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Italian Pages 192 Year 2021
LIA DE MARTIN
Corporis animique Le ricette di una visionaria Prefazione di Massimo Donà
GEA Sapere, terra, cibo Collana diretta da: Massimo Donà, Giulio Goria, Giampaolo Gravina, Giacomo Petrarca.
Della stessa collana: 1. Rossi A., Ragionar come un pesce; 2. De Martin L., Corporis animique.
Gea
Collana diretta da
Massimo Donà, Giulio Goria, Giampaolo Gravina, Giacomo Petrarca
Gea | Sapere, terra, cibo 2
Lia De Martin
Corporis Animique Le ricette di una visionaria
Prologo di Toni Toniato Introduzione di Massimo Donà
© 2021, INSCHIBBOLETH EDIZIONI, Roma. Proprietà letteraria riservata di Inschibboleth società cooperativa, via G. Macchi, 94 – 00133 – Roma www.inschibbolethedizioni.com e-mail: [email protected] Gea ISSN: 2723-908X n. 2 – gennaio 2021 ISBN – Edizione cartacea: 978-88-5529-065-4 ISBN – Ebook: 978-88-5529-066-1 Copertina e Grafica: Ufficio grafico Inschibboleth Immagine di copertina: Prima di copertina: La polenta di Lia, Il re e la regina nel loro regno. Aletta posteriore: Foto di gruppo con Piero Coda e gli amici dell’Istituto Universitario Sophia. Fotografie di Massimo Donà. Le fotografie all’interno del volume fanno parte dell’Archivio De Martin.
Un grazie di cuore a due persone che mi hanno aiutato tantissimo a compilare questo ricettario: Donatella Fantin e Anna Brown. Senza di loro, molto probabilmente, queste pagine non avrebbero mai visto la luce. Un ringraziamento particolare a Giacomo Petrarca, Antonio Branca e Nicola Cirulli, per aver contribuito alla messa a punto del volume. Lia De Martin
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Prologo di Toni Toniato
Che il cibo sia un bisogno e insieme un piacere – naturalmente altrettanto primari se non ugualmente vitali – è il motivo che ha occupato in maniera totalizzante l’interesse, non soltanto conoscitivo, di ogni settore della storia e della cultura dell’uomo. Le più diverse discipline ne hanno fatto oggetto, reale o metaforico, delle proprie investigazioni, ma esso resta, per la molteplicità dei valori e significati che è venuto nel tempo a rivestire e a rappresentare, un argomento, comunque, inesauribile e di assoluta, permanente attualità. Cibo come nutrimento, allora, non solo del corpo ma anche dello spirito, come espressione e simbolo della vita, sia di quella materiale che di quella interiore; come strumento altrettanto indispensabile della convivenza sociale e come testimonianza, a sua
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volta non meno significativa, dell’identità di un popolo, di un territorio, di un nucleo famigliare. Del resto, l’importanza della sua complessa funzione si radica e affonda ben oltre le esigenze biologiche e alimentari, per cui è sempre stata questione tematizzata e declinata al centro di ogni necessità o di ogni desiderio del sapere: dalla religione alla filosofia, dalla botanica alla chimica, dall’antropologia alla psicologia, dalla sociologia all’economia, dalla mitologia alle moderne neuroscienze. E facendosi di continuo materia e immagine altresì di straordinarie rappresentazioni nella pittura e nella letteratura, nella fotografia e nel cinema. Ciò è accaduto sin dai primordi, ossia dai graffiti rupestri sul tema della caccia all’Ultima Cena di Leonardo, dal Simposio di Platone alle puntuali descrizioni dei Banchetti romani di Petronio, dalle figurazioni delle stagioni in mirabili affreschi medioevali alle straordinarie Nature morte del Caravaggio, dalle Icone gastronomiche di Warhol alle realistiche Installazioni culinarie di Spoerri, dalla Grande Abbuffata di Ferreri a Il Pranzo di Babette di Axel. Sterminati sono i riferimenti che si potrebbero fare, specie nell’attuale fase storica marcatamente contrassegnata dal globalizzante dominio
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dell’impero mediatico, in cui anche il cibo – l’industria del cibo – è divenuto questione di speculazioni e derive modaiole e dove, anche da noi, qualsiasi massaia o cuoco può vanitosamente assurgere oramai al rango di un Pellegrino Artusi o ritenersi addirittura tale. E proprio per questo frenetico andazzo non è stato facile riuscire a convincere l’autrice, Lia De Martin, a pubblicare le sue vecchie ricette di cucina, le stesse che poi hanno accompagnato e corroborato le fervorose vicissitudini del Clan Verdurin, un sodalizio culturale nato nella sua casa, a San Pietro di Feletto, alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. Un gruppetto di conviviali formato, agli inizi, da alcuni notabili locali – il medico, il fattore, il notaio, il farmacista –, non tutti nativi, ma ugualmente innamorati del paese che fu inoltre un’antica ma importante via di attraversamento, e tuttora noto principalmente per la venerata pieve medioevale che sulla facciata raffigura una grande immagine del Cristo della Domenica, mentre all’interno è decorata da stupendi affreschi neogiotteschi. Un paese composto di piccoli borghi contadini che mantengono ancora adesso il nome delle originarie comunità famigliari, praticamente edificati o, meglio, che sembrano quasi elevati per adagiarsi
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linearmente, in parallela successione, lungo un leggero dorsale tra le dolci colline della Marca Gioiosa nella provincia, appunto, di Treviso. Nessuno allora avrebbe potuto immaginare che la casa di Lia e di Flaminio De Martin – gli ispiratori di quel ristretto cenacolo – sarebbe diventata ben presto un luogo visitato e frequentato da personaggi illustri del mondo intellettuale, da letterati e filosofi, da artisti e critici, da editori e storici, da musicisti e attori, da registi e cantanti. Scorrendo infatti l’elenco delle firme sul libro degli ospiti – dalle prime riunioni del Clan sino a oggi – possiamo notare quelle di Soldati e Chiara, di Moravia e Pasolini, di Piovene e Neri Pozza, di Guidi e Santomaso, di Bo e Apollonio, di De Sica e Fellini, di Consagra e Dorazio, di Einaudi, di Parise e Bartolini, di Gatto e Luzi, di Zanzotto e Ruffilli, di Messina e Vedova, di Maderna e Gracis, di Sonego e Mazzotti, di Dalla Corte e Giacomini, di Mazzariol e Brusatin, di Gnoli e Coda, di Mondadori e Roncalli. Una lista alquanto ragguardevole, ma solo esemplificativa, poiché non viene, di fatto, a riferire e documentare la presenza dei tanti artisti e scrittori, più o meno allora famosi, che vi sono transitati sia come assidui frequentatori sia come
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ospiti di passaggio, attratti anche dalla singolare atmosfera paesaggistica e culturale che si respirava in quell’ambiente, dove i coniugi De Martin continuavano a escogitare, in modo tanto generoso quanto infaticabile, nuove manifestazioni letterarie e artistiche. Per cui la loro residenza e le attività del Clan furono ben presto giustamente conosciute e apprezzate anche a livello nazionale, anzi esse diventarono un punto di riferimento e un’occasione immancabile di incontri e feconde relazioni tra artisti provenienti da ogni angolo d’Italia. Tra gli amici si sapeva inoltre che i De Martin professavano un intimo, ma attivo sentimento religioso, e che si erano sempre impegnati, con dedizione e generosità, per supportare e migliorare lo sviluppo della comunità locale, propugnando già a quel tempo un rigoroso rispetto per l’ambiente e le antiche tradizioni, coltivando ancora con costante entusiasmo l’amore per il lavoro nei campi, ma anche manifestando una intensa passione per la bellezza e per ogni forma di creatività, accesi da un impulso, non meno per loro sacro, a fornire possibilmente un qualche valido sostegno a quel bisogno di armonia che di per sé esige l’inestricabile rapporto fra coltura e cultura, tra natura e uomo.
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Così in vecchiaia si sono talvolta dovuti spartire i compiti che prima assolvevano regolarmente assieme. Flaminio De Martin si occupava e si occupa ancora dell’orto e della vigna, Lia della casa e della cucina, ma anche di intessere e di mantenere le relazioni con gli scrittori e gli artisti, viaggiando con immutata curiosità per visitare mostre e studi e a scoprire giovani talenti da promuovere e sostenere. La storia di queste numerose ricette è quindi legata alla storia della famiglia De Martin e a quella del Clan Verdurin: intitolazione che non tanto sottende un’immediata assonanza con il cognome dei fondatori, bensì esplicita in maniera inequivocabile la loro ammirazione per il mondo narrativo di Proust. Dunque, per gli associati di questo amichevole consorzio, sorto all’insegna di una grande, conviviale allegria, la padrona di casa, dopo ogni riunione e per ogni manifestazione organizzata in loco, si impegnava, infatti, ai fornelli per ristorare loro e i partecipanti che spesso superavano svariate decine. Per di più, i componenti del Clan erano ottimi buongustai e alquanto esigenti, bramosi di provare nuove pietanze, il che imponeva a Lia di inventare ulteriori ricette, mai scordando la tipica tradizione della cucina trevigiana e in particolare quella
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della propria famiglia d’origine, parimenti basate sulla stagionalità e sulla genuinità dei prodotti che erano da lei solitamente raccolti dal suo orto e dalla campagna circostante. Una tradizione che Lia ha continuato ad aggiornare, sperimentando combinazioni diverse, introducendo altri ingredienti, seguendo, in ogni caso, non diversi principi di naturalezza e semplicità. Una cucina, la sua, per nulla sofisticata, tutt’altro che molecolare, forse neppure gourmet, ma nondimeno originale e gustosamente deliziosa. La lingua del cibo, come si sa, è materna, e si tramanda di generazione in generazione, quasi sempre per via femminile, anche se oggi, in cucina, senza la patente di pluristellato chef difficilmente si riscuoterebbe una meritevole attenzione e tanto meno il privilegio di una consacrazione pubblica; ciò nonostante, il manuale gastronomico che Lia fornisce con la presente edizione può vantare ugualmente una giustificata e innegabile qualità per l’armonioso concerto di sapori e di odori, in quanto ogni sua proposta culinaria, sperimentata in quella ormai storica agape, rifonde tradizione e modernità, anzi spinge la modernità a riscoprire fruttuosamente la tradizione. Sulla base di una tale esigenza, che spiega anche il suo fervente interesse per ogni aspetto
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della conoscenza, intesa proprio come cibo per la mente – il sostentamento che nutre le diverse forme della cultura –, si giunge a capire e legittimare il suo non poter fare a meno di condividere e supportare tante e diverse esperienze della creatività contemporanea. Probabilmente le ricette proposte non entrerebbero nelle ambiziose e mirate preferenze di qualche pranzo luculliano o di qualche cena pantagruelica, troppo modeste e salutari per invitare a godere di eccessi, se non di vere e proprie orge gastronomiche. Le fonti dei programmi di cucina a cui Lia si richiama sono quelle delle mense contadine, spesso fin troppo povere nella scelta obbligata degli alimenti, ma non per questo prive di rimpianti, balsamici sapori; non a caso, vi è un ritorno a simili piatti anche da parte delle classi più abbienti. Jacques Attali, famoso economista e storico francese, nel suo volume Cibo. Una storia glo bale dalle origini al futuro, recentemente pubblicato anche in Italia, annota infatti che: «Noi non siamo altro che il prodotto di ciò che mangiamo, beviamo, sentiamo, vediamo, leggiamo, tocchiamo, annusiamo, percepiamo». A sua volta, il filosofo Salvatore Veca, lo studioso che ha coordinato il comitato scientifico per l’Expo, a
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Milano, nel 2015 – dove il cibo e il basilare problema della biodiversità, come inoltre la cura e la disponibilità del cibo nel mondo, sono stati il filo conduttore di una straordinaria e spettacolare assise internazionale –, sostiene una concezione pressoché analoga, tanto che, intervistato a quel tempo, si è spinto, provocatoriamente, ma non senza una motivazione rigorosamente logica, a parafrasare e a rovesciare il celebre asserto cartesiano riaffermando un principio fondamentale e vitale: «Mangio, dunque sono». Sulla stessa impostazione si è mosso, nelle sue varie ricerche storiche sul cibo, uno dei nostri maggiori etnologi, Marino Niola, il quale valuta le operazioni alchemiche e tecniche in cucina come una forma d’arte, palestra quotidiana di un’espressività fortemente personalizzata, destinata a fornire non solo sensazioni gustative, ma anche a creare e suscitare, se possibile, imprevedibili e intense emozioni. Il ricettario di Lia comporta, pur nella semplicità delle formulazioni che ha tratto dalle sue esperienze di amorosa vestale della propria famiglia – impegnata poi anche al desco e alla tavolata dei pranzi o delle cene per il Clan Verdurin –, un significato ulteriore, poiché allo stesso tempo rappresenta e racconta anzitutto un luogo, un
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ambiente, una storia, una casa dove la convivialità rivestiva e riveste, oggi come ieri, un valore umano e sociale tuttora raro. È così che il cibo e la cucina riescono a trasformare anche la tavola in un momento di piacere e di cultura.
