Contro gli eretici 8831131656, 9788831131650

Tertulliano, Contro gli eretici, curatore Moreschini

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Italian Pages 108 [105] Year 2002

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Contro gli eretici
 8831131656, 9788831131650

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Tertulliano

CONTRO GLI ERETICI Introduzione, traduzione e note a cura di Claudio Moreschini

Città Nuova

INTRODUZIONE

Contro gli eretici I è un'opera che, a prima vista, si potrebbe considerare non attuale o, comunque, poco interessante: dove sono, infatti; al giorno d'oggz; gli eretici? Ammesso che vi siano degli eretici dichiarati (tanto per non far nomz), dove sono, comunque, i loro seguaci? Ma l'eresia esiste ancor oggi: essa si presenta con altre forme e sotto differenti maschere, diverse da quelle del!' eresia antica: sono le maschere - numerose e varie - che attirano, anche ogg~ il cristiano, e gli/anno balenare una realtà seducente, ma che è diversa da quella che gli insegnano Cristo e la Chiesa. E ancora, quante volte si ritiene, al giorno d'oggz; sacrosanto diritto rifiutare non dico l'insegnamento, ma certo la tradizione della Chiesa? Il termine "eresia" proviene dal greco hairesis: nel mondo antico esso significava la "scelta personale" di una dottrina, e quindi l' adesione ad una determinata scuola filosofica, come conseguenza di quella scelta; divenne poi la "scelta" di una dottrina religiosa all'interno di un insegnamento cristiano, a parole almeno, mai rifiutato. Ancor oggi; quindi; si può /are (e spesso 1 Il titolo che qui impieghiamo deriva da un bisogno di semplicità e di chiarezza. Il titolo originario , infatti , sarebbe : Le prescrizioni e ad esso sarebbe stato aggiunto il sottotitolo di Contro gli eretici. Abbiamo quindi messo in primo piano il sottotitolo, ma rivolgiamo adeguata attenzione anche al titolo autentico, spiegando cosa siano le praescriptiones (cf. infra pp. lOss.).

Copertina di Gyorgy Szokoly. Restyling di Rossana Quarta © 2002 , Città Nuova Editrice Via degli Scipioni, 265 - 00192 Roma tel. 063216212 - e-mail: [email protected]

Con approvazione ecclesiastica ISBN 88-311-3165-6

Finito di stampare nel mese di maggio 2002 dalla tipografia Città Nuova della P.A.M.O.M. Via S. Romano in Garfagnana , 23 00148 Roma - te!. 066530467 e-mail : [email protected]

Introduzione

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le per il Cristianesimo antico ancor più che per noi 3. Già verso il 180 d.C. Ireneo di Lione sottolineava il ruolo centrale che la tradizzò~e aveva nella Chiesa. Forse per influsso delta teologia gnostica e, insieme, per polemica contro di essa, il grande vescovo di Lione 4 introduce questa nozione nel vocabolario della teologia cristiana, chiamandola apostoliké paradosis , cioè "tradizione degli apostoli ". Tutto l'inizio del terzo libro del Contro le eresie è un'appassionata difesa della tradizione in polemica con gli eretici. La verità non può essere in possesso di coloro che ignorano la tradizione. Essa non è consegnata attraverso le lettere, ma a viva voce: «Non enim per litteras traditam illam, sed per vivam vocem» (IIL 2, 1) 5. «Dunque, la tradizione degli apostoli~ che è stata manifestata in tutto il mondo, la possono vedere in ogni chiesa coloro che vogliono vedere la verità, e noi possiamo enumerare nelle varie chiese quei vescovi che sono stati istituiti dagli apostoli, e le loro successioni fino ai nostri tempi» (IIL 3, 1). Di conseguenza, Ireneo traccia rapidamente la successione dei vescovi di Roma, da Pietro e Paolo fino ai suoi tempi (III, 3). La tradizione è la trasmissione della parola di Dio: «Non si deve cercare presso al-

3 Per queste notizie, una rapida sintesi è data dal J.Gaudemet, La piace de la tradition dans les sourcescanoniques (Il '-V' siècle). La tradizione:/orme e modi. XVIII incontro di studiosi dell'antichità cristiana. Roma 7-9 maggio 1989, Augustinianum, Roma 1990, pp. 235-250, soprattutto 239-242. 4 Ireneo, prima di essere vescovo di Lione, era stato a lungo in Asia Minore, ove era nato. Egli dichiara più volte di riprendere l'insegnamento di alcuni "presbiteri" non facilmente identificabili, ma che egli riconduceva in ultima analisi all'insegnamento di Giovanni l'Evangelista: ebbene, proprio questo fatto è interessante per noi, perché permette di vedere come per Ireneo la tradizione dell'insegnamento cristiano fosse essenziale per il suo pensiero. 5 Tutto questo è interessante e, insieme, segno di vita reale: per gli antichi la cultura orale conservò un'importanza che per noi, abituati al libro, non è più immaginabile.

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Introduzione

si /a) una scelta del genere. Non è difficile constatare, quind~ quanto sia attuale l'eresia e quanto sia opportuno riconsiderare l'insegnamento della Chiesa, che deriva dai sacerdoti e dai vescovi; i quali l'hanno ripreso dagli apostoli e gli apostoli da Cristo. Questo, in/atti; è il tema del trattato di Tertulliano che stiamo considerando Gli eretici insegnano una dottrina che non è quella della Chiesa, e quindi non è quella di Cristo, perché solo la Chiesa possiede l'insegnamento di Cristo. Un discorso che potrebbe essere ovvio, ma che agli occhi di Tertulliano era necessario ribadire. Per svolgere il suo pensiero, e precisamente per contestarè le pretese degli eretici di essere loro i veri discepoli di Cristo, Tertulliano ricorre ad alcuni punti essenziali della Chiesa cristiana: l'insegnamento da lei professato deriva dagli apostoli e da Cristo per tradizione; è un insegnamento che risale alle origini; è un insegnamento che è comune a tutti . Le Chiese, in/atti; se hanno un'origine apostolica, sono sorelle: la Chiesa di Roma come quella di Cartagine, quella di Atene come quella di Efeso; il cristiano ha in tutte, ovunque esse si trovino, la sua vera dimora . Il trattato di Tertulliano, quindi; difende l' apostolicità e l'unione delle Chiese cristiane 2. 1. Che cosa è la "tradizione"? La riflessione sul suo significato e il suo ruolo, all'interno della Chiesa, non cominciano nel III secolo. Ma Tertulliano è il primo a proporre un'interpretazione complessiva e organica di questo concetto, essenzia2 Quest'opera appartiene alla prima fase dell'attività di Tertulliano come scrittore cristiano (fu scritta all'incirca tra il 200 e il 205). Tertulliano , dunque, non appena convertito (poco prima del 197), si dedicò subito ad un problema che gli stava a cuore, quello di difendere dalle eresie la Chiesa di cui era entrato a far parte .

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dizione indica quello che proviene dagli apostoli; vale a dire, la fede: essa è contenuta nella traditio evangelica (Contro Marcione V, 19, 1), nella traditio apostolorum o apostolica (in quest'opera, cap. 21, 4; Contro Marciane I, 21, 4; IV, 5, 7,· V, 19, 2); nella traditio catholica (L'unico matrimonio 2, 1). Significa anche il diritto oggettivo nella sua trasmissione orale, nel costume o nell'uso 8 • In tal caso essa indica una tradizione non scritta, ma certo non meno venerabile, per gli antichi, della tradizione scritta. Tuttavia, poiché è una cosa di origine umana, essa non ha la stessa importanza della Scrittura. Tra le abitudini; appunto, "tradizionali" ve ne sono molte legate alla vita quotidiana dei cristiani; come quella di non portare una corona (La corona 4, 4), come usanze liturgiche, riti del battesimo o della comunione, offerte per l'anniversario dei de/unti; prescrizioni sul digiuno, frequenza della genuflessione e dei segni della croce (La corona 3, 2-4), l'uso per le vergini di portare il velo. Riprendendo l'insegnanento di Ireneo, Tertulliano enuncia in modo formulare l'essenza della tradizione cristiana in praescr. 37, 1: « ... ea regula... quam ecclesia ab apostolis, apostoli a Christo, Christus a Deo tradidit». Cosz:attraverso la tradizione si risale al principio: «ad originem tamen principalem traditio pertineat» (La testimonianza dell'anima 5, 6). La verità è trasmessa mediante la successione dei vescovi, i quali ebbero l'incarico di "tramandare" quello che era stato tramandato loro, e cioè la verità, come dice altrove Tertulliano (La carne di Cristo, cap. 2). Gli apostoli, in/atti, hanno ricevuto personalmente da Cristo l'insegnamento cristiano: «nec ipsi quicquam ex suo arbitrio quid inducerent elegerunt, sed ac-

8 Cf.

R. Braun, Deus Christianorum, Paris 19772 , pp. 427ss.

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tri quella verità che è così /acile ascoltare dalla Chiesa, dal momento che gli apostoli hanno arrecato alla Chiesa, come fosse un ricco tesoro, tutto quello che appartiene alla verità . E la verità consiste in questo, che tutti abbiano la bevanda della vita. La Chiesa, in/attz; è l'ingresso della vita, tutti gli altri sono "ladri e briganti" 6 . .. » (III, 4, 1). Conservazione e trasmissione del deposito 7: questa è la tradizione nel pensiero cristiano . La fede è stata trasmessa dagli apostoli e dai loro successori; i vescovi. Ecco l'altro aspetto della tradizione: la "tradizione apostolica", che riattacca ininterrottamente i vescovi agli apostoli e, in primo luogo, il vescovo di Roma a Pietro e Paolo: Ireneo è stato uno dei primi sostenitori della autorità della Chiesa di Roma. La tradizione apostolica, attraverso la successione dei vescovi; è il pegno dell'autenticità della trasmissione del messaggio e del valore della tradizione nella fede. In una Chiesa percorsa da correnti diverse, spesso eterodosse, bisogna sapere ove si trovi la verità, che conserva autenticamente la parola di Dio, trasmessa agli apostoli e, per loro mezzo, al popolo di Dio attraverso i secoli. La tradizione apostolica garantisce l' autenticità del messaggio ed è la vera legge. Con Tertulliano la riflessione sulla tradizion e assume maggiore ampiezza. Si è detto che egli è il primo scrittore cristiano che abbia formulato una vera dottrina sulla tradizione . Tertulliano impiega, in conformità con la sua formazione pagana, un linguaggio legale. Egli ha cercato, quindi; di dare un accento giuridico al concetto di tradizione, evidentemente per confermarlo e renderlo più certo, anche se il risvolto giuridico è quello che meno ci interessa, adesso. Egli dà alla parola una accezione "oggettiva", e più precisamente in due sensi. La tra6 Cf.

