Clemente “lo Stromateo”: fama e oscurità (Patrologia – Beiträge zum Studium der Kirchenväter) (Italian Edition) 9783631815007, 9783631829837, 9783631829844, 9783631829851, 363181500X

La presente monografia si propone una nuova indagine sull’identità storica e letteraria di Clemente di Alessandria, lo S

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Dedication
Presentazione
Sommario
Avvertenze al lettore
Introduzione
I. Notizie autobiografiche
1.1 Formazione e maestri
1.2 La conversione
II. Notizie biografiche: leggendo i Testimonia
2.1 Gaio Romano († fine II secolo) in Eusebio di Cesarea
2.2 Giulio Africano (160/170–240) in Giorgio Cedreno (XI sec.)
2.3 Alessandro, vescovo di Gerusalemme († 250) in Eusebio di Cesarea
2.4 Eusebio di Cesarea (265ca.-339)
2.5 Epifanio di Salamina (315ca.-403)
2.6 Palladio di Elenopoli (363/364- † prima del 431)
2.7 Cirillo di Alessandria (370/380–444)
2.8 Filippo di Side (380ca.- † dopo 431) in Codex Baroccianus 142 (f. 216 v, rr. 2–6)
2.9 Socrate di Costantinopoli (380ca.- † dopo 439)
2.10 (Pseudo) Dionigi Areopagita (IV-V sec.)
2.11 Sozomeno († 448)
2.12 Teodoreto di Cirro (393ca.-466ca.)
2.14 Giovanni Mosco (prima del 550–619/634)
2.15 Massimo il Confessore (580ca.-662)
2.16 Anastasio il Sinaita (640–700)
2.17 Giovanni Damasceno (650ca.-749/750)
2.18 Andrea di Creta (660ca.-740)
2.19 Giorgio Monaco Amartolo (IX sec.)
2.20 Giorgio Sincello († dopo 810)
2.21 Fozio di Costantinopoli (820ca.-891)
2.22 Simeone Logoteta (X-XI sec.)
2.23 Michele Glycas (1125–1204)
2.24 Giovanni Zonara (XII sec.)
2.25 Gioele (XIII sec.)
2.26 Niceforo Callisto Xantopulo (1256–1335)
2.27 Giovanni XI Becco († 1296)
2.28 Efrem di Eno (XIII-XIV sec.)
2.29 Neofito Prodromeno (XIII-XIV sec.)
2.30 Giovanni Ciparissiota (1310–1378)
2.31 Manuele Caleca († 1410)
2.32 Damasceno Studita († 1577)
Conclusione
Appendice
Bibliografia
Indici
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Clemente “lo Stromateo”: fama e oscurità (Patrologia – Beiträge zum Studium der Kirchenväter) (Italian Edition)
 9783631815007, 9783631829837, 9783631829844, 9783631829851, 363181500X

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Clemente “lo Stromateo”: fama e oscurità

PATROLOGIA BEITRÄGE ZUM STUDIUM DER KIRCHENVÄTER Herausgegeben von / Edited by Andreas Spira†, Hubertus R. Drobner, Christoph Klock

Band 40

MATTEO MONFRINOTTI

CLEMENTE “LO STROMATEO”: FAMA E OSCURITÀ RASSEGNA E STUDIO DEI TESTIMONIA GRECI (III-XVI SEC.)

Bibliographic Information published by the Deutsche Nationalbibliothek The Deutsche Nationalbibliothek lists this publication in the Deutsche Nationalbibliografie; detailed bibliographic data is available online at http://dnb.d-nb.de.

ISSN 0940-4015 ISBN 978-3-631-81500-7 (Print) E-ISBN 978-3-631-82983-7 (E-PDF) E-ISBN 978-3-631-82984-4 (EPUB) E-ISBN 978-3-631-82985-1 (MOBI) DOI 10.3726/b17299 © Peter Lang GmbH Internationaler Verlag der Wissenschaften Berlin 2020 All rights reserved. Peter Lang – Berlin ∙ Bern ∙ Bruxelles ∙ New York ∙Oxford ∙ Warszawa ∙ Wien All parts of this publication are protected by copyright. Any utilisation outside the strict limits of the copyright law, without the permission of the publisher, is forbidden and liable to prosecution. This applies in particular to reproductions translations, microfilming, and storage and processing in electronic retrieval systems. This publication has been peer reviewed. www.peterlang.com

Ai miei genitori

Presentazione Il progetto della presente monografia muove dalla costatazione che alla tanta celebrità di Clemente di Alessandria, alla stima a lui, lo Stromateo, accordata nel suo tempo e in quello immediatamente posteriore, al tributo reso alle sue opere e al suo pensiero, prima che si cominciassero a formulare dubbi sull’ortodossia di alcuni suoi principi dottrinali, non corrisponde altrettanta attenzione alla sua vita che per grandi tratti rimane del tutto sconosciuta. E del resto il silenzio sul biografico nei suoi particolari è un fenomeno molto frequente, si potrebbe dire costante, nel mondo letterario antico e le informazioni sul vissuto anche di autori illustri e di spiccata personalità sembrano non aver destato, salvo debite eccezioni, né interesse né curiosità, al punto che assai spesso sono incerte o ipotizzate persino le stesse date di nascita e di morte. Una lacuna cui sopperiscono solo in parte alcune Vitae che, nel caso specifico della Letteratura cristiana antica, se furono composte, lo furono non certo per ricostruire il trascorso anagrafico del personaggio ma la esemplare moralità di comportamento e il valore martiriale della fede, ragione per cui il biografico diventa agiografico. Nei confronti di Clemente di Alessandria, dunque, non si era tenuti a fare eccezione e la documentazione sulla sua vita resta, come per altri autori cristiani, assai limitata rispetto a quello che si desidererebbe conoscere, ma questo non significa rinunciare al tentativo di ricostruire la sua biografia, anzi incoraggia una ulteriore ricerca non per dare risposta a quello che resta ignoto, ma perché, sulla base delle fonti pervenute, sia possibile ricomporre e rendere ancora più solidi i connotati della persona, del suo vivere, del suo scrivere, del suo pensare: fonti di lingua greca, passate in rassegna in ordine cronologico dal III al XVI secolo, quando l’informazione su Clemente si dirada fino a eclissarsi. E così il presente volume – cui farà seguito un secondo, dedicato alle fonti latine – senza necessariamente contestare la già esistente bibliografia sull’argomento, anzi accogliendola in più occasioni, organizza l’indagine a partire dai Testimonia greci tradotti nuovamente o, in alcuni casi, per la prima volta: commentati e messi a confronto permettono sia di confermare quanto conosciuto, sia di integrarlo con elementi nuovi e affatto secondari sebbene si debba tenere in ferma considerazione l’inevitabile imprestito dalla Historia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea dalla quale le fonti posteriori attingono quelle notizie biografiche che si rincorrono in molti Testimonia, i quali – eccetto alcuni casi – perdono di autonomia e di autorità documentaria nella misura in cui fanno propria la tradizione eusebiana il cui calco non sarà più determinante, o lo sarà solo

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Presentazione

relativamente, quando i Testimonia entreranno nel merito del profilo filosofico e teologico di Clemente, della peculiarità della sua produzione letteraria o della sua statura morale, connotazioni che esulano dall’interesse meramente storiografico e quindi permettono all’una o all’altra fonte di affrancarsi dalla fin troppo vincolante informazione eusebiana. Intento di questa monografia, a lungo ragionata nell’impostazione, nell’utilizzo e nella disposizione delle fonti, nell’analisi delle sezioni testimoniali, è quello di fornire non un ritratto assolutamente nuovo di Clemente ma quantomeno restaurato. Clara Burini De Lorenzi

Sommario Avvertenze al lettore .........................................................................................  11 Introduzione ........................................................................................................  13 I. Notizie autobiografiche ...........................................................................  19

1.1 Formazione e maestri .............................................................................  20



1.2 La conversione ........................................................................................  32

II.  Notizie biografiche: leggendo i Testimonia ....................................  39

2.1 Gaio Romano († fine II secolo) in Eusebio di Cesarea ......................  42



2.2 Giulio Africano (160/170–240) in Giorgio Cedreno (XI sec.) .........  45



2.3 Alessandro, vescovo di Gerusalemme († 250) in Eusebio di Cesarea .....................................................................................................  47

2.4 Eusebio di Cesarea (265ca.-339) ...........................................................  62 2.4.1 Historia ecclesiastica .......................................................................  65 2.4.1.1 Clemente fonte storica .....................................................  65 2.4.1.2 Clemente testimone autorevole di fede ortodossa .......  70 2.4.2 Praeparatio evangelica ....................................................................  84

2.5 Epifanio di Salamina (315ca.-403) .......................................................  86



2.6 Palladio di Elenopoli (363/364- † prima del 431) ..............................  88



2.7 Cirillo di Alessandria (370/380–444) ...................................................  89



2.8 Filippo di Side (380ca.- † dopo 431) in Codex Baroccianus 142 (f. 216 v, rr. 2–6) ......................................................................................  91



2.9 Socrate di Costantinopoli (380ca.- † dopo 439) .................................  94



2.10 (Pseudo) Dionigi Areopagita (IV-V sec.) ............................................  95



2.11 Sozomeno († 448) ...................................................................................  98

10

Sommario

2.12 Teodoreto di Cirro (393ca.-466ca.) ....................................................  102

2.13 Chronicon Paschale (VI sec.) ...............................................................  104

2.14 Giovanni Mosco (prima del 550–619/634) .......................................  106



2.15 Massimo il Confessore (580ca.-662) ..................................................  107



2.16 Anastasio il Sinaita (640–700) .............................................................  109



2.17 Giovanni Damasceno (650ca.-749/750) ............................................  114



2.18 Andrea di Creta (660ca.-740) ..............................................................  116



2.19 Giorgio Monaco Amartolo (IX sec.) ..................................................  118



2.20 Giorgio Sincello († dopo 810) .............................................................  119



2.21 Fozio di Costantinopoli (820ca.-891) ................................................  121



2.22 Simeone Logoteta (X-XI sec.) .............................................................  132



2.23 Michele Glycas (1125–1204) ...............................................................  133



2.24 Giovanni Zonara (XII sec.) ..................................................................  136



2.25 Gioele (XIII sec.) ...................................................................................  137



2.26 Niceforo Callisto Xantopulo (1256–1335) ........................................  138



2.27 Giovanni XI Becco († 1296) ................................................................  140



2.28 Efrem di Eno (XIII-XIV sec.) ..............................................................  141



2.29 Neofito Prodromeno (XIII-XIV sec.) .................................................  142



2.30 Giovanni Ciparissiota (1310–1378) ...................................................  144



2.31 Manuele Caleca († 1410) .....................................................................  146



2.32 Damasceno Studita († 1577) ...............................................................  147

Conclusione ........................................................................................................  149 Appendice ............................................................................................................  153 Bibliografia .........................................................................................................  163 Indici ......................................................................................................................  185

Avvertenze al lettore – Le fonti vengono presentate in successione cronologica; le rispettive datazioni sono quelle che alla luce degli studi più recenti si confermano maggiormente attestate. – Di ogni testimonianza si fornisce il titolo dell’opera da cui è ricavata, con indicazione in nota dell’edizione di riferimento. – Le fonti selezionate, tradotte e commentate sono soltanto quelle che permettono di ricavare elementi utili a ricostruire il biografico di Clemente. – Le fonti non inserite tra quelle tradotte e commentate, ma nelle quali compare un fugace accenno a Clemente, sono catalogate nell’Appendice che integra il lavoro e dalla quale emerge comunque la diffusa conoscenza di Clemente.

Introduzione Sulla base sia delle notizie fornite dall’autore stesso nelle sue opere sia delle informazioni che si leggono negli autori greci a lui posteriori (III-XVI sec.)1, la presente monografia si propone una nuova indagine sull’identità storica e letteraria di Clemente di Alessandria che, d’ora in avanti, chiameremo anche Clemente lo Stromateo a motivo del titolo costantemente ricorrente nelle fonti che di lui trattano. In fase di progetto e di composizione del nostro studio, si è ritenuta primaria la rilettura delle fonti autobiografiche cui segue la riconsiderazione dei Testimonia per estrarre gli elementi più utili a ricomporre la vita del maestro alessandrino che, come emerge dai testi selezionati, risulta un mosaico le cui numerose tessere sono contraddistinte da elementi strettamente anagrafici e ancor più da elementi che definiscono l’attività didattica, esegetica, catechetica nonché il pensiero teologico e filosofico. Di conseguenza, nel volgere dell’indagine, ci siamo trovati inevitabilmente di fronte anche alla ricezione di Clemente e delle sue opere: ne risulta un quadro d’insieme sulla fortuna del nostro autore dal III al XVI secolo, tenendo conto che all’interno di questo arco cronologico emerge un diverso comportamento testimoniale. Nei secoli III-VIII si registra un apprezzamento di Clemente soprattutto in virtù del suo pensiero e della sua produzione letteraria, senza trascurare la considerazione a lui rivolta dagli storiografi cristiani di questo periodo che a lui guardano come a una delle fonti principali per la ricostruzione delle origini del cristianesimo. Proprio in questa prima fase della storia delle fonti su Clemente va subito rilevato che la testimonianza di Eusebio risulta essere fortemente influente per la tradizione storiografica successiva: il vescovo di Cesarea tramite le notizie riportate nella Historia ecclesiastica fornisce delle linee di interpretazione alle quali si atterrano gran parte degli autori successivi2. Tuttavia, non va taciuto che alcuni testimoni ci permetteranno di registrare l’esistenza di tradizioni storiche

1 Le testimonianze derivate dalla Letteratura cristiana latina (III–XVI) saranno raccolte in un secondo volume che verrà allestito con identica metodologia. 2 Sull’attendibilità storica di Eusebio, cf. B. Studer, Die historische Theologie des Eusebius von Cäsarea, in Adamantius 10 (2004) 138–166; in particolare p. 146 dove vengono illustrati i criteri fondamentali che, a parere dello studioso, sono stati adottati dallo storico nel redigere la sua opera.

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Introduzione

indipendenti da quelle di Eusebio stesso, le quali a un esame attento sembrano assumere, tra l’altro, un maggior valore sulla veridicità storica. A partire dal IX sec., notiamo un minore interesse nei confronti dello Stromateo, probabilmente perché su di lui ricadono, come di riflesso, le stesse imputazioni che determinarono la condanna di Origene e dell’origenismo sancita dal Concilio di Costantinopoli del 5533. Successivamente la memoria di Clemente fu ulteriormente e fortemente penalizzata dal giudizio negativo di Fozio secondo il quale alcuni principi contenuti nelle opere clementine sarebbero stati dichiaratamente eterodossi. Con tutta probabilità, questa aspra critica di carattere dottrinale contribuì a determinare tra X e XI secolo il silenzio su Clemente, fino a quando, con alcuni autori bizantini attivi tra XII e XVI secolo, si registrerà di nuovo una unanime stima nei confronti del maestro d’Alessandria. Dalla fine del XVI secolo in poi, lo studio sull’eredità e sulla considerazione di Clemente va inserito in un contesto storico letterario che varca i confini del mondo greco. Infatti furono proprio gli autori bizantini a permettere la riscoperta e la diffusione in occidente dei Padri greci riletti con particolare attenzione filosofica in quanto considerati mediatori soprattutto del platonismo che tanta parte ebbe nella riflessione mistica dell’età rinascimentale4. La stessa rivalutazione delle opere e del pensiero di Clemente da parte del mondo latino va dunque riconsiderata alla luce di questo contesto5 del quale ci occuperemo più distesamente nel secondo volume che verrà dedicato alle fonti latine. 3 A offuscare la fama dell’Alessandrino e l’interesse nei suoi confronti concorse presumibilmente anche l’esclusione delle sue opere dai libri recipiendi sancita dal Decretum Gelasianum: «Cetera quae ab haereticis sive scismaticis conscripta vel praedicata sunt, nullatenus recipit catholica et apostolica Romana ecclesia; e quibus pauca, quae ad memoriam venerunt et a catholicis vitanda sunt, credidimus esse subdenda: […] apocrypha opuscula alterius Clementis Alexandrini […] Haec et his similia quae [segue nome di coloro che vengono riconosciuti come eresiarchi] docuerent vel conscripserunt, quorum nomina minime retinuimus, non solum repudiata verum ab omni Romana catholica et apostolica ecclesia eliminata atque cum suis auctoribus sequacibus sub anathematis insolubili vinculo in aeternum confitemur esse damnata». 4 La riscoperta dei Padri caratterizza particolarmente il contesto storico del Concilio di Ferrara e di Firenze (1438–1439), che favorì l’osmosi con la cultura e la teologia bizantina in occidente. Cf. U. Proch, L’unione al secondo Concilio di Lione e al Concilio di Ferrara – Firenze – Roma, in G. Alberigo (ed.), Storia dei Concili Ecumenici, Brescia 1990, 300–319 con relativa bibliografia. 5 Cf. W.H. Wagner, A Father’s Fate: Attitudes Toward and Interpretations of Clement of Alexandria, in Journal of Religious History 7 (1972) 209–231, spec. 213–216; D. Dainese, Clemente d’Alessandria e la filosofia. Prospettive aperte e nuove proposte. Rassegna degli studi, in Annali di Scienze Religiose 4 (2011) 223–259, in part. 226–231.

Introduzione

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A muovere e sollecitare la nostra ricerca6 è stata soprattutto l’esigenza di integrare le generiche informazioni che si leggono solitamente non solo nei manuali di Patrologia e di Letteratura cristiana antica, prevalentemente concordanti, ma anche nelle introduzioni alle rispettive opere di Clemente e negli studi dedicati al personaggio. Ci sembra però opportuno, a preliminare e orientativa informazione del lettore, fornire un quadro degli studi più significativi sulla biografia dell’Alessandrino7. Tali studi sono inaugurati da Westcott che all’interno del A Dictionary of Christian Biography, Literature, Sects and Doctrines, curato da Smith e Wace, firma la voce Clement of Alexandria8. Il contributo nella sintesi obbligata dal dizionario è articolato in tre parti:  notizie biografiche; produzione letteraria; ruolo e influenza di Clemente nello sviluppo del pensiero e della dottrina cristiana. Sicuramente lo spazio maggiore è dedicato alle opere dell’Alessandrino che non solo vengono elencate e descritte ma corredate anche da un’utile informazione sulla tradizione manoscritta. Di rilievo anche il paragrafo in cui si sottolinea il ruolo di Clemente come didascalo. Per quanto riguarda la vita del maestro d’Alessandria, Westcott si attiene principalmente alle notizie fornite da Eusebio di Cesarea, Epifanio di Salamina e Fozio di Costantinopoli. Nella parte finale della sezione biografica l’autore riassume la diversa considerazione di Clemente all’interno della tradizione agiografica del mondo latino; la voce curata da Westcott ha fornito materiale di consultazione per chi si è accinto in tempi successivi a nuove indagini sulla biografia di Clemente. Tra questi merita una segnalazione particolare la monografia di A. Méhat9, il quale entra nel merito della cronologia relativa alla vita di Clemente e alla sua 6 Una prima ricerca sulla vita e sulle opere di Clemente è stata affrontata nell’elaborato della mia tesi di laurea «Clemente d’Alessandria: per una ricostruzione della biografia» discussa nell’anno accademico 2012/2013, Roma (tesi di laurea discussa presso l’Università “Sapienza”). 7 Per una rassegna bibliografica su Clemente, cf. V. Grossi, Un contributo agli studi su Clemente Alessandrino, in Augustinianum 13 (1973) 149–153; E. Osborn, Clement of Alexandria: A Review of Research, 1958–1982, in The Second Century. A Journal of Early Christian Studies 3 (1983) 219–244; M. Rizzi, Cinquant’anni di studi italiani su Clemente Alessandrino, in Adamantius 4 (1998) 15–24; Dainese, Clemente d’Alessandria e la filosofia, 233–259. 8 B.F. Westcott, Clement of Alexandria, in W. Smith – H. Wace (eds.), A Dictionary of Christian Biography, Literature, Sects and Doctrines, I, London 1887, 559–567. 9 A. Méhat, Étude sur les Stromates de Clément d’Alexandrie (Patristica Sorbonensia 7), Paris 1966, 42–58.

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Introduzione

attività letteraria: comparando le diverse fonti, egli ricava le date che, a suo giudizio, sarebbero le più attendibili. Tra gli studi più recenti, va menzionato quello di Osborn: Clement of Alexandria (2005)10. Il nostro interesse è rivolto al primo capitolo in cui l’autore esamina la vita e le opere di Clemente. Se Osborn propone una sintesi completa e utile riguardante le questioni sollevate dalla produzione letteraria di Clemente11, dal punto di vista strettamente biografico, il suo contributo risulta assolutamente sintetico:  non entra minimamente nel merito delle notizie biografiche né in quello delle fonti e delle diverse e divergenti testimonianze che pertengono alla vita di Clemente12. 1 0 E.F. Osborn, Clement of Alexandria, Cambridge 2005. 11 Tra gli argomenti più rilevanti: il problema della trilogia delle principali opere di Clemente, la ragione del carattere oscuro degli Stromateis, l’identità della scuola catechetica ad Alessandria e il ruolo di Clemente al suo interno, e la perenne questione riguardante la natura e l’estensione dell’ellenismo nell’Alessandrino. Inoltre, anticipando alcuni temi importanti del libro, Osborn attira l’attenzione sul primato della Scrittura negli Stromateis, e dedica una breve sezione a “Platone ed Eraclito”, i due filosofi greci preferiti da Clemente. L’influenza del primo su Clemente è ben nota e Osborn lo evidenzia occupandosi dei concetti, piuttosto che di paralleli verbali o allusioni, in comune tra Clemente e Platone. Per ciò che riguarda l’influenza di Eraclito, Osborn sottolinea come non sia ben nota e sia stata sottovalutata. Al contrario lo studioso evidenzia le numerose affinità stilistiche tra Clemente ed Eraclito, e come Clemente abbia seriamente impiegato le idee del filosofo di Efeso. 12 Oltre agli studi presentati, non vanno dimenticate le seguenti ricerche: O. Stählin, Einleitung, in O. Stählin (ed.), Clemens von Alexandrien, Protrepticus und Paedagogus, Leipzig 1905, IX-XVII; E. De Faye, Clément d’Alexandrie. Étude sur les rapports du christianisme et de la philosophie grecque au IIe siècle, Paris 1906; R.B. Tollinton, Clement of Alexandria. A study in a Christian Liberalism, London 1914, 1–30; H. Koch, War Klemens von Alexandrien ein Priester?, in Zeitschrift für die Neutestamentliche Wissenschaft und die Kunde der älteren Kirche 20 (1921) 41–59; A. Boatti (ed.), Clemente Alessandrino, Il Pedagogo. Testo, introduzione e note (Corona Patrum Salesiana. Series Graeca 4), Torino 1937, 10; F. Quatember, Die christliche Lebenshaltung des Klemens von Alexandrien nach seinem Pädagogus, Wien 1946, 11–28; J. Munck, Untersuchungen über Klemens von Alexandria, Stuttgart 1933; C. Mondésert, Clément d’Alexandrie. Introduction à l’étude de sa pensée religieuse à partir de l’Écriture, Paris 1944, 27–30; W. Völker, Der wahre Gnostiker nach Clemens Alexandrinus, Berlin 1952; E.F. Osborn, The philosophy of Clement of Alexandria, Cambridge 1957, 3–7; P. Nautin, Lettres et écrivains chrétiens des IIe et IIIe siècles (Patristica 2), Paris 1961, 138–141; M.G. Bianco, Il Protrettico. Il Pedagogo di Clemente Alessandrino (Classici delle Religioni), Torino 1971, 70; J. Ferguson, Clement of Alexandria (Twayne’s World Authors Series 289), New York 1974, 13–17; A. Roberts – J. Donaldson, Clement of Alexandria, The Instructor, Grand

Introduzione

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Un ulteriore e interessante contributo risulta quello di D. Dainese il quale, nel suo studio dedicato alle Adumbrationes, in più punti prende posizione su alcune fonti legate al maestro di Alessandria, soprattutto su quelle dei primi secoli, cercando di stabilire una possibile cronologia riguardante la vita dell’Alessandrino. Al di là delle conclusioni a cui giunge, non sempre condivisibili a nostro parere, va apprezzato il fatto che gli elementi forniti dalle diverse fonti non sono semplicemente elencati ma confrontati e ragionati al fine di proporre anche date attendibili in merito alla vita dello Stromateo. Un ultimissimo contributo è quello di A. Le Boulluec e G. Dorival, L’Abeille et l’Acier. Clément d’Alexandrie et Origène13. La monografia è costituita da due studi: il primo riguardante Clemente il secondo Origene, presentati come i rappresentanti di spicco della tradizione intellettuale e colta di Alessandria. Le Boulluec, nel capitolo dedicato a Clemente, traccia la sua biografia, analizza ciascuna delle sue opere conservate, esamina il suo metodo esegetico e il suo modo di

Rapids (Mich.) 1977, 35; M. Galloni, Clemente Alessandrino, Il Protrettico, Roma 1991, 7–9; C. Nardi, Clemente di Alessandria, Quale ricco si salva? Il cristiano e l’economia, Roma 1991, 5–13; S. Cives, Clemente Alessandrino, Quis dives salvetur?, Cinisello Balsamo 2003, 5–7; F. Migliore, Clemente Alessandrino, Protrettico ai greci (Testi Patristici 179), Roma 2004, 5–9; Osborn, Clement of Alexandria, 1–27; D. Tessore, Clemente Alessandrino, Il Pedagogo (Testi Patristici 181), Roma 2005, 10–13; R. Feulner, Clemens von Alexandrien. Sein Leben, Werk und philosophisch-theologisches Denken (Bamberger Theologische Studien 31), Frankfurt 2006, 21–60; M. Mees, Clemente di Alessandria, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), Roma 2006, 1066–1073 con relativa bibliografia; M. Pujiula, Körper und christliche Lebensweise. Clemens von Alexandreia und sein Paidagogos (Millennium Studies 9), Berlin-New York 2006, 14–39; G. Pini, Clemente di Alessandria. Stromati. Note di vera filosofia (Letture Cristiane del Primo Millennio 40), Paoline, Milano 20062, VII-XI; M. Merino Rodríguez – E. Redondo (eds.), Clemente de Alejandría. El Pedagogo (Fuentes Patrísticas 5), Madrid 2009, 5–21; D. Dainese, Clemente Alessandrino, Adombrazioni (Letture cristiane del primo millennio 51), Milano 2014, 9–24 ; H. König, Alejandría, Clement y su obra, in A. Sáez Gutiérrez – G. Cano Gómez – C. Sanvito (eds.), Filiación VI. Cultura pagana, religion de Israel, orígenes del cristianismo. La filiación en Clemente de Alejandría. Actas de las XI y XII Jornadas de Estudio «La filiación en los inicios de la riflexión cristiana». Facultad de Literatura Cristiana y Clásica San Justino, UESD, Madrid 18,19 y 20 de noviembre de 2013, 17, 18 y 19 de noviembre de 2014, Madrid 2015, 183–199; A. Le Boulluec, Clément d’Alexandrie, in B. Pouderon (ed.), Histoire de la littérature grecque chrétienne des origines à 451, III: De Clément d’Alexandrie à Eusèbe de Césarée (L’âne d’or), Paris 2017, 55–170. 13 A. Le Boulluec, Clément d’Alexandrie, in G. Dorival – A. Le Boulluec (eds.), L’Abeille et l’Acier. Clément d’Alexandrie et Origène, Paris 2019, 13–163.

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Introduzione

comporre, entra nel merito degli scritti non pervenuti. Un’indagine bibliograficamente aggiornata e uno studio tra i più approfonditi. Il nostro lavoro, se in parte si pone in continuità con la precedente letteratura su Clemente, dall’altra, si distingue perchè, senza presunzione di esaustività è l’unico basato sulla riconsiderazione di tutte le fonti greche che di Clemente danno testimonianza dal III al XVI secolo, dall’età precostantiniana all’epoca bizantina. Dall’insieme delle fonti a nostra disposizione emergerà che non vengono fornite testimonianze puramente biografiche dalle quali ricavare solo il vissuto di Clemente, le sue date, i suoi viaggi; tuttavia, sebbene, a una prima lettura, le diverse notizie possano risultare solo fugaci, parziali e limitate, è anche vero che, analizzando attentamente ogni voce dei Testimonia, emergono connotazioni caratterizzanti la formazione, la cultura, la produzione letteraria e il ruolo ecclesiale dell’Alessandrino, ovvero i tratti che premeva tramandare e consegnare alla memoria dei posteri. Quindi il “comportamento” delle fonti se da una parte è responsabile primo delle lacune biografiche, dall’altra si attesta come piattaforma insostituibile sulla quale ricostruire, per quanto possibile, elemento dopo elemento, la fisionomia del nostro personaggio. Peraltro, in mancanza di una “Vita Clementis”, l’insieme delle fonti tradotte e commentate diventa strumento indispensabile tanto più proficuo quanto più i testi sono correlati tra loro in un rapporto dialogante. Aggiungiamo infine che, in corso di lavoro, ci siamo resi progressivamente conto che ricostruire la vita di Clemente in base alle fonti di tradizione greca tardoantica e bizantina, ha permesso di conoscere al tempo stesso la ricezione di questo autore e, più esattamente, del pensiero trasmesso dalle sue opere, sia nell’ambiente di Alessandria o limitrofo, sia nelle aree geografiche più lontane e di più diversa cultura. In altre parole: indagare sulla vita di Clemente, sulla sua produzione, sul suo insegnamento e sul suo impegno apologetico nei confronti della dottrina riguardante soprattutto il Logos e la vera gnosis, ha comportato, contestualmente, di ripercorrere la storia del pensiero teologico alessandrino, la sua diffusione e l’eredità ottenuta dal messaggio veicolato dagli scritti di Clemente al quale gli autori cristiani a lui successivi guardarono con profonda ammirazione tanto che, non poche volte, a lui si appellarono come garante di salda ortodossia. Durante il lavoro, ci rendevamo conto, con inaspettata soddisfazione, che la sua stesura chiedeva di essere condotta su duplice registro: di ricomposizione e di esegesi delle fonti; il messaggio testimoniale, analizzato nella formulazione e nella terminologia, andava a delineare sempre più nitidamente l’identità di Clemente, pur senza esaurirla; per contrappunto, i tratti biografici assenti – vita, pensiero, ministero e attività letteraria  – andavano a evidenziare il debito dei Testimonia nei confronti di Clemente.

I.  Notizie autobiografiche Abstract: Il presente capitolo si propone la ricostruzione della biografia di Clemente lo Stromateo a partire dallo studio delle testimonianze autobiografiche rintracciate all’interno della produzione letteraria dell’Alessandrino. Nell’intento di scoprire le identità dei maestri di Clemente l’attenzione è rivolta primariamente a delineare i caratteri fondamentali della sua formazione. Successivamente sono prese in esame quelle fonti autobiografiche dove sono stati individuati riferimenti alla presumibile conversione dello Stromateo. Tali notizie non vengono prodotte dall’Alessandrino per un fine volutamente biografico ma sono inserite, occasionalmente, in un contesto che prescinde dalla descrizione della propria vita e della propria identità di conseguenza non è possibile tratteggiare un quadro esauriente della biografia clementina; per la cui compiutezza e, soprattutto, attendibilità, sarebbero indispensabili i riferimenti, purtroppo assenti, alla città natale, alla famiglia, al suo insegnamento in Alessandria e alle vicende degli ultimi anni. Keywords: Clemente d’Alessandria; Fonti autobiografiche; Formazione-Maestri; Conversione; Analisi euristica

All’interno della limitata informazione autobiografica fornita da Clemente nei suoi scritti, possiamo ricavare le notizie riguardanti i maestri della sua formazione14 e l’esperienza della sua conversione15, tenendo conto che tali notizie non vengono prodotte per un fine volutamente biografico ma sono inserite, occasionalmente, in un contesto che prescinde dalla descrizione della propria vita e della propria identità; di conseguenza non è possibile tratteggiare un quadro esauriente della biografia clementina, per la cui compiutezza e, soprattutto, attendibilità, sarebbero indispensabili i riferimenti, purtroppo assenti, alla città natale, alla famiglia, al suo insegnamento in Alessandria e alle vicende degli ultimi anni.

1 4 Cf. str. 1,11,1–4; 2,67,4; 2,68,1; ecl. 56,2. 15 Alla quale Clemente sembra fare riferimento in str. 1,11,1–4; 1,14,1; 1,48,1; 2,96,4; paed. 1,1,3; 2,62,3; prot. 112,1.

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1.1 Formazione e maestri Le fonti autobiografiche più significative dalle quali è possibile reperire elementi sulla formazione di Clemente e, più specificatamente, su i suoi maestri, sono rappresentate da str. 1,11,1–4; 2,67,4; 2,68,1 ed ecl. 56,2. Tra questi, str. 1,11,1–2 è sicuramente il testo più significativo: Clemente, volendo spiegare la ragione per cui intraprese la stesura di Stromateis, “annotazioni”, per dirla con le sue parole, messe in serbo per la vecchiaia e rimedio contro la dimenticanza16, evidenzia che la sua opera è solo immagine e ombra17 di quegli insegnamenti ben più fecondi di cui beneficiò nella sua vita18:

16 Concetto che Clemente recupera almeno in altri due passi di str.: 1,14,1; 4,4,1. Per la scrittura come aiuto della memoria cf. Aulo Gellio, Noct. Att. Praef. 2; Macrobio, Sat. Praef. 3; Platone, Phaedr. 274e; 276cd; Euripide, fr. 578. 17 Alla base di tale concezione vi è l’idea che solo l’insegnamento orale sia diretta trasmissione della verità dottrinale, concetto recuperato da Clemente anche in str. 1,14,1–4. Cf. M. Gyurkovics, La teologia “non scritta” in Clemente di Alessandria, in Eastern Theological Journal 3/2 (2017) 289–316; A.P. Urbano, Literary and Visual Images of Teachers in Late Antiquity, in P. Gemeinhardt – O. Lorgeoux – M. Munkholt Christensen (eds.), Teachers in Late Antique Christianity (Studies in Education and Religion in Ancient and Pre-Modern History in the Mediterranean and Its Environs, 3), Tübingen 2018, 1–31. 18 Gli Stromateis, rispetto ad altre opere e soprattutto rispetto al Protrepticus, sono considerati uno scritto nel quale non vengono applicate le tecniche caratterizzanti la retorica del tempo; lo stesso Clemente ne è consapevole e definisce la sua opera come «annotazioni composte non secondo arte» ma utilissimo rimedio quando, nella sua vecchiaia, verrà meno la memoria. Egli infatti in queste annotazioni potrà attingere al «tesoro» della vera sapienza (cf. str. 1,11,1; 2,3,1–5). E così l’Alessandrino, in ordine sparso e disseminato, passando da un argomento all’altro (cf. str. 4,4,1) fissa i concetti e i principi che più gli stanno a cuore secondo una precisa opzione culturale: il culmine della conoscenza cristiana è l’insegnamento impartito mediante uno stile non curante del pregio estetico quanto del messaggio didascalico-dottrinale attraverso cui comunicare i postulati caratterizzanti la dottrina di verità; ne consegue che l’opera diventa testimonianza di come la retorica non sia più considerata veicolante il messaggio su Dio e la sua contemplazione. Secondo Casey, ciò che portò Clemente a presentare il materiale inserito negli Stromateis in maniera asistematica, fu proprio il desiderio di proteggere il carattere esoterico delle dottrine che stava rivelando, cf. R.P. Casey, Clement of Alexandria and the Beginning of Christian Platonism, in Harvard Theological Rewiew 8 (1925) 39–101. Spesso l’opera principale di Clemente di Alessandria, gli Stromateis,

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[…] τῶν ἐναργῶν καὶ ἐμψύχων ἐκείνων, ὧν κατηξιώθην ἐπακοῦσαι, λόγων τε καὶ ἀνδρῶν μακαρίων καὶ τῷ ὄντι ἀξιολόγων. τούτων ὃ μὲν ἐπὶ τῆς Ἑλλάδος, ὁ Ἰωνικός, οἳ δὲ ἐπὶ τῆς Μεγάλης Ἑλλάδος (τῆς κοίλης θάτερος αὐτῶν Συρίας ἦν, ὃ δὲ ἀπ’Αἰγύπτου), ἄλλοι δὲ ἀνὰ τὴν ἀνατολήν· καὶ ταύτης ὃ μὲν τῆς τῶν Ἀσσυρίων, ὃ δὲ ἐν Παλαιστίνῃ Ἑβραῖος ἀνέκαθεν19 […] parole luminose e vive, che fui ritenuto degno di ascoltare, di quegli uomini beati [ἀνδρῶν μακαρίων] e veramente meritevoli di stima. Uno di questi, ionico, in Grecia; altri nella Magna Grecia (uno di loro della Celesiria, l’altro dell’Egitto); altri in oriente: uno della [terra] degli Assiri, l’altro in Palestina in origine ebreo (str. 1,11,1–2).

La notizia innanzitutto attesta la “formazione itinerante” che ricevette Clemente, probabilmente in età giovanile20:  egli, mosso dal desiderio di conoscere la verità e giungere a una sapienza superiore, intraprese una serie di viaggi in Grecia, in Magna Grecia, oriente e Palestina21, per visitare le diverse viene considerata non sistematica e gli argomenti sono ritenuti sconnessi tra loro e lo stile trascurato senza particolare cura retorica. Il maestro d’Alessandria, che, nella prima tradizione cristiana, sembra imporsi come un autore desideroso di nascondere il suo insegnamento più profondo tra le righe delle sue opere, conferma, egli stesso, che il vario contenuto degli Stromateis è deliberatamente raccolto e assemblato in modo scomposto (cf. str. 6,2,1). Allo stesso tempo, però, esprime fiducia che «lo scritto troverà colui che lo comprenderà» e che gli Stromateis andranno a beneficio di chi è in grado di intraprendere una ricerca μετὰ λόγου (cf. str. 4,4,2–3). Sulla base di questa intenzionalità, Osborn si propone di dimostrare che l’Alessandrino è un «pensatore coerente» («coherent thinker», Clement of Alexandria, XIII) e che nelle sue opere, compresi gli Stromateis, si rintracciano «concetti chiari» («clear concepts», Clement of Alexandria, XII); inoltre è possibile comprendere le opere di Clemente, purché il concetto di logos si relazioni anche alla “logica” (Osborn, Clement of Alexandria, 22 n. 77) e non si perda di vista il fatto che Clemente tenta di dare una risposta ai diversi interrogativi di carattere teologico morale senza la pretesa di formulare proposizioni risolutive. Cf. più avanti quanto verrà detto sugli Stromateis a partire dalla definizione di Eusebio di Cesarea (cf. più avanti p. 77). 19 Il testo greco degli Stromateis è riprodotto secondo l’edizione O. Stählin – L. Früchtel – U. Treu (eds.), Clemens Alexandrinus, Opera (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte 15), Berlin 1960. 2 0 Non siamo in grado di stabilire con certezza quanto durò questa fase di ricerca della vita di Clemente in quanto non si hanno elementi certi circa il suo trasferimento ad Alessandria. Méhat (cf. Étude, 54) ipotizza che l’arrivo di Clemente ad Alessandria vada collocato intorno al 180 dal momento che Giulio Africano afferma che al tempo di Commodo nella città dell’Egitto era noto Clemente (sulla fonte di Giulio Africano cf. più avanti pp. 45–46). 21 Cf. Nautin, Lettres, 139 n. 2 ipotizza che Clemente sia stato in Siria e precisamente ad Antiochia, dove avrebbe potuto agevolmente venire a contatto con maestri sia palestinesi sia mesopotamici.

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scuole22 dove ebbe la possibilità di incontrare numerosi maestri23. Inoltre la notizia fornita dagli Stromateis se da una parte attesta i diversi luoghi e i diversi insegnanti ricevuti dallo Stromateo, verso i quali egli dimostra stima e apprezzamento, dall’altra non permette di identificarli; un silenzio che forse potrebbe essere parzialmente giustificato dalla convinzione secondo la quale la vera dottrina non solo era trasmessa quasi in forma segreta perché di carattere esoterico24, ma anche insegnata da coloro che rivestivano il ruolo di mediatori e il cui valore pedagogico consisteva soprattutto nel contenuto del loro insegnamento piuttosto che nella fama della loro persona. Peraltro l’aggettivo μακάριοι, riferito 22 In merito all’esistenza di diversi “centri culturali” nell’antichità, cf. B.  Pouderon, Réflexions sur la formation d’une élite intellectuelle chrétienne au IIe siècle: les «écoles» d’Athènes, de Rome et Alexandrie, in B. Pouderon – J. Doré (eds.), Les Apologistes Chrétiens et la Culture Grecque (Théologie Historique 105), Paris 1998, 237–269, spec. 238–239. 23 Il viaggiare di Clemente si inserisce perfettamente nella tradizione culturale del tempo quando affrontare lunghi viaggi e visitare i diversi luoghi significava andare in cerca di risposte esistenziali e di fede nella speranza di conseguire una dottrina di verità (cf. Méhat, Étude, 43). Il medico Tassalo, dopo aver esercitato l’arte della grammatica in Asia, si reca in Alessandria, poi inizia a percorrere l’Egitto in cerca del dio che possa rivelargli i segreti delle piante (A.J. Festugière, L’expérience religieuse du médecin Thessalos, in Revue biblique 48 (1939) 45–77, spec. 57–59); l’astrologo Vettio Valente attraversa terra e mare, visita numerose nazioni, prima di scoprire il mistero degli elementi del quale si preoccupa (cf. G. Kroll [ed.], Vettii Valentis, Florilegium, Catalogus codicum astrologorum 5, Berolini 1908, 49); Lucio nel Metamorphoseon di Apuleio, per arrivare al termine delle sue sventure, deve prima attraversare prove lunghe e terribili (come si legge in Apuleio, metam. 11,15). Anche in ambito cristiano conosciamo alcuni personaggi che intrapresero lunghe peregrinazioni mossi dalla ricerca di una gnosi superiore, tra questi ricordiamo Giustino (cf. dial. 1–2) e Taziano (cf. or. 35); Clemente (cf. pseudoclem. 1,3.5); lo stesso accade negli Atti di san Cipriano d’Antiochia (cf. Vita S. Cypriani Antiocheni, in Acta Sanctorum Septembris, t. 7, 222; A.J. Festugière, La révélation d’Hermes Trismegiste, III, Paris 1953, 37–40) e infine dopo Clemente si potrebbe ricordare Ilario di Poitiers (cf. Trin. 1,2). Su questo argomento cf. G. Bardy, La conversione al cristianesimo nei primi secoli, (trad. it. G. Ruggeri), Milano 1975, 130–137; B. Pouderon, La conversion comme thème apologétique chez les Pères du IIe siècle, in J.C. Attias (ed.), De la conversion, Paris 1997, 143–167; D. Vigne, La conversion de Justin de Rome; B. Pouderon, Récits de conversion chez les Apologistes grecs e I. Jurasz, «Supérieurs aux lois de la fatalité». La dimension cosmique de la conversion selon les Apologistes syriaques, in D. Vigne (ed.), La Conversion chez les Pères de l’Église, Paris 2014, 29–50; 51–69; 71–94. 24 Si legga in particolare, str. 1,14,3. Cf. anche Gyurkovics, La teologia “non scritta”, 289– 316.

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a coloro che contribuirono alla sua crescita culturale, bene si correla alla μακάρια διδασκαλία di str. 1,11,3, che è la dottrina di verità25; il che lascia supporre che «i beati» furono anche maestri di fede e proprio per questo si stabilì una particolare condivisione tra Clemente e i suoi maestri, al di là del rapporto di discepolato, cioè della inevitabile relazione tra colui che insegna e colui che impara. Da notare inoltre che, senza specificare chi essi siano, l’Alessandrino dimostra di essere loro grato per il dono ricevuto, cioè per la dottrina di verità; un debito maggiore e una maggiore riconoscenza rispetto a quella dovuta a molti altri insegnanti che, senza essere neppure nominati, furono i didascali nella sua prima formazione, avviandolo all’elaborazione di quel pensiero filosofico quale si attesta nelle sue opere. Inoltre Clemente, nel ricordare i suoi maestri, fa immediato riferimento alla terra da dove provenivano come se le diverse aree geografiche potessero testimoniare anche la dimensione universale della sua formazione. I tentativi degli studiosi di attribuire un nome e un volto ai maestri di Clemente rimangono tali e al tempo stesso denunciano quanto fumosa e sfuggente possa esserne l’identità26: lo Ionico attivo in Grecia è stato identificato o con Atenagora27 o con Melitone di Sardi, identificazione quest’ultima suggerita probabilmente dall’aggettivo   Ἰωνικός che potrebbe ricondurre alla Ionia d’Asia; l’Assiro con Taziano o con Bardesane28;

2 5 Cf. str. 1,11,3, vedi più avanti pp. 31–32. 26 Cf. G. Bardy, Aux origines de l’École d’Alexandrie, in Recherches des Science Religieuse 27 (1937) 71; Méhat, Étude, 43–44; Pini, Clemente di Alessandria, 19, n. 52. 27 Clemente in str. 5,84,1–3 cita Tim. 40dc cristianizzando il testo, proprio come accade in Atenagora (cf. leg. 23,5–6). I contesti sono però differenti: infatti Atenagora si sofferma sul potere dei demoni, mentre Clemente riflette su Dio e in particolare sul concetto di generazione, evidenziando come i Greci abbiano raggiunto una profonda conoscenza riguardo a questo concetto. Azzardato quindi individuare un legame tra Atenagora e Clemente basando l’ipotesi su questo passo; né va trascurato che il medesimo testo platonico viene utilizzato anche da altri autori cristiani come ad esempio Eusebio di Cesarea (cf. praep. ev. 2,7,1; 13,1,1; 14,5) e Teodoreto di Cirro (cf. gr. aff. cur. 1,59; 3,34). Cf. Westcott, Clement, 560. A tal proposito va ricordato lo studio di B. Pouderon, Athénagore chef d’école. À propos du témoignage de Philippe de Side, in Studia Patristica 26 (1993) 172–175: contributo significativo per quanto riguarda la testimonianza di Filippo di Side secondo il quale Atenagora, si presuppone l’apologista, fu maestro di Clemente. La notizia rimane purtroppo limitata alla sola indicazione del nome e sprovvista di ulteriori particolari. Cf. più avanti pp. 91–93. 28 Riguardo ad alcuni elementi di contatto tra il pensiero di Clemente e quello di Bardesane, cf. I. Ramelli, Bardesane, Contro il Fato (I Talenti 3), Roma-Bologna 2009, 61–68; 72–75. Un tema a favore del contatto tra i due autori potrebbe essere quello della visione

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l’Ebreo29, con Teofilo di Cesarea o con lo gnostico Teodoto. Ferma restando l’impossibilità di determinare l’eventuale rapporto tra Clemente e i personaggi citati, va comunque ricordato che egli fa esplicito riferimento solo a Taziano in str. 1,101,230 e 1,102,231: esprime parole di apprezzamento cosmologica: entrambi infatti concepiscono l’attività demiurgica come azione diairetica e organizzativa. Tale concetto si rintraccia sia in Clemente (cf. prot. 5,1–4) sia in Bardesane (cf. Libro delle leggi dei paesi, scritto siriaco da collocare cronologicamente prima della fine del III secolo, assolutamente importante per la conoscenza del pensiero di Bardesane e dei suoi discepoli). Sebbene la tematica centrale sia costituita dal rapporto tra libero arbitrio e fato, il protagonista Bardesane concepisce la creazione come atto di ordinamento (tûqqānâ), cioè come intervento realizzato a partire da enti preesistenti: tesi cosmogonica che l’ambiente alessandrino così come quello siriaco di Edessa derivano dalla manualistica filosofica greca alla quale va ricondotta la visione della creazione come un’attività di ordinamento. Cf. A. Camplani, Rivisitando Bardesane. Note sulle fonti siriache del bardesanismo e sulla sua collocazione storico-religiosa, in Cristianesimo nella storia 19 (1998) 519–596, spec. 546–550; 563–569; A. Camplani, Bardesane et les bardesanites, École pratique des hautes études. Section des sciences religieuses. Annuaire. Résumé des conférences et travaux 112 (2003–2004) 29–50; A. Camplani, Bardesane, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), 699–705; A. Camplani, Bardaisan’s Psychology. Known and Unknown Testimonies and Current Scholarly Perspectives, in M. Doerfler – E. Fiano – K. Smith (eds.), Syriac Encounters. Papers from the Sixth North American Syriac Symposium, Duke University, 26–29 June 2011 (Eastern Christian Studies 20), Leuven 2015, 259–276. 29 In questo caso la connotazione religiosa si aggiunge alla specificazione del luogo dove Clemente ha incontrato il maestro: l’avverbio ἀνέκαθεν lascia supporre che siamo di fronte a un ebreo di Palestina convertito al cristianesimo. 3 0 Clemente ha parole di apprezzamento per Taziano, il quale nella suo Oratio ad Graecos dimostrò in maniera accurata («εἴρηται […] ἀκριβῶς») la maggiore antichità della “filosofia degli Ebrei” rispetto a quella dei Greci e la conseguente accusa dei furta Grae­ corum, secondo la quale i filosofi greci trassero dagli Ebrei i loro principi (cf. or. 31; 36; 40–41). Taziano e Clemente condividono questo argomento con altri autori, cf. ad es. Giustino, I ap. 59,1; Ps. Giustino, cohort. ad Graec. 9; Teofilo d’Antiochia, I Aut. 14; III Aut. 20; Tertulliano, Apol. 19; Origene, Princ. 3,6,1; Eusebio di Cesarea, praep. ev. 10,9. Cf. S.R.C. Lilla, Clement of Alexandria: a Study in Christian Platonism and Gnosticism, Oxford 1971, 11–41; J. Daniélou, Messaggio evangelico e cultura ellenistica, (trad. it. C. Prandi), Bologna 1975, 62–73; G. Aragione, L’amor proprio dei Greci e la ricerca del vero maestro (Clemente d’Alessandria, Stromati VI,2,5–27), in A. Frey – R. Gounelle (eds.), Poussières de christianisme et de judaïsme antique. Études réunies en l’honneur de Jean-Daniel Kaestli et Éric Junod, Lausanne 2007, 41–59, spec. 53–56. 31 Clemente, nel sottolineare l’antichità della civiltà e della cultura ebraica rispetto a quelle greche, fa riferimento alle stesse argomentazioni addotte da Taziano (cf. or. 36–40). L’affinità argomentativa tra i due autori si registra nella cronografia riguardante sia gli

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nei suoi confronti per aver difeso il primato cronologico della letteratura biblica e quindi della tradizione religiosa ebraica rispetto alla letteratura greca e alla derivante paideia; diverso invece sarà il giudizio di Clemente in str. 3,81–8232 e 3,92,133, dove assume un tono fortemente polemico nei confronti dell’apologista e del suo rigido encratismo al limite dell’ortodossia. Di fatto, in alcuni passi degli Stromateis34, Clemente contesta la dottrina encratita nel suo insieme, mentre in altri fornisce indicazioni assai simili a quelle dell’apologista, ma che non sono necessariamente da lui derivate. In ogni caso, né i testi in cui Taziano è citato esplicitamente, né quelli in cui si recepisce una certa eco della sua dottrina, sono avvenimenti storici e mitologici (cf. str. 1,103,2–5), sia le datazioni della vita di Omero (cf. str. 1,117,1). La presenza in Clemente di un computo simile a quello di Taziano (cf. or. 31) non può però essere considerata come argomento derimente per la dipendenza dell’uno dall’altro, senza escludere la possibilità di una fonte comune utilizzata da entrambi, come accade, ad esempio, in Ps. Plutarco, De vita et poesi Hom. 2,3. 32 Stromateis 3,81–82 elabora 1 Cor 7,5: in str. 3,81,2–6 l’Alessandrino presenta l’interpretazione che Taziano avrebbe proposto all’interno della sua opera De perfectione secundum Salvatorem, opera conosciuta da Clemente e da lui citata esplicitamente; in str. 3,82,1–3 il maestro di Alessandria propone la sua esegesi del testo paolino evitando inficiature encratite. 33 Clemente critica il pensiero encratita di Giulio Cassiano il quale avrebbe assunto, a parere dell’Alessandrino, una posizione simile a quella di Taziano. 34 Cf. str. 1,122,1–4: Clemente come Taziano (cf. or. 36) fa riferimento a Berosso, sacerdote babilonese di Bel-Marduk (sec. IV-III), il quale per omaggiare il re della Siria, Antioco I, avrebbe scritto, in greco, la storia del suo popolo dal diluvio al tempo di Alessandro Magno; str. 1,130,1: Clemente concorda con Taziano (cf. or. 41) sulla datazione della guerra di Troia; str. 1,131,1: Clemente e Taziano (cf. or. 41) sono accomunati per il riferimento a Onomacrito di Atene; str. 3,11,1–2: sia Clemente che Taziano (cf. or. 28) condannano la pratica dell’incesto incoraggiata dai Magi Persiani; in str. 3,49,1 Clemente, parlando del matrimonio, fa riferimento a coloro che lo definiscono una prostituzione (cf. anche str. 3,89,1) e che credono che sia stato insegnato dal diavolo. Clemente considera una bestemmia contro il Signore e la sua legge tale visione negativa dell’amore coniugale, che sarebbe da attribuire a Taziano secondo quanto ci viene riferito da Epifanio di Salamina (cf. pan. 1,3,46,21) ma ci si trova però nell’impossibilità di verificare tale dottrina; str. 3,86,3: Clemente condanna coloro che concepiscono in maniera negativa la generazione; str. 4,121,6: Clemente, come già Taziano (cf. or. 3) fa riferimento alla figura di Cratete; str. 5,77,2: Clemente citando l’Apocalypis Sophoniae sottolinea come il Dio dei cristiani è ineffabile, altissimo e immutabile (cf. anche str. 5,81,6); questo concetto Clemente lo condivide con Taziano (cf. or. 3), ma anche con altri autori precedenti e coevi (ad es. Aristide, ap. 1,2; 3,2; Giustino, I ap. 6,1; 10,1s.4; 13,1; 28,3; 63,1; II ap. 6,1s.; 7,1; 14,1s.; Atenagora, leg. 9,3.8; 10,1; Teofilo d’Antiochia, I Aut. 3s.). Il concetto dell’immutabilità di Dio è proprio anche della tradizione gnostica (cf. Ireneo di Lione, adv. haer. 1,6,4; 1,11,1.3; Origene, Cels. 6,65; 7,42).

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sufficienti a confermare che Clemente sia stato discepolo dell’apologista e che lo abbia frequentato quale maestro. Proseguendo nella lettura dei loci in cui l’Alessandrino fa riferimento all’insegnamento dei sapienti e alla formazione ricevuta, vanno ricordati anche str. 2,67,4 e 2,68,1: […] ἀκήκοα δ’ ἔγωγε σοφοῦ τὰ τοιαῦτα ἀνδρὸς «βουλὴν μὲν ἀσεβῶν» τὰ ἔθνη λέγοντος, «ὁδὸν δὲ ἁμαρτωλῶν» τὴν Ἰουδαϊκὴν ὑπόληψιν καὶ «καθέδραν λοιμῶν» τὰς αἱρέσεις ἐκλαμβάνοντος. […] io d’altra parte ho udito un uomo sapiente in queste cose35 [σοφοῦ τὰ τοιαῦτα ἀνδρὸς], che per consiglio degli empi intendeva i pagani, per vie dei peccatori le credenze giudaiche, e il seggio della pestilenza lo interpretava come le eresie (str. 2,67,4); […] ἕτερος δὲ κυριώτερον ἔλεγεν τὸν μὲν πρῶτον μακαρισμὸν τετάχθαι ἐπὶ τῶν μὴ κατακολουθησάντων ταῖς γνώμαις ταῖς πονηραῖς, ταῖς ἀποστατησάσαις τοῦ θεοῦ, τὸν δεύτερον δὲ ἐπὶ τῶν τῇ «εὐρυχώρῳ καὶ πλατείᾳ ὁδῷ» οὐκ ἐμμενόντων, ἢ τῶν ἐν νόμῳ τραφέντων ἢ καὶ τῶν ἐξ ἐθνῶν μετανενοηκότων· «καθέδρα δὲ λοιμῶν» καὶ τὰ θέατρα καὶ τὰ δικαστήρια εἴη ἂν , ὅπερ καὶ μᾶλλον, ἡ ἐξακολούθησις ταῖς πονηραῖς καὶ ταῖς λυμαντικαῖς ἐξουσίαις καὶ ἡ κατὰ τὰ ἔργα αὐτῶν κοινωνία […] un altro sosteneva, più propriamente, che la prima beatitudine [del salmo] è proclamata in ordine a coloro che non hanno seguito le opinioni malvage, lontane da Dio; la seconda36 per quelli che non si sono attardati lungo «la via spaziosa e larga» o che furono allevati nella legge, o anche per quelli che fra i pagani si pentirono. Il seggio della pestilenza indicherebbe poi i teatri e i tribunali, o meglio, l’ossequio alle potenze scellerate e rovinose e l’associazione alle loro opere (str. 2,68,1).

I due testi sono inseriti nel discorso che l’Alessandrino sta conducendo sui peccati e sulla loro distinzione37. In str. 2,67,4–68,1 egli fa riferimento ad alcuni 35 Allusione alle interpretazioni di alcuni passi biblici che Clemente cita come prova scritturistica (cf. Sal. 31; 1 Pt. 4,8; Ez. 18,23.32; Mt. 5,28; Ger. 49,19; 50,20; 1 Gv. 5,16–17; Lv. 11,10.12; Dt. 14,10), dopo aver riportato esempi tratti dalla mitologia riguardo alla differenza tra involontarietà e consapevolezza nel peccare (cf. Clemente Alessandrino, str. 3,62–64). 36 Clemente echeggiando le parole di Sal. 1,1–2, le ritrascrive nel linguaggio di Mt. 7,13. Cf. anche, str. 1,29,3. 37 Cf. str. 2,64–65. Diverse affinità emergono tra il ragionamento di Clemente e quanto si legge in Barnaba (cf. ep. 10,1.9–10), sebbene l’argomentare di Clemente sembri più involuto: infatti, se in Barnaba è chiara l’interpretazione allegorica sul divieto di cibarsi di certi animali, precettato da Lv. 11,7.10.12–15; 12, in Clemente la riflessione è tutta concentrata e forzatamente ricondotta alla duplice beatitudine del Sal. 1,1–2. L’Alessandrino torna più volte su questi concetti citando gli stessi testi scritturistici cf. paed. 2,83,4–90; 3,75,3–76,3; str. 3,94,5; 5,51–52,3; 7,109.

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insegnamenti esegetici ricevuti su Sal. 138, tra i quali si distingue quello impartito da un “sapiente” che Clemente loda senza identificare; ragione per cui non ci sembra possibile affermare con certezza che il “sapiente” di str. 2,67,4 sia il maestro Panteno39. Tornando nel merito di str. 1,11,1–2, Clemente fa riferimento a persone certamente importanti e presumibilmente celebri ma ritiene decisivo l’incontro con colui che conobbe per ultimo ma considerò primo nel suo valore pedagogico tanto da identificarlo con la preziosa «ape siciliana» per la capacità di attingere e rielaborare agli insegnamenti più eccellenti: Ὑστάτῳ δὲ περιτυχὼν (δυνάμει δὲ οὗτος πρῶτος ἦν) ἀνεπαυσάμην, ἐν Αἰγύπτῳ θηράσας λεληθότα. Σικελικὴ τῷ ὄντι ἦν μέλιττα προφητικοῦ τε καὶ ἀποστολικοῦ λειμῶνος τὰ ἄνθη δρεπόμενος ἀκήρατόν τι γνώσεως χρῆμα ταῖς τῶν ἀκροωμένων ἐνεγέννησε ψυχαῖς. Quando infine incontrai l’ultimo (ma questi per il suo valore era il primo), mi fermai, ne ero andato in cerca in Egitto, dove viveva sottratto allo sguardo di tutti40.