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Introduzione di Massimo Donà
Quando la vita ci regala incontri straordinari, e a loro modo magici, tutto sembra mettersi in ordine, tutto sembra acquisire finalmente un senso; ecco quel che mi è capitato dopo aver conosciuto Lia e Flaminio De Martin. Due veri e propri dioscuri (forse anche loro figli di Zeus?) della bellezza e della poesia, dell’amicizia e della convivialità. Dopo averli conosciuti (non ricordo più quando), tutto ha acquisito finalmente un senso! Le cose meno chiare si sono illuminate di nuova luce; perché Flaminio e Lia mi hanno fatto comprendere che basta saperle vedere per il verso giusto, le cose, e allora possono diventare tutte delle irresistibili fonti di bellezza e pienezza incomparabili. Lia e Flaminio mi hanno consentito di fare esperienza del fatto che, davanti a un buon bicchiere di vino, a delle saporite fette di formaggio,
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e magari anche a del buon salame o dell’ottima soppressa, si ragiona meglio; ci si confida e si toccano le questioni più vere, si sogna, si immagina il paradiso, e se ne riconoscono i colori e i contorni in ogni cosa di questo mondo. In ogni amico, in ogni paesaggio, in ogni scambio di opinioni, in ogni finanche animata discussione. Lia e Flaminio hanno finito per disegnare, con la loro semplice esistenza, un’oasi entro i cui confini qualsivoglia pellegrino sa di poter riprendere il respiro; un’oasi aperta a tutti gli artisti, i poeti e gli scrittori; ma anche a tutti gli amanti dell’arte e della bellezza. Me li ha fatti conoscere Toni Toniato; che è stato per me un vero e proprio Maestro. Che mi ha reso partecipe dei segreti dell’arte moderna e contemporanea, introducendomi nelle pieghe delle sue più segrete vicissitudini, per insegnarmi a decifrarne le spesso intricate geometrie. E gli sarò sempre grato, anche per avermi introdotto in questa vera e propria casa della gioia; dove Flaminio, con il suo inconfondibile aplomb, la sua ironia e i suoi baffetti da personaggio proustiano, e Lia, con la sua verve, la sua simpatia, la sua operosa e mai stanca progettualità, ma soprattutto con la sua sovrumana arte culinaria, hanno incantato tutti: scrittori, attori,
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registi, scultori, pittori, critici d’arte, giornalisti, filosofi. Che non hanno potuto fare a meno di tornare (non appena se ne fosse presentata l’occasione) in questo paese delle meraviglie, sito in via Pianale 61, a Santa Maria di Feletto. Di tornarvi ogni volta che gli impegni e le varie occupazioni lo avessero consentito. Dando vita a una vera e propria famiglia allargata. Tra i dolci declivi delle colline del Feletto, tra i filari delle vigne che abbondano in questa zona di mezzo, tra il mare Adriatico e le Alpi, Lia e Flaminio hanno organizzato presentazioni di libri, premi letterari, mostre di pittura, ecc. ecc. Per me e per molti altri amici sono stati anni intensi, costellati di stimolanti simposi, di estasianti appuntamenti enogastronomici e insieme culturali. Sì, perché tra le stanze di quella casa affacciata sui vigneti del Feletto si sono avvicendati e spesso incontrati alcuni tra i più grandi protagonisti della letteratura, dell’arte e della filosofia del nostro tempo. Alla tavola di casa De Martin – un vero e proprio cenacolo culturale – si sono seduti, nel corso degli ultimi cinquanta/ sessanta anni, di volta in volta, scrittori, poeti, artisti, registi, attori, filosofi, ecc. ecc. Sull’esperienza di questa irresistibile coppia di animatori culturali (instancabili promotori di premi, mo-
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stre, pubblicazioni, performances, ecc. ecc.) è stata scritta addirittura una tesi di laurea, presentata di recente a Ca’ Foscari. Insomma, la loro casa incantata, collocata nel cuore di un vero e proprio paradiso terrestre (le dolci ma irregolari colline del Feletto), è stata frequentata da Alberto Moravia, Mario Soldati, Goffredo Parise, Mario Luzi, Andrea Zanzotto, Toni Cibotto, Carlo Bo, Claudio Magris, Mario Stefani e Carlo Della Corte, ma anche da Pietro Consagra, Giulio Turcato, Piero Dorazio, Alberto Sordi, Walter Chiari, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Federico Fellini, Stefania Sandrelli, Ornella Vanoni e Bobby Solo. E poi da Lina Wertmüller e Rodolfo Sonego, Lionello Puppi, Toni Toniato, Vittorio Sgarbi e Stefano Zecchi, ma anche da Bepi Mazzariol, Manlio Brusatin e Antonio Gnoli. Ma anche da un teologo del calibro di Piero Coda. E da molti, molti altri. Il nome del Clan è stato suggerito ai coniugi De Martin da uno dei figli di Andrea Zanzotto, pensando alla Recherche proustiana. Una cosa, comunque, è certa; e lo ricordano, ogni volta che vanno a mangiare da Flaminio e Lia De Martin, sia Toni Toniato che Michele
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Zaggia: i piatti cucinati da Lia sono una delizia tanto per la gola quanto per la mente! Ecco perché abbiamo insistito affinché Lia si decidesse a scrivere questo ricettario: sicuri che nei suoi piatti il lettore avrebbe saputo riconoscere il riflesso, più o meno velato, degli ospiti a cui quasi ognuno di essi è stato amorevolmente dedicato. Ma anche – cosa non meno importante – affinché una grande tradizione, come quella della cucina veneta, potesse venire resa nota e tramandata ai posteri anche nell’estrosa interpretazione che, della medesima, è sempre stata offerta ai suoi ospiti da una instancabile e appassionata Lia De Martin, unica e insostituibile regina del Clan Verdurin.
Wolfgang Amadeus Mozart e Lorenzo Da Ponte (librettista del Don Giovanni, ecc.) Mangiavano a Refrontolo, nell’Antica Osteria al Forno di Piol Mario, faraona o fagiano con Marzemino di collina.
Polidoro Igi (regista, sceneggiatore, attore) Asparagi bianchi di Bassano Li cucinava lui perché dovevano bollire prima in acqua salata per tre quarti d’ora, con uova sode fresche del contadino fatte a pezzi e condite con olio, sale e pepe. Intingere l’asparago nell’uovo.
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La storia
Nel 2012 Oliviero Pillon ha pubblicato una “informatissima” storia del Clan Verdurin, resa possibile dal patrocinio della Regione del Veneto e dalla provincia di Treviso (si intitola “Il Clan Verdurin” chez De Martin di San Pietro di Feletto. Gli anni, gli eventi, i protagonisti di un esclusivo cenacolo culturale). Da questo volume ci permettiamo di estrapolare le seguenti pagine.
Questa è la storia di una piccola famiglia di fedeli dell’arte e della letteratura che da anni si ritrova nel Clan Verdurin. Una famiglia spontanea, libera e disinteressata che crede nella propria vocazione e obbedisce soltanto al codice della partecipazione e dell’onestà intellettuale. In trent’anni gli incontri si sono ripetuti senza momenti di stanchezza e di incertezza. Basta leggere questa storia per capire quale sia stata la vera strada della comunicazione,
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quale la legge naturale dei rapporti fondati sulla libertà del cuore e dello spirito. Una bella storia delle segrete virtù della provincia italiana anima ta dalla passione pura e semplice della Sig.ra Lia e di Flaminio De Martin… È il testo di un appunto dattiloscritto di Carlo Bo, uno dei Presidenti del Clan Verdurin, quasi l’essenziale premessa di quella straordinaria avventura e storia che è iniziata in casa De Martin a Santa Maria di Feletto, in anni più lontani e molto prima che le venisse attribuito il nome di un clan reso famoso da Proust… Dove ora c’è lo studio-biblioteca, un tempo c’era un negozio di generi alimentari che Flaminio ha continuato a gestire con Lia, che sposò nel 1955. Gestivano anche un distributore di benzina appena fuori di casa, sulla strada provinciale per San Pietro e Treviso. Flaminio si guarda attorno pensoso, quasi voglia meglio raccogliere e ordinare, dentro di sé, le molte cose che ha intenzione di raccontare. La sua, per tutto il racconto, è una nostalgia controllata, priva di sentimentalismi, ma tutta animata dalla volontà di ricostruire personaggi e avvenimenti e dalla compiaciuta consapevolezza di essere stato parte di fatti e vicende che lo stanno ancora ri-
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pagando; e con lui, la moglie Lia. Mi parla subito di Giulio Segurini, un uomo straordinario, colto; un intellettuale attento e sensibile. Segurini viveva a Venezia, dove aveva trasferito da tempo la sua residenza, ma ritornava spesso a Santa Maria di Feletto a trovare i suoi, che abitavano proprio nella casa che sta ancora a fianco di quella dei Verdurin. Con lui arrivarono poi, e ogni volta sempre più innamorati del posto, anche altri Veneziani che non erano turisti qualsiasi, ma pittori già affermati e famosi o sulla strada per esserlo: Fioravante Seibezzi, Carlo Della Zorza, Juti Ravenna, Renzo Zanutto. Poi Vedova, Guidi, Bergamini, Licata, Pizzinato… Queste dolcissime colline incantarono questi pittori lagunari che spesso erano invitati a dipingere e, attraverso loro, la cultura moderna penetrò nel Feletto. A tutti questi, si aggregò anche Sandro Zanotto, un poeta. «Giulio Segurini ci affascinò – dice Flaminio –. Iniziò me e Lia all’arte, al gusto del bello e della poesia». Dopo qualche anno… Flaminio e Lia hanno deciso di chiudere bottega (il negozio di generi alimentari) e di aprire le porte all’amicizia. Il risultato della loro scelta, alquanto rischiosa dal punto di vista economico, è stata la nascita di un Club che nel nome della gastronomia, o, meglio,
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del mangiare all’antica, ha richiamato tutti gli appassionati di cose d’arte alla ricerca di un angolo in cui riparare la sera, quando la malinconia bussa alla porta. Ricorda Lia: Non volevamo che la nostra casa diventasse un ri storante o un albergo e quindi decidemmo di crea re un fondo per far fronte alle inevitabili spese e per evitare che ricadessero tutte su di noi. Così, un po’ alla volta, ci accorgemmo che avevamo messo su una specie di club di gente amica; un clan, e che questo clan aveva bisogno di una diversa struttu ra organizzativa e di un nome; di un nome che ci convincesse… Ne discutemmo per intere serate, giocando su nomi, idee e le più svariate proposte, non sapendo come battezzarlo. Poi, alla fine del 1979, la soluzione arrivò. Improvvisa, felicemente appropriata e condivisa. Gianmaria Zanzotto, figlio di Andrea, stava leg gendo Proust. Un giorno capitò qui da noi e trion fante disse che la nostra associazione si sarebbe chiamata “Verdurin”. Fu un nome giocosamente azzeccato. Tutti ne furono subito convinti: nessun nome fu mai così adeguato e pertinente.
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Sembrò magnifico a tutti. C’erano garbo e iro nia in quel nome, proprio quello che cercavamo. Così lo abbiamo adottato, anche se correvamo il rischio, un po’ alla volta, di perdere il nostro. In fatti, da anni, non si dice più, come si diceva una volta, “Andiamo dai De Martin”. Adesso si dice: “Andiamo dai Verdurin!”. Constata, non senza soddisfazione, Lia De Martin, che poi precisa: Noi abbiamo sempre evitato di farci pubblicità. Per questo il nostro Club non è famoso. Abbiamo sempre voluto che restasse una piccola chicca, esente da contaminazioni politiche e da business. Non abbiamo mai usato biglietti di invito per le nostre serate: semplicemente ci si telefonava co me fanno gli amici, perché è questo che siamo, e abbiamo accettato, artisticamente, solo ciò che ci piaceva e ci piace… (O. Pillon, “Il Clan Verdurin” chez De Martin di San Pietro di Feletto. Gli anni, gli eventi, i protagonisti di un esclusivo cenacolo culturale, Stamperia, Provincia di Treviso 2012, pp. 27-33).
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Perché Mario Luzi a San Pietro di Feletto
Una delle massime voci della poesia contemporanea è sicuramente quella di Mario Luzi. Assieme ad Andrea Zanzotto, infatti, il poeta toscano – ultimo discendente di una straordinaria tradizione, che ha fatto di una regione, che è stata la stessa di Dante, la terra d’elezione della poesia italiana – rappresenta una delle ormai rarissime espressioni del “canto” attraverso cui l’umanità avrebbe di volta in volta cercato di esprimere la più alta consapevolezza della propria insuperabile finitezza, nonché di una condizione irredimibilmente mortale, ma anche la lucidissima percezione del fatto che qualcosa d’Altro, di assolutamente altro, ci è dato costantemente frequentare. Insomma, che l’uomo sia quella creatura straordinaria entro i cui confini perfezione dell’assoluto e miseria della finitezza creaturale convivo-
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no in perfetta “unità” è ciò che la parola poetica di Mario Luzi ha sempre saputo testimoniare meglio di qualunque altra. Il mondo poetico di Luzi è insomma “simbolo” di tutto ciò che riesce a farci percepire una tale complexio. Ecco perché, ospitarlo a San Pietro di Feletto – là dove uno straordinario paesaggio collinare (quasi complementare a quello caratteristico della sua – sempre di Luzi – Toscana) sembra destinato a riflettere un’analoga ambiguità – è apparso “necessario”. Cos’altro ci fanno percepire, infatti, gli straordinari squarci di luce che di volta in volta il verde collinare lascia irrompere dagli interstizi che ridondanti e rigogliosi disegni sembrano modellare appositamente per il nostro sguardo? Cosa, se non la perfezione di un progetto originario, sempre rinvenibile, nonostante le piccole o grandi ferite che l’uomo ha finito per incidere su tale opera, insieme perfetta e fragile tanto quanto la sua carne? Cosa, se non la perfetta commistione di una sapienza produttiva sicuramente al di là dell’umano e di una fragilità costitutiva che contrasta, nella forma più radicale, con la bellezza di tale opera?