7 Cf.

Gv 10, 8. 1 Tm 6, 20s.

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chi Le prescrizioni, e in che modo e fino a che punto la norma della "prescrizione", a cui si fa riferimento, è impiegata dallo scrittore nel corso della sua opera e, soprattutto, nella sua polemica contro gli eretici. In breve. Nel diritto romano, il pretore che era incaricato di amministrare la giustizia e, quindi ; di garantire e di preparare il processo, inviava al giudice la cosiddetta formula, che comprendeva le condizioni alle quali si doveva svolgere il processo. Questo procedimento era la cosiddetta intentio, con cui; appunto, si "intentava" un processo. Le praescriptiones erano delle clausole che potevano essere invocate tanto dal!'accusatore quanto dal!'accusato e potevano essere a favore del!' uno o dell'altro. Esse sollevavano delle obiezioni; in modo che un nuovo principio giuridico si opponesse a quello dichiarato dalla intentio, e in modo tale che il processo ottenesse una fine più rapida; nei casi di praescriptio pro reo poteva anche accadere che l'accusato fosse esentato dal giudizio. Una delle "prescrizioni' più frequenti era la longi temporis praescriptio, cioè la "prescrizione dovuta alla lunghezza del tempo trascorso": essa permetteva a colui che possedesse qualcosa, a parere di altri; illegalmente, di respingere l'azione intentagli da chi volesse rientrarne in possesso, qualora egli avesse posseduto tale cosa per un periodo di tempo fissato dalla legge, e a certe condizioni. Tertulliano riprende questa norma e intende applicarla alla sua polemica antieretica, che in quest'opera si svolge in modo generale, cioè investe tutte le eresie, mentre in altre opere prende in considerazione le singole persone degli eretici ed i loro insegnamenti. Ora, l'argomento a cui Tertulliano ricorre impiegando l' espediente giuridico della prescrizione, è il seguente: a chi spetta legittimamente il possesso delle Scritture? Agli ortodossi o agli eretici? Egli vuole, quind~ affrontare il problema ancora

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Introduzione

ceptam a Christo disciplinam /ideliter nationibus assignaverunt» (in quest'opera, cap. 6, 4). Gli apostoli hanno fondato le Chiese apostoliche, che, in quanto tali, posseggono la verità, e da loro le altre Chiese ricevono la vera dottrina (qui: cap. 2; 20-21; 32, 1). Cosi' la trasmissione è ininterrotta /in dai tempi degli apostoli: «Non alza agnoscenda erit traditio apostolorum quam quae hodie apud ipsorum ecclesias traditur» (Contro Marcione I, 2, c/ quest'opera, cap. 20, 4-6). Si ritrova, dunque, in Tertulliano, il legame che già Ireneo individuava tra la successione apostolica dei vescovi e la trasmissione del messaggio evangelico. «J;autorità delle Chie_se difende la tradizione degli apostoli» (Contro Marcione TV, 5, 7).

Come si vede, Tertulliano si è rifatto per la sua dottrina della tradizione apostolica a Ireneo. Il vescovo di Lione, del resto, è stato per lo scrittore cartaginese un maestro, non solo nel corso di quest'opera, ma di tutta la sua attività di scrittore cristiano.

2. Questa dottrina della tradizione apostolica è esposta da Tertulliano anche con l'aiuto dello strumento giuridico della "prescrizione" (praescriptio), che è quello che dà il titolo all'opera. Essa, in/atti, come si è accennato sopra (n. 1), ha come titolo quello di Le prescrizioni, al quale è stato aggiunto successivamente il sottotitolo di Contro gli eretici . Le prescrizioni è un nome che deriva dalla parte più significativa dell' opera (capp. 15-37), ove si trova l'argomento della praescriptio nelle sue varie /orme . Ora, il titolo /a esplicito riferimento al diritto romano, ma non solo il titolo : l'opera impiega formule e norme giuridiche come capita spesso nelle opere di Tertulliano. Pertanto è necessario spiegare, anche se in modo succinto, che cosa signzfi-

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Il principio della apostolicità delle Chiese ortodosse è sviluppato, sostanzialmente, nel modo seguente. Tertulliano af ferma che bisogna precisare: 1. da chi;- 2. attraverso chi;-3. quando; 4. a chi venne tramandata la dottrina grazie alla quale si diviene cristiani (capp. 19-20). A queste domande le risposte sono le seguenti: essa/u tramandata : 1. da Cristo; 2. per mezzo degli apostoli,· 3. dopo la sua resurrezione; 4. alle Chiese apostoliche. Di queste risposte di Tertulliano, gli eretici accettavano la prima e la terza, mentre mettevano in dubbio i carismi degli apostoli, che sospettavano di non aver conosciuto tutta la dottrina di Cristo e di non averla preservata intatta nel corso della tradizione, di averla cioè falsificata in seguito, ad esempio, di in/lussi giudaici. Di conseguenza gli eretici non ammettevano nemmeno la quarta risposta, perché sostenevano che le Chiese apostoliche si erano corrotte e ritenevano che si dovesse tornare alle Chiese primitive. Di conseguenza, lo scrittore deve precisare ulteriormente (al cap. 21) che Cristo ha rivelato la sua dottrina solo agli apostoli, e che questi l'avevano affidata solamente alle Chiese da essi stessi fondate. A sostegno del primo punto, quindi; Tertulliano deve respingere le affermazioni degli eretici; secondo i quali la Grande Chiesa non avrebbe compreso l'insegnamento degli apostoli e che loro, invece, gli eretici; avevano ristabilito la verità. Tertulliano sviluppa con una certa ampiezza questa risposta, che costituisce una parte importante del trattato. Egli insiste prima sulla unanimità della fede insegnata dalle Chiese apostoliche (tra le quali la Chiesa di Roma comincia ad avere un suo prestigio particolare, costituito dall'insegnamento di Pietro e di Paolo 9), e poi sulla recenziorità delle eresie: gli eretici; in/atti, pre9 Anche se Tertulliano non può ignorare che Paolo ha fondato anche altre Chiese e ha insegnato ad esse.

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prima di ogni discussione specifica con gli eretici sui singoli punti della loro dottrina, per dimostrare loro che essi non hanno il diritto di basarsi; come fanno, sulle Scritture per sostenere le loro dottrine e la loro perversa interpretazione del testo sacro. Il possesso delle Scritture, in/atti, spetta legittimamente solo alla Grande Chiesa, alla Chiesa di coloro che pro/essano la retta fede , e questo è dimostrato , appunto, dalla prescrizione. In realtà, Tertulliano accenna a varie prescrizioni; e non ad una soltanto: da qui il titolo del trattato, Le prescrizioni, e non "La prescrizione ". La prescrizione che lo scrittore impi ega più insistentemente è quella del "lungo tempo trascorso" (longi temporis praescriptio). Sia in questo trattato, infatti; sia al~ trove, Tertulliano insiste sull 'anteriorità della Grande Chiesa difronte alla recenziorità delle eresie (cf Contro Marcione TV, 4, 2ss.). !..:anteriorità rispetto alle chiese eretiche si risolve, in sostanza in qualcosa di ben più importante che non nel dato di fatto della cronologia, che ha valore sul piano giuridico solamente: essa, in/attz; implica l'apostolicità della Grande Chiesa. Le Chiese ortodosse sono state fondate dagli apostoli: quella di Roma da Pietro e Paolo, quella di Ef eso da Giovanni ; e così via; oppure, siccome le Chiese ortodosse erano divenute assai numerose all'epoca di Tertulliano, lo scrittore precisa che esse erano state fondate dai discepoli degli apostoli e avevano appreso direttamente da loro la dottrina cristiana. Le Chiese apostoliche, pertanto, e non quelle eretiche, sono direttamente depositarie della dottrina apostolica e delle Scritture stesse, con un'implicazione molto importante: solo le Chiese apostoliche possono fornire la vera esegesi del testo sacro. In tal modo Tertulliano può trasformare la discussione con gli eretici; da dottrinale e teorica come normalmente era, in discussione di carattere e contenuto storico e giuridico.