38 Sull’interpretazione di Sal. 1,1 cf. Mondésert, Clément d’Alexandrie. Introduction, 153–162, dove viene proposta una classificazione dei diversi sensi che l’Alessandrino sembra individuare nella Scrittura. 39 L’identificazione di Panteno con l’ape sicula (cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 6,13,2; 6,14,9; 6,19,13) è affermata come probabile in M. Merino Rodríguez (ed.), Clemente de Alejandría, Stromata II–III. Conocimento religioso y continencia auténtica (Fuentes Patrísticas 10), Madrid 1998, 185. Cf. anche A. van den Hoek, How Alexandrian was Clement of Alexandria? Reflections on Clement and his Alexandrian Background, in The Heythrop Journal 31 (1990) 181. Il rapporto di discepolato tra Panteno e Clemente è messo in discussione da A. Jakab, Ecclesia alexandrina. Evolution sociale et institutionelle du christianisme alexandrin (IIe e IIIe siècle) (Christianismes anciens 1), Bern – Berlin – Bruxelles – Frankfurt am Main – New York – Oxford – Wien 2001, 121. Stroumsa ha affermato che il maestro conosciuto in Palestina poteva essere identificato con l’ “ape sicula” scoperta in Egitto al termine dei suoi viaggi (cf. G.G. Stroumsa, Clement, Origen, and Jewish Esoteric Traditions, in G. Dorival (ed.), Origeniana Sexta, Leuven 1995, 61–80, spec. 58–59; tuttavia, str. 1,11,2 sembra escluderlo: cf. A. Le Boulluec, Pour qui, pourquoi, comment? Les “Stromates” de Clément d’Alexandrie, in Entrer en Matière. Les Prologues (Patrimoines. Religions du livre), J.-D. Dubois – B. Roussel (eds.), Paris 1998, 23–36, spec. 31 n. 44. Tra gli studi più recenti che offrono una sintesi alquanto esauriente sulla figura di Panteno, si segnala A. Le Boulluec, Clément d’Alexandrie, 18–24. 40 I due verbi presenti in str. 1,11,2 – ἀναπαύω e θηράοω – indicano non soltanto il desiderio da parte di Clemente d’incontrare finalmente chi sarebbe stato in grado di appagare le sue esigenze di conoscenza e rispondere ai suoi interrogativi esistenziali e di fede, ma – a un più attento esame – segnano il momento che precede la frequentazione di colui che l’Alessandrino dichiarò essere il primo maestro per valore; L’aoristo ἀνεπαυσάμην è l’arrestarsi di chi, raggiunto il traguardo, non ha più motivo di proseguire dopo

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Notizie autobiografiche Davvero41 un’ «ape siciliana»42, che coglieva i fiori dal prato di profeti e apostoli e nelle anime di coloro che si ponevano in ascolto infondeva un puro tesoro di conoscenza (str. 1,11,2).

un viaggio compiuto fisicamente e spiritualmente perché mosso dalla ricerca di un insegnamento superiore finora non impartito da altri pur celebri insegnanti. Clemente si era passionalmente applicato alla ricerca di un maestro che eccellesse per dottrina prima ancora che per fama e, affinché il suo lettore possa cogliere lo zelo del cercare, impiega lo stesso verbo (θηράω) che in prima accezione indica l’andare a caccia, l’inseguire, possibile reminescenza dei testi di Platone (cf. Phaed. 66ac; Theaet. 197c-198b). Il linguaggio è figurato ma l’azione non è virtuale perché il desiderio di raggiungere una preda eminente in saggezza o, meglio, “amante della saggezza” per dirla secondo il senso proprio del termine “filosofo”, era un desiderio reale che comportava di fatto il porsi sulle tracce. Clemente riuscì nel suo intento e, avendo raggiunto la sua meta, lì terminava il suo θηρᾶμα, con soddisfazione pari a colui che afferra la preda inseguita: non per ucciderla ma per farla sua, ovvero, nel proposito dell’Alessandrino, per impossessarsi della dottrina insegnata da colui che, pur detenendo un primato di sapienza, “viveva sottratto allo sguardo di tutti” (λεληθότα). Una prima interpretazione del participio λεληθότα lascerebbe supporre che quel maestro avrebbe condotto una vita appartata e quasi nascosta. Inoltre, l’interpretazione fornita da Galloni sulla base dell’aoristo θηράσας e secondo la quale «Clemente inseguì Panteno in Egitto, dopo averlo conosciuto altrove» (cf. M. Galloni, Clemente Alessandrino, Il Protrettico, Roma 1991, 7–8; M. Galloni, Cultura evangelizzazione e fede nel «Protrettico» di Clemente Alessandrino, Roma 1982, 7), non mi sembra del tutto convincente: il verbo da solo non permette di dedurre che Clemente abbia conosciuto Panteno in un luogo non ben precisato e non identificabile con Alessandria e che Panteno sia fuggito da questo luogo rifugiandosi in Egitto dove poi sarebbe stato rintracciato da Clemente. Suggestiva, ma non altrettanto documentabile, l’altra ipotesi dello stesso Galloni: i participi θηράσας e λεληθότα, a suo avviso, anticiperebbero una tensione propria del monachesimo nascente e in particolare di ambiente siriaco ed egiziano; la strenua ricerca come un “andare a caccia” del Padre, cioè di Colui che genera a nuova vita, e il nascondersi da parte del Padre stesso, unito a un contesto segreto e misterico, sarebbero da intendere come dialettica del quaerere Deum propria dell’ambiente monastico: cf. M. Galloni, Obbedienza e libertà nei primordi del monachesimo, in Oriente Cristiano 19 (1979) 17–39. 41 La locuzione avverbiale τῷ ὄντι riteniamo debba essere tradotta con l’avverbio “davvero” (eqv. a “veramente” o “realmente”) e non con l’aggettivo “vera” proposta nella traduzione italiana di G. Pini, Clemente di Alessandria, 20. 4 2 L’immagine dell’ape usata da Clemente a sostegno della polymathía (cf. str. 1,34,6; 4,9,2) è un possibile retaggio della letteratura classica. I riferimenti più significativi sono a Euripide (cf. Hippol. Cor. 73–81) il quale paragona un uomo illustre all’ape e a Pindaro (cf. Píticas 4,60) dove si parla della sacerdotessa delfica come di un’ape. L’aggettivo σικελική ha fatto pensare a un’origine siciliana di questo maestro (cf. T. Zahn, Forschungen zur Geschichte des neutestamentlichen Kanons und der altkirchlichen Literatur, III, Suppl. Clement, III, Erlangen 1884, 161; S. Lilla, Panteno, in A. Di Berardino (ed.),

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Clemente passa sotto silenzio il nome del maestro, ma gli studiosi danno per certo che si tratti di Panteno, secondo quanto affermato da Eusebio di Cesarea43:  egli sostiene che nelle Hypotyposeis44 Clemente nomina Panteno come

Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (P-Z), Genova-Milano 2008, 3818). A fronte di questa ipotesi si nota che Eusebio nel momento in cui parla di Panteno (cf. h.e. 5,10), tace la sua origine siciliana. Non è da escludere che Clemente abbia paragonato Panteno all’ape siciliana facendo propria una tradizione, non necessariamente letteraria, che esaltava la maestria dell’ape partendo dalla bontà del miele siciliano, soprattutto il miele di timo, la pianta dei monti Iblei. Tuttavia, se volessimo pensare anche a fonti letterarie, dovremmo risalire a Teocrito che già nel 300 a.C. esaltava la bontà del miele e “api d’oro” definitiva quelle che «a giro volavano presso le fonti» (Thal. 7,106s.). Per la simbologia dell’ape in Clemente, cf. W. Telfer, Bees in Clement of Alexandria, in Journal of Theological Studies 28 (1927) 167–178. 43 Cf. h.e. 5,11,2–4; 6,6,1. Altri studiosi hanno concordato con il dato di Eusebio elaborando l’idea della successione da Panteno a Clemente nella direzione della scuola di Alessandria; tra i più importanti, cf. De Faye, Clément d’Alexandrie, 27–31; 37–38; M. Pellegrino, La catechesi cristologica di Clemente Alessandrino, Milano 1940, 8; E. Buonaiuti, Clemente Alessandrino e la cultura classica, in Rivista storico-critica di Scienze Teologiche 1 (1905) 395; A. Colunga, Clemente de Alejandría escriturario, in Helmántica 1 (1950) 454; J. López-Oreja, Alejandría. Su escuela. Un maestro, in Helmántica 1 (1950) 422, 437; A.G. Hamman, La vida cotidiana de los primeros cristianos (Arcaduz 11), Madrid 1985, 25. Al contrario la critica più moderna sembra non proprio convinta del passaggio del testimone da Panteno a Clemente: cf. O. Bardenhewer, Geschichte der altkirchlichen Literatur, Freiburg im Breisgau 1914, 79; Bardy, Aux origines, 65–90; G. Bardy, Pour l’historie de l’école d’Alexandrie, in Revue biblique 1942 (= Vivre et Penser, II Serie) 80–109; P.Th. Camelot, Les idées de Clément d’Alexandrie sur l’utilisation des sciences et de la literature profane, in Recherches de Science Religieuse 21 (1931) 40; L. Alfonsi, Didaskaleion cristiano, in Aegyptus 56 (1976) 101–103; Van den Hoek, How Alexandrian was Clement of Alexandria?, 179–194. 44 Ampio il dibattito su quest’opera di cui parlano solo le fonti successive a Clemente (cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 6,13,2; 6,14,1; l’annotazione [«Liber Dispositionum»] di Rufino di Aquileia a Eusebio di Cesarea, h.e. 5,11,2; Fozio, bibl. 109; 111). Parimenti si continua a discutere se le Adumbrationes facciano parte delle Hypotyposeis (di cui sono pervenuti solo frammenti del IV, V, VI e VII libro); tra i primi a favore di questa tesi, Zahn, Forschungen zur Geschichte, 134–138: egli ripercorre lo status quaestionis sulla paternità delle Adumbrationes, dibattito inaugurato dai curatori delle prime edizioni delle opere di Cassiodoro e successivamente ripreso nella voce Clement firmata da Westcott nel dizionario di Smith e Wace. Di parere totalmente opposto a quello di Zahn è Dainese, cf. Clemente Alessandrino, Adombrazioni, 37–43. Per una bibliografia su Hypotyposeis cf. C. Markschies, “Die wunderliche Mär von zwei Logoi…” Clemens

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maestro45. Non possiamo verificare l’attendibilità della notizia eusebiana dal momento che l’opera clementina cui lo storico si riferisce, è andata perduta e ne rimangono solo alcuni frammenti tra i quali non è però presente quello in cui l’Alessandrino avrebbe fatto riferimento a Panteno il quale, è menzionato esplicitamente solo in ecl. 56,2: «ὁ Πάνταινος δὲ ἡμῶν»46. In questo passo delle Eclogae Propheticae, il maestro d’Alessandria, commentando Sal. 18 (LXX), contesta le interpretazioni di vari scrittori, accogliendo come corretto il principio ermeneutico di Panteno. Il pronome personale ἡμῶν, a lui riferito, potrebbe significare il legame tra Clemente e il personaggio in questione, ma anche una profonda condivisione di fede e di dottrina e, qui in particolare, di ratio esegetica applicata nello specifico al valore del presente quale tempo verbale impiegato nella lexis profetica47. Non è da escludere che Clemente abbia individuato in Panteno la figura del maestro ideale, come si legge in str. 1,11,3: Ἀλλ’ οἳ μὲν τὴν ἀληθῆ τῆς μακαρίας σῴζοντες διδασκαλίας παράδοσιν εὐθὺς ἀπὸ Πέτρου τε καὶ Ἰακώβου Ἰωάννου τε καὶ Παύλου τῶν ἁγίων ἀποστόλων, παῖς παρὰ πατρὸς ἐκδεχόμενος (ὀλίγοι δὲ οἱ πατράσιν ὅμοιοι), ἧκον δὴ σὺν θεῷ καὶ εἰς ἡμᾶς τὰ προγονικὰ ἐκεῖνα καὶ ἀποστολικὰ καταθησόμενοι σπέρματα.

Alexandrinus, Frgm. 23 – Zeugnis eines Arius ante Arium oder des arianischen Streits selbst?, in H.C. Brennecke – E.L. Grasmuck – C. Markschies (eds.), Logos, Festschrift für Luise Abramowski zum 8. Juli 1993, Berlin – New York 1993, 193–219; F. Jourdan, Le Logos de Clément soumis à la question, in Revue d’Études Augustiniennes 56 (2010) 135–172; P. Ashwin-Siejkowski, Clement of Alexandria on Trial, The Evidence of “Heresy” from Photius Bibliotheca (Supplements to Vigiliae Christianae 101), Leiden 2010, 1–18. 45 Leggendo il Chronicon di Eusebio all’anno 194, Panteno e Clemente sono affermati come “maestri” in Alessandria. La notizia del Chronicon, anziché escludere il discepolato di Clemente nei confronti di Panteno, potrebbe attestare la contemporanea attività didattica di entrambi e far ipotizzare semmai che Panteno era già stato maestro di Clemente prima del 194. 4 6 Ecl. 56,2. Edizione di riferimento: C. Nardi (ed.), Clemente Alessandrino, Estratti profetici. Eclogae propheticae (Biblioteca Patristica 4), Firenze 1985. 47 Ecl. 56,2. Sulla “regola esegetica” cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 6,13,2; sull’interpretazione dei tempi verbali nelle profezie cf. Clemente Alessandrino, ecl. 56,3; Giustino, dial. 114,1; Ireneo di Lione, dem. 67: «A volte lo Spirito di Dio nei profeti racconta, come passati, eventi che avranno luogo in futuro. Ciò avviene perché quello che da Dio è approvato, determinato e destinato a esistere è già considerato come estinto e lo Spirito si esprime avendo in vista il tempo nel quale si realizza la profezia».

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Ora questi [maestri] conservarono la vera tradizione della beata dottrina direttamente dai santi apostoli Pietro, Giacomo, Giovanni e Paolo48, come un figlio succede a un padre (pochi del resto quelli che assomigliano ai padri). E con l’aiuto di Dio sono giunti49 a noi, depositando proprio quei semi degli antenati e degli apostoli.

Nel passo sopra citato l’Alessandrino presenta i “maestri” depositari della «ἀληθῆ παράδοσιν τῆς μακαρίας διδασκαλίας», insegnamento fondato sulla predicazione degli apostoli e dei loro discepoli e connotato di quell’esoterismo che aveva caratterizzato lo gnosticismo cristiano fiorito nell’Egitto di II sec.50; l’espressione ἀληθὴς παράδοσις si oppone alla dottrina eretica affermandosi come tradizione ortodossa trasmessa a pochi privilegiati, come affermerà Clemente nel proseguo del discorso51. I testi presi finora in considerazione non permettono comunque di identificare con certezza i maestri cui Clemente fa riferimento e che hanno contribuito alla sua formazione e alla sua fede: le identità dei personaggi rimangono nebulose e talora avulse da un specifico contesto storico di riferimento. Nonostante ciò, gli stessi testi meritano di essere riletti e meditati perché aiutano a meglio definire il concetto di maestro secondo il pensiero di Clemente il quale, pur conoscendo sicuramente il nome dei suoi insegnanti, non ritiene doverli nominare, né fornire 48 Clemente fa riferimento a Pietro, Giacomo, Giovanni e Paolo, il gruppo presente anche in str. 6,68,2. Pietro, Giacomo e Giovanni sono spesso menzionati poiché vicini a Cristo: furono presenti sul monte della trasfigurazione (cf. Mt. 17,1–2); furono gli unici a essere invitati a entrare in casa per assistere alla rianimazione della figlia di Iairo (cf. Lc. 8,51); furono accanto a Gesù nel Getsemani mentre pregava nell’ultima notte (cf. Mc. 14,32–34). Pietro, Giacomo e Giovanni, insieme ad Andrea, chiesero a Gesù quando sarebbe avvenuta la predetta distruzione del tempio di Gerusalemme e quale sarebbe stato il segno della sua presenza e della fine dei tempi (cf. Mc. 13,3–4); cf. str. 1,11,3 e il ricordo di Paolo. 49 Cf. str. 1,11,3. 50 Cf. Lilla, Clement of Alexandria, 234. 51 La παράδοσις non impedisce l’investigazione personale: ne è esempio il maestro che Clemente incontrò per ultimo il quale, rimanendo ancorato agli scritti profetici e apostolici, mai interrompeva la sua attività di ricerca arricchendo la stessa tradizione. Cf. Ch. Bigg, The Christian Platonists of Alexandria, Oxford 1913, 85–86. Sulla differenza tra la vera tradizione e la regola gnostica, cf. J. Daniélou, La tradition selon Clément d’Alexandrie, in Augustinianum 12 (1972) 5–18; A. Le Boulluec (ed.), Clément d’Alexandrie, Les Stromates. Stromate V, II. Commentaire, Bibliographie et Index (Sources Chrétiennes 279), Paris 1981, 15–16; Pini, Clemente di Alessandria, 20–21. Sul carattere esoterico della παράδοσις cf. Lilla, Clement of Alexandria, 144–158; G.G. Stroumsa, La sapienza nascosta. Tradizioni esoteriche e radici del misticismo cristiano, (trad. it. S. Salzani), Roma 2000, 35–48, spec. 42–43.

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notizie biografiche a loro riguardo poiché al Maestro d’Alessandria preme anzitutto che gli educatori incontrati possano essere definiti pedagoghi autentici da additare quale esempio: «uomini beati», latori della «beata dottrina» dell’unico e vero didascalo, il Logos divino.

1.2 La conversione In mancanza di notizie sulla famiglia e sulla prima educazione ricevuta, è impossibile stabilire se Clemente fosse stato educato cristianamente fin dai primi anni o se, al contrario, avesse aderito al cristianesimo in età adulta e proprio questa seconda ipotesi sembra essere più attendibile soprattutto in considerazione delle affermazioni contenute in Stromateis e Protrepticus52. 52 La maggior parte degli studiosi ritiene che Clemente sia stato un cristiano convertito dal paganesimo: cf. ad es. le considerazioni di Tollinton, Clement, I, 211. In un recente studio, Dainese rielabora quanto già affermato da M. Pujiula (cf. Körper, 27) che, in base a str. 1,11,2, sostiene che Clemente non avrebbe ricevuto una formazione all’insegna della tradizione classica; ne consegue che, negando l’estrazione pagana, l’Alessandrino sarebbe stato cristiano fin dalla giovinezza. Infatti secondo Dainese sostenere la conversione al cristianesimo a partire dal fatto che gli scritti clementini testimoniano una profonda formazione filosofica (cf. Osborn, Clement of Alexandria, 4–5), sia una fragile argomentazione; a sostegno della propria posizione, chiama in causa la testimonianza di Eusebio (cf. praep. ev. 2,2,64) e commenta due passi clementini da paed. 1,1,1; 2,62,3; il confronto dei testi, a suo giudizio, smentirebbe l’ipotesi di una conversione di Clemente: «se infatti, in Pedagogo 2,8,62,3 Clemente sembrerebbe parlare anche di se stesso […] come convertito, d’altra parte in 1,1,1,1 spiega la conversione come fatto antropologico, effetto di un’azione progressiva del Logos». Dainese conclude il suo ragionamento con queste parole: «Se, dunque, Clemente è convertito, lo è perché ha intrapreso un cammino di fede potenzialmente comune a tutti gli uomini» (cf. Dainese, Clemente Alessandrino, Adombrazioni, 10–14). Questa deduzione non ci sembra convincente: l’esordio del Paedagogus (1,1,1) non è da accogliere, a nostro avviso, come testo comprovante una esperienza autobiografica; Clemente sta parlando del Logos e della sua triplice azione che è quella di condurre alla fede, educare, insegnare (cf. Clemente Alessandrino, paed. 1,1–3). Infatti, protagonista dell’incipit del Paedagogus è il Logos e non Clemente e il ragionamento sulla conversione riguarda non l’esperienza personale dell’Alessandrino, ma l’azione del Verbo che indica la via della virtù e non quella della scienza per raggiungere e progredire nella fede. Interpretare il capitolo iniziale del Paedagogus a favore o no della conversione di Clemente, non solo è riduttivo ma non conforme alla premessa che lo stesso maestro d’Alessandria intende formulare sul Λόγος προτρεπτικός, παιδαγογός e διδάσκαλος. La conversione che Clemente definisce tale non è dunque un fatto o un fenomeno antropologico che appartiene indistintamente a tutti gli uomini, ma, nel caso specifico del testo citato, è

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In str. 1,14,1 si legge: Ἡ μὲν οὖν τῶν δέ μοι τῶν ὑπομνημάτων γραφὴ ἀσθενὴς μὲν εὖ οἶδ’ ὅτι παραβαλλομένη πρὸς τὸ πνεῦμα ἐκεῖνο τὸ κεχαριτωμένον, οὗ κατηξιώθημεν ὑπακοῦσαι, εἰκὼν δ’ ἂν εἴη ἀναμιμνῄσκουσα τοῦ ἀρχετύπου τὸν θύρσῳ πεπληγότα· Di poco conto dunque, la stesura scritta di questi appunti [presi] per me, lo so bene, se paragonata a quello spirito pieno di grazia, che fui ritenuto degno di ascoltare, ma immagine tuttavia che ricorda l’archetipo a colui che fu colpito dal tirso.

In questo passo Clemente esprime un giudizio particolare  – e non certo di carattere estetico – sulla messa per iscritto dei suoi “appunti” (ὑπομνήματα): fa un raffronto tra il poco che questo lavoro quasi insignificante (ἀσθενής) rappresenta e lo “spirito pieno di grazia“ al cui ascolto fu chiamato per elezione («fui ritenuto degno»53). Da notare il paragone tra « γραφὴ ἀσθενής » – riferito alla composizione degli appunti – e « τὸ πνεῦμα ἐκεῖνο τὸ κεχαριτωμένον »: l’espressione « οὗ κατηξιώθημεν ὑπακοῦσαι » lascia interpretare “spirito pieno di grazia” nel senso di “messaggio spirituale” che non appartiene agli uomini perché sostanziato di grazia, cioè di grazia divina. Clemente ha meritato di recepire questo πνεῦμα e il verbo ὑπακούω, rispetto ad ὑκούω, indica l’ascolto di colui che si lascia penetrare dallo stesso messaggio fino a farsi quasi obbediente54. Non quindi un semplice “ascolto”, come poteva accadere nei confronti di altri insegnamenti, ma un accogliere interiormente. Lo stesso “spirito pieno di grazia” è icona che richiama alla mente l’archetipo. Potremmo dire allora, senza timore di forzare il testo, che questo spirito è da identificare con lo stesso Logos e con la sua dottrina perché solo il Logos è immagine dell’archetipo, cioè di Dio. Non solo:  il participio il risultato dell’azione del Logos a favore dell’avvicinamento dell’uomo alla verità. Sebbene anche a nostro parere le copiose citazioni da autori classici che si rincorrono nelle opere clementine e i numerosi artifizi della retorica coeva impiegati dall’Alessandrino non siano determinanti al fine di stabilire se Clemente sia stato o no un convertito dal paganesimo, riteniamo che concorrano non a sfavore, ma a favore dell’estrazione pagana che si evince anche dai testi clementini sopra analizzati. In merito all’utilizzo della retoria in Clemente: cf. H. Stemeker, Πειθοῦς δημιουργία. Observations sur la fonction du style dans le Protreptique de Clément d’Alexandrie (Graecitas christianorum primaeva 3), Nijmegen – Utrecht 1967, 4–139; M. Rizzi, Ideologia e retorica negli “exordia” apologetici. Il problema dell’“altro” (II–III secolo) (Studia Patristica Mediolanensia 18), Milano 1993, 171–188; M. Rizzi, The Literary Problem in Clement of Alexandria: a Reconsideration, in Adamantius 17 (2011) 160. Sull’educazione cristiana tradizionale di Clemente: cf. M. Rizzi, Introduzione, in Pini, Clemente di Alessandria, VII-LI: VIII–IX. 53 Cf. Clemente Alessandrino, str. 1,11,1. 5 4 La forma verbale ὑπακούω nel significato di “obbedire” è attestato già da Erodoto (cf. 3,148; 4,119).

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Notizie autobiografiche

κεχαριτωμένον è fortemente caratterizzante55 e, qualificando « τὸ πνεῦμα ἐκεῖνο » – dove il dimostrativo ἐκεῖνος già dichiara che ci si riferisce a quel determinato spirito e non ad altro – può essere inteso anche come lo spirito ricolmo della grazia divina, cioè il Logos che è egli stesso grazia ed elargitore della grazia in virtù della quale Clemente interpreta lo stesso spirito anche “icona dell’archetipo”56. Da sottolineare infine – a ulteriore conferma di un’avvenuta conversione – la differenza tra « κατηξιώθημεν ὑπακοῦσαι » e « τὸν θύρσῳ πεπληγότα » : “porsi all’ascolto” e lasciarsi persuadere dallo “spirito pieno di grazia” è frutto di una elezione; “essere bastonato” è la conseguenza dell’aver aderito a un falso culto tanto da caderne vittima57. Anche prot. 112,1–3 fornisce spunti interessanti. Qui di seguito il testo: Διό μοι δοκεῖ, ἐπεὶ αὐτὸς ἧκεν ὡς ἡμᾶς οὐρανόθεν ὁ λόγος, ἡμᾶς ἐπ’ ἀνθρωπίνην ἰέναι μὴ χρῆναι διδασκαλίαν ἔτι, Ἀθήνας καὶ τὴν ἄλλην Ἑλλάδα, πρὸς δὲ καὶ Ἰωνίαν πολυπραγμονοῦντας. Εἰ γὰρ ἡμῖν ὁ διδάσκαλος ὁ πληρώσας τὰ πάντα δυνάμεσιν ἁγίαις, δημιουργίᾳ σωτηρίᾳ εὐεργεσίᾳ, νομοθεσίᾳ προφητείᾳ διδασκαλίᾳ, πάντα νῦν ὁ διδάσκαλος κατηχεῖ, καὶ τὸ πᾶν ἤδη Ἀθῆναι καὶ Ἑλλὰς γέγονεν τῷ λόγῳ. Οὐ γὰρ δὴ μύθῳ μὲν ἐπιστεύετε ποιητικῷ τὸν Μίνω τὸν Κρῆτα τοῦ Διὸς ὀαριστὴν ἀναγράφοντι, ἡμᾶς δὲ ἀπιστήσετε μαθητὰς θεοῦ γεγονότας, τὴν ὄντως ἀληθῆ σοφίαν ἐπανῃρημένους, ἣν φιλοσοφίας ἄκροι μόνον ᾐνίξαντο, οἱ δὲ τοῦ Χριστοῦ μαθηταὶ καὶ κατειλήφασι καὶ ἀνεκήρυξαν. Καὶ δὴ καὶ πᾶς, ὡς ἔπος εἰπεῖν, ὁ Χριστὸς οὐ μερίζεται· οὔτε βάρβαρός ἐστιν οὔτε Ἰουδαῖος οὔτε Ἕλλην, οὐκ ἄρρεν, οὐ θῆλυ· καινὸς δὲ ἄνθρωπος θεοῦ πνεύματι ἁγίῳ μεταπεπλασμένος. Poiché lo stesso Logos è venuto a noi dal cielo, proprio per questo mi sembra che a noi non è più necessaria la dottrina degli uomini, perlustrando Atene, la Grecia fino alla Ionia. Se infatti il nostro maestro è colui che ha ricolmato ogni cosa con i suoi santi

55 In Clemente sono soltanto due le occorrenze di questo participio: nel passo sopra riportato e in paed. 3,83,3 dove, citando Sap 9,8, il participio si riferisce alla donna “graziosa” da cui distogliere lo sguardo per non lasciarsi sedurre. 56 Sul Logos icona di Dio o del Padre, cf. Clemente Alessandrino, prot. 98,4; 120,4. Cf. anche M. Monfrinotti, Creatore e creazione. Il pensiero di Clemente d’Alessandria (Fundamentis novis 4), Roma 2014, 149–151. 57 Nell’espressione «colpito dal tirso», il participio πεπληγότα è usato con accezione certamente negativa; in altre parole il “bastone di Dioniso”, espressione metaforica attinta dal linguaggio religioso dionisiaco e al tempo stesso simbolo degli affiliati al culto, è per Clemente la verga di cui è stato vittima e dalla cui ferita è stato sanato. Gli Stromateis, come dichiara il dativo di vantaggio rappresentato dal pronome μοι, sono utili allo stesso Clemente: nel timore di perdere i principi fondamentali dell’insegnamento si rende necessario fissarli per iscritto. Cf. C. Picard, Le prétendu «baptême d’initiation» éleusinien et le formulaire (ΣΥΝΘΗΜΑ) des mystères des Deux-déesses, in Revue de l’histoire des religions 154 (1958) 2, 129–145.

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poteri, con la creazione, la salvezza, il beneficio, le leggi, le profezie, l’insegnamento, ora il maestro insegna ogni cosa e ogni luogo58 è già diventato Atene e Grecia grazie al Logos. Mentre dunque voi credete al mito poetico che parla di Minosse di Creta compagno di Zeus, non credete che noi siamo diventati discepoli di Dio, avendo conseguito la vera sapienza, a cui i grandi della filosofia fecero solo allusione, mentre i discepoli di Cristo, l’hanno accolta e l’hanno annunciata. E il Cristo nella sua, per così dire, totalità, non può essere diviso: non più barbaro, né giudeo, né greco, né maschio, né femmina ma uomo nuovo riplasmato dallo Spirito Santo di Dio (prot. 112,1–3).

Il brano insiste sull’azione trasformatrice del Logos, la cui dottrina supera ogni sapienza e ogni filosofia. Solo il Verbo è in grado di trasformare l’uomo ovvero di “riplasmarlo” mediante l’azione dello Spirito Santo. La nitidezza dei concetti, la sicurezza delle affermazioni, la ripetuta presenza di ἡμεῖς, a sottolineare la differenza con il “voi” – soggetto sottinteso di ἐπιστεύετε e ἀπιστήσετε – lascia supporre che Clemente voglia riferire la sua stessa esperienza di vita e di fede e come abbia superato la filosofia dei maestri terreni per accogliere quella dell’unico Protreptikos. Il testo sopra citato diventa dunque testimonianza biografica e spirituale: accogliendo l’ipotesi secondo la quale Clemente si convertì dal paganesimo al cristianesimo59, va comunque ricordato che non descrive tempi e luoghi della sua conversione né i motivi che lo condussero alla nuova dottrina; fuori da un contesto di carattere storico, trasmette la sua esperienza come evento interiore, come traguardo conquistato gradualmente mediante un percorso che non ha bisogno di una memoria spazio-temporale ma di una evocazione che riguarda esclusivamente la sua anima la quale, distinguendo le vane filosofie dall’unica verità, decide di vivere secondo il Logos di Dio:

58 Preferiamo tradurre τὸ πᾶν con «ogni luogo» anziché con «universo» perché nel pensiero di Clemente non c’è alcuna regione della terra che sia sfuggita alla trasformazione operata dall’insegnamento del Logos, il quale agisce in tutto e universalmente: da notare la ripetizione non casuale e a brevissima distanza dell’aggettivo πᾶς riferito alle realtà oggetto della potenza del Logos, ai suoi insegnamenti e alla sua rivelazione, senza trascurare che lo stesso aggettivo, nel medesimo passo e nel medesimo contesto, è impiegato da Clemente per designare l’unicità del Cristo («πᾶς, ὡς ἔπος εἰπεῖν, ὁ Χριστὸς»): di rilievo la parentetica « ὡς ἔπος εἰπεῖν » dalla quale si recepisce che l’aggettivo πᾶς, pur non costituendo titolo cristologico a tutti gli effetti, è assunto dall’Alessandrino come il più adeguato a rappresentare l’essere uno del Cristo, fondamento del suo agire universale e totalizzante. 59 Sulla profonda conoscenza dei culti misterici, cf. Clemente Alessandrino, prot. 11,1– 23,2.

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Notizie autobiografiche […] ἐμοὶ δὲ εἰκότως, οἶμαι, πρόκειται βιοῦν μὲν κατὰ τὸν λόγον καὶ νοεῖν τὰ σημαινόμενα, εὐγλωττίαν δὲ μή ποτε ζηλοῦντα ἀρκεῖσθαι μόνῳ τῷ αἰνίξασθαι τὸ νοούμενον […] quanto a me, penso giustamente di dare la precedenza al vivere secondo il Logos e comprendere i segni e, non cercando l’eloquenza, essere capace solo di esprimere in modo coperto quello che è puramente intellegibile (str. 1,48,1).

Clemente dichiara ancora una volta di voler vivere secondo il Logos, ma a tale fine, deve comprendere anzitutto i “segni” dello stesso Logos per poi annunciare la sua dottrina che non può essere spiegata se non in modo figurato dal momento che il “noumeno divino” è in se stesso inesprimibile. Il brano può essere considerato ulteriore testimonianza della conversione di Clemente intesa come inversione di rotta rispetto a quanto aveva costituito il suo riferimento culturale le cui categorie venivano ora rinnovate del tutto nel contenuto60. Una considerazione a parte merita paed. 2,62,3: Ἀλλὰ καὶ πάθος ἐμφαίνει δεσποτικὸν μυστικῶς ταύτῃ νοοῦσι· τὸ ἔλαιον αὐτός ἐστιν ὁ κύριος, ἀφ’ οὗ τὸ ἔλεος τὸ ἐφ’ ἡμᾶς· τὸ δὲ μύρον, δεδολωμένον ἔλαιον, ἐστὶν ὁ Ἰούδας ὁ προδότης, ᾧ τοὺς πόδας ἐχρίσθη κύριος τῆς ἐν κόσμῳ ἀναστροφῆς ἀπαλλαττόμενος· μυρίζονται γὰρ οἱ νεκροί· δάκρυα δέ ἐσμεν οἱ ἁμαρτωλοὶ μετανενοηκότες, οἱ εἰς αὐτὸν πεπιστευκότες, οἷς ἀφῆκεν τὰς ἁμαρτίας, καὶ αἱ τρίχες αἱ λελυμέναι πενθοῦσα Ἱερουσαλὴμ ἡ καταλελειμμένη, δι’ ἣν οἱ θρῆνοι οἱ προφητικοί61. Ma [il racconto]62 indica in senso mistico anche la passione del Signore, secondo questa interpretazione: l’olio è il Signore stesso dal quale viene a noi la misericordia; l’unguento invece, che è olio contraffatto, è Giuda il traditore:  con questo [unguento] il Signore fu unto nei piedi quando stava per abbandonare la dimora in questo mondo; i morti infatti vengono spalmati con unguento. Le lacrime, poi, siamo noi peccatori convertiti, che abbiamo creduto in lui e a cui egli ha rimesso i peccati; i capelli sciolti, infine,

60 Cf. str. 1,80,6; 7,20,2. Si ricorderà tuttavia che in più passi degli Stromateis (1,19,1; 1,82,1; 2,72,1; 6,80,5) Clemente replica a coloro che contestavano la strumentalizzazione della filosofia ai fini del conseguimento della vera gnosi, giustificando la funzione provvidenziale della filosofia e il suo ruolo in relazione all’economia salvifica. Cf. anche P.Th. Camelot, Clément d’Alexandrie et l’utilisation de la philosophie grecque, in Recherches de Science Religieuse 21 (1931) 541–569. Sulla concezione della filosofia in Clemente, cf. J.J. Sanguineti, Il senso della filosofia nella prospettiva di Clemente alessandrino, in A. Acerbi – F. F. Labastida – G. Luise (eds.), La filosofia come Paideia, Roma 2016, 35–50. 61 Testo greco riprodotto secondo l’edizione: H.I. Marrou – C. Mondésert (eds.), Clément d’Alexandrie, Le Pédagogue, II (Sources Chrétiennes 108), Paris 1965. 62 L’esegesi si riferisce al racconto di Lc. 8,36–40 (cf. Mt. 26,6–13; Mc. 14,2–9; Gv. 12,2–8) dove si narra della peccatrice che bagnò di lacrime i piedi di Gesù, li asciugò con i suoi capelli e li cosparse di unguento profumato.

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rappresentano la Gerusalemme abbandonata, addolorata, a motivo della quale i profeti elevarono lamenti.

La frase «δέ ἐσμεν οἱ ἁμαρτωλοὶ μετανενοηκότες» che si legge in paed. 2,62,3 non esclude che possa riflettere l’esperienza vissuta da Clemente il quale si riconoscerebbe tra quei peccatori che hanno sperimentato la conversione. Con buona probabilità l’affermazione va intesa come principio di carattere generale e non come fatto individuale anche se lascia recepire la consapevolezza di un mutamento di vita (μετανενοηκότες) avvenuto in età adulta. A conclusione di questo capitolo sulle fonti autobiografiche, costatiamo che le notizie fornite da Clemente vertono quasi esclusivamente sui maestri alla cui scuola si formò:  tanto illustri e stimati quanto destinati a rimanere anonimi. A fronte della dichiarata predilezione per l’ultimo da lui incontrato, viene taciuto il suo nome e solo la tradizione successiva, sulla base delle affermazioni di Eusebio, cercherà, per deduzione e non per documentazione, di identificarlo con Panteno. Nonostante l’eccellenza di molti διδάσκαλοι, la loro sapienza non regge il confronto con la sapienza del Logos la cui dottrina diventa programma di vita e di scienza per l’Alessandrino. La conversione di Clemente, così come egli lascia interpretare, consistette nell’abbandonare le tante filosofie per accogliere la sola vera e unica, insegnata da quel διδάσκαλος che è il Logos di Dio. E così la testimonienza della propria metanoia diventa apologia del Verbo. Il Logos è l’unico maestro ad avere un nome e non è da escludere che il silenzio sull’identità degli altri maestri terreni sia voluto e inteso ad annullare, o quantomeno a ridurre, ogni celebrità legata alla sapienza terrena. Al tempo stesso, la mancata identificazione Logos-Gesù di Nazareth indica come Clemente sia attratto dalla dottrina di verità più di quanto lo sia dalla esistenza terrena del Figlio di Dio, peraltro mai negata. La conversione e il convergere verso il Logos incidono anche sul modo di raccontarsi: nessun luogo, nessuna data, nessun ministero; l’anagrafico e il biografico in senso storico è come se non meritassero spazio di fronte all’evento straordinario che trasforma l’esistenza di Clemente dal momento in cui «fu ritenuto degno di ascoltare lo Spirito pieno di grazia»63.

63 Str. 1,41,1.

II.  Notizie biografiche: leggendo i Testimonia Abstract: Il presente capitolo si propone di ricomporre la biografia di Clemente lo Stromateo sulla base dei Testimonia greci di III-XVI secolo; le notizie che leggiamo nell’uno e nell’altro scritto riguardano non soltanto la conversione e la formazione di Clemente ma anche il suo ruolo all’interno della Chiesa e del Didaskaleion di Alessandria. Le numerose fonti, nel loro insieme e a prescindere dal condizionamento esercitato dalla tradizione anteriore agli stessi testimoni, vengono a costituire una sorta di “letteratura” orientata da una parte a non perdere gli elementi prioritari della biografia di Clemente e dall’altra a riproporre il suo pensiero, senza trascurare che l’insieme documentario delle fonti che chiamano in causa Clemente per il contributo da lui dato alla storia del pensiero e della dottrina cristiana, pur adottando una nomenclatura qualificativa ed elogiativa pressoché costante, consente di comprendere sia la ragione del riferimento al maestro, sia il successo del suo insegnamento. Keywords: Clemente d’Alessandria; Fonti biografiche; confronto dei Testimonia; Analisi euristica.

Alla ricostruzione della biografia di Clemente concorrono soprattutto le notizie fornite da molti autori a lui successivi. Sebbene le informazioni siano quasi sempre limitate, circostanziate e talora di difficile interpretazione, i dati restano in ogni caso preziosi anche quando si attingono da fonti citate in tradizione indiretta. Tuttavia, alle numerosissime testimonianze64 non corrisponde lo stesso valore testimoniale; diversa dunque l’entità documentativa fino a ridursi talora al solo nome di Clemente, privo di qualsiasi altra connotazione se non quella propriamente distintiva di “Alessandrino” o “di Alessandria” o quella, assai più ricorrente e significativa, di “Stromateo”. Di conseguenza si è resa necessaria una selezione in base alla quale prendere in esame i Testimonia effettivamente utili non solo per la novità della notizia prodotta, ma anche perché confermano le informazioni delle fonti loro anteriori o coeve.

64 Repertorio di base quello fornito da A. von Harnack, Geschichte der altchristlichen Literatur bis Eusebius, I, Leipzig 1893, 296–327 e in particolare 296–298. Ai testi individuati dallo studioso ne sono stati aggiunti altri considerati rilevanti ai fini della presente indagine. Nostre le traduzioni; abbiamo affrontato questioni storico-letterarie (relative alle opere da cui le testimonianze sono state tratte) solo se inerenti al testo citato.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

Decidere quali fonti considerare primarie e quali secondarie ha significato entrare nel merito di ciascun testo che, non poche volte, a prescindere dalla informazione su Clemente, si è rivelato di così particolare interesse linguistico o dottrinale da richiedere note di carattere filologico o teologico. Per favorire una visione d’insieme di tutte le fonti che sono state reperite, abbiamo allestito un’Appendice nella quale in ordine cronologico sono elencati i Testimonia: quelli posti in grassetto sono stati oggetto di riflessione e commento, mentre quelli in tondo presentano un riferimento a Clemente di minimo rilievo; senza entrare nel merito abbiamo ritenuto non doverli passare comunque sotto silenzio perché attestano di fatto una conoscenza dell’Alessandrino o delle sue opere65. Gli autori di lingua greca che – in ordine cronologico66 – sono stati presi in considerazione sono: Gaio Romano († fine II sec.) in Eusebio di Cesarea Giulio l’Africano (160/170–240) in Giorgio Cedreno Alessandro, vescovo di Gerusalemme († 250) in Eusebio di Cesarea Eusebio di Cesarea (265 ca.-339) Epifanio di Salamina (315ca.-403) Palladio di Elenopoli (363/364-prima del 431) Cirillo di Alessandria (370/380–444)

65 A tal proposito meraviglia, e non poco, la posizione della studiosa H. König: tra i Testimonia che avrebbero citato Clemente viene inserito anche Origene (cf. sel. in Ezech. in PG 13,796,13). Ma se è vero che in questo passo Origene fa riferimento a un tale Clemente citandone anche un testo, e se è vero che lo stesso testo (cf. I Clem. 20,8) è contenuto in str. 5,80,1, alla studiosa è sfuggito che tale citazione è attribuita da Clemente d’Alessandria all’autore della I Clementis. Quindi è da ritenere, senza ombra di dubbio, che il Clemente a cui allude Origene sia il Clemente Romano e non Clemente d’Alessandria. Cf. König, Alejandría, Clement y su obra, in Sáez Gutiérrez – Cano Gómez – Sanvito (eds.), Filiación VI, 184; 184 n. 7. 66 I Testimonia sono stati scelti secondo un arco cronologico che si estende tra la fine del II e il XVI secolo. Riguardo ai riferimenti che su Clemente si leggono in autori posteriori al X secolo, va tenuto presente che non consegnano informazioni nuove rispetto a quelle delle fonti anteriori e confermano le medesime notizie biografiche. Ad esempio lo storico Niceforo Callisto Xantopulo nella sua Historia ecclesiastica narra in più punti di Clemente Alessandrino (cf. ad esempio, 1,1,74; 2,3,4; 4,5,65; 4,21,35; 5,10,75), ma la sua opera che ci giunge solo in traduzione latina, non è altro che la sintesi delle Storie precedentemente redatte da Eusebio di Cesarea, Sozomeno, Teodoreto di Cirro, Evagrio Scolastico.

Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

Filippo di Side (380ca.-dopo il 431) in Codex Baroccianus 142 Socrate di Costantinopoli (380ca.- † dopo 439) (Pseudo) Dionigi l’Areopagita (IV-V sec.) Sozomeno († 448) Teodoreto di Cirro (393ca.-466ca.) Chronicon Paschale (VI sec.) Giovanni Mosco (prima del 550–619/634) Massimo il Confessore (580ca.-662) Anastasio il Sinaita (640–700) Giovanni Damasceno (650ca.-749/750) Andrea di Creta (660ca.-740) Giorgio Monaco Amartolo (IX sec.) Giorgio Sincello († 810) Fozio di Costantinopoli (820ca.-891) Simeone Logoteta (X-XI sec.) Michele Glycas (1125–1204) Giovanni Zonara (XII sec.) Gioele (XIII sec.) Niceforo Callisto Xantopulo (1256–1335) Giovanni XI Becco († 1296) Efrem di Eno (XIII-XIV sec.) Neofito Prodromeno (XIII-XIV sec.) Giovanni Ciparissiota (1310–1378) Manuele Caleca († 1410) Damasceno Studita († 1577)

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2.1 Gaio Romano († fine II secolo) in Eusebio di Cesarea Eusebio di Cesarea, in h.e. 5,28,4, ci trasmette un brevissimo passo in cui compare il nome di Clemente: si tratta di un frammento attribuito al presbitero Gaio Romano67 e se tale paternità fosse confermata, ci troveremmo di fronte alla più antica testimonianza pervenuta su Clemente:

67 Particolarmente complessa è l’individuazione della paternità dei frammenti tramandati da Eusebio in h.e. 5,28. Gli studiosi ancora non sono in grado di fare chiarezza né sullo scritto da cui deriva il frammento, né sul suo autore che ipotizzano possa identificarsi o con Gaio presbitero romano, o con Ippolito o con l’Autore dell’Elenchos. L’incertezza dell’attribuzione è causata anche dalla notizia che Fozio riporta nel cap. 48 della Bibliotheca: il patriarca di Costantinopoli entra nel merito dell’opera De universo, attribuita oggi all’Autore dell’Elenchos, ma che al tempo veniva tramandata sotto il nome di Flavio Giuseppe. Questa paternità interrogava Fozio in quanto i contenuti cristiani dello scritto erano in evidente contrasto con la fede giudaica di Flavio Giuseppe e così lo stesso Fozio, non essendo in grado di risolvere la questione, si limitò a fare riferimento ad alcune note marginali trovate in un manoscritto. Proprio in alcune di queste si parlava anche dell’Elenchos che però veniva menzionato con il titolo Labyrinthus, titolo che viene giustificato da un’importante passo che si legge all’inizio del X libro dell’Elenchos: l’autore ricapitola per l’ultima volta il lungo lavoro svolto e afferma di aver raggiunto il suo primo obiettivo, cioè di aver dato una soluzione al «labirinto delle eresie» (cf. Elenchos 10,5,1–2). Con la definizione “labirinto delle eresie” l’autore riassume il complesso intreccio tra filosofia ed eresia, descritto e confutato nei precedenti libri. Il titolo Labyrinthus, conosciuto grazie alla notizia di Fozio, risulta dunque fondato su questo passo dell’opera. Il patriarca di Costantinopoli, che non conosce l’Elenchos – o quanto meno non dimostra di averlo letto-, si limita a riferire il contenuto delle note alla luce delle quali è difficile dubitare sull’identificazione dell’Elenchos con lo scritto Labyrinthus. Infatti nelle note riportate da Fozio si afferma che l’autore del Labyrinthus era vissuto a Roma al tempo di Vittore e Zefirino, una collocazione cronologica che ben si armonizza con la datazione dell’Elenchos (cf. IX libro). Inoltre, nelle stesse note, si dice che alla fine del Labyrinthus l’autore dichiarava di aver composto anche uno scritto De universo. Tale riferimento coincide con la fine dell’Elenchos (10,32,3–4), dove appunto l’autore conferma come sua l’opera De universo. Va però osservato che l’anonimo estensore delle note ipotizzava che fosse Gaio, personaggio vissuto a Roma al tempo di Zefirino, a essere autore sia dello scritto De universo sia dell’Elenchos (conosciuto con il titolo di Labyrithus). Dal momento che il contenuto dei frammenti dell’anonimo scritto contro Artemone tramandati da Eusebio presenta vari e significativi punti di contatto con l’Elenchos, si spiega perché l’anonima fonte eusebiana è stata identificata sia con il presbitero Gaio, al quale Fozio attribuisce la stesura del Labyrinthus, sia con Ippolito che era ritenuto autore dell’Elenchos. Grazie agli studi più recenti, però, che non solo hanno

Gaio Romano († fine II secolo) in Eusebio di Cesarea

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Ἦν δ’ἂν τυχὸν πιθανὸν τὸ λεγόμενον, εἰ μὴ πρῶτον μὲν ἀντέπιπτον αὐτοῖς αἱ θεῖαι γραφαί· καὶ ἀδελφῶν δέ τινων ἔστιν γράμματα, πρεσβύτερα τῶν Βίκτορος χρόνων, ἃ ἐκεῖνοι καὶ πρὸς τὰ ἔθνη ὑπὲρ τῆς ἀληθείας καὶ πρὸς τὰς τότε αἱρέσεις ἔγραψαν, λέγω δὲ Ἰουστίνου καὶ Μιλτιάδου καὶ Τατιανοῦ καὶ Κλήμεντος καὶ ἑτέρων πλειόνων, ἐν οἷς ἅπασιν θεολογεῖται68 ὁ Χριστός68 ὁ Χριστός69. Quello che dicevano [i sostenitori dell’eresia di Artemone] si sarebbe potuto definire plausibile se le divine Scritture per prime non lo avessero contraddetto; e di alcuni fratelli esistono opere, anteriori all’epoca di Vittore, che quelli composero sia contro i pagani a difesa della verità e sia contro le eresie del tempo; parlo di Giustino, di Milziade, di Taziano, di Clemente e di molti altri: in tutte queste Cristo è dichiarato Dio.

Il testo appartiene a uno dei frammenti riportati in h.e. 5,28 e che, come Eusebio stesso dichiara, sono tratti da uno scritto antieretico composto a Roma nei primi decenni del III secolo. Il vescovo di Cesarea tace l’autore, ma afferma che l’opera di cui cita i frammenti era rivolta “contro Artemone” e, come risulta dalle parti citate, contro quei monarchiani che consideravano Cristo soltanto un uomo rivestito di carismi divini. Nel parlare di coloro che diffusero l’eresia di Artemone, corrompendo gli insegnamenti contenuti nelle Scritture, Eusebio nomina alcuni personaggi che si impegnarono nella difesa della verità contro le dottrine dei pagani e degli eretici: oltre l’anonimo, vengono ricordati Giustino, Milziade, Taziano e anche Clemente70. fatto chiarezza sull’identità dell’Autore dell’Elenchos, distinguendolo dall’esegeta Ippolito, ma che hanno anche contestato l’attribuzione dei frammenti eusebiani allo stesso Ippolito, è possibile affermare che la paternità dei frammenti tramandati in h.e. 5,28 è una quaestio ancora aperta e che necessita di ulteriori studi. Cf. G. Bardy, Paul de Samosate, Louvain 1929, 314 n. 4; 490–495; R.H. Connolly, Eusebius h.e. V,28, in Journal of Theological Studies 49 (1948) 73–79; P. Nautin, Le dossier d’Hippolyte et de Méliton, Paris 1953, 115–120; E. Prinzivalli, Artemone, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), 568–569. E. Castelli, Un falso letterario sotto il nome di Flavio Giuseppe. Ricerche sulla tradizione del περὶ τοῦ παντός e sulla produzione letteraria cristiana a Roma nei primi decenni del III secolo (Jahrbuch für Antike und Christentum Ergänzungsband Kleine Reihe 7), Münster 2011; E. Castelli, L’Elenchos, ovvero una «biblioteca» contro le eresie, in A. Magris (ed.), Ippolito, Confutazione di tutte le eresie (Letteratura Cristiana Antica 25), Brescia 2012, 21–56. 68 Di rilievo il verbo θεολογέω che in questo caso non indica semplicemente il “parlare di Dio”, ma il “dichiarare Dio”: non verbo di argomento, ma di confessione Cristo-teo-logica. 6 9 Testo greco riprodotto secondo l’edizione G. Bardy (ed.), Eusèbe de Césarée, Histoire ecclésiastique. Livres V-VII (Sources Chrétiennes 41), Paris 1955, 75. Cf. M.J. Routh, Reliquiae sacrae, 2, Oxford 1846, 131. 70 La medesima testimonianza è riportata da Niceforo Callisto Xantopulos in Historia ecclesiastica:  «λέγω δὲ Ἰουστίνου καὶ Μιλτιάδου, Τατιανοῦ τε καὶ Κλήμεντος, καὶ ἑτέρων πλειόνων, ἐν οἷς ἅπασι θεολογεῖται ὁ Χριστός» (4,21,35).

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

Gaio Romano, quindi, attraverso la sua testimonianza, fornisce una duplice informazione sull’Alessandrino:  la prima, di carattere cronologico, conferma l’attività del maestro d’Alessandria in un periodo anteriore a quello di Vittore, vescovo di Roma (189?-198?); la seconda associa Clemente agli apologisti greci di II secolo con i quali egli concorda nell’affermare la divinità di Cristo. Dall’informazione riportata da Eusebio non è possibile ricavare con esattezza l’opera o le opere cui allude: negli Stromateis non mancano passi dedicati a Cristo71, così come nel Protrepticus, opera indirizzata ai pagani, la divinità di Cristo Logos è uno dei fondamentali postulati di fede72.

7 1 Cf. ad esempio str. 7,5,2–9,3. 72 Sul discorso della divinità di Cristo Logos nel Protrepticus, cf. 118,2; 120,2. Per quanto riguarda le opere degli altri tre autori sul tema della divinità di Cristo, cf. soprattutto Giustino, I ap. 63,9–14; Taziano, or. 5; 7. Di Milziade sappiamo che compose scritti di carattere polemico sia contro gli eretici che contro i pagani ma ai nostri giorni non è pervenuta nessuna delle sue opere.

Giulio Africano (160/170-240) in Giorgio Cedreno (XI sec.)

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2.2 Giulio Africano (160/170–240) in Giorgio Cedreno (XI sec.) Nel Compendium historiarum a mundo condito usque ad Isaacium Comnenum imperatorem, opera dello storico bizantino Giorgio Cedreno73, leggiamo una testimonianza attribuita a Sesto Giulio Africano, detto il Cronografo, e quasi contemporanea a quella che abbiamo appena citato e commentato: Κόμοδος υἱὸς Μάρκου ἐβασίλευσε ἔτη ιβʹ μῆνας θʹ. […] Ἀφρικανὸς δέ φησιν ὁ χρονογράφος ὅτι ἐπὶ τούτου Κλήμης ὁ στρωματεὺς ἐν Ἀλεξανδρείᾳ ἐγνωρίζετο· Κλήμεντος δὲ φοιτητὴς Ὠριγένης ἐγένετο74. Commodo, figlio di Marco, regnò 12 anni e 5 mesi […] Africano il Cronografo dice che in quel tempo in Alessandria era noto Clemente, lo Stromateo; di Clemente fu discepolo Origene (Comp. Hist. 1,441,8,10).

Giorgio Cedreno per realizzare il suo Compendium utilizza numerose fonti. Il brevissimo passo in cui parla di Clemente Alessandrino, è inserito all’interno di una ampia trattazione sul regno dell’imperatore Commodo (180–192)75. Lo storico fa riferimento all’Africano, soprannominato Cronografo e da identificare con Sesto Giulio Africano76 autore delle 73 Su questo scrittore vissuto nell’XI sec. e sulla sua opera cf. R. Maisano, Sulla tradizione manoscritta di Giorgio Cedreno, in Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici n.s. 14–16 (1977–1979) 179–201; R. Maisano, In margine al codice Vaticano di Giorgio Cedreno, in Rendiconti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli 57 (1982) 67–90; R. Maisano, Note su Giorgio Cedreno e la tradizione storiografica bizantina, in Rivista Internazionale di Studi Bizantini e Slavi 3 (1983) 237–254; R. Maisano, Il codice Sinaitico della Cronaca di Giorgio Cedreno, in P.L.M. Leone (ed.), Studi bizantini e neogreci, Galatina 1983, 69–77; R. Maisano, Kedrenos, Georgios, in R.H. Bautier – R. Auty – N. Angermann (eds.), Lexikon des Mittelalters 5, Munich 1991, 1093; U. Roberto, Le Chronographiae di Sesto Giulio Africano. Storiografia, politica e cristianesimo nell’età dei Severi, Soveria Mannelli 2011; U. Roberto – C. Dell’Osso, Sesto Giulio Africano, Le cronografie (Testi Patristici 243), Roma 2016. 74 Edizione di riferimento: I. Bekker (ed.), Georgius Cedrenus, Compendium Historiarum a mundo condito usque ad Isaacium Comnenum imperatorem, I (Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae 8), Bonn 1838, 441 (= PG 121,481,b13-c1). Recentemente è stata pubblicata un’edizione dei frammenti delle Chronographiae: cf. M. Wallraff (ed.), Iulius Africanus, Chronographiae. The Extant Fragments (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte 15), Berlin-New York 2007. 75 Cf. Giorgio Cedreno, Comp. Hist. 1,441. 76 Si tratta del cittadino romano, ufficiale sotto Settimio Severo, originario di Aelia Capitolina e incaricato poi da Alessandro Severo di organizzare una biblioteca a Roma nel Pantheon. Su Giulio l’Africano cf. J.R. Vieilledonf, Les “Cestes” de Julius Africanus. Étude sur l’ensemble des fragments avec édition, traduction et commentaires, Firenze-Paris

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Chronographiae77, la più antica cronaca universale di autore cristiano che va dalla creazione del mondo fino al 221 e che rilegge la storia dell’umanità operando un’efficace sintesi tra la verità rivelata dalle Sacre Scritture e i modelli della cronografia e della storiografia ellenistico-romane. La veloce quanto esigua notizia di Sesto Giulio Africano permette solo di inquadrare il periodo in cui visse Clemente:  nello specifico, si afferma che egli conseguì notorietà ad Alessandria al tempo dell’imperatore Commodo (180–192), che esercitò l’insegnamento e che ebbe come discepolo Origene78. Di particolare interesse il titolo ὁ στρωματεύς – che sarà adottato anche da altri autori79  – e che identifica Clemente quale compositore dell’opera miscellanea che, come si attesta dall’insieme delle fonti – godette di una divulgazione maggiore rispetto agli altri scritti clementini. 1970; H.  Chantraine, Der metrologische Traktat des Sextus Iulius Africanus, seine Zugehörigkeit zu den KESTOI und seine Authentizität, in Hermes 105 (1977) 422–441; F.C.R. Thee, Julius Africanus and the Early Chrstian View of Magic, Tübingen 1984; M. Simonetti, Giulio Africano, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (F-O), Genova-Milano 20072, 2318–2319; W. Adler, The Chronographiae of Julius Africanus and its Jewish Antecedents, in Zeitschrift für Antikes Christentum 14 (2011) 496–524; U. Roberto, From Hellenistic to Christian Universal History. Julius Africanus and the Atthidographers on the Origins of Athens, in Zeitschrift für Antikes Christentum 14 (2011) 525–538; M. Wallraff, The Beginning of Christian Universal History from Tatian to Julius Africanus, in Zeitschrift für Antikes Christentum 14 (2011) 540–555. 77 Sesto Giulio Africano, oltre alle Cronographiae, scrisse anche i Kestoi opera miscellanea in 24 libri in cui l’autore tratta gli argomenti più vari, dalla medicina alla magia e all’arte militare. La natura degli argomenti trattati conferì all’opera un carattere di eccezionalità, considerato che l’autore era cristiano. Alle Cronographiae e ai Kestoi si aggiungono due lettere: la prima pervenuta frammentaria e indirizzata ad Aristide, la seconda pervenuta integra e indirizzata a Origene in merito all’esegesi del racconto di Susanna nel Libro di Daniele. 7 8 La notizia su Origene discepolo di Clemente si rintraccia in molte testimonienza successive, probabilmente tutte condizionate da quanto riportato da Eusebio. È legittimo avanzare qualche dubbio sulla attendibilità di questo rapporto dal momento che Origene all’interno della sua produzione letteraria non ne fa mai riferimento. Cf. R. Cadiou, La jeunesse d’Origène. Histoire de l’École d’Alexandrie au début du IIIe siècle, Paris 1935, 7. 79 Numerosissimi sono gli autori che utilizzano lo stesso titolo in riferimento a Clemente; a titolo esemplificativo cf. Palladio, h. Laus. 60,2; Giovanni Mosco, prat. 176,3045,45; Massimo il Confessore, ambig. (PG 91,1085A); Anastasio il Sinaita, hex. 12 7 (PG 89,962A); Cassiodoro, inst. 1, praef.,4; 1,8,4; Giorgio Monaco, chr. breve 110,84,5; 110,532,18; 110,552,34; Giorgio Sincello, ecl. chron. 71,1.

Alessandro, vescovo di Gerusalemme († 250) in Eusebio di Cesarea

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2.3 Alessandro, vescovo di Gerusalemme († 250) in Eusebio di Cesarea Alessandro, vescovo di Gerusalemme, succeduto a Narcisso in data incerta e comunque compresa tra il 211 e il 25080, era originario della Cappadocia ma non si conosce il luogo di nascita. Entrando nel merito specifico dei tre brevi frammenti epistolari qui di seguito citati81, questi si rivelano di particolare importanza testimoniale ai fini della biografia clementina, nonostante forniscano una documentazione solo parziale: concorrono infatti a confermare il rapporto che intercorse tra Clemente d’Alessandria e lo stesso Alessandro, nonché gli iniziali contatti tra Alessandria e Cappadocia ancor prima che in questa terra Origene fosse conosciuto grazie all’attività catechetica svolta dal suo discepolo Gregorio Taumaturgo82. I tre frammenti sono tramandati da Eusebio nel VI libro della Historia ecclesiastica sotto il nome di Alessandro. Alla fine della sezione dedicata agli eventi del regno di Antonino Caracalla (211/212–216/217)83, Eusebio dichiara di aver rinvenuto, presso la biblioteca84 di Aelia Capitolina, fondata proprio da Alessandro85, materiale utile a una più approfondita conoscenza degli autori vissuti al tempo dell’imperatore86; afferma inoltre che una parte significativa di questo materiale era costituita dalla corrispondenza tra sapienti personaggi della chiesa fra i quali Berillo, Ippolito e Gaio87. Se ne potrebbe dedurre che gli epistolari,

80 H. Crouzel, Alessandro di Gerusalemme, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), 207. 81 Sui frammenti epistolari di Alessandro cf. Nautin, Lettres, 105–137 in part. 105–117; M. Monfrinotti, Tra Cappadocia e Alessandria. Rilettura di tre frammenti epistolari, in M. Girolami (ed.), Il Cristianesimo in Anatolia tra Marco Aurelio e Diocleziano. Tradizione asiatica e tradizione alessandrina a confronto (Supplementi Adamantius VIII), Brescia 2019, 227–235. 82 Cf. M. Simonetti, Origene dalla Cappadocia ai Cappadoci, in M. Girardi – M. Marin (eds.), Origene e l’Alessandrinismo Cappadoce (III–IV secolo), Bari 2002, 13–28. 83 Eusebio sembra collocare durante il principato di Caracalla i fatti raccontati in h.e. 6,8,7. 84 Il termine va inteso nella sua accezione più ampia comprendente anche gli archivi: cf. F. Milkau – G. Leyth, Handbuch der Bibliothekswissenschaft, III, Leipzig 1940, 53. 85 Cf. H.Y. Gamble, Books and Readers in the Early Church. A History of Early Christian Texts, London 1995, 154–160; A.J. Carriker, The Library of Eusebius of Caesarea (Supplements to Vigiliae Christianae 67), Leiden – Boston 2003, 69–72. 86 Cf. h.e. 6,20,1. 87 Cf. h.e. 6,20,2–3.

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cui Eusebio fa riferimento, comprendessero anche il carteggio di Alessandro88, carteggio confluito all’interno di quelli conservati nella stessa biblioteca. Alle lettere di Alessandro, peraltro, Eusebio allude anche quando narra di Clemente d’Alessandria. Secondo la successione con cui sono tramandati in Historia ecclesiastica, il primo e secondo frammento – corrispondenti a saluto e congedo89 – appartengono a una lettera di Alessandro indirizzata agli Antiocheni90, mentre il terzo frammento appartiene a una lettera indirizzata a Origene91. Epistula ad Antiochenos in Eusebio di Cesarea, h.e. 6,11,5 Ἀλέξανδρος, δοῦλος καὶ δέσμιος Ἰησοῦ Χριστοῦ, τῇ μακαρίᾳ Ἀντιοχέων ἐκκλησίᾳ ἐν κυρίῳ χαίρειν. ἐλαφρά μοι καὶ κοῦφα τὰ δεσμὰ ὁ κύριος ἐποίησεν, κατὰ τὸν καιρὸν τῆς εἱρκτῆς πυθομένῳ τῆς ἁγίας ὑμῶν τῶν Ἀντιοχέων ἐκκλησίας κατὰ τὴν θείαν πρόνοιαν Ἀσκληπιάδην τὸν ἐπιτηδειότατον κατ’ ἀξίαν τὴν πίστιν τῆς ἐπισκοπῆς ἐγκεχειρισμένον92 Alessandro, servo e prigioniero di Gesù Cristo, saluta nel Signore la beata Chiesa di Antiochia. Il Signore ha reso a me sopportabili e leggere le catene quando, al tempo della prigionia, ho appreso che, secondo la divina Provvidenza, ad Asclepiade, il più idoneo a motivo della sua fede meritevole, fu affidato l’episcopato della vostra santa Chiesa di Antiochia.

Epistula ad Antiochenos in Eusebio di Cesarea, h.e. 6,11,6 Ταύτην δὲ τὴν ἐπιστολὴν σημαίνει διὰ Κλήμεντος ἀπεσταλκέναι, πρὸς τῷ τέλει τοῦτον γράφων τὸν τρόπον· «ταῦτα δὲ ὑμῖν, κύριοί μου ἀδελφοί, τὰ γράμματα ἀπέστειλα διὰ Κλήμεντος τοῦ μακαρίου πρεσβυτέρου, ἀνδρὸς ἐναρέτου καὶ δοκίμου, ὃν ἴστε καὶ ὑμεῖς καὶ ἐπιγνώσεσθε. ὃς καὶ ἐνθάδε παρὼν κατὰ τὴν πρόνοιαν καὶ ἐπισκοπὴν τοῦ δεσπότου, ἐπεστήριξέν τε καὶ ηὔξησεν τὴν τοῦ κυρίου ἐκκλησίαν»93

88 Sulla storia di Narcisso e Alessandro, cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 5,12,1; 6,8,7; 6,9–11,1– 5; 6,13,3; 6,14,8; 6,19,17; 6,20,1; 6,27; 6,39,2.4; 6,46,4. Si legga anche Nautin, Lettres, 105–112; 89 H.e. 6,11,5; 6,11,6. 90 La stessa testimonianza è riportata da Niceforo Callisto Xantopulos in h.e. 5,10,59– 63 «Ταύτην δὲ καὶ διὰ Κλήμεντος πέμπειν ἐπισημαίνεται, ὃν καὶ συνίστησι, ταῦτα λέγων· «Ὑμῖν, κύριοί μου ἀδελφοί, τὰ γράμματα ἀπέστειλα διὰ Κλήμεντος τοῦ μακαριωτάτου πρεσβυτέρου, ἀνδρὸς ἐναρέτου καὶ δοκίμου» (PG 145, Parisiis 1865, 1088D). 91 Eusebio di Cesarea, h.e. 6,14,8–9: il testo si ritrova identico in Niceforo Callisto Xantopulos in h.e. 5,10,69–78. 92 Bardy (ed.), 101. 93 Bardy (ed.), 102.

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In seguito [Alessandro, vescovo di Gerusalemme] fa sapere di aver inviato questa lettera tramite Clemente, scrivendo alla fine in questo modo:  «Vi invio questo scritto, miei signori fratelli, tramite Clemente, il beato presbitero, uomo giusto e apprezzato, che conoscete anche voi e stimate; egli presente qui, conformemente alla Provvidenza e alla sorveglianza del Sovrano, ha fortificato e accresciuto la chiesa del Signore».

Epistula ad Origenem in Eusebio di Cesarea, h.e. 6,14,8–9 Πάλιν δ’ ὁ δηλωθεὶς Ἀλέξανδρος τοῦ Κλήμεντος, ἅμα δὲ καὶ τοῦ Πανταίνου ἔν τινι πρὸς Ὠριγένην ἐπιστολῇ μνημονεύει, ὡς δὴ γνωρίμων αὐτῷ γενομένων τῶν ἀνδρῶν, γράφει δὲ οὕτως· «τοῦτο γὰρ καὶ θέλημα θεοῦ, ὡς οἶδας, γέγονεν ἵνα ἡ ἀπὸ προγόνων ἡμῖν φιλία μένῃ ἄσυλος, μᾶλλον δὲ θερμοτέρα ᾖ καὶ βεβαιοτέρα. πατέρας γὰρ ἴσμεν τοὺς μακαρίους ἐκείνους τοὺς προοδεύσαντας, πρὸς οὓς μετ’ ὀλίγον ἐσόμεθα, Πάνταινον, τὸν μακάριον ἀληθῶς καὶ κύριον, καὶ τὸν ἱερὸν Κλήμεντα, κύριόν μου γενόμενον καὶ ὠφελήσαντά με, καὶ εἴ τις ἕτερος τοιοῦτος· δι’ ὧν σὲ ἐγνώρισα, τὸν κατὰ πάντα ἄριστον καὶ κύριόν μου καὶ ἀδελφόν»94 Inoltre, il citato Alessandro, in una lettera indirizzata a Origene, ricorda Clemente insieme a Panteno, come personaggi che erano a lui noti e scrive così: «Anche questo, come tu sai, fu volontà di Dio: affinché l’amicizia che è venuta a noi da coloro che ci hanno preceduto rimanesse inviolabile anzi fosse ancora più calorosa e salda. Infatti, riconosciamo come padri quei beati che ci hanno preceduto, presso i quali noi saremo tra poco: Panteno, veramente beato e signore, e il santo Clemente, che fu mio signore e che mi aiutò, e [non so] se [c’è] un altro simile [a lui]; tramite loro ho conosciuto te, eccellente in ogni cosa, mio signore e fratello».

