Bruno Mago. Ombre e Luci


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Bruno Mago. Ombre e Luci

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I Polifemi

Collana di Studi Tradizionali XXXI

2 8 caratteri:

la A della magia naturale Giordano con la Chiave e con le Ombre

CLEMENTINA G ILY REDA

BRUNO MAGO OMBRE E LUCI

STAMPERIA DEL VALENTINO

In copertina: Michele Roccotelli, Abbracci

Tutti i diritti riservati 202 1 Stamperia del Valentino via Raffaele Tarantino, 4 - 80 1 28 Napoli Tel. e Fax 08 1 5787569 www.stamperiadelvalentino.it ISBN 978-88-99937-72-0 ©

Indice:

INTRODUZIONE .....................................

l . LA MAGIA DELLA MEMORIA - Il sapere umbratile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - Il sincretismo . ................................ - La cabala non è la via ..................... - Che cos'è la magia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - Anima mun di, le ragioni seminali . . . - La magia del due . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - La scala dei saperi gradua la chiave della memoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - Comunicazione universale e vicissitudine ......................... - Linguaggi e cultura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - La retorica dell'essenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . - Mathesis singularis ..........................

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CAPITOLO

29 32 38

46 55 62 66 72 77 79 83

CAPITOLO

-

Il. LE OMBRE DELLE IDEE Le Ombre delle Idee . ......................... 89 Ragionare sulle ombre , la Certezza . . . 90 L'Arte della memoria e la pace nel mondo . . . . . . . . . . . . . . . . , 96 L'anima interna nel m arm o . . . . . . . . . . . . . . 1 0 1 L'infinito e il finito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 05 7

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Trenta Intenzioni delle Ombre La fede religiosa e laica . . . . . . . . . . . . . . . . . . Trenta Concetti di Idee Gli occhi luciferi Armonia delle qualità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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1 07 l 08 1 23 1 26 131

CONCLUSIONE : - Ombre e luci: tutta una questione di prospettiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 4 1 .

APPENDICE : - Schema breve dei Dialoghi Italiani BIBLIOGRAFIA

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Bruno - dice l Enciclopedia Treccani - attiva una diversa considerazione dell'uomo, perché sostituisce all'anima eterna un'anima che agi­ sce attraverso funzioni/ azioni base, che è compito della conoscenza individuare e perfe­ zionare: è su questo che la filosofia medita. Una frase che cito perché da fonte autore­ vole sono confermate le conclusioni di questo libro, l'ottica che dagli anni '90 è oggetto delle mie lezioni universitarie e dei miei testi su Bruno. Non si tratta di capire un pensiero oc­ culto, ma piuttosto di leggere con attenzione un pensiero filosofico sorprendentemente at­ tuale. La vera magia di Bruno sta nella sua attualità sconcertante. Dico - per chi non co­ nosca il filosofo novecentesco Cassirer - che il concetto di categoria- funzione cui fa riferi­ mento la Treccani, è la rivoluzionaria idea che non nega gli spiritualismi che desiderano una visione totale, ma li pone fuori della filosofia, come i discorsi sull'eterno fondamento del mondo: la teologia. Collaboratore della War­ burg Library - la scuola dell'iconologia - Cas­ sirer teorizzava così lo sviluppo delle categorie 9

- come appunto fece Bruno - grazie alla nuova attenzione al sapere delle immagini, che mette in campo un'altra ottica, estetica, della conoscenza. Ed è questa la novità di Bruno ormai dive­ nuta protagonista, che può giovarsi di ottimi lavori filologici e critici per dare corpo a una teoria che ha in sé la capacità di soluzione di alcuni problemi contemporanei. Quindi c'è persino chi ha detto che la sua magia si leghi al rogo, al fascino del macabro, all'incredibile abiura. . . invece la commozione della morte terribile ha nascosto la sua vera grandezza. L'azione dei suoi nemici che bruciavano i suoi libri, non riuscì ad evitare che li leggessero Pa­ sca!, Leibniz, Spinoza, Vico . . . come disse Ber­ trancio Spaventa quando si cancellò la nebbia sul suo nome; in terra protestante, Jacobi, Schelling ed Hegel parlarono di lui aperta­ mente. Spaventa, nella Prolusione del 1 860 al suo corso universitario di Torino, lo disse "il genio italiano che aveva diffuso la nova filoso­ fia del Rinascimento in Europa", nel suo pas­ sare rapido da un'era all'altra, dalla ricerca dell'eterno a quella della vicissitudine univer­ sale: il mondo della storia. lO

Processato e condannato come stregone, bruciato a Roma davanti al pubblico di artisti e mecenati tra cui era anche Caravaggio . . . a tutti sembra ancora importante capire in che senso fu mago. Tante ombre si addensano sulla mnemotecnica, l'arte della memoria er­ metica, che pare spesso come l'entrata nei Misteri Eleusini, tante sono le fumosità e le contraddizioni casuali nella memoria, come ricorda l'immagine di copertina, come nel frr­ mamento delle profezie. Studiare la cono­ scenza per immagini, la Bellezza, è una ben strana logica; l'altra logica del conoscere disse Bruno - se tutto sappiamo nella mente dalla sensazione, che non è solo logica. Perciò il De U mbris Idearum, il primo suo libro giunto a noi, va approfondito . È in­ sieme un trattato d 'arte , o meglio di percet­ tologia, una scienza novecentesca, una teoria del conoscere e un manuale sulle ombre buono per l'artista. La novità, ri­ spetto a noi, è di poterli trattare insieme, perché nel Rinascimento la scienza natu­ rale è anche magia, conoscenza del Tutto : Astrologia e Astronomia sono una sola cosa. Non è utile tornare alla magia, ma i 11

saperi devono spesso superare la specializ­ zazione, per restare una cosa seria. Bruno manifesta la sua ambizione teo­ rica quando nei Dialoghi Italiani - il sistema scritto alla Corte di Elisabetta I - portò le Muse nel firmamento , insieme con la madre Mnemosyne, la memoria. Chi non sa che la Bellezza e l'Orrore facilitano il ricordo e creano vicinanze impensate? Il coraggio di sapere studia tutto ciò e costruisce stru­ menti per potenziare la ragione del memo­ rabile , una ragione attiva. Le somiglianze sono al meglio nell'ironia, dissolvendo , scuotono l'amore e suggeriscono scelte ; l'amore vince tutto , dirà negli Eroici Furori­ e ovunque, se si ha fede nelle ragioni semi­ nali, appare la Voce del Tutto. Nel teatro di Bruno , nei Dialoghi, l'ascesa al cielo delle Muse dello Spaccio della Bestia Trionfante, accade alla riedificazione del firmamento , che caccia via le Bestie . Dimostra la co­ scienza di sé del Rinascimento ; l'araldo Giordano Bruno scrive il paradigma col me­ todo sincretico , non eclettismo ma crasi, metodo storico estetico che mostra, acco­ sta, senza cancellare . Mette insieme quadri 12

nuova unità, cultura vivente che non copia e non imita, ri-crea vita altra. Nel caso di Bruno il metodo sincretico fa convivere San Tommaso e Aristotele , Pla­ tone, l'Atomismo antico e il Cinquecento della Natura . . . tutti a modo proprio, esposti e criticati costituendo individui-monadi in loro e nei lettori, tutti atomi di una visione complessa. Quante suggestioni, tra scienza e fantasia, genera così il loro aggregarsi e dividersi! Così sono nate idee strabilianti come l'atomismo (quattrocento anni prima di Cristo) , una profezia, si direbbe (Vittorio Enzo Alfieri) , che stupì Popper che teorizzò La logica della scoperta scientifica. Bruno anticipò, grazie al dialogo storico, l'impor­ tanza del conoscere visuale (John Ruskin, Rudolf Arnheim , Hans Belting) trattando l'infinito-finito conoscere con Cusano, nel­ l'arte della memoria per immagini. Al Rinascimento di Bruno perciò oggi è op­ portuno chiedere, come attuarono il salto di un'era - dominando il mondo a filo di ragione - anche se vinse la più leggera tesi cartesiana piuttosto che quella simbolica storico-este­ tica, cioè basata sull'aisthesis, sulla sensam

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zione, non sull'astratto. Nel De Umbris idea­ rum questa logica - che segue le tracce dalle ragioni seminali alle novità sensibili - ragiona di luci e ombre in corrispondenza, con risul­ tati notevoli per superare il passato del mondo eterno verso il mondo in divenire. Se, come dice Walter Ong, il cambio d'era nasce dal cambio del sistema di scrittura ­ perché il mezzo non è il messaggio ma influi­ sce su di esso (Marshall McLuhan) - oggi il cambio d'era è provato anche nella sua causa: oltretutto, mentre sia il passaggio da orale a scritto tra Socrate e Platone, sia quello di Gutenberg, sono solidificazioni del parlato, oggi c'è la volatilizzazione dello scritto ( verba manent, scripta volant.� ; molto più difficile da digerire. Il cambiamento me­ diale-informatico va considerato quindi da un paio di secoli: ma meglio tardi che mai. La scrittura del Web è già ormai l'entrata nell'oralità secondaria dove gli scritti volano (Michel Maffesoli) e le parole diventano armi (Walter Benjamin) : il pensiero liquido di fme millennio ne è l'immagine. Bruno anticipò che nel divenir molle della cultura, rotto lo specchio eterno di Aristotele, tornava utile 14

l'arte della memoria, i due libri che seguono il De Umbris, la logica; occorre un sistema per creare ipotesi solide, simile al processo deco­ struire-deframmentare di Jacques Derrida: il nuovo nasce trascegliendo, nel costante pe­ ricolo relativistico che fa costruire sulla sab­ bia mobile. Il meglio che si realizza conosce il valore umano che lo ispira, il mondo dei fmi. La chiave di Bruno fu la trasformazione della retorica, scienza del linguaggio che è anche strumento di conoscenza, disse Giambattista Vico nella topica, scienza dei tòpoi, dei casi ideali che l'oratore ricorda nell'Inventio, per scegliere argomenti con­ vincenti. Così nacque la conoscenza storica all'Università, con la memoria che sa anche creare metafore che si adattano ai nuovi orizzonti (Paul Ricoeur) , cosa impossibile per le logiche algoritmiche, che per non far vincere il caso diventano meccaniche. Immagini e simboli diventano punti me­ tafisici fissi nella memoria - ma come si imi­ tano quei Marchi nella mente inconfondibili e indicibili insieme? La calamita delle ana­ logie li aggrega in simboli, che creano una scala verso l'alto finché compare il nesso: è 15

il metodo della macchina della memoria bi­ naria di Bruno, ma è costruita di simboli. Il De umbri.s mostra il processo in una serie analitica di momenti, una sorta di ma­ nuale che prepara le successive due parti dell'arte della memoria, che sarà poi oggetto degli ultimi trattati sulla magia, rimasti ma­ noscritti. La magia naturale rifiuta la Cabala numerica, teorizza la retorica dell'essenziale che sa costruire punti memorabili con scelte non automatiche ma calibrate, come i colori di una tavolozza. Così mostra il cammino nell'infinito nel disegno in parole dell'esperienza 'futura' . . . come dice Humpty Dumpty ad Alice, tutto sta nel saper diventare maestri del linguag­ gio ! Ed è que­ st'arte che viene la magia del pensare, che ritempra le lame nell'acqua di Vulcano, marito di Ve nere , la Bel­ "Thequ.uti011�," saidAlice, ""�ther)·outumakt14,.nlsmeu lezza, perché sia •a.nr4lft'.,-.,.uthlna•." bene affilata e insegni senza stordire. ro

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Capitolo I LA MAGIA DELLA MEMORIA Giordano Bruno scrive tutte le molte opere che ci sono giunte in pochi anni, dal 1 582 al 1 592: questi sulla Magia, necessa­ ria premessa alla logica delle immagini del De Umbris, sono gli ultimi manoscritti già pronti per le stampe, ma pubblicati solo nel 1 89 1 . I Dialoghi Italiani ( Cfr. Appendice) , le opere più note, propongono il sistema me­ tafisica e morale; e furono scritti e pubbli­ cati tra Londra e Parigi, tra il 1 583 e 1'85; Bruno era a Londra nella casa sul Tamigi dell'ambasciatore di Francia Michel di Mau­ vissier, destinatario di alcuni dialoghi; tornò infine con lui a Parigi, ma dovette scappar via presto in Germania per la pessima ac­ coglienza. Ciò confermerebbe che fosse dav­ vero - come ipotizzò John Bossy - una spia di Enrico III alla corte di Elisabetta, per tu­ telare Maria Stuarda, ex Regina di Francia, decapitata poco dopo la loro partenza: non era certo l'esito sperato da Re Enrico III . In Germania Bruno si recò dall'Imperatore Ro­ dolfo, il suo sovrano; era cittadino di Napoli; 17

lui lo onorò con regali ma non lo invitò a re­ stare a corte dove pure ospitava gran copia di astrologi e maghi profeti; ma non amava la magia naturale di Bruno. Ciononostante, Bruno in Germania trovò il più confortevole scenario della sua vita, poté scrivere grandi opere, le ultime benché fossero le opere di un quarantenne : una profezia filosofica, però; la sua magia, come scienza dell'osser­ vazione del mondo materiale e spirituale, ha caratteristiche pregevoli per il mondo d'oggi: sa favorire il dialogo in filosofia e in politica senza dimenticare d'essere scienza, con cui affascina, esperto com'è dell'eliocentrismo di Copemico e del compasso di Mordente. Il suo studio approfondisce il nesso di coe­ renza del Tutto quando la caduta dell'ari­ stotelismo geocentrico, immobile, è messo in crisi dal cambiamento rinascimentale ; ma ribadisce altrimenti la coerenza come base di ogni scelta, della natura, ma anche di ogni azione innovativa. Bertrando Spa­ venta, nella Prolusione del 1 860 al suo corso all'Università di Torino, disse che "il gran pregio di Bruno è aver detto Essere è fare, Essere è causare', la base della filoso18

fia costruttivista e del vitalismo del Nove­ cento, il paradigma base delle neuroscienze (Humberto Maturana) . Per Bruno l'attività non solo è la conqui­ sta della mente; quando l'infinito riesce a farsi uno , i particolari si uniscono nella mente, il nesso guida la scelta della dire­ zione: è così anche nella storia, o - come dice lui - nella vicissitudine universale. Il sentiero giusto va individuato nella mappa del Tutto, il panorama non danneggia la mobilità, con­ sente di capirne il divenire. È il segreto che Bruno chiarisce già nel titolo del secondo dialogo, De la Causa Principio et uno: il senso necessario dice che l'universale Principio ha vita nel Mondo, lo si ottiene analizzando sin­ gole sensazioni che appaiono come unica voce della Natura: la causa si svela un Prin­ cipio, che non si identifica col mondo ma ne è il Timoniere (La Cena delle Cenen) . Bertrando Spaventa era un hegeliano, attratto dalla dialettica platonica e duale di Bruno ; in essa nasceva, disse , La circola­ zione del pensiero europeo, perché lanciava parole memorabili poi diventate troppo cul­ tura comune a diversi grandi . La lettura 19

delle opere fu diffusa dai tanti Dickson e Toland che lo amavano : lo dimostrano le scarse ma significative citazioni che evoca­ vano questa o quella delle sue tesi. Impron­ tate , disse con definizione autografa, al motto Giordano con la chiave e con le ombre, scienza ed estetica-filosofia sono la guida alla specializzazione se si conserva il rigore dei metodi in mirabile combinazione, come si conserva la saggezza del passato . Criti­ care non vuol dire ignorare : l'antiaristote­ lico Bruno fa lezione commentando il De anima di Aristotele , che dà all'immagina­ zione un ruolo nel sapere; il mondo della vi­ cissitudine universale è protagonista delle guerre e delle arti del Rinascimento . Il sa­ pere per immagini non si riconosceva, ma agiva come sempre, e Bruno intende che la millenaria sfiducia nella sensazione della fi­ losofia, che scelse le matematiche , può ormai giovarsi dei sensi, come aveva fatto Copernico . Le sensazioni sono , è vero , le ombre lasciate dai veri uomini sulle pareti della caverna di Platone, ma sono anche le tracce lasciate sui soli sentieri che la mente può seguire : il sapere non ha altre strade . 20