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Perciò, consentire a Luzi di testimoniare anche qui, in questi luoghi, il “mistero” da sempre cantato dalla sua poesia, è stato un importante segno di quella consapevolezza culturale e umana che abbiamo il “dovere”, credo, di lasciare in eredità ai nostri successori. Massimo Donà
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Ricette base
Bignè INGREDIENTI: ¼ litro d’acqua fredda, 50 g di
burro, 175 g di farina tipo 00 setacciata, 4 uova, 1 pizzico di sale, 1 cucchiaino di lievito per dolci. Portare a ebollizione l’acqua con il burro e il sale, quindi toglierla dal fuoco e versarvi dentro tutta la farina in una volta. Mescolare il tutto fino a ottenere una palla compatta e liscia e riscaldare nuovamente per 1 minuto, sempre mescolando. Mettere subito la palla ancora calda in una terrina e aggiungere le uova una a una. Lavorare ancora la pasta finché assume un aspetto di forte lucentezza e cade pesantemente dal mestolo, formando lunghe punte. Una volta raffreddata, incorporare il lievito. Preparare con questa pasta, sulla lastra del forno imburrata, tanti mucchietti grossi circa come una noce e farli cuocere in forno a 180° per 15 minuti circa.
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Pasta sfoglia INGREDIENTI: 100 g di burro, 100 g di farina
tipo 00, 1 pizzico di sale, poca acqua.
Lavorare tutto il burro con 25 g di farina e formare una palla da mettere poi in frigo. Fare una sfoglia con il resto della farina, il sale e l’acqua e tirarla con il mattarello fino a renderla sottile e formare un rettangolo. Mettere al centro del rettangolo il panetto fatto con il burro, partendo dai lati esterni più lunghi, ripiegare i lembi per tre volte fino a formare un quadrato, quindi ripiegarlo su se stesso. Passare con il mattarello e ripetere il procedimento. Lasciare riposare in luogo fresco per circa 15 minuti. Stendere di nuovo la pasta a rettangolo, ripiegatela come prima e stendere di nuovo cambiando verso, poi ripiegarla di nuovo. Farla riposare per altri 15 minuti in luogo fresco. Queste operazioni vanno ripetute per 3 volte. Lasciare riposare in luogo fresco per circa 30 minuti. Spolverare la tavola di farina e ripetere tutto il processo cambiando verso della pasta. Alla fine, la pasta dovrebbe essere stata ripiegata per sei volte. Dopo l’ultimo riposo potete stendere la vostra sfoglia all’altezza voluta. Cuocere in forno caldo a 220° per dieci minuti circa.
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Tagliatelle o tagliolini INGREDIENTI: 400 g di farina tipo 0, 4 uova,
sale (q.b.).
Impastare tra loro gli ingredienti fino a ottenere una palla soda e lucida. Infarinare il piano di lavoro e tirare l’impasto con il mattarello fino a ottenere una sfoglia sottile. Arrotolare la sfoglia e tagliarla a forma di tagliatelle o tagliolini, a seconda della necessità.
Pane INGREDIENTI: ½ kg di farina tipo 0, 2 cucchiai
di olio evo, 1 cucchiaio di sale, 5 g di lievito di birra, 1 cucchiaino di miele, 300 g di acqua tie pida. Fare un panetto con 75 g di farina, il lievito, il miele e tre cucchiai di acqua. Lasciar riposare coperto fin quando raddoppia di volume. Riprendere il composto e unirvi tutti gli altri ingredienti, lavorando il panetto che si formerà per 20 minuti, finché la pasta non risulti liscia
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e lucida. Mettere in una terrina e far lievitare nuovamente fino al raddoppio. Riprendere la pasta, lavorarla ancora e formare un panetto. Metterla sulla lastra del forno: dopo un’ora sarà raddoppiata. Incidere la parte alta e infornare a 220° per 30 minuti.
Besciamella per flan INGREDIENTI: 50 g di farina, ½ litro di bro
do, 50 g di burro, pepe bianco in polvere, noce moscata (q.b.). In una casseruola, far fondere il burro a fuoco moderato e, appena sciolto, aggiungere la farina. Far cuocere per qualche minuto mescolando con un cucchiaio di legno. Prima che la farina prenda colore, bagnarla con un po’ di brodo e poi, un po’ alla volta, aggiungere il resto sempre mescolando. Lasciarla cuocere per circa 20 minuti aggiungendo il sale, il pepe e la noce moscata.
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Brodo INGREDIENTI: 1 pezzo di punta di maiale,
1 pezzo di gallina, 1 osso di manzo, 1 carota, 2 coste di sedano e 1 cipolla mondate, basilico, sale, acqua. Mettere tutti gli ingredienti in una pentola, coprire d’acqua e far bollire per circa 2 ore finché la carne è cotta. Togliere il tutto e tenere così il brodo.
Risotto INGREDIENTI e PREPARAZIONE.
Soffriggere una cipolla con il burro in una padella antiaderente. Una volta rosolata, aggiungere il riso (3 pugni a persona), tostarlo e aggiungere il brodo fino a portarlo a cottura. 7/8 minuti prima del termine, aggiungervi gli altri ingredienti, a seconda della ricetta scelta tra quelle di seguito elencate. Togliere dal fuoco e mantecare con burro e parmigiano. Tenerlo sempre all’onda.
Primavera
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Antipasti
Fiori di acacia e glicine croccanti per Nantas Salvalaggio INGREDIENTI: fiori di acacia e glicine, 200-
300 g di farina tipo 0, un pizzico di sale, ac qua (q.b.), 2-3 cucchiai di olio di girasole, olio per friggere. In una ciotola mettere la farina, aggiungere pian piano l’acqua fino a ottenere una pastella cremosa, poi il sale e l’olio. Intingere i fiori nella pastella e friggerli in olio bollente. Una volta scolati, trasferirli sulla carta assorbente, salarli in superficie e metterli su un piatto da portata. Servirli caldi.
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Acciughe con cipolla INGREDIENTI: 200 g di acciughe salate e pulite,
1 cipolla, ½ bicchiere d’aceto, ½ bicchiere d’olio evo, 5 capperi.
In una ciotola mettere le acciughe spezzate, la cipolla tritata e i capperi pestati, amalgamare il tutto e coprire con olio e aceto, lasciar riposare per una notte. Servire con crostini tostati. Più sono macerate (anche 1-2 giorni), più sono buone. Si può usare il sugo rimasto per condire le patate lesse.
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Primi
Tagliatelle di primavera ai tre colori (bandiera italiana) per Giuseppe Mazzariol INGREDIENTI: per le tagliatelle: 500 g di farina
tipo 0, 5 uova, un pizzico di sale, acqua (q.b.); per il ragù: 150 g di macinato misto (manzo e maiale), 1 costa di sedano bianco, ½ cipolla do rata, olio evo, sale e pepe (q.b.); per il sugo di piselli: 150 g di piselli freschi (o pisellini surge lati), ½ cipolla dorata tritata, 20 g di prosciut to cotto tagliato a cubetti piccoli, oli evo, sale e pepe (q.b.). Preparare la pasta all’uovo seguendo il procedimento della ricetta base. Dividere la pasta in tre parti, due parti tagliarle a tagliatelle e una parte a tagliolini. Preparare il ragù di carne
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bianca, il sugo di pomodoro all’italiana e il sugo di piselli. Cucinare separatamente tagliatelle e tagliolini in acqua salata. Condire separatamente la pasta con i tre sughi. Versare i tre tipi di pasta sul piatto di portata nella sequenza verde, bianco, rosso.
Zuppa di cipolle per Antonio Gnoli INGREDIENTI: Fette tostate di pane raffermo,
½ kg di cipolle, 50 g di burro, 50 g di parmigia no, 50 g di gruviera, 1 cucchiaio di farina, bro do (q.b.), sale e pepe (q.b.).
Tagliare le cipolle a rondelle sottili, rosolarle nel burro, aggiungere la farina e cuocere finché il tutto diventa dorato. Aggiungere del brodo e cucinare a fuoco lento per circa 40 minuti. Preparare nella casseruola il pane e versarci sopra le cipolle, poi i formaggi, poi un altro strato di pane e, infine, ancora cipolle e formaggi. Coprire il tutto con abbondante brodo e spolverare di parmigiano. Infornare per mezz’ora a 180°. Far riposare per una notte e il giorno dopo rimette-
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re in forno fino a quando si forma una crosticina dorata. Servire caldo. Antonio Gnoli ha fatto i complimenti.
Fagioli con orzo per Giuseppe Mazzotti INGREDIENTI: 1 kg di fagioli secchi, 2-3 scalo
gni, 1 gamba di sedano, 2 carote, 400 g di orzo perlato, 4-5 patate, 1 bicchiere di olio evo, sale e pepe (q.b.). Mettere a bagno i fagioli e l’orzo la sera, in ciotole separate. La mattina seguente cuocere i fagioli con il sedano, le carote e le patate tagliati a cubetti e la cipolla tritata. Aggiungere l’olio, il sale e il pepe e cuocere per circa 3 ore a fuoco lento. A parte, cuocere l’orzo in acqua salata, scolarlo e unirlo ai fagioli mezz’ora prima che termini la loro cottura. Mescolare bene fino ad amalgamare, ricordando di girare per non far attaccare al fondo della pentola. Servire non troppo caldo.
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Flan fornito di bignè per Giulio Einaudi INGREDIENTI: 1 base di pasta sfoglia, 20 bi
gnè, ragù di carne mista (manzo e maiale), be sciamella.
Munirsi di uno stampo sferico di ceramica (per esempio una terrina), di diametro 30 cm circa. Riempire lo spazio interno dello stampo, fino a livello del bordo superiore, con pallottoline di carta stagnola accartocciata. Preparare la base di 30 cm di diametro di pasta sfoglia. Rovesciarci sopra lo stampo, sfilarlo e modellare le pallottoline di carta fino a ottenere una calotta compatta. Ricoprire tutta la calotta con pasta sfoglia e unire la calotta con la base, picchiettando con i pollici bagnati. Aggiungere nella parte superiore e al centro della calotta un piccolo manico a forma di arco di pasta sfoglia. Mettere tutto in forno per circa 30 minuti a 180°. Mentre il flan è in cottura, riempire i bignè con il ragù e preparare la besciamella. Una volta sfornato il flan, lasciarlo raffreddare. Tagliare la parte superiore della calotta in modo da simulare un coperchio. Togliere le pallottoline di carta alluminio, ottenendo così il
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nostro cestino. A questo punto, riempire il cestino con i bignè e versarvi sopra, a cascata, la besciamella. Rimettere il coperchio se i bignè sono a livello. Nel caso in cui si voglia invece sistemare i bignè a mo’ di monte, evitare di usare il coperchio. Servire in tavola.
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Secondi
Abbacchio di agnello INGREDIENTI: agnello a pezzi per quattro per
sone, otto patate tagliate a fettine di 1 cm, prez zemolo tritato, cipolla a fettine, spicchi d’aglio, burro, pomodoro a fettine sottili, Stock 84, sale e pepe, olio evo, brodo, pane grattugiato (q.b.).
In una casseruola, fare uno strato di patate, coprirle con pezzi d’agnello e, nei buchi, mettere degli spicchi d’aglio. Spolverare il tutto con sale e pepe e aggiungere poi prezzemolo, cipolla e ancora uno strato di patate. Dare una spruzzata di prosecco, ricoprire con il pane grattugiato, poi con le fette di pomodoro e il burro a fiocchetti, olio, sale e pepe. Coprire tutto con brodo e passare al forno per 2 ore a 180°.
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Uccellini scappati per Piero Chiara INGREDIENTI: ½ kg di lonza di maiale, ½ coni
glio, fette di lardo, salvia, rosmarino, aglio, olio evo, sale e pepe (q.b.). Tagliare a pezzi la lonza e il coniglio, infilare la carne nei bastoncini per spiedini, intervallandola con 1 fetta di lardo e 1 foglia di salvia. Sistemare gli spiedini in un tegame con aglio, rosmarino, olio, un po’ di burro, sale e pepe. Mettere in forno a 180° e rosolarli da ambo i lati finché arrossiscono. Toglierli dal forno, aggiungere ½ litro d’acqua e ½ litro di prosecco e mettere sul gas a fuoco lento finché rimane un sugo denso. Aggiungere liquidi in caso di necessità. Dieci minuti prima di fine cottura, infornarli nuovamente a 200° con fiocchetti di burro per renderli croccanti.
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Pollo con aromi per Claudio Magris INGREDIENTI: pollo a pezzi, 2 cipolle tritate,
2 pomodori pelati, prezzemolo, timo, aglio, alloro (tutti tritati), 70 g di burro, 300 ml di vino pro secco, sale e pepe, funghi chiodini, olio evo (q.b.). Mettere tutti gli ingredienti a crudo in un tegame e cuocere a fuoco lento per circa 1 ora e mezza. Servire caldo con contorno di insalata.
