam ha un cappellone di gomma rossa come le sue labbra. Un giorno, venti giorni fa, il mare, da calmo che era, divenne a poco a poco molto mosso. Nuvole in cielo, gabbiani che volavano rasente le acque, le vele che tornavano in rada; come rondini spaventate, anche le attrici, anche gli attori guadagnarono le loro capanne. «Miriam è sempre l'ultima ... » diceva Polly Moran guardando il mare con inquietudine. E l'inquietudine si propagò a tutta la colonia. Furono fatte le ricerche piu ansiose e minuziose, parecchie imbarcazioni si spinsero allargo: fu trovato soltanto il cappellino di gomma rossa. Il mare tornò calmo dopo poche ore, ma di Miriam nessuna notizia. Qualche sua amica pianse, Frederich March, che interpretò con lei per Mamoulian il film Doctor ]ekill e mister Hyde, aveva anche lui le lacrime agli occhi. Lew Avres, il giovanottino, restò sulla spiaggia tutta la notte, pallido e incapace a pronunciar parola. Il giorno dopo, quando già pareva ormai certissimo che una disgrazia aveva tolto alla vita la piu simpatica star di Hollywood, giungeva un telegramma da un piccolo posto vicino a Santa Monica. li telegramma diceva: «Ritornerò 105
domani. Saluti Hopkins». E il telegramma era indirizzato a Adolph Zukor della Paramount. Che cosa aveva fatto Miriam? Semplicemente questo: era salita sopra un battello di pesca diretto a Kannert, un piccolo porto distante venti miglia da Santa Monica. Miriam non si era preoccupata di non essere nel costume piu adatto per andare qua e là, ma il proprietario della barca era un giovane biondo e attraentissimo, con una fila di denti piu bianchi delle ali degli aironi. Miriam, invece di tornare sulla spiaggia, era salita a bordo, aveva stretto subito amicizia con il giovanottone e gli aveva detto: «Vi accompagno». Si può essere piu semplici di cosf, piu americani di cosf? A Kannert, Miriam si era rifornita di un abito e aveva trascorse altre ventiquattro ore con il suo corsaro, come lo chiamava. [Cinema Illustrazione, 6luglio 1932]
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I divi a Los Angeles
Appena un attore o un'attrice può, se la svigna per Los Angeles dove fervono i preparativi per le Olimpiadi. È straordinaria la familiarità, la camaraderie che si forma tra i divi del cinema e i divi del polo, del nuoto e degli altri sport. Ma se, per ragioni pubblicitarie, l'interessamento di Hollywood per le Olimpiadi è gradito, anzi ricercato, per certe ragioni è assai temuto. Nei primi tempi le stelle avevano libero ingresso durante gli allenamenti. Ora no, e per un fatto che ha messo il diavolo in corpo agli organizzatori. Anzi, per due fatti. Ecco il primo: i campioni della squadra di rugby sono agli ordini di mister Rikson, uomo di ferro. Alle 9 i campioni dovevano essere in albergo, alle 10 a letto. Ebbene, una sera Rikson, bussò alla porta di un suo poulain: nessuno rispose. Perché ... il poulain aveva preso il volo ... Non certo per la porta, dati gli ordini rigorosi impartiti da Rikson, bensi per la finestra. La ragione? Rikson trovò il giocatore al tabarin con la piccola Mary Carlyle, che è la piu grande tifosa di rugby ch'io conosca al mondo. Fu subito lanciato il grido: «Attenzione alle dive, esse ci rovinano i nostri campioni». Vennero le proteste da parte dei magnati di Hollywood, ma un nuovo clamoroso incidente rimetteva la questione sul tavolo: Bob Reamy, un ragazzo che, secondo i competenti, dovrebbe fare miracoli nei cento metri, era sparito con T ala Birell, la nuova bella donna, che si dice, batterà in breccia tutte le star. Allora i dirigenti delle Olimpiadi e i dirigenti di Hollywood, tocca107
ti negli interessi si associarono e diedero la caccia ai fuggiaschi. Furono sguinzagliate automobili, si mobilitò un vero esercito di detective, per tacere dei telegrammi, dei marconigrammi, delle telefonate che riempirono in quei giorni gli Stati Uniti. I due colombi erano invece in una casetta alla periferia di Los Angeles, quieti e felici, e furono scoperti perché una sera in un piccolo cinematografo dove essi si erano recati avvenne un furto che causò l'intervento della polizia, la quale si fece dare il nome di tutti gli spettatori. Un reporter informò immediatamente gli interessati, sicché due ore dopo quattro automobili rombanti si fermarono davanti alla villetta dei due reprobi. E dalli e dilli, T ala Birell tornò a Hollywood e Bob sulla pista. [Cinema Illustrazione, 20 luglio 1932]
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Trucchi del mestiere
Ma, a proposito, anche a Hollywood l'affare Baby-Lindbergh ha messo tutti sottosopra. Pare che i gangsters abbiano intenzione di fare un'azione in grande stile contro i divi, e precisamente contro i figli dei divi. Si vede che questi delinquenti attraversano, finanziariamente, un periodo critico e vogliono rinsanguare le loro cassette mediante qualche ricatto clamoroso. Del resto ricordate che non molto tempo fa vi furono dei timori per il figlio di Ann Harding, la deliziosa interprete di Ripudiata, e che a turno tutti i suoi compagni si prestarono a far di guardia alla sua casa. Ma ora la faccenda è complicata perché tutti i divi che hanno dei figli, da Harold Lloyd a Lawrence Tibbet, sono sul piede di guerra. L'altra notte un colpo di rivoltella, di cui non si seppe la causa, mise tutti sottosopra! Specialmente Marlene Dietrich si allarmò poiché aveva ricevuto al mattino stesso il solito biglietto minatorio: «Spedite l Omila dollari al seguente indirizzo o vi capiteranno dei guai». E il guaio, per chi ha dei figli, è appunto il ratto dei figli. Pare che Marlene si decida a rimandare la figlioletta in Europa, e che il suo esempio sia seguito da qualche altra, come Bebe Daniels, mammina fresca fresca, e Norma Shearer. Buster Keaton ha fatto diventare la sua casa un vero arsenale. Ci sono armi da tutte le parti, suonerie, e di notte fili spinati corsi dalla corrente elettrica. Tutto ciò a noi europei può parere un po' eccessivo, veramente americano, cioè arbitrariamente romantico. Ma 109