Ripercorrere i tre frammenti risulta rilevante al fine delle informazioni utili a confermare il rapporto tra Alessandro e Clemente e, di conseguenza, a individuare quei possibili riferimenti cronologici sullo Stromateo. Ciò è particolarmente degno di nota in quanto le notizie di Alessandro ci consegnano una tradizione storica propria e indipendente anche dallo stesso Eusebio, nonostante sia stato proprio quest’ultimo a trasmetterla. Qui di seguito ci soffermiamo sul loro contenuto comparando i dati che ci vengono forniti a cominciare non dal primo frammento ma dal secondo che richiama la nostra attenzione sulla persona cui Alessandro affida la sua lettera. Nonostante si possa avanzare qualche ragionevole dubbio sull’identità del latore dell’Epistula ad Antiochenos95, a nostro parere, e soprattutto a partire dagli elementi interni forniti dai frammenti e integrati da altre notizie riguardo al rapporto tra Alessandro e Clemente, l’identificazione 9 4 Bardy (ed.), 109. 95 Cf. Bardy (ed.), 102 n. 11. Il curatore dell’edizione è convinto che il latore della lettera sia un Clemente a noi sconosciuto e che non vi siano elementi sufficienti per confermare che si tratti di Clemente d’Alessandria «On admet qu’il s’agit ici de Clément d’Alexandrie [...] celà n’est pas absolument sûr».

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con l’Alessandrino non è assolutamente infondata anche se, in questo caso, sulla base dei frammenti epistolari, dovremmo supporre che nel periodo finale della sua vita si sia recato in Gerusalemme, dove risiedette e in Antiochia per una missione ecclesiale affidatagli dallo stesso Alessandro96. Ma se il latore della lettera si conferma essere Clemente, questa identificazione diventa notizia di rilievo anche a favore, come già detto, dell’iniziale rapporto tra chiesa di Alessandria e chiesa di Cappadocia e della sintonia dottrinale e catechetica destinata a consolidarsi. Stando al testo del secondo frammento, Alessandro formula un vero e proprio elogio del suo latore:  «beato presbitero, uomo giusto e apprezzato»; un’espressione di stima che attesta fama e notorietà: «che voi conoscete e stimate»; il latore dunque era conosciuto anche nella chiesa di Antiochia: la sua fama aveva varcato i confini dell’Egitto ed era giunta sino a questa città; lode e celebrità che ben si addicono al maestro di Alessandria, senza trascurare il fatto che, a suggello di una reciproca ammirazione, quest’ultimo dedicò ad Alessandro l’opera Canon ecclesiasticus o Contra Iudaeos97. Non solo: la presenza di Clemente accanto a quella di Alessandro (ἐνθάδε) è considerata provvidenziale sotto la guida del Sovrano (ἐπισκοπὴν τοῦ δεσπότου) e lascia supporre un’attività ministeriale ed evangelizzatrice di cui godette «la chiesa del Signore» (ἐπεστήριξέν τε καὶ ηὔξησεν τὴν τοῦ κυρίου ἐκκλησίαν) e che non può essere dimenticata98; colui che ne fu protagonista merita quindi di

96 Concordiamo con Méhat il quale non dubita sull’identificazione del Clemente della Epistula ad Antiochenos con il Clemente d’Alessandria (cf. Méhat, Étude, 48 n. 31). 97 Cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 6,13,4. L’opera Contra Iudaeos, insieme allo scritto De Pascha, con molta probabilità si inserisce nel filone controversiale in cui ebbero parte attiva prima Narcisso e poi Alessandro per contrastare le tendenze quartodecimane a Gerusalemme e nei territori limitrofi (cf. la successiva nota 98). Cf. Nautin, Lettres, 105–112. 98 È ragionevole pensare che proprio questa attività ministeriale di Clemente si inserisca nel contesto di riforma della chiesa di Gerusalemme attuata innanzitutto dal vescovo Narcisso e proseguita da Alessandro che da collaboratore divenne suo successore (cf. O. Irshai, From Oblivion to Fame: The History of the Palestinian Church (135–303), in O. Limor – G.G. Stroumsa (eds.), Christians and Christianity in the Holy Land from the Origins to the Latin Kingdoms (Cultural Encounters in Late Antiquity and the Middle Ages 5), Turnhout 2006, 91–139, spec. 125–129). Eusebio di Cesarea (cf. h.e. 5,23,3; 5,25,1) ricorda che Narcisso insieme a Teofilo di Cesarea, a Cassio, vescovo di Tiro e a Claro vescovo di Tolemaide, e in sintonia con la Chiesa alessandrina, presiedette il Sinodo palestinese (198?) fortemente voluto da papa Vittore (189–199) per contrastare le tendenze quartodecimane. Il sinodo intervendendo quindi sul problema della datazione della Pasqua stabilì che doveva essere celebrata nella prima domenica successiva

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essere definito μακάριος πρεσβύτερος a sottolineare la santità del suo sacerdozio99. Peraltro, come si può dedurre anche dal frammento dell’Epistula ad Origenem, lo stesso Alessandro manifesta gratitudine per il sostegno e l’amicizia ricevuta da Clemente ricordato insieme a Panteno: entrambi gli hanno offerto la possibilità di conoscere Origene. Inoltre, e per inciso, se latore della lettera è proprio l’Alessandrino, il frammento afferma anche il presbiterato di Clemente, attestazione che potrebbe porsi all’inizio di una tradizione biografica accolta e mantenuta nel corso del tempo e di cui sono testimoni soprattutto Rufino e Gerolamo i quali, senza riserve, danno per certo il ministero presbiterale di Clemente nella chiesa di Alessandria100.

al primo plenilunio di primavera. In questo modo le chiese asiatiche e di Siria, persistendo nella tradizione giudaizzante, rimasero isolate. Quando Alessandro succedette a Narcisso proseguì la rioganizzazione della comunità gerosolimitana e ritenne indispensabile fondare quella importante biblioteca consultata anche dallo stesso Eusebio (cf. h.e. 6,20; cf. sopra p. 47); inoltre avversò dichiaratamente le eresie del tempo, in particolare quelle monarchiane di stampo adozionista (cf. C. Markschies, Intellectuals and Church Fathers in the Third and Fourth Centuries, in Limor – Stroumsa (eds.), Christians and Christianity, 239–256, spec. 247; Irshai, From Oblivion to fame, 134–135, in relazione al contrasto verso l’adozionista Berillo di Bosra culminato nel sinodo del 238, che vide il coinvolgimento anche di Origene). L’impegno antieretico di Alessandro è lo stesso impegno di Clemente il quale, come testimoniano alcuni passi del VI e VII libro degli Stromateis e soprattutto alcune pericopi degli Excerpta ex Theodoto, confutò ripetutamente il sistema valentiniano e le dottrine “adozioniste” da esso derivate (cf. F.-M.-M. Sagnard (ed.), Clément d’Alexandrie, Extraits de Théodote (Sources Chrétiennes 23), Paris 19702, 21–49). 99 Da notare che nell’Epistula ad Origenem lo stesso Alessandro ricordando, il «santo» Clemente come colui che fu suo signore (κύριος) e lo aiutò, non lo nomina come presbitero ma, con tutta probabilità e tenuto conto del destinatario della Epistula, non era indispensabile rammentare il ministero di Clemente quanto piuttosto il fatto che Alessandro aveva goduto dell’insegnamento di colui che fu anche il maestro del grande esegeta. 100 Cf. Rufino d’Aquileia, adult. 4; Gerolamo, vir. ill. 38; 54,2; 62,4; ep. 70,4. Uno studio più approfondito sui Testimonia latini che confermano il sacerdozio di Clemente rispetto ai Testimonia greci che lo tacciono, ad eccezione di Andrea di Creta, Anastasio il Sinaita e Giorgio Sincello (autori però di periodo molto più tardo rispetto agli autori latini di IV-V secolo) sarà oggetto di indagine nella monografia dedicata alle fonti latine come annunciato nell’Introduzione. Di fronte all’informazione ricavata dalla Epistula ad Antiochenos, è legittimo chiedersi se Clemente fece parte del collegio dei sacerdoti di Alessandria insegnando in una chiesa già istituzionalizzata. A questo interrogativo cerca di rispondere A. Le Boulluec nel suo recentissimo contributo L’Abeille et

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l’Acier (27–29). Lo studioso oltre alla testimonianza di Alessandro individua un testo dello stesso Clemente utile, a suo giudizio, per rispondere all’interrogativo. Infatti, alla “fonte esterna” rappresentata dalla Epistula ad Antiochenos, Le Boulluec affianca una “fonte interna”: Paed. 1,37,3: «Come non ritenere che l’Apostolo intendesse le cose in questo senso, quando parlava del latte dei bambini? Se le guide delle chiese sono pastori, ad immagine del buon pastore, e noi siamo le pecore, come non ritenere che egli, riferendosi al Signore come al latte del gregge, mantenesse così la coerenza della sua metafora?» (Πῶς οὖν οὐ ταύτῃ νοεῖν τὸν ἀπόστολον ὑποληπτέον τὸ γάλα τῶν νηπίων, εἴ τε ποιμένες [ἐσ]μὲν οἱ τῶν ἐκκλησιῶν προηγούμενοι κατ’εἰκόνα τοῦ ἀγαθοῦ ποιμένος, τὰ δὲ πρόβατα ἡμεῖς, μὴ οὐχὶ καὶ γάλα τῆς ποίμνης τὸν κύριον λέγοντα τὴν ἀκολουθίαν φυλάττειν ἀλληγοροῦντα;). Leggendo Le Boulluec (L’Abeille, 29) viene ricordata la lectio proposta da O. Stählin (cf. Clemens Alexandrinus, Protrepticus und Paedagogus [Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte 12], Berlin 1972, XXXIX) il quale nel passo di Paed. 1,37,3 « […] εἴ τε ποιμένες [ἐσ]μὲν οἱ τῶν ἐκκλησιῶν προηγούμενοι κατ’εἰκόνα τοῦ ἀγαθοῦ ποιμένος, τὰ δὲ πρόβατα ἡμεῖς », espunge la ἐσ di ἐσμὲν (= siamo) e quindi la prima persona plurale del presente di εἰμί diventa particella μεν. Pertanto, sostituita con μεν la prima persona plurale del verbo εἰμί, non risulta più che Clemente stia parlando coinvolgendo se stesso tra i “pastori” e quindi il passo del Paedagogus non concorre a confermare il suo sacerdozio. Diversamente intervenne J. Arcerius la cui lezione fu accolta da F. Sylburg nella edizione delle opere di Clemente (Pubblicata ad Heidelber nel 1592): il verbo [ἐσ] μὲν resta invariato, mentre il pronome ἡμεῖς è sostituito da ὑμεῖς (“voi le pecore”) e quindi, Clemente non si trova dalla parte delle pecore, ma dei pastori. Quanto alle due diverse lezioni (di Stählin e di Arcerius) va precisato che cercano di risolvere l’empasse creato dalla illogica congiunzione tra il verbo [ἐσ]μὲν (qualora lo mantenessimo) e il pronome ἡμεῖς perché ne risulterebbe che coloro che sono “pastori” sono anche “pecore”. Quindi di fronte alla incoerenza logica, gli editori si sentono autorizzati a intervenire. La lezione di O. Stählin, suggerendo μεν al posto di [ἐσ] μὲν (e mantenendo ἡμεῖς), porta a concludere che Clemente non parla di sé come se appartenesse anch’egli ai “pastori; quella di Arcerius, mantenendo [ἐσ]μὲν ma sostituendo ἡμεῖς con ὑμεῖς, porta a concludere che Clemente era tra i pastori e nel dire “voi le pecore” si distingue nel suo ruolo sacerdotale. In punto di correzione, la più attendibile delle due lezioni è, a nostro parere, quella di Stählin perché la dittografia (in questo caso ἐς) è un fenomeno che si verifica con frequenza. Mentre la sostituzione del pronome di prima persona (ἡμεῖς) con quello di seconda (ὑμεῖς) è un intervento meno motivato in punto di tradizione testuale, e la modifica sembra quasi accomodata per risolvere l’incoerenza del passo mantenendo [ἐσ]μὲν come forma verbale corretta. Non solo, non è da escludere che la lezione ὑμεῖς sia tendenziosa, cioè operata sulla base della convinzione previa, o forse di una tradizione già attestata, che dava per certo il sacerdozio di Clemente. Potremmo definirla una lezione “a difesa” del presbiterato dell’Alessandrino.

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In breve: l’elogio di Alessandro è formulato e rivolto a un personaggio che solo occasionalmente è latore della lettera ma la cui esemplarità e ottima fama sono legate al suo ruolo ecclesiale e, segnatamente, ministeriale. Tutti gli elementi convergono a individuare in Clemente Alessandrino il latore della lettera nonostante di lui non venga detto altro né circa il suo ministero né circa la sua attività letteraria, così come nessun riferimento esplicito viene fatto alla chiesa alessandrina. Ma l’assenza di tali informazioni non è assolutamente inficiante l’identificazione del latore con lo Stromateo. Purtroppo non è possibile individuare con certezza il tempo e il luogo nei quali collocare l’Epistula ad Antiochenos; se possedessimo tali informazioni potremmo avere migliore cognizione anche dei trasferimenti di Clemente e del periodo finale della sua vita a proposito del quale tacciono tutte le fonti. Del resto, è difficile stabilire se la lettera di Alessandro sia stata scritta quando si trovava ancora in Cappadocia, sua terra di origine101, o quando aveva già raggiunto la sede episcopale di Gerusalemme; di conseguenza, non è possibile affermare se la missiva sia stata consegnata a Clemente in Cappadocia o a Gerusalemme102. Al fine di individuare il luogo da dove fu scritta la lettera, è indispensabile entrare anzitutto nel merito della sua datazione per la quale potrebbero

Tra gli studi moderni cf. Quatember, Lebenshaltung, 14–15; Méhat, Étude, 55; Nautin, Lettres, 117–118 e 140; L. Gallinari, La problematica educativa di Clemente Alessandrino, Cassino 1976, 46; Osborn, Clement of Alexandria, 14 n. 40; Le Boulluec, Clément d’Alexandrie, 67–69, che, argomentando sulla base di ulteriori indizi, concludono che effettivamente l’Alessandrino doveva essere un presbitero. Contrario Koch, War Clemens von Alexandrien Priester?, 43–48; Jakab, Ecclesia alexandrina, 132. 101 Eusebio stesso ci dice che Alessandro era originario della Cappadocia, cf. h.e. 6,11,2. Secondo A. von Harnack, Alessandro avrebbe assunto un primo incarico episcopale a Cesarea di Cappadocia (cf. Die Mission und Ausbreitung des Christentums in den ersten drei Jahrhunderten, II, Leipzig 1906, 163 e 744). L’ipotesi risulta essere particolarmente debole in quanto fondata sul fatto che nel 230 a Cesarea fosse vescovo Firmiliano un esponente delle posizioni origeniste, condivise anche da Alessandro; cf. Gregorio di Nissa, Vita Gregorii 22; cf. R. Gounelle, Alexandre de Jérusalem, in Pouderon (ed.), Histoire de la Littérature grecque chrétienne, III, 180. 102 Nautin formula un’ipotesi sulla base dell’affermazione di Alessandro «la sua presenza qui, conformemente alla Provvidenza e alla vigilanza del Sovrano» («ὃς καὶ ἐνθάδε παρὼν κατὰ τὴν πρόνοιαν καὶ ἐπισκοπὴν τοῦ δεσπότου»: Epistula, Ad Antiochenos in Eusebio di Cesarea, h.e. 6,11,6): Clemente sarebbe stato un presbitero della chiesa alessandrina rifugiatosi presso la chiesa di Gerusalemme a seguito degli attriti con Demetrio, vescovo di Alessandria; nella comunità gerosolimitana avrebbe collaborato



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venire in aiuto sia il riferimento autobiografico alla prigionia di Alessandro, sia il riferimento ad Asclepiade. Rileggiamo il testo: Ἀλέξανδρος, δοῦλος καὶ δέσμιος Ἰησοῦ Χριστοῦ, τῇ μακαρίᾳ Ἀντιοχέων ἐκκλησίᾳ ἐν κυρίῳ χαίρειν. ἐλαφρά μοι καὶ κοῦφα τὰ δεσμὰ ὁ κύριος ἐποίησεν, κατὰ τὸν καιρὸν τῆς εἱρκτῆς πυθομένῳ τῆς ἁγίας ὑμῶν τῶν Ἀντιοχέων ἐκκλησίας κατὰ τὴν θείαν πρόνοιαν Ἀσκληπιάδην τὸν ἐπιτηδειότατον κατ’ἀξίαν τὴν πίστιν τῆς ἐπισκοπῆς ἐγκεχειρισμένον Alessandro, servo e prigioniero di Gesù Cristo, saluta nel Signore la beata chiesa di Antiochia. Il Signore ha reso a me sopportabili e leggere le catene, quando, al tempo della prigionia, ho appreso che, secondo la divina Provvidenza, ad Asclepiade, il più idoneo a motivo della sua fede meritevole, fu affidato l’episcopato della vostra santa chiesa di Antiochia (Alessandro, Ad Antiochenos in Eusebio di Cesarea, h.e. 6,11,5).

Due sono i riferimenti utili a orientare sulla datazione della lettera: la prigionia di Alessandro e l’elezione episcopale di Asclepiade. Quanto alla prigionia, si ricorderà che lo stesso Eusebio nella Historia ecclesiastica parla dell’eroico comportamento di Alessandro durante la persecuzione e che, proprio grazie alla sua testimonianza, fu ritenuto degno di essere eletto vescovo: Ἐπὶ δέκα δὲ καὶ ὀκτὼ ἔτεσιν τὴν ἀρχὴν ἐπικρατήσαντα Σευῆρον Ἀντωνῖνος ὁ παῖς διαδέχεται. ἐν τούτῳ δὲ τῶν κατὰ τὸν διωγμὸν ἀνδρισαμένων καὶ μετὰ τοὺς ἐν ὁμολογίαις ἀγῶνας διὰ προνοίας θεοῦ πεφυλαγμένων εἷς τις ὢν Ἀλέξανδρος, ὃν ἀρτίως ἐπίσκοπον τῆς ἐν Ἱεροσολύμοις ἐκκλησίας ἐδηλώσαμεν, οἷα ταῖς ὑπὲρ Χριστοῦ διαπρέψας ὁμολογίαις, τῆς δηλωθείσης ἐπισκοπῆς ἀξιοῦται, ἔτι Ναρκίσσου, ὃς ἦν αὐτοῦ πρότερος, περιόντος τῷ βίῳ A Severo, che fu al potere per diciotto anni, succedette il figlio Antonino. In questo tempo tra coloro che si erano comportati eroicamente durante la persecuzione ed erano stati risparmiati dalla Provvidenza divina, dopo le lotte [sostenute] nel confessare [la fede], c’era un certo Alessandro, che abbiamo ricordato in precedenza quale vescovo della chiesa di Gerusalemme; poiché si era distinto nelle sue professioni di fede in Cristo, egli fu degno del suddetto episcopato, mentre era ancora in vita Narcisso che era stato vescovo prima di lui (h.e. 6,8,7).

con Alessandro successore di Narcisso (cf. Nautin, Lettres, 118. Sulla successione di Alessandro a Narcisso cf. Chronic. ad annum 212 (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte 47), R.W.O. Helm (ed.), Leipzig 1913–1926, 213): «Alexander, tricesimus quintus Hierosolymarum episcopus ordinatur, adhuc vivente Narcisso, et cum eo pariter Ecclesiam regit». Quindi, se l’ipotesi del Nautin è da condividere, la lettera fu scritta in Gerusalemme e qui fu affidata a Clemente il quale aveva già preso dimora nella stessa città dopo aver lasciato Alessandria; da Gerusalemme si sarebbe poi diretto in Antiochia per consegnare la missiva.

Alessandro, vescovo di Gerusalemme († 250) in Eusebio di Cesarea

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Stando al complemento ἐν τούτῳ, posto immediatamente dopo il nome di Antonino e da accogliere in riferimento al periodo in cui egli regnò, la persecuzione cui si allude sarebbe da individuare in uno di quegli episodi di accanimento avvenuti a livello locale contro i cristiani e verificatisi, in questo caso, durante il regno di Antonino Caracalla103 piuttosto che in quello di Settimio Severo104 e quindi

103 Cf. Chronic. ad annum 211, Helm (ed.), 213: «Romanorum duodevicesimus regnavit Antoninus cognomento Caracalla, Severi filius, annos septem […] Antoninus Caracalla cognominatus propter genus vestis, quod Romae erogaverat et e contrario caracallae ex eius nomine antoninianae dictae». Settimio Severo morì a Eboracum (attuale York) il 4 febbraio 211. 104 Per un approfondimento sugli imperatori della famiglia dei Severi, sulla figura di Settimio Severo e le problematiche riguardanti la persecuzione sotto il suo impero si rinvia a: E. Dal Covolo, I Severi e il cristianesimo. Ricerche sull’ambiente storico – istituzionale delle origini cristiane tra il secondo e il terzo secolo (Biblioteca di Scienze Religiose 87), Roma 1989, 38–43; E. Dal Covolo, La religione a Roma tra antico e nuovo. L’età dei Severi, in Rivista di Storia e Letteratura Religiosa 30 (1994) 237–260; S. Angiolani, Alessandro Severo e i cristiani nell’Historia Augusta, in Annali Facoltà Lettere e Filosofia Università Macerata 27 (1994) 9–31; A. Barzanò, Il Cristianesimo nelle leggi di Roma imperiale (Letture cristiane del primo millennio 24), Milano 1996, 38–41; A.R. Birley, Septimius Severus: the African emperor (Roman Imperial Biographies), London 19992; O. Andrei, Il provvedimento anticristiano di Settimio Severo (SHA, Sev. 17,1), una tappa della divisione delle vie fra giudaismo e cristianesimo, in Henoch 23 (2001) 43–75; E. Dal Covolo, I Severi e il Cristianesimo, in E. Dal Covolo – R. Uglione (eds.), Chiesa e impero, Roma 2001, 73–86; G. Geraci – A. Marcone, Storia romana, Firenze 2004, 224–225; P. Siniscalco, Il cammino di Cristo nell’Impero romano, Bari 2004, 79–92; M. Sordi, I cristiani e l’impero romano, Milano 20042, 87–94; S. Mazzarino, L’impero romano, II, Bari 2005, 434–438; G. Filoramo, Alla ricerca di un’identità cristiana. Il Cristianesimo nell’età dei Severi. Tertulliano e Ippolito, in G. Filoramo – D. Menozzi (eds.), Storia del Cristianesimo. L’Antichità, Bari 20084, 208–213; G. Rinaldi, Cristianesimo nell’antichità. Sviluppi storici e contesti geografici (Secoli I-VIII), Chieti-Roma 2008, 505–506; M. Simonetti, Il Vangelo e la storia. Il Cristianesimo antico (secoli I–IV), Roma 2009, 113–115,165. Lo studio di M. Sordi evidenzia come gli atti persecutori sotto Settimio Severo non produssero conseguenze profonde ad Alessandria e nello specifico nel Didaskaleion: cf. Sordi, I cristiani e l’impero romano, 87; cf. anche E. dal Covolo, “Quando Severo scatenò una persecuzione contro le Chiese”: la persecuzione del 202 ad Alessandria nella Historia Ecclesiastica, in A. Monaci Castagno (ed.), La biografia di Origene fra storia e agiografia, Atti del VI Convegno di Studi del Gruppo Italiano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina, Torino 11–13 settembre 2002 (Biblioteca di Adamantius 1), Villa Verrucchio (Rimini) 2004, 279–288.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

negli anni 211–212105 anziché negli anni 202–203106. Posticipazione cronologica che troverebbe conferma anche nell’incipit dell’Epistula ad Antiochenos dove lo stesso Alessandro dichiara di aver ricevuto notizia dell’elezione di Asclepiade (213107) nel tempo in cui era prigioniero: ma, se fosse stato in prigione al tempo di Settimio Severo108, significherebbe che la detenzione si sarebbe protratta per circa 10 anni e questo è poco credibile alla luce di quanto il diritto romano prevedeva e decretava circa l’arresto e il carcere109. Peraltro non va trascurato il fatto che le persecuzioni durante il principato di Settimio Severo si sarebbero verificate soprattutto in territorio africano110 e quindi in regioni nelle quali, stando alle fonti, Alessandro non avrebbe trascorso alcun periodo.

105 Di uno di questi ci informa Tertulliano nell’Ad Scapulam (4,8) indirizzato al proconsole P. Giulio Scapula Tertullo che governò l’Africa fra il 211 e il 213. In tale scritto si accenna anche ad atti persecutori compiuti dal comandante della legione III Augusta e dal governatore della Mauritania. Cf. E. Dal Covolo, L’imperatore Caracalla e i cristiani. Per una valutazione della Constitutio Antoniniana in rapporto alle persecuzioni del III secolo, in Apollinaris 61 (1988) 355–369; Dal Covolo, I Severi e il cristianesimo. Ricerche, 44–51; Sordi, I cristiani e l’impero romano, 126–127; C. Moreschini – P. Podolak (eds.), Tertulliano, Opere apologetiche. Ai martiri – Apologetico – Ai pagani – La testimonianza dell’anima – Polemica con gli Ebrei – A Scapula (Scrittori cristiani dell’Africa romana 1), Roma 2006, 46–50; 579–581. 106 Ci sembrano più convincenti le motivazioni addotte da Nautin, Lettres, 112–118 e da Le Boulluec, Clément d’Alexandrie, 68 e 72–73, rispetto a quanto argomentato da Crouzel, Alessandro di Gerusalemme, 207; il quale recupera a sua volta l’ipotesi avanzata molto tempo prima da Zahn (Forschungen zur Geschichte, 156–176). 107 Cf. Gerolamo, chronicon, an. Dom. 213. 108 Non è da escludere che la prigionia di Alessandro sia fatta risalire con largo consenso al tempo di Settimio Severo sulla base dell’anno 204 attestato da Gerolamo nel Chronicon (cf. chronicon, an. Dom. 204). Se decidessimo di accogliere la datazione 211–212 (ovvero la persecuzione al tempo di Caracalla), la data fornita dal Chronicon non corrisponde: in mancanza dell’originale greco che permetterebbe una verifica, non è da escludere che lo stesso Gerolamo sia intervenuto sulla datazione di Eusebio per ricondurre la confessio di Alessandro al tempo della più nota persecuzione di Settimio Severo. 109 Nessuna informazione è pervenuta sulla circostanza dell’arresto né sul processo così come restano non documentate la durata della detenzione e le ragioni per le quali non fu eseguita una condanna a morte ma fu decisa la liberazione di Alessandro. 110 Cf. G. Lanata, Gli atti dei martiri come documenti processuali, Milano 1973, 160. Riguardo alle fonti attestanti la notizia che al tempo di Settimio Severo si verificarono atti persecutori locali soprattutto africani, cf. K.H. Schwarte, Das angebliche

Alessandro, vescovo di Gerusalemme († 250) in Eusebio di Cesarea

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Riassumendo:  se l’Epistula fu inviata agli Antiocheni in occasione dell’elezione del loro vescovo Asclepiade, si deve supporre che fu composta non prima anzi dopo il 213 e, se latore della lettera fu Clemente di Alessandria, si viene a confermare anche che egli in questo anno sarebbe stato ancora in vita; se invece fu scritta in altra circostanza111, la data dovrebbe essere posticipata e la missiva potrebbe risalire a quando Alessandro, ormai libero, si trovava a Gerusalemme. Il complemento κατὰ τὸν καιρὸν τῆς εἱρκτῆς  – riferito a quando Alessandro ricevette la notizia di Asclepiade eletto vescovo – di fatto sembra alludere a un tempo trascorso, piuttosto che presente, e a questa interpretazione concorre anche l’aoristo ἐποίησεν. Se invece, con minore probabilità, supponiamo che la lettera sia stata scritta da Alessandro ancora in prigione (interpretando “in questo periodo di prigionia”), resta comunque impossibile rintracciare da dove egli scrisse e di conseguenza diventa impossibile indicare il luogo di detenzione dove Clemente lo avrebbe incontrato una volta lasciata Alessandria perché, come abbiamo detto, non sappiamo in quale località Alessandro sia stato incarcerato, anche se, da

Christengesetz des Septimius Severus, in Historia 12 (1963) 185–208; T.D. Barnes, Legislation against the Christian, in Journal of Theological Studies 19 (1968) 40–41; J. Speigl, Die Christenpolitik des Septimius Severus, in Münchener Theologische Zeitschrift 20 (1970) 181–194. 111 Nautin posticipa la datazione della lettera ipotizzando che non sia stata scritta da Alessandro dopo l’elezione di Asclepiade (databile, secondo il Chronicon di Gerolamo, al 213) ma quando Alessandro divenne vescovo di Gerusalemme (cf. Nautin, Lettres, 116–117). Lo studioso si appella all’usanza secondo la quale un vescovo neoeletto scriveva agli altri confratelli per presentarsi, porgere il saluto e per ricevere la manifestazione del loro consenso per la nomina. Quindi in questo caso Alessandro una volta eletto, scrisse ad Asclepiade lodandolo fin dall’inizio, come una sorta di captatio benevolentiae, riconoscendo le sue qualità e ritenendolo il più idoneo all’episcopato, ma anche augurandosi che Asclepiade, a sua volta, approvasse la nomina di Alessandro (sulla data dell’elezione di Alessandro a vescovo di Gerusalemme, cf. Nautin, Lettres, 112–114). Accogliendo questa ipotesi la lettera andrebbe collocata dopo il 216 infatti il Chronicon di Eusebio colloca in questo anno l’elezione di Alessandro (cf. Eusebio di Cesarea, Chronicon in A.A. Mosshammer [ed.], Georgius Syncellus, Ecloga chronographica, Leipzig 1984, 361C [trad. W. Adler – P. Tuffin, The chronography of George Synkellos: a Byzantine chronicle of universal history from the creation, Oxford 2002]; cf. anche Gerolamo, Chronicon, an. Dom. 213). Tuttavia le affermazioni del Nautin, sulla base di una tradizione epistolare, non sono sufficientemente supportate dal frammento della Epistula ad Antiochenos nel quale non emerge nessun riferimento all’episcopato di Alessandro.

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quello che scrive Eusebio, si tratta di una località in Cappadocia: da qui Alessandro si sarebbe recato a Gerusalemme dopo la liberazione112. In sintesi: nella prima ipotesi, l’incontro tra Alessandro e Clemente sarebbe avvenuto in Cappadocia subito dopo il 213, ovvero dopo l’elezione di Asclepiade113; nella seconda e più probabile ipotesi (la stessa avanzata per l’appunto da Nautin), sarebbe avvenuto a Gerusalemme dopo il 216, tempo in cui Alessandro, ormai non più in catene, risiedeva in quella città, dove, a riconoscimento della sua confessio fidei, fu nominato vescovo. Le due ipotesi, in base al testo, sono entrambe accoglibili ma, la seconda, a nostro parere, è più meritevole di considerazione non solo perché il riferimento alla prigionia sembra essere ricordato e non vissuto sul momento, ma perché la chiesa di Gerusalemme sotto la guida di Alessandro costituisce un contesto più persuasivo alla composizione della lettera di quanto lo possa essere il carcere, senza dimenticare che se Alessandro avesse scritto agli Antiocheni nel periodo in cui era in prigione, le sue parole di encomio e congratulazione, non avrebbero riscosso uguale credito rispetto a quelle di un confessor consacrato vescovo. Se entriamo poi nel merito del terzo frammento, emerge una ulteriore informazione. Data, luogo e latore della Epistula ad Antiochenos corrispondono a una indagine di carattere prioritariamente storico, mentre, se ci soffermiamo sul contenuto del terzo frammento, tratto dall’Epistula ad Origenem di Alessandro, riusciamo a cogliere anche quella condivisione di fede e di dottrina che, stabilitasi tra Alessandro e Clemente, fu precorritrice e foriera della empatia ideologica che si sarebbe realizzata tra i loro due ambienti di estrazione: l’area cappadoce e l’area alessandrina. Ricordiamo che con queste parole Eusebio introduce e tramanda il frammento dell’Epistula ad Origenem114: Πάλιν δ’ ὁ δηλωθεὶς Ἀλέξανδρος τοῦ Κλήμεντος, ἅμα δὲ καὶ τοῦ Πανταίνου ἔν τινι πρὸς Ὠριγένην ἐπιστολῇ μνημονεύει, ὡς δὴ γνωρίμων αὐτῷ γενομένων τῶν ἀνδρῶν, γράφει δὲ οὕτως· «τοῦτο γὰρ καὶ θέλημα θεοῦ, ὡς οἶδας, γέγονεν ἵνα ἡ ἀπὸ προγόνων ἡμῖν φιλία μένῃ ἄσυλος, μᾶλλον δὲ θερμοτέρα ᾖ καὶ βεβαιοτέρα. πατέρας γὰρ ἴσμεν τοὺς

1 12 Cf. h.e. 6,11,2. 113 Secondo la ricostruzione di A. von Harnack (cf. Geschichte der altchristlichen Literatur, II, Leipzig 1904, 6), la collaborazione di Clemente volta al rafforzamento e all’accrescimento della chiesa – stando a quanto afferma Alessandro – si sarebbe realizzata a Cesarea dove lo Stromateo, lasciato l’Egitto, avrebbe trascorso un tempo prolungato prima di trasferirsi in Palestina (cf. anche Pujiula, Körper, 21). 114 Per agevolare la lettura nella continuità del nostro commento, abbiamo ritenuto opportuno riprodurre il testo già citato sopra a p. 49.

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μακαρίους ἐκείνους τοὺς προοδεύσαντας, πρὸς οὓς μετ’ ὀλίγον ἐσόμεθα, Πάνταινον, τὸν μακάριον ἀληθῶς καὶ κύριον, καὶ τὸν ἱερὸν Κλήμεντα, κύριόν μου γενόμενον καὶ ὠφελήσαντά με, καὶ εἴ τις ἕτερος τοιοῦτος· δι’ ὧν σὲ ἐγνώρισα, τὸν κατὰ πάντα ἄριστον καὶ κύριόν μου καὶ ἀδελφόν» Inoltre, il citato Alessandro, in una lettera indirizzata a Origene, ricorda Clemente insieme a Panteno, come personaggi che erano a lui noti e scrive così: «Anche questo, come tu sai, fu volontà di Dio: affinché l’amicizia che è venuta a noi da coloro che ci hanno preceduto rimanesse inviolabile anzi fosse ancora più calorosa e salda. Infatti, riconosciamo come padri quei beati che ci hanno preceduto, presso i quali noi saremo tra poco: Panteno, veramente beato e signore, e il santo Clemente, che fu mio signore e che mi aiutò, e [non so] se [c’è] un altro simile [a lui]; tramite loro ho conosciuto te, eccellente in ogni cosa, mio signore e fratello» (Epistula ad Origenem in Eusebio, h.e. 6,14,8–9).

Il frammento della lettera, scritta a distanza di alcuni anni dalla morte di Panteno e di Clemente, viene inserito da Eusebio nel momento in cui, chiamando a testimonio Alessandro, ricorda Clemente Alessandrino e come egli utilizzò e citò le Scritture nelle sue opere115. Secondo Nautin116, il frammento apparterebbe a una lettera di Alessandro in risposta a Origene il quale gli aveva scritto difendendosi dalle accuse che gli erano state rivolte117. L’ipotesi di Nautin è plausibile anche se nel frammento non si parla né si accenna alle accuse contro Origene; è da supporre che quest’ultimo, stabilitosi a Cesarea, abbia ritenuto opportuno e proficuo un contatto epistolare con il vescovo di Gerusalemme per creare un rapporto di amicizia solidale che, di fatto, gli viene confermata con parole che non lasciano dubbi:  Alessandro non solo tiene in gran conto il suo legame con il grande maestro ma si mostra assai grato nei confronti di Panteno e di Clemente perché gli hanno permesso di conoscere il celebre esegeta e la sua eccellenza; Alessandro, designando Origene « τὸν κατὰ πάντα ἄριστον καὶ κύριόν μου καὶ ἀδελφόν » conferma una stima incondizionata, un rispetto, quasi devozione, e un affetto fraterno. Questo ammirato elogio, che si legge alla fine del terzo frammento, è rivolto anche a Clemente e a Panteno e richiama quello già espresso nel secondo frammento nei confronti di Clemente latore dell’Epistula ad Antiochenos:  definirla

115 Sulla datazione della lettera all’anno 231, cf. Nautin, Lettres, 112–119; 126–134; 140– 141; la questione cronologica fu affrontata anche Harnack, Geschichte der altchristlichen Literatur, II, 6 n. 3. 116 Cf. Nautin, Lettres, 126. 117 Sullo scritto di Origene ad Alessandro, cf. Nautin, Lettres, 126–129.

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coincidenza sarebbe assolutamente semplicistico e riduttivo; il fatto che Alessandro, scrivendo a Origene, abbia nominato ed elogiato Clemente accanto a Panteno non lascia dubbio che si tratti di Clemente di Alessandria e il fatto che abbia definito entrambi “beati” e “signori” è conferma della stessa identica stima espressa nei confronti del medesimo Clemente che fu anche latore dell’Epistula ad Antiochenos118. Riguardo all’avvenuta conoscenza di Origene da parte di Alessandro tramite Panteno e Clemente, il generico aoristo ἐγνώρισα favorisce l’ipotesi che i due alessandrini abbiano parlato e celebrato Origene nelle loro conversazioni con Alessandro. Infatti, se Alessandro e Origene si fossero conosciuti personalmente grazie a Panteno e a Clemente, non ci sarebbe stato motivo di ricordare questa avvenuta conoscenza nella lettera scritta a Origene, il quale non poteva non esserne consapevole né averlo dimenticato. Se invece si insiste sul definire tale conoscenza come avvenuta in un incontro effettivo, allora bisogna supporre che più o meno contemporaneamente Panteno, Clemente, Origene e Alessandro si siano trovati presumibilmente in Alessandria, prima che lo stesso Alessandro partisse dalla città o dall’Egitto (211) e anche in un tempo in cui Origene aveva già guadagnato quella notorietà grazie alla quale, intorno al 203, ottenne l’insegnamento nel Didaskaleion: fatti ricostruibili solo per ipotesi perché privi di ogni documentazione, considerato l’assoluto silenzio delle fonti riguardo a un eventuale soggiorno di Alessandro in Egitto. Contestualmente, al fine di conferire comunque un’ambientazione all’avvenuta conoscenza di Origene da parte di Alessandro tramite Panteno e Clemente, non va trascurato il fatto che l’incontro del vescovo con i due Alessandrini possa essere avvenuto plausibilmente in altro ambiente, in uno di quelli in cui sia Panteno che Clemente soggiornarono durante i loro viaggi e che fu occasione di incontro con Alessandro: per quanto riguarda Clemente, rimandiamo alle pagine immediatamente precedenti in cui abbiamo estesamente trattato soprattutto dei luoghi nei quali si stabilì uno stretto rapporto di collaborazione tra l’Alessandrino e il vescovo; per quanto riguarda Panteno, fa fede la testimonianza di Eusebio119 quando informa sul viaggio che da quello fu intrapreso fino alle regioni dell’India. Non è da escludere che all’interno di questo itinerario ci sia stata occasione per incontrare anche Alessandro il quale, nella lettera di riferimento, citando Panteno e Clemente come 118 Se l’Epistula ad Origenem è databile al 231 (come sostiene Nautin, Lettres, 112–119; 126–134; 140–141) la stessa data va accolta come termine ante quem sarebbe avvenuta la morte di Clemente nei confronti del quale, stando al testo del frammento, si esprime un ricordo come a persona già deceduta. 119 Cf. h.e. 5,10.

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intermediari per la conoscenza di Origene, non allude a un’unica circostanza e quindi il parlare e presentare Origene da parte dei due alessandrini potrebbe essere avvenuto in momenti distinti. Il legame tra il vescovo di Gerusalemme e i primi maestri di Alessandria è indice di una volontà di avvicinamento la cui iniziativa sembra muovere proprio da Alessandro il quale – stando ai dati forniti dalla pur esigua documentazione – in virtù di un’ammirazione sincera e pienamente giustificata, chiede a Clemente il servizio di consegnare la lettera che ha scritto ai cristiani di Antiochia. Il fatto dichiara la fiducia di Alessandro nei confronti di Clemente e, parimenti, la disponibilità dell’Alessandrino a soddisfare la richiesta di colui che non era solo un amico, ma anche confessore e vescovo. Tale rapporto di reciproca considerazione e fiducia, come assicura il testo dei frammenti, non solo attesta la relazione amicale anzi fraterna tra i due personaggi, ma permette di proiettarne gli esiti oltre il biografico individuale e di estendere tale condivisione agli ambienti di Cappadocia e di Alessandria che furono, rispettivamente, ambiente di origine per Alessandro e ambiente di azione, d’insegnamento, di servizio ecclesiale per Panteno, Clemente e Origene. Non è dato conoscere i contenuti degli scambi intellettuali e dei confronti tra il vescovo di Gerusalemme e gli Alessandrini sulle grandi tematiche della scienza teologica, della pedagogia divina e della vita ecclesiale, ma è da ritenere che l’alta considerazione manifestata da Alessandro non sia stata solo formalità retorica, in rispetto di un dettato stilistico epistolare, ma espressione sia del sincero apprezzamento riguardante anzitutto il contributo dottrinale non disgiunto da quello esegetico, caratterizzante la scuola di Alessandria; sia del costante proposito di raggiungere il messaggio spirituale racchiuso nel testo sacro per poter progredire da incipientes a perfecti. E così, se dovremo attendere la seconda metà del IV sec. per affermare che la Philocalia rappresenta il primo prodotto letterario, quasi statuto, estesamente dimostrativo sia dell’accoglienza di Origene in ambiente cappadoce, sia della penetrazione e recezione del modello ideologico ed esegetico alessandrino in questa area geografica, i tre frammenti di Alessandro tramandati da Eusebio ci permettono di risalire ai primi decenni del III sec. nei quali, grazie a un Cappadoce di nome Alessandro si stava aprendo la porta a un’irradiazione che, muovendo dalla stima nei confronti di personaggi protagonisti di una cultura evangelizzatrice, si sarebbe confermata unidirezionale in quanto il centro propulsore sarebbe rimasto l’ambiente alessandrino e quello recettore l’ambiente cappadoce.

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2.4 Eusebio di Cesarea (265ca.-339) Le notizie di Eusebio sull’Alessandrino si rintracciano nella Historia ecclesiastica120 e nella Praeparatio evangelica121, opere che costituiscono la fonte quantitativamente più ricca cui attingere le informazioni utili al profilo biografico di Clemente: i riferimenti risultano particolarmente significativi e fondamentali per individuare quelle tradizioni che sono state quasi tutte recepite senza essere contestate e solo in minima parte rielaborate. Attenendosi all’informazione eusebiana nel suo insieme, gli studiosi hanno ricavato e riproposto, senza particolari varianti, un quadro d’insieme dal quale risulta che Clemente, intorno al 180, fu successore di Panteno in Alessandria, dove avrebbe diretto, fino al 202–203, quel Didaskaleion che era già istituzionalizzato; negli stessi anni Origene sarebbe subentrato122 nella direzione della scuola, quando Clemente, a causa della persecuzione, sarebbe stato costretto a rifugiarsi in Cappadocia chiedendo asilo ad Alessandro123.

120 Cf. H.e. 1,12,1–2; 2,1,3–5; 2,9,2–3; 2,15,2; 2,23,3.19; 3,23,2.5.19; 3,29,1; 3,30,1; 4,26,4; 5,11,1–2; 6,6,1; 6,11,6; 6,13,1–9; 6,14,1–7. 121 Cf. Praep. ev. 2,index,1; 2,6,12; 9,index,1; 9,6,2; 10,index,1; 10,2,1; 10,6,1; 10,12,1; 11,index,1; 11,25,1; 13,index,13; 13,13,1. 122 Il condizionale è d’obbligo in quanto Eusebio non afferma esplicitamente né che Clemente sia stato costretto a fuggire a causa della persecuzione, né che fu questo il motivo per cui Origene sarebbe subentrato al suo posto; tuttavia, dalla testimonianza eusebiana prende avvio la convinzione che esista una connessione consequenziale fra l’evento persecutorio, la partenza di Clemente da Alessandria e la nomina di Origene a nuovo maestro del Didaskaleion. Cf. Pujiula, Körper, 16–20 per quanto concerne una nuova presentazione della cronologia clementina. 123 Pujiula afferma che mancano elementi certi per poter definire con esattezza sia le ragioni per cui Clemente abbandonò Alessandria, sia la data in cui egli avrebbe lasciato la città (cf. Körper, 19–21). I tentativi di risposta sono stati vari e diversi: Nautin e Le Boulluec ritengono che la ragione per cui Clemente si allontanò da Alessandria va individuata nel conflitto con il vescovo Demetrio (cf. Nautin Lettres, 140; Le Boulluec, Clément d’Alexandrie, 72); Dainese suppone invece che Clemente sia partito da Alessandria perché entrato in contrasto con la comunità alessandrina: egli infatti in str. 7,11 contesta apertamente tutte le forme di fanatismo e di eccessivo zelo verso il martirio (cf. Dainese, Clemente Alessandrino, Adombrazioni, 20–24). Hanson e Holliday non escludono che la partenza di Clemente da Alessandria possa essere stata una decisione personale non necessariamente legata a cause contingenti (cf. R.P.C. Hanson, Was Origen Banished from Alexandria?, in Studia Patristica 17,2 (1982) 904–906; L.R. Holliday, Excommunicatum: The Mono-Episcopate, the Third-Century Church, and Origen, in Acta Patristica et Byzantina. A Journal for Early Christian and Byzantine Studies 21,1

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Poiché ogni identificazione di personaggio inizia necessariamente dal nome, diciamo subito che Tito Flavio Clemente è il nome tramandato, senza alcuna spiegazione, da Eusebio nel momento in cui fa menzione dell’opera Stromateis124. Il nomen gentilizio, secondo alcuni studiosi  – tra cui per primi Westcott e Tollinton125 –, sarebbe giustificato dalla possibile relazione con la celebre famiglia romana dei Flavi: Clemente avrebbe goduto della cittadinanza romana126 e deriverebbe i suoi tria nomina in quanto schiavo affrancato di quel Titus Flavius Clemens, nipote dell’imperatore Vespasiano, che fu console nel 95 e che, nello stesso anno, fu condannato a morte da Domiziano127. Tale ipotesi non ha riscosso consenso nei decenni successivi e stupisce la certezza con la quale la studiosa Rizzerio, partendo proprio dal nome tramandato per la prima volta da Eusebio, sostiene che Clemente nacque ad Atene da una famiglia di liberti affrancati dall’allora console romano presso la città greca, Tito Flavio Clemente, al quale il maestro di Alessandria avrebbe dovuto il nome e parte della sua fortuna. A contatto con i Flavi, infatti, egli avrebbe avuto modo di frequentare gli ambienti più colti del tempo e, probabilmente, di introdursi anche in quelli della religione cristiana, alla quale, stando alla tradizione, si convertì Flavia Domitilla, moglie del console128. In un recente studio, M. Pujiula, pur non entrando nel merito cronologico, osserva che, se Clemente avesse davvero frequentato l’ambiente del console, avrebbe avuto inevitabilmente familiarità con la cultura latina, cosa che non emerge dai suoi scritti nei quali si delinea un Clemente eruditissimo, ma la cui erudizione resta per lo più limitata all’ambito greco129. In ogni caso le affermazioni formulate sui tria nomina sono da accogliere, a nostro parere, con una riserva di fondo: i tre nomi Tito Flavio Clemente sono attestati, come abbiamo detto, da Eusebio in relazione all’autore degli Stromateis

(2010) 47–60, ma con diverse motivazioni). Decisione che sarebbe anche in linea con i tanti viaggi intrapresi da Clemente: cf. str. 1,11,1–2; vedi sopra pp. 27–28. 124 Cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 6,13,1. La notizia la ritroveremo anche in Fozio, bibl. 111. Cf. più avanti p. 123. 125 Cf. anche Westcott, Clement of Alexandria, 559–560; tesi ripresa poi da Tollinton, Clement of Alexandria, I, 1–2. 126 Cf. H. Lietzmann, Histoire de l’Église ancienne, II: Ecclesia catholica, Paris 1937, 281. 127 Cf. Svetonio, Domit. 15; Cassio Dione 67,14. 128 Cf. L. Rizzerio, Clemente di Alessandria e la «ΦΥΣΙΟΛΟΓΙΑ veramente gnostica». Saggio sulle origini e le implicazioni di un’epistemologia e di un’ontologia «cristiane» (Recherches de Théologie Ancienne et Médiévale, Supplementa 6), Leuven 1996, 6. 129 Cf. Pujiula, Körper, 23.

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e in base alla tradizione manoscritta della quale lo storico disponeva, nonché dall’unico manoscritto degli Stromateis a noi pervenuto (ms. Laurentianus V 3) e dalla copia dello stesso (ms. Parisinus Supplementum Graecum 250, sec. XVI130). Peraltro, giustificare i tre nomi di Clemente come derivati dall’affrancamento che egli avrebbe ottenuto da parte del console, significherebbe retrodatare la vita di Clemente a un tempo che non è attestato da altra fonte e che confliggerebbe con le testimonianze che lo affermano attivo al tempo di Commodo. Se poi volessimo supporre che i tre nomi sono stati conferiti a Clemente per gratitudine nei confronti del console che avrebbe affrancato la famiglia e non Clemente stesso, va ricordato che né dall’Alessandrino né da altra fonte questo viene documentato. In sintesi, la presenza dei tre nomi con cui Eusebio identifica l’autore degli Stromateis non è assolutamente probativa di un rapporto diretto tra Clemente d’Alessandria e il console. Non si riesce a comprendere dunque su quale base documentaria siano state formulate le ipotesi e le conclusioni cui pervengono Westcott e altri; e sorprende il fatto che sul personaggio Clemente d’Alessandria facciano convergere le stesse notizie che appartengono al biografico di Clemente Romano131.

1 30 Cf. O. Stählin (ed.), Clemens Alexandrinus, Protrepticus und Paedagogus, XXXIX. 131 Cf. E. Prinzivalli – M. Simonetti (ed.), Seguendo Gesù. Testi cristiani delle origini, I (Scrittori greci e latini), Milano 2010, 147–149.

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2.4.1  Historia ecclesiastica Le notizie ricavabili dalla Historia ecclesiastica sono le più numerose sebbene non tutte di uguale spessore ai fini della ricostruzione della vita di Clemente di Alessandria (τοῦ Ἀλεξανδρέως), della sua attività letteraria (περὶ τῶν Κλήμεντος συγγραμμάτων)132 e del suo ruolo nella storia della chiesa a lui contemporanea. Dall’analisi complessiva dei testi, emerge che il vescovo di Cesarea ricorda Clemente in contesti diversi dai quali traspare non solo il motivo per cui Eusebio leggeva e citava le opere di Clemente ma anche la vasta gamma degli argomenti trattati, specchio di un molteplice e poliedrico interesse culturale:  Clemente infatti, è letto e citato da Eusebio come fonte di tradizioni ecclesiali e come testimone autorevole di fede ortodossa e maestro di vera dottrina.

2.4.1.1  Clemente fonte storica Prima di entrare nel merito dei testi della Historia ecclesiastica nei quali sono contenute notizie di carattere biografico su Clemente, ricordiamo che nei primi tre libri emerge con evidenza che lo Stromateo è considerato da Eusebio una fonte significativa attraverso la quale ricostruire i primi decenni della vita della chiesa. Gli otto testi da cui emerge tale considerazione li presentiamo qui di seguito integrati, in nota, da una breve contestualizzazione: 1) h.e. 1,12,1–2133 Τῶν γε μὴν τοῦ σωτῆρος ἀποστόλων παντί τῷ σαφὴς ἐκ τῶν εὐαγγελίων ἡ πρόσρησις· τῶν δὲ ἑβδομήκοντα μαθητῶν κατάλογος μὲν οὐδεὶς οὐδαμῇ φέρεται, λέγεταί γε μὴν εἷς αὐτῶν Βαρναβᾶς γεγονέναι, οὗ διαφόρως μὲν καὶ αἱ Πράξεις τῶν ἀποστόλων ἐμνημόνευσαν, οὐχ ἥκιστα δὲ καὶ Παῦλος Γαλάταις γράφων. τούτων δ’ εἶναί φασι καὶ Σωσθένην τὸν ἅμα Παύλῳ Κορινθίοις ἐπιστείλαντα· ἡ δ’ ἱστορία παρὰ Κλήμεντι κατὰ τὴν πέμπτην τῶν Ὑποτυπώσεων· ἐν ᾗ καὶ Κηφᾶν, περὶ οὗ φησιν ὁ Παῦλος· «ὅτε δὲ ἦλθεν Κηφᾶς εἰς Ἀντιόχειαν, κατὰ πρόσωπον αὐτῷ ἀντέστην», ἕνα φησὶ γεγονέναι τῶν ἑβδομήκοντα μαθητῶν, ὁμώνυμον Πέτρῳ τυγχάνοντα τῷ ἀποστόλῳ134

1 32 Come indicizza il copista: cf. h.e. 5,index,11; 6,index,6.13. 133 Eusebio sta trattando dei settanta discepoli i cui nomi non sono riportati da nessun vangelo; secondo At e Gal uno dei settanta sarebbe stato Barnaba al quale, stando all’interpretazione di Eusebio sul V libro delle Hypotyposeis, andrebbe aggiunto anche Sostene e un certo Cefa, omonimo dell’apostolo Pietro e del quale Paolo parla in Gal. 2,11. 134 Edizione di riferimento G. Bardy (ed.), Eusèbe de Césarée, Histoire ecclésiastique. Livres I–IV (Sources Chrétiennes 31) Paris 1978, 39.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia Il nome degli apostoli del Salvatore [è] universalmente noto grazie ai Vangeli; invece in nessun luogo si tramanda un catalogo dei settanta discepoli. Si dice pertanto che uno di loro sia stato Barnaba di cui, in diverso modo, fanno menzione anche gli Atti degli Apostoli e soprattutto Paolo quando scrive ai Galati. A questi, dicono, appartenne anche Sostene, che fu inviato presso i Corinti insieme a Paolo; il racconto [si legge] in Clemente nel quinto libro delle Ipotiposi, nel quale [è presente] anche Cefa di cui Paolo dice: «Quando Cefa giunse ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto»; dicono che era uno dei settanta discepoli, casualmente omonimo dell’apostolo Pietro. 2) h.e. 2,1,3–5135 Κλήμης ἐν ἕκτῳ τῶν Ὑποτυπώσεων γράφων ὧδε παρίστησιν· «Πέτρον γάρ φησιν καὶ Ἰάκωβον καὶ Ἰωάννην μετὰ τὴν ἀνάληψιν τοῦ σωτῆρος, ὡς ἂν καὶ ὑπὸ τοῦ σωτῆρος προτετιμημένους, μὴ ἐπιδικάζεσθαι δόξης, ἀλλὰ Ἰάκωβον τὸν δίκαιον ἐπίσκοπον τῶν Ἱεροσολύμων ἑλέσθαι.» ὁ δ’ αὐτὸς ἐν ἑβδόμῳ τῆς αὐτῆς ὑποθέσεως ἔτι καὶ ταῦτα περὶ αὐτοῦ φησιν· «Ἰακώβῳ τῷ δικαίῳ καὶ Ἰωάννῃ καὶ Πέτρῳ μετὰ τὴν ἀνάστασιν παρέδωκεν τὴν γνῶσιν ὁ κύριος, οὗτοι τοῖς λοιποῖς ἀποστόλοις παρέδωκαν, οἱ δὲ λοιποὶ ἀπόστολοι τοῖς ἑβδομήκοντα· ὧν εἷς ἦν καὶ Βαρναβᾶς. δύο δὲ γεγόνασιν Ἰάκωβοι, εἷς ὁ δίκαιος, ὁ κατὰ τοῦ πτερυγίου βληθεὶς καὶ ὑπὸ γναφέως ξύλῳ πληγεὶς εἰς θάνατον, ἕτερος δὲ ὁ καρατομηθείς.»136 Clemente, nel sesto libro delle Ipotiposi, scrivendo, così dichiara: «Dicono infatti, che Pietro, Giacomo e Giovanni, dopo l’ascensione del Salvatore, nonostante fossero massimamente considerati, non rivendicarono l’onorificenza, ma elessero vescovo di Gerusalemme Giacomo il Giusto». Lo stesso [Clemente], nel settimo libro della medesima ipotiposi [= esposizione], dice di lui anche queste cose: «A Giacomo il Giusto, a Giovanni e a Pietro il Signore, dopo la Risurrezione, diede la conoscenza; essi poi la trasmisero anche agli altri apostoli, e questi ai settanta, uno dei quali era anche Barnaba. Ci furono due uomini di nome Giacomo: uno detto il Giusto fu buttato giù dal pinnacolo [del Tempio] e bastonato a morte da uno scardassatore; l’altro fu decapitato». 3) h.e. 2,9,2–3137 Περὶ τούτου δ’ ὁ Κλήμης τοῦ Ἰακώβου καὶ ἱστορίαν μνήμης ἀξίαν ἐν τῇ τῶν Ὑποτυπώσεων ἑβδόμῃ παρατίθεται ὡς ἂν ἐκ παραδόσεως τῶν πρὸ αὐτοῦ, φάσκων ὅτι δὴ ὁ εἰσαγαγὼν αὐτὸν εἰς δικαστήριον, μαρτυρήσαντα αὐτὸν ἰδὼν κινηθείς, ὡμολόγησεν εἶναι καὶ αὐτὸς ἑαυτὸν Χριστιανόν. «συναπήχθησαν οὖν ἄμφω, φησίν, καὶ κατὰ τὴν ὁδὸν ἠξίωσεν ἀφεθῆναι

135 Il riferimento a Clemente e in particolare al VI e al VII libro delle Hypotyposeis è utile a documentare i tempi e i fatti immediatamente successivi all’ascensione di Cristo e, in particolare, a ricordare l’elezione di Giacomo a vescovo di Gerusalemme. 136 Bardy (ed.), 49–50. 137 Eusebio, soffermandosi ancora una volta su Giacomo e sul suo martirio, ricorda che anche Clemente nel VII libro delle Hypotyposeis riporta «una storia degna di memoria» che era stata a lui tramandata e che l’Alessandrino continua a trasmettere per ribadire la fede di Giacomo e l’efficacia della sua testimonianza. Eusebio cita il testo delle Hypotyposeis al quale conferisce grande importanza a conferma della tradizione. Non è possibile stabilire se lo Stromateo abbia fatto propria una tradizione solo orale

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αὐτῷ ὑπὸ τοῦ Ἰακώβου· ὁ δὲ ὀλίγον σκεψάμενος, εἰρήνη σοι, εἶπεν καὶ κατεφίλησεν αὐτόν. καὶ οὕτως ἀμφότεροι ὁμοῦ ἐκαρατομήθησαν»138 Riguardo a questo [Giacomo], Clemente, nel settimo libro delle Ipotiposi, tramanda una storia degna di memoria, così come l’aveva appresa dalla tradizione di coloro che lo avevano preceduto; racconta che colui che aveva trascinato Giacomo in tribunale, colpito nel vederlo testimoniare Cristo, confessò anch’egli di essere cristiano. «Entrambi allora» dice «furono portati via, e lungo la strada [colui che aveva accusato] volle essere perdonato da Giacomo. Ed egli, dopo avere un po’ riflettuto, gli disse: «La pace sia con te, e lo baciò». Così entrambi furono decapitati insieme. 4) h.e. 2,15,2139 Κλήμης ἐν ἕκτῳ τῶν Ὑποτυπώσεων παρατέθειται τὴν ἱστορίαν, συνεπιμαρτυρεῖ δὲ αὐτῷ καὶ ὁ Ἱεραπολίτης ἐπίσκοπος ὀνόματι Παπίας140 Clemente presenta la storia [sul Vangelo di Marco] nel sesto libro delle Ipotiposi, e con lui concorda anche il vescovo di Gerapoli, di nome Papia. 5) h.e. 2,23,3141 Τὸν δὲ τῆς τοῦ Ἰακώβου τελευτῆς τρόπον ἤδη μὲν πρότερον αἱ παρατεθεῖσαι τοῦ Κλήμεντος φωναὶ δεδηλώκασιν, ἀπὸ τοῦ πτερυγίου βεβλῆσθαι ξύλῳ τε τὴν πρὸς θάνατον πεπλῆχθαι αὐτὸν ἱστορηκότος142 Le parole di Clemente già prima citate narrano come avvenne la morte di Giacomo, che fu gettato dal pinnacolo [del Tempio] dopo essere bastonato a morte.

o anche scritta e comunque rielaborata sulla base di At. 12,1 (cf. Mc. 10,35–40). La «storia degna di memoria» è quella della conversione di colui che aveva trascinato Giacomo in tribunale, ma nel NT non si accenna minimamente a un processo contro l’apostolo. Pertanto su At. 12,1 si innesta un’altra tradizione che confligge con l’arbitrarietà con la quale Erode Agrippa I avrebbe deciso di far giustiziare Giacomo. Tradizione accolta invece da Papia e da Clemente e, quindi, da Eusebio. 138 Bardy (ed.), 62. 139 Continuando ad avvalersi di Clemente come fonte d’informazione, Eusebio in questa pericope di h.e. 2,15,2, scrive che il maestro di Alessandria nel VI libro delle Hypotyposeis racconta in che modo avvenne la composizione del Vangelo secondo Marco e i motivi della richiesta da parte dei Romani. Da notare come Eusebio sottolinei il fatto che anche Papia concorda appieno (συνεπιμαρτυρεῖ) con Clemente (cf. Papia in Eusebio, h.e. 3,39,15 e su questo passo si legga l’esauriente spiegazione di E. Norelli, Papia di Hierapolis, Esposizione degli oracoli del Signore. I frammenti [Letture cristiane del primo millennio 36], Milano 2005, 208–221). 140 Bardy (ed.), 71. 141 Le “cose” (ταῦτα) si riferiscono ancora una volta al martirio di Giacomo il giusto e vengono riassunte da Eusebio immediatamente dopo, premettendo che sono concordemente tramandate da Egesippo e da Clemente: Giacomo era uomo mirabile noto per la sua giustizia e il suo martirio fu quasi sacrilegio. 142 Bardy (ed.), 86.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia 6) h.e. 2,23,19143 Ταῦτα διὰ πλάτους, συνῷδά γε τῷ Κλήμεντι καὶ ὁ Ἡγήσιππος144 Su queste cose distesamente anche Egesippo concorda con Clemente. 7) h.e. 3,23,2145 Ὅτι δὲ εἰς τούτους τῷ βίῳ περιῆν, ἀπόχρη διὰ δύο πιστώσασθαι τὸν λόγον μαρτύρων, πιστοὶ δ’ ἂν εἶεν οὗτοι, τῆς ἐκκλησιαστικῆς πρεσβεύσαντες ὀρθοδοξίας, εἰ δὴ τοιοῦτοι Εἰρηναῖος καὶ Κλήμης ὁ Ἀλεξανδρεύς146 Che in questi [tempi] fosse ancora in vita [Giovanni], è sufficiente il fatto che la notizia di due testimoni è degna di fede perché questi sono araldi dell’ortodossia della chiesa: Ireneo per l’appunto e Clemente Alessandrino. 8) h.e. 3,23,5147 Ὁ δὲ Κλήμης ὁμοῦ τὸν χρόνον ἐπισημηνάμενος, καὶ ἱστορίαν ἀναγκαιοτάτην οἷς τὰ καλὰ καὶ ἐπωφελῆ φίλον ἀκούειν, προστίθησιν ἐν ᾧ Τίς ὁ σῳζόμενος πλούσιος ἐπέγραψεν αὐτοῦ συγγράμματι·148 Inoltre, Clemente, illustrando lo stesso periodo di tempo, nel suo [scritto] Qual è il ricco che si salva?, tramanda anche un racconto utilissimo a coloro cui è gradito ascoltare cose belle ed edificanti: [più avanti segue citazione q.d.s. 42 = h.e. 3,23,6–19]

I testi sopra citati sono tratti dai primi tre libri della Historia ecclesiastica (1,12,1–2; 2,1,3–5; 2,9,2–3; 2,15,2; 2,23,3.19; 3,23,2.5); Eusebio sta narrando la storia di Gesù, degli apostoli149 e dei loro primi successori150:  Clemente, 143 Eusebio ha esposto i fatti riguardanti il martirio di Giacomo fratello del Signore (h.e. 2,23,1–18). 144 Bardy (ed.), 89. 145 Da notare, all’interno del testo l’accento posto sull’affidabilità della notizia, la quale è credibile proprio perché trasmessa da chi è «araldo dell’ortodossia». 146 Bardy (ed.), 126. 147 Eusebio prosegue la narrazione su Giovanni e su quanto di lui si tramanda. Dal passo si conferma ancora una volta la lettura di Clemente da parte di Eusebio ma anche la valorizzazione della fonte: il Quis dives salvetur? trasmette un racconto edificante che si aggiunge agli elementi tràditi; il superlativo ἀναγκαιοτάτη sottolinea l’intento pedagogico di Clemente. 148 Bardy (ed.), 126. 149 Nel I libro, dopo aver trattato della divinità del Logos salvatore e dell’antichità dei dogmi della dottrina cristiana, ricorda la nascita, la vita e la predicazione di Gesù e l’elezione degli apostoli; nel II libro, si sofferma sull’età apostolica e sulla diffusione del messaggio cristiano fino alla persecuzione di Nerone e all’inizio della guerra giudaica; il III libro inizia con il racconto del martirio di Pietro e Paolo; e prosegue con la narrazione della guerra giudaica e della distruzione di Gerusalemme. 150 Cf. É. Junod, Description sommaire de l’Histoire ecclésiastique, in S. Morlet – L. Perrone (eds.), Eusèbe de Césarée. Histoire ecclésiastique. Commentaire. I. Études d’introduction, Paris 2012, 113–150.