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Dolci
Biscotti al profumo di cannella per Toti Dal Monte INGREDIENTI: 110 g di farina tipo 00, 70 g di
burro, 40 g di zucchero, 1 tuorlo, 3-4 cucchiaini di cannella in polvere.
Impastare gli ingredienti tutti insieme fino ad ottenere una palla morbida. Formare dei rotoli come per fare gli gnocchi. Tagliare a pezzi di 6 cm con il coltello di sbieco e infornarli a 190° per 15-20 minuti. Una volta sfornati, cospargere con zucchero a velo.
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Focaccia pasquale per Wally Toscanini INGREDIENTI: 100 g di burro, 1 cucchiaino di
sale, 100 g di margarina, buccia grattugiata di 1 limone e di 1 arancio, 100 g di lievito di birra, 3 patate lesse e passate, 6 uova (3 intere e 3 tuor li), 1 bicchiere di vino bianco, 300 g di zucchero, farina (q.b.). 1° lievito: mettere in ½ bicchiere d’acqua tiepida il lievito, scioglierlo pian piano e aggiungere farina tanto da formare una palla. Lasciar riposare al caldo per 20/30 minuti. 2° lievito: in una ciotola, mettere 1 uovo intero e 2 cucchiai di zucchero. Sbattere bene e aggiungere al 1° lievito. Lasciar riposare al caldo per 1 ora. 3° lievito: mettere in una ciotola tutti gli altri ingredienti, miscelare bene e unire il tutto al 2° lievito. Lasciar lievitare al caldo fino al raddoppio della pasta. Mettere in forno a 150° per 15 minuti, poi a 180° per altri 20/25 minuti.
Estate
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Antipasti
Foglie di salvia, fiori di zucca e zucchine croccanti per Mario Luzi INGREDIENTI: 20 foglie di salvia, 200 g di fari
na, ½ bicchiere di olio di semi, 1 pizzico di sale, acqua (q.b.).
In una ciotola mettere la farina, aggiungere pian piano l’acqua fino a ottenere una pastella cremosa, poi il sale e l’olio. Intingere in essa le foglie di salvia, le zucchine a pezzetti e i fiori di zucca. Friggere con olio di semi. Servire con sopra del sale.
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Primi
Pasta d’estate (o Fusilli estivi) per Toni Toniato INGREDIENTI: 1/2 kg di fusilli, 160 g di tonno
sott’olio sbriciolato, 2 pomodori cuore di bue frullati, aglio, prezzemolo abbondante tritato, olio evo, sale e pepe (q.b.).
Mettere l’aglio a riposare con l’olio per 2 ore. Dopo le 2 ore, unire con gli altri ingredienti per il sugo e miscelare il tutto. Nel frattempo, cuocere i fusilli in acqua salata, tenendoli al dente. Scolare la pasta e unirla al sugo. Servire su piatto da portata.
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Risotto con punte di coste d’argento per i sette medici del Clan INGREDIENTI: base per risotto, 7/8 punte di
coste d’argento, cipolla tritata, aglio tritato, bur ro (q.b.), parmigiano.
Preparare la base del risotto. Nel frattempo, soffriggere cipolla e aglio nel burro, aggiungere le punte di coste d’argento e un po’ d’acqua per ultimare la cottura. 10 minuti prima della fine della cottura del riso, aggiungere le coste e ultimare la cottura. Spolverare di abbondante parmigiano reggiano grattugiato e lasciar riposare un minuto prima di servire.
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Secondi
Pollo fritto per Piero Consagra INGREDIENTI: 1 pollo a pezzi, farina (q.b.), olio
per friggere, pane grattugiato, 2 uova, succo di limone abbondante, olio evo, sale e pepe (q.b.).
Mettere a marinare i pezzi di pollo in una terrina con succo di limone, olio evo e pepe per tutta la notte. Infarinare i pezzi di pollo, passarli nell’uovo sbattuto con il sale e poi nel pane grattugiato. Friggere fino a doratura e servire con contorno di patate arrosto e insalatina.
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Pollo arrosto con salsa di fagioli (piatto tradizionale per la festa di S. Margherita di Refrontolo) per Alberto Moravia INGREDIENTI: 1 pollo intero, lardo a fette, sal
via e rosmarino. Per la salsa: 400 g di fagioli les sati, 100 g di soppressa, olio evo, 1 bicchiere di prosecco, cipolla, durone e fegatini del pollo tutto a pezzi (prime frattaglie), zampe e collo del pollo tutto a pezzi (seconde frattaglie). Mettere in forno il pollo, privato delle prime frattaglie, inserendo gli aromi all’interno della pancia, con sale e pepe anche in superficie. Posizionare le fette di lardo avvolte con la salvia tutte intorno al pollo e chiuse con un spago. A parte, soffriggere la cipolla, aggiungere le prime frattaglie con la soppressa e lasciar cuocere. Privare il pollo cotto del collo e delle zampe e unire queste seconde frattaglie alle prime. Amalgamare e terminare la cottura. Unire i fagioli alla salsa che si è creata, salare e pepare. Tagliare il pollo a pezzi. Mescolarlo con la salsa di fagioli e lasciarlo riposare per una notte. Servire nel piatto di portata ben caldo.
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Coniglio tonnato INGREDIENTI: 1 coniglio; per la salsa: 100 g
di tonno sott’olio, 50 g di capperi sotto aceto, 2 acciughe, 1 bicchiere di olio evo, il succo di ½ limone, sale e pepe (q.b.); maionese (2 tuorli, 1 bicchiere di olio evo, sale e pepe). Disossare un coniglio giovane e tagliarlo a pezzi. Lessarlo con aromi e sale per circa un’ora. A parte, preparare la salsa tonnata. Mettere nel mixer il tonno ben sgocciolato dall’olio, i capperi, le acciughe, l’olio evo. Operare fino a ottenere un composto ben amalgamato. Alla fine aggiungere il succo di limone, il sale e il pepe. Lasciar riposare per circa dieci minuti. Aggiungere alla salsa tonnata la maionese e amalgamare bene. Mettere i pezzi di coniglio su un piatto da portata e coprirli con la salsa tonnata. Aggiungere dei capperi per dare un tocco di colore.
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Pasticcio estivo per Mario Soldati INGREDIENTI: 4 uova, ½ litro di latte, 8 cuc
chiaini di farina (2 per uovo), ½ kg di ragù (car ne macinata di manzo e maiale), 250 g di piselli, formaggio grana, un pizzico di sale. Per preparare le crespelle, sbattere bene le uova con un pizzico di sale. Aggiungere un poco alla volta la farina, stemperare poi il composto con il latte e mescolare fino a ottenere una pastella omogenea e senza grumi. Lasciar riposare per ½ ora. Riscaldare una padella antiaderente e versare 2 cucchiai di pastella; quando i bordi cominciano a staccarsi, girare con una spatola per cucinare da ambo i lati. Cucinare il ragù e i piselli. In un piatto da portata, fare degli strati di crespelle, alternandoli con ragù, poi piselli e formaggio, fino alla fine delle crespelle. Servire caldo.
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Dolci
Dolce al cioccolato per Wanda Benedetti e Toni Barpi INGREDIENTI: 150 g di cioccolato fondente,
250 g di panna da montare, 1 moka da 6 di caffè, 5 uova, 10/12 savoiardi, due bicchieri di Ama retto di Saronno. Sciogliere il cioccolato con un po’ di caffè ristretto, aggiungere al cioccolato ancora caldo le rosse d’uovo, uno alla volta, mescolando bene e di seguito aggiungere poco alla volta le chiare montate a neve. Prendere una pirofila, fare uno strato con parte della crema di cioccolato. Aggiungere i biscotti savoiardi imbevuti nel caffè miscelato con l’Amaretto di Saronno. Fare uno strato di panna montata e coprire tutto con la restante crema di cioccolato. Tenere in frigo per un paio d’ore prima di servire.
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Margherite con marmellata per Maria Luisa Spaziani INGREDIENTI: 110 g di farina tipo 00, 40 g di
zucchero, 70 g di burro, 1 tuorlo, marmellata bionda casereccia (per guarnire). Impastare il burro, il tuorlo d’uovo e lo zucchero insieme alla farina, fino a formare una palla morbida, quindi modellare dei rotoli come per fare gli gnocchi. Creare tante palline uguali da comprimere leggermente al centro per dar loro la forma di una scodellina. Riempire con marmellata bionda. Mettere in forno su una piastra imburrata a 180° per 15/20 minuti.
Gelato di Giuseppe Maffioli INGREDIENTI: ¾ di litro di latte, 1 baccello
di vaniglia, 1 bicchierino di grappa Maschio, 6 tuorli, 175 g di zucchero.
Far bollire il latte con il baccello di vaniglia. A parte, in una terrina, sbattere i tuorli con lo
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zucchero finché non diventano di colore giallo chiarissimo. Aggiungere a poco a poco il latte bollente. Mettere di nuovo a fuoco molto basso mescolando con un cucchiaino di legno finché il composto non si copre di una patina biancastra, segno che la crema è pronta. Lasciarla raffreddare e passarla nella sorbettiera.
Crêpes Suzette INGREDIENTI: 100 g di farina, 300 ml di lat
te, 1 uovo, un pizzico di sale, 50 g burro, 25 g di zucchero, succo di 2 arance e di 1 limone, cognac o liquore. Fare le crêpes, seguendo lo stesso procedimento descritto per le crespelle del Pasticcio estivo, e piegarle in quattro. In una padella, sciogliere il burro e aggiungere lo zucchero. Quand’è caramellato, aggiungere il succo delle arance e del limone, poi il liquore per formare una salsina. Aggiungere le crêpes piegate alla salsa, in modo tale da riscaldarle, e poi servire.
Autunno
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Antipasti
Salame sofegà con aceto di vino prosecco e fette di polenta abbrustolita INGREDIENTI: 8 fette di salame, ¼ di bicchiere
d’aceto, un po’ d’olio.
In una padella mettere l’olio, l’aceto e adagiarci sopra le rotelle di salame. Far sfumare finché non resta solo un po’ di sugo, girando nel frattempo il salame da una parte e dall’altra. Servire in un piatto mettendoci sopra il sugo e accompagnare con fette di polenta abbrustolita.
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Mousse di tonno INGREDIENTI: 300 g tonno sott’olio, 4 acciu
ghe lavate e dislicate, 220 g di burro, pepe (q.b.), succo di 1 limone.
Impastare bene e lavorare a lungo il tonno, il burro e le acciughe fino a ottenere un composto omogeneo. Passare tutto al setaccio e unirvi succo di limone e pepe. Versare in uno stampo e mettere in frigo per un paio d’ore. Servire poi con crostini.
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Primi
Risi e sedano per Franco Cristaldi INGREDIENTI: 700 g di patate, 12 pugni di riso
di Vercelli, 5 gambi di sedano, 3 pomodori ma turi resi salsa, brodo (q.b.), 1 cipolla, olio evo, sale e pepe, parmigiano (q.b.). Soffriggere la cipolla, aggiungere le patate a cubetti, rosolare, aggiungere un po’ di brodo e cucinare per 5 minuti. Fare a pezzetti i gambi del sedano e aggiungerli alle patate, mettere anche la salsa di pomodoro e coprire con altro brodo. Versare il tutto in una nuova pentola, versarvi sopra il riso e coprire di brodo. Portare a ebollizione fino a cottura, girando continuamente perché non si attacchi. Aggiustare con brodo secondo necessità. A fine cottura deve essere tutto cremoso. Spegnere il fuoco, versare il parmigiano e servire.
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Risotto in bianco (Monte Bianco Vergine) per Carlo Bo INGREDIENTI: ricetta base per il risotto, bro
do (q.b.), ½ cavolfiore a pezzettini, burro, parmi giano, sale e pepe, cipolla (q.b.), 12 pugni di riso.
In un tegame soffriggere la cipolla con il burro, aggiungere i pezzetti di cavolfiore, salare, pepare e portare a cottura. Nel frattempo, procedere con la base per il risotto. A ¾ della cottura del riso, aggiungere i pezzetti di cavolfiore, portare il riso a cottura con uno spruzzo di prosecco. Spegnere il fuoco, lasciar riposare il risotto per 1 minuto, aggiungere parmigiano e burro, amalgamare il tutto.
Risotto con beccaccini INGREDIENTI: 10 beccaccini puliti, pronti per
la cottura, frattaglie a parte, 10 fette di lardo, 10 foglie di salvia, olio evo, vino bianco, sale e pepe, alloro, rosmarino (q.b.), spago, base per risotto, 12 pugni di riso.
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Nella pancia degli uccelli mettere una noce di burro, una fettina di lardo, salvia, sale e pepe. Alla destra e alla sinistra di ogni beccaccino posizionare le fette di lardo racchiuse ciascuna tra due foglie di salvia e chiuse con un giro di spago. Infilare uno a uno tutti i beccaccini negli spiedini e arrostirli nel forno a 180° finché non sono rosolati. Toglierli dal forno, coprirli con brodo e vino e rimetterli in forno per 2 ore circa, finché si asciuga tutto il liquido. A fine cottura lasciarli raffreddare, poi tagliare in due pezzi 8 beccaccini. Disossare e sbriciolare i due rimasti e lasciarli da parte. Unire le frattaglie a un soffritto di cipolla, mettere sale, pepe, olio, poco burro e un goccio di vino, e portare a cottura. Unire i due beccaccini sbriciolati e continuare per pochi istanti la cottura. Alla solita base del riso, unire a fine cottura la salsa dei beccaccini, parmigiano e burro. Amalgamare bene e versare a onda in un piatto, adagiandovi sopra i beccaccini tagliati a metà.