chi ha seguito le gesta dei banditi americani sa che essi hanno superato nella realtà le fantasie di Ponson du Terrai! o dei racconti di Fantomas. Un episodio avvenuto di recente a Cinelandia vi dimostrerà il coraggio e la inventiva di questi messeri. Davanti a un negozio di gioielli un giorno vi erano quattro loschi figuri ma erano loschi piu del necessario, cioè cosi visibilmente truccati da malviventi che capivi subito come si trattasse di comparse cinematografiche. Infatti a dieci passi vi era un operatore cinematografico con la sua brava macchina che prendeva la scena. Si era fermata un po' di gente a osservare. A un tratto i quattro entrano nel negozio: la macchina da presa continua a girare. Dopo cinque minuti ne escono con alcuni involti, montano su un'automobile e si allontanano insieme all'operatore. La scena era finita. Ma, dopo un po', un cliente entrato nel negozio trovava il proprietario legato e imbavagliato. Avete capito? Quei signori si erano truccati da ... banditi, ma erano banditi sul serio! [Cinema Illustrazione, 27 luglio 1932]
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Spiritismo
Costance Bennett fa dello spiritismo. Una volta al mese essa raduna in casa sua gli amici che si occupano dell'al di là. L'ultima seduta è stata dedicata allo spirito di Lon Chaney. Il messaggio del defunto è straordinariamente interessante, tanto che molti sospettano si tratti di un trucco. Non ditelo però alla Bennett, che tiene quasi quasi piu alle sue qualità medianiche che a quelle cinematografiche. Ma eccovi il testo del messaggio che Lon Chaney avrebbe comunicato ai suoi compagni mediante le gambe di un tavolino. «Cari amici siete tutti in decadenza. Bisogna morire a tempo, come ho fatto io, come ha fatto Lya de Putti, non sopravvivere alla propria sconfitta. Rodolfo Valentino, che io vedo qualche volta, è un giovane dio, un mito, perché è morto prima che una sola ruga deturpasse il suo volto, prima che il minimo appunto fosse fatto alla sua arte. Non vedete che sta salendo un esercito di giovani che oscurerà entro un anno il vostro nome? Ebbene, io vi dico che l'infelicità scenderà sulle vostre case. Gloria Swanson finirà nei teatri di legno di Coney Island, Greta Garbo s'innamorerà di un facchino e fra un anno abbandonerà lo schermo. Troppo tardi, perché già oggi la folla comincia a essere stanca di lei. «Ma non s'illudano nemmeno i giovani: quando il loro nome sarà nel pieno fulgore, avverrà una cosa nel mondo tecnico cinematografico che segnerà la fine del divismo. Il 1934 sarà il grande anno del cinematografo, ogni famiglia 111
avrà il suo apparecchio e l'arte avrà dei principi cosi nuovi e oggi impensati che Hollywood diventerà soltanto la meta di qualche pellegrino romantico. Hollywood sarà un cumulo di rovine e di ricordi su cui aleggeranno eterni gli spiriti nostri, cioè di coloro che hanno saputo morire in tempo». Come previsione, non c'è male. Aspettiamo il1934 per giudicare Lon Chaney come profeta, ora lo conosciamo come grande artista. [Cinema Illustrazione, 27 luglio 1932]
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Compleanno
Norma Shearer ha compiuto in questi giorni il ventottesimo anno. Le sono state fatte delle feste grandiose, organizzate in gran parte dal ... marito, che non ha pace se non fa pubblicità alla moglie e alla Casa della quale egli è uno dei capintesta. Ma la festa, quest'anno, ha avuto un intermezzo molto sgradevole. Fra i pacchi, i pacchetti, i pacchettini, ricevuti dall'attrice, ve n'era uno di dimensioni notevoli, legato da un nastro rosa. Dapprima furono messi in luce i doni dei dirigenti le varie case cinematrografiche, sempre accolti da lunghi applausi, infine si giunse al grosso involto. Apertolo, Norma impallidiva e restava senza parola. Suo marito si avvicinava, guardava, faceva il viso serio, chiudeva bruscamente la scatola e la consegnava a un servo dicendo: «Portatela via». Ripresero le danze, ma naturalmente era viva in tutti la curiosità di sapere cosa mai contenesse il misterioso involto da turbare la felicità dei coniugi Thalberg. Ma nessuno, altrettanto naturalmente, aveva il coraggio di chiedere notizia ai due ospiti. Noi siamo riusciti a sapere la verità da una donna di servizio che, però è stata licenziata ieri l'altro, appena dopo cioè che i Thalberg avevano saputo delle sue indiscrezioni · fatte ai giornalisti. Conteneva una statuetta in cera che figurava ... Jo an Crawford, con la scritta: «La piu grande diva del cinema a Norma Shearer con molti auguri». 113
Chi sarà stato? Certo uno al corrente della rivalità ogni giorno piu viva, tra le due attrici. E certo nonJoan Crawford: non solo perché essa è attualmente in Europa, ma anche perché J oan ha un'anima troppo buona e onesta per ricorrere a questi mezzucci. Come vedete, anche a Hollywood non san tutte rose: le dive hanno i loro dispiaceri, e che dispiaceri. Norma Shearer è restata chiusa in casa tre giorni, senza voler uscire dopo l'incidente di cui sopra. Molto bella Norma, ma molto esagerata. [Cinema Illustrazione, 27 luglio 1932]
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fredric March salvo per miracolo
Vi voglio raccontare di un pericolo corso da Fredric March qualche mese fa, allorché girava le prime scene di Doctor ]ekill e mister Hyde il film diretto da Mamoulian. La truccatura, quella del mostro, è un vero capolavoro e costò all'attore un mese di esperimenti. Il giorno in cui March e il suo direttore ne furono soddisfatti fu una gran festa alla Metro Goldwyn. March, però, volle fare una prova. Alla sera, senza dir niente a nessuno, se ne usci in automobile dallo stabilimento sotto le spoglie di mister Hyde, cioè del mostro. «Voglio recarmi- aveva pensato March -in casa di Constance Bennett, dove sono invitati a pranzo molti colleghi. Mi farò riconoscere immediatamente, ma dalla impressione che farò potrò dedurre veramente il grado di perfezione del mio travestimento». Dopo dieci minuti March scendeva davanti a casa Bennett. Il servo che gli apri fu incapace di articolare parola e solo quando March lo ebbe scosso ridendo e gridandogli: «Sono March, caro Tetter» (cosi si chiama il servo) costui tornò a respirare. March giunto davanti alla sala da pranzo, apri la porta di colpo e disse: «Buona sera, amici». Jeanette Mac Donald diede un urlo, mentre Clark Gable si alzava in piedi afferrando una bottiglia. Le due Bennet, Estelle Taylor, Raquel Torres, non avevano aperto bocca: erano rimaste con gli occhi sgranati, immobili come statue. Richard Dix, con una precipitazione forse eccessiva, estratta la rivoltella, ne sparò un colpo. Per fortu115
na March aveva visto il gesto e si era buttato in tempo per terra gridando: «Sono March», e nel contempo si era tolta la parrucca. Nuovi stupori e, finalmente, molte risate, congratulazioni eccetera. Ma March sudava freddo, aveva sentito il colpo di rivoltella sibilargli all'orecchio. [Cinema Illustrazione, 3 agosto 1932]
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Charles Farrell che cosa fa?
