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Italian Pages 250 [252] Year 2012
Corinne Sweet
CAMBIA LA TUA VITA CON LA TCC
Antonio Vallardi Editore s.u.r.l. Gruppo editoriale Mauri Spagnol www.vallardi.it Per essere informato sulle novità del Gruppo editoriale Mauri Spagnol visita: www.illibraio.it www.infinitestorie.it Titolo originale: Change Your Life with CBT Copyright © Pearson Education Limited 2010 This translation of CHANGE YOUR LIFE WITH CBT – HOW COGNITIVE BEHAVIOURAL THERAPY CAN TRANSFORM YOUR LIFE 01 Edition is published by arrangement with Pearson Education Limited Copyright © 2012 Antonio Vallardi Editore, Milano Traduzione di Ornella Ciarcià
Grafica di copertina: Studio Baroni Prima edizione digitale 2012. Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. ISBN 978-88-6731-074-6
Sommario
Ringraziamenti 7
L’ottica della TCC 1. Come posso cambiare la mia vita con la TCC? È ora di cambiare Il paradosso del cambiamento Perché la TCC? Vi presento il signor Beck Come funziona la TCC? La popolarità della TCC Le idee centrali della TCC: un assaggio La TCC può funzionare anche con me? Che cosa vorreste veramente cambiare? Stabilite gli obiettivi Infine, prendete la decisione di cambiare Domanda clou: la TCC fa per me?
2. Capire i propri meccanismi
9 11 13 14 16 17 19 21 22 22 24 26 29 33
35
Guardatevi con occhi diversi La filosofia della TCC Comprendere i propri meccanismi mentali Il punto di vista è unico e individuale La resistenza al cambiamento
37 37 41 57 58
3. Essere consapevoli dei pensieri negativi
61
Scovate i pensieri negativi nella vita di tutti i giorni Capire le emozioni con il metodo della TCC Pensieri negativi automatici Presupposti non funzionali Convinzioni di fondo L’approccio investigativo alle emozioni
4. Individuare e neutralizzare gli «errori di pensiero» La profezia che si autoavvera Identificare gli errori di pensiero La «triade cognitiva» negativa di Beck I principali dieci errori di pensiero
62 64 65 74 75 78
87 88 89 91 91
Sommario
5. Mettersi in discussione per migliorare
111
Pensieri ossessivi e scatenanti 112 Capire la propria «formulazione» con il metodo della TCC 116 Il metodo scientifico 119 Esercizio del «fiore vizioso» 120 Comportamenti di sopravvivenza 123 Esposizione 129 Coinvolgete gli altri 131 Riesame della formulazione 134 Riepilogo del capitolo 134
6. Promemoria del piano per cambiare la propria vita con la TCC Ripasso della TCC Promemoria importante
137 137 142
Come utilizzare la TCC per migliorare la propria vita
145
7. Cavalcare la tigre: superare ansia, panico, traumi, fobie e ossessioni
147
A che cosa serve la paura? Da dove proviene l’ansia? L’ansia fisiologica Come domare la propria tigre Capire la propria ansia I vari tipi di ansia Gestire efficacemente gli attacchi d’ansia Affrontare le fobie Affrontare i traumi L’efficacia dell’esposizione Affrontare le ossessioni Esercizio fisico e ansia
8. Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
148 152 155 157 158 159 163 171 173 174 175 179
181
Pregiudizi 181 Scintille specifiche 182 Relazione tra ansia e depressione 184 Sintomi della depressione 184 Tipici pensieri negativi demoralizzanti 187 L’agenda quotidiana 188 Conoscere la propria depressione 193
Sommario I tipi di depressione principali Affrontare gli impulsi suicidi Conoscere e affrontare la propria depressione Perpetuare la depressione Cambiare l’umore Mantenetevi attivi Terapia o farmaci?
9. Infilzare il drago: imbrigliare la propria rabbia Lo scopo della rabbia Rabbia fisiologica e rabbia morbosa Farsi valere/essere aggressivi Repressione/libero sfogo Capire le origini della propria rabbia Capire meglio sé stessi e la propria rabbia Il passato è passato Come la TCC affronta la rabbia Imparare a imbrigliare la collera Essere forti, non deboli
10. Aumentare la propria sicurezza e autostima
196 197 199 201 202 204 204
209 209 212 215 217 219 220 223 224 225 229
231
Come aumentare la propria sicurezza 232 Tenete presente il «paradosso del cambiamento» 233 Accettare sé stessi 234 Analisi dei costi e dei benefici 245 Consapevolezza e meditazione 246 Migliorare 247 Il difficile è il procedimento 248
A Cathy Itzin che mi ha fornito l’ispirazione a scrivere e che ha veramente cambiato tutto per il meglio
Ringraziamenti
Sentiti ringraziamenti a Elie Williams, Caroline Jordan, Rachael Stock, Helen Savill, Jaqueline Twyman e a tutti gli altri collaboratori della casa editrice Pearson che hanno dato un grande contributo a questo libro e alla mia bravissima agente, Jane Graham Maw, che, come di consueto, mi ha offerto incoraggiamento e appoggio. Un grazie anche a Navid Nabijou per la sua assistenza, le sue ricerche e i suoi disegni che mi sono stati preziosissimi, e a Clara Potter-Sweet per la sua brillante progettazione grafica. Ringrazio inoltre il professor Stephen Palmer per le sue spiegazioni su tutto ciò che riguarda la TCC e Glen Macklin per i suoi esperti pareri. Infine, un grazie tutto particolare ai miei meravigliosi familiari e amici, soprattutto a Rufus e Clara, e a Corinne Hughes per essersi adeguata al mio metodo di lavoro, che comporta litri di tè e tanto affetto e comprensione. E per concludere, grazie a Mackerel e Capuccino per tutte le loro coccole a notte fonda mentre scrivevo.
Ringraziamenti dell’editore Ringraziamo per l’autorizzazione a riprodurre materiale protetto dai diritti d’autore: Brano alle pp. 184-185 © 2010 Mind, adattato da Understanding Depression, con il permesso di Mind (Associazione nazionale per la salute mentale), www.mind.org.uk. Illustrazioni. © Pearson Education
L’ottica della TCC
1. Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
«La vita è quella che è, non si può cambiarla, ma si può cambiare sé stessi.» Hazrat Inayat Khan
Vorreste cambiare qualcosa della vostra vita? In tal caso, sappiate che da questo in momento in avanti potrete farlo. Per quanto siate soddisfatti della vostra esistenza, ricordate che è sempre possibile fare qualcosa per essere più felici e più efficienti. E, se l’idea di cambiare vi scoraggia, niente paura: questo libro vi indicherà il percorso da compiere, con l’aiuto di alcune tecniche scientificamente sperimentate e di numerosi esempi concreti a dimostrazione che tutti possono applicarle. Può darsi che abbiate scelto questo libro perché vi sentite insoddisfatti o demoralizzati in quanto vi sembra di scontrarvi sempre con gli stessi ostacoli nella vita. Forse avete addirittura il sospetto che tali ostacoli dipendano dal modo in cui vi ponete davanti al mondo. Allora, coraggio: avete appena compiuto il primo passo importante verso un cambiamento in meglio. Non è detto che questa sia la prima volta che decidete di affrontare la situazione, perché magari avete già provato a cambiare qualcosa della vostra vita, servendovi di terapie, corsi, del buon senso o della buona volontà, ma ora sentite la necessità di qualcosa di diverso, di migliore, o di un approccio del tutto nuovo allo scopo di capire che cosa vi impedisce di progredire, di essere felici e di realizzarvi. È molto probabile che, dentro di voi, siate consapevoli di combattere contro un ostacolo specifico, oppure di avere giornate
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Cambia la tua vita con la TCC
«no», o paure e ossessioni che vi inibiscono. Oppure, state semplicemente cercando qualcosa che vi dia una spinta aggiuntiva, o che risolva qualche vostro problema psicologico o comportamentale. Capita spesso di avere la sensazione che agli altri vada tutto bene, mentre in privato noi continuiamo a dibatterci nelle solite angosce assillanti: è la classica sindrome «dell’erba del vicino». Vista dal di fuori, io posso apparire molto sicura di me stessa, estroversa, affermata, al punto che spesso mi sento dire: «Non puoi capire quanto sia difficile per me, le preoccupazioni che ho, a te va tutto a gonfie vele». E invece capisco, perché anch’io ho dovuto affrontare preoccupazioni, paure, traumi, dipendenze, morti e depressioni, in pratica tutti i normali problemi umani che si nascondono dietro le apparenze. La verità è che quasi tutti dobbiamo affrontare problemi di cui gli altri non sono affatto a conoscenza. Sono numerosissimi coloro che non riescono a perdere il vizio di procrastinare all’infinito, di temporeggiare finché non diventa quasi troppo tardi (per esempio, sgombrare la scrivania dal ciarpame, invitare qualcuno fuori a cena, candidarsi per un nuovo posto di lavoro). Molti altri hanno la pessima abitudine di evitare le situazioni che li spaventano o che limitano le loro scelte o movimenti, per paura, timidezza o scarsa autostima (che ne siano consapevoli o no). Ebbene, non siete da soli: questo libro vi darà una mano, vi aiuterà a uscire dagli eventuali vicoli ciechi in cui vi siete cacciati. Grazie alla mia esperienza pluriennale di psicologa e psicoterapeuta, conosco e applico numerose terapie di tipo diverso. Quando mi sono specializzata in terapia cognitivo-comportamentale (TCC) e ho appreso le tecniche illustrate in questo testo, devo ammettere che per me è stata come la ciliegina sulla «torta psicologica». Ho imparato tantissimo dalla TCC a cui io stessa mi sono dovuta sottoporre e che attualmente applico anche agli altri. L’ho trovata estremamente utile perché mi ha aperto gli occhi su nuovi modi di pensare, di comportarmi e di sentire e sono convinta che avrà lo stesso effetto su di voi.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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È ora di cambiare Sono assolutamente convinta che cambiare è possibile e auspicabile. L’ho sperimentato personalmente e in un trentennio, o quasi, di attività professionale privata ho visto numerosi pazienti cambiare sotto ai miei occhi. In realtà, l’unica cosa della quale si può essere certi nella vita è che tutto muta, in continuazione. Tuttavia, molti si sentono in balìa dei cambiamenti o addirittura si sforzano di evitarli. Grazie a questo libro, invece, diventerete impazienti di cambiare, imparerete ad accogliere i mutamenti a braccia aperte, ma soprattutto a provocarli, per il vostro bene. Come se non bastasse, vi chiederò di agire di persona al fine di cambiare. Molte persone vedono con sospetto gli psicologi, gli analisti e gli psicoterapeuti perché temono di essere «analizzate» o fatte a pezzi psicologicamente. Tenete presente che questo manuale non insegna a «subire», ma ad «agire». La speranza è che, continuando a leggerlo dopo averlo scelto, inneschi in voi un processo concreto di mutamento esistenziale, processo che richiederà un po’ di tempo e la decisione, da parte vostra, di seguire la corrente invece di opporvisi. Tuttavia, con un po’ di buona volontà acquisirete nuovi strumenti ed entrerete nell’ottica di trasformare la vostra vita. «La più grande scoperta della mia generazione è che gli esseri umani possono modificare il loro modo di vivere cambiando i propri atteggiamenti mentali.» William James
Ma prima dovete porvi una domanda fondamentale. Chiedetevi SUBITO: «Voglio veramente cambiare?»
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Cambia la tua vita con la TCC
Il paradosso del cambiamento «Voglio cambiare.» «Non so se voglio veramente cambiare.»
Grazie alla mia esperienza clinica e personale, ho visto molte persone (me stessa inclusa, lo confesso) alle prese con lo spinoso problema del cambiamento. Molti di quelli che dicono di voler trasformare la propria vita, quando devono passare all’azione e modificare concretamente qualcosa, cominciano a nutrire dubbi. Parecchie volte mi sento dire: «Vorrei cambiare, ma a patto che le cose non debbano veramente cambiare». Magari mi viene detto con parole diverse, ma il succo è sempre quello che io definisco il «paradosso del cambiamento». Solitamente, ci sentiamo sicuri e tranquilli quando le situazioni permangono più o meno le stesse e spesso facciamo di tutto perché le cose continuino ad andare avanti nella solita maniera. Ci convinciamo che siamo contenti così, che ci fa piacere frequentare di tanto in tanto il nostro ristorante preferito e ordinare sempre lo stesso piatto, oppure alzarci la mattina seguendo la solita routine, lavorare sempre con il solito sistema, andare ogni anno in vacanza nello stesso posto. È innegabile: la routine può dare un senso di sicurezza, di tranquillità e di benessere. Però, essere troppo abitudinari può anche significare essere rigidi, immobili e impedirci di maturare o di «uscire dalle righe», come si suol dire. È la paura a renderci statici: la paura dell’ignoto, dei fallimenti (o, più spesso, dei successi), delle umiliazioni e dei rifiuti, di essere invidiati se ci affermiamo brillantemente, o addirittura la paura di aver paura. Forse le nostre resistenze ai cambiamenti derivano da quello che pensiamo di dover affrontare per compierli. Molte terapie si prefiggono di insegnarci a scavare profondamente nel nostro passato remoto, a rivivere le sofferenze e ad analizzare noi stessi fin nei minimi dettagli, il che per molti può essere piuttosto spiacevole.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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La TCC si prefigge di affrontare il presente. Non c’è bisogno di rivangare il passato, di rimuginare su quel che è stato, si tratta piuttosto di capire cosa ci accade nel momento attuale e di agire per ovviare a tutto ciò che ci ostacola o che ci provoca sofferenza. Ma allora questo libro ci può veramente aiutare? Vediamo di scoprirlo.
Verificate il cambiamento
Com’è attualmente la vostra vita? Fermatevi un istante prima di proseguire nella lettura. Ponetevi le domande seguenti e spuntate quelle a cui rispondete affermativamente. Spunta 1. Vivete la vostra vita sino in fondo? 2. Vi sentite realizzati? Sfruttate al massimo le vostre potenzialità? 3. Siete oberati, troppo tesi, stressati dal caos domestico e mondiale e vi sembra tutto eccessivo? 4. Vi mettete ripetutamente in contrasto con gli altri, o addirittura con voi stessi? 5. Vi accorgete di reiterare comportamenti distruttivi? 6. Vi siete cacciati in un vicolo cieco professionale o sentimentale? 7. Siete tentati a «mettervi in proprio», ma avete troppa paura, in entrambi gli ambiti? 8. Incolpate gli altri perché vi ostacolano o incolpate la vita stessa perché non è stata generosa con voi? 9. Siete intrappolati in un passato pieno di dolorosi rimorsi? 10. Vi prendete a schiaffi metaforicamente o addirittura compite atti fisici di autolesionismo? 11. Vi siete prefissati alcuni obiettivi, ma non li avete ancora raggiunti perché vi siete scoraggiati? }
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Cambia la tua vita con la TCC
12. Fate fatica ad affrontare i problemi che la vita vi pone, come la stretta creditizia, le crisi coniugali o le pressioni sul lavoro? 13. La vita è diventata molto più difficile, cammin facendo, di quanto avreste mai immaginato? 14. State lottando contro qualche brutto vizio, come fumare, bere, incollerirvi o spendere troppo? 15. Avete la sensazione che non riuscirete mai a smettere? 16. Siete dei «perfezionisti» ossessivi? 17. Dovete sempre controllare tutto o lavarvi le mani continuamente, come forma di scaramanzia? 18. Siete il vostro critico più severo e vi giudicate sempre aspramente? 19. Siete intolleranti e insofferenti a proposito delle fissazioni e degli errori altrui? 20. Vi piacerebbe sentirvi meno ansiosi e più sicuri di voi stessi? Se la risposta è «sì» ad alcune (diciamo almeno quattro) di queste domande, allora questo libro potrebbe esservi di grande aiuto se volete veramente cambiare.
Perché la TCC? Magari, quando avete acquistato questo libro, avevate già una vaga idea di che cosa fosse la TCC oppure conoscete qualcuno a cui è stata utile. Si tratta di una terapia molto affermata a livello mondiale, che produce effetti concreti e dimostrabili ed è nota soprattutto perché consente di ottenere velocemente risultati quantificabili.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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Vi presento il signor Beck Il fondatore principale della TCC, Aaron T. Beck, era uno psicanalista freudiano tradizionale, il quale aveva notato che i suoi pazienti spesso gli esponevano idee in qualche modo collegate a ciò che temevano lui pensasse di loro. Tali paure prendevano forma parallelamente a tutti gli altri pensieri connessi ai loro problemi più gravi. Nel suo autorevole testo, Terapia cognitiva della depressione (Bollati-Boringhieri, Torino 1987), Beck definì «accensione dell’interfono» il processo per cui i suoi pazienti davano voce ai pensieri casuali che passavano loro per la testa durante le sedute. Il «monologo interiore» parallelo
Apparentemente, il paziente parlava di un suo particolare problema, per esempio la paura di morire, ma nel frattempo formulava pensieri su Beck del tipo seguente.
• • • • •
«Gli sono simpatico?» «Scommetto che mi giudica male.» «Sto facendo buona impressione?» «Funzionerà? Sono soldi ben spesi?» «È una perdita di tempo... probabilmente non mi sopporta.»
L’«interfono» rivelava un monologo interiore parallelo che, secondo Beck, evidenziava pensieri morbosi. Il «monologo parallelo» dimostrava che i pazienti, in realtà, si sentivano insicuri, ansiosi o a disagio. Invece di ignorare tali pensieri, considerandoli irrilevanti ai fini delle sedute, Beck decise di concentrarsi su di essi e di prenderli come effettivo punto di partenza per aiutare i pazienti a rimettersi in carreggiata. Il suo obiettivo era modificare il modo in cui pensavano, allo scopo di cambiare le loro sensazioni e i loro comportamenti (riprenderemo più dettagliatamente questo punto nei capitoli seguenti). Tutto ciò, forse, non vi impedisce di chiedervi: «Può funzionare anche con me? Di che si tratta esattamente? Come bisogna fare?»
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Cambia la tua vita con la TCC
In questo libro risponderò a tutte queste domande con un approccio chiaro e puntuale. In un certo senso, sarà come se vi presentaste nel mio studio di psicoterapeuta e io vi chiedessi, una volta che vi sarete sistemati comodamente in poltrona: «Allora, come posso aiutarla?», oppure: «In cosa esattamente posso darle una mano?» In particolare, la TCC è efficace nel risolvere problemi di:
• ansia, paure, procrastinazione, timidezza: tutte quelle • • • •
sensazioni imbarazzanti che ci inibiscono costantemente nella vita quotidiana; depressione, malumore, sconforto, desiderio di nascondersi e simili; isolamento, fuga dalle persone e dalle situazioni, difficoltà di comunicazione e relazionali; ossessioni e fobie: tutto ciò che va dalla fissazione di lavarsi continuamente le mani al bere troppo, dalla paura dei cani all’orrore per gli insetti; scarsa autostima, insicurezza: tutto ciò che potreste pensare, fare o provare e che vi deprime o vi inibisce. «I più grandi dolori sono quelli di cui siamo causa noi stessi.» Sofocle
Che cosa offre questo libro:
• informazioni chiare e concise su come cambiare se lo si
desidera e su come applicare nella vita le tecniche sperimentate e collaudate della TCC; • una guida semplice e lineare su come compiere cambiamenti vitali, un passettino alla volta; • consigli pratici per mantenersi in carreggiata; • la garanzia che ci si può veramente migliorare la vita utilizzando correttamente le indicazioni di questo manuale.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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Che cosa non offre questo libro:
• risposte «magiche» o semplici «cure miracolose»; • rimedi istantanei o risposte semplici senza un coinvolgimento in prima persona; • la garanzia di risultati dall’oggi all’indomani senza far niente: per cambiare è necessario impegnarsi.
Come funziona la TCC? La TCC è un approccio psicologico e comportamentale al cambiamento basato su principi scientifici comprovati da ricerche e dimostratisi efficaci per un ampio ventaglio di problemi. È una terapia in evoluzione fin dagli anni Cinquanta, che, se applicata correttamente e con costanza, ha confermato di avere un alto tasso di successo. Psicologi di tutto il mondo hanno effettuato esperimenti clinici, secondo i quali con la TCC si possono ottenere risultati eccezionali e radicali, a patto di impegnarsi con determinazione e forza di volontà. La TCC aiuta a identificare chiaramente le questioni cruciali, in particolare i pensieri negativi ripetitivi (dei quali magari si è del tutto inconsapevoli), al fine di pensare, agire e comportarsi in maniera diversa. È una terapia molto apprezzata anche da un pubblico più vasto, ovvero coloro che vogliono generalmente migliorare la propria qualità di vita, eliminando i comportamenti inibitori. A grandi linee, la TCC si basa su uno schema preciso in tre punti (ABC) per analizzare i problemi:
• A = l’evento ANTECEDENTE, altrimenti detto «scatenante», che può essere esterno, come un incidente stradale, un litigio, un divorzio, un infortunio, o interno, per esempio un sogno, una fantasia o addirittura un ricordo, un cambiamento ormonale, o persino l’ansia per qualcosa che sta per accadere;
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Cambia la tua vita con la TCC
• B = le proprie CONVINZIONI (beliefs in inglese) che
comprendono principi, opinioni, idee e regole personali, i significati che si attribuiscono agli eventi interni ed esterni personali, altrui e dell’ambiente che ci circonda; • C = le CONSEGUENZE, che comprendono emozioni, comportamenti, pensieri, reazioni fisiche suscitate dalle emozioni. La TCC impone di distinguere fra pensieri, emozioni e comportamenti. A titolo di esempio, utilizziamo la tecnica dell’ABC per analizzare l’apprensione che potreste provare all’idea di andare a una festa da soli. L’ABC di questo problema potrebbe essere il seguente:
• A = immaginate di andare alla festa o ricordate cos’avete
provato l’ultima volta che siete andati a una festa da soli; • B = siete convinti che dovete a tutti i costi andare alla festa da soli, altrimenti siete inetti, deboli, rinunciatari e falliti; • C = al solo pensiero di presentarvi da soli e di sentirvi addosso gli occhi di tutti vi tremano le ginocchia, vi si incolla la lingua al palato (sensazioni fisiche e psicologiche associate alla paura) e siete sicuri che andreste subito a tracannare due bicchieri di vino per placare l’ansia o correreste al bagno a nascondervi, oppure vi rintanereste in un angolo a sorseggiare birra sperando che il pavimento vi inghiotta (comportamento). «Comportamenti di sopravvivenza»
È cruciale ai fini della TCC analizzare ciò che facciamo per sentirci «sicuri», un sistema frequente per evitare le sensazioni di disagio. Perciò, nell’esempio di cui sopra, potremmo decidere di non andare alla festa pur di non provare paura, imbarazzo o ansia. Fondamentalmente, la TCC si impegna a dimostrare che è possibile fare concretamente le cose di cui si ha paura, una volta imparate alcune semplici metodiche. Molto spesso, siamo più inibiti dalla paura di quanto potrebbe accadere che dal fare ciò di cui abbiamo
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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paura. Questa terapia si prefigge di modificare comportamenti e sensazioni insegnando che è possibile agire in maniera diversa e di conseguenza sperimentare sensazioni e comportamenti differenti.
La popolarità della TCC La TCC è diventata una terapia molto apprezzata, proprio perché è talmente basata sul «buon senso» che si può apprendere con relativa facilità e può produrre risultati visibili. Inoltre, è meno impegnativa di alcune delle terapie più tradizionali e può cominciare a funzionare fin da subito. La TCC si basa sull’apprendimento e sull’attuazione dei cambiamenti, non su indagini complesse o su minuziose e interminabili analisi dei sogni. È una terapia che si può anche imparare ad applicare da soli seguendo questo libro, è l’apprendimento di nuove tecniche da mettere in pratica, come guardarsi con occhi diversi, effettuare piccoli esperimenti e imparare dall’esperienza per poter andare avanti, adattarsi e modificarsi gradualmente. La TCC si prefigge di produrre risultati visibili e quantificabili dai quali si può imparare e che quindi permettono di proseguire. Tali risultati si possono verificare ripetutamente per capire se sia veramente cambiato o accaduto qualcosa. Questo è uno dei motivi per cui la TCC ha acquisito grande notorietà ed è attualmente utilizzata da numerosi medici, psicologi, psicoterapeuti e professionisti d’altro genere. Disturbi specifici affrontati dalla TCC
La TCC è utilizzata efficacemente, e con il sostegno di prove scientifiche, come terapia dei seguenti disturbi:
• • • • •
depressione; ansia; attacchi di panico; disturbi post-traumatici da stress; rabbia;
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• • • • • •
Cambia la tua vita con la TCC
sociofobia; stati di sofferenza cronici; disturbi ossessivo-compulsivi; bulimia nervosa; schizofrenia; disturbi dell’età evolutiva.
Per questo è molto diversa da altri metodi terapeutici che tendono ad analizzare nel dettaglio eventi del passato.
Le idee centrali della TCC: un assaggio
• T = TERAPIA = elaboriamo esperimenti che mettono
in discussione le nostre «teorie» sui nostri pensieri e comportamenti, impariamo dai risultati e li riverifichiamo: è così che cambiamo. • C = COGNITIVO = ciò che conta è la nostra interpretazione degli eventi della vita, non gli eventi in sé. • C = COMPORTAMENTALE = ciò che facciamo, come reagiamo agli eventi condiziona i nostri pensieri ed emozioni.
La TCC può funzionare anche con me? La TCC si può imparare a usare con l’aiuto di uno psicoterapeuta, in gruppo o da soli, per esempio servendosi di questo libro. Si dà grande rilievo al lavoro pratico svolto tra una seduta e l’altra, che si definisce «compito a casa» (ma non fatevi condizionare da questo termine). È essenziale continuare a esercitare la TCC anche al di fuori delle sedute o del gruppo (un po’ come fare yoga o flessioni fuori dalla palestra), quindi «compito» è una definizione necessaria e calzante. Ma, come per altre attività, i benefici si vedono con il tempo e con la costanza. Se decidete di utilizzare questo libro, dovrete impegnarvi a fare i «compiti» assegnati in ogni capitolo, anche
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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se non li leggete in sequenza ma saltando qua e là. Potete decidere di impegnarvi anche solo per una settimana o due, o per un mese, ma se volete ottenere dei risultati dovrete farlo con costanza. Naturalmente, il punto di partenza siete sempre voi e la decisione che dovete cambiare qualcosa. Dovete essere disposti a esaminare onestamente e obiettivamente i vostri pensieri e comportamenti e pronti a rinunciare alle vecchie abitudini, anche se vi fanno comodo. Ma può anche darsi che siate più che disposti a cambiare perché ormai siete arrivati a un punto di saturazione.
Illuminazione Cercate di ricordare come avete imparato a fare qualcosa di nuovo, che fosse andare in bicicletta o a cavallo, nuotare, cucinare una frittata, lavorare al tornio, pitturare una porta, fare uno sport, accendere un fuoco, lavorare a maglia, suonare uno strumento, costruire un muro, seminare il prato, parlare una lingua straniera. In ogni caso, ci sono voluti tempo e volontà, avete commesso degli errori, vi siete sentiti frustrati, avete sbagliato di nuovo e poi, con l’esercizio e commettendo altri errori, finalmente avete imparato. Probabilmente è così che avete acquisito un’abilità nuova e avete provato un crescente senso di autostima quando finalmente avete conseguito un risultato positivo. Si chiama «curva di apprendimento dell’adulto».
Questo tipo di curva di apprendimento è tipico anche della TCC, perché è come imparare a fare qualcosa di nuovo nella vita. Di conseguenza è necessario:
• individuare le cose che si vogliono cambiare; • seguire le sezioni di questo manuale che aiutano a capire come
cambiare; • applicare gli esercizi alla vita quotidiana al fine di modificare sia i pensieri sia i comportamenti; • monitorare i cambiamenti, adeguarsi, impegnarsi nuovamente a cambiare e così via.
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Cambia la tua vita con la TCC
Se sarete costanti con la TCC, nel corso del tempo comincerete a cambiare. Fin da subito noterete differenze quasi impercettibili ma profonde nel modo in cui pensate e agite e questo si ripercuoterà su tutta la vostra vita. Non dimenticate che modifiche minime in un determinato ambito provocheranno cambiamenti significativi in ogni aspetto della vostra vita. È un po’ come l’«effetto farfalla» della «teoria del caos», per cui piccole differenze iniziali, come il battito d’ali di una farfalla da qualche parte nell’universo, produrrebbero cambiamenti di vasta portata e di vario genere in tutta una serie di luoghi, nel tempo e nello spazio. La TCC funziona un po’ così: un mutamento infinitesimale può, alla fine, produrre risultati colossali.
Che cosa vorreste veramente cambiare? Al fine di sfruttare la TCC a vostro vantaggio dovete innanzitutto capire con precisione che cosa volete cambiare. Forse non siete abituati a esaminare la vostra vita in maniera così sistematica, o forse vi sembrerà strano scrivere la «lista della spesa» di voi stessi. Tuttavia, è un esercizio utilissimo e un ottimo punto di partenza, quindi applicatevi. Dedicatevi un po’ di tempo e fatelo in privato, se possibile. Sforzatevi di essere il più possibile sinceri e chiari a proposito di quegli aspetti che vi mettono realmente in difficoltà. Magari vi sembrerà che facciano già parte di voi, come sudare copiosamente quando fate un discorso al lavoro, o aprire il frigorifero alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare quando vi annoiate. Vi capiterà di vergognarvi confessando a voi stessi certi comportamenti, come bere troppo o provare impulsi violenti nei confronti di certe persone. Non censuratevi: l’esercizio seguente è assolutamente privato e personale, vi aiuterà a mettere in evidenza quegli aspetti che vi infastidiscono realmente e ai quali vorreste porre rimedio.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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Mettetevi alla prova Osservatevi al microscopio Leggete la prima domanda, poi chiudete gli occhi per un istante e sintonizzatevi sulle vostre sensazioni. Aspettate un secondo, poi scrivete la risposta nello spazio sottostante, cercando di essere il più possibile sinceri con voi stessi. Passate alla domanda successiva e ripetete il procedimento. Che cosa vorreste veramente cambiare... ...di voi stessi? sul breve termine 1. 2. 3.
sul medio termine
sul lungo termine
...del vostro lavoro? 1. 2. 3. ...della vostra relazione affettiva? 1. 2. 3. ...della vostra vita domestica/familiare? 1. 2. 3. ...del vostro fisico/immagine corporea? 1. 2. 3. }
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Cambia la tua vita con la TCC
...della vostra salute/benessere psico-fisico? 1. 2. 3. Annotatevi con cura le risposte perché questo è il vostro punto di partenza.
Stabilite gli obiettivi Ora che avete capito che cosa volete cambiare, dovete porvi alcuni obiettivi, che possono essere molto specifici, ma anche di vasta portata, come ottenere risultati migliori e maggiori riconoscimenti sul lavoro, essere più socievoli, avere relazioni più soddisfacenti, non essere schiavi delle abitudini, o semplicemente essere felici e contenti. Oppure, volete liberarvi di alcuni vizi, riuscire a prendere la vita per quello che è e godervela, o addirittura decidere di avere figli. In pratica, dovete assumere il controllo delle vostre azioni, decisioni e reazioni, invece di sentirvi sopraffatti dalla loro complessità e diversità. Fra gli obiettivi specifici e concreti si possono annoverare la capacità di riuscire a entrare in spazi chiusi, come ascensori e gallerie, o viaggiare in aereo. Oppure mettere fine a reazioni negative o ossessioni e sentirsi più ottimisti in generale e meno riluttanti ad assumersi impegni. Ci si può anche concentrare su qualche fobia, per esempio dei ragni, di parlare in pubblico o di ritrovarsi in uno spazio aperto e porsi l’obiettivo di liberarsene. «Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante.» Friedrich Nietzsche
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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Definite le priorità
Stabilite le vostre priorità, concentratevi sulle lacune. Esistono obiettivi sul breve termine che già da qualche tempo avete in mente di raggiungere? Alcuni di questi obiettivi vi sembrano veramente impossibili o irraggiungibili? Cercate di capire quali siano le questioni più urgenti per voi ed evidenziatele, annotatevele a margine della pagina, o scrivetevi un appunto in un file del computer o sull’agenda. Potrete ritornarci nel corso della lettura di questo libro e vedere che progressi avete compiuto, man mano che prendete decisioni e vi sforzate di raggiungere gli obiettivi. Stabilite gli obiettivi per cambiare
Le fasi cruciali dell’approccio della TCC sono:
• individuare i problemi; • valutare le loro difficoltà; • determinare l’effetto che hanno su di voi e poi
• stabilire gli obiettivi per affrontarli concretamente. Ecco un esempio: Il vostro partner torna a casa dopo una lunga giornata di lavoro, sbatte la porta, getta per terra la valigetta, incede a passi pesanti verso il frigorifero, con aria imbronciata e senza neanche salutare. Voi siete in cucina a preparare la cena e vi aspettate almeno un «ciao» e un bacio dopo la vostra dura giornata di lavoro, ma lui non vi guarda nemmeno, anzi sembra di pessimo umore. Voi potreste pensare:
• Reazione 1: «Che altro ho combinato adesso? Devo averlo
veramente irritato. Mi sa che mi sono dimenticata di pagare le bollette un’altra volta.»
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Cambia la tua vita con la TCC
Oppure:
• Reazione 2: «Arriva e fa di tutto per irritarmi ignorandomi: veramente insensibile da parte sua dopo la giornataccia che ho avuto.» O addirittura:
• Reazione 3: «A quanto pare siamo di cattivo umore, gli giro al largo e vado avanti a fare le mie cose. Più tardi cercherò di capire che cosa gli sia successo.»
Quale potrebbe essere la vostra reazione? Secondo la TCC, noi attribuiamo un SIGNIFICATO agli eventi esterni e, come conseguenza, proviamo EMOZIONI. In questo caso, il partner di cattivo umore e dal comportamento irritante è semplicemente stufo dopo una giornataccia, tutto qui. È un problema suo. Capite i SIGNIFICATI
È tuttavia normale attribuire un SIGNIFICATO agli umori altrui, in particolare a quelli delle persone con cui si ha una relazione affettiva. Nella reazione 1 ve la prendete e vi sentite in colpa (anche se in realtà il cattivo umore non c’entra niente con voi). Di conseguenza provate sensazioni negative che possono provocare determinati comportamenti, come immusonirvi, bisticciare e sbattere anche voi le porte. Anche nella reazione 2 pensate che ci sia un collegamento tra il malumore dell’altra persona e la vostra giornataccia, per cui decidete di controbattere in qualche maniera, il che può scatenare un litigio furioso. Invece, nella reazione 3, vi rendete conto che il cattivo umore dipende unicamente dal vostro partner e probabilmente non ha niente a che vedere con voi. Perciò prendete le distanze emotivamente e aspettate che la tempesta si plachi. Non attribuite alcun significato al malumore e non reagite in alcun modo e questo vi consente di conservare il vostro equilibrio.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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La TCC si prefigge di insegnarci a distinguere la differenza tra le nostre sensazioni in seguito a un evento scatenante e le nostre reazioni, in modo da poter capire che cosa dipenda da noi e che cosa dipenda da altri, come nel caso del partner immusonito di cui sopra. Imparare a vedere in maniera più razionale le nostre emozioni è il fulcro di tutta la TCC.
Infine, prendete la decisione di cambiare Se riuscite a capire che si può scegliere in che modo reagire agli eventi e se lo schema dell’ABC vi sembra logico, allora forse scoprirete che l’approccio della TCC vi può essere utile nella vita. Rispondete alle domande seguenti e capirete qualcosa di più sul vostro atteggiamento di fronte ai cambiamenti.
Verificate il cambiamento
Siete disposti a cambiare? PONETEVI QUESTE DOMANDE e attribuitevi un voto da 0 a 10, dove 0 = per niente e 10 = moltissimo. Siete disposti a essere sinceri a proposito dei vostri difetti e problemi? 0
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Siete autodisciplinati quando vi mettete in testa di fare qualcosa? 0
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Siete in grado di considerare nuovi modi di pensare e di comportarvi? 0
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Vi piace risolvere problemi? 0
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Riuscite facilmente a sintonizzarvi sulle vostre emozioni? 0
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Esaminate attentamente le risposte. Dimostrano che siete pronti e disponibili a cambiare e desiderosi di farlo (voti alti), o che siete aggrappati alle vostre abitudini e riluttanti a fare dei passi avanti (voti bassi)? Forse non siete abituati ad analizzare voi stessi, i vostri pensieri, comportamenti ed emozioni in questo modo, ma sappiate che più vi eserciterete ad ascoltarvi e a giudicarvi e più vi verrà facile. Osservate l’ultima domanda: che difficoltà avete avuto nel rispondere? Fa parte integrante della TCC porsi numerose domande ed essere in grado di ascoltare le proprie risposte. La TCC funziona se si è disposti a essere assolutamente sinceri, ma anche capaci di affrontare sensazioni e comportamenti che, inizialmente, potrebbero rivelarsi piuttosto imbarazzanti. Tuttavia, una volta che avrete capito come vi comportate e che cosa provate, vi troverete nella posizione giusta per cominciare a fare qualcosa al riguardo.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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Mettetevi alla prova Cavia numero uno: VOI STESSI La TCC si basa rigorosamente su metodi scientifici, per cui dovrete osservarvi freddamente e obiettivamente al microscopio. Questa potrebbe sembrarvi un’idea piuttosto strana, soprattutto se vi sentite dominati da emozioni e comportamenti caotici, o se siete persone religiose, spirituali, o «fataliste», oppure amate considerarvi «spiriti liberi», «spontanei», però non siete del tutto soddisfatti di quello che vi accade nella vita. Il metodo della TCC vi aiuterà a districare i pensieri dalle emozioni e le azioni dai pensieri, spesso talmente aggrovigliati tra loro da creare problemi a voi stessi e agli altri. Procedendo con questo libro, imparerete a effettuare piccoli esperimenti sui di voi. All’inizio lo troverete strano, ma con il tempo questo contribuirà alla vostra autoconsapevolezza e alla conoscenza del vostro io. Quando comincerete ad accorgervi che voi e la vostra vita state cambiando, capirete appieno i benefici di questo approccio.
Durante un esperimento con le tecniche della TCC:
• controllerete la veridicità delle vostre attuali convinzioni su • • • •
voi stessi, gli altri, il vostro ambiente e il mondo che vi circonda; vi costruirete e/o sperimenterete nuove convinzioni; creerete e collauderete una formulazione su voi stessi sulla base della TCC; adatterete continuamente la formulazione in seguito a ulteriori esperimenti; dopo aver condotto l’esperimento adeguerete la vostra visione di voi stessi, degli altri, del vostro ambiente e del mondo.
Il confronto con la realtà
Avvalersi della TCC significa esaminare continuamente le proprie emozioni e osservare freddamente il proprio comportamento. È
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Cambia la tua vita con la TCC
una sorta di confronto con la realtà, un modo per renderci conto di quanto ci sta succedendo, di cosa sta andando storto e di capire come cambiare. Vi sembrerà un po’ distaccato, ma dopo qualche tempo vi ritroverete a osservarvi dal di fuori e quindi sarete in grado di modificare i vostri pensieri e persino i vostri comportamenti, invece di agire e reagire precipitosamente e avventatamente come fate di solito. Molti anni fa mi sono presentata a un colloquio per un posto, per il quale pensavo di essere la persona ideale, all’interno di un’organizzazione in cui ambivo tantissimo lavorare. Avevo letto la descrizione delle mansioni, che mi calzavano a pennello, e mi ero candidata con un certo ottimismo. Sono stata chiamata per un colloquio, che è andato bene, e uscendo ho pensato: «È fatta!» Non potete immaginare come ci sono rimasta quando ho ricevuto una lettera di rifiuto! Istintivamente mi sono detta: «Ma com’è possibile? Devo aver fatto una pessima figura, sono un’autentica incapace!» Ero sul punto di lasciarmi andare completamente e di seppellirmi sotto il piumone per giorni, quando un’amica mi ha suggerito: «Ma perché non chiedi spiegazioni a loro?» A me non era nemmeno venuto in mente. Così, mi sono fatta coraggio e ho telefonato al responsabile dell’ufficio del personale, il quale mi ha risposto, molto cordialmente, che avevo dato un’ottima impressione, che ero effettivamente la candidata ideale per quella posizione, ma che purtroppo il posto era stato assegnato a un interno. Sentita la spiegazione, mi sono sentita subito molto meglio e mi sono resa conto che avevo rischiato di autoflagellarmi e di autocommiserarmi, distruggendo completamente la mia autostima. In effetti, aver saputo che il posto era destinato a un interno è stato una sorta di «scontro con la realtà», mi ha fatto capire che le cose non sono sempre come appaiono e che, una volta ottenute tutte le informazioni, le emozioni possono cambiare direzione radicalmente. Da quel giorno chiedo sempre alle varie società in cerca di personale quali siano le loro politiche per le assunzioni prima ancora di candidarmi: in tal modo evito di perdere tempo con tentativi inutili.
Come posso cambiare la mia vita con la TCC?
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Domanda clou: la TCC fa per me? A questo punto, però, potreste pensare che la TCC non fa per voi. Se è così, nulla di grave. Potreste anche aver capito di aver bisogno della guida di un professionista per eseguire alcuni degli esercizi. In tal caso, potete cercare uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale che eserciti nella vostra zona, mettendovi in contatto con la Società italiana di terapia comportamentale e cognitiva (www. sitcc.it). Oppure potreste decidere di lavorare in coppia con un amico o con il vostro partner per utilizzare insieme questo manuale. In questo caso, fatelo soltanto se siete voi a desiderarlo e non per l’altro. Analogamente, evitate di «stare addosso» all’altra persona, perché dipende solo da lei concludere il percorso e questo è particolarmente importante, se l’altro è il coniuge o partner, un genitore o l’amico del cuore. Tuttavia, se siete convinti di essere in grado di ottenere dei benefici dalla TCC e avete voglia di farlo, perché questo capitolo vi ha dimostrato che siete aperti ai cambiamenti... allora proseguite nella lettura. Addentriamoci nelle spiegazioni dettagliate su come si comincia a cambiare la propria vita con la TCC.
La cassetta degli attrezzi della TCC Lo scopo di questo manuale è fornirvi una serie di strumenti derivanti dalla TCC, da poter usare a vita ogni volta che sentirete la necessità di un cambiamento. In ciascun capitolo troverete uno specifico insieme di «attrezzi» da utilizzare: suggerimenti, consigli o informazioni che vi faranno sentire preparati nella vita di tutti giorni, qualunque ostacolo incontriate e qualunque emozione proviate.
La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi.
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Cambia la tua vita con la TCC
Compito Volete fare il tentativo di cambiare quello che non va nella vostra vita? Prendete tale decisione, date un’altra occhiata agli aspetti che avete messo sotto al microscopio alle pp. 25-26 e, se necessario, aggiungetene altri. Poi chiarite nuovamente le vostre priorità chiedendovi: «Qual è l’elemento cruciale che voglio cambiare?» Scrivetevelo nero su bianco e stabilite i tempi nei quali volete raggiungere tale obiettivo servendovi di questo libro.
2. Capire i propri meccanismi
«Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta.» Platone
Sapete chi siete e che cosa pensate? Avete idea del perché fate determinate cose? Molte persone passano la vita senza mai chiedersi i motivi per cui provano certe sensazioni, hanno certe reazioni o che cosa determini il loro buon umore o malumore. Si giustificano dicendo che sono fatte così, punto e basta, ma non cercano altre spiegazioni. Apprendere qualcosa di più su noi stessi, su ciò che suscita la nostra collera o ci rende felici, tristi o irritabili, che cosa ci spinge a fare gli straordinari, ad alzare il gomito quando non ne possiamo più, o a rosicchiarci le unghie o la penna quando siamo stressati, può essere un viaggio affascinante alla scoperta di noi stessi. In effetti, la TCC ci insegna soprattutto a conoscerci interiormente. Tuttavia, non è la classica terapia da lettino, con tanto di analisi del passato o dei sogni, ma un processo di apprendimento su noi stessi nel presente, al fine di sfruttare al massimo le nostre potenzialità. Perché la TCC funzioni occorre rendersi maggiormente consapevoli di sé stessi, riuscire a «cogliersi» nell’attimo in cui si fanno, si pensano o si provano cose che suscitano determinati comportamenti in certe situazioni e che a volte sono causa dei soliti problemi. Si tratta di riflettere di più sul modo in cui si agisce e si interagisce con sé stessi, con gli altri e con il mondo. Leila, una trentenne madre di tre figli di età inferiore ai 10 anni, mi aveva spiegato che faceva sempre l’impossibile per compiacere gli altri, al punto da farsi costantemente in quattro per tutti. Si era
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Cambia la tua vita con la TCC
rivolta a me perché si ammalava di continuo, era esausta e si sentiva sempre più depressa. «Non capisco quale sia il mio problema, non ho nulla di cui lamentarmi», mi aveva detto. Il marito lavorava sodo nell’autofficina di famiglia, mentre lei si occupava della casa e della famiglia anche se, la sera tardi, teneva la contabilità della ditta, per risparmiare. All’epoca però Leila non si rendeva conto che, oltre a fare la casalinga e madre a tempo pieno e la contabile gratis part-time, accudiva anche i genitori anziani, faceva commissioni per le amiche e cercava di assecondare un marito irascibile e perennemente insoddisfatto. Per giunta, Leila si era offerta di organizzare la festa della scuola elementare, che era stata l’ultima goccia. Aveva avuto un diverbio con le altre madri perché si era dimenticata di prenotare i gonfiabili per tempo e aveva passato la nottata a piangere sconsolatamente. Tutto ciò l’aveva spinta a rivolgersi a me: «Come ho fatto a commettere un errore del genere? Mi piace fare le cose per bene, ma sono sempre affannata e alla fine mi sembra di non riuscire più a fare niente come si deve». Leila era incapace di perdonarsi uno sbaglio talmente colossale. Era come se essere perfetta, cosa peraltro impossibile, per lei fosse una questione di vita o di morte. In effetti, dopo un paio di sedute abbiamo cominciato a renderci conto che per Leila compiacere gli altri era una vera e propria ossessione dettata dal senso di colpa e da un’enorme mancanza di autostima. Dentro di sé non si sentiva abbastanza brava e cercava di compiacere gli altri per dimostrare che era adorabile, disponibile ed efficiente. In pratica, il comportamento di co-dipendenza (compiacere gli altri) scaturiva da quello che la TCC definisce la «convinzione di fondo» della propria inutilità (riprenderemo le convinzioni di fondo nel cap. 3). Tuttavia, una volta individuata tale convinzione, di cui Leila stessa si era stupita, abbiamo potuto cominciare ad accantonare alcune delle enormi responsabilità che si era autoimposta. Leila, dopo tutto, era una donna normale e non Mary Poppins, anche se avrebbe voluto esserlo per farsi amare e per sentirsi in qualche modo utile agli altri. Come conseguenza, aveva iniziato a capire
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i suoi meccanismi d’azione e grazie a tale consapevolezza aveva cominciato a migliorare e a cambiare molti aspetti della sua vita.