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con particolare riferimento alla sua opera Hypotyposeis, risulta fonte principale a cui il vescovo di Cesarea si affida151. Ne consegue che i singoli testi della Historia ecclesiastica offrono informazioni utili a ripercorrere il processo compositivo e l’allestimento delle Hypotyposeis, opera clementina perduta di cui restano solo pochissimi frammenti; emerge un Clemente testimone delle tradizioni sul collegio dei dodici e sugli evangelisti ma anche su alcuni protagonisti del periodo apostolico. È significativo il fatto che in h.e. 2,1,3–5; 2,9,2–3; 2,23,3 e 2,23,19 il VII libro delle Hypotyposeis152 si attesta la prima fonte di informazione su Giacomo; inoltre, in h.e. 2,15,1–16,1, sempre sulla base di Hypotyposeis VII, viene confermato che Pietro avrebbe consentito la lettura del Vangelo di Marco nelle chiese153. Parimenti, in h.e. 3,23,2 e 3,23,5 il vescovo di Cesarea fa proprie le notizie fornite da Clemente sull’apostolo Giovanni e cita il racconto di q.d.s. 42, perché lo ritiene proficuo all’edificazione spirituale del lettore154. Un’osservazione di metodo: leggendo i primi tre libri della Historia ecclesiastica ci si accorge che Eusebio, nel ricostruire i fatti, quasi mai nomina le fonti cui attinge e solo in alcuni casi introduce la citazione diretta. Ma quando attinge da Clemente, le citazioni dalla Hypotyposeis documentano la narrazione rivestendo un ruolo informativo determinante. Un esempio dimostrativo: nei primi tre libri della Historia ecclesiastica sono citate 15 fonti alle quali Eusebio si affida per ricostruire periodo ed eventi: Giulio Africano, “Archivi di Edessa”, Clemente di Alessandria, Dionigi di Alessandria, Dionigi di Corinto, Egesippo, Filone, Gaio, Flavio Giuseppe, Giustino, Ireneo, Origene, Papia, Quadrato e Tertulliano. Gli autori più citati sono Flavio Giuseppe e Clemente:  20 citazioni del primo, 12 del secondo. Flavio Giuseppe è testimone di riferimento ogni volta in cui Eusebio entra nel merito di eventi

151 Per le fonti nella Historia ecclesiastica, cf. G. Bardy (ed.), Eusèbe de Césarée, Histoire ecclésiastique IV (Sources Chrétiennes 73bis), Paris 1971, 113–121; F. Migliore, Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica 1 (Testi Patristici 158), Roma 2001, 24–28. 152 In h.e. 2,23,19 vengono posti a confronto i racconti di Clemente e di Egesippo ritenuti da Eusebio concordanti. 153 Con la notizia attribuita a Clemente, sempre secondo Eusebio, concorderebbe anche Papia. Sulla citazione di Papia in questo passo della Historia ecclesiastica e sul legame tra Clemente e Papia, in riferimento alla notizia su Marco riportata da Eusebio, cf. E. Norelli, La mémoire des origines chrétiennes: Papias et Hégésippe chez Eusèbe, in B. Pouderon – Y.-M. Duval (eds.), L’historiographie de l’Église des premiers siècles (Théologie Historique 114), Paris 2002, 1–22; Norelli, Papia di Hierapolis, 208–221). 154 Cf. h.e. 3,24,1.

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storici menzionati all’interno della Scrittura155 oppure legati alla prima storia della chiesa; l’intento sembra quello di meglio documentare i fatti più rilevanti già presenti nella narrazione neotestamentaria. Per contro, il vescovo di Cesarea fa appello a Clemente d’Alessandria e, nello specifico, alle Hypotyposeis, quando si prefigge di riproporre il biografico degli apostoli e dei loro immediati successori156.

2.4.1.2  Clemente testimone autorevole di fede ortodossa Nei passi che seguono, l’interesse su Clemente da parte di Eusebio e il costante riferimento alla sua opera sono motivati dalla necessità di dimostrare come le eresie furono combattute dai difensori della vera dottrina e questi, fra cui Clemente, vanno ricordati come protagonisti non solo della storia della chiesa, ma anche della storia dell’ortodossia: h.e. 3,29,1 Ἐπὶ τούτων δῆτα καὶ ἡ λεγομένη τῶν Νικολαϊτῶν αἵρεσις ἐπὶ σμικρότατον συνέστη χρόνον, ἧς δὴ καὶ ἡ τοῦ Ἰωάννου Ἀποκάλυψις μνημονεύει· οὗτοι Νικόλαον ἕνα τῶν ἀμφὶ τὸν Στέφανον διακόνων πρὸς τῶν ἀποστόλων ἐπὶ τῇ τῶν ἐνδεῶν θεραπείᾳ προκεχειρισμένων ηὔχουν. ὅ γε μὴν Ἀλεξανδρεὺς Κλήμης ἐν τρίτῳ Στρωματεῖ ταῦτα περὶ αὐτοῦ κατὰ λέξιν ἱστορεῖ Oltre a queste eresie si affermò certamente, ma per pochissimo tempo, anche quella detta dei Nicolaiti, che pure l’Apocalisse di Giovanni ricorda. Costoro esaltavano Nicola, uno dei diaconi vicini a Stefano, designati dagli apostoli per il servizio ai bisognosi. Clemente d’Alessandria, nel terzo [libro] degli Stromati, riguardo a lui così letteralmente racconta [segue str. 3,25–26] h.e. 3,30,1 […] ὁ μέντοι Κλήμης, οὗ τὰς φωνὰς ἀρτίως ἀνέγνωμεν, τοῖς προειρημένοις ἑξῆς διὰ τοὺς ἀθετοῦντας τὸν γάμον τοὺς τῶν ἀποστόλων ἐξετασθέντας ἐν συζυγίαις καταλέγει, φάσκων· […]

155 In alcuni punti Eusebio si premura di sottolineare che il fatto raccontato da Flavio Giuseppe concorda con il racconto riportato nella Scrittura: cf. h.e. 1,11,2; 2,10,10; 2,12,1. 156 Ai 15 nomi sopra citati va aggiunto un testimone che potremmo definire “collettivo”, costituito da più voci che restano senza ulteriore identificazione e che appartengono a quegli autori conosciuti da Eusebio ma ai quali non ritiene dover far esplicito riferimento. Cf. ad esempio h.e. 1,6,2 dove sostiene che molti scrivono quanto avrebbe riportato Giulio Africano, oppure in h.e. 2,7,1 dove parla di storici greci, o ancora in h.e. 2,19,1 dove cita un’antica tradizione.

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Clemente appunto, del quale poco prima abbiamo letto le parole, a causa di coloro che disprezzavano il matrimonio, nei [passi] elenca uno per uno coloro che, tra gli apostoli, si unirono in vincolo matrimoniale, e dice [segue str. 3,52–53].

I testi h.e. 3,29,1 e 3,30,1 appartengono a quella sezione del III libro della Historia ecclesiastica in cui Eusebio ripercorre le origini delle più antiche eresie cristiane. Clemente d’Alessandria, quindi, torna a essere indispensabile fonte di riferimento per la definizione della dottrina; altrettanto autorevole è considerato il suo parere circa la disciplina etica del matrimonio. h.e. 4,26,4 […] τούτου δὲ τοῦ λόγου μέμνηται Κλήμης ὁ Ἀλεξανδρεὺς ἐν ἰδίῳ περὶ τοῦ πάσχα λόγῳ, ὃν ὡς ἐξ αἰτίας τῆς τοῦ Μελίτωνος γραφῆς φησιν ἑαυτὸν συντάξαι. […] di questa opera157 fa menzione Clemente Alessandrino nel suo discorso Sulla Pasqua, che dice di aver composto egli stesso a causa dello scritto di Melitone.

Il passo in esame conferma Clemente autore di un’opera dal titolo Sulla Pasqua e ricorda che la composizione fu occasionata da uno scritto (γραφή) di Melitone di Sardi. In h.e. 6,13,9 Eusebio così integra: καὶ ἐν τῷ λόγῳ δὲ αὐτοῦ τῷ Περὶ τοῦ πάσχα ἐκβιασθῆναι ὁμολογεῖ πρὸς τῶν ἑταίρων ἃς ἔτυχεν παρὰ τῶν ἀρχαίων πρεσβυτέρων ἀκηκοὼς παραδόσεις γραφῇ τοῖς μετὰ ταῦτα παραδοῦναι, μέμνηται δ’ἐν αὐτῷ Μελίτωνος καὶ Εἰρηναίου καί τινων ἑτέρων, ὧν καὶ τὰς διηγήσεις τέθειται. Nel suo scritto Sulla Pasqua, afferma di essere stato obbligato da parte dei suoi discepoli a mettere per iscritto a favore dei posteri quelle tradizioni che aveva ascoltato dagli antichi presbiteri e nello stesso [scritto] ricorda Melitone, Ireneo e alcuni altri riguardo ai quali riporta anche dei racconti.

L’informazione di Eusebio conferma Clemente autore dello scritto Sulla Pasqua e sostenitore di una tradizione ricevuta e da trasmettere e che l’Alessandrino aveva appreso dagli «antichi presbiteri». Da notare la forma verbale ἔτυχεν […] ἀκηκοὼς che, letteralmente dovrebbe essere tradotta «si trovò ad ascoltare», oppure «ebbe modo di ascoltare»; l’uso di ἀκούω fa supporre la trasmissione orale di un insegnamento ricevuto direttamente da «antichi presbiteri» che non necessariamente vanno identificati con Melitone e Ireneo i quali, sebbene insieme ad altri (καί τινων ἑτέρων) costituiscano le voci della tradizione sulla celebrazione della Pasqua, ma non per questo sono da ritenere maestri di Clemente in senso

157 Il sostantivo λόγος si riferisce al De Pascha di Melitone, opera cui Eusebio fa esplicito riferimento immediatamente prima in h.e. 4,26,3.

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proprio158. All’interno di una tradizione da più parti accolta e confermata, fare il nome di Melitone e di Ireneo significava ricordare i difensori primi di tale tradizione159. h.e. 5,11,1–2 Κατὰ τοῦτον ταῖς θείαις γραφαῖς συνασκούμενος ἐπ’ Ἀλεξανδρείας ἐγνωρίζετο Κλήμης, ὁμώνυμος τῷ πάλαι τῆς Ῥωμαίων ἐκκλησίας ἡγησαμένῳ φοιτητῇ τῶν ἀποστόλων· ὃς δὴ καὶ ὀνομαστὶ ἐν αἷς συνέταξεν Ὑποτυπώσεσιν ὡς ἂν διδασκάλου τοῦ Πανταίνου μέμνηται, τοῦτόν τε αὐτὸν καὶ τῶν Στρωματέων ἐν πρώτῳ συγγράμματι αἰνίττεσθαί μοι δοκεῖ, ὅτε τοὺς ἐμφανεστέρους ἧς κατείληφεν ἀποστολικῆς διαδοχῆς ἐπισημηνάμενος ταῦτά φησιν· […] In quel tempo in Alessandria era noto Clemente, il quale si applicava alle divine Scritture, omonimo del discepolo degli apostoli, che un tempo aveva presieduto la chiesa dei Romani; nello scritto da lui composto dal titolo Ipotiposi, ricorda Panteno come [fosse] suo maestro, e a me pare che a questo stesso faccia riferimento anche nel primo libro degli Stromati, quando, indicando i rappresentanti più illustri della successione apostolica che aveva appreso, scrive così [segue citazione letterale di str. 1,11,1–3]

Nonostante la notizia si apra con un alquanto generico complemento di tempo («κατὰ τοῦτον»), il contesto del passo (cf. h.e. 5,9,1160) permette di risalire al 158 In alcuni punti Eusebio si premura di sottolineare come il fatto raccontato da Flavio Giuseppe concordi con il racconto riportato nella Scrittura: cf. h.e. 1,11,2; 2,10,10; 2,12,1. 159 Sulla questione dei quartodecimani e del dibattito che si verificò nel II sec. riguardo alla datazione liturgica della Pasqua, si leggano: R. Cantalamessa, L’omelia “In S. Pascha” dello pseudo-Ippolito di Roma, Milano 1967; R. Cantalamessa, La Pasqua dello nostra salvezza, Torino 1971; S.G. Hall, Melito in the light of the Passover haggadah, in Journal of Theological Studies 22 (1971) 29–46; S.G. Hall (ed.), Melito of Sardis, On Pascha and fragments, Oxford 1979; G. Visonà, Pasqua quartodecimana e cronologia evangelica della passione, in Ephemerides Liturgicae 102 (1988) 259–315; G. Visonà, Pseudo Ippolito. In Sanctum Pascha, Studio, edizione, commento, Milano 1988; R. Cacitti, Grande Sabato. Il contesto pasquale quartodecimano nella formazione della teologia del martirio (Studia Patristica Mediolanensia 19), Milano 1994; G.A.M. Rouwhorst, The Quartodeciman Passover and the Jewish Pesach, in Questions liturgiques 77 (1996) 152–173; A. Stewart-Sykes, The lamb’s high feast. Melito, Peri Pascha and the quartodeciman Paschal liturgy at Sardis (Supplements to Vigiliae Christianae 42), Leiden 1998; L.H. Cohick, The Peri Pascha Attributed to Melito of Sardis. Setting, Purpose, and Sources (Brown Judaic Studies 327), Providence 2000; C. Leonhard, The Jewish Pesach and the Origins of the Christian Easter. Open Questions in Current Research, Berlin – New York 2006. 160 Questa notizia concorda con quella di h.e. 5,28,4 e con quella di Giorgio Cedreno esaminata precedentemente (cf. pp. 45–46).

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periodo dell’imperatore Commodo; segue una precisazione circa la città di Alessandria quale luogo dove Clemente non è solo noto ma vive applicandosi allo studio delle divine Scritture («ταῖς θείαις γραφαῖς συνασκούμενος»). Eusebio afferma inoltre che nelle Hypotyposeis l’Alessandrino ricorda Panteno che, a suo giudizio, sarebbe da identificare con quel maestro che Clemente definì «ape siciliana»161 e dal quale trasse il nettare del sapere162. Si direbbe oziosa e comunque non richiesta dal contesto la precisazione sul fatto che Clemente era “omonimo” di Clemente Romano. Da suppore che Eusebio l’abbia inserita per evitare qual­ siasi fraintendimento a chi avesse letto in modo superficiale e fatto confusione tra i due personaggi i quali erano comunque i due più famosi “Clemente” nella storia della chiesa e si distinguevano dai tanti presumibili omonimi. h.e. 6,6,1 Πάνταινον δὲ Κλήμης διαδεξάμενος, τῆς κατ᾽Ἀλεξάνδρειαν κατηχήσεως εἰς ἐκεῖνο τοῦ καιροῦ καθηγεῖτο, ὡς καὶ τὸν Ὠριγένην τῶν φοιτητῶν γενέσθαι αὐτοῦ. Τὴν γέ τοι τῶν Στρωματέων πραγματείαν ὁ Κλήμης ὑπομνηματιζόμενος, κατὰ τὸ τρῶτον σύγγραμμα χρονικὴν ἐκθέμενος γραφήν, εἰς τὴν Κομόδου τελευτὴν περιγράφει τοὺς χρόνους, ὡς εἶναι σαφές ὅτι κατὰ Σευῆρον αὐτῷ πεπόνητο τὰ σπουδάσματα, οὗ τοὺς χρόνους ὁ παρὼν ἱστορεῖ λόγος. In quel tempo Clemente, successore di Panteno, dirigeva la catechesi di Alessandria, tanto che Origene era tra i suoi discepoli. Clemente nello spiegare l’argomento degli Stromati, presentando nel primo libro una cronologia, descrive i tempi fino alla morte di Commodo: è dunque evidente che l’accurato lavoro fu da lui intrapreso sotto Severo, del quale quest’opera racconta il periodo.

Il testo ripropone e conferma alcune notizie già fornite in h.e. 5,11,1–5 e fornisce ulteriori elementi utili a inquadrare il tempo in cui Clemente visse ad Alessandria e il ruolo di catecheta da lui svolto nella città. Eusebio, proprio sulla base della cronologia presentata negli Stromateis, si sente autorizzato a dedurre che l’opera fu composta al tempo del principato di Settimio Severo (193–211), e più precisamente nel corso della persecuzione a cui fa riferimento in h.e. 6,1 e 6,3,3163. La datazione concorda con str. 1,144–147 dove Clemente, per fissare il

1 61 Cf. str. 1,11,1–3. Cf. sopra pp. 28–29. 162 Leggendo Cronicon 194 si apprende che sia Panteno sia Clemente sono conosciuti come maestri in Alessandria. 163 Il libro VI della Historia Ecclesiastica presenta una struttura anomala: Eusebio sembra procedere in maniera meno coerente rispetto ai libri precedenti e torna ad affrontare argomenti che ha preso in considerazione in precedenza. Inoltre, in h.e. 6,6 e 6,7, due paragrafi interrompono il racconto su Origene. Un tentativo di ricostruzione è offerto

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tempo in cui nacque il Salvatore, inserisce la cronologia degli imperatori romani da Augusto fino a Commodo. Come già in h.e. 5,11,1, Clemente è messo in relazione con Panteno, ma nel caso di h.e. 6,6, non si fa riferimento solo al rapporto di discepolato perché l’Alessandrino è presentato anche come successore del maestro e alla guida della catechesi di Alessandria164. Non solo: in questo passo Origene è presentato come da Bardy, che considera questi due capitoli come delle note al testo precedente, nello specifico h.e. 6,6 sarebbe nota aggiuntiva a 6,3,3 e h.e. 6,7 a 6,2,2. Bardy argomenta la sua ipotesi richiamando la traduzione latina della Historia ecclesiastica fatta da Rufino, il quale anticipa i due capitoli in questione (6,6 e 6,7) e li colloca al capitolo 3,8 del VI libro. Cf. Bardy (ed.), 94–95. 164 La Historia ecclesiastica di Eusebio è la fonte prima su cui si basa la tradizione della “scuola” di Alessandria. Fino al XIX secolo è prevalsa tra gli storiografi l’opinione che ad Alessandria fosse stata effettivamente organizzata una scuola con a capo un maestro, nonostante ci trovassimo in un tempo nel quale non si hanno informazioni sull’organizzazione ecclesiale. Oggi la critica storica si interroga se e fino a che punto la notizia di Eusebio corrisponda a realtà oppure se egli parli della scuola di Alessandria avendo davanti a sé un modello di scuola di IV secolo e non d’inizio III, effettuando così un’opera di retrodatazione. Numerosi sono gli studi su questo argomento: tra i più significativi, cf. P. Brezzi, La gnosi cristiana di Alessandria e le antiche scuole cristiane, Roma 1950; F. Pericoli Ridolfini, Le origini della scuola di Alessandria, in Rivista di Studi Orientali 37 (1962) 211–230; F. Pericoli Ridolfini, Le origini della Chiesa di Alessandria d’Egitto e la cronologia dei vescovi alessandrini dei secoli I e II, in Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei (Classe di Scienze morali, storiche e filologiche) 17, 5-6 (1962) 317–328; J. Lebreton, La scuola cristiana di Alessandria prima di Origene, II, in A. Fliche – V. Martin (eds.), La storia della Chiesa, (trad. it. a cura di A.P. Frutaz), Torino 19723, 333-364; A. Tuilier, Les évange­ listes et les docteurs de la primitive Église et les origines de l’école d’Alexandrie, in Studia Patristica 17 (1982) 745–747; Van den Hoek, How Alexandrian was Clement of Alexandria? 179–194; M. Rizzi, La scuola alessandrina da Clemente a Origene, in E. Dal Covolo (ed.), Storia della Teologia, I. Dalle origini a Bernardo di Chiaravalle, Bologna-Roma 1995, 81–120; C. Scholten, Die alexandrinische Katechetenschule, in Jahrbuch für Antike und Christentum 38 (1995) 16–37; Ch. Haas, Alexandria in Late Antiquity. Topography and Social Conflict, Baltimore, London 1997; A. Van den Hoek, The “Catechetical” School of Early Christian Alexandria and Its Philonic Heritage, in Harvard Theological Review 90 (1997) 59-87; M. Rizzi, Il didaskalos nella tradizione alessandrina: da Clemente all’Oratio panegyrica in Origenem, in G. Firpo – G. Zecchini (eds.), Magister: aspetti culturali e istituzionali, Alessandria 1999, 177–199; A. Le Boulluec, Aux origines, encore, de l’“école” d’Alexandrie, in Adamantius 5 (1999) 8-36; A. Jakab, Chrétiens d’Alexandrie. L’insertion sociale et l’“évolution institutionelle” d’une communauté chrétienne aux IIe-IIIe siècles, in Adamantius 5 (1999) 92–104; A. Jakab, Chrétiens d’Alexandrie. Richesse et pauvreté aux premiers temps du christianisme (1er-3e

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discepolo di Clemente165 così come nelle informazioni di Giorgio Cedreno e Simeone Logoteta che si richiamano (il primo esplicitamente, il secondo implicitamente) alla testimonianza di Giulio Africano166. L’informazione di Eusebio, come già detto, è tra quelle fondamentali per ricostruire anche le origini e gli inizi della scuola di Alessandria che, a quanto afferma il vescovo di Cesarea, ebbe come primi maestri, in successione, Panteno, Clemente e Origene.

siècle). Essai d’histoire sociale, Villeneuve d’Ascq 2000; M. Rizzi, Scuola di Alessandria, in A. Monaci Castagno (ed.), Origene. Dizionario: la cultura, il pensiero, le opere, Roma 2000, 437–440; Jakab, Ecclesia alexandrina, 1–106; E. Prinzivalli, Le metamorfosi della scuola alessandrina da Eracla a Didimo, in E. Prinzivalli, Magister ecclesiae. Il dibattito su Origene fra III e IV secolo (Studia Ephemeridis Augustinianum 82), Roma 2002, 33–64; A. Le Boulluec, La «scuola» di Alessandria, in L. Pietri (ed.), Il nuovo popolo (dalle origini al 250) (Storia del Cristianesimo. Religione-Politica-Cultura 1), Roma 2003, 500–507; A. Elli, Storia della Chiesa copta, I. L’Egitto romano-bizantino e cristiano. Nascita e splendore del cristianesimo egiziano (Studia Orientalia Christiana, Monographiae 12), Cairo-Jerusalem 2003; E.J. Watts, City and School in Late Antique Athens and Alexandria, Berkeley – Los Angeles 2006; A. Le Boulluec, Alexandrie antique et chrétienne, Clément et Origène (Études Augustiniennes, Série Antiquité 178), Paris 20122, 27–57; Le Boulluec, Clément d’Alexandrie, 70–71. Cf. anche R. van den Broek, “The Christian School” of Alexandria in the Second and Third Centuries, in J.W. Drijvers – A.A. Macdonald (eds.), Centres of Learning. Learning and Location in Pre-Modern Europe and the Near-East (Brill’s Studies in Intellectual History 61), Leiden 1995, 39–47; B. Pouderon, Les «écoles» chrétiennes de Rome, Athènes, Alexandrie et Antioche à l’époque des Antonins: Remarques sur la circulation des maîtres et de leurs disciples (1re partie), in Bulletin de Littérature Ecclésiastique 113 (2012) 385–400; E. Prinzivalli, L’École d’Alexandrie, in Pouderon (éd.), Histoire de la littérature grecque chrétienne, III, 309–325. 165 Notizia non del tutto attendibile: cf. Munck, Untersuchungen über Klemens von Alexandria, 224–229. In senso contrario, Cadiou, La jeunesse d’Origène, 7; M. Pohlenz, Klemens von Alexandreia und sein hellenisches Christentum, in Nachrichten der Akademie der Wissenschaften in Göttingen 3 (1943) 106 n. 2. Una cosa certa è che Origene non nomina Clemente così come ricorda un numero assai ridotto di autori cristiani a lui precedenti. Cf. sopra p. 40 n. 65 in cui si esamina quanto la studiosa H. König afferma a riguardo (cf. König, Alejandría, Clement y su obra, 184 n. 7). Inoltre, secondo Rizzi, sussisterebbe una problematicità cronologica nel ritenere Origene un discepolo di Clemente: infatti, il primo avrebbe dovuto frequentare la scuola di Clemente in un tempo precedente alla persecuzione di Settimio Severo e cioè quando aveva meno di sedici anni (cf. M. Rizzi, Clemente Alessandrino, in Monaci Castagno (ed.), Origene. Dizionario, 78). Su questo cf. anche E. Norelli, Origene (vita e opere), in A. Monaci Castagno (a cura di), Origene. Dizionario, 293–302. 166 Cf. pp. 45–46.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia h.e. 6,13,1–9 Τοῦ δὲ Κλήμεντος Στρωματεῖς, οἱ πάντες ὀκτώ, παρ’ ἡμῖν σῴζονται, οὓς καὶ τοιαύτης ἠξίωσεν προγραφῆς «Τίτου Φλαυίου Κλήμεντος τῶν κατὰ τὴν ἀληθῆ φιλοσοφίαν γνωστικῶν ὑπομνημάτων στρωματεῖς», ἰσάριθμοί τε τούτοις εἰσὶν οἱ ἐπιγεγραμμένοι Ὑποτυπώσεων αὐτοῦ λόγοι, ἐν οἷς ὀνομαστὶ ὡς διδασκάλου τοῦ Πανταίνου μνημονεύει ἐκδοχάς τε αὐτοῦ γραφῶν καὶ παραδόσεις ἐκτέθειται· ἔστιν δὲ αὐτῷ καὶ πρὸς Ἕλληνας λόγος ὁ Προτρεπτικὸς τρεῖς τε οἱ τοῦ ἐπιγεγραμμένου Παιδαγωγοῦ καὶ «Τίς ὁ σῳζόμενος πλούσιος» οὕτως ἐπιγραφεὶς ἕτερος αὐτοῦ λόγος τό τε Περὶ τοῦ πάσχα σύγγραμμα καὶ διαλέξεις Περὶ νηστείας καὶ Περὶ καταλαλιᾶς καὶ ὁ Προτρεπτικὸς εἰς ὑπομονὴν ἢ πρὸς τοὺς νεωστὶ βεβαπτισμένους καὶ ὁ ἐπιγεγραμμένος Κανὼν ἐκκλησιαστικὸς ἢ πρὸς τοὺς Ἰουδαΐζοντας, ὃν Ἀλεξάνδρῳ τῷ δεδηλωμένῳ ἐπισκόπῳ ἀνατέθεικεν. ἐν μὲν οὖν τοῖς Στρωματεῦσιν οὐ μόνον τῆς θείας κατάστρωσιν πεποίηται γραφῆς, ἀλλὰ καὶ τῶν παρ’ Ἕλλησιν, εἴ τι ἄρα ὠφέλιμον ἐδόκει καὶ αὐτοῖς εἰρῆσθαι, μνημονεύει τῶν τε παρὰ τοῖς πολλοῖς δογμάτων, τὰ Ἑλλήνων ὁμοῦ καὶ τὰ βαρβάρων ἀναπτύσσων καὶ ἔτι τὰς τῶν αἱρεσιαρχῶν ψευδοδοξίας εὐθύνων, ἱστορίαν τε πολλὴν ἐξαπλοῖ, ὑπόθεσιν ἡμῖν πολυμαθοῦς παρέχων παιδείας. τούτοις ἅπασιν καταμίγνυσιν καὶ τὰ φιλοσόφων δόγματα, ὅθεν εἰκότως κατάλληλον τῇ ὑποθέσει καὶ τὴν προγραφὴν τῶν Στρωματέων πεποίηται. κέχρηται δ’ἐν αὐτοῖς καὶ ταῖς ἀπὸ τῶν ἀντιλεγομένων γραφῶν μαρτυρίαις, τῆς τε λεγομένης Σολομῶνος Σοφίας καὶ τῆς Ἰησοῦ τοῦ Σιρὰχ καὶ τῆς πρὸς Ἑβραίους ἐπιστολῆς τῆς τε Βαρναβᾶ καὶ Κλήμεντος καὶ Ἰούδα, μνημονεύει τε τοῦ πρὸς Ἕλληνας Τατιανοῦ λόγου καὶ Κασσιανοῦ ὡς καὶ αὐτοῦ χρονογραφίαν πεποιημένου, ἔτι μὴν Φίλωνος καὶ Ἀριστοβούλου Ἰωσήπου τε καὶ Δημητρίου καὶ Εὐπολέμου, Ἰουδαίων συγγραφέων, ὡς ἂν τούτων ἁπάντων ἐγγράφως πρεσβύτερον τῆς παρ’ Ἕλλησιν ἀρχαιογονίας Μωυσέα τε καὶ τὸ Ἰουδαίων γένος ἀποδειξάντων. καὶ ἄλλης δὲ πλείστης χρηστομαθείας ἔμπλεῳ οἱ δηλούμενοι τυγχάνουσιν τοῦ ἀνδρὸς λόγοι· ὧν ἐν τῷ πρώτῳ περὶ ἑαυτοῦ δηλοῖ ὡς ἔγγιστα τῆς τῶν ἀποστόλων γενομένου διαδοχῆς, ὑπισχνεῖται δ’ ἐν αὐτοῖς καὶ εἰς τὴν Γένεσιν ὑπομνηματιεῖσθαι. καὶ ἐν τῷ λόγῳ δὲ αὐτοῦ τῷ Περὶ τοῦ πάσχα ἐκβιασθῆναι ὁμολογεῖ πρὸς τῶν ἑταίρων ἃς ἔτυχεν παρὰ τῶν ἀρχαίων πρεσβυτέρων ἀκηκοὼς παραδόσεις γραφῇ τοῖς μετὰ ταῦτα παραδοῦναι, μέμνηται δ’ ἐν αὐτῷ Μελίτωνος καὶ Εἰρηναίου καί τινων ἑτέρων, ὧν καὶ τὰς διηγήσεις τέθειται. Di Clemente sono conservati presso di noi tutti gli otto [libri] degli Stromati che ritenne consoni a questa titolatura:  Di Tito Flavio Clemente Stromati di memorie gnostiche secondo la vera filosofia; di numero uguale a questi sono i libri intitolati Ipotiposi, nei quali egli, nominandolo maestro, ricorda Panteno e illustra le sue interpretazioni delle Scritture e le tradizioni. Dello stesso [Clemente] esistono anche un discorso ai Greci, Protrettico, e tre [libri] [dell’opera] intitolata Pedagogo, e un’altra sua opera così intitolata:  Quale ricco si salverà e uno scritto Sulla Pasqua e i trattati Sul digiuno e Sulla maldicenza; il Protrettico alla pazienza o Ai neobattezzati; l’[opera] intitolata Canone ecclesiastico o Contro i giudaizzanti, che egli dedicò ad Alessandro, il vescovo che già abbiamo nominato. Negli Stromati dunque, egli ha eseguito una rassegna a tappeto non solo della divina Scrittura, ma anche di quelle [dottrine] proprie dei Greci, se talora gli sembrava che anche da loro fosse stato detto qualcosa di utile; ricorda anche gli insegnamenti di molti

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altri; spiegando dettagliatamente sia quelli dei Greci che quelli dei barbari e correggendo anche le false ideologie degli eresiarchi, dimostra ampia capacità di indagine, fornendo a noi materia di erudita cultura. A tutte queste cose unisce anche le dottrine dei filosofi, per cui giustamente foggia il titolo di Stromati appropriato all’argomento. In quest’opera egli si è servito anche di testimonianze tratte da scritture contestate: dalla cosiddetta Sapienza di Salomone e da quella di Gesù figlio di Sirach; dalla Lettera agli Ebrei e da quelle di Barnaba, Clemente e Giuda; menziona inoltre il Discorso ai Greci di Taziano, e [menziona] Cassiano, come compositore anche di una Cronografia, [nomina] quindi Filone, Aristobulo, Giuseppe, Demetrio ed Eupolemo, scrittori giudei, in quanto tutti costoro comproverebbero, stando ai lori scritti, che Mosè e la stirpe dei Giudei sono più antichi dei Greci. I citati libri di [questo] autore sono ricolmi di massima utilità: nel primo di essi, a proposito di se stesso, dichiara di essere vicinissimo alla successione degli apostoli; inoltre, in questi promette di commentare la Genesi. Nel suo libro Sulla Pasqua ammette di essere stato obbligato dai compagni a tramandare per iscritto, a vantaggio dei posteri, le tradizioni che aveva avuto modo di ascoltare direttamente dagli antichi presbiteri; in quest’ultima opera ricorda anche Melitone, Ireneo e alcuni altri, riguardo ai quali riporta anche dei racconti.

Eusebio fornisce l’elenco degli scritti di Clemente ripercorrendo i titoli e le motivazioni delle diverse opere: ne risulta un quadro attendibile e soddisfacente dell’attività letteraria dell’Alessandrino. L’ordine di esposizione probabilmente non corrisponde all’ordine cronologico di composizione e il primo lavoro a essere citato è quello degli Stromateis che fin da Eusebio si conferma come l’opera che distingue Clemente quale letterato e teologo. Accanto alle opere più note compaiono anche titoli di lavori meno conosciuti e divulgati, ma l’apprezzamento di Eusebio è rivolto soprattutto agli Stromateis dai quali – e questo depone a favore del personaggio Clemente – emerge l’acribia dell’autore e l’ampia documentazione che era stato in grado di raccogliere attingendo dalle Scritture e dalla sapienza greca. A sottolineare la stesura e la ricomposizione dell’ingente materiale, Eusebio usa il sostantivo κατάστρωσις che in prima accezione significa “stratificazione”; come dire: Clemente ha assemblato tanti argomenti derivati dalle pagine sacre e da quelle filosofiche per fornire una “rassegna a tappeto” dove il materiale confluito dalle diverse fonti potesse convergere – pur nella sua eterogeneità – verso l’unica verità gnoseologica. Non è da escludere che Eusebio sia attratto dalla peculiarità del genere letterario al quale conferisce quel fine docetico che caratterizza gli Stromateis – e non solo – e che rivela la genialità di Clemente e al tempo stesso la universalità del suo pensiero nell’intento di coniugare filosofia e rivelazione per una fede teo-cristologica che fosse in qualche modo sintesi e riproposta dell’economia di salvezza, ovvero del progetto di Dio nei confronti dell’individuo e dell’umanità tutta.

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È come se Eusebio cogliesse l’intuizione di Clemente e il progetto pedagogico assolutamente originale che, per certi aspetti, si conferma anche nelle Hypotyposeis, opera sulla quale si sofferma la pericope h.e. 6,14,1–7. Pertanto, a differenza di quanto solitamente si afferma circa gli Stromateis e la loro traduzione più corrente di “Tappezzerie”, quasi a etichettare in metafora un prodotto letterario di minore livello167, ci sembra che la definizione fornita dallo stesso Eusebio, quella cioè di κατάστρωσις, sottolinei l’importanza di un lavoro che, nell’insieme delle tante annotazioni, viene a costituire non una “coperta” o “tappeto” o “tappezzeria” (στρωμάτευς), quanto piuttosto una “pavimentazione”, una “messa a lastricato”; come dire:  l’assemblamento dei diversi argomenti costituisce una base solida da cui elaborare un sistema teo-filosofico realizzato in un genere che in se stesso non richiede cura e rifinitura letteraria mentre esige la consistenza dottrinale dei postulati168. Inoltre, se dalla definizione data da Eusebio agli Stromateis passiamo all’elenco delle opere clementine prodotto in Historia ecclesiastica, ci sembra opportuna una riconsiderazione della cronologia delle opere dell’Alessandrino anche sulla base degli studi in materia169. Partendo proprio dai contributi più recenti, e in particolare da quelli di Méhat e Hoek, è possibile ipotizzare uno spartiacque cronologico all’interno della

167 «Gli Stromateis sia per la forma più dimessa sia per la poca cura che l’autore sembra aver posto nello strutturarli – e che si rivela anche nel titolo dell’opera “Tappezzerie”, tipico, come Hypotyposeis di scritti di argomento miscellaneo – appartengono ad altro genere letterario di minore livello, quello degli hypomnemata, comprensivo di tanta prosa filosofica e scientifica»: M. Simonetti – E. Prinzivalli, Storia delle letteratura cristiana antica, Bologna 2010, 135. Si legga anche il giudizio più articolato di C. Moreschini – E. Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e latina (Letteratura cristiana antica 12/1), Brescia 2019, 490–511. 168 Cf. il giudizio espresso da Osborn (cf. Clement of Alexandrian, XIII). Cf. anche sopra p. 21 n. 18. 169 Le più rilevanti ipotesi di datazione formulate sugli scritti di Clemente si leggono in P. Wendland, Compte rendu de l’ouvrage de E. De Faye, Clément d’Alexandrie, in Theo­ logische Literaturzeitung 23 (1898) 653; Zahn, Forschungen zur Geschichte, 165–168, 176; Harnack, Geschichte der altkirchlichen Literatur bis Eusebius, II, 8–12, 541–542; a questi, in periodo più recente, si aggiungono gli studi di Nautin, Lettres, 138–141; Méhat, Étude, 49–54; e A. Van den Hoek, Mistress and Servant: an Allegorical Theme in Philo, Clement and Origen, in L. Lies (ed), Origeniana Quarta (Innsbrucker Theo­ logische Studien 19), Innsbruck-Vienna 1987, 344–349. Si tenga in considerazione anche D.T. Runia, Filone di Alessandria nella prima letteratura cristiana. Uno studio d’insieme (Platonismo e filosofia patristica. Studi e testi 14), Milano 1999, 149–155.

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produzione clementina:  partito da Alessandria, probabilmente non prima del 201 e non dopo il 203, Clemente, di conseguenza, non avrebbe potuto più frequentare la biblioteca, motivo per cui all’interno delle sue opere si avverte una variazione quantitativa in senso decrescente delle fonti più antiche e in particolare di Filone, i cui scritti non erano più direttamente consultabili dall’Alessandrino. Iniziando dagli Stromateis, merita considerazione il fatto che le citazioni delle opere di Filone si addensano nei primi 5 libri, e soprattutto nel I, II e V, per poi scomparire nel VI e VII, eccenzion fatta per quelle citazioni che in questi stessi libri sono tratte da Quaestiones in Genesim e ricavate presumibilmente da una copia di cui il maestro di Alessandria poteva comunque disporre. Quanto alle rimanenti reminiscenze filoniane presenti in tali libri potrebbero essere richiamate a memoria data la non puntualità delle rispettive citazioni. Passando al testo delle Eclogae Propheticae e ai frammenti delle Hypotyposeis, Méhat fa notare che le citazioni di Filone sono assolutamente assenti e deduce che le due opere andrebbero datate dopo la partenza di Clemente da Alessandria. Per quanto riguarda le Hypotyposeis, però, la considerazione di Méhat, a nostro giudizio, da una parte è penalizzata quanto a solidità dallo stesso carattere frammentario dell’opera, che non permette una verifica effettiva della presenza filoniana; dall’altra, però, si configura verosimile alla luce di quanto lo stesso Fozio afferma sullo scritto che viene ricordato come un compendio esegetico dell’Antico e del Nuovo Testamento nel quale l’interesse era rivolto principalmente ai libri della Genesi e dell’Esodo. È quindi facilmente ipotizzabile, pur non essendo certo, che Clemente, nel proporre la sua esegesi, si sia ispirato a Filone, visto il grande spazio che il giudeo dedica all’interpretazione di questi due libri della Scrittura. Ma la testimonianza di Fozio depone ulteriormente a favore dell’ipotesi di Méhat quando il patriarca affronta la contestazione delle dottrine eretiche che, a suo avviso, sarebbero state formulate da Clemente nelle Hypotyposeis. L’affermazione secondo cui l’Alessandrino considera la materia eterna (cioè preesistente alla creazione) e le idee come ammesse sulla base di certe parole della Scrittura, indica chiaramente che ci si trova di fronte a un’esegesi del racconto della creazione influenzata da Filone. Secondo Van den Hoek questa dottrina si rintraccerebbe anche in str. 5,93–94 dove la comprensione del racconto creazionistico non può prescindere dall’esegesi filoniana170.

170 Cf. A. Van den Hoek, Clement of Alexandria and his Use of Philo in the Stromateis: an Early Christian Reshaping of a Jewish Model (Vigiliae Christianae Supplements 3), Leiden 1988, 196.

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Anche il giudizio di Fozio, quando dichiara sconveniente l’esegesi clementina riguardante la creazione di Eva da Adamo171 e i rapporti degli angeli con le donne172, riconduce all’influenza filoaniana anche nelle Hypotyposeis. Sugli Excerpta ex Theodoto le opinioni di Méhat e di van den Broek divergono: il primo non si pronuncia sulla datazione in quanto li considera sezione delle Hypotyposeis; mentre il secondo ritiene che si tratti di uno scritto indipendente composto intorno al 200, sebbene tale data non sia in alcun modo giustificata173. Per quanto riguarda il Protrepticus e il Paedagogus, secondo l’ipotesi di Méhat, la presenza delle citazioni filoniane dovrebbe essere maggiore dal momento che Clemente compose queste opere prima di lasciare Alessandria, ma forse l’indagine dello studioso andrebbe ulteriormente approfondita; infatti, non è stata realizzata una registrazione puntuale della presenza filoniana in queste opere clementine, tranne l’interessante indagine di Van Winden che individua quattro citazioni di Filone nel Protrepticus dove si registra l’adattamento di Plant. 3–9 proprio all’inizio dell’opera: il nuovo canto del Logos, che sostituisce l’antico canto dei miti, è descritto in termini cosmologici derivati “dall’excursus fito-cosmologico” di Filone in Plant. 1–27174. Alla luce degli studi sopra citati e con particolare riferimento alle datazioni proposte da Méhat, integrate da una nostra ulteriore indagine, ci sembra di poter proporre la seguente cronologia delle opere dello Stromateo. Il Protrepticus sarebbe da collocare in un periodo precedente al 189 (Méhat lo colloca invece intorno al 195). La data del 189 è condizionata da una notizia riportata da Eusebio175 quando afferma che Giustino, Milziade, Taziano e Clemente composero scritti apologetici contro i pagani prima che Vittore divenne vescovo di Roma (189). Sebbene non sia citato esplicitamente il Protrepticus, tuttavia ci sembra implicito il riferimento a quest’opera che, secondo Ippolito, fu scritta da Clemente contro i pagani176. Quanto ai primi cinque libri degli Stromateis potrebbero essere stati composti, come già detto condividendo l’ipotesi di Méhat, prima dell’allontanamento di Clemente da Alessandria. L’unica datazione meno approssimativa riguarda solo 1 71 Cf. specialmente Filone, Leg. All. 2,28–30. 172 Cf. Filone, Gig. 6-ss. 173 Cf. R. van den Broek, Gnostic Religion in Antiquity, Cambridge 2013, 92. 174 Cf. J.C.M. Van Winden, Quotations from Philo in Clement of Alexandria’s Protrepticus, in Vigiliae Christianae 32 (1978) 208. 175 Cf. h.e. 5,28,4. 176 Cf. Zahn, Forschungen zur Geschichte, 166–167; Harnack, Geschichte der altkirchlichen Literatur bis Eusebius, II, 11.

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il primo libro da collocare verosimilmente non oltre il 192, anno della morte di Commodo, ultimo imperatore a essere citato nella sezione in cui Clemente presenta la cronologia del Salvatore177. Se il libro fosse stato composto dopo il 192 si presume che Clemente avrebbe citato l’eventuale successore di Commodo (Méhat pone invece la composizione del I libro degli Stromateis intorno al 198)178. Per quanto riguarda il Paedagogus, Méhat lo data intorno al 197. Leggendo l’opera e il riferimento alla città di Alessandria179, lo scritto è da collocare con tutta certezza prima della partenza di Clemente dalla città egizia. Peraltro ci sembrano ragionevoli le deduzioni di Wendland e di Harnack secondo i quali il Paedagogus sarebbe stato composto dopo i primi quattro libri degli Stromateis per la seguente ragione: in paed. 2,94,1 e 3,41,3 Clemente fa riferimento ad alcuni suoi scritti sul matrimonio e sulla continenza che si riferirebbero alla trattazione di queste due tematiche nel secondo, nel terzo e nel quarto libro degli Stromateis180. Invece, secondo Méhat, il Paedagogus sarebbe stato composto prima degli Stromateis ma, in questo caso, dovremmo ipotizzare che il riferimento a quanto scritto sul matrimonio e sulla continenza non sia inserito negli Stromateis ma costituisca una opera a se stante se non due. Resterebbe da spiegare, se si trattasse di uno o due scritti autonomi, per quale motivo Eusebio non ne farebbe menzione. Per quanto riguarda il VI libro degli Stromateis è da ritenere posteriore alla stesura del Paedagogus al quale lo stesso Clemente fa riferimento in str. 6,1,3. In aggiunta, posto che il VI e VII libro degli Stromateis siano stati composti fuori da Alessandria, quindi dopo il 203, e considerata la collaborazione di Clemente con Alessandro di Gerusalemme e la conseguente presenza dell’Alessandrino nell’ambiente antiocheno, senza trascurare l’esplicito riferimento in str. 7 ai movimenti ereticali presenti nel territorio siriaco, è attendibile la datazione del VII libro a dopo il 213, anno in cui Alessandro fu eletto vescovo181. Il contesto di collaborazione tra Clemente e Alessandro potrebbe considerarsi quello più favorevole alla composizione anche degli scritti De Pascha e Contra Iudaeos argomenti di disciplina liturgica e di polemica che stanno a cuore ad Alessandro182.

1 77 Cf. str. 1,144,3; 1,145,5. 178 Cf. Méhat, Étude, 53–54. 179 Cf. Clemente Alessandrino, paed. 2,93,4; cf. anche Harnack, Geschichte der altkirchlichen Literatur bis Eusebius, II, 541. 180 Cf. Wendland, Theologische, 653; Harnack, Geschichte der altkirchlichen Literatur bis Eusebius, II, 9–10. 181 Cf. Harnack, Geschichte der altkirchlichen Literatur bis Eusebius, II, 542. 182 Cf. sopra p. 50 nota 97.

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Quanto infine al Quis dives salvetur? Méhat lo colloca dopo la partenza di Clemente da Alessandria, proprio per l’assenza di considerevoli citazioni filoniane, argomentazione che potrebbe essere contestata sulla base almeno di due motivazioni:  primo, l’assenza di Filone non è dirimente in quanto lo scritto, espressamente dedicato a un passo del Nuovo Testamento (Mc. 10,17–31), non è tema che appartiene a Filone, come pure non viene da lui trattato il conflitto povertà – ricchezza; secondo, il contesto storico-sociale e i destinatari orientano verso Alessandria come luogo di composizione. Ne consegue che il Quis dives salvetur? va datato prima del 203 e in ogni caso nel periodo in cui Clemente era ancora attivo in Alessandria. h.e. 6,14,1–7 Ἐν δὲ ταῖς Ὑποτυπώσεσιν ξυνελόντα εἰπεῖν πάσης τῆς ἐνδιαθήκου γραφῆς ἐπιτετμημένας πεποίηται διηγήσεις, μηδὲ τὰς ἀντιλεγομένας παρελθών, τὴν Ἰούδα λέγω καὶ τὰς λοιπὰς καθολικὰς ἐπιστολὰς τήν τε Βαρναβᾶ, καὶ τὴν Πέτρου λεγομένην Ἀποκάλυψιν. καὶ τὴν πρὸς Ἑβραίους δὲ ἐπιστολὴν Παύλου μὲν εἶναί φησιν, γεγράφθαι δὲ Ἑβραίοις Ἑβραϊκῇ φωνῇ, Λουκᾶν δὲ φιλοτίμως αὐτὴν μεθερμηνεύσαντα ἐκδοῦναι τοῖς Ἕλλησιν, ὅθεν τὸν αὐτὸν χρῶτα εὑρίσκεσθαι κατὰ τὴν ἑρμηνείαν ταύτης τε τῆς ἐπιστολῆς καὶ τῶν Πράξεων· μὴ προγεγράφθαι δὲ τὸ «Παῦλος ἀπόστολος» εἰκότως· «Ἑβραίοις γάρ, φησίν, ἐπιστέλλων πρόληψιν εἰληφόσιν κατ’ αὐτοῦ καὶ ὑποπτεύουσιν αὐτόν, συνετῶς πάνυ οὐκ ἐν ἀρχῇ ἀπέτρεψεν αὐτούς, τὸ ὄνομα θείς». εἶτα ὑποβὰς ἐπιλέγει· «ἤδη δέ, ὡς ὁ μακάριος ἔλεγεν πρεσβύτερος, ἐπεὶ ὁ κύριος, ἀπόστολος ὢν τοῦ παντοκράτορος, ἀπεστάλη πρὸς Ἑβραίους, διὰ μετριότητα ὁ Παῦλος, ὡς ἂν εἰς τὰ ἔθνη ἀπεσταλμένος, οὐκ ἐγγράφει ἑαυτὸν Ἑβραίων ἀπόστολον διά τε τὴν πρὸς τὸν κύριον τιμὴν διά τε τὸ ἐκ περιουσίας καὶ τοῖς Ἑβραίοις ἐπιστέλλειν, ἐθνῶν κήρυκα ὄντα καὶ ἀπόστολον». αὖθις δ’ ἐν τοῖς αὐτοῖς ὁ Κλήμης βιβλίοις περὶ τῆς τάξεως τῶν εὐαγγελίων παράδοσιν τῶν ἀνέκαθεν πρεσβυτέρων τέθειται, τοῦτον ἔχουσαν τὸν τρόπον. Προγεγράφθαι ἔλεγεν τῶν εὐαγγελίων τὰ περιέχοντα τὰς γενεαλογίας, τὸ δὲ κατὰ Μάρκον ταύτην ἐσχηκέναι τὴν οἰκονομίαν. τοῦ Πέτρου δημοσίᾳ ἐν Ῥώμῃ κηρύξαντος τὸν λόγον καὶ πνεύματι τὸ εὐαγγέλιον ἐξειπόντος, τοὺς παρόντας, πολλοὺς ὄντας, παρακαλέσαι τὸν Μάρκον, ὡς ἂν ἀκολουθήσαντα αὐτῷ πόρρωθεν καὶ μεμνημένον τῶν λεχθέντων, ἀναγράψαι τὰ εἰρημένα· ποιήσαντα δέ, τὸ εὐαγγέλιον μεταδοῦναι τοῖς δεομένοις αὐτοῦ· ὅπερ ἐπιγνόντα τὸν Πέτρον προτρεπτικῶς μήτε κωλῦσαι μήτε προτρέψασθαι. τὸν μέντοι Ἰωάννην ἔσχατον, συνιδόντα ὅτι τὰ σωματικὰ ἐν τοῖς εὐαγγελίοις δεδήλωται, προτραπέντα ὑπὸ τῶν γνωρίμων, πνεύματι θεοφορηθέντα πνευματικὸν ποιῆσαι εὐαγγέλιον. τοσαῦτα ὁ Κλήμης183. Per dirla in breve, nelle Ipotiposi Clemente ha fornito concise spiegazioni di tutta la Scrittura testamentaria, senza tralasciare gli scritti controversi; mi riferisco alla Lettera di Giuda e alle altre lettere cattoliche, a quella di Barnaba e all’Apocalisse detta di Pietro;

183 Il testo di Eusebio (h.e. 6,14,8–9) è stato già commentato in riferimento ad Alessandro vescovo di Gerusalemme: cf. sopra pp. 58–61.

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e afferma che la Lettera agli Ebrei è di Paolo, ma che fu scritta in lingua ebraica per gli Ebrei e che Luca, dopo averla tradotta con cura, la diffuse tra i Greci: motivo per cui si coglie lo stesso stile tra la traduzione di questa lettera e gli Atti. Giustamente non è premesso “Paolo apostolo” «infatti», dice [Clemente], «rivolgendosi agli Ebrei, che erano prevenuti contro di lui e diffidavano di lui, molto prudentemente egli non volle mantenere le distanze fin dall’inizio [della lettera], apponendo il suo nome». Quindi, proseguendo, aggiunge: «ebbene, come diceva il beato presbitero, poiché il Signore, l’inviato dell’Onnipotente, era già stato inviato agli Ebrei, Paolo, che era stato inviato ai Gentili, per modestia non si dette il titolo di apostolo degli Ebrei, sia per l’onore dovuto al Signore, sia per il fatto che si rivolgeva agli Ebrei eccezionalmente, in quanto egli era evangelizzatore e apostolo dei Gentili». Ancora negli stessi libri Clemente riferisce la tradizione dei presbiteri fin dalle origini sull’ordine dei Vangeli: diceva che i Vangeli che comprendono le genealogie furono scritti per primi, e che quello secondo Marco aveva rispettato quanto disposto: quando Pietro a Roma annunciava pubblicamente il Logos e nello Spirito proclamava il Vangelo, i presenti, che erano molti, pregarono Marco – in quanto da lungo tempo lo seguiva e ricordava le cose che Egli diceva – di mettere per iscritto quello che aveva detto; egli lo fece e partecipò il Vangelo a coloro che glielo avevano chiesto. Pietro, avendo appreso ciò, non lo esortò né a rinunciare né a eseguire. Quanto a Giovanni, l’ultimo, avendo visto che nei Vangeli erano già stati esposti gli eventi secono la carne, esortato dai discepoli e divinamente ispirato dallo Spirito, compose un Vangelo spirituale». Ecco ciò che riferisce Clemente.

Il passo appena citato della Historia Ecclesiastica è dedicato esclusivamente ad alcune parti delle Hypotyposeis che, come si diceva, godettero particolare stima da parte di Eusebio. Si noti l’identità di Clemente quale emerge dal passo sopra riportato: esegeta sia dei libri “canonici” sia di quelli contestati; critico nei confronti della paternità degli scritti e nello specifico della Lettera agli Ebrei; rielaboratore della tradizione dei Vangeli e del processo di trasmissione; testimone in particolare della sequela di Marco nei confronti di Pietro184. Al di là della operosa e feconda attività letteraria dì Clemente, della sua costante preoccupazione di mantenersi fedele alla tradizione e a quanto appresso dai presbiteri delle origini,

184 Cf. Papia in Eusebio di Cesarea, h.e. 3,39,15. Riguardo a Marco discepolo di Pietro, Papia, unico testimone autonomo, costituisce la fonte cui attinge la tradizione successiva. Per l’interpretazione della citazione di Papia, cf. T.Y. Mullins, Papias on Mark’s Gospel, in Vigiliae Christianae 14 (1960) 216–224; W.C. van Unnik, Zur Papias-Notiz über Markus, in Zeitschrift für die Neutestamentliche Wissenschaft und die Kunde der älteren Kirche 54 (1963) 276–277; J. Kürzinger, Die Aussage des Papias von Hierapolis zur literarischen Form des Markusevangeliums, in Biblische Zeitschrift 21 (1977) 245– 264; R. Pesch, Il Vangelo di Marco, I (Commentario Teologico del Nuovo Testamento II,1), Brescia 1980, 37–46; Norelli, Papia di Hierapolis, 237–239; 292–301.

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oltre che dal maestro Panteno, Eusebio sottolinea il contributo dato da Clemente al valore della tradizione e alla affermazione della fede ortodossa in Cristo Logos di Dio.

2.4.2  Praeparatio evangelica Triplice è la tipologia delle informazioni fornite da Eusebio nella Praeparatio evangelica riguardo a Clemente Alessandrino: l’autorevolezza del suo pensiero, la paternità di Clemente in riferimento alla citazione da lui riprodotta185, la presenza del nome nei relativi Indices e Tituli della Praeparatio186. All’interno delle molteplici occorrenze abbiamo preferito selezionare solo quelle che riteniamo particolarmente utili a integrare, per quanto possibile, l’informazione biografica. All’incontestabile solidità e ortodossia del pensiero di Clemente, Eusebio fa riferimento più volte richiamando anzitutto i principi di carattere apologetico circa la priorità cronologica dei testi sacri187, la contestazione della filosofia pagana188 e del politeismo189, la dipendenza della cultura greca da quella ebraica190. Due i testi particolarmente significativi: Ταῦτα δὲ Κλήμης ὁ θαυμάσιος ἐν τῷ πρὸς Ἕλληνας Προτρεπτικῷ διαρρήδην ἐκκαλύπτει, πάντων μὲν διὰ πείρας ἐλθὼν ἀνήρ, θᾶττόν γε μὴν τῆς πλάνης ἀνανεύσας, ὡς ἂν πρὸς τοῦ σωτηρίου λόγου καὶ διὰ τῆς εὐαγγελικῆς διδασκαλίας τῶν κακῶν λελυτρωμένος191 Il mirabile Clemente nel suo Protrettico ai Greci spiega con chiarezza queste cose: era infatti un uomo che aveva avuto esperienza di tutto ciò e che aveva ricusato prontamente l’errore, come se dal Logos salvatore fosse stato liberato dal male per mezzo dell’insegnamento evangelico (praep. ev. 2,2,64); Τούτοις μυρία συνάψας ὁ Κλήμης κλέπτας γεγονέναι τοὺς Ἕλληνας ἀναμφιλέκτοις ἐλέγχοις κατεφώρασεν. εἰ δέ σοι μὴ πιστὸς οὗτος, ἅτε τῆς Ἑλληνικῆς καὶ αὐτὸς τὴν βάρβαρον ὁμοίως ἡμῖν προτετιμηκὼς φιλοσοφίαν, καὶ δὴ ἐάσθω, καίπερ οὐκ οἰκείαις φωναῖς, ταῖς δ’ αὐτῶν Ἑλλήνων ἀπευθύνας τὸν λόγον.

185 Cf. praep. ev. 2,3,42; 2,6,11; 4,16,14; 9,6,1; 9,6,6; 9,6,9; 10,6,15; 10,11,35; 10,12,31; 11,24,12; 13,12,16; 13,13,66. 186 Cf. praep. ev. 2,index,1; 2,6,12; 9,index,1; 9,6,2; 10,index,1; 10,2,1; 10,6,1; 10,12,1; 11,index,1; 11,25,1; 13,index,13; 13,13,1. 187 Cf. praep. ev. 10,1,9; 10,2,16. 188 Cf. praep. ev. 4,16,2. 189 Cf. praep. ev. 2,2,64; 2,5,6; 4,16,14; 9,6,1. 190 Cf. praep. ev. 9,6,6; 10,5,12. 191 Edizione di riferimento: E. des Places (ed.), Eusèbe de Césarée, La Préparation évangélique. II–III (Sources Chrétiennes 228), Paris 1976, 80–81.

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Clemente, dopo aver aggiunto a questi mille altri [argomenti], denunciò in modo incontrovertibile i Greci di essere ladri. Se per te costui non [è] credibile, per il fatto che anch’egli, come noi, ha privilegiato la filosofia barbara a quella greca, lasciamo stare, sebbene abbia basato il suo discorso non su voci popolari, ma su quelle degli stessi Greci (praep. ev. 10,2,16).

In praep. ev. 2,2,64, nel trattare dell’inserimento della teologia egiziana all’interno della religiositas e nel riepilogare le diverse mitologie, Eusebio si appella a Clemente e in particolare al passo del Protrepticus in cui i suoi lettori pagani sono messi in guardia contro il contenuto “folle” e “fallace” dei loro culti e dei loro misteri. Da rilevare che il passo citato afferma da una parte la pregressa esperienza pagana di Clemente («πάντων μὲν διὰ πείρας») e dall’altra il rifiuto di ogni vana e nociva credenza grazie all’adesione all’evangelo: una conversione di pensiero e di dottrina che si sarebbe risolta a favore della sua fede e del suo insegnamento. Tramite il riferimento all’opera, Eusebio conferma il processo di conversione dal politeismo idolatrico e dal culto misterico alla fede monoteista, come dire dall’ellenismos al loghikos. In praep. ev. 10,2,16 Eusebio ricorda come Clemente sia stato capace di dimostrare in modo inconfutabile i furta Graecorum rivendicando la priorità delle Scritture e denunciando il plagio che era stato operato. I due testi, oltre confermare la stima di Eusebio nei confronti dell’Alessandrino definito θαυμάσιος192, si integrano a vicenda perché in entrambi viene sottolineato l’atteggiamento polemico e apologetico assunto da Clemente contro l’inconsistente fede politeista, ma anche contro la indebita appropriazione della cultura ebraica da parte della cultura ellenica. L’identità dell’Alessandrino assume i connotati di colui che sperimenta la conversione dal politeismo al monoteismo cristiano e di colui che nei confronti della nuova fede assume il ruolo di difensore e di affidabilissimo testimone.

192 Cf. praep. ev. 2,2,64. Cf. ἡμέτερος in praep. ev. 10,1,9: l’aggettivo esprime non soltanto l’affetto nei confronti di Clemente ma soprattutto la condivisione di principi.

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2.5 Epifanio di Salamina (315ca.-403) Epifanio, nel solco della polemica antieretica di II–III secolo, scrive in un tempo in cui il cristianesimo aveva conquistato ampio spazio ma, al contempo, le controversie teologiche avevano impegnato la riflessione su molteplici versanti, specie pneumato-cristologici. Il Panarion, composto a fine documentario e da leggere alla luce di un aperto e dichiarato atteggiamento controversiale, è il primo trattato dedicato alla storia delle eresie e, nello specifico, delle 82 dottrine eterodosse che, a cominciare da Simon Mago, erano nemiche della veritas e che quindi, a difesa della recta fides, vengono animatamente e sistematicamente oppugnate. Il vescovo di Salamina cita Clemente, affiancato da Ireneo, tra coloro che confutarono i nemici della fede e non caddero nell’eresia: Εἶτα οἱ καλῶς συγγραψάμενοι τὴν ἀλήθειαν τούτων ἐν τοῖς σφῶν αὐτῶν συγγράμμασιν ἤλεγξαν , Κλήμης τε, (ὅν φασί τινες Ἀλεξανδρέα, ἕτεροι δὲ Ἀθηναῖον), ἀλλὰ καὶ ὁ ἱερὸς Εἰρηναῖος […]193 Gli scrittori quindi rettamente hanno contestato nei loro rispettivi trattati la verità di costoro, sia Clemente, che alcuni dicono Alessandrino, altri Ateniese, sia il santo Ireneo […] (Panarion 1,445,6,1)

Il passo appartiene al capitolo dove viene esaminata e confutata l’eresia dei Secundiani ai quali, a parere del vescovo di Salamina si aggregarono anche Epifane e Isidoro194. All’inzio del par. 5, Epifanio, per presentare parte della dottrina degli eretici, si affida a Clemente (o alla stessa fonte da lui utilizzata) senza menzionarlo, come invece avverrà all’inizio del par. 6. 193 Edizione di riferimento K. Holl (ed.), Die handschriftliche Überlieferung des Epiphanius, Leipzig 1910, parzialmente riveduta, e comunque «in obbedienza a criteri più conservativi», da G. Pini, Epifanio di Salamina, Panarion. Libro primo (Letteratura Cristiana Antica 21), Brescia 2010 (cf. p. 94). 194 Epifanio collega Epifane con Secundo in quanto interpreta l’attributo ἐπιφανής, riferito al διδάσκαλος, come nome proprio di quel personaggio che Ireneo, senza nominarlo, ricorda dopo Secundo all’interno della corrente dei Valentiniani (cf. adv. haer. 1,11,3; cf. Tertulliano, adv. Val. 37,1). Su questa eresia si tengano presenti le seguenti fonti: Elenchos 6,38,1–2 Tertulliano, adv. Val. 37–38; Clemente Alessandrino, str. 3,5,1–3. Contributi di rilievo quelli di A. Hilgenfeld, Die Ketzergeschichte des Urchristenthums, Leipzig 1884; F. Bolgiani, La polemica di Clemente Alessandrino contro gli gnostici libertini nel III libro degli Stromateis, in Studi e Materiali di Storia delle Religioni 38 (1967) 86–136, spec. 95–99; cf. anche M. Simonetti (ed.), Testi gnostici in lingua greca e latina (Scrittori greci e latini), Milano 1993, 183–194; E. Prinzivalli, Epifane, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), 1666–1667.