Che cosa fa Charles Farrell? Lavora. Lui e Virginia Valli si amano con lo stesso ardore dei primi giorni. La Fox ha intenzione di servirsi ancora per parecchi anni di questo attore e in nuovi ruoli, assolutamente diversi da quelli sostenuti sino ad ora. John Bertan, uno degli amministratori della Fox, dice però: «Questo ragazzo è troppo innamorato. n suo spirito s'intorpidisce. La sua esperienza ha bisogno di emozioni ben piu forti di quelle che gli fornisce la vita famigliare. Per farne quel tipo moderno di don giovanni che vorremmo noi, bisogna ch'egli commetta qualche peccatuccio, almeno. Tutte le donne gli stanno dietro e lui non si accorge che della sua Virginia, la quale è una vera Circe, cioè una donna che conosce la difficile (o facile) arte di far fare agli uomini quello che vogliono esse lasciando ai medesimi l'illusione di essere i padroni». Può darsi che il signor Bertan abbia ragione per ciò che riguarda la influenza della vita privata sull'arte dei divi, ma fatto sta che si è permesso di spingere la sua teoria nella pratica per il bene del cinematografo e della ... Fox, di creare dei grattacapi ai coniugi Farrell. n signor Bertan è giunto perfino al punto di mandare una lettera anonima a Virginia Valli denunciando un immaginario amore del marito con Claire Dodd, una bionda sulla quale si nutrono molte speranze. Ma i ristÙtati furono sorprendenti: perché l'affetto fra i due coniugi crebbe a vista. Allora Bertan provò a mettergli alle calcagna Eva Bitnis, una bwgara che ha 117
la fama di aver fatto girare la testa a mezza Hollywood. Eva Bitnis è a Cinelandia da due anni, e non può essere scritturata da nessuna casa perché le associazioni puritane di tutte le Americhe farebbero il diavolo a quattro se costei apparisse sullo schermo: infatti Eva, dopo due mesi dal suo sbarco a New York, era stata la protagonista di uno scandalo che aveva indignato la pubblica opinione Oa bulgara era uscita, di notte, nuda, da un tabarin, guidando una pariglia di ... uomini ubriachi e con questi aveva percorso un lungo tratto, sino a che un policeman l'aveva fermata e poi condotta assieme agli altri due, al fresco). Eva è bruna, ha il corpo di Marlene Dietrich, la bocca di Gwili Andre, gli occhi di Lupe Velez; conosce quattro lingue, balla a meraviglia e sa conversare con una verve che la maggior parte delle dive di Hollywood ignorano. Ebbene, Charles Farrell fu irremovibile: anzi, il risultato fu questo, che dalli e dalli, la bulgara si innamorò lei. Figuratevi che una volta Gharles l'aveva invitata a casa sua. «Ci siamo» avrà pensato il signor Bertan fra sé. Invece che cosa fece Charles Farrell? Fu gentile, un vero ospite di grande distinzione, ma ogni due minuti diceva alla sua amica: «Permettete?». E dava un bacio, o due, a Virginia. Eva se ne andò quella sera umiliata e con il cuore in fiamme. A Bertan essa disse: «Di quell'uomo potrete fare un santo, non certo un dongiovanni».
[Cinema Illustrazione, 3 agosto 1932]
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Harold Lloyd vuol correre
Harold Lloyd vuole correre la gara dei l 00 metri a Las Angeles. Fra gli iscritti, accanto a un centinaio di nomi, figura anche quello del comicissimo attore. Nessuno è riuscito, sino a ora, a distoglierlo dalla sua idea. «Ho fatto i cento metri in 10 secondi, e sono certo di fare meglio». Il mio amico William Haynes sorride e assicura la moglie di Harold che a tempo opportuno riuscirà a far desistere l'amico dalla sua fissazione. La moglie di Harold ha paura che gli strapazzi dell'allenamento nuocciano al marito, ma William Haynes ha confidato che Harold ha compiuto i l 00 metri in 15 secondi. «Sono stato io a dirgli la bugia, io che cronometravo, per non dargli un dispiacere. Ma ora sarò costretto a dirgli la verità». Povero Harold, egli già sognava di veder sui pennoni di Las Angeles la bandiera stellata per merito suo! [Cinema Illustrazione, lO agosto 1932]
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Come nelle pochades
A Dorothy Jordan è capitata una disavventura d'amore, un incidente sul lavoro, come si dice. Dorothy era corteggiata con un'insistenza sorprendente da Eddie Nugent, l'attore grande amico di Robert Montgomery. La diva un bel giorno cedette e diede un appuntamento al biondo Eddie. «Vi aspetto verso la mezzanotte a casa mia. Entrerete a un mio cenno». Questo era il tenore del biglietto inviato da Dorothy al giovanotto. n quale, da vero innamorato, giunse in anticipo e si mise a passeggiare nervosamente davanti alla casa. La casa di Dorothy è circondata da alti alberi sicché l'ombra l'avvolge da ogni parte. A un tratto Eddie vide a una finestra del pianterreno una forma bianca che agitava qualche cosa, un fazzoletto, un velo, uno straccio. n nostro Eddie si precipitò verso il suo fantasma d'amore come un bracco sulla selvaggina: un minuto dopo la finestra si richiudeva silenziosamente. Mezz'ora dopo si sentivano delle urla in casa Jordan. «Mascalzone, imbecille, vi faccio arrestare ... ». E si vedeva un uomo scavalcare la finestra e darsela a gambe scomparendo tra gli alberi. Che cosa era avvenuto? Un equivoco degno della piu amena pochade: la donna di servizio di Dorothy aspettava il suo amante, come al solito, e da lontano aveva scambiato lui per Eddie. Eddie, al segnale, era accorso e, dopo i primi abbracci, accesa la luce, accortisi entrambi dei qui pro quo non si erano messi a gridare ma avevano accettato ... lo stato di fatto (la cameriera di Dorothy è forse la piu bella 120
cameriera delle dive). Però, dopo un quarto d'ora, avveniva per forza l'altro equivoco, cioè Dorothy si trovava tra le braccia dell'amante della sua cameriera anziché tra quelle di Eddie. Perciò gli strilli, le urla. Il giorno appresso Eddie ne faceva una piu grossa. Scriveva un biglietto a Dorothy esattamente cosi: «Ieri sera sono venuto all'appuntamento. Ma, caso curioso, invece di voi ho visto un uomo uscire dalla finestra per la quale dovevo entrare io. Avevate forse sbagliato l'indirizzo?». Ma l'avventura non è tutta qui. I dispiaceri per Dorothy non erano finiti: infatti la sua cameriera le dava ... gli otto giorni perché assunta con un ottimo salario dal signor ... Eddie Nugent. [Cinema Illustrazione, 17 agosto 1932]
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Charlot contro Gloria Swanson
Continua l'affluenza del mondo di Cinelandia allo stadio di Los Angeles. Appena hanno un momento libero, divi e dive si precipitano ad assistere alle gare che ora si susseguono con un ritmo ininterrotto. Ciascuno ha il suo «protetto»: Douglas, per esempio, punta sulla schermitrice Mayer, Harold Lloyd, che ha rinunciato a fare il podista, considera come soddisfazione personale la vittoria di Tolan nei cento metri. «Gli ho detto- ci confida Harolddi toccarsi la fronte tre volte con il pollice prima della partenza- è un segno magico- ecco perché ha vinto». Marian Marsh ha preso una piccola cotta per il nostro Beccali e il giorno della vittoria gli ha mandato un mazzo di fiori... americano, cioè cosi grande che non entrava nel piccolo uscio della villetta dell'atleta. Gli schermitori sono oggetto di particolari attenzioni da parte di Costance Bennett che ha baciato il nostro Marzi quando è stato proclamato campione olimpionico. Vi è stata una scommessa fortissima tra Charlie Chaplin e Gloria Swanson circa i risultati della gara di lotta grecoromana, pesi medi, Swensonn e Fillinen. Credo che la posta sia stata di 10.000 dollari. La Swanson è una «tifosa» di questo sport e se ne intende perfettamente. Charlie Chaplin invece è contento ogniqualvolta può dimostrare alla sua illustre amica che essa ha torto, costi ançhe 10.000 dollari. Come a quest'ora saprete, la gara fu vinta da Swensonn, lo svedese, e Gloria che aveva puntato il dito sul finlandese, Fillinen, ha perso la somma. Ma ora vi dirò che 122