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Risotto con la gallina e salsa (gaudiosa) per Vittorio Sgarbi INGREDIENTI: 1 gallina ruspante pulita, 1 ca
rota, 1 cipolla, 1 gambo di sedano, qualche foglia di basilico essiccato; base per risotto; per la sal sa: 50 g di burro, 50 g di farina, ½ litro di bro do, 2 rossi d’uovo, 12 pugni di riso, sale (q.b.), 5 cucchiai di concentrato di pomodoro. Portare a cottura la gallina in abbondante acqua salata con la carota, il sedano, la cipolla ed il basilico. Nel frattempo, preparare la salsa, unendo il burro sfuso alla farina, allungare con il brodo fino ad ottenere una crema, aggiungere il sale e far bollire per due minuti. Togliere dal fuoco, lasciare intiepidire e unire i tuorli d’uovo. Amalgamare e aggiungere il concentrato di pomodoro con spezie. Lasciar riposare. Privare la gallina di cosce, ali e collo. Tagliare a metà in lunghezza la parte centrale del petto rimasta, poi ogni metà a lisca di pesce. Il dorso della gallina rimarrà intero. Riporre tutte le parti della gallina nel brodo caldo. Procedere con la base per il risotto. A fine cottura mettere il risotto in un piatto da portata, con, al centro,
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il dorso della gallina. Sopra, ricomporre i pezzi tagliati del petto, poi le ali e le cosce. Per ultimo versarvi sopra la salsa.
Risotto di zucca per Ugo Tognazzi INGREDIENTI: base per risotto, 300 g di zucca
a dadini + 1 zucca intera pulita e svuotata cruda, 1 cipolla, 12 pugni di riso, noce moscata, sale, pepe, burro, parmigiano (q.b.). Soffriggere la cipolla con il burro e aggiungere la zucca e la noce moscata. Salare e pepare. Preparare la base del risotto e, a fine cottura, aggiungere il preparato di zucca, il burro e il parmigiano grattugiato. Versare il risotto dentro la zucca svuotata e portare in tavola.
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Gnocchi di zucca per Rodolfo Sonego INGREDIENTI: 700 g di zucca pulita, 150 g di
farina tipo 0, 150 g di parmigiano, 50 g di burro, 1 uovo, sale e cannella.
Mettere la zucca in forno e cuocerla. Mettere in una terrina tutti gli ingredienti, unire la zucca e amalgamare il tutto. Procedere come per fare gli gnocchi. Metterli in una pirofila con fiocchetti di burro e parmigiano fin quando non si forma una crosticina. Servire caldi.
Zuppa di zucca per Stefano Zecchi INGREDIENTI: ¼ di zucca a pezzetti, 50 g di
burro, 1 cipolla, 1 litro di latte, sale e pepe (q.b.), 2 cucchiai di zucchero, ½ litro d’acqua, parmi giano grattugiato (q.b.). Mettere la zucca a pezzetti dentro una pentola di terracotta con acqua e tenere per 2 ore sul fuoco fin quando si disfa. Soffriggere a parte
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il burro con la cipolla, da incorporare poi alla zucca. Aggiungere il latte bollito con il sale e lo zucchero. Cucinare la zucca per circa 40 minuti e aggiungere il parmigiano. Servire in una zuppiera con crostini di pane casereccio.
Pappardelle condite con sugo di anatra arrosto per Carlo Della Corte INGREDIENTI: per le pappardelle: 4 uova,
400 g di farina tipo 0, qualche cucchiaio d’ac qua tiepida.
Unire la farina con le uova e aggiungere l’acqua solo se l’impasto non si amalgama sufficientemente da formare una palla densa e liscia, lasciarla riposare per mezz’ora. Stendere la pasta con il mattarello e arrotolarla su se stessa. Tagliarla con il coltello a fettuccia. Stendere le pappardelle ad asciugare sopra un bastone. Cuocerle in acqua salata e condirle con il sugo di anatra arrosto (per la preparazione, vd. la ricetta seguente).
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Secondi
Anatra arrosto (con sugo per pappardelle) per Walter Chiari INGREDIENTI: 1 anatra pulita, olio evo e bur
ro (q.b.), salvia, rosmarino, alloro, aglio, 3 fette di lardo, sale, pepe e vino bianco (q.b.). In un tegame alto, mettere l’olio, il burro e l’anatra con il lardo e la salvia, seguendo lo stesso procedimento descritto per i beccaccini. Rosolare, sfumare con il vino e cuocerla per 2 ore. Toglierla dalla padella e tagliarla a pezzi. Filtrare il sugo e, con questo, condire le pappardelle. Servire l’arrosto d’anatra con contorno di patate al forno e radicchio.
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Faraona al cartoccio per Piero Dorazio INGREDIENTI: 1 faraona pulita intera, 100 g
di burro, alloro, rosmarino e salvia tritati, sale e pepe (q.b.).
Mettere la faraona sopra la carta stagnola, farcendo la pancia con aromi e burro. Aggiungere questi ultimi anche in superficie, insieme a sale e pepe. Chiudere nella stagnola e mettere in forno a 180° per circa 1 ora. A fine cottura, tagliare la faraona a pezzi e metterla in un piatto sopra a delle fette di pane abbrustolito con il suo sugo. Servire con patate al forno.
Stinco di vitello per Gianni Minà INGREDIENTI: 1 stinco di vitello, olio evo e bur
ro, aglio, salvia, rosmarino, vino bianco prosec co, sale e pepe (q.b.). Mettere in una teglia l’olio, il burro, gli aromi e lo stinco. Infornare finché perde la sua acqua
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e diventa rosato. Toglierlo dal forno, coprirlo con brodo e vino. Rimetterlo in forno per 2 ore abbondanti finché la carne non risulta morbida. Servirlo in tavola ancora da tagliare, con contorno di erbette miste.
Baccalà della casa per Juti Ravenna INGREDIENTI: 1 baccalà ragno (700 g) già ba
gnato, 100 g di farina, 1 bicchiere di olio evo, 100 g di panna da cucina, 100 g di acciughe salate, 1 spicchio d’aglio, prezzemolo, 1 cipolla, 1 l di latte. Mettere il baccalà in una teglia con acqua. Nel frattempo, nell’attesa che il baccalà prenda il bollo, soffriggere la cipolla con l’olio e le acciughe pulite e tagliate a pezzetti, aggiungere poca acqua e terminare la cottura. Alla fine, aggiungere il prezzemolo. Appena il baccalà inizia a bollire, toglierlo dall’acqua. In un’altra teglia, stendere un po’ di farina, adagiarvi sopra il baccalà, versare sopra ancora un po’ di farina e la panna. Versare il sugo con le acciughe so-
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pra il baccalà e aggiungere il latte e l’olio fino a coprirlo. Infornare a 180° per circa 2 ore, fino a cottura. Servire con polenta di buon mulino.
Rognosa veneziana INGREDIENTI: 6 uova, ½ bicchiere di latte,
2 cucchiai di farina tipo 0, 1 cipolla a fettine, 6 fette di salame sbriciolato, olio evo, sale e pe pe (q.b.).
Sbattere bene le uova, aggiungere la farina, il salame, il sale e il pepe con il latte. In una padella, soffriggere la cipolla con l’olio e versarvi la rognosa. Cuocere da una parte e dall’altra fino a quando raggiunge un colore dorato.
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Dolci
Dolce di pasta sfoglia per Mario Stefani INGREDIENTI: 2 fogli di pasta sfoglia fatta in
casa e già cotta, schegge di cioccolato, crema pa sticciera fatta in casa (seguendo il procedimento descritto per il Gelato), panna montata, sherry, dolce arrotolato alla frutta a fette. In una teglia, mettere nell’ordine: uno strato di pasta sfoglia, la crema pasticciera, poi il dolce tagliato a fettine, una spruzzata di sherry, la panna montata, ancora del cioccolato grattugiato e, infine, il secondo foglio di pasta sfoglia. Spolverare con abbondante zucchero a velo.
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Biscotti dei Papi INGREDIENTI: 110 g di farina tipo 00, 70 g di
burro (morbido a temperatura ambiente), 40 g di zucchero, 1 tuorlo d’uovo, 1 cucchiaino di cannella in polvere. Impastare bene tutti gli ingredienti fino a ottenere una palla morbida. Stendere la pasta con il mattarello fino a formare un panno di circa 2 cm di altezza. Tagliare delle listarelle di circa 3 cm e formare dei rettangolini della misura dei biscotti che si vogliono ottenere. Mettere in forno e cuocere a 180° per 15 minuti.
Inverno
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Antipasti
Sardelle salate con crostini per Enrico Job e Lina Wertmüller INGREDIENTI: 150 g di sardine salate dislica
te, 1 cipolla bianca, 2-3 cucchiai di olio evo, 1 bicchiere di aceto. In una ciotola mettere le sardine a pezzettini, poi la cipolla tritata e coprire con l’aceto e l’olio. Far riposare un paio d’ore e servire con crostini.
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Aringa salata INGREDIENTI: 1 aringa (aperta e diliscata), olio
evo, acqua, chiodi di garofano, fettine di limone. Mettere l’aringa in un contenitore capiente e coprirla con acqua bollente. Attendere 1015 minuti e ripetere l’operazione, avendo cura di togliere la prima acqua. Scolare nuovamente l’aringa, metterla in un piatto, coprirla d’olio e spargere i chiodi di garofano. Lascarla macerare per mezza giornata prima di servire.
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Primi
Minestra di luganeghe bianche di Treviso per Elio Bartolini INGREDIENTI: 3 luganeghe a pezzetti, 8 pugni
di riso, brodo (q.b.), poco parmigiano, sale (q.b.). Preparare un buon brodo, come da ricetta base. A parte, in un tegame capiente, disporre le luganeghe a pezzetti e private della pelle. Rosolarle, aggiungere il brodo e il riso. Portare a cottura, tenendo il tutto liquido come una minestra. Infine, aggiungere il parmigiano grattugiato.
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Pasta e fagioli con tagliatelle per Amedeo Giacomini INGREDIENTI: per le tagliatelle: 400 g di farina
tipo 0, 4 uova, sale (q.b.).; 1 kg di fagioli secchi, 1 cipolla, 1 carota, 1 costa di sedano, 1 bicchiere di olio evo, parmigiano, sale e pepe (q.b.). Preparare la pasta per le tagliatelle, come da ricetta base. Mettere a mollo i fagioli per una notte. Scolare e aggiungere acqua. Bollire per 5-6 minuti e scolare di nuovo. Aggiungere ancora acqua, carota e sedano tritati, l’olio, e far bollire per 3 ore, mescolando di tanto in tanto. Aggiungere le tagliatelle e acqua, se necessario, poi sale e pepe a cottura ultimata. Una volta versata la pasta nel piatto, mettere un filo d’olio e il parmigiano grattugiato.
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Risotto con la cravatta per Ennio Petenello INGREDIENTI: base per risotto, 1 bicchierino
di Marsala secco Florio; per la salsa: 2 scalogni, 2 fegatini, 2 duroni, 2 fette di soppressa, ½ bic chiere di latte, 1 cucchiaio e ½ di farina tipo 0, poche gocce di limone, olio, burro, salvia, alloro, sale e pepe (q.b.). Per la salsa, soffriggere gli scalogni, aggiungere le frattaglie a pezzetti, salvia e rosmarino, sale e pepe e cuocere. Aggiungere ½ bicchiere di latte bollente e 1 cucchiaio e ½ di farina più le gocce di limone. Frullare il tutto. Nel frattempo, preparare la base per il risotto e a fine cottura aggiungere il Marsala, sfumarlo e versare il riso nel piatto da portata ovale lungo. Decorare il risotto con la salsa formando il disegno di una cravatta: per creare il nodo mettere ½ patata lessa cosparsa sempre di salsa.
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Risotto con fiori di radicchio di Treviso per Francesco Valcanover INGREDIENTI: base per risotto, 2 luganeghe,
3 fiori di radicchio trevigiano, 1 cipolla, olio evo, burro, parmigiano, sale e pepe (q.b.). In un tegame mettere le luganeghe a pezzetti, senza pelle, e rosolarle a fuoco lento per far rilasciare tutto il grasso. Scolarle e metterle da parte. In un altro tegame soffriggere la cipolla e aggiungere il radicchio a pezzetti, salare a cottura, aggiungervi le luganeghe e mescolare. Preparare a parte la base per il risotto. A fine cottura aggiungere le luganeghe col radicchio, il parmigiano grattugiato e il burro.
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Sopa coada con colombi per Toni Cibotto INGREDIENTI: 2 colombi puliti, fette di lardo,
10 foglie di salvia, rosmarino, aglio, olio evo, burro, sale e pepe, brodo (q.b.), fette di pane raffermo casereccio, parmigiano abbondante.
Mettere sotto ogni ala e coscia dei colombi le fette di lardo avvolte con la salvia e chiudere con lo spago. Nella pancia inserire un’altra fetta di lardo, una foglia di salvia, sale e pepe. Arrostire in un tegame con olio e burro, poi aggiungere acqua e vino bianco e cuocere in forno per 2 ore a 180°. A fine cottura, disossare i colombi. In una pirofila adagiare le fette di pane tostate, su cui disporre, dal basso verso l’alto, tutti i pezzi di carne di colombo, parmigiano, altre fette di pane tostato, altro parmigiano. Coprire tutto con brodo abbondante, mettere in forno a 180° fin quando sulla superficie si forma la crosticina. Servire ben caldo.