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3. Il motivo per cui Tertulliano si è risolto ad impiegare questa argomentazione di carattere giuridico ci è spiegato dallo scrittore stesso al cap. 19: c'era il pericolo che la discussione con gli eretici proseguisse all'infinito, dato che nessuna delle due parti; la Grande Chiesa e la chiesa degli eretici; accettava i principi dell'altra. Bisognava, dunque, trovare un metodo esterno al dibattìto stesso, un metodo che Tertulliano, con il suo spirito giuridico, non poteva trovare altro che nell'ambito del diritto. Per lui; l'argomento della prescrizione è senz'altro sufficiente per respingere gli eretici da ogni discussione sulle Scritture, e fino alla fine del trattato egli non ammette che si possa discutere nel modo ordinario, cioè contestando le affermazioni dell'avversario e difendendo le proprie. Il finale dell'opera (cap. 44), tuttavia, contraddice l'assunto, e rimette in discussione la validità preliminare della "prescrizione", in quanto Tertulliano ammette di dovere trattare, pol i casi specifici delle singole eresie. E cosi: effettivamente, ha /atto lo scrittore: dopo questo trattato di carattere teorico e giuridico, verranno poi le sue grandi opere contro gli eretici: Ermogene, Marciane, Valentino, Prassea. 4. Di grande importanza sul piano storico, inoltre, è la descrizione della "situazione" della Grande Chiesa agli inizi del III secolo che Tertulliano ci fornisce sulle singole Chiese, dall'oriente alt' occidente; ci dà testimonianza degli stretti rapporti che univano la Chiesa di Cartagine a quella di Roma, rapporti che dureranno per tutti i secoli successivi;fino all'invasione vandalica (sec. V). Essi furono di amicizia e collaborazione, ma talora anche di sospetto, come quelli di Cipriano e Agostino con i vescovi di Roma,· anche l'opposizione netta di Roma a Cartagine, in occasione dello scisma donatista, testimonia l'attenzione che Roma da sempre aveva dedicato a questa im-

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tendevano che anche le loro chiese risalissero al tempo degli apostoli:, di più, che nelle loro chiese si conservasse integro l'insegnamento di Cristo, il quale aveva depositato presso delle persone di sua fiducia (che non erano gli apostoli) le dottrine "segrete", cioè quelle più intime e più vere. Tertulliano presenta, quindi~ la successione apostolica come garanzia della continuità reale tra gli apostoli e le Chiese del suo tempo . La conclusione che ne deriva è che gli eretici non posseggono la vera dottrina di Cristo e degli apostoli, e che, di conseguenza, non hanno nemmeno alcun diritto sulle Scritture né di interpretarle come solevano /are. In questo modo la "prescrizione del lungo tempo trascor~ so" si unisce alla seconda, ad essa affine, cioè alla "prescrizione di recenziorità", come Tertulliano stesso la definisce altrove (Contro Marcione I, 1, 7). Cosi: Tertulliano dà coloritura giuridica ad un argomento che era stato, anch'esso usato, prima di lui da Ireneo, e poi sarà ripreso da Clemente Alessandrino. Ecco, dunque, le parole di Ireneo in Contro le eresie (III, 4, 2) 10_. «Che dire, infatti? Se ci fosse da discutere di una piccola questione, non bisognerebbe forse ricorrere a quelle antichissime chiese, delle quali gli apostoli hanno /atto parte, e trarre da esse, a proposito della questione di cui ci occupiamo, quello che è certo e sicuro? .. . Ché prima di Valentino non vi/urano i Valentinianz~ né c'erano prima di Marciane quelli che sono derivati da Marciane, e assolutamente non esistevano tutte quelle altre dottrine malvagie che sopra abbiamo esposto, prima che esistessero gli iniziatori e gli inventori della loro perversità» 11. lO Questo passo è già stato considerato sopra , a proposito della tradizione apostolica. 11 L'argomento sembra essere stato ripreso anche da Clemente Alessandrino, Strom. VII , 17, il quale, però, non gli attribuisce una importanza particolare.

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gata dalla cerimonia eucaristica della Chiesa di Roma. I: antico Simbolo romano possiede una forma innico-cultuale, che si evidenzia nelle serie asindetiche dei singoli membri e nel ritmo 13. Già nel periodo più arcaico, quando la confessione di fede non era ancora stata costituita in una regola a carattere formulare, incontriamo delle prime enunciazioni che contengono un nucleo essenziale, ma sempre con un tono solenne e innico 14 . Eccone alcuni: Erma, Mand. I, l 15: «Prima di tutto credi che uno solo è Dio, che ha prodotto ogni cosa e ha preparato e creato tutte le cose dal non essere all'essere»; Giustino (Apol. I, 61, 13): «Nel nome di Gesù Cristo che fu croci/isso sotto Ponzio Pilato il battezzato riceve il lavacro»; Ireneo, in Contro le eresie I, 2, 1 Harvey: la Chiesa che si è ora estesa in tutta la terra ha appreso dagli Apostoli e dai loro discepoli «la fede in un unico Dio Padre onnipotente, che ha creato il cielo e la terra e il mare e tutto ciò che è in essi; e in un unico Cristo Gesù, Figlio di Dio, che si è incarnato per la nostra salvezza, e nello Spirito Santo che ha annunziato per mezzo dei pro/e ti l'economia e la venuta di Cristo e la nascita da una vergine, la passione, la risurrezione dai morti; e l'ascensione al cielo nella carne... ». Due passi dalle lettere di Ignazio ci mostrano che all' epoca (cioè nella prima metà del II secolo) il simbolo era già sulla strada di una codificazione. Riferimenti alla regola di fede sono in/atti frequenti in queste lettere 16. Vi sono due se-

13 Così 14 Echi

Harnack , DogmengeschichteI4, 1909, p. 176, n. 4. liturgici si trovano anche nel Martirio di Policarpo(composto nel

156). 15 Questi sono tutti autori del II 16 Ne diamo una traduzione noi

secolo. stessi; i testi si possono leggere in J Padri apostolici,a cura di A. Quacquarelli, Città Nuova, Roma 19989.

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portante provincia dell'Impero e alla più importante delle Chiese d'Occidente. Altrettanto si può dire, poi~ della descrizione degli ambienti nei quali si sono sviluppate le eresie e del comportamento, a dir poco bizzarro (quando non disordinato, se non proprio immorale), degli eretici;-anche se molti particolari relativi alle singole personalità sono probabilmente inventati da una tradizione ad essi ostile, proprio questi particolari gettano luce su di un tumultuoso ribollire di contese e contrasti che opponevano le comunità cristiane a quelle eretiche in una grande città. 5. Ma questo trattato Contro gli eretici ci presenta altri motivi di interesse, e non solo sul piano storico. Esso ci introduce nella prassi più antica della Chiesa, quando il catecumeno recitava, probabilmente durante il suo battesimo, con cui entrava a far parte in tutto e per tutto della comunità cristiana, la cosiddetta "regola difede". Essa si svilupperà poi/ino a diventare il "credo" 12; l'opera Contro gli eretici ci fornisce il "credo" della Chiesa cartaginese. Più esatto, se si vuol rispettare l'uso linguistico dei primi secoli del Cristianesimo, è parlare di "simbolo" di fede, cioè della formula che sintetizza il contenuto della fede cristiana. Lo si può ripercorrerefino alle origini apostoliche, e vedere come si è sviluppato un poco alla volta fino ad assumere la /orma impie12 Su cui cf. J.N.D . Kelly, Early Christian Creeds, London 1960; J. Moingt, Théologie trinitaire de Tertullien, I, Paris 1966, pp. 75-86. Ma su questo testo essenziale esiste una letteratura assai ampia, che merita anche un'indagine storico-stilistica che abbracci lo stile in quanto tale, e non solo la sua storia; rimandiamo soltanto al saggio fondamentale di E. Norden, Agnostos Theòs, Berlin 19132 , ora in traduzione italiana a cura di Ch.O. Tommasi Moreschini, Morcelliana, Brescia 2002.

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Anche il Credo del messale romano è il risultato di questo sviluppo: «Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibih ed in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli; Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, wnswta nziale al Padre, per mezzo del quale tutte le cose sono state create, che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e si incarnò, ecc.». I Padri della Chiesa hanno considerato il Simbolo come eredità del periodo apostolico. Questa convinzione non risponde ad una assoluta verità, ma possiamo pur sempre dire che il Simbolo in potenza è stato una creazione del Cristianesimo primitivo, per quanto esso, in una formulazione codificata e precisa, sia stato una creazione dell'epoca post-apostolica. In/atti; in uno dei passi più noti della Prima epistola ai Corinzi (cap. 15), l'apostolo Paolo si esprime con le seguenti parole: «Vi rendo noto, fratelli; il vangelo che vi ho annunziato, che avete ricevuto, nel quale restate saldi; per mezzo del quale siete salvati; se lo mantenete nel modo in cui ve lo ho annunziato, altrimenti avreste creduto invano. Ho affidato a voi per primi quanto ho ricevuto, che cioè Cristo è morto per i nostri peccati; secondo le Scritture, che fu sepolto, che è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture, e che fu visto da Ce/a e dai dodici». Possediamo dunque una testimonianza di Paolo in base alla quale il nocciolo della fede evangelica («avete creduto»), che egli dette alle sue comunità, era stato, a sua volta, trasmesso a lui in precedenza: «Ho affidato a voi per primi quanto ho ricevuto», egli scrive; questa trasmissione (già qui il ter-