cosa aveva fatto Gloria pur di vincere: cose che si possono perdonare solo a una donna, specialmente se famosa come la diva piu divorziata di Hollywood. Gloria aveva mandato un biglieto a Swensonn invitandolo ad una gita in automobile. Figuratevi il gigante! Eludendo la rigorosa sorveglianza dei suoi connazionali aveva raggiunto la diva, la quale, sapendo che il giorno dopo si svolgeva la gara, sperava di distrarre, diciamo cosi, l'atleta dal suo allenamento. Gloria portò Swensonn nella sua villa e, simile a Circe, lo attorniava di mille delicatezze e gli offriva liquori e cibi prelibati. Per caso, capitò Greta Garbo a visitare l'amica, e Greta appena vide Swensonn, suo connazionale, gli stese la mano e gli disse: «Se volete fare un regalo alla vostra piccola connazionale, domani dovete vincere ...». E Swensonn, rinsavito di colpo, si alzava, si congedava bruscamente e lasciava Gloria prima che i suoi malefici avessero potuto infiacchire i suoi muscoli. I malefici, non pensate male, sarebbero stati, poi, vini e cibi. Ma alla vigilia di una contesa severa come quella olimpionica il piu piccolo disordine fisico può compromettere la vittoria. Povera Gloria! Pagò i 10.000 dollari a Charlie Chaplin con le lacrime agli occhi, non certo per la somma, ma per il dispetto di ... aver avuto torto. Suo marito, Michael Farmer, pare che abbia detto a Charlot: «Lasciatela in pace, caro Chaplin, altrimenti divorzierà prima del tempo stabilito. Quando è di cattivo umore non fa che dire: "Divorzierò, divorzierò". Niente di grave, lo so bene, ma ora che abbiamo una figlia ci terrei alla pace in famiglia almeno per un anno». [Cinema Illustrazione, 17 agosto 1932]
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Gli abiti di Zorro
Come tutti sanno, Douglas Fairbanks si è fornito di abiti in Italia, precisamente in una sartoria di Roma. A Hollywood Douglas ha fatto un figurone sfoggiando a un ricevimento in casa Mayer il suo frack di fattura italiana. Ma un grande dolore doveva colpire il nostro Zorro: una sera, rientrando da un ballo con la sua Mary, trovava l'abitazione sottosopra per una visita dei soliti ignoti. nprimo pensiero dei due celebri coniugi fu, naturalmente, per il loro forziere, dove sono custoditi i piu bei gioielli di Cinelandia. Niente: il forziere era intatto. Sapete che cosa avevano portato via i ladri? Gli abiti di Douglas, soltanto gli abiti. La polizia fece le indagini e non riusd a scoprire nulla. Solo un mese fa Douglas riceveva un misterioso involto: i suoi abiti di ritorno. n mistero diventava piu fitto. Ma il caso doveva mettere Douglas sulla buona pista: un signore con un frac identico al suo. «Da che sarto vi servite?» «Da Kalmann, a Los Angeles». Una rapida inchiesta, condotta dallo stesso Douglas, metteva in luce ogni cosa: Kalmann aveva pagato un mariuolo affinché rubasse a Douglas i vestiti per copiarne il modello! Douglas non denunciò il sarto alla polizia, ma gli fece scrivere una lettera di scuse al sarto italiano. [Cinema Illustrazione, 17 agosto 1932] 124
Anche a Cinelandia vi sono i funghi
Si sa che una delle piu cordiali abitudini di Hollywood è quella dei regali fra i divi. Come dicemmo un'altra volta, la Dressler ha la mania di regalare agli amici i dolci confezionati da lei stessa; invece Douglas junior manda quadretti, disegni, e Dorothy Mackaill fa dei cappellini che sono un amore e non c'è diva di Hollywood che non ne abbia indossato uno. Giorgio O'Brien vive molto isolato, ma se, quando caccia o quando pesca, ha fortuna, non dimentica mai Lewis Stone. Giorni fa anche Clara Bow riceveva da Sally Eilers un cesto di funghi. Clara Bow è molto golosa, ha un appetito eccezionale e tutti ricordano d'averla vista piangere dirottamente, al tempo della lite con la sua segretaria, in un ristorante di Los Angeles: ma con una mano si asciugava gli occhi, con l'altra portava alla bocca gli ottimi pasticcini alla frutta che le stavano davanti. Ma continuiamo nel racconto. Appena Clara ricevette il dono, Rex Bellle disse: «Invitiamo a cena qualche amico ... ». Rex Beli non è soltanto il marito di Clara, ma ne è anche il tutore. Egli fa il possibile per attutire le angolosità del carattere di sua moglie, per farlo tornare gradito in quel mondo da cui un anno fa essa si era ritirata con il proposito di non piu tornarvi. I due coniugi fecero subito l'elenco: Joan Marsh, Dolores del Rio, Wallace Beery, Bebe Daniels e Ben Lyon, Tom Mix, Adolfo Menjou e qualche altro. Ma alla sera una grande sorpresa aspettava Clara Bow: fra gli invitati c'era nientemeno che Lupe Ve125
lez, la sua nemica. Che cosa aveva fatto Rex Bell? D' accordo con Adolfo Menjou e con Haat Gibson, egli aveva pensato di rappacificare le due tenaci rivali, proprio quella sera. Lupe dapprima si era impuntata, non voleva, ma un diplomatico della forza di Menjou riesce a piegare ben altri caratteri. Infatti riusciva a portar seco Lupita. «Ti presento la signorina Lupe Velez» disse sorridendo Rex Bell a Clara. Dopo un minuto le due donne erano l'una nelle braccia dell'altra. Il pranzo fu lietissimo. Clara e Lupe scherzarono continuamente tra loro, si giurarono di restare amiche per l'eternità. La notizia dell'avvenuta riconciliazione si era già sparsa in tutta Hollywood e allo champagne erano presenti anche i due Barrymore, la Dietrich, Will Hays, la suprema autorità di Cinelandia, Irving Thalberg, gran magnate della Metro, Adolph Zukor, Harold Lloyd, Colleen Moore, ecc. Alle due di notte le bottiglie di champagne continuavano ad allinearsi l'una vicino all'altra. Ad un tratto Menjou impallidisce, sembra che svenga: accusa dei forti dolori al ventre. Un minuto dopo anche Bebe Daniels. Tutti si guardano sorpresi. «l funghi, i funghi ... » grida Ben Lyon. Lupe Velez dà un urlo degno d'una tragedia. Anche lei si sente male, il capo le gira, le gambe non la reggono ... Il panico diventa generale ... Tutti salgono nelle macchine e via all'ospedale. Lupe Velez lungo la strada gridava come un'ossessa: «Tradimento, tradimento». E con parole convulse spiegava a Lyonel Barrymore che aveva notato che Oara Bow non aveva mangiato funghi mentre aveva insistito che lei, Lupe, ne prendesse fin due volte. Secondo Lupe, quello era stato un banchetto per mezzo del quale Clara voleva sbarazzarsi di lei. All'ospedale il medico riscontrò che soltanto Menjou stava poco bene. Gli altri erano semplicemente suggestionati. Menjou, poi, stava male perché aveva bevuto durante il pasto del vino gelato, cosa che può fermare la digestione anche ai divi. Ahimè, il banchetto, cominciato bene, fipi male. Infatti Clara Bow che aveva udito le parole di Lupe non la volle 126
scusare; anzi per poco non le si scagliava addosso. Cosi le due rivali sono ancora rivali. Poco male, tutto questo gioverà alla loro pubblicità. [Cinema Illustrazione, 7 settembre 1932]