Guardatevi con occhi diversi Per cambiare la vostra vita servendovi della TCC, dovrò chiedervi di guardarvi con occhi nuovi, di osservare come vi comportate e come pensate, così potrete cominciare a risolvere i vostri problemi da soli. Vi inviterò anche a esaminare freddamente e scientificamente voi stessi, le vostre emozioni e i vostri comportamenti, per potervi cavare dai pasticci in cui vi siete cacciati, o in cui vi cacciate ripetutamente. Inizialmente, vi potrà sembrare difficile e sgradevole, perché magari non morite dalla voglia di scavare in voi stessi e di indagare sulle vostre motivazioni. Tuttavia, per poter sfruttare al massimo questo libro e la TCC stessa, vi chiedo di soffermarvi un attimo a riflettere su quanto segue.
La filosofia della TCC Il cardine della filosofia della TCC è il seguente: la mente condiziona molto determinate emozioni e determinati pensieri, il che induce a comportarsi in un certo modo. Questo può creare un circolo vizioso per cui le emozioni influiscono sui pensieri e i pensieri condizionano i comportamenti e così via, come nella figura sotto. Le mie emozioni riflettono i miei pensieri I miei pensieri riflettono i miei comportamenti
«Noi non vediamo le cose per come sono, le vediamo per come siamo.» Talmud
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Cambia la tua vita con la TCC
Come vedete il mondo?
La TCC vuole indurvi a riesaminare il modo in cui vedete voi stessi, gli altri e il mondo che vi circonda, vi stimola costantemente a mettere in discussione ciò che date per scontato. Leila si considerava una donna sempre disponibile e si comportava di conseguenza, ma poteva benissimo vedersi «egoista» e comportarsi da egoista. Dipende tutto dalle convinzioni che pensiamo di avere sui noi stessi, gli altri e l’ambiente. Probabilmente avete già visto immagini come questa, ma guardatela per un istante. Che cosa vedete?
Di primo acchito potreste vedere due profili umani in nero, uno di fronte all’altro, ma immediatamente dopo potreste scorgere la sagoma di un vaso bianco nel mezzo. Continuando a osservare il disegno, il vostro cervello vi farà passare da un’immagine all’altra, alternativamente, avanti e indietro. È una sensazione sconcertante e inquietante, ma anche affascinante in quanto la dice lunga su come funziona la mostra mente. Questo disegno è definito dagli psicologi una «figura ambigua» perché disorienta il sistema percettivo della nostra mente (occhi, cervello, sistema nervoso), la quale fa fatica a capire cosa vede. Il
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nostro cervello si chiede: «Qual è la figura ‘giusta’? Quale delle due è logica?» In realtà, è un’immagine di due cose: le «figure» (i profili neri) e lo «sfondo» (il vaso bianco). La mente non è in grado di metterle a fuoco entrambe contemporaneamente, ma si sforza di farlo, da cui l’ambiguità. «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nel vedere con altri occhi.» Marcel Proust
Per certi versi, osservare questa immagine costituita da «figure» e «sfondo» e cercare di capire quale sia l’immagine «giusta» è un po’ come cercare di capire in che modo la TCC fa vedere le cose. Nella vita quotidiana, sarete probabilmente abituati a «vedere» le cose in un unico modo (i profili neri), ma la TCC vi aiuterà a vederle in maniera completamente nuova (il vaso bianco). L’immagine sarà sempre la stessa, ma voi la osserverete in un modo radicalmente diverso. La TCC vi offrirà una prospettiva inedita, in modo che possiate provare a dare un senso nuovo alle cose, a voi stessi e alla vostra vita. Pensate al vostro modo di ragionare
Vi siete mai soffermati a pensare a come ragionate? Siete consapevoli di formulare determinati pensieri ripetitivi quando siete preoccupati per qualcosa? O magari avete l’abitudine di parlare da soli, letteralmente, e di rimproverarvi aspramente? Oppure date per scontato che la gente non vi apprezza, o addirittura pensate che la colpa sia sempre degli altri? In ogni caso, l’approccio della TCC richiede che impariate a riflettere sul vostro modo di pensare: un processo definito metacognizione. Potrebbe sembrarvi astruso, ma non temete: quando comincerete a capire come pensate e a individuare i vostri schemi di ragionamento, troverete molto più facile stabilire che cosa volete cambiare e come.
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Cambia la tua vita con la TCC
Vi faccio l’esempio di Ben, un falegname trentacinquenne, perfezionista al massimo. Il suo metodo di lavoro consiste nel cercare di capire a fondo le esigenze del singolo cliente e dedicare un mucchio di tempo alla ricerca del legno giusto al prezzo più conveniente. È chiaro che ci mette molto tempo a realizzare i mobili, che siano cassettiere o semplici ripiani. Il problema di Ben è che nella sua testa non fa altro che pensare che sta sbagliando tutto, che farà un pessimo lavoro e un’altrettanto pessima figura. Tutto ciò fa di Ben un perfezionista eccessivo, il che può addirittura indurlo a commettere errori. E, quando combina qualche pasticcio, si irrita così tanto che addirittura commette altri sbagli e perde altro tempo. Di conseguenza, ritarda le consegne, gli va tutto storto, ci rimette dei soldi e i clienti si infastidiscono per la sua lentezza. Come vedete, il perfezionismo di Ben in realtà è un difetto, in quanto gli procura un’ansia tale che lui finisce per autosabotarsi e per compromettere i suoi profitti. Secondo la TCC, Ben è affetto da un «errore di pensiero» che gli impedisce di fare il suo lavoro con soddisfazione. In realtà, la trappola in cui cade è «pensare troppo», il che gli fa perdere tempo, ostacola il suo lavoro e gli fa persino perdere clienti e quindi guadagni e apprezzamenti. È una sorta di autosabotaggio che scaturisce da un perfezionismo ossessivo. «Penso dunque sono»
Secondo la TCC esistono tanti modi di vedere il mondo quante sono le persone. Il modo di vedere di Ben, quando deve fare un lavoro, è: «Devo fare tutto alla perfezione altrimenti verrò giudicato negativamente», mentre per qualcun altro potrebbe essere: «Può andare, nessuno noterà questo piccolo sbaglio». Perché la TCC sia efficace, occorre capire il modo in cui si interpreta il mondo, rendersi consapevoli di come si pensa, di quello che si vede e di come si interpretano gli eventi quotidiani, le persone e le situazioni. In altre parole, bisogna capire le proprie cognizioni o pensieri. È un po’ come dire: «Penso dunque sono».
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Comprendere i propri meccanismi mentali Quasi tutti gli psicologi concordano nell’affermare che ci si «organizza» la propria visione del mondo secondo la personalità, il passato, le esperienze e le convinzioni individuali. Per esempio, se il vostro partito vince le elezioni potreste pensare: «Bene, era ora di cambiare», ma se il vostro partito le perde, probabilmente vi direte: «Adesso andrà tutto a catafascio». L’evento è lo stesso, ma è visto da due prospettive opposte, analoghe all’immagine in bianco e nero che abbiamo visto in precedenza. Di conseguenza, la mente «organizza» tutto ciò con cui entra in contatto in modo tale da dare un senso logico al mondo esterno: è questo, fondamentalmente, a renderci unici e a determinare i nostri meccanismi esistenziali. Secondo la TCC esistono sei principi di base sul modo in cui pensiamo e che sono i seguenti. 1. Ognuno interpreta il mondo in modo diverso. 2. Modificando i comportamenti si possono cambiare pensieri
ed emozioni. 3. Tutti abbiamo dei problemi, ma di gravità diversa. 4. Concentrarsi sul presente per risolvere i problemi. 5. Approccio olistico secondo uno schema di interazione circolare incrociata. 6. Ponderare i risultati scientificamente. 1. Ognuno interpreta il mondo in modo diverso
Il termine «cognizione» in realtà si riferisce ai nostri pensieri e convinzioni o, come abbiamo visto all’inizio di questo capitolo, alla nostra interpretazione di ciò che ci accade nella vita (pensate alla figura ambigua). Le nostre emozioni e le nostre reazioni dipendono dalle nostre cognizioni individuali o dal senso che attribuiamo a ciò che vediamo.
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Cambia la tua vita con la TCC
IMMAGINATEVI QUESTA SCENA: all’angolo di una via, vedete un uomo che agita freneticamente un braccio.
Come interpretate il suo gesto?
• Se siete tifosi di calcio e c’è una partita, potreste pensare che sta
acclamando la sua squadra o gesticolando in direzione di altri tifosi (oppure che è un tifoso della squadra avversaria e quindi vi sta minacciando o schernendo). • Potrebbe essere un ubriaco che sventola le braccia per aria, oppure sta richiamando la vostra attenzione perché vi conosce, o è un vostro parente o amico. • Forse gli piacete, vuole rimorchiarvi e vi sta facendo segno di avvicinarvi. • Potrebbe essere un vicino che vuole avvisarvi che il vostro gatto non riesce più a scendere giù dall’albero su cui si è arrampicato. Le vostre reazioni?
• Se siete in giro da soli e un po’ preoccupati perché sta facendo
buio, vedendo l’uomo che gesticola potreste provare l’impulso immediato di scappare perché vi sentite minacciati. • Se invece vi sembra di riconoscerlo potreste essere felicissimi perché pensate che sia veramente un vecchio amico che non vedete da secoli e vi fa piacere ritrovarlo.
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• Tuttavia, se pensate che sia ubriaco e pericoloso, potreste
attraversare la strada per evitarlo. • Però se vi sembra innocuo potreste decidere di avvicinarlo per capire cosa vuole. Tutte queste possibili reazioni (e molte altre, ovviamente) si basano sull’interpretazione individuale della scena, perché ciascuno di noi reagisce in maniera diversa di fronte a eventi analoghi. Ciò che vediamo (e comprendiamo) effettivamente si basa sul nostro passato personale, sul nostro stato d’animo, sull’umore di quel momento e su tutta una serie di elementi contingenti e ambientali. «La vita si può capire solo guardando indietro, ma si può vivere solo guardando avanti.» Søren Kierkegaard
Illuminazione Cognizioni ed emozioni I punti di cui sopra descrivono i modi in cui si può interpretare la vista di un uomo che gesticola all’angolo di una via, modi che si definiscono cognizioni. Ogni cognizione suscita un’emozione diversa: quindi se pensiamo che l’uomo sia un tifoso della nostra squadra di calcio, potremmo provare un senso di gioia o di trionfo, ma, se pensiamo che sia un tifoso della squadra avversaria, potremmo provare rabbia o disprezzo. Se la nostra cognizione ci dice che è ubriaco e pericoloso, o un molestatore sessuale, potremmo provare paura o ansia, ma se lo consideriamo un potenziale amico, potremmo provare contentezza ed entusiasmo. Di conseguenza, il primo principio dell’enunciato «Ognuno interpreta in modo diverso», implica, secondo la TCC, che «se le persone imparassero a modificare le loro cognizioni relative agli eventi, allora potrebbero anche imparare a modificare le loro sensazioni».
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Cambia la tua vita con la TCC
Interpretare gli eventi positivamente o negativamente
Sembra tutto abbastanza ovvio, ma è importante prendere coscienza del fatto che le influenze esterne condizionano notevolmente i nostri stati d’animo. Gli eventi positivi tendono a suscitare emozioni positive, mentre quelli negativi possono scatenare sensazioni negative. Tuttavia, poiché siamo tutti diversi e ognuno di noi interpreta gli eventi singolarmente, capita anche che si attribuiscano significati inquietanti, morbosi o irrazionali agli accadimenti quotidiani. Talvolta le nostre interpretazioni possono essere talmente sproporzionate o estreme che ci angosciamo o addirittura «disperiamo» anche quando gli eventi in sé non lo giustificano. Prendiamo l’episodio capitato a Ivor una sera tardi. Tornato a casa verso le 22.30 di una sera ventosa, questi aveva trovato una bottiglia di birra in frantumi nel suo giardino, davanti alla soglia di casa, e le luci dell’ingresso accese. Aveva fatto tardi in ufficio ma era sicuro di non aver lasciato le luci accese la mattina, quando era andato al lavoro di corsa. Improvvisamente, aveva provato una sensazione di puro terrore: qualcuno aveva scassinato la serratura e gli stava svaligiando la casa. Sicuramente era un colosso ubriaco che lo stava aspettando al varco armato di spranga. Avendo letto recentemente di casi simili sul giornale, Ivor era rimasto tremante, con il cuore in gola e impietrito sui gradini davanti alla porta, senza sapere cosa fare. Doveva chiamare la polizia? Non riusciva quasi a respirare e gli tremavano le ginocchia, aveva cercato a tentoni il cellulare nella tasca della giacca ma non l’aveva trovato. Ivor aveva trattenuto il fiato ed era rimasto in ascolto di eventuali rumori provenienti dall’interno: niente. Poi aveva strisciato di lato e aveva sbirciato dalla finestra, ma le tende erano tirate. Il cuore gli stava scoppiando e Ivor sentiva il fruscio del sangue che gli affluiva alla testa, poi la porta si era improvvisamente spalancata rivelando una ragazza carina, sorridente, scalza e con le mani sui fianchi, mentre nell’aria si diffondeva un delizioso profumino di arrosto. «Ciao, papà, sorpresa!» Vedendo la figlia, Maie, Ivor
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per poco non era svenuto per lo choc. «La cena è pronta... entra, si sta raffreddando tutto, hai fatto tardissimo.» Ivor era entrato in casa barcollando: si era completamente dimenticato del ritorno della figlia dall’università, la quale gli aveva anche preparato una deliziosa cenetta di benvenuto. L’interpretazione di Ivor degli eventi: le sue cognizioni Evento
Emozioni
Reazione fisica
Luce accesa in casa;
Paura
Sudorazione
bottiglia di birra rotta in giardino
Ansia
Tremito
Panico
Bocca asciutta
Terrore
Pensieri confusi Tachicardia
Interpretazione
Pensieri
Qualcuno mi sta svaligiando la casa
Rischio di essere aggredito Mi stanno derubando
2. Il modello cognitivo della TCC
Una volta capito che non aveva nulla da temere, Ivor si era rilassato, aveva abbracciato la figlia e aveva riso delle sue fantasiose congetture alimentate da notizie apparse di recente sui giornali. La cognizione che in casa c’era sua figlia e non un ladro e che probabilmente era stato il vento a mandare in frantumi la bottiglia in giardino, gli aveva fornito il necessario «confronto con la realtà» che gli aveva permesso di passare, mentalmente, dall’apprensione al sollievo e, fisicamente, dall’allarme rosso alla distensione. Di conseguenza, il vostro comportamento può cambiare nel momento in cui la vostra cognizione o interpretazione dell’evento cambia. Le emozioni seguono le cognizioni e si modificano di conseguenza. Quindi la TCC ha lo scopo di aiutarvi a cambiare le vostre cognizioni (pensieri e interpretazioni), in modo che possiate cambiare le vostre emozioni e anche i vostri comportamenti.
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Cambia la tua vita con la TCC
Perciò: EVENTO EVENTO
modello del «buon senso»
EMOZIONE
modello «cognitivo» COGNIZIONE
EMOZIONE
Ecco un altro esempio del modo in cui le cognizioni (pensieri) possono modificare le emozioni riguardanti l’interpretazione di un evento normale.
Un esempio Dina, 11 anni, sta tornando da scuola ed è in ritardo di 20 minuti. Fa la prima media e deve prendere l’autobus da sola. Ha il cellulare e di solito manda un SMS alla mamma, Joanna, quando esce da scuola. Oggi non ha mandato il solito messaggio e, quando prova a chiamarla, sua madre trova il suo telefono spento. Anche se è giorno, fuori c’è luce e non ci sono motivi concreti per pensare che Dina sia in pericolo, la madre entra in ansia, va in fibrillazione e comincia a immaginare tutta una serie di cose terribili che possono essere successe a Dina. Tempo un’ora e Joanna ha deciso che la figlia è stata rapita, o è stata investita dall’autobus, oppure è scappata con quelli del circo. Quando finalmente sente dire «Ciao, mamma» da una Dina tutta felice e sorridente, Joanna rischia di scoppiare per la gioia, la frustrazione, il sollievo, o tutte e tre le cose. La mamma, come molti di noi, ha provato emozioni irrealistiche, esagerate e forti per un evento quotidiano normale senza aver prima appurato i fatti. Tutto ciò avrebbe potuto provocare una reazione spropositata, emotiva ma anche comportamentale (gridare con Dina, sbattere la porta, piangere, digrignare i denti o immusonirsi, con grande sconcerto o irritazione della ragazzina).
La tabella seguente, compilata seguendo i canoni della TCC, mostra come si può annotare quanto ci accade a causa di un evento molto stressante, come il ritardo di Dina.
Capire i propri meccanismi
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Il modello cognitivo di Joanna: paura per l’incolumità della figlia Evento
Emozioni
Reazione fisica
La figlia è in ritardo da scuola
Paura
Sudorazione
Irritazione
Tachicardia
Panico
Bocca asciutta
Afflizione
Pianto
Interpretazione
Pensieri
Mia figlia è in pericolo
Non rivedrò mai più mia figlia Avrei dovuto ordinarle di chiamarmi
Tensione
Ecco uno scenario alternativo da prendere in considerazione. Joanna avrebbe potuto dirsi di non essere sciocca e che «nessuna nuova, buona nuova», oppure che Dina talvolta si attarda a chiacchierare con le amiche, o che forse l’autobus era in ritardo (come quando non ne passa neanche uno e poi ne arrivano tre uno dietro l’altro). Joanna avrebbe potuto imporsi di non preoccuparsi e decidere di aspettare almeno un’ora prima di fare qualcosa di avventato. Non sarebbe entrata in ansia e avrebbe potuto tenersi occupata facendo giardinaggio, le pulizie o tutta una serie di cose che l’avrebbero distratta aiutandola a mantenere la calma prima di avere informazioni concrete a dimostrazione che alla figlia era capitato qualcosa. In tal caso, la tabella di Joanna secondo il metodo della TCC sarebbe stata la seguente:
Evento
Emozioni
Reazione fisica
La figlia è in ritardo da scuola
Curiosità
Battito regolare
Serenità
Calma
Distrarsi
Razionalità
Interpretazione Pensieri Mia figlia si sta attardando
Sta sicuramente bene Nessuna nuova, buona nuova
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Cambia la tua vita con la TCC
Mettetevi alla prova Interpretazione degli eventi quotidiani Vi è mai capitato di aver male interpretato un evento considerandolo più catastrofico e terrificante di quanto non fosse in realtà?
• Che cosa avete provato una volta appurati i fatti? • Avete imparato qualcosa su voi stessi? Fatevi un appunto e conservatelo.
Perciò, da un lato i pensieri possono modificare le emozioni, dall’altro è anche vero che il comportamento può modificare pensieri ed emozioni. 3. Modificando i comportamenti si possono cambiare pensieri ed emozioni
Le azioni valgono più delle parole, dice il vecchio adagio. In realtà, nell’ottica della TCC, se si agisce «come se» si provassero determinate emozioni, si potrebbero concretamente cambiare i propri pensieri (cognizioni). Modificando i pensieri, si possono cambiare i comportamenti, oppure cambiando comportamenti, anche i pensieri possono cambiare. Questo processo si definisce continuum della TCC (vedi schema sotto). In ogni caso, si può assumere il controllo della situazione e sentirsi più forti nei casi in cui si provano sensazioni sgradevoli, come paura, collera, tristezza o tutta una serie di emozioni negative. CAMBIARE CAMBIARE CAMBIARE PENSIERI EMOZIONI COMPORTAMENTI Il continuum della TCC
Capire i propri meccanismi
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La mitica Audrey
Si narra un bellissimo aneddoto sulla scomparsa attrice hollywoodiana Audrey Hepburn. All’inizio degli anni Cinquanta, quando fu invitata per la prima a una delle tipiche feste di Hollywood piene zeppe di attricette, andava di moda la donna tutta curve, americana al cento per cento, maggiorata e con un vitino da vespa, rappresentata da bellezze come Marilyn Monroe e Rita Hayworth. Audrey però era un’europea magrolina, timida, bruna e impacciata che si sentiva fuori posto. Non era riuscita ad attirare l’attenzione di nessuno (o almeno così credeva lei), finché non le era venuto in mente che sapeva recitare. Qualche anno dopo, la Hepburn stessa raccontò alla radio della sua decisione di comportarsi come una sirena durante quelle feste atroci. Nella sua mente, si dipingeva come un serpente sinuoso che scivolava furtivo lungo le pareti emanando sensualità da tutti i pori. Guardava gli uomini negli occhi, li allettava come una sirena, sospirava, assumeva uno sguardo corrucciato, li incantava e, come per magia, tutti avevano cominciato ad accorgersi di lei e a circondarla: attori, uomini di mondo, impresari ecc. Aveva sfruttato il potere della sua mente e l’immaginazione per emanare una forza d’attrazione e una sensualità irresistibili che andavano ben al di là dei suoi presunti limiti fisici. Non c’è bisogno di essere Audrey Hepburn per comportarsi così. Limitarsi ad agire «come se» ci si sentisse sicuri di sé a un evento mondano può far provare sensazioni radicalmente diverse. Vi faccio un altro esempio, tratto dalla mia vita. Negli ultimi trenta e passa anni, sono stata spesso invitata alla TV e alla radio in qualità di «esperta». All’inizio della mia carriera mediatica mi tremavano le ginocchia, vacillavo, il cuore mi batteva all’impazzata e la notte precedente non chiudevo occhio. Poi, quando mi trovavo in diretta televisiva, mi si incollava la lingua al palato e mi dimenticavo il discorso. Terrorizzata, ho lavorato un po’ su me stessa per migliorare la mia autostima e ho deciso di comportarmi «come se» fossi una famosa «presentatrice». Entravo a testa alta (dopo aver tremato
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in bagno per dieci minuti), sorridevo, tenevo a portata delle mie mani tremanti un cartoncino con una scaletta in tre punti e mi ripetevo che il mio intervento era più che giustificato: dopo tutto, mi pagavano perché esponessi le mie opinioni. Dopo un paio di volte (in cui mi sentivo ancora agitata ma mi comportavo «come se» fossi sicura di me stessa), ho cominciato a rilassarmi. Adesso, quando mi presento alla TV o alla radio a parlare di dilemmi psicologici, provo ancora un briciolo di nervosismo, ma so che è normale, per cui mi dico che andrà tutto bene e che un po’ di tensione da palcoscenico si può gestire, anzi aiuta a dare il meglio di sé. 4. Tutti abbiamo dei problemi, ma di gravità diversa
Uno dei capisaldi dell’approccio della TCC è il fatto di considerare i problemi psicologici e psichiatrici come parte di un continuum. Esiste uno spettro di emozioni che va dalla «normalità/buon senso» fino all’«angoscia profonda» o «sproporzionata». Tale spettro rappresenta la condizione dell’essere umano con tutte le sue emozioni. Noi psicoterapeuti che applichiamo la TCC ci consideriamo esseri umani (e quindi soggetti a errori) tanto quanto i nostri pazienti, perciò le terapie non sono situazioni di confronto fra «noi» e «loro». Normalità
Angoscia
Turbe psichiche
Lo spettro delle emozioni
Fate quello che faccio, ma non quello che dico
Mi è capitata una paziente anoressica di 16 anni (chiamiamola Bea), che non usciva di casa da mesi perché pensava di essere mostruosamente grassa al punto da non potersi mostrare in pubblico (in realtà era scheletrica). Aveva paura che la gente sarebbe inorridita vedendo le sue dimensioni. Per cercare di aiutarla, avevo deciso di indossare un vestito molto succinto e di andare a fare un breve, quanto raro, giro fuori
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con lei, per dimostrarle che non avevo alcun problema a uscire, indipendentemente dal mio fisico. In realtà, all’epoca io ero piuttosto rotondetta perché avevo partorito di recente e non ero indenne da sensazioni di disagio per il mio aspetto, tanto che avevo continuamente la tentazione di guardarmi nelle vetrine per controllare le dimensioni del mio fondoschiena. Bea era affetta da una turba psichica chiamata «dismorfofobia» (immagine irrealistica del proprio corpo, considerato enorme mentre invece è scheletrico) che la teneva prigioniera in casa. Anch’io ero un po’ «a disagio» per il mio aspetto fisico, ma questo non m’impediva di uscire, nonostante il timore di non essere abbastanza snella e in forma. Avevamo lo stesso problema, ma a un livello di gravità e con un impatto sulla nostra esistenza quotidiana molto diversi. 5. Concentrarsi sul presente per risolvere i problemi
La TCC è totalmente imperniata sul presente. Le terapie psicanalitiche tradizionali derivanti da Freud e altri tendono a scavare nel passato, nel tentativo di individuare le cause di fondo dei disturbi psicologici ed emotivi. Negli anni Cinquanta, con la comparsa del comportamentismo, si decise di aggirare quel metodo, considerato troppo lungo, complesso e impreciso. La TCC invece si concentra soprattutto sul momento presente e su tutte le emozioni e turbe psichiche che si provano in quel momento. Di conseguenza, punta ad aiutare il paziente a capire come gestire il suo presente, piuttosto che a rivangare tutti i dettagli del suo passato. Se il passato dovesse emergere, il che può benissimo capitare, si prende nota, ma non lo si fa diventare il fulcro della terapia. Vi faccio l’esempio di Dean, un ex studente disoccupato di 21 anni, che aveva abbandonato l’università a causa di una depressione e per qualche tempo aveva fatto uso di stupefacenti. Alzarsi la mattina per lui era diventato quasi impossibile, aveva passato buona parte della vita rintanato a letto e facendo tardi, pur di non affrontare i suoi problemi. Tuttavia, con l’aiuto di un amico, aveva
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smesso con l’erba, si era rivolto a un’agenzia di collocamento, aveva seguito un programma didattico on line e stava frequentando un corso abilitativo di informatica. Finalmente aveva trovato qualcosa che gli piaceva, se la cavava bene, era motivato e doveva sostenere alcuni esami. Tuttavia, quando mi si era presentato, era terrorizzato all’idea che non si sarebbe svegliato in tempo per presentarsi agli esami. Invece di analizzare il suo passato, i suoi fallimenti ed errori, che lui continuava a rivangare, abbiamo compilato una tabella con gli orari in cui si era alzato recentemente. Con suo grande stupore, Dean si era reso conto che si alzava quasi tutti i giorni alle 7.15 e usciva di casa alle 8.15 per andare al corso, ma nella sua mente si considerava ancora un fannullone. Chissà come mai, la sua cognizione non si era adeguata alla sua realtà quotidiana. Abbiamo scritto l’elenco dettagliato degli orari in cui Dean si era svegliato nel mese precedente e lui si era subito accorto che nel presente aveva modificato in meglio un comportamento profondamente radicato, era progredito e ora poteva sfruttare i suoi progressi. 6. Approccio olistico secondo lo schema di interazione circolare incrociata
La TCC si concentra sulla relazione tra la persona (e i suoi pensieri/cognizioni), il suo ambiente e su come questo condiziona le sue emozioni, le sue funzioni fisiologiche e i suoi comportamenti. Gli psicoterapeuti che adottano la TCC utilizzano un modello «di interazione circolare incrociata» per aiutarci a capire, graficamente, come tutti questi elementi interagiscano tra loro e quali siano i meccanismi che scattano in noi.
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AMBIENTE Persona Cognizione Pensieri, convinzioni ecc.
Comportamento Ciò che diciamo o facciamo
Condizionamento Stati emotivi
Fisiologia Reazioni corporee
Modello di interazione circolare incrociata
Prendiamo una situazione concreta e tracciamone lo schema di «interazione circolare incrociata». Sanjeev, 45 anni, si è appena presentato a un colloquio per fare il tassista. Di recente è stato messo in esubero da una società di produzione di componenti per la quale aveva lavorato per quasi vent’anni ed è ancora irritato perché non ha ottenuto un trattamento di fine rapporto adeguato. Sanjeev è in attesa di una telefonata in cui gli comunichino che ha ottenuto il posto, ma non è molto fiducioso, anzi ha paura che non lo assumano perché è «troppo vecchio». Di conseguenza, i suoi pensieri (cognizioni) sono negativi: «Non troverò mai lavoro, nessuno mi assumerà più ormai». I pensieri condizionano il suo stato emotivo (condizionamento), perciò si sente depresso, il che a sua volta condiziona il suo stato fisico (fisiologia). Ultimamente, Sanjeev ha spesso il raffreddore, soffre di attacchi di herpes, prova sonnolenza e non ha appetito. Il suo
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umore è a terra e spesso si chiude in casa (comportamento), in attesa della chiamata, accanto al telefono. È convinto che l’impiego come tassista sia il suo unico scampo e la depressione gli impedisce di tentare altre strade, cosa che invece dovrebbe fare. Ma, poiché ha scarsa fiducia in sé, fa fatica a trovare l’energia di cui avrebbe bisogno per uscire e andare a bussare a tutte le porte. AMBIENTE
Esubero Impiego come tassista
Cognizione «Non troverò mai un altro lavoro, la mia vita è finita»
Comportamento Chiudersi in casa, nascondersi
Condizionamento Depressione Malumore
Fisiologia Raffreddore, herpes, sonnolenza, mancanza di appetito
Schema di interazione circolare incrociata di Sanjeev
Tracciate il vostro schema di interazione circolare incrociata
Provate un attimo a riflettere su un evento specifico che vi è capitato di recente: un litigio con il vostro partner o coniuge, un errore commesso sul lavoro, il mancato raggiungimento di un obiettivo. Quali erano le vostre cognizioni (pensieri), i condizionamenti (sensazioni), le reazioni fisiologiche (effetti corporei) e i
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comportamenti (azioni, reazioni) in quel momento? Quali erano le condizioni ambientali e come hanno influito su di voi e sul risultato? Provate a tracciare il vostro schema di interazione circolare incrociata.
AMBIENTE voi Cognizione
....................................... ....................................... Comportamento
Condizionamento
.................................... ..................................
.................................... ..................................
Fisiologia
....................................... .......................................
Il vostro schema di interazione circolare incrociata
7. Ponderare i risultati scientificamente
Il lavoro della TCC dà grande rilievo alla quantificazione dei risultati per dimostrare che le cose possono veramente cambiare. Questo riflette il fatto che tale terapia scaturisce dal lato prettamente clinico e scientifico della psicologia. Esempio tipico Sandra, 50 anni, ha il terrore di trovare ragni nella vasca da bagno e quando ne trova, di solito, urla, corre fuori di casa e rientra dopo un bel po’. Sandra ha sempre avuto la fobia dei ragni, per cui,
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durante una seduta di TCC, le viene chiesto di valutare razionalmente la sua paura su una scala da zero a dieci. La risposta è dieci su dieci senza alcuna esitazione e con un brivido al solo pensiero. Dopo aver utilizzato i metodi scientifici della TCC, che consistono nel guardare immagini di ragni, trovarsi in presenza di un ragno minuscolo o addirittura vederne uno nella mano dello psicoterapeuta, le viene chiesto di rivalutare la sua fobia dei ragni. Questo processo è definito «esposizione» alla fonte della paura (lo riprenderemo più dettagliatamente nel cap. 7). Con suo grande stupore, Sandra la valuta sette o otto su dieci e il suo psicoterapeuta sottolinea con ottimismo che la sua paura è scesa da un dieci pieno a sette o otto: un progresso piuttosto significativo. Poi i due studiano insieme che altro si potrebbe fare per ridurre ulteriormente la sua fobia. Sandra potrebbe soffermarsi in bagno con la porta aperta e con un ragno nella vasca o addirittura sfiorare un ragno nella mano dello psicoterapeuta e alla fine potrebbe persino farsi solleticare il palmo della mano da un innocuo ragnetto. Per arrivare a tal punto potrebbero essere necessarie numerose sedute, ma lei acquisirebbe gradualmente sicurezza per il semplice fatto di essere riuscita, fin dalla prima seduta, a trovarsi in presenza di un ragno e a non scappare via urlando. Con la diminuzione della paura, aumenterebbe la sua sicurezza e la sua immagine di persona terrorizzata dai ragni alla fine cambierebbe. Finora, in questo capitolo, abbiamo visto sinteticamente:
• che il modo in cui interpretiamo gli eventi condiziona le nostre sensazioni e i nostri comportamenti e che ciò che proviamo condiziona i nostri pensieri e i nostri comportamenti; • come schematizzare i nostri problemi e vederli chiaramente con il modello di interazione circolare incrociata, rendendoci conto che tutti gli elementi interagiscono fra loro; • in che modo la TCC analizza le nostre reazioni, aiutandoci ad adattarci man mano che cambiamo.
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«Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità; un ottimista vede l’opportunità in ogni difficoltà.» Winston Churchill
Il punto di vista è unico e individuale Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?
Noi siamo la somma di tutte le nostre esperienze. Naturalmente, ciascuno elabora un proprio punto di vista, le proprie teorie sul mondo, i propri valori e convinzioni, il proprio modo di interpretare gli eventi dal momento in cui si sveglia al momento in cui si addormenta (e anche durante il sonno, dato che i sogni sono una rielaborazione delle esperienze). Il nostro punto di vista e il nostro complesso di convinzioni contrappongono costantemente le nostre idee con le nostre esperienze per vedere se sono valide. Conosciamo tutti il vecchio luogo comune filosofico sul bicchiere riempito a metà che si può vedere come mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda del punto di vista personale (in pratica pessimismo contrapposto a ottimismo). Per esempio, una ragazza invitata fuori a cena può pensare: «Evidentemente qualcun’altra l’ha bidonato» (mezzo vuoto), oppure: «Wow, si vede che gli piaccio» (mezzo pieno). Se siete un tipo da «bicchiere mezzo vuoto» probabilmente pensate che vi capitano sempre eventi negativi e anche quando vi succede qualcosa di bello siete convinti che, entro breve, vi accadrà qualcosa di brutto. Questo è pessimismo bello e buono che può benissimo scaturire dalle vostre esperienze o dal vostro complesso di convinzioni. Analogamente, secondo la filosofia del «bicchiere mezzo pieno», si pensa, ottimisticamente, che se le cose vanno bene, in futuro andranno ancora meglio: basta aver fiducia.
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Verificate il cambiamento
Appurate il vostro punto di vista Se volete sfruttare la TCC per risolvere i vostri problemi, dovete capire quale sia la vostra personale filosofia di vita. Ponetevi la domande seguenti e rispondete con «sì», «no» o «non so».
• Sono un tipo da bicchiere mezzo pieno? • Sono disposto ad analizzare i miei presupposti di base sulla vita, le persone, gli eventi e su come gira il mondo?
• Sono disposto a provare (e sono in grado di farlo) nuovi modi di fare le cose e di pensare, per vedere se riesco a modificare la mia filosofia di vita?
• Sono disposto a rivedere le mie convinzioni, a esaminarle attentamente per stabilire quali siano valide e quali no?
• Sono disposto a rinnegare quelle che non mi arrecano alcun beneficio?
• Ho il coraggio di riconoscere che forse traviso la realtà pur di non rinnegare le convinzioni a cui sono aggrappato?
Osservate il risultato: quanti «sì» e «no» avete totalizzato? Questo vi dice se siete ottimisti, pessimisti o ancora indecisi?
La resistenza al cambiamento Difendere i propri principi o convinzioni radicati potrebbe essere una questione di orgoglio personale o una lotta all’ultimo sangue. Tali principi potrebbero essere di natura religiosa o scaturire da dure esperienze di vita, ma la TCC vi chiede di allargare gli orizzonti, di aprirvi ai cambiamenti, di mettere in dubbio tutte le convinzioni, valori e idee ai quali siete fermamente aggrappati da anni, a proposito del tipo di persona che siete o di come gira veramente il mondo.
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Perché? Se volete cambiare, innanzitutto dovete modificare il vostro modo di vedere gli altri, il mondo e voi stessi all’interno dell’ambiente che vi circonda. A tal fine, dovete comprendere meglio e analizzare i processi mentali che vi inducono a pensare e ad agire in un certo modo. Ciò non implica ore e ore di autoanalisi, ma significa diventare consapevoli di sé stessi in maniera pratica e realistica, allo scopo di effettuare alcuni interessantissimi esperimenti scientifici su di sé. Tutto ciò servirà a farvi vedere con maggiori dettagli ciò che fate, ciò che pensate, come vi comportate e come questi tre elementi interagiscano fra loro. In altre parole, vi insegnerà a capire i vostri meccanismi mentali e comportamentali. Al lavoro!
La TCC può fornirvi alcuni strumenti efficaci, da mettere nel vostro bagaglio quotidiano, per aiutarvi a rivedere gli eventuali presupposti di base infondati che governano la vostra esistenza. Se volete assumere la consapevolezza di tali presupposti, potete utilizzare la TCC come strumento di introspezione e come strategia di cambiamento e a quel punto potrete cambiare voi stessi sempre con la TCC. Il primo passo consiste nel capire meglio il vostro modo di pensare nella vita di tutti i giorni ed è proprio a questo che ora ci dedicheremo.
La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali.
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Compito Esercizio da 10 minuti Riflettete su un evento recente o su una serie di eventi, nel corso dei quali avete preso decisioni affrettate o avete interpretato superficialmente quanto stava accadendo. Un litigio con un amico o con il vostro partner, una riunione impegnativa al lavoro, un problema finanziario, una discussione con vostro figlio. Esaminate una situazione e chiedetevi se avreste potuto considerare l’evento in maniera diversa. Eravate a conoscenza di tutti i fatti? Siete balzati a conclusioni affrettate? Siete stati in grado di capire i punti di vista altrui? Eravate irritati o addolorati prima ancora di conoscere tutti i fatti? Avreste potuto vedere le cose in un altro modo? Annotatevi due o tre di queste situazioni e soffermatevi a pensare ai problemi: avrebbero potuto esserci altre interpretazioni oltre alla vostra? In tal caso, che cosa pensate di fare la prossima volta?
3. Essere consapevoli dei pensieri negativi
“La maggior parte delle persone è felice nella misura in cui decide di esserlo.» Abraham Lincoln
La vostra vita è nelle vostre mani, ma poiché spesso la mente fa brutti scherzi, avete la sensazione che non sia proprio così. Vi dite che volete realizzarvi, essere felici, competenti, amati, produttivi, organizzati, calmi, ottimisti, ma poi succede sempre qualcosa che vi ostacola, che vi demoralizza. Oppure le cose non vanno come avrebbero dovuto e voi vi ritrovate sempre nei soliti pasticci con le persone, le scadenze e il denaro. Magari vi ritrovate sempre nei soliti vicoli ciechi sul lavoro, nelle relazioni affettive o in altri ambiti della vostra vita che vi stanno veramente a cuore. In realtà, potreste essere già una persona affermata, ma avete la sensazione che qualcosa vi impedisce di mietere ulteriori successi, oppure siete soddisfatti solo di alcuni aspetti della vostra vita e non di altri. Come abbiamo già osservato negli ultimi due capitoli, secondo l’ottica della TCC in realtà potreste essere voi stessi a ostacolarvi, a demoralizzarvi, a sabotarvi, facendovi fallire o frenandovi. Questo dipende dalla prevalenza di pensieri negativi, dei quali potreste anche non essere consapevoli. Talvolta persone apparentemente ottimiste formulano anche pensieri negativi, ma non riescono proprio a rendersene conto. Questi pensieri possono essere come una corrente sotterranea che emerge di tanto in tanto. O forse non vi
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va di considerarvi pessimisti, ma siete un po’ troppo severi con voi stessi quando non siete dell’umore giusto. Questo capitolo illustrerà più dettagliatamente in che modo la TCC rende consapevoli del fatto che le nostre convinzioni e i nostri presupposti di base possono essere all’origine dei fallimenti e, di conseguenza, possono rendere gli alti e bassi della vita molto più difficili da affrontare. «Quando la porta della gioia si chiude, subito se ne apre un’altra; ma spesso restiamo incantati a guardare la porta chiusa, e non ci accorgiamo di quella aperta.» Helen Keller
Scovate i pensieri negativi nella vita di tutti i giorni Provate a pensare alla persone che conoscete: c’è qualcuno che emana sensazioni positive di energia, entusiasmo, dinamismo, o allegria? Ora pensate, invece, a quelli che hanno sempre l’aria triste, giù di corda, come se si considerassero sventurati a vita. Tempo fa andavo in piscina tutte le mattine e la sorvegliante mi salutava sempre con un gran sorriso che mi illuminava la giornata e metteva allegria solo a guardarla. Anche il portalettere del mio quartiere fa sempre una battutina arguta quando consegna la posta. Questi sono esempi di persone ottimiste, che affrontano i problemi e gli impegni della vita con un atteggiamento positivo, da bicchiere mezzo pieno. Sono persone piene di risorse, tenaci, in grado di sopravvivere nei momenti difficili. Poi ci sono quelli perennemente di cattivo umore e irritabili, quelli che urlano parolacce dal finestrino dell’auto nell’istante stesso in cui il semaforo diventa rosso, quelli che riescono a trovare un lato negativo in qualsiasi situazione: sono persone che esauriscono gli altri, che spesso si creano loro stesse una realtà negativa, che criticano tutto e tutti in ogni occasione, che passano davanti nelle code e trovano la maniera di litigare con chiunque. Sono persone da cui girare al largo, in quanto la loro energia negativa è spesso sul punto di esplodere alla minima provocazio-
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ne. Personalmente, io preferisco guardare altrove e attraversare la strada quando vedo arrivare tipi simili, perché so che i loro discorsi sono invariabilmente infarciti di lamentele e critiche su qualsiasi cosa, dall’amministrazione comunale al meteo. Cercano sempre il bruco nella mela e si rendono la vita difficile. È un peccato, perché si perdono una quantità di belle cose. Conoscete qualcuno così? Perdete tempo con loro o anche voi girate al largo? O non è che, per caso, avete la strisciante sensazione di essere così anche voi?
Illuminazione Il «posso farcela» mentale Chiunque sia riuscito a superare le sue difficoltà vi consiglierà di dare ascolto a quella vocina interna che dice «posso farcela» invece di «non ci riesco». I pensieri positivi prevalgono su quelli negativi, la volontà di riuscire e di cambiare ha la meglio sull’immobilismo e l’apatia. È solo questione di decidere, di concentrarsi sugli obiettivi, di buona volontà e di impegno per raggiungerli. È il fondamento per trasformare il pessimismo in ottimismo.
Riflettete sul vostro modo di pensare
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, può sembrare un tantino strano assumere una tale consapevolezza dei propri pensieri, e infatti ci vuole qualche tempo per farci l’abitudine, ma la TCC chiede proprio di fare questo esercizio: mettersi a pensare a come si ragiona. È quella che gli psicologi definiscono «metacognizione». Inizialmente non è semplice e tra l’altro le persone portate per le discipline scientifiche (quelle in cui domina l’emisfero sinistro del cervello) fanno meno fatica di chi ha tendenze artistiche (dominanza dell’emisfero destro). Tuttavia, esercitandosi ogni giorno, è possibile imparare a seguire i propri pensieri e a capire cosa ci passa per la testa.
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Cambia la tua vita con la TCC
In linea di massima, gli uomini sono leggermente avvantaggiati perché sono, per certi versi, condizionati a essere meno emotivi e più distaccati quando esaminano le proprie sensazioni, mentre le donne a volte fanno più fatica a districare i pensieri dalle emozioni e a vedere obiettivamente il loro modo di pensare. D’altro canto, le donne sono solitamente più consapevoli delle loro sensazioni, mentre per molti uomini è un’impresa ardua assumere la consapevolezza delle emozioni a un livello così dettagliato. In ogni caso, si tratta di generalizzazioni che però possono contenere un briciolo di verità.
Capire le emozioni con il metodo della TCC «I pensieri sono opinioni, non fatti.» (Motto della TCC)
Abbiamo già visto che la TCC si prefigge di individuare i pensieri negativi che provocano sensazioni negative, le quali a loro volta suscitano emozioni negative, comportamenti negativi e viceversa. Secondo la TCC esistono tre tipi principali di «cognizioni» o pensieri: 1. pensieri negativi automatici; 2. presupposti non funzionali; 3. convinzioni di fondo.
Immaginatevi un bicchiere pieno di una bevanda analcolica frizzante con la spuma in cima, la parte liquida in mezzo e il sedimento sul fondo: è così che sono organizzati i tre livelli di cognizione secondo il modello della TCC.
Essere consapevoli dei pensieri negativi
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Pensieri negativi automatici
Presupposti non funzionali
Convinzioni di fondo
Pensieri negativi automatici Questi pensieri, che d’ora in poi chiameremo PNA per abbreviare, sono stati individuati per la prima volta da Aaron T. Beck, il fondatore della TCC, e sono fondamentali per capire come funzionano le nostre emozioni ai fini della terapia stessa. I PNA sono quel genere di pensieri che ci balenano in continuazione per la testa e che si possono paragonare ai «monologhi interiori» dei romanzi di scrittori come Virginia Woolf e James Joyce. Sono il rumore di fondo del nostro cervello. I PNA vanno e vengono «automaticamente», svolazzano avanti e indietro come uccelli del malaugurio latori di dubbi o di preoccupazioni e passano quasi inosservati mentre noi adempiamo ai nostri impegni quotidiani. Perdiamo il treno e pensiamo: «Che idiota, ti ritrovi sempre all’ultimo minuto». Ci proviamo un abito in un negozio, ci guardiamo allo specchio e pensiamo: «Devi proprio dimagrire». I PNA sono il chiacchiericcio costante che pervade la nostra mente, 24 ore su 24, sette giorni su sette: idee negative, commenti, brutti pensieri su noi stessi. Sono rimproveri costanti, come una cronaca in diretta, che minano la nostra sicu-
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rezza e la nostra autostima. Sono il «monologo interiore parallelo» individuato da Beck (vedi cap. 1, p. 17). La prima cosa che dovete fare, secondo la TCC, è acchiappare quegli uccelli del malaugurio mentali e cominciare a prendere nota della loro esistenza mentre vanno e vengono, entrano ed escono dalla vostra consapevolezza. Osservando il disegno del bicchiere, noterete che i PNA sono la schiuma in superficie, le bollicine spumeggianti che rivelano ciò che pensate o che provate in ogni momento, e mostrano i significati che deducete da ciò che succede intorno a voi. Ma i PNA rivelano anche come interpretate il mondo e dove vi collocate al suo interno, sono la manifestazione superficiale di ciò che fermenta sotto, molto più in profondità e a livello psicologico.