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Due osservazioni: in primo luogo Epifanio non introduce il benché minimo riferimento alla vita dell’Alessandrino ma, senza alcuna contestazione, si limita a tramandare l’opinione comune riguardo alla sua provenienza da Alessandria o da Atene195: se ben si comprendono le ragioni – determinate dalla sua attività didascalica – per cui la figura di Clemente viene legata ad Alessandria, più difficile dare ragione della sua origine ateniese. Probabilmente la notizia è determinata da quanto si legge negli Stromateis in merito alle sue peregrinazioni che prenderebbero avvio proprio dalle regioni della Grecia in una delle quali conobbe un maestro ionico196. È evidente che questa notizia in se stessa non può essere assunta come dirimente in merito alla sua origine ateniese197. In secondo luogo, Epifanio chiama in causa Clemente come se fosse già riconosciuto esponente autorevole di una tradizione ortodossa198, giudizio che, all’interno delle fonti greche ci risulta contestato, sebbene solo in parte, unicamente da Fozio199. 195 Non ci sembra che la testimonianza possa essere interpretata in riferimento a due personaggi di nome Clemente «nettamente» distinti, come afferma Dainese (cf. Clemente Alessandrino, Adombrazioni, 12). Dal testo infatti emerge che lo stesso Clemente fu Alessandrino per alcuni e Ateniese per altri. A. Gallandius nella Bibliotheca veterum Patrum antiquorumque scriptorum ecclesiasticorum, IX, Venetiis 1773, 401 – ripreso poi in G.C. Hansen (ed.), Theodoros Anagnostes, Kirchengeschichte (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte Neue Folge 3), Berlin 19952, 160 – propende a favore dell’origine alessandrina di Clemente, desunta verosimilmente dalla denominazione abituale che, però, non necessariamente rimanda alla provenienza. 196 Cf. str. 1,11,1. Si tenga presente quanto già scritto sopra riguardo al commento di questo passo pp. 20, 21, 28–32. 197 L’origine ateniese viene ritenuta possibile da Zahn, Forschungen zur Geschichte, 60 e 156–176; Méhat, Étude, 43, mentre per H.F. von Campenhausen, Griechische Kirchenväter, Berlin – Köln – Mainz – Stuttgart 19938, 32 si tratta probabilmente di un’indicazione simbolica. 198 Questo si registra anche in Epifanio di Salamina, haer. 1,435,23 in cui Clemente viene citato insieme a Ippolito e Ireneo, come grande testimone della lotta contro la falsa gnosi. 199 Cf. Fozio, bibl. 109. La non ortodossia di Clemente, cosi come viene dichiarata da Fozio, chiede di essere confrontata con i giudizi negativi che, a detta di Rufino, venivano espressi in occidente nei confronti di alcuni postulati teologici di Clemente (cf. Rufino di Aquileia, adult. 4). Secondo Simonetti le presunte contraddizioni del pensiero di Clemente rispecchiano le aporie di una dottrina trinitaria ancora imperfetta rispetto a quella di fine IV secolo (cf. M. Simonetti, L’attività letteraria di Rufino negli anni della controversia origeniana, in Storia ed esegesi in Rufino di Concordia (Antichità AltoAdriatiche 39), Udine 1992, 89–107 in part. 94 n. 14). Ne tratteremo più specificamente nel secondo volume (in preparazione) dedicato alle fonti latine (III-XV sec.) sulla vita di Clemente.

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Epifanio tuttavia, accogliendo Clemente quale testimone della veritas, viene a confermare che solo dopo il V secolo, e in ambiente greco, si cominciò a dubitare dell’ortodossia del maestro di Alessandria.

2.6 Palladio di Elenopoli (363/364- † prima del 431) Nella Historia Lausiaca di Palladio compare un fugace riferimento a Clemente: Καὶ δοῦσα τῇ μητρὶ τῇ ἑαυτῆς σύγγραμμα Κλήμεντος τοῦ Στρωματέως εἰς τὸν προφήτην Ἀμώς, εἶπε «Δὸς αὐτὸ τῷ ἐπισκόπῳ τῷ ἐξωρισμένῳ, καὶ εἰπὲ αὐτῷ Εὖξαι περὶ ἐμοῦ ὁδεύω γάρ»200 E [la vergine] dopo aver dato alla propria madre un’opera di Clemente lo Stromateo sul profeta Amos, disse: «Consegnala al vescovo che è qui in esilio e digli: “prega per me, per il mio viaggio”» (Historia Lausiaca 60,2).

La breve testimonianza è tratta dal capitolo 60 della Historia Lausiaca: una vergine, dopo aver fatto visita al santuario del martire Colluto, fa ritorno nella sua casa e consegna alla propria madre un commento al profeta Amos scritto da Clemente Alessandrino. Viene così a confermarsi da questa fonte la notorietà di Clemente le cui opere erano lette anche in ambiente monastico dove era conosciuto come autore degli Stromateis. Nello specifico, si fa riferimento a un commentario andato perduto: uno scritto che doveva essere particolarmente apprezzato tanto da farne dono a un vescovo Palladio nel tempo in cui era esiliato in Egitto.

200 Edizione di riferimento: C. Mohrmann – G.J.M. Bartelink – M. Barchiesi (eds.), Palladio, La storia Lausiaca (Scrittori greci e latini), Milano 2001, 262.

Cirillo di Alessandria (370/380–444)

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2.7 Cirillo di Alessandria (370/380–444) Cirillo di Alessandria, oltre venticinque anni dopo la sua elezione a vescovo, decise di comporre una estesa apologia Contra Iulianum imperatorem. L’opera, dedicata a Teodosio II, confuta i tre libri del Contra Iudaeos scritti nel 363 da Giuliano l’Apostata. Nella introduzione – che funge anche da contestualizzazione storica – Cirillo afferma che in Egitto il paganesimo è tutt’altro che spento e che le accuse di Giuliano contro la religione cristiana sono ancora circolanti. All’interno dell’opera, tre sono i riferimenti a Clemente d’Alessandria: Κλήμης μὲν γὰρ τοῖς ἁγίος ἀποστόλοις ἑπόμενος πανταχῆ, πλείστης τε ὅσης Ἑλληνικῆς ἱστορίας εἰς ἀκοὴν ἐλθὼν, ἐν τοῖς Στρωματεῦσι φεσι201 […]202 Clemente infatti, in tutto seguace dei santi apostoli, avendo sentito quanto grandiosa fosse la storia della Grecia, negli Stromati scrive […] (Contra Iulianum imperatorem 6,30,2–4);

201 Edizione di riferimento: Th. Brüggemann – W. Kinzig – C. Riedweg (eds.), Kyrill von Alexandrien, Gegen Julian, Buch 6–10 und Fragmente, II (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte Neue Folge 21), Berlin – Boston 2017, 451. 202 Segue la citazione di un passo che Cirillo afferma presente negli Stromateis ma che di fatto non compare nel testo tradito. A tutt’oggi Cirillo si attesta come unico testimone di questo frammento: «Κλήμης μὲν γὰρ τοῖς ἁγίος ἀποστόλοις ἑπόμενος πανταχῆ, πλείστης τε ὅσης Ἑλληνικῆς ἱστορίας εἰς ἀκοὴν ἐλθὼν, ἐν τοῖς Στρωματεῦσι φεσι τὴν Σεγχωνιάθωνος ἱστορίαν τῇ τῶν Φοινίκων φωνῇ γεγραμμένην μεθαρμόσαι πρὸς τὴν Ἑλλήνων οὐκ ἀθαύμαστον ἐπὶ παιδείᾳ λαχόντα τὴν δόξαν τὸν Ἰουδαῖον Ἰώσηπον. Φησὶ τοιγαροῦν ὁ Σεγχωνιάθων οὑτοσί, καίτοι τῆς Ἑλληνικῆς δεισιδαιμονίας ἐπίμεστος ὤν· «Οἱ γὰρ παλαίτατοι τῶν Ἑλλήνων, ἐξαιρέτως δὲ Φοίνικές τε καὶ Αἰγύπτιοι, παρ’ ὧν οἱ λοιποὶ παρέλαβον ἄνθρωποι, θεοὺς ἐνόμιζον μεγίστους τοὺς τὰ πρὸς τὴν βιωτικὴν χρείαν εὑρόντας ἢ κατά τι εὖ ποιήσαντας τὰ ἔθνη· εὐεργέτας τε τούτους καὶ πολλῶν αἰτίους ἀγαθῶν ἡγούμενοι ὡς θεοὺς προσεκύνουν καὶ εἰς τὸ χρεὼν καταστάντας ναοὺς κατασκευασάμενοι στήλας τε καὶ ῥάβδους ἀφιέρουν ἐξ ὀνόματος αὐτῶν, καὶ ταύτας μεγάλως σεβόμενοι, καὶ ἑορτὰς ἔνεμον αὐτοῖς τὰς μεγίστας οἱ Φοίνικες. Ἐξαιρέτως δὲ καὶ ἀπὸ τῶν σφετέρων βασιλέων τοῖς κοσμικοῖς στοιχείοις καί τισι τῶν νομιζομένων θεῶν τὰς ὀνομασίας ἐπέθεσαν φυσικῶς. Ἥλιον καὶ σελήνην καὶ τοὺς πλανήτας ἀστέρας καὶ τὰ στοιχεῖα καὶ τὰ τούτοις συναφῆ θεοὺς μόνους ἐγίνωσκον καὶ τοὺς μὲν θνητούς, τοὺς δὲ ἀθανάτους εἶναι.» Οὐκοῦν ἥκιστα μὲν ἡμεῖς, Ἕλληνες δὲ μᾶλλον καταφωραθεῖεν ἂν γεγονότες ἀνθρωπολάτραι καὶ τὴν τοῦ θεοῦ δόξαν ἀκατασκέπτως ἀνάπτοντες οἷς ἂν βούλοιντο κατὰ καιρούς» (Cirillo di Alessandria, Contra Iulianum imperatorem 6,30,5–24).

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia Ταύτης ἰδίᾳ μέμνηται τῆς ἱστορίας ἐν τοῖς Στρωματεῦσιν ὁ Κλήμης ἀνηρ ἐλλόγιμος καὶ φιλομαθὴς, καὶ ἀναγνωσμάτων Ἑλληνικῶν πολυπραγμονήσας βάθος, ὡς ὀλίγοι τάχα που τῶν πρὸ αὐτοῦ203 Di questa storia in particolare fa memoria negli Stromati Clemente, uomo illustre e amante del sapere, che come pochi forse di quelli prima di lui, investigò la profondità dei testi greci (Contra Iulianum imperatorem 7,19,15–18); Ἔφη δὲ καὶ Κλήμης ἀνηρ ἐλλόγιμος καὶ μέντοι καὶ πολυΐστωρ περὶ τε θεῶν καὶ ναῶν ὡδί204 […]205 Anche Clemente, uomo illustre e dal molto sapere, riguardo agli dei e ai tempi dice così […] (Contra Iulianum imperatorem 10,21,1–2).

La testimonianza di Cirillo concorda con le altre fonti riguardo alla notorietà di Clemente e alla sua attività letteraria, della quale, nello specifico, vengono ricordati gli Stromateis e non altre opere; difatti, considerato il carattere controversiale del Contra Iulianum e la natura degli argomenti polemici e apologetici, gli Stromateis si suppone che siano stati letti da Cirillo con particolare attenzione perché diventano fonte primaria cui attingere per contestare quel politeismo e quelle tradizioni pagane di cui Giuliano era difensore e propagatore. Per quanto riguarda Clemente, la voce di Cirillo non aggiunge nulla di nuovo a quanto già conosciuto, ma conforta le testimonianze precedenti assicurando che la fama di Clemente era ben consolidata tra IV e V secolo e che era legata non poco agli Stromateis, opera che, per varietà di argomenti e profondità di pensiero, doveva costituire uno scritto molto autorevole: una pluritematica antologia di sapienza, un florilegio teo-filosofico che dovette costituire non solo per Cirillo ma anche per altri doctores un testo di fruttuosa consultazione.

2 03 Brüggemann – Kinzig – Riedweg (eds.), 497. 204 Brüggemann – Kinzig – Riedweg (eds.), 708. 205 Segue citazione di prot. 44,4–45,4. Cf. anche praep. ev. 2,6,1–6.

Filippo di Side (380ca.- † dopo 431)

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2.8 Filippo di Side (380ca.- † dopo 431) in Codex Baroccianus 142 (f. 216 v, rr. 2–6) Nel Codex Baroccianus 142206 si legge una testimonianza attribuita a Filippo di Side. In punto di critica testuale, il passo non può essere definito propriamente un frammento in quanto si configura piuttosto come compendio207 di una pericope presumibilmente tratta dalla perduta Historia christiana208 e non è improbabile che il riassunto sia stato eseguito a memoria. Lo stesso frammento è tramandato da A. Gallandius nella Bibliotheca veterum Patrum antiquorumque scriptorum ecclesiasticorum209:  il testo, desunto dal Barocciano come precisato

206 Il Codex Baroccianus 142 (XIII-XIV sec.) conservato nella Bodleian Library di Oxford, si presenta, per mano di Franciscus Barocius (1537–1604), come codice pluritestuale nel quale sono collazionati numerosi frammenti tratti prevalentemente da opere di carettere storico o cronografico di autori quali Sozomeno, Evagrio Scolastico, Niceforo Callisto, Teodoro il Lettore e Filostorgio. 207 Cf. C. de Boor (ed.), Neue Fragmente des Papias, Hegesippus und Pierius in bisher unbekannten Excerpten aus der Kirchengeschichte des Philippus Sides (Texte und Untersuchungen 5,2), Leipzig 1888, 165–184; Hansen (ed.), Theodoros Anagnostes, Kirchengeschichte, XXXVII-XXXIX. 208 La Historia christiana in 36 libri composta da Filippo di Side, attivo nella prima metà del V secolo, è andata quasi del tutto perduta e restano solo alcuni frammenti pervenuti in tradizione indiretta. Socrate ricordando l’opera ci avverte che la testimonianza di Filippo va accolta con molta cautela per quanto riguarda la data e la successione dei fatti (cf. Socrate, Historia ecclesiastica 7,27). Un catalogo dei frammenti della Historia christiana con relativo commento si legge in K. Heyden (ed.), Die christliche Geschichte des Philippos von Side: Mit einem kommentierten Katalog der Fragmente, in M. Wallraff (ed.), Julius Africanus und die christliche Weltchronistik, Berlin 2006, 209–243. 209 A. Gallandius nella Bibliotheca veterum Patrum antiquorumque scriptorum ecclesiasticorum, IX, Venetiis 1773, 401; ripreso in Hansen (ed.), Theodoros Anagnostes, Kirchengeschichte, 160.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

nel sottotitolo210, è pressochè identico salvo alcune varianti che registriamo in nota211: […] τούτου μαθητὴν γενέσθαι φησὶν ὁ Φίλιππος212 τὸν Στρωματέα Κλήμεντα καὶ Πάνταινον {τὸν} Κλήμεντος. ὁ δὲ Πάνταινος καὶ αὐτὸς Ἀθηναῖος ὑπῆρχε φιλόσοφος Πυθαγόρειος. Εὐσέβιος δέ φησιν {τοῦ ναύτου} ὅτι Πάνταινος τοῦ Κλήμεντος διδάσκαλος γέγονεν· οὗ καὶ ὡς διδασκάλου ἐν ταῖς Ὑποτυπώσεσι μέμνηται. οὗτος δὲ ὁ Πάνταινος εἶχεν μαθητὴν διάδοχον τοῦ διδασκαλείου μετ’ αὐτὸν προϊστάμενον κατὰ μὲν Φίλιππον Ὠριγένην, κατὰ δὲ Εὐσέβιον Κλήμεντα καὶ μετὰ Κλήμεντα Ὠριγένην213

2 10 «Ex mn. codice Barocciano desuntum». 211 Riportiamo il testo evidenziando in grassetto le varianti del Gallandius rispetto al testo tramandato dal Codex Baroccianus: «Καί φησι Φίλιππος ὁ Σιδήτης έν τῷ λόγῳ κδ’ […] τούτου μαθητὴν γενέσθαι φησὶν ὁ Φίλιππος τὸν Στρωματέα Κλήμεντα καὶ Πάνταινον τοῦ Κλήμεντος. ὁ δὲ Πάνταινος καὶ αὐτὸς Ἀθηναῖος ὑπῆρχε φιλόσοφος Πυθαγόρειος. Εὐσέβιος δέ φησιν τοὐναντίον ὅτι Πάνταινος τοῦ Κλήμεντος διδάσκαλος γέγονεν· οὗ καὶ ὡς διδασκάλου ἐν ταῖς Ὑποτυπώσεσι μέμνηται. οὗτος δὲ ὁ Πάνταινος ἔσχεν μαθητὴν διάδοχον τοῦ διδασκαλείου μετ’ αὐτὸν προϊστάμενον κατὰ μὲν Φίλιππον Ὠριγένην, κατὰ δὲ Εὐσέβιον Κλήμεντα καὶ μετὰ Κλήμεντα Ὠριγένην». Le tre varianti lasciano presumere una lettura tendenzialmente normalizzante del testo trasmesso dal Barocciano: – τοῦ Κλήμεντος al posto di τὸν Κλήμεντος restituisce il giusto caso all’articolo determinativo concordato con il nome proprio; – τοὐναντίον, che dovremmo tradurre “al contrario”, risolve la discussa lezione τοῦ ναύτου; il manoscritto Barocciano in questo punto si presenta di non facile interpretazione: la lezione τοῦ ναύτου secondo l’edizione Hansen (p. 160) non convince quanto a significato; il genitivo ναύτου, da ναύτης, con significato di navigante, nocchiero, compagno di mare, confligge con il contesto; è possibile leggere invece τὸν αὐτοῦ oppure τοῦ αὐτοῦ, oppure, τῶν αὐτῶν; quest’ultima lezione è la più rispondente al contesto («Eusebio riguardo a costoro [τῶν αὐτῶν] dice che […]»), ma difficilmente ricavabile da un segno X presente nel ms.; – ἔσχεν: propone un aoristo sintatticamente più appropriato dell’imperfetto εἶχεν. 212 Le parole «φησὶν ὁ Φίλιππος» annunciano il carattere compendiario della testimonianza: cf. P. Nautin, La continuation de l’Histoire Ecclésiastique d’Eusèbe par Gélase de Césarée, in Revue des Études Byzantines 50 (1992) 175–176, n. 21. 213 Hansen (ed.), 160; riprodotto in Nautin, La continuation, 175–178. Il passo nella pubblicazione di Heyden corrisponde al framm. 6 (cf. Heyden (ed.), Die Christliche, 228). Uno studio approfondito del manoscritto è stato condotto da B. Pouderon, Le témoignage du codex Baroccianus 142 sur Athénagore et les origines du didaskaleion d’Alexandrie, Tours 1992, 23–63; B. Pouderon, D’Athènes à Alexandrie. Études sur Athénagore et les origines de la philosophie chrétienne (Bibliothèque copte de Nag Hammadi, section «Études» 4), Leuven 1997, 1–64. B. Pouderon, Réflexions sur la formation, 237–269, spec. 238–239; E. Prinzivalli, Le metamorfosi della scuola alessandrina da Eracla a Didimo, 33–34; 36–38; 40; 42; 50–51; 57–60.

Filippo di Side (380ca.- † dopo 431)

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Filippo afferma che Clemente lo Stromateo fu discepolo di questo [Atenagora] e Panteno di Clemente; e Panteno, anche egli ateniese, fu filosofo pitagorico. Eusebio dice che Panteno fu maestro di Clemente e come maestro lo ricorda nelle Ipotiposi. Secondo Filippo questo Panteno ebbe come discepolo Origene successore nel Didaskaleion dopo di lui, mentre secondo Eusebio successore fu Clemente e Origene dopo Clemente (Codex Baroccianus 142, f. 216 v, rr. 2–6).

La testimonianza di Filippo di Side merita particolare attenzione perché, entrando nel merito della presenza e dell’insegnamento di Clemente nella scuola di Alessandria, lo storico tiene a precisare che l’Alessandrino seguì le lezioni di Atenagora, l’apologeta di formazione filosofica. Non è da escludere che Filippo di Side affermi tale discepolato supponendo Atene come ambiente comune e di Atenagora e di Clemente. Non solo: Clemente sarebbe stato maestro di Panteno, il quale, come anche Ateneo, era pitagorico. Accanto a questa tradizione, Filippo ricorda quella di Eusebio il quale afferma invece che fu Panteno il maestro di Clemente, tanto che come didaskalos viene ricordato nelle Hypotyposeis. Inoltre, secondo Filippo, Panteno avrebbe avuto come suo successore al Didaskaleion di Alessandria Origene, mentre, secondo Eusebio, sarebbe stato Clemente il successore di Panteno e Origene successore a sua volta di Clemente214.

214 Per un esame delle fonti (Eusebio e Filippo di Side) e la verifica dell’attendibilità di queste diverse tradizioni storiche sul Didaskaleion cf. E. Prinzivalli, Le metamorfosi della scuola alessandrina da Eracla a Didimo, 33–64, spec. 33–38; 57–60.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.9 Socrate di Costantinopoli (380ca.- † dopo 439) Secondo lo storico Socrate215 le opere di Clemente e il suo pensiero costituiscono gran parte della sapienza antica: Οὕτω δὲ ἦν ὀλιγομαθὴς ὁ Ἀέτιος καὶ τῶν ἱερῶν γραμμάτων ἀμύητος, τὸ ἐριστικὸν δὲ κατωρθώκει μόνον, ὅπερ ἂν καὶ ἄγροικός τις ποιήσειεν, ὡς μηδὲ τοὺς ἀρχαίους τοὺς τὰ Χριστιανικὰ λόγια ἑρμηνεύσαντας ἀσκηθῆναι. Πολλὰ γὰρ χαίρειν φράσας τοῖς περὶ Κλήμεντα καὶ Ἀφρικανὸν καὶ Ὠριγένην, ἀνδράσι πάσης φιλοσοφίας ἐπιστήμοσι216 Aezio era ignorante e profano delle sacre lettere, sollevava solo polemica  – cosa che potrebbe fare anche un rozzo  – tanto che [da lui] non erano considerati neppure gli antichi interpreti dei detti cristiani; di fatto [però] aveva manifestato in molte cose di compiacersi di uomini sapienti in ogni scienza seguaci di Clemente, dell’Africano e di Origene (Historia ecclesiastica 2,35,10). Καὶ γὰρ Εἰρηναῖός τε καὶ Κλήμης, Ἀπολινάριός τε ὁ Ἱεραπολίτης καὶ Σαραπίων ὁ τῆς ἐν Ἀντιοχείᾳ προεστὼς ἐκκλησίας ἔμψυχον τὸν ἐνανθρωπήσαντα ἐν τοῖς πονηθεῖσιν αὐτοῖς λόγοις ὡς ὁμολογούμενον {αὐτοῖς} φάσκουσιν217 Infatti Ireneo, Clemente, Apollinare di Gerapoli e Serapione che presiedeva la Chiesa di Antiochia, confermano nei propri componimenti che era unanime professione di fede che colui che si era incarnato avesse un’anima (Historia ecclesiastica 3,7,5).

I due riferimenti a Clemente non sono propriamente di carattere biografico, ma vanno presi in considerazione perché concorrono a confermare la fama dell’Alessandrino e la stima anche da parte di coloro che erano solo polemici nei confronti degli autori cristiani. Inoltre, sebbene annoverato insieme a Ireneo, Apollinare e Serapione, Clemente è ricordato tra coloro che per primi sostennero che il Verbo incarnato aveva un’anima.

215 Di questo autore non conosciamo né la biografia né gli eventuali incarichi nella chiesa costantinopolitana al tempo di Teodosio I. La sua Historia ecclesiastica prosegue quella di Eusebio e narra gli eventi dal 305 (anno dell’abdicazione di Diocleziano) al 439 (anno in cui Genserico occupò l’Africa proconsolare). La citazione dei tanti personaggi e dei tanti autori cristiani – compresi quelli anteriori al 305 – è specchio dell’ampia documentazione raccolta e consultata da Socrate e del valore attribuito alle fonti. Cf. P. van Nuffelen, Un héritage de paix et de piété: étude sur les histoires ecclésiastiques de Socrate et de Sozomène (Orientalia Lovaniensia Analecta 142), Paris 2004; P. Maraval – P. Périchon (eds.), Socrate de Constantinople, Histoire ecclésiastique. Livres I (Sources Chrétiennes 477), Paris 2004, 9–13. 216 Edizione di riferimento: P. Maraval – P. Périchon (eds.), Socrate de Constantinople, Histoire ecclésiastique. Livres II–III (Sources Chrétiennes 493), Paris 2005, 158. 217 Maraval – Périchon (eds.), 274.

(Pseudo) Dionigi Areopagita (IV-V sec.)

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2.10 (Pseudo) Dionigi Areopagita (IV-V sec.) Nell’opera De divinis nominibus attribuita a Dionigi Areopagita compare un breve riferimento a uno dei principi peculiari del pensiero di Clemente: Εἰ δὲ ὁ φιλόσοφος ἀξιοῖ Κλήμης, καὶ πρός τι παραδείγματα λέγεσθαι τὰ ἐν τοῖς οὖσιν ἀρχηγικώτερα, πρόεισι μὲν οὐ διὰ κυρίων καὶ παντελῶν καὶ ἀπλῶν ὀνομάτων ὁ λόγος αὐτῷ218. Se il filosofo Clemente ritiene anche riguardo a ciò che vengano definiti modelli gli elementi più primordiali fra quelli esistenti, secondo lui il Logos [li] precede ma non a motivo di titoli di potere, di perfezione e di assolutezza (De divinis nominibus 5,9).

Riconoscendo Clemente quale filosofo, Dionigi concorda con altre fonti ma, a quanto emerge da questo brevissimo testo219, non si vuole esaltare la fama dell’Alessandrino – sebbene la connotazione di filosofo permanga incontestata – ma sottolineare due suoi principi:  quello degli elementi più primordiali quali “modelli” o “esemplari” e quello del Logos che li precede, nel senso che viene prima degli stessi modelli; in altre parole, l’arché prima degli archetipi ovvero l’arché prima delle archai220. Ma il “venire prima” del Logos non dipende da titoli di potere, di perfezione o di assolutezza, cioè da quelle virtù o potenzialità che sono alla base di un primato comunemente inteso, ma dall’essere “principio” in sé221. Postulato quest’ultimo che, peraltro, è in perfetta sintonia con quello iniziale del prologo giovanneo. Principi di rilievo, dunque, quelli dell’Alessandrino, anche a giudizio di quell’autore di tradizione platonica e di probabile ambiente siriaco, attivo nel V sec. e così attratto dalle scuole filosofiche ateniesi, da guadagnare lo pseudonimo di Areopagita in omaggio alla sapienza dell’Areopago. Entrando più specificamente nel merito del testo sopra citato, la nostra traduzione non concorda assolutamente con quella proposta da G.  Regoliosi e

218 Edizione di riferimento B.R. Suchla (ed.), Corpus Dionysiacum I: Pseudo-Dionysius Areopagita, De divinis nominibus (Patristische Texte und Studien 33), Berlin 1990, 188. 219 La testimonianza di Dionigi la rileggiamo in Giovanni Becco (proc. Sp. s. 1,18 in PG 141,177,22–28) e in Manuele Caleca (ess. et oper. PG 152, 405,9–13) e Giovanni Ciparissiota (c. tom. Pal. 5,19,61–63). 220 Su questo principio teologico di Clemente, cf. str. 5,93,4–5 e la relativa interpretazione in Monfrinotti, Creatore e creazione, 185–187. 221 Sul Logos origine di tutte le cose, cf. Clemente Alessandrino, prot. 6,5–7 ([ὁ λόγος] «ἀρχὴ θεία τῶν πάντων ἦν τε καὶ ἔστιν»); cf. anche Monfrinotti, Creatore e creazione, 104–128, in part. 120–128.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

condivisa da G. Barzaghi222 (che piuttosto si attengono alla versione latina che si legge in PG 3,823223) e i motivi della divergenza sono i seguenti: – primo, il contesto del brano orienta verso una interpretazione di ὁ λόγος nel senso di Verbo e non di “discorso”; – secondo, il complemento causale-strumentale rappresentato da «διὰ κυρίων καὶ παντελῶν καὶ ἀπλῶν ὀνομάτων» se riferito a ὁ λόγος inteso come “discorso”, cioè il “parlare” o lo “scrivere” di Clemente, non sarebbe affatto persuasivo come giudizio sul “modo di procedere” perché i tre aggettivi κύριος, παντελής, ἀπλόος risultano assai anomali e inconsueti se impiegati per definire una tipologia di procedimento cioè di composizione o di scrittura o di argomentazione, come se Clemente, mentre espone o compone, non si avvalesse ([οὐ διὰ]) di certe titolature che sono invece pertinenti all’interno di un argomento o di una affermazione riguardante il Logos e nel caso specifico il suo “pre-cedere” o “venire prima”; – terzo, se Dionigi facesse riferimento a un λόγος/discorso di Clemente senza indicare l’opera specifica cui il discorso appartiene, starebbe pronunciando un giudizio generico né positivo né negativo e non citare un’opera specifica a testimonianza di questa ratio scribendi equivarrebbe a dire che – in linea di massima – il parlare/scrivere di Clemente «procede non per titoli di potere, di perfezione e di assolutezza»; questo giudizio, oltre che unico a quanto ci risulta, sarebbe massimalista e infondato perché a Clemente non fa certo difetto la proprietà del linguaggio e l’opportunità di quando e dove utilizzare l’una o l’altra terminologia; – quarto, se λόγος fosse da intendere come “discorso” (o esposizione) in riferimento ai παραδείγματα  – per parlare dei quali Clemente non avrebbe impiegato quei determinati ὀνόματα – questo contraddirebbe l’affermazione immediatamente precedente nella quale Dionigi ricorda espressamente Clemente filosofo come colui che ha nominato παραδείγματα/“modelli” gli “elementi più primordiali”; il che significa che Clemente è in grado di assegnare la giusta definizione la quale, nel caso specifico degli esemplari, non necessitava di essere ulteriormente integrata. 222 «Se poi il filosofo Clemente ritiene che per qualcosa si chiamino modelli i più antichi fra gli esseri, il suo discorso non procede attraverso termini corretti e perfetti e assoluti». Traduzione di G. Regoliosi, in M. Morani - G. Regoliosi - G. Barzaghi, Dionigi, I nomi divini (De divinis nominibus) (I Talenti 6), Bologna 2010, 270–271. 223 «Si autem vult Clemens philosophus, ad aliquid dici exemplaria quae sunt in rebus principaliora, progreditur quidem, cum sic loquitur, non per propria et perfecta et simplicia nomina».

(Pseudo) Dionigi Areopagita (IV-V sec.)

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Stando al testo citato, il riferimento di Dionigi a Clemente e al suo pensiero, sebbene non siano formulati elogi particolari, non lascia presumere una contestazione dell’Alessandrino come invece sostiene G. Barzaghi224 sulla base di una totalmente diversa interpretazione del testo greco.

224 Cf. Morani - Regoliosi - Barzaghi, Dionigi, I nomi divini, 270–271, n. 118.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.11 Sozomeno († 448) Un’ulteriore testimonianza su Clemente è forse il riferimento contenuto nella Historia ecclesiastica di Sozomeno; diciamo forse perché si tratta di un passo assai controverso: i personaggi che Sozomeno nomina sono a lui ben noti e questo giustifica l’assenza di quei particolari invece indispensabili per una corretta identificazione dei personaggi stessi, specie quando, come nel caso di Clemente, siamo di fronte a una omonimia. Sozomeno scrive: ὡρμήθην δὲ τὰ μὲν πρῶτα ἀπ’ἀρχῆς ταύτην συγγράψαι τὴν πραγματείαν. λογισάμενος δὲ ὡς καὶ ἄλλοι ταύτης ἐπειράθησαν μέχρι τῶν κατ’ αὐτοὺς χρόνων, Κλήμης τε καὶ Ἡγήσιππος, ἄνδρες σοφώτατοι, τῇ τῶν ἀποστόλων διαδοχῇ παρακολουθήσαντες, καὶ Ἀφρικανὸς ὁ συγγραφεὺς καὶ Εὐσέβιος ὁ ἐπίκλην Παμφίλου, ἀνὴρ τῶν θείων γραφῶν καὶ τῶν παρ’ Ἕλλησι ποιητῶν καὶ συγγραφέων πολυμαθέστατος ἵστωρ, ὅσα μὲν τῶν εἰς ἡμᾶς ἐλθόντων ταῖς ἐκκλησίαις συνέβη μετὰ τὴν εἰς οὐρανοὺς ἄνοδον τοῦ Χριστοῦ μέχρι τῆς Λικινίου καθαιρέσεως, ἐπιτεμόμενος ἐπραγματευσάμην ἐν βιβλίοις δύο, νῦν δέ, σὺν θεῷ φάναι, τὰ μετὰ ταῦτα διεξελθεῖν πειράσομαι225 In un primo momento ero spinto a scrivere questo trattato dalle origini, riflettendo poi sul fatto che anche altri avevano intrapreso ciò fino ai loro tempi, – Clemente ed Egesippo uomini molto saggi si sono dedicati alla successione apostolica, lo storico Africano ed Eusebio detto di Panfilo, uomo di scienza assai erudito nelle divine Scritture e nei poeti e storici greci – abbreviando, ho scritto in due libri tutto ciò che, a nostra conoscenza, è accaduto nelle chiese dall’ascensione in cielo di Cristo fino all’eliminazione di Licinio, ora, con l’aiuto di Dio, cercherò di narrare tutto ciò che è trascorso in seguito (Historia ecclesiastica 1,1,12–13).

Sozomeno, nel ricordare che prima di lui altri autori hanno cercato di ricostruire e raccontare gli eventi dall’ascensione di Gesù fino alla morte di Licinio, dichiara di aver eseguito un riassunto in due libri (verosimilmente i primi due) di questo primo tempo della vita della chiesa. Infatti saranno i libri successivi ad affrontare in modo più esteso quanto accaduto dopo l’uccisione di Licinio. Sozomeno nomina quattro autori a lui precedenti: Clemente, Egesippo, l’Africano ed Eusebio. Per quanto riguarda la nostra indagine, in mancanza di elementi marcatamente connotativi, ci chiediamo se lo storico alluda a Clemente Romano o a Clemente Alessandrino e di fatto le ipotesi degli studiosi si alternano226. Posto 225 Edizione di riferimento: J. Bidez (ed.), Sozomenus, Historia ecclesiastica (Die Griechischen Christlichen Schriftsteller der ersten Jahrhunderte 50), Berlin 1960, 8–9. Cf. anche J. Bidez, La tradition manuscrite de Sozomène et la Tripartite de Théodore le Lecteur (Texte und Untersuchungen 32 2b), Leipzig 1908, 1–35; 81–92. 226 Cf. quanto G. Sabbah scrive, avvalendosi degli studi di Altaner, in A.-J. Festugière – B. Grillet – G. Sabbah (eds.), Sozomène, Histoire ecclésiastique. Livres I-II, (Sources Chrétiennes 306), Paris 1983, 116 n. 1.

Sozomeno († 448)

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che la eventuale identificazione del Clemente citato con Clemente di Alessandria non aggiungerebbe notizie particolari sulla vita, eccetto l’essere stato apprezzato per la sua saggezza («Κλήμης τε καὶ Ἡγήσιππος, ἄνδρες σοφώτατοι»), questo passo potrebbe riferirsi all’Alessandrino qualora volessimo interpretare che l’accostamento di Clemente ed Egesippo è motivato in relazione alla successione apostolica più volte difesa da Clemente soprattutto negli Stromateis, così come Egesippo si suppone ne abbia parlato negli Hypomnemata. Però, non va dimenticato che anche Clemente Romano, in I Clem 7,2, raccomanda di «conformarci alle norme gloriose e venerabile della nostra tradizione (παράδοσις)» e subito dopo ripercorre i differenti periodi della storia e i personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento per dimostrare come l’insegnamento delle Scritture è inglobato in tutta la tradizione. Quindi, il richiamo di Sozomeno a coloro che hanno trattato della successione apostolica (e tradizione) depone sia a favore di Clemente Alessandrino, sia a favore – e forse con più ragione – di Clemente Romano. Inoltre, sempre a riguardo dell’accostamento di Clemente a Egesippo, ricordiamo che i due nomi insieme li ritroviamo in Eusebio di Cesarea227; al termine di una lunga citazione tratta da Egesippo il quale narra dell’apostolo Giacomo e del suo martirio, Eusebio così prosegue: «questo è quanto racconta distesamente Egesippo concordando con Clemente». Quindi, sia Egesippo sia Clemente avrebbero tramandato su Giacomo la stessa storia. In questo caso, Clemente è l’Alessandrino perché Eusebio lo ricorda come fonte sul martirio di Giacomo anche in h.e. 2,1,5; 2,9,2-3; 2,23,3. Ma l’identificazione di Eusebio non risolve l’identità del Clemente citato da Sozomeno. Se, poi, in cerca di una soluzione, proviamo a ripercorrere alcuni momenti della vita di Egesippo, neppure questi ci permettono di confermare in modo definitivo chi sia il Clemente a lui affiancato da Sozomeno in h.e. 1,1,12–13. Infatti Egesippo intraprese un viaggio da Corinto a Roma al tempo Aniceto (155–166 ca.) e s’intrattenne nella capitale fino all’episcopato di Eleuterio (174-189 ca.)228. Uno dei motivi del trasferimento potrebbe essere stato il desiderio di istruirsi presso le chiese più importanti per consolidare quei principi dottrinali indispensabili a contrastare l’eresia gnostica già alquanto diffusa. Ma quali siano chiese e quali i maestri non è dato sapere dal momento che gli Hypomnemata – l’opera in 5 libri, scritta dopo aver fatto ritorno in oriente e nella quale raccontava il suo viaggio e

2 27 Cf. h.e. 2,23,19. 228 Cf. h.e. 4,22,2–3.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

le sue esperienze – sono pervenuti solo in frammenti tramandati da Eusebio di Cesarea nella Historia ecclesiastica229. Nel corso dell’opera non mancano le contestazioni e la polemica nei confronti dello gnosticismo e il frammento che segue ne è prova: Ὅμως δ’ οὖν κατὰ τοὺς δηλουμένους αὖθις παρῆγεν εἰς μέσον ἡ ἀλήθεια πλείους ἑαυτῆς ὑπερμάχους, οὐ δι’ ἀγράφων αὐτὸ μόνον ἐλέγχων, ἀλλὰ καὶ δι’ ἐγγράφων ἀποδείξεων κατὰ τῶν ἀθέων αἱρέσεων στρατευομένους· ἐν τούτοις ἐγνωρίζετο Ἡγήσιππος, οὗ πλείσταις ἤδη πρότερον κεχρήμεθα φωναῖς, ὡς ἂν ἐκ τῆς αὐτοῦ παραδόσεως τινὰ τῶν κατὰ τοὺς ἀποστόλους παραθέμενοι. ἐν πέντε δ’ οὖν συγγράμμασιν οὗτος τὴν ἀπλανῆ παράδοσιν τοῦ ἀποστολικοῦ κηρύγματος ἁπλουστάτῃ συντάξει γραφῆς ὑπομνηματισάμενος Tuttavia, a quanto si dimostra230, di nuovo la verità fece apparire molti difensori di se stessa, che combatterono non solo mediante confutazioni orali, ma anche mediante dimostrazioni scritte contro le empie eresie; fra questi era famoso Egesippo, del quale già prima abbiamo utilizzato numerosi enunciati per esporre, attraverso la sua stessa tradizione, alcuni dei principi secondo gli apostoli231. Egli quindi in cinque libri ricompone per iscritto la tradizione senza errore del kerigma apostolico fissandone la memoria in modo comprensibile (Historia ecclesiastica 4,7,15–8,2).

Egesippo è presentato come colui che trasmette senza errore la παράδοσις τοῦ ἀποστολικοῦ κηρύγματος, motivo per cui τινὰ τῶν κατὰ τοὺς ἀποστόλους riteniamo doverlo interpretare nel senso di “principi” anziché di “fatti”. Eusebio di Cesarea anche in h.e. 4,22,1–3 fa riferimento a Egesippo e ai temi trattati nella sua opera232.

229 La maggior parte dei frammenti riportati da Eusebio, come già abbiamo visto, riguarda la storia della chiesa di Gerusalemme. Essi riferiscono ad esempio la leggenda della morte di Giacomo, il “fratello” del Signore, ma si narra anche di Simone, il secondo vescovo di Gerusalemme, e degli altri membri della famiglia di Gesù: cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 2,23,4–18; 3,20,1–2; 3,32,3.6; 4,8,2; 4,22,2–7. 230 Lett. = «secondo i fatti evidenti». 231 Κατὰ + accusativo indica complemento di tempo ma anche complemento di corrispondenza o conformità. Crediamo che sia quest’ultimo il complemento da accogliere in quanto a Egesippo preme narrare non tanto gli avvenimenti quanto la trasmissione del kerigma apostolico cui è da ritenere sia riferito l’indefinito neutro τινά. 232 Su questo passo si tenga presente il commento di Bardy (ed.), 200 n. 4.

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Da parte di Sozomeno, ricordare che Egesippo difende il valore della tradizione apostolica e della successione episcopale233, quali criteri che assicurano la trasmissione della retta dottrina, è un’argomento insistito molto e a più riprese da Clemente Alessandrino234 e prima ancora assai distesamente da Ireneo, contro lo gnosticismo. Se Sozomeno richiama Clemente perché conosce la riflessione dell’Alessandrino e l’importanza da lui attribuita alla διαδοχή e alla παράδοσις, allora si può supporre che il Clemente citato (insieme a Egesippo) sia quello di Alessandria235. Se invece Sozomeno ragiona soprattutto da storico, allora è più plausibile che, facendo il nome di Clemente, alluda a Clemente di Roma perché non solo entra nel merito della successione e della tradizione ma in I Clem. 42 le ripercorre secondo la storia sacra e dedica un capitolo esplicito alla “successione apostolica”. In sintesi, la questione sulla identità è ancora aperta.

233 Si noti come Egesippo intende trasmettete anche la successione episcopale di Roma. La questione della lista dei vescovi di Roma resta materia di discussione, infatti E. Caspar ha sostenuto che le parole di Egesippo «γενόμενος δὲ ἐν Ῥώμῃ, διαδοχὴν ἐποιησάμην μέχρις Ἀνικήτου» non significano che quest’ultimo compilò una lista dei vescovi di Roma nell’ordine della loro successione, al contrario, le sue parole vorrebbero semplicemente indicare che egli nella sua attività antignostica, visitò Corinto, Roma e altre metropoli per verificare la διαδοχή, ossia la tradizione o la preservazione della vera dottrina. Cf. E. Caspar, Die älteste römische Bischofsliste: kritische Studien zum Formproblem des eusebianischen Kanons sowie zur Geschichte der ältesten Bischofslisten und ihrer Entstehung aus apostolischen Sukzessionenreihen (Schriften der Königsberger gelehrten Gesellschaft, Geisteswiss, Klasse II, 4), Königsberg 1926, 233ss.; E. Caspar, Geschichte des Papsttums, I, Tübingen 1930, 8ss.; L. Abramowski, Diadoché und orthoi logoi bei Hegesipp, in Zeitschrift für Kirchengeschichte 87 (1976) 321–327; T.C.G. Thornton, High-priestly succession in Jewish apologetics and episcopal succession in Hegesippus, in Journal of Theological Studies NS 54 (2003) 160–163. 234 Cf. ad esempio str. 1,11,2–3; 1,15,2; 4,3,2; 5,131,1; 5,1,4; 6,125,2–3; 7,41,3. 235 Oltre al passo già citato di str. 1,11,2–3 nel quale Clemente entra nel merito della tradizione apostolica, si legga anche str. 6,44ss; 6,61,3 e 6,161,3–5 dove si ricorda che Gesù affidò agli apostoli la vera sapienza. Cf. E.L. Fortin, Clement of Alexandria and the Esoteric Tradition, in Studia Patristica 9 (1966) 41–56.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.12 Teodoreto di Cirro (393ca.-466ca.) I riferimenti a Clemente che si leggono nell’Haereticarum fabularum compendium di Teodoreto di Cirro sono giustificati dal fatto che l’autore del compendium informa circa le fonti da lui collazionate, specificando a quali autori antieretici ha fatto riferimento: Τοὺς μέντοι τῶν παλαιῶν αἱρέσεων μύθους ἐκ τῶν παλαιῶν τῆς Ἐκκλησίας διδασκάλων συνέλεξα, Ἰουστίνου τοῦ φιλοσόφου καὶ μάρτυρος, καὶ Εἰρηναίου τοῦ τὰ Κελτικὰ καὶ γεωργήσαντος καὶ φωτίσαντος ἔθνη, καὶ Κλήμεντος, ὃς ἐπίκλην Στρωματεὺς προσηγόρευται, καὶ Ὠριγένους, καὶ Εὐσεβίου, τοῦ τε Παλαιστινοῦ236 Dagli antichi maestri della chiesa ho collazionato, dunque, i racconti mitologici delle antiche eresie, da Giustino filosofo e martire, da Ireneo che ha acculturato e illuminato le popolazioni celtiche e da Clemente chiamato con il soprannome di Stromateo, e da Origene e da Eusebio, quello di Palestina (Haereticarum fabularum compendium PG 83,340,10) Καταγωνίζονται δὲ τούτους Ἀγρίππας, ὁ καὶ Κάστωρ ἐπίκλην, καὶ Εἰρηναῖος, καὶ Κλήμης ὁ Στρωματεὺς, καὶ Ὠριγένης, τῆς ἀληθείας ὑπερμαχοῦντες Contro costoro237 combattono Agrippa chiamato Castore, Ireneo, Clemente Stromateo e Origene difensori della verità (Haereticarum fabularum compendium PG 83,349,45); Οὗ δὴ χάριν, οὐκ ἐν τοῖς κοινοῖς δείπνοις μόνον, τὸ λυχνιαῖον φῶς ἐκποδὼν ποιούμενοι, ᾗπερ ἂν ἕκαστος ἐπέτυχε συνεμίγνυτο· ἀλλὰ δὴ καὶ τελετὴν τὴν τοιαύτην ἀκολασίαν ὑπειλήφεσαν μυστικήν. Καὶ τούτου δὴ μάρτυρα τὸν Στρωματέα παρέξομαι Κλήμεντα, ἱερὸν ἄνδρα, καὶ πολυπειρίᾳ ἅπαντας ἀπολιπόντα Per il piacere di ciò, non solo durante i pasti comuni238, scanzando la luce della lanterna, chi si imbatteva in qualcuna si accoppiava, ma praticavano tale incontinenza come rito misterico di iniziazione. Di tutto ciò chiamerò a testimone Clemente lo Stromateo, uomo santo, che grazie alla sua molteplice esperienza lasciò tutti dietro di sé (Haereticarum fabularum compendium PG 83,353,3–10); Κατὰ δὲ Βαλεντίνου, καὶ τῶν ἐξ ἐκείνου, καὶ Εἰρηναῖος, καὶ Κλήμης, καὶ Ὠριγένης.

236 Testo greco riprodotto secondo J.-P. Migne, Patrologiae cursus completus (Series Graeca 83), Parisiis 1857. 237 Il riferimento è a Basilide e Isidoro quali esponenti dello gnosticismo. 238 Teodoreto ricorda con biasimo quanto era già attestato non solo da Clemente ma anche da Tertulliano che ai banchetti lascivi dei pagani contrappone il banchetto dell’agape cui si partecipa con la mani lavate e le lampade accese (cf. Tertulliano, Ap. 39,16–19).

Teodoreto di Cirro (393ca.-466ca.)

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Contro Valentino e i suoi seguaci [scrissero] Ireneo, Clemente, Origene (Haereticarum fabularum compendium PG 83,369,34); Κατὰ τούτων συγγράφει Μουσανὸς τῆς ἀληθείας συνήγορος, καὶ Κλήμης ὁ Στρωματεὺς Contro costoro scrisse Musano difensore della verità e Clemente lo Stromateo (Haereticarum fabularum compendium PG 83,372,22); Ἡ Νικολαϊτῶν αἵρεσις οὐ μόνον ἐξ ἀνοίας, ἀλλὰ καὶ ἐξ ἀκολασίας συνέστη. Σαφέστερον δὲ τὰ περὶ ταύτης ὁ Κλήμης ἐδίδαξεν L’eresia dei Nicolaiti proviene non solo dalla ignoranza ma anche dalla intemperenza. Con molta chiarezza Clemente insegnò riguardo a questa [eresia] (Haereticarum fabularum compendium PG 83,401,19–21); Τὸν δὲ Νικόλαον ὁ Κλήμης ἔφη τῶν ἐπὶ σωφροσύνῃ λαμπρυνομένων γενέσθαι, καὶ τὰ τέκνα τὴν ὑπὲρ φύσιν ἁγνείαν ἐκπαιδεῦσαι, καὶ τὸν μὲν υἱὸν ἠΐθεον διαμεῖναι, τὰς δὲ θυγατέρας παρθένους Clemente afferma239 che Nicolao, a motivo della sua saggezza, era tra i più eccellenti, e che ai figli insegnò una castità soprannaturale e che il figlio rimase celibe e le figlie [rimasero] vergini (Haereticarum fabularum compendium PG 83,401,33); Κατὰ τούτων καὶ ὁ προῤῥηθεὶς συνέγραψε Κλήμης, καὶ Εἰρηναῖος, καὶ Ὡριγένης, καὶ Ἱππόλυτος ὁ ἐπίσκοπος καὶ μάρτυρ Contro di loro scrissero il già citato Clemente, e anche Ireneo, Origene e Ippolito vescovo e martire (Haereticarum fabularum compendium PG 83,401,40–42).

Dai testi citati non emerge nessun riferimento alla vita di Clemente, ai suoi incarichi, ai suoi viaggi: Teodoreto lo ricorda unicamente quale apologeta della ortodossia contro l’eresie gnostiche da tempo affermate e diffuse. Nel fare memoria dello “Stromateo” – appellativo accolto e ripetuto come distintivo dell’Alessandrino – conferma che è stato difensore del suo credo, che fu “un uomo santo” ma anche “di molteplice esperienza”: il sostantivo πολυπειρία, di accezione assolutamente positiva, è il merito per cui Clemente si distingue e che Teodoreto, unica voce a questo riguardo, vuole sottolineare; alla luce del contesto, l’esperienza cui si allude è da riferire non al vissuto in senso stretto, quanto alla conoscenza che Clemente aveva sia dei sistemi gnostici, sia delle dottrine filosofiche frequentate, studiate, fatte proprie e grazie alle quali poteva elaborare una efficace confutazione dell’eterodossia con capacità e competenza maggiori di altri che pure s’impegnarono a favore della recta fides.

239 La notizia di Teodoreto di Cirro si riferisce con tutta probabilità a quanto si legge in Clemente su Nicolao (cf. str. 3,25,5–26,2).

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.13  Chronicon Paschale (VI sec.) Nel Chronicon Paschale240 il nome di Clemente Alessandrino compare più volte e l’anonimo autore fa riferimento a lui soprattutto come scrittore e fonte di documentazione storica: Ἀλλὰ καὶ Κλήμης ὁ ὁσιώτατος τῆς Ἀλεξανδρέων ἐκκλησίας γεγονὼς ἱερεύς, ἀνὴρ ἀρχαιότατος καὶ οὐ μακρὰν τῶν ἀποστολικῶν γενόμενος χρόνων, ἐν τῷ περὶ τοῦ πάσχα λόγῳ τὰ παραπλήσια διδάσκει, γράφων οὕτως. Τοῖς μὲν οὖν παρεληλυθόσιν ἔτεσι τὸ θυόμενον πρὸς Ἰουδαίων ἤσθιεν ἑορτάζων ὁ κύριος πάσχα· ἐπεὶ δὲ ἐκήρυξεν αὐτὸς ὢν τὸ πάσχα, ὁ ἀμνὸς τοῦ θεοῦ, ὡς πρόβατον ἐπὶ σφαγὴν ἀγόμενος, αὐτίκα ἐδίδαξε μὲν τοὺς μαθητὰς τοῦ τύπου τὸ μυστήριον τῇ ιγʹ, ἐν ᾗ καὶ πυνθάνονται αὐτοῦ, Ποῦ θέλεις ἑτοιμάσωμέν σοι τὸ πάσχα φαγεῖν;241 Ma anche Clemente uomo assai timorato di Dio, divenuto sacerdote della chiesa di Alessandria, personaggio assai antico e vissuto non molto dopo il tempo degli apostoli, nel discorso Sulla Pasqua, insegna cose simili scrivendo così:  «Trascorso il tempo, il Signore, celebrando la Pasqua, consumò il sacrificio secondo [il rito] dei Giudei, ma poi egli stesso, egli che era la Pasqua, cioè l’agnello di Dio, condotto come pecora al macello, subito ai discepoli rivelò il mistero della figura a riguardo della quale gli avevano chiesto:  “dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la pasqua?”» (Chronicon Paschale, p. 14,15–23). […] περὶ δὲ τῶν προγεγραμμένων οʹ μαθητῶν τῶν μετὰ τοὺς ιβʹ τοὺς προτεταγμένους ἱστορεῖ Κλήμης ὁ συγγραφεὺς ἐν τῇ πέμπτῃ τῶν Ὑποτυπώσεων […] dei 70 discepoli passati prima in rassegna, dopo i dodici sopra nominati, lo scrittore Clemente narra nel quinto [libro] delle Ipotiposi (Chronicon Paschale, p. 421,8–10). Τούτῳ τῷ πέμπτῳ ἔτει Κλαυδίου προχειροτονηθεὶς Παῦλος εἰσῆλθεν εἰς Ἀντιόχειαν τὴν μεγάλην, καὶ μαθὼν περὶ τοῦ ἁγίου Πέτρου πανταχοῦ τὸ σκάνδαλον περιεῖλεν, καὶ πάντας ἐδέξατο καὶ ἠγάπα, προτρεψάμενος πάντας, καθὼς συνεγράψαντο τὰ περὶ τούτου Κλήμης καὶ Τατιανὸς οἱ χρονογράφοι

240 È il titolo che si legge nel Codex Vaticanus Graecus 1941 (sec. X) e con il quale è stato vulgato questo “compendio storico” di autore anonimo, che va da Adamo fino al ventesimo anno del regno di Eraclio (630). Il prologo è volto a stabilire il fondamento teologico della data della Pasqua secondo la tradizione alessandrina e secondo quanto deciso dal Concilio di Nicea del 325. L’opera è corredata da tavole cronologiche commentate che ripercorrono gli eventi fondamentali dalla creazione del mondo fino all’anno 628. Riferimenti cronologici sono soprattutto le Olimpiadi, i Fasti consolari e le indizioni. Cf. D. Stiernon, Chronicon paschale, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), 1011–1012. 241 Per il testo greco adotto l’edizione L. Dindorf (ed.), Chronicon paschale (Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae), Bonn, 1832.

Chronicon Paschale (VI sec.)

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In questo quinto anno di Claudio, Paolo che era stato già eletto, si recò ad Antiochia Magna e a conoscenza di quanto riguardava il santo Pietro, ovunque eliminò lo scandalo e tutti accolse e amò, esortando tutti, secondo quanto narrano di lui Clemente e Taziano scrittori di cronistoria (Chronicon Paschale, p. 436,1–5). Ἰωάννην τὸν ἀπόστολον καὶ εὐαγγελιστὴν μέχρι τῶν Τραϊανοῦ χρόνων παραμεῖναι τῷ βίῳ Εἰρηναῖος ἱστορεῖ. Κλήμης δὲ ὁ Ἀλεξανδρεὺς καὶ αὐτὸς τὰ αὐτὰ σύμφησι, καὶ περιιέναι αὐτὸν τὴν Ἀσίαν καὶ τὰς πλησιοχώρους πατρίδας ἐπισκόπους καθιστῶντα καὶ κληρικούς. Ireneo narra che Giovanni apostolo ed evangelista visse fino al tempo di Traiano. Clemente Alessandrino dice anch’egli la stessa cosa e che viaggiò in Asia e nelle regioni limitrofi ordinando vescovi e chierici (Chronicon Paschale, p. 470,4–6).

L’autore del Chronicon mostra alta considerazione di Clemente d’Alessandria: lo definisce “assai timorato di Dio” (ὁσιώτατος) e lo riconosce quale sacerdote (ἱερεύς) della chiesa di Alessandria. I riferimenti sono introdotti in funzione degli argomenti del Chronicon e l’Alessandrino si rivela fonte utilissima per la conoscenza della prima predicazione242; l’autorevolezza testimoniale si basa anche, e forse soprattutto, sul fatto che egli non solo è personaggio assai antico (ἀρχαιότατος) ma anche vissuto «non molto dopo gli apostoli». Non mancano di conseguenza riferimenti alle sue opere: allo scritto De Pascha di cui restano solo frammenti e al quinto libro delle Hypotyposeis; in relazione alla sua attività letteraria è chiamato συγγραφεύς e associato a Taziano quale χρονογράφος, definizione che, stando alla produzione pervenuta, sembra pertinente a Clemente per quelle sezioni cronografiche introdotte in str. 1,101–147 e 7,105–108, così come pertiene a Taziano a motivo del computo cronologico inserito alla fine della sua Oratio ad Graecos (36–41)243.

242 In Chron. Pasch. 255,15 e 271,15 l’autore fa riferimento al primo libro degli Stromateis dove Clemente riferisce della cattività del popolo ebraico in Babilonia e della pringionia durata 70 anni al tempo di Aggeo e Zaccaria (cf. str. 1,119–123). 243 Il testo di Chronicon Paschale (p. 436,1–5) potrebbe suscitare un interrogativo sull’identità del Clemente citato insieme all’apologista Taziano: Clemente d’Alessandria o Clemente di Roma? Se l’autore cita i due nomi in successione cronologica, allora si tratterebbe di Clemente Romano che precede Taziano e che in 1 Cor. 5,1 parlando di Pietro e di Paolo potrebbe fornire il riferimento cui si allude nel testo, argomento non risolutivo in quanto anche Clemente Alessandrino parla più volte di Pietro e di Paolo (cf. ad esempio str. 1,50,6; 3,51,2.3; 3,53,1.4; 4,46,3; 4,47,4; 6,41,7; 7,63,3). Ma proprio la sezione cronografica di str. 1,101–147 lascia supporre che, a prescindere dall’essere anteposto a Taziano, sia proprio Clemente Stromateo il personaggio a cui fa riferimento l’autore del Chronicon.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.14 Giovanni Mosco (prima del 550–619/634) Nel Pratum spirituale244 si legge un breve riferimento a Clemente e ai suoi scritti: Πάλιν δὲ τούτοις ἄλλοι ἀντεφέροντο λέγοντες· Ναὶ, ἀληθῶς ἐβαπτίσθησαν, καθὼς Κλήμης ὁ Στρωματεὺς, ἐν τῷ πέμπτῳ τόμῳ τῶν ὑποτυπώσεων μέμνηται· Φησὶ γὰρ, τὸ ἀποστολικὸν ῥητὸν ἐξηγούμενος τὸ λέγον «Εὐχαριστῶ, ὅτι οὐδένα ὑμῶν ἐβάπτισα» ὁ Χριστὸς λέγεται Πέτρον μόνον βεβαπτικέναι, Πέτρος δὲ Ἀνδρέαν, Ἀνδρέας Ἰάκωβον καὶ Ἰωάννην, ἐκεῖνοι δὲ τοὺς λοιπούς245 Di nuovo altri si oppongono a questi dicendo: «sì, veramente battezzati», tuttavia Clemente lo Stromateo nel V libro delle Ipotiposi lo ricorda; infatti, spiegando il disprezzabile detto apostolico «rendo grazie perché non ho battezzato nessuno di voi», afferma che il Cristo dice di aver battezzato solo Pietro, che Pietro [aveva battezzato] Andrea, Andrea [aveva battezzato] Giacomo e Giovanni e questi avevano battezzato gli altri (Pratum spirituale 176,3045,44-D).

Siamo in presenza di una delle tante testimonianze che concorrono ad affermare la diffusione delle opere di Clemente e la loro consultazione nel momento in cui autori, ormai distanti dal tempo dell’Alessandrino, ancora facevano a lui riferimento per ricostruire la storia delle origini o, piuttosto, la storia delle dottrine cristiane. Nonostante l’opera di riferimento sia quella delle Hypotyposesis, Clemente continua a essere definito Stromateo.

244 È l’opera più importante di Giovanni Mosco e raccoglie trecento storie di santi e di asceti che sono per la maggior parte contemporanei all’autore. Lo scritto ha carattere essenzialmente edificatorio e le numerose traduzioni in lingua orientale, latina e slava ne confermano la grande diffusione. Cf. B. Llewellyn Ihssen, John Moschos’ Spiritual Meadow: authority and autonomy at the end of the Antique World, Farnham-­Burlington, 2014. 245 Testo greco riprodotto secondo J.P. Migne, Patrologia cursus completus (Series Graeca 87,3), Parisiis 1863, 3045.

Massimo il Confessore (580ca.-662)

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2.15 Massimo il Confessore (580ca.-662) Due Sono le testimonianze su Clemente che ci vengono consegnate dagli scritti di Massimo il Confessore. La prima è tratta dalla Disputatio cum Pyrrho246: Κανόνι χρώμενος πρὸς τοῦτο τῷ ὄντι φιλοσόφῳ τῶν φιλοσόφων Κλήμεντι, ἐν τῷ ἕκτῳ τῶν Στρωματέων λόγῳ τὴν μὲν θέλησιν νοῦν εἶναι ὀρεκτικὸν ὁρισαμένῳ, τὴν δὲ βούλησιν εὔλογον ὄρεξιν ἢ τὴν περί τινος θέλησιν247 [Atanasio] riguardo a ciò utilizza come riferimento Clemente, filosofo dei filosofi che, nel sesto libro degli Stromati, sostiene che la volontà è mente appetitiva mentre il desiderio è brama buona o disegno riguardo a qualcosa (Combefis, II, 176).

Pur in assenza di particolari indicazioni di carattere biografico, si conferma, anche da parte di Massimo il Confessore, la stima nei confronti di Clemente e della sua cultura filosofica: il genitivo elativo «filosofo dei filosofi» vuole indicare una eccellenza mentre il puntuale riferimento al sesto libro degli Stromateis, sul concetto specifico di volontà e desiderio248, lascia dedurre la lettura dell’opera o, quanto meno, una sua consultazione. La seconda testimonianza si legge in Ambigua ad Johannem: Τούτους δὲ οὓς ἔφην τοὺς λόγους ὁ μὲν Ἀρεοπαγίτης ἅγιος Διονύσιος “προορισμοὺς” καὶ “θεῖα θελήματα” καλεῖσθαι ὑπὸ τῆς Γραφῆς ἡμᾶς ἐκδιδάσκει. Ὁμοίως δὲ καὶ οἱ περὶ Πάνταινον, τὸν γενόμενον καθηγητὴν τοῦ Στρωματέως μεγάλου Κλήμεντος, “θεῖα θελήματα” τῇ Γραφῇ φίλον καλεῖσθαί φασι249 Il santo Dionigi Areopagita dice che questi discorsi sono “prestabiliti” e ci insegna che dalla Scrittura sono chiamati “volontà divina”. Ugualmente anche quelli che sono vicini a Panteno, colui che era maestro del grande Clemente lo Stromateo, dicono che nella Scrittura la divina volontà è definita benevola (7,24,1–6).

246 Una recente pubblicazione ha affrontato l’indagine sulla paternità della Disputatio cum Pyrrho, se debba o no essere attribuita a Massimo il Confessore: cf. R.W. Strickle, A Dispute in Dispute: Revisiting the Disputatio cum Pyrrho Attributed to Maximus the Confessor (CPG 7698), in Sacris Erudiri 56 (2017) 243–272. 247 Edizione di riferimento: Fr. Combefis (ed.), Disputatio cum Pyrrho Maximus Confessor, Parisiis 1675, II, 176 (= PG 91,317). 248 Cf. Monfrinotti, Creatore e creazione, 139–144. 249 Testo greco riprodotto secondo l’edizione: N. Constas (ed.), On Difficulties in the Church Fathers: The Ambigua, 1 (Dumbarton Oaks Medieval Library), Cambridge Mass. 2014, 106–108.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

Siamo in presenza di un riferimento indiretto all’Alessandrino, il quale viene ricordato nel momento in cui Massimo il Confessore fa menzione di Panteno nel definirlo maestro del grande Clemente lo Stromateo.250 L’aggettivo μέγας non tra i più consueti, indica la notorietà raggiunta dall’Alessandrino e il suo spessore culturale, mentre Στρωματέυς lega la sua fama all’opera considerata la più rappresentativa all’interno della produzione letteraria di Clemente.

250 Cf. Teofane III, De lumine Thaborio orationes:  «Φησὶ γὰρ ὁ θεῖος Μάξιμος, ὅτι ἐρωτηθέντες οἱ περὶ Πάνταινον, τὸν γενόμενον καθηγητὴν τοῦ Στρωματέως μεγάλου Κλήμεντος» (4,507–509).

Anastasio il Sinaita (640–700)

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2.16 Anastasio il Sinaita (640–700) Anastasio il Sinaita più volte, all’interno della sua opera, fa riferimento a Clemente d’Alessandria251. Qui di seguito citiamo i sei testi252 nei quali il nostro autore, sebbene non fornisca nessuna notizia strettamente biografica o letteraria su Clemente, dimostra di considerarlo tra i “santi padri” e di aver consultato le sue opere su determinati argomenti. Il primo testo è tratto da Quaestiones et responsiones 28,12,184–187: Ὁ δὲ ἱερὸς καὶ ἀποστολικὸς διδάσκαλος Κλήμης ἐν τῷ Περὶ προνοίας καὶ δικαιοκρισίας Θεοῦ πρώτῳ λόγῳ τοιοῦτόν τι λέγει, ὅτι ὥσπερ δυνατὸς ὢν ὁ Θεὸς καὶ νῦν ἀνθρωποπλαστεῖν ἀνθρώπους κατὰ τὴν προτέραν τοῦ Ἀδὰμ διάπλασιν […] 13. Ἤκουσας φωνῆς ἱερᾶς πατρὸς πατέρων διδασκούσης […]253 Il santo e apostolico maestro Clemente nella prima parte [dell’opera] Sulla Provvidenza e giustizia di Dio dice questo, che a Dio, come [gli] fu possibile, anche ora [gli è possibile] realizzare la creazione degli uomini secondo il primo modello di Adamo […] Hai ascoltato la voce sacra e maestra del padre dei padri.