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Che cosa pensano i bambini di Hollywood
I giornali americani continuano a fare inchieste su inchieste che riguardano il cinematografo nei suoi variissimi aspetti. E si capisce perché: essi hanno tutto l'interesse a tener viva l'attenzione del pubblico per un'industria che, malgrado la crisi, riesce ancora a fare affluire molto oro a Wall Street. Non molto tempo fa furono interrogate le donne di servizio da una rivista newyorkese sul tema: «Quale attore vi piace di piu?» Perché poi le donne di servizio? «Attraverso il loro parere- ha detto il direttore della rivista - noi conosciamo anche quello dei loro padroni, degli amici dei loro padroni ... ». Questa supposizione è molto problematica. Ma la piu curiosa e divertente delle inchieste è senza dubbio quella fatta tra i bambini delle scuole americane. Sono venute alle luce certi giudizi cosi ameni e cosi precisi nella loro ingenuità da far tremare le vene e i polsi degli attori e delle attrici che ne furono l' oggetto. Gli interrogatori ammontano esattamente a centomila (dai sette ai dodici anni) e le risposte singolari, comunque degne di nota, furono circa un migliaio e quasi tutte dello Stato di New York, dove si è dimostrato che i bambini frequentano il cinematografo con maggior intensità che altrove. Per i nostri lettori traduciamo alcuni di quei pareri infantili, quelli secondo noi piu curiosi. E chissà che dopo non venga voglia a qualcuno di promuovere una tale inchiesta anche in Italia. 128
Una bambina di 11 anni ha scritto precisamente cosi: «Joan Crawford è molto bella, ma i suoi occhi sono troppo grandi. Sembra che li tenga aperti anche quando dorme per paura che le si rimpiccioliscano». Breve, ma pieno di humour. Un'altra: «A mio cugino piace tanto Norma Shearer. Mio cugino ha quindici anni, ma è un bambino. Io gli ho fatto vedere che a star bene attento si capisce che Norma ha le gambe un po' storte. Lui non vuol sapere niente, dice che diventerà un eroe per sposare Norma Shearer. Però anch'io la preferisco alla Garbo che sembra stia sempre poco bene». Un bambino: «Mi diverto molto quando c'è Douglas e Tom Mix e Charlot, mi arrabbio quando si baciano, perché penso al papà e alla mamma che non si baciano mai e per questo si vede che non saranno mai attori, come piacerebbe a me». Un altro: «Sono stato a vedere Shanghai-Express con il papà e la mamma. Alla mamma piaceva molto l'attore e al papà l'attrice. Quando sono tornati a casa hanno ragionato un po', poi si sono picchiati. Io avevo detto che mi portassero a vedere Charlot, ma loro mi hanno detto che Charlot fa solo ridere». [Cinema Illustrazione, 14 settembre 1932]
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Recentissime
Wallace Beery ha adottato tre o quattro figli. La sua casa, che prima era la piu quieta di Hollywood, ora è la piu animata. Wallace, dopo il lavoro nello studio, si precipita a casa dove giuoca con i suoi nuovi bambini. Tutta Hollywood, tutta Los Angeles, sanno questo: e W allace è celebre anche per il suo grande cuore paterno. Ma ciò ha i suoi inconvenienti: per qualche tempo non c'è stata settimana in cui non capitasse al buon W alla ce di trovare sulla soglia di casa sua ... dei neonati. Le madri, invece di portare le loro creature alla Maternità, le portavano a ... Wallace Beery, certe che sarebbero cresciute meglio con un signore cosi generoso e cosi ricco. Ma W allace disse: «Sino a quattro ci arrivo. Per ora basta. Vedremo in seguito». E portava il neonato alla police dopo avergli messo tra le fasce un chèque di alcune centinaia di dollari. Ci fu anche chi combinò un tiro speciale a Wallace: un povero diavolo si fece prestare, se cosi si può dire, da un suo amico, uno dei suoi figli, il piu piccolo, e lo portò sulla soglia di casa Beery proprio un minuto prima che questi rincasasse. Wallace fece come al solito. Dopo un'ora si presentava alla Maternità quel povero diavolo a ritirare il bambino e ... lo chèque. Sul buon cuore di Wallace Beery se ne raccontano parecchie. Egli, che è un uomo pieno di spirito e di talento, non riesce piu a raccapezzarsi quando si tratta del bene del prossimo e lascia parlare solo il sentimento: 130
tanto che non pochi imbroglioni hanno speculato su questa tenerezza di cuore. [Cinema Illustrazione, 12 ottobre 1932]
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Il bagno di latte di Claudette Colbert
Chi non conosce Cecil De Mille? I nostri lettori ricorderanno, per esempio, Il re dei re. Quando c'è da fare grande, molto grande, ecco salta fuori Cecil, che può considerarsi uno dei piu vecchi direttori dello schermo. Questa volta la Paramount vuole mettere in scena una specie di Quo Vadis? che con l'esperienza e i mezzi tecnici moderni dovrebbe diventare quanto di piu spettacoloso si sia mai visto in tema di film storici. Naturalmente l'incarico è stato dato al De Mìlle che ha scelto subito un titolo molto simbolico: Sotto il segno della croce. Nerone sarà Charles Laughton, e vi assicuro che il volto di questo ottimo attore è di quelli che non si desiderano di vedere di notte nelle strade solitarie. Ma ora non vogliamo né farvi la storia del film né parlarvi degli interpreti o dello scenario. Volevamo raccontarvi un episodio assai carino, ecco tutto. Una parte importante sarà sostenuta da Claudette Colbert, la Francesina. Incredibile, ma Hollywood sa fare questo e altro: l'esile moderna figurina che ammiraste ne L'allegro tenente coprirà il ruolo di ... matrona romana. E dicono le prime fotografie che ci sta a meraviglia. Dunque, Claudette, alias Poppea, farà il bagno mattutino in una vasca piena di latte di asina: come vuole la storia. Cecil De Mille che tiene al reale sin dove è possibile e anche oltre, volle che la vasca fosse piena di vero latte, se non di asina, almeno di mucca. E la cosa non era sgradita a Claudette che, dovendosi ripetere la ripresa della scena, in parecchie volte, si faceva cosi un delizioso quanto raro bagno. «Ci guadagnerà la mia 132
pelle» diceva la diva. Fatto sta che tutte le mattine arrivavano allo studio dieci bidoni di latte: 100 litri, da travasare nella vasca. Capitò che un mattino, essendo Cecil De Mille indisposto, non si girò la scena. Allora l'amministrazione del reparto C della Pararnount passò i bidoni del latte al ristorante Paramount perché se ne servisse in qualche modo. E il ristorante se ne servi realmente. Ma che cosa accadde? Quello non era latte! n fornitore, imbroglione, sapendo lo scopo cui serviva la merce, aveva composto una miscela di acqua, farina, magnesia. Lascio nella penna la descrizione di alcune scenette molto curiose che avvennero quella volta fra i divi clienti del ristorante. [Cinema Illustrazione, 9 novembre 1932]
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Tutto per l'amore