Un esempio Miles, un uomo d’affari londinese di 47 anni, era stato allevato da un padre ipercritico, di estrazione militare, che non gli rivolgeva mai un complimento e trovava sempre da ridire su tutto ciò che faceva. Diventato adulto, Miles, come c’era da aspettarsi, faceva molta fatica a congratularsi con sé stesso per i risultati che otteneva e, come se non bastasse, non riusciva ad accettare commenti positivi da parte di colleghi, amici e familiari. In ogni occasione, trovava la maniera di demoralizzare sé stesso e gli altri. E nei confronti dei figli era un padre esigentissimo che criticava aspramente tutto ciò che facevano o non facevano. Fu solo in seguito, quando la sua attività fallì e la moglie lo lasciò portandosi via i figli, che Miles fu costretto a prendere atto dell’impatto delle convinzioni negative che lo zavorravano fin dall’infanzia. Ebbe un «esaurimento nervoso» o, per meglio dire, un crollo psicologico e fisico, che lo obbligò ad affrontare il suo problema. Con l’aiuto di uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale capì che, se voleva ricostruire la sua vita e le sue relazioni affettive, doveva imparare a «vedere» sé stesso e gli altri in maniera nuova e mettere da parte il suo vizio di demolire tutto. Il punto di partenza era cominciare a essere meno critico nei confronti di sé stesso.
Essere consapevoli dei pensieri negativi
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I PNA sgretolano implacabilmente l’autostima
Per imparare a sfruttare la TCC come metodo per cambiare la vostra vita, dovete, tra le altre cose, fare lo sforzo di rendervi consapevoli dei vostri PNA e del modo in cui vi condizionano l’esistenza, come nel succitato caso di Miles. I PNA sono come una ramanzina costante, negativa di per sé, una predica interminabile che vi demoralizza, sminuisce tutto quello che tentate di fare o che ottenete. Individuare i PNA è decisamente un buon punto di partenza se volete affrontare i vostri problemi psicologici profondi. I PNA possono avere un effetto devastante da goccia cinese, che logora la sicurezza e l’autostima. Tuttavia, la TCC non vi chiede di analizzare i vostri pensieri (a differenza di altre terapie che magari conoscete), ma di prenderne atto. Di conseguenza, i PNA sono:
• onnipresenti: sono inarrestabili e forse dovete solo fare • • • •
• •
lo sforzo di notarli; a livello conscio: rivelano ciò che pensate, attimo dopo attimo (non c’è bisogno di dissotterrarli); demoralizzanti: poiché sono negativi per natura, avviliscono e deprimono il morale; specifici: sono pertinenti alla situazione in cui vi trovate (per esempio: camminando in una via buia di notte pensate: «Ho paura di essere aggredito»); credibili: costituiscono le etichette che vi appiccicate, quindi ne siete convinti (per esempio: «Non sono utile a nessuno», «Sono troppo grassa per mettermi i jeans», «Arriverò sempre in ritardo», «Non riuscirò mai a trovare la persona giusta» o «Nessuno mi vuole bene»); autoconvincenti: vi persuadete a fare qualcosa o vi dissuadete dal farla; vi etichettate e credete all’etichetta; cronici: soprattutto se siete alle prese con problemi molto radicati, come la depressione. I vostri PNA vi dicono costantemente che siete inutili, buoni a nulla, antipatici, indegni e soli.
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Cambia la tua vita con la TCC
Diario dei PNA secondo la TCC
Poiché i PNA rivelano i vostri modi di pensare connaturati a proposito di voi stessi, gli altri e il mondo che vi circonda, dovete assolutamente cominciare a rendervene consapevoli, il più presto possibile, eseguendo l’esercizio di trascrizione dei pensieri di p. 71. Se volete veramente cambiare vita con la TCC, dovete tenere un diario quotidiano dei vostri PNA durante tutta la lettura di questo manuale. Potete anche decidere di seguire i vostri pensieri per un giorno, una settimana, un mese, ma anche solo farlo per un paio d’ore più aiutarvi a rendervi più consapevoli, soprattutto all’inizio. Trascrizione di un pensiero: smarrimento del portafoglio Evento/Situazione
PNA
Emozioni
Smarrite il portafoglio
«Sono veramente sbadato» Autodisprezzo «Ma perché sono così stupido?»
Avvilimento
«Il mondo è un posto orribile»
Umiliazione
Collera Paura Frustrazione
Secondo la TCC, lo smarrimento del portafoglio assume un significato e i vostri PNA mostrano la vostra interpretazione dell’evento. Ovviamente, esistono numerose altre interpretazioni attribuibili allo stesso evento: alcuni potrebbero prendere lo smarrimento del portafoglio alla leggera, fare spallucce e dirsi: «Beh, tanto era consumato»; altri potrebbero andare in crisi totale, battersi il petto e strapparsi i capelli; altri ancora potrebbero telefonare lucidamente all’istituto di emissione della carta di credito e alla polizia per fare la denuncia. Infine, ci possono anche essere quelli contenti perché pensano di rivalersi sull’assicurazione o fare a meno di pagare le bollette per quel giorno. In altre parole, il significato che attribuiamo all’evento e le sensazioni che proviamo durante e dopo dipendono dai pensieri/cognizioni e interpretazioni che abbiamo attribuito all’evento stesso.
Essere consapevoli dei pensieri negativi
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Questo punto è fondamentale per afferrare il concetto della TCC, per cui vi invito a soffermarvi sui vostri PNA a proposito di qualcosa che vi è capitato di recente, come aver perso l’autobus, essere arrivati in ritardo a una riunione, aver sbagliato strada o essere stati insultati da un automobilista. Oppure potreste esservi irritati con qualcuno o aver avuto la sensazione di non riuscire a fare qualcosa. Ripensate a un evento specifico che vi ha suscitato pensieri negativi e poi provate a compilare la tabella di seguito.
Mettetevi alla prova Individuate i vostri PNA Evento/Situazione
PNA
Emozioni
Questo esercizio potrebbe cominciare a farvi capire come interpretate un classico evento quotidiano e quali PNA vi passano per la testa.
Mettetevi alla prova Riflettete un istante e chiedetevi:
• In che modo penso di ragionare? • Il mio cervello è dominato dall’emisfero sinistro o da quello destro? • Faccio fatica o riesco facilmente a riflettere sul mio modo di pensare? Annotatevi le risposte.
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Pensieri ossessivi
Una volta che avrete cominciato a riflettere sul vostro modo di pensare dovreste cominciare ad accorgervi che alcuni pensieri specifici ed emotivamente carichi di significato si presentano continuamente alla vostra mente. Sono i «pensieri ossessivi», secondo i termini della TCC, quelli che vi preoccupano, vi assillano e sono carichi di emozioni negative. Ecco perché sono «ossessivi», cioè ad alto impatto emotivo. Quando scrivete il diario dei pensieri, dovete annotare quelli particolarmente «ossessivi», che possono anche avere a che fare con il sesso (ma non necessariamente) e che vi angosciano maggiormente, che ricorrono più di frequente e sono carichi di sensazioni angoscianti. Ecco alcuni esempi di pensieri ossessivi.
• • • • •
«La mia vita è finita.» «Non mi affermerò mai.» «Nessuno mi vuole bene e non sarò mai simpatico.» «Ho sbagliato un’altra volta, come sempre.» «Non ne posso più, potrei uccidere per una birra.»
Non trovo le chiavi in casa
/Situazione
Evento
Avvilimento 40%
Ansia 75%
Sensazioni
«Solo un idiota avrebbe potuto perderle»
«Chiunque potrebbe trovarle»
«Potrei averle perse fuori casa»
Pensieri automatici
«Anche se qualcuno le trovasse, non avrebbe modo di conoscere il mio indirizzo»
«Avrei dovuto stare più attento a dove le mettevo»
«Le chiavi sono piccole ed è facile perderle, può succedere a chiunque»
«Posso sempre cambiare la serratura»
Ansia 30%
«Può darsi che le chiavi siano ancora in casa. Ma anche se non lo fossero e le avessi perse fuori, il rischio sarebbe minimo e potrei sempre mettermi al riparo cambiando la serratura»
«Ho perso le chiavi un mucchio di volte e alla fine le ho sempre ritrovate in casa»
«Se cerco in tutta la casa e non le trovo, è probabile che le abbia perse fuori»
Avvilimento 30%
Rivalutazione delle sensazioni
Pensieri alternativi lucidi
Conferme
Smentite
Tipico diario dei pensieri, secondo il metodo della TCC, sullo smarrimento delle chiavi
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Cambia la tua vita con la TCC
Come tenere il diario dei pensieri
Osservate il diario dei pensieri a p. 71 sullo smarrimento delle chiavi di casa. È la classica situazione che può suscitare una valanga di PNA. Le sensazioni provocate da un evento simile solitamente sono ansia, paura e avvilimento, ma anche collera e irritazione per essere stati così sbadati. I pensieri automatici possono essere: «Chiunque potrebbe trovarle» (paura), oppure «Solo un idiota avrebbe potuto perderle» (collera contro sé stessi). Se quantificaste l’intensità delle sensazioni nel momento in cui vi accorgete di aver perso le chiavi, potreste ritrovarvi con un 75% di ansia («Se sono fuori casa, qualcuno potrebbe trovarle e derubarmi»). Ma dopo aver riflettuto sulle conseguenze e aver considerato la situazione da un punto di vista più obiettivo («Le chiavi potrebbe essere ancora in casa» o «Posso sempre cambiare la serratura»), potreste rendervi conto che l’ansia è scesa al 30%. Beck consigliava di annotare, ogni sera, i PNA riguardanti alcuni eventi specifici verificatisi durante la giornata. Basandovi sulla tabella del diario dei pensieri, potete scrivere le vostre annotazioni sul cellulare, sul portatile, sull’agenda o su un taccuino, a seconda delle vostre preferenze, in modo da prendere atto di tali pensieri. Individuateli e scriveteveli: a quel punto potete iniziare a compilare un prezioso diario dei pensieri ripetitivi che vi impediscono di realizzarvi e di progredire nella vita. «Se sprechi il tuo tempo a cercare di riparare una botte che perde, trascuri i metodi, ma soprattutto i modi di essere che ti permettono di trovare la felicità in te stesso.» Matthieu Ricard
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Illuminazione Imparate ad afferrare i pensieri Immaginate di essere dotati di un retino per farfalle «psicologico» con il quale dovete catturare i pensieri negativi che svolazzano nella vostra mente in ogni istante. Come un intrepido esploratore vittoriano, una volta afferrati li potete appuntare in una bacheca, esaminare e quindi conoscere un po’ meglio. Così facendo, comincerete a capire a quale «specie» di ansia o di angoscia appartengano i vostri pensieri e vi farete un’idea migliore di voi stessi e dei problemi, tipicamente umani, che vi assillano.
Sette ottimi motivi per tenere il diario dei pensieri 1. Mostra i vostri cambiamenti di umore nel corso delle giornate, 2. 3. 4. 5. 6. 7.
delle settimane e dei mesi. Evidenzia i pensieri ripetitivi che possono ricorrere nella vita di tutti i giorni. Il fatto stesso di scriverli aiuta a chiarire meglio i propri meccanismi mentali. Dimostra quanto siete preoccupati per certe cose, in modo che possiate cominciare a fare qualcosa al riguardo. È un ottimo esercizio che aiuta ad analizzarsi più obiettivamente. È un registro che potete consultare per vedere i progressi che avete compiuto nel tempo una volta iniziata la TCC. Con il tempo, imparerete a pensare in maniera alternativa e più equilibrata, proprio perché vi sarete allenati a esaminare regolarmente i vostri pensieri.
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Presupposti non funzionali Riprendendo lo schema del bicchiere illustrato all’inizio di questo capitolo, possiamo vedere che il secondo strato di cognizioni prese in esame dalla TCC è costituito dai pensieri non funzionali (PNF), che formano il corpo centrale della bibita, sotto la schiuma dei PNA e sopra il pesante sedimento delle convinzioni di fondo. I PNF sono il grosso della bevanda, mentre i PNA risalgono in superficie e creano la schiuma accessibile in cima. Di conseguenza, i PNF:
• possono essere pensieri inconsci, meno accessibili e meno facili •
•
• • •
da individuare dei PNA; possono essere condizionamenti culturali e sociali (come essere donna e quindi dover sempre pensare prima agli altri, essere uomo e dover guadagnare abbastanza da mantenere la famiglia e realizzarsi economicamente, avere la pelle di colore diverso e quindi sentirsi un «cittadino di seconda categoria»); assumere la forma di punizioni ipotetiche («Se perdo il portafoglio sarò punito dal senso di avvilimento»; «Se litigo con la gente per ottenere ciò che voglio, sarò emarginato perché sono un egoista, quindi mi conviene pensare prima agli altri»); sono spesso pensieri fissi, rigidi, limitati, condizionanti e generalizzati che possono alimentare sensazioni di inutilità e di impotenza; possono confluire nei PNA, in quanto sono fonte di infelicità, preoccupazioni, ansia, depressione, ossessioni e numerosi altri problemi psicologici; sono «non funzionali», nel senso che non aiutano ad affrontare concretamente e con elasticità tutto ciò che può capitare nella vita (vi dite che non è possibile fare shopping, quindi non potete andare a fare la spesa neanche se avete il frigorifero completamente vuoto, il che può essere una questione vitale).
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Per esempio, siete convinti di non essere simpatici a che nessuno vuole perdere tempo con voi. Nei vostri momenti di disperazione vi dite che non avete amici, siete soli al mondo e che sarà sempre così. Questo è un presupposto non funzionale. In realtà, se consultaste la vostra rubrica o il cellulare, scoprireste di possedere un certo numero di nomi e di numeri di amici e conoscenti, magari di persone che risalgono ai tempi della scuola, o con le quali avete lavorato o che avete conosciuto in altre circostanze. Tuttavia, avete deliberatamente ignorato tali conoscenze nella convinzione di non avere amici. Potete affrontare questo tipo di presupposto non funzionale nei modi seguenti:
• mettendovi in contatto con un ex compagno di scuola, collega
o conoscente con un SMS, un’email, Facebook o semplicemente sollevando la cornetta del telefono; • decidendo di andare a una festa, a un rinfresco o a un evento al quale siete convinti di non essere bene accetti nonostante siate stati invitati; • provando a dire di «sì» se qualcuno vi invita ad andare da qualche parte prima di dare ascolto alla vocina dentro di voi che dice: «Non sono simpatico a nessuno e quindi non ci vado». Contraddicendo i presupposti non funzionali e accorgendovi che vi condizionano solo se vi lasciate condizionare, ne ridurrete l’influenza.
Convinzioni di fondo Nella parte bassa del bicchiere si trovano le convinzioni di fondo sedimentate (CF) che risalgono al passato remoto, addirittura alla prima infanzia, e costituiscono il sedimento emotivo ed esperienziale che si è accumulato nel corso della vostra vita.
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Di conseguenza, le CF:
• sono più generali dei PNA e riguardano il vostro modo di essere («Sono stupido», «Sono sempre sfortunato», «Non merito alcun affetto», «Sono una nullità»); • sono inconsci, come i PNF, quindi abbastanza difficili da scovare; la TCC si concentra prevalentemente sui PNA, almeno all’inizio, perché sono manifestazioni superficiali più accessibili di quanto ribolle nel profondo della mente; • tendono a essere più radicati, per esempio problemi di antica data, ripetitivi, complessi che risalgono agli anni giovanili e all’infanzia e che nei casi più estremi derivano da dipendenze, ossessioni, violenze, traumi e altre questioni più gravi tutte ancora da affrontare.
Darren, un bagnino di 18 anni, è profondamente convinto di non meritare alcun affetto. Tale convinzione scaturisce in parte dal fatto che suo padre aveva abbandonato sua madre prima che lui nascesse. La madre lo aveva allevato da sola, come meglio poteva, inculcandogli il concetto che non ci si può fidare di nessuno perché le persone prima o poi tendono a sparire (come aveva fatto il padre). Sfortunatamente, Darren ha assorbito tutto l’astio della madre, per cui, ogni volta che intraprende una relazione affettiva con una ragazza, si dimostra ferocemente geloso e possessivo. «Sono talmente geloso», ammette, «che non credo mai a una sola parola di quello che mi dicono le donne, dubito sempre di tutto.» Chiaramente, Darren fa molta fatica ad avere relazioni durature, ma pensa che la questione sia trovare la ragazza «giusta», quando invece il problema è rappresentato dalla sua incapacità di fidarsi e dalla sua convinzione radicata di non meritare amore e di essere alla fine abbandonato. In effetti, la sua sfiducia fa scappare le ragazze e quindi si rivela una profezia che si autoavvera. Il primo passo è far capire a Darren che c’è qualcuno che si è veramente rivelato affidabile nella sua vita: sua madre e il suo
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miglior amico e compagno di scuola. Quindi, ci sono almeno due persone delle quali non può dire che lo hanno abbandonato. In effetti, se ci pensa bene, Darren si rende conto che molte delle ragazze non lo hanno lasciato, ma sono state lasciate da lui. Perciò, riflettere sul suo modo di pensare e di comportarsi è un buon inizio per contraddire la convinzione profonda e autodistruttiva per cui nessuno lo ama e nessuno lo vuole. In realtà è il contrario, ma lui non se n’è ancora reso conto.
Illuminazione Lo spettro individuale dell’ansia Talvolta le CF scaturiscono da un singolo evento, come essere stati aggrediti per strada o abbandonati da un partner. Tale evento può alimentare PNA del tipo «Sono sempre una vittima», o «La vita è ingiusta». Oppure possono essere il risultato di un accumulo di sofferenze e di maltrattamenti subiti nella vita. Nel secondo caso, vi consiglio di rivolgervi a uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale in grado di guidarvi e di sostenervi durante il processo di identificazione dei vostri PNA, PNF e CF al fine di affrontarli efficacemente. La verità è che, più le sofferenze sono state gravi e prolungate e più è difficile affrontare i propri problemi, soprattutto da soli. Tuttavia non è impossibile: se siete motivati a cambiare, potete benissimo proseguire con l’aiuto di questo libro o addirittura fare parecchia strada semplicemente concentrandovi sui vostri PNA. Tenendo regolarmente un diario dei pensieri inizierete ad aprire gli occhi e a gettare luce su ciò che magari avete cercato di tenere nell’ombra per anni. L’effetto cumulativo di questo esercizio comincerà a produrre cambiamenti lievi ma profondi.
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PENSIERI NEGATIVI AUTOMATICI «Mi sto annoiando, non so cosa dire, mi considerano stupido, per lei sono un fallito, non le piaccio»
Più specifici
Più accessibili
Più facili da cambiare
Più generali
MENO accessibili
Più DIFFICILI da cambiare
Presupposti non funzionali «Se mi conoscessero saprebbero che sono una nullità e mi respingerebbero. Devo fare tutto alla perfezione, altrimenti gli altri capiscono che non valgo nulla»
Convinzioni di fondo «Non sono simpatico, sono inutile»
Spettro dell’ansia
«Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo.» Lao-Tzu
L’approccio investigativo alle emozioni La TCC affronta le emozioni con un approccio investigativo, in quanto non è tanto interessata al contenuto di ciò che provate (come nelle terapie psicanalitiche classiche), quanto al processo per cui, a un certo punto, siete arrivati a sentire, pensare e comportarvi (o viceversa) in un determinato modo. Di conseguenza, la TCC vuole indurvi ad analizzare scientificamente le vostre emozioni per capire se siano fisiologiche o morbose, adeguate o sproporzionate.
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Confronto con la realtà Emozioni fisiologiche ed emozioni morbose Naturalmente, non siamo tutti eroi come Nelson Mandela o Stephen Hawking o simili, ma nel nostro piccolo possiamo decidere se agire sulla base di emozioni fisiologiche o di emozioni morbose, ottenendo risultati diversissimi. Emozioni fisiologiche
• sono sensazioni negative adeguate a un determinato evento: vi sentite tristi perché vi è morto il gatto;
• portano a comportamenti/conseguenze costruttivi: siete addolorati, piantate un fiore per ricordare il gatto;
• non provocano problemi in altri ambiti della vostra vita: siete ugual-
mente in grado di andare avanti (lavorare, vedere gli amici) anche se siete tristi.
Tipi di emozioni fisiologiche Tristezza, felicità, noia, rimorso, gioia, paura, timidezza, disagio ecc. Emozioni morbose
• sono sensazioni negative sproporzionate all’evento: vi muore il gatto e voi urlate, vi strappate i capelli, distruggete la casa e vi ubriacate;
• portano a comportamenti/conseguenze distruttivi: vi autopunite e
punite amici e parenti, vi bloccate (non lavorate, non vedete nessuno);
• provocano
problemi in altri ambiti della vostra vita: vi rintanate a letto, vi assentate dal lavoro, vi rifiutate di socializzare, vi date all’alcol perché il gatto è morto.
Tipi di emozioni morbose
• Aggressività, gelosia, senso di colpa, paura, depressione, avvilimento, invidia, autoemarginazione, bisogni compulsivi, impulsi suicidi ecc.
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Ovviamente, le emozioni sono emozioni e nessuna è veramente negativa di per sé. Fanno parte integrante del nostro bagaglio psicologico e ci permettono di conoscere il mondo, di affezionarci alle persone, di amare i nostri figli e il prossimo, di provare dolore per eventi tristi e gioia per eventi felici e così via. La distinzione fra emozioni fisiologiche ed emozioni morbose, ai fini della TCC, serve ad appurare se determinate reazioni emotive siano sproporzionate all’evento che le ha suscitate, al punto di travisarne completamente il significato. I motivi sono da ricercarsi nei nostri percorsi individuali e nel nostro passato, ma poiché la TCC è imperniata sul presente, dobbiamo imparare a essere più misurati e razionali nella vita di tutti i giorni. In altre parole, la TCC ci insegna a essere globalmente più adeguati e meno distruttivi.
Un esempio Mandy, un’insegnante part-time di 30 anni, si è data molto da fare per organizzare la festa per l’ottavo compleanno della figlia. Ci tiene a essere una madre organizzata e odia commettere errori (la sua convinzione profonda è essere inutile, quindi si sforza di smentirla dimostrandosi sempre superefficiente). Mandy ha affittato un salone, spedito gli inviti, acquistato e preparato da mangiare e ora si ritrova con venti bambini che corrono da tutte le parti e giocano sotto la guida di un animatore. A festa cominciata, si rende conto di colpo di essersi dimenticata di preparare un pensierino per ogni bambino invitato, in segno di ringraziamento per aver partecipato alla festa. Mandy si sente stressata e avvilita e inizia a incolparsi: «Come ho fatto a dimenticare i pensierini? Che stupida che sono!» Si sente in competizione con le altre madri, perciò non vuole ammettere la svista. Mandy corre il rischio di autosabotarsi psicologicamente e di autoflagellarsi ferocemente per un semplice errore. Per fortuna, un’altra mamma (e amica) si accorge del problema e si offre di andare a comprare alcune confezioni di caramelle da distribuire alla fine della festa. Mandy fa fatica ad accettarlo, perché pensa che dovrebbe farlo lei, ma poiché è troppo impegnata con la festa non ha altra scelta.
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Ha due possibilità: o continuare a pensare che ormai la festa è rovinata a causa di una semplice dimenticanza, o essere pratica, accettare che non è sempre tutto perfetto e accontentarsi dell’offerta dell’amica, nonostante sia convinta di dover fare la superdonna. La TCC incoraggerebbe Mandy a essere più flessibile, a reagire alle situazioni con soluzioni pratiche, ringraziare di cuore l’amica per il suo aiuto e poi andare avanti con la festa.
«Il segreto della vita è l’equilibrio, mentre l’assenza di equilibrio è la distruzione della vita.» Hazrat Inayat Khan
Reagire esageratamente
Facciamo l’esempio di Daniel che è a letto con l’influenza e si sente estremamente frustrato per l’inattività. È stufo di stare a casa, sapendo che ha alcune scadenze di lavoro da rispettare e bollette urgenti da pagare. Con il trascorrere della giornata, Daniel si sente sempre più scontroso e abbattuto, perciò quando la moglie torna a casa dal lavoro portandogli qualcosa di buono da mangiare e una bambina vivace appena uscita dall’asilo, lui pianta il muso. Quando la bambina corre ad abbracciarlo, lui la respinge, lei cade e si mette a piangere. La moglie, irritata dal suo comportamento pur essendo dispiaciuta perché ha l’influenza, prende in braccio la bambina che strilla ed esce stizzita dalla camera. Daniel è ancora più depresso e avvilito di prima e sprofonda in un senso di sconforto ancora più disperato, venato di sensi di colpa e di disgusto verso sé stesso. Per cercare di capire la reazione emotiva di Daniel, dal punto di vista della TCC, diamo un’occhiata alla tabella di seguito:
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Tabella dei significati emotivi morbosi di Daniel nell’ottica della TCC Situazione
Significato personale
Emozioni morbose
Ha respinto la figlia
«Sono un pessimo padre, non dovrei far soffrire mia figlia. Sono un pessimo genitore, un pessimo marito, odio me stesso»
Senso di colpa, autodisprezzo, collera, umiliazione, avvilimento
La reazione emotiva di Daniel è esagerata, l’aver perso la pazienza lo porta a sentirsi estremamente in colpa e a odiarsi. Ovviamente, non è bello sfogare le proprie frustrazioni sui figli, ma il senso di colpa di Daniel è sproporzionato rispetto alle conseguenze. Inoltre, l’avvilimento e la vergogna molto probabilmente lo renderanno ancora più di cattivo umore e immusonito, il che farà soffrire ulteriormente la bambina e, sul lungo termine, nuocerà ai rapporti con la moglie. Sarebbe meglio se Daniel riuscisse a separare il suo comportamento dall’autocondanna totale della sua persona, allo scopo di avere reazioni emotive più normali. Tabella dei significati emotivi normali di Daniel, secondo la TCC Situazione
Significato personale
Emozioni morbose
Ha respinto la figlia
«Non avrei dovuto respingerla, ma sono malato e stressato. Sono dispiaciuto per la mia reazione, ma questo non fa di me un cattivo padre e un cattivo marito»
Dispiacere/rimorso, autostima
Il secondo tipo di reazione emotiva è più adeguato e costruttivo, perché quanto è successo non è la fine del mondo. È vero che Daniel deve chiedere scusa con sincerità alla moglie e alla figlia, abbracciarle e rassicurarle, ma non è necessario che la situazione
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assuma proporzioni drammatiche e degeneri in un’autocritica esagerata e ingiustificata. Daniel dovrebbe ricordare a sé stesso e ai suoi familiari i bei momenti che trascorrono insieme, quando accompagna Amy ai giardini, le legge la fiaba della buonanotte e la tranquillizza quando ha paura del buio. Dovrebbe rammentare i massaggi alla schiena fatti alla moglie, l’aiuto domestico che le offre, gli obiettivi raggiunti sul lavoro. In tal modo assumerebbe un punto di vista più obiettivo e corretto. Esaminando la situazione più lucidamente e cercando di capirla meglio, può evitare che un episodio del genere si ripeta.
Mettetevi alla prova Le vostre emozioni sono fisiologiche? Analizzate un fatto capitatovi di recente e chiedetevi se avete reagito normalmente o esageratamente come ha fatto Daniel. Vi viene in mente un episodio accaduto in ufficio, con la famiglia, con gli amici, con il vostro partner o con i figli, che vi ha suscitato emozioni morbose e sproporzionate rispetto alla situazione concreta? Mettetevi sotto il microscopio e riflettete lucidamente:
• Com’era la situazione? • Come ho reagito? • Che significato le ho attribuito? • Che emozioni ho provato? • Sono state fisiologiche o morbose? • La reazione è stata adeguata o sproporzionata? «Si diventa ciò che si pensa. Ogni uomo è figlio delle proprie azioni.» Cervantes
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Verificate il cambiamento In questo capitolo abbiamo identificato:
• Pensieri negativi automatici (PNA) • Presupposti non funzionali (PNF) • Convinzioni di fondo (CF) Abbiamo stabilito di tenere:
• un diario dei pensieri allo scopo di riconoscere i PNA. Abbiamo anche spiegato l’esigenza di fare caso alle:
• reazioni
emotive fisiologiche e morbose al fine di diventare più misurati e meno distruttivi.
Che cosa fare con il diario dei pensieri: Una volta compilato il diario dei pensieri, dategli un’occhiata e: 1. provate a individuare i vostri PNA; 2. esaminate i vostri PNF: 3. provate a identificare le vostre CF; 4. provate a ribaltare mentalmente i vostri PNA e dite a voi stessi il contrario, nel tentativo di trovare una realtà alternativa. Quindi se pensate «Sono brutto», provate a dirvi: «Sto benissimo». Se pensate: «Sono un incapace», provate con «Me la sono cavata benino» e vedete che sensazione vi dà; 5. riesaminate regolarmente il diario dei pensieri per verificare se avete cominciato a modificare il vostro modo di pensare.
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La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli.
Compito Esercizio da 10 minuti Compilate il diario dei pensieri e poi riflettete sul vostro modo di pensare. Al termine della giornata, scrivete nei dettagli gli eventuali «pensieri ossessivi» che avete formulato. Erano normali o morbosi? Avete capito quali vi hanno segnato maggiormente?
Dopo aver preso nota dei pensieri negativi, pur continuando a tenere regolarmente il diario dei pensieri, dovete andare avanti e cercare di comprendere più precisamente le vostre emozioni e in particolare il modo in cui possono degenerare in quelli che la TCC definisce errori di pensiero.
4. Individuare e neutralizzare gli «errori di pensiero»
«La nostra vita è il risultato dei nostri pensieri.» Marco Aurelio
Avete presente Ih-Oh, il vecchio asino di pezza, sempre triste e sconsolato, amico dell’orsetto Winnie the Pooh che vive nel bosco dei Cento Acri e la cui casa reca un cartello con scritto: «Posto tenebroso, triste e paludoso»? Ih-Oh, chiamato anche Isaia nei romanzi, si lamenta sempre dicendo, in tono malinconico e cupo, che capitano tutte a lui ma non importa. Naturalmente, Ih-Oh è un personaggio caricaturale, ma a chi non è mai capitato di conoscere qualcuno come lui? O addirittura di riconoscersi un tantino nel suo pessimismo deliberato, per cui vede sempre il bicchiere mezzo vuoto invece che mezzo pieno? Ovviamente, Ih-Oh è in perfetto contrasto con Winnie the Pooh, sempre allegro e spensierato, che vive le sue avventure in compagnia dei suoi cari amici. Senza spingerci troppo con l’analogia, possiamo vedere che, ironicamente, Ih-Oh si porta dietro, ovunque vada, una «nuvoletta nera, carica di pioggia», anche se in realtà è convinto di esserne perseguitato. Mentre per Winnie the Pooh è impensabile essere tristi perché la vita è troppo divertente, per Ih-Oh la malinconia è una «seconda natura», è la vita, quindi è assolutamente convinto che la tristezza sia il suo destino ineluttabile. I pensieri negativi automatici di Ih-Oh (i PNA visti nel cap. 3) potrebbero essere «Nessuno mi vuole bene», mentre sotto, scendendo nel bicchiere, i suoi presupposti non funzionali sarebbero: «Povero me, mi va sempre tutto storto», oppure «Non me ne va
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mai dritta una nella vita». Infine, le sue convinzioni di fondo potrebbero essere: «Sono veramente antipatico» e/o «Sono un autentico fallito». In realtà, è evidente a tutti, tranne che a Ih-Oh (ed è questo il motivo per cui fa tanto ridere), che l’asinello si aggrappa alle sue convinzioni negative perché gli infondono sicurezza. PNA
«Nessuno mi vuole bene»
PNF
«Povero me, mi va sempre tutto storto»
CF
«Sono un autentico fallito. Sono veramente antipatico.»
Ih-Oh crea la propria realtà: essere triste fa parte della sua esistenza, è ciò che fa di lui Ih-Oh. Se dovessimo chiedergli di rinunciare alla sua «nuvoletta nera», probabilmente risponderebbe: «È inutile, a che cosa servirebbe?» Ih-Oh è aggrappato al suo modo di pensare pessimista, probabilmente perché crede di non avere alternative e sicuramente dice a sé stesso: «Cosa sarei senza la mia nuvoletta nera che mi ricorda che va tutto storto?»
La profezia che si autoavvera Secondo la prospettiva della TCC, Ih-Oh è un esempio perfetto di come il pessimismo possa condizionare totalmente la vita, ma anche di come ci si possa continuare a condizionare negativamente da soli. L’asinello non solo si crea la propria realtà, ma se la trascina dietro continuamente al punto che diventa una «profezia che si autoavvera». Se c’è il sole, il cielo è azzurro, è una giornata stupenda e tutti fanno merenda con una torta, Ih-Oh continua a portarsi dietro la sua «nuvoletta nera» che oscura il sole. Il suo PNA è «Allora io sarò triste», per poter continuare a interpretare la realtà nella sua solita maniera pessimistica.
Individuare e neutralizzare gli «errori di pensiero»
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«La vita non è costituita principalmente, e nemmeno ampiamente, da fatti ed eventi, ma dalla tempesta di pensieri che ci attraversano di continuo la mente.» Mark Twain
Se Ih-Oh decidesse di cambiare la sua vita con la TCC, dovrebbe capire che vivere in base a una visione negativa del mondo (PNA), o con atteggiamento pessimista, è contro il suo stesso interesse. È come se l’afflizione facesse parte del suo organismo in maniera talmente profonda da non poter essere più rimossa. L’obiettivo sarebbe fargli capire che si sta danneggiando, che può decidere di liberarsi del pessimismo, anche a costo di sviscerarsi, e quindi avere una visione della vita più ottimistica.
Identificare gli errori di pensiero L’effetto cumulativo di questo modo di pensare negativo è che condiziona cronicamente la vita, creando quelli che la TCC definisce «errori di pensiero». Si tratta di «aberrazioni cognitive» (vedi cap. 3) che diventano talmente radicate nella personalità da essere considerate sinceramente come l’unico modo possibile di vedere le cose. È come se la «nuvoletta nera» di Ih-Oh non fosse solo sopra la sua testa, ma si estendesse su tutta la sua vita, in ogni direzione possibile e a perdita d’occhio. La definizione «errore di pensiero» indica piuttosto una «trappola del pensiero», un pozzo nel quale la negatività può farci sprofondare per poi seppellirci.
Un esempio Rory, un uomo d’affari libero professionista di 52 anni, lavora tantissimo ed è convinto di non avere tempo per coltivare nuove amicizie e nemmeno per conservare quelle di antica data. I suoi figli sono adulti e autonomi e lui e sua moglie conducono un’esistenza noiosa e abitudinaria. Rory talvolta è invidioso quando la moglie esce: lei ama ballare }
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latino, andare per negozi, uscire a pranzo e anche a cena con le amiche, mentre lui fa regolarmente tardi al lavoro e spesso gli tocca cenare da solo. Nel corso degli anni Rory ha lasciato perdere le sue vecchie amicizie, ha rinunciato a qualsiasi attività sportiva e i suoi rapporti con la famiglia d’origine si sono ridotti al biglietto di auguri natalizio. Eppure, Rory è fermamente convinto che il problema siano gli altri. «Non ho più amici», pensa fra sé e sé quando è giù di corda. Oppure: «Bella la vita per Jane (la moglie), lei non ha dovuto sacrificare nulla al lavoro». In realtà, i suoi amici e parenti continuano a mandargli biglietti di auguri e regali per i compleanni, ma invano. Vorrebbero che lui si facesse vivo e non capiscono perché si neghi. Gli scrivono ancora email e gli telefonano di tanto in tanto per invitarlo a bere qualcosa, ma Rory solitamente li ignora o rifiuta, convinto com’è di non avere tempo per attività così frivole come socializzare. Così facendo, corrobora l’«errore di pensiero» per cui il suo problema sarebbero unicamente gli altri.
«Il vero miracolo non è né volare né camminare sull’acqua, ma camminare sulla terra.» Proverbio cinese
Chi ha il potere?
Il termine «errore» non denota esattamente qualcosa che è «sbagliato» e non deve mettervi sulla difensiva, come se aveste «commesso» un errore. Implica piuttosto un confronto con la realtà, l’esigenza di reinterpretare il significato che avete attribuito finora agli eventi della vita quotidiana. Secondo la TCC, gli «errori di pensiero» possono creare danni in quanto contribuiscono a cronicizzare comportamenti e pensieri negativi e a considerarli inevitabili. Lo scopo della TCC è aiutarvi a individuare i vostri errori di pensiero e a correggerli, in modo da poter andare avanti vivendo una vita migliore, più soddisfacente, meno gravosa e più produttiva. Se riuscirete a rendervi conto lucidamente di questi errori, avrete questo potere.
Individuare e neutralizzare gli «errori di pensiero»
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La «triade cognitiva» negativa di Beck Beck ha elaborato uno schema che mostra come i nostri «errori negativi» di pensiero ci impediscano di progredire: è la «triade cognitiva». Facciamo l’esempio di Prakesh, un manager capace che però ha il difetto di perdere le staffe facilmente. Quando abbaia ordini, i suoi collaboratori lo ignorano o si negano, quindi i suoi accessi d’ira hanno l’effetto opposto di ciò che lui si prefigge e cioè incrementare la produzione. VISIONE DI SÉ «Sono un pessimo manager, perdo la calma»
VISIONE DEL FUTURO «La mia attività probabilmente andrà a rotoli perché sono un pessimo manager»
VISIONE DEL MONDO «Il mondo mi considera un pessimo manager»
La triade cognitiva negativa di Prakesh
I principali dieci errori di pensiero Le dieci categorie seguenti costituiscono un riepilogo approssimativo degli «errori di pensiero» che, secondo la TCC, ricorrono comunemente nella nostra visione negativa. Esiste un certo grado di sovrapposizione inevitabile fra questi tipi di «errori di pensiero», ma analizzando il diario dei pensieri potreste riuscire a individuare i vostri.
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Cambia la tua vita con la TCC
1. Pensare in bianco e nero. 2. Generalizzare troppo. 3. Filtrare mentalmente. 4. Sminuire gli aspetti positivi. 5. Leggere nel pensiero. Predire la sorte. 6. Ingigantire, drammatizzare, minimizzare/negare. 7. Ragionare irrazionalmente/Pensare che qualcosa accada
magicamente. 8. Pensare al condizionale. 9. Mettere tutto sul piano personale. 10. Incolpare ed etichettare. 1. Pensare in bianco e nero: «O tutto o niente»
Ragionare in bianco e nero porta a estremizzare tutto e a pensare che le cose possono essere solo giuste o sbagliate e si può essere solo «a favore» o «contro». Insomma: «Chi non è con me, è contro di me». Le persone che commettono l’errore di pensiero del «O tutto o niente» cadono nella trappola della convinzione per cui tutto può essere categorizzato semplicemente in «buono» o «cattivo». Non ci sono vie di mezzo o zone grigie. Questo modo di pensare può essere molto efficace per i leader politici, i capitani d’industria e simili, ma può rivelarsi pericoloso in quanto non lascia spazio a sfumature nella contrapposizione tra bianco e nero.
Un esempio La trentottenne Bernadette gestisce un negozietto di fiori con un’ex compagna di scuola, Daisy, di 37 anni. Bernadette è molto esigente e pretende di controllare tutto. Fa le ordinazioni, tiene la contabilità e sbriga le pratiche burocratiche, mentre Daisy si occupa delle composizioni floreali, dell’allestimento delle vetrine ed è più brava a trattare con i clienti. Un giorno Bernadette si assenta per malattia (fatto molto
Individuare e neutralizzare gli «errori di pensiero»
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raro) e Daisy, che deve gestire il negozio da sola, ordina alcune gerbere rosse in più perché vanno per la maggiore e sono in offerta speciale al mercato dei fiori. Di solito Daisy si consulta con Bernadette, ma questa volta, essendo l’amica malata, preferisce non disturbarla. Tuttavia, sotto sotto, Daisy è un po’ impensierita per la reazione di Bernadette, ma sa anche di avere molto fiuto per gli affari. Quando rientra al lavoro il giorno successivo, Bernadette è furente per l’ordinazione supplementare e per l’iniziativa, anche se le gerbere sono andate a ruba. Invece di considerare la collega e amica come un valido aiuto, vede in lei una sfida alla sua autorità e si rifiuta di riconoscere che ha concluso un buon affare e ha dimostrato ottimo spirito di iniziativa. Teme che il suo ruolo di manager sia minacciato e ha paura di perdere il controllo su tutto. Bernadette non si degna nemmeno di ringraziare Daisy per aver mandato avanti la baracca, anzi trova da ridire sull’ordinazione e fa sentire l’amica in colpa come se avesse fatto qualcosa di «sbagliato» (il che è del tutto erroneo). Il messaggio che Daisy riceve è che deve stare al suo posto e non prendere iniziative e questo la mette di malumore e le fa provare risentimento. Tale reazione conferma ulteriormente la visione di Bernadette, che vede tutto in bianco e nero e stronca sul nascere qualsiasi velleità creativa da parte del personale. Sul lungo termine, questo atteggiamento si rivelerà dannoso e costoso, soprattutto perché Daisy se ne andrà per mettersi in proprio.
Il problema di questo modo di pensare così polarizzato è che non lascia alcun margine alle sottigliezze e alle sfumature, è molto rigido, inflessibile e inesorabile. La vita, invece, è molto più complicata e non si può affrontare con questo tipo di atteggiamento. Di conseguenza, coloro che pensano e si comportano come se fosse tutto o bianco o nero fanno molto fatica ad affrontare la complessità della vita. Per esempio, se voleste decidere quali bambini di una classe siano «buoni» e quali «cattivi» e li metteste in fila in cortile in base all’etichetta di ciascuno, probabilmente non riuscireste a trovare il punto di discriminazione fra le due categorie. Ogni bambino ha
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in sé qualcosa di buono e di meno buono, in proporzione diversa, il che comporta un notevole livello di ambiguità. Chi pensa in bianco e nero di solito fa una fatica tremenda a gestire l’ambiguità. Questo modo di ragionare così preciso può apparire «forte» e fondato su solidi principi, ma può anche alimentare visioni del mondo radicali e/o reazionarie. Le guerre e le faide familiari scaturiscono da visioni rigide in bianco e nero che non ammettono prigionieri (letteralmente). Se riconoscere le zone grigie è considerato da deboli, allora non resta altra soluzione che schierarsi o da una parte o dall’altra (anche i divorzi e le partnership commerciali controverse possono essere così). Il pericolo è non essere in grado di cogliere opportunità alternative valide o adottare soluzioni intermedie perché si è troppo impegnati a categorizzare tutto.
Verificate il cambiamento Imparate a pensare anche in grigio
• Evitate
gli estremismi nel vostro modo di pensare e di parlare e usate di più il condizionale.
• Provate a mettervi nei panni di chi ha un punto di vista opposto al
vostro e chiedetevi se tra le vostre prospettive ci siano eventuali analogie e quali siano le differenze.
• Provate a dirvi che una determinata cosa è complicata e prendete nota mentalmente, o su carta, delle vie di mezzo.
• La prossima volta che vi ritrovate a difendere un’opinione «giusta»,
contate fino a dieci e poi provate a chiedervi se ci siano altri punti di vista da prendere in considerazione.
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Illuminazione Trovate la via di mezzo Può capitare di essere aggrappati alla propria visione in bianco e nero per questioni di «principio» o per dimostrare che si ha «carattere». Tenete presente che non esistono soltanto due modi di vedere le cose e che può essere estremamente dannoso a livello psicologico optare per il «o tutto o niente». Invece di estremizzare, considerate le varie prospettive come un flusso senza soluzione di continuità, esaminate le vostre opinioni e sforzatevi di mediare. All’inizio vi sembrerà strano, ma vale la pena provarci se volete cambiare.
Nero zone grigie bianco
2. Generalizzare troppo: «Come al solito, mi va sempre tutto storto»
Chi generalizza troppo prende un singolo fatto e ne fa una regola che rovina completamente la vita. Perdete a una partita di tennis e vi dite che siete uno strazio in tutti gli sport e quindi rinunciate. Un amico si dimentica di telefonarvi come aveva promesso e voi concludete che vi detesta. Generalizzare eccessivamente significa, alla lettera, che ogni minima cosa conduce a conclusioni tutto compreso. È la mentalità del «fare di ogni erba un fascio». Generalizzando troppo, si ha la sensazione di poter prevedere con precisione quanto ci accadrà, sulla base di quanto ci è già accaduto. C’è chi lo fa per avere un (falso) senso di sicurezza e non ritrovarsi con brutte sorprese. Per esempio, se non siete stati invitati dai colleghi a bere l’aperitivo dopo l’orario d’ufficio, magari per difendervi vi dite: «Lo sapevo, sono la persona meno simpati-
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ca dell’ufficio, non farò mai nuove amicizie e non combinerò mai nulla». Se siete convinti di questa affermazione, inevitabilmente agirete, penserete e vi comporterete in modo tale da far avverare questa catastrofica conclusione. Sarete sgarbati con gli altri, allontanerete le persone, sarete immusoniti e quindi non sarete invitati all’aperitivo neanche la volta successiva. Le generalizzazioni eccessive sono all’origine delle «profezie che si autoavverano», le quali a loro volta denotano la necessità di far fronte, in qualche modo, a risultati spiacevoli. Autoconvincendovi che non siete simpatici a nessuno, vi autorizzate a fare a meno di provare a essere socievoli e così non sarete più invitati. Poi penserete: «Lo sapevo», e questo diventerà un circolo vizioso. I pensieri negativi di Ih-Oh sono fonte di eventi negativi ripetuti.
Un esempio Ogni mese, la venticinquenne Doreen trovava nella casella delle lettere un invito da parte di ex compagni dell’università per ritrovarsi a bere qualcosa in un bar del centro, ma lei lo cestinava sempre pensando: «In realtà non mi vogliono, mi compatiscono e basta, non sono mai stata simpatica». Così, Doreen ignorava deliberatamente l’invito pensando di non essere inclusa. È vero che dentro di sé nutriva qualche dubbio, ma lo stroncava sul nascere. Poi un sabato si imbatté in una delle sue ex compagne di studi, Cleo, con la quale scambiò due chiacchiere. Al momento di congedarsi, l’amica le disse: «A proposito, perché non vieni mai all’aperitivo? Cosa fai, ci snobbi?» Doreen fu colta completamente di sorpresa e rispose: «Veramente è il contrario, siete voi che non mi volete». A quel punto, Cleo esclamò: «Ma cosa ti viene in mente? Perché ti inviteremmo se non gradissimo la tua compagnia? Tanti altri non sono stati neanche invitati». Doreen ammutolì: non ci aveva mai pensato perché era troppo convinta di sapere che cosa pensavano gli altri di lei. Alla fine dovette riconoscere di essersi sbagliata e il mese successivo andò alla riunione, ma con una certa agitazione. Poi si rese conto, con riluttanza, che la radice concreta del problema era la propria insicurezza e non una presunta antipatia nei suoi confronti da parte degli ex compagni.