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Secondi
Lingua salmistrata INGREDIENTI: 1 lingua, chiodi di garofano,
cannella, una carota, sedano, aglio, cipolla, prez zemolo, olio evo, 3 acciughe pulite, succo di 25 li moni, mollica di pane.
Prendere una lingua e cucinarla per 15 minuti. Scolarla dall’acqua e toglierle la pelle, ricoprirla di chiodi di garofano e cannella in canna. Rimetterla a cuocere per circa un’ora e mezza. Separatamente, preparare un trito di carote, sedano, aglio, cipolla e prezzemolo. Soffriggere metà di questo preparato in olio evo. Tagliare la lingua a fette, disporle in una terrina a strati, alternando le verdure cotte con il trito crudo e le 3 acciughe a pezzetti. Continuare a strati fino a completamento della lingua. Versarvi il suc-
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co dei limoni e olio. Attorno alla lingua disporre della mollica di pane, per assorbire i liquidi in eccesso. Lasciare a macerare per tre giorni, quindi il piatto può essere servito.
Spezzatino di vitello in bianco con patate per Paolo Rizzi INGREDIENTI: 800 g di spezzatino di vitello
di fiocco di punta, 2 cipolle di tropea, olio evo, burro, acqua, sale e pepe, aglio, prezzemolo, vino bianco (q.b.), 4 patate medie a pezzetti. Mettere lo spezzatino in un tegame, senza nulla, coprire con il coperchio e cuocere a fuoco lento, affinché perda tutta la sua acqua. Mescolare ogni tanto. Quando lo spezzatino è asciutto aggiungere la cipolla tritata, l’aglio, l’olio e il burro, e farlo rosolare per alcuni minuti. Coprirlo poi con metà acqua e metà vino e aggiungere le patate. Procedere con la cottura per due ore, finché rimane con il sugo alla base. Infine cospargere con un po’ di prezzemolo tritato. Servire in tavola accompagnato con polenta bianca fresca di buon mulino.
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Coniglio della casa per Paolo Trevisi INGREDIENTI: 1 coniglio tagliato a pezzi, ¼ di
olio evo, 75 cl di prosecco, 100 g di burro, 75 cl d’acqua, 1 rametto di rosmarino, 4-5 foglie di salvia, 2 spicchi d’aglio, 1 foglia d’alloro, buc cia di 1 limone, 4-5 palline di ginepro, sale e pepe (q.b.). Mettere nella teglia i pezzi di coniglio, ad eccezione del fegato, e rosolarli senza nulla fino a che abbia ceduto tutta l’acqua, poi a freddo aggiungere tutti gli altri ingredienti, compreso il fegato tagliato a pezzetti. Coprire con prosecco e acqua, salare e pepare, cuocere sul fuoco per 2 ore. Aggiungere liquidi se necessario fino a fine cottura. Accompagnare con i fiori di radicchio di Treviso.
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Stracotto di manzo al Barolo per Giulio Turcato INGREDIENTI: 700 g di manzo a pezzetti, 400 g
di cipolle tritate, ½ bicchiere di olio evo, 50 g di burro, 1 fetta di lardo, 5 gambi di sedano bianco a pezzi, 2 carote a pezzi, 1 cucchiaio e ½ di fari na, ½ l di acqua, 75 cl di Barolo, 5 chiodi di ga rofano, 1 pezzetto di cannella, sale e pepe (q.b.). Mettere in una teglia di terracotta i pezzetti di manzo e cucinarli fino a che abbiano lasciato tutta la loro acqua. Aggiungere l’olio e le cipolle precedentemente rosolati, il lardo, i chiodi di garofano, la cannella, sale e pepe, e rosolare tutto per 10 minuti mescolando. Aggiungere acqua e Barolo e cucinare per un’ora e mezza. Aggiungere sedano e carote e continuare la cottura per un’altra mezz’ora. Se necessario, aggiungere un altro po’ di Barolo. Deve rimanere il sugo alla base. A dieci minuti dalla fine della cottura, aggiungere la farina per addensare il sugo. Servire caldo.
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Salame sposato alla ricotta per Fulvio Tomizza INGREDIENTI: 150 g di salame sbriciolato,
200 g di ricotta, 3 cucchiai di olio evo.
In un tegame cuocere per 5 minuti a fuoco lento il salame. Aggiungere la ricotta e l’olio, mescolare per amalgamare il tutto e servire caldo con fette di polenta abbrustolita.
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Dolci
Frittelle di Alberto Sordi INGREDIENTI: 3 cucchiai di zucchero, succo di
1 arancia, buccia di 1 limone grattugiata, 3 cuc chiai di olio di oliva, 300 g di farina, 1 bustina di lievito, 3 cucchiai di grappa, olio per friggere. Sbattere bene le uova con lo zucchero, poi a mano a mano incorporare tutti gli altri ingredienti. Friggere le frittelle mettendole giù con il cucchiaio. Spolverare di zucchero.
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Panettone Verdurin INGREDIENTI: 350 g di farina, 120 g di zucche
ro, 120 g di burro, 40 g di lievito di birra, 3 tuorli d’uovo, 4 g di sale, 50 g di uva sultanina, 20 g di scorza di arancia candita, 15 g di cedro candito, scorza di 1 limone grattugiato. Stemperare il lievito con acqua tiepida in 75 g di farina formando un panino morbido. Fare un taglio a croce e porlo a lievitare in una ciotola per 15 minuti. Alla farina che rimane (275 g circa) fare un buco in mezzo e porvi lo zucchero, il sale, i tuorli d’uovo, il burro, la buccia del limone e il lievito già preparato. Impastare aggiungendo acqua tiepida (q.b.: qualche cucchiaio) e formare una pasta piuttosto soda. Lavorarla per 15 minuti fino a quando non si stacca dal tavolo, aggiungere poi l’uvetta, l’arancia, il cedro. Lasciar lievitare l’impasto in uno stampo unto di burro piuttosto stretto e alto, fino a quando il suo volume sarà raddoppiato, fare un taglio a croce e porre al centro una nocciolina di burro. Infornare il panettone a 180° e dopo 10 minuti toglierlo rapidamente dal forno per aprire le 4 punte provocate dal taglio a cro-
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ce, poi rimetterlo in forno per altri 40 minuti. Sfornare il panettone e lasciarlo raffreddare.
Crostoli INGREDIENTI: 2 uova (le chiare a neve), 2 cuc
chiai di zucchero, 100 g di burro, 2 cucchiai di olio di semi, 1 bicchiere di vino bianco di Flami nio, buccia grattugiata di 1 limone e di 1 arancio, un pizzico di sale, farina (q.b.). Far bollire il vino con la buccia grattugiata di limone e arancio e lasciarlo intiepidire. Liquefare il burro e lasciarlo intiepidire. Montare le chiare a neve. Unire lo zucchero, le rosse d’uovo, il burro, l’olio, il vino, un pizzico di sale e amalgamare tutto con la farina, aggiungendo poco alla volta anche le chiare a neve, fino ad ottenere una palla consistente, morbida e liscia. Fare una sfoglia di 2 mm con il mattarello, tagliare a rombi e friggere in abbondante olio. Spolverare con zucchero.
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Frittelle veneziane per Alberto Ongaro INGREDIENTI: 500 g di farina, ½ cucchiaio di
bicarbonato, 1/2 litro di latte, buccia di limone grattugiata, 3 uova piccole, 70 g di uvetta, 450 g di zucchero. Versare velocemente sulla farina il latte bollito, mescolando forte, poi unire tutti gli altri ingredienti e lasciar riposare per 2 ore. Friggere in abbondante olio e zuccherare.
Pinza e vin brulé INGREDIENTI: 400 g di pane raffermo, 18 me
le renette sbucciate e grattugiate, 3 cucchiai di zucchero, latte (q.b. per far ammorbidire il pa ne), farina (q.b.), 100 g di fichi a pezzetti, 100 g di uvetta lavata e a bagno con rum o grappa, buccia grattugiata di 1 limone e di 1 arancio, 2 uova, 1 bustina di vaniglia, 1 bustina di lie vito per dolci.
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Strizzare il pane messo a bagno con il latte e metterlo in una ciotola, aggiungendo la farina, lo zucchero, le uova e uno alla volta tutti i frutti, gli aromi e la vaniglia. Mescolare bene il tutto e cuocere in una padella per 5 minuti. Aggiungere il lievito, mescolare e versare in una teglia anti aderente. Mettere in forno per 20 minuti a 180°, sfornare, far raffreddare e servire con il brulé.
Brulé INGREDIENTI: 4 bicchieri di prosecco, 5-6 chio
di di garofano, 5 cucchiai di zucchero, 2 pezzetti di scorza di limone. Portare a ebollizione il vino con tutti gli ingredienti dentro un pentolino. Appena il vino inizia a bollire, con un fiammifero dare fuoco all’alcol che si crea. Lasciare che il fuoco si spenga da solo. Servire caldo con la pinza.
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Castagnole INGREDIENTI: 5 uova (separare i tuorli dagli
albumi), 100 g di burro, 25 g di cacao amaro, 1 fiala di rum, 1 fiala di vaniglia, 300 g di zucche ro, buccia grattugiata di 1 limone e di 1 arancio, 1 bustina di lievito per dolci, farina (q.b.).
Lavorare bene lo zucchero con le rosse d’uovo. Aggiungere il cacao, il burro fuso tiepido, la vaniglia, il rum, la buccia grattugiata di limone e arancio e farina, quanta ne richiede. Aggiungere poco alla volta gli albumi montati a neve e per ultimo il lievito. Formare con le mani un panetto liscio non troppo duro. Dividere la pasta in piccole parti e fare dei rotoli. Fare delle noccioline e friggere in abbondante olio di semi.
Nel 1982 il Clan Verdurin consegna il premio “Toti Dal Monte” al giornalista Ruggero Orlando.
Abbinamenti cibo-vino
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Premessa
Gli abbinamenti proposti tengono conto degli aspetti tecnici dell’abbinamento cibo-vino comunemente oggi accettati, della tradizione, della logica successione dei vini durante il pranzo, della stagionalità, della facilità con la quale questi, tutti del territorio, si possono reperire e del gusto personale degli autori. Quanto riportato va inteso come indicazione di massima, considerato che il risultato finale, che dovrebbe essere quello di raggiungere l’armonia fra il piatto servito e il vino proposto in abbinamento, dipende da molti fattori, quali ad esempio la scelta dei singoli ingredienti, le loro caratteristiche specifiche e le dosi impiegate; l’interpretazione del cuoco; le peculiarità di ogni vino, che è sempre espressione del territorio e la sua variabilità nel tempo.
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Le proposte vanno quindi intese come il risultato di un lavoro di ricerca, sempre migliorabile.
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Primavera
Fiori d’acacia e glicine fritti: Prosecco Superiore DOCG Brut, delicato ma dotato di sufficiente alcolicità, necessaria per assicurare la corretta pulizia del palato. Corpo del vino e struttura del piatto sono in armonia. Acciughe con cipolla: la grande persistenza gusto-olfattiva della pietanza e la notevole aromaticità del piatto rendono difficile l’abbinamento ai vini del territorio. Un Manzoni Bianco, dato il buon contenuto alcolico, l’ottima intensità gusto-olfattiva e la persistenza aromatica, sarà idoneo. Tagliatelle di primavera ai tre colori: sono servite assieme, pur avendo caratteristiche diverse. L’abbinamento proposto rappresenta un compromesso: Merlot Piave DOC, di breve
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invecchiamento, fruttato, non eccessivamente tannico, morbido ma abbastanza fresco. Zuppa di cipolle: la tendenza dolce del piatto e la grassezza che presenta ci orientano verso un vino rosso abbastanza corposo, sapido, secco, anche frizzante. Un Marzemino Colli Trevigiani IGT sarà apprezzato. Fagioli con orzo: Cabernet Piave DOC, ma dotato di buona freschezza, o anche un Wildbacher dei Colli Trevigiani IGT, fresco e di facile beva. Flan fornito di bignè: tendenza dolce, grassezza, persistenza gusto-olfattiva consigliano un vino di medio invecchiamento, di buon corpo, come un Raboso Piave DOC, che sia dotato di una buona freschezza acida e quindi “sgrassante” al palato. Abbacchio di agnello: Cabernet DOC Piave, di medio corpo, con buona freschezza e sapidità. Uccellini scappati: da provare con una Recantina del Montello e Colli Asolani DOC, caratte-
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rizzata da buona struttura acida e sufficientemente tannica per equilibrare succulenza e untuosità del piatto servito. Pollo con aromi: Colli di Conegliano Bianco DOCG, che sia di buona alcolicità e intensità gusto-olfattiva.
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Estate
Foglie di salvia, fiori di zucca e zucchine croccanti: Manzoni Bianco Colli Trevigiani IGT: la rilevante intensità gusto-olfattiva concorda con la persistenza gusto-olfattiva della pietanza, la buona presenza alcolica pulisce il palato. Pasta d’estate: si può continuare con un Manzoni Bianco Colli trevigiani IGT, di buona intensità gusto-olfattiva e persistenza aromatica. Risotto con punte di coste d’argento: Prosecco Superiore DOCG Brut. Pollo fritto: Raboso rosato frizzante IGT Veneto, di buona freschezza, accentuata dalle bollicine e tannico quanto basta per attenuare la sensazione di untuosità determinata dalla frittura.