Miriam Hopkins ha una volontà di ferro: allegra, cordiale, quando s'impunta non la smuove nemmeno Will Hays, l'eminenza grigia di Hollywood, che ha fama di riuscire ad ammansire con la sua autorità e con il suo tatto anche le dive piu bisbetiche di laggiu. Miriam entrò un giorno, per caso, in un ristorante di Sunset Boulevard. Doveva mangiare in fretta, perché doveva trovarsi alle due con Rouben Mamoulian, il famoso direttore, per intendersi con lui circa un nuovo film. - Presto cameriere, prestissimo ... - ordinò la diva. n cameriere, un giovanotto molto simpatico, perdeva piu tempo a guardarla che a servirla. La diva, irritata, lo apostrofò con male parole. Il cameriere non si scompose: abbozzò un sorriso ironico e continuò a servire la diva con la stessa imperturbabile calma. Allora Miriam gettò sul tavolo due dollari e si allontanò indignata. Credete che l'episodio finisse li? Miriam non dormi neppure la notte pensando a quel cameriere che l'aveva trattata come una cliente qualsiasi. «Mascalzone - diceva fra sé. - Peccato, perché è un bel ragazzo ... ». Il giorno dopo Miriam comperava il ristorante Wilson che era appunto quello in cui era avvenuta la scena. Cinquantamila dollari! - Vi date agli affari? -le aveva chiesto Mamoulian. 134
-No, no- aveva risposto la diva.- Voglio solo licenziare un cameriere. Infatti il primo atto della nuova proprietaria fu quello di licenziare il giovane cameriere che si era mostrato con lei un po' irriverente. Il giorno dopo la diva faceva inserire sulla Hollywood Gazette un annuncio in cui cercava un autista: il suo era scappato con la cuoca. Ebbene, fra i postulanti si presentava ... il cameriere. Il quale non seppe pur egli nascondere la sua sorpresa quando si trovò davanti alla bionda cliente o meglio alla sua padrona. - Va bene, vi assumo ... - decise Miriam. E il nuovo autista, dopo appena tre giorni diventava direttore del ristorante Wilson. - Ho fatto questo per non innamorarmi sul serio. Spesi 50.000 dollari spinta dal desiderio di vendicarmi: mi accorsi che il giovanotto mi piaceva, e allora per liberarmi dalla suggestione non mi restava a fare che una cosa: beneficarlo. E l'ho fatto. Ora la situazione non è piu romantica, come prima. Noi dive, lo capite, possiamo innamorarci di un cameriere, mai di un direttore di ristorante che guadagna cinquanta dollari al giorno. [Cinema Illustrazione, 7 dicembre 1932]
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Erich von Stroheim è sempre quello
Erich von Stroheim se non fosse celebre come attore e come direttore lo sarebbe come uomo strano. Non passa mese che Hollywood risuoni di qualche sua straordinaria stravaganza. Giorni fa si è messo alla finestra del suo albergo, nell'ora in cui il traffico era maggiore, e si è messo a lanciare dollari di carta in istrada. Fu un subito sfarfallfo che dapprima si credette uno dei consueti lanci di manifestini pubblicitari, ma che poi, svelatosi per quel che veramente era, generò tra i passanti un can can indescrivibile. Vi furono perfino tre feriti, fortunatamente non gravi. - È una scena - ha detto Stroheim a chi gli ha chiesto spiegazioni - che devo mettere in un mio film. Soltanto la realtà poteva istruirmi. - Ma potevate rifarvi sull'esempio di A me la libertà, gli rispose un amico - dove appunto c'è una scena del genere ... -No, no, in René Clair la verità è sempre amabilmente contraffatta, mentre io voglio, come sempre, mantenermi nel piu crudo realismo. Stroheim è un uomo che rischia anche la pelle per documentarsi. Infatti, bisogna risalire a non molto tempo addietro per trovare un episodio non meno clamoroso del precedente: Erich von Stroheim in un caffè di Las Angeles sparava tre colpi di rivoltella a salve provocando intorno a sé il panico che immaginate. «Non avevo mai visto dei volti terrorizzati se non ateatro o al cinematografo, cioè artificiosamente terrorizzati. 136
Ora ho visto e me ne servirò: la vita è meravigliosa non meno dell'arte, solo che bisogna saper scegliere e creare le emoztom ... ». [Cinema Illustrazione, 14 dicembre 1932]
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È pericoloso far l'amore con un dentista
Si racconta un fatterello accaduto a due coniugi celebri a Cinelandia e nel mondo - ma non si fanno i nomi anche se si lascia il modo ai piu perspicaci di identificare i protagonisti della storiella. Lui è geloso in un modo folle: è il terzo marito della diva. Ella vorrebbe divorziare da lui, ma non osa perché teme di compromettere la sua carriera artistica dato che il marito è un pezzo grosso della pellicola. Ella sa che suo marito è un uomo capace di compiere uno di quei gesti che sembrano un privilegio dei temperamenti meridionali, ma che talvolta sono compiuti anche sulle rive dei mari del nord. Insomma, la diva ha paura. Ma è donna, quindi non riesce a dominare i propri istinti, tanto che non ha saputo resistere alla corte del dottor X, dentista notissimo di Los Angeles. Un giorno la diva viene sorpresa dal marito mentre esce dalla casa del dentista. Scena muta. Visi pallidi. Occhi feroci. Per la prima volta in vita sua la diva ha paura, si confonde e dice: «Sono andata a farmi levare un dente, soffrivo atrocemente ... ». Il marito si placa. Ma a casa la gelosia lo riprende e dice: «Fammi vedere, voglio essere sicuro che non mi hai mentito ... ». Qui la donna ritrova il suo sangue freddo, la sua fierezza, e dice: «No, tesoro, c'è una voragine nera, nera, brutta, e io non voglio che tu assista a uno spettacolo cosi poco elegante ... ». Lui insiste, lei insiste. Non c'è una via di mezzo per evitare la tragedia. E la diva con voce dolce esclama accarez138
zandolo: «Domani, quando la ferita si sarà un po' rimarginata. Sii ragionevole ... ». Il marito è ragionevole. Aspetterà il domani. Capisce che in fondo, è una prova di delicatezza, di buon gusto che gli chiede la moglie. Non si rifiuta, dunque. Aspetterà ben volentieri le 24 ore. E il giorno dopo, al mattino, la diva si precipita dal suo amante non già per un convegno d'amore, bensi per farsi levare un dente. E tre ore dopo si presenta al marito con la guancia gonfia. «Strano, mi si è gonfiata solo oggi...» dice. Il marito la bacia, dopo aver fatto ... il sopralluogo, mormorando: «Avevi ragione, io sono un uomo detestabile ... ». Dal che si vede, care lettrici, che avere per amante un dentista è pieno di pericoli. Ma sarà sempre peggio aver per amante un chirurgo in questi casi. [Cinema Illustrazione, 14 dicembre 1932]
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Due cuori felici, ovvero le automobili conducono lontano
Abbiamo avuto il concorso delle automobili, anzi due concorsi: quello dell'automobile piu strana e quello dell'automobile piu lussuosa. Il primo vinto da Buster Keaton, il secondo da Constance Bennett. L'esito ha costituito per il mondo cinematografico di Hollywood una grande sorpresa. Infatti, sino all'ultimo momento tutti davano per certa la vittoria diJune Vlasek, recente acquisto della Fox, per l'automobile piu strana, la vittoria di Robert Montgomery per l'automobile piu lussuosa. Gli amici che avevano viste le due macchine avevano scommesso forti· cifre a favore di Robert eJune. Immaginatevi il disappunto di gran parte del pubblico quando si accorse che i due giovani divi avevano dichiarato forfait. Anzi, non avevano fatto sapere niente di loro, non s'erano nemmeno presentati nei paraggi. Che cos'era accaduto? Avviandosi con le rispettive vetture verso il luogo destinato dalla giuria, i due si erano incontrati e tra loro si era svolto un dialogo di cui riferiremo il piu fedelmente possibile le parole. - Buon giorno, Robert ... -Buon giorno,June ... - Non datevi delle arie con la vostra ricca limousine ... - Voi vincerete il primo premio soltanto se vi lasciate dare, prima un bacio da me ... - E voi soltanto se avrete preso un solenne schiaffo da me ... - Va bene, ecco ... A questo punto bisogna descrivere la scena. Le due 140