Individuare e neutralizzare gli «errori di pensiero»
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Verificate il cambiamento
Generalizzate troppo?
• Vi è mai capitato di generalizzare eccessivamente sulla base di indizi
minimi? In tal caso, provate ad allargare i vostri orizzonti e a esaminare ciò che pensate di una situazione prima di trarre conclusioni.
• Pensate mai di essere capaci di leggere nella mente degli altri? In tal
caso, prendete in considerazione l’idea che potreste sbagliarvi completamente e che potrebbero esistere retroscena di cui non siete assolutamente al corrente. Perciò, sgombrate la mente.
«Un uomo può fare solo quello che sa fare. Ma se lo farà ogni giorno egli andrà a dormire la notte e lo rifarà immancabilmente il giorno dopo..» Albert Schweitzer
3. Filtrare mentalmente: «Te l’avevo detto, sapevo che sarebbe andata così»
Noi «filtriamo» quando estirpiamo letteralmente tutto ciò che non combacia con la nostra visione negativa. Di tanto in tanto lo facciamo tutti, ma è un «errore di pensiero» particolarmente distruttivo. È come se la nostra mente fosse un colapasta gigantesco che lascia passare solo alcune delle cose che vi versiamo. Se filtrate i vostri pensieri in questo modo, non fate altro che rafforzare le vostre cognizioni negative, in quanto scegliete solo gli aspetti pessimistici che rientrano nella vostra visione del mondo e scartate qualunque altra prospettiva.
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Un esempio Thomas, un ragioniere in pensione vicino alla settantina, è convinto di essere antipatico a tutti. Da quando è morta la moglie, si è chiuso in sé stesso, rintanandosi letteralmente in casa e rifiutando qualunque invito a cena o per il weekend. Inoltre, tiene in funzione la segreteria telefonica giorno e notte. Gradualmente, la gente ha cominciato a pensare che vuole essere lasciato in pace a coltivare il suo orticello. Nel frattempo Thomas, dentro di sé, si sente solo e ha paura della vecchiaia. Il suo unico figlio, Greg, organizza una festa di compleanno alla quale partecipano solo poche persone perché molti hanno paura di non essere bene accetti. Dopo la festa, che è stata un successone, Thomas si rivolge al figlio (che si era dato molto da fare per organizzarla) e gli dice: «Visto? Te l’avevo detto che non sarebbe venuto nessuno». A livello di rapporti tra padre e figlio, il danno è grave perché Greg si sente enormemente sottovalutato. Thomas, inoltre, si è messo da solo in condizioni di non essere felice, per cui non è in grado di apprezzare il gesto di chi ha fatto lo sforzo di partecipare alla sua festa e prende nota solo degli assenti. In pratica, filtra gli aspetti positivi, confermando il suo senso di solitudine e di carenza d’affetto. Le convinzioni di fondo di Thomas («Sono inutile e antipatico») sono convalidate dal fatto di notare unicamente le persone che non hanno compiuto lo sforzo di andare alla festa e non quelle che invece si sono presentate. Se solo si degnasse di apprezzare quelli che sono arrivati da lontano, quelli che si sono messi in ghingheri, quelli che hanno dovuto chiamare la babysitter e quelli che gli hanno fatto un regalo, forse si renderebbe conto che, dopo tutto, c’è qualcuno che gli vuole bene e lo stima. La questione è capire se il «filtraggio», al quale è tenacemente aggrappato, gli consentirà mai di formulare pensieri positivi.
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Verificate il cambiamento
Filtrate i pensieri?
• Vi siete mai accorti che «filtrate» gli aspetti positivi allo scopo di con-
centrarvi solo su quelli negativi? In questo caso, sforzatevi di considerare un maggior numero di aspetti positivi allo scopo di ristabilire un equilibrio.
• Vi capita mai di fissarvi su una o due cose al fine di distogliere lo sguardo dal quadro generale? Se è così, cercate di allargare gli orizzonti, guardate più in là anche se vi mette a disagio e, quando lo fate, complimentatevi con voi stessi.
• Provate a capire in quali situazioni reagite in questo modo. Indivi-
duate i vostri schemi mentali: per esempio, lo fate quando gli altri pensano bene di voi e si congratulano per i risultati che ottenete?
4. Sminuire gli aspetti positivi: «Sì, ma in realtà non era niente di speciale»
Questo modo di pensare è piuttosto difficile da individuare, ma ha un effetto devastante, tipo «goccia cinese» che corrode la sicurezza in sé stessi e l’autostima. Non riconoscere mai i meriti dei propri successi, può essere molto frustrante per chi ci circonda. Questo «errore di pensiero» sposta il baricentro sugli altri, quasi come per «difendersi» dall’ottimismo e dalle attenzioni altrui. Tra l’altro, applicare questo errore anche agli altri e ai loro sforzi può diventare un comportamento molto irritante che ci fa considerare ipercritici e allergici alle gioie della vita.
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Illuminazione Sminuite mai gli aspetti positivi? Riflettete su un’occasione in cui, sul lavoro, avete ottenuto un risultato, raggiunto un obiettivo, scritto una relazione, gestito una riunione difficile. Quando il vostro capo e i colleghi hanno provato a farvi le congratulazioni, voi li avete respinti dicendo di non aver fatto niente di speciale. Se tale commento era anche a nome del vostro gruppo di lavoro, è facile che i colleghi si siano risentiti. Sminuendo gli aspetti positivi, minimizzate i vostri successi e li svalutate. Questo significa che sminuite anche i successi altrui, perché minimizzate tutto. E, se lo fate con i figli, potete concretamente nuocere alla loro sicurezza, autostima e fiducia. Jarvis, 35 anni, si considera un bravo ragazzo. La madre voleva imbiancare casa e così lui aveva convinto la sua ragazza, Denise, ad aiutarlo durante un ponte festivo. Era stato un weekend di duro lavoro, con momenti divertenti, ma anche qualche frustrazione. Poi la madre di Jarvis li aveva invitati entrambi fuori a cena per ringraziarli, cosa che a Denise avrebbe fatto piacere. Il ragazzo invece aveva risposto a sua madre che non avevano fatto nulla di speciale e le aveva detto di non spendere soldi inutilmente. Jarvis era stato molto delicato nei suoi confronti, ma Denise si era risentita. Dopo tutto aveva rinunciato a un intero weekend e ora aveva la sensazione che per Jarvis fosse una cosa scontata. In effetti, sarebbe uscita volentieri a cena dopo tutto il lavoro che aveva fatto.
5. Leggere nel pensiero/Predire la sorte: «So benissimo che non mi apprezzano»
«Leggere nel pensiero», o per meglio dire «balzare a conclusioni», è un errore che di tanto in tanto commettiamo tutti e che può rivelarsi altamente distruttivo se sbagliamo sempre. È, fondamentalmente, un comportamento difensivo il cui scopo è proteggerci dagli attacchi. Il problema è che può rivelarsi del tutto fuori luogo, o addirittura «paranoico». Se non chiediamo alle persone cosa pensano veramente (ammesso che poi crediamo alle loro parole), finiamo per fare supposizioni d’ogni genere sul vero significato
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dei loro comportamenti, parole e azioni. Perdiamo un mucchio di tempo a cercare di indovinare quello che passa per la testa agli altri, invece di confrontarci con la realtà. Questo «errore di pensiero» è nemico acerrimo della ragione, in quanto induce a formulare ipotesi irrealistiche sugli altri, sul mondo, su tutto e su tutti, al solo scopo di corroborare un punto di vista negativo.
Illuminazione Allarme rosso sulla «telepatia» femminile Le donne sono particolarmente inclini a leggere nel pensiero, ma bisogna dire che lo fanno anche alcuni uomini. In una cerchia di amiche, a casa o al lavoro, si possono fare supposizioni d’ogni genere sul significato di un gesto o di uno sguardo. Le donne cercano costantemente di immaginare cosa pensa di loro la gente o come le considera sulla base di «indizi». Questo vizio può essere disastroso se non si è in grado di tenerlo a bada, quindi è essenziale confrontarsi regolarmente con la realtà. Chiedete alle vostre amiche e colleghe cosa pensano veramente e ascoltate attentamente le loro risposte.
Verificate il cambiamento
• Se
avete la tendenza a leggere nel pensiero, provate a verificare le vostre supposizioni chiedendo a un’amica o a una collega cosa pensa veramente della vostra acconciatura, di una festa che avete organizzato o di una relazione che avete scritto. Poi ringraziate per la sincerità e accettate la sua risposta per quello che è, evitando di cercare significati reconditi dietro alle sue parole.
• Sforzatevi di dominare l’impulso di «tirare a indovinare» limitandovi
a osservare il momento presente. Se venite a conoscenza di ciò che qualcuno pensa del vostro abito nuovo o della vostra domanda di lavoro, non date libero corso a congetture su ciò che potrebbe significare in futuro. Correte il rischio di sbagliarvi proiettando idee vostre invece di verificare i fatti.
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6. Ingigantire, drammatizzare, minimizzare/negare: «È la fine del mondo»
Ingigantire, o addirittura drammatizzare, non significa semplicemente fare del proverbiale fuscello una trave, ma attribuire a qualsiasi evento un significato catastrofico e distruttivo, per cui diventa tutto terribile, spaventoso, disastroso, senza mezzi termini. Il guaio, quando si vede tutto il più nero possibile, è che non si è più in grado di valutare la reale gravità di qualsiasi episodio o incidente. Drammatizzando si alimenta una sensazione esagerata di sconforto e di disperazione, che rende costantemente impauriti. Ci si sente sempre tesi e ansiosi, pronti a darsela a gambe o a vendere cara la pelle, come se qualsiasi avvenimento debba per forza di cose essere disastroso o addirittura «la fine del mondo». Questo errore di pensiero impedisce di giudicare obiettivamente e di valutare la reale difficoltà o pericolosità di qualsiasi situazione. Se ogni volta che succede qualcosa reagite come se vi fosse crollato il mondo addosso, finite per esaurirvi e per esaurire anche la pazienza altrui. È la sindrome del falso allarme, del gridare «Al lupo!» inutilmente, che alla fine rende gli altri insensibili ai vostri appelli. Inoltre, se ogni volta le cose vanno nel peggior modo possibile, che cosa fareste se vi capitasse un autentico disastro? Per contro, i «minimizzatori» negano che le cose vanno male e fingono di essere indifferenti a tutto. Questo significa che, in caso di emergenza, difficilmente reagiscono, perché ormai hanno preso il vizio di soffocare le loro reazioni emotive. Questo comportamento difensivo può rivelarsi alquanto pericoloso di per sé, perché non consente di reagire adeguatamente quando qualcosa va storto. L’errore di pensiero della negazione conduce alla procrastinazione e all’incapacità di gestire le difficoltà della vita. Vivienne si era svegliata tardi, era rimasta imbottigliata nel traffico ed era già in ritardo di mezz’ora al lavoro. In preda al panico, pensava: «Oh, no! Sono in ritardo alla riunione, il mio capo mi licenzierà e perderò il lavoro. Allora, mi porteranno via la casa perché non riuscirò più a pagare il mutuo e non troverò mai più un altro impiego. Sarò sbattuta per strada, non saprò dove andare e il
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mio fidanzato mi lascerà. Non avrò mai dei figli, non sarò mai felice, i miei genitori mi diserederanno e la mia vita sarà finita. Non ho speranze, tanto vale che vada a sbattere con l’auto contro a un muro! Ma come ho potuto fare una cosa del genere? Sarei dovuta uscire prima, non avrei dovuto prendere la solita scorciatoia, mi sarei dovuta alzare mezz’ora prima, non avrei dovuto guardare la TV fino a tardi ieri sera e non avrei dovuto bere tutto quel vino. Mi sono rovinata con le mie stesse mani...» Come avrete notato, drammatizzare ha un effetto a valanga, che fa aumentare a dismisura il senso di panico. È come una palla di neve che rotola e si ingigantisce man mano trascinando con sé tutto ciò che incontra sul suo percorso. D’altro canto, la reazione di chi minimizza se resta imbottigliato nel traffico potrebbe essere: «Pazienza, prima o poi arriverò!» Così, non telefonerebbe a chi di dovere per avvisare del ritardo e non affronterebbe la situazione con diplomazia, attirandosi dei rimproveri, o addirittura perdendo il lavoro o un’amicizia.
Verificate il cambiamento Drammatizzate o minimizzate?
• Riflettete su un episodio in cui qualcosa è andato storto: siete stati in grado di ragionare oppure vi siete fatti prendere dal panico? Prendete le distanze dall’episodio e pensate a come potreste reagire a una situazione analoga in futuro.
• Se minimizzate quando qualcosa va storto, sareste in grado di reagire in maniera più adeguata in futuro? Che cosa potete fare per cercare di vedere le difficoltà per quello che sono?
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7. Ragionare irrazionalmente/Pensare che qualcosa accada magicamente: «Sono responsabile di tutto ciò che accade», oppure: «Un motivo c’è sempre»
Questo è «un errore di pensiero» molto comune, che prima o poi commettono tutti. Se avete dei figli, o lavorate con i bambini, vi sarete accorti che loro lo fanno sempre. È un’ottica piuttosto narcisistica, per cui si è convinti di aver causato un avvenimento semplicemente pensandolo. Esempi di «ragionamenti irrazionali»
• Ben si sente in colpa
quindi dà per scontato che deve aver fatto qualcosa. quindi pensa che oggi diluvierà. • Prathi è arrabbiata quindi è assolutamente • Delia è in preda al panico convinta che sta per succedere qualcosa di terribile. quindi è sicuro di sembrare una • Jim si sente grasso botte. Questo tipo di «errore di pensiero» è basato sulla convinzione che esista sempre un nesso causale. Tuttavia, il nesso può benissimo essere illogico o frutto di superstizione e non aver alcun senso se esaminato con maggior attenzione. È facile pensare in questo modo, soprattutto se ci si è autoconvinti che nella vita ci sia sempre una relazione di causa-effetto tra i propri pensieri e il loro effetto apparente. Può darsi che siate cresciuti in una famiglia dove tutti la pensavano così, o che abbiate preso l’abitudine di collegare sempre questi due elementi: i vostri pensieri («Mi sento solo») e quella che credete sia la vostra realtà («Sono completamente solo»). In tal caso, vi sentite emarginati anche in mezzo a una festa, durante la quale potreste benissimo chiacchierare con qualcuno, unicamente perché vi siete autoconvinti di essere «completamente soli».
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Un esempio Jill riceve un estratto conto della carta di credito piuttosto oneroso, guarda fuori dalla finestra e vede che sta cominciando a diluviare. A quel punto pensa: «Visto? È proprio una giornata nera e siccome non c’è due senza tre, tra poco mi capiterà qualcos’altro». Proprio mentre sta per uscire di casa, rovescia una tazza di caffè e si macchia il vestito. «Lo sapevo che non era la giornata giusta», si convince Jill che ha collegato i tre eventi: il conto della carta di credito, la pioggia e il vestito macchiato. Ma sono veramente collegati? Non è invece possibile che la sua preoccupazione per il conto e per le spese che ha sostenuto di recente l’abbiano messa in ansia e incline a «vedere tutto nero»? Più cerca collegamenti tra le cose e più ne trova. È un’altra profezia che si autoavvera ed è un’abitudine molto diffusa.
Verificate il cambiamento Fate attenzione ai ragionamenti irrazionali
• Fate mai collegamenti tra cose, anche del tutto irrazionali (toccando
ferro per esempio)? Che effetto vi farebbe rinunciare a tali collegamenti?
• Avete notato che spesso le situazioni non si evolvono secondo le
vostre previsioni? Provate a farvi caso in futuro e ad accettare che certi eventi capitano per motivi diversi, anche casuali.
• Chiedetevi se qualcun altro reagirebbe nello stesso modo a parità di situazione.
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Illuminazione Imparate a essere più razionali
• Vi è mai capitato di avere una determinata sensazione e poi scoprire che era del tutto errata (per esempio, sentirvi in colpa e poi scoprire che in realtà non avevate nulla da rimproverarvi)?
• Che cosa potreste fare per smetterla di farvi governare e condizionare da ragionamenti irrazionali?
• Se siete sicuri che la vostra interpretazione è quella giusta, riuscireste a prendere le distanze, mentalmente, e a immaginare altre tre possibili spiegazioni? Se ci riuscite, siete sulla buona strada per correggere questo tipo di errore di pensiero.
8. Pensare al condizionale: «Dovrei essere più gentile con le persone, altrimenti...»
Questo errore di pensiero è estremamente rigido e ossessivo, pieno di «dovrei», «potrei», «sarebbe meglio se» e via discorrendo. Ecco alcuni esempi tipici.
• «Dovrei essere sempre puntuale, così mi apprezzerebbero.» • «Sarebbe meglio se fossi più ricco, così lei mi amerebbe di più.» • «Potrei essere un figlio e un padre migliore.»
Questi PNA basati sul condizionale rivelano convinzioni di fondo tipiche di chi si sente inutile e antipatico. I pensieri al condizionale sono punitivi, distruttivi e a volte molto difficili da combattere (ma non impossibili) per entrare in un’ottica più positiva. Spesso le affermazioni al condizionale comportano processi mentali rigidi e negativi. Talvolta, le persone che soffrono di disturbi ossessivo-compulsivi (DOC) sono convinte di dover fare certe cose o compiere de-
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terminati riti per evitare che capiti loro qualcosa di terribile e questo induce a pensare al condizionale. Ho avuto in cura una signora che doveva controllare tre volte di avere le chiavi di casa nella borsetta prima di uscire e poi, dopo essere uscita, doveva tornare indietro altre tre volte a controllare che la porta fosse chiusa bene. Essere così ossessionati a molti può sembrare assurdo, ma per la mia paziente era assolutamente normale perché non era sicura, neppure dopo aver controllato di avere le chiavi e di aver chiuso la porta, che quest’ultima fosse chiusa bene. Al momento del controllo, il suo livello di ansia era così elevato e lei era talmente angosciata che dopo non si ricordava più di averlo fatto e quindi doveva ricontrollare. Questo è un esempio estremo e non tutti soffrono di DOC, ma a chiunque può capitare di agire in maniera analoga. Si può essere condizionati da paure, incertezze, ansia o confusione mentale e compiere gesti irrazionali che poi sono causa di tensioni enormi.
Illuminazione Fate caso alla trappola del condizionale Prendete nota delle volte in cui vi mettete in trappola da soli con i vostri «dovrei», «potrei» e «sarebbe meglio se». Provate a evitare questi condizionali o pensate a quando li usate. I «dovrei» possono diventare una camicia di forza psicologica che fa sembrare inapplicabili o non auspicabili altre soluzioni ai vostri problemi. Dovete fare lo sforzo di uscire dalla rigidità dei «dovrei» e cercare altre risposte o far emergere altri punti di vista relativi a determinate situazioni. L’origine di questi condizionali è da ricercare nei sensi di colpa o addirittura nella rabbia, ma agire sulla base di queste emozioni non è costruttivo.
9. Mettere tutto sul piano personale: «Non sarò mai capace di...»
È molto facile mettere tutto sul piano personale in senso negativo, ma questo errore di pensiero può alimentare la convinzione che tutto quello che ci succede dipende da noi, ma in maniera distrutti-
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va. «Lei se la prende sempre con me, ma è solo colpa mia», oppure: «Non mi invitano mai a ballare, si vede che non piaccio», o ancora: «Mi sento terribilmente osservata ogni volta che entro in un posto». Questi tipi di pensieri sono tutti concentrati sull’io, ogni situazione ha un risvolto personale. Allora ponetevi delle domande.
• Con chi altri se la prende? Solo con me? • Sono l’unica che nessuno invita a ballare? • Mi fissano veramente quando entro in un posto? Verificate il cambiamento
Mettete tutto sul piano personale? Fatevi venire in mente un’occasione in cui vi è capitato qualcosa che per voi ha avuto un risvolto molto personale: un episodio sul lavoro, con un amico, con il vostro partner, con un familiare. Vi siete sentiti presi di mira personalmente? Oppure ritenete possibile che la persona che vi ha dato quella sensazione magari tratta anche gli altri nello stesso modo? Provate a valutare la situazione da un punto di vista più freddo e razionale ed evitate di sentirvi sempre presi di mira, se potete.
10. Incolpare ed etichettare
Incolpare gli altri è l’espediente classico per evitare di assumersi le proprie responsabilità, ma è un atteggiamento negativo e distruttivo che imprigiona letteralmente negli schemi e nelle abitudini che governano e rovinano la vita. Dare sempre la colpa agli altri significa impedire a sé stessi di crescere. Non si matura se non ci si assume le proprie responsabilità. Questo errore di pensiero è difensivo all’estremo e può allontanare le persone. Pensieri del tipo «Non è colpa mia», o «Come hanno potuto farmi una cosa simile?» possono far sentire del tutto impotenti.
Individuare e neutralizzare gli «errori di pensiero»
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L’opposto è sentirsi eccessivamente responsabili. Questo capita soprattutto alle persone affette da DOC, le quali tendono a sentirsi enormemente in colpa e responsabili per qualsiasi cosa. Questa sensazione può portare a un perfezionismo estremo (ovviamente irraggiungibile) e poi all’autopunizione per il mancato raggiungimento della perfezione. «Etichettare» significa vedere le cose in termini piuttosto semplicistici, un po’ come pensare in bianco e nero: le persone sono «buone» o «cattive», «svogliate» o «capaci». Una volta attribuita l’etichetta diventa difficile cambiare idea («Se non sono brillante, allora sono veramente odioso»; «Se non sono un dipendete perfetto, allora sono del tutto inutile»). Se vi autoetichettate come «inutili» o «odiosi», correte il rischio di restare imprigionati in quella definizione e di non riuscire a vedere oltre.
Un esempio Miriam, 45 anni, ha il vizio di incolpare sempre il marito. Così, nel corso di quindici anni di matrimonio, la coppia ha assunto un modello comportamentale per cui, ogni volta che qualcosa va storto, Miriam se la prende con Jeremy (50 anni), il quale poi cerca sempre di rimediare. Solo di recente, Jeremy ha cominciato a ribellarsi perché le pretese di Miriam stavano diventando sempre più irragionevoli. Lui aveva prenotato una vacanza in Grecia, ma quando erano arrivati lì avevano scoperto che la camera era in una villa affacciata su un cantiere. Miriam aveva reagito con i soliti rimproveri, critiche e addirittura insulti, dicendogli: «Ma come si fa a essere così stupidi da prenotare una villa che dà su un muro?» Jeremy aveva fatto di tutto per accontentare Miriam (dopo una marea di improperi), anche se non aveva certo prenotato deliberatamente una camera di fronte a un muro. Era irritato quanto lei, solo che le esigenze della moglie avevano come sempre la precedenza. Inoltre, Miriam dava sfogo alla sua delusione umiliando e svilendo il marito. Jeremy, solitamente paziente, si era messo a urlare che non ne poteva più degli insulti di sua moglie e che se ne sarebbe andato. Così era uscito come una furia dalla villa e aveva girovagato per chilometri. Al }
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suo ritorno, a notte fonda, aveva trovato Miriam, per una volta, taciturna: «Credevo che te ne fossi andato lasciandomi qui», gli aveva detto sommessamente in lacrime. Anche se Miriam faceva fatica a chiedere scusa come si deve, quella volta era finalmente riuscita a riconoscere, seppure a malincuore, che aveva esagerato. «Sono stufo di essere incolpato di tutto», le aveva detto Jeremy alla fine. «Non ne posso più. La prossima vacanza la prenoti tu.» Miriam aveva dovuto ammettere con riluttanza che Jeremy non aveva tutti i torti, che lei non si assumeva mai alcuna responsabilità perché era più comodo incolpare sempre lui. Tuttavia, si sentiva intimorita all’idea di trattare con le agenzie di viaggi o di prenotare da sola una vacanza su Internet. Alla fine, aveva dovuto promettergli che si sarebbe sforzata di non criticarlo più e Jeremy aveva accettato di rimanere fino al termine della vacanza. Poi erano andati insieme dal proprietario della villa e si erano fatti assegnare un’altra sistemazione.
La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli. 4. Individuate ed eliminate gli errori di pensiero.
Compito Tenete il diario dei pensieri per una o due settimane, poi individuate i PNA che ricorrono di continuo. Seguono uno schema? Riconoscete «errori di pensiero» che emergono ripetutamente? Se è così, provate a fare un quadro delle vostre preoccupazioni o del vostro modo di pensare. Compilate un secondo elenco con il numero di volte in cui cadete in quegli «errori di pensiero» nel corso di una giornata. Solo quando avrete capito il modo in cui pensate potrete cominciare a fare qualcosa per cambiare.
5. Mettersi in discussione per migliorare
«Il motivo per cui non l’ha mai sentito nominare, signor Scott, è perché non l’ha ancora scoperto.» Spock, Star Trek
Avete mai visto un episodio della serie originale di Star Trek? Se sì, saprete sicuramente che il suo protagonista è l’«ufficiale scientifico» dalle orecchie appuntite, per metà umano e per metà vulcaniano, di nome Spock, che presta servizio agli ordini del capitano Kirk. Spock è famoso per il suo sangue freddo, per la sua lucidità e obiettività nei momenti di crisi, nonostante il suo lato umano e quindi vulnerabile, e per la sua capacità di analizzare i problemi a velocità astronomica, annunciando: «È logico, capitano». La TCC vi chiede di immedesimarvi in una sorta di Spock al fine di analizzare i vostri problemi e di esaminare voi stessi con occhi nuovi, cercando di mettere a fuoco le vostre difficoltà da un punto di vista più distaccato. Un aspetto importante della TCC è l’elaborazione di esperimenti che possano aiutarvi ad andare avanti. Questo processo potrebbe sembravi (letteralmente) «alieno» rispetto al vostro solito modo di agire, o magari pensate di non aver tempo per gli esperimenti nella vostra impegnatissima vita quotidiana. Tuttavia, se volete veramente cambiare, forse potreste fare un tentativo e provare a seguire i suggerimenti di questo libro. Il sistema migliore per riuscirci da soli è suddividendo le varie questioni in brevi segmenti da affrontare uno per volta: è esattamente così che funziona la TCC.
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«Conoscere sé stessi è all'origine di ogni saggezza.» Aristotele
Confronto con la realtà Classificazione delle reazioni Breve riepilogo degli elementi essenziali della TCC illustrati nei capitoli precedenti. 1. Abbiamo identificato:
• pensieri negativi automatici; • presupposti non funzionali 2. che rivelano le nostre
• convinzioni di fondo e che 3. il loro accumulo può condurre allo sviluppo di meccanismi psicologici a lungo termine, ovvero a:
• errori di pensiero. Se questi concetti non vi sono ancora chiari, ritornate ai capitoli precedenti e ripassate gli eventuali compiti che avete svolto finora. Questo vi permetterà di tenere a mente tali idee mentre procediamo con questo capitolo.
Pensieri ossessivi e scatenanti Per affrontare i problemi con una freddezza degna di Spock, dovete cominciare a individuare i pensieri ossessivi o scatenanti che
Mettersi in discussione per migliorare
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sono all’origine delle vostre emozioni, umori o comportamenti. Questi pensieri sono le «scintille» che accendono i pensieri e i comportamenti negativi, prima ancora che abbiate avuto il tempo di notarli o di riflettere con consapevolezza sulla situazione. Penserete che è difficile cogliere i pensieri prima ancora di esserne coscienti, ma con il tempo dovreste riuscire a conoscervi a sufficienza da sapere cosa evitare e cosa rifiutare. Quando avrete imparato a rendervi conto delle reazioni che tali pensieri scatenano in voi, avrete un controllo molto più saldo della vostra vita, in quanto vi sforzerete di prendere coscienza e di vedere aspetti che solitamente sono inconsapevoli e nascosti. Le vostre reazioni non deliberate richiamano le reazioni di «fuga o lotta per la sopravvivenza» che tutti proviamo grazie al sistema nervoso autonomo e che servono a proteggerci. Le «scintille» sono cose che capitano ripetutamente e costituiscono il nostro «tallone d’Achille», quindi è importante prendere nota, con estrema precisione, di ciò che scatena le nostre reazioni. In base al concetto investigativo della TCC, dovete continuare a compilare il diario dei pensieri per potervi rendere conto di quello che avete provato in svariate situazioni della vostra vita quotidiana. Così potrete cominciare a farvi un quadro dei vostri elementi scatenanti e formulare uno schema per cambiare. Mary, per esempio, mi aveva parlato del suo rapporto difficile con il padre, con cui litigava da sempre, pur essendo lei sulla quarantina e il padre sulla settantina. Dopo aver compilato il diario dei pensieri per sei mesi, aveva notato che quando andava a trovarlo le si chiudeva lo stomaco e si sentiva tesa e suscettibile. «Divento terribilmente irritabile», mi aveva spiegato, «quasi come se non vedessi l’ora di litigare. Mi viene l’emicrania e divento fastidiosa, pur rendendomi conto che sono di cattivo umore perché so già che mio padre mi provocherà.» Mary però faceva di tutto per non lasciarsi provocare, anche se i loro rapporti erano pessimi da anni. Adesso Mary ha deciso che vuole migliorare, anche se è chiaro che il padre non vuole o non può cambiare. Di conseguenza, si rende conto che l’unica cosa che può cambiare è la sua reazione nei confronti del padre. «Prima di vederlo, la tensione costituisce
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il 90% delle mie emozioni», spiega, «ma in seguito l’ansia cala al 50%, quindi capisco che vederlo è meglio che far finta che non esista.» Nota, inoltre, che ha imparato a lasciar correre un mucchio di cose che precedentemente la irritavano, semplicemente perché ne ha preso coscienza. «Lui mi ripete sempre che dovrei avere dei figli o sposarmi», dice Mary, «ma ora io lo ignoro, non reagisco e lui la smette, così non litighiamo più sulla mia vita da single.» Individuare da soli i propri pensieri scatenanti può rivelarsi difficile, ma è fondamentale prenderne coscienza per poter capire cosa bisogna cambiare. Forse scoprirete che i vostri pensieri ossessivi ruotano intorno a determinate situazioni. Se, per esempio, vi sentite a disagio in mezzo alla gente, i pensieri ossessivi possono essere scatenati dall’idea di andare a una festa, entrare da soli in un luogo affollato, parlare in pubblico, presentare una relazione al lavoro, o semplicemente salutare uno sconosciuto. Una volta riconosciute le vostre «scintille», dovete assemblarle perché potrebbero aiutarvi a individuare il «leimotiv» della vostra struttura psicologica e a capire meglio le vostre difficoltà. Alcuni esempi di «scintille» di persone diverse, tratte dalla vita quotidiana
• Siete fermi in auto a un semaforo, un lavavetri si avvicina
e comincia a insaponarvi il parabrezza: voi provate un accesso di collera improvviso e l’impulso di accelerare o addirittura investirlo. • Siete in stazione e arriva il treno: di colpo provate l’impulso di buttarvi sotto e dovete farvi quasi violenza per resistere alla tentazione. • Qualcuno vi passa davanti in una coda: voi aspettate da dieci minuti e siete in ritardo per cui vi viene voglia di mettergli le mani addosso o di gridare. • Vi svegliate di cattivo umore, con l’emicrania e, non appena qualcuno vi rivolge la parola, vi accorgete che concentrarvi vi costa troppa fatica, quindi vorreste urlare o ignorarlo.
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• Il vostro capo vi mette sotto pressione perché esige
che concludiate un lavoro, al di fuori dell’orario d’ufficio, in quanto bisogna assolutamente rispettare una scadenza. Voi avreste voglia di dirgli di no, ma sapete che non potete e quindi vi fate in quattro per rispettare la consegna, sperando di ottenere un grazie o un riconoscimento economico, senza neanche doverlo chiedere. • È in arrivo la suocera, voi pulite la casa da cima a fondo, le preparate un pranzetto coi fiocchi sperando che lo apprezzi, o che almeno eviti critiche, e volete che sia tutto assolutamente perfetto. • I bambini entrano in casa di corsa dal giardino, con le scarpe infangate sporcano il pavimento che avete appena lavato e vi abbracciano con le mani sporche di terra: voi vi sentite «infettata» da tutto quel sudiciume nella vostra bella cucina luccicante. • Andate a una festa con il vostro partner il quale si mette a chiacchierare fitto fitto con una persona di sesso opposto (molto piacente) mentre voi siete rannicchiati in un cantuccio. Dopo un po’, frementi per la gelosia, avreste voglia di agguantare il partner e di trascinarvelo a casa: siete sul punto di fare una scenata. Questi sono esempi di situazioni che si verificano comunemente e che possono scatenare reazioni emotive, anche se poi ciascuno ha le proprie e ne esistono molte altre per cui l’elenco potrebbe proseguire. Solitamente i pensieri ossessivi:
• scatenano reazioni emotive negative; • scatenano un comportamento negativo; • scatenano un cambiamento d’umore.
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Altri due esempi di «scintille» frequenti, analizzate «alla Spock» secondo il metodo della TCC «Scintille» di Nathan
Leitmotiv
Problema
1. Il campanello suona inaspettatamente
Paura di trovarsi in mezzo alla gente
Sociofobia
«Scintille» di Sami
Leitmotiv
Problema
1. Trovare escrementi del gatto nell’ingresso
Nessuna indulgenza verso gli errori
Perfezionismo,
Leitmotiv
Problema
2. È invitato a bere qualcosa dopo il lavoro 3. Sua moglie ha invitato gente a cena
DOC
2. Commettere un errore facendo il pane per la cena 3. Non aver terminato di fare il bucato Le vostre «scintille» 1. 2. 3.
Capire la propria «formulazione» con il metodo della TCC A questo punto elaboreremo un piano per cercare di capire quale sia il modo migliore per farvi progredire. Quindi, fate la punta alla matita, accendete il computer, caricate i programmi e...pronti, via! Scomposizione in singoli segmenti
Ogni volta che individuate un elemento scatenante, in una situazione qualsiasi, avete la possibilità di accedere direttamente e immediatamente ai PNA che galleggiano sulla superficie della vostra mente, come la spuma della bibita in cima a un bicchiere.
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Provate a «pensare al vostro modo di pensare»: è molto utile scomporre le reazioni in segmenti più piccoli in modo da riuscire a «vedere» cosa vi succede. Ipotizziamo che siate terrorizzati all’idea di salire su un’auto e guidarla (o addirittura farvi condurre) perché qualche anno fa avete subito un brutto incidente. Qualcuno vi chiede se volete un passaggio: questa è la «scintilla». Per scomporre la vostra reazione con il metodo della TCC, dovete esaminare la vostra esperienza da quattro angolazioni diverse.
• Le vostre cognizioni (ciò che pensate): le parole che
vi passano per la testa mentre immaginate di salire in auto, come passeggero o come conducente, e che potrebbero essere: «Preferisco morire piuttosto che salire di nuovo su un’auto», oppure: «Rivivo l’incidente ogni volta che immagino di sedermi di fianco al guidatore». • Le vostre emozioni (ciò che provate): per esempio paura, ansia, preoccupazione o terrore. Le emozioni di solito si esprimono con una sola parola, per cui se dite che pensate di aver paura descrivete un pensiero, non una sensazione. • Il vostro comportamento (come agite): non vi avvicinate nemmeno alle auto, andate ovunque a piedi o con i mezzi pubblici? Rifiutate i passaggi? Accampate scuse quando il vostro partner vi chiede di mettervi al volante? Il comportamento comprende tutto quello che si vede dall’esterno, ciò che fate o che non fate. • Le vostre reazioni corporee (cosa provate fisicamente): se siete terrorizzati all’idea di guidare o di salire in auto, potreste accusare tachicardia, tremito, nausea, indolenzimento muscolare. Queste sono tutte reazioni automatiche provocate dalla paura e che potreste provare ancora prima di pensare coscientemente o di essere in grado di «acchiappare» i pensieri e le sensazioni negative che svolazzano nella vostra mente.
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Capire quali siano le proprie «scintille»
Prendete una situazione che vi mette a disagio, per esempio consultare una cartina in auto, uscire con amici che vi intimidiscono, o qualcosa che temete e che sta per capitarvi, e provate a scomporla secondo lo schema seguente.
• • • •
Le vostre cognizioni (ciò che pensate). Le vostre emozioni (ciò che provate). Il vostro comportamento (come agite). Le vostre reazioni corporee (cosa provate fisicamente). «Ciò che c’è dopo di noi e ciò che c’è prima sono piccole questioni in confronto a ciò che c’è dentro di noi.» Ralph Waldo Emerson
Mettetevi alla prova Come formulare i propri problemi «alla Spock» Perché la TCC funzioni dovete adottare un’ottica «alla Spock» per:
• descrivere
il problema con parole vostre e soprattutto capire fino a che punto vi condizionano emozioni, pensieri e comportamenti negativi;
• verificare la validità di un pensiero o di una convinzione negativi su voi stessi o sul mondo che vi circonda;
• capire i motivi per cui pensieri, sensazioni e comportamenti continuano a mettervi in difficoltà;
• raccogliere prove che dimostrino il motivo per cui tutti questi elementi perpetuano i vostri problemi;
• sperimentare cambiamenti di pensieri, sensazioni e comportamenti che, a loro volta, influiscano sulle vostre emozioni, comportamenti e pensieri;
• riesaminare continuamente i progressi compiuti e adeguarvisi.
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Questo approccio così scientifico è giustificato dal fatto che è facile farsi sommergere dalla quantità di presupposti negativi che distorcono il nostro modo di pensare, sentire e comportarci. Elaborando test concreti possiamo distinguere il reale dall’immaginario. Molte delle nostre idee negative nascono dalla paura e dall’ansia, ma verificandole sperimentalmente spesso ci rendiamo conto che quanto consideravamo vero, in realtà non lo è. Se ci aspettiamo sempre il peggio e agiamo con eccessiva prudenza, può essere un’autentica liberazione scoprire che la vita non è così pericolosa come pensiamo. Correre qualche rischio o affrontare un’impresa ci può liberare.
Il metodo scientifico Come funziona una «formulazione» secondo la TCC
• Prendete il vostro problema o difficoltà (per esempio, la paura
di uscire la sera). • «Formulate» una previsione di quello che succederebbe se faceste qualcosa di diverso (cambiare comportamento, modo di pensare, emozioni), per esempio se usciste invece di restare a casa. • Effettuate un esperimento, fate qualcosa per verificare la realtà della situazione, del pensiero, della sensazione, del comportamento nel mondo concreto (confronto con la realtà), per esempio uscite, di sera, con un amico. • Esaminate quanto è accaduto in seguito. L’esperimento ha funzionato? Ha modificato le vostre sensazioni? Ha cambiato il vostro comportamento o quello altrui? Dovete apportare qualche modifica? («Prima ero per il 90% spaventato, mentre in seguito la sensazione di pericolo era scesa al 60%»). Non dimenticate di assegnarvi un punteggio su scala da 0 a 10 o da 0 a 100 per vedere se è cambiato qualcosa.
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Esercizio del «fiore vizioso» Esiste un altro esercizio della TCC che può aiutare a estrarre i «significati» alla base di un particolare problema psicologico: è l’esercizio del «fiore vizioso» che aiuta a individuare i pensieri, le emozioni, i comportamenti, le reazioni fisiche scatenati da una determinata «scintilla» e a capire cosa monopolizza la vostra attenzione.
Un esempio Charleen non sopporta lo squillo del telefono in casa, perché lavora in un frenetico call center ed è al telefono, letteralmente, tutto il giorno. Quando rientra a casa, vuole starsene in santa pace e non ha la minima voglia di rispondere al telefono. Tra l’altro, Charleen ha divorziato da poco e il suo ex marito le telefona di frequente tormentandola per questioni di soldi, per cui ha un altro motivo per avere la fobia del telefono. Poiché le sue reazioni stanno diventando più intense, Charleen decide di tracciare il suo «fiore vizioso» al fine di comprendere quanto le accade quando suona il telefono. Charleen scrive l’evento scatenante (squillo del telefono) nel riquadro in alto a sinistra e quello che le succede di conseguenza in ciascun petalo del fiore.
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Scintilla: Il telefono squilla, entro in agitazione
Emozioni: Paura, panico, senso di colpa, curiosità, collera
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Monopolio dell’attenzione: «Come faccio a sottrarmi?»
Pensieri cruciali e significati: «Sono in trappola»
Sensazioni fisiche: Nodo alla gola, palpitazioni e sudori freddi
Comportamenti: Sottrarsi, andare via, svenire, nascondersi sotto le coperte
Esercizio del «fiore vizioso»: cosa accade a Charleen quando squilla il telefono di casa
Mettetevi alla prova Ora cercate di farlo voi Se c’è qualcosa che scatena in voi una reazione di angoscia, per esempio il pianto di un bambino, vicini rumorosi, un partner esigente, una bolletta nella casella della posta, un ragno nella vasca da bagno, imbattersi in un ex fidanzato, provate a compilare il vostro «fiore vizioso», cominciando dalla «scintilla».
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Evento scatenante:
Emozioni: Che cosa provate?
Monopolio dell’attenzione: Che cosa domina i vostri pensieri?
Pensieri cruciali e significati: Che cosa pensate?
Sensazioni fisiche: Che cosa provate a livello corporeo? Come vi sentite?
Comportamenti: Che cosa fate?
Il vostro «fiore vizioso»
Variazioni dell’umore
Siete sintonizzati sulle vostre emozioni? Siete consapevoli di quello che provate in qualsiasi momento? Siete consci delle vostre sensazioni e dei cambiamenti d’umore nel corso della giornata? Siete in grado di individuare che cosa scatena gli eventuali sbalzi umorali che possono capitarvi sul lavoro, per strada, a casa? Talvolta il nostro umore cambia da un momento all’altro, semplicemente uscendo di casa, sentendo un profumo, o perché si preannuncia un temporale, o leggendo una certa espressione sulla faccia di qualcuno. È abbastanza facile sprofondare in una spirale negativa di depressione e sconforto, alimentata da un unico «pensiero ossessivo» momentaneo che vi è balenato, per esempio, perché nessuno
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vi ha notato quando siete arrivati a una festa. Può darsi benissimo che non foste stato invitato, ma magari è stata una semplice svista (non vi hanno visto arrivare), quindi occorre condurre un test scientifico.
Un esempio Potreste anche accorgervi che provate una certa riluttanza a fare qualcosa per paura. Barnaby, per esempio, ha il terrore di recarsi nell’ambulatorio del medico. Ogni volta che deve sottoporsi a una visita, si sente talmente debole che adduce pretesti d’ogni genere per evitare di andarci. Tuttavia, di recente è stato ammalato e sa che deve proprio farsi visitare, ma quando si sveglia alla mattina si mette a elencare tutti i motivi per cui non avrebbe bisogno di farsi vedere. Questo è il momento in cui percepisce che la sua fobia sta entrando in azione: si sente male e qualche volta addirittura vomita al solo pensiero di andare dal medico. Altre volte «dimentica» l’appuntamento, perché la sua mente lo cancella. Di conseguenza, Barnaby sa che, se vuole andare dal medico, deve superare alcune fastidiosissime sensazioni di riluttanza, paura, ansia e nausea.
Comportamenti di sopravvivenza Una delle idee fondamentali della TCC è che noi stessi facciamo perdurare i nostri problemi agendo e pensando in un certo modo e provando determinate sensazioni. Si tratta dei cosiddetti «comportamenti di sopravvivenza». Sembra quasi che, secondo la TCC, sia colpa nostra, ma non è così. Piuttosto, diciamo che tutti adottiamo certi tipi di comportamenti perché pensiamo che ci tranquillizzino. Ironicamente, anche se li adottiamo perché siamo convinti che ci faranno stare bene, in realtà questi comportamenti possono aggravare i problemi sul medio e lungo termine perché ci bloccano.
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Ecco come funzionano i comportamenti di sopravvivenza.
• Avete paura di qualcosa/sensazioni di disagio. • Evitate di affrontare la situazione o di prendere atto delle
sensazioni. • La situazione permane irrisolta, le sensazioni perdurano, indiscusse, sepolte, assopite e in agguato, perciò non cambia nulla. Paura di una catastrofe: (per esempio, mi verrà una malattia inguaribile)
Il fatto di non ammalarvi convalida i comportamenti di sopravvivenza, perciò non avete la necessità di modificarli
Comportamento di sopravvivenza: fate qualcosa che secondo voi scongiurerà la malattia (per esempio, lavarvi continuamente le mani)
Circolo vizioso dei «comportamenti di sopravvivenza»: resta sempre tutto come prima
«Bisogna fare le cose che si crede d’essere incapaci di fare.» Eleanor Roosevelt
Un esempio Richard è un uomo d’affari affermatissimo, che possiede un’auto sportiva, un attico stupendo, una barca lussuosa e trascorre molto tempo in viaggio, passando da una riunione di altissimo livello all’altra in Europa. Il suo problema è una grave claustrofobia, un disturbo cronico che risale all’infanzia, epoca in cui i genitori lo chiudevano a chiave in un armadio come punizione quando faceva il «cattivo». Ora Richard non è assolutamente in grado di entrare in alcuno spazio chiuso o
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sotterraneo, come la metropolitana, i parcheggi al chiuso, gli ascensori e le gallerie. Di conseguenza, ogni volta che deve recarsi in Francia, in Svizzera o in Italia deve farsi tutti i passi ad alta quota delle Alpi pur di evitare le gallerie. Purtroppo, questo «comportamento di sopravvivenza» (evitare i tunnel) obbliga Richard a sprecare molto più tempo sulle strade, esponendosi allo stress e alla fatica della guida (e anche agli incidenti) e assentandosi più a lungo da casa (la moglie è stufa delle sue assenze). Inoltre, gli capita di fare tardi alle riunioni a causa del traffico e i suoi superiori sono abbastanza infastiditi da questo suo comportamento di fuga. Come se non bastasse, oltre a essere stressato si è anche appesantito proprio perché passa troppe ore seduto in auto. Ovviamente, le sue spese per il carburante e gli alberghi sono astronomiche, dato che i suoi tragitti risultano mediamente più lunghi del necessario. In realtà, questo suo comportamento di sopravvivenza è pericoloso per la sua vita stessa, su numerosi fronti importanti. Nell’ottica della TCC Richard dovrebbe effettuare l’esperimento di entrare in uno spazio chiuso, all’inizio molto brevemente, e monitorare le sue sensazioni (respirazione, battito cardiaco, senso di panico) per poter così iniziare ad affrontare la sua paura. Evitando di affrontare le situazioni che lo terrorizzano, in effetti finisce per perpetuare la sua fobia degli spazi chiusi.
E voi?
Provate un attimo a pensare ai meccanismi che attuate pur di evitare determinate sensazioni. Quali potrebbero essere?