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) /

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zioni di particolare interesse, la prima nella lettera indirizzata agli abitanti di Traile (cap. 9), la seconda da quella agli abitanti di Smirne (cap. 1). È interessante osservare che, come ancora in Ireneo e in Tertulliano, e poi fino al IV secolo ali' epoca della controversia ariana, la codificazione delle formule dipendeva dalla opposizione ali' eresia, in particolare, per questo caso, al docetismo (c/ Trall., cap. 10: «se, come alcuni che sono senza Dio, cioè senza fede, pro/essano che Cristo abbia patito solo in apparenza, sono invece essi ad essere solo apparenti: perché sono imprigionato?»; e similmente Smyrn. 2). Ecco i due passi: «Agli abitanti di Traile. Gesù Cristo della stirpe di David, nato da Maria, che fu generato realmente, mangiò e bevve, fu perseguitato realmente sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso realmente e mori: mentre lo osservavano le potenze del cielo e della terra e sotto la terra, lui che realmente resuscitò dai morti; avendolo resuscitato il Padre suo, e per analogia noi che crediamo a lui, in questo modo ci risusciterà suo Padre in Gesù Cristo, senza il quale noi non abbiamo la vita vera». «Agli abitanti di Smirne. Il Signore nostro, che ebbe consistenza reale nella carne della stirpe di Davide, Figlz'odi Dio secondo la volontà e potenza di Dio, realmente generato da una vergine, battezzato da Giovanni; realmente inchiodato nella carne alla croce, per noz; sotto Ponzio Pilato ed Erode tetrarca». Si può leggere anche Ignazio, nel!' epistola agli abitanti di Magnesia 8, 2: « Vi è un unico Dio, che si è mani/e stato per mezzo di Gesù Cristo suo Figlio, che è il suo Verbo, scaturito dal silenzio, che si è compiaciuto in tutto di Colui che lo aveva mandato». ·

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«Cristo Gesù che è morto, anzi risorto, che è assiso alla destra della potenza di Dio». In effetti questa sezione di quel passo è divenuta parte integrante della formula della professione di fede che sarebbe stata successivamente sanzionata. Abbiamo pertanto ragione di considerare il Simbolo in tutta la sua struttura e non in piccola parte, anche nel suo contenuto, un prodotto del periodo apostolico, e dz a/fermare che, se inteso in questo senso, davvero risale alla cerchia dei discepoli di Pietro e dei Dodici. Non si può ovviamente più stabilire fino a che punto ed in che misura nella liturgia giudaica esistesse una formula di fede, poiché abbiamo solo una scarsa conoscenza della cerimonia del battesimo dei proseliti~ ed i nostri dati sui sacramenti degli Esseni (Giuseppe Flavio, La guerra contro i Giudei II, 8, 7), sono limitati al giuramento con il quale il novizio si obbligava a camminare nella strada di Dio. Con ogni probabilità non esisteva presso i Giudei e le loro sètte una formula di fede sacramentale: al contrario del Cristianesimo , il Giudaismo faceva una propaganda sorprendentemente molto ristretta. Il simbolo di fede, dunque, costituisce uno stile di preghiera e di predicazion e tipico del Cristianesimo , il quale rivesti con esso la salvezza annunciata dalla "buona novella". Ma già all'inizio gli avvenimenti di Cristo, vissuti da testimoni oculari~furono esposti in /orma di narrazione storica, addirittura prima di Paolo; in tutto questo si rispecchia chiaramente il /atto che il Cristianesimo subito volle essere considerato e caratterizzato come una religione divenuta storica, cioè "vera" e "reale". Questa professione di fede nel prosieguo dei secoli avrebbe subito molti cambiamenti negli elementi costitutivi del suo contenuto tramite aggiunte ed eliminazioni 19, ma la 19 La

garanzia di verità che forniva l'apparizione («apparve a Cefa e poi

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mine di paradosis) gli può essere derivata solo dalla comunità originaria. Vediamo chiaramente che una primitiva enumerazione storica dei principali avvenimenti della salvezza si sta sviluppando fino a formare una formula di fede; Paolo si indirizza anche ai Romani con le stesse parole solenni: «Avete obbedito dal cuore al modello dell'insegnamento che vi è stato trarme o» (6, 17). A questo elemento originario dei simboli successivi~ garantito dal passo del!' epistola ai Corinzi, è possibile, sia pure con la necessaria cautela, aggiungere un altro membro. Le parole che, secondo Marco 14, 62 (= Mt 26, 64), Gesù pronunziò davanti al sommo sacerdote: «D'ora innanzi vedrete il Figlio dell'Uomo assiso alla destra della potenza e portato sulle nubi del cielo» sono la combinazione solenne di due passi veterotestamentari: Sal 11O,1: «Dice il Signore al mio signore: siedi alla mia destra» 17, e Dan 7, 13: «Guardavo durante le visioni notturne, ed ecco apparire sulle nubi del cielo uno simile ad un figlio di uomo» 18. Tali parole di Marco sono tuttavia inequivocabilmente dalla comunità originaria e devono essere state impiegate nella liturgia già in tempi molto antichi. Quando in/atti Paolo scrive ai Colossesi (3, 1): «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra», voleva esprimere lo stesso concetto. Se Paolo aggiunge «assiso alla destra di Dio», il motivo di questa aggiunta consiste nel voler rammentare al lettore una formula già nota. Si può inoltre osservare che Paolo dimostra di conoscere tale formula anche in un altro passo, in Rm 8, 34: 17 Questo passo è citato alla lettera in Mc 12, 36; Mt 22, 44; Le 20, 4243; At 2, 34-35. 18 Citato anche in Mc 13, 26; Mt 24, 30; Le 21, 27.

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22

Introduzione

sua struttura rimase, nella sua resa formale semplice e incisiva, come una eredità sacrosanta ed immutata dal!' epoca delle prime comunità ai giorni d'oggi.

6. Insomma, l'opera Contro gli eretici è non soltanto un bell'esempio dell 'arte di uno dei più grandi scrittori cristiani; ma anche un prezioso documento della vita e della spiritualità del primo Cristianesimo, anzi; della vita stessa della Chiesa e della sua giustificazione di essere discendente degli Apostoli; di essere colei che conserva gelosamente la tradizione. 7. Per il presente lavoro ci siamo basati sull 'edizione di F Refoulé, Corpus Christianorum, Series Latina I, Turnhout 1958, e su quella parallela, curata dal medesimo studioso insieme a P de Labriolle, ma con introduzione, traduzione francese e note, pubblicata nelle Sources Chrétiennes n. 46, Les Éditions du Cer/, Paris 1957; abbiamo soltanto modificato la scansione in paragrafi,;diminuendone il numero. Ci siamo serviti anche del nostro precedente lavoro: Tertulliano, Opere scelte, Introduzione, traduzione e note, UTET, Torino 1974.

ai Dodici») era sostanziale per le prime comunità, ma comprensibilmente passò in secondo piano per le generazioni successive.

Tertulliano

CONTRO GLI ERETICI (Le prescrizioni)

CONTRO GLI ERETICI (Le prescrizioni)

I. 1. La condizione dei tempi attuali ci obbliga a rammentarvi che non dobbiamo meravigliarci di queste eresie, né che esistano (ché ci era stato annunciato già in anticipo il loro sorgere) 1, né che scuotano la fede di certuni (ché le eresie servono proprio a far sì che la nostra fede, incontrando la tentazione, incontri anche la prova). 2. Pertanto si comportano in modo sciocco e sconsiderato coloro (e sono la maggioranza) che si scandalizzano proprio del fatto che le eresie abbiano tanto potere, quanto non esisterebbero, se non ne avessero tanto 2 . 3. Quando qualcosa ha ottenuto dalla sorte il dono di esistere, in un modo o nell'altro, essa, come ottiene dalla sorte il motivo per cui esiste, così ottiene una forza per cui esiste, e non può non esistere 3.

1 Questo preannuncio delle eresie si riferisce ai passi , più volte citati in quest'opera, di 1 Tm 4, 1; 2 Pt 2, l; 3, 3. Cf. più oltre il cap. IV, 1. 2 Si noti la costruzione insolita del periodo, che riproduce la libertà della lingua di tutti i giorni. 3 Osservazione cavillosa di carattere giuridico: tali osservazioni, frequentissime nelle opere di Tertulliano, ne costituiscono una delle principali caratteristiche. Lo scrittore sviluppa poi, nel capitolo successivo , con una certa prolissità le considerazioni qui esposte.

II, 1 - III , 4

29

che proprio quello stesso vincitore, successivamente messo di fronte a uno ben dotato di forze, può anche accadere che si ritiri sconfitto. 8. Non diversamente le eresie traggono la loro forza dalla debolezza di certuni, mentre non avrebbero nessuna forza se si scontrassero con una fede che avesse forza . III. 1. È vero che questa gente che vive a bocca aperta viene spinta alla rovina anche dal fatto che alcune persone sono conquistate dall'eresia: «Perché quella tale o quel tale, persone piene di fede e di prudenza e di pratiche religiose, sono passate dall'altra parte?». 2. Ma chi, proprio con queste parole, non fornisce a se stesso la risposta? Non possono essere considerati pieni né di prudenza né di fede né di pratiche religiose coloro che poterono esser mutati dall'eresia. Ed è strano, credo, che uno che in passato si è mostrato fedele, in seguito esca dalla retta via ... 3. Saul 4, buono più di tutti, viene successivamente rovinato dall'invidia. Davide, uomo buono secondo il cuore del Signore• , diviene in seguito colpevole di stupro e di assassinio. Salomone, che aveva ricevuto ogni grazia e ogni sapien za dal Signore, viene spinto all'idolatria da alcune donne 6 . 4. Solamente al Figlio di Dio era riservato di rimanere • Cf. 1 Sam 13, 14.

b Cf. 1 Sam 9, 2; 18, lOss.; 13; 1 Re 3ss.; llss.