macchine si fermano. Bob scende, sale su quella diJune: si ode il rumore di un bacio seguito subito dopo da quello di uno schiaffo. Pausa. Si ode il rumore di un secondo bacio cui non segue il rumore di un secondo schiaffo. Pausa brevissima. Silenzio assoluto. Evidentemente vi sono anche dei baci col silenziatore. Un'ora dopo la ricca limousine portava via i due colombi sulla strada asfaltata di Miami, a parecchi chilometri dal luogo dove stavano sfilando le macchine dei concorrenti. Dopo di che non sembreranno esagerate le voci correnti intorno a un matrimonio Montgomery-Vlasek. [Cinema Illustrazione, 21 dicembre 1932]
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Dimmi come ti diverti e ti dirò chi sei
Lo storico futuro della vita di Hollywood dovrà sfogliare i resoconti delle feste svoltesi nelle case dei divi se vorrà ricostruime con esattezza il carattere. «Dimmi come ti diverti e ti dirò chi sei ... ». Questo modo di dire, infatti, vale specialmente a Hollyw9od dove si lavora esemplarmente ma dove ci si diverte con altrettanto fervore. Per esempio, dai ricevimenti di Marie Dressler, casalinghi, sereni, non farete fatica a individuare la mentalità dell'ospite. Ve li immaginate i ricevimenti di William Haynes? Pieni di sorprese umoristiche. Quelli di Marion Davies rivelano l'estro dell'attrice: all'ultimo, i nostri lettori ricorderanno alcune fotografie apparse in «Cinema illustrazione», parteciparono tutti gli attori vestiti ... da bambini. Vi è, naturalmente, una vera e propria gara fra i divi che non tralasciano nessun mezzo a loro disposizione per farsi della pubblicità clamorosa. Infatti, i giornali americani mandano a queste feste hollywoodiane inviati speciali come al Congresso di Washington o alle Olimpiadi. Chi ha fatto stupire anche i giornalisti, gente non facile alla meraviglia, è stato recentemente Fredric March. Questo giovane, salito rapidamente alla fama, ha speso una cifra favolosa per sbalordire, con il suo primo ricevimento ufficiale (perché i divi dànno ricevimenti solo quando sono tali, cioè abbiano avuto una definitiva consacrazione). Sua moglie lo ha coadiuvato egregiamente: essa è una donna piena di buon gusto, d'inventiva, e straordinariamente innamorata di suo marito. Anch'essa ha i suoi meri142
ti nella fortuna di Fredric, poiché ebbe sempre una cieca fiducia nel suo awenire e lo sorresse spiritualmente nei momenti piu difficili. Da una coppia cosi felice non possono nascere, quindi, che delle idee felici: e felicissima è stata l'idea di far partecipare i colleghi in costume ottocentesco. Vi mando alcune splendide fotografie nelle quali ammirerete la truccatura perfetta di Robert Montgomery nei panni di un vecchio signore del Massachuset con a fianco la sua nipotina (nella realtà, sua moglie); Kay Francis e Fay Wray, l'una piu spiritosa dell'altra, Jetta Goudal con una pettinatura e un décolleté che fa ricordare le prime care fotografie color seppia formato gabinetto, Norma Shearer e il marito Irving Thalberg nel costume di giovani sposi in vacanza come sulle copertine delle riviste inglesi del tempo; Mary Pickford, giovanetta ricca di campagna che si reca per la prima volta in città, con gli occhioni ingenui spalancati davanti al vestito serico di Frances Dee, bella ed elegante come le protagoniste dei romanzi d'allora. Non ho potuto prendere la fotografia di Constance Bennett perché non stava ferma un minuto: era un vestito nero, da amazzone, come Leila Hyams, tutta in rosso. Enorme successo ottenne Edmund Lowe che entrò nel salone sopra ... una vecchia automobile Ford. La sorpresa forte della serata fu quando si spalancò una grande tenda e tutti questi nostri improwisati antenati si trovarono davanti al piu moderno tabarino che si possa immaginare: jazz, barman, girls. Ero molto curioso di vedere danzare al ritmo della rumba quei distinti personaggi che parevano fatti apposta per il languido valzer. li contrasto fra il nuovo e l'antico era accentuato dai camerieri, alcuni vestiti futuristicamente, altri con i bianchi favoriti posticci e il frac. Un'altra sorpresa, che fu dawero una emozione, ebbe luogo a mezzanotte in punto: a un tratto si spensero le luci. Tutti pensarono fosse un guasto, ma quando si udi un grido, poi un altro, e un altro ancora, gridi di spavento, la cosa pareva volgesse al tragico. In America molte cose belle sono possibili, ma anche molte cose brutte: era forse un assalto dei banditi? Ma dopo un minuto le luci si accesero: molte dive erano pallide, smarrite, altre mormoravano: «l 143
miei gioielli, i miei gioielli ... ». Si constatò subito che a nessuna erano stati tolti i gioielli, anzi tutte avevano un gioiello in piu: un anellino al dito, di platino con rubino. Era il regalo che Fredric Marche consorte facevano agli invitati; un regalo all'americana, un assalto al buio non per togliere, ma per donare. E finalmente si passò al buffet dove troneggiava una grande torta su cui era disegnato con zucchero e canditi nientemeno che la faccia ridente del dottor Jekill. Jimmy Durante, il nuovo comico della Metro, si sedette a un tavolo ben fornito di ogni ben di Dio, e non si mosse piu sino all'alba. Anzi, all'alba non si mosse da solo, poiché due servi lo trasportarono sulla sua automobile. Molto applaudita fu la rappresentazione, di un'oretta, cui presero parte nientemeno che Ramon Novarro, George Bancroft,Janet Gaynor, Corinne Griffith, Paul Lukas, i due Barrymore. Essa si svolse sopra un palcoscenico di piccole dimensioni ma attrezzato come i piu perfetti di New York. Fu recitata una commediola di Elissa Landi in cui erano amabilmente presi in giro gli alti papaveri del mondo industriale cinematografico. Anzi, vi erano alcune battute tanto piccanti che Mister Goldwyn, dopo lo spettacolo disse: «Graziosa la commedia. Peccato che mi siano sfuggite alcune battute ... Ero troppo distante dal palcoscenico ...». Cioè Mister Goldwyn aveva creduto piu opportuno fingere di ... non aver sentito. Lo spettacolo fu rallegrato anche da un altro particolare, Ramon Novarro non sapeva la propria parte. E il buon Wallace Beery, che faceva da suggeritore, si affannava cosi caldamente ad aiutarlo che ogni tanto si vedeva la sua enorme figura spuntare di tra le quinte con il volto acceso: figuratevi con quale successo di ilarità. E Ramon, di botto, nel bel mezzo di una scena, non sapendo piu continuare, ebbe un'idea ... alla Lubitsch: si mise a cantare le sue canzonette. Lo stupore fu grande, specie da parte di Elissa che vedeva il successo del suo lavoro compromesso, ma tutto fini in una risata. Alle due in punto tre stanze se ne andarono. Non spa144
Iancate gli occhi, ripeto, tre stanze se ne andarono. Un esercito di macchinisti, vestiti da diavoli, fece irruzione nella casa, e in un battibaleno pareti e pavimenti delle tre stanze sparirono sostituiti da altre pareti. E apparve cosi una splendida piscina,. fosforescente di luci, tutta circondata da cabine eleganti: nelle quali si precipitarono i divi e ne uscirono dopo cinque minuti in costume da bagno. Sprizzi e spruzzi, gare di nuoto con esclusione di J ohnny Weissmiiller, tuffi, gridetti di spavento, Joan Marsh che cerca di «far bere» Gary Cooper, Lupe Velez che tira i capelli a George Raft e, finalmente, da una conca esce un enorme cigno che si apre e presenta agli invitati la piu sorprendente fantasmagoria di vivande e bibite. Si fece uno spuntino in acqua, tutti si rivestirono rapidamente e furono riprese le danze che vennero caratterizzate da un formidabile pestone dato da Wallace Beery alla dolce Anna Harding. All'alba ciascuno tornò alla propria casa felice e inneggiante a Roosevelt, il neo-presidente che sta abolendo il proibizionismo. Ma i divi erano stati suoi precursori: in ognuna di queste feste il proibizionismo è abolito. [Cinema Illustrazione, 18 gennaio 1933]