• Controllare continuamente il conto in banca perché avete
il terrore di restare al verde. • Non andare a ballare per paura di fare brutta figura. • Non invitare mai qualcuno che vi interessa fuori a cena per timore di un rifiuto. • Non andare in piscina perché vi vergognate del vostro corpo.
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• Non tenere nessun animale domestico perché la vostra paura dei cani risale all’infanzia. • Non toccare il cibo per paura di contaminarlo e per la fobia delle malattie.
Annotatevi come meglio credete i metodi che usate per evitare qualcosa e che sono tipicamente vostri.
Mettetevi alla prova I vostri comportamenti di sopravvivenza Riflettete sui vostri comportamenti di sopravvivenza e chiedetevi se alcune delle cose che fate o pensate:
• perpetuano le vostre paure; • vi bloccano; • confermano un’eventuale opinione negativa che avete di voi stessi; • confermano un’eventuale opinione negativa che avete del mondo; • vi
impediscono di provare qualcosa di nuovo o di assumervi dei rischi.
Prendete nota. Questi comportamenti hanno conseguenze inattese, risultati indesiderati o effetti collaterali negativi? Prendete nota di nuovo.
Sottrarsi
Sottrarsi o fuggire è un tipico comportamento di sopravvivenza. Johnny ha il terrore di suonare la chitarra in pubblico perché è sicuro di dimenticare le parole e la musica. Tuttavia, adora suonare la chitarra e lo fa divinamente entro le pareti della sua camera. Però, ha paura che su un palcoscenico farebbe scena muta.
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Paura Di una cosa o di una situazione
Nessun cambiamento nella convinzione di avere tale paura Non la si affronta e quindi la paura permane
Fuga Si cerca di sfuggire alla situazione o di evitare completamente l’oggetto della paura
Circolo vizioso della fuga: non cambia nulla
Una volta, quando era più giovane, a Johnny era capitato di provare un’umiliazione cocente perché si era completamente bloccato sul palcoscenico. Da allora quell’esperienza lo aveva segnato, pur essendogli capitata un’unica volta, al punto tale da indurlo a rinunciare a esibirsi in pubblico a vita. Di conseguenza, Johnny non suona mai in presenza di nessuno, neanche quando i suoi amici «schitarrano» insieme per divertimento nel salotto di casa sua. Il problema del meccanismo di fuga è che crea una «profezia che si autoavvera» mai messa in discussione, per cui Johnny resta bloccato e non riesce a esibirsi in pubblico. Dentro di sé desidera disperatamente liberarsi di questo suo terrore, perché gli fa perdere l’occasione di divertirsi con gli amici e di promuovere la sua carriera musicale. Ma il suo desiderio di evitare il ripetersi della brutta esperienza della pubblica umiliazione ha il sopravvento su tutto.
130 Elementi che rendono vulnerabili (infanzia ed esperienze successive)
Scintille e pensieri ossessivi
Perpetuazione Suona soltanto quando è da solo
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PNA PNF CF
Il passato (episodi cruciali)
Problema Johnny ha paura di bloccarsi quando suona la chitarra in pubblico. • Pensiero: farò scena muta • Emozione: paura • Comportamento: si sottrae • Reazioni fisiche: sudorazione, tachicardia, voce strozzata
Perpetuazione Rifiuta di esibirsi in pubblico
Perpetuazione Si rifiuta di «schitarrare» con gli amici
Perpetuazione della fobia di Johnny tramite il meccanismo di fuga
Per non continuare a ostacolare la sua crescita personale a causa del meccanismo di fuga, Johnny dovrebbe mettere alla prova il PNA, secondo il quale si bloccherebbe sempre se suonasse in pubblico. A tale scopo dovrebbe esporsi alla sua paura suonando davanti a qualcuno. Potrebbe decidere di cominciare in piccolo, magari anche solo suonando davanti allo specchio, al gatto, alla fidanzata o al suo miglior amico. Anche tenere in mano la chitarra davanti a qualcun altro potrebbe essere un buon punto di partenza. Mettendo alla prova la sua paura, Johnny farebbe inevitabilmente un passo avanti, uscirebbe dal suo immobilismo e comincerebbe a smantellare il comportamento di sopravvivenza che in realtà perpetua il suo problema. Con il dissolversi graduale della sua paura, paragonabile a un iceberg gigantesco, lui potrebbe cominciare a cambiare.
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Esposizione Per poter affrontare i problemi in maniera sperimentale con la TCC, è fondamentale imparare a esporsi gradualmente all’oggetto o alla situazione stessi da cui scaturisce la paura. Nel caso di Richard, «esporsi» a un ascensore o a una galleria significherebbe entrare per breve tempo in uno spazio chiuso, inizialmente per vedere se è in grado di uscirne illeso. Attualmente, la sua paura è tale che non riesce nemmeno a immaginare di entrare in uno spazio chiuso e buio. Tale fobia lo obbliga anche a percorrere strade di montagna, a rischiare il posto di lavoro, a compromettere i rapporti con la moglie e, già che ci siamo, anche la sua salute. Questo dimostra quanto è potente il condizionamento della paura e fino a che punto arrivano i comportamenti di sopravvivenza per «motivi di sicurezza». Perciò, qualsiasi esperimento volto a cercare di disabituare Richard dalla sua paura di morire in un tunnel comporta necessariamente che lui faccia l’esperienza di entrare in uno spazio chiuso. Per Johnny, invece, esibirsi in pubblico con la chitarra è sufficiente a scatenare un attacco di panico. Eppure, «esporsi» al pubblico è proprio quello che dovrebbe fare per progredire, un passo alla volta. Funzionamento dell’esposizione passo dopo passo
• Quando pensate alle situazioni che vi mettono in agitazione,
per esempio i cani di grossa taglia, o parlare in pubblico, i vostri livelli di paura e di ansia probabilmente sono elevati (ansia al 100%). • Facciamo l’esempio della paura dei cani: per cominciare provate a guardare alcune fotografie di cani, o cani in carne e ossa dall’altra parte della strada e al guinzaglio, o nella vetrina di un negozio di animali, e prendete atto delle vostre sensazioni (ansia all’80%).
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Cambia la tua vita con la TCC
• Dopo averci pensato un po’, potreste addirittura riuscire
a camminare per strada con un amico che tiene un cane al guinzaglio, oppure avvicinarvi a qualcuno con un cane al parco (ansia al 65%). • Infine, provate a chiudere la mano a pugno e vedete se riuscite, dopo una certa preparazione psicologica, ad avvicinarla al cane per fargliela annusare (è il loro modo di salutare), o ad accarezzare l’animale o addirittura a portarlo a fare un giretto (ansia al 40%). A ogni stadio di questo processo di esposizione dovrete misurare le vostre reazioni emotive, prima, durante e dopo l’esperienza. La teoria alla base di questo esercizio è che, una volta fatta l’abitudine e capito che non vi succede nulla di catastrofico, sarete in grado di ripetere, più intensamente, l’esperienza che vi terrorizza, per esempio accarezzando il cane o portandolo a spasso. Noterete che il livello di paura è calato da un 100% iniziale a un 40% finale, cioè si è più che dimezzato. Questo è un risultato significativo e misurabile che può contribuire considerevolmente alla vostra autostima. Il disegno sotto illustra il funzionamento, nel tempo, dell’esercizio. Prima esposizione
Ansia
Seconda esposizione Terza esposizione
TEMPO
Mettersi in discussione per migliorare
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Coinvolgete gli altri Talvolta si ha troppa paura per poter effettuare questo tipo di esperimento da soli, perché ci si sente insicuri, impacciati e ridicoli. Il primo consiglio è cominciare in piccolo. Supponiamo che siate troppo timidi per andare alle feste o eventi mondani da soli. In tal caso, provate ad andare a bere un caffè con qualcuno che conoscete bene per mezz’ora, invece che a una festa vera e propria o a una cena con un estraneo. Da quel punto di partenza potete aumentare gradualmente l’esposizione e quindi abituarvi pian piano a stare in mezzo alla gente. Suzi interpreta Spock
La tecnica dell’esposizione lascia ampio spazio alla creatività e all’aiuto di amici e parenti (se non volete rivolgervi a uno psicoterapeuta). Vedrete quante persone saranno disposte a darvi una mano! Facciamo l’esempio di Suzi, 40 anni, che si sentiva estremamente a disagio per la sua tendenza ad arrossire violentemente ogni volta che incontrava qualcuno. Si sentiva talmente in imbarazzo che aveva cominciato a evitare le persone e qualsiasi situazione in cui rischiava di arrossire. Come risultato si era chiusa terribilmente in sé stessa. Dopo aver riflettuto sulle sue «scintille» (conoscere estranei, andare per negozi), Suzi si era resa conto che aveva assolutamente bisogno di uscire di casa, in quanto si sentiva sempre più sola e abbandonata, ma l’idea stessa di uscire la spaventava. Inizialmente, aveva pensato di indossare un passamontagna o mettersi uno scialle in testa, ma aveva capito che in quel modo avrebbe attirato maggiormente l’attenzione. Alla fine, si era decisa a mettere alla prova il suo disagio e a uscire con un’amica intima, Mia, la quale si sarebbe truccata in modo da sembrare di carnagione rubizza per vedere, obiettivamente, le reazioni altrui. Era un esperimento che Suzi poteva condurre in tutta sicurezza senza attirare l’attenzione su di sé. Constatando fino a che punto il rossore sulle guance sarebbe stato notato dai passanti, avrebbe potuto valutare, con obiettività, quanto fosse realmente imbarazzante il suo problema.
134
Cambia la tua vita con la TCC
La prova era la seguente: la gente avrebbe fissato e additato la sua amica dal «rossore artificiale»? Suzi aveva immaginato conseguenze terribili a causa del rossore in pubblico e la sola idea le faceva venire la tachicardia e sudare i palmi delle mani. Prima di andare a fare la passeggiata, Suzi aveva notato che la sua ansia all’idea del rossore dell’amica era alle stelle (90%). In altre parole, se fosse stata al suo posto si sarebbe sentita in imbarazzo al 90%. Così, in un pomeriggio di una giornata di sole, Mia si era recata da Suzi la quale le aveva applicato un fard rosso acceso sulle guance facendole diventare del colore che lei credeva di assumere quando si sentiva estremamente in imbarazzo. Poi avevano fatto un giro nei negozietti del quartiere. Suzi si era messa un paio di occhiali da sole perché si sentiva intimidita soltanto a vedere Mia con quella faccia e per osservare, non vista, le reazioni della gente. Era rimasta allibita vedendo che Mia era riuscita a comprare il giornale e un chilo di mele senza suscitare commenti sgradevoli o sguardi incuriositi. Il giornalaio l’aveva salutata e trattata normalmente, mentre Suzi la guardava incredula. Scintilla
1. Minaccia ipotetica
4. La paura permane immutata, così come le convinzioni e i pensieri
2. Reazione al problema: pensieri, comportamento
3. La paura non è affrontata: comportamento di sopravvivenza
Perpetuazione del problema con un «comportamento di sopravvivenza»
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Mettersi in discussione per migliorare
Tornate a casa, Suzi e Mia avevano discusso della situazione e la prima si era resa conto che ora il suo disagio immaginato all’idea di mostrarsi in pubblico con le guance arrossate si aggirava intorno al 50-60%, un calo significativo rispetto al 90% iniziale. Suzi aveva addirittura pensato che la volta dopo sarebbe potuta uscire da sola, pur rischiando di arrossire, avendo constatato che nessuno aveva notato l’imbarazzo «artificiale» dell’amica. Quello era stato un grosso passo avanti verso la risoluzione del problema. Il diagramma di p. 132 mostra quanto accade quando ci si sente minacciati o in preda al panico. Se riuscite a mettere in discussione i vostri «comportamenti di sopravvivenza», allora sarete anche in grado di affrontare la paura, come mostra lo schema di seguito. Scintilla
1. Minaccia vista realisticamente
La paura è svanita. Il circolo vizioso si è interrotto
2. Esperimento effettuato con conseguente modifica delle reazioni
3. Paura affrontata con successo! Nuove convinzioni realistiche
Affrontare un problema tramite l’esposizione
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Cambia la tua vita con la TCC
Interrompendo il circolo vizioso della paura, potete imparare a combattere i problemi e a superarli. Suzi, per esempio, si è resa conto che arrossire non è la fine del mondo e quindi ha potuto ricominciare a uscire.
Riesame della formulazione Dopo aver messo fine ai «comportamenti di sopravvivenza», dovrete prendere in esame quanto è accaduto. Quindi, se avete effettuato alcuni esperimenti con il vostro problema, dovete valutare i vostri progressi. Com’è andata? Hanno funzionato? Che cosa avete provato? I vostri PNA erano meno corretti di quanto pensavate ed è andata meglio di come vi aspettavate? Constatati i progressi, dovete elaborare la fase successiva dell’esperimento su voi stessi: è il riesame della formulazione, una sorta di rimessa a punto del vostro progetto di lavoro alla luce dei risultati dell’esperimento. Questo vi permetterà di monitorare i progressi, vedere a che punto siete e capire se state ancora procedendo in direzione del vostro obiettivo finale. Chiedetevi anche se i vostri PNA si stanno modificando, dato che i vostri assilli iniziali dovrebbero dissolversi insieme alla paura. Continuate a compilare il diario dei pensieri per registrare i vostri cambiamenti e continuate a modificare gli esperimenti di conseguenza.
Riepilogo del capitolo Prima di proseguire baldanzosamente con i prossimi capitoli, è importante che, come Spock, vi soffermiate a riepilogare il contenuto di questo capitolo. Finora abbiamo visto che la TCC:
• vi chiede di affrontare i vostri problemi scientificamente; • elabora un piano o «formulazione» dei vostri problemi allo scopo di farveli vedere obiettivamente;
Mettersi in discussione per migliorare
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• vi consiglia di mettere in discussione i vostri problemi
individuando i «comportamenti di sopravvivenza» che probabilmente perpetuano i problemi; • vi aiuta a capire quali comportamenti perpetuino i pensieri e le sensazioni negativi e quali pensieri ed emozioni negativi siano all’origine dei vostri comportamenti.
La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali siano i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli. 4. Individuate ed eliminate gli errori di pensiero. 5. Chiaritevi i problemi ed effettuate esperimenti.
Nei prossimi capitoli applicheremo quanto abbiamo appreso nei primi cinque in relazione a specifici problemi quotidiani. In qualità di esseri umani, le difficoltà che genericamente ci accomunano, ovviamente su scala diversa, sono le questioni legate alla paura, all’ansia e alle fobie.
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Cambia la tua vita con la TCC
Compito Tabella personale degli esperimenti «alla Spock» Individuate i problemi che volete mettere in discussione, delimitandoli e definendoli con precisione, poi compilate la tabella nel corso dell’esperimento stesso. Previsione o Teoria
Esperimento
Risultati
Conclusioni
Definite il pensiero o la convinzione che volete mettere in discussione e valutatelo in punti percentuali.
Programmate dettagliatamente l’esperimento e decidete come, dove, quando e con chi volete effettuarlo.
Analizzate quanto è realmente accaduto: pensieri, sensazioni, emozioni e reazioni altrui pertinenti.
Scrivetevi quanto avete imparato alla luce dei risultati e rivalutate l’intensità della convinzione in punti percentuali.
6. Promemoria del piano per cambiare la propria vita con la TCC
«L’azione non porta sempre la felicità, ma non c’è felicità senza azione.» Benjamin Disraeli
Nei capitoli dall’1 al 5 abbiamo concentrato un gran numero di informazioni, molte delle quali probabilmente vi sono risultate del tutto nuove. Perciò, in questo capitolo vedremo:
• • • • • •
quanto abbiamo appreso finora; gli eventuali elementi da riesaminare; la decisione di cambiare; che cosa avete deciso di cambiare; come si elabora una «formulazione» o «mappa» dei problemi; se siete attualmente sulla buona strada verso la risoluzione dei problemi.
Ci auguriamo che abbiate preso diligentemente nota della vostra decisione, dei progressi e degli sviluppi.
Ripasso della TCC A questo punto, potrebbe esservi utile rinfrescarvi la memoria su ciò che dovete fare per affrontare le vostre difficoltà. 1. Compilare regolarmente il diario dei pensieri (vedi p. 71).
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Cambia la tua vita con la TCC
Verificate il cambiamento
Individuate i vostri PNA Come sta andando con il diario dei pensieri? Riuscite a tenerlo? In caso contrario, perché non cominciate da oggi? O da adesso? Se lo state tenendo, vi aiuta a concentrarvi?
2. Questo è lo strumento principale per cogliere i pensieri
negativi automatici: è un po’ come essere muniti di un grosso retino per farfalle con il quale catturare esemplari che svolazzano qua e là.
Verificate il cambiamento
Notate i presupposti non funzionali Avete notato su cosa vertono i vostri PNA? Vi si presentano «grappoli» di PNA a proposito di questioni specifiche? Riuscire a identificare temi e questioni ripetitivi vi aiuterà a passare alla seconda parte di questo manuale, che è più specifica e riguarda disturbi come l’ansia, le fobie, i traumi, la collera ecc. Avete colto pensieri ossessivi? In tal caso, vi sarà utile il cap. 6. Prendete nota degli oggetti a cui si riferiscono i vostri PNA.
I vostri PNA saranno lo spunto per capire da cosa sono originati i vostri problemi. Perciò, dovete proseguire verso il basso seguendo i vostri PNA attraverso i presupposti non funzionali fino alle convinzioni di fondo. Ricordate il bicchiere? La schiuma in cima, la parte liquida al centro e il sedimento in fondo.
Promemoria del piano per cambiare la propria vita con la TCC
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Verificate il cambiamento
Identificate le convinzioni di fondo Prendete uno o due dei vostri PNA più comuni e procedete velocemente verso il basso lungo il bicchiere allo scopo di ricapitolare i vostri presupposti non funzionali e le vostre convinzioni di fondo. Basatevi sull’esempio del diagramma seguente.
PNA
«Sono sempre in ritardo alle riunioni»
PNF
«Non me ne va mai bene una»
CF
«Sono un incapace»
Quali sono le vostre convinzioni di fondo?
3. Osservando i vostri PNA e il diario dei pensieri, riuscite
a individuare eventuali errori di pensiero? Nel cap. 4 abbiamo esaminato nei dettagli i vari tipi di errori di pensiero nei quali si può incorrere. L’errore di pensiero è un modo di pensare che pervade la vita, ma si può «correggere» applicando i principi della TCC, per esempio mettendone in discussione la validità. Abbiamo catalogato gli errori di pensiero più comuni come segue:
• pensare in bianco e nero: ottica del «tutto o niente»; • generalizzare troppo: fare di ogni erba un fascio; • filtrare mentalmente: vedere solo gli aspetti negativi
e ignorare quelli positivi; • sminuire gli aspetti positivi: vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto invece che mezzo pieno; • leggere nel pensiero/predire la sorte: pensare erroneamente di conoscere la realtà dei fatti;
142
Cambia la tua vita con la TCC
• ingigantire e minimizzare: essere catastrofisti o negare, il che
è deleterio in ogni caso; • ragionare irrazionalmente: basarsi su sensazioni invece che su pensieri, attribuendosi «poteri divinatori»; • pensare al condizionale: essere schiavi dei «dovrei», «potrei», «sarebbe meglio se»; • mettere tutto sul piano personale: non essere obiettivi e prendere tutto a livello personale.
Verificate il cambiamento
Individuate gli errori di pensiero Quali sono, secondo voi, i vostri errori di pensiero?
4. Poi siamo passati all’elaborazione di una mappa o formulazione
dei vostri problemi (cap. 5).
Verificate il cambiamento Formulate i problemi Ricordate la vostra formulazione o mappa? Siete in grado di fare uno schizzo veloce del suo funzionamento utilizzando un vostro PNA ricorrente?
5. Abbiamo anche notato che può capitare di perpetuare
le proprie difficoltà (cap. 5) tramite comportamenti di sopravvivenza come la fuga. 6. Avete idea delle cose che fate o pensate e che perpetuano i vostri problemi? Avete notato eventuali comportamenti di sopravvivenza relativi? In tal caso, prendete nota.
Promemoria del piano per cambiare la propria vita con la TCC
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7. Nel cap. 5 abbiamo inoltre illustrato l’importanza degli
esperimenti come mezzo per cominciare ad affrontare i problemi. La TCC incoraggia a proseguire in questo modo, continuando a rivedere le formulazioni (le mappe dei problemi), finché i vostri comportamenti, pensieri o emozioni non cominciano a cambiare. 8. Gli esperimenti solitamente consistono nell’esporsi all’oggetto o alla situazione che è fonte di ansia, paura o altra emozione negativa, in maniera lenta e graduale, fino ad arrivare a un’esposizione totale e significativa. Durante tutto il processo, dovrete monitorare costantemente le vostre reazioni emotive e valutare i vostri livelli di ansia.
Verificate il cambiamento Effettuate esperimenti su voi stessi Siete riusciti a condurre alcuni esperimenti su voi stessi per prendere coscienza dei vostri problemi? Se sì, che cosa avete scoperto finora su di voi? Che cosa ha funzionato e che cosa non ha funzionato?
9. Se avete incontrato difficoltà nell’utilizzo di questo manuale
o se alcuni elementi della TCC non vi sono ancora del tutto chiari, sapreste dire che cosa non avete capito? Annotatevi i punti da riesaminare, o rileggetevi i capitoli in questione. 10. Se siete pronti per proseguire, potete passare ai capitoli seguenti a seconda della vostra area di interesse, anche in ordine non sequenziale. Questo vi permetterà di acquisire una conoscenza approfondita della TCC e, si auspica, di farvi un quadro dei vostri problemi e risolverli.
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Cambia la tua vita con la TCC
Promemoria importante Le cose cambiano solo se:
• • • • •
volete cambiarle; fate qualcosa per voi stessi; vi sforzate di capire che cosa volete cambiare; elaborate un piano d’azione e lo seguite; cercate di attenervi ai suggerimenti di questo libro per migliorare.
A questo punto, forse penserete di aver bisogno dell’aiuto di qualcuno che vi tenga per mano e vi conduca nella giusta direzione (per alcuni rivolgersi a uno psicoterapeuta è già un importante passo avanti). In questo caso, rivolgetevi alla Società italiana di terapia comportamentale e cognitiva (www.sitcc.it), che vi aiuterà a trovare un professionista o un gruppo di lavoro. Nel frattempo, noi passeremo ad altri quattro capitoli dedicati alle questioni specifiche che seguono:
• ansia, fobie, ossessioni; • depressione; • collera; La TCC non è sempre facile da capire all’inizio, ma il suo effetto cumulativo è sorprendente, perciò andate avanti se volete ottenere il massimo dei risultati. Non rinunciate, continuate a procedere, tenete duro e la vostra vita comincerà a cambiare: siete sulla strada giusta per migliorare tutta la vostra esistenza.
Promemoria del piano per cambiare la propria vita con la TCC
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La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli. 4. Individuate ed eliminate gli errori di pensiero. 5. Chiaritevi i problemi ed effettuate esperimenti. 6. Riesaminate la vostra decisione di cambiare e confermatela.
Come utilizzare la TCC per migliorare la propria vita
7. Cavalcare la tigre: superare ansia, panico, traumi, fobie e ossessioni
«Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, ma è perché non osiamo che sono difficili.» Seneca
Nella prima parte di questo libro abbiamo spiegato in che cosa consiste esattamente la TCC, come funziona e come affronta i problemi personali. L’obiettivo è aiutarvi a pensare e a comportarvi in maniera più positiva e a sentirvi meglio affrontando le paure e i problemi stessi che vorreste evitare o rifuggire. Come abbiamo già visto, si può agire abbastanza sistematicamente e gradualmente, ottenendo ottimi risultati in tempi relativamente brevi. Nella seconda parte di questo manuale esamineremo gli specifici ambiti della vita che possono provocare in tutti noi grosse difficoltà. Uno dei punti di forza della TCC è il fatto che si basa sul concetto di partnership tra il paziente (voi) e lo psicoterapeuta (nel caso di questo libro, io): entrambi umani, fallibili e probabilmente alle prese con problemi analoghi ai vostri. Di conseguenza, la TCC non prevede due sponde opposte («noi» e «voi»), ma una collaborazione al fine di trovare una soluzione ai problemi che per voi sono fonte di sofferenza. Poiché questo è un manuale di autoaiuto, dovrete usarlo per aiutare voi stessi a trovare soluzioni, come se ci incontrassimo per regolari sedute terapeutiche. Quindi, vi inviterò continuamente a sfruttare le eventuali intuizioni o illuminazioni che acquisirete sulla vostra sfera emotiva e a essere il più possibile sistematici.
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Cambia la tua vita con la TCC
Ora analizzeremo più approfonditamente ciò che vi ostacola e vi inibisce maggiormente nella vita, in particolare ansia, panico, traumi, fobie e ossessioni. Non lasciatevi scoraggiare da questo elenco: tutte queste emozioni si basano, alla radice, sulla paura. È possibile e auspicabile porre un freno a queste sensazioni forti imparando a gestire costruttivamente la paura tramite la TCC.
A che cosa serve la paura? Emozione intrinseca
È convinzione comune, da parte dei ricercatori ma non solo, che la paura sia un’emozione intrinseca degli esseri umani. Dopo tutto, abbiamo bisogno di un certo livello di paura per sopravvivere, in quanto la paura ha uno scopo: fa parte del meccanismo primordiale di «fuggire, lottare o bloccarci» che abbiamo sviluppato per sopravvivere allo stato selvaggio e nel mondo. La paura, che proviamo grazie al sistema nervoso autonomo e a quello centrale, serve a difenderci quando siamo in pericolo. Questo meccanismo intrinseco ci spinge a reagire prima ancora di pensare, per cui:
• fuggiamo: scappiamo via, evitiamo, ci nascondiamo; • lottiamo: affrontiamo lo scontro, pronti ad attaccare
o a difenderci; • ci immobilizziamo: ci blocchiamo fisicamente o mentalmente. Reazioni primordiali alla paura
Se vi sentite minacciati o esposti a un’aggressione, il vostro corpo e la vostra mente partono immediatamente in quarta per cercare di capire come affrontare efficacemente la situazione. Si comincia, in maniera quasi automatica, a respirare più velocemente per inviare una maggiore quantità di ossigeno al cervello e quindi pensare meglio, perché occorre avere il pieno controllo di sé stessi per reagire. Chi ha subito un incidente, spesso ricorda il preciso istante in cui è successo ed è in grado di descriverlo lentamente, come in un filmato al rallentatore.
Cavalcare la tigre: superare ansia, panico, traumi, fobie e ossessioni
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La nostra percezione del tempo e i sensi di vista, udito, gusto, olfatto e tatto possono essere distorti e registrati, anzi letteralmente scolpiti nei nostri ricordi, nei pochi secondi nei quali siamo in pericolo. Questo accade perché il cervello diventa immediatamente più reattivo e attento, grazie a provvidenziali reazioni biochimiche regolate dall’amigdala (parte del sistema nervoso limbico), una zona del cervello che controlla le emozioni e le reazioni primarie alimentate dalla paura e ci fa notare tutto nei minimi dettagli. Il battito cardiaco e la respirazione accelerati fanno affluire sangue ricco di ossigeno ai muscoli, che si preparano a scattare per fuggire o a reagire. Se invece la paura o il pericolo sono tali da sopraffarci, o se abbiamo la sensazione di non poter fuggire, per salvarci possiamo «immobilizzarci». Nel frattempo, entrano in circolo adrenalina e cortisolo, oltre a sangue ossigenato, mentre le ghiandole sudoripare diventano più attive per raffreddare l’organismo in caso si sia surriscaldato nel tentativo di fuggire. Poi, il sangue defluisce dall’epidermide al cuore, in quanto tutto l’organismo va in uno stato di «allarme rosso» per agire rapidamente (il che spiega perché si impallidisce quando si è in pericolo). Tutto ciò accade automaticamente e istantaneamente e può provocare sensazioni di capogiro, vertigine, tremito alle mani, alle ginocchia, alle dita, ai piedi, formicolio, affanno e senso di irrealtà.
Sudorazione alle mani Pensieri affannosi Difficoltà di concentrazione Assenza di salivazione Tensione alla spalle Sudorazione ascellare Gambe traballanti Tremito alle ginocchia
Reazioni fisiche alle minacce o alle difficoltà
Vertigini, capogiro Senso di irrealtà Irrigidimento del collo Sudori freddi Tachicardia Stomaco contratto Necessità di andare spesso in bagno Formicolio alle dita dei piedi
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Cambia la tua vita con la TCC
L’istinto di far fronte
La nostra reazione apprensiva di «fuggire, lottare o bloccarci» è talmente istantanea e improvvisa che non abbiamo il tempo di pensare concretamente a quanto sta accadendo. Reagiamo e basta ed è una risposta involontaria che provoca ulteriori reazioni motorie, in genere completamente indipendenti dal nostro controllo consapevole. Gli afflussi di ossigeno, sangue, adrenalina e cortisolo ci danno la carica e così l’istinto di far fronte prende il sopravvento. I muscoli sono pronti a scattare, noi siamo più vigili, reagiamo più rapidamente, il cervello lavora freneticamente, le mani sudano, tutto per cercare di capire come sopravvivere.
Un esempio Miranda stava passeggiando sul marciapiede, in un bel pomeriggio primaverile, in compagnia della sua bambina, Jemima, assicurata al suo nuovo passeggino. La piccola si era appena appisolata, per cui Miranda si stava godendo un raro momento di tranquillità guardando le vetrine, pensando a cosa comprare per la cena e salutando gli amici e i vicini che incontrava nella via principale della sua cittadina di provincia. Improvvisamente si era accorta con orrore che un enorme oggetto nero e luccicante si era scagliato ruggendo sul marciapiede in direzione sua e della bambina. Senza avere avuto il tempo di pensare, Miranda aveva capito che un’auto aveva sbandato e si stava lanciando direttamente contro di lei, ma soprattutto contro Jemima addormentata nel passeggino. Con una forza colossale, mai provata in vita sua prima di allora, Miranda aveva afferrato istintivamente il passeggino e l’aveva scaraventato di lato, tuffandosi, come una giocatrice di rugby, attraverso l’entrata di un negozio e frantumandone la vetrina laterale. Fortunatamente, l’auto aveva sterzato più avanti lungo la via e si era finalmente arrestata sfondando un’altra vetrina (nessuno, oltre al conducente in stato di ebbrezza, era rimasto ferito). Raccontando l’episodio in seguito, Miranda, in stato di choc e in preda a un tremito incontrollabile, non riusciva a capacitarsi di come avesse trovato la forza sovrumana per sollevare il passeggino con dentro la
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figlia (cosa che di solito le costava molta fatica) o la prontezza di spirito per calcolare la distanza tra lei e l’ingresso del negozio. Era successo tutto in una frazione di secondo, per cui Miranda era sbalordita, ma visibilmente sollevata, per il fatto che la sua rapidità nell’agire e nel pensare aveva salvato la vita a lei e alla bambina. Nonostante le ferite, le contusioni e lo choc, la reazione autonoma e istintiva di fuga e di sopravvivenza si era rivelata provvidenziale.
Mettetevi alla prova I vostri impulsi di fuggire, lottare o bloccarvi Provate a rammentare un episodio in cui avete agito rapidamente in una situazione di emergenza o di pericolo. Che cosa è accaduto e che cosa avete provato? In seguito, siete stati in grado di ricordare la situazione lucidamente? In tal caso, che cosa è successo?
Il problema dell’ansia a lungo termine
La reazione «primordiale» di Miranda è stata immediata e la sua paura era giustificata. Ma talvolta, nella vita di tutti i giorni, la paura prende il sopravvento e ci provoca tremito, ansia e tensione senza che ci sia un motivo apparente o ovvio. Questo tipo di ansia stabile, se incontrollato, è deleterio e può dare origine a numerosi disturbi di tipo psicologico, comportamentale e fisico. Il guaio, se si è sempre in stato di allerta o di allarme rosso, è che lo stomaco si riempie di acidi gastrici (ecco perché ad alcuni viene l’ulcera), nel cervello e in tutto l’organismo si attivano sostanze biochimiche (come l’adrenalina e il cortisolo), mentre l’eccesso di afflusso sanguigno provoca emicranie, cefalee e persino ictus e infarti. Quindi, dovete assolutamente tenere a bada l’ansia prolungata, se non vi trovate in una situazione di pericolo reale e immediato. Per riuscirci, dovete capire da dove provenga concretamente e precisamente l’ansia.
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Cambia la tua vita con la TCC
Da dove proviene l’ansia? Mentre la paura è un’emozione primordiale, l’ansia è una sorta di effetto secondario della tensione e dell’agitazione, che può essere di breve o di lunga durata. Fattori ereditari
Si può ereditare l’ansia? Esiste una predisposizione genetica? Attualmente, i ricercatori ritengono che possa esistere un fattore genetico determinante in certi tipi di paura e di ansia. La scoperta è stata effettuata studiando coppie di gemelli omozigoti, i quali hanno il doppio delle probabilità, rispetto alla popolazione generale, di manifestare lo stesso genere di ansia o di paura. È stato inoltre individuato uno specifico gene (il diciassettesimo sui ventitré che tutti possediamo), chiamato SERT (trasportatore della serotonina), che sembra collegato ai disturbi dell’ansia. Gli studiosi ritengono che le persone dotate della forma definita «corta» del gene siano inclini all’ansia e alla depressione, a differenza di chi è dotato della forma «lunga» dello stesso gene (nonostante eventuali circostanze avverse che risalgono all’infanzia). Sembra anche che il carattere innato influisca sui livelli d’ansia, per cui le persone sensibili, volubili, reattive, irritabili, nervose, apprensive sono più esposte agli attacchi d’ansia di quelle più tranquille, flemmatiche, meditative e lucide. Fattori legati all’infanzia
La TCC si concentra principalmente sul presente, ma occorre precisare che alcuni elementi risalenti all’età evolutiva possono benissimo contribuire a rendere più ansiosi, fobici e generalmente timorosi. Può sembrare ovvio, ma i ricercatori hanno scoperto che le persone cresciute nelle seguenti circostanze possono rivelarsi più ansiose in generale. I loro genitori possono essere stati:
• eccessivamente critici, obbligandole a raggiungere standard elevati o impossibili;
Cavalcare la tigre: superare ansia, panico, traumi, fobie e ossessioni
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• psicologicamente repressivi o punitivi; • fisicamente repressivi (punizioni corporali); • molto ansiosi loro stessi, per cui hanno inculcato l’idea che il mondo è un posto pericoloso; • psicologicamente instabili o dediti all’uso di sostanze che provocano dipendenza; • violenti fisicamente, psicologicamente o sessualmente; • iperprotettivi al massimo.
Un esempio Megan è una madre iperprotettiva e terrorizzata dal traffico al punto da non permettere al figlio di uscire dal cancello del giardino, il che era giustificato finché questi era piccolo. Ora il figlio ha 11 anni, sta per iniziare le scuole medie e Megan vuole a tutti i costi continuare ad accompagnarlo. «Tu non immagini neanche il traffico», dice con apprensione a James, «magari attraversi la strada senza guardare e un’auto ti mette sotto.» Megan è chiaramente una persona molto ansiosa, con scarsi mezzi economici e nessun aiuto pratico, perciò vede sempre pericoli dappertutto, anche dove al momento non ce ne sono.
Il problema dell’atteggiamento iperprotettivo di Megan non è solo lo stato perenne d’ansia e di allarme rosso che esaurisce la donna fisicamente e psicologicamente senza motivo, ma anche l’influenza che ha sul ragazzo, sul breve e sul lungo termine. Non incoraggiandolo ad avere fiducia in sé stesso per la strada, o a usare il cervello, lo farà diventare un «disabile» nel mondo esterno, lo renderà addirittura più vulnerabile (e non meno), perché lui si sentirà sempre terribilmente insicuro ogni volta che attraverserà la strada. Ironicamente, Megan rischia di scaricare la sua ansia addosso al figlio, il quale, a sua volta, temerà ingiustificatamente il traffico automobilistico. Certo, James dovrà imparare ad attraversare la strada, ma, per realizzarsi nella vita, dovrà anche trovare la sua strada, trattare con
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Cambia la tua vita con la TCC
la gente, farsi furbo, camminare con le sue gambe e acquisire fiducia in sé stesso. Inoltre, con il tempo, James potrebbe nutrire risentimento nei confronti della madre evitando di raccontarle qualunque cosa per paura della sua iperprotettività. Quindi, a conti fatti, Megan dovrebbe soprattutto cercare di placare la sua ansia e aiutare suo figlio ad acquisire sicurezza in sé stesso. Elementi di stress
Quando siamo stressati siamo più vulnerabili all’ansia, alla paura e agli attacchi di panico, quindi, se ci sentiamo sempre più esauriti, ci conviene correre ai ripari. Esaminate la lista qui sotto: vi trovate in una di queste situazioni?
Confronto con la realtà Gli eventi maggiormente stressanti della vita moderna
• Divorzio e separazione. • Morte o malattia grave di un parente stretto. • Trasloco (soprattutto per gli anziani). • Licenziamento (ma anche minaccia di esubero). • Dissidi familiari. • Infortuni e malattie (anche croniche). • Gravidanza. • Matrimonio. • Bancarotta. • Cassa integrazione. • Inizio di un nuovo lavoro (e dover svolgere troppe mansioni). • Nascita di un figlio. • Arresto e incarcerazione.
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Mettetevi alla prova Quali sono i vostri motivi di stress? Vi sta capitando qualcosa nella vita che è causa di stress? Vi trovate in una delle situazioni elencate in precedenza o vi ci siete trovati negli ultimi sei mesi? Prendete nota degli eventi e delle situazioni che recentemente sono stati per voi fonte di stress. Come conseguenza, siete più ansiosi e irritabili del solito? In tal caso, come lo manifestate?
L’ansia fisiologica Un certo livello di ansia o di paura nella vita è essenziale per sopravvivere. Questo capitolo non vi spiegherà come eliminare tali sensazioni istintive e primordiali, perché senza di esse finireste per diventare completamente vulnerabili e inumani, come gli zombie. Vi illustrerà, invece, come sfruttare nel migliore dei modi queste emozioni intrinseche. Le sensazioni d’ansia possono diventare talmente connaturate da non temerle e non rifuggirle più. Allo stesso tempo, se la paura e l’ansia sono eccessive, dovrete imparare a tenerle a bada per poter vivere serenamente la vita di tutti i giorni.
Un esempio Graham, un attore di 33 anni, spiega che ogni volta che si presenta su un palcoscenico o alla TV, prova un’agitazione tremenda, non riesce a dormire la notte precedente, si sveglia con un mal di testa feroce, la bocca asciutta e un senso di nausea. Tuttavia, ormai ha imparato che tutto ciò fa parte della preparazione necessaria prima di qualsiasi interpretazione. L’unico suo assillo è la paura di «bloccarsi» e di dimenticare completamente la parte, cosa che gli è successa una volta alla scuola d’arte drammatica. «Ho imparato che non devo bere alcolici la sera prima di una rappresentazione perché mi brucia i neuroni», spiega Graham ridendo, «ma in ogni caso, ormai ho capito che il nervosismo da palcoscenico fa parte del mestiere di attore e quindi lo sfrutto per dare il meglio di me stesso.»
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Essere consapevoli delle proprie sensazioni
Tenete presente che quanto leggerete in questo capitolo sull’ansia, la paura, le fobie e via dicendo potrebbe benissimo suscitare in voi le precise sensazioni che forse cercate di evitare. Potreste provare paura proprio perché questo manuale vi sembrerà troppo dettagliato, oppure perché riflette o scatena troppo certe emozioni. Potrebbe avere l’effetto del sale su una ferita e mandarvi in tilt perché pensate di avere problemi gravi e di essere nei guai seri. Fermi, niente paura, niente panico per favore: siete umani, quindi è assolutamente normale che proviate una certa dose di paura, anche non sollecitata. Perciò, non siate troppo severi con voi stessi, provate a cavalcare la tigre per poter restare in carreggiata e sfruttate al massimo questo libro. Ricordate che la paura e l’ansia sono:
• emozioni puramente fisiologiche, che tutti proviamo di tanto in tanto; • di durata limitata, anche se, quando le provate, probabilmente pensate che durino per sempre; • indispensabili per sopravvivere e reagire, quindi non potete eliminarle completamente, ma non dovete nemmeno farvi sopraffare da loro; • il segnale che sta succedendo qualcosa, ma potete imparare a interpretare il segnale per capire che cosa fare. La paura della paura
Se soffrite di ansia, probabilmente provate molto spesso un forte senso di paura, il più delle volte accompagnato da «pensieri estremi» nei quali definite quasi tutti gli eventi usando gli aggettivi seguenti: orribile, terribile, spaventoso, tremendo, terrificante e simili. Gli «errori di pensiero» in cui cadete sono: «drammatizzare», «pensare in bianco e nero» e «filtrare» (abbiamo illustrato gli er-
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rori di pensiero più comuni nel cap. 4), che vi fanno interpretare ogni minimo contrattempo come la fine del mondo. Con questo non voglio minimizzare il vostro disturbo, ma dimostrarvi che quando la paura diventa paura della paura stessa, diventa difficile distinguere tra minacce reali e immaginarie.
Illuminazione I disturbi ossessivo-compulsivi si manifestano quando la paura è così schiacciante che si cerca di allontanarla con riti o impulsi irrefrenabili. È un modo per tenere a bada sensazioni d’ansia opprimenti e può assumere le forme seguenti:
• contare o fare elenchi; • controllare ripetutamente; • lavarsi le mani e lavare gli oggetti; • mettere le cose in ordine (alfabetico o di altro tipo); • essere ossessionati da parole, pensieri, frasi particolari; • imprecare, dire parolacce, urlare (correlati alla «sindrome di Tourette»).
Come domare la propria tigre Il primo problema da affrontare per cercare di domare l’ansia e la paura è capire da che cosa scaturiscano nell’ottica della TCC. Questo libro si prefigge di aiutarvi ad aiutare voi stessi, quindi dovrete prendere coscienza di quanto vi rende vulnerabili o degli eventuali PNA che vi si presentano come campanelli di allarme. Ora esamineremo svariate situazioni e cercheremo di capire come potete neutralizzare le vostre paure.
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Capire la propria ansia Da che cosa capite che siete ansiosi?
Innanzitutto, analizzate i sintomi: se state per subire un attacco d’ansia, probabilmente presenterete alcuni dei sintomi seguenti o anche tutti:
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irrequietezza (tic nervosi alle braccia, alle gambe e al volto); difficoltà di concentrazione; sudorazione alle mani, alla testa, al collo ecc.; tensione muscolare o emicrania; insonnia (difficoltà a prendere sonno, risvegli notturni); irritabilità, stizza; mal di stomaco, mal di pancia, difficoltà di digestione; desiderio di annullare le sensazioni con l’alcol o gli stupefacenti; • desiderio di stordirsi con il fumo, gli stupefacenti, la TV, i giochi al computer ecc.; • affaticamento ingiustificato; • perdita di appetito o fame nervosa. «Tutto è così pericoloso che niente fa davvero molta paura.» Gertrude Stein
Ansia fisiologica
Disturbi dell’ansia
Sensazione di pericolo reale
Sensazione estrema di pericolo Apprensione eccessiva Sopravvalutazione delle conseguenze Rimuginare, pensare in maniera troppo severa, non riuscire a far fronte agli eventi
Cavalcare la tigre: superare ansia, panico, traumi, fobie e ossessioni Apprensione/ preoccupazione ragionevole
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Apprensione eccessiva Paura di «diventare matti» Terrore di perdere il controllo, di andare in tilt, di morire
Pensieri estremi ma di breve durata
Catastrofismo costante Pensare sempre «o tutto o niente» Pensieri estremi permanenti
Reazioni fisiche all’ansia
Reazioni fisiche ai disturbi dell’ansia
Tachicardia
Palpitazioni costanti
Tensione muscolare
Dolori al torace, algie muscolari, spossatezza, emicranie
Respirazione accelerata
Affanno, vertigini, senso di irrealtà
Stomaco in disordine
Nausea, bisogno di andare in bagno continuamente, diarrea
Aumento della sudorazione
Sudorazione eccessiva
Afflusso del sangue dalla periferia al cuore
Epidermide grigiastra o a chiazze, svenimenti
Come l’ansia può diventare cronica
I vari tipi di ansia Il problema principale dell’ansia è il suo grado di intensità. Cercate di calcolare il vostro livello d’ansia servendovi del diario dei pensieri e valutandolo su scala da 0 a 100. Le descrizioni che seguono possono aiutarvi a capire di che tipo d’ansia soffrite. Ansia/disturbi dell’ansia
L’ansia fa parte integrante della vita moderna e può presentarsi sotto forme diverse e a livelli d’intensità differenti a seconda della situazione, del vostro carattere, delle circostanze, del vostro passato e del vostro bagaglio psicologico personale ed ereditario. L’intensità può andare dal senso di disagio al vero e proprio attacco di
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panico. L’ansia può derivare da una causa specifica, o presentarsi improvvisamente senza un motivo apparente. Quest’ultimo tipo di ansia si definisce «ansia generalizzata» e può manifestarsi inaspettatamente (per esempio, quando ci si sente di colpo agitati senza sapere perché). Se la vostra ansia deriva da qualcosa di concreto potrebbe essere «ansia situazionale» o «ansia fobica», perché le sensazioni di paura scaturiscono da qualcosa di preciso. Preoccuparsi senza motivo per qualcosa che potrebbe capitare in futuro si definisce «ansia anticipatoria» (per esempio, quando si viene presentati ai genitori del partner e si è certi di fare pessima figura, collezionare gaffe e rendersi ridicoli). Le sensazioni derivanti dall’ansia possono essere le seguenti:
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tremito, trepidazione; desiderio di piangere; senso di oppressione al torace; nausea o crampi allo stomaco; capogiri o vertigini; senso di irrealtà; paura di morire; nodo alla gola o senso di soffocamento; paura di «diventare matti» o di perdere il controllo; vampate di calore o brividi di freddo improvvisi; intorpidimento o formicolio agli arti; senso di distacco; tachicardia, battito irregolare; affanno, fame d’aria; sudorazione.
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Un esempio Mary è seduta alla scrivania e deve fare una telefonata a un compratore, ma non ha la forza di sollevare il telefono, al punto che le tremano le mani quando le avvicina all’apparecchio. Da qualche tempo, ogni volta che deve fare una telefonata, ha la sensazione di avere qualcosa di grosso incastrato in gola, come un nocciolo d’albicocca. Poi, prima di fare la telefonata, sente il bisogno di andare in bagno, perde tempo a mettersi il rossetto, va a prendersi una bottiglietta d’acqua o l’ennesimo caffè. In effetti, farebbe qualsiasi cosa eccetto la telefonata. L’ultima volta che aveva parlato con quel compratore, questi si era dimostrato sarcastico, aveva perso la calma e lei si era sentita svilita e umiliata. Attualmente, il suo capo sta facendo pressione perché realizzi altre vendite con quel compratore prima della fine del mese. Mary sgattaiola fuori a pranzo (non ha ancora fatto la telefonata) e ora ha uno dei suoi soliti mal di testa. Si dirige al bar con l’intenzione di farsi coraggio con un calice di vino, sapendo, dentro di sé, che si sta cacciando sempre più nei pasticci evitando di fare la telefonata, tuttavia la paura ha la meglio su di lei.