4 Gli esempi di Saul e di Salomone sono impiegati anche altrove da Tertulliano (cf. Contro Marciane II , 23, 2). Il nostro autore li considerava esempi tipici di bontà e sapienza umana successivamente traviate . L'imitazione che del primo esempio fanno lo Pseudo Cipriano (A Novaziano, cap . 14) e Cipriano stesso (Sull'unità della Chiesa cattolica, cap. 20), testimoniano la diffu sione degli scritti di Tertulliano negli ambienti africani.

28

Contro gli eretici

II . 1. Ad esempio la febbre, annoverata tra tutti gli altri tipi di condizioni fisiche che arrecano la morte e la sofferenza per far morire l'uomo , non suscita la nostra meraviglia se esiste (esiste, infatti), né se fa morire l'uomo (esiste, infatti , proprio per questo). 2. Allo stesso modo le eresie, introdotte nel mondo per far languire e perire la fede , se noi ci spaventiamo eh s~e abbiano questo potere, prima dobbiamo atterrirci che esse siano tali, giacché esse, finché esistono , hanno questo potere, e, finché hanno questo potere, posseggono l'esistenza . 3. Ma come è logico, noi detestiamo, più che meravi gliarcene, la febbre, in quanto è un male, sia a motivo della sua natura stessa, sia a motivo della sua potenza, e ce ne guardiamo per quanto possiamo, pur non avendo in nostro potere la facoltà di eliminarla. 4. Le eresie, invece, che portano la morte eterna e la calura di un fuoco maggiore di quello della febbre - alcuni preferiscono meravigliarsi del fatto che esse abbiano questo potere, piuttosto che evitare che lo abbiano , pur avendo essi la possibilità di evitarlo. 5. Del resto , le eresie non avrebbero alcun potere se costoro non si meravigliassero che esse potessero tanto. Giac ché, mentre si meravigliano, sono pronti a scandalizzarsi, oppure , proprio perché si scandalizzano, se ne meravigliano , come se il loro enorme potere provenisse da una verità insita in esse. 6. Straordinario, s'intende, che il male abbia delle forze sue proprie ... - se non che le eresie hanno molto potere su coloro che non hanno forze nella fede. 7. Di solito, nel combattimento dei pugili e dei gladiatori, uno non vince perché è forte o perché è invincibile, ma perché colui che è stato vinto non aveva forze: tanto è vero

III, 4 - IV, 3

31

9. Non è avvenuto forse che alcuni discepoli si sono allontanati scandalizzati dal Signore stesso? E non per questo, tuttavia, gli altri credettero di doversi allontanare dalle orme di lui, ma essi, che sapevano che egli era il Verbo di vita e che era venuto da Dio, perseverarono ad accompagnarlo fino alla fine, sebbene egli avesse con mitezza offerto loro di andars n , s avessero voluto i. 10. Non ha importanza che alcuni, Figelo ed Ermogene e Fileto ed Imeneo, abbiano abbandonato il loro apostolo i: lo stesso traditore di Cristo era uno dei suoi apostoli k. 11. Ci meravigliamo se le sue chiese sono abbandonate da alcuni, quando ci mostrano cristiani solo quelle sofferenze che noi affrontiamo sull'esempio di Cristo stesso? 1• Vennero di mezzo a noi, dice la Scrittura, ma non furono dei nostri:·sefos-

sero stati dei nostri, sarebberocertamente rimasti con noim. IV. 1. Perché, piuttosto, non ci ricordiamo delle dichiarazioni del Signore e delle lettere degli apostoli, che ci preannunciarono che sarebbero venute le eresie e ci imposero di fuggirle e che, come non ci spaventiamo della loro esistenza, così non dobbiamo meravigliarci che esse possano tanto da doverle fuggire? n. 2. Il Signore ci ammaestra dicendoci che verranno molti

lupi rapacisotto la pelle di pecore0. 3. Quale sarà questa pelle di pecore, se non l'apparenza esteriore del nome di cristiano? Quali saranno questi lupi rapaci se non dei sentimenti e degli spiriti subdoli, che stanno nascosti all'interno per devastare il gregge di Cristo? i Cf. Gv 6, 67. ICf. 1 Pt 2, 21; 4, 13.

7, 15.

i Cf. 2 Tm 1, 15; 2, 18; 1 Tm 1, 20 . k Cf. Gv 6, 70. 0 Mt m 1 Gv 2, 19. nCf. 2 Pt2, l; Tt3, 10.

X

30

Contro gli eretici

senza colpa5. Che c'è di strano, dunque, se un vescovo, se un diacono, se una vedova, se una vergine 6 , se un dottore 7, se persino un martire 8 saranno caduti abbandonando la disciplina della fede? Forse per questo motivo le eresie sembreranno essere più forti della verità? 5. Mettiamo alla prova la fede sulla base delle persone, o le per one sulla base della fede? Nessuno è saggio s non è fedele, nessuno è più grande se non è cristiano, nessuno è cristiano se non colui che avrà perseverato fino alla fine c. 6. Tu, uomo come sei, conosci le persone solamente dal di fuori, pensi quello che vedi e vedi fino a dove giungono i tuoi occhi. Ma gli occhi del Signore, dice la Scrittura, vedono profondamente. ];uomo guarda nel viso, Dio nel cuored. 7. E per questo il Signore conosce coloro che gli appartengono e e sradicala pianta che non ha pz'antatofe mostra che i primi sono gli ultimig e porta in mano un ventilabro per pu lire la sua aia h. 8. Svolazzino pure quanto gli piace ad ogni vento di tentazione le paglie di poca fede: proprio per questo la massa di frumento verrà riposta più pura nel granaio del Signore.

g Cf.

e Cf. Mt 10, 22 . d 1 Sam 16, 7. Mc 10, 31. h Cf. Mt 3, 12.

e 2 Tm 2, 19.

f

Mt 15, 13.

5 Una dottrina ripetuta altrove da Tertulliano (La preghiera 7, 7; Contro Marciane II, 21, 6; I.:anima41, 3; La carne di Cristo 16, 4). 6 È evidente da questo passo l'importanza che la Chiesa primitiva attri buiva , nel suo seno , alle vedove e alle vergini, in virtù della loro temperanza . 7 Il "dottore" è colui che, anche senza essere presbitero, ha l'incarico di istruire i catecumeni. 8 "Martire ", evidentemente, qui non ha il significato che ha la nostra parola "martire"; il suo significato è più vicino a quello originario (in greco: martyr, testimone), e può essere considerato più o meno equivalente di "confessore" .

IV,4-VI,1

33

aggiunge ad essi le eresie, se ne deduce essere un male quello che l'apostolo aggiunge a dei mali; anzi, si tratta di un male maggiore, in quanto l'apostolo dice di credere a quello che sente dire degli scismi e dei dissensi proprio per il fatto che egli sapeva che dovevano esistere anche le eresie. 2. L'apostolo mostra infatti che, in presenza di un male più grande , gli aveva creduto senza difficoltà alle notizie sui mali più piccoli, certamente non nel senso che egli abbia creduto a quanto gli riferivano sui mali proprio perché le eresie erano qualcosa di buono, ma nel senso che, in base alle tentazioni peggiori, egli ammoniva già prima che non bisognava meravigliarsi di quelle che dovevano servire a rivelare le persone provate, vale a dire, quelle che le tentazioni non erano riuscite a corrompere. 3. Infine, se il significato di tutto il capitolo è quello di mantenere l'unità e di frenare le separazioni, mentre le eresie sradicano dall'unità non meno degli scismi e dei dissensi, evidentemente l'apostolo comprese nel suo biasimo tanto le eresie quanto gli scismi e i dissensi. 4. Pertanto, l'apostolo non intende come persone pro vate quelle che hanno deviato finendo in un'eresia , tanto più che egli esorta col suo rimprovero a tenersi lontani da cose di tal fatta, insegnando che tutti debbono parlare e pensare allo stesso modo: ebbene, anche questa cosa le eresie non la permettono. VI. 1. E non voglio parlare più a lungo di questo punto, se Paolo è quello stesso che anche altrove enumera le eresie precisa che cosa sia quello che formalmente li distingue, e questa definizione , in élefinitiva, lo interessa poco, perché in effetti scisma ed eresia sono quasi inseparabili e, dal punto di vista dell 'unità della chiesa, giungono allo stesso risultato» .