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Pollo arrosto con salsa di fagioli: Raboso Piave DOC, fresco, sapido e abbastanza tannico. Coniglio tonnato: Sauvignon Bianco Marca Trevigiana IGT: l’aromaticità del piatto concorda con l’intensità gusto-olfattiva del vino. Pasticcio estivo: un Rosso Piave DOC (Merlot 50% + Cabernet e altri vitigni) sapido, fresco, abbastanza tannico e di buon corpo. Dolce al cioccolato: la notevole presenza di cioccolato e la struttura del piatto rendono difficile l’abbinamento al vino. Proviamo con un Raboso Passito DOC Piave, di gran corpo e tannino molto morbido. Margherite con marmellata: Verduzzo Passito DOC Piave, dolce, caldo, morbido, abbastanza di corpo.
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Autunno
Salame sofegà: Marzemino Colli Trevigiani IGT, anche nella versione frizzante, che sia sapido e con buona alcolicità, per assicurare la necessaria pulizia del palato. Mousse al tonno: Chardonnay del Piave DOC, di buon corpo e buona persistenza aromatica, trattandosi di un piatto ricco di persistenza gusto-olfattiva e aromaticità. Risi e sedano: Pinot Grigio del Piave DOC, vino bianco di buon corpo e di buona intensità gusto-olfattiva che concordano con l’aromaticità apportata dal sedano, ben presente, e con la struttura della pietanza. Risotto in bianco: un Prosecco Superiore DOCG Brut sarà la scelta più immediata ed efficace.
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Risotto con beccaccini: Cabernet del Piave DOC, non troppo invecchiato, con buona intensità gusto-olfattiva, sapido e fresco. Risotto con la gallina e salsa: Colli di Conegliano Bianco DOCG, sapido, fresco, di buon corpo. Risotto di zucca: Verdiso dei Colli Trevigiani IGT frizzante, secco e fresco, con buona intensità olfattiva. Gnocchi di zucca: Prosecco Superiore DOCG Brut, fresco e sapido, per equilibrare la decisa tendenza dolce del piatto. Pappardelle con l’anatra: un Rosso del Piave DOC di buon corpo, oppure un Merlot del Piave DOC, ma che sia fresco e sapido. Anatra arrosto: Marzemino Colli Trevigiani IGT, di buon corpo e sapido. Faraona al cartoccio: sempre un Marzemino IGT, come sopra, oppure un Cabernet del Piave di medio corpo e non troppo invecchiato.
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Stinco di vitello: un Refosco del Veneto IGT, abbastanza giovane, tannico e di buon corpo. Baccalà della casa: Raboso del Piave DOC rosato, frizzante. Fresco e sapido per equilibrare la grassezza del piatto. Dolce di pasta sfoglia: Torchiato di Fregona DOCG, sarà ottimo, ma solo con presenza del cioccolato modesta. Biscotti dei Papi: Torchiato di Fregona DOCG, sarà un abbinamento ideale.
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Inverno
Sardelle salate con crostini: Colli di Conegliano Bianco DOCG, che dovrà essere ricco di corpo, morbido, di grande persistenza aromatica e intensità gusto-olfattiva. Aringa salata: Colli di Conegliano Bianco DOCG, come sopra. Minestra di luganeghe bianche: vino rosso, di buona alcolicità e tannino abbastanza percepibile, come può essere un Rosso del Piave DOC. Pasta e fagioli con tagliatelle: si abbina con un rosso giovane, moderatamente tannico ma di buona sapidità, fruttato: Marzemino Colli Trevigiani IGT.
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Risotto con la cravatta: Raboso Piave DOC, tannico e fresco, abbastanza di corpo. Risotto con radicchio rosso di Treviso: Cabernet DOC Piave, di buon corpo, buona sapidità e abbastanza tannico. Sopa coada con colombi: Merlot del Piave DOC, abbastanza di corpo e sapido. Lingua salmistrata: la tendenza acida del piatto rende problematico l’abbinamento, che può riuscire centrato con un buon Merlot del Piave DOC, morbido, con un tannino evoluto e di buona alcolicità. Spezzatino di vitello in bianco con patate: Cabernet del Piave DOC, fresco e sapido. Coniglio della casa: Cabernet del Piave DOC, dotato però di buona intensità gusto-olfattiva e persistenza aromatica. Stracotto di manzo al Barolo: l’abbinamento ideale sarebbe col vino piemontese omonimo, ma un Colli di Conegliano Rosso DOCG,
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di gran corpo, tannico, sapido, andrà ugualmente bene. Salame sposato alla ricotta: Refosco del Veneto IGT, giovane, fresco, abbastanza tannico, sapido. Frittelle di Alberto Sordi: perfetto l’abbinamento col Torchiato di Fregona DOCG. Panettone Verdurin: è tradizione, presso le cantine del felettano e non solo, produrre piccole quantità di vino bianco da uve appassite. Sono impiegate le varietà Glera, Verdiso, Manzoni Bianco, Bianchetta trevigiana… Si ottengono vini dolci ma non troppo, profumati, che conservano ancora una buona freschezza acida: non rientrano nelle note denominazioni, ma andranno benissimo. Frittelle veneziane: come sopra. Castagnole: Refrontolo Passito DOCG, con un buon contenuto zuccherino ma di buona sapidità.
Preziosissimo autografo di Piero Dorazio, protagonista dell’astrattismo internazionale, dedicato al Clan Verdurin.
Vini
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Marzemino: un vino incantevole Parola di Re Frontolo!
Il povero Flaminio aveva faticato per anni, ma sembrava che la sua piccola azienda sulla cima del colle San Pietro non ne volesse sapere di dargli la vigna tanto desiderata. Flaminio l’aveva considerato un vero disastro, fino a quando non accadde qualcosa, cari bambini, che vorrei raccontarvi. Era l’inizio di marzo quando morì uno strano uomo, né giovane né vecchio, né bello né brutto. Era un mago, o almeno così qualcuno un giorno l’aveva chiamato. Uno strano tipo, che nessuno sapeva davvero chi fosse, da dove venisse, dove vivesse davvero. Lo si vedeva solo a distanza di anni, verso la fine dell’inverno e prima che arrivasse la primavera, che vagava tra i campi. Chi ne sapeva più degli altri diceva che più che di un mago si trattava di un re, imparentato con Bacco, il grande re del vino, e che il suo nome
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era Re Frontolo. Flaminio rimase quindi molto stupito quando questo presunto re gli disse che sapeva tutto della sua tristezza nel non veder mai crescere nei suoi campi una vera vigna, ma solo alcuni sterili filari con pochi grappoli d’uva – e dire grappoli e uva rischiava di suonare davvero come un’offesa, ché tutto erano meno che grappoli d’uva! «Tieni, prendi questi semi» disse il re a Flaminio, dandogli un pacchetto di semi. «Sono preziosi, trattali con affetto, come se fossero chicchi d’oro, e piantali con amore e molta pazienza. E vedrai, avrai i più belli e deliziosi grappoli d’uva. Avrai una vendemmia straordinariamente abbondante e tutti ne saranno invidiosi. Ma devi piantare i semi la notte della prima luna piena di marzo. Ti avverto: solo di notte, illuminato dalla luce della luna piena». Flaminio rimase senza parole. Allungò le mani e prese il prezioso pacchetto, riuscendo solo a pronunciare un mezzo grazie, perché il mago lo interruppe: «Sarà il vino migliore del mondo e lo chiamerai Marzemino, hai capito?». Flaminio annuì ripetutamente, abbassando la testa, e quando la rialzò il mago era sparito. «Sarà fatto, sarà fatto...», continuava a ripetere Flaminio.
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«Flaminio, Flaminio! Svegliati, dormiglione, è tardi!». Era la voce della moglie Lia, che lo buttava giù dal letto. «È tardi, pigrone. Datti una mossa, è il giorno della vendemmia!». Flaminio scattò in piedi. «Vado, vado. Sono sicuro che quest’anno il mio Marzemino sarà ancora più speciale. Sarà un vino straordinario. Parola di Re Frontolo!». Fatta salva la libertà creativa, la mia è una storia di pura fantasia ed è un tributo a due fantastici amici di San Pietro di Feletto, Lia e Flaminio De Martin, che sono piccoli produttori del rinomato Prosecco. Grazie a loro ho scoperto e visitato il paesino di Refrontolo e ho potuto assaggiare dell’eccellente Marzemino (in particolare il Passito Liessi) – un vino che merita dav vero di essere definito... incantevole, un vino da Re!
Antonio Sartor
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Brevi note su storia, tradizione, tecnica, caratteristiche organolettiche del Refrontolo Passito DOCG
Origini La presenza del vitigno è storicamente confermata in varie zone viticole di Veneto (vicentino e trevigiano) fin dal XIII secolo. Si parla di Marzemino in numerosi documenti riferiti a Friuli, Istria, Emilia, Trentino, Lombardia. Sempre considerato vitigno di grande pregio, veniva spesso impiegato nei tagli come vitigno miglioratore. Causa l’antica origine e la pressione selettiva esercitata sulla varietà da generazioni di viticoltori, esistono e sono esistiti biotipi fra loro differenziati e vitigni spesso riconducibili ad altre varietà, anche se denominati sempre Marzemina/Balsamina. Il Marzemino, preparato anche anticamente da uve appassite, era il vino offerto all’inizio dei pranzi ufficiali della Serenissima.
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Fra le innumerevoli citazioni è necessario ricordare l’«eccellente marzimino» cantato da Mozart (Don Giovanni, atto II, scena XVII): è da lungo tempo oggetto di discussione se il riferimento sia al nostro attuale “Refrontolo Passito” oppure se sia al “Marzemino Trentino DOC” prodotto nella zona di Isera, diverso per tecnologia di produzione e caratteristiche organolettiche. Anche se, molto probabilmente, non lo sapremo mai con assoluta certezza, potremmo riassumere le motivazioni che ci fanno credere si tratti di vino veneto nel modo seguente. L’«eccellente marzimino» è veneto perché: −− L’origine di Lorenzo Da Ponte – librettista di Mozart, nato a Ceneda (Ceneda, 10 marzo 1749-New York, 17 agosto 1838) – fa supporre che fosse a conoscenza del Marzemino della sua regione, vitigno ai suoi tempi molto coltivato. −− Il Marzemino in Veneto fa la sua comparsa agli inizi del Trecento, un Marceninum viene citato in alcuni documenti vicentini di quell’epoca. In Trentino la comparsa è successiva e probabilmente legata all’espansione militare/commerciale della Repubblica Veneta.
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−− Mozart soggiornò a Rovereto, ma in tenera età, è quindi improbabile che possa aver assaggiato il Marzemino trentino. −− 1762, 9 ottobre: Mozart bambino si esibisce per la prima volta in pubblico a Palazzo Collalto, piazza Am Hof 13. −− Antonio Ottaviano, I Conte di Collalto, nato a Roncade nel 1719 si trasferisce nel 1780 a Vienna, in quanto il ramo austriaco della famiglia era rimasto senza eredi. −− Era proprietario della “Val de Brun” dove ancora oggi si coltiva il Marzemino. −− Assiduo frequentatore della fiorente colonia italiana in Vienna conosceva e frequentava Da Ponte, Casanova, Salieri, Sebastiano Foscarini. −− Amanti del buon vivere, sicuramente usavano, secondo il rituale veneziano, servire il Marzemino dolce come aperitivo. D’altra parte, il Marzemino potrebbe anche essere trentino per i seguenti motivi: −− Nonostante Mozart avesse passato poco tempo nel roveretano, apprezzò subito la bellezza di questa terra. Lo dimostrano i rapporti di amicizia che instaurò col banchiere Bridi.
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Mozart aveva inoltre soggiornato presso la famiglia Lodron, che produceva Marzemino. −− Nella corte viennese andava di moda il Marzemino trentino, spettava tra l’altro alla giurisdizione di Isera fissare i prezzi dei vini prodotti in zona. −− Secondo alcuni studiosi il libretto del Don Giovanni fu commissionato segretamente da Da Ponte a Giacomo Casanova. Nel 1783 Casanova soggiornò a Rovereto. Il Marzemino venne diffusamente coltivato sulle colline di Conegliano fino a metà Ottocento, quando cominciò a perdere importanza, poiché i viticoltori cominciarono a sostituirlo con altre varietà più resistenti all’oidio, crittogama giunta allora dall’America. Nell’opera La vite ed il vino nella provincia di Treviso di A. Vianello e A. Carpenè (Loescher, 1874), il Marzemino viene indicato presente in 29 comuni della provincia, per una produzione totale, già fortemente ridimensionata, di 4500 hl circa. A titolo di esempio, si consideri che la produzione del vitigno più diffuso, il Verdiso, era di circa 23.000 hl di vino. Oggi la produzione di Refrontolo Passito DOCG è di circa 80/100 hl per annata, imbot-
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tigliata in bottiglie da 0,50 litri da una decina di produttori, quasi tutti operanti nel Comune di Refrontolo. Tradizionalmente, nei decenni passati, il vino era prodotto artigianalmente, con uve appassite per circa tre mesi nei granai delle case coloniche, da quasi tutte le famiglie contadine, talvolta anche come vino vivace/frizzante, e veniva offerto agli ospiti come eccellenza tipica del territorio. La vite, particolarmente vigorosa, era spesso allevata sulle testate dei filari di Glera o Verdiso, dove le veniva assicurato maggiore spazio disponibile, e serviva anche da “pianta spia” per evidenziare i sintomi dell’oidio e aver modo di intervenire in tempo utile. Caratteristiche organolettiche generalmente riscontrabili: −− Colore: rosso rubino molto intenso che tende al granato con l’invecchiamento. −− Olfatto: intenso, fruttato (marmellata di prugne, more, marasca sotto spirito), leggermente speziato (vaniglia/chiodi di garofano).