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L'amore e un contratto
Appena i divi hanno un po' di vacanza, scappano a Lake Placid, regno degli sport invernali. Là incontrerete Dolores Del Rio, Gloria Swanson e suo marito,John Gilbert e Virginia Bruce, J oan Blondell, N ancy Carroll, Gary Cooper, ecc. Gary Cooper v'è, anzi, da un mese e pare che non abbia intenzione di tornarsene al lavoro. Affari di cuore, dicono. Lo si vede roteare sul ghiaccio in compagnia di una bionda canadese campionessa di pattinaggio... Visto che Gary non si decide a riprendere il servizio, la Paramount ha avuto una trovata: spedendo là una truppa di operatori e un direttore per fare a tamburo battente un film invernale con Gary eroe, pattinatore, sciatore e innamorato. «Lasciatemi fare l'amore in pace», ha detto Gary. «Certo- gli avrebbe risposto il direttore - voi agite come se noi non ci fossimo. Ci penserò io, seguendovi con discrezione, a far girare la macchina nei momenti opportuni. Vedrete, Gary, sarà questo, vostro malgrado, il capolavoro ... ». Gary ha finito per cedere. Tutto ciò vi sembrerà paradossale, ma è tipicamente a1:11ericano. E ancor piu americano è quanto si senti sussurrare una sera Gary dalla bionda canadese mentre la luna inargentava le immense distese bianche di Lake Placid, mentre le chiedeva un bacio: «Gary, abbiamo girato già mille metri di pellicola, e non mi avete ancora fatto firmare il contratto con la casa ... ». [Cinema Illustrazione, 24 gennaio 1933] 146
Martus tra i divi
Martus, il celebre ipnotizzat'ore, il cosiddetto fenomeno del secolo, ha fatto la sua capatina a Hollywood. Invitato da Bebe Daniels e da Ben Lyon, suo marito, egli ha offerto uno spettacolo amenissimo alla presenza di molti divi. Tutti si prestarono volentieri per gli esperimenti di Martus, da Weissmiiller a Lew Cody, da Marion Davies a Elissa Landi. La parte piu divertente della serata fu quella riservata alla trasmissione del pensiero. E avvenne un fatterello che fece sbellicare dalle risa tutti gli invitati. Voi sapete come si procede: si scrive su un foglietto di carta ciò che si vuoi far eseguire al medium, poi, guidandolo con il pensiero e tenendolo per una mano, lo si segue mentre compie tutti gli atti che avete fissati. Ebbene Gilbert Roland, il divo ricciuto, quando fu la sua volta ordinò al medium un'azione tutt'altro che straordinaria. Si vide, infatti, il medium avvicinarsi a Neil Hamilton, togliergli la penna stilografica dal taschino e metterla in quello di Gilbert Roland. «Potevate pensare qualcosa di piu complicato», gli obiettò il medium. «No, no- rispose Gilbert -l'ho fatto per farmi restituire la mia penna stilografica da Neil, che se n'era evidentemente dimenticato». Figuratevi l'ilarità dei presenti. [Cinema Illustrazione, 24 gennaio 1933]
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Le belle donne e la beneficenza
Cinquanta ragazze dell'aristocrazia californiana si so n messe in testa di fare della beneficenza. All'udire la notizia, i poveri della zona hanno avuto un brivido. Le ragazze, pensa, pensa, han trovato il modo. Brillante, non c'è che dire. Si son fatte scritturare come comparse da una casa cinematografica, ed hanno accettato una paga di 10 dollari al giorno, che versano alla ]unior League /or Charity. Dunque 500 dollari al giorno a beneficio dei poveri e 500 dollari tolti a cinquanta povere ragazze che esercitano, per sfamarsi, la professione di comparse, con la segreta speranza, magari di fare carriera. Chi ci ha guadagnato son state la casa cinematografica ed una sartoria elegante presso la quale le cinquanta eredi dei milioni californiani hanno acquistato abiti da sera per cento dollari l'uno, non contente degli abiti che passava loro la casa. [Cinema Illustrazione, 28 marzo 1934]
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La fine del mondo
J ohn Gilbert ha nel cassetto una commedia da tre anni. Si deciderà a farla rappresentare? Egli teme che il giudizio del pubblico e della critica non sarebbe oggi nei suoi riguardi spassionato in quanto che la sua fama di divo influirebbe sulle opinioni pro e contro. Siccome egli conta di ritirarsi presto da Cinelandia, l'attesa non sarà lunga. Intanto possiamo dirvi qualche cosa lo stesso sul lavoro diJohn, traducendovi le piccanti confidenze da lui fatte aJoe Blescoe, suo amico e reporter della rivista mondana The man. Il titolo della commedia sarebbe La fine del mondo e in essa si vorrebbero mostrare le trasformazioni degli animi umani davanti alla morte, al pericolo imminente della morte. La scena si svolge a Hollywood, in un «set» di una grande casa cinematografica. Mentre si sta girando una scena cui partecipano alcuni dei piu importanti assi dello schermo, e altri illustri personaggi stanno assistendo, il cielo si illumina straordinariamente: sta per verificarsi ciò che uno scienziato aveva previsto e che nessuno aveva voluto credere, cioè la fine del mondo. Dal momento in cui tutti credono stia per verificarsi il terribile fatto, alla fine del terzo atto in cui invece il cielo si placa e l'incubo scompare, e si torna a udire il cinguettio degli uccelli, il murmure dei fiumi, la serena onda armonica delle preghiere e dei ringraziamenti a Dio, il mondo artificiale di Hollywood, sottoposto a questo comune esperimento, rivela tutta la sua impalcatura fradicia e frivola. Tutto ciò che pareva splendente ed eterno, al contatto del gelo della fine, sbia149
disce e mostra i suoi vizi e i suoi difetti: una vera radioscopia, insomma, fatta in condizioni singolari ma profondamente favorevoli, dato che soltanto davanti all'ineluttabile gli uomini mostrano la loro vera faccia. Come vedete, un lavoro pieno di pensiero, ma che avrà successo non tanto per i suoi lati filosofici, che del resto non sono del tutto inediti, quanto per l'elemento scandalistico e satirico che trapela qua e là. Gli eroi di questo viaggio sin sulla soglia della morte sono stati colti dal vero e forse sono riconoscibili tra essi Greta Garbo, Joan Crawford, Marlene Dietrich, Jeanette Mac Donald e i due Barrymore, Clark Gable, Maurice Chevalier, Will Hays, despota di Cinelandia, il signor Meyer, Adolph Zukor, e in penombra Charlie Chaplin, che ha trovato nel lavoro la parte del coro, cioè colui che commenta le azioni apparendo di quando in quando vestito da angelo a fare il controcanto nelle dispute o nelle risse dei personaggi che aspettano sul set l'ultima ora. Molto riuscita, pure, la puntata contro Marlene e Greta, le quali prima di morire assumono atteggiamenti decadenti, da romanzo d'appendice, come nei loro film, a differenza di Lilian Gish, l'attrice spirituale, che si aggira tra gli uomini, diventati bambini, nell'orrore dell'imminente catastrofe, accarezzandoli come una piccola madre. Da quel poco che vi ho detto avrete capito che non a torto aspettano la