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Bruno riscrive il suo sapere a diverse ve­ locità, mostrando competenza retorica. Le idee sono mature sin dall'inizio, ma i diversi generi letterari le arricchiscono, e si giova dei risultati. All 'inizio stile analitico, sistematico, narrativo, poetico, teatrale di fondo, alla fine la scrittura sistematica vince, gli allievi scelti devono diventare maestri, non spera più di conquistare i potenti - s'illuderà ancora col Papa e andò a Venezia - ai suoi progetti di pace religiosa. Il sistema scritto a Londra deve averlo convinto del vantaggio della pro­ pedeutica, del dare ordine alle idee sul pal­ coscenico dei Dialoghi Italiani - pur nel limite di rivolgersi non a filosofia ma ai poeti elisa­ bettiani - che imponeva il gradevole passeg­ giare di una amabile discussione . In Germania può darsi al lavoro sistematico, lo sguardo dall'alto che guida chi è già prepa­ rato a proseguire: si avverte il peso dei dieci anni trascorsi tra il De umbris idearum e l'opera finale sulle immagini, il De Imaginum compositione, edito a Zurigo nel 1 592, l'ul­ tima stampa sua. Non è perciò credibile l'ipo­ tesi di Claudio D'Antonio che ha pubblicato 21

il De imaginum - azione meritoria - col nome di Clavis magna, per realizzare il sogno di leggere l'opera perduta scritta a Tolosa che Bruno cita nel De umbri.s pubblicato a Parigi nel 1 582 col Candelaio: questa è la prima opera di Bruno a noi giunta. Ma si spera an­ cora. . . Se la coerenza è l'unico criterio del vero, dopo aver raccolto tutte le analisi sensibili, il sistema e le esposizioni sistematiche sono un pregio. Lo ritiene il Nolano, che Bruno dice superiore a Copernico, perché scopre l'infi­ nito, non solo la teoria eliocentrica, grazie alla coerenza che estende la scoperta a nuova metafisica astronomica. Il panorama, lo sguardo dall'alto che sin dall'inizio Leo­ nardo ha seguito in pittura, come si vede nel­ l'Annunciazione, insegna come tracciare linee di coerenza. Qui il coerente non è eterno, nel mondo cambiano le strade, ma le coerenze sono più del variabile, ci si può contare. Per­ ciò Bruno non ama i dogmi scientifici; anzi , invita il lettore a discutere le proprie deci­ sioni e direzioni; l'arte della memoria, dice, ognuno aggiusti a sé, non tutti memorizzano allo stesso modo, le sue ruote sono modelli. 22

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Il conoscere umano è sempre mobile per­ ché è umbratile, vede luci e ombre; ma ciò non vuol dire che sia falso; la sensazione è attendibile: è tutto quel che abbiamo; è la voce della natura, basta emendarla con me­ todo attento che sa la differenza. Ecco cosa dice l'autobiografia crittografata nei Cartigli della memoria ( Vessilli degli Uomini Preclan) : " Giordano con la chiave e con le ombre' , dando forse lo spunto a D 'Antonio per l'im­ portanza iniziale in Bruno della clavis. È il concetto centrale dell'arte della memoria, tanto che il libro di Paolo Rossi su di essa si chiama appunto Clavis Universalis. La chiave della memoria che apre tutte le porte è sogno paragonabile all'invisibilità per l'uomo; individuare fili logici indimenticabili è conquistare un nuovo ordine e creare il fu­ turo, e Bruno ci pensa sin dall'inizio; ogni studioso di retorica usa la topica, Vico le darà solo la sua giusta importanza, l'esempio guida la memoria al ricordo. Lo raccontava Cicerone parlando di Simonide di Ceo, il Me­ lico, dalla bocca di miele; il suo caso inse­ gnava a memorizzare con la mappa di luoghi fisici, contrassegnati da un percorso in pa24

role, sfruttando la memoria visiva anche per nomi e parole. L'ordine dei luoghi memoriz­ zato ricorda quello delle parole, diventa stru­ mento del sapere, scrittura e linguaggi combinano elementi secondo analogie. l'Arte della Memoria - fonte del futuro dei discorsi con l'Inventio, prima tappa dell'oratore - con simboli, lettere e immagini, anima la mente creativa creando nuovi marchi, immagini in figura, parole e canti, che trascinano la lo­ gica. La vera particolarità del Carliglio di Bruno rispetto agli altri, è di fondare su una 'anno­ minazione', sul contrasto intemo, sulla dia­ lettica polare di tensione. Platone l'aveva ideata da Pitagora e dalle dieci coppie di con­ trari pitagoriche, arricchendola del 'diverso', principio di mediazione e qualificazione (Raf­ faello Franchini) . Così la chiave risolve le ombre, la luce brilla nel buio, il mondo del­ l 'uomo procede a realizzare la giusta misura di luce e calore. La riscoperta dell'infinito di Cusano ne recupera la relazione col finito e rompe con la mala infinità condannata da Aristotele - mentre è la chiave del conoscere umbratile, dove tutto si muove . Cusano, 25

scrivendo La Dotta Ignoranza, aveva con la rivoluzione dell'infinito dato più che una frecciata antiaristotelica col suo ritorno al Socrate del so-di-non-sapere . È vero, l'infi­ nito mondo è un labirinto, ma non lo si no­ mina nemmeno, ignorandolo . L'oltre, il futuro, fanno sì che il mondo cambi: non tutto è stabile ma nemmeno instabile; l'infi­ nito è la luce da recuperare nell'uso mate­ matico - come un concetto limite che delimiti il campo delle affermazioni possibili. La magia naturale così si presenta a molti rina­ scimentali come un sapere aperto, che non cede alle asserzioni pedanti e studia notizie nuove attinte dalla sensibilità e dalla scienza: non va in cerca del dettaglio della metafisica eterna. Per costoro quel che conta è il mondo dell'uomo, con i tanti problemi del sapere teorico e pratico, col bisogno di fede e spe­ ranza da rivolgere a Dio o alla Grande Madre, la coerenza. La magia naturale non ha il pro­ blema dell'hybris, della colpevole superbia di chi non sa ascoltare. Infatti, fino al Medio Evo la magia era pre­ giata come sapienza naturale, medici e alchi­ misti erano Magi, esperti dei segreti della 26

natura sconosciuti ai teologi e ai filosofi. Ma già dalla lotta delle investiture la fiducia era cambiata, per i teologi quel sapere mondano contestava la Chiesa e i Conventi, perciò maghi e streghe erano oggetto di persecu­ zioni. Il giro di boa forse si può datare al 1 497, quando si annullò la già fissata di­ scussione a Roma delle 900 tesi sulle somi­ glianze tra religioni monoteiste esposte da Pico della Mirandola e invece si pubblicò sempre a Roma, il Malleus male.ficarum (per Bruno opera di bardocucullt) che parlava del patto col diavolo compiuto dal mago, che causerà molti roghi di innocenti. Da allora la magia non fu più un sapere bene accolto, ma non ce n'era un altro per meditare sul mondo della stampa, viaggi, religioni e sco­ perte . . . Perciò quando Bruno sistematicamente intraprende l'opera sulla magia pronta per le stampe, appena pubblicato il De imaginum, inizia con l'argomentazione nel De magia na­ turali, elencando i diversi significati della pa­ rola e dicendo, dei suoi tre rami, "sempre positiva scienza sono la 'naturale' e la 'teur­ gica' (Theses De Magia) non sempre la Magia 27

Mathematica, scienza dei mezzi": al processo ricordava che anche per S. Tommaso "omnis scientia est de genere bonorum". Purtroppo il processo di Bruno (Luigi Firpo) fu l'esempio che si decise di dare poco dopo il Concilio di Trento per avallare l'Inquisizione. Erano tra­ scorsi sette anni di un processo molto di­ scusso, ma nel tardo 1 599 tra i Giudici fu posto San Roberto Bellarmino, il catalizza­ tore: per la rivolta, in quell'anno, di Tom­ maso Campanella in Calabria, il Papa dovette mandare un esercito per domarla. Il rogo di Bruno fece il suo effetto, Cartesio for­ giò il suo motto " laroatus prodeo". Non è sempre sicuramente una scienza la Magia Mathematica, ma può essere volta al male (Opere magiche di Adelphi, a cura di Michele Ciliberto) , la prima delle tre, mate­ matica naturale e metafisica; che sono un tutt'uno, visto che la prima tratta degli ele­ menti e degli elenchi, di tutto quel che si deve sapere per esercitare la magia, che è illumi­ nata tutta dalla magia teurgica, che indaga le ragioni seminali.

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Il Sapere umbratile

Nominare le due parti del De umbris 'In­ tenzioni delle ombre' e 'Idee-Concetti', segna il procedere per gradi del sapere tra Platone, Plotino e la scala di Lullo : le immagini del cammino ascetico così possono mostrare la peregrinatio che va dalle sensazioni al sapere in doppio versante, il descensus parte da Dio e giunge all'uomo, che poi risale alla sor­ gente seguendo le tracce (ascensus) - la parte più difficile ma che in realtà ripercorre la prima per giungere alla coerenza. Seguire le tracce delle ragioni seminali senza la­ sciarsi fuorviare dai riflessi della cavema, non è facile ma possibile, non sono bugie ma verità umbratili: ftuno solo è il corpo del­ l'Ente universale, uno solo è l'ordine , uno solo il govemo, uno solo è il principio e una sola la fine, uno solo è il primo e uno solo è l'ultimo» . Quindi, capire il filo della connes­ sione significa ordinare la «moltitudine delle specie». Così ha fatto Copemico; la sua rivolu­ zione astronomica nata "con l'aiuto di ombre, poco alla volta, con ombre velate . . . 29

prepara la vista alla luce" senza abbagliarsi nella ricerca dell'eterna conoscenza che solo Dio può avere . Anche la scienza lo fa, cerca risposte per determinati contesti definiti dagli assiomi di base, ma ormai evade l'at­ tenzione dei presocratici che accompagnava alla ricerca la serenità del saggio, senza far predominare la verità sul bello e sul bene. Quando Bruno stende il sistema di Londra, ristabilisce l'ordine: i primi tre Dialoghi me­ ta.ftsici chiariscono la verità logico-astrono­ mico-religiosa; gli altri tre, i Dialoghi Morali, precisano i fini del nuovo mondo: abbando­ nare i vecchi valori senza i sotterfugi dei pe­ danti e ripensarli con amore nel nuovo mondo, con generosità. Queste due parti della 'chiave ' della nova filosofia di Bruno , vengono curate filologicamente nell'edizione curata da Giovanni Gentile, all'inizio del '900, completando l'idea del maestro Spa­ venta di editare l'opera profetica dell'italica sapienza; già le opere latine sul sapere um­ bratile, mnemotecnica e magia, venute al centro dell'interesse generale solo nel se­ condo cinquantennio del '900 per gli studi di Frances Yates, erano state editate nel 30

1 89 1 da Felice Tocco (con l'amico latinista Girolamo Vitelli) , allievo di Bertrando Spa­ venta come Donato Jaja, maestro di Gentile. Spaventa fu quindi la fonte della fortuna di Bruno in Italia, ma è tuttora quello che più ha riconosciuto la sua grandezza in Eu­ ropa - già scoperta da Jacobi e Schelling che subito lo avvicinarono a Spinoza. Spaventa era un hegeliano apprezzato in Germania, ma come Francesco De Sanctis s'era inte­ ressato del positivismo: chiaro l'interesse per il concorso di scienza e filosofia in Bruno, così bene riassunto nel Cartiglio, l'enigma in 28 caratteri, che afferma la complementa­ rietà di scienza e filosofia - che dal tempo di Gentile in poi si nega un po' da tutti. Perciò il Cartiglio è ossimorico, aquila bicipite, si basa sui contrasti come il metodo di Bruno, che per rendere aguzzo l'occhio insiste sulle ombre e sulla tensione, che rivela che il ca­ pire nel gioco dei contrasti tiene in partita e consente la misura. L'intreccio di scienza e filosofia fa di Bruno ante litteram un pensa­ tore della complessità del mondo umano, che richiede metodo sincretico per unire tesi come fossero colori. 31

Il Sincretismo

Il sincretismo non è, come l'eclettismo, un'incoerenza, ma una ricerca di nuova coe­ renza, un giudizio che risolve il vecchio ag­ giornandolo nel nuovo equilibrio dell'oggi. La filosofia non è la sua storia, non si risolve senza residui nel nuovo - si parla di temi co­ muni nei secoli e accade non di rado che si 'ritorni' a questo e a quello: perché c'è un og­ getto non eludibile del dialogare, siano pro­ prio oggetti o temi spirituali e virtuali. Altrimenti, diceva Hegel parlando di Spinoza, si finirebbe in un a-cosmismo, non meno confusionario del panteismo; in un infinito senza particolari di modello orientale , una tentazione costante per l'Europa. Sono pen­ sieri dove non c'è scienza; al massimo un racconto di storie, che suggerisce la fede pri­ mitiva di adorare idoli, già combattuta nel vi­ tello d'oro dal monoteismo . Elaborare una nuova visione però non è la via di Bruno, che assegna invece un posto permanente al mi­ stero, per il debole pensiero umano, e inse­ gna le tecniche per studiare come schiarire le ombre e affrontare i problemi da nuovi 32

punti di vista - come fa la filosofia ma anche la scienza esatta (Gaston Bachelard) . La ve­ rità non è teatro, nemmeno quando calca le scene per interessare i distratti con la comu­ nicazione efficace. Bruno mostra nel suo modo di procedere sincretico, e già storico, nello scrivere la Magia Mathematica. Nel quadro di una espo­ sizione ordinata alle decisioni di fondo ma­ turate sin dalle prime letture, combina le opinioni in modo che si correggano l 'una con l'altra nel nuovo equilibrio: è una ripetizione originale che agisce come il divenire continuo dei frattali, come la crasi dell'arte che non annulla i corpi di fabbrica. Il brogliaccio rac­ coglie gli elementi utili alla teoria dei tre vo­ lumi sulla magia: non è una copia, sono gli appunti di ricerca; infatti al processo preferì dire di aver copiato una citazione dal suo ser­ vitore Norimbergo, piuttosto che ammettere di possedere il libro, un plagiario non lo fa­ rebbe. La procedura della Magia Mathematica, il primo dei tre manoscritti delle Opere magi­ che, è la collezione degli appunti trascritti in ordine da Bruno medesimo, aiutato dal co33

pista Yeronimus Besler, forse quel tal Norim­ bergo. Pur non essendo un dialogo, lo scritto ne conserva lo stile, per il diverso orienta­ mento degli stralci, che delimitano la dire­ zione: la scienza magica di Agrippa (De Occulta Philosophia) e altri compongono gli elenchi; c'è il De mirabilia di Alberto Magno, la renovatio di Pico della Mirandola (De Ho­ minis Dignitate) e di Marsilio Ficino (De vita coelitus comparanda) , i suggeritori del nesso. Dar voce all'armonia del Tutto è mostrare gli elenchi di enti e operazioni, minerali e ve­ getali che servono a capire quel di cui la magia necessita come bagaglio di saperi, sa­ cralizzazioni, fumigazioni. Si decostruisce e deframmenta, come si dice ora - solve et coa­ gula, come si diceva allora - ed ecco che oriz­ zonti diversi fanno emergere il frutto pregno del ragionare per analogie. La conoscenza al­ ternativa di cui ognuno si serve nel quoti­ diano, mostra di avere, come il pittore, la capacità di disegnare quadri per la scelta fu­ tura: il sincretismo non confonde le scuole, piuttosto apre il dialogo. Ma senza conoscere gli elenchi di erbe, di elementi e pietre non si può nemmeno co34

minciare. Non sono elenchi sofistici, una re­ torica per ingarbugliare chi ascolta. Piuttosto sono piccole enciclopedie per attivare le idee e combinarle. Non è un'azione meccanica ca­ pire e giudicare, realizzare concetti e pro­ dotti, artefatti, significa anche avere idee e sentimenti: ecco perché Bruno cita anche gli elenchi di angeli e demoni, che già Pietro Pomponazzi criticava: ma se i Pitagorici, così argomenta il Nostro, misero Angeli nei cieli ­ è perché sapevano bene l'importanza di pre­ ghiere e fiducia: senza fede si conclude una ricerca di cui non si abbia la ricetta pronta. Non è bene dimenticarli, né è bene idola­ trarli. Bruno crede nella fede senza idoli, ti­ pici della religione primitiva: perciò lo si accusò di non aver venerato i Santi. Il rico­ noscimento del mistero è la massima attua­ lità di Bruno, avveniristica se la si colloca in ottica religiosa, come fece subito Toland, il deista che diffondeva lo Spaccio; perché il mi­ stero è nel mondo, è il futuro da indagare, s'impone nel suo campo, segnato dal confme del sapere umano; dove l'accettazione del ri­ schio e l'esaltazione della prudenza sono le virtù che scalzano i dogmi egli accademismi! 35

Nell'era che inizia la fiducia nella ragione umana, la fede tradurrà nel nuovo mondo le ragioni seminali senza più cercare l'eterno. Quando tutto cambiava per il terremoto del cosmo tolemaico che fa traballare virtù e religione, Cusano aveva suggerito la risco­ perta dell'infmito, l'oltre della prospettiva, che l'arte approfondisce come innovazione del­ l'orizzonte di scienza e filosofia: è la risposta al terremoto della caduta di Costantinopoli, con l'arrivo dei filosofi greci, dei testi antichi dell'infinito, che ha fatto ripescare nella pol­ vere delle biblioteche anche Lucrezio e il suo atomismo. Niccolò Cusano riproponeva l'esempio della matematica, che indica il suo campo nell'astratto di punti senza dimen­ sione e di rette che non s'incontrano mai - il mistero delimita il campo del razionale teo­ rematico: la matematica dice subito di vivere lì la sua coerenza. È la garanzia della geome­ tria euclidea, che traccia figure che poi da­ ranno la coerenza delle funzioni pratiche correlate, disegnandola in forma virtuale, come se fosse possibile fare rette per quanto diritte che non s'incontrano mai - se non al­ l'infmito! Allora, perché non fare lo stesso in 36

filosofia? Cusano così propone l'infmito come l'incancellabile oltre, la dotta ignoranza che sa che il meglio è sempre oltre: 11ntero non ha fine. La ricerca concretamente problematizza il fmito fin dove può; l'infinito retroagisce sulla ricerca motivandola e mostrando le ombre che ancora persistono. Gli elenchi della magia di Bruno, la moltiplicazione dei sim­ boli sulle ruote che ne deriva, disegnano la via di nuove scoperte. Ripetendo, si conqui­ sta la misura, come lo sfumare di Leonardo disegna l'aria nella gradualità del colore. È questo il processo che nell'agire e nel sapere fa scoprire le analogie da coltivare ; la memoria ermetica si forma ripetendo , come nella vita quotidiana le filastrocche, i canti, le poesie, le preghiere, costruite con caratteri, lettere, sigilli, geroglifici, linguaggi di immagini, opere d 'arte , simboli dell'im­ maginazione . Si creano abitudini, far ro­ tondo il sole e semicerchio la luna, si codificano nuovi alfabeti: il segreto, sta nel­ l'esserne maestri, nel conoscere le lingue.