In questa testimonianza, l’unica nella quale si allude al perduto scritto De Providentia, il Sinaita definisce Clemente santo, apostolico e maestro; stando al testo, avrebbe consultato almeno la prima parte dell’opera a proposito della potenza creatrice di Dio. La grande stima del Sinaita nei confronti di Clemente emerge anche quando la voce dell’Alessandrino è definita divina e maestra e lo stesso Clemente è celebrato «padre dei padri». Il secondo e il terzo passo si leggono in Viae dux: Ταῦτα καὶ τὰ τοιαῦτα καλῶς ὁ θεόφρων Βασίλειος ἐπιστάμενός φησιν πρὸς Ἀμφιλόχιον· Φύσις δὲ καὶ οὐσία ἐν τοῖς ἐκκλησιαστικοῖς δόγμασιν ἕν τί ἐστιν. Εἰπὼν δὲ ὁ πατὴρ ἐν τοῖς ἐκκλησιαστικοῖς δόγμασιν ἐσήμανεν, ὅτι ἐν τοῖς ἑλληνικοῖς οὐχ ἕν τί ἐστιν οὐσία καὶ φύσις. Διὰ τοῦτο καὶ Κλήμης ὁ πολὺς ἐν σοφίᾳ καὶ γνώσει πεποίηκεν ἰδιαζόντως

2 51 Di tutti i passi di Anastasio (cf. Appendice s.v.) citiamo i più rappresentativi. 252 Le sei testimonianze appartengono alle seguenti opere di Anastasio: Quaestiones et responsiones, scritto di carattere esegetico, dogmatico e morale più volte rielaborato; Viae dux, trattato di carattere controversiale, costituito da 24 capitoli per combattere il monofisismo nelle sue diverse correnti; Capita VI adversus Monotheletas, opera di carattere dogmatico e polemico per condannare l’eresia dei monoteliti; In Hexaemeron anagogicarum contemplationum libros duodecim, lavoro esegetico dedicato all’interpretazione dei sei giorni della creazione, ma di dubbia autenticità. Cf. A. De Nicola, Anastasio il Sinaita, in A. Di Berardino (ed.), Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), 278–279. 253 Edizione di riferimento: J.A. Munitiz – M. Richard (eds.), Anastasii Sinaïtae, Quaestiones et Responsiones (Corpus Christianorum. Series Graeca 59), Turnhout 2006, 65.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

ὅρους ἐκκλησιαστικῶν δογμάτων, ὡς φοιτητὴς καὶ θρέμμα γνήσιον ὑπάρχων τῶν ἁγίων ἀποστόλων Πέτρου καὶ Παύλου μάλιστα τοῦ πανσόφου, καὶ ἀκούσας αὐτοῦ ἀποβαλλομένου καὶ λίαν μυσαττομένου καὶ καθυβρίζοντος τὴν ἑλληνικὴν σοφίαν254. Basilio, mente divina, conoscendo bene queste e altre cose, dice ad Anfilochio: «nelle dottrine della chiesa la natura e la sostanza corrispondono a un unico concetto255». Il padre dicendo «nelle dottrine della chiesa» vuol dire che nelle [dottrine] greche la sostanza e la natura non sono uno stesso concetto. Motivo per cui anche Clemente, eccellente in sapienza e conoscenza formulò in modo proprio le definizioni della dottrine della Chiesa, poiché fu discepolo e allievo sincero dei santi Apostoli Pietro e soprattutto del sapientissimo Paolo del quale sapeva che aveva respinto e molto detestato e ingiuriato la sapienza greca (1,3,69–79).

Nel riferire il pensiero di Basilio Magno sul significato dei termini natura e sostanza, Anastasio ricorda anche Clemente e con grande elogio; sebbene non specifichi che stia riferendosi all’Alessandrino, non c’è dubbio che alluda a lui il quale primeggiò in sapienza e conoscenza, e che si pose sulle orme della tradizione apostolica rappresentata da Pietro e soprattutto da Paolo. Il participio aoristo ἀκούσας va compreso nel senso di “conoscere” il pensiero di Paolo riguardo alla filosofia greca, conoscenza che comporterà anche una condivisione256. Ὁ δὲ Ἀντίχριστος καθαιρεῖ καὶ ἐκβάλλει, οὓς ὁ θεὸς ἔθετο ἐν τῇ ἐκκλησίᾳ πατέρας καὶ ποιμένας, ὥσπέρ τις διδάσκαλος τῶν διδασκάλων ὢν ὁ ῥήτωρ Σευῆρος λέγων, ὅτι Οὐκέτι ἀσφαλεῖς εἰσιν αἱ τῶν ἁγίων πατέρων φωναί. Λοιπὸν σιγησάτω ὁ ἀποστολικὸς Διονύσιος· παυσάσθω Εἰρηναῖος ὁ τῶν αἱρέσεων πέλυξ· μὴ λαλείτω Κλήμης τὸ τοῦ Χριστοῦ κλῆμα257. Ma l’Anticristo abbatte e respinge coloro che Dio ha posto nella Chiesa come padri e pastori; come fosse un maestro tra i maestri, il retore Severo dice: «Non sono più sicure le voci dei santi padri». Pertanto faccia silenzio l’apostolico Dionigi, cessi di parlare Ireneo scure delle eresie; non parli Clemente virgulto di Cristo (Viae dux 7,1,83–90).

254 Edizione di riferimento: K.-H. Uthemann (ed.), Anastasius Sinaïta, Viae dux (Corpus Christianorum. Series Graeca 8), Turnhout 1981, 21–22. 255 Lett.: «sono un’unica cosa». 256 Pressocchè identica testimonianza la leggiamo nel Lexicon redatto da Pseudo Zonaras: «διὰ τοῦτο καὶ Κλήμης, ὁ πολὺς ἐν φιλοσοφίᾳ καὶ γνώσει, πεποίηκεν ἰδιάζοντας ὅρους ἐκκλησιαστικῶν δογμάτων· καὶ φοιτητὴς καὶ θρέμμα γνήσιον ὑπάρχων τῶν ἁγίων Ἀποστόλων Πέτρου καὶ Παύλου μάλιστα τοῦ πανσόφου καὶ ἀκούσας αὐτοῦ ἀποβαλλομένου καὶ μυσαττομένου καὶ καθυβρίζοντος τὴν Ἑλληνικὴν φιλοσοφίαν» (1514,25). Edizione di riferimento: J.A.H. Tittmann (ed.), Iohannis Zonarae, Lexicon ex tribus codicibus manuscriptis 2, Lipsiae 1808, 1514–1515. 257 Uthemann (ed.), 107.

Anastasio il Sinaita (640–700)

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Questa testimonianza di Anastasio, pur non essendo di aiuto nel ricostruire la vita di Clemente, è tuttavia significativa per due ragioni: primo, Clemente viene citato assieme a Dionigi di Alessandria (definito anche in questo passo “apostolico”258) e a Ireneo di Lione; il retore Severo ritiene che la voce dei padri non è più attendibile e Anastasio, con forte ironia, e senza omettere le doti che contraddistinguono Dionigi, Ireneo e Clemente, fa suo l’insostenibile imperativo di Severo; secondo, non è da trascurare il voluto accostamento tra Κλήμης e κλῆμα (Clemente “virgulto” di Cristo); non è da escludere un tentativo etimologico nella presunta derivazione di Κλήμης dal corradicale κλῆμα: ci troveremmo di fronte alla figura del paregménon (lat. derivatio). Nella quarta testimonianza di Anastasio si legge: […] ἀντέθηκεν ἐκεῖνος λέγων· «Καὶ πῶς ὡς θεὸς πληροῖ τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν; Ὅπερ καὶ ἑρμηνεύων ὁ σοφὸς Κλήμης ἐν τοῖς Στρωματεῦσί φησιν ὅτι “Ὥσπερ κατ’ οὐσίαν πληροῖ ἡ ψυχὴ τὸ σῶμα, οὕτω πληροῖ καὶ ζωοποιεῖ ὁ θεὸς τὰ ἐν οὐρανοῖς καὶ τὸν οὐρανὸν καὶ τὴν γῆν κατ’ οὐσίαν.”»259 […] quello replica dicendo: «E come dunque Dio portò a compimento il cielo e la terra? Per l’appunto anche il sapiente Clemente, interpretendo, negli Stromati dice: “Come con la [sua] sostanza l’anima riempie il corpo, così Dio riempie e vivifica le cose che sono nei cieli e il cielo e la terra con la [sua] sostanza”» (Capita VI adversus monotheletas [Codex Vaticanus Graecos 1409] 6,1,24–28).

In merito alla domanda posta da un indefinito personaggio (ἐκεῖνος), Anastasio replica riportando un brano che afferma presente negli Stromateis, opera del “sapiente esegeta”. A fronte l’esplicito riferimento a Clemente di Alessandria e al suo celebre scritto, va rilevato che la citazione riportata da Anastasio non è rintracciabile né negli Stromateis né in altro scritto clementino a noi pervenuto. Il quinto e il sesto provengono da In Hexaemeron anagogicarum contemplationum libros duodecim: Οἱ μὲν οὖν ἀρχαιότεροι τῶν ἐκκλησιῶν ἐξηγητῶν, λέγω δὴ Φίλων ὁ φιλόσοφος καὶ τῶν ἀποστόλων ὁμόχρονος, καὶ Παπίας ὁ πολὺς ὁ Ἰωάννου τοῦ εὐαγγελιστοῦ φοιτητὴς ὁ Ἱεραπολίτης, Εἰρηναῖος τε ὁ Λουγδουνεύς, καὶ Ἰουστῖνος ὁ μάρτυς καὶ φιλόσοφος, Πάνταινός τε ὁ Ἀλεξανδρείας, καὶ Κλήμης ὁ Στρωματεύς, καὶ οἱ ἀμφ’

258 Cf. Anastasio il Sinaita, hex. 12 7b,112; viae 9,3,36 e specialmente 22,3,38 dove Dionigi, ricordato come vescovo di Alessandria, è qualificato apostolico. 259 Edizione di riferimento: K.-H. Uthemann (ed.), Anastasius Sinaïta, Sermones duo in constitutionem hominis secundum imaginem Dei necnon opuscula adversus Monotheletas (Corpus Christianorum. Series Graeca 12), Turnhout 1985, 105.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

αὐτοὺς πνευματικῶς τὰ περὶ παραδείσου ἐθεωρήθησαν εἰς τὴν Χριστοῦ ἐκκλησίαν ἀναφερόμενα, ἐξ ὧν εἰσὶ καὶ οἱ περὶ πάντα πάνσοφοι δύο Καππαδόκαι Γρηγόριοι […]260 I più antichi degli esegeti della Chiesa – parlo di Filone filosofo, contemporaneo degli Apostoli, del grande Papia di Gerapoli discepolo di Giovanni evangelista, di Ireneo di Lione e Giustino martire e filosofo, e di Panteno di Alessandria, di Clemente lo Stromateo e di coloro che erano vicini a questi – in modo ispirato, insegnavano le cose sul paradiso, come riferite alla chiesa di Cristo, tra questi ci sono anche i due sapientissimi Gregorii Cappadoci (In Hexaemeron anagogicarum contemplationum libros duodecim 7b,469–476).

Clemente figura tra i più antichi esegeti che, stando al contesto, sono tutti coloro che si applicarono allo studio delle Scritture. Dopo Panteno261 e Clemente, l’elenco dei personaggi è sospeso e Anastasio prosegue affermando che il loro insegnamento era ispirato262: Μετὰ τὸ εἰπεῖν· «Καὶ ᾠκοδόμησε Κύριος ὁ Θεὸς τὴν πλευρὰν» στίξας τελείαν στιγμὴν ὁ μέγας Κλήμης, καὶ τότε ἀρχὴν στίχου ποιήσας, ἐπήγαγε τό· Ἣν ἔλαβεν ἀπὸ τοῦ Ἀδὰμ εἰς γυναῖκα. Καὶ δοκεῖ μοι πάνυ θεοσεβῶς ἐπιστῆσαι τῇ λέξει […]263 Dopo la frase:  «E il Signore Dio plasmò la costola» (Gen. 2,22), il grande Clemente avendo apposto una perfetta interpunzione e avendo ripreso l’inizio del verso, prosegue così: «La quale [costola] prese da Adamo per [fare] la donna». E a me sembra che in modo del tutto degno di Dio abbia compreso il testo (In Hexaemeron anagogicarum contemplationum libros duodecim 9,817–820).

260 Edizione di riferimento: J.D. Baggarly – C.A. Kuehn (eds.), Anastasius of Sinai, Hexae­ meron (Orientalia Christiana Analecta 278), Romae 2007, 256. 261 Poiché il personaggio di nome di Panteno, quale maestro in Alessandria e di Clemente, non è mai smentito dalle numerose testimonianze, merita una considerazione a parte la lezione Παντανέτου presente in hex. 12 1,323 ([…] καὶ Κλήμεντος, καὶ Παντανέτου τῆς Ἀλεξανδρέων ἱερέως, καὶ Ἀμμωνίου τοῦ σοφωτάτου […]). Il genitivo Παντανέτου viene a designare un autore di Alessandria, ma con tutta probabilità si tratta dello stesso Panteno in quanto il personaggio Pantaneto, associato a Clemente e all’ambiente alessandrino, risulta sconosciuto e mai presente in altre fonti. Nonostante la tradizione manoscritta concordi sulla lezione Παντανέτου, è da supporre trascrizione errata da Παντένου τοῦ. 262 Nel proseguire l’elenco dei personaggi, è singolare il riferimento a Gregorio Nisseno e Gregorio Nazianzeno. Incuriosisce infatti l’omissione di Basilio, tanto più che all’interno dello scritto In Hexaemeron di Anastasio, avrebbe senso la citazione di Basilio e di Gregorio Nisseno a motivo delle rispettive opere in Hexaemeron e De opificio hominis, a meno che Anastasio non voglia alludere al Ser. 45,23–24 di Gregorio Nazianzeno che qui identifica l’ottenimento della salvezza con l’ingresso in paradiso insieme a Gesù. 263 Baggarly – Kuehn (eds.), 348.

Anastasio il Sinaita (640–700)

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Neppure in questo testo di Anastasio, a riguardo di Clemente, si legge nulla di biografico in senso strettamente storico:  tuttavia è rilevante il fatto che l’Alessandrino, definito «grande», continui a costituire una voce esegetica attendibile. Anastasio non dice dove ha letto l’aggiunta, o glossa, di Clemente al testo di Genesi e poiché il passo genesiaco in questione non si registra nelle opere pervenute, non si esclude che il testo letto dal Sinaita sia tratto dalle Hypotyposeis che, stando alle notizie e alla tradizione pervenute, avrebbero costituito il lavoro esegetico per eccellenza dell’Alessandrino.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.17 Giovanni Damasceno (650ca.-749/750) Due volte Giovanni Damasceno fa riferimento a Clemente come fonte autorevole: «Θέλησις τοίνυν ἐστὶ» κατὰ τὸν μακάριον Κλήμεντα «δύναμις τοῦ κυρίως ὄντος ὀρεκτική», καὶ πάλιν «ὄρεξις τῇ τοῦ λογικοῦ φύσει κατάλληλος», καὶ πάλιν «αὐτοκράτορος νοῦς κίνησις αὐτεξούσιος». Ἐν ἀρχῇ γὰρ πλάσας ὁ θεὸς τὸν ἄνθρωπον «ἐποίησεν αὐτὸν φύσιν ἀναμάρτητον, καὶ θέλησιν αὐτεξούσιον», καθώς φησιν ὁ ἱερὸς Ἀθανάσιος264 Secondo il beato Clemente «la volontà è dunque in senso proprio, la potenza appetitiva dell’essere» e anche «desiderio corrispondente alla natura di ciò che riguarda la ragione» e ancora «movimento del tutto libero della mente indipendente». Infatti in principio Dio, avendo plasmato l’uomo, «lo fece di natura infallibile e volontà libera» come dice il santo Atanasio (De duabus Christi voluntatibus 28,11–15).

All’interno del discorso sulla volontà e il suo significato, Damasceno, senza specificare l’opera, cita tre definizioni di Clemente non rintracciabili negli scritti a noi pervenuti265. In ogni caso l’Alessandrino si attesta ancora una volta come fonte e averlo citato insieme al «santo Atanasio»266, sta a significare che il Damasceno ritiene i due autori riferimento fondamentale267. Τοῦ ἀρχαιοτάτου Κλήμεντος, πρεσβυτέρου Ἀλεξανδρείας, ἐκ τοῦ ἑβδόμου βιβλίου τῶν Στρωματέων· Οὐκοῦν οὐ μόνον ἐπαινεῖ τὰ καλά, ἀλλὰ αὐτὸς βιάζεται τοῦ εἶναι καλός, ἐκ τοῦ «ἀγαθοῦ καὶ πιστοῦ δούλου» μεταβαίνων δι’ ἀγάπης εἰς «φίλον», διὰ τὸ τέλειον τῆς ἕξεως, ὃ ἐκ μαθήσεως ἀληθοῦς καὶ συνασκήσεως πολλῆς καθαρῶς ἐκτήσατο. Ὡς ἂν οὖν ἐπ’ ἄκρον γνώσεως ἥκῃ, βιαζόμενος τῷ ἤθει καὶ κεκοσμημένος, τῷ σχήματι

264 Edizione di riferimento B. Kotter (ed.), Johannes von Damaskos, Die Schriften des Johannes von Damaskos, 4 (Patristische Texte und Studien 22), Berlin 1981, 210. 265 Le stesse citazioni si rintracciano, variate solo nella costruzione del periodo, nell’antologia Doctrina Patrum 300,13 (VII-VIII sec.) e qui si specifica, a differenza del Damasceno, che vengono tratte dagli Stromateis (Τοῦ ὁσίου Κλήμεντος τοῦ Στρωματέως. Θέλησίς ἐστι φυσικὴ αὐτοκράτορος νοῦ κίνησις αὐτεξούσιος. Θέλησίς ἐστι φυσικὴ νοῦς περί τι αὐθαιρέτως κινούμενος. Αὐτεξουσιότης ἐστὶ νοῦς κατὰ φύσιν κινούμενος). Non è da escludere che, se non di questo, quantomeno di un florilegio analogo possa essersi avvalso il Damasceno. Su questi insegnamenti di Clemente, cf. D. Dainese, Passibilità divina (Fondamentis Novis 2), Roma 2012. 266 Il testo di Atanasio citato si rintraccia in Apoll. 26,1120,28. Giovanni Damasceno cita lo stesso testo anche in f.o. 26,37 senza attribuirlo al vescovo alessandrino. 267 Motivo per cui non ci sembra di condividere l’affermazione che si legge in M. Mees (Clemente di Alessandria in A. Di Berardino [ed.], Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane (A-E), 1068), il quale afferma che già nei Sacra Parallela Clemente non è più insegnito dei titoli di beato e di santo.

Giovanni Damasceno (650ca.-749/750)

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κατεσταλμένος, πάντα ἐκεῖνα ἔχων, ὅσα πλεονεκτήματά ἐστι τοῦ κατὰ ἀλήθειαν γνωστικοῦ, εἰς τὰς εἰκόνας ἀφορῶν τὰς καλάς»268 Dal VII libro degli Stromati dell’antichissimo Clemente presbitero di Alessandria: «dunque non solo egli [lo gnostico] non solo loda le cose belle ma egli stesso si sforza di essere bello, trasformando, attraverso l’amore, lo “schiavo buono e fedele”269 in “amico”270, mediante la perfezione del comportamento la quale chiaramente si ottiene dall’apprendimento del vero e dal molto esercizio. Egli dunque raggiunge l’apice della conoscenza perseguendo la morale e ornando se stesso, adattandosi al modello, possedendo tutte quelle cose che sono privilegio del vero gnostico, volgendo lo sguardo agli esempi belli […]» (Orationes de imaginibus tres 3,112).

La testimonianza del Damasceno conferma Clemente quale presbitero di Alessandria e autore degli Stromateis di cui viene ricordato il VII libro (7,62,7– 63,1) a proposito del concetto di bellezza e di verità come condizione di virtù del vero gnostico. Il Damasceno inserisce la citazione di Clemente all’interno di una raccoltà dove confluiscono le voci preminenti della tradizione ortodossa271.

268 Edizione di riferimento: B. Kotter (ed.), Johannes von Damaskos, Die Schriften des Johannes von Damaskos, 3 (Patristische Texte und Studien 17), Berlin 1975, 190. 269 Mt. 25,23; Gv. 15,15. 270 Sul concetto di “amico di Dio” in Clemente cf. str. 1,176,3; 2,20,2. 271 Cf. Giovanni Damasceno, imag. 3,103–107: insieme a Clemente vengono citati, fra gli altri, Gregorio di Nazianzo, Flaviano, Giovanni Crisostomo.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.18 Andrea di Creta (660ca.-740) Nella Laudatio Jacobi fratris Domini attribuita ad Andrea di Creta272 si legge: Ἡγήσιππος δὲ καὶ Κλήμης τῆσδέ μοι γεγόνασι τῆς ἱστορίας διδάσκαλοι, ὧν ὁ μὲν ἐν τῷ πέμπτῳ αὐτοῦ Ὑπομνήματι, ὁ δὲ ἐν τῇ ἕκτῃ τῶν λεγομένων273 Ὑποτυπώσεων κατ’ ἐπιδρομὴν γεγράφασι τὰ κατὰ Ἰάκωβον, οὐ τοῦτον, ὡς εἴρηται, σκοπὸν τῆς ὑποθέσεως προβαλλόμενοι, ἀλλ’ ἐφ’ ἕτερα μὲν τῆς γραφῆς τὸν δρόμον ἀνύοντες, ὑπὸ δὲ τῆς μεγαλειότητος τοῦ ἀνδρὸς σιωπῇ παρελθεῖν τινα τῶν ἐκείνου μὴ συγχωρούμενοι. Καὶ ταῦτα μὲν εἰρήσθω περὶ Ἡγησίππου καὶ Κλήμεντος, οἳ τὰς ἀφορμὰς τῆς παρούσης μοι δεδώκασιν ὑποθέσεως, ἄνδρες ἄμφω βίῳ καὶ λόγῳ κοσμούμενοι καὶ ἐν τοῖς ἀποστολικοῖς διδάγμασι περιβόητοι· ὁ μὲν γὰρ μέγας Ἡγήσιππος τῆς πρώτης εὐθὺς τῶν ἀποστόλων διδασκαλίας ὑπῆρχεν διάδοχος, Κλήμης δὲ ὁ θαυμάσιος πρεσβύτερος ἅμα καὶ διδάσκαλος τῆς ἐν Ἀλεξανδρείᾳ παροικίας γεγένηται. Παρὰ τούτων ἐγὼ μεμάθηκα τὰ κατὰ τὸν Ἰάκωβον274. Egesippo e Clemente furono maestri di questa storia: di essi, l’uno nel quinto libro degli Ipomnemata, l’altro nel sesto [libro] delle cosiddette Ipotiposi hanno scritto per sommi capi quello che riguardava Giacomo, non prefiggendosi questo – come si afferma – quale scopo della loro materia ma per ciascuna opera, procedendo velocemente, hanno passato sotto silenzio la grandezza dell’uomo e senza concordare in alcune delle cose che lo riguardavano. Questo va detto su Egesippo e Clemente i quali mi hanno fornito le basi della presente trattazione: uomini entrambi celebri per la vita e per la parola e famosi per gli insegnamenti apostolici; l’uno infatti, il grande Egesippo, si segnalò subito come successore del primo insegnamento degli apostoli; l’altro, il mirabile Clemente fu presbitero e al tempo stesso anche maestro della comunità di Alessandria. Da questi io ho appreso quello che riguardava Giacomo (Laudatio Jacobi fratris Domini 1,18–27).

Nella pericope sopra citata il Clemente, associato a Egesippo, è ricordato come autore delle Hypotyposeis, e in particolare, per quanto afferma nel VI libro a proposito di Giacomo275. Nominando l’Alessandrino, definito ancora una volta 272 Andrea di Creta conosciuto anche come Andrea l’innografo, fu un vescovo bizantino autore di inni sacri che furono accolti nella liturgia del tempo e che ancora oggi vengono cantati. Inventò il canone quale forma nuova di innodia; il Canon Magnus rappresenta il suo capolavoro e consta di 250 strofe. È venerato sia dalla chiesa ortodossa, sia dalla chiesa cattolica. 273 Il participio «λεγόμενος» non ha lo stesso significato di «ἐπιγεγραμμένος»: quest’ultimo indica più specificamente l’assegnazione di un titolo, mentre il primo potrebbe essere indice di incertezza sul titolo dell’opera oppure indicare il nome con cui si era soliti chiamare lo scritto. 274 Testo greco riprodotto secondo l’edizione J. Noret, Un éloge de Jacques le Frère du Seigneur par un Pseudo-André de Crète, avec une paraphrase ancienne dell’épître catholique de Saint Jacques (Studies and Texts 44), Toronto 1978, 36–76. 275 Su Egesippo e Clemente cf. sopra pp. 98–101.

Andrea di Creta (660ca.-740)

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θαυμάσιος276, l’autore ne conferma anche il sacerdozio e l’insegnamento in Alessandria; dichiara inoltre di essere anche a lui debitore per quanto attiene le notizie, seppure sommarie, sul “fratello del Signore”277.

2 76 Cf. anche Eusebio di Cesarea, praep. ev. 2,2,64. 277 Riferimento analogo anche in Jacob. 10,7:  «Καὶ τοῦτον τὸν λόγον οὐ μὴ ἀφήσω ἀμάρτυρον· αὐτὰ γὰρ ταῦτα ὁ μέγας Ἡγήσιππος· ὅμοια δὲ τούτοις εἰσὶν καὶ τὰ Κλήμεντος» «e questo discorso non lo lascerò senza testimonianza: queste stesse cose infatti il grande Egesippo [ha detto] e uguali sono quelle di Clemente». Questa consonanza tra Egesippo e Clemente non era confermata nel precedente passo in cui, sempre riguardo al martirio di Giacomo, si legge: τινα τῶν ἐκείνου μὴ συγχωρούμενοι (cf. sopra p. 116).

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.19 Giorgio Monaco Amartolo (IX sec.) La testimonianza è tratta dal Chronicon breve278 110,84,5: Κλήμης δὲ ὁ Στρωματεὺς, Ὠριγενιαστὴς ὢν, ὥς τινι τῶν Πατέρων ἀπεκαλύφθη, μὴ ἐν κολάσει Ἰουδαῖος ὤν279 Clemente lo Stromateo, pur essendo origenista, come era stato rivelato da qualcuno dei Padri, non fu tuttavia messo a condanna in quanto giudeo.

Il breve passo sopra citato merita una considerazione particolare non solo per l’insistenza del titolo ὁ Στρωματεύς280 che si conferma distintivo di Clemente, ma anche per la definizione di Ὠριγενιαστής la quale risulta del tutto impropria in quanto l’Alessandrino è semmai maestro e non seguace di Origene. È forse giustificabile l’uso di questo aggettivo supponendo che Giorgio Monaco intenda dire che i principi dottrinali di Origene sono fondamentalmente gli stessi di Clemente e quindi suscettibili di contestazione, come conferma la dichiarativa immediatamente successiva nella quale si legge che l’origenismo di Clemente fu reso noto da alcuni Padri; in altre parole, l’autore ritiene dover precisare che lo Stromateo fu giudicato in errore, così come Origene, senza però subire la stessa condanna per il fatto che era un giudeo. Quest’ultima affermazione rimane unica all’interno delle testimonianze e sconfessa le fonti che attesterebbero invece l’estrazione pagana del Maestro d’Alessandria e la sua formazione di tradizione classica. Difficile stabilire da dove pervenga l’informazione sulla fede giudaica di Clemente, se Giorgio Monaco attinga a una tradizione non attestata oppure se sia una sua convinzione. Unico possibile riferimento a un rapporto tra Clemente e il mondo giudaico è dato dalla notizia stessa dell’Alessandrino sui suoi maestri: tra questi ve ne sarebbe uno ebreo281. In ogni caso, che Clemente sia Ἰουδαῖος è del tutto inverosimile perché non altrimenti documentato e soprattutto perché nulla traspare dai suoi scritti su una presunta adesione al giudaismo.

278 Giorgio Monaco detto Amartolo (“peccatore”) fu un cronista bizantino di IX secolo e autore di un Chronicon breve nel quale ripercorre la storia universale da Adamo fino a Michele III imperatore di Bisanzio (842–843). Nella sua cronaca si leggono informazioni utili e anche uniche sulla corrente iconoclasta e sull’islamismo. 279 Testo greco riprodotto da J.P. Migne, Patrologiae cursus completus (Series Graeca 110), Parisiis 1863, 84. 280 Stessa definizione in Chronicon breve (Redactio recentior, PG 110, 532,18), seguita da ulteriore conferma che Origene fu discepolo di Clemente (PG 110, 532,20). 281 Cf. str. 1,11,2.

Giorgio Sincello († dopo 810)

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2.20 Giorgio Sincello († dopo 810) All’interno della Ecloga chronographica di Giorgio Sincello, molti sono i riferimenti282 a Clemente ma solo tre meritano di essere presi in considerazione ai fini del nostro lavoro: Ὁ γὰρ ἱερὸς Κλήμης πρὸς Ἕλληνας παραταττόμενος ἐν τοῖς ἱεροῖς αὐτοῦ στρωματεῦσι λόγοις εὐλόγως ταῖς ὀλυμπιάσι κέχρηται283 Il santo Clemente rivolgendosi ai Greci nei suoi santi discorsi Stromatei giustamente si serve delle Olimpiadi (Ecloga chronographica 271,26–27). Τούτοις ἀκόλουθα καὶ Κλήμης ὁ Ἀλεξανδρεὺς ἐν τῷ ἐπιγεγραμμένῳ λόγῳ ‘Τίς ὁ σῳζόμενος πλούσιος’ γράφει, μετὰ τὴν Δομετιανοῦ τοῦ τυράννου τελευτὴν ἐπανελθεῖν ἐκ τῆς Πάτμου τὸν Ἰωάννην τὸν θεολόγον […]284 Dopo questi anche Clemente Alessandrino nell’opera intitolata Quale ricco si salva scrive che Giovanni il teologo fece ritorno da Patmos dopo la morte dell’imperatore Domiziano […] (Ecloga chronographica 422,6–8) Κλήμης ὁ Στρωματεὺς πρεσβύτερος Ἀλεξανδρείας ἄριστος διδάσκαλος ἐν τῇ κατὰ Χριστὸν φιλοσοφίᾳ συντάττων διέλαμπε285 Clemente lo Stromateo presbitero di Alessandria eccellente maestro brillò nella filosofia secondo Cristo organizzandola in sistemi (Ecloga chronographica 434,12–13).

Clemente viene ricordato come autore degli Stromateis e del Quis dives salvetur? Ognuna delle tre testimonianze fornisce un contributo proprio anche se non innovativo. Nella prima, Clemente è definito “santo” (ἱερός) così come “santi” (ἱεροί) sono definiti i principi e i concetti espressi negli Stromateis; il giudizio di Sincello non solo è positivo, ma anche esaltante la santità del personaggio e del messaggio; si aggiunge inoltre, con un rilievo di carattere metodologico, che nella stesura dell’opera, Clemente si serve delle “Olimpiadi”, chiaro riferimento a str. 1,136– 138: Sincello vuole sottolineare che anche in un’opera dedicata ad argomenti di 282 Gli altri riferimenti a Clemente, all’interno degli scritti di Giorgio Sincello, si leggono in ecl. chron. 71,1; 73,9.15; 140,11; 173,19; 270,14.19; 271,26; 397,23; 403,14; 408,3; 422,6; 434,12; 446,4. 283 Mosshammer (ed.), 271. 284 Mosshammer (ed.), 422. 285 Mosshammer (ed.), 434: l’elogio di Clemente prosegue con un riferimento a Panteno e alla sua riflessione teologica: non è inverosimile che il personaggio sia evocato per ricordare ulteriormente l’influenza esercitata da Panteno quale maestro di Clemente: «Panteno filosofo di estrazione stoica si distinse nella riflessione su Dio» (Πάνταινος φιλόσοφος ἀπὸ στωικῶν ἐν τῷ θείῳ λόγῳ διέπρεπεν).

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carattere dottrinale e teologico, Clemente è riuscito a riservare uno spazio alla cronologia facendo riferimento anche alla datazione delle Olimpiadi, un particolare che non poteva non essere apprezzato dal compositore dell’Ecloga chronographica. Nella seconda testimonianza l’attenzione di Sincello è rivolta soprattutto all’opera Quis dives della quale va tenuto conto per stabilire che il ritorno di Giovanni dall’isola di Patmos avvenne dopo la morte di Domiziano. In questo caso, Clemente è la fonte utile a fissare una datazione e quindi Sincello non aggiunge altro né di biografico né di attinente all’opera letteraria. Nella terza, il giudizio espresso nei confronti dell’Alessandrino rivela la stima di cui il maestro godeva anche presso lo storico Sincello: egli è “Stromateo”, “presbitero” ed “eccellente maestro”. Da notare:  primeggia l’importanza degli Stromateis tanto da giustificare l’aggettivo che designa lo stesso Clemente; si conferma il suo sacerdozio e il valore del suo insegnamento volto soprattutto a trasmettere la “filosofia secondo Cristo” (κατὰ Χριστὸν φιλοσοφία), espressione che vuole preservare l’indole filosofia e teologica di Clemente. Particolare considerazione merita il participio συντάττων: il verbo, nella sua accezione fondametale, significa “organizzare” o “coordinare” ma non ci sembra azzardato proporre come traduzione quella di “organizzare in sistemi” perché di fatto Clemente, affrontando, soprattutto negli Stromateis, i principi teo-filosofici riorganizza il pensiero riguardante Dio e il suo Logos e, sebbene l’opera non si configuri come un trattato che svolge in continuità un certo tipo di teologia, le varie proposizioni formulate all’interno dell’opera permettono di individuare in Clemente la capacità di rielaborare e riordinare i dati fondamentali della dottrina rivelata.

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2.21 Fozio di Costantinopoli (820ca.-891) L’ulteriore e determinante testimonianza passata in rassegna è quella di Fozio, il noto personaggio che ascese due volte al soglio patriarcale di Costantinopoli ed ebbe parte attiva nella controversia religiosa da cui presa avvio lo scisma che avrebbe definitivamente diviso la Chiesa greca da quella romana. Alle notizie su Clemente, fornite da quattro brani della Bibliotheca286, si aggiunge anche l’unica contenuta nel trattato De Spiritus sancti mystagogia. Nel primo testo della Bibliotheca si legge: Ἀνεγνώσθη Κλήμεντος Ἀλεξανδρέως πρεσβυτέρου τεύχη βιβλίων τρία, ὧν τὸ μὲν ἐπιγραφὴν ἔλαχεν Ὑποτυπώσεις, τὸ δὲ Στρωματεύς, τὸ δὲ Παιδαγωγός. Αἱ μὲν οὖν Ὑποτυπώσεις διαλαμβάνουσι περὶ ῥητῶν τινῶν τῆς τε παλαιᾶς καὶ νέας γραφῆς, ὧν καὶ κεφαλαιωδῶς ὡς δῆθεν ἐξήγησίν τε καὶ ἑρμηνείαν ποιεῖται. Καὶ ἔν τισι μὲν αὐτῶν ὀρθῶς δοκεῖ λέγειν, ἔν τισι δὲ παντελῶς εἰς ἀσεβεῖς καὶ μυθώδεις λόγους ἐκφέρεται. Ὕλην τε γὰρ ἄχρονον καὶ ἰδέας ὡς ἀπό τινων ῥητῶν εἰσαγομένας δοξάζει, καὶ τὸν Υἱὸν εἰς κτίσμα κατάγει. Ἔτι δὲ μετεμψυχώσεις καὶ πολλοὺς πρὸ τοῦ Ἀδὰμ κόσμους τερατεύεται· καὶ ἐκ τοῦ Ἀδὰμ τὴν Εὔαν, οὐχ ὡς ὁ ἐκκλησιαστικὸς λόγος βούλεται, ἀλλ’ αἰσχρῶς τε καὶ ἀθέως ἀποφαίνεται· μίγνυσθαί τε τοὺς ἀγγέλους γυναιξὶ καὶ παιδοποιεῖν ἐξ αὐτῶν ὀνειροπολεῖ, καὶ μὴ σαρκωθῆναι τὸν λόγον ἀλλὰ δόξαι. Λόγους τε τοῦ πατρὸς δύο τερατολογῶν ἀπελέγχεται, ὧν τὸν ἥττονα τοῖς ἀνθρώποις ἐπιφανῆναι, μᾶλλον δὲ οὐδὲ ἐκεῖνον· φησὶ γάρ· «Λέγεται μὲν καὶ ὁ Υἱὸς λόγος, ὁμωνύμως τῷ πατρικῷ λόγῳ, ἀλλ’ οὔ νυν οὗτός ἐστιν ὁ σὰρξ γενόμενος· οὐδὲ μὴν ὁ πατρῷος λόγος, ἀλλὰ δύναμίς τις τοῦ Θεοῦ οἷον ἀπόρροια τοῦ λόγου αὐτοῦ, νοῦς γενόμενος τὰς τῶν ἀνθρώπων καρδίας διαπεφοίτηκε». Καὶ ταῦτα πάντα πειρᾶται ἀπὸ ῥητῶν τινῶν κατασκευάζειν τῆς γραφῆς, καὶ ἄλλα δὲ μυρία φλυαρεῖ καὶ βλασφημεῖ, εἴτε αὐτός, εἴτε τις ἕτερος τὸ αὐτοῦ πρόσωπον

286 Si tratta di una raccolta di annotazioni in merito a opere composte dalle più diverse categorie di scrittori: alcune appartengono alla letteratura attica del V e del IV secolo a.C., molte risalgono all’età ellenistica oppure ai secoli dell’Impero romano, altre sono invece di epoca bizantina. Numerosi sono gli studi sull’opera, tra i quali si distingue quello di K. Ziegler, Photius, in A.F. Pauly – G. Wissowa – W. Kroll, Realencyclopädie der Classischen Altertumswissenschaft, 20, Leipzig 1941, 667–737; si ricorderanno anche T. Hägg, Photios als Vermittler antiker Literatur, Uppsala 1975; T. Hägg, Photios at Work Evidence from the Text of the Bibliotheca, in Greek, Roman and Byzantine Studies 14 (1973) 213–222 e in Göttingische gelehrte Anzeigen 228 (1976) 32–60, nel quale viene recensita l’edizione di R. Henry; W.T. Treadgold, The Nature of the Bibliotheca of Photius, Washington, D.C. 1980. Inoltre segnaliamo gli articoli C. Mango, The Availability of Book in the Byzantine Empire AD 750–850, in C. Mango – I. Ševčenko, Byzantine Books and Bookmen, Washington, D.C. 1975, 29–45, spec. 37–43; N.G. Wilson, The Composition of Photius Bibliotheca, in Greek, Roman and Byzantine Studies 9 (1968) 451–455; di quest’ultimo si veda anche Scholars of Byzantium, London 1983, 93–111.

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ὑποκριθείς. Ἐποιήθησαν δὲ αὐτῷ αἱ βλάσφημοι αὗται τερατολογίαι ἐν τόμοις ὀκτώ. Λέγει δὲ καὶ περὶ τῶν αὐτῶν πολλάκις, καὶ σποράδην καὶ συγκεχυμένως ὥσπερ ἔμπληκτος παράγει τὰ ῥητά. Ὁ δὲ ὅλος σκοπὸς ὡσανεὶ ἑρμηνεῖαι τυγχάνουσι τῆς Γενέσεως, τῆς Ἐξόδου, τῶν Ψαλμῶν, τοῦ θείου Παύλου τῶν ἐπιστολῶν, καὶ τῶν καθολικῶν, καὶ τοῦ Ἐκκλησιαστοῦ. Μαθητὴς δέ, ὡς καὶ αὐτός φησι, γέγονε Πανταίνου· ἀλλὰ ταῦτα μὲν αἱ Ὑποτυπώσεις. 110. Ὁ δὲ Παιδαγωγὸς ἐν τρισὶ τόμοις ἐστὶν αὐτῷ διαπεπονημένος, ἤθους καὶ βίου κατορθωτικός. Ἔχει δὲ τούτων καὶ προηγούμενον καὶ συνταττόμενον λόγον ἕτερον, ἐν ᾧ τὴν Ἑλλήνων διελέγχει ἀθεότητα. Οὐδὲν δὲ ὅμοιον ἔχουσι πρὸς τὰς Ὑποτυπώσεις οὗτοι οἱ λόγοι· τῶν τε γὰρ ματαίων καὶ βλασφήμων ἀπηλλαγμένοι δοξῶν καθεστήκασι, καὶ ἡ φράσις ἀνθηρὰ καὶ εἰς ὄγκον ἠρμένη σύμμετρον μετὰ τοῦ ἡδέος, καὶ ἡ πολυμάθεια ἐμπρέπουσα. Μνημονεύει δὲ πρὸς τῷ τέλει καὶ περὶ εἰκόνων. 111. Οἱ δὲ Στρωματεῖς εἰσι μὲν καὶ αὐτοὶ ἐν ὀκτὼ λόγοις καθ’ Ἑλλήνων καὶ αἱρέσεων τὸν ἀγῶνα εἰσενηνεγμένοι, σποράδην δὲ καὶ ὥσπερ οὐκ ἐν τάξει τὴν τῶν κεφαλαίων παράθεσιν κἀνταῦθα ποιεῖται, καὶ τὴν αἰτίαν ὥσπερ ἀποδιδοὺς ἐν τῷ τέλει τοῦ ἑβδόμου λόγου αὐταῖς λέξεσιν οὕτως λέγει· «Τούτων ἡμῖν προδιηνυσμένων, καὶ τοῦ ἠθικοῦ τύπου ὡς ἐν κεφαλαίοις ὑπογραφέντος, σποράδην τε, ὡς ὑπεσχήμεθα, καὶ διερριμμένως τὰ ζώπυρα τῆς ἀληθοῦς γνώσεως ἐγκατασπειράντων μαθήματα, ὡς μὴ ῥᾳδίαν εἶναι τῷ περιτυχόντι τῶν ἀμυήτων τὴν τῶν ἁγίων εὕρεσιν» καὶ ἑξῆς. Ἡ μὲν οὖν τοῦ διερριμμένως αὐτὰ κατατάξαι αὐτῷ αἰτία αὕτη, ὥς φησι, γέγονεν. Εὗρον μέντοι γε ἔν τινι παλαιῷ βιβλίῳ τὴν αὐτὴν πραγματείαν οὐχὶ Στρωματεῖς μόνον ἐπιγραφομένην ἀλλ’ ὁλοκλήρως οὕτως· «Τίτου Φλαβίου Κλήμεντος, πρεσβυτέρου Ἀλεξανδρείας, τῶν κατὰ τὴν ἀληθῆ φιλοσοφίαν γνωστικῶν ὑπομνημάτων στρωματέων αʹ, βʹ, γʹ, δʹ, εʹ, ϛʹ, ζʹ καὶ ηʹ». Ἀλλ’ ὁ μὲν πρῶτος μέχρι τοῦ ἑβδόμου τὴν αὐτὴν ἔχουσιν ἐπιγραφὴν καὶ ἑνιαῖοι τυγχάνουσιν ἐν ἅπασι τοῖς βιβλίοις. Ὁ μέντοι ὄγδοος διάφορός τέ ἐστι καὶ τῇ ἐπιγραφῇ καὶ τῷ ἐδάφει. Ἔν τισι μὲν γάρ «Τίς ὁ σῳζόμενος πλούσιος;» ἐπιγράφεται, καὶ ἄρχεται οὕτως· «Οἱ μὲν τοὺς ἐγκωμιαστικοὺς λόγους» καὶ ἑξῆς· ἔν τισι δὲ Στρωματεὺς ὄγδοος, ὥσπερ καὶ οἱ πρὸ αὐτοῦ ἑπτά, ἐπιγράφεται, καὶ ἀπάρχεται· «Ἀλλ’ οὐδὲ οἱ παλαίτατοι τῶν φιλοσόφων» καὶ ἑξῆς. Αὕτη δὲ ἡ τῶν Στρωματέων βίβλος ἐνιαχοῦ οὐχ ὑγιῶς διαλαμβάνει, οὐ μέντοι γε ὥσπερ αἱ Ὑποτυπώσεις, ἀλλὰ καὶ πρὸς πολλὰ τῶν ἐκεῖ διαμάχεται. Ἐπαγγέλλεται δὲ καὶ ἄλλα πεποιῆσθαι αὑτῷ συγγράμματα οὐκ ὀλίγα, καί γε καὶ ὑφ’ ἑτέρων πεποιηκέναι μεμαρτύρηται, περί τε τοῦ Πάσχα καὶ περὶ νηστείας καὶ περὶ κακολογίας, περὶ κανόνων ἐκκλησιαστικῶν, κατὰ τῶν ἀκολουθούντων τῇ τῶν Ἰουδαίων πλάνῃ ὃν Ἀλεξάνδρῳ Ἱεροσολύμων ἐπισκόπῳ προσειπεῖν. Ἤκμασε δὲ Σεβήρου καὶ Ἀντωνίνου υἱοῦ αὐτοῦ Ῥώμης βασιλευόντων287. Di Clemente Alessandrino presbitero sono stati letti tre libri, di cui uno reca il titolo Ipotiposi, l’altro Stromati l’altro ancora Pedagogo. Le Ipotiposi entrano nel merito di alcuni detti dell’Antica e della Nuova Scrittura, dei quali per sommi capi, si intende, egli esegue una spiegazione e un’interpretazione. Riguardo ad alcuni di questi [detti] sembra dire cose corrette, ma riguardo ad altri formula discorsi assolutamente empi e simili a favole.

287 Edizione di riferimento: R. Henry (ed.), Photius, Bibliothèque, II (Codices 84–185), Paris 1969, 79–82.

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Afferma una materia senza tempo e principi derivati da alcuni detti e riduce a creatura il Figlio. Spaccia frottole anche sulla metempsicosi e sui molti mondi prima di Adamo; e dichiara che Eva [ha origine] da Adamo, non però come vuole il racconto della chiesa ma in modo vergognoso ed empio; farnetica che gli angeli si uniscono alle donne e da queste generano figli e che il Verbo non si è fatto carne ma sembrava [incarnato]. Fantasticando induce l’errore di due Logoi del Padre, dei quali l’inferiore si è manifestato agli uomini, anzi, neppure questo. Dice infatti: «Il Figlio è chiamato Logos con lo stesso nome del Logos [che è] del Padre ma non è questo colui che si è fatto carne; e neppure Logos del Padre ma potenza di Dio quale emanazione del suo stesso Logos che divenuto intelligenza penetrò nel cuore degli uomini». Tutte queste cose tenta di stabilire sulla base di alcune parole della Scrittura ma dice moltissime altre fandonie e bestemmia lui stesso sia chiunque altro lo abbia imitato288. Queste blasfeme fandonie sono state da lui ricomposte in otto libri. Parla su questi [temi] spesso e, come un insensato, stravolge le parole qua e là e indiscriminatamente. Come se tutto il fine consistesse nelle interpretazioni della Genesi, dell’Esodo, dei Salmi, delle Lettere del divino Paolo e delle [Lettere] Cattoliche e dell’Ecclesiaste. Come egli stesso dice, fu discepolo di Panteno, ma queste cose [le contengono] le Ipotiposi. Il Pedagogo è organizzato da lui in tre libri e raggiunge un buon risultato di etica e di vita. Ha composto anche un altro scritto che introduce questi [tre libri] in cui confuta l’ateismo dei Greci. Queste opere non hanno nulla in comune con le Ipotiposi: alle dottrine insensate e blasfeme si presentano estranei e lo stile è ornato e si eleva a una dignità piacevolmente misurata ed emerge una vasta cultura. Al termine ricorda anche le icone. Gli Stromati sono anch’essi in otto libri e intraprendono la lotta contro i Greci e contro le eresie; anche qui, in modo sparpagliato e come senza ordine, accosta i capitoli e, spiegando in qualche modo la ragione, alla fine del VII libro, con le sue parole così afferma: «Delineate le questioni preliminari e il contenuto etico come in capitoli, qua e là così l’abbiamo presentato e spargendo confusamente gli insegnamenti vivificanti della vera gnosi, cosicchè non fosse facile la scoperta delle cose sante a chiunque fosse capitato di coloro [che] non [sono] iniziati ai misteri» e altro. Questo dunque è il motivo per cui – come egli dice – ha trattato di queste cose in modo disordinato. Inoltre, ho trovato in un codice antico la stessa opera, non intitolata semplicemente Stromati, ma, integralmente, in questo modo: «Di Tito Flavio Clemente, presbitero di Alessandria, [libri] primo, secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo degli Stromati, appunti gnostici secondo la vera filosofia»289. Ma il primo [libro] fino al settimo hanno lo stesso titolo e costituiscono un’unità in tutti i codici. L’ottavo invece è diverso sia nel titolo sia nel testo. Infatti in alcuni [codici] si intitola “Quale ricco si salverà?” e inizia in questo modo: «Alcuni, i discorsi di encomio» ecc.; in altri [codici]

2 88 Lett.: «abbia simulato la sua persona». 289 La puntuale informazione di Fozio riguardante il “codice antico” (παλαιὸν βιβλίον) nel quale legge un titolo più completo rispetto a quello trasmesso da altri codici, interroga sull’identità del codice che non è da escludere che possa essere appartenuto a quel ramo di tradizione di cui si sarebbe servito anche Eusebio di Cesarea (cf. h.e. 6,13,1).

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si intitola “Stromateo ottavo” come quelli dal primo al settimo e inizia: «Ma neppure i più antichi filosofi» ecc. Questo libro degli Stromateis in qualche parte non spiega in modo corretto, non però come le Ipotiposi, anzi contesta molte delle affermazioni che si trovano lì. Dice anche che non poche altre opere sono state composte da lui e anche da parte di altri è affermato che [Clemente] ha composto Sulla Pasqua, Sul digiuno, Sulla maldicenza, Sui canoni ecclesiastici, Contro i seguaci dell’errore dei Giudei che è dedicato ad Alessandro, vescovo di Gerusalemme. Raggiunse il suo apice quando imperatori di Roma erano Severo e Antonino suo figlio (Bibliotheca 109–111).

L’ampia pagina dedicata da Fozio a Tito Flavio Clemente290 rivela non solo una assai limitata stima nei confronti dell’Alessandrino ma anche l’esplicita volontà di mettere in evidenza soprattutto gli errori dottrinali che, a giudizio del Patriarca, sarebbero vistosamente contenuti nel libro delle Hypotyposeis. Pertanto la contestazione dell’ortodossia di Clemente prevale assolutamente sull’interesse biografico e, a prescindere dall’attività letteraria, gli unici elementi registrabili circa la vita dell’Alessandrino sono, ancora una volta, l’aver vissuto al tempo di Severo e l’essere stato “presbitero”: così infatti lo definisce lo stesso Fozio il quale fa sua l’informazione tramandata e che trova conferma anche nella titolatura di un antico codice degli Stromateis di cui lo stesso Fozio dice di aver preso visione senza però fornire altra informazione su tale codice e la sua datazione. Quanto alla severa recensione di Fozio, va notato anzitutto che egli dichiara di aver letto le Hypotyposeis, gli Stromateis e il Paedagogus; quindi la conoscenza di questi scritti sarebbe stata diretta e non mediata. Il primo testo passato sotto giudizio, è quello delle Hypotyposeis, opera purtroppo non pervenuta e, come si è detto, recuperabile solo in minima parte nei frammenti trasmessi dalla Historia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea291. Fozio non esita ad accusare Clemente di fandonia e di bestemmia e specifica i punti in cui – sebbene non lo dica apertamente – lo considera quasi eretico: la materia “senza tempo” ovvero la eternità della materia, la creaturalità del Figlio di Dio, la trasmigrazione delle anime, l’esistenza di più mondi prima di Adamo, il racconto empio della creazione di Eva, l’unione degli angeli con le donne e i 2 90 Per quanto riguarda i tria nomina di Clemente cf. sopra pp. 63–64. 291 Cf. h.e.; 2,1,3–4; 2,9,3; 6,14,3–4. Altri riferimenti alle Hypotyposeis, nei quali viene riassunto il contenuto, sono presenti in h.e. 1,12,2; 2,15,1; 2,23,3 ; 6,14,1-ss. Complesso è il problema circa la presenza dei frammenti delle Hypotyposeis relativa all’interpretazione delle lettere cattoliche e circolanti sotto il titolo Adumbrationes Clementis Alexandrini in Epistulas Canonicas e pervenuti solo in una traduzione latina che si vuole commissionata da Cassiodoro a Muziano (cf. Adumb. 1,8,4).

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figli da loro generati, la concezione docetista dell’incarnazione, i due Logoi del Padre292. Concetti empi e fantasiosi che Clemente inserisce nel suo scritto dove peraltro sono presenti anche affermazioni non contestabili. I principi oppugnabili 292 Fozio è convinto che Clemente sostiene l’esistenza di due logoi del Padre: il primo è Figlio, denominato Logos, che mai ha assunto la carne e che è come una potenza divina; il secondo è un’emanazione (ἀπόρροια) del Logos, che è divenuta intelligenza (νοῦς γενόμενος) ed è stata effusa nel cuore degli uomini. Su questo argomento il dibattito è stato particolarmente ampio a partire da coloro che hanno messo in discussione la paternità del testo considerandolo pseudoepigrafo (cf. Ch. Markschies, “Die wunderliche Mär von zwei Logoi…”, 193–219. Posizione questa non codivisa da Prinzivalli, cf. Le metamorfosi della scuola alessandrina da Eracla a Didimo, 54 n. 105). Numerose poi sono state le interpretazioni del testo di Fozio da parte degli studiosi. Uno dei primissimi studi è quello di R.P. Casey, Clement and the two divine Logoi, in Journal of Theological Studies 25 (1924) 43–56. Lo studioso si è proposto di evidenziare che le accuse mosse da Fozio a Clemente furono determinate dalle posteriori controversie origeniane e ariane, in cui la figura di Clemente fu coinvolta per essere stato esponente significativo della tradizione alessandrina (cf. Atanasio, Ar. 1,5). Alla posizione di Casey si è contrapposto fortemente P.B. Pade, il quale, insieme ad altri studiosi, ha sostenuto che nella dottrina di Clemente il Logos non è subordinato al Padre ma è identico a lui, e di conseguenza è legittima l’accusa portata contro l’Alessandrino di postulare un doppio Logos (cf. P.B. Pade, Logos Theos. Untersuchungen zur Logos-Christologie des Titus Flavius Clemens von Alexandrien. Eine dogmengeschichtliche Studie, Roma 1939; R. Arnou, Platonisme des Pères, in Dictionnaire de Théologie Catholique 12 [1932–5] 2258–2392). Una spiegazione certamente valida, ancora oggi a distanza di decenni, è quella formulata da Wolfson, il quale individua nel passo di Fozio uno sviluppo della dottrina del doppio stadio per rendere comprensibile, attraverso l’individuazione di quattro stati del Logos, la comunicazione del Logos divino all’umanità (cf. H.A. Wolfson, The philosophy of the church fathers. I. Faith, Trinity, Incarnation, Cambridge 1964, 211). Sulla comprensione del testo di Fozio e più in generale del pensiero di Clemente sul Logos, non può essere dimenticato il gran contributo di S.R.C. Lilla, che nei suoi studi ha dimostrato come nell’insegnamento di Clemente possiamo distinguere tre stati del Logos: 1) Il Logos identico alla ragione (νοῦς) del Padre; 2) Il Logos come una ipostasi separata, distinta dal primo principio, causa diretta nella creazione del mondo e delle dottrine filosofiche; 3) Il Logos come legge razionale immanente nell’universo. Cf. gli studi più significativi al riguardo: Lilla, Clement of Alexandria, 199–212; Minutiae Clementinae et Pseudo-Dionysianae, in Paideia Cristiana. Studi in onore di Mario Naldini, Roma 1994, 21–45. Tra gli ultimi contributi vanno ricordati quelli di M.J. Edwards, Clement of Alexandria and his doctrine of the Logos, in Vigiliae Christianae 54 (2000) 159–177 e M. Gyurkovics, Il duplice Logos divino e umano. La teologia del Logos da Clemente di Alessandria a Fozio di Costantinopoli, in Eastern Theological Journal 1/1 (2015) 99–133. Edwards ponendosi in discontinuità con Wolfson e con l’interpretazione successiva, ipotizza

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deriverebbero da una errata interpretazione delle Scritture eseguita spiegando i testi “per sommi capi”. Ma ciò che preme a Fozio non è tanto il modo di procedere, quanto il fatto che Clemente, elaborando l’esegesi dell’uno o dell’altro testo biblico, perviene a postulati addirittura dissacranti e «farneticando induce l’errore». Dottrine sacrileghe che verranno di nuovo formulate anche in un’opera in otto libri (evidente allusione agli Stromateis). Non è del tutto secondaria la precisazione di Fozio che, al termine del suo acre giudizio sulle Hypotyposeis e prima di entrare nel merito del Paedagogus, scrive infatti che Clemente «fu discepolo di Panteno, come egli stesso dice» e poi aggiunge «ma queste cose [le contengono] le Hypotyposeis». Ricordare il maestro Panteno dopo la contestazione mossa all’opera e sottolineare subito dopo, con un solido “ma” avversativo, che i concetti errati sono nelle Hypotyposeis, lascia supporre che Fozio non eccepisce il fatto che Clemente sia stato discepolo di Panteno, tuttavia sembrerebbe voler scagionare il maestro o comunque non ritenerlo responsabile degli errori dottrinali di Clemente dei quali prende atto soprattutto dalla lettura delle Hypotyposeis. Riguardo al Paedagogus il giudizio di Fozio è positivo: egli ammette che l’opera è pregevole per il contenuto morale, per lo stile ornato e per la misurata composizione. Viene apprezzata la «vasta cultura» che emerge dall’opera e questo merito depone a favore di Clemente e ne conferma il sapere. Fozio precisa inoltre che l’opera è costituita da tre libri i quali sarebbero stati introdotti da uno scritto composto a parte e soprattutto destinato a confutare l’ateismo dei Greci. Con tutta probabilità l’opera cui allude Fozio è da identificare con il Protrepticus. Un particolare merita attenzione: a detta di Fozio, Clemente, alla fine del Paedagogus, avrebbe trattato delle icone. Il Patriarca commette un errore, frutto di una lettura superficiale o, addirittura, di un’affermazione senza fondamento ma artatamente inserita. Egli scrive: «μνημονεύει δὲ πρὸς τῷ τέλει καὶ περὶ εἰκόνων». La brevissima informazione, che quasi sfugge al lettore, è falsa o inventata; infatti, in chiusura del Paedagogus, Clemente non introduce nessuna considerazione che in origine il testo di Clemente fosse diverso e che fu successivamente modificato, mi sembra però una soluzione alquanto azzardata visto che si fonda su una corruzione, non dimostrabile, del testo. Lo studio di Gyurkovics porta avanti un attento confronto con le fonti dell’Alessandrino, e conclude il suo contributo affermando che, con molta probabilità, Fozio nel leggere Clemente abbia frainteso il pensiero stesso di Clemente: «Una simile difficoltà già è stata confrontata a proposito di Excerpta ex Theodoto, dove Clemente citava e commentava lo gnostico Teodoto, in un linguaggio pienamente assorbito dallo gnosticismo del suo avversario. Le parole di Clemente in Excerpta ex Theodoto sono difficilmente evidenziabili, se non per il contenuto dottrinale. Un lettore meno attento facilmente confonde Teodoto con Clemente, come forse si è confuso Fozio con “Hermete” citato da Clemente?» (133).

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sulle icone, termine che in bocca a Fozio ha significato ben diverso rispetto a quello che si incontra negli scritti di Clemente e nel Paedagogus in particolare293. Ma – fidando forse nella ignoranza di chi legge, o nella mancanza di verifica, o viceversa nella credibilità che la sua Bibliotheca avrebbe riscosso –, egli immette questa informazione che, se fosse stata accolta come vera, avrebbe deposto a favore della difesa assunta da Fozio riguardo alla iconodulia contro la iconoclastia e forse proprio per questo la dà come presente e, guarda caso, nell’unica opera da lui apprezzata: il Paedagogus. Inoltre, il complemento di argomento περὶ εἰκόνων – non ulteriormente spiegato – non permette di comprendere in quali termini e per quale fine Clemente avrebbe inserito questo tema. Sappiamo per certo che una esplicita condanna delle statue, dei simulacri e delle rappresentazioni delle divinità, è espressa in prot. 46–56, opera che Fozio passa sotto silenzio e che, su questo argomento, avrebbe evitato di citare. Se poi leggiamo attentamente il capitolo finale del Paedagogus, alla ricerca dell’argomento sulle icone, in 3,101 incontriamo il sostantivo all’interno di una preghiera che Clemente rivolge al Logos Pedagogo: «Concedi a noi, che adempiamo i tuoi precetti, di perfezionare la somiglianza della immagine (τὸ ὁμοίωμα τῆς εἰκόνος)». Ci chiediamo se Fozio sia stato così incapace da interpretare il “perfezionamento dell’immagine” nel senso di una perfetta realizzazione pittorica oppure abbia approfittato di questa frase per trovare un’assai maldestra giustificazione a favore del culto delle icone. Nell’uno o nell’altro caso, si rivela fonte non del tutto affidabile e da questo errore siamo legittimati a considerare errati altri giudizi 293 Il sostantivo εἰκών è assai frequente negli scritti di Clemente e numerose occorrenze si registrano nel Paedagogus: nel significato di “esempio” in paed. 1,1,2; 1,1,3; 1,3,9; 1,6,37; 1,9,83; 1,12,100; 2,1,9; 2,4,44; 3,8,43; 3,8,45; nel significato di “figura” in 1,7,4; 2,2,26; 2,2,34; 3,8,41; 3,8,44; nel significato di “immagine di Dio” o “del Padre” o “del Signore”: 1,11,97; 1,12,98; 2,8,63; 2,8,73; 2,10,83; 3,2,5; 3,3,20; 3,11,66; di “immagine del Figlio”: 3,3,20 e di Cristo bambino: 1,5,24. Cf. inoltre, il Logos “immagine senza macchia”: 1,2,4; 3,11,77; Mosè vieta “le immagini”: 3,2,12; Narciso “immagine di sé”: 3,2,12; “ritratto” di giovane uomo: 3,11,74; “immagini della virtù e del vizio”: 2,10,110; “immagini licenziose”: 2,2,20; “immagini degli spettacoli”: 3,11,77. Senza trascurare che il conflitto tra esaltazione e condanna del culto delle immagini rappresentanti la divinità è ben posteriore ai tempi di Clemente avendo inizio tra IV e V in oriente e a fine VII sec. in occidente. Sulla questione iconoclasta cf. R. Bevan, The Destruction of Memory: Architecture at War, London 2006; M. Bettetini, Contro le immagini. Le radici dell’iconoclastia, Roma-Bari 2008; A. Besançon, The Forbidden Image. An Intellectual History of Iconoclasm, Chicago 2009. Sul sostantivo εἰκών in Clemente, cf. anche Monfrinotti, Creatore e creazione, 217–226.

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anche di maggiore gravità, come nel caso delle fandonie che sarebbero state scritte nelle Hypotyposeis, opera sulla quale non è possibile purtroppo operare una verifica ma che non è credibile abbia contenuto postulati divergenti e in conflitto con quelli di altre opere clementine. Riguardo agli Stromateis, la testimonianza di Fozio suscita un certo interesse se si entra nel merito della tipologia dell’opera e della sua tradizione: – primo: il Patriarca afferma che l’opera è in otto libri ma, stando ad alcuni dei codici visionati, l’VIII libro  – titolato anche “Stromateo ottavo”  – costituirebbe uno scritto a sé e sarebbe da identificare con il Quis dives salvetur sia perché reca questo titolo, sia perché si distacca anche nel testo dai sette libri degli Stromateis; – secondo: l’opera viene subito definita di genere controversiale, caratterizzata da una polemica nei confronti dei Greci e degli eretici ma questa definizione è senz’altro limitativa soprattutto considerando il fine che Clemente si propone e cioè quello di diffondere la vera gnosi che è l’insegnamento del Logos; – terzo: viene rilevato il procedere per “appunti” e quindi il susseguirsi di affermazioni senza continuità espositiva: una scelta che Clemente giustifica in str. 7,110,4. Infine, Fozio, senza specificare dove, afferma che lo stesso Clemente fornisce l’elenco di altre opere da lui composte. La testimonianza del patriarca si chiude con una indicazione cronologica: Clemente “raggiunse il suo apice” al tempo di Severo e di Antonino. In breve: dal brano della Bibliotheca non emerge nessun elemento biografico nuovo e quindi si confermano i dati tramandati dalle fonti anteriori; per contro, ci troviamo di fronte a un giudizio che, pur in sintesi, e non senza approssimazione, intende trasmettere questo messaggio: Clemente è un buon moralista ma un quasi blasfemo dottore della chiesa. Nella seconda testimonianza si legge: Τοῦτον τοίνυν τὸν Ὠριγένην, ὃν καὶ Ἀδαμάντιον ἐπονομάζεσθαί φασιν, ὅτι ἀδαμαντίνοις δεσμοῖς ἐῴκεσαν οὓς ἂν δήσειε λόγους, ἀκροατὴν καὶ διάδοχον λέγουσι γενέσθαι Κλήμεντος τοῦ Στρωματέως καὶ τοῦ κατὰ τὴν Ἀλεξανδρείαν ἐκκλησιαστικοῦ διδασκαλείου· Κλήμεντα δὲ Πανταίνου γενέσθαι λέγουσι καὶ ἀκροατὴν καὶ τοῦ διδασκαλείου διάδοχον, Πάνταινον δὲ τῶν τε τοὺς ἀποστόλους ἑωρακότων ἀκροάσασθαι οὐ μὴν ἀλλὰ καί τινων αὐτῶν ἐκείνων διακοῦσαι. Questo Origene che dicono sia stato soprannominato Adamanzio perché simili a catene di acciaio erano i discorsi con cui incatenava, narrano che fu discepolo e successore di Clemente lo Stromateo nella scuola ecclesiastica di Alessandria. Tramandano che Clemente fu discepolo di Panteno e [suo] successore nella scuola; Panteno fu discepolo di coloro che avevano ascoltato gli apostoli ma non aveva ascoltato nessuno degli stessi [apostoli] (Bibliotheca 118).