In casi estremi questo tipo d’ansia, se è così intenso e prolungato da condizionare gravemente l’esistenza quotidiana, può trasformarsi in un «disturbo dell’ansia». Questi disturbi si verificano quando la sensazione di panico permane intensa, non solo per pochi minuti finché l’emergenza (o l’ipotetica emergenza) non è superata, ma per ore, giorni, settimane, mesi o addirittura anni e possono compromettere seriamente la salute se non vengono affrontati efficacemente. Rivolgersi al proprio medico
Se questo è il vostro caso e se i sintomi persistono per almeno una settimana, è meglio che vi rivolgiate al vostro medico di fiducia, il quale dovrebbe essere in grado di valutare il vostro livello d’ansia ed eventualmente indicarvi uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale o prescrivervi, se necessario, una terapia farmacologica.
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I sintomi dell’ansia vanno diagnosticati e trattati tempestivamente per evitare che lo stato di disagio persista o addirittura si aggravi. Per aiutarvi a individuare il vostro tipo d’ansia da soli, illustriamo di seguito alcune delle paure più comuni. Sociofobia
È la paura di conoscere persone nuove, delle situazioni sociali, degli eventi mondani, di parlare in pubblico, di essere guardati, di esibirsi su un palcoscenico, persino di bere, mangiare o semplicemente farsi vedere da altri.
• Gary è stato incaricato di presentare una relazione a una
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riunione sulle vendite, ma è terrorizzato all’idea di parlare davanti agli altri, in particolare in presenza del suo capo. È troppo timido e insicuro per prendere la parola ed è convinto che farà pasticci con PowerPoint: è il suo peggior incubo. Sophie fa sempre più fatica ad andare a fare shopping di sabato perché la intimidisce entrare nei negozi di abbigliamento pieni di gente ed essere oggetto di sguardi critici, oppure ha paura che qualcuno entri per sbaglio nel suo camerino mentre si sta provando qualcosa. Shamir filtra le telefonate ed entra in agitazione se, sollevando la cornetta, viene colto alla sprovvista da un interlocutore sconosciuto, perché non sa mai che cosa dire. Fa anche fatica a dire di no quando riceve telefonate di tipo promozionale o pubblicitario. Marie ha acquistato un golf in un grande magazzino, ma, tornata a casa, ha scoperto che manca un bottone e si sta sfilacciando. Tuttavia non ha il coraggio di restituirlo, sebbene sia in possesso dello scontrino e dell’etichetta, perché non si sente in grado di affrontare i commessi. Barry è invitato al centro sociale di quartiere perché vive da solo, ma non vuole che gli altri lo vedano mangiare, perché si sente grasso e preferirebbe restare in casa e pranzare da solo.
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Ipocondria
Comprende la paura di morire, di farsi male o di contrarre malattie letali.
• Simon si spaventa tantissimo ogni volta che scopre un
nodulo o un edema sul suo corpo, così passa le notti in bianco convinto che morirà dopo atroci sofferenze. Si reca spesso dal medico a farsi controllare, ma il più delle volte non ha niente. • Katrina spesso passa la notte e girarsi e rigirarsi nel letto pensando che morirà troppo presto, prima che suo figlio sia cresciuto e in grado di vivere autonomamente senza di lei. • Sandy si lava le mani ogni dieci minuti o quasi, tutto il giorno, e si alza anche la notte per farlo, strofinandosele con lo spazzolino per le unghie. Ha orrore della sporcizia e spruzza uno spray antibatterico su tutto. Ha addirittura ricoperto le sedie con un telo in plastica per paura di contrarre qualche malattia tremenda.
Gestire efficacemente gli attacchi d’ansia Prendiamo in esame una situazione in cui l’ansia ha raggiunto livelli elevati: che cosa si può fare concretamente? Don, un avvocato trentunenne, è a letto, sono le 3 del mattino e non riesce a dormire: il suo matrimonio è recentemente naufragato e il divorzio è stato stressante e controverso. La sua mente è un caos di pensieri confusi e negativi: «Sono terribilmente solo, sto per morire e non c’è nessuno che possa soccorrermi, la mia vita è finita, non mi innamorerò mai più». Mentre emergono questi PNA, Don sente un nodo alla gola, una morsa allo stomaco, prova un senso di nausea e il desiderio di piangere. Di colpo, tutto e tutti gli sembrano lontanissimi e lui si sente estraneo e abbandonato. Cosa può fare Don per placare l’ansia? Se dovesse capitarvi di sentirvi in quello stato, che cosa potreste fare?
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• Accendere la luce e sedervi: modificando la situazione
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è più facile affrontare le paure che salgono. Se non riuscite a dormire e restate nel letto a rigirarvi, l’ansia non farà altro che aggravarsi. Alzatevi e preparatevi una tazza di latte caldo (niente alcolici, nicotina o caffeina, per favore!). Accettare le sensazioni, invece di respingerle, perché cercando di negarle o di sminuirle si finisce per accentuarle. Provate a dire a voi stessi: «In questo momento sono spaventato, ma è assolutamente normale, date le circostanze, mi passerà». Mettervi a sedere e annotare tutti i vostri PNA sul diario dei pensieri, in particolare le paure nei minimi dettagli. Tenete un taccuino e una penna a portata di mano sul comodino e anche una torcia, se non volete svegliare il vostro partner, per poter scrivere senza accendere la luce. Fare un elenco di tutte le vostre preoccupazioni e assilli, poi prendere il foglio di carta, metterlo sotto il cuscino e rimandare tutto al mattino dopo. Ricordare che vi è capitato altre volte e siete sopravvissuti. Probabilmente avete già vissuto quelle sensazioni in passato, magari più intensamente, eppure non siete morti. Il momento d’ansia passerà, come succede per ogni cosa. Anche se avete la sensazione che durerà per sempre, prima o poi si placherà. Se avete paura di qualcosa di specifico, allontanarvi dalla situazione corrente e rivolgere temporaneamente l’attenzione a qualcosa di diverso, per esempio ascoltare musica classica rilassante, accendere la radio, ammirare le stelle fuori dalla finestra. Anche contare fino a dieci può rivelarsi utile. Osservare un quadro nei dettagli, leggere un libro o accarezzare il cane o il gatto può contribuire a calmarvi.
Altri semplici espedienti da mettere in atto in caso di un attacco d’ansia sono:
• le tecniche di rilassamento; • la meditazione.
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Potete provare uno dei due esercizi illustrati avanti nel momento stesso in cui sentite che i sintomi dell’ansia stanno per assalirvi. Anch’io mi ritrovo a pensare: «Oh, ci risiamo!», quando mi si presentano sintomi e pensieri particolari. Sfruttando la mia conoscenza della TCC, mi accorgo che i pensieri ansiogeni sono ripetitivi e mi comunicano che sono preoccupata o spaventata. A quel punto, posso correre ai ripari, cercando di rilassarmi o di meditare allo scopo di recuperare la calma. Questi esercizi si possono eseguire al lavoro, durante la pausa pranzo, al parco, in un parcheggio, in bagno, a casa, a scuola, all’aeroporto, su un treno, in mezzo al traffico, in giardino, a letto, ovunque vi troviate nel momento in cui sentite che le sensazioni di paura stanno per sopraffarvi. Semplice tecnica di rilassamento
«Rilassamento» è una parola grossa, facile da dire, difficile da applicare. Tutti ci diciamo vicendevolmente di rilassarci, stare tranquilli perché non è niente di grave. Tuttavia, chi è ansioso, sa che prima o poi gli capiterà un attacco, quindi deve stare all’erta giorno e notte. In effetti, imparare a rilassarsi è un ottimo modo per cominciare a dipanare la matassa nella quale siamo completamente aggrovigliati. Come Don, potreste soffrire d’insonnia e passare le nottate a rigirarvi nel letto, nella speranza di addormentarvi ma con la paura che non ci riuscirete e di essere uno straccio poi il giorno dopo. Vi fate prendere dal panico perché cominciate a temere di non farcela, vi viene la tachicardia, vi agitate, sudate e vi lasciate sommergere dalla paura. Per fortuna, ormai numerosi medici e psicoterapeuti sono in grado di insegnare alcune semplici tecniche di rilassamento che aiutano a gestire ogni genere d’ansia. Come rilassarsi 1. Mettetevi in posizione supina o seduta con gli occhi chiusi.
Fate in modo di essere comodi, di non avere né troppo caldo, né troppo freddo, evitate gli indumenti costrittivi, eliminate spifferi e distrazioni.
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2. Inspirate profondamente, poi espirate. 3. Concentratevi sull’aria che penetra naturalmente nei polmoni 4. 5. 6.
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e poi fuoriesce. Rivolgete tutta la vostra attenzione alle dita dei piedi, contraetele e rilassatele. Continuate a respirare lentamente, concentrandovi sulla respirazione e lasciandovi andare; ripetete un paio di volte. Poi passate alle caviglie: flettetele o ruotatele, poi rilassatele. Dovete sentirle pesanti, come di piombo, che sprofondano nel pavimento. Passate ai polpacci, alle ginocchia, alle cosce, alle anche, risalendo gradualmente lungo tutto il vostro corpo. Arrivate al collo, alle mascelle, agli occhi, alla fronte, alla testa, continuando sempre a respirare profondamente e lentamente, concentrandovi sulla respirazione.
Poi lasciatevi sprofondare nel pavimento, nel materasso o nella poltrona e dopo qualche minuto aprite gli occhi. Altri veloci rimedi antistress
Altre semplici tecniche da sfruttare, per esempio alla scrivania, sono le seguenti: Scrollare le spalle 1. Interrompete il lavoro e alzatevi in piedi. 2. Sollevate le spalle avvicinandole alle orecchie, contraetele
al massimo e poi lasciatele cadere. 3. Ripetete tre volte. 4. Poi allungatevi più che potete verso il soffitto e sciogliete la tensione delle mani e dei piedi come fanno i nuotatori prima di una gara.
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Allungarsi ed estendersi verso l’alto 1. Alzatevi in piedi, sollevate le braccia verso il soffitto 2. 3. 4. 5.
ed estendetele. Riportate lentamente le braccia verso i fianchi. Contraete la mascella, poi spalancate la bocca e boccheggiate come fanno i pesci; ripetete per tre volte di fila. Risollevate le braccia al di sopra del capo e mettetevi in punta di piedi per estendere la colonna vertebrale. Scuotete le spalle e le mani per scrollarvi di dosso la paura.
Facile esercizio di meditazione
La meditazione è una di quelle tecniche che a molti sembrano astruse e complicate, mentre in realtà è molto semplice ed efficace. Io stessa medito tutti i giorni per un quarto d’ora e, di conseguenza, tutta la giornata mi va meglio. Lo faccio soprattutto quando sono in preda al panico per mancanza di tempo e devo rispettare una scadenza. La meditazione ha il potere di dilatare il tempo e di allentare la paura, quindi funziona benissimo con ogni genere d’ansia. Meditazione da cinque minuti: un assaggio 1. Cercatevi un angolino tranquillo in casa, in giardino o dove 2. 3.
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sapete che nessuno vi può disturbare. Puntate la sveglia dopo cinque minuti. Sedetevi comodamente su una sedia o sul letto, oppure sdraiatevi (non è indispensabile mettersi a gambe incrociate nella posizione del loto, ma può essere utile). Chiudete gli occhi. Mentre inspirate pensate che vi state librando. Mentre espirate pensate che state precipitando. Non dovete fare altro: continuate così, librandovi e precipitando, mentre inspirate ed espirate.
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8. Mentre nel vostro cervello svolazzano PNA e preoccupazioni
(«Ho spento il forno?» o «Che ore sono?»), lasciatevi andare, rivolgete tutta la vostra attenzione alla respirazione e concentratevi su un punto interno in mezzo agli occhi. 9. Mantenete la concentrazione mentre inspirate ed espirate, non muovete un dito, non aprite gli occhi, non distraetevi nemmeno se squilla il telefono, ma ignoratelo e continuate a respirare riportando l’attenzione al punto in mezzo alle sopracciglia finché non suona la sveglia. 10. Aprite gli occhi lentamente, poi alzatevi altrettanto lentamente e distendetevi. Vi sentirete più freschi, più tranquilli e probabilmente il vostro livello d’ansia sarà calato. Una volta che avrete imparato a meditare, potrete prolungare la durata della meditazione a 10 minuti, poi a 15 o 20. Potete anche farlo mattina e sera, o a metà giornata, o tre volte al giorno. Potete anche meditare nel cuore della notte (senza sveglia) se avete la mente in subbuglio e non riuscite a dormire. Il prodigio della meditazione
Il bello della meditazione è che rallenta i ritmi alfa del cervello, per cui la mente si ritrova in uno stato di «animazione sospesa». Matthieu Ricard, il famoso biochimico e ricercatore francese diventato monaco buddhista, racconta una sua esperienza nel libro intitolato Il gusto di essere felici (Sperling & Kupfer, 2008). Ricard medita quotidianamente da 35 anni e sembra la persona più felice, tranquilla e socievole del mondo. Nell’ambito di un esperimento, Ricard si è sottoposto a risonanza magnetica per tre ore allo scopo di mostrare come funzionasse il suo cervello. Per molti la risonanza magnetica è un esame fastidioso e ansiogeno, ma Ricard era emerso dall’apparecchio, rumoroso e claustrofobico, dicendo con il sorriso sulle labbra che si era trattato di una specie di miniritiro. Tutto grazie al potere della meditazione e del controllo della mente.
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Un esempio Il ventinovenne Benny detesta prendere la metropolitana al punto che ogni volta che scende con la scala mobile nelle «viscere della terra» prova un’autentica sensazione di panico. Il fatto di essere rinchiuso all’interno di un treno gli provoca tachicardia, affanno e vertigini. Inoltre, da qualche tempo, ha sempre più spesso il terrore che il treno si blocchi in mezzo a un tunnel e di restare sepolto sotto terra per ore. «Forse ho letto troppi articoli sull’attentato del 2005 nella metropolitana londinese e mi sono lasciato condizionare», spiega Benny, «per cui se il treno si ferma per più di un minuto, sento il cuore che mi scoppia e comincio a guardarmi intorno in preda al panico, in cerca di una via di fuga.» Chiaramente, Benny prova un’intensa sensazione di panico non solo quando sale sul treno, ma anche mentre scende le scale della metropolitana. Di conseguenza, fa di tutto per evitare di prenderla e si muove prevalentemente in autobus o a piedi, pur di non scendere sotto terra. Il guaio è che finisce per arrivare in ritardo alle riunioni e agli appuntamenti e qualche volta non può proprio fare a meno di prendere la metropolitana se deve essere per forza puntuale.
Che cosa può fare Benny? Se, come lui, soffrite di sensazioni di panico, che cosa potete fare per evitare che le sensazioni si trasformino in un vero e proprio attacco di panico? Oltre alle semplici tecniche di rilassamento e di meditazione descritte sopra (entrambe utili in caso di attacchi di panico), sembra dimostrato che stroncare l’attacco sul nascere sia un rimedio molto efficace. Nel momento stesso in cui vi accorgete che vi sta salendo un’ansia incontrollabile e che state andando in panico, avete i sudori freddi e una morsa allo stomaco, è inevitabile che nella vostra mente emergano alcuni PNA, quali: «Devo uscire da qui», o «Aiuto! Fatemi uscire!»
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Spegnete l’allarme rosso con parole incoraggianti
Nel preciso instante in cui emergono i PNA che costituiscono i primi segnali di pericolo, dovete cercare di scongiurare l’allarme rosso, modificando consapevolmente le frasi formulate dalla vostra mente da «Devo uscire da qui» a «Niente paura, tutto a posto, tra poco il treno ripartirà, non c’è nulla di cui preoccuparsi.» Dovete placare la paura con l’autorassicurazione, dicendovi che non ci sono problemi, che è tutto normale e che state bene, parlando a voi stessi come se lo facesse qualcun altro (un amico, un genitore, uno psicoterapeuta) per tranquillizzarvi. Se vi trovaste in metropolitana, come Benny, con una sensazione di panico crescente, cosa dovreste fare? 1. Inspirate profondamente e chiudete gli occhi. 2. Ditevi mentalmente: «Tutto a posto, sto bene, posso farcela». 3. Ripetetevelo continuamente come se fosse un mantra. 4. Continuate a respirare lentamente, con calma (non troppo
profondamente, per non rischiare di andare in iperventilazione e peggiorare la situazione). 5. Potreste anche mandare un SMS a un amico o al vostro partner spiegando cosa provate e vedrete che questo vi allevierà la tensione. 6. Potete parlare con qualcuno delle vostre sensazioni, anche brevemente, perché parlare aiuta a scongiurare il panico, mentre chiudersi in sé stessi solitamente peggiora la situazione. Visualizzazione mentale creativa
La tecnica della visualizzazione mentale creativa consiste nell’immaginare di compiere azioni tranquillizzanti, come passeggiare lungo un viottolo di campagna, fresco e ombroso, o camminare lungo il mare sentendo la brezza fra i capelli. È una tecnica che si può applicare ovunque, soprattutto quando si avverte l’imminenza di un attacco di panico.
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La mia fantasia preferita è immaginare un tendaggio leggerissimo di un colore porpora scintillante, ad ampi drappeggi, che si frappone fra me e l’oggetto della mia paura. Io, per esempio, detesto i treni affollati ed è proprio quando mi trovo in una carrozza piena di gente, in una calda giornata estiva e mi sento sull’orlo dell’attacco di panico, che chiudo gli occhi e immagino la lucentezza purpurea del tessuto, meravigliosamente drappeggiato, che ricade su di me come un velo. Con l’esercizio, questa tecnica funziona a meraviglia e mi fa sentire tranquilla e padrona di me. La visualizzazione mentale si usa spesso con persone affette da malattie gravi, come il cancro, o per affrontare indagini mediche complesse. Per certi versi, è paragonabile alla meditazione, in quanto placa la mente e permette ai ritmi alfa del cervello di prendere il sopravvento e al battito cardiaco di rallentare. Il trucco del sacchetto di carta
Oltre al rilassamento, alla meditazione e alla visualizzazione mentale creativa, una delle tecniche classiche per tenere a bada il senso di panico consiste semplicemente nell’inspirare ed espirare dentro un sacchetto di carta. Si avvicina il sacchetto alla bocca, sigillandolo con le mani, e si inspira ed espira un paio di volte contando fino a dieci. Questo esercizio ha il pregio di placare l’affanno o la respirazione rapida e superficiale che può degenerare in un attacco di panico.
Affrontare le fobie I soggetti fobici hanno paura di oggetti specifici (per esempio, i ragni), o di situazioni (come prendere l’ascensore) che provocano reazioni di paura e sintomi fisici (affanno, tachicardia). La paura fobica è intensa, improvvisa e può derivare da un vasto ventaglio di eventi scatenanti, quali certi animali, certi ambienti (per esempio, gli spazi aperti, come nell’agorafobia), esperienze specifiche (come viaggiare in aereo), il sangue, determinati alimenti e anche il vomito.
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Come affrontare le fobie passo dopo passo 1. Innanzitutto prendete atto che soffrite di una fobia, invece 2.
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di negarlo. Se vi trovate in presenza di qualcosa che vi fa ribrezzo (per esempio un ragno o escrementi di cane), nel momento in cui il panico sale, fermatevi un istante e dite a voi stessi: «Posso farcela». Autoconvincersi è estremamente efficace nelle situazioni di panico. Se siete sicuri di non poter sopportare la presenza dell’oggetto della vostra fobia (per esempio, i ragni), allontanatevi. Se non potete muovervi perché siete intrappolati (per esempio state guidando un’auto), la cosa più importante è essere pratici: concentratevi sulla guida, accostate a lato della strada e poi uscite. Fate lo sforzo di non lasciarvi travolgere dal panico. Fatevi aiutare da un amico fidato, da un parente o da uno psicoterapeuta per prendere familiarità con l’oggetto della vostra fobia. Se si tratta dei ragni, fatevene mettere uno in un barattolo di vetro sigillato e osservatelo dall’esterno. Dopo aver verificato fino a che distanza potete avvicinarvi senza farvi prendere dal panico, annotate sul diario dei pensieri il livello di paura all’inizio e alla fine di ogni esperimento. Elaborate una serie di test, da effettuare a intervalli regolari, che prevedano l’esposizione graduale all’oggetto della fobia: anche pochi istanti sono meglio che niente per cominciare a desensibilizzarsi. Quando sarete riusciti a restare in un ambiente chiuso in presenza di un ragno in un angolo senza andare in tilt, avrete fatto un enorme passo avanti e potrete congratularvi con voi stessi. Continuate a esporvi, gradualmente e lentamente, ai ragni, arrivando il punto di riuscire a toccarne uno (magari con un guanto) o addirittura a prenderlo in mano.
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7. Non esponetevi troppo presto all’oggetto della vostra fobia
perché potrebbe essere controproducente. Preparatevi con calma e fatelo un po’ alla volta, ma spesso, in modo da desensibilizzarvi dall’oggetto in questione. 8. Valutate i progressi compiuti verso la normalizzazione della situazione misurando i vostri livelli di paura prima e dopo l’esposizione e annotate tutto sul diario dei pensieri.
Verificate il cambiamento
Scoprite le vostre fobie Soffrite di qualche fobia? Di recente se ne sono aggiunte altre? Prendete nota per uso futuro.
Affrontare i traumi Disturbo post-traumatico da stress
Questa sindrome solitamente deriva da una situazione potenzialmente letale, per esempio un incidente, un’aggressione, una violenza, una catastrofe o una guerra, in cui la paura ha avuto un peso preponderante e avete provato sofferenza o terrore o avete completamente perso il controllo. I sintomi classici sono: flashback del momento di pericolo o del danno fisico subito, incubi e sudori notturni, perenne sensazione di pericolo (vigilanza eccessiva), tensione, irritabilità, collera, avvilimento, disgusto e suscettibilità. Talvolta i ricordi dell’evento o della situazione sono chiarissimi, mentre in altri casi sono frammentari e difficili da cogliere, per cui lasciano una sensazione di pericolo generalizzata. Si può essere tentati di eliminare o evitare le sensazioni di disagio con «rimedi» come l’alcol, gli stupefacenti o gli zuccheri.
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Cambia la tua vita con la TCC
Un esempio Anna aveva il terrore dei temporali (tonitrofobia) perché le ricordavano la sua infanzia nell’ex Iugoslavia durante i burrascosi anni Novanta. Da allora, quando tuonava, si nascondeva sotto le coperte o persino negli armadi, perché i tuoni e i fulmini le provocavano una sensazione di terrore puro e lei aveva cominciato a chiudersi in sé stessa anche in altri momenti della vita, al punto che non usciva più e non vedeva nessuno. Il suo trauma non risolto stava sfociando anche in sociofobia e agorafobia. Suo marito non ce la faceva più a sopportare tale situazione, in quanto la loro vita di coppia era dominata dalla paura e dall’isolamento. A un certo punto, Anna si era rivolta al suo medico di base che le aveva consigliato di sottoporsi alla TCC. Dopo dieci sedute, durante le quali aveva cominciato ad affrontare le sue paure, Anna era in grado di restare in soggiorno, con il marito, mentre fuori tuonava. Poi, nel corso della terapia, si era esposta gradualmente al rombo del tuono, ai lampi e ai suoi stessi pensieri terrificanti. Con il passare del tempo, aveva capito che i pericoli tremendi che aveva vissuto da bambina ormai appartenevano al passato, che i tuoni erano tuoni e non colpi di cannone.
L’efficacia dell’esposizione Affrontare gradualmente le paure
Come abbiamo visto nel cap. 5 e nel paragrafo sulle fobie, la TCC si avvale della tecnica dell’esposizione graduale all’oggetto o alla situazione stessi che scatenano il terrore, che siano parlare in pubblico, vivere da soli, i cani, viaggiare in auto e via dicendo. Ipotizziamo che, come Anna, abbiate paura dei temporali. 1. Prendete nota degli elementi che scatenano la vostra paura e
di cosa pensate di provare trovandovi in loro presenza (ansia anticipatoria). 2. Dopo esservi esposti a un temporale (anche per pochi minuti), prendete nota delle vostre sensazioni reali (ansia concreta), seguendo questa tabella:
Cavalcare la tigre: superare ansia, panico, traumi, fobie e ossessioni
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Valutazione delle tonitrofobia di Anna Elementi che scatenano l’ansia
Livello di ansia anticipatoria
Livello di ansia reale
Fragore del tuono
Su scala da 0 a 100% (diciamo 90%)
Dopo l’esposizione 60%
Nuvole nere o cielo scuro Lampi
Affrontare le ossessioni Sulle ossessioni, i disturbi ossessivo-compulsivi e le dipendenze sono stati versati fiumi d’inchiostro, quindi mi limiterò a rammentarvi che le ossessioni si basano su sensazioni di paura estrema, necessità di controllo totale, desiderio di perfezione. Spesso le ossessioni sono costituite dal desiderio maniacale di pulizia, ordine, igiene assoluta, in quanto la vera paura sottostante è morire, ammalarsi o perdere il controllo. Alcuni sono ossessionati da oggetti o anche da altre persone (per esempio dai malintenzionati o dai fan troppo accesi), o cose (come collezionare o fare incetta di giornali o scarpe). L’ossessione può anche essere di tipo comportamentale, come contare o enumerare marche di automobili, mettere in ordine matite, libri, giornali o CD. Taluni comportamenti ossessivi consistono nel verificare più volte la stessa cosa o persino ripetere le stesse frasi. Coloro che soffrono di disturbi ossessivo-compulsivi si sentono responsabili oltre misura, aspirano alla perfezione assoluta e fanno fatica a tollerare che non sia tutto come vogliono loro. I comportamenti ossessivi possono anche consistere nell’evitare oggetti che fanno sentire a disagio (come la sporcizia o certi animali), o essere angosciati dei propri pensieri negativi. Per combatterli, la TCC suggerisce di: 1. ridurre o eliminare i riti, i comportamenti o i pensieri e vedere
che effetto ha su pensieri, comportamenti e sensazioni; oppure 2. intensificare i pensieri o i comportamenti e vedere che effetto ha.
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Cambia la tua vita con la TCC
Un esempio Simon ha l’ossessione di girare le maniglie delle porte verso l’alto prima di andare a dormire. È un gesto che compie fin da bambino, per cui la sera fa il giro della casa per girare tutte le maniglie all’insù, perché questo lo fa sentire più sicuro. Il suo coinquilino trova questo comportamento sempre più fastidioso perché Simon entra in ansia chiedendosi se l’ha fatto o no e quindi deve rifare il giro della casa per controllare. A un certo punto aveva deciso di superare questa ossessione avvalendosi della TCC, ma prima aveva provato a raddoppiare i suoi sforzi girando le maniglie all’insù mattina, mezzogiorno e sera e prendendo nota delle sue sensazioni e dei suoi pensieri sul diario. In tal modo si era reso conto che, controllando maggiormente, il rituale lo ossessionava ancora di più e che la sua mania per le maniglie era esacerbata dal fatto stesso di controllare, esattamente il contrario di quello che pensava. Così Simon aveva deciso di smettere di controllare e dopo 12 settimane di terapia era riuscito ad andare a letto dopo aver controllato una volta sola, con grande sollievo del suo coinquilino. Il suo obiettivo principale era riuscire, con il tempo, a non controllare più.
Lavarsi le mani continuamente
Una mia paziente aveva l’ossessione di lavarsi le mani prima, durante e dopo le sedute, ma lo faceva anche nel corso di tutta la giornata e persino di notte. Per affrontare tale ossessione, avevo deciso di «autorizzarla» a lavarsi le mani tutte le volte che voleva, fino allo sfinimento (e alle screpolature). Dopo tale esperimento, la paziente aveva scoperto che voleva lavarsi le mani meno frequentemente. È una tecnica simile a quella per cui si dice a una persona di non fare caso al coniglio verde appollaiato sulla sua testa. Inevitabilmente, la persona guarda verso l’alto, sopra la sua testa, per cercare di scorgere il coniglio verde. In effetti, è assolutamente umano voler fare ciò che si è stati esortati a non fare. Quando si è ossessionati, si sente come una vocina interna che dice di fare una determinata cosa ripetutamente, per cui bisogna imparare a imbrogliare la vocina.
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Affrontare le dipendenze
Lo stesso vale per le dipendenze. Se mangiate compulsivamente e sapete dove sono i biscotti e che cosa c’è nel frigorifero, fate una grande fatica e non avvicinarvi, a non sentirvi obbligati ad aprire lo sportello e a non mangiare. Anche in questo caso può rivelarsi utile autorizzarvi a farlo finché non ne potete più, anche se capire quando ne avete abbastanza è piuttosto difficile in caso di bisogni compulsivi di questo genere. Allo stesso tempo, fissarsi limiti realistici e ricompensarsi per averli rispettati, valutare le proprie sensazioni prima, durante e dopo l’esposizione agli oggetti dei propri desideri, è un buon sistema per compiere passi avanti. Ho lavorato con bambini che mangiavano compulsivamente dolciumi e, come terapia, li avevo autorizzati a riempire la federa del cuscino di caramelle con le quali abbuffarsi a volontà. Loro l’avevano fatto per un giorno e poi si erano stufati. Concedendo loro tale permesso, li avevo aiutati a trovare il «limite» della sufficienza (obbligandoli, ovviamente, a lavarsi i denti scrupolosamente!). Molte persone sentono la necessità di eliminare totalmente un comportamento compulsivo allo scopo di combattere la dipendenza, che sia navigare su Internet alla ricerca di siti porno, fumare o bere alcolici. Tuttavia, rinunciare del tutto a qualcosa non significa necessariamente sbarazzarsi dei pensieri e delle sensazioni ossessivi che accompagnano tale dipendenza, perché solitamente ci vogliono più tempo e sforzi e occorre utilizzare il diario dei pensieri e le tecniche dell’esposizione.
Illuminazione Commento sulle tecniche dell’esposizione È un cardine della TCC abituare i pazienti agli oggetti stessi delle loro paure mediante esperimenti di «esposizione graduale». Se avete paura di volare, potreste provare un simulatore di volo; se avete orrore dei serpenti, potreste andare in un negozio di animali a osservarne uno }
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Cambia la tua vita con la TCC
dalla vetrina; se avete la mania della pulizia, potreste «azzardarvi» a mangiare qualcosa che è caduto per terra. Ho avuto un paziente che era terrorizzato dall’esame di guida: abbiamo fatto due sedute fermi in auto, con lui al volante che azionava la leva del cambio, mentre sudava e tremava profusamente. Come inizio, stare seduti nell’auto ferma era più che sufficiente. È stata una bella soddisfazione sapere che nel giro di alcuni giorni aveva superato l’esame, dopo che era stato respinto per ben tre volte senza aver fatto sedute preparatorie di alcun genere.
Uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale vi può aiutare ad aumentare il livello e il tipo di esposizione finché non sarete in grado di affrontare in pieno la situazione fonte della paura. Per esempio, se uscire di casa vi terrorizza, tanto per cominciare potreste immaginare di aprire la porta. La volta successiva potreste addirittura aprirla, mentre la volta dopo potreste uscire lentamente sulla soglia o sul pianerottolo. Dopo tale successo, potreste prolungare il tragitto fino al primo lampione della via e ritorno ecc. Ogni volta, dovrete valutare i vostri livelli di paura prima e dopo, per poter quantificare i risultati dell’esperimento sull’oggetto stesso delle vostre paure. Questo tipo di esposizione graduale è uno dei fondamenti della TCC. Provate a pensare agli oggetti o situazioni ai quali potreste esporvi: accarezzare un cane, uscire durante un temporale, parlare in pubblico. Riuscite a immaginare di farlo, tanto per cominciare? Che effetto vi farebbe? Elaborate un esperimento su voi stessi e datevi una valutazione prima e dopo l’esposizione, seguendo il modello della tabella a p. 136.
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Verificate il cambiamento
Comportamenti di sopravvivenza e di perpetuazione Ripensando ad ansie, fobie, traumi e ossessioni di cui vi siete resi conto leggendo questo capitolo, avete individuato eventuali comportamenti di sopravvivenza e perpetuazione che mettete in atto e che fanno perdurare le vostre paure? Se sì, annotateveli. Avete qualche idea su come esporvi agli oggetti o situazioni da cui scaturiscono le vostre paure al fine di ridurle? Siete in grado di suddividere gli esperimenti in piccoli passi graduali? Se sì, quali? Prendete nota anche di questo. Siete per caso consapevoli di qualche «errore di pensiero» che aiuta a mantenere lo stato di ansia? Se sì, annotate anche questo.
Esercizio fisico e ansia Infine, è stato dimostrato che un ottimo antidoto contro la paura, l’ansia e tutti i disturbi che ne derivano è il regolare esercizio fisico. Quasi sempre, la TCC consiglia un programma giornaliero o settimanale di esercizio fisico per abbassare il livello della paura. Questo è spiegato dal fatto che l’esercizio, in particolare aerobico come nuotare o correre, stimola il rilascio di endorfine, che fungono da calmante naturale, nel flusso sanguigno. Di conseguenza, dedicate del tempo all’attività fisica nel vostro programma giornaliero o settimanale. Per ottenere il massimo beneficio, fate almeno tre sedute settimanali, di 30 minuti ciascuna, di allenamento vigoroso. Ovviamente, prima di imbarcarvi in allenamenti che non avete mai sperimentato, consultate il vostro medico di fiducia. In ogni caso, più siete ansiosi e più vi farà bene nuotare avanti e indietro in piscina, ballare, fare giardinaggio, giocare in una squadra con una certa lena. L’unico ammonimento è stare attenti a non allenarvi in maniera ossessiva o compulsiva al solo scopo di
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Cambia la tua vita con la TCC
tenere sotto controllo il vostro peso corporeo. Come sempre, usate il buon senso. Questo capitolo ha illustrato numerosi punti, perciò vi consiglio di rileggerlo e di concentrarvi sugli aspetti specifici che vi riguardano. Tenete presente che l’ansia si può tenere sotto controllo con la TCC se ci si rende consapevoli dei propri PNA e dei sintomi fisici nell’attimo stesso in cui emergono.
La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli. 4. Individuate ed eliminate gli errori di pensiero. 5. Chiaritevi i problemi ed effettuate esperimenti. 6. Riesaminate la vostra decisione di cambiare e confermatela. 7. Sconfiggete l’ansia, le fobie, i traumi, le ossessioni e le dipendenze.
Compito Se soffrite di ansia, fobie, ossessioni, dipendenze o avete subito un trauma, mettetevi alla prova ed «esponetevi» a uno degli oggetti delle vostre paure. Provateci una o due volte nel corso della prossima settimana. Prendete appunti sul diario dei pensieri, osservando in particolare i livelli di paura prima, durante e dopo l’esposizione.
8. Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
«Non si può vivere senza soffrire, ma si può decidere come sfruttare le sofferenze che la vita ci infligge.» Bernie S. Siegel
La depressione non è uno scherzo. Sfortunatamente, la nuvoletta nera di Ih-Oh che abbiamo incontrato nel cap. 3 oggigiorno incombe su molte persone con risultati sconfortanti e debilitanti. Naturalmente, tutti abbiamo giornate «nere» e momenti di malumore in cui ci sentiamo tristi e abbattuti senza nemmeno sapere perché. Diciamo che «ne abbiamo fin sopra i capelli» quando abbiamo troppo da fare, o che siamo «stufi» o apatici quando ci annoiamo. Insomma, bene o male tutti soffriamo di sbalzi d’umore che dobbiamo imparare a gestire.
Pregiudizi Fino a tempi abbastanza recenti, era considerato sconveniente parlare di depressione in pubblico. Probabilmente, prima dell’arrivo e della scomparsa prematura di Lady Diana, «depressione» era una parola imbarazzante. Oggi, nella nostra cultura ossessionata dalle celebrità, è diventato «normale» parlare delle proprie battaglie contro la depressione. Visto che personaggi ricchi, famosi e adorati come Robbie Williams, Victoria Beckham e altri ammettono di soffrire di depressione e ne parlano apertamente, perché non dovremmo poterlo fare anche noi poveri mortali?
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Cambia la tua vita con la TCC
Inoltre, c’è sempre stata una certa indulgenza nei confronti delle donne, considerate per natura «emotive» o soggette a «depressione», mentre gli uomini, fino a non molto tempo fa, avevano sempre dovuto nascondere e negare le loro emozioni. Tuttavia, da quando uomini famosi hanno cominciato a parlare più liberamente delle loro emozioni o hanno addirittura pianto in pubblico, anche questo atteggiamento è cambiato. Gradualmente, il pregiudizio sociale a proposito della depressione e delle malattie mentali ha cominciato a erodersi, anche se c’è ancora parecchia strada da fare. Va detto però che c’è una grossa differenza fra il sentirsi un po’ giù di corda o abbacchiati ed essere effettivamente depressi. In questo capitolo, esamineremo più dettagliatamente l’argomento depressione e vedremo, nello specifico, come la TCC può aiutare a sconfiggerla. In pratica, chi è depresso, probabilmente avverte:
• insoddisfazione per tutto ciò che fa o incapacità di godere • • • • •
delle cose; difficoltà nel compiere qualsiasi azione, anche la più semplice e limitata; un senso di paura opprimente per tutto ciò che deve fare; svogliatezza all’idea di fare qualsiasi cosa; mancanza di interesse nei confronti degli altri; malumore, preoccupazione costante per tutto.
«Quando il cuore piange per ciò che ha perso, lo spirito ride per ciò che ha trovato.» Aforisma sufico
Scintille specifiche La depressione può essere scatenata da numerosi fattori: le donne, per esempio, possono soffrire di malumori ciclici e sentirsi giù di corda in concomitanza con il mestruo; alle neomamme può ca-
Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
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pitare di sentirsi tristi dopo il parto (che invece dovrebbe essere un «lieto evento»); le signore di mezza età possono diventare di umore instabile con l’inizio della menopausa. Anche gli uomini che si avvicinano alla cinquantina possono essere influenzati negativamente dal naturale calo di testosterone che è causa del diradamento dei capelli e dell’accumulo di grasso intorno alla vita (le cosiddette «manigliette»), anche se non si può parlare di vera e propria menopausa. Anche loro sono soggetti a depressione se devono affrontare problemi come la separazione e il divorzio, il licenziamento, il pensionamento o l’impotenza. In realtà, gli uomini spesso se la cavano peggio perché sono meno inclini delle donne a crearsi una rete di amicizie e a cercare sostegno all’interno della famiglia, quindi fanno più fatica ad affrontare le giornate nere. Ironicamente, una delle maggiori contraddizioni della vita moderna è che, pur godendo di un’abbondanza di beni materiali mai verificatasi prima (almeno in Occidente), non siamo mai stati così insoddisfatti o depressi. Guardando i dati, in Italia un milione e mezzo di persone soffrono di depressione mentre almeno 6 milioni (10% della popolazione) ne sono stati colpiti almeno una volta nella vita. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di malattia, dopo le malattie cardiovascolari (www.depressione-ansia.it). Queste statistiche possono sembrare allarmanti, tuttavia significano che almeno non siete da soli se vi sentite giù di corda o soffrite periodicamente di depressione. Fortunatamente, la TCC si è dimostrata concretamente efficacissima nel trattamento della depressione e dei sintomi correlati. Perciò consolatevi perché si può fare qualcosa per curare una malattia che, al suo esordio, sembra difficilissima da combattere. È vero che imparare a cavalcare l’onda dei nostri alti e bassi emotivi fa parte della vita, ma quando si è gravemente depressi (e la depressione dura più di una settimana o due) bisogna passare all’azione.
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Cambia la tua vita con la TCC
Relazione tra ansia e depressione Nel capitolo precedente abbiamo visto che l’ansia (e tutte le altre sensazioni collegate alla paura) può provocare un senso di depressione. È altrettanto vero che il senso di depressione, anche di breve durata, può far aumentare l’ansia. Quindi esiste spesso un rapporto simbiotico tra ansia e depressione, due disturbi che si alimentano a vicenda.
Sintomi della depressione Poiché siamo tutti diversi, anche la depressione può assumere forme differenti essendo scatenata da elementi di vario genere. Si può andare dal malumore generico o dal senso di noia a qualcosa di molto più grave. Ma, se vi sentite depressi per qualsiasi motivo, tenete presente che esistono sintomi abbastanza inequivocabili a dimostrazione di una depressione di cui non si è ancora preso atto pienamente. Provate a riflettere sui sintomi seguenti: sono indice di uno stato attraverso il quale siete passati o che state passando attualmente? Avete mai accusato uno o più di questi sintomi in passato? Prendete nota delle risposte.
Mettetevi alla prova Sintomi della depressione
• Svegliarsi presto, dormire di più, fare fatica ad addormentarsi o soffrire d’insonnia vera e propria.
• Svegliarsi nel cuore della notte e non riuscire più a riaddormentarsi. • Mangiare scorrettamente o aumentare di peso. • Piangere spesso senza un motivo apparente. • Sentirsi stanchi, apatici, fare sempre di meno, chiudersi in sé stessi.
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• Cercare di annullare le sensazioni per mezzo di sostanze come l’al-
col, il tabacco, i farmaci, gli stupefacenti, con l’uso indiscriminato del computer o della TV o con la pornografia.
• Irrequietezza, agitazione, difficoltà di concentrazione. • Difficoltà nel ricordare le cose. • Disturbi
fisici: pesantezza alle gambe, emicranie senza un motivo apparente.
• Intorpidimento, sonnolenza, sconforto. • Assenza di interesse sessuale (calo della libido). • Difficoltà nel prendere decisioni. • Sentirsi impotenti e ossessionati da pensieri negativi (errori di pensiero).
• Mancanza di autostima, di fiducia in sé stessi e di prospettive ottimistiche.
• Allontanamento dagli altri, difficoltà nel chiedere aiuto. • Sensazione di non avere un futuro, vedere tutto a tinte fosche. • Provare desideri autolesionistici o addirittura metterli in pratica. • Incolparsi, sentirsi in colpa/incolpare gli altri, provare invidia. • Sentirsi eccessivamente intolleranti, irritabili e di cattivo umore il più delle volte.
• Non trarre più soddisfazione da cose che prima erano fonte di piacere.
• Senso di irrealtà, di isolamento, di distacco dal mondo. • Impulso suicida. (adattato dall’opuscolo Understanding Depression pubblicato da MIND, www.mind.org.uk)
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Cambia la tua vita con la TCC
Verificate il cambiamento
Avete bisogno di aiuto? Quanti di questi sintomi presentate? Se sono più di quattro o cinque, dovete rivolgervi immediatamente a qualcuno, o anche solo spiegare al partner o a un amico quello che provate. Se sono da cinque in su e persistono da qualche tempo (più di due o tre settimane), dovete rivolgervi subito al medico di fiducia, o addirittura cercare uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale che possa aiutarvi. In ogni caso, se presentate numerosi di questi sintomi da parecchio tempo, è fondamentale che vi sottoponiate a un trattamento il più presto possibile perché la depressione va stroncata sul nascere prima che diventi una malattia cronica, più difficile da curare (anche se non impossibile).
Niente panico
L’elenco dei sintomi è molto lungo e in un determinato periodo potreste averne accusati tanti o pochi, anzi potreste spaventarvi solo a leggere la lista o aver paura ad ammettere che siete depressi a causa di quello che potrebbe comportare. Tuttavia, non c’è alcun bisogno di preoccuparsi o addirittura di vergognarsi riconoscendo che presentate tali sensazioni. Dopo tutto, sono solo sensazioni. Tenete presente che siete umani e che tutte quelle sensazioni fanno parte della condizione umana. È anche vero che, se vi sentite apatici o impotenti, probabilmente l’ultima cosa che avete voglia di fare è agire. Naturalmente, può essere difficilissimo aiutare sé stessi se ci si sente impotenti, ma in realtà è proprio ciò che bisogna fare se si vogliono sconfiggere le «giornate nere».
Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
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Tipici pensieri negativi demoralizzanti Se siete depressi, i vostri pensieri saranno tutti piuttosto tetri e sempre più pessimistici, come se la famosa «nuvoletta nera» si fosse piazzata sopra casa vostra in attesa di seguirvi ovunque andiate. I classici pensieri negativi che rispecchiano l’umore possono essere i seguenti. Su di voi
• • • • •
«Sono assolutamente inutile, la mia è un’esistenza sprecata.» «Sono brutto e indesiderabile.» «Non me ne va mai bene una.» «La mia vita è finita.» «Sono diverso dagli altri e fuori posto.»
Sugli altri
• «Ognuno pensa solo a sé stesso.» • «Nessuno mi vuole bene.» • «Tutti mi odiano e mi disprezzano.» Sulla vita in generale e sul futuro «A che serve affannarsi? Tanto alla fine moriremo tutti.»
• «Il futuro? Quale futuro?» • «Il mondo è un posto pericoloso, pieno di gente cattiva che pensa solo al proprio interesse.»
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Cambia la tua vita con la TCC
Errori di pensiero demoralizzanti
I pensieri negativi di questo genere conducono inevitabilmente agli «errori di pensiero» estremi che abbiamo visto nel cap. 4. I principali sono: «drammatizzare», «pensare in bianco e nero», «filtrare», «mettere tutto sul piano personale» e «generalizzare». Il problema è che, una volta entrati in quest’ottica deprimente, tutti i pensieri negativi sembrano trovare conferma, creando pensieri ancora più deprimenti e innescando un circolo vizioso apparentemente senza via d’uscita.
L’agenda quotidiana Ci si deprime per motivi d’ogni genere, ma, sotto sotto, il senso di depressione spesso scaturisce da convinzioni di fondo quali:
• • • • • •
considerarsi indegni («Non merito nulla»); disperazione («A che serve?»); apatia («Non ho voglia»); pessimismo («Sono pigro, inadeguato»); senso di colpa («È tutta colpa mia»); autocritica («Sono inutile»).
Uno dei sistemi collaudati della TCC è cercare di aiutare le persone a sbloccarsi. Poiché anche un inizio microscopico è positivo, occorre programmare la propria settimana, ora per ora, e scrivere al termine di ciascuna ora ogni azione nei dettagli, anche la più ordinaria, come prepararsi una tazza di tè, dar da mangiare agli uccellini, infilare il sacco della spazzatura nel bidone, andare a piedi al negozio dell’angolo, lavarsi i capelli. Ognuna di queste attività può sembrare la scalata dell’Everest quando si è a terra, perciò è importante congratularsi con sé stessi ogni volta che si fa qualcosa di concreto. Prendere nota di ogni gesto è il primo passo della battaglia contro l’umor nero.
Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
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Un esempio Melania, una trentacinquenne single che lavorava in un punto vendita di una catena di negozi, aveva la sensazione di non «combinare» niente nella vita. Poco tempo prima aveva perso il lavoro perché la catena era stata ceduta e lei faceva fatica a trovare un altro posto. Con il passare dei giorni, Melanie aveva preso l’abitudine di passare quasi tutto il suo tempo a letto a guardare la TV, mentre la sera andava in giro in auto, senza meta, evitando qualsiasi incontro. A un certo punto, si era rivolta al medico a causa di un raffreddore persistente, questi aveva parlato di depressione e le aveva consigliato di sforzarsi di fare almeno una cosa ogni giorno allo scopo di andare avanti. Dopo una certa riluttanza iniziale, Melanie aveva cominciato a tenere un diario delle attività quotidiane e questo l’aveva aiutata a farsi coraggio. Prendeva nota anche delle azioni più banali, come fare il bagno o innaffiare le piante, e alla fine della giornata leggeva la lista e doveva riconoscere che non era vero che non faceva niente. Dopo un mese di questo esercizio, Melanie aveva trovato la forza di cominciare a cercare lavoro.
Ben presto vi accorgerete anche voi, come Melanie, che non passate tutto il giorno senza fare niente. Anzi, probabilmente la vostra giornata è piena di attività di ogni genere che prima voi consideravate irrilevanti. Potete, inoltre, provare a programmare cose piacevoli, che vi danno soddisfazione e che pensate di non poter fare per mancanza di tempo o perché non vi considerate all’altezza.
9-10
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Andare dal dentista (D)
Andare al lavoro (D)
8-9
10-11
Accompagnare i bambini a scuola (D)
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Lunedì
Alzarsi, fare colazione, dare da mangiare al gatto (D)
6-7
Ora
Martedì
Programma settimanale delle attività Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
D = Dovere, P = Piacere
192 Cambia la tua vita con la TCC
Pranzare (D/P)
12-13
Stendere la biancheria (D)
Cucinare (D)
15-16
16-17
17-18
Andare a prendere i bambini (D)
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Lunedì
Ora
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera» 193
Chiamare la baby-sitter (D)
Andare al cinema con un’amica (P)
Andare a bere qualcosa (P)
Andare a letto
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21-22
22-23
24-1
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Lunedì
Ora
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
194 Cambia la tua vita con la TCC
Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
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Il vostro diario ora per ora
Per tenere a bada la depressione, è utile compilare la tabella delle pagine precedenti annotando, al termine di ogni ora, il tipo di attività che avete svolto, contrassegnando le voci con D (dovere) o P (piacere). Le P sono le attività opzionali come bere un tè, fare una passeggiata, riordinare un cassetto, mentre le D sono quelle che bisogna fare, come pulire il fornello o fare una telefonata. Fatelo regolarmente e vedrete che, a un certo punto, comincerete a trarne beneficio, sia osservando come sfruttate il vostro tempo sia rendendovi conto che non ve ne state con le mani in mano ma fate anche cose piacevoli.
Conoscere la propria depressione Può anche capitare di non riuscire a capire l’origine della propria depressione, perciò in questa sezione vi fornirò alcuni suggerimenti per aiutarvi a risalire alle fonti del vostro problema. Ovviamente, ogni situazione è unica nel suo genere, perché ciascun individuo ha le proprie motivazioni per essere depresso o ha vissuto episodi specifici. Per alcune persone, inoltre, le radici della depressione vanno ricercate nell’infanzia. Il ruolo dell’infanzia: esiste una predisposizione alla depressione?
Indubbiamente, per chi ha avuto un’infanzia infelice, è più difficile (ma non impossibile) avere un’esistenza serena e tranquilla da adulto. La TCC non dà particolare rilievo all’analisi del passato in senso psicoterapeutico (in quanto punta soprattutto a migliorare la qualità della vita nel presente), tuttavia è sottinteso che più i nostri problemi e difficoltà sono di antica data e più condizionano i nostri meccanismi di pensiero negativi. In effetti, Aaron T. Beck, il fondatore della TCC, era convinto che nella depressione degli adulti giocassero un ruolo fondamentale le sensazioni assopite, derivanti da esperienze infantili negative, dissepolte da specifici elementi o episodi scatenanti appartenenti
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Cambia la tua vita con la TCC
alla vita adulta. Per esempio, il fallimento del proprio matrimonio può far riemergere il dolore per una perdita irreversibile, come quella di un genitore, subita da bambini. Beck riteneva che un evento significativo, come il divorzio, non fosse sufficiente di per sé a scatenare la depressione, a meno che il paziente non fosse particolarmente suscettibile o vulnerabile. Questo spiega, in certa misura, il classico enigma per cui due persone possono vivere lo stesso tipo di esperienza e uscirne ciascuna in maniera totalmente diversa.
• Fred ha divorziato dalla moglie, la quale ha trovato un nuovo
compagno, per cui si mette a bere, scivola in un grave stato di depressione, si chiude in sé stesso (la madre era morta quando era bambino e lui prova ancora un profondo senso di abbandono) e si ripromette di non innamorarsi mai più. • George ha divorziato dalla moglie, la quale ha trovato un nuovo compagno, ma, pur essendo dispiaciuto, si dice che è ora di andare avanti (è ancora in buoni rapporti con la madre e con l’ex moglie). Di conseguenza, si iscrive a un’associazione sportiva nella speranza di conoscere persone nuove e magari, con il tempo, di risposarsi. Questo è un esempio di come due persone completamente diverse possono reagire in modi opposti di fronte allo stesso tipo di evento, in questo caso il divorzio. Fred, a causa della sua antica perdita non superata, sprofonda nella disperazione perché la sua ferita si riapre, mentre George elabora la sofferenza ed è in grado di andare avanti.
Mettetevi alla prova La vostra vita Avete vissuto in passato o durante l’infanzia episodi o esperienze dolorosi che possono essere rievocati e riportati in superficie da scintille attuali?
Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
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La depressione secondo il modello di Beck
Ecco come Beck vede la depressione. 1. Un episodio o un’esperienza di antica data alimentano
presupposti non funzionali irrazionali e convinzioni di fondo quali «Nessuno mi vuole bene» o «Non valgo nulla». 2. Nella vita adulta si verifica un episodio scatenante che fa riemergere i PNF e le CF assopiti. 3. Tali PNF creano, a loro volta, innumerevoli PNA che sommergono la mente e provocano assilli morbosi del tipo: «Sono solo al mondo, la mia vita non ha senso, nessuno mi vuole bene, non voglio vedere nessuno, sono antipatico». 4. Ne scaturiscono:
• processi mentali distorti; • sintomi psicologici e fisici di depressione.
Il modello di Beck è illustrato dal diagramma seguente: Esperienze del passato = PNF irrazionali + CF
Episodi cruciali risvegliano CF assopite
I PNF creano innumerevoli PNA = angoscia
Processi mentali distorti = sintomi psicologici e fisici di depressione
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I tipi di depressione principali Depressione è un termine generico, tuttavia si può distinguere fra i tipi di esperienza seguenti. Depressione reattiva
Molti episodi di depressione possono essere scatenati da problemi irrisolti risalenti al passato (come abbiamo già visto), dai maltrattamenti subiti durante l’infanzia alle violenze sessuali, o da un trauma avvenuto in età adulta, come uno stupro o un’aggressione. I reduci di guerra, i sopravvissuti agli incidenti, le persone coinvolte in calamità naturali o incidenti stradali possono soffrire di depressione reattiva che va affrontata il più presto possibile, per evitare che diventi clinica e cronica.
• Ben faceva il broker da trent’anni, quando un giorno gli fu detto,
senza tante cerimonie, che era stato licenziato. Messo alla porta, andò a consolarsi al bar, ma era talmente avvilito che solo dopo un mese aveva avuto il coraggio di dire ai suoi familiari che aveva perso il posto. In quel mese usciva di casa ogni giorno, beveva e poi tornava a casa sfinito, dicendo di essere stato in ufficio. Una volta ammesso il licenziamento, sprofondò nella depressione e passò dei mesi rintanato a letto. Fu solo quando gli pignorarono la casa che Ben decise di farsi forza, anche perché la moglie gli aveva detto che l’avrebbe lasciato se non si fosse rivolto al medico.
Depressione post-partum
Numerose neomamme soffrono di depressione post-partum, che solitamente si manifesta dopo un paio di settimane ed è provocata dal calo dei livelli ormonali dopo il parto. Purtroppo, in alcuni casi può perdurare per uno o due anni o anche più, soprattutto se non diagnosticata e non trattata.
Sconfiggere la depressione scacciando la propria «nuvoletta nera»
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Disturbo bipolare (psicosi maniaco-depressiva)
Questo tipo di disturbo è caratterizzato dai ben noti sbalzi d’umore. I pazienti sono «su di giri» nella fase maniacale e «a terra» nella fase depressiva, per cui spesso passano da uno stato di iperattività a uno stato di sfinimento totale. Il bipolarismo può essere causato da squilibri biochimici cerebrali e può anche essere ereditario. Disturbo affettivo stagionale
I soggetti affetti da questo disturbo, che solo ora si sta cominciando a diagnosticare correttamente, si sentono giù di corda da settembre, quando la quantità di luce inizia a diminuire, fino al termine dell’inverno. Questi pazienti risentono della carenza di luce naturale (che aumenta i livelli di serotonina nel cervello) e talvolta provano il desiderio di rintanarsi a letto, sotto le coperte, come se andassero in letargo fino a primavera. Questo disturbo (SAD, dall’inglese Seasonal Affective Disorder) è collegato anche al processo di sintesi della vitamina D, perciò una ventina di minuti di luce naturale al giorno sull’ipotalamo (all’interno del cervello) può essere un ottimo rimedio. È sufficiente uscire in giardino o a fare la spesa per sollecitare il cervello tramite la luce. Se lavorate in un ufficio, fate la pausa pranzo all’aperto tutte le volte che potete per stimolare la produzione di serotonina e aumentare il livello di vitamina D. Depressione clinica
È la definizione più tradizionale e più consolidata della depressione. Si chiama «clinica» perché esiste un elenco di sintomi utilizzato da medici e psichiatri per stabilire il grado e il tipo di depressione da cui si affetti.
Affrontare gli impulsi suicidi Di tanto in tanto, quando i sintomi si aggravano, la depressione può suscitare impulsi suicidi, che possono andare dal desiderio
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improvviso e repentino di «farla finita» alla sensazione di scontrarsi contro un muro nero senza sapere se ci sia possibilità di scampo. Inoltre, come abbiamo visto nel cap. 7, si possono formulare pensieri ossessivi e compulsivi autolesionistici che possono portare ad automutilazioni o a gettarsi nel vuoto, a volte con il desiderio concreto di autodistruggersi. Se provate (o avete provato) impulsi suicidi, sappiate e ricordate che:
• quell’impulso, quel momento, quella sensazione passeranno: •
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•
• •
passano sempre anche se, al momento, il senso di disperazione è intensissimo; ogni giorno migliaia, se non milioni, di persone al mondo provano la stessa sensazione. Questa non è una consolazione, ma vi fa capire che non siete gli unici a sentirvi inghiottiti dalle tenebre di tanto in tanto; talvolta si prova il desiderio di suicidarsi per mancanza di sonno, durante una convalescenza, o a causa di uno choc, per cui non si riesce a vedere al di là della situazione corrente (come in caso di perdita del partner, del lavoro, di difficoltà economiche o di malattia tumorale). In questi casi occorre dormire, nutrirsi adeguatamente, seguire i suggerimenti di questo capitolo, fare un po’ di esercizio fisico o rilassarsi. Con il passare del tempo, comincerete a ritrovare l’obiettività necessaria per capire come andare avanti; quando provate l’impulso suicida, provate ad attenuare il senso di disperazione parlandone con qualcuno o telefonando, per esempio, ai Samaritans (www.samaritansonlus.org) o a Telefono Amico (www.telefonoamico.it); se siete sull’orlo del suicidio, chiamate il vostro medico, il 118, un amico, fate qualcosa per frenare il desiderio di farvi del male; iscrivetevi a un gruppo di sostegno o rivolgetevi a uno psicoterapeuta.
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Conoscere e affrontare la propria depressione Una caratteristica della depressione è il senso di sopraffazione, disperazione, oppressione, incapacità di combattere. Ci siamo passati tutti a un certo punto, ma per poter andare avanti è importante suddividere i problemi in piccoli segmenti gestibili. Individuare le difficoltà
Se vi sentite depressi in questo momento, o sapete che siete soggetti a depressione, dovete cercare di capire quale sia la fonte principale del vostro sconforto o disperazione e di individuare le scintille che scatenano gli episodi depressivi. I vostri tre fattori scatenanti più comuni possono derivare da:
• • • • • • • • • • • •
i rapporti affettivi; il lavoro; la disoccupazione; la vita sessuale; i figli o la mancanza di figli; lo stato di salute fisica; la situazione economica; l’alloggio; l’ambiente circostante; il grado di istruzione e le prospettive; la famiglia in senso lato; il futuro.
Inoltre, se siete soggetti a episodi ricorrenti di depressione, rispondete anche alle domande che seguono:
• Vi è già capitato? • Se sì, che cosa avete fatto?
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• Conoscete qualcun altro che ha lo stesso problema? • Vi siete mai confidati con qualcuno al riguardo? Lo rifareste? • Se foste nei panni del vostro migliore amico o di vostra madre, come vi consigliereste di procedere per affrontare la depressione?
Prendete nota delle risposte. Siete in grado di decidere, seduta stante, di adottare una delle soluzioni più adatte al vostro caso, soprattutto se servono a farvi andare avanti e a uscire dal vostro isolamento? Parlate con qualcuno, chiedete aiuto, fate qualcosa di concreto e datevi una mossa: è quasi sempre efficace. Soluzione dei problemi
Poiché le sensazioni depressive sono spesso sensazioni di disperazione e di impotenza, è importante risolvere i problemi che opprimono maggiormente. Sforzatevi di essere costruttivi e trovate almeno tre modi per risolvere uno specifico problema, che riguardi i soldi, i figli, la casa o il lavoro. Qualunque esso sia, se lo suddividerete in piccoli segmenti da affrontare uno per volta, comincerete a sentirvi meglio perché vi sentirete più padroni di voi stessi. Siete una persona utile e degna di vivere anche se:
• • • • • •
non avete soldi, risparmi o un patrimonio familiare; non avete figli; non possedete un’auto; non siete «belli»; siete disabili; non siete né famosi né brillanti.
Questi sono tutti luoghi comuni che servono solo a far sentire «inferiori», per cui quando si è demoralizzati è facile farsi condizionare e demolire da tali cliché.
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Pensate piuttosto alle cose che sapete fare e a ciò che siete. Compilate un elenco delle vostre virtù, degli obiettivi che avete raggiunto, delle persone che vi apprezzano. Appendete la lista alla porta del frigorifero e inseritela nella vostra agenda. «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nel vedere con altri occhi.» Marcel Proust
Perpetuare la depressione Come abbiamo già visto nei capitoli precedenti, secondo la TCC rischiamo di perpetuare le nostre situazioni emotive negative adottando «comportamenti di sopravvivenza». Lo stesso vale per la depressione, perciò, se vi sentite giù, probabilmente vi rintanate in casa, riducete i contatti con gli amici, il che, a sua volta, aumenta il senso di isolamento e di depressione. Questo processo di perpetuazione, come lo definisce Beck, va assolutamente interrotto se si vuole trasformare la depressione in qualcosa di più costruttivo. Il processo di perpetuazione fa perdurare letteralmente il malumore, creando un circolo vizioso, come per quasi tutti gli altri concetti presi in esame dalla TCC. Vi sentite a terra, formulate pensieri negativi, vi chiudete in voi stessi, siete convinti di non farcela, vi bloccate e tutto questo, a sua volta, aggrava le sensazioni negative di disperazione, impotenza, autodisprezzo e via discorrendo. È un vicolo cieco che non porta da nessuna parte. Lo schema di seguito illustra il processo di perpetuazione classico.
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Senso di depressione
Aumento delle sensazioni di impotenza, disperazione, infelicità
Perdita di piacere nel fare cose
Pensieri e sensazioni negativi = esaurimento, mancanza di concentrazione
Riduzione dell’attività
Immagine di sé stessi negativa
Non cambia nulla, permane lo status quo
Incapacità di far fronte ai problemi e risolverli
Tipico processo di perpetuazione della depressione
Cambiare l’umore Se volete spezzare il circolo vizioso della depressione e modificare le vostre sensazioni e i vostri comportamenti e pensieri, allora dovete cercare di interrompere il processo di perpetuazione della depressione e la primissima cosa che dovete fare è agire sull’umore. Che cosa può modificare l’umore?
• Decidere di fare qualcosa di diverso (sorridere, abbracciare
qualcuno, suonare uno strumento, ascoltare il brano preferito – A per attività –, vestirvi di un colore vivace). • Modificare la situazione (andare a fare una passeggiata, telefonare a un amico, lavorare in giardino, andare in piscina). • Ricordare le cose che vanno bene, anche le più banali.
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• Farvi un regalo, anche piccolo (P per piacere). • Dormire a sufficienza (la privazione di sonno influisce enormemente sugli sbalzi d’umore).
Tenete il diario e rileggetelo Ricordatevi di prendere nota, sul diario dei pensieri o sull’agenda oraria, delle vostre sensazioni e degli eventuali pensieri negativi prima di svolgere l’attività prescelta. Quindi se decidete di prendere il sole su una sdraio in giardino bevendo qualcosa, prima di farlo potreste anche essere sicuri, diciamo al 90%, che non cambierà niente. Annotate le vostre sensazioni anche dopo averlo fatto e potreste scoprire che vi sentite effettivamente un po’ meglio, diciamo al 70%. La depressione si combatte cercando, passo dopo passo, la soluzione più adatta al proprio caso. A quel punto non sarete più in balìa delle sensazioni che minacciano di travolgervi. Non dimenticate mai il collegamento tra: sensazioni, pensieri e comportamenti. Consigli sui passi da compiere: riepilogo
• Optate per soluzioni semplici, ma imponetevi un limite di • • • • •
tempo. Applicatele. Monitorate le vostre sensazioni durante l’attività. Congratulatevi con voi stessi per averla svolta. Cercate di ricordare che ce l’avete fatta, anche se, al momento, eravate pessimisti. Annotatevi sull’agenda, sul PC, o dove preferite, che avete portato a termine un’attività (anche solo telefonare a un amico), in modo che la volta successiva vi ricorderete di esserci riusciti.
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Mantenetevi attivi 1. Imponetevi un programma di attività settimanale, in particolare
se avete perso di recente il posto, lavorate in proprio, siete appena usciti dall’ospedale o avete subito un lutto da poco. 2. Suddividete la giornata in fasce orare e poi prefissatevi alcuni obiettivi, che comprendano anche esercizio fisico, rilassamento, meditazione e una boccata d’aria nel corso di ogni giornata. 3. Rispettate il programma anche se non ne avete voglia. Evitate di restare a letto, di dormire, di rimbambirvi davanti alla TV, di immergervi nella vasca da bagno per ore, tutte cose che, se sono i vostri modi per fuggire, non vi permettono di andare avanti e aumentano la vostra depressione. 4. Evitate di «annegare» i dispiaceri nell’alcol o usando altre sostanze che provocano dipendenza, perché hanno tutte un effetto depressivo.
Terapia o farmaci? Le persone depresse danno per scontato che dovrebbero rivolgersi al medico per farsi prescrivere qualche farmaco. Nel corso degli anni, l’uso di antidepressivi è stato oggetto di numerose discussioni e controversie, soprattutto da quando i Rolling Stones hanno scritto Mother’s Little Helper, che parla delle casalinghe che fanno uso di tranquillanti, soprattutto Valium, per far fronte allo stress, alla depressione e all’alienazione del mondo moderno. Molti hanno paura di essere «etichettati» depressi e di farsi imbottire di farmaci come in Qualcuno volò sul nido del cuculo (il libro di Ken Kesey reso famoso dal geniale film del 1975 interpretato da Jack Nicholson). Il terrore di essere obbligati ad assumere antidepressivi tiene molta gente (soprattutto gli uomini) lontana dal medico. Esiste anche la paura dei «pregiudizi» associati ai farmaci e di essere considerati «malati di mente». Tuttavia, sembra che l’uso limitato e accorto di farmaci anti-
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depressivi possa essere di estremo giovamento, soprattutto se si tratta dei farmaci di nuova generazione messi a punto nell’ultimo ventennio. Quindi, la combinazione fra antidepressivi moderni e terapia cognitivo-comportamentale può essere, per certe persone, il modo migliore per combattere la depressione. I farmaci possono attenuare i sintomi debilitanti, mentre la terapia inizia a fare il suo effetto e a produrre miglioramenti. Ricordate che la TCC funziona fin da subito e che si possono vedere cambiamenti significativi dopo circa sei settimane, anche nel caso di disturbi gravi come la depressione. Talvolta, l’uso attento di antidepressivi in combinazione con la TCC può fornire un certo sollievo, soprattutto se la depressione ha avuto origine da un trauma, come un incidente, uno choc o un lutto, oppure se è collegabile a un evento o a una situazione specifici e chiaramente identificabili (con il divorzio o un’aggressione) e il paziente deve poter andare avanti per via dei figli o perché ha bisogno di lavorare. Tuttavia, l’uso di qualsiasi farmaco va concordato con il proprio medico o psicoterapeuta. Sono assolutamente sconsigliate l’automedicazione e la sospensione improvvisa dei farmaci senza aver consultato un medico o un professionista. Rimedi alternativi
Se siete proprio contrari all’uso dei farmaci, potreste provare mezzi alternativi per affrontare i periodi di depressione. L’iperico, l’agopuntura, l’aromaterapia, l’omeopatia, i fiori di Bach e altri trattamenti non convenzionali sono tutti rimedi usati da molte persone che soffrono di sbalzi di umore o di depressione. Questi trattamenti attivano le naturali risorse di autoriparazione dell’organismo, come la produzione di endorfine (gli ormoni del «buon umore») e la stimolazione di serotonina e altre importanti sostante biochimiche, e si possono utilizzare tranquillamente in associazione con la TCC.
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Tuttavia, è fondamentale consultare un farmacista o il proprio medico prima di assumere rimedi alternativi perché potrebbero interferire con gli eventuali altri farmaci che state assumendo. «Si è felici per il risultato dei propri sforzi, una volta conosciuti gli ingredienti della felicità: gusti semplici, una certa dose di coraggio, abnegazione fino a un certo punto, passione per il lavoro e, soprattutto, una coscienza pulita. La felicità non è un sogno vago, ormai ne sono certa.» George Sand
Al lavoro!
Se decidete di sconfiggere la vostra depressione, non siate troppo esigenti nei confronti di voi stessi, ma:
• • • •
prefissatevi obiettivi realistici; siate indulgenti con voi stessi; cominciate in piccolo; fate esercizio fisico ogni giorno, anche una semplice passeggiatina; • tenete il diario dei pensieri; • procedete un passo alla volta. Inoltre, se avete una ricaduta, ricordatevi che errare è umano e quindi potete ricominciare l’istante successivo o il giorno successivo a scacciare la vostra «nuvoletta nera».
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La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli. 4. Individuate ed eliminate gli errori di pensiero. 5. Chiaritevi i problemi ed effettuate esperimenti. 6. Riesaminate la vostra decisione di cambiare e confermatela. 7. Sconfiggete l’ansia, le fobie, i traumi, le ossessioni e le dipendenze. 8. Scacciate la vostra «nuvoletta nera».
Compito Se soffrite di malumori o depressione, tenete l’agenda oraria della prossima settimana (vedi p. 190) e sforzatevi il più possibile di rispettare gli impegni. Annotate sul diario dei pensieri qualsiasi cambiamento emotivo o miglioramento d’umore. Concedetevi un premio per aver preso nota e rispettato l’agenda.
Infine, una delle emozioni più importanti che alimentano la depressione è la rabbia, il drago sputafuoco che affronteremo nel prossimo capitolo.
9. Infilzare il drago: imbrigliare la propria rabbia
«Gli unici demoni di questo mondo sono quelli del nostro cuore. È lì che bisogna combattere la battaglia.» Mahatma Gandhi
Abito in una via londinese piuttosto trafficata tutto il giorno, per cui si vedono spesso automobilisti paonazzi che si urlano insulti vicendevoli dai finestrini, in preda a una collera irrefrenabile. Talvolta questi accessi di rabbia da traffico degenerano in risse verbali assolutamente incivili o addirittura si arriva alle mani. Mi è capitato di assistere a veri e propri incontri di pugilato in fondo alla via, in pieno giorno. Ho l’impressione (dal sicuro osservatorio della finestra del mio ufficio affacciato sulla strada) che molti sfruttino la scusa di avere qualcuno sotto mano da ricoprire di ingiurie per sfogare le frustrazioni e le irritazioni accumulate nella vita di tutti i giorni e che possono anche non dipendere da loro. Le cause possono essere pressioni sul lavoro, preoccupazioni economiche, problemi affettivi, esigenze familiari, questioni di salute, solo per citarne alcune.
Lo scopo della rabbia Naturalmente, anche la collera, come la paura, ha una sua funzione. È un’emozione importantissima, di impatto enorme sulla vita, ampiamente collegata al desidero e all’esigenza di sopravvivere. Le nostre reazioni rabbiose sono parte integrante dell’impulso di
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«lottare, fuggire o bloccarsi» davanti alle minacce e costituiscono la reazione combattiva (soprattutto nella mia via). Sono tuttavia convinta che rabbia e paura sono le due facce della stessa medaglia emotiva. La collera contiene una dose altissima di paura, ansia e persino sofferenza e, sebbene sia un’emozione che serve soprattutto a garantire la sopravvivenza, se non è gestita correttamente può diventare una forza distruttrice. Nella nostra società,si sente parlare sempre più spesso di episodi di rabbia incontrollata, di bullismo, vessazioni, aggressioni, uccisioni, guerre e violenze terribili sui bambini. Leggere il quotidiano è il modo peggiore per iniziare la giornata. La questione è: oggi siamo più rabbiosi di quanto non fossimo nel buon tempo andato? Oppure ora sfoghiamo più apertamente e più incivilmente le nostre emozioni? Forse bisognerebbe anche chiedersi se l’aumento dei comportamenti compulsivi e l’uso di sostanze che provocano dipendenza non contribuiscano all’impennata di episodi di rabbia sociale a cui stiamo assistendo. Siamo meno inibiti, oltre che più stressati, disorientati e iperstimolati e quindi questo cocktail esplosivo provoca un numero crescente di episodi in stile Arancia meccanica? Oppure la rabbia è sempre esistita, solo che oggi ci controlliamo meno di ieri? La TCC e la rabbia
Fortunatamente, la TCC si è dimostrata molto efficace nell’affrontare la rabbia. Come abbiamo già visto nei capitoli precedenti, la TCC ci insegna a prendere coscienza dei nostri pensieri negativi e dei nostri errori di pensiero al fine di cambiare i nostri comportamenti. Nel caso della rabbia, è fondamentale riuscire a identificare le proprie scintille e i pensieri ossessivi, in quanto capita di reagire rabbiosamente prima ancora che i pensieri negativi siano emersi a livello consapevole. Come l’ansia e la paura, la collera è una reazione automatica e impulsiva a uno stimolo. Per evitare comportamenti distruttivi occorre compiere un atto deliberato di cognizione consapevole. In altre parole, bisogna pensarci per evitare che accadano.
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«Quando monta la collera, pensate alle conseguenze.» Confucio
Un esempio L’altro giorno stavo tornando a casa in metropolitana di sera tardi, dopo essere stata a un bellissimo concerto con mia figlia e alcuni suoi amici. In fondo alla scala mobile c’era un uomo ubriaco fradicio che si è messo a urlare: «Ehi, ma lo sapete che razza di ora è?» Io mi sono girata stupita, l’ho guardato e ho capito subito che aveva voglia di scatenare una rissa. «Sì, proprio a te dico», ha proseguito farneticando, «chi ti dà il permesso di portare in giro i figli a quest’ora? Sei una madre snaturata.» Aveva l’aria minacciosa e, sentendomi oltraggiata, avrei voluto rispondergli per difendermi. Per fortuna, sono riuscita a ragionare per una frazione di secondo, prima che l’uomo decidesse di dirigersi barcollando verso di noi. Invece di reagire, ho semplicemente spinto velocemente e senza aprire bocca i ragazzi su per la scala mobile e questo è bastato a far perdere interesse all’uomo, il quale si è trascinato giù verso la banchina borbottando oscenità fra sé e sé. Io mi ero spaventata ed ero irritata per l’insulto ma, essendo riuscita a ragionare invece di reagire istintivamente, ho capito che la via d’uscita migliore era la fuga. Altrimenti, la situazione sarebbe potuta degenerare rapidamente e finire chissà come.
Gestire la rabbia altrui La vostra reazione di rabbia Scintilla
Reazione
Qualcuno vi urla un insulto
Voi rispondete con un altro insulto e/o arrivate alle mani?
La vostra reazione di rabbia con l’aiuto della TCC Scintilla
Cognizione
Reazione
Qualcuno vi urla un insulto
Voi ragionate e decidete
Potete rispondere all’insulto o andarvene
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Gli strumenti della TCC vi offrono vasta scelta in termini di reazioni. Il passo più importante in questo caso è riuscire a sviluppare la capacità di pensare tra la provocazione iniziale e la vostra reazione concreta. Riuscire a ragionare su qualcosa che susciterebbe in voi una reazione automatica vi mette in una posizione di forza e vi consente di capire cosa sia meglio fare in una situazione pericolosa, per il vostro bene e per quello di chi è con voi. Vi impedisce di farvi dominare dagli impulsi rabbiosi.
Mettetevi alla prova Cosa scatena la vostra rabbia Provate a pensare alle scintille che infiammano la vostra collera.
• Sapete cosa vi irrita, vi infastidisce o vi fa veramente infuriare? Possono essere sciocchezze, come il tubetto del dentifricio lasciato aperto, qualcuno che prende a sberle il figlio al supermercato o che getta cartacce dal finestrino dell’auto, o cose più importanti come i tagli alla spesa pubblica da parte del governo.
• Prendete nota di ciò che vi incollerisce e il grado di rabbia che provate di conseguenza secondo la classificazione seguente.
Determinate provocazioni mi rendono: infastidito/irritato; molto infastidito/irritato; contrariato; incollerito; furibondo.
Rabbia fisiologica e rabbia morbosa Si può genericamente distinguere fra rabbia fisiologica e rabbia morbosa, grosso modo basandosi sullo scopo, il tipo e le conseguenze della collera che possono essere positivi o negativi.
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Rabbia fisiologica = rabbia positiva
• È una reazione rabbiosa adeguata alla situazione. • Contribuisce a produrre un risultato positivo in una situazione • • • • • •
difficile o di tensione e può aiutarvi a farvi valere. Consente di essere decisi in situazioni difficili. Si può manifestare senza eccedere. Aiuta a correggere gli errori. Non impedisce di ragionare, è abbastanza flessibile. Non impedisce di ascoltare quanto hanno da dire gli altri. Permette di capire che il motivo di qualcosa non è assolutamente quello che si pensa.
Rabbia morbosa = rabbia negativa
• È una reazione non adeguata alla situazione. • Produce conseguenze negative in situazioni difficili • • • • • • • •
o di tensione. Rende difficile farsi valere in situazioni di tensione e può rendere aggressivi. Può balzare da 0 a 100 in meno di un secondo e diventare eccessiva. Impedisce di correggere gli errori. Impedisce di ragionare, è rigida, inflessibile, implacabile. Impedisce di ascoltare quanto hanno da dire gli altri. Può sfuggire di mano improvvisamente e ci mette molto tempo a placarsi. Può assumere la forma di malumore o provocare desiderio di vendetta e può perdurare molto a lungo in maniera esasperata. Spesso rende incapaci di capire che il motivo di qualcosa non è assolutamente quello che si pensa e non permette di cambiare interpretazione (rigidità).
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Confronto con la realtà Sintomi fisici della rabbia Poiché l’organismo reagisce alla collera prima ancora che si abbia avuto il tempo di pensare, è importante cercare di cogliere gli eventuali cambiamenti fisici una volta che la furia si è scatenata. Tuttavia, siamo tutti diversi e ciascuno può essere più o meno consapevole del proprio tipo di reazione. Le vostre reazioni possono includere i sintomi seguenti:
• tachicardia/palpitazioni; • sensazione di «sangue al cervello»; • senso di tensione e di «allarme rosso»; • contrarre la mascella, digrignare i denti; • stringere i pugni, tensione muscolare al collo, alle braccia, alle gambe e alle ginocchia;
• impeto di energia, desiderio di prendere a calci e a pugni qualcuno; • desiderio di far abbassare lo sguardo a qualcuno; • pulsazione alle tempie, emicrania, ronzio al cervello; • assumere una posizione di combattimento, essere pronti ad attaccare; • percepire un odore insolito, come di bruciato; • sentirsi la «testa che scoppia»; • desiderio di sbattere le porte o di spaccare qualcosa; • pigiare a fondo il pedale dell’acceleratore. Mettetevi alla prova Che cosa scatena la vostra rabbia? Vi riconoscete in alcuni di questi sintomi? Che cosa fate quando provate rabbia?
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«Ero adirato col mio amico, dissi la mia ira, la mia ira finì; ero adirato col mio nemico, non la dissi, la mia ira crebbe.» William Blake
Farsi valere/essere aggressivi Per combattere la collera è importante capire la differenza tra la fermezza e l’aggressività. Il vostro obiettivo deve essere il primo, farvi valere, il che è decisamente più utile. Farsi valere
• Imparare a difendere sé stessi e le proprie opinioni. • Saper chiedere e non limitarsi a sperare che qualcuno indovini • • • • •
cosa vogliamo. Capire cosa si vuole o cosa si vorrebbe dire e poi essere chiari. Non incolpare gli altri per eventuali difficoltà, ma assumersi la responsabilità delle proprie decisioni al fine di raggiungere un determinato scopo. Aspettare il momento giusto per attirare l’attenzione di qualcuno o per dire quello che si pensa. Usare espressioni come «Gradirei che...», invece di essere aggressivi. Evitare le discussioni troppo accese, i litigi, la maleducazione e il turpiloquio: un tono rispettoso è molto più efficace di uno sproloquio.
Essere aggressivi
• Aggredire verbalmente o fisicamente prima ancora di aver
avuto il tempo di ragionare. • Mettersi a urlare o mostrarsi incolleriti quando si vuole qualcosa: per esempio alzare la voce in un negozio o spingere in una coda.
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• Guidare in maniera spericolata sperando che siano gli altri
a togliersi di mezzo. • Interrompere le conversazioni, parlare con un tono di voce superiore per sovrastare gli altri e far capire che non si ha tempo per le idiozie. • Criticare doppiamente e aspramente chi ci critica per far capire che non siamo idioti. Vedete anche voi che c’è una grossa differenza fra i due approcci. Farsi valere significa anche mettere in pratica gli esercizi seguenti.
• Imparare a gestire le critiche e anche ad ammettere che
potrebbe esserci un briciolo di verità in quanto hanno da dire gli altri, il che non implica necessariamente che dovete essere d’accordo. Se qualcuno vi fa notare che dominate sempre le riunioni e che parlate troppo, invece di salire su un piedistallo e difendervi a spada tratta, potreste rispondere che effettivamente vi piace sentire il suono della vostra voce e chiedere agli altri se hanno la sensazione di non riuscire a dire la loro. Poi sforzatevi di ascoltare le risposte senza inalberarvi. • Imparare a gestire la collera e trovare il momento più opportuno per riprendere qualcuno se avete la sensazione che vi abbia fatto un torto. Non lasciatevi esacerbare dall’ira perché finisce sempre per ingigantirsi e per rendere aggressivi. Una volta una mia amica, ospite a casa mia, si era offerta di fare il bucato e mi aveva rovinato un vestito a cui tenevo molto e che andava lavato a mano e non in lavatrice. Mi era venuta voglia di strapparglielo di mano e di urlare: «Che idiota, non sei capace di leggere le etichette?», ma sapevo che la colpa era mia perché avrei dovuto raccomandarle di lavarlo a mano. Così, ho aspettato di calmarmi e poi le ho detto: «Ti ringrazio molto per avermi fatto il bucato, ma non potesti leggere le etichette più attentamente la prossima volta?»
Infilzare il drago: imbrigliare la propria rabbia
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• Attenersi all’ordine del giorno: molto spesso le discussioni
degenerano in risse verbali perché si rivangano errori e disaccordi del passato. Sforzatevi di non divagare e attenetevi all’argomento in questione. Se gli altri cominciano a rivangare, limitatevi a dire con calma che state discutendo dell’argomento x e non di quello y. Altrimenti, siate disposti ad allontanarvi. • Scegliere il momento: evitate di intavolare discussioni se avete bevuto, oppure se è tardi e siete stanchi o state guidando. Conviene sempre aspettare di essere calmi, di avere avuto il tempo di riflettere, magari facendo giardinaggio o una passeggiata, o di dormire: vedrete che dopo la vostra ira sarà sbollita. • Privilegiare la ragionevolezza sull’aggressività, il che significa che a volte è meglio lasciar perdere perché per certe cose non vale la pena litigare e che non c’è bisogno di dimostrare sempre di aver ragione. • Rinunciare ad avere sempre l’ultima parola: quante volte, nel corso dei litigi, si sente l’esigenza di «avere l’ultima parola» pur di dimostrare di essere superiori? Se si è entrati in un circolo vizioso e la discussione prosegue in maniera inconcludente, potreste dire: «A questo punto che ognuno resti della propria opinione, ne riparleremo più avanti», oppure: «Scusatemi, ma adesso proprio non me la sento di parlarne, possiamo lasciar perdere, per favore?» «Meglio accendere una candela, che lamentarsi del buio.» Proverbio cinese
Repressione/libero sfogo Approcci terapeutici diversi
Se salissimo su una macchina del tempo e ritornassimo all’epoca vittoriana, o anche a inizio Novecento, scopriremmo che la nostra cultura era abbastanza repressiva, molte emozioni erano soppresse
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e la manifestazione della collera era uno di quei comportamenti considerati «indecorosi». Ovviamente, il grado di repressione dell’ira dipendeva molto anche dalla classe sociale di appartenenza, dall’età, dall’etnia e dal sesso. Per esempio, per una donna era considerato «sconveniente» mostrarsi incollerita, mentre per gli appartenenti alle classi media o alta era disdicevole mostrare le proprie emozioni. Per certi versi, siamo ancora condizionati dal concetto di repressione della rabbia, per cui facciamo molti sforzi per cercare di controllare o reprimere le sensazioni che proviamo. È ancora abbastanza diffusa l’opinione per cui la collera femminile sia peggiore di quella maschile e ci si scandalizza di più davanti a una donna incollerita o violenta. Tuttavia, è stato ampiamente dimostrato che l’ira repressa può essere causa di disturbi fisici a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare. Alcuni ritengono addirittura che esista un collegamento fra rabbia repressa e tumori. Sicuramente, la repressione degli impulsi violenti può provocare disturbi digestivi e intestinali, emicranie, insonnia e altri problemi di salute. Perciò, la pura e semplice repressione delle sensazioni di collera, come mezzo per affrontarle, probabilmente non è una soluzione sana e costruttiva. Dare libero sfogo a tutte le emozioni
Gli anni Sessanta sono stati l’epoca hippy del libero sfogo, in reazione alla repressione vittoriana e alle ristrettezze del secondo dopoguerra. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la reazione alla repressione aveva indotto molti giovani a farsi crescere i capelli e a «liberarsi». Molti movimenti emergenti della new age traevano origine da terapie come quella dell’«urlo primordiale» e da gruppi di incontro nati dal desiderio di eliminare qualsiasi tipo di freno inibitorio. Di conseguenza, si era assistito al moltiplicarsi di terapie «liberatorie» e «di sfogo» in cui si urlava, si faceva a pugni con i cuscini, si manifestavano apertamente emozioni d’ogni genere. Sicuramente, erano tutte terapie utili, anche se oggi molti psicologi
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ritengono che non operassero ancora il collegamento fra cognizioni, comportamenti e fisiologia, così come fa attualmente la TCC. Quei trattamenti offrono, in genere, risultati sul breve termine, ma non cambiamenti sul lungo termine. Il problema è come gestire le conseguenze psicologiche degli sfoghi emotivi. È un po’ come liberare il genio delle emozioni dalla bottiglia. Per poter andare avanti è molto efficace il metodo della TCC che riconosce l’intensità delle sensazioni, ne prende atto, le osserva, ma non si concentra necessariamente su di esse. In poche parole, non adotta né l’approccio repressivo, né quello del libero sfogo. «Potenti nella loro delicatezza le fronde del glicine rampicante; il solido pino è schiacciato dai flebili fiocchi di neve.» Maestro Jukyu
Capire le origini della propria rabbia L’infanzia
Per molti la rabbia ha origine da problemi irrisolti che risalgono all’infanzia. Quando si è incolleriti, i propri PNA rivelano una serie di angosce costanti, come le sensazioni di sentirsi impotenti, soverchiati, o la paura di non sapere cosa sia giusto o ingiusto, o quale sia la linea di confine. Si può essere stati vittime di episodi specifici, di violenze, maltrattamenti, aggressioni, divisioni familiari, rivalità tra fratelli, dipendenze o situazioni caotiche che influiscono ancora sulla vita adulta. I PNA ricorrenti possono essere di questo tipo:
• • • •
«Un giorno mi vendicherò, allora saremo pari.» «Non è giusto, se la prendono tutti con me.» «Nessuno può permettersi di trattarmi così, è irrispettoso.» «Il prossimo che mi fa innervosire, mi sente.»
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Convinzioni di fondo negative
Se siete cresciuti in un ambiente non protetto, in seno a una famiglia allo sbando e con genitori irresponsabili, potreste benissimo aver accumulato convinzioni di fondo estremamente negative. I bambini sono per natura narcisisti, ma è necessario che lo siano per sopravvivere. Tuttavia, gli adulti che da bambini hanno costantemente sofferto, o che non hanno potuto soddisfare i loro bisogni emotivi e psicologici, da grandi possono diventare estremamente narcisisti. Questo può produrre numerosi errori di pensiero, come prendere tutto a livello personale, ragionare in bianco e nero e altri errori che abbiamo precedentemente illustrato. Tutto ciò, a sua volta, può alimentare l’ira. «Un vaso d’argilla al sole è sempre un vaso d’argilla. Deve passare attraverso il calor bianco della fornace per diventare porcellana.» Mildred Witte Stouven
Capire meglio sé stessi e la propria rabbia La TCC non prevede l’analisi di sé stessi, tuttavia è utile conoscere qualcosa di più delle proprie sofferenze passate per poter gestire meglio la collera. Cause infantili della rabbia
Riepilogando, le persone che tendono a manifestare collera da adulti, molto spesso hanno subito uno dei traumi seguenti. Separazione prematura dalla madre o da chi le accudiva
Questo vale per le persone che, da adulte, si sentono ancora abbandonate o piene di rancore, soprattutto se sono state allevate in istituti o da famiglie affidatarie o adottive, o se sono state separate in maniera netta dalla madre per qualsiasi motivo. Anche le rotture familiari a causa di separazioni e divorzi possono provocare l’interruzione dei rapporti affettivi, per cui in seguito sorgono nelle
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vittime problemi di fiducia, dubbi sul proprio valore personale e sui rapporti di potere, le sensazioni di inutilità e di non essere amati. Questi adulti possono diventare molto narcisisti e incapaci di comprendere le emozioni altrui.
• Dario ha trascorso quasi tutta l’infanzia presso varie famiglie
affidatarie e oggi, da adulto, è molto vulnerabile a qualsiasi tipo di rifiuto o di abbandono. Perciò, quando la sua ultima ragazza lo ha lasciato, lui ha perso il controllo e l’ha picchiata, pur rendendosi conto di amarla.
Superamento dei limiti
In alcune famiglie disastrate gli adulti invadono gli spazi dell’infanzia sessualmente, emotivamente o psicologicamente. In questi casi, si spezzano alcuni importanti vincoli psicologici, provocando una rabbia profondamente radicata. Nell’età adulta eventuali situazioni analoghe a quelle dell’infanzia possono scatenare reazioni colleriche esplosive e violentissime. L’infedeltà, la mancanza di fiducia e le violenze fisiche e psicologiche sono scintille potentissime.
• Daisy non sopporta le persone che, ai semafori, si avvicinano
alla sua auto e le lavano il parabrezza senza chiederle il permesso. È una cosa che la manda su tutte le furie, al punto che arriva a premere l’acceleratore e a investire i lavavetri. Grazie alla psicoterapia, ha capito che la sua rabbia risale alle molestie sessuali subite nell’infanzia da parte di uno zio che la toccava coercitivamente e in maniera sconveniente.
Dipendenze
I bambini che crescono in famiglie dove un genitore, o entrambi, sono alcolizzati, tossici, violenti, sessualmente deviati o attuano tutta una serie di comportamenti compulsivi, da adulti fanno fatica a fidarsi. In questi casi, gli errori di pensiero tipici sono leggere nel pensiero e pensare in bianco e nero. Il secondo prevale fra
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le persone che hanno avuto genitori affetti da una dipendenza o schiavi della carriera. Anche la mancanza di sicurezza, per esempio essere cresciuti in un ambiente pericoloso e inquietante, può costituire un problema e induce, da adulti, a cercare compulsivamente la sicurezza o a vivere molto pericolosamente. Molte delle persone che vogliono compiacere gli altri a tutti i costi hanno avuto un passato di questo genere, per cui, dietro i loro comportamenti compiacenti, nascondono una dose enorme di rabbia inespressa.
• Jess è estremamente accondiscendente e nelle relazioni fa sem-
pre da zerbino. Cresciuto con una madre alcolizzata alla quale doveva badare, di recente Jess ha scoperto che la moglie ha speso somme favolose con le carte di credito lasciandolo in rosso. Non sapendo come affrontare la donna che ha approfittato della sua generosità, Jess ha sfogato la propria collera su sé stesso e si è dato all’alcol. Avendo visto che la madre «risolveva» i suoi problemi bevendo, ha deciso di seguire il suo esempio.