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La Cabala non è la via giusta

Gli alfabeti sono tanti, scritturali, scien­ tifici, celesti, astrali, scientifici, pitici, profe­ tici. . . se ne inventano sempre di nuovi, simbolici, numerici, figurali per la magia oc­ culta positiva e negativa: ma non bastano i numeri a dire le cose, Pico medita la cabala per rendere universale la lingua, finale vit­ toria su Babele . . . ma il numero non ha tracce, di per sé non rivela nulla, occorre un che diverso, dice Bruno il quasi numero di una semi matematica simboli e immagini. Bruno pensa così il numero sviluppando gli atomi di Epicuro, la sua prima filosofia, confessa nella Cena delle Ceneri, che non sono astratti perché hanno peso e forma, la forma scolpita sul pieno dal vuoto - ma il '500 non crede al vuoto perché c'è ovunque l'aria, l'etere . L'atomo detiene la forza del­ l'immaginazione figurale, che è più fisica che aritmetica, cui indulge la cabala; perciò gli atomi fondarono comunque una fisica me­ morabile , suggerivano in sé l'idea del for­ marsi dei mondi, combinando punti come lettere. -

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Bruno, platonico, non sottovaluta quindi Pitagora, piuttosto sceglie la matematica che reputa più adatta: nel Sigillus Sigillorum la matematica è il Terzo Reggitore, misura i gradi delle ombre; nello Spaccio, quando le Muse ascendono al firmamento "Aritmetica è primogenita". Perciò la Memoria, loro madre, non si attiva sui concetti astratti come fa sulle figure: le immagini sono il timbro mne­ monico dei quasi numeri., l'àncora della magia naturale; spesso un dubbio si risolve tor­ nando all 'immagine impressa nella memoria, cambiando lettura rispetto a prima. Il numero può fare la funzione di un co­ dice e può diventare magico, ma non con­ serva il mistero in sé come un Marchio: la nova .filosofia di Bruno pregia i saperi costi­ tuiti, ma vuole anche che la voce di Dio parli, come fa continuamente nella sensa­ zione. Bisogna dare fiducia alla libertà del­ l'uomo di capire e inventare cose che i Pedanti ostacolano. La scelta giovanile di Bruno della filosofia di Epicuro , si motiva nel Cartiglio che gli dedica, dove, invece di qualificarlo materialista, atomista o edoni­ sta, scrive: "Epicuro e la libertà dell'anima". 39

Per seguire la voce della coerenza nel mondo, Epicuro aveva inventato un assurdo fisico, il clinamen, la deviazione libera del­ l'atomo, dotato di peso: due assurdi evitati da Democrito (benché oggi si parli dello spin dell'atomo!!) - questo perché senza libertà si nega alla base il mondo dell'uomo. E non era scelta facile, perché certo Epicuro sceglieva Democrito per la sua scienza che aveva de­ dotto l'atomo dall'Essere di Parmenide a ri­ gore di coerenza (Vittorio Enzo Alfieri) . Ora obbedire alla coerenza significava dire che l'uomo è libero ; altrimenti, perché sarebbe peccatore? La più bella risposta, nel '500, al De servo arbitrio di Lutero! L'uomo è misura di se stesso non nel re­ lativismo sofistico, che dice l'uomo misura di tutte le cose, libero di dire e non dire a piacimento (Protagora) : lo è invece perché ri­ spetta il mistero arcano: sa di non potere de­ cidere da sé la legge di coerenza, occorre vedere l'ordine che il mondo assume quando si pensa il Bello . Ecco che la misura del­ l'atomo già diventa un punto metafisica, la monade di Bruno , individuo che giudica quel che intende del mondo . 40

C 'è un senso nel mondo, confermerà Giambattista Vico : la Provedenza agisce nella storia con l'eterogenesi dei fini, cioè fa­ cendo di un fine egoistico il nascere della ci­ viltà. Bruno inizia una corrente carsica che convergerà con altre riflessioni, di volta in volta progressive, illuministiche, di Storia ci­ vile, che considerano il negativo una compo­ nente che spesso poi volge al positivo - come Epicuro criticò il motto di Sileno (meglio non essere nato . . . ) così Bruno rifiuta Giobbe, cri­ tico della giustizia di Dio . . . L'uomo non è in­ felice: ma se vuole troppo, è deluso e di ciò si lagna. Diceva l'asceta Epicuro: la felicità è non aver fame, non aver sete , non aver freddo, il sesso è tanto se non nuoce : è sem­ plice allora capire che la bellezza della Vita è nel piacere statico dell'atarassia, vale a dire nel vivere e stare in salute davanti al mi­ racolo quotidiano dell'Essere. Il miracolo del mondo sfugge anche all'in­ dividuo spirituale dell'Asclepio - che è troppo bello per essere uomo, non sa gioire del poco . . . l'uomo ama la Bellezza, ma anche nel guardare le stelle già pensa a sé, oltre l'incanto . . . la rotta della nave e della vita . . . 41

l'uomo si dibatte tra l'essere agens ed actus, articola l'alfabeto tra tessere di mosaico, miti, storie, che fondono l'unità del mondo in uno specchio che dev'essere continuo , mentre la Cabala resta un sapere frazionato. Non è un caso: l'unità pitagorica è il pa­ rimpari, l'uno che aggiungendosi ai pari e ai dispari li trasforma nel contrario . Perciò i numeri possono essere magici, ma non sim­ bolici - non sanciscono patti e non rispon­ dono all'uomo che interroga. Persino se si scrive il nome di Dio la Kabbalah non con­ quista il Tutto. SCHEMHAMPHORAS (v. fi­ gura) è un enigma, ogni lettera innesca altri codici che aumentano la frantumazione un'enciclopedia non è 'un libro'. La moltiplicazione senza qualità non aiuta la scelta, lascia spazio alla lotta di po­ tere; invece, seguire le tracce bilancia la mi­ sura, come in fisica e in medicina, fa trovare corrispondenze nei cicli lunari e negli eventi, ordini misteriosi tra cielo e terra che guidano la mente. Gli astratti non illuminano il prin­ cipio, che è un problema che non si risolve a caso ma ragionando così, passo dopo passo: quando la Cabala addirittura traduce 42

numeratio, un fare attivo, con dimensioni che non trova nel numero - non può che perdere il moto del contare! Ben diversa concretezza consente l'atomo con la sua forma sensibile, oggetto della magia naturale, cioè la scienza di Telesio , Patrizi, Della Porta, Bruno, Campanella . . . ognuno a suo modo: partire dai sensi invece che da assiomi consente la presa anche 43

quando la forma ancora manca e l'unità si perde per ricomparire, vaga, nel sacro, un bagliore nel Totale; in quell'unità dello sguardo dall'alto tipico dei panorami di Leo­ nardo (l'Annunciazione) che considerano sia il panorama lontano che quello vicino, dando l'immagine mostra il finito-infinito. Il numero può diventare sacro, non attivo - lo sarà invece la monade di Giordano Bruno, il cosmo onnicentrico dell'infinito. La mente umana, è questo il senso, deve saper trovare equilibrio in se stessa per procedere nella ricerca di Dio , che è presente nel mondo vicino, nella bellezza di Asclepio che incarna la conoscenza. Bruno , viandante d'Europa, ha visto in Italia tante opere in prospettiva, i soffitti dei quadraturisti che sfondano il muro e si slanciano verso il Sole . . . Sono forse loro l'esempio migliore del quasi numero, la premonizione estetica dell'unitaria visione dell'immaginazione, che sta andando verso la paesaggistica. . . è il punto di vista, il punto di fuga, che genera la prospettiva giusta. Il simbolo vivo, come la metafora di Rico­ eur, prende vita nelle parole, tra elenchi di 44

figure e nomi sovrabbondanti; è la ricchezza del mondo dell'uomo la briciola d'infinito di­ spensata dal Grande Timoniere, l'immagine divina che non è del mondo ma lo dirige, non è un idolo ma è il senso della vicissitudine universale. Forse Bruno non è antropocen­ trico, come sottolinea Ciliberto, ma conclude bene il De Dignitate Hominis di Pico: libro ben conosciuto a Londra grazie alla traduzione fatta da Thomas More: ma Bruno aveva seri motivi per evitare la cabala e conservare la fiducia nel segno sensibile: una fiducia che non abbandona Bruno nemmeno al rogo il mito non gli riconosce nemmeno il tremito di Cristo all'ora nona! Il mito storico è spesso più rigido del ragionamento, la sua magia ac­ compagna l'altra col fascino che sa consoli­ dare la certezza: questa è la nuova forma della verità, l'estetica, la storia, conoscenza cui Vico dedica quella bellissima pagina sulle leggi della storia che chiamerà Degnità: 'leggi' di certezza armonica, che non aspirano alla cuspide dell'eterno ma alle parole dell'Eccle­ siaste, all'amicizia/ contesa di Empedocle: la finezza di saper scegliere, nella storia, è la ricchezza del capire. -

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Che cos'è la Magia

Per Bruno la magia è conoscenza e cer­ tezza, è la potenza del sapere: la "cono­ scenza degli elementi e la capacità di operare perfettamente su di loro". "Il sa­ piente è chi compie cose mirabili con l'unione di principi attivi e passivi, come fanno medicina e alchimia ciascuna nel pro­ prio genere. È questo il genere di magia co­ munemente ritenuta naturale" . Simile la definizione di Giambattista Della Porta, che crede nella magia scientifica: "mago indica il sapiente dotato della capacità di agire". È la scienza attiva che sa muoversi nel mondo del Rinascimento, l'uomo vive il perenne dia­ logo tra filosofia e altri saperi, crea quadri del vivere in cui l'innovazione conquista spa­ zio sulla tradizione. La metafisica andrebbe anche oltre le conquiste dimostrate, Bruno vi accenna perché l'intento di Atteone motiva al sapere-di-più, ma subito passa al più non dimandare - il limite infinito del sapere umano è, e resta, l'oltre. Bruno raccoglie gli elementi della scienza magica in tre manoscritti, Magia Mathema46

tica, De Magia naturali, Theses de Magia, il manuale, la scienza e i principi, il cammino delle tre vie magiche complementari, mate­ matica, fisica e teurgica. La matematica, scienza dei mezzi, può esser volta a fini sba­ gliati (tranne che per Aritmetica Astronomia Ottica e Musica, precisa) , perciò diversa­ mente da Della Porta, non si dedica alla scienza ma studia i risultati degli altri e la­ vora sul natural-teurgico, la scienza che tesse la coerenza di fondo . Tante nuove idee di scienza, religione ed arte, vanno valutate come scelte coerenti con le ragioni seminali, escludendone alcune, anche se interessanti. È questa l'armonia di cui parla il Cartiglio, esalta Filolao platonico, "Filolao e l'evidente armonia delle cose", il mondo in cui non ha senso lo scetticismo ( " Pirrone, che cerca e non trova maij basta cercare tra infinito e finito per chiudere il gioco. La via di Cartesio e Galilei invece di finito e infinito parlerà di scienza e filosofa apponendole , radicaliz­ zando il contrasto tra umanità ed esattezza, suscitando il putiferio poi finito nel nichili­ smo . Pareva così semplice all'arte rinnovare l'armonia senza tagliare le teste, innovare il 47

senso delle cose con lentezza, come quando Velasquez, disegnandosi a sinistra in Las Meninas, mostrava che dall'ombra si può dominare un quadro. La trascendenza nella scienza modema prese la via della scienza assoluta, astratta, che recupera l'etemo ignorando il mondo dell'uomo, oggi degene­ rato nel transumanismo, il mondo del pro­ gresso robotico, oltre il mondo dell'uomo - e si toma all'evocazione del mistero, nei mo­ menti di pausa dal lavoro meccanico. Già nel '6 00 questa ottica costruisce la­ birinti della ragione che non intende le strade dello sviluppo organico - se ne accor­ gerà nel primo Romanticismo; invece la magia naturale, pur irrigidendo filosofia e teologia, non poneva distanza tra pensare ed agire, tra filosofia e scienza, astratto e con­ creto , la sistole e diastole del processo del capire . L'epurazione dal negativo aveva un metodo che elaborava i linguaggi, filosofico­ scientifici ed artistico-tecnici, nella direzione della natura divina delle cose, rifiutando di perdersi nel linguaggio. Così Bruno fuggì dai Pedanti di ogni religione e innalzò il monu­ mento all'Asino Cillenico - Cillene era il 48

Monte di Mercurio l'astuto - il Pedante che era stato prima Aristotele, nella serie delle sue reincarnazioni. L'asino così assomiglia al Dio messaggero, ladro e artista; ma anche al Mercurio minerale, lucida sfera d'argento che si divide solo in sfere più piccole, non smettendo la sua rotondità se non in lega, come è per lo più. In tal modo rappresenta l'inconsistenza perfetta, l'exemplum mirabile. Partecipando al mondo solo allo stato di lega, Mercurio scansa la responsabilità e può sostenere tutto senza batter ciglio. Non ha gusto proprio , mangia di tutto come l'Asino che mangia indifferentemente cardi e lattughe. L'accademico studia, ma non sa cosa; non sceglie, esercita una professione; custode della memoria, ne ignora l'arte. Mago è invece chi sa meditare, chi si ferma dove occorre; chi capisce quando agire in modo mirabile, con miracoli, per avere successo - e a tal fine si conquista abi­ lità con lungo esercizio . . . anche se il mago è solo un prestidigitatore. Si devono studiare insieme la magia matematica, naturale e teurgica, ed usarne con cura; così che stru­ menti ed elenchi operino nel "genere delle 49

cose buone e ottime" ordinando gli elenchi e poi le azioni alle ragioni seminali. Come gli Eroici Furori, anche i tre mano­ scritti chiudono con l'inno all'amore: "l'unico vincolo della volontà è l'amore" . Amore car­ nale, amore del sapere, passione mistica e politica. . . I Vincoli allacciano uomini e idee nel congiunto segreto del sapere e dell'agire, analogie e ipotesi, simpatie e collaborazioni, angeli e demoni: le scelte procedono tra aut aut ben definiti, che è sapienza saper capire nel particolare: perciò non bastano i numeri. Non si fa confusione tra Gabriele, Raffaele e Lucifero : i fini discriminano i mezzi, in Gior­ dano Bruno, altroché giustificarli! La magia teurgica indica che i criteri che aiutano la Vita, sottolineando i passi giusti per l'armo­ nia - non è differenza da poco, ma sfugge a chi non vuole ascoltare. Ad esempio, prendiamo il caso di Atteone che rischia la morte per vedere Diana al bagno, "Diana, che è l'essere stesso, quell'es­ sere che è la verità stessa, quella verità che è la natura stessa"; sa bene il cacciatore che c'è rischio di "tendere al disquarto di sé": ma non è un suicidio, il suo, non merita condanna. 50