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L’informazione su Clemente si ricava all’interno di quella fornita su Origene; lo “Stromateo” fu discepolo di Panteno e maestro dell’Adamanzio294 e suo successore nella scuola di Alessandria. Notizie già acquisite ma va colto un particolare: nell’ordine di successione dei tre maestri alessandrini, Panteno è il primo e di lui si dice che ascoltò i discepoli degli apostoli ma non qualcuno degli apostoli. Questa specificazione manca in altre testimonianze e al valore storico-cronologico sembra voler aggiungere una considerazione ulteriore: l’indottrinamento di Panteno non risale direttamente agli apostoli ma a coloro che ne furono discepoli; in altre parole, Panteno non può rivendicare la diretta trasmissione del messaggio evangelico ed è mediata la ricezione dell’insegnamento apostolico; mediazione dottrinale che coinvolge quindi sia Clemente, sia Origene. Nella terza testimonianza Fozio scrive: Ὅτι Ἱππόλυτος καὶ Εἰρηναῖος τὴν πρὸς Ἑβραίους ἐπιστολὴν Παύλου οὐκ ἐκείνου εἶναί φασι, Κλήμης μέντοι καὶ Εὐσέβιος καὶ πολὺς ἄλλος τῶν θεοφόρων πατέρων ὅμιλος ταῖς ἄλλαις συναριθμοῦσι ταύτην ἐπιστολαῖς, καί φασιν αὐτὴν ἐκ τῆς Ἑβράϊδος μεταφράσαι τὸν εἰρημένον Κλήμεντα. Ippolito e Ireneo dicono che la Lettera di Paolo agli Ebrei non sia la sua; Clemente ed Eusebio e molti altri dei Padri ispirati da Dio, considerano questa nel numero delle altre lettere e dicono che il citato Clemente la tradusse dall’ebraico (Bibliotheca 232).

La breve notizia ci porta a conoscenza di una traduzione della Lettera agli Ebrei dall’ebraico in greco eseguita da Clemente il quale  – stando al testo di Fozio – l’avrebbe ritenuta autentica. Risulterebbe dunque che Clemente non solo conosceva la lingua ebraica ma fu anche traduttore. Se confrontiamo la testimonianza di Fozio con quella di Eusebio, notiamo una significativa differenza: in h.e. 6,14,2–4 sulla base delle Hypotyposeis, lo storico afferma che Clemente considerò paolina la Lettera agli Ebrei, che fu scritta in ebraico e che Luca la tradusse in greco perché fosse letta anche dai Greci; inoltre, e vengono riportate da Eusebio le parole di Clemente, Paolo avrebbe rinunciato alla iscrizione recante il suo nome sia perché gli Ebrei erano prevenuti nei suoi confronti, sia perché il vero “apostolo” del popolo giudaico era il Salvatore. Da dove Fozio abbia ricavato che fu Clemente il traduttore della Lettera agli Ebrei resta uno dei non pochi interrogativi sollevati dalle sue testimonianze sull’Alessandrino.

294 La particolare, forse arbitraria, giustificazione del soprannome si aggiunge alle altre spiegazioni, tra le quali prevale quella di un uomo di forte tempra morale e di instancabile attività letteraria (cf. Eusebio di Cesarea, h.e. 6,14,10; Gerolamo, vir. ill. 54).

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Infine, in questa breve pericope, Clemente è riscattato dal pesante giudizio negativo espresso nella Bibliotheca e sopra ricordato; è infatti menzionato tra «i padri ispirati da Dio», elogio che stride non poco con la blasfemia di cui viene accusato dallo stesso Fozio in merito agli insegnamenti presenti nelle Hypotyposeis. Nella quarta testimonianza abbiamo un brevissimo riferimento a Clemente: Ἰγνάτιος μέντοι ὁ θεοφόρος καὶ Κλήμης ὁ Στρωματεὺς καὶ Εὐσέβιος ὁ Παμφίλου καὶ Θεοδώρητος ὁ Κύρου τὴν μὲν Νικολαϊτῶν καταγινώσκουσιν αἵρεσιν, τὸν δὲ Νικόλαον μὴ τοιοῦτον εἶναι ἀποφαίνονται. Ignazio il Teoforo, Clemente lo Stromateo, Eusebio di Panfilo e Teodoreto di Cirro contestarono l’eresia dei Nicolaiti e dimostrarono che il Nicolao era costui (Bibliotheca 232)295

Fozio dichiara che Clemente, come Ignazio prima di lui ed Eusebio dopo, fu avversario dei Nicolaiti e avrebbe riconosciuto fondatore dell’eresia Nicolao, uno dei sette diaconi il cui nome si legge in Atti 6,5. Di fatto, Clemente296  – come poi Eusebio297 e Teodoreto di Cirro298 – rifiuta la identificazione del fondatore dei Nicolaiti con il Nicola di At. 6,5 e adduce come prova l’integrita morale del diacono il quale non avrebbe potuto difendere nessuna delle pratiche immorali fatte proprie dagli adepti al movimento. L’ultima testimonianza è quella tramandata in De Spiritus sancti mystagogia: Ἐάσειν μοι δοκῶ Πάνταινον καὶ Κλήμεντα, Πιέριόν τε καὶ Πάμφιλον καὶ Θεόγνωστον, ἄνδρας τε ἱεροὺς καὶ τῶν ἱερῶν διδασκάλους μαθημάτων, ὧν τὰς θέσεις οὐ πάσας πάντως δεχόμενοι, καλοῦ γε βίου καὶ τῆς ἄλλης ἱερολογίας γέρας αὐτοῖς ἀπονέμοντες, διὰ πολλῆς τιμῆς καὶ ἀποδοχῆς ἄγομεν299 A me sembra che Panteno e Clemente, Pierio, Panfilo e Teognosto, uomini santi e maestri di sacre dottrine si siano tenuti fuori non approvando assolutamente tutti quei principi e, riservando a loro stessi il privilegio di una vita bella e di ogni altro discorso mistico, li teniamo in grande onore e considerazione (75,10–15).

Non senza contraddizione con quanto espresso su Clemente riguardo alle sue false dottrine esposte nelle Hypotyposeis, con particolare riferimento alla 295 Cioè uno dei sette diaconi secondo l’opinione di Ippolito e di Epifanio, citati da Fozio immediatamente prima del brano in oggetto. 296 Cf. str. 2,118,1; 3,26,1. 297 Cf. h.e. 3,29. 298 Cf. haer. fab. 3,1. 299 Edizione di riferimento:  V. Polidori (ed.), Fozio, Mistagogia del Santo Spirito, Roma 2018.

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creaturalità del Figlio e all’unione degli angeli con le donne, il brano sopra citato300 dimostra considerevole stima nei confronti dell’Alessandrino e degli altri “santi maestri” che non hanno condiviso né le dottrine di Dionigi di Alessandria sul Figlio creatura del Padre, né quelle di Metodio di Patara sulla caduta degli angeli301.

300 Il testo di Fozio verrà citato anche da Giovanni XI Becco nella Refutatio libri Photii de processione Spiritus sancti: «Ἐάσειν μοι δοκῶ Πάνταινον καὶ Κλήμεντα, Πιέριόν τε καὶ Πάμφιλον καὶ Θεόγνωστον, ἄνδρας τε ἱεροὺς καὶ τῶν ἱερῶν διδασκάλους μαθημάτων, ὧν τὰς θέσεις οὐ πάσας πάντως δεχόμενοι, καλοῦ γε βίου καὶ τῆς ἄλλης ἱερολογίας γέρας αὐτοῖς ἀπονέμοντες, διὰ πολλῆς τιμῆς καὶ ἀποδοχῆς ἄγομεν» (825,40–45). 301 Cf. Fozio, myst. 75,2–10. Cf. Polidori, Fozio, Mistagogia, 124, n. 75,9.

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2.22 Simeone Logoteta (X-XI sec.) Un brevissimo accenno a Clemente si legge nel Chronicon di Simeone Logoteta302: Ἐπὶ Κομόδου Κλήμης ὁ στρωματεὺς ἐν Ἀλεξανδρείᾳ ἐγνωρίζετο. Κλήμεντος δὲ φοιτητὴς Ὠριγένης ἐγένετο303 Al tempo di Commodo era conosciuto in Alessandria Clemente lo Stromateo. Origene era discepolo di Clemente (66,3).

La fama di Clemente al tempo di Commodo e la sua notorietà legata anche alla composizione degli Stromateis, nonché l’essere stato maestro di Origene, sono elementi biografici che attestano la tradizione inaugurata da Giulio Africano, da lui derivata e accolta senza contestazione304, ma anche senza ulteriori aggiunte o specificazioni e questo conferma che alcune notizie si tramandano da un autore all’altro senza possibilità di essere integrate o per mancanza di documentazione o per rinuncia a ulteriore indagine.

302 Simeone Logoteta “Metafraste” fu un agiografo al tempo dell’imperatore bizantino Basilio II (976–1025), fu autore anche di una raccolta di racconti agiografici presentati in ordine cronologico, da cui il nome Chronicon e rielaborati dallo stesso autore, detto per l’appunto Μεταφράστης. Ne risulta un’opera stilisticamente uniforme che riscosse molto successo ma, al tempo stesso, fu più volte oggetto di modifiche e di aggiunte a causa delle quali la stesura di Simeone non risulta immediatamente individuabile. 303 Edizione di riferimento: S. Wahlgren (ed.), Symeonis magistri et logothetae, Chronicon (Corpus Fontium Historiae Byzantinae, Series Berolinensis 44/1), Berlin 2006, 180. 304 Cf. sopra pp. 45–46.

Michele Glycas (1125–1204)

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2.23 Michele Glycas (1125–1204) Due veloci accenni a Clemente di Alessandria si leggono negli Annales di Michele Glycas305 e un riferimento più esteso nell’opera dello stesso autore intitolata Quaestiones in Sacram Scripturam. Gli Annales passano in rassegna gli avvenimenti storici più salienti secondo l’ambizioso progetto di ripercorrere, attraverso un compendio didascalico, la storia universale da Adamo alla morte di Alessio I Comneno, imperatore romano d’oriente dal 1081 al 1118; le Quaestiones si configurano come opera esegetico-teologica volta alla interpretazione di alcune pericopi scritturistiche. Οὗτος ὁ Ἰάκωβος ἀρχιερεὺς Ἱεροσολύμων πρῶτος ἐχρημάτισε· προείλοντο γὰρ αὐτὸν ὥστε μὴ Πέτρον καὶ Ἰωάννην καὶ Ἰάκωβον δόξης ἕνεκεν ἐπιδικάζεσθαι, καθὰ Κλήμης ὁ στρωματεὺς ἱστορεῖ306. Questo è il Giacomo che per primo ebbe il titolo di sommo sacerdote di Gerusalemme; scelsero questo cosicché, a causa della dottrina, non fossero reclamati in giudizio Pietro, Giovanni e Giacomo, come narra Clemente lo Stromateo (Annales 425,1–4).

L’autore fa riferimento a Clemente Alessandrino in quanto avrebbe fornito informazione circa l’elezione di Giacomo a sommo sacerdote (ἀρχιερεὺς307). Clemente è definito ancora una volta “Stromateo” e, considerata la frequenza con cui ricorre il qualificativo, si può supporre che ormai era l’epiteto connotativo per eccellenza. La notizia cui allude Glycas è presumibilmente ricavata da quanto Clemente avrebbe scritto in Hypotyposeis e trasmesso da Eusebio di Cesarea308. Μετὰ τοῦτον Περτίναξ μῆνας βʹ. μετὰ τοῦτον Σεβῆρος ἔτη ιζʹ, ἐφ’ οὗ Κλήμης ὁ στρωματεὺς καὶ Σύμμαχος καὶ Ὠριγένης. οὗτος τὸ Ζεύξιππον λουτρὸν ἔκτισεν ἐν Βυζαντίῳ, καὶ τὸ πρῶτον κτίσμα τῷ ἱπποδρομίῳ παρέδωκεν309

305 Nato nel 1125 ca. nell’isola di Corfù e morto a Costantinopoli nel 1204, Michael Glycas compose numerose opere di diverso genere e argomento: oltre a una Supplica in versi e una raccolta di Proverbia destinate all’imperatore Manuele I Comneno, scrisse trattati di teologia e di astrologia ma l’opera più celebre è Βίβλος χρονική nota con il titolo di Annales. 306 Edizione di riferimento: Bekker, I. (ed.), Michaelis Glycae, Annales (Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae), Bonn 1836, 425. 307 Se il testo di riferimento è quello di Hypotyposeis trasmesso da Eusebio (h.e. 2,1,3–5) va notato che il termine attribuito a Giacomo è quello di episcopo (ἐπίσκοπος) e non quello di sommo sacerdote (ἀρχιερεὺς). 308 Cf. h.e. 2,1,3–5; 2,9,2–3. 309 Bekker (ed.), 450.

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Dopo questo, Pertinace per due mesi; dopo di lui Severo per 17 anni; al tempo di questo [vissero] Clemente lo Stromateo, Simmaco e Origene. Questo [Severo] fondò in Bisanzio i bagni di Zeusippo e pose le prime fondamenta dell’ippodromo (Annales 450,16–19).

La testimonianza si aggiunge a tutte le altre che confermano il periodo in cui visse Clemente e cioè “il tempo di Severo” e il rapporto con Origene (implicitamente: il maestro e il dicepolo). Viene menzionato, insolitamente rispetto ad altre fonti, anche Simmaco e, considerata la contemporaneità, potrebbe trattarsi verosimilmente di Simmaco l’ebionita (fine II sec.), autore degli Hypomnemata e traduttore dell’Antico Testamento, lo stesso Simmaco la cui traduzione compare negli Esapla dopo quella di Aquila e prima di quella dei LXX. Κατὰ τοῦτο καὶ ὁ θειότατος ἔλεγε Κλήμης· «ἐλεημοσύνας δεῖ ποιεῖν, ὁ λόγος φησίν, ἀλλὰ μετὰ κρίσεως καὶ τοῖς ἀξίοις· ὥσπερ γὰρ ὁ γεωργὸς σπείρει οὐκ εἰς ἁπλῶς γῆν, ἀλλ’εἰς τὴν ἀγαθήν, ὅπως αὐτῷ καρποφορήσῃ, οὕτω δεῖ σπείρειν καὶ ἡμᾶς τὴν εὐποιΐαν εἰς εὐλαβεῖς καὶ πνευματικούς, ἵνα τῆς αὐτῶν εὐκαρπίας διὰ τῶν εὐχῶν ἐπιτύχωμεν»310 Riguardo a questo anche l’assai esimio Clemente disse: «bisogna fare l’elemosina – dice il Logos – ma con giudizio e a coloro che ne sono degni; come infatti l’agricoltore semina non sulla terra qualunque ma su quella buona, affinché gli produca frutto, cosi bisogna che anche noi seminiamo la beneficienza verso i timorati e gli spirituali, affinché mediante le preghiere otteniamo la loro fertilità» (Quaestiones in Sacram Scripturam (capp. 3–40) 26, pp. 282,21–283,2).

Il brano fa riferimento a Clemente che viene definito θειότατος, superlativo che sottolinea una eccellenza derivata da una sapienza quasi divina. Viene riportato un suo principio sulla elemosina o, meglio, sul criterio dell’elemosina secondo le parole del Logos. Siamo di fronte a una citazione diretta ma non riscontrabile negli scritti clementini a noi pervenuti. La citazione era già conosciuta da Giovanni Damasceno, che riporta il testo in Sacra Parallela311 senza alcun riferimento a Clemente. Confrontando la citazione del Damasceno con quella di Glycas, la variante più significativa è costituita dai destinatari della εὐποιΐα, ovvero della beneficenza: in Damasceno sono identificati con le vedove, gli orfani e gli indigenti (δεῖ σπείρειν τὴν εὐποιΐαν εἰς χήρας, εἰς ὀρφανοὺς, εἰς τοὺς ἀπεριστάτους)312, cioè con coloro che, stando all’evangelo, rappresentano le categorie per eccellenza dei bisognosi; in Glycas, la beneficenza raccomandata da Clemente su esortazione del Logos, va rivolta ai timorati e agli spirituali (εἰς

310 Testo greco di riferimento: S. Eustratiades (ed.), Μιχαὴλ τοῦ Γλυκᾶ, Εἰς τὰς ἀπορίας τῆς Θείας Γραφῆς, Athens 1906, 282–283. 311 Cf. Parall. 95,1473,18–25. 312 Parall. 95,1473,23–24.

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εὐλαβεῖς καὶ πνευματικούς), due definizioni perfettamente intonate al linguaggio di Clemente il quale peraltro è esplicitamente citato. Se sul presunto ma irreperibile testo di Clemente fosse avvenuto un cambiamento, sarebbe da ipotizzare del Damasceno, piuttosto che di Glycas, per una più immediata comprensione del testo e a favore di una più pratica azione caritativa da parte di chi si sarebbe chiesto chi mai fossero i timorati e gli spirituali. Da supporre, dunque, che sia stato Glycas a citare il frammento di Clemente in modo più fedele rispetto al Damasceno, anche se la verifica non è effettuabile in mancanza dell’opera da cui il frammento sarebbe pervenuto. In ogni caso la presenza del frammento in due autori distanti per ambiente, tempo e cultura, potrebbe deporre a favore di uno scritto clementino conosciuto, diffuso con diversa tradizione e poi andato perduto.

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2.24 Giovanni Zonara (XII sec.) Nella Epitome di Zonara313 troviamo una brevissima notizia su Clemente o, più esattamente, sul tempo in cui fu conosciuto Ἐν δέ γε τῷ πρώτῳ ἔτει τῆς μοναρχίας Κομόδου Ἰουλιανὸς τὴν ἐπισκοπὴν Ἀλεξανδρείας ἐνεχειρίσθη, Ἀγριππίνου ἐπὶ δώδεκα ἔτη ταύτην οἰκονομήσαντος καὶ μεταστάντος τῶν τῇδε. τότε καὶ Κλήμης ὁ στρωματεὺς ἐγνωρίζετο καὶ Πάνταινος ὁ φιλόσοφος σπουδαστής τε καὶ κῆρυξ τοῦ καθ’ ἡμᾶς μυστηρίου314 Nel primo anno del regno di Commodo, Giuliano fu incaricato dell’episcopato di Alessandria, dopo che Agrippino per dodici anni lo aveva diretto operando dei cambiamenti; al tempo era conosciuto anche Clemente lo Stromateo e Panteno, il filosofo seguace e araldo del nostro mistero (Epitome Historiarum [1–12] 3,91,25–30).

Anche l’informazione di Zonara riguarda soltanto il tempo in cui visse Clemente; il riferimento al primo anno di Commodo è collegato alla elezione di Giuliano a vescovo di Alessandria e al precedente episcopato di Agrippino315. Le notizie coincidono con quelle fornite da Eusebio nel Chronicon e nella Historia ecclesiastica. In tale contesto vengono ricordati, in ordine cronologico inverso, sia Clemente, autore degli Stromateis, sia Panteno di cui si sottolinea l’impegno filosofico ed evangelizzatore.

313 Poco si conosce della vita di Zonara; egli stesso parla di incarichi ricoperti a corte ma non precisa se al tempo dell’imperatore Giovanni II Comneno (1118–1143) o di Manuele I Comneno (1143–1180). Da funzionario divenne scrittore molto letto e stimato. L’Epitome (Ἐπιτομή Ἱστορίων) o Chronicon è un compendio storico in 18 libri: dalla creazione del mondo al 1118, anno della morte di Alessio. Numerose le fonti utilizzate e le citazioni di autori antichi, mentre Flavio Giuseppe e Cassio Dione si attestano come il più antico modello storiografico, senza trascurare che grazie a Zonara epitomatore possiamo leggere il sunto dei primi 20 libri di Cassio Dione la cui Historia romana in 54 libri è pervenuta integra solo dal libro 37 al libro 54. 314 Edizione di riferimento: L. Dindorf (ed.), Ioannis Zonarae, Epitome historiarum, 3, Lipsiae 1870, 91. 315 Zonara fa riferimento ad Agrippino anche in epit. hist. 3,86,10, ma le notizie più significative derivano da Eusebio di Cesarea secondo il quale Agrippino fu il nono successore di Marco sulla cattedra di Alessandria d’Egitto e detenne l’episcopato per dodici anni: dal sesto all’ultimo anno dell’impero di Marco Aurelio, ossia dal 167 al 179/180. Fu successore di Celadio e suo successore fu Giuliano (cf. chron., ad annum 153: «Alexandrinae ecclesiae nonus episcopus praefuit Agrippinus annis duodecim»; cf. h.e. 4,19; 5,9). Si legga anche Niceforo Callisto Xantopulos, h.e. 3,26,76; chron. 127,6; Giorgio Sincello, ecl. chron. 431,12; 433,17.

Gioele (XIII sec.)

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2.25 Gioele (XIII sec.) La notizia qui riportata, breve tanto da sembrare un semplice accenno, è tratta dalla Chronographia compendiaria di Gioele316: Μετὰ δὲ Δάδιον ἐβασίλευσε Σεβῆρος ἔτη ιηʹ. ἐφ’ οὗ Λεωνίδης ὁ ἐπίσκοπος καὶ πατὴρ Ὠριγένους ἐμαρτύρησεν, καὶ Κλήμης ὁ στρωματεὺς καὶ Σύμμαχος καὶ Ὠριγένης ἐγνωρίζοντο317 Dopo Dadio [leggi: Didio]318 regnò Severo 18 anni; al suo tempo subì il martirio Leonida vescovo e padre di Origene, ed erano conosciuti Clemente lo Stromateo, Simmaco e Origene (Chronographia compendiaria 31,13–15).

Da Gioele, cronografo bizantino è confermata la notizia che Clemente lo Stromateo, Simmaco, Origene furono contemporanei e vissero tutti e tre al tempo di Severo.

316 Di questo autore, annoverato tra gli epitomatori bizantini, sappiamo soltanto che visse tra XII e XIII; si suppone che fosse originario di Costantinopoli, ma l’unica notizia certa è che fu autore di una Chronographia compendiaria nella quale si prefigge di ricostruire la storia del mondo dalle origini fino alla morte del Alessio duca (detto Mirzufla) avvenuta nel 1204. Cf. edizione citata nella nota seguente. 317 Edizione di riferimento: F. Iadevaia (ed.), Gioele, Cronografia compendiari. Introduzione, testo critico, traduzione, note e lessico, Messina 1979, 180. 318 Figlio di Quinto Petronio Didio Severo, fu insignito di numerose cariche (questore, edile, pretore, comandante di legione, governatore di rango pretorio della Gallia Belgica; intorno al 175 ottenne il consolato insieme al futuro imperatore Pertinace. In seguito fu nominato governatore della Dalmazia e successivamente della Germania inferiore e, infine, prefetto dell’annona. Commodo lo nominò, governatore della Bitinia e poi nuovamente console e successivamente governatore dell’Africa. Alla morte di Pertinace fu nominato imperatore al posto di Sulpiciano perché aveva elargito più sesterzi ai pretoriani (cf. Hist. Aug. 1,1–9).

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2.26 Niceforo Callisto Xantopulo (1256–1335) Niceforo Callisto Xantopulo319 nella sua Historia ecclesiastica fa più volte riferimento a Clemente d’Alessandria320: alcune citazioni sono tratte da autori precedenti e già analizzate (e alle quali rimandiamo)321, altre, pur comparendo il nome di Clemente, non hanno alcun rilievo né di carattere storico né di carattere letterario. Qui di seguito, dunque, ci soffermiamo solo sui brani più significativi in cui vengono forniti elementi utili sull’Alessandrino e sulla stima a lui accordata dalla tradizione ecclesiale precedente a Niceforo: Πανταίνου γὰρ τὸ μετὰ τοῦτο μεμνήσομαι, καὶ τοῦ Ἀλεξανδρέως Κλήμεντος, ὃς δὴ ἀπὸ τῆς βίβλου Στρωματεὺς ὠνομάσθη322 Inoltre, ricordo Panteno e Clemente d’Alessandria che fu chiamato Stromateo a motivo del [suo] libro (Historia ecclesiastica 4,5,288).

In questo passo della Historia ecclesiastica Clemente è ricordato, subito dopo Panteno, tra coloro che, per grazia di Dio, riuscirono a elaborare delle dottrine volte a contestare e destabilizzare le eresie che già si erano insinuate all’interno della chiesa323. Accanto al titolo di Stromateo, l’autore ricorda che tale eponimo è

319 Niceforo Callisto Xantopulo (1256–1335), scrittore bizantino e insegnante di retorica e di teologia, si ritirò a vita monastica in età ormai avanzata. Tra i suoi numerosi scritti in prosa e in poesia, di carattere biblico, agiografico e liturgico, si segnalano in particolare i 18 libri della Historia ecclesiastica che ripercorrono gli eventi dalle origini alla morte dell’imperatore Foca; dal 610 al 912 i fatti sono sintetizzati in un compendio. 320 Cf. Niceforo Callisto Xantopulo, h.e. 1,1,74; 2,3,1–6; 4,5,63–65; 4,21,35; 4,33,1–13; 5,10,59; 5,10,62; 5,10,67; 5,10,75. 321 Cf. h.e. 1,1,74: Clemente insieme ad altri autori viene citato da Niceforo Callisto quale fonte di riferimento. In h.e. 2,3,5 Clemente lo Stromateo è citato in riferimento all’ordinazione di Giacomo. In h.e. 4,21,35 Niceforo Callisto cita il testo di Gaio Romano, secondo la testimonianza di Eusebio di Cesarea (h.e. 5,38,4): nel brano compare il nome di Clemente tra coloro che scrissero contro i pagani e contro gli eretici. In h.e. 5,10,59.62.67.75 Niceforo Callisto esamina le lettere di Alessandro di Cappadocia, vescovo di Gerusalemme, indirizzate agli Antiocheni e a Origene. Delle lettere, nelle quali Clemente è ricordato come latore, beatissimo presbitero e collaboratore della chiesa di Gerusalemme, sono pervenuti solo i frammenti che abbiamo già presentato e commentato. Cf. sopra pp. 47–61. 322 Testo greco riprodotto secondo: J.-P. Migne, Patrologiae cursus completus (Series graeca 145), Parisiis 1865, 988. 323 « Ὅπως ἡ τοῦ Θεοῦ χάρις τὰ τῶν αἱρετικῶν διεσκέδασε, πολλὰ καὶ ἄλλα προβαλλομένη· ἀναστήσασα δὲ καὶ ἄνδρας τῇ αὐτοῦ Ἐκκλησίᾳ·καὶ κατάλογος τῶν ἐκκλησιαστικῶν συγγραφέων» «In che modo la grazia di Dio disperse [le dottrine]

Niceforo Callisto Xantopulo (1256–1335)

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giustificato dall’opera composta dall’Alessandrino e che, più degli altri scritti, ne doveva determinare la celebrità: Τῇ δ’ αὐτῇ τοῦ χρόνου φορᾷ καὶ Κλήμης πρεσβύτερος, ὃς Στρωματεὺς ἐπεκλήθη, ἐπὶ τῆς Ἀλεξανδρείας καὶ αὐτὸς συνασκούμενος ἦν τῷ Πανταίνῳ, καὶ τὸν ἴσον δρόμον ἐκείνῳ καὶ τὴν σπουδὴν ἐπὶ διαίτῃ καὶ τῇ διατριβῇ κεκτημένος. Καὶ πατέρα δὲ τῶν λόγων ἐν ταῖς αὐτοῦ οὑτωσὶ γεγραμμέναις Ὑποτυπώσεσι τὸν Πάνταινον ἱστορεῖ· καὶ ἐν τῷ πρώτῳ δὲ τῶν Στρωματέων τοῦτον δοκεῖ μοι αἰνίττεσθαι· ὅτε τοὺς ἐμφανεῖς τῶν ἀποστόλων διαδόχους ἀπαριθμεῖ, γράφων οὕτως […]324 In questo arco di tempo anche il presbitero Clemente, chiamato lo Stromateo, era condiscepolo di Panteno in Alessandria, avendo raggiunto lo stessa carriera di quello e la [stessa] sollecitudine per lo stile di vita e per lo studio. E nelle Ipotiposi scritte da lui descrive Panteno padre dei [suoi] discorsi; e nel primo degli Stromati a me sembra che alluda a lui; infatti elenca i noti discepoli degli apostoli, scrivendo così [il testo segue con la citazione di str. 1,11,1–3] (Historia ecclesiastica 4,33,1–13)

La testimonianza di Xantopoulos conferma il presbiterato di Clemente e il titolo di Stromateo ma si distacca dalle altre fonti quando lo definisce συνασκούμενος di Panteno: il participio (dal verbo συνασκέω) indica colui che “si esercita” o “viene educato insieme a”; non dunque il rapporto maestro-discepolo ma quello di condiscepolato; se così fosse, sia Clemente che Panteno, avrebbero frequentato lezioni di un altro ignoto maestro. Tuttavia nella stessa testimonianza, subito dopo si legge che nelle Hypotyposeis Panteno è definito “padre dei discorsi” e che a lui si allude nel primo libro degli Stromateis, come se Panteno fosse personaggio di riferimento. In altre parole:  anche se furono condiscepoli e frequentarono la stessa scuola ed ebbero in comune lo stile di vita e l’amore per lo studio, Clemente fece tesoro delle parole di Panteno, ovvero del suo pensiero.

degli eretici emanandone molte altre, e fece sorgere uomini nelle sua chiesa; ed ecco l’elenco degli scrittori ecclesiastici» (h.e. 4,5, titolo). 324 J.-P. Migne, Patrologiae cursus completus (Series graeca 145), 1053.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.27 Giovanni XI Becco († 1296) In questo trattato teologico Giovanni XI Becco325 fa riferimento a Clemente considerandolo tra i primi autori cristiani che iniziarono a interrogarsi sullo Spirito santo e a tentarne una definizione: Ἀλλὰ καὶ Κλήμης ὁ Στρωματεὺς ἐν οἷς συνέθετο διαφόροις ὅροις, ὥστε παντὸς εὐσεβοῦς δόγματος προηγεῖσθαι αὐτοὺς τῷ βουλομένῳ θεολογίαν μετιέναι, ὁριζόμενος, «Τί Πνεῦμα, καὶ κατὰ τί Πνεῦμα; καὶ ὁσαχῶς λέγεται Πνεῦμα;» φησὶ· «Πνεῦμα μέν ἐστι λεπτὴ, καὶ ἄϋλος, καὶ ἀσχημάτιστος ἐκπορευτικὴ ὕπαρξις»326 Ma anche Clemente lo Stromateo su questi [argomenti] sintetizzò con diverse definizioni, tanto da additare a costoro la strada di tutta la santa dottrina mentre a chi voleva dedicarsi alla teologia e chiedeva: «Che cosa [vuol dire] Spirito e “secondo lo Spirito” e in quanti altri modi si dice Spirito?», rispondeva «lo Spirito è una sostanza sottile, immateriale, incorporea e che procede» (De processione Spiritus sancti 1,18 PG 141,177,22–28).

Il brano, tratto dal De processione Spiritus sancti, cita un testo di Clemente definito anche qui “Stromateo”; viene ricordato che egli fu precursore di certi insegnamenti riguardanti la dottrina cristiana e che fu tra i primi a dare, una definizione di pneuma. Giovanni Becco non esita a introdurre in forma diretta la stessa definizione pneumatologica che si leggeva in Anastasio il Sinaita327 a differenza del quale la propone come formulata da Clemente: ma di fatto non è riscontrabile in nessun’opera tra quelle tramandate. L’attribuzione può essere giustificata su influenza del testo di Anastasio e in particolare del nome di Clemente, l’unico dei “padri” a essere espressamente nominato. Tuttavia, e più in particolare l’aggettivo ἐκπορευτική, stando alle opere tradite di Clemente, risulta assente senza trascurare il fatto che l’aggettivo, se lo consideriamo solo in relazione allo Spirito, appartiene a un linguaggio pneumatologico posteriore al tempo di Clemente328. 325 Patriarca di Costantinopoli (1275–1282), fu coinvolto nelle dispute sul Filioque e inizialmente si professò contrario a condividere la posizione della chiesa latina mentre, in un secondo momento, ne accettò i dogmi; quindi da prigioniero, rinchiuso come eretico nella fortezza di Anema, divenne patriarca di Costantinopoli nel 1275. Ma nel 1282, quando prevalsero le correnti contrarie all’unione tra la chiesa greca e la chiesa latina, fu di nuovo accusato e incarcerato a Brussa. Muore nel 1296. Nel De processione Spiritus sancti, Giovanni Becco entra nel merito delle questioni pneumatologiche che avevano suscitato il dibattito nel XIII sec. fino al conflitto aperto tra oriente e occidente in materia di “processione” dello Spirito dal Padre e dal Figlio (come voleva la chiesa latina) oppure dal Padre attraverso il Figlio (come voleva la chiesa greca). 326 J.-P. Migne, Patrologiae cursus completus (Series Graeca 141), Parisiis 1866, 177. 327 Cf. Anastasio il Sinaita, viae 2,2,37–40. Cf. più avanti p. 157 n. 353. 328 Si legga ad esempio Didimo il Cieco, Trin. 2,41,2; 6,16,9; 9,3,2; 35,1,6; Ps. Atanasio, Trin. 28,1125,14; Anastasio il Sinaita, viae 16,1,27.

Efrem di Eno (XIII-XIV sec.)

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2.28 Efrem di Eno (XIII-XIV sec.) Ci troviamo di fronte all’unica testimonianza in versi tratta dalla Historia Chronica di Efrem di Eno329: Κόμοδος ἔτη ιβʹ Κόμοδος εἶτα, μιαρὸς φαυλεργάτης, (143) κακῶς ἐπει σέφρησε τῇ κραταρχίᾳ· ἐφ’οὗ Κλήμης ἦν Στρωματεύς, σοφὸς μέγας, (145) καὶ Πάνταινος, κήρυκες ὀρθῶν δογμάτων330 Commodo 12 anni «Commodo di poi, empio malfattore, malvagiamente penetrò dentro l’Impero; al tempo suo ci fu Clemente Stromatèo, gran sapiente, e Panteno, araldi di rette dottrine» (Historia Chronica 143–146).

Questa testimonianza, tratta dalla Historia Chronaca composta da Efrem di Eno, conferma Clemente contemporaneo dell’imperatore Commodo e di Panteno. Da notare la contrapposizione tra il giudizio negativo espresso nei confronti dell’imperatore e l’alta considerazione dell’Alessandrino e del suo maestro331. 329 Riguardo a questa testimonianza fornita da Efrem di Eno, autore bizantino poco conosciuto, ci siamo avvalsi della cortese consulenza del prof. C.U. Crimi (Univ. di Catania), il quale ha confermato come edizione critica di riferimento quella curata da O. Lampsides (ed.), Ephraem Aenii, Historia Chronica (Corpus Fontium Historiae Byzantinae. Series Atheniensis 27), Athenis 1990; riguardo alle notizie su cronologia, luogo e opere, è abbastanza esauriente la relativa voce in The Oxford Dictionary of Byzantium, I, Oxford 1991. Il testo sopra citato è tratto dalla Historia Chronica composta infatti in dodecasillabi (esito bizantino dell’antico trimetro giambico); la didascalia Κόμοδος ἔτη ιβʹ (Commodo: dodici anni) è un marginale rispetto ai versi che contengono la memoria di Clemente. Di rilievo l’aggettivo φαυλεργάτης (il cui senso è quello di ‘malfattore’): si tratta di un hapax (cf. Dimitrakos, vol. XV, Atene s.d., s.v., l’unico lessico che va da Omero fino al neogreco); quanto al sostantivo κραταρχία è da intendere, stando al contesto, riferito all’Impero romano. 330 Lampsides (ed.), 8. 331 Probabilmente la fonte cui attinge Efrem di Eno è la Historia romana composta da Dione Cassio contemporaneo di Commodo; la Historia ripercorre gli eventi di 983 anni: dal mitico sbarco di Enea in Italia, al principato di Alessandro Severo. Il testo è pervenuto integro solo in parte (dal libro 37 al 60); degli altri libri conserviamo frammenti più o meno ampi, o compendi eseguiti dagli epitomatori di periodo bizantino. Dal principato di Commodo fino a quello di Alessandro Severo, la narrazione si fa più puntuale perché riguarda lo stesso periodo vissuto dall’autore che diventa, per così dire, “testimone oculare”; attendibile quindi il giudizio negativo su Commodo e sul suo governo (cf. 72,11), giudizio che si legge anche nella successiva Hist. Aug. (cf. 8–11,12).

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.29 Neofito Prodromeno (XIII-XIV sec.) Nello scritto polemico che Neofito Prodromeno scrisse Contra Latinos a proposito della questione del Filioque332, Clemente è annoverato tra coloro i cui pronunciamenti pneumatologici non sono del tutto condivisi dal monaco e teologo bizantino: Προφασίζονται γὰρ οἱ Λατῖνοι, ὅτι Ἀμβρόσιος ὁ Μεδιολάνων οὕτως εἴρηκεν ἐν τοῖς περὶ αὐτοῦ λόγοις, ἔτι δὲ Αὐγουστῖνος καὶ Ἱερώνυμος· […], ὡς ὁ Ἀλεξανδρείας Διονύσιος καὶ Μεθόδιος ὁ Πατάρων καὶ Πάνταινος καὶ Κλήμης ὁ Στρωματεὺς καὶ Πιέριος καὶ Πάμφιλος καὶ Θεόγνης καὶ Εἰρηναῖος ὁ Λουτεὺς καὶ Πιέριος καὶ Πάμφιλος καὶ Θεόγνης καὶ Εἰρηναῖος ὁ Λουγδούνων καὶ Ἱππόλυτος ὁ μαθητὴς αὐτοῦ. Τινὰς γὰρ ῥήσεις αὐτῶν οὐκ ἀποδεχόμεθα, καίτοι τἄλλα τούτους σφόδρα θαυμάζοντες333 I latini accampano come scusa il fatto che Ambrogio di Milano disse così nei tre discorsi sullo stesso [argomento] ma anche Agostino e Gerolamo […] e anche Dionigi di Alessandria, Metodio di Patara, Panteno, Clemente lo Stromateo, Pierio, Panfilo, Teognide, Ireneo di Lione e Ippolito suo discepolo. Alcune loro affermazioni non le accogliamo sebbene li ammiriamo molto in altre cose (Contra Latinos 25,1412–1425).

Il nome di Clemente compare all’interno di una lista in cui vengono elencati gli antichi autori cristiani dei quali Neofita Prodromeno non condivide alcuni postulati dottrinali che, nella fattispecie, riguardano la dottrina sullo Spirito santo. Clemente, preceduto da Panteno e seguito da Pierio, è solo nominato e qualificato, come consueto, con il titolo di Stromateo. Nessuna notizia specificamente biografica viene aggiunta dall’autore del Contra Latinos, tuttavia possiamo considerare anche questa fonte utile a confermare il binomio Panteno Clemente come quello di maestro discepolo e la notorietà dello stesso Clemente grazie agli Stromateis (senza escludere che il titolo poteva essere applicato ormai anche per sola consuetudine). Ma va anche detto che è l’unica fonte ad avanzare una contestazione nei riguardi di alcuni principi teologici di cui il Prodromeno è a conoscenza e sui quali esprime le sue riserve senza per questo annullare ogni stima nei confronti dell’Alessandrino. 332 Come conferma il suo eponimo, Neofito Prodromeno fu monaco nel monastero costantinopolitano S. Giovanni Prodromo di Petra che, secondo la tradizione, fu fondato dall’asceta Giovanni Nesteutes: la ricca biblioteca custodiva numerosi e preziosi manoscritti. Neofito fu impegnato nel dibattito pneumatologico del Filioque, ma si dedicò anche agli studi filosofici e viene spesso citato tra i Commentatori di Aristotele attivi tra XIII e XIV sec.: cf. B. Mondrain, La constitution de corpus d’Aristote et de ses commentateurs aux XIIIe-XIVe siècles, in Codices Manuscripti 29 (2000) 11–29. 333 Edizione di riferimento: B. Kalogeropoulou-Metallinou (ed.), Ὁ μοναχός Νεόφυτος Προδρομηνὸς καὶ τὸ θεολογικὸ του ἔργου, Ἀθήνα 1996, 213–335.

Neofito Prodromeno (XIII-XIV sec.)

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Altra particolarità di questa fonte è costituita dal fatto che dopo il nome di Clemente segue non quello di Origene (già condannato da secoli), ma quello di Pierio che fu a capo del Didaskaleion di Alessandria durante l’episcopato di Teona (281– 300)334.

334 Pierio di Alessandria, chiamato Origenes junior da Gerolamo (vir. ill. 76), fu sacerdote, asceta, predicatore e diresse la scuola di Alessandria (cf. anche Fozio, bibl. 119). Gran parte dei suoi scritti è andata perduta e restano frammenti sparsi. Gerolamo conosce le opere esegetiche di Pierio (cf. Comm. in Mt. 24,36) ma tutti i suoi scritti furono ampiamente letti e apprezzati.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.30 Giovanni Ciparissiota (1310–1378) In questa opera di carattere controversiale, Giovanni Ciparissiota contesta la dottrina dell’esicasta Palamas335 e ricorda «il beato Clemente» come colui che per primo affrontò il tema dell’esistenza di tutte le cose e della loro origine: Σκεπτέον δὲ καὶ περὶ τῶν ἐκτός, καὶ ἅπερ ὁ μὲν μακάριος Κλήμης ‘πρός τι παραδείγματα’ εἴρηκεν, ὁ δὲ θεῖος οὗτος πρώτως ὄντα, ἢ καὶ ἀρχηγικώτερα ἐν τοῖς οὖσιν, ἢ καὶ θείας δωρεάς, ἢ καὶ μετοχὰς τῶν μετ’αὐτὰ ὄντων κατὰ τὴν τῶν γενῶν καὶ τῶν καθολικώτερον λεγομένων φύσιν «εἰ δὲ ὁ φιλόσοφος ἀξιοῖ Κλήμης καὶ πρός τι παραδείγματα λέγεσθαι τὰ ἐν τοῖς οὖσιν ἀρχηγικώτερα, πρόεισι μὲν οὐ διὰ κυρίων καὶ παντελῶν καὶ ἁπλῶν ὀνομάτων ὁ λόγος αὐτῷ»336 Considerevoli inoltre, nei confronti di coloro che sono fuori, anche quello che il beato Clemente disse “quale definizione”; quest’[uomo] insigne per la prima volta [definì] le cose che esistono, o le più antiche tra quelle che esistono, o i doni divini, o la relazione di queste cose con quelle che verranno dopo secondo la natura degli elementi primordiali intesi anche in senso universale: «se poi Clemente il filosofo ritiene anche riguardo a ciò che vengano definiti modelli gli elementi più primordiali fra quelli esistenti, secondo lui il Logos [li] precede ma non a motivo di titoli di potere, di perfezione e di assolutezza» (Contra Tomum Palamiticum 5,19,57–63).

Nella testimonianza di Giovanni Ciparissiota il riferimento a Clemente, definito “beato” e “insigne” è finalizzato a mettere in rilievo parte del suo pensiero e a sottolineare come alcuni argomenti riguardanti la cosmologia e la teologia furono definiti da lui per la prima volta, tenendo in considerazione anche e soprattutto 335 Giovanni Ciparissiota, teologo e scrittore bizantino di XIV secolo (1310–1378) confutò G. Palamàs (1296–1359), monaco e arcivescovo bizantino, tra i più celebri rappresentanti, sostenitori e difensori dell’esicasmo e degli esicasti i quali, a cominciare dal IV sec. e dalle regioni di Egitto e di Cappadocia, avevano idealizzato un sistema di vita spirituale, ascetico e contemplativo affinché, grazie a una preghiera incessante, al riconoscimento costante del proprio peccato, alla meditazione ininterrotta, l’uomo potesse unirsi a Dio e raggiungere la perfezione. Un sistema di vita e una vera e propria dottrina che, messa in pratica, diventava il fine primo della stessa vocazione monastica. Nel XIV sec. si assiste alla controversia esicasta e gli avversari contestavano agli esicasti l’incongruenza tra la elevata speculazione dottrinale e le pratiche di inaccettabile realismo, come il rinchiudersi nelle proprie celle per conseguire la visione sensibile della divinità liberandosi da ogni pensiero che riguardasse l’umanità e la terrenità; pratiche giudicate persino ridicole come il dirigere lo sguardo sul proprio ombelico (ὀμϕαλός), trattenendo il respiro e ripetendo «Signor Gesù Cristo, abbi pietà di me». Nel contesto di questa controversia (che tuttavia non riuscì a sopprimere la corrente esicasta), va compresa l’opera di Giovanni Ciparissiota. 336 Edizione di riferimento: K. Liakouras (ed.), Ἰωάννου τοῦ Κυπαρισσιώτου, κατὰ τῶν τοῦ Παλαμικοῦ Τόμου διακρίσεων καὶ ἑνώσεων ἐν τῷ Θεῷ, Athens 1991, 180.

Giovanni Ciparissiota (1310–1378)

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coloro che non praticavano (περὶ τῶν ἐκτός) la “vera gnosi”. Considerazioni confortate da quanto afferma Dionigi Areopagita nel De divinis nominibus 5,9337, ma è il Ciparissiota ad assegnare un primato al maestro d’Alessandria sebbene anche in altri autori prima di lui, si leggano principi di carattere protologico338.

337 Testimonianza fatta propria anche da Giovanni XI Becco (proc. Sp. s. 1,18 in PG 141,177,22–28) e da Manuele Caleca (ess. et oper. 405,9–13). Cf. sopra p. 140 e subito dopo p. 146. 338 Cf. ad esempio, Teofilo di Antiochia, II Aut. 10–19. Sulle origini della riflessione protologica, cf. i contributi di M. Monfrinotti, Creatore e creazione. Il pensiero di Clemente d’Alessandria (Fundamentis novis 4), Roma 2014; Il Dio creatore nelle testimonianze esamerali di Teofilo di Antiochia e Clemente d’Alessandria, in Augustinianum 1 (2018) 7–44.

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

2.31 Manuele Caleca († 1410) Nel trattato De essentia et operatione composto da Caleca dopo la sua adesione alla chiesa cattolica339, si cita Clemente e la sua dottrina sul Logos e questo sta a significare che, a distanza di quasi 12 secoli, i postulati dell’Alessandrino erano ancora di riferimento nella riflessione teologica di XV sec.: […] ἐπάγει γὰρ οὕτως, Εἰ δὲ καὶ ὁ φιλόσοφος ἀξιοῖ Κλήμης πρός τι παραδείγματα λέγεσθαι τὰ ἐν τοῖς οὖσιν ἀρχηγικώτερα, πρόεισι μὲν οὐ διὰ κυρίων καὶ παντελῶν καὶ ἁπλῶν ὀνομάτων ὁ λόγος αὐτῷ·340. [Dionigi] aggiunge infatti: «Se poi Clemente il filosofo ritiene anche riguardo a ciò che vengano definiti modelli gli elementi più primordiali fra quelli esistenti, secondo lui il Logos [li] precede ma non a motivo di titoli di potere, di perfezione e di assolutezza» (De essentia et operatione PG 152,405,9–13).

Il testo di Caleca non contiene notizie biografiche su Clemente al quale fa riferimento indiretto tramite le parole di Dionigi che a sua volta aveva ricordato l’Alessandrino a motivo di uno dei tanti pronunciamenti sul Logos. Il testo di Dionigi citato da Caleca è tratto da De divinis nominibus 5,9, già citato da Giovanni Becco e Giovanni Ciparissiota341.

339 Manuele Caleca, discepolo dell’umanista e teologo Demetrio Cidone (1315/1325– 1399), fu anch’egli teologo fecondo ed erudito, nonché, sulla scia del suo maestro, traduttore delle opere di Boezio e di Anselmo d’Aosta e di molti testi della liturgia latina. Non approvava la separazione tra Chiesa latina e Chiesa ortodossa e, a motivo della sua posizione unionista e delle critiche mosse alla chiesa bizantina, fu costretto a chiedere rifugio e ospitalità nel convento dei Domenicani di Mitilene e dal 1404 al 1410, anno della sua morte, volle professarsi cattolico. Tra le prime opere si ricorda il Περὶ πίστεως καὶ περὶ τῶν ἀρχῶν τῆς καθολικῆς πίστεως in cui, rielaborando quanto affermato negli scritti di Agostino d’Ippona e di Tommaso d’Aquino, espone i principi fondamentali della dottrina cristiana. Del periodo cattolico sono il Περὶ οὐσίας καὶ ἐνεργείας e il Περὶ τῆς τοῦ Ἁγίου Πνεύματος ἐκπορεύσεως il cui originale greco è andato perduto. 340 Testo greco riprodotto secondo J.-P. Migne, Patrologiae cursus completus (Series Grae­ ­ca 152), Parisiis 1866, 405. 341 Cf. sopra, pp. 95, 140, 144–145.

Damasceno Studita († 1577)

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2.32 Damasceno Studita († 1577) L’ultima delle testimonianze passate in rassegna si legge nel Thesaurus di Damasceno Studita342: Γράφει ὁ Ἅγιος Κλήμης, ὁ ἱστορικὸς Ἀλεξανδρείας διὰ ταύτην τὴν ὑπόθεσιν, καὶ λέγει. Ὁ Ἅγιος Ἰωάννης ὁ Θεολόγος περιπατῶντας καὶ διδάσκοντας τῆς Ἀνατολῆς τὰ κάστρη, ηὗρεν εἰς ἕνα κάστρον, ἕνα παλληκάριον343 εὔμορφον καὶ ἀνδρειωμένον344· Il santo Clemente, storico di Alessandria, scrive riguardo a questa ipotesi e dice: «San Giovanni il teologo, avendo viaggiato e avendo insegnato nelle città dell’Anatolia, trovò in una città un giovanetto di bella presenza e coraggioso» (Thesaurus 22, p. 363).

Clemente, insolitamente, viene qui ricordato come “storico di Alessandria” e viene citato un passo tratto da q.d.s. 42. Lo stesso racconto, in tutta la sua ampiezza, è trasmesso da Eusebio di Cesarea (h.e. 6, 23) che, al termine della narrazione, afferma averlo riportato da Clemente345.

342 Damasceno Studita (morto nel 1577), monaco del monastero di Studio (Costantinopoli), scrittore, predicatore e vescovo, nativo di Tessalonica, annovera tra le sue opere il Thesaurus, raccolta di 36 sermoni di carattere ascetico. 343 Il termine παλληκάριον è inesistente e, con tutta probabilità, è lezione errata che sta per πoλλίκαριον, sostantivo raro che si incontra nel Chron. Pasch., Dindorf, p. 392 (PG 92,1005C) e in Anastasio Sinaita, Relat. 51. 344 Edizione di riferimento: E. Deledemou (ed.), Θησαυρὸς Δαμασκηνοῦ τοῦ ὑποδιακόνου καὶ Στουδίτου, Athenis 1926, 363. 345 Eusebio narra «una storia vera» (h.e. 3,23,6–19) riguardante Giovanni apostolo che, partito da Patmos e raggiunta Efeso, arrivò in una città, forse Smirne, al cui vescovo affidò un giovane (νεανίσκος) che aveva incontrato e che era «di buona corporatura, di bell’aspetto e di ardente spirito»; Giovanni lo affidò al vescovo che lo protesse, se ne prese cura, lo educò cristianamente e lo battezzò; ma poi il giovane volle andare a vivere per conto suo e fu adescato da briganti che lo corruppero e dei quali divenne addirittura capo. Quando Giovanni fece ritorno in quella città e chiese del giovane, il vescovo gli disse che si era allontanato da Dio e che si era perduto e che viveva sulle montagne. Giovanni si recò da lui, il giovane lo riconobbe; Giovanni gli disse che avrebbe dato la vita per lui purché tornasse a Dio; il giovane si vergognò, si pentì amaramente e chiese perdono; Giovanni lo rassicurò della misericordia di Dio. Da non trascurare, soprattutto ai fini della presente indagine, l’affermazione di Eusebio: «questo racconto di Clemente è stato qui inserito per utilità di coloro che leggono». Quindi il primo a tramandare il racconto sarebbe stato Clemente da cui deriva Eusebio; Damasceno Studita fa diretto riferimento a Clemente senza citare Eusebio, non è da escludere che abbia attinto da Chronic. pasch., Olimp. 220, anno 101 (PG

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Notizie biografiche: leggendo i Testimonia

92, 608); il racconto è ridotto all’essenziale, tuttavia si precisa che la città è Smirne e il vescovo è Policarpo ma quest’ultimo dato è improbabile se è vero che Policarpo fu eletto vescovo intorno al 110, quando Giovanni era già morto. La identificazione della città con Smirne è verosimile e l’associazione Smirne-Policarpo è quasi scontata. Incuriosisce il fatto che Damasceno abbia usato l’aggettivo sostantivato πoλλίκαριον (anziché νεανίσκος come si legge in Clemente, in Eusebio e in Chronic. pasch., Olimp. 220, anno 101) attestato in Chronicon paschale 392 (ML 92,1005C) ma con il significato di “servo”.

Conclusione La rassegna di tutte le fonti letterarie greche in ciascuna delle quali, dal sec. III al XVI, si legge un riferimento diversamente occasionato a Clemente di Alessandria, ha permesso di tratteggiare un profilo biografico meglio delineato, anche se non definitivo, rispetto a quello di cui si è solitamente a conoscenza: in massima parte si confermano le notizie già attestate ma le voci dei diversi Testimonia rendono più solida l’informazione anche se il nostro personaggio sembra essere destinato da una parte a riscuotere stima e quindi a godere di grande fama, dall’altra a restare nella oscurità. Dall’insieme delle notizie emerge che certi dati, rispetto ad altri, sono particolarmente insistiti e ripetuti e gravitano, quasi sempre, attorno al nucleo biografico attestato, in prima istanza, dalla Historia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea; tuttavia l’una o l’altra fonte non raramente si trova a rimodulare la notizia eusebiana a seconda del contesto nel quale viene a calarsi il ricordo o il giudizio su Clemente; sicchè, nel momento in cui la notizia di partenza viene riscritta, assume una valenza testimoniale le cui varianti non sono affatto insignificanti. Di conseguenza il panorama delle testimonianze e il quadro d’insieme consentono non solo di raccogliere le informazioni su Clemente ma di valutare anche il comportamento dei testimoni; in altre parole, scorrendo le numerose fonti, abbiamo ricavato elementi riguardanti la vita, le opere e il pensiero del Maestro d’Alessandria, ma abbiamo anche potuto osservare le analogie e le differenze tra l’una o l’altra memoria, tra l’una o l’altra allusione; abbiamo potuto individuare le testimonianze che forniscono elementi di novità affatto trascurabili e che si rivelano indipendenti dalla tradizione accolta o formulata da Eusebio, abbiamo registrato la diversa tipologia specchio di un’altrettanto diversa attenzione rivolta a Clemente. Dalla sequenza dei Testimonia risulta anzitutto che quanto più la fonte è lontana dai secoli immediatamente successivi a Clemente, tanto più l’interesse si distanzia, come prevedibile, dalla curiosità di carattere storico per cedere il posto a un ricordo che esalti soprattutto il pensiero e l’esegesi, senza rinunciare a titoli o attributi che sottolineano l’autorità teologica prima ancora che ecclesiale del discepolo di Panteno. Una memoria facile, si potrebbe dire, perché esonerata dalla esigenza della verifica storica:  ecco allora che Clemente, nelle fonti del periodo tardoantico e bizantino, viene considerato autore di riferimento a prescindere dal suo trascorso biografico perché quello che, all’uno o all’altro testimone, preme ricordare nell’evocare il personaggio, è l’eccellenza di fede, di

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mente, di spirito e di integrità morale. Non solo: ci si appella a Clemente, quale esponente e difensore di certi principi, nel momento in cui l’uno o l’altro autore si trova nella necessità di ribadire una “ortodossia” o una dottrina di verità che affonda le sue radici nella tradizione più antica; di qui si giustifica l’attribuzione a Clemente del titolo “apostolico”, come attestato eccezionalmente, ma non impropriamente, da Anastasio il Sinaita. Contemporaneamente si afferma prevalente e costante l’epiteto “Stromateo” giustificato, senza ombra di dubbio, dall’opera maggiormente consultata e, da supporre, assai più nota e forse anche più stimata delle altre. Un epiteto ripetuto con tanta frequenza che non solo diventa assolutamente distintivo – a differenza dell’eponimo che lo lega alla città di Alessandria e che non è certo esclusivo del nostro Clemente – ma che lo distingue in modo peculiare. Passando dal “titolo” che designa sia il personaggio sia la fama acquisita dal suo scritto, alla ricomposizione della sua biografia, un primato di attendibilità è certamente detenuto dalle testimonianze autobiografiche; a queste seguono le notizie fornite da Eusebio nella Historia ecclesiastica – fatte proprie da gran parte delle fonti  – e quelle che si leggono nelle Epistulae di Alessandro di Gerusalemme la cui importanza testimoniale ha meritato da parte nostra una considerazione particolare. Se ci interroghiamo poi sulla ratio che soggiace ai numerosi riferimenti a Clemente, dall’insieme delle testimonianze risultano due tipologie o tendenze di memoria. La prima tipologia è di carattere prevalentemente storico e orientata dall’informazione di Eusebio  – l’unico peraltro ad affermare la conversione di Clemente dal paganesimo al cristianesimo346. Tipologia propria di quelle fonti nelle quali si legge, rispettando la maggiore frequenza di attestazione, che Clemente fu discepolo di Panteno, maestro di Origene, didascalo della scuola di Alessandria, noto al tempo di Commodo347 e presbitero. In aggiunta a queste notizie, condivise dalla maggior parte dei testimoni, due informazioni restano peculiari della rispettiva fonte di appartenenza: la prima è quella di Filippo di Side, unico ad affermare Clemente quale discepolo di Atenagora, ma, come abbiamo già rilevato, questo discepolato non è attendibile soprattutto in mancanza di ulteriori fonti che lo confermano, ma anche in

3 46 Cf. Eusebio di Cesarea, praep. ev. 2,2,64. 347 Giulio Africano in Giorgio Cedreno, comp. hist. 1,441,8,10; Eusebio di Cesarea, h.e. 5,11,1–2; 6,6,1; Simeone Logoteta, chron. 71,8–10; Giovanni Zonara, epit. hist. [1–12] 3,91,25–30; Efrem di Eno, hist. chron. 143–146.

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considerazione di una inesistente dipendenza di pensiero dall’apologista greco; la seconda è quella Giorgio Monaco Amartolo il quale sostiene che Clemente era giudeo e che, proprio in virtù del suo giudaismo, non incorse nella stessa condanna che fu sentenziata nei confronti di Origene. Ma anche la notizia di Amartolo rimane assolutamente indimostrabile e addirittura incomprensibili e quantomeno infondate risultano le ragioni della sua affermazione. Se dall’insieme di queste testimonianze volessimo estrarre una successione cronologica degli eventi che riguardano la vita di Clemente, si può affermare con sufficiente attendibilità che nacque tra il 140–145 e che sconosciuto rimane il luogo di nascita. Soggiornò a lungo ad Alessandria dove pervenne quando ormai aveva acquisito una formazione di tradizione classica e aveva intrapreso numerosi viaggi in Grecia, Magna Grecia, oriente e Palestina. Nella città egizia, al tempo di Commodo (180–192) si distinse per l’insegnamento che nello stesso luogo era già esercitato anche da Panteno la cui notorietà è da presumere affermata ancor prima di quella di Clemente. Non è attestata da alcuna fonte la ragione per cui egli lasciò Alessandria e l’Egitto, così come non è documentato l’anno della sua partenza. Sappiamo per certo, tuttavia, che dal 216, secondo l’interpretazione a nostro avviso più convincente della Epistula ad Antiochenos di Alessandro, Clemente si trova in Gerusalemme, sebbene non si sappia quanto tempo si sia trattenuto in questa città dove, senza interrompere la sua attività letteraria, collaborò intensamente con il vescovo Alessandro che lo volle latore della propria lettera alla chiesa di Antiochia. Nessuna notizia certa è pervenuta sulla data di morte di Clemente; l’unico documento che ci permette di affermare con sicurezza che nel 231 non era più in vita, è l’Epistula ad Origenem di Alessandro il quale fa memoria di quel personaggio «santo» ormai scomparso. La seconda tipologia o tendenza di memoria si registra tutte le volte in cui all’attenzione storico-biografica si affianca, fino a prevalere, l’attenzione rivolta a Clemente in considerazione in primo luogo della sua produzione letteraria all’interno della quale, come si diceva, particolare accoglienza riscossero gli Stromateis e, in secondo luogo, del suo pensiero filosofico e teologico che si manifesta soprattutto nel momento in cui egli diventa apologeta dell’ortodossia e araldo della dottrina del Logos. In sintesi, le numerose fonti, nel loro insieme e a prescindere dal condizionamento esercitato dalla tradizione anteriore agli stessi testimoni, vengono a costituire una sorta di “letteratura” orientata sostanzialmente da una parte a non perdere gli elementi costitutivi della biografia di Clemente e dall’altra a

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riproporre il suo pensiero, senza trascurare che la letteratura costituita dalle fonti che chiamano in causa Clemente per il contributo da lui dato alla storia del pensiero e della dottrina cristiana, pur adottando una nomenclatura qualificativa ed elogiativa pressoché costante, consentono di comprendere sia la ragione del riferimento al maestro, sia il successo del suo insegnamento. Pertanto, se interroghiamo le fonti ai fini di una indagine storico-anagrafica, acquisiamo pochi, se pur affatto insignificanti, elementi di novità; se invece le interpelliamo ai fini di una indagine di carattere storico-dottrinale ed esegetico, allora scopriamo che il personaggio Clemente, maestro in Alessandria, era destinato a riscuotere più successo nel periodo tardoantico e bizantino di quanto lo riscosse nel periodo a lui contemporaneo o immediatamente successivo. Un plauso quasi unanime che confligge solo con il giudizio severo e castigante di Fozio che risparmia Clemente soltanto nell’insegnamento morale veicolato dal Paedagogus. Scorrendo le fonti, è inevitabile interrogarsi sulla divulgazione delle opere di Clemente e sul lavoro di trascrizione: all’interesse biografico si unisce anche quello sulla fortuna delle opere dell’Alessandrino. Le diverse aree di provenienza delle fonti permettono di tracciare una mappa alquanto orientativa della diffusione dei suoi scritti nel tempo e nello spazio:  l’irradiazione geografica del patrimonio letterario di Clemente, ricavata dalla estrazione ambientale dei Testimonia, è prova del successo dell’insegnamento contenuto nei suoi scritti, mai messo all’indice e che, in buona parte, si presuppone corrispondente a quello di un Clemente che nell’essere didascalo si fa egli stesso “canto del Logos”.

Appendice348 II sec. Claudio Apollinare Fragmenta 2,1 Papia Fragmenta 6,1,2

II- III sec. Gaio Romano († fine II sec.) Parvus Labyrinthus in Eusebio di Cesarea, h.e. 5,28,4 Giulio l’Africano (160/170–240) Chronographiae in Giorgio Cedreno, Compendium Historiarum a mundo condito usque ad Isaacium Comnenum imperatorem 1,441,8,10

III sec. Alessandro di Gerusalemme († 250) Epistula ad Antiochenos in Eusebio di Cesarea, h.e. 6,11,5 Epistula ad Origenem in Eusebio di Cesarea, h.e. 6,14,8–9

348 L’Appendice registra i Testimonia greci secondo l’ordine cronologico: dal III al XVI sec. In carattere grassetto le opere che sono state citate, tradotte e commentate; in tondo, le fonti (non tradotte e commentate) nelle quali si leggono riferimenti a Clemente di minimo rilievo, ma che vanno tenuti in considerazione perché confermano in ogni caso la conoscenza dell’Alessandrino e dei suoi scritti. Se la fonte è seguita dal punto interrogativo [?]‌, significa che il “Clemente” cui si riferisce, si suppone sia l’Alessandrino sebbene resti un margine di dubbio.