32

f

Contro gli eretici

4. Quali sono i falsi profeti se non i falsi predicatori? Quali sono i falsi apostoli se non gli evan elizzatori di un vangelo adulterato? Quali sono gli nticristiP, ora e sempre, se non i ribelli a Cristo? 5. Ecco cosa sono le eresie: esse con la perversità delle loro nuove dottrine tormentano la Chiesa non meno di quan to la perseguiterà allor I'Ariiìcris ·i;:ì con l'atrocità d 11 sue etsecuzi~ q - con la dìffurenza che la persecuzione pro uce anche dei martiri, mentre l'eresia produce soltanto degli apostati. 6. E questo fu il motivo per cui dovevano esistere anche le eresie, perché venissero manifestati tutti coloro che erario di provata virtù, sia coloro che furono saldi nelle persecuzioni sia coloro che non deviarono alle eresie 9. 7. Che l'apostolo non ci esorta a considerare provati coloro che hanno mutato la loro fede in eresia, come l'intendono per i propri fini i nostri avversari, solo per il fatto che altrove ha detto: Esaminate ogni cosa, e tenete per voi solo quello che è buono r. Come se non fosse possibile, dopo aver male esaminato ogni cosa, ridursi a scegliere qualche male per errore!

V. 1. Inoltre , se l'apostolo rimprovera i dissensi e gli scismi 10 (che senza dubbio sono un male) e immediatamente P Cf.

2 Cor 11, 13.

qCf . 2 Ts 2, 1-12.

ri Ts 5, 21.

9 Cf. 1 Cor 11, 19. Tertulliano ripete frequentemente questo moti vo (cf. Contro Marcione V, 8, 3; Contro i Valentiniani 5 , 2; !.:anima 3, 1; La resurrezione dei morti 63, 8).

l O La discussione contenut a in questo passo prende le mosse da 1 Cor 11, 18ss. È da tener presente che , come osserva il Refoul é, «Tertulliano distingue nettamente tra "dissenso " e "scisma " da una parte , ed "eresia " dal l'altra , per sottolineare che l'ere sia è una forma peggiore di scisma; egli non

35

VI, 1 - VII, 3

rantesi in angelo di luce v, dai cui segni e dai cui portenti sarebbe stato indotto Apelle a introdurre una nuova eresia. VII. 1. Queste sono le dottrine degli uomini e dei demoni, nate dallo spirito della sapienza terrena per quelle orecchie che hanno il prurito di udirle w. Ma il Signore chiamò "stoltezza" quella sapienza, e scelse ciò h è stolto del mondo per confondere anche la stessa filosofia x. 2. Che la filosofia è la materia della sapienza terrena, interprete temeraria della natura e della disposizione divina 13 • Pertanto, le eresie stesse sono subornate dalla filosofia 14• 3. Dalla filosofia derivano gli eoni 15 e non so che forme )

'V v Cf. 2 Cor 11, 14. 1 Cor 1, 27; 3, 19.

wCf. Col 2, 22 ; 1 Tm 4, 1; 2 Tm 4, 3.

X

Cf.

13 Questo è un passo fondamentale per comprendere la posizione di Tertulliano nei confronti della filosofia. Lo scrittore è, almeno in linea di principio , fortemente critico verso di essa. In questo atteggiamento Tertulliano diverge totalmente non solamente dal contemporaneo Clemente d'Alessandria, che non conobbe, ma anche dall'apologetica greca, che pure aveva studiato . Basti pensare che gli apologeti greci tendono a definire il Cristianesimo, di fronte alle classi colte pagane del II secolo, come una nuova forma di filosofia, e che proprio per negare questo assunto - senza riferirsi, però, agli apologeti greci - Tertulliano si era dilungato nei capp . 46ss. dell'Apolog etico. Più tardi, però, Tertulliano, costretto a polemizzare con gli eretici , si allontana notevolmente da questo atteggiamento troppo radicale. 14 Questa convinzione è ribadita più volte da Tertulliano: cf. Contro Ermogene 8, 3; Contro Marciane I, 13, 3 e V, 19, 7; Uanim a 3, 1: «Magari non ci fosse stato bisogno che sorgessero le eresie per far risplendere tra gli altri tutti quelli di provata virtù! Non avremmo affatto bisogno di discutere sull'ani ma con tutti i filosofi, i patriarchi, per così dire , degli eretici, se è vero che già allora l'apostolo prevedeva nella filosofia un pericolo per la verità .. .». l5 Alla esposizione e alla critica della dottrina degli Eoni (che potremmo tradurre all'incirca con "realtà divine", "sostanze trascendenti"), fondamento della eresia valentiniana, Tertulliano dedicherà il suo trattato Contro i Valentiniani. Le forme infinite di numero, alle quali qui lo scrittore fa uno

34

\

.

Contro gli eretici

tra le colpe della carne, allorché scrive ai Galati s, quello stesso che impone a Tito t, di respingere l'eretico dopo averlo corretto una volta, in quanto un tale uomo è malvagio, e peccatore perché condannato da sé medesimo. 2. Ma si può dire che anche quasi in ogni epistola, inculcando di fuggire le dottrine adulterate, l'apostolo condanna le eresie, delle quali le dottrine adulterine sono un prodotto: le eresie sono state definite così con parola greca nel significato di "scelta" 11, di quella scelta in base alla quale uno insegna o accoglie quelle dottrine adulterate. 3. Per questo l'apostolo ha detto che l'eretico si è condannato da solo, perché ha scelto per sé un motivo di condanna. A noi, al contrario, non è permesso di introdurre niente di nostro arbitrio, e neppure di "scegliere" quello che un altro ha introdotto di suo arbitrio. 4. Noi abbiamo come garanti gli apostoli del Signore, neppure i quali scelsero di proprio arbitrio qualche dottrina da introdurre, ma distribuirono scrupolosamente ai gentili quella disciplina che avevano ricevuto da Cristo. 5. Pertanto, anche se fosse un angelo che viene dal cielo colui che evangelizza in modo diverso, da parte nostra verrebbe pronunciato l'anatema u. Già allora, infatti, lo Spirito Santo aveva previsto che in seguito si sarebbe trovato in una certa vergine Filumene 12 un angelo di seduzione trasfigus

Cf. Gal 5, 20.

1

Cf. Tt 3, 10-11.

u Cf. Gal

1, 8.

11 Haeresis è, infatti, la forma latina del greco hairesis, che significa "scelta", e quindi anche "scuola filosofica", e ancora "scelta all'interno di una religione". 12 Su Apelle e Filumene si parla oltre più diffusamente, ai capp . 30 e 34; contro querti eretici Tertulliano polemizza duramente anche in La carne di Cristo, cap. 6, lss .

VII, 3-6

37

all'insegnamento unanime di tutti i filosofi 21 ; e quando si pone la materia sullo stesso piano di Dio, è la dottrina di Zenone 22 ; e quando si introduce qualche nozione di un dio di fuoco, interviene Eraclito 23. 5. Medesime sono le questioni rimuginate dagli eretici e dai filosofi, medesime sono le considerazioni che essi aggrovigliano: donde il mal , e p r hé il male? 24 . E dond l'uomo, e in qual modo? E la questione che non molto tempo fa propose Valentino: donde Dio? Si capisce, dall' enthymesi e dal1'ectroma ... 25. 6. Povero Aristotele! Ha insegnato loro la dialettica, architetta nel costruire e nel distruggere, versipelle nelle affermazioni, forzata nelle ipotesi, incomprensibile nelle argobase del suo materialismo, che anche l'anima umana , composta di atomi , fosse destinata alla dissoluzione e alla morte; quale eretico sostenesse una dottrina analoga, è meno sicuro: forse i Valentiniani stessi, secondo i quali gli ilici sono destinati alla distruzione finale, e quindi anche la loro anima perirebbe . 21 La resurrezione della carne, infatti , è una dottrina tipicamente cristiana, oggetto di scandalo per i pagani: Tertulliano dovrà dedicare alla sua difesa un trattato specifico, quello su La resurrezione. 22 Il fondatore dello stoicismo; l'allusione è rivolta contro l'eretico Er mogene. 23 Questa era la dottrina di Eraclito, il famoso filosofo del VI-V secolo a.C., secondo il quale il principio del tutto (inteso da Tertulliano come Dio) sarebbe il fuoco . 24 Questo era effettivament e un problema discusso sia dai pagani (i platonici del 11-111secolo dell'età imperiale, come Plutarco , Massimo di Tiro, Numenio, Apuleio), sia dagli eretici (Valentino, come abbiamo visto sopra). La medesima critica è ripresa in Contro Marciane I, 2, 2. 25 Termini tecnici della dottrina valentiniana . «Il dio psichico, il demiurgo, proviene dall' enthymeszs, cioè dalla saggezza esterna al Pleroma (che è il complesso degli Eoni nella loro perfetta intierezza) , e dal suo prodotto, un elemento femminile , sostanza senza forma e senza organizzazione, chiamata ek troma, cioè "aborto ". Derivato dalla passione, escluso dal pleroma, questo è l'origine delle due sostanze , quella psichica e quella ilica, e in primo luogo del demiurgo, padre, capo e dio di queste due sostanze» (Refoulé) .