Nasce non dall'essere lo sfrenato egocentrico che si sente sempre perseguitato; nasce dal­ l'amore, dal voler recuperare il senno di Or­ lando fuggito sulla Luna nell'esperienza divina - trasumanar significar per verba non si poria - l'uomo non lo può biasimare. Cono­ scere le stelle è diventare Natura, accettare il bene e il male, avere il coraggio di vedere; i cani ti attaccheranno se Diana accetta la pre­ ghiera, ti farà capro e cervo - sarai sbranato. Un presagio con cui Bruno già si identifica, che nella Reggia di Caserta diventa scena in­ dimenticabile (Tavola) . Bruno andò al rogo per i suoi allievi - che salveranno la sua Opera . . . Sono i Giordanisti di cui parlò al processo? Uomini che agiranno per la religione naturale . . . forse saranno Ro­ sacroce . . . forse poi diventeranno Massoni . . . queste sono sette deiste, possono conside­ rarsi religioni per la presenza di un mito; per Bruno non si può parlare di religione ma di ombre: lo si può dire solo religioso di nulla­ religione, come lui si disse accademico di nulla-accademia. Bruno non vuole esclusioni in religione; costruendosi un mito, le due sette distanziarono da sé il rogo e conquista51

rono potere, ma tradirono la ragione seminale della verità limpida. Re- ligio indica il legame, la porta che chiude dentro e chiude fuori gra­ zie al sapiente uso del fascino e della mathe­ sis singularis, l'azione caso per caso e l'osservazione sensibile, iuxta propria princi­ pia, diceva Bernardino Telesio: Bruno invece preferì tenere la porta aperta, tante volte disse al lettore di andare avanti a modo suo. Seppero agire nel mondo però, anche perché Bruno andò al rogo senza tradirli, dando l'esempio del valore platonico anche delle nuove idee, nate nel mondo e dal mondo. Questo saper vedere la via, giustifica i gesti eroici che ognuno pratica per evitare la fine dei ciechi di cui parla l'altra favola che conclude gli Eroici Furori: divennero cie­ chi coloro , perché non seppero il giusto equilibrio di conoscere e agire . La storia della cordata dei ciechi, traditi dal desiderio smodato, narra la cuginetta grande, Laodo­ mia, ai piccoli Giulia e Filippo/ Giordano. Bruno svela nel racconto quanto sia utile la stella, la ragione seminale . Confessa con poche, commoventi parole di aver amato la bimba Giulia, dell'amore ingenuo di un 52

bambino, e questo gli insegnò la vera gioia dell'amore che tutto lega: la presenza. Senza la felicità di star vicini, non c'è amore; nono­ stante i piaceri goduti con Circe, Bruno non s'è mai distratto dalla perla del sentimento puro, la gioia più semplice che tutto giusti­ fica. La felicità non sta negli estremi passio­ nali, la gioia di Eros ha il cuore bambino, a volte birbante; regala la misura mostrando la sympatheia, il saper essere vicini: è il cri­ terio della magia naturale e dell'estetica. Quando nel So.fista Platone parlava dei generi sommi identico e diverso, faceva ca­ pire come si sceglie negli elenchi, perché non diventino opere di Sofisti; bisogna qualifi­ care i quasi numeri nella semi-matematica, per dargli un corpo ( la figura feconda) e quindi fare una scelta singolare, dove si sa cosa si cerca: "il suono di una cetra (che) rie­ cheggi in un 'altra similmente accordata", l'armonia/ disarmonia guida a risolvere quel problema nel suo campo . Ecco perché protagonista qui non è il nu­ mero, ma il corpuscolo (Bruno cita Demo­ crito, Epicuro, Empedocle) che trattiene una forma e meglio sostiene il moto di decostru53

zione; conserva 'qualità' utili a sceglierete piante e le alchimie opportune per le fumi­ gazioni e la medicina, indirizzando ai fmi na­ turali l'opera del mago sostenuta da opportune conoscenze per artefatti come mi­ racoli, discorsi, amuleti e profezie, per dire frasi convincenti che si appellino alla magia trasnaturalis per convincere i potenti alla pace; senza mai cadere nella magia despe­ ratorum dei mistici, che chiudono gli occhi: l'uomo deve sapere per agire. Ed ecco che la magia di Bruno sa avere anche impulso po­ litico, come bene narra l'immagine di Ercole nello Spaccio; conseguire la peifezion de l'in­ telletto umano (De la Causa) lo rende colla­ boratore di Dio, realizzatore del meglio . Di solito a questo punto i trattati di magia procedono con ricette, infarcendole di "quanto serve a rendere enigmatica la tec­ nica dei maghi", che per Bruno sono super­ stizioni per scoraggiare gli imitatori. Quindi, qui Bruno si ferma: ha fornito le basi neces­ sarie per iniziare e "completare la dottrina" .

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Anima Mundi

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le Ragioni seminali

La magia divina crea l'affidabilità dell'in­ tero percorso meditando la coerenza gene­ rale nel panorama. L'analogia fa riconoscere le linee universali che si diri­ gono a migliorare i particolari orientandoli alle ragioni seminali . Leonardo ha inse­ gnato a guardare dall'alto le valli, a farne le protagoniste dei quadri. Cogliere il mondo tra finito e infinito, i paesaggi e le anime, si svela questione di prospettiva che parte però dalla sensazione e osserva il cambiare delle visioni del mondo : Bruno cammina per l'Europa, vede tante prospettive nel­ l'arte , che dominano le visioni, ma senza trascendere . . . e cita Tansillo , poeta nolano: S e non togliete i l ben che v 'è d a presso Come torrete quel che v 'è lontano? Spreggiar il vostro mi par fallo espresso, e bramar quel che sta nell'altrui mano Lasciate l 'ombre ed abbracciate il vero Non cangiate il presente col futuro Godo il presente e nel futuro spero Cossì doppia dolcezza mi procuro

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L'uomo deve saper vivere nel suo mondo, apprezzare parole e colori, cono­ scerne grammatica e sintassi . . . l'intreccio non confonde nella compresenza. Il ve­ scovo Cusano suggeriva di conoscere defi­ nendo il finito con lo spostarsi all'infinito per vedere bene la strada; Copernico guar­ dando il vicino capì il lontano. Questo vo­ levano dire con la musica delle stelle i Pitagorici - la voce irenica della Grande Madre vive nell'Anima Mundi del '500 come nei vitalismi e fenomenologie del '900 . Cre­ dere è un dovere , Cicerone raccontava di Teofrasto , il biologo successore di Aristo­ tele , che criticava il fi sico Stratone, suo erede , perché poneva il Vuoto , come gli atomisti che credono al Caso : e dove allora finisce la legge di gravità? Virgilio ammoniva (Eneide VI 724 -32) : "spiritus intus alit, totamque infusa per artus

Mens agi.tat molem et magno se corpora miscet".

Il mondo ha senso e direzioni; cosa sia questo Spirito non interessa Bruno , la mente umana non può definirlo . . . ma il Ti56

moniere governa la sua nave , lo dimostra l'ordine delle cose (Tavola) . È la Sofia Cele­ ste nella Cena ad affermare questa verità, quando passa la Lista del Da-Farsi, rice­ vuta da Dio , a Mercurio , perché la passi alla Sofia terrena che la realizzi: sono 7 pa­ gine di minimi eventi, tipo la morte di un pidocchio sulla testa di una compaesana di Nola. La complessità ha troppi numeri per la mente dell'uomo , occorrono binari e senso del limite : perciò Marsilio Ficino (De Vita coelitus comparanda III) aggiunse alle scienze l'astrologia/ astronomia: solo guar­ dando in cielo si può capire che siamo in Terra e viceversa. Ecco perché Bruno dise­ gna l 'arte della memoria con geroglifici e non con la cabala; una simbolica ricca di Vincoli alle ragioni seminali vibra di narra­ zioni libere dei valori umani in costruzione quasi matematica, rigorosa ma non esatta, né misteriosamente magica. La parola ma­ thesis designa la possibilità di una scienza morale che con immagini da teatro morale , come i citati racconti di Atteone e della Cordata dei ciechi , siano lo spunto del cammino vissuto con fede , ch'è l'anima del 57

successo . Senza credere nell 'armonia del conoscere , Giordano, come dice il Cartiglio, non potrebbe conciliare la Chiave e le Ombre, come invece fa. L'elenco facilita la memoria, ma l'attività è nella mente che intreccia accordi pren­ dendo spunto dalle ruote girevoli di nuove storie, combinando le corrispondenze. I sim­ boli si meditano con fiducia, lo si forma in figure, vessilli, statue, azioni . . . tutto si or­ dina all'Anima Mundi che brilla, il metodo della scelta è come il vaglio che separa i semi/ atomi di Epicuro. Nel procedere bina­ rio degli opposti, l'unità non astratta con­ sente di scegliere. I simboli non sono eterni, l'enciclopedia dipende da chi la consulta e va sempre aggiornata. L'uomo non ha ancora l'Enciclopedia, nel '500, ma non è tanto pigro da voler evi­ tare di vivere. Vuole l'impossibile e chiede al mistero la Forza; non pretende il pret-à­ poter per non assumersi responsabilità. Controlla le regole di composizione, gram­ matiche e sintassi, vince potenziando per­ corsi circolari e lineari nel loro senso sino a sugellare l'immagine feconda. Collaborano 58

così le diverse forme della mente, il circuito anima-corpo-intelletto-ragione-spiri to può scegliere tra le lingue del mondo la più adatta al problema presente - nessuna è inutile . Come i cerchi nell'acqua di una pioggerella primaverile, lo specchio fa slit­ tare il Tutto verso il Singolare - e tutti pos­ sono aver risposta. Purché s'intenda il piano della discussione , senza che la pas­ sione confonda. Le Theses de Magia dimo­ strano come ogni parte ha il suo compito per capire l'agire e influenzarlo realizzando la comunicazione . Non serve l'ammoni­ zione , molto meglio fa la psicologia filoso­ fica, che fa capire come la leva di tutto sia l'amore, che sa accompagnare i dubbi. Perché la virtù, in verità, tutti sanno qual è - il difficile è praticarla: e quindi le prediche sono inutili, non lo è invece l'agire sull'otti­ mismo e sulle leggi, l'eredità di Roma. Non è ingenuità credere nel lavoro di chi crea ponti, sia esso pontifex o Mercurio, il moto perpetuo delle relazioni che sa diventare so­ lido, e brilla pure quand'è legato nei compo­ sti. La magia guida l'azione ad assumere consistenza, a conquistare vincoli giusti 59

con leggi e musiche i poeti sanno dire voci deboli che conquistano tutti. L'unico "prin­ cipio fondamentale radice di tutti i principi" oggetto di "quella specie di magia detta Teur­ gica", si arricchisce nei processi circolari della vicissitudine mostrando i fini. Anima e animus sono nell'atomismo composti di atomi diversi, chiedono costrutti simbolici e figurali diversi, creati con l'argento vivo di Mercurio: è ancora una bella immagine della metafisica del divenire. Che anch'essa ha il pericolo della nuova trascendenza della scienza e dell'homme macfune - ma è ancora un esito molto lontano, forse odierno, e trova voci di contrasto nello spiritualismo, ma, per ora, non in filosofia, dove potrebbe sostenere una metafisica simile a quella di Bruno, la mathesis singularis che andiamo illu­ strando. Conciliare scienza e filosofia è il primo passo, ed è già una via di molti cammini di­ versi, problematici e assertori, filosofici e scientifici - ma in dialogo fervente . La scienza ha bisogno di immobilizzare il suo oggetto, ciò concede il tempo di pensare: ma questo è il metodo, non il risultato della ri60

cerca, che risponde ai problemi del tempo. Bruno perciò tratta di sensazione, di aristo­ telismo, delle guerre di religione, con la nuova visione del finito-infinito, grazie a cui saprà vedere la luce del futuro nel diritto di natura, una fede laica, un ossimoro. Bruno crede che la poesia, il teatro , le Muse possano aiutare l'uomo nel difficile passaggio d'arte che porta via il mondo chiuso di Aristotele, verso quello in cui l'uomo sa collaborare nel cammino verso il meglio, con la forza del fascino della parola e dell'arte, discutendo coi culmini del potere per incrementare il bene con la politica della civile conversazione, per agire senza subire prepotenze continue. Shakespeare, che ac­ cettò i suggerimenti teatrali di Bruno e la dotta discussione sull'amore che lui aveva sollevato tra i poeti di corte, è riuscito con ben diverso share a civilizzare il pubblico, potenziando l'intrigo e alleggerendo i conte­ nuti filosofici. Ha dimostrato quanto si può imparare sul palcoscenico col dialogo, rea­ lizzando il fine vero della politica di Bruno: interrompere la guerra conversando. Se non è magia questa! 61

La magia del Due

Il due non è solo un numero, è il carattere stesso della dialettica platonica - che muo­ vendosi tra enigma e paradigma costruisce dialoghi, che consentono il rimando specu­ lare dei discorsi, come tra due specchi si crea la tensione tra l'infmito e il primo piano, che richiede pause e attenta concentrazione - alla lunga il metodo riesce alla misura, non eterna perché varia con la luce. Da tempo i filosofi pensano la dialettica come un ritmo triadico concluso nel terzo: Hegel e Marx, e facilmente sono stati costruiti letti di Procu­ ste. La magia del dialogo, la sua provvisoria abilità va invece colta nella sua capacità di creare stabilità plastiche che preparano co­ dici di leggi, istituzioni storiche, dovute all'in­ contro di diverse prospettive; nel contrastare il fratello diaballo, l'uomo intende e sceglie, con decisione. Se nel cosmo della vicissitu­ dine è un'illusione la mathesis universalis di Leibniz e dell'Illuminismo, è invece possibile la mathesis singularis, la verità individuale che asserisce una situazione specifica, sto­ rica. Nel teatro le Statue sono portatrici di un 62

ruolo e di una prospettiva, si confrontano, la trama attesta un processo della storia: simile correzione dell'eterno in una durata, una ipo­ tesi conclusa su cui discutere, toglie il pun­ giglione all'umorismo di Voltaire contro Candide, il felice che trova positiva ogni di­ sgrazia. Perché l'ottimismo delle ragioni se­ minali si situa nell'infinito, non nel mondo fmito di un singolo uomo: non è un assurdo. I contrasti non sono delitti. Platone diede importanza nei Dialoghi alle dieci coppie di contrari dei Pitagorici; Bruno scrisse il Cartiglio "Pitagora e i due opposti principi" . Anche qui, Bruno è molto originale : chiunque direbbe i numeri , la geometria, la morale, l'astronomia - lui dice quel che sarà detto comune nel 1 800, nei contrasti c'è vita, polemica, ironia, bellezza, sublime: sono i binari della mente , s'incon­ trano all'infinito, nel finito fanno capire il da farsi . Platone nel So.fista volle procedere oltre Pitagora, qualificò il negativo con cin­ que generi sommi (essere, quiete, moto , identico e diverso) , criteri di misura che si qualificano a vicenda senza perdere di viva­ cità (Raffaello Franchini) , una verità non 63

eterna e non esatta: è la magia del due, dice Bruno . Cambiare idea è cambiare vita, non è perdere, cedere : anzi, è il so-di-non-sapere di Socrate che apre la palestra dei discorsi: la magia del due a teatro è il dialogo tra le Statue esemplari; nel Secretum di Petrarca, e di ogni spettatore al teatro, sta nel ripen­ sare tra sé dove inizia tutto quel che è indi­ viduo . Camminando su binari paralleli, si capisce cosa vuol dire nella vita intersecarli all'infinito, passando dalla mente all'azione: sperdere la scelta nella sua configurazione astratta e adattarsi al battere dei polsi nella logica ritmica che guida la vita. È lo spazio che l'estetica moderna riserva alla Bellezza, la conoscenza produttiva di analogie, ipotesi, problemi. L'Arte è l'esercizio della forma, impegno co­ stante del pensiero rinascimentale che affina il senso del mondo nell'opera, nello sperimen­ tare figure e parole in successione. Espe­ rienza e genialità collaborano, la ripetizione della memoria offre all'estro le occasioni op­ portune. Ancora il due . . . Essere in due: dal tempo dei Templari al 64

1 900 del sociologo Bronfenbrenner, si esalta il mistero dell'equilibrio del due nell'antro­ pologia familiare , sempre così difficile; è la certezza che dona il potersi fidare in un N+2 , la capacità di non perdersi nel labirinto di interrelazioni, oggi tante da causare spesso depressioni . Poter condividere l'ottica ma­ tura dell'orizzonte di vita nella società priva di cultura omogenea, evita sia la colpevole concordia che il dialogo polemico, spirito di comunità oppressivo e guerra aperta. Il dia­ logo che nasce dal silenzio condiviso, sa creare la storia che non si ripete eguale ma trae spunto dal passato, sa essere nuova: solo all'infmito si parla con fondamento del­ l'eterno ritorno dell'eguale. Il Cartiglio di Bruno " Giordano con la chiave e con le ombre' (contrassegnato dalla lettera A) , la scelta della magia naturale, esprime la consapevolezza che lo sguardo d'insieme, la chiave, va tracciata: è il percorso dei Dialoghi e degli scritti in Germania. Non può e non deve essere lasciata a Dio o, peg­ gio, al Caso, la via della nuova fede nella ra­ gione. Ma la metafisica dev'essere estetica, basata sulla sensazione, aisthesis. Ci sa65

ranno immagini fascinose come quelle di una volta, ma meditate oggi, nel mito o nel teatro, casomai partendo da Giove come nello Spac­ cio: consapevoli dell'essere le storie mappe del diverso, per far emergere qualità e misure anche dal pensare lento di filosofie, poesie, letterature. Platone non opponeva concetti ma fù.osofi e figure: il suo fascino torna nella palestra dei discorsi, che Bruno ripete a tea­ tro, mentre elabora la macchina della memo­ ria per l'uomo costruttore di mondi: la vicissitudine è morte, ma è anche e soprat­ tutto Bellezza.