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Appendice

III–IV sec. Eusebio di Cesarea (265 ca.-339) Historia ecclesiastica 1,12,1–2; 2,1,3–5; 2,9,2–3; 2,15,2; 2,23,3.19; 3,23,2.5.19; 3,29,1; 3,30,1; 4,26,4; 5,11,1–2; 6,6,1; 6,11,6; 6,13,1–9; 6,14,1–7 Praeparatio evangelica 2,index,1; 2,2,64; 2,3,42; 2,5,6; 2,6,11; 2,6,12; 4,16,2; 4,16,14; 9,index,1; 9,6,1; 9,6,2; 9,6,6; 9,6,9; 10,index,1; 10,1,9; 10,2,1; 10,2,16; 10,5,12; 10,6,1; 10,6,15; 10,11,35; 10,12,1; 10,12,31; 11,index,1; 11,24,12; 11,25,1; 13,index,13; 13,12,16; 13,13,1; 13,13,66

IV sec. Didimo il Cieco († 398 ca.) Commentarii in Ecclesiasten Codex 7,344 Cirillo di Gerusalemme († 387) Catecheses ad illuminandos 18,8,6

IV-V sec. Epifanio di Salamina (315ca.-403) Panarion 1,296,16,8 [?]‌349; 1,324,23; 1,435,23; 1,445,6,1 Epistula ad Eusebium, Marcellum, Vivianum, Carpum et ad Aegyptios (fragmentum) 206,28350 Appendices ad indices apostolorum discipulorumque 127,14

349 Incerta l’identificazione di Clemente, in quanto Epifanio fa riferimento al mito di Zeus che deglutì Metis. In questo caso l’attestazione del mito si registra sia nelle Pseudoclementinae (4,16,2; 5,23) sia in Clemente Alessandrino (prot. 37). 350 Epifanio ricorda Clemente tra gli esegeti che hanno interpretato con acribia il Vangelo di Marco e il Vangelo di Giovanni.

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Palladio di Elenopoli (363/364- † prima del 431) Historia Lausiaca 60,2 Eustazio di Sebaste († 380) Commentarius in Hexaemeron 708,1 Cirillo di Alessandria (370/380–444) Contra Iulianum imperatorem 6,30,2–4; 7,19,15–18; 10,21,1–2 Filippo di Side (380ca.-dopo il 431) Historia christiana in Teodoro il Lettore († prima del 550) 160; Codex Baroccianus 142 8–13; 23 Socrate di Costantinopoli (380ca.- † dopo 439) Historia ecclesiastica 2,35,10; 3,7,5 Dionigi l’Areopagita (IV-V sec.) De divinis nominibus 5,9 Sozomeno († 448) Historia ecclesiastica 1,1,12–13; 4,7,15–8,2 Teodoreto di Cirro (393ca.-466ca.) Haereticarum fabularum compendium PG 83: 340,10; 349,45; 353,3–10; 369,34; 372,22; 401,19–21.33.40–42

V-VI sec. Esichio di Gerusalemme († dopo il 450) Homilia in natalem Christi 15 Giovanni Malala (491ca.-570/578), Chronographia prol.,1,6; 10,2,18; 10,4,36; 10,13,4; 10,15,13; 11,19,5; 18,8,10.14

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Zaccaria di Mitilene (465ca.-553ca.) Ammonius sive De mundi opificio disputatio 2,1400351

VI sec. Chronicon Paschale (VI sec.) 14,15–23; 255,15; 271,15; 421,8–10; 436,1–5; 470,4–6 Doroteo (505–565) Doctrinae diversae i-xvii Didaskalia 17,179,17 Giovanni di Scitopoli (VI sec.) Scholia in librum De coelesti hierarchia 2 Giovanni Scolastico (503–577) Prologus et Scholia in Dionysii Areopagitae librum De divinis nominibus 2, sch. DN 133: 5,9 5, sch. DN 188: 6,21.28; 11–13,1.11 9, sch. DN 212: 2,3 Synagoga L Titularum 3,154,13 [?]‌352 Menologio Imperiale Sanctorum Bartholomaei et Barnabae vita e Menologio Imperiali deprompta 58

VI-VII sec. Giovanni Mosco (prima del 550–620/634) Pratum spirituale 176,3045,45 351 Nonostante Clemente venga semplicemente ricordato per la sua concezione del Demiurgo, tuttavia Zaccaria ritiene doverlo elogiare con due aggettivi che difficilmente si incontrano nelle altre testimonianze: «κλεινός» (famoso) e «θεσπέσιος» (straordinario). 352 Incerto ma non impossibile riferimento al Canon ecclesiasticus di Clemente di Alessandria.

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Massimo il Confessore (580ca.-662) Disputatio cum Pyrrho 91, 317 Ambigua ad Johannem 7,24,1–6

VII sec. Anastasio il Sinaita (640–700) Capita VI adversus Monotheletas (e cod. Vat. gr. 1409) 6,1,24–28 In Hexaemeron anagogicarum contemplationum libros duodecim 1,323; 7,170; 7b,251; 421; 469–476; 9,817–820 Quaestiones et responsiones 28,12,184–187 Viae dux 1,3,69–79; 2,1,3t353; 3,2,25 7,1,83–90 Doctrina patrum 300,13

VII-VIII sec. Giovanni Damasceno (650ca.-749/750) De duabus Christi voluntatibus 28,11–15 Oratio 3,112 353 È opportuno in questo caso riferire, almeno in nota il titolo greco: «βʹ Σὺν θεῷ. Ὅροι διάφοροι κατὰ τὴν παράδοσιν καὶ πίστιν τῆς ἁγίας καθολικῆς ἐκκλησίας λεγόμενοι, συλλεγέντες ἀπό τε Κλήμεντος καὶ ἑτέρων ὁσίων πατέρων, οὓς δεῖ πρὸ παντὸς ἑτέρου μαθήματος ἐκστηθίζειν τὸν τῇ βοηθείᾳ τοῦ θεοῦ προΐστασθαι τοῦ λόγου τῆς εὐσεβείας βουλόμενον». Questo lunghissimo titolo anticipa in sintesi il contenuto che segue e per noi è rilevante il fatto che Anastasio dichiari di introdurre citazioni o riferimenti a Clemente e ad “altri santi padri”; quando parlerà dello Spirito (cf. viae 2,2,37–40) sarà presente la stessa frase che ritroveremo in Giovanni XI Becco, il quale l’attribuisce direttamente a Clemente ma potrebbe anche essere tratta da uno degli “altri padri” vista l’impossibilità di rintracciarla negli scritti pervenuti di Clemente. Cf. sopra p. 140.

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Sacra parallela (recensiones secundum alphabeti litteras dispositae, quae tres libros conflant) (fragmenta e cod. Berol. B.N. gr. 46 [= parallela Rupefucaldina]) 96,476,26; 480,7; 480,56; 512,8 Andrea di Creta (660ca.-740) Laudatio Jacobi fratris Domini 1,18–27; 10,7

VIII–IX sec. Chronicon paschale 493,15 Giorgio Monaco Amartolo (IX sec.) Chronicon (lib. 1–4) 40,17; 452,19   Chronicon breve (lib. 1–6) (redactio recentior) 110,84,5; 110,532,18.20; 110,552,34; 110,568,39 Giorgio Sincello († 810) Ecloga chronographica 71,1; 73,9.15; 140,11; 173,19; 270,14.19; 271,26–27; 397,23; 403,14; 408,3; 422,6–8; 434,12–13; 446,4

IX sec. Areta Commentarius in Apocalypsin 569,37 Fozio di Costantinopoli (820ca.-891) Bibliotheca 109–111; 117; 118; 232 De Spiritus sancti mystagogia 75,10–15

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X sec. Ecumenio Commentarius in Apocalypsin 71,25 Fragmenta in epistulam ii ad Timotheum 460,26 Suda Lexicon Λ 257 line 12

X-XI sec. Simeone Logoteta (X-XI sec.) Chronicon (sub nomine Leonis Grammatici vel Theodosii Melisseni vel Julii Pollucis) (redactio A + B operis sub titulo Epitome fort. sub auctore Trajano Patricio) 66,3 77,2

XI sec. Michele Psello Historia brevis 44,94

XII sec. Filagato Homiliae 5,8,14

XII-XIII sec. Michele Glycas (1125–1204) Annales 425,1–4; 450,17

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Quaestiones in Sacram Scripturam (capp. 3–40) 11,145,18–146,3; 26,282,21–283,2 Giovanni Zonara (XII sec.) Epitome Historiarum (lib. 1–12) 3,91,25–30 Pseudo-Zonaras Lexicon 1514,25

XIII sec. Gioele (XIII sec.) Chronographia compendiaria 31,13–15 Giovanni Becco († 1296) De processione Spiritus sancti 1,18 (PG 141,177,22–28) Refutatio libri Photii de processione Spiritus sancti 825,40–45 Niceforo Callisto Xantopoulo (1256–1335) Historia ecclesiastica 1,1,74; 2,3,4; 4,5,288; 4,14,35; 4,21,35; 4,33,1–13; 5,10,62; 5,10,69–78

XIII-XIV sec. Efrem di Eno (XIII-XIV sec.) Historia Chronica 143–145 Neofito Prodromeno (XIII-XIV sec.) Contra Latinos 25,1412–1425 Teodoro Metochite (1270–1332) Γνωμικαὶ σημειώσεις 17,2,10

Appendice

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XIV sec. Giovanni Ciparissiota (1310–1378) Contra Tomum Palamiticum 5,19,57–63 Teofane III De lumine Thaborio orationes 4,509

XV sec. Manuele Caleca († 1410) De essentia et operatione PG 152,405,9–13 De principiis catholicae fidei 464,5

XVI sec. Damasceno Studita († 1577) Thesaurus 22,574–577

V-XVI sec. Chronographiae Anonymae Chronographia brevis (cod. Matritensis Graecos 121) 6,51,15 Testimonia catenari e Scholia (di diversa datazione) In Matthaeum (catena integra) (cod. Parisinus Coislinianus Graecus 23) 43,13 In Matthaeum (catena integra) (cod. Parisinus Coislinianus Graecus 23) 48,33 In Matthaeum (catena integra) (cod. Parisinus Coislinianus Graecus 23) 76,27 In Matthaeum (catena integra) (cod. Parisinus Coislinianus Graecus 23) 78,23 In Matthaeum (catena integra) (cod. Parisinus Coislinianus Graecus 23) 81,20 In Acta (catena Andreae) (cod. Oxoniensis coll. nov. 58) 113,17 In epistulam ad Romanos (typus Monacensis) (cod. Monacensis Graecus 412) 291,9

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Appendice

In epistulam ad Romanos (typus Monacensis) (cod. Monacensis Graecus 412) 369,24 In epistulam ad Romanos (typus Monacensis) (cod. Monacensis Graecos 412) 372,6 In epistulam I  ad Corinthios (typus Vaticanus) (cod. Parisinus Graecus 227) 22,21; 25,19 In epistulam II ad Corinthios (catena Pseudo-Oecumenii) (cod. Parisinus Graecus 223) 385,11; 391,31 In epistulam ad Philippenses (typus Parisinus) (cod. Coislinianus Graecus 204) 280,30 In epistulam ad Hebraeos (catena Nicetae) (cod. Parisinus Graecus 238) 455,7354 In epistulam ad Hebraeos (catena Nicetae) (cod. Parisinus Graecus 238) 490,25355 Supplementum et varietas lectionis ad epistulam i ad Corinthios (catena Pseudo-Oecumenii) (cod. Bodleianus Auct. T.1.7 [= Misc. 185]) 465,12 Supplementum et varietas lectionis ad epistulam ii ad Corinthios (catena Pseudo-Oecumenii) (cod. Bodleianus Auct. T.1.7 [= Misc. 185]) 473,5 Scholia in Clementem Alexandrinum. Scholia in Protrepticum et Paedagogum (scholia recentiora partim sub auctore Aretha) 330,11 Scholia in Clementem Alexandrinum. Scholia in Protrepticum et Paedagogum (scholia recentiora partim sub auctore Aretha) 336,19

354 Poiché nel testo si legge «Κλήμεντος πρὸς   Ἔλληνας» è possibile supporre che si tratti di Clemente Alessandrino che di fatto ha indirizzato ai Greci il suo Protrepticus. 355 Il Clemente a cui si allude è sicuramente l’Alessandrino di cui si cita paed. 1,39,2 a commento di Eb 9–10.

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1 Il numero in pedice corrisponde al numero di nota.

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ONOMASTICO A. Dall’età antica all’età rinascimentale Adamo:  80, 104240, 109, 112, 118278, 123, 124, 133 Aggeo (profeta):  105242 Agostino d’Ippona:  142, 146339 Agrippa (detto Castore):  102 Agrippino (vescovo di Alessandria):  136, 136315 Alessandro Magno:  2534 Alessandro Severo:  4576, 141331 Alessandro, vescovo di Gerusalemme:  40, 47, 4781, 48, 4888, 49, 50, 5097.98, 51, 5198.99, 52100, 53, 53101.102, 54, 54102, 56, 56108.109, 57, 57111, 58, 58113, 59, 59117, 60-62, 76, 81, 82, 124, 138321, 150, 151, 153 Epistula ad Antiochenos:  48, 49, 5096, 51100, 52100, 53, 53102, 54, 56, 57, 57111, 58-60, 150, 151, 153 Epistula ad Origenem:  49, 51, 5199, 58, 59, 60118, 151, 153 Alessio I Comneno (imperatore):  133, 136313 Alessio duca:  137316 Amos (profeta):  88 Ambrogio di Milano:  142 Anastasio il Sinaita:  41, 51100, 109, 109251, 110, 111, 113, 140, 150, 157 Capita VI adversus Monotheletas: 109252 6,1,24-28:  111, 157 In Hexaemeron anagogicarum contemplationum libros duodecim: 112262, 157 1,323: 112261, 157 7: 4679 7,170: 157 7b,112: 111258

7b,251: 157 7b,421: 157 7b,469-476:  112, 157 9,817-820:  112, 157 Quaestiones et responsiones: 109252, 157 28,12,184-187:  109, 157 Relationes de patribus Sinai 51: 147343 Viae dux:  109, 109252 1,3,69-79:  109, 110, 157 2,1,3t: 157 2,2,37-40: 140327, 157353 3,2,25: 157 7,1,83-90:  110, 157 9,3,36: 111258 16,1,27: 140328 22,3,38: 111258 Andrea (apostolo):  3148, 106 Andrea di Creta:  41, 51100, 116, 116272, 158 Canon Magnus: 116272 Laudatio fratris Domini: 116 1,18-27:  116, 158 10,7: 117277, 158 Anfilochio: 110 Aniceto: 99 Anselmo d’Aosta:  146339 Antioco I:  2534 Antonino Caracalla:  47, 4783, 54, 55, 55103, 56108, 124, 128 Apocalypsis Petri: 82 Apocalypsis Sophoniae: 2534 Apollinare di Gerapoli:  94 Apuleio Metamorphoseon: 2223 11,15: 2223 Aquila: 134

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Areta: 158 Commentarius in Apocalypsin 569,37: 158 Aristide: 4677 Aristide (apologeta): Apologia 1,2: 2534 3,2: 2534 Aristobulo: 77 Aristotele: 142332 Artemone: 4267, 43 Asclepiade:  48, 54, 56, 57, 57111, 58 Atanasio di Alessandria:  107, 114 De incarnatione contra Apollinarem 26,1120,28: 114266 Oratio adversus Arianos 1,5: 125292 Atanasio (Pseudo) De Trinitate 28,1125,14: 140328 Atenagora:  23, 2327, 93, 150 Legatio pro Christianis 9,3: 2534 9,8: 2534 10,1: 2534 23,5-6: 2327 Ateneo (pitagorico):  93 Aulo Gellio Noctes Atticae Praef. 2:  2016   Bardesane:  23, 2328, 2428 Barnaba (discepolo):  65133, 66 Barnaba: 2637 Epistula:  77, 82 10,1: 2637 10,9-10: 2637 Basilio II (imperatore):  132302 Basilio di Cesarea:  110, 112262 Hexaemeron: 112262

187 Basilide (gnostico):  102237 Berillo di Bosra:  47, 5198 Berosso (sacerdote babilonese):  2534 Boezio: 146339   Cassio (vescovo di Tiro):  5098 Cassio Dione:  136313 Historia romana: 136313, 141331 67,14: 63127 Cassiodoro: 2944, 124291 Institutiones 1 praef. 4:  4679 1,8,4: 4679 Cefa: 65133, 66 Celadio: 136315 Chronographiae brevis 6,51,15: 161 Chronicon Paschale:  41, 104, 105, 105243, 147345, 148345, 156 14,15-23:  104, 156 255,15: 105243, 156 271,15: 105242, 156 392: 147343; 148345 421,8-10:  104, 156 436,1-5:  104, 105, 105243, 156 470,4-6:  105, 156 Cipriano d’Antiochia:  2223 Cirillo di Alessandria:  40, 89, 89202, 90, 155 Contra Iudaeos: 89 Contra Iulianum imperatorem:  90 6,30,2–4:  89, 155 6,30,5-24: 89202 7,19,15–18:  90, 155 10,21,1–2:  90, 155 Cirillo di Gerusalemme:  154 Catecheses ad illuminandos 18,8,6: 154 Claro (vescovo di Tolemaide):  5098 Claudio (imperatore):  105

188 Claudio Apollinare:  153 Fragmenta 2,1: 153 Clemente Romano:  4065, 73, 77, 98, 105243 I Clementis:  100, 101 7,2: 99 20,8: 4065 Clemente Stromateo Adumbrationes:  17, 2944, 124291 1,8,4: 124291 Canon ecclesiasticus:  50 76, 124, 156352 Contra Iudaeos:  50, 5097, 76, 81, 124 De Ieiunio:  76, 124 De obtrectatione:  76, 124 De Pascha: 5097, 71, 76, 77, 81, 104, 105, 124 De Patientia: 76 De Perseverantia: 76 De Providentia: 109, Eclogae Propheticae:  30, 79 56: 20 56,2: 1914, 20, 30, 3046.47 Excerpta ex Theodoto: 5198, 80, 126292 Hypotyposeis :  29, 2944, 65133, 66, 66135.137, 67, 67139, 69, 70, 72, 73, 76, 78, 78167, 79, 80, 82, 83, 93, 104-106, 113, 116, 122124, 124291, 126, 128-130, 133, 133307, 139 Paedagogus: 3252, 52, 52100, 76, 7632, 80, 81, 122-124, 126, 127, 127293, 152, 162355 1,1-3: 3252 1,1,1: 3252 1,1,1,1: 3252 1,1,2: 127293 1,1,3: 1915, 127293 1,2,4: 127293 1,3,9: 127293

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1,39,2: 162355 1,5,24: 127293 1,6,37: 127293 1,7,4: 127293 1,9,83: 127293 1,11,97: 127293 1,12,98: 127293 1,12,100: 127293 1,37,3: 52100 2,1,9: 127293 2,2,20: 127293 2,2,26: 127293 2,2,34: 127293 2,4,44: 127293 2,8,62,3: 3252 2,8,63: 127293 2,8,73: 127293 2,10,83: 127293 2,10,110: 127293 2,62,3: 1915, 3252, 36, 37 2,83,4-90: 2637 2,93,4: 81179 2,94,1: 81 3,2,5: 127293 3,2,12: 127293 3,3,20: 127293 3,8,41: 127293 3,8,43: 127293 3,8,44: 127293 3,8,45: 127293 3,11,66: 127293 3,11,74: 127293 3,11,77: 127293 3,41,3: 81 3,75,3-76,3: 2637 3,83,3: 3455 Protrepticus: 2018, 32, 44, 4472, 76, 80, 84, 85 126, 162354 5,1-4: 2428 6,5-7: 95221 11,1-23,2: 3559 44,4-45,4: 90205

189

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46-56: 127 98,4: 3456 112,1-3: 34-35 112,1: 1915 118,2: 4472 120,2: 4472 120,4: 3456 Quis dives salvetur?:  68, 68147, 76, 82, 119, 120, 123, 128 42:  68, 69, 147 Stromateis:  20, 2018, 2118, 2119, 22, 25, 32, 3457, 3660, 44, 5198, 63, 64, 70, 72, 73, 77, 78, 78167, 79-81, 87-89, 89202, 90, 99, 105242, 107, 111, 114265, 115, 119, 120, 122124, 126, 128, 132, 136, 139, 142, 151 1: 79 1,11,1-4: 1914.15, 20 1,11,1-3:  72, 73161, 139 1,11,1-2:  20, 21, 27, 63123 1,11,1: 2018, 3353, 87196 1,11,2-3: 101234.235 1,11,2: 2739.40, 28, 3252, 118281 1,11,3:  23, 2325, 30, 3148.49 1,14,1-4: 2017 1,14,1: 1915, 2016, 33 1,14,3: 2224 1,15,2: 101234 1,19,1: 3660 1,29,3: 2636 1,34,6: 2842 1,41,1: 3763 1,48,1: 1915, 36 1,50,6: 105243 1,80,6: 3660 1,82,1: 3660 1,101-147:  105, 105243 1,101,2: 24, 1,102,2: 24, 1,103,2-5: 2430, 1,117,1: 2531

1,119-123: 105243 1,122,1-4: 2534 1,130,1: 2534 1,131,1: 2534 1,136-138: 199 1,144-147: 73 1,144,3: 81 1,145,5: 81 1,176,3: 115270 2: 79 2,3,1-5: 2018, 2,20,2: 115270 2,64-65: 2637 2,67,4-68,1: 26 2,67,4: 1914, 20, 26, 27 2,68,1: 1914, 20, 26 2,72,1: 3660 2,96,4: 1915 2,118,1: 130296 3,11,1-2: 2534 3,25-26: 70 3,25,5-26,2: 103239 3,16,1: 130296 3,49,1: 2534 3,51,2: 105243 3,51,3: 105243 3,52-53: 71 3,53,1: 105243 3,53,4: 105243 3,62-64: 2635 3,81-82:  25, 2532 3,81,2-6: 2532 3,82,1-3: 2532 3,86,3: 2534 3,89,1: 2534 3,92,1: 25 3,94,5: 2637 4,3,2: 101234 4,4,1: 2016.18 4,4,2-3: 2118 4,9,2: 2842 4,46,3: 105243

190 4,47,4: 105243 4,121,6: 2534 5: 79 5,1,4: 101234 5,11,1-3: 72 5,51-52,3: 2637 5,77,2: 2534 5,80,1: 4065 5,81,6: 2534 5,84,1-3: 2327 5,93-94: 79 5,93,4-5: 95220 5,131,1: 101234 6: 5198, 79, 81 6,2,1: 2118 6,2,5-27: 2430 6,41,7: 105243 6,44ss.: 101235 6,61,3: 101235 6,68,2: 3148 6,80,5: 3660 6,125,2-3: 101234 6,161,3-5: 101235 7: 5198, 79, 81, 115, 123 7,5,2-9,3: 4471 7,11: 62123 7,20,2: 3660 7,41,3: 101234 7,62,7-63,1: 115 7,63,3: 105243 7,105-108: 105 7,109: 2637 7,110,4: 128 8: 128 Codex Baroccianus 142:  41, 91, 91206, 92210.211.213, 93, 155 Codex Bodleianus: 162 Codex Coislinianus Graecus 204:  162 Codex Monacensis Graecus 412:  161, 162 Codex Oxoniensis: 161

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Codex Parisinus Coislinianus Graecus 23:  161 Codex Parisinus Graecus 223:  162 Codex Parisinus Graecus 227:  162 Codex Parisinus Graecus 238:  162 Codex Parisinus Graecus suppl. 250: 64 Codex Vaticanus Graecus 1409:  111 Colluto (martire):  88 Commodo (imperatore):  2120, 45, 46, 64, 73, 74, 81, 132, 136, 137318, 141, 141329.331, 150, 151 Concilio di Costantinopoli II:  14 Concilio di Ferrara e di Firenze:  144 Cratete: 2534 Cristo: 3148, 35, 3558, 43, 44, 4472, 48, 54, 66135, 67, 84, 98, 106, 110-112, 119, 120, 127293, 144335   Dadio (Didio):  137 Damasceno Studita:  41, 147, 147342.345, 148345, 161 Thesaurus:  147, 147342 22,574-577:  147, 161 De universo: 4267 Demetrio (vescovo di Alessandria): 53102, 62123, 77 Demetrio Cidone (teologo):  146339 Didimo il Cieco:  154 Commentarii in Ecclesiasten 7,344: 154 De Trinitate 2,41,2: 140328 6,16,9: 140328 9,3,2: 140328 35,1,6: 140328 Diocleziano: 94215 Dionigi di Alessandria:  69, 110, 111, 111258, 131, 142 Dionigi di Corinto:  69

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Dionigi l’Areopagita:  41, 95, 95219, 96, 97, 107, 145, 146, 155 De divinis nominibus: 95 5,9:  95, 145, 146, 155 Dioniso: 3457 Doctrina patrum 300,13: 114265, 157 Domiziano:  63, 119, 120 Doroteo: 156 Doctrinae diversae i-xvii: 156 Didaskalia 17,179,17: 156   Efrem di Eno:  41, 141, 141329.331, 160 Historia Chronica: 141 143-146:  141, 150347, 160 Egesippo: 67141, 68, 69, 69152, 98-100, 100231, 101, 101233, 116, 116275, 117277 Hypomneumata:  99, 100 Elenchos: 4267, 4367 6,38,1-2: 86194 9: 4267 10,5,1-2: 4267 10,32,3-4: 4267 Eleuterio: 99 Enea: 141331 Epifane:  86, 86194 Epifanio di Salamina:  15, 40, 86, 86194, 87, 88, 130295, 154, 154349.350 Appendices ad indices apostolorum discipulorumque 127,14: 154 Epistula ad Eusebium, Marcellum, Vivianum, Carpum et ad Aegyptios (fragmentum) 206,28: 154 Panarion: 86 1,3,46,21: 2534 1,296,16,8: 154 1,324,23: 154

191 1,435,23: 87198, 154 1,445,5: 86 1,445,6,1:  86, 154 Eraclito: 1611 Erode Agrippa I:  67137 Erodoto Historiae 3,148: 3354 4,119: 3354 Esichio di Gerusalemme:  155 Homilia in natalem Christi 15: 155 Eupolemo: 77 Euripide Framm. 578:  2016 Hippolytus Coronatus 73-81:  2842 Eusebio di Cesarea:  7, 13, 132, 14, 15, 2118, 2327, 2430, 2739, 29, 2942-44, 3045.47, 3252, 37, 40, 4066, 42, 4267, 43, 44, 4678, 47, 4783, 48, 4888.91, 49, 5098.98, 5198, 53101.102, 54, 56108, 57111, 58, 59, 61, 62, 62122, 63, 63124, 64, 65, 65133, 66137.139.141, 68, 68143.147, 69, 69152.153, 70, 70155.156, 71, 71157, 72158, 73, 73163, 74164, 75, 77, 78, 80, 81, 82183, 83, 83184, 84, 85, 90, 92, 93, 93214, 94215, 98, 99, 99229, 100, 102, 117276, 123289, 124, 129, 129294, 130, 133, 133307, 136, 136315, 138321, 147, 147345, 148345, 149, 150, 150346.347, 153, 154 Chronicon 194: 3045, 57111, 73162, 136 Historia Ecclesiastica:  13, 4066, 48, 54, 56108, 58, 62, 65, 68, 69, 69151.153, 71, 73163, 74163.164, 78, 83, 99, 124, 136, 149, 150 1: 68149 1,1,12-13: 99 1,6,2: 70156 1,11,2: 70155, 72158 1,12,1-3: 65

192 1,12,1-2: 62120, 68, 154 1,12,2: 124291 2: 68149 2,1,3-5: 62120, 66, 68, 69, 133307.308, 154 2,1,3-4: 124291 2,7,1: 70156 2,9,2-3: 62120, 66, 68, 69, 133308, 154 2,9,3: 124291 2,10,10: 70155, 72158 2,12,1: 70155, 72158 2,15,1-16,1: 69 2,15,1: 124291 2,15,2: 62120, 67, 67139, 68, 154 2,19,1: 70156 2,23,1-18: 68143 2,23,2: 68 2,23,3: 62120, 67-69, 69152, 124291, 154 2,23,4-18: 99229 2,23,19: 62120, 68, 69, 99227, 154 3: 68149 3,20,1-2: 99229 3,23,2: 62120, 68, 69, 154 3,23,5: 62120, 68, 69, 154 3,23,6-19:  68, 147345 3,23,19: 62120, 68, 69152, 154 3,24,1: 69154 3,29: 130297 3,29,1: 62120, 70, 71, 154 3,30,1: 62120, 70, 71, 154 3,32,3: 99229 3,32,6: 99229 3,39,15: 67139, 83 4,7,15-8,2:  99, 100 4,8,2: 99229 4,19: 136315 4,22,2-7: 99229 4,22,2-3: 99228 4,26,4: 62120, 71, 71157, 154 5,index,11: 65132

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5,9,1:  72, 136315 5,10: 2942, 60119 5,11,1-5: 73 5,11,1-2: 62120, 72, 150347, 154 5,11,1: 74 5,11,2-4: 2943 5,11,2: 2944 5,12,1: 4888 5,23,3: 5098 5,25,1: 5098 5,28: 4267, 43, 4367 5,28,4:  42, 72160, 80175, 153 5,38,4: 138321 6:  47, 73163 6,index,6: 65132 6,index,13: 65132 6,1: 73 6,2,2: 74163 6,3,3:  73, 74163 6,3,8: 74163, 6,6: 73163, 74, 74163 6,6,1: 2943, 62120, 73, 150347, 154 6,7: 73163, 74163 6,8,7: 4783, 4888, 54 6,9-11,1-5: 4888 6,11,2: 4889, 53101, 58112 6,11,5:  48, 4889, 54, 153 6,11,6:  48, 4889, 53102, 62120, 154 6,13,1-9: 62120, 76, 154 6,13,1: 63124, 123289 6,13,2: 2739, 2944, 3047 6,13,3: 4888 6,13,4: 5097 6,13,9: 71 6,14,1-7: 62120, 78, 154 6,14,1ss.: 124291 6,14,1: 2944 6,14,2-4: 129 6,14,3-4: 124291 6,14,8-9: 4891, 49, 59, 82, 153 6,14,8: 4888, 59 6,14,9: 2739

193

Indici

6,14,10: 129294 6,19,13: 2739 6,19,17: 4888 6,20: 5198 6,20,1: 4786, 4888 6,20,2-3: 4787 6,23: 147 6,27: 4888 6,39,2: 4888 6,39,4: 4888 6,46,4: 4888 Praeparatio evangelica:  62, 84, 154 2,index,1: 62121, 84186, 154 2,2,64: 3252, 84, 84189, 85, 85192, 117276, 150346, 154 2,3,42: 84185, 154 2,5,6: 84189, 154 2,6,1-6: 90205 2,6,11: 84185, 154 2,6,12: 62121, 84186, 154 2,7,1: 2327 4,16,2: 84188, 154 4,16,14: 84185.189, 154 9,index,1: 62121, 84186, 154 9,6,1: 84185.189, 154 9,6,2: 62121, 84186, 154 9,6,6: 84185.190, 154 9,6,9: 84185, 154 10,index,1: 62121, 84186, 154 10,1,9: 84187, 85192, 154 10,2,1: 62121, 84186, 154 10,2,16:  84, 84187, 85, 154 10,5,12: 84190, 154 10,6,1: 62121, 84186, 154 10,6,15: 84185, 154 10,9: 2430 10,11,35: 84185, 154 10,12,1: 62121, 84186, 154 10,12,31: 84185, 154 11,index,1: 62121, 84186, 154 11,24,12: 84185, 154 11,25,1: 62121, 84186, 154

13,index,13: 62121, 84186, 154 13,1,1: 2327 13,12,16: 84185, 154 13,13,1: 62121, 84186, 154 13,13,66: 84185, 154 14,5: 2327 19,9: 2430 Eustazio di Sebaste Commentarius in Hexaemeron 708,1: 155 Eva:  80, 123, 124 Evagrio Scolastico:  4066, 91206   Filagato: 159 Homiliae 5,8,14: 159 Filippo di Side:  2327, 41, 91, 91208, 93, 93214, 150, 155 Historia christiana:  91, 91208, 155 Filone:  69, 77, 79, 80, 82, 112 De gigantibus 6-ss.: 80172 De plantatione 1-27: 80 3-9: 80 Legum Allegoriae 2,28-30: 80171 Quaestiones et solutiones in Genesim: 79 Filostorgio: 91206 Firmiliano (vescovo di Cesarea): 53101 Flavia Domitilla:  63 Flavio Giuseppe:  4267, 69, 70155, 72158, 77, 136313 Foca: 138319 Fozio:  14, 15, 41, 4267, 79, 80, 87, 87199, 121, 123289, 124, 125292, 126, 126292, 127-130, 130295, 131300, 152, 158 Bibliothecae Codices:  121, 130

194 48: 4267 109-111:  122-124; 158 109: 2944, 87199 111: 2944, 63124 117: 158 118:  128, 158 119: 143334 232:  130, 158 De Spiritus sancti mystagogia:  121, 130 75,2-10: 131301 75,10-15:  130, 158   Gaio Romano:  40, 42, 4267, 44, 47, 69, 138321, 153 Labyrinthus: 4267, 153 Genserico: 94215 Gerolamo:  51, 142 Chronicon: 54102, 55103, 56107.108, 57111 De viris illustribus 38: 51100 54: 129294 54,2: 51100 62,4: 51100 76: 143334 Epistula 70,4: 51100 Gesù: 3148, 3662, 37, 48, 54, 68, 68149, 77, 98, 100229, 101235, 112262, 144335 Giacomo (apostolo):  31, 3148, 99, 106 Giacomo (fratello del Signore): 68143, 100229, 116, 117 Giacomo il giusto (vescovo di Gerusalemme):  66, 66135.137, 67, 67137.141, 69, 133, 133307, 138321 Gioele:  41, 137, 160 Chronographia compendiaria:  137, 137316 31,13-15:  137, 160

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Giorgio Cedreno:  40, 45, 72160, 75 Compendium historiarum a mundo condito usque ad Isaacium Comnenum imperatorem: 45 1,441: 4575, 150347, 153 Giorgo Monaco Amartolo:  41, 118, 118278, 151, 158 Chronicon (lib. 1-4) 40,17: 158 452,19: 158 Chronicon breve: 118278 110,84,5: 4679, 118, 158 110,532,18: 4679, 118278, 158 110,532,20: 4679, 118278, 158 110,552,34: 4679, 158 110,568,39: 158 Giorgio Sincello:  41, 4679, 51100, 119, 119282, 120, 136315, 158 Ecloga chronographica: 119 71,1: 4679, 119282, 158 73,9: 119282, 158 73,15: 119282, 158 140,11: 119282, 158 173,19: 119282, 158 270,14: 119282, 158 270,19: 119282, 158 271,26-27:  119, 158 271,26: 119282 397,23: 119282, 158 403,14: 119282, 158 408,3: 119282, 158 422,6-8:  119, 158 422,6: 119282 431,12: 136315 433,17: 136315 434,12-13:  119, 158 434,12: 119282 446,4: 119282, 158 Giovanni (apostolo ed evangelista):  31, 3148, 66, 68, 68147,

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69, 83, 105, 106, 112, 119, 120, 133, 147, 147345, 148345 Giovanni II Comneno (imperatore): 136313 Giovanni XI Becco:  41, 95219, 131300, 140, 140325, 160 De processione Spiritus sancti:  140, 140325 1,18: 95219, 140, 145337, 160 Refutatio libri Photii de processione Spiritus sancti: 131300 825,40-45: 131300, 160 Giovanni Ciparissiota:  41, 144, 144335, 146, 161 Contra Tomum Palamiticum 5,19,57-63: 95219, 144, 161 Giovanni Damasceno:  41, 114, 114265.266, 115, 134, 135, 157 De fine orthodoxa 26,37: : 112, 114262.267 De duabus Christi voluntatibus 28,11-15: 114 Orationes de imaginibus tres 3,103-107: 115217 3,112:  114, 115, 157 Sacra parallela: 224267, 134, 158 95,1473,18-25: 134311 95,1473,23-24: 134312 96,476,26: 158 96,480,7: 158 96,480,56: 158 96,512,8: 158 Giovanni di Scitopoli:  156 Scholia in librum De coelesti hierarchia 2: 156 Giovanni Malala:  155 Chronographia prol.,1,6: 155 10,2,18: 155 10,4,36: 155 10,13,4: 155

195 10,15,13: 155 11,19,5: 155 18,8,10: 155 18,8,14: 155 Giovanni Mosco:  41, 106, 106244, 156 Pratum spirituale: 106 176,3045,45: 4679, 106, 156 Giovanni Nesteutes:  142332 Giovanni Scolastico:  156 Prologus et scholia in Dionysii Areopagitae librum De divinis nominibus 2,3: 156 5,9: 156 6,21: 156 6,28: 156 11-13,1: 156 13,11: 156 Synagoga L Titularum 3,154,13: 156 Giovanni Zonara:  41, 136, 136313.315, 160 Epitome historiarum (Chronicon): 136313 3,91,25-30:  136, 150347, 160 3,86,10: 136315 Zonaras (Pseudo):  160 Lexicon 1514,25: 110256, 160 Giuda (traditore):  36 Giuliano (vescovo di Alessandria): 136 Giulio Cassiano (encratita):  2533, 77 Cronographia: 77 Giustino (gnostico):  122302 Giustino:  43, 69, 80, 102, 112 I Apologia 6,1: 2534 10,1s.: 2534 10,4: 2534 13,1: 2534

196 28,3: 2534 59,1: 2430 63,1: 2534 63,9-14: 4472 II Apologia 6,1s.: 2534 7,1: 2534 14,1s.: 2534 Dialogus cum Tryphone Iudaeo 1-2: 2223 114,1: 3047 Giustino (Pseudo) Cohortatio ad Graecos 9: 2430 Gregorio di Nazianzo:  112, 112262, 115271 Sermo 45,23-24: 112262 Gregorio di Nissa:  112, 112262 Vita Gregorii: 53101 De opificio hominis: 112262 Gregorio il Taumaturgo:  47   Historia augusta 1,1-9: 137318 8,11-12: 141331   Ignazio di Antiochia:  130 Ilario di Poitiers De Trinitate 1,2: 2223 Ippolito: 4267, 4367, 47, 80, 87198, 129, 130295, 142 Ippolito (martire):  103 Ireneo di Lione:  68, 69, 71, 72, 77, 86, 86194, 87198, 94, 101-103, 105, 110-112, 129, 142 Adversus haereses 1,6,4: 2534 1,11,1: 2534

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1,11,3: 2534, 86194 Demonstratio 67: 3047 Isacco I Comneno (imperatore):  45 Isidoro (gnostico):  86, 102237   Leonida: 137 Licinio: 98 Luca (evangelista):  83, 129   Macrobio Saturnalia Praef. 3:  2016 Manuele I Comneno (imperatore): 133305, 136313 Manuele Caleca:  41, 146, 146339 161 De essentia et operatione: 146 PG 152,405,9-13:  95219, 145337, 161 De principiis catholicae fidei 464,5: 161 Marco (evangelista):  69153, 83, 83184, 136315 Marco Aurelio:  45, 136315 Massimo il Confessore:  41, 107, 107246, 157 Ambigua ad Johannem 7,24,1-6:  107, 157 Ambiguorum liber PG 91,1085:  4679 Disputatio cum Pyrrho 91,317:  107, 107247, 157 Melitone di Sardi:  23, 71, 72 De Pascha: 71157 Menologio Imperiale 58: 156 Metodio di Patara:  131, 142 Michele III (imperatore):  118278 Michele Glycas:  41, 133, 159 Annales: 133 425,1-4:  133, 159

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450,16-19:  133, 134, 159 Proverbia: 133305 Quaestiones in sacram Scripturam: 133 11,145,18-146,3: 160 26,282,21-283,2:  134, 160 Supplica: 133305 Michele Psello:  159 Historia brevis 44,94: 159 Milziade:  43, 4472, 80 Minosse di Creta:  35 Mosè:  77, 127293 Musano: 103 Muziano: 124291   Narcisso:  47, 4888, 5097.98, 5198 54, 54102 Neofito Prodromeno:  41, 142, 142332, 160 Contra Latinos: 142 25,1412-1425:  142, 160 Niceforo Callisto Xantopulo:  4066, 41, 91206, 138, 138319-321, 160 Chronicon: 127,6: 136315 Historia ecclesiastica: 4066, 138, 138319 1,1,74: 4066, 41, 138320.321, 160 2,3,1-6: 138320 2,3,4: 4066, 41, 160 2,3,5: 138321 3,26,76: 136315 4,5,63-65: 138321 4,5,65: 4066, 41 4,5,288:  138, 160 4,14,35: 160 4,21,35: 4066, 4370, 138320.321 4,33,1-13: 138320, 139, 160 5,10,59-63: 4890 5,10,59: 138320.321

5,10,62: 138320.321, 160 5,10,67: 138320.321 5,10,69-78: 4891, 160 5,10,75: 4066, 41, 138320.321 Nicola (Nicolaiti):  70, 103, 103239, 130 Nicola (diacono):  130 Nicolaiti:  70, 103, 130 Ecumenio: 159 Commentarius in Apocalypsin 71,25: 159 Fragmenta in epistulam ii ad Timotheum 460,26: 159   Omero: 2531, 141329 Onomacrito di Atene:  2534 Origene:  14, 17, 4065, 45, 46, 4677.78, 47-49, 51, 5198, 58, 59, 59117, 60, 61, 62, 62122, 69, 73, 73163, 74, 75, 75165, 93, 94, 102, 103, 118, 118280, 128, 129, 132, 134, 137, 138321, 143, 150, 151 Contra Celsum 6,65: 2534 7,42: 2534 De principiis 3,6,1: 2430 Selecta in Ezechielem 13,796,13: 4065   Palamas: 144 Palladio di Elenopoli:  40, 88 Historia Lausiaca 60,2: 4679, 155 Panfilo:  98, 130, 142 Pantaneto: 112261 Panteno:  27, 2739, 28, 2840, 29, 2942.43, 30, 3045, 37, 49, 51, 59-62, 72, 73, 73162, 74-76, 84, 93, 107, 108, 112

198 112261, 119285, 123, 126, 128, 129, 130, 136, 138, 139, 141, 142, 149-151 Paolo (apostolo):  31, 3148, 65133, 66, 68149, 83, 105, 105243, 110, 123, 129 Papia di Gerapoli:  67, 67137.139, 69, 69153, 83184, 112, 153 Fragmenta 6,1,2: 153 Pertinace:  134, 137318 Philocalia: 61 Pierio:  130, 142, 143 Commentarium in Mattheum 24,36: 143334 Pietro (apostolo):  31, 3148, 65133, 66, 68149, 69, 82, 83, 83184, 105, 105243, 106, 110, 133 Pindaro Piticas 4,60: 2842 Platone: 1611 Phaedo 66ac: 2840 Phaedrus 274e: 2016 276cd: 2016 Theaetetus 197c-198b: 2840 Timaeus 40dc: 2327 Plutarco (Pseudo) De vita et poesi Homeri 2,3: 2531 Policarpo: 148345 Primo (vescovo di Corinto):  100 Pseudoclementinae 1,3: 2223 1,5: 2223 Publio Giulio Scapula Tertullo:  56105   Quadrato: 69 Quinto Petronio Didio Severo:  137318

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 Rufino di Aquileia:  2944, 51, 74163, 87199 De adulteratione librorum Origenis apud Hieronymum 4: 51100, 87199 Historia ecclesiastica 6,3,8: 74163   Secundiani: 86 Secundo: 86194 Sapientia Salomonis: 77 Sesto Giulio Africano:  2120, 40, 45, 4576, 46, 4677, 69, 70156, 75, 94, 98, 132, 150347, 153 Cronographiae:  46, 4677, 153 Kestoi: 4677 Settimio Severo:  4576, 54, 55, 55103.104, 56, 56108.110, 73, 75165, 124,128, 134, 137 Severo (retore):  110, 111 Simeone Logoteta:  41, 75, 132, 132302, 159 Chronicon: 132302 66,3:  132, 152, 159 71,8-10: 150347 77,2: 159 Simmaco:  134, 137 Sinodo palestinese:  5098 Serapione: 94 Socrate di Costantinopoli:  41, 91208, 94, 94215, 155 Historia ecclesiastica: 94215 2,35,10: 94 3,7,5:  94, 155 7,27: 91208 Sostene: 65133, 66 Sozomeno: 4066, 41, 91206, 98, 99, 101, 155 Historia ecclesiastica: 98 1,1,12-13:  98, 155 4,7,15-8,2:  100, 155

199

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Stefano (diacono):  70 Suda: 159 Lexicon Λ 257,12: 159 Sulpiciano: 137318 Susanna: 4677 Svetonio De vita Caesarum. Domitianus 15: 63127   Tassalo: 2223 Taziano:  23, 24, 2430, 25, 2532.33, 43, 77, 80, 105, 105243 De perfectione secundum Salvatorem:  2532 Oratio ad Graecos: 2430, 77 3: 2534 5: 4472 7: 4472 28: 2534 31: 2430, 2531 35: 2223 36-41: 105 36-40: 2431 36: 2430, 2534 40-41: 2430 41: 2534 Teocrito Thalysiae 7,106s.: 2942 Teodoreto di Cirro:  4066, 41, 102, 102238, 103, 103239, 130, 155 Graecorum affectionum curatio 1,59: 2327 3,34: 2327 Haereticarum fabularum compendium 83,3,1: 130298 83,340,10:  102, 155 83,349,45:  102, 155

83,353,3-10:  102, 155 83,369,34:  102-103, 155 83,372,22:  103, 155 83,401,19-21:  103, 155 83,401,33:  103, 155 83,401,40-42:  103, 155 Teodoto (gnostico):  24, 126292 Teodoro il Lettore:  91206, 155 Teodoro Metochite:  160 Γνωμικαὶ σημειώσεις 17,2,10: 160 Teodosio I:  94215 Teofane III:  161 De lumine Thaborio orationes 4,507-509: 108250, 161 Teodosio II:  89 Teofilo d’Antiochia I Ad Autolycum 14: 2430 35: 2534 II Ad Autolycum 10-19: 145338 III Ad Autolycum 20: 2430 Teofilo di Cesarea:  24, 5098 Teognide: 142 Teognosto: 130 Teona: 143 Tertulliano:  69, 102238 Ad Scapulam 4,8: 56105 Adversus Valentinianos 37-38: 86194 37,1: 86194 Apologeticum 19: 2430 39,16-19: 102238 Tito Flavio Clemente:  63, 76, 123, 124 Tommaso d’Aquino:  146339 Traiano: 105

200 Valentino (gnostico):  103 Vespasiano: 63 Vettio Valente:  2223 Vita Sancti Cypriani Antiocheni: 2223 Vittore (papa):  4267, 43, 44, 5098, 80

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Zaccaria di Mitilene:  156351 Ammonius sive De mundi opificio disputatio 2,1400: 156 Zaccaria (profeta):  105242 Zefirino (papa):  4267 Zeus:  35, 154349 Zeusippo: 134

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B. Dall’età moderna all’età contemporanea     Abramowski L.:  3044, 101233 Cacitti R.:  72159 Acerbi A.:  3660 Camelot P.T.:  2943, 3660 Adler W.:  4676, 57111 Campenhausen H.F. von:  87197 Alfonsi L.:  2943 Camplani A.:  2428 Andrei O.:  55104 Cantalamessa R.:  72159 Angermann N.:  4573 Cadiou R.:  4678, 75165 Angiolani S.:  55104 Carriker A.J.:  4785 Arcerius J.:  52100 Casey R.P.:  2018, 125292 Arnou R.:  125292 Caspar E.:  101233 Auty R.:  4573 Castelli E.:  4367 Chantraine H.:  4676   Cives S.:  1712 Baggarly J.D.:  112260, 112263 Cohick L.H.:  72159 Barchiesi M.:  88200 Colunga A.:  2943 Bardenhewer O.:  2943 Combefis Fr.:  107, 107247 Bardy G.:  2223, 2326, 2943, 4367, 4369, Connolly R.H.:  4367 4892, 4893, 4994, 4995, 65134, 66136, 67138, Constas N.:  107249 67140, 67142, 67138.140.142, 68144, 68146, Crouzel H.:  4780, 56106 68148,, 68144.146.148, 69151, 74163, 100232 Barnes T.D.:  57110   Barocius F.:  91206 Dainese D.:  145, 157, 17, Bartelink J.G.M.:  88200 1712, 2944, 3252, 62123, Barzaghi G.:  96, 96222, 97, 97224 87195, 114265 Barzanò A.:  55104 Daniélou J.:  2430, 3151 Bautier R.H.:  4573 Dal Covolo E.:  55104, 56105, 74164 Bekker I.:  4574, 133306, 133309 De Boor C.:  91207 Besançon A.:  127293 De Faye E.:  1612, 2943, 78169 Bettetini M.:  127293 De Nicola A.:  109252 Bevan R.:  127293 Des Places E.:  84191 Bianco M.G.:  1612 Deledemou E.:  147344 Bidez J.:  98225 Dell’Osso C.:  4573 Bigg C.:  3151 Di Bernardino A.:  1712, 2428, Birley A.R.:  55104 2842, 4367, 4676, 4780, 86194, 104240, Boatti A.:  1612 109252, 114267 Bolgiani F.:  86194 Dindorf L.:  104241, 136314, 147343 Brennecke H.C.:  3044 Doerfler M.:  2428 Brezzi P.:  74164 Donaldson J.:  1612 Brüggemann Th.:  89201, 90203, 90204 Dorival G.:  17, 1713, 2739 Buonaiuti E.:  2943 Dorè J.:  2222

201

202 Drijvers J.W.:  75164 Dubois J.D.:  2739   Edwards M.J.:  125292 Elli A.:  75164 Eustratiades S.:  134310   Ferguson J.:  1612 Festugière A.J.:  2223, 98226 Feulner R.:  1712 Fiano E.:  2428 Filoramo G.:  55104 Firpo G.:  74164 Fliche A.:  74164 Fortin E.L.:  101235 Frey: 2430 Früchtel L.:  2219   Gallandius A.:  87195, 91, 91209, 92211 Galloni M.:  1712, 2840 Gamble H.Y.:  4785 Geraci G.:  55104 Girolami M.:  4781 Gyurkovics M.:  2017, 2224, 125292, 126292 Gounelle R.:  2430, 53101 Grasmuck E.L.:  3044 Grillet B.:  98226 Grossi V.:  157   Hägg T.:  121286 Hall S.G. :  72159 Hanson R.P.C.:  62123 Hansen G.C.:  87195, 91207, 91209, 92211, 92213 Hamman A.G.:  2943 Harnack A. von:  3964, 53101, 581153 59115, 78169, 80176, 81, 81179, 81180, 81181

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Haas Ch.:  74164 Heyden K.:  91208, 92213 Helm R.W.O.:  54102, 55103 Henry R.:  121286, 122287 Hilgenfeld A.:  86194 Hoek van den A.:  2739, 2943, 741644, 78, 78169, 79, 79170 Holl K.:  86193 Holliday L.R.:  62123   Iadevaia S.:  137317 Irshai O.:  5098, 5198   Jakab A.:  2739, 53100, 74164, 75164 Jourdan F.:  3044 Junod É.:  68150   Kalogeropoulou-Metallinou B.: 142333 Kinzig W.:  89201, 90203, 90204 Koch H.:  1612, 53100 König H.:  1712, 4065, 75165 Kotter B.:  114264, 115268 Kroll W.:  2223, 121286 Kuehn C.A.:  112260, 112263 Kürzinger J.:  83184   Labastida F.F.:  3660 Lampsides O.:  141329, 141330 Lanata G.:  56110 Le Boulluec A.:  17, 1712, 1713, 2739, 3151, 51100, 52100, 53100, 56106, 62123, 74164, 75164 Lebreton J.:  74164 Leyth G.:  4784 Lewellyn L.:  106244 Leonhard C.:  72159 Leone P.L.M.:  4573

203

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Liakouras K.:  144336 Lies L:  79169 Lietzmann H.:  63126 Lilla S.:  2842, 3150, 3151, 125292 Limor O.:  5098, 5198 López-Oreja J.:  2943   Macdonald A.A.:  75164 Maisano R.:  4573 Mango C.:  121286 Maraval P.:  94215, 94216, 94217 Marcone A.:  55104 Markschies C.:  2944, 3044, 5198, 125292 Marrou H.I.:  3661 Martín J.P.:  74164 Markschies C.:  2944, 3044, 5198, 125292 Mazzarino S.:  55104 Mees M.:  1712, 114267 Méhat A.:  15, 159, 2120, 2223, 2326, 5096, 53100, 78, 78169, 79–81 81178, 82, 87197 Menozzi D.:  55104 Merino Rodríguez M.:  1712, 2739 Migliore F.:  1712, 69151 Migne J.-P.:  102236, 106245, 118279, 138322, 139324, 140326, 146340 Mohrmann C.:  88200 Milkau F.:  4784 Monaci Castagno A.:  55104, 75164, 75165 Mondésert C.:  1612, 2738, 3661 Mondrain B.:  142332 Monfrinotti M.:  3456, 4781, 95220, 95221, 107248, 127293, 145338 Morani M.:  96222, 97224 Moreschini C.:  56105, 78167 Morlet S.:  68150 Mosshammer A.A.:  57111, 119283, 119284, 119285

Mullins T.Y.:  83184 Munck J.:  1612, 75165 Munitiz J.A.:  109253   Nardi C.:  1712, 3046 Nautin P.:  1612, 2121, 4367, 4781, 4888, 5097, 53100, 53102, 54102, 56106, 57111, 58, 59, 59115, 59116, 59117, 60118, 62123, 78169, 92212, 92213 Norelli E.:  67139, 69153, 75165, 78167, 83184 Noret J.:  116274   Osborn E.F.:  157, 16, 1610, 1611, 1612, 1712, 2118, 3252, 53100, 78168,    Pade P.B.:  125292 Pauly A.F.:  121286 Pellegrino M.:  2943 Périchon P.:  94215, 94216, 94217 Pericoli Ridolfini F.:  74164 Perrone L.:  68150 Pesch R.:  83184 Picard C.:  3457 Pietri L.:  75164 Pujiula M.:  1712, 3252, 58113, 62122, 62123, 63, 63129 Pini G.:  1712, 2326, 2841, 3151, 3352, 86193 Podolak P.:  56105 Pohlenz M.:  75165 Polidori V.:  130299, 131301 Pouderon B.:  1712, 2222, 2223, 2327, 53101, 69153, 75164, 92213 Prinzivalli E.:  4367, 64131, 75164, 78167, 86194, 92213, 93214, 125292 Proch U.:  144, 181

204 Quatember F.:  1612, 53100   Ramelli I.:  2328 Redondo E.:  1712 Regoliosi G.:  95, 96222, 97224 Richard M.:  109253 Rinaldi G.:  55104 Rizzerio L.:  63, 63128 Rizzi M.:  157, 3352, 74164, 75164, 75165, 181 Roberto U.:  4573, 4676 Roberts A.:  1612 Runia D.T.:  78169 Roussel B.:  2739 Routh M.J.:  4369 Rouwhorst G.A.M.:  72159   Sabbah G.:  98226 Sagnard F.:  5198 Sanguineti J.J.:  3660 Schwarte K.H.:  56110 Scholten C.:  74164 Simonetti M.:  4676, 4782, 55104, 64131, 78167, 86194, 87199 Siniscalco P.:  55104 Sylburg F.:  52100 Smith W.:  15, 158, 2944 Smith K.:  2428 Sordi M.:  55104, 56105 Speigl J.:  57110 Stählin O.:  1612, 2119, 52100, 64130 Stemeker H.:  3352 Stewart-Sykes A.:  72159 Stiernon D.:  104240 Strickle R.W.:  107246 Stroumsa G.G.:  2739, 3151, 5098, 5198 Studer B.:  132 Suchla B.R.:  95218 Telfer W.:  2942 Tessore D.:  1712

Indici

Thee F.C.R.:  4676 Thornton T.C.G.:  101233 Tittmann J.A.H.:  110256 Tollinton R.B.:  1612, 3252, 63, 63125, Treadgold W.T.:  121286 Treu U.:  2119 Tuffin P.:  57111 Tuilier A.:  74164   Uglione R.:  55104 Urbano A.P.:  2017 Uthemann K.-H.:  110254, 110257, 111259   Van Nuffelen P.:  94215 Van Unnik W.C.:  83184 Van Winden J.C.M.:  80, 80174 Vieilledonf J.R.:  4576 Vigne D.:  2223 Visonà G.:  72159 Völker W.:  1612   Wace H.:  15, 158, 2944 Wagner W.H.:  145 Wahlgren S.:  132303 Wallraff M.:  4574, 4676, 91208 Watts E.J.:  75164 Wendland P.:  78169, 81, 81180 Westcott B.F.:  15, 158, 2327, 2944, 63, 63125, 64 Wilson N.G.:  121286 Wissowa G.:  121286 Wolfson H.A.:  125292   Zahn T.:  2842, 2944, 56106, 78169, 80176, 87197 Zecchini G.:  74164 Ziegler K.:  121286

205

Indici

LUOGHI Aelia Capitolina:  4776, 47 Africa: 94215, 137318 Alessandria: 1611 16-19, 2120, 2223, 2840, 2943, 3045, 39, 45-47, 50, 51, 51100, 53102 54102, 55104, 57, 60-62, 62122-123, 72, 73, 73162, 74, 74164, 75, 79-82, 87, 93, 104-105, 111258, 112, 112261, 115-117 117, 119, 123, 128, 129, 132, 136, 136315, 139, 143, 143334, 147, 150-152 Alessandria, Didaskaleion:  39, 60, 62, 62122, 93, 93214, 143 Anatolia: 147 Anema: 140325 Antiochia: 2121, 48, 50, 54, 54102, 61, 66, 94, 105, 151 Asia: 2223, 23, 105 Atene: 2534, 34, 35, 63, 87, 93   Bisanzio: 118278, 134 Bitinia: 137318 Brussa: 140325   Cappadocia:  47, 50, 53, 53101, 58, 61, 62, 144335 Cesarea di Cappadocia:  53101 Cesarea di Palestina:  59 Corfù: 133305 Corinto:  99, 101233 Costantinopoli:  14, 4267, 121, 133305, 137316, 140325, 147342   Dalmazia: 137318   Edessa: 2428, 69

Efeso: 147345 Egitto:  21, 2120, 2223, 27, 2739, 2840, 31, 50, 58113, 60, 88, 89, 136315, 144335, 151   Gallia belgica:  137318 Germania: 137318 Gerusalemme: 3148, 37, 50, 5097.98, 53, 53102, 54, 54102, 57-59, 61, 68149, 99229, 133, 151 Grecia:  21, 23, 34, 35, 87, 89, 151   India: 60 Ionia:  23, 34   Magna Grecia:  21, 151 Mauritania: 56105 Mitilene: 146339   Palestina:  21, 2429, 2739, 58113, 102, 151 Patmos:  119, 120, 147345 Petra: 142332   Roma: 4267, 43, 44, 4576, 80, 83, 99, 101, 101233, 124   Siria: 2121, 2534, 5198 Smirne: 147345, 148345   Tessalonica: 147342

206

Indici

PASSI SCRITTURISTICI Genesi:  77, 79, 113, 123 2,22: 112

25,23: 115269 26,6-13: 3662

Esodo:  79, 123

Marco:  67, 67139, 69, 83, 154350 10,17-31: 82 10,35-40: 67137 13,3-4: 3148 14,2-9: 3662 14,32-34: 3148

Levitico 11,7: 2637 11,10: 2635.37 11,12-15: 2637 11,12: 2635 12: 2637 Deuteronomio 14,10: 2635 Salmi: 123 1: 27 1,1-2: 2636.37 1,1: 2738 18: 30 31: 2635 Ecclesiaste (Qoelet):  123 Sapienza 9,8: 3455 Geremia 49,19: 2635 50,20: 2635 Ezechiele 18,23: 2635 18,32: 2635 Daniele: 4677 Matteo 5,28: 2635 7,13: 2636 17,1-2: 3148

Luca 8,36-40: 3662 8,51: 3148 Giovanni: 154350 12,2-8: 3662 15,15: 115269 Atti degli Apostoli:  65133, 66, 83 6,5: 130 12,1: 67137 1 Corinti 5,1: 105243 7,5: 2532 Galati: 65133 2,11: 65133 Ebrei:  77, 83, 129 1 Pietro 4,8: 2635 1 Giovanni 5,16-17: 2635 Giuda:  77, 82 Apocalisse: 70

Patrologia Beiträge zum Studium der Kirchenväter Herausgegeben von / Edited by Andreas Spira †, Hubertus R. Drobner und Christoph Klock Band

1 Henriette M. Meissner: Rhetorik und Theologie. Der Dialog Gregors von Nyssa De anima et resurrectione. 1991.

Band

2 Gregor von Nyssa: Contra Eunomium I 1 - 146. Eingeleitet, übersetzt und kommentiert von Jürgen-André Röder. 1993.

Band

3 Albert Viciano: Retórica, Filosofía y Gramática en el Aduersus nationes de Arnobio de Sica. 1993.

Band

4 Helmut Seng: Untersuchungen zum Vokabular und zur Metrik in den Hymnen des Synesios. 1996.

Band

5 Giampietro Dal Toso: La nozione di proairesis in Gregorio di Nissa. Analisi semioticolinguistica e prospettive antropologiche. 1998.

Band

6 Gregor von Nazianz: De humana natura (c. 1,2,14). Text, Übersetzung, Kommentar von Kristijan Domiter. 1999.

Band

7 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo, Predigten zum Buch Genesis (Sermones 1-5). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2000.

Band

8 Jochen Rexer: Die Festtheologie Gregors von Nyssa. Ein Beispiel der reichskirchlichen Heortologie. 2002.

Band

9 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu Kirch- und Bischofsweihe (Sermones 336-340/A). Einleitung, revidierter Mauriner-Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2003.

Band 10 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu den Büchern Exodus, Könige und Job (Sermones 6-12). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2003. Band 11 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum Weihnachtsfest (Sermones 184-196). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2003. Band 12 Igor Pochoshajew: Die Seele bei Plato, Plotin, Porphyr und Gregor von Nyssa. 2004. Band 13 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum Buch der Sprüche und Jesus Sirach (Sermones 35-41). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2004. Band 14 Daniel J. Jones: Christus Sacerdos in the Preaching of St. Augustine. Christ and Christian Identity. 2004. Band 15 Manuel Mira: Ideal ascético y antropología antiarriana en las homilías de Basilio Magno. 2004. Band 16 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum österlichen Triduum (Sermones 218–229/D). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2006. Band 17 Andreas Spira: Kleine Schriften zu Antike und Christentum. Menschenbild – Rhetorik – Gregor von Nyssa. Herausgegeben von Hubertus R. Drobner. 2007. Band 18 Hans Feichtinger: Die Gegenwart Christi in der Kirche bei Leo dem Großen. 2007. Band 19 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum Markusevangelium (Sermones 94/A-97). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2007.

Band 20 Igor Pochoshajew: Gregory of Nyssa, De Beatitudinibus IV, Ad Ablabium and Adversus Macedonianos. English and German Translations and Studies. With the collaboration of David J. McCollough and Oliver Erckens. 2008. Band 21 Notker Baumann: Die Demut als Grundlage aller Tugenden bei Augustinus. 2009. Band 22 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu Neujahr und Epiphanie (Sermones 196/A-204/A). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2010. Band 23 Andrea Bizzozero: Il misterio pasquale di Gesù Cristo e l'esistenza credente nei Sermones di Agostino. 2010. Band 24 Hans-Bernd Krismanek: Das Briefkorpus Kyrills von Alexandrien als Quelle des antiken Mönchtums. Kirchenpolitik, Christologie und Pastoral. 2010. Band 25 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo – Sermones ad populum. Überlieferung und Bestand – Bibliographie – Indices: Supplement 2000-2010. 2010. Band 26 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zur Apostelgeschichte (Sermones 148-150). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2012. Band 27 Robert Walz: Vorbereitung auf das Martyrium bei Cyprian von Karthago. Eine Studie zu Ad Fortunatum. 2013. Band 28 Hubertus R. Drobner: Neu identifizierte Textzeugen zu den Predigten Augustins. 2013. Band 29 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu den alttestamentlichen Propheten (Sermones 42-50). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2013. Band 30 Éliane Poirot: Saint Antoine le Grand dans l’Orient chrétien. Dossier littéraire, hagiographique, liturgique, iconographique en langue française. 2014. Band 31 Juan Antonio Gaytán Luna: Fin del mundo y destino final del hombre. La exégesis escatológica de I ad Corinthios 7,31, y 15,50, en la literatura cristiana antigua. 2014. Band 32 Andrea Bizzozero: Una catechesi sulla risurrezione dei morti. Analisi dei sermoni 361 e 362 di Agostino di Ippona. 2014. Band 33 Mauricio Saavedra Monroy: The Church of Smyrna. History and Theology of a Primitive Christian Community. 2015. Band 34 Gabriele Spira: Paradies und Sündenfall. Stoffe und Motive der Genesis 3-Rezeption von Tertullian bis Ambrosius. 2015. Band 35 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu den Psalmen I (Sermones 1321) und Predigten zu den Psalmen II (Sermones 22-34). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2016. Band 36 Hans Feichtinger: Bild und Bildung bei Augustinus. 2017. Band 37 Giorgio Mazzanti (ed.): Basilio di Cesarea – Omelie sui Salmi e altre omelie esegetiche. Introduzione, commento e revisione. Traduzione e indici di Simona Giani. 2017. Band 38 Peter Lötscher: Monotheismus zwischen Rhetorik und Philosophie bei Tertullian, Minucius Felix, Laktanz und Augustinus. 2018. Band 39 Karl Wechtitsch: Die Quadragesima-Homilien Leos des Großen. Eine hermeneutische und liturgiehistorische Untersuchung der Traktate 39-42. 2020. Band 40 Matteo Monfrinotti: Clemente “lo Stromateo”: fama e oscurità. Rassegna e studio dei Testimonia greci (III-XVI sec.).2020. www.peterlang.com