X

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Contro gli eretici

infinite di numero e la triade dell'uomo secondo Valentino 16: era stato filosofo platonico 17. Dalla filosofia deriva il dio di Marcione, un dio migliore del nostro grazie alla sua mitezza 18: era un dio proveniente dallo stoicismo 19 . 4. E perché si dica che l'anima perisce, si osserva Epicuro 20; e perché si neghi la ricostituzione della carne, si attinge

sprezzante riferimento , sono appunto, i trenta Eoni della teologia valentiniana, che altrove (Contro Marciane I, 5, 1) lo scrittore paragona, con pari sarcasmo, ai trenta figli della scrofa trovata da Enea quando sbarcò nel Lazio (Eneide VIII , 43ss.). 16 Secondo i Valentiniani (che prendevano le mosse da 1 Cor 2, l lss.) l'umanità era divisa in tre generi, quello degli uomini "spirituali", cioè gli uomini perfetti, la cui natura era costituita di puro spirito, quello degli "psichici" (gr. psyché, "anima") , i quali erano costituiti essenzialmente da una essenza "animata ", cioè erano solamente uomini, esseri animati ma non ancora esseri spirituali e quindi potevano volgersi sia alla perfezione sia alla perdizione, e quella degli "ilici" (dal greco hyle, "materia") , cioè puramente materiali, e quindi destinati alla perdizione . 17 Alla eresia valentiniana già gli antichi attribuivano la caratteristica di essere affine al platonismo, in seguito alla differenziazione tra i due piani della realtà (quella materiale del mondo terreno e quella spirituale degli Eoni) , e per la professione di una teologia apofatica, per la quale l'Eone supremo, definito "Abisso" e unito al "Silenzio" è inconoscibile e impronunciabile. Il fondatore di tale eresia, Valentino, era originario di Alessandria d'Egitto; fiorì intorno alla metà del II secolo d.C. e divenne così famoso per il suo insegna mento, tanto che si pensò che potesse essere eletto vescovo della sua città ; poiché un altro fu preferito a lui, allora Valentino manifestò apertamente la sua ribellione ed il suo insegnamento eretico . Questo secondo la tradizione, che tende a ricondurre il formarsi dell'eresia alla superbia e alla indisciplina del cattivo cristiano. Tertulliano ci darà qualche altra informazione di lui più avanti, al cap. XXX. 18 L'eretico Marciane, di cui si parlerà con maggiori dettagli al cap. 30, postulava l'esistenza di un dio superiore a quello noto dell'Antico Testamento. l9 L'accusa di stoicismo rivolta alla dottrina di Marciane era fondata sulla presunta somiglianza tra la dottrina stoica della imperturbabilità del saggio e quella marcionita, della mitezza del dio sconosciuto, che non si adira con gli uomini per le loro colpe, e quindi nemmeno li punisce. 20 Il riferimento non è molto chiaro: Epicuro, come si sa, sosteneva, sulla

VII, 6 - VIII, 2

39

9. Che hanno in comune, dunque, Atene e Gerusalemme? L'Accademia e la Chiesa? Gli eretici e i cristiani? 32 . 10. La nostra disciplina viene dal portico di Salomone, il quale aveva anche insegnato che si doveva cercare Dio in semplicità di cuore 33. Ci pensino coloro che hanno inventato un cristianesimo stoico e platonico e dialettico . Non abbiamo bisogno della curiosità, dopo Gesù Cristo, né della ricerca dopo il Vangelo. Quando crediamo, non sentiamo il bisogno di credere in altro, giacché noi crediamo prima questo, non esserci motivo di dover credere in altro. VIII. 1. Vengo, dunque, a parlare di quella frase che i nostri allegano per permettersi la propria curiosità e che gli eretici inculcano per instillare le loro sottigliezze 34 . Giacché è scritto, dicono: cercate e troverete z. 2. Cerchiamo di ricordarci in che occasione il Signore ha 2

Mt 7, 7.

32 Un'esclamazione famosa: Atene e Gerusalemme sono il simbolo della sapienza terrena e della sapienza vera, quella cristiana. Questa posizione è analoga a quella già assunta nell'Apologetico (cap. 46, 18): «Che hanno di simile il filosofo e il cristiano, il discepolo della Grecia e il discepolo del cielo, il trafficante della fama (cf. Uanima, cap. 1, 2: philosophus, gloriae anima[) e il trafficante della salvezza della vita, l'operatore di parole e l'operatore di fatti, l'edificatore e il distruttore delle cose, il falsario e il difensore della verità, il suo ladro e il suo custode?». 33 La conoscenza umana, quindi, non possiede un valore intrinseco, ma deve essere esercitata solo per il raggiungimento della salvezza dell'anima. Cf. Sap 1, 1. 34 Ecco un esempio assai interessante dell'attività esegetica di Tertulliano. Come si vede, lo scrittore rifugge da ogni interpretazione allegorica e fantastica, che egli rimprovera solitamente agli eretici; anzi, in questa esegesi particolarmente accurata, egli tiene nel debito conto le circostanze storiche e la prospettiva della disposizione divina nei confronti del popolo ebraico e della diffusione della dottrina cristiana.

38

1'

Contro gli eretici

mentazioni, produttrice di contese, molesta anche a se stessa, pronta a riesaminare tutto per paura di aver trascurato del tutto qualche punto 26 . 7. Da qui derivano quei miti e quelle genealogie interminabili 27 e quelle questioni sterili e quei discorsi che vanno di traverso come un granchio 28: da esse ci tiene lontani l' aposto lo, dichiarando e plicitamente, quando scrive ai Colossesi, che dobbiamo tenerci in guardia dalla filosofia e dalla vana seduzione di essa: Fate attenzione a che qualcuno non vi inganni per mezzo della filosofia e della sua vana seduzione, secondo la tradizione degli uominiY , in contrasto con la provvidenza dello Spii;-_ito Santo. 8. Era stato ad Atene, e aveva conosciuto, grazie agli incontri che ivi aveva fatto 29 , questa sapienza umana che pre tende di possedere la verità e la corrompe 30, anch'essa in più modi spartita nelle sue eresie, vale a dire nella varietà delle sue sètte che si contrastano a vicenda 3 1. Y Col

2, 8.

26 Questa polemic a contro Aristotel e e questo dispr ezzo per la logica aristotelica (qui prorompente in un brano di bravura ) non sono dovuti puramente ad uno sfogo passionale . La logica aristotelica era considerata il simbolo della filosofia pagana , cavillosa e, in ultima analisi, inutile, perché incapace di raggiungere la verità. 27 Anche qui Tertulliano ha di mira i Valentiniani e varie altre sètte eretiche . 28 Un'immagine molto vivace; altrove , Tertulliano impiegherà l'immagi ne dello scorpione per designare l'eresia, il cui morso è velenoso. 2 9 Come si narra in At 17, 15ss., Paolo avrebbe discusso ad Atene con gli Stoici e con gli Epicurei, e, comunque , con i filosofi di cui quella città era piena. 30 Cf. quanto si è osservato sopra alla nota 13, a proposito dell'atteggiamento di Tertulliano nei confronti della filosofia. 31 Le varie scuole filosofiche pagane, in contrasto irriducibile tra di loro, appaiono allo scrittor e non diverse dalle sètte eretiche , tutte nemiche l'una dell'altra.

VIII, 2 - IX, 1

41

7. Anche chiedete e riceverete •g riguarda colui che sapeva a chi si dovesse chiedere, cioè, a quella persona che aveva anche promesso qualcosa, s'intende al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che le genti ignoravano più ancora di tutte le sue promesse. E per questo motivo il Signore diceva a Israele: Non sono stato mandato ad altri se non alle pecore smarrite della casa di Israele ah. 8. Non aveva ancora gettato ai cani il pane dei suoi figli ai, non aveva ancora ordinato di andare sulla strada delle genti •i. 9. Se è vero che, alla fine, Cristo ordinò ai discepoli che \ e~ andassero a insegnare e a battezzare le genti•k, essi erano sta- 1 ti destinati a ricevere poi lo Spirito Santo, il Paracleto, che lil ;- . avrebbe condotti in ogni verità al: ma anche questo serve a di·-:, mostrare il medesimo nostro scopo. Ché se persino gli apo\ 1 stoli, destinati ad essere i dottori delle genti, dovevano rice-. vere anch'essi il Paracleto, loro dottore, a maggior ragione / non poteva riguardare noi il «cercate e troverete», giacché la dottrina di Dio doveva giungere a noi di sua spontanea volontà attraverso gli apostoli, e doveva giungere agli apostoli stessi per mezzo dello Spirito Santo. 10. Certamente, tutte le parole del Signore riguardano tutti: attraverso le orecchie dei Giudei passarono fino a noi, ma la maggior parte di esse furono rivolte alle singole persone e servirono non come da ammonimento, ma come un . . esemp10 per noi.

t

IX. 1. Abbandono ora di mia spontanea volontà questa posizione polemica. Ammettiamo che sia stato detto per tut -

ak

ag Mt 7, 7. Cf. Mt 28, 19.

ah

Mt 15, 24. 16, 13.

• 1Cf. Gv

ai

Cf. Mt 15, 26.

•i Cf. Mt 10, 5.

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Contro gli eretici

pronunciato queste parole. Se non sbaglio, fu proprio agli inizi della sua predicazione, quando esisteva ancora in tutti il dubbio se egli fosse Cristo, quando nemmeno Pietro lo aveva ancora chiamato Figlio di Dio••, quando anche Giovanni aveva smesso di essere certo nei suoi riguardi ab. 3. Con ragione, dunque, fu detto allora: Cercate e troverete, dal mom nto h bi~ognava an ora cercare colui che non era stato ancora riconosciuto nella sua vera natura. Questo per quel che riguardava i Giudei. 4. Riguardava i Giudei, infatti, tutto il rimprovero contenuto in quelle parole di Cristo, perché essi avevano dove cercare Cristo. Hanno Mosè ed Elia, dice il Signore •e,cioè la Legge e i Profeti, i quali predicavano Cristo, come si dice apertamente anche altrove: Esaminate le Scritture, in cui potete sperare la salvezza,· esse in/atti parlano di me•d. Questo significa «cercate e troverete». 5. Giacché anche le parole seguenti è evidente che riguardano i Giudei: Bussate e vi sarà aperto •e. Precedentemente, i Giudei erano stati vicino a Dio; poi, cacciati a causa dei loro delitti, cominciarono ad essere lontani da Dio; le genti, invece, non furono mai presso Dio, ad eccezione di gocce d'acqua di una secchia e di un grano di polvere dell'aia •f, ma furono sempre fuori della porta. 6. Pertanto, colui che fu sempre fuori della porta come busserà là dove non è mai stato? Come può conoscere una porta entro la quale non fu mai accolto e fuori della quale non fu mai cacciato? O non busserà piuttosto alla porta e la conoscerà colui che sa di essere stato dentro e di essere stato poi cacciato fuori?