La Scala dei Saperi gradua la "Chiave della Memoria"

L'immagine della scala è già nella Bibbia, nel sogno di Giacobbe ; in filosofia risale a Plotino, neoplatonico del III sec. d.C. La scala supera l'obiezione del terzo uomo, il pro­ blema della mala infmità di Platone che toglie la possibilità di definire con continui ri­ mandi. Aristotele chiuse perciò il sillogismo, ma con tanti difetti; Plotino preferi la gradua66

lità, 7 gradi di descensus ed ascensus co­ struiscono un ragionrunento continuo ma graduato, che rinnova l'ottica al passaggio. Raimondo Lullo nel 1 200 portò poi i gradi a 9 e ideò le ruote su cui porre i concetti così che, collegandoli, dessero spunto a nuove idee e conclusioni. Bruno studiò quest'arte della memoria, con quella di Cicerone, già da studente a Napoli, a San Domenico Mag­ giore, dove c'era stata la cattedra di San Tommaso, anche lui domenicano . Bruno scrisse nel Cartiglio di Lullo: "Raimondo con i nove elementa dell'Arte!'; e di Cicerone ri­ cordò Simonide di Ceo, oggetto del suo rac­ conto: "Melico e l'arte della memoria". Bruno infine ne moltiplicò il numero a dismisura, il futuro è infinito. Meditò anche il potenziale continuo incremento dei simboli da porre sulle ruote girevoli e sulle figure feconde, im­ magini ben riuscite o anche mappe per inse­ rimenti topologici - una struttura nota su cui scrivere numeri e geroglifici. Perciò le rivela­ zioni della memoria non sono tutte rivela­ zioni profetiche, come l'astrologia e le 'verità' tratte dai sacrifici: ruote e mappe fanno ve­ nire in mente contatti impensati, che spesso 67

sono inutili ma a volte no, come il caso che suggerisce scoperte scientifiche. Il processo attiva la curiosità, cioè il sapere analogico, che passa dall'essere gioco alla ricerca seria, quando ci si avvede che il nesso regge, la gioia della scoperta rende pertinaci: il caso ha la sua parte, come la ragione emotiva, ma non dominano la conclusione. Essa nasce nella convergenza con l'anali­ tico, cercando nella memoria per costruire im­ magini rispondenti; esse saranno poi i nuovi simboli per la memoria, esperienza affmata da fmi architetture logico storiche. Ognuno è fab­ bro del suo proprio ordine: la costruzione che Bruno fornisce, dice, è solo un modello. Per essere pregnanti e dare molte direzioni, i sim­ boli costruiscono una tensione enigma-para­ digma, un'ipotesi da saggiare a volte con l'aut-aut, altre volte con ragionamenti. Così si elimina il superfluo e si procede nell'analogia; nuovi sentieri consentono misure per avan­ zare ancora. L'aspetto positivo della cabala, il numero, ha la sua parte nel gioco che formula il quasi numero, l'immagine su misura in fi­ gura e in parola, criterio utile per procedere nella scienza e nell'uso del simbolo. 68

Visto che la memoria crea vicinanze im­ motivate, l'indagine ne segue il metodo, è il sapere delle immagini che mostra una 'lo­ gica' tutta sua, che si rivela nella sensazione: perciò Bruno fa molta attenzione alle imma­ gini popolari, i Carri Allegorici, i Tarocchi, i

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Miti degli Dei, le Stelle in cielo, sono diremmo oggi risultati di brain storming già codificati. Così il metodo potenzia la memoria appren­ dendone i segreti, abbozzando il quadro utile a selezionare campi di intervento, coi diversi modi di capire. Così farà Popper nel '900, quando chiarirà che l'esperimento non si fa a caso, che l'osservazione cerca un oggetto preciso; ma che d'altronde la logica della sco­ perta è, al contrario, "una rete gettata per ac­ chiappare il mondo". Compare così un sapere ben costruito, che insegue la magia del sensibile e ragiona for­ mando il mondo umano delle immagini in fi­ gura e parole - non fatto solo di cause ed effetti - in cui entrano anche i quadri: i libri per anal­ fabeti, si disse al Concilio di Nicea. I Tarocchi invece sono costruzioni dalla gente per la gente, che al contenuto aggiungono il circo­ stante in simboli e colori. Insegnano che "ogni qualsivoglia vilissima minuzzaglia, in ordine del tutto et universo è importantissima perché le cose grandi sono composte de le picciole" nella "feconda natura madre conservatrice de l'universo" (Spaccio) . È la strada del pittore, che si forma disegnando piccioli sassetti, uno 70

ad uno - come l'analisi, perciò richiede pa­ zienza e fede. Un vero e proprio patto di cre­ dulità, come quello stretto con l'arte, dove si giudica tra concetto e messa in scena, tra vir­ tuale e reale, premettendo di prendere per vero quel che si sa essere opera di fantasia. Nell'arte nasce così un giudizio basato su una fede razionale nella Bellezza, come la certezza di Metastasio nella Divinità (ovun­ que il guardo io giro immenso Dio ti vedo. . . ) : non è una dimostrazione, ma è convincente, come la metafora dell'organismo nell'apologo di Menenio Agrippa, come il gusto per Hume e Kant: è la musica del Tutto che qualifica la validità dell'evanescente musica delle stelle, dissero i Pitagorici, il senso che parla al­ l'uomo primitivo con musiche vibranti di pe­ ricolo e di gioia (John Steinbeck) , quelle che anche i girasoli sentono disponendo i propri semi nell'aurea misura. Convince ed entu­ siasma - e l'entusiasmo è un potere da troppi sottovalutato (Jean-Francois Lyotard) , che Bruno venera nel mito di Atteone. Collegare infinito e finito può non sem­ brare opera di magia, parola oggi degenerata ma che ancora indica il fascino che coglie 71

quando prende corpo un'analogia vincente ­ anche solo quando si riconosce qualcuno che non s'incontrava da tanto . . . collegare soggetto e predicato è a volte un riconosci­ mento che incanta la memoria attiva che scopre un'idea nuova. . . altro miracolo del­ l'entusiasmo, come i figli nati dall'amore. Esso nasce dal confidare, più che dalla speranza; nel rischio calcolato che sa bene che non tutto dipende dal sé: chi sa essere modesto sa il rischio. La magia naturale e teurgica spinge alla Bellezza, l'indefinibile certezza che convince ed è l'ottima base della metafisica estetica, che s'incardina sulla Vita. Con questa fede si può anche costruire non solo per sé; invece di impazzire come il gentile Nietzsche, si può fare come Bruno che lasciò agli allievi un Inno alla Gioia, come poi farà Schiller, anche lui pazzo di Bellezza.

Comunicazione universale e Vicissitudine

Il problema che colpisce, lo risolve l'entu­ siasmo, o la Bellezza; compare nel sacro, l'in­ terrogazione che siamo abituati a collocare 72

in un cespuglio ardente, di quelli che ognuno incontra nel suo cammino, se sa vedere i le­ gami dell'ignoto. Si possono avere mille en­ ciclopedie e nessuna scoperta, altrimenti; solo quando l'istrice - diceva Derrida - l'im­ provviso, interrompe la tua strada e impone una scelta personale, si attiva il percorso che impedisce d'essere il Pedante che studia il non-importa-cosa. Nasce la logica umana e umanistica del nesso da trovare: Bruno la il­ lustrò nel teatro, spesso da incontri banali come da discussioni di massima solennità. La scelta nasce in un baleno, piano piano nel tacito sussulto, costruisce poi con pazienza il successo di una ricerca, se si sa scegliere con chi dialogare, come raccomandò il solito Sa­ lomone. Ma Bruno studia miracoli, liturgie, canti, sermoni, orazioni . . . il consensus om­ nium, vuol calibrare il detto al pubblico, come già diceva Gorgia da Lentini. Non in­ tende che lui stesso è un genio, che parla agli uomini del futuro, liberi da tante pastoie quanto immersi nelle loro. È la vicissitudine universale, il mondo della storia che avanza , in cui Bruno capisce la rilevanza della ra­ gione emotiva nella conoscenza: è il segreto 73

del mago, se crede in quel che fa, deve curare anche la virtus, il fascino retorico, la capacità di suscitare fede misurando luci ed ombre. Essere cioè buon comunicatore, affascinare le corti come i fiori affascinano le api ve­ stendo colori inutili. Come Cornelio Agrippa, Bruno insiste perciò sull'importanza della fede per la mo­ nade uomo, quel minimo che è già un punto metafisica: quando la luce confonde, l'ombra restituisce lo spessore - se è l'ombra giusta. Perché nell'ombra si nasconde pure Adamo peccatore, nonché il Leviatano, il mostro bi­ blico di Hobbes - cioè la voce pubblica che addensa calunnie e lodi, e può uccidere la verità - è la folla del linciaggio e della fama, da domare. L'analogia media le somiglianze svilup­ pandosi nella crasi, nell'accostamento senza sintesi. Ognuno può giudicare da sé un qua­ dro, maturare ipotesi; orientarsi è il primo passo verso le tesi; tutto cambia. Eros guida il dialogo tempo-eterno, la Verità Razionale; anche quando vuole capire il quadro proprio dell'uomo, con i vari tipi di spiritualismo di ogni genere, i racconti religiosi, le figure degli 74

astri che sanno incantare l'Anima, la Vita, at­ traverso l'Animus, l'Uomo. Così sempre rinasce da simile dynamis superiore, la Verità dei Teologi e dei Filosofi, e anche lo Spiritualismo, che intreccia valori e salvezza a motivo della morale ed ha stretto rapporto con la fede, di cui necessitano le ra­ gioni seminali, Vita, Bellezza, Eleganza e i loro contrari, in percorsi che si rendono con l'immagine: è il caso dei racconti delle reli­ gioni ma non solo: quando Hegel disse di aver visto lo Spirito del mondo a cavallo, Na­ poleone, riconosceva la capacità dell'imma­ gine di illuminare le ombre, il metodo di Jacques-Louis David: la Verità-in-figura parla a tutti - come il Sommo Bene greco, Vero-Bene-Bello, è rimasto nei secoli più con­ vincente della triade dello Spirito Assoluto. La conoscenza per immagini solidifica le Sta­ tue con liturgie passive e attive che creano circoli obbligati. Nelle metafisiche estetico-analogiche della storia, il singolare entra in scena con la pro­ pria eleganza mitica, il suo peso specifico di contenuto, che viene reso dagli artisti in modo sempre diverso per l'uso della crasi, 75

che lega il protagonista al resto, ma lo lascia ben individuato, non si confonde Giove con Marte, né Amleto col Moro di Venezia. I con­ cetti si individuano nei contenuti culturali diversi in forma corporea, esempio tangibile memorizzato, capace di dare risposte come un concetto astratto. L'incanto insegna con Statue dal palcoscenico, il suo protagonismo insegna a giudicare il presente. L'arte della memoria quindi non tende a memorizzare l'elenco, ma a svolgere il suo ruolo comunicativo nella storia, per capire il metodo che ordina la minuzzaglia in figure eleganti, degne di attenzione: lo sa fare chi supera il dolore connesso al vivere sapendosi bambino che gode di imparare il mondo e di stare vicini nel mondo familiare, oikòs. La ri­ sacca del mare, il ritmo della vita, la regola­ rità che sfugge all'economia, figlia bastarda, vive nell'Ecologia della mente (Gregory Bate­ son) , la capacità della memoria di svilupparsi restando medesima. Come diceva la buona magia naturale caldea, che Marsilio Ficino oppone alle superstizioni egizie della contem­ plazione immobile, inutile quanto irreale (De Misteriis) . 76

Linguaggi e Cu ltura

Il linguaggio è la fucina dove opera la scala dei valori e dei metodi: la libertà non è una sgrarnmaticatura che ostacola la co­ municazione; è la creazione di nuovo lin­ guaggio che meglio traduce il senso (Luigi Scaravelli) : basta essere maestri, cioè Arti­ sti della memoria. La storia dell'uomo co­ mincia con lo scritto , dopo la parola dei miti e il Logos di Giovanni, dopo il gerogli­ fico e la pittura murale nei Templi. Sempre, in tutte queste lingue , si sceglie cosa rac­ contare , per non rischiare la Torre di Ba­ bele : una verità che pare sfuggire alla neo-oralità. La libera scelta delle parole non può affidarsi al vaglio, e meno ancora al caso: il vaglio è immagine meccanica, il virtuale astratto è tanto più ingombrante del reale da non potersi fidare di Proteo . Non è più tempo , perciò , nella nuova era, di astrattismo teorico. Solidificare nuove parole , non a caso , è una buona idea, se si considera il sistema delle ragioni seminali, per non diventare ridicoli . Basta arrivare alla plastica creta, non ai gas, per 77

avere forme da modellare, come la geome­ tria dei frattali, che trasforma lentamente . Ragionando con Bruno di ombre e luci ve­ dremo la mnemotecnica operare senza rompere , ritrovando il senso antico della parola 'rivoluzione', quello prima di Robe­ spierre : indicava il moto degli astri. Il metodo è presto detto ma simile lavoro non è presto fatto : il bulino toglie il super­ fluo, ma a volte non riconosce l'essenziale . È necessario perché conservare tutti i nomi genera entropia, troppi significati annul­ lano il senso , edificano il labirinto . La Ba­ bele informativa del mondo tecnologico è l'oggetto di un libro di tanti anni fa, fl Gioco delle perle di vetro, del celebre Hermann Hesse, ed è l'età della terza pagina, cui oggi molti guardano come ad un faro di cultura, faceva conoscere novità e Autori; oggi non si salvano nemmeno i valori umani (Ho­ ward Gardner) ! Bene e Bello sono monetiz­ zati in carità e arte esoterica. . . questa entropia genera la sordità, l'omicidio del pensiero critico , lo salverà solo una Didat­ tica della Bellezza, che insegni la lettura delle immagini - non un nuovo sperimen78

talismo selvaggio ma una didattica delle arti che approfondisca la dinamica delle luci e delle ombre in cui guida è Giordano Bruno, ancora capace di accendere un lume nel mondo che non sa vivere ecologi­ camente la Mente e la Natura. Occorre nuovo impegno alla riconquista del tempo perduto : all 'inizio del '900 i futuristi dis­ sero che la velocità del treno impediva di vedere il paesaggio . Il parlare retorico deve ora imparare a muoversi nel mondo dove i Don Quij ote si sono moltiplicati, perché i grattacieli rendono assenti al presente . Come una volta i mulini a vento confon­ dono tra virtuale e reale .

La Retorica de ll'Essenziale

La lezione di Bruno sulle ombre delinea la retorica dell'essenziale, che come l'arte del '900 depura e scalpella via il superfluo. Gior­ dano Bruno inverte i sensi della retorica e della magia ancora oggi dominanti: non si tratta di affascinare turlupinando, ma di ascoltare, costruendo nuovi gradini quando 79

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serve. Memorizzarli e disporli sulla mappa è opera dei maestri, che insegnano a correg­ gere il tiro indicando le ragioni seminali ecco perché l'eleganza, pur così eterea, è il criterio giusto, dà libertà di costruire: si parla da tanto tempo di Stile, proprio in questo senso, in quanto sintetizza rapidità, ascolto e invenzione. Dal Solve et Coagula dell'erme­ tismo alchemico, alla modema semiologia simbolica del decostruire e deframmentare (Jacques Derrida) , la macchina della memo­ ria ermetica dimostra costruttivo l'esercizio di ridurre all'essenziale, senza giungere ov­ viamente all'elementarità odiema di tweet ed acrostici, che creano nuovi bastioni per ostacolare i traduttori. È un'arte difficile , praticata dalla parola poetica, cantante, mu­ sicale, che sa creare vincoli per nuovi spunti alla ricerca e potenziare la logica delle imma­ gini. Forgiare marchi efficaci è il compito dell'Arte della memoria, la poesia imprime concetti efficaci come la memoria primaria, immagini, suoni, parole. . . Le ruote fanno meraviglie con le Statue e i Vessilli ideati e poi immersi come ferro rovente nell'acqua, sfrigolando; è l'opera di Vulcano, marito di 81

Venere . La decantazione del ripetere porta alle grammatiche e sintassi delle Arti, ma anche alle partite che si giocano coi Cartigli (" Tapes e la prospettiva" "Platone con le idee e dalle ideè' ecc.), costruiti sulle corrispon­ denze della memoria. L'esempio oggi è diventato la realtà vir­ tuale delle arti massmediali e della pubbli­ cità, che ha codificato il linguaggio inserendo parole dissacranti per accendere l'attenzione e ricostruire la memoria inserendovi il pro­ prio input. Nella propaganda di una volta il processo era chiaro, ora ha riconquistato l'aspetto sofistico della retorica degli avvocati. Sembra istantaneo, nasce invece dal pensare lento e ben pagato, sacralizza il mondo della presenza, del levigato (Hans Sedlmayr) . Un nuovo linguaggio di cui occorre apprendere i codici ed insegnarli per non avere popoli di codini, di coloro che se le bevono tutte . Si deve perdere tutto il tempo che occorre nel­ l'educare, diceva Rousseau in Emilio e nel Passeggiatore solitario, con l'omaggio alla Na­ tura Madre che ancora tanto affascina in lui. Il camminare del suo passeggiatore si fa gui­ dare dalla mappa disegnata guardando il pa82

norama dall 'alto e camminando coi piedi per terra: ecco come si disegna la nuova mate­ matica ( mathesis) della storia.