Traumi
Alcuni adulti non riescono a superare i traumi subiti durante l’infanzia: genitori violenti, separazioni dolorose, trasferimenti o fughe all’estero, incidenti, incendi e tutta una lunga serie di altri eventi e situazioni. In particolare, i traumi comportano un aumento dell’ansia e della paura, ma anche reazioni colleriche (la rabbia è l’altra faccia della paura). Nell’età adulta, certe situazioni possono rievocare i traumi del passato e in questi casi le persone reagiscono sfogando la propria rabbia o chiudendosi in sé stesse e immusonendosi nell’attimo stesso in cui vengono punte sul vivo.
• Gina non sopporta le persone che se la prendono con lei perché le ricordano suo padre, il quale urlava sempre e alzava le mani. Nel corso delle discussioni, tende a chiudersi in sé stessa e a tenere il broncio per giorni. Si rende conto che è un comportamento distruttivo, ma farebbe qualunque cosa pur di non essere
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coinvolta in litigi, dato che ha già assistito ad accessi d’ira più che a sufficienza. Critiche, incuria e maltrattamenti
Crescere in un ambiente estremamente critico e aggressivo, dove si è costantemente giudicati e considerati non adeguati, può creare una montagna di rabbia repressa. Le famiglie che vivono seguendo principi religiosi molto rigidi o che impongono una quantità di regole possono provocare nei figli reazioni colleriche violente. Il bambino che ha la sensazione di non avere il diritto di dire ciò che pensa o prova, che si sente ignorato, trascurato o represso in continuazione, da adulto può accumulare una dose immensa di rabbia non sfogata e diventare una persona piena di rancore, collerica, che giudica e critica tutti in ogni occasione.
• Bert ha imparato prestissimo a reprimere le proprie emozioni a
causa di un padre ipercritico ed è diventato un adulto perfezionista al massimo che ha sempre da ridire su tutto ciò che fanno gli altri. Non è mai soddisfatto, è sempre irritato e di conseguenza finisce spesso per litigare con tutti, a casa, al lavoro e persino per strada.
Il passato è passato Per fortuna, quel che è stato è stato, non si può rivivere il passato e nemmeno cambiarlo, anche se le terribili esperienze dell’infanzia possono indurre a guardare sempre indietro e a cercare di riscrivere o analizzare il passato. Alcuni passano addirittura anni e anni in analisi, nello sforzo disperato di guarire dagli esiti di un’infanzia così negativa. Naturalmente, chi da bambino si è sentito disprezzato o non amato, o è stato concretamente maltrattato, violato o traumatizzato, può facilmente diventare un adulto estremamente collerico e distruttivo.
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Ho notato più volte, osservando pazienti, amici, colleghi e parenti, che la rabbia incontrollata può essere altamente tossica. Se rivolta contro sé stessi o gli altri, la collera può provocare gravi comportamenti autolesionistici (e anche dipendenze) e pensieri suicidi. Alcuni si aggrappano alla propria sofferenza e per sfogarsi tramano rappresaglie e vendette estreme. A causa di tutti questi pensieri restano intrappolati nel loro passato e non riescono a vivere pienamente nel presente.
Come la TCC affronta la rabbia Se vi riconoscete in ciò che ho appena descritto, non spaventatevi perché la TCC può aiutarvi a individuare i vostri PNA e le vostre scintille e a capire come combattere le sensazioni, i pensieri e i comportamenti dettati dall’ira, man mano che si presentano.
Illuminazione Chiedere scusa Avete mai fatto qualcosa in passato, in preda all’ira, di cui vi siete in seguito pentiti? Magari è qualcosa a cui non potete porre rimedio, tuttavia potete dimostrare che siete in grado di migliorare e che avete capito il vostro errore. Questo può essere molto importante per la persona alla quale avete inflitto una sofferenza o per mancanza di fiducia o per vendicarvi di qualcosa. Che cosa potete fare?
• Scrivere una lettera (che in seguito deciderete se spedire o meno)
alla persona alla quale avete nuociuto, spiegandole i motivi del vostro comportamento e chiedendole sinceramente scusa.
• Se
riuscite a incontrare faccia a faccia la persona che avete fatto soffrire e a scusarvi direttamente, date a quest’ultima la possibilità di spiegarvi quello che ha provato a causa vostra. Invece di giustificarvi sforzatevi di ascoltare.
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• Mettete
in pratica nuovi modi di agire che dimostrino agli altri il vostro desiderio di migliorare. Se avete cancellato alcune persone perché siete incolleriti con loro, provate a rimediare il più sinceramente possibile.
• Se avete commesso un crimine violento, provate a pensare a quello che dovreste fare per rimediare all’errore commesso. Esistono associazioni di sostegno alle vittime di violenze che prevedono incontri tra vittime e autori dei delitti, il cui impatto sul resto della vita di entrambi può essere altissimo e positivo.
• Analogamente, se siete stati infedeli nel matrimonio o in una rela-
zione affettiva, dovete rimediare all’offesa chiedendo sinceramente scusa. Questo gesto può anche non essere di consolazione alla persona tradita, la quale potrebbe non reagire come vorreste, tuttavia può esservi d’aiuto sapere che avete cercato di riparare il danno.
• Se avete fatto del male a un bambino a voi affidato o a un bambino che conoscete, è fondamentale rimediare il più possibile al danno, al fine di non perpetuare il circolo vizioso delle violenze che si tramandano di generazione in generazione.
Imparare a imbrigliare la collera Infilzate il drago interiore
Se volete passare a fil di spada il drago che vi ruggisce dentro, l’essere immondo che sputa fuoco e riduce in cenere tutto ciò che gli capita a tiro quando è su tutte le furie, allora dovete imparare a utilizzare alcune tecniche. Identificate le vostre scintille
Tornate alla pagina in cui abbiamo discusso degli elementi scatenanti (p. 220) e chiedetevi se avete individuato chiaramente i motivi e le situazioni che rischiano di farvi perdere il controllo.
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Prendete coscienza dei vostri PNA
Continuate a tenere il diario dei pensieri per poter individuare con maggior sicurezza ciò che vi fa infuriare. Se sapete che determinate situazioni vi mettono in difficoltà, prendete nota dei vostri PNA in modo da tenere sotto controllo tali situazioni ed evitare di essere colti alla sprovvista. Osservate le vostre reazioni fisiche
Poiché la rabbia può scatenarsi prima di aver avuto il tempo di contare fino a dieci, fate caso ai cambiamenti fisici che sono sintomo di un’esplosione imminente. Imparate a cogliere i «segnali di preavviso» prima che vi si annebbi la mente, perché, sapendo che state per «scattare», potete sempre provare a fare qualcosa. Se il vostro meccanismo di «lotta o fuga» si innesca facilmente, provate a cercare una via d’uscita nelle situazioni in cui di solito «sbottate». Ritiratevi onorevolmente
Molto spesso conviene ritirarsi piuttosto che combattere. Se sapete che rischiate di litigare rabbiosamente, forse fareste meglio a tirarvi indietro prima che la situazione degeneri, o che si passi agli insulti o addirittura alle mani. Anche se siete convinti che un bello sfogo vi riavvicinerebbe al vostro partner, o che dimostrerebbe la vostra virilità o il vostro femminismo, ricorrere a qualsiasi forma di violenza per imporre le proprie opinioni fa sempre passare dalla parte del torto. Imparate a ritirarvi onorevolmente invece di dare in escandescenze. Contate fino a dieci, prendete a pugni un cuscino, ma allontanatevi prima di fare danni. Sfogatevi
Sfogare la propria collera prendendo a calci un pallone, o strappando erbacce dal giardino è un’ottima idea. In alternativa, potete andare a correre, a camminare a passo spedito, a fare una nuotata vigorosa, a ballare o dedicarvi al bricolage. Liberare l’energia ac-
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cumulata mediante un’attività fisica è un ottimo sistema per far sbollire l’ira. Anche pulire a fondo la casa, passare l’aspirapolvere e lucidare gli ottoni sono ottimi rimedi. L’importante è girare al largo dal cassetto dei coltelli e da qualsiasi altro oggetto che potrebbe trasformarsi in arma contro voi stessi o contro gli altri. Evitate le provocazioni
Se qualcuno vi provoca, urla o alza le mani contro di voi in casa, vi conviene allontanarvi per evitare che la situazione degeneri. Se avete deciso di fare un corso di arti marziali o di tecniche di autodifesa per scongiurare aggressioni per strada o in casa, ricorrete a mosse atte a disarmare piuttosto che a fare del male o uccidere l’avversario. Gestite le critiche
Se le critiche vi mandano su tutte le furie, significa che siete costantemente vittime delle vostre emozioni. In tal caso imparate a prendere le distanze da quanto vi viene detto e a lasciar perdere. Reprimete le vostre reazioni perché reagendo con rabbia non fareste altro che aggravare la situazione. Decidete di ritornare sull’argomento in seguito, quando vi sentirete meno vulnerabili. Imparate a esprimervi
Violenza e aggressività sono spesso lo sfogo delle persone che non sono capaci di esprimersi in altro modo e per le quali ricorrere ai pugni o ad altri metodi violenti è l’unico mezzo per «comunicare» quello che hanno dentro. Se è il vostro caso, imparate a esprimere le vostre opinioni senza essere provocatori e a manifestare le vostre emozioni, al fine di apparire fermi e decisi, invece che aggressivi o minacciosi. Anche urlare è meglio che alzare le mani. Manifestate «rabbia controllata»
In determinate circostanze (quando si è in pericolo), può essere necessario mostrare un certo grado di rabbia controllata, per
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esempio alzando la voce o urlando (se siete un insegnante alle prese con una classe di adolescenti scatenati, o se qualcuno vi si avvicina minacciosamente per strada). In tali situazioni occorre gridare per dimostrare fermezza e decisione, avere un impatto sulle altre persone e mostrare che si fa sul serio, senza sentirsi realmente incolleriti. Io la definisco «collera presunta». Se la vostra presunta rabbia supera quella della persona che sta urlando contro di voi o vi sta maltrattando, quest’ultima può anche calmarsi e andarsene. Tuttavia, è abbastanza difficile capire fino a che punto ci si può spingere senza che la situazione degeneri. Se intuite che le cose si stanno aggravando, allontanatevi il più presto possibile. Respirate
Se avete appreso alcune tecniche di rilassamento, meditazione o presa di coscienza, provate a respirare quando sentite che vi sta montando la rabbia. A causa delle reazioni fisiologiche automatiche, probabilmente avrete i muscoli contratti, il respiro affannoso e un attacco di tachicardia. Cercate di placare l’ira facendo alcune inspirazioni ed espirazioni profonde contando fino a tre a ogni atto respiratorio e sforzatevi di calmarvi. Può essere utile anche chiudere gli occhi per 30 secondi e concentrarsi sulla respirazione, ignorando gli stimoli ambientali che costituiscono la provocazione. Disarmate gli aggressori
Forse vi siete sempre giustificati vivacemente in caso di aggressione verbale o avete dovuto difendervi con la violenza in caso di aggressione fisica. Imparate invece a restare calmi provando ad ascoltare o addirittura a dare ragione a chi vi aggredisce, perché di solito ha un effetto disarmante immediato. In caso di aggressione fisica, apprendere alcune tecniche per disarmare l’avversario può essere utile, a patto di non farsi coinvolgere in risse.
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Fatevi i complimenti
Se siete riusciti a utilizzare qualcuna delle tecniche che vi ho descritto in situazioni che solitamente vi fanno perdere le staffe, bravissimi! Può essere molto difficile allontanarsi se si vuole aver ragione a tutti i costi o ci si vuole imporre, ma, se la propria vita è disseminata di errori o episodi dettati dalla rabbia, è arrivato il momento di provare ad agire in maniera diversa, fin da subito. Datevi una pacca sulla spalla ogni volta che riuscite a cavarvela mantenendo la calma. Ricordare che il passato è passato e che la situazione corrente può rammentarvelo ma non riproporvelo, può essere un grosso passo avanti nel vostro percorso di crescita personale. Siate sempre consapevoli dei vostri elementi scatenanti, dei vostri PNA e attuate nuove strategie e vedrete che ben presto navigherete in acque più tranquille. «L’odio è l’inverno del cuore.» Victor Hugo
Essere forti, non deboli Infine:
• alcuni credono che evitare gli scontri sia indice di debolezza:
non è vero, è indice di forza; • alcuni credono anche che non farsi coinvolgere nei litigi significhi farsi calpestare: non è vero, in realtà significa mostrare fermezza; • alcuni credono che non rispondere sia indice di timidezza: non è vero, è molto efficace e dimostra buon senso. Mantenersi in carreggiata
Tenete sempre presenti gli elementi che scatenano la vostra rabbia e compilate il diario dei pensieri individuando tutto ciò che vi fa «vedere rosso». Nella vita di tutti i giorni imparate a distinguere
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tra fermezza e aggressività e sarete sulla buona strada per infilzare il drago definitivamente e imbrigliare la collera trasformandola in qualcosa di positivo.
La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli. 4. Individuate ed eliminate gli errori di pensiero. 5. Chiaritevi i problemi ed effettuate esperimenti. 6. Riesaminate la vostra decisione di cambiare e confermatela. 7. Sconfiggete l’ansia, le fobie, i traumi, le ossessioni e le dipendenze. 8. Scacciate la vostra «nuvoletta nera». 9. Infilzate il drago e imbrigliate la collera.
Compito Esercizio del «fiore vizioso» Scrivetevi l’elenco delle scintille che infiammano la vostra collera. Ripensate a un evento recente o specifico in cui avete perso la calma e compilate il fiore vizioso (vedi p. 121), il più sinceramente possibile.
10. Aumentare la propria sicurezza e autostima
«L’esperienza dell’introspezione dimostra che le emozioni negative sono eventi mentali transitori che si possono annullare mediante i loro opposti, le emozioni positive che fungono da antidoti.» Matthieu Ricard
Un giorno, il redattore capo di un quotidiano londinese mi ha raccontato questa storia. Ogni anno, quando arriva il momento di negoziare gli aumenti salariali, il giornalista più in vista della redazione entra con decisione nel suo ufficio ed esige un aumento del 10%, un ritocco al piano pensionistico, una nuova auto aziendale di fascia alta, minacciando di passare alla concorrenza se non ottiene quanto richiesto. Per contro, le giornaliste più apprezzate o non vanno neanche da lui in ufficio preferendo scrivergli un’email, o, se ci vanno, si siedono, scambiano quattro chiacchiere con lui e poi si accontentano del 5% ringraziando. Sono poche quelle che pretendono di più e quasi nessuna minaccia mai di andarsene. Qual è la differenza fra questi due esempi (a parte, ovviamente, il sesso)? È molto semplice: la sicurezza. La sensazione di potersi permettere di entrare, calamitare l’attenzione ed esigere un buon stipendio è meravigliosa e non va confusa con l’arroganza o l’aggressività. È la sensazione di esuberanza che scaturisce dalla consapevolezza di essere capaci nel proprio lavoro e di meritare un compenso equo, di poter chiedere aspettandosi di ottenere.
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Mettetevi alla prova Vi sentite sicuri di voi stessi? Fino a che punto vi sentite sicuri? Ci sono situazioni che vi spaventano a morte perché dovete dimostrarvi assolutamente disinvolti? Prendete nota delle situazioni in cui vi sentite insicuri al massimo e quelle diametralmente opposte in cui siete sicurissimi di voi stessi. Per esempio, con i figli, al lavoro, a scuola se insegnate, quando ballate o vi esibite in pubblico, o anche quando siete da soli. Oppure vi capita raramente di provare una tranquilla e piacevole sensazione di sicurezza?
Come aumentare la propria sicurezza In realtà, con il metodo della TCC è relativamente facile aumentare il proprio senso di sicurezza. È sufficiente prendere atto delle cose che già sapete fare e partire da lì. Se, per esempio, vi sentite insicuri alla guida di un’auto, sedetevi davanti al volante e provate a mettervi a vostro agio. Sfruttando la tecnica dell’esposizione che abbiamo già illustrato in questo libro, potete elaborare piccoli esperimenti, come guidare per un breve tratto, prendendo coscienza dei vostri pensieri prima e dopo e poi scrivendo che cosa avete provato prima e dopo. Il senso di sicurezza si alimenta in questo modo: ogni volta che fate una cosa, vi rendete conto che la fate sempre meglio e con maggior disinvoltura. Quanto agli eventuali pensieri negativi sempre in agguato e che minano la vostra capacità di provare a fare qualcosa di nuovo e di accumulare nuove esperienze, prendetene atto ma smettete di ascoltarli. Invece di ripetervi «Non ce la farò mai», ditevi: «Posso farcela».
Aumentare la propria sicurezza e autostima
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Un esempio Di recente, Eve ha partecipato a un corso all’estero organizzato dal suo ufficio allo scopo di consolidare lo «spirito di collaborazione», che comprendeva anche prove fisiche come calarsi in corda doppia da una parete rocciosa. Tuttavia, Eve soffre di vertigini e ha problemi di peso, quindi si era categoricamente rifiutata di farlo. L’istruttore e una sua collega e migliore amica erano riusciti a farsi confidare le sue paure. In effetti, il vero problema non erano le vertigini, ma il disagio per la propria corporatura e la paura che l’attrezzatura non fosse in grado di reggerla. Dopo averle dato una dimostrazione del funzionamento delle corde e dei moschettoni ed essersi offerti di calarsi insieme a lei, i suoi due compagni erano riusciti a infonderle la sicurezza necessaria per fare un tentativo. Subito dopo, 80 metri più in basso e con i piedi saldamente a terra, Eve, emozionata ed esultante, aveva esclamato: «Sono contentissima di averlo fatto. Adesso penso che potrei fare qualsiasi cosa!»
Imparare ad aumentare la propria sicurezza significa anche impegnarsi a modificare il proprio modo di pensare negativo e radicato, rinnegando eventuali fissazioni sul proprio modo di essere e sul proprio carattere. È questo il vero cambiamento che la TCC vi insegna a compiere: alimentare e aumentare la sicurezza in voi stessi.
Tenete presente il «paradosso del cambiamento» Naturalmente, nulla è immutabile, la vita si trasforma continuamente, le circostanze ci presentano sempre nuovi ostacoli e ogni volta dobbiamo metterci a pensare a come superarli. Come abbiamo visto nel cap. 1, spesso diciamo che vogliamo cambiare, a patto di non doverlo fare veramente. Eppure tutto si modifica in continuazione, in ogni direzione, quindi cambiare significa affrontare e compiere le imprese che fanno parte di una vita vissuta pienamente.
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Accettare sé stessi Il «paradosso del cambiamento» solleva anche il problema dell’autoaccettazione. Se dovete cambiare (e nell’ottica della TCC questo significa abbandonare i pensieri negativi e gli errori di pensiero) come fate ad accettarvi? Le persone ansiose, ossessive, depresse o incollerite a volte non si amano e vorrebbero cambiare istantaneamente tutto di loro stesse. Spesso pensano in «bianco e nero» e non sono in grado di vedere o di accettare i loro aspetti positivi. Altri temono che accettarsi significhi diventare pigri, arroganti o troppo soddisfatti di sé, ma di solito è soltanto una paura. La TCC vuole insegnarvi ad accettarvi, amarvi e aumentare la sicurezza in voi stessi e anche a smettere di demoralizzarvi quando vi accorgete che lo state facendo. «Nulla di quanto immaginiamo è al di sopra delle nostre capacità, ma solo al di là dell’attuale conoscenza di noi stessi.» Theodore Roszak
Alimentare l’autostima
Per alimentare la vostra autostima dovete modificare le vostre convinzioni di fondo. Se queste sono per la maggior parte negative («Sono incapace», «Sono inutile», «Sono antipatico», o «Sono una persona malvagia»), allora dovete cercare di concentrarvi su ciò che di positivo fate, provate e pensate (la triade cognitiva di Beck; vedi p. 91). Ci vuole un incremento notevole e costante della sicurezza in sé stessi per alimentare la propria autostima. L’unico modo per far emergere un’immagine positiva di sé dal fondo del bicchiere, dove giacciono le CF che risalgono verso l’alto, è cominciando ad agire e a pensare con l’obiettivo finale di sentirsi soddisfatti di sé stessi. Tenete presente che la TCC si concentra sull’interazione fra cognizioni, comportamenti e fisiologia e che questa interazione non deve interrompersi man mano che ci modifichiamo e maturiamo.
Aumentare la propria sicurezza e autostima
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Come alimentare l’autostima, la sicurezza e crearsi un’immagine positiva di sé stessi 1. Non ci si riesce di colpo. Non esistono soluzioni veloci né
rimedi istantanei. Tuttavia, ci sono sempre più prove a dimostrazione che la TCC può rivelarsi molto efficace contro le dipendenze, i disturbi alimentari, i problemi affettivi, i traumi, la depressione, l’ansia e altri problemi. 2. Concentrandosi sugli eventi positivi e cominciando a costruire da quelli, aiuta a progredire. Per esempio, se soffrite di sociofobia e valutate al 90% la vostra paura ad andare a una festa da soli, poi, dopo esserci andati, la rivalutate al 70%, allora avrete compiuto un passo avanti concreto. La volta successiva, rammenterete a voi stessi che vi siete sentiti meglio dopo averlo fatto e quindi potrete riprovare a uscire da soli partendo da un livello di paura inferiore. L’accumulo degli esperimenti vi farà capire che siete perfettamente in grado di uscire da soli e di gestire tali situazioni. 3. Accettate l’imperfezione. Molte persone aspirano alla perfezione, ma nessuno è perfetto. In realtà è un obiettivo irraggiungibile. Numerose ossessioni e angosce scaturiscono dal bisogno di essere perfetti e dal rifiuto di accettare che siamo umani e quindi fallibili. Un aspetto importante della TCC è insegnare ad accettare l’imperfezione, a trovare una via di mezzo tra gli estremi del bianco e del nero. Le persone che soffrono di disturbi alimentari e che hanno un’immagine di loro stesse negativa sono particolarmente vulnerabili all’imperfezione. Tuttavia, sfruttando gli strumenti della TCC è possibile accettarsi guardando ciò che di positivo sappiamo fare e vivere serenamente nonostante le imperfezioni. Qualsiasi sforzo volto all’accettazione degli errori costituirà un momento di crescita. 4. Cogliete i PNA negativi e continuate a osservarli, a individuarli e a scriverveli. Se lo farete regolarmente e metodicamente usando il diario dei pensieri, comincerete a capire come
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pensate e come vi create la vostra quotidianità e la vostra realtà. Modificandoci e maturando, anche i vostri PNA possono cambiare. Ma dovete diventare un esperto cacciatore di PNA per smettere di ostacolarvi da soli. Quando vi accorgete dei pensieri negativi, non siete obbligati ad ascoltarli o a farvi condizionare, piuttosto scriveteveli o lasciateli perdere. 5. Evitate i pensieri deprimenti. Compilate l’agenda oraria delle attività per una settimana o anche solo per un giorno per aumentare la vostra sicurezza e autostima. Prendete nota di chi vi telefona o vi invia SMS e osservate l’uso che fate del vostro tempo. Questo vi aiuterà a sentirvi globalmente meglio con voi stessi. 6. Sconfiggete la rabbia. Ogni volta che resistete all’impulso di infuriarvi, vendicarvi, far del male a qualcuno, rispondere maleducatamente, o che riuscite a gestire efficacemente la collera di qualcun altro, aumenterete la vostra sicurezza e autostima. Osservate fino a che punto siete diventati bravi a gestire situazioni nelle quali, in passato, avreste reagito malamente. Se riuscite a evitare di passare alle mani, allora complimenti!
Un esempio Sara era rimasta stupita nel constatare che si demoralizzava spessissimo e mi aveva detto che, nel corso della psicoterapia, aveva scoperto che si autodemoliva in ogni occasione. Se perdeva l’autobus si dava dell’idiota per non essere uscita di casa prima, se rompeva il tuorlo di un uovo mentre lo friggeva si diceva che non era capace di fare niente. Con il passare del tempo, compilando il diario dei pensieri, si era resa conto che la vocina critica e negativa che le sibilava continuamente all’orecchio le ricordava sua madre che la criticava aspramente a ogni piè sospinto, quando era bambina. «Mia madre mi sminuiva sempre, mi rimproverava e mi demoralizzava», mi aveva spiegato Sara, «non mi faceva mai un complimento, non era sua abitudine. Mi beccavo sempre sguardi severi e commenti negativi, non le andava mai bene
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niente di ciò che facevo.» Così, Sara aveva capito che doveva cominciare ad apprezzarsi maggiormente. Si era accorta che la maggior parte delle uova che friggeva non si rompevano in padella, ma solo uno ogni tanto. Di solito era puntualissima e le rare volte in cui le capitava di tardare c’erano sempre molte circostanze attenuanti. Forse non era colpa sua quando perdeva l’autobus, dopo tutto. Una volta smesso di autoschiaffeggiarsi con aspre critiche, Sara aveva cominciato a rilassarsi e a capire che per lei era una sorta di obbligo essere sempre perfetta. La sua autostima aveva cominciato ad aumentare e aveva notato che, il più delle volte, faceva le cose «per bene». Con il tempo era riuscita a soffocare la vocina dispettosa e avvilente che continuava a inibirla e, di conseguenza, si era sentita più tranquilla e più soddisfatta. Sara aveva notato che, da quando aveva cominciato ad apprezzarsi, criticava meno anche sua figlia e suo marito. Era stata una rivelazione capire fino a che punto aveva sabotato la sua pace mentale e quanto poteva fare per cambiare tale situazione.
Illuminazione Eccovi altri suggerimenti per alimentare la vostra autostima, che possono anche essere di piacevole attuazione e salutari.
• Curate la salute e l’alimentazione. Questo non significa rinunciare
ai divertimenti, ma che potrebbe giovarvi notevolmente consumare frutta e verdure fresche in abbondanza e ridurre i grassi, il sale e gli zuccheri. Riducete il cibo-spazzatura e il vostro umore migliorerà insieme alla sensazione di controllo sulla vostra vita. Tenete d’occhio il peso corporeo e, se dovete dimagrire, fatelo gradualmente, sensatamente e sotto il controllo del medico. Perdere mezzo chilo alla settimana va bene se siete sovrappeso, ma dovete sapere quando fermarvi. Se per perdere peso volete iscrivervi a un’associazione, che sia affermata e qualificata.
• Riducete (o eliminate) l’alcol, la nicotina, la caffeina, gli stupe-
facenti. Se cercate di neutralizzare le sensazioni angoscianti con l’alcol, le droghe o altre sostanze che danno dipendenza, non siete }
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in grado di pensare lucidamente. Se dovete affrontare i postumi di un trauma, o di una separazione, potreste avere la tentazione di «annegare i dispiaceri», ma vi ritrovereste con un maggior numero di problemi da risolvere. Molti dei rimedi a cui ricorriamo per «rilassarci», «divertirci» o «lasciarci andare» in realtà sono nocivi e creano più problemi di quanti ne risolvano. Abbandonandovi ai vizi quando avete bisogno di sostegno psicologico, finirete per aggravare le vostre difficoltà. Vi conviene sicuramente annotare i vostri bisogni compulsivi sul diario dei pensieri e concentrarvi su tutto ciò che siete in grado di fare quando siete lucidi e padroni di voi stessi.
• Curate il vostro aspetto. È facile trascurarsi quando ci si sente de-
pressi o oberati. Tuttavia, non c’è bisogno di andare dal parrucchiere più caro o di vestirsi con capi firmati, è sufficiente dedicare un po’ di tempo all’igiene personale, ai capelli e alle unghie per sentirsi subito «a posto». Le persone depresse tendono a trascurare il loro aspetto fisico, quindi investite in qualche capo nuovo (anche capi usati di buona fattura vanno bene) e, per le signore, truccatevi un minimo (esistono numerose marche di prodotti cosmetici a prezzi accessibili). Il semplice atto di curare il vostro aspetto vi farà sentire più sicuri e quando vi guardate allo specchio non date ascolto alle critiche interne e accettatevi per come siete: andate bene così.
• Badate alle spese. Se avete problemi economici, rivolgetevi al più
presto a un consulente finanziario o a uno dei numerosi sportelli civici di aiuto al cittadino presenti in molte città. Risolvere i propri problemi economici sul lungo termine aumenta la sicurezza in sé stessi.
• Fate esercizio fisico. Facile a dirsi, difficile a farsi. Ma una volta presa
l’abitudine di svolgere un minimo di attività fisica, vedrete che comincerete a godervi maggiormente la vita, a sentirvi molto meglio e ad alimentare enormemente la vostra autostima. Non c’è neanche bisogno di spendere molto: potete andare a camminare o a correre al parco, a ballare, iscrivervi a un corso di ballo o di ginnastica dolce. Insomma, muovetevi anche solo per fare giardinaggio prendendo una boccata d’aria fresca, o facendo le pulizie di casa, passando l’aspirapolvere, spolverando e cucinando con la radio accesa o la musica a tutto volume. Anche fare l’amore è un esercizio fisico positivo e vitale (a patto di prendere le debite precauzioni).
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Mettetevi alla prova Che cosa apprezzate di voi stessi? (Vietato pensare «niente»). Stimarsi e apprezzarsi è importantissimo, quindi riflettete su voi stessi e compilate un elenco delle cose che apprezzate veramente o che semplicemente vi piacciono. Per esempio la vostra generosità, la vostra gentilezza, l’amore per gli animali. Magari vi piacciono i vostri occhi, i capelli o le gambe. In ogni caso, ditevi qualcosa di carino e, guardandovi allo specchio, provate a dirvi «sto bene», o «mi piaccio». All’inizio potrebbe sembrarvi ridicolo, ma è importante alimentare la propria autostima ed evitare di demoralizzarsi. Scrivetevi dieci cose che vi piacciono veramente di voi stessi come persona.
Assumersi le responsabilità
Un altro elemento importante del «paradosso del cambiamento» riguarda il grado di responsabilità che occorre assumersi. Molte delle persone che chiedono aiuto scoprono che sono schiacciate dal peso di responsabilità talvolta eccessive, di conseguenza si sentono ansiose e depresse perché pensano di essere responsabili di tutto. Sentirsi eccessivamente responsabili, sempre e per qualsiasi cosa, può essere molto pesante e suscitare profondi sensi di colpa, autodisprezzo e avvilimento. La «torta delle responsabilità» di Carl Carl legge sul giornale
Carl pensa
Errori di pensiero
«Il riscaldamento globale nuoce alla salute.»
«È tutta colpa mia.»
Mettere sul piano personale Generalizzare troppo Pensare in bianco e nero Filtrare Incolpare Drammatizzare
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La torta delle responsabilità
La TCC si avvale di un meccanismo molto utile per aiutare a determinare il grado di responsabilità che compete a ciascuno: è la torta delle responsabilità. Invece di incolparvi per tutto ciò che accade, con la torta delle responsabilità potete calcolare con precisione quali siano le responsabilità che dovete accollarvi. Prendiamo il caso di Carl, il quale si sente sopraffatto dalla responsabilità del riscaldamento globale. È vero che potrebbe fare di più riciclando o risparmiando energia, ma potrebbe anche disegnare la seguente torta delle responsabilità.
Responsabilità di Carl per il riscaldamento globale
Responsabilità del governo statunitense
Responsabilità delle autorità internazionali Responsabilità del governo britannico
Come Carl vede il problema Responsabilità di Carl per il riscaldamento globale
Responsabilità del governo statunitense Responsabilità del governo britannico Responsabilità delle autorità internazionali
Revisione con il metodo della TCC
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Mettetevi alla prova La vostra torta delle responsabilità C’è qualcosa di cui vi si sentite enormemente responsabili o che addirittura vi opprime? Vi sentite in colpa per qualcosa che è andato storto, sicuramente per colpa vostra? Dalla perdita del posto del lavoro a problemi con i figli, da un terremoto in Cile alla morte o malattia di qualcuno. Tracciate un diagramma simile a quello di Carl e calcolate la vostra fetta di responsabilità.
Se riuscite a soppesare con precisione il vostro grado di responsabilità per ciò che nella vita vi preoccupa, vi ossessiona, vi incollerisce o vi deprime, comincerete ad avere una visione più lucida ed equilibrata. Di conseguenza, riuscirete a rilassarvi maggiormente e a sentirvi meno responsabili (e quindi meno ansiosi) nell’esistenza quotidiana. Dovete assolutamente imparare ad alleggerire il vostro carico, se finora vi siete sempre sentiti responsabili di tutto al 100%. Alcuni temono le responsabilità e si rifiutano di capire che la loro vita e crescita personale dipende solo da loro. Se è il vostro caso, allora, per una volta, dovete cominciare ad assumervi le vostre responsabilità, compilando il diario dei pensieri e seguendo il programma della TCC. Dovete sempre tenere presente che siete voi a decidere delle vostre sorti e di mantenervi in carreggiata. È facile trovare scuse per ricadere nelle vecchie abitudini e schemi mentali, ma, se volete cambiare, dovete fare lo sforzo di attenervi alla decisione di agire diversamente in futuro.
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Stabilire gli obiettivi
• Per risolvere i propri problemi, e di conseguenza migliorare con il metodo della TCC, è fondamentale stabilirsi alcuni obiettivi e attenervisi rigorosamente. Gli obiettivi, convenzionalmente identificati con l’acronimo SMART, devono essere i seguenti:
• Specifici: che cosa, quando, dove e con chi. • Misurabili: quanto e con che frequenza. • Accessibili: sono in grado di raggiungerli? • Realistici: sono possibili o almeno probabili? • Vincolati al Tempo: entro quando? Mettetevi alla prova Elaborate un esperimento scientifico di cui sarete la cavia Quando stabilite i vostri obiettivi dovete ricordarvi di:
• definire il problema (e formularlo); • tenere il diario dei pensieri; • distinguere i PNA normali da quelli morbosi; • notare gli errori di pensiero nei quali cadete in relazione a problemi specifici;
• individuare le vostre scintille; • decidere che cosa volete che in futuro sia diverso e in che modo; • pensare
a come potreste comportavi o pensare diversamente in futuro, se avete individuato una determinata scintilla;
• valutare come vi sentite prima di vivere una certa situazione o che vi capiti qualcosa;
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• provare a esporvi deliberatamente a una situazione che per voi è a rischio e vedere se siete in grado di agire e di pensare diversamente di fronte alla provocazione: è questa la parte sperimentale;
• in seguito, di valutare come vi siete sentiti nel corso dell’esposizione alla situazione o all’evento: è stato più difficile di quanto avevate immaginato, o più facile? Prendete nota di tutto ciò che avete provato e pensato e delle vostre reazioni fisiche.
Un esempio Brian ha il terrore di parlare in pubblico. Il suo capo gli ha detto che deve assolutamente fare una presentazione di dieci minuti ai rappresentati della vendite in occasione della loro visita successiva. Brian ha spiegato al suo capo che non se la sente, ma questi insiste perché faccia un tentativo, soprattutto perché spera in una promozione e quindi in futuro sarebbe costretto a parlare durante le riunioni. Brian perde il sonno a causa del discorso imminente, suda, trema, non riesce a mangiare, perché rivive continuamente il momento in cui si è completamente bloccato al matrimonio del suo migliore amico a cui faceva da testimone. Era stata l’esperienza più brutta della sua vita, in quanto aveva dovuto abbandonare il ricevimento, in preda a un imbarazzo e un avvilimento profondi. Tuttavia, Brian ci tiene molto alla promozione (che è la sua aspirazione principale) e, dentro di sé, vorrebbe dimostrarsi all’altezza del compito. Quindi, per prepararsi, decide di procedere con gli esercizi della TCC (così come sono riepilogati nel riquadro sopra). Si rende conto che preferirebbe evitare di parlare («comportamento di sopravvivenza»), ma che questo perpetuerebbe il suo problema (perché gli impedirebbe di migliorare). Allora si prefigge l’obiettivo di parlare alla presentazione e si prepara il discorso. A quel punto, valuta la sua paura: 100%, la situazione è grave. Brian sa che la sua scintilla è la paura di bloccarsi, che è esattamente quanto gli è accaduto al matrimonio. Così, questa volta si prepara }
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una scaletta dei punti che vuole illustrare e prova più volte il discorso davanti al cane. Un amico gli consiglia di dirigere lo sguardo al di sopra degli astanti, fissando un punto in fondo alla sala. Il giorno della presentazione si applica una buona dose di antitraspirante perché ha anche paura di sudare troppo macchiando la camicia. L’amico gli dice di chiamarlo il giorno stesso per avere un po’ di sostegno morale. Poiché è sempre terrorizzato, Brian gli manda un SMS pochi istanti prima della presentazione, il che lo aiuta a ricordare che l’amico sta tifando per lui. Entrato nella sala, Brian riesce a salire sul palco, anche se gli tremano le ginocchia e le mani, e ringrazia il cielo di essersi preparato la scaletta. Punta lo sguardo verso il fondo della sala e riesce perfino a sorridere, poi esordisce con titubanza, ma acquisisce sicurezza man mano che procede con la scaletta. Ce l’ha fatta! Al termine del discorso, è accolto da un applauso caloroso e al bar il suo capo gli dà una pacca sulla spalla facendogli i complimenti. Tornato a casa, Brian prende nota di tutto e si accorge che la sua paura è scesa al 60%: un calo del 40%! La volta successiva (se ci sarà) sarà ancora più facile, perché la sua paura partirà dal 60% e non più dal 100%.
Illuminazione Perseverare La motivazione di cambiare può essere difficile da mantenere, perché spesso ci si dimentica di quanto abbiamo deciso di fare per noi stessi e per risolvere i nostri problemi. Questo è uno dei motivi per cui, a volte, in caso di problemi o questioni molto specifici, conviene rivolgersi a uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale o partecipare a sedute di gruppo. Tuttavia, se invece preferite cavarvela da soli, sappiate che non è impossibile, seppure difficile, mantenersi in carreggiata, per cui la TCC propone un esercizio che aiuta a tenere sempre presenti i benefici dei cambiamenti. Si chiama analisi dei costi e dei benefici, un concetto che proviene dall’ambito dell’economia.
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Analisi dei costi e dei benefici Mediante questo tipo di analisi si soppesano (letteralmente) i costi (svantaggi) e i benefici ottenuti (vantaggi) al fine di stabilire se sia utile continuare a sperimentare un comportamento nuovo o modi di pensare e di sentire diversi. Quanto a Brian, che non sa come trovare il coraggio di fare un discorso al lavoro a causa della sua paura di parlare in pubblico, la sua analisi dei costi e dei benefici sarebbe, grosso modo, la seguente: Costi (svantaggi)
Benefici (vantaggi)
Potrei dimenticare il discorso e sudare profusamente
Potrei leggere la scaletta e cospargermi di antitraspirante
Probabilmente si accorgeranno che parlare mi mette estremamente a disagio
Nonostante il disagio, dimostrerei al mio capo che posso farcela
Potrei spaventarmi troppo guardando il pubblico
Potrei fissare un punto al di sopra degli astanti
Doverlo fare mi terrorizza
Potrei ottenere la promozione se ci provassi
Mettetevi alla prova La vostra analisi dei costi e dei benefici C’è qualcosa che evitate e che vorreste provare ad affrontare come ha fatto Brian?
• Scrivetevi il problema. • Ora valutate i costi e i benefici e prendete nota di come vi sentite, su scala da 1 a 100 o da 1 a 10, prima di fare il tentativo.
• Poi scrivetevi i pro e i contro usando la tabella di cui sopra. }
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• Dopo aver effettuato la prova, rivalutate il livello delle vostre sensa-
zioni e riesaminate i costi e i benefici. Alla luce dell’esperienza, forse dovrete annotarvi una nuova serie di pro e contro.
• Per continuare a essere motivati, e per restare rigorosamente in car-
reggiata, dovete compiere queste operazioni regolarmente. Concedetevi un premio non solo per aver eseguito il compito, ma anche per aver compilato le tabelle ed essere ancora motivati. Vi ci vorrà un po’ di tempo per prendere l’abitudine, ma dopo un po’ potreste accorgervi che avete cominciato a fare tutte quelle cose che per molto tempo avete rimandato o evitato. Eppure siete ancora vivi!
Illuminazione Rilassatevi, fate esercizio fisico e meditate Come abbiamo visto nel cap. 7, è stato ampiamente dimostrato che il rilassamento, l’esercizio fisico e la meditazione sono cruciali per vivere a lungo, sani e felici. Quindi imparate alcune semplici tecniche di rilassamento (vedi pp. 165-168) e a svolgere regolare attività fisica (anche 10 minuti al giorno aiutano ad aumentare il livello di endorfine nell’organismo). Per tenere a bada il malumore, esponetevi alla luce naturale almeno una ventina di minuti al giorno, soprattutto in inverno, per aumentare i livelli di serotonina e dopamina.
Consapevolezza e meditazione Abbiamo anche visto che la semplice meditazione può essere di grande giovamento. Ritirarsi in un luogo tranquillo, per un quarto d’ora al giorno, chiudendo gli occhi e concentrandosi sulla respirazione immaginando di librarsi e poi di precipitare, può fare miracoli. Io lo faccio ogni giorno, prima di mettermi a scrivere, e vi assicuro che dopo lavoro molto meglio. Così facendo, si possono aumentare le onde alfa cerebrali e rallentare la respirazione.
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Sempre nel cap. 7, abbiamo visto che, di recente, sono stati effettuati alcuni studi sul cervello di Matthieu Ricard, il famoso monaco buddhista francese (e cavia volontaria), che prima di trasferirsi sull’Himalaya faceva il biologo molecolare. Ricard medita regolarmente da 35 anni e si è scoperto che il suo cervello si è sviluppato maggiormente nelle regioni prefrontali, comprese le zone che controllano l’indulgenza e la calma. Il ricercatore Richard Davidson ha elaborato alcuni esperimenti sottoponendo Matthieu Ricard a risonanza magnetica prolungata, nel Madison Laboratory statunitense. È così che ha scoperto che il cervello del monaco è piuttosto diverso da quelli di chi non medita. Davidson ha poi confrontato i cervelli di meditatori novizi con quello di Ricard e di altri monaci che meditavano da lungo tempo, ottenendo risultati straordinari. I monaci che meditavano da più tempo (parliamo di anni) avevano il livello più elevato di onde alfa. Davidson ha anche scoperto che: «La meditazione non solo modifica il funzionamento del cervello sul breve termine, ma è abbastanza probabile che produca cambiamenti permanenti... il fatto che i monaci con più ore di meditazione alle spalle mostrino i cambiamenti più significativi ci induce a pensare che i cambiamenti si ottengono effettivamente con l’esercizio mentale.» Matthieu Ricard, Happiness
È quindi possibile allenare il cervello ad agire diversamente e a produrre cambiamenti fisiologici. È anche possibile che il tipo di esercizio suggerito dalla TCC produca modifiche analoghe, deviando la mente da pensieri angoscianti con effetti negativi a un modo di pensare costantemente ottimistico.
Migliorare Questo libro ha spiegato i motivi per cui potreste essere indotti a cambiare e ha anche illustrato come si può concretamente attuare e accettare il cambiamento relativamente a questioni specifiche
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che possono condizionare l’esistenza: fondamentalmente la paura, l’ansia, la depressione e l’ira. Ha inoltre mostrato che farsi condizionare da schemi di pensiero e comportamenti negativi può frenare, inibire e immobilizzare. Mi auspico che tutto ciò vi incoraggi a perseguire cambiamenti positivi in voi stessi e nella vostra vita. Spero sinceramente che, grazie a questo manuale, siate riuscite a impadronirvi dei concetti e degli strumenti pratici della TCC che possono aiutarvi a sfruttare al massimo la vostra esistenza.
Il difficile è il procedimento Tenete presente che durante il processo di cambiamento:
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potreste benissimo commettere errori; siete umani e potreste «dimenticare» le decisioni prese; potreste sbagliare ripetutamente e poi, finalmente, riuscire; forse ci metterete un po’ di tempo ad abituarvi al modo di pensare e di porvi secondo l’ottica della TCC, il che è normale; forse farete fatica a perseverare (magari in passato avete avuto difficoltà, ma questa volta...) dovete premiarvi concedendovi svaghi o ricompense sani e piacevoli (regalatevi un massaggio o una gita al mare, una serata al cinema, un fetta di torta al cioccolato, un CD nuovo); non dovete farvi scoraggiare dagli altri. Certe persone potrebbero invidiarvi perché state cercando di migliorarvi e potrebbero anche provare gusto a ostacolarvi: ignoratele. Non lasciatevi coinvolgere in discussioni su ciò che state facendo: è un vostro progetto e voi avete tutti i diritti di cercare di migliorarvi con questo metodo sperimentato e collaudato; potreste aver bisogno di rivolgervi al vostro medico di fiducia o chiedergli di indicarvi uno psicoterapeuta cognitivocomportamentale che vi aiuti a conservare la motivazione;
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• dovrete continuamente ricominciare da capo. Dovrete
riprovare, ogni mattina, a ricominciare. Nessuno ha mai detto che è facile, ma rinunciare al primo intoppo significa non darsi nemmeno una possibilità di migliorare e di aiutarsi; • dovrete consultare regolarmente questo libro, sottolineando o evidenziando i passaggi che vi sembrano più pertinenti. Applicate promemoria al frigorifero, al computer, all’agenda o al telefonino. Mantenetevi attivi, continuate ad andare avanti, procedete: vedrete che alla fine otterrete i risultati sperati; • l’ostacolo è il percorso e potreste inciampare molte volte nei giorni, settimane e mesi a venire, ma non facendo nulla per cambiare la vostra vita vi arrendereste all’inerzia e all’influsso negativo del pessimismo. Il professor Richard Layer della London School of Economics, autore di Felicità: la nuova scienza del benessere comune (Rizzoli, 2005) e amico di Matthieu Ricard, è riuscito a convincere le autorità britanniche a formare diecimila psicoterapeuti cognitivocomportamentali per aiutare la gente a migliorare. Secondo le sue parole: «Non si può essere felici senza avere un obiettivo che vada al di là di sé stessi, ma non si può esserlo nemmeno senza conoscersi e accettarsi. Se vi sentite a terra, sappiate che esistono filosofie antichissime che possono aiutarvi... quindi la felicità proviene dall’esterno ma anche dall’intimo. Le due cose non sono in contraddizione. Il vero pellegrino combatte i mali del mondo esteriormente e coltiva lo spirito interiore.»
Secondo me c’è del vero. Voi non trovate?
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La cassetta degli attrezzi della TCC 1. Prendete la decisione di cambiare e attenetevi. 2. Cercate di capire come interpretate il mondo e quali sono i vostri meccanismi mentali e comportamentali. 3. Fate caso ai pensieri negativi e annotateveli. 4. Individuate ed eliminate gli errori di pensiero. 5. Chiaritevi i problemi ed effettuate esperimenti. 6. Riesaminate la vostra decisione di cambiare e confermatela. 7. Sconfiggete l’ansia, le fobie, i traumi, le ossessioni e le dipendenze. 8. Scacciate la vostra «nuvoletta nera». 9. Infilzate il drago e imbrigliate la collera. 10. Aumentate la sicurezza in voi stessi e l’autostima.