39.

•• Cf. Mc 16, 13-16. ab Cf. Mt 11, 2ss. •eMc7,7. afJs40,15.

•e

Le 16, 29.

adGv 5,

IX, 1-X , 7

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quello in cui hanno creduto, e che questo è quello che essi dovettero cercare: «cercate e troverete», infatti, non deve essere interpretato senza un metodo razionale.

X. 1. Ma il significato di questa frase di Cristo si basa su tre punti: sul contenuto, sulla circostanza e sul modo. Sul contenuto, nel senso, cioè, che si consideri che cosa si debba cercare; sulla circostanza, sì da considerare il quando; sul modo, sì da considerare fino a che punto può giungere un'interpretazione. 2. Pertanto bisogna cercare quello che Cristo ha insegnato, vale a dire, per tutto il tempo che tu non lo abbia trovato, vale a dire, finché tu non lo abbia trovato. E una volta che tu hai cominciato a credere, tu lo hai trovato. 3. Giacché tu non avresti creduto se non lo avessi trovato, come non lo avresti cercato se non al fine di trovarlo. Dal momento, dunque, che tu lo cerchi per trovarlo e lo trovi per credere, tu hai posto, una volta che credi, un termine a ogni prolungamento del cercare e del trovare. 4. Questo limite te lo fissa il risultato stesso raggiunto dal tuo cercare. Questo fossato te lo ha tracciato proprio co- )( lui che vuole che tu creda solo quello che ha insegnato, e pertanto che nemmeno tu lo cerchi. 5. Del resto, se, per il fatto che tante altre dottrine sono state insegnate da altri, per questo noi dobbiamo cercare tanto quanto possiamo trovare, allora noi cercheremo sempre e non giungeremo mai a credere. 6. Dove sarà, infatti, un termine alla ricerca? Dove sarà il punto fisso del credere? Dove il trovare definitivo? Presso Marciane? Ma anche Valentino propone «cercate e troverete». 7. Presso Valentino? Ma anche Apelle mi ha colpito con

42

Contro gli eretici

ti «cercate e troverete»: tuttavia anche qui la frase richiede un significato sicuro 35 con la guida di una interpretazione. 2. Nessuna frase del Signore è così slegata e staccata da un contesto che se ne possano difendere soltanto i significati delle parole e non si precisi il nesso razionale delle parole stesse. Ma innanzitutto io sostengo che Cristo ha impartito un unico e ben preciso ins gnamento, in cui debbono assolutamente credere le genti, e che le genti debbono cercare proprio perché possano credere in esso dopo averlo trovato. 3. Inoltre, di un insegnamento unico e ben preciso non può esistere una ricerca infinita; bisogna cercare finché non si sia trovato, e credere una volta che si sia trovato; bisogna solamente custodire quello in cui si è cominciato a credere, giacché si crede, inoltre, in questo, che non si deve credere in altro, e pertanto nemmeno lo si deve cercare, una volta che si sia trovato (e si sia creduto in esso) quello che è stato insegnato da colui che ti ordina di non cercare altro se non quello che egli ha insegnato. 4. Se uno dubita di questo, sarà reso evidente che si trova presso di noi quello che è stato insegnato da Cristo. Intanto , fiducioso nella mia possibilità di prova , come prima cosa ammonisco alcuni che non si deve cercare al di là di 35 Questo, e i successivi capitoli , che definiscono l'oggetto della ricerca per il cristiano , sono dominati dall'intento di Tertulliano di salvare da una condanna totale la ricerca: questo è possibile solo a patto che essa rinunci a essere fine a se stessa, a voler essere un valore assoluto. Per questo motivo, dunque, Tertulliano insiste sulla necessità che la ricerca si arresti, una volta che abbia "trovato" il suo oggetto. E neppure si può obbiettare a Tertulliano che la ricerca non può mai essere certa di essere giunta ad un punto definiti vo, oltre il quale non si può andare: se l'oggetto della ricerca è la fede, osserva lo scrittore , oltre la fede non esiste niente di più prezioso che si debba andare a cercare. Pertanto la ricerca deve cessare una volta che si sia raggiunta la fede.

45

X, 7 -XII, 2

2. E così, abbandonando la mia fede, mi ritrovo negatore della fede. Per dirla una volta per tutte: cerca soltanto colui che non ha avuto o ha perduto. 3. Aveva perduto una delle sue dieci dramme quella vecchia am, e pertanto la cercava; tuttavia, una volta che l'ebbe trovata , smise di cercare. Il vicino non aveva il pane , e per questo picchiava alla porta an: tuttavia, una volta che gli fu aperta la porta e ricevette il pane, smise di picchiare. La vedova chiedeva al giudice di essere ascoltata, perché non era ammessa in udienza • ma, quando fu ascoltata, insistette solo fino a quel punto . 4. Pertanto vi è un limite e del cercare e del picchiare e del chiedere. Sarà dato, in/atti, dice la Scrittura, a colui che chiede, e a chi picchia saràaperto, e chi cercatroverà•P.Ci pensi colui che chiede sempre, perché non troverà: egli cerca infatti, dove non si troverà. Ci pensi colui che sempre picchia, perché non gli sarà mai aperto: infatti egli picchia dove non c'è nessuno. Ci pensi colui che sempre chiede, perché non sarà mai ascoltato: egli chiede, infatti, a colui che non ode. 0 :

XII . 1. Anche se noi dovessimo cercare ora e sempre , tuttavia dove dovremmo cercare? Presso gli eretici, dove tutto è estraneo e ostile alla nostra verità, dai quali ci è proibito di recarci aq? 2. Quale servo spera il cibo da colui che è estraneo, per non dire nemico, del suo padrone? Quale soldato va a cercare il donativo e lo stipendio da un re che non è alleato, per non dire da un re nemico, se non il soldato che è proprio traditore e transfuga e ribelle? am

9.

Cf. Le 15, 8.

aqCf.Tt 3, 10.

an

Cf. Le 11, 5ss.

ao Cf. Le 18, 2ss.

•PLe 11,

44 f

Contro gli eretici

quest--; fr:Se, ~ Eb~, e Simone 37 e tutti gli altri di seguito non hanno altro mezzo per insinuarsi presso di me e condurmi con sé. 8. Non troverò, dunque, mai un luogo ove fermarmi finché troverò dappertutto «cercate e troverete», come se da nessuna parte e come se mai avessi raggiunto quello che Cristo ha ins gnato, cioè quello che bisogna cercare, e che anche bisogna credere. XI. 1. Si può vagabondare senza danno, purché non si commetta peccato, sebbene anche il vagabondare sia un peçcare; vaga senza subir danni, intendo dire, colui che non abbandona niente. Ma se ho creduto in quello in cui dovevo credere, e poi penso che si debba di nuovo cercare qualche cosa, evidentemente m'immagino che si debba trovare qualche cosa d'altro; ma in nessun modo avrei sperato una cosa del genere, se non perché io non avevo creduto, nonostante che sembrasse che io avessi creduto, o perché ho smesso di credere.

-

Gli Ebioniti ono nominati per la prima volta da Ireneo (Contro le eresie I, 26, 2)~]quale designa questa setta giudeo-cristiana con il suo termine ongmario, che in ebraico significa "poveri". Così si chiamava l'or iginaria comunità cristiana di Gerusalemme. Ireneo riferisce, sul conto degli Ebioniti, che essi negavano la nascita verginale di Cristo, riconoscevano solamente il vangelo di Matteo e rifiutavano l'autorità dell'apostolo Paolo. Gli scritti profetici erano da essi interpretati in modo del tutto particolare e il loro modo di vivere era in tutto e per tutto alla maniera giudaica, al punto che essi, quando pregavano, si volgevano verso Gerusalemme, come se in Gerusalemme abitasse Dio . Questo movimento religioso, tuttavia , non ebbe come fondatore un Ebione, come sembra credere Tertulliano. Ebione è solo un nome, ricavato da quello degli Ebioniti, così come per ogni scisma o eresia gli eresiologhi antichi indicavano un eresiarca. 37 È celebre l'episodio di Simon Mago e Pietro , narrato dagli Atti degli Apostoli (8, 9-24). 36

XII, 3 - xrv, 1

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di Dio in più modi ai patriarchi, fu sempre udito nella parola dei profeti 42 , infine, per lo Spirito e la potenza di Dio Padre, discese nella vergine Maria, fu fatto carne nel suo grembo e, nato da essa, visse quale Gesù Cristo. 3. Predicò quindi una nuova legge e una nuova promessa del regno dei cieli, compì prodigi , fu crocifisso e il terzo giorno risorse, strappato dalla terra ai cieli se