Mathesis singularis

La magia è la scienza libera, "il principio di ogni mago . . . è conoscere il principio ideale da cui dipendono le immagini fabbricate ad arte" , i saperi di tutte le lingue, voci, scrit­ ture ed altri "definiti segni, sigilli, figure, ca­ ratteri, gesti e altri simili. Senza voci e scritture di questo genere difficilmente un mago potrebbe dedicarsi con successo alla magia e soprattutto a quella specie di magia che è detta teurgica" . Diventare maestri del linguaggio conduce a definire sistematicamente la conquista dello stile. È questa l'opera dell'ultimo periodo di libertà, in Germania, dove mette a punto le idee di sempre . La sua magia matematica ora chiarisce bene di articolarsi tra la vo­ lontà geometrica della mathesis, che misura il mondo e il pregio delle ragioni seminali che ogni uomo ben conosce quando guarda in 83

se stesso e scopre il silenzio del concreto, la visione piena di certezza. La semi-matema­ tica del singolare scalpella così il simbolo nella visione dell'essenziale . Sta nella narrazione, ma non è la panacea razionale in cui consiste la narrazione sog­ gettiva della vicissitudine universale, che co­ glie somiglianze sul modello di Plutarco ; è piuttosto l'elaborazione dell'analogia che di­ venta scultura della Statua per il palcosce­ nico del mondo . È un mistero chiaro allo scrittore, quando il suo personaggio impone delle scelte non volute, per cui occorre cor­ reggere le sue azioni, perché anche la nuova forma così definita, se non è eterna, è pur sempre ben determinata. L'arte si dimostra spontanea, ma questo è solo il suo artificio massimo , vuol sembrare semplice come il mondo. Il tentativo di costruire la Bellezza vuol for­ zare la mano dei distratti ed operare il risve­ glio, la coalizione di saperi che hanno saputo essere Uno - Bruno lo descrive nella succes­ siva e discreta eliminazione delle ombre. Si dice che Leonardo ad Amboise di quando in quando aggiungesse una pennellata alla 84

Gioconda, il piccolo quadro che lo aveva ac­ compagnato : unita al resto, la pennellata perfeziona la scena. È questa la via della ma­ thesis singularis, costruire atomi di verità evidenti, sbozzati nell'esercizio metodico della memoria: le perle di vetro descritte da Hermann Hesse sono la levigatura di fatti e teorie, che fanno le pedine del gioco delle perle sulla scacchiera del mondo. Il modello può essere l'autobiografia criptata di Gior­ dano Bruno, il Cartiglio, che dice la lettera A, il senso perenne della conciliazione di Uno e Infinito, in 28 caratteri. La conquista del difficilissimo pensare afo­ rismatico è di pochi, nella storia; la poesia trova poche volte espressioni che sono le armi affilate per la memoria, da rigirare in bocca come una caramella. Ben diverse dalle parole-proiettile di Benjamin, le pa­ role f immagini dei fotogrammi, che sono uno slogan (un urlo di guerra, etimologia del ter­ mine) . La parola nasce per mediare, dopo l'urlo per riunire il gruppo in pace e in guerra - una precisazione questa a tutti quelli che ripetono gli abusi indotti da Von Clausewitz, un generale, e Schmitt, un filo85

sofo , artefici di confusioni divertenti ma escluse dalle ragioni seminali. Se si è mae­ stri del linguaggio si capisce che la parola di Cristo, di Socrate e quella di un avvocato non sono lo stesso Logos. La pace non è la guerra ma è invece frutto di una mediazione tra uomini, che sono di natura animalesca e belligerante e che nella storia e nella poli­ tica studiano la mediazione: qui si inquadra la nuova retorica essenziale di Giordano Bruno, che inizia la lunga storia che porterà alla scienza storica e al giudizio individuale. Questo non può stare nei numeri, ma nem­ meno sta nella poetica Castalia di Herman Hesse, la Nuova Chiesa dei Nuovi Asceti, nuova figurazione trascendente dell'Utopia. L'Utopia della filosofia del linguaggio invece non è utopica anche se è ipotetica. Bruno la propone col solito largo anticipo; assomiglia però a quelle del '900, dalla filosofia analitica all'estetica: di creare macchine della memo­ ria con la svolta linguistica (Richard Rorty) , oggi con la svolta delle immagini (Pinotti So­ maini) . Bisogna rendendo di nuovo protago­ nista il pensare, non l'economia, !asciandola

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alla sua ricchezza di argomenti. Non il pen­ sare dei soliti Pedanti . . . contro di loro tuona ancora il maestro Bruno, dal suo rogo ec­ celso, con la sua magia naturale . . . bisogna scegliere cosa vale la pena di studiare, anche sulle domande fondamentali per scegliere cosa fare nel presente. Disse bene Spaventa che Bruno fu eroe del pensiero europeo e guida del futuro: il problema della direzione cartesiana, velocissima, sta nel fatto che vuole dimenticare l'altra metà della mente.

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CAPITOLO Il Le Ombre delle Idee

Il Cartiglio " Giordano con la chiave e con le ombre" nella sua unità dimostra che l'emergere delle somiglianze nel conoscere va considerato il convergere dei due metodi complementari della mente nell'atto mentale del capire le cose, che è un attimo infmito, fuori del tempo. Non a caso già i Greci distin­ guevano Intelletto e Ragione, nei loro co­ strutti, nel passato del 'capire'; i due metodi sono come parallele che s'incontrano all'in­ finito: compiti diversi richiedono procedure diverse, ma poi nello specchio luce e ombra sono insieme. L'armonia magica del Rinascimento con­ sentiva la coesistenza della natura e della scienza con la morale. L'idea (eidos) , diceva l'architetto Lomazzo, è l'abbozzo in mente che precede la composizione del cartone per il mecenate; ma poi è anche l'idea dei plato­ nici, la trascendenza iperurania, l'originario perfetto. Uscendo dalla caverna ci si abba­ cina, nell'antro si guardano solo simulacri 89

(eìdolon) : il conoscere sembra condannato . Invece le ombre mostrano a Bruno l'armonia, lo spessore delle cose, la comune concordia, Dio: vano lo sforzo delle religioni di definirlo; ma il semplice rimando non le soddisfa. Come non soddisfa il pittore parlare di Bel­ lezza.

Ragionare sulle Ombre. La Certezza

Il trattatello di Filotea Giordano Bruno De Umbris Idearum affronta il problema dell'Unità complementare alla Molteplicità nella linea del nuovo rapporto tra Finito e Infinito recuperato da Cusano: luci e ombre non vanno intese aut-aut, o l'una o l'altra; il normale modo umano di vedere le cose è ambrato. La sensazione si rinnova e si cor­ regge, implica ed esplica il sapere nel pro­ cesso di visione e approfondimento . Il titolo non è nuovo, Cecco D'Ascoli l'usò parlando di Sacrobosco garantendosi con un detto di Salomone, per parlare d'immagine ed imma­ ginazione, il tema aristotelico del conoscere passivo ed attivo . Nei seminari universitari 90

ottenuti nelle città toccate nel suo pellegri­ naggio per la pace, sempre in fuga da liti, Bruno leggeva con gli studenti il De anima di Aristotele per lo spazio dell'immagina­ zione nell'arte della memoria: il suo corso più richiesto , per la pratica professionale che ne deriva. Per lui la teoria non è una propedeutica, ma il fondamento stesso del­ l'insegnamento. L'immaginazione in Aristotele è capacità di analogia, quella che la scienza oggi rico­ nosce motore dell'ipotesi di ricerca. Cice­ rone e l'ermetismo, sedicente antichissima sapienza egizia (Paolo Rossi) , erano cultori della memoria topologica, che ordinava ana­ logicamente link in una mappa ben nota per ricordare la sequenza delle citazioni, degli indizi. In assenza di memorie artificiali, anche libri e agende non sono oggetti dif­ fusi: si esercita la memoria passeggiando per corridoi attrezzati. Il De umbris è scritto in latino, è destinato a dotti e allievi; i se­ guenti due libri dell'Arte della Memoria sono la pratica del come costruire e usare simboli e ruote, unendo analogie già presenti nella cultura filosofica e popolare, s'è detto delle 91

figure dei Tarocchi e dei Carri Allegorici: per­ ché il metodo è per tutti, aiuta a fare di­ scorsi forbiti, ma anche a pensare ; basta cambiare le immagini a modo proprio, come nel linguaggio si adatta un discorso difficile al senso che è più chiaro capire per ognuno. Fu scritto nei due anni vissuti a Tolosa e pubblicato a Parigi nel 1 582 per donarlo al Enrico III di Valois, che meditava la pace poi realizzata da Enrico IV di Borbone. Perciò questa magia non cerca gli effetti speciali,ma sicorreda di elementi comunica­ tivi. La nova filosofia è in realtà nuovissima, visto che crede nella sensazione (aisthesis) , voce divina della Natura che illumina la vi­ cissitudine universale: una novità fin dai tempi antichi, che diffidavano della sensa­ zione già dai primi filosofi. Il mondo merita una metafisica estetica in cui ombre, colori e luci si dimostrino come i veri panorami da indagare nelle somiglianze strane che mostra la memoria. Non ci sono solo cause nella lo­ gica, la conoscenza si fa di legami strani che evocano tracce : Simonide di Ceo lo si cita perché riuscì ad identificare i morti, schiac­ ciati in un banchetto dal crollo del soffitto, 92

ricordando il fùo degli interventi a tavola! Ap­ pare qui un altro genere di cause, una logica della scoperta di uso comune, quotidiano . Quando le ombre non sono troppo cupe, bagliori interessanti indicano sentieri del pensiero visuale poco appariscenti nella luce piena, li hanno seguiti Ruskin , Arnheim, Belting, Bohm, la Warburg Library Le ri­ flessioni sull'immagine troppo spesso evi­ tano l'arte, che invece spesso ha dato illuminanti 'poetiche ', teorie, ben più inte­ ressanti della statistica delle scienze della comunicazione. Non si bada alla qualità nel target interessato, composto di politici, massmediologi, artisti desiderosi di mas­ simo successo non badano alla teoria del conoscere. Bruno così continua ad essere una fonte preziosa, l'eccezione che già stimolò gli studi in questa direzione , il fiume carsico della fi­ losofia europea verso l'estetica - nell'acce­ zione antica di 'sensibile ' che ancora usa Kant. È valida per il filosofo e per il pittore, non si perde in parole e quindi in polemiche capziose , parla quando deve, cioè quando viene meno la certezza e bisogna procedere . . .

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per analogie . Nella diversità di luci e ombre la chiave del sapere si rinnova ogni giorno, e bisogna "sistemare il sistema" nel punto in cui è infranto . Allora i due saperi della mente si mostrano come le gambe con cui si cammina senza saltellare , se non le si in­ garbuglia a sproposito . Il finito e l'infinito mirano uno alla specializzazione, l'altro al dialogo aperto; metodi contrari che insieme rivelano l'armonia del Tutto; altrimenti o confondono tutto con troppe ombre, o non distinguono i particolari. Il segreto è andare per gradi come sempre quando s'imparano le lingue : e le immagini sono una lingua (Ernst Gombrich) . "La natura non permette il passaggio immediato da un estremo all'al­ tro, con l'aiuto di ombre , e poco alla volta l'ombra prepara la vista alla luce". È una follia volere la verità tutta spie­ gata, ma anche smarrirsi per non voler ap­ prendere le regole della grammatica con cui il pittore coniuga ombre e luci, dice Giò Ber­ nardo, protagonista del Candelaio. L'ombra consente dialoghi segreti da condividere ; ricchezze mai viste scopre la mathesis sin­ gularis nella creatività del ripetere, che 94

ascolta meglio, che migliora la visione dei sassetti. della strada della Cena delle Ceneri. Qui deve meditare la metafisica, conclude Bruno, non all'inizio del mondo, dove ci sono solo dogmi. Qui deve andare la fede : non relativa né muta; Vico la chiamerà Cer­ tezza, anch'essa è Verità.

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L'arte della memoria e la pace nel mondo

La rivolta contro le guerre di religione, nel Rinascimento genera il proliferare di posi­ zioni ireniche; Bruno apprezza gli albori del diritto di natura è amico di Alberico Gentili. L'ideale della pace è chiaro, una fede spon­ tanea e razionale, per cui Bruno sacrificò prima che la vita il suo tempo tranquillo. Di­ ventò l'esempio dell'intellettuale costretto a farsi eroe del pensiero, ad inventarsi una nuova politica intellettuale, eccezionale anche per un frate, visto che non si fa consi­ gliere dei principi, asservito ai loro fini, ma propone i suoi ideali. È diverso da Machia­ velli, da Thomas More, da Mazzarino , non è codino né giustificatore della feccia di Ro­ molo , e nemmeno ingenuo come Platone . . . forse fu persino una spia . . . Profeta? Forse, ma in anticipo di troppi secoli, fu difensore dei valori laici. Perfezionare piani è l'arma del politico at­ tivo, dopo la teoria politica. Perciò dopo il comporre ombre e luci, Bruno articolò nei due libri dell'arte della memoria - di cui fu maestro riconosciuto (Paolo Rossi) - la -

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scienza del progetto, come dimensionare il cammino delle ruote: l'analisi è troppo lunga e va rimandata, è una macchina binaria sim­ bolica, una logica delle immagini, molto di­ stante dalla logica binaria avviata da Leibniz. L'arte della memoria fonda nella topolo­ gia, sin dai tempi dei greci, si disegna una mappa, come il pittore nel quadro, come Leonardo nel Cenacolo, dove scrivere avven­ ture ed eroi. Lullo forgiò le ruote per avere 97

un metodo non così fantasioso per meditare sull'attività mentale, articolando categorie nell'intreccio di nessi e significati. Le mappe topologiche della memoria e il sistema di ruote girevoli creano un altissimo numero di combinazioni possibili, molto più difficile del sistema di Pietro Ramo, se lo scopo è solo memorizzare; qui c'è uno scopo più alto, at­ tivare la memoria verso il futuro, aumen­ tando l'esperienza della capacità creativa dell'uomo, nel giusto panorama. Il mondo umano non è l'eterno ma ha una durata che ne assicura la dignità e il rispetto. La memo­ ria può aprire novità, perfezionando sistema­ ticamente il linguaggio per dare slancio alle menti più torpide con opportune indicazioni: un suggerimento giusto per l'era nostra, che si cimenta con la rete infinita che apre spazi di vita alternativa di immenso realismo: se ci voleva Dante per accorgersi della selva sel­ vaggia e fare una scala per l'ascensus . lo sperdersi nel web è un pericolo presente a tutti. L'immaginazione che ha dato spunto al cammino infatti non è una rivelazione, combina elementi senza un filo comune, af. .

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fidato a ciascuno . L'arte di vivere è il potere dell'homo faber d'esser responsabile del me­ glio, ascoltando nel Secretum il mondo e dando forma al presente senza più la guida dello specchio eterno costruito da Aristotele: Bruno se ne rese conto, quando diede lo spunto della nuova direzione con il cammino 99

descritto nei Dialoghi (cfr. Appendice) . Con una critica che sceglie l'essenziale di Scola­ stica e Rinascimento, polemizzando con le ombre, sfumando la qualità nella nuova forma del chiaroscuro. Uscire dal silenzio pre­ natale per immergersi nel Nulla è tipico delle religioni d'Oriente, che sono spettatori del mondo: l'Occidente, diversamente, vede il compito dell'uomo come nel diritto romano, nella legge. Il diritto romano vive nel cuore di Napoli, la città di Bruno e di Spaventa, l'unica città 'romana' rimasta nel Medio Evo, tra Campania gotica e Roma dei Papi, dove mori Romolo Augustolo. La gradazione delle ombre fa della nuova opera un capolavoro; un concetto oggi così oscuro all'arte che vale la pena di citare Fla­ vio Caroli che così defmisce: quel-che-non-si­ può-ignorare. Il chiaroscuro è un'altra Prospettiva da studiare - nella geometrica co­ struzione dei coevi quadraturisti, giocolieri dei punti di fuga, che perfezionano il trompe l'oeil sfondando i soffitti verso i cieli sovra­ stanti, come aveva fatto Raffaello nelle Logge Vaticane. La scoperta della ricchezza della vi­ sione non è una novità per il pittore, la sor1 00

presa sta nel vederla come conoscenza: an­ cora Leonardo si definisce ignorante. Il Rina­ scimento trasforma quest'ottica, la magia naturale di Bruno crede nella sensazione, è varia come dev'essere la voce del divenire . Questa fiducia nella sensazione e nelle ombre come sistema di misura è proprio la differenza di Bruno da Schelling, colui che lo salvò dalle caverne carsiche in cui era spro­ fondato, scrivendo, nel 1 800, il suo dialogo Bruno ovvero sul principio divino e naturale delle cose. Schelling non seppe evitare il di­ fetto con cui Hegel polemizzò con la celebre frase sull'Assoluto, "una notte in cui tutte le vacche sono nere".

L'anima interna del marmo

L'eccezionale fiducia di Bruno nella gra­ dualità del sapere, da adeguare nel metodo, progressivamente, si costruisce in questa estetica che apprezza il conoscere sensibile, la magia naturale. Bruno non pensa solo all'arte dei poeti, visto che è lui stesso lette­ rato, ma come uomo del Rinascimento è stu101

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pefatto di tanti successi dell'arte, della scienza, della vita - valga per tutti la scoperta del Laocoonte disegnata da Lom azzo . Nelle parole la filologia scopre sensi oc­ culti, ma apparentemente la parola è un'unità, non come il quadro: la mela di Ca­ ravaggio e di Magritte sono ere diverse del­ l'immagine. Sacralizzare, senza dar forma, sarebbe ritorno all'idolatria; porre la mela sull'altare senza capire cos'è, è uccidere il pensiero critico. La conquista della forma, per chi dipinge e per chi guarda, è il lungo cammino del bello. Già quando si passò dal Monolite agli Dei dell'Olimpo, si cambiò molto per l 'uomo, uomini civili, quelli del pre­ sente, sono i modelli che figurano le Statue sul palcoscenico dello Spaccio per superare la vecchia religione con la civile conversa­ zione che discute le virtù . L'Anima del Mondo si orienta tra gli infiniti chiedendo novità al­ l'incedere maestoso del domani. Basta spo­ starsi di poco , illuminare diversamente il Monte Saint-Victorie, per far lavorare Cé­ zanne; i colori sono veri, ma il sole cambia tutto nello stesso giorno. Certo, l'intelletto sa lavorare solo su inesistenti oggetti fermi, per1 03

ciò Aristotele costnù uno specchio fermo; ma il metodo non è la soluzione, come la cultura dei Pedanti ritiene. Una volta infranto, uno specchio non restituisce un pezzo disegnato, come fa una tela: ogni frammento ripete il tutto. Si deve ricominciare da capo ad indi­ viduare i pezzi. Perciò lo specchio è un sim­ bolo dell'estetica sin dall'inizio: ricorda che la Bellezza è di un attimo, diventa motore di nuove Verità e Bellezze, è il tempo dell'oltre. Occorre procedere dunque più che con lo Specchio, con l'arte, che accetta la logica del rischio e dell'istante così determinanti, nel VIvere. Non tutto è chiaro in questa terra, ma va considerata anche la simpatia delle cose che il magnetismo rivela già al Rinascimento; magia, alchimia, medicina, astrologia, vanno consegnando i loro tesori alle enciclopedie di scienze moderne del 700, già tanto esatte da far emergere nel secolo di Kant e di Lambert, i nomi di estetica, giudizio, fenomenologia, così usati dal '900. Ciò perché occorre ri­ spondere all'unica domanda cui la scienza delle cause non sa rispondere: cosa giustifica la logica della vita, l'organismo, dove il fine 1 04

sembra essere presente ovunque e in nessun luogo . Per capire l'uomo, occorre un cono­ scere altro, non analitico ma analogico, as­ sente dalla scienza esatta ma ad essa complementare, il pensiero visuale o come diceva Pascal le ragioni del cuore, o come di­ ceva Vico, il regno della certezza, la storia. L'anima del marmo: bisogna intravedeme la luce, per scalpellare via il superfluo.

L'Infinito e i l Finito

L'infinito insegna a qualificare, a vedere nessi e gradi, non si sceglie solo con gli aut­ aut, giudicare è specificare; la logica del giu­ dizio quando è frutto di un progresso dialettico, non chiede l'origine ma il come, il quanto, il fine . . . la misura del valore da rea­ lizzare, i colori da cambiare. La prospettiva ihsegna la diversità dei punti di vista in modo più articolato della dottrina aristotelica delle quattro cause (formale materiale effi­ ciente e finale) di cui discutono eternamente gli Accademici, una fonte di polemiche che è tempo di interrompere. Il mondo agisce sulla 1 05

base di un Principio di causaz10ne auto­ noma; l'uomo lo conosce in sé e lo suppone per analogia nel cosmo, un'ipotesi certa quanto indeterminata, che non è un pantei­ smo ma un panenteismo - non abbiamo una mente adatta ad intendere di più. Nel quadro del conoscere umbratile, sono le ombre ad articolare l'attività logica-analo­ gica possibile, nella circolarità che chiarisce le somiglianze necessarie alla determina­ zione, come in un ritratto - oggetto di rifles­ sione continua per Leonardo! Ciò richiede due approfondimenti: sulle trenta intenzioni (intendere - uscire dalle certezze per nuove possibilità) e trenta con­ cetti di Idee (concipere, concepire, chiudere un concetto) . L'analisi articola la contrazione che chiude il percorso ordinato a quadrare il campo : dopo la rottura dello specchio di Aristotele ciò assicura la durata, fonte della certezza. Contrazione è parola chiave di Bruno, che vi realizza la retorica dell'essen­ ziale: il simbolo ne nasce come da un parto . È un'arte generativa, che crea opere dotate di vita propria, di evidenze da capire, chi ascolta può giudicare da sé. 1 06

Trenta Intenzioni delle Ombre

La forma corpuscolare dell'unità, base dell'immagine nel mondo bruniano , è non solo un marchio, è una materia, come i si­ mulacri di Epicuro , atomi staccati dai corpi che toccano i sensi: l'imprinting filosofico di Giordano Bruno. Ciò non contrasta col pla­ tonismo : basta ricordare la conferenza di Cassirer alla Warburg Library, eidos ed ei­ dolon, idea e simulacro, sono parole molto simili, Platone ed Epicuro non avvertivano forse così lontano il senso del loro termine chiave , com 'è per noi, dopo tante polemi­ che : infatti il termine Idea torna nella scuola iconologica (Erwin Panofsky) . L'idea­ forma di Platone, iperurania ed etema e la forma-materia di Epicuro , smussatura dell'atomo nel vuoto, cercano entrambe un ancoraggio solido . Platone, superando la sensazione, trascende il mondo. Bruno lega la Vita alle ombre temendo l'imbalsama­ zione, la stasi dell'Etemo e della troppa Bel­ lezza di Asclepio e Plotino: meglio la via dell'arte che in figura e in parole elabora marchi che possono diventare solidi punti 1 07

metafisici e predicare la materia qualifican­ dola, la direzione di Democrito dopo Parme­ nide (Vittorio Enzo Alfieri) , opposta a Zenone . Così l'essere non galleggia nell'in­ finito come una mongolfiera, né si ferma come un granito immobile. Dalla dissipa­ zione delle ombre sgorga una fresca sor­ gente di idee, che non stanno, congelate in eterno, ma concludono il pellegrinaggio nel deserto di cui parlava Alberto Magno : non si sceglie ciò ch'è chiaro, né lo si può acce­ lerare . Lo si può però ascoltare e ricono­ scere, ed è l'inizio del nuovo mondo .

La Fede religiosa e laica

"Il più sapiente degli Ebrei, Salomone , per suggerire agli animi l a perfezione del­ l'uomo . . . presenta la sua amica, che parla in questo modo: "M'assisi all'ombra di colui che avevo desiderato" (Intenzione I) . L'immagine del maestro e dell'ancella parla del mistero della fiducia nei rapporti umani - indispen­ sabile al costrutto. Non è sempre spontanea, come nell'immagine armoniosa, ma è sempre 1 08

necessario dissipare le ombre. Chi meglio del pittore le conosce? Distingue tra l'ombra del corpo e quella riflessa, più e meno vicina, soffusa o densa. . . tutte sono da tenere in conto, tranne l'ombra di morte, che annega nello scetticismo (Int. II) . L'ombra di luce anche è nociva, l'ottimi­ smo trascendente caratterizza chi non sa più vedere il mondo dell'uomo (Int. III) . Occorre perciò essere sapienti nel chiaroscuro, saper vedere nelle parole e nelle metafore, saper creare risonanze che vibrando svelino nella differenza il nostro mondo (Int. IV-V) . Ben temperata, la tecnica delle ombre è quel che serve per dare giusto rilievo alla forma, con un'impronta personale. La fanciulla bene impersona l'impeto si­ lente dell'opera al nero da cui si rinasce (Marguerite Yourcenar) : non a caso usa il tempo perfetto, il definitivo "mi assisi": la forza della decisione iniziale è l'impalpabile cemento che inizia e dà successo all'impresa (Int. VI) . La fiducia che i giovani amanti con­ segnano come dono gratuito è il bene più grande, lei è l'esempio perfetto dell'ideale di­ sposizione di spirito serena e plastica che 109

spontaneamente fonde le anime nel sole della Bellezza. L'immagine in parole sa trovare l'icasticità del quadro, tra la pregn anza della rivelazione e il fulgore della stella che guida nel buio. Trovarla richiede pertinacia e pazienti cam­ mini alla ricerca del Segno. Quanti sogni in­ frange il Caso! Ecco perché i simboli si scrivono su ruote girevoli: il mondo non è a caso, dice il simbolo; quindi al Caso si riserva l'estro del girare, che combina senza una lo­ gica. Nuove ipotesi saranno suggerite dal­ l'audace imprevisto di un giro, portando a meditare e trovare nuovi suggerimenti. Il ri­ schio è presente già ai primitivi della grotta di Lascaux, che disegnano la loro paura de­ dicandola al totem che li aiuti, che ancora si evoca a Pamplona per fuggire la decadenza e l'abulia, il rischio più grande (Hemingway) . Educarsi a decidere tra coppie di opposti, e prima ancora forgiare le coppie di opposti, è la gloria dell'uomo nella storia: giudicare. Se voler ignorare la materia e il disordine del mondo è follia (Int. VII) , bisogna capire che la soluzione non è stare fermi. L'ordine premia chi sa agire con la memoria, ordinare 110

i ricordi, sciogliere i problemi meditando le ragioni seminali. Questo è il processo da gra­ duare con le scale analogiche, delineando continuità non inerti, allacciate come ponti tra precipizi per non cedere al divenire, alla vicissitudine. Immaginiamo il percorso come se si dipingesse un quadro, nel concreto pen­ sare attivo, in progressione lenta e meditata. La prima cosa è trovare utili somiglianze; l'azione viva dello scoprire il nascosto vivifica (Int. VIII-X) unisce il capire all'oceano della vita che cerca la bellezza coerente; quella che lega con vincoli liberi e liberali, come nell'arte (Int. Xl) . Così non sanno fare i nu­ meri; i quasi numeri procedono più lenta­ mente con colori e forma, approfondiscono il sapere in immagini col processo lento in cui meditare l'accordo, ascoltare l'armonia. Anche il ritratto ha bisogno di numeri, tec­ nica e proporzioni, molte sono le prospettive che aiutano, insegnò Piero della Francesca (De Perspectiva Pingendt) ; ma senza il colore e la dolcezza il ritratto non parla. Non si avvia una bottega dell'arte che vende quadri ai mecenati solo coi numeri e le figure geo­ metriche; per far scivolare le musiche sulle 111

parallele, coordinando la proporzione aurea, occorrono Vita, Amore e Forma. Questo diventa evidente, dice Bruno, se si riflette sulla digestione che trasforma in vita animale l'erba "spogliata della forma di erba attraverso le forme intermedie del chilo, del sangue e del seme". Seguire le somiglianze senza allontanarsi dal concreto, porta alla sensazione che spiega il mistero, dal caos di Anassagora si giunge al mondo ordinato (Int. XII) ; siamo già quasi al trasformismo ani­ male di Diderot. La catena ordinata delle cose è la poesia del mondo (Int. XIII) , una ca­ tena d'intenzioni che superando il presente vanno all'oltre seguendo il Pifferaio Magico, la musica delle stelle. È evidente che ragionare d'ombre è par­ lare della luce (Int. XIV) : quando le Muse e la Memoria vanno nel firmamento, sta squil­ lando la riscossa delle arti . Sanno dare forma ai sentimenti e ai valori, la loro grandezza sta nel cogliere il tempo del ritmo vitale, la can­ zone della Vita, che per Lorenzo il Magnifico non è solo condanna a morte, si può anche cantare la gioia del presente. Nel '900 si ar­ riverà a dire musica anche al ritmo dei ru112

mori del quotidiano (Stomp) , la componente musicale dei cellulari, la ripetizione originale di motivi e format che da un lato chiarificano le categorie del sensibile, ma dall'altro ripor­ tano la vita al suo proprio tempo, il ritmo. Il tempo migliore di silenzio e parole è la crea­ zione continua, non l'esplosione; la cultura si forma nella risacca, dopo la rottura del pa­ radigma il mare crea la spiaggia. Il capire è il sapere che privilegia l'ascolto sulla sorpresa, che sa tradurre i concetti nella storia (Luigi Scaravelli) . Maritain, poeta filosofo, parlava di melodie che simboli e metafore diffondono intorno a sé, che sono già azione e guidano la lotta per­ ché bene esprimono la risonanza : l'integrale regolarità di una catena che ordina il caos e aspetta la traccia. Così Bruno vide l'armonia come la Bellezza del sublime che culmina nella poesia capace di farsi metafisica, come già diceva Boccaccio commentando la Divina Commedia. Andare dall'espressione dell'es­ sere al movimento della vita, è la canzone del silenzio che sta nell'animo della fanciulla che ascoltava con fiducia, nella prima immagine del De Umbris. 113

La Poesia-pittura metafisica è l'Idea sug­ gestiva che il pensiero del '900 sviluppa dalle sorprendenti conclusioni sulla leggerezza della materia; ma il sogno del giorno (Gaston Bachelard) , l'immaginazione ben costruita, ha le sue leggi architettoniche che destitui­ scono d'importanza il sofisticare sulle parole: Bruno prende subito la strada di costruire la conoscenza della nuova era, dopo aver criti­ cato le colonne del tempio di Aristotele nel teatro filosofico di Londra. Eccezionale genio? Certo, ma non solo: la cultura di Bruno sceglie di restare quadrata nell'aristo­ telismo qual tanto che occorre: si tolgono le colonne ma non i muri portanti, si verifica lo stato della costruzione. Gli ancoraggi sicuri del Rinascimento restano in piedi, mentre emerge la verità della certezza, l'estetica del­ l'effunero che è capolavoro 'eterno'. Le vie del mondo analogico sono qua­ drate, solide se il mondo del mito costruisce umanità, invece di annullare il mondo dei valori. La trasformazione della pittura con­ duce dal vetro quadrettato dei pittori di pro­ spettiva alla camera oscura di Durer, alla camera fotografica, ricordando le conquiste 114

dell'inquadratura. La topologia non è un dia­ granlma cartesiano, non vuole l'occhio mec­ canico o superare la velocità della luce, vive nel quotidiano e raggiunge il mondo del­ l'uomo, coniugando l'anatomia alla luce. L'occhio dell'uomo vuol veder bene e vuole immaginare il futuro. I poeti che hanno fede nel dire sanno poetare senza bizzarrie , come Omero, Dante e i costruttori di cattedrali . . . agiscono su problemi da tutti riconosciuti nella qualità delle culture. Pratica e teoria si completano nel seguire la ragione lineare delle cause, come nel ripetere circolare della memoria, trovando e maturando le corri­ spondenze che concludono e aprono: l'arte poetica è la pratica che, conquistando la forma, realizza la comunicazione. Ecco per­ ché i metodi si completano, nel pensare: le ruote della memoria con i loro accoppian1enti a caso decidono un aut-aut e sgombrano il can1po, ma le corrispondenze giuste poi si argomentano ragionando . Nessuno sceglie il Bene o il Male, le ombre calibrano la solu­ zione intermedia. Ecco perché non bisogna cancellare le ombre, solo alleggerirle, per misurare la qua115

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lità secondo il problema (Int. XVI) per agire sui contrasti elaborando ipotesi di media­ zione (Int. XVI) . Un suggerimento utile nelle relazioni sociali come nel dosaggio dei colori sulla tavolozza. Superare le difficoltà man mano emerse stempera le ombre e fa vedere meglio (Int. XVII-XX) . Come s'è visto, ci sono ombre da evitare con cura (l'ombra di morte (II) dello scetticismo e quella di luce (III) che nasconde i pericoli) ma per il resto ogni ombra ha applicazioni che variano nei casi, pur senza mai cadere nel relativismo: il me­ todo sincretico non mette un filosofo sugli al­ tari, ma modella diverse influenze in altro ordine, personale - come il pittore nella com­ posizione prende spunto dalla storia e da modelli, e crea un'Opera (Int. XX-XXII) . Nel divenire della vicissitudine c'è già il soffio della storia, che supera la cronaca proprio perché cerca elementi per interpretare il mondo dell'uomo, ormai, a rigor di termini, non più affidato alla profezia predestinata, da questi pensatori del futuro. È diventato uso descrivere il variare dei tempi anche nel ricercare abiti adatti a dire cose già nella loro scelta, come nella Ninfa che entra con abito 117

romano nella camera rinascimentale del parto di Anna, che impressionò Warburg nel teorizzare il Naclùeben, il fantasma del pas­ sato che col suo incedere cambia quel che si dice. Ciò supera la semplice distinzione in buoni e cattivi, fatti esemplari e desiderata, entra nella qualità dei giudizi e nella scrit­ tura di testi autonomi (Int. XXIII) da parte dell'artista, che spesso scrive poetiche ricche di competenze filosofiche; lo stesso Leo­ nardo, che si considerava ignorante, da Mi­ lano in poi portava con sé nelle sue peregrinazioni 200 libri a stampa, un patri­ monio non indifferente al tempo. È già il mondo di Giambattista Vico, professore di retorica, cioè anche di Storia, materia dell'In­ ventio (Int. XXIII) , altrimenti assente fino al 1 800 negli alti studi. Non solo il linguaggio consente sin dai tempi di Lorenzo Valla di lo­ calizzare con precisione determinati spazi­ tempo, così come farà anche Vico con Omero, ma individua i riferimenti, i tòpoi, nel loro giusto senso, non si rischia di usarli a sproposito nelle nuove orazioni. E così pro­ ponendo vecchie storie da utilizzare nei di­ scorsi, dà una risposta nuova al problema 118

dell'Historia magistra vitae, identifica la ripe­ tizione della storia non come una copia da tasforrnare in legge divina, ma piuttosto come Degnità, una sorta di costanza di rispo­ ste che avvisa dei rischi. Nel mondo del '500 l'uomo discute molto della libertà dell'uomo, Lutero e Calvino la escludono, pur pretendendo massima mora­ lità di costumi, in modo auto contraddittorio ma di grande successo. L'uomo è il reietto dell'Eden, Pico della Mirandola ne esalta la dignità, ma è predestinano ad una vita senza scelte radicali - e certo ancora non si imma­ gina superuomo - Bruno reputa gloria mas­ sima saper dissolvere le ombre, atto liberatorio che ha la bellezza come premio. Operazione meritoria ma che richiede mi­ sura, che si consegue nella ripetizione: nel­ l'ombra si rifugia Adamo peccatore come anche il Leviatano. Non si devono cancellare le ombre, se non si vuol perdere lo spessore delle cose; così si può e si deve continuare ad ascoltare la parola divina ascoltando i sensi che sono la traccia data dalla Natura. Ascoltare con attenzione perché confondere le ombre può portare la piccola Terra a co119

prire il Sole . . .l'eclisse gettava l'uomo nella disperazione finché non ne scoprì la causa. La via delle ombre risolve i problemi che si presentano, osservando il vicino per capire il lontano . Giano, l'antico Dio autoctono di Roma, che non ha modelli nei Greci, che ha il tem­ pio sul Gianicolo, aperto in tempo di guerra per aprire alle forze che salvarono sempre la città, il Dio che invitò Saturno a Roma dan­ dogli il tempio sul Campidoglio , esprime bene la tensione del conoscere e poi quella dell'agire, che configura nella sua erma a due facce con una stessa testa; bisogna tener d'occhio il passato, la memoria, e il futuro, l'eterno, per agire nella giusta tensione, sce­ gliendo tra le possibilità che si presentano. Interpreta bene lo spirito romano cui Bruno dà voce, il pensare costruttivo, che non cerca coerenze complete ma elabora il pensiero che arma l'uomo, l'animale meno dotato da Dio di armi proprie, fisiche. Giano è il medesimo, l Uno, la tensione del capire e del fare, il dio dell'azione e della co­ struzione, che rappresenta il presente con la grande parte tra le due facce, i due punti di 1 20

vista: è il presente che attua la magia del due (Int. XVII-XXVI) . Tenebre e luce sono gli estremi, notte e giomo, riflessione e azione: l'unica testa, tra il presente in cui deve giu­ dicare con certezza e responsabilità per rag­ giungere conclusioni nel futuro, ha una grande attività, come oggi sappiamo, elet­ trica, energetica - il cervello innova i singoli corpi ma si attiva con le sinapsi, collegando le parti con processi semplici a creare ma anche facili a deperire, quando non sono così frequenti: è il caso dei vuoti di memoria, dell'arruginirsi delle conoscenze linguistiche. Disegnare lo stesso panorama all'alba o al tramonto cambia tutti i colori, dosarli è co­ noscerli meglio ed esercitare l'occhio (Int. XXVII-XXIX) . Studiare stelle e ombre ideali, così, disegna insieme il rinforzo della perce­ zione e la teoria del processo in corso che cambia l'astronomia/ astrologia delle stelle del firmamento, viste nel mondo dell'uomo: tutto quel che siamo in grado di capire, per­ ché sappiamo ricostruirne la genesi (Giam­ battista Vico) . La Natura Madre provvede e dirime, anche quando il fulmine distrugge una vita. 121

Il mondo è il firmamento come lo vede l'uomo, ed è perciò che da esso, così fermo all'apparenza, sa trarre subito il senso co­ struttivo della cultura: saper individuare il futuro possibile dipende dal guardare bene le stelle, ruotare intomo a punti fermi finché non li si capisce (Int. XXX) . La magia natu­ rale sta tutta qua, nel saper vedere il cono­ scere umano e divino, finito e infmito, senza confondere. Il metodo si è chiarito nei suoi punti capitali, con affermazioni che valgono per la morale, per la conoscenza, per le arti; è tempo di passare ai Concetti/ Idee, an­ ch'essi 30, che stavolta non guidano l'agire ma mostrano conclusioni, punti fermi che li­ mitano il campo di ricerca ad alcune vie dis­ sodate da ragioni che non vanno dimenticate. Sono opera del lavoro umano, del capire, dell'immaginario che ha disegnato la Bellezza di un mito, la Candida Rosa del Paradiso dantesco : il mondo degli uomini non toma alle origini, ma all'originario.

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Trenta concetti di Idee

La verità è una conquista graduale perché al bene si accompagna sempre il male, e così sarà in futuro. Bella l'Utopia dell'Eden fu­ turo, ma il concetto limite non aiuta a mi­ gliorare la storia se non lo si lascia a fare da stella. La storia dell'Illuminismo e della sua brutta fme ha confermato che la via di Bruno era la migliore; il capovolgimento integrale, o meglio il suo tentativo, dopo due secoli an­ cora stenta a ritrovare la via di un progresso rivoluzionario in senso astronomico, non guerresco, troppo veloce nell'innescare no­ stalgia e ritorni. Nel mondo dialettico restaurato da Bruno in opposizione ad Aristotele, si può scorgere il disegno politico di pace e civile conversa­ zione, descritto da Jeremy Rifkin ne n sogno europeo. Questo è il progetto che il nostro eroe portò nelle Università e nelle Corti, i luo­ ghi del potere; ma i realizzatori furono i giu­ risti del diritto naturale e le sètte pacifiste il cui innesco fu forse proprio la filosofia di Giordano Bruno, di Amos Comenio, di Cam­ panella. La sola arma di un pensiero robusto 1 23

riuscì ad incantare i potenti, ma certo di qui a cedere nel far guerra, cosa necessaria a tutti i sovrani per ottenere il dominio all'in­ terno, ci voleva molto di più. Ma l'idea del deismo e della pace iniziarono a circolare grazie ai lettori ed allievi di Bruno, che non si lasciarono sgomentare dal Papa: le impal­ cature erano convincenti e resisteranno anche quando a diffonderle saranno allievi e amici. La revisione innesta le novità del tempo su convinzioni antiche e saperi mille­ nari posseduti con scioltezza, i nuovi templi non crolleranno come quelli fatui della rivo­ luzione del 700: sono istituzioni di scienza capaci di nuovi linguaggi scientifici, che se­ guono il respiro di Dio nel pregio della sensi­ bilità. Così l'Anima Mundi sostiene il mondo dimostrando coerenza; l'esempio era Coper­ nico, il divenire non dissolve le conquiste ma gli errori passati. La logica-ottica-psicologia del De Umbris Idearum rifonda, nell'infmito della logica me­ tafisica, il mondo, facendo spazio alle imma­ gini; la nova era del sapere. La filosofia deve camminare in un campo magico, dove le arti e le scoperte delle scienze si legano alle opere 1 24

e alla politica: la magia naturale non richie­ deva rifondazione ma solo correzioni per evi­ tare percorsi occulti e dedicarsi ad unire i filamenti di verità riconoscibili in intrecci me­ todicamente affrontati dalla magia del due, a volte l'aut-aut, a volte il dialogo argomen­ tato e volto a conclusione. L'immaginazione non è il mondo reale ma lo ipotizza, perché il futuro non può essere abolito, come la me­ moria: sarebbe la catastrofe. Perché allonta­ nate le ombre non si può dubitare che le idee non sono copie da ideali astratti iperurani, sono le emergenze nella storia che l'uomo elabora con le contrazioni del labirinto sen­ sibile, inerpicandosi nelle immagini dei lin­ guaggi, sapienti, popolari. Prosegue qui perciò la chiarificazione con la chiave este­ tica, andando verso la nuova era, eliminando gli Idoli sclerotizzati, le convinzioni invec­ chiate (Francis Bacon, uno dei quattro auttori di Vico) e trovando i nuovi simboli della nuova maieutica generativa, che superi la confusione del linguaggio verso la retorica dell'essenziale .

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Gli occhi Luciferi

Si parte subito con l'azzardo dell'imma­ gine di Dio che dà agli uomini occhi luciferi, non solo sensibili alla luce, cioè, ma attivi nel cogliere somiglianze, tracce, che ognuno vede a suo modo (Idee 1-V) . Le discute sia all'esterno che all'interno del sé, alternando ricezione e chiarimento nel conoscere . Ognuno si vede come Unità di esistenza fi­ sica, identità permanente di valore primario inconfondibile . Perciò cerca altri per condi­ videre la Luce e p�ogredire insieme, com­ piendo l'opera al nero della critica per far emergere nuovi chiaroscuri nel linguaggio, valutandone l'essenzialità. Chi guarda le stelle in cielo impara così a dire 'firma­ mento ', concetto che comprende molte cose - ma non le abbandona; dallo sguardo al­ l'infinito nasce il termine universale, con gradazioni (Idee VI-X) , i concetti come con­ trazioni che riducono al semplice, all'essen­ ziale , la ripetizione mostra il superfluo. La natura moltiplica tanti cani, tanti gatti, tante cose . . . la mente li assomiglia in un concetto che non li eguaglia come i bic1 26

chieri stampati dal vasaio , non li cancella ma li contiene. Simili concetti analogici por­ tano ordine nella moltitudine, è la capacità conoscitiva del linguaggio, realizzare la con­ trazione base dei tanti 'cani' in una sola pa­ rola che vale per tutti e semplifica l'infinito attraverso azioni: componendo, dividendo, astraendo, contraendo, aggiungendo, sottra­ endo (Idea XI) . Operazioni che insieme mo­ strano la varietà delle possibilità di allineamento - toma qui l'aiuto dell'imma­ gine corpuscolare e alfabetica: tutto s'in­ tende spostando punti. Il termine contrazione dice bene la crea­ zione, l'accompagnamento e la lacerazione del nascere di una nuova vita; attraverso le operazioni delle intenzioni questi simboli­ parole-immagini possono guidare il giudizio e assegnare positività e negatività, meditare conoscenze ed azioni progressive e rifles­ sive . Insegnano anche a tenersi lontani dall'esempio di Fetonte nel cielo, la cui gio­ ventù non seppe la saggezza di Apollo nel dominare il cocchio del Sole, anch'esso affi­ dato alle forze bizzarre come l'anima di Pla­ tone coi suoi due cavalli uno bianco , uno 1 27

nero . Il giudizio deve restare composto e giudicare con larghezza e ambizione per rin­ forzare l'unità forte che si trasmette al vi­ cino ordinandolo (Idee XI-XV) . Saper restare nell'umano comporta di go­ vernare bene il due, i filamenti intrecciati: capire il mondo e controllare i sentimenti ha per risultato il lavoro ben fatto, che accetta i suggerimenti delle prospettive casuali dei colori e del futuro possibile. Le ruote della memoria mostrano risultati da valutare nella soluzione dei problemi, nuove media­ zioni gestiscono la chiave dei rapporti umani, da maturare nella civile conversa­ zione delle Corti e dei Parlamenti, l'opera di maghi sapienti e capaci di affascinare in­ fluirà su discorsi e leggi inclinando alle ra­ gioni seminali. L'ottica giusta, raccomanda la favola dei ciechi, posiziona l'uomo savio tra il temerario e il vile, chi sa sceglie la via della virtù. La pittura allora era tutta presa dalla prospettiva (Bruno scrive il Cartiglio " Tapes e la prospettiva j ed è la suggestione che Bruno apprezza più della causa, che ha già dato molto delle sue possibilità: essa inse1 28

gna gli spazi di movimento , perché anche conoscere è un'azione e il mago oltre che pensare ama agire . Come la medietà della virtù nell'etica, la magia dell'azione unisce cose e persone con procedure migliori del sillogismo, perché la vita si confronta col fare più spesso che con casi astratti - este­ tica e logica devono concludere . La Luce nelle Ombre insegna a consta­ tare il ripetersi di evidenze che dimostrano che "una sola cosa è quella che definisce tutte le cose, uno solo è lo splendore della bellezza in tutto, un solo fulgore luccica dalla moltitudine delle specie . Se tu conget­ turi ciò, tra i tuoi occhi e le cose visibili in modo universale interporrai un tale oculare che non c'è niente che possa assolutamente sfuggirti". (Idea XVI) . L'immagine dà la sua verità in forma di certezza, non di causa; la coerenza cosmica spinge l'ateo scienziato a cercare la causa nel ripetersi di eventi di cui cerca la regola perché crede nella coerenza, che alcuni dicono divina, ma che comunque fonda le leggi di natura. Equilibrio e misura pretendono che non si esageri col negativo , che non si pensi deforme l'informe per non 1 29

perdere il meglio. L'amore salva la deformità dall'essere un male, svela l'amore come con­ divisione e non come possesso: riconosce sé nell'Altro grazie all'empatia e la presenza ricordate la favola di Laodomia e Giulia? Non consolare con doni di riparazione è amore ; lo è aiutare a vedere il colore del mondo, condividerne la gioia. Il colore del­ l'amore partecipa del mondo multicolore . Cambiando, allontanando , avvicinando tutto mostra sfumature che è difficile ca­ pire, ma la gradualità neoplatonica facilita l'erto percorso sino a consentire di salire alle vette, con metodo; facendo leva sulla soddi­ sfazione di capire si realizza il miracolo dell'ascesi, specie sfruttando le confortevoli ombre per completare il cammino. Aiutare è dissipare le ombre cambiando prospettiva: con opere di purificazione, attenzione, inten­ zione, contemplazione, confronto, negazione, desiderio, trasformazione di sé, trasforma­ zione della cosa.

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Annonia della Qualità

La serie di azioni consigliate è graduale, un processo in evoluzione, l'ascesi da com­ piere con azioni nella logica che ne fanno una mathesis attenta alla sensibilità ma aspirante a certezza, a una mathesis singu­ laris che segue la traccia della voce divina senza confondere panenteismo e panteismo, non venera l'albero del bosco ma l'armonia. Quasi numeri e semi matematica conser­ vano nome ossimorico perché identificano il discorso di qualità come l'intima tensione in­ terna al sensibile, tra contrari e contraddit­ tori, come diceva Aristotele. La melodia dei numeri ordinali della semi­ matematica introduce un processo che già considera la qualità degli eventi puntati, l'identità del problema. Si istituisce una ge­ rarchia di merito, che può anche essere con­ trollata in corso d'opera per riportarla se occorre ai principi di valutazione dando tra­ sparenza ed autonomia