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−− Sapore: dolce, caldo dato il tenore alcolico, morbido, abbastanza fresco, sapido, poco tannico, molto persistente. −− Abbinamenti: crostate di frutta rossa, dolci a base di cioccolato, pasticceria secca a base sempre di cioccolato. Riferimenti normativi utili: https://www.regione.veneto.it/c/document_library/get_file?uuid= e634090d-e6df-4133-938d-cf0d82703012&gro upId=10701 (disciplinare in vigore). Giuseppe Liessi
Nel 1986 il Clan Verdurin organizza una serata in onore di Ennio Flaiano, a cui partecipano Elisabetta Sgarbi, Toni Cibotto e Rodolfo Sonego.
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Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG
Verso la fine del XIX secolo la viticoltura europea sembrava essere compromessa: l’avvento delle navi a vapore permetteva ormai un commercio relativamente veloce tra le coste dell’Atlantico, e assieme a uomini, idee, beni e quant’altro, a esser trasportati erano anche infezioni e parassiti, che i viticoltori del vecchio continente non sapevano come affrontare. A Conegliano, all’epoca, il Prosecco era solo un’uva bianca, coltivata e vinificata senza alcuna competenza particolare, e senza alcuna pretesa di competere con i rinomati vini di altre regioni italiane ed europee. Un’agricoltura povera di mezzi e di conoscenza rendeva dura la sopravvivenza delle classi contadine, che a volte vedevano nell’emigrazione l’unica possibilità di sopravvivenza. Vi furono tuttavia alcuni che non si scoraggiarono e, grazie alla collaborazione di scienziati
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provenienti da vari Stati, arrivarono le prime concrete risposte. In questo contesto di grande cambiamento può essere inserita la geniale intuizione di Antonio Carpenè, chimico ed esperto di vini, grazie al quale il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene divenne lo spumante, ormai emblema del territorio. Ci sarebbero volute generazioni di abili viticoltori, commercianti ed esperti di vini per farlo diventare conosciuto e apprezzato, ma la strada era ormai spianata. Il Prosecco avrebbe trovato la sua casa per eccellenza a Conegliano e a Valdobbiadene, anche se non era nato lì e non se ne trovano tracce prima della fine del XVIII secolo. La Glera, com’è attualmente chiamato il vitigno da cui si ricava il Prosecco, sembra essere arrivata dal Carso triestino, dove è stata coltivata per secoli ed è ancora presente. È una pianta radicata nel territorio, non molto esigente e costantemente in frutto. È particolarmente adeguata a produrre uno spumante molto versatile nell’abbinamento enogastronomico: un vino semplice ma raffinato, qualità per cui è amato in tutto il mondo. Giuseppe Liessi
Autografo di Mario Soldati del 1985. Il riferimento a Della Corte e Flaminio De Martin è all’inizio del manoscritto.
Una serata in cui viene festeggiato Mario Soldati.
Sempre in onore di Mario Soldati, alla serata partecipa anche Alberto Moravia.
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I vini del Feletto
Quando il Prosecco non era ancora conosciuto, nelle colline di Conegliano vi era già una fiorente viticoltura, che nel Cinquecento riforniva i mercati dell’Europa centrale. All’epoca il Marzemino era il vino simbolo della terra veneta, mentre la Malvasia era un simbolo delle relazioni con l’Egeo. Servito all’inizio di pranzi raffinati, era un vino dolce prodotto da uve appassite sulle viti, ma collocate poi in luoghi chiusi, come raccomandato dal fattore Giacomo Agostinetti, che nella seconda metà del Seicento descrisse le uve recandine, Schiava Gentile, Bianchetta, insieme a Cellina, Cornarola e Grossara, delle quali non c’è più alcuna traccia. Fin dai tempi della Serenissima, eventi alterni hanno cambiato il panorama viticolo delle nostre colline, ma qualcosa è rimasto.
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Il Refrontolo Passito DOCG, ottenuto dal Marzemino, uno dei vini più stimati dagli antichi viticoltori, ha ancora un posto nei vigneti e nelle cantine di alcuni appassionati. Se il Prosecco DOCG è oggi un emblema del territorio, conosciuto su scala mondiale, il Refrontolo Passito DOCG lo era secoli fa, quando i mercanti tedeschi visitavano le nostre colline in cerca di prodotti già conosciuti e amati nella loro patria. Giuseppe Liessi
Dai quaderni del Clan, autografo del 1970 di Andrea Zanzotto dedicato alle virtù “salvifiche” del vino.
Balest disegna il profilo del poeta Mario Stefani.
Almanacco fotografico
Alle origini del Clan Verdurin. Un nutrito gruppo di veneziani e qualche trevigiano giungono a casa di Flaminio e Lia verso la fine del 1970 per fondare quello che sarebbe diventato poi il Clan Verdurin. Sono guidati da Arturo De Anna, il proprietario del ristorante veneziano “La Colomba”, che porta con sé un bel po’ di seppie per consentire a Lia di fare uno dei suoi “sublimi” risotti al nero di seppia. Sulla destra, in margine alla foto, si vede Flaminio con i suoi inconfondibili baffi neri.
Flaminio, Lia e la loro figlia Flaminia insieme ad Andrea Zanzotto negli anni Sessanta.
Da destra, Maria Luisa Spaziani, Mario Luzi e un’amica.
Mario Luzi ospite a Santa Maria di Feletto, con Flaminio e Lia, nel giardino della loro casa.
Lia con Ornella Vanoni, a cui è stata donata una preziosa bottiglia di Passito DOCG.
Stefania Sandrelli con Lia.
L’artista siciliano Pietro Consagra, assiduo frequentatore del Clan Verdurin. Scultore e scrittore, si sarebbe rivelato uno dei massimi esponenti dell’astrattismo mondiale.
Il filosofo Stefano Zecchi ospite del Clan Verdurin.
Il filosofo e musicista Massimo Donà dipinge en plain air nel giardino di Lia e Flaminio.
Assiduo frequentatore del Clan Verdurin, l’indimenticabile scrittore Mario Soldati (autore, tra l’altro, del bellissimo volume Vino al vino).
Toni Toniato, storico dell’arte, critico militante, e assiduo frequentatore del Clan Verdurin, nonché straordinario studioso dell’opera pittorica di Virgilio Guidi, nel giardino di Flaminio e Lia.
Stefania Sandrelli con Lia.
Lia mostra come gli artisti che hanno frequentato casa sua abbiano decorato le pareti delle stanze.
Una stanza della casa di Flaminio e Lia con quadri di Piero Dorazio; anche lui, con Pietro Consagra, è stato uno dei massimi esponenti dell’astrattismo italiano. Con Consagra dette vita, nel 1947, al gruppo Forma. E fu amico fedele del Clan Verdurin.
Veduta di una stanza della casa di Flaminio e Lia con un quadro di Virgilio Guidi.
Lia e Flaminio con un gruppo di amici, tra cui Toni Toniato, storico dell’arte, Michele Zaggia, fumettista, Raffaella Toffolo, fotografa, e Cecilia Boldrin, studiosa di letteratura.
Lia e Flaminio con Cecilia Boldrin.
Nel giardino del Clan Verdurin, tra i vigneti: Michele Zaggia con Toni Toniato, Flaminio e Lia De Martin.
Toni Toniato tra i vigneti di Flaminio.
Flaminio davanti alla casa in cui si sono svolte tutte le attività del Clan Verdurin, e dove lui abita ancora con Lia.
Lia e Flaminio seduti durante un pranzo con amici.
Una prelibatezza preparata dalla sapiente creatività culinaria di Lia.
Lia, una forza della natura. E Flaminio, osservatore meditabondo.
A pranzo dal Clan Verdurin. Il secondo, da sinistra, è il produttore vitivinicolo Giuseppe Liessi, di Refrontolo.
Ospite d’onore: il giornalista Nantas Salvalaggio.
Indice
Prologo di Toni Toniato
p. 9
Introduzione di Massimo Donà
p. 19
La storia
p. 27
Perché Mario Luzi a San Pietro di Feletto
p. 33
Ricette base Bignè Pasta sfoglia Tagliatelle o tagliolini Pane Besciamella per flan Brodo Risotto
p. 37 p. 38 p. 39 p. 39 p. 40 p. 41 p. 41
Primavera Antipasti Fiori di acacia e glicine croccanti Acciughe con cipolla
p. 45 p. 46
Primi Tagliatelle di primavera ai tre colori (bandiera italiana) Zuppa di cipolle Fagioli con orzo Flan fornito di bignè Secondi Abbacchio di agnello Uccellini scappati Pollo con aromi Dolci Biscotti al profumo di cannella Focaccia pasquale
p. 47 p. 48 p. 49 p. 50 p. 53 p. 54 p. 55 p. 57 p. 58
Estate Antipasti Foglie di salvia, fiori di zucca e zucchine croccanti Primi Pasta d’estate (o Fusilli estivi) Risotto con punte di coste d’argento Secondi Pollo fritto Pollo arrosto con salsa di fagioli Coniglio tonnato Pasticcio estivo
p. 61 p. 63 p. 64 p. 65 p. 66 p. 67 p. 68
Dolci Dolce al cioccolato Margherite con marmellata Gelato Crêpes Suzette
p. 69 p. 70 p. 70 p. 71
Autunno Antipasti Salame sofegà con aceto di vino prosecco e fette di polenta abbrustolita Mousse di tonno Primi Risi e sedano Risotto in bianco (Monte Bianco Vergine) Risotto con beccaccini Risotto con la gallina e salsa (gaudiosa) Risotto di zucca Gnocchi di zucca Zuppa di zucca Pappardelle condite con sugo di anatra arrosto Secondi Anatra arrosto (con sugo per pappardelle) Faraona al cartoccio
p. 75 p. 76 p. 77 p. 78 p. 78 p. 80 p. 81 p. 82 p. 82 p. 83
p. 85 p. 86
Stinco di vitello Baccalà della casa Rognosa veneziana Dolci Dolce di pasta sfoglia Biscotti dei Papi
p. 86 p. 87 p. 88 p. 89 p. 90
Inverno Antipasti Sardelle salate con crostini Aringa salata Primi Minestra di luganeghe bianche di Treviso Pasta e fagioli con tagliatelle Risotto con la cravatta Risotto con fiori di radicchio di Treviso Sopa coada con colombi Secondi Lingua salmistrata Spezzatino di vitello in bianco con patate Coniglio della casa Stracotto di manzo al Barolo Salame sposato alla ricotta
p. 93 p. 94
p. 95 p. 96 p. 97 p. 98 p. 99 p. 101 p. 102 p. 103 p. 104 p. 105
Dolci Frittelle Panettone Verdurin Crostoli Frittelle veneziane Pinza e vin brulé Brulé Castagnole
p. 107 p. 108 p. 109 p. 110 p. 110 p. 111 p. 112
Abbinamenti cibo-vino Premessa Primavera Estate Autunno Inverno
p. 117 p. 119 p. 123 p. 125 p. 129
Vini Marzemino: un vino incantevole. Parola di Re Frontolo! Brevi note su storia, tradizione, tecnica, caratteristiche organolettiche del Refrontolo Passito DOCG Prosecco Conegliano Valdobbiadene DOCG I vini del Feletto Almanacco fotografico
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p. 141 p. 149 p. 153 p. 157
Gea Sapere, terra, cibo Collana diretta da: Massimo Donà, Giulio Goria, Giampaolo Gravina e Giacomo Petrarca
1. Andrea Rossi, Ragionar come un pesce. 2. Lia De Martin, Corporis Animique. Le ricette di una visionaria.
Lia e Flaminio De Martin con Piero Coda e Giuseppe Liessi nel maggio del 2019; in questa fotografia li vediamo insieme agli amici di SOPHIA, la realtà universitaria con cui Lia e Flaminio hanno stretto un rapporto autenticamente amicale, nel nome di quella gioia di vivere in reciprocità che si fa testimonanza di un afflato pericoretico sicuramente baciato dalla ‘grazia’.
GEA Sapere, terra, cibo Flaminio e Lia De Martin sono una coppia davvero straordinaria; insieme da una vita, insieme sono anche riusciti a far diventare la loro casa, a Santa Maria di Feletto, sugli ondulati e incantati pendii delle colline trevigiane, un ritrovo agognato dalle menti più lucide e insieme visionarie della seconda metà del Novecento e dei primi decenni del Ventunesimo secolo. Scrittori, poeti, pittori, filosofi, critici d’arte, registi e attori, ma anche cantanti e personaggi televisivi si sono avvicendati tra le calde e rassicuranti mura della casa colonica dei De Martin, dando vita a un vero e proprio cenacolo culturale, bagnato dall’ottimo vino di quelle terre e arricchito dai cibi non meno visionari e seducenti preparati negli anni da Lia, ispirandosi ogni volta alle diverse personalità dei suoi ospiti.
ISBN ebook 9788855290661
€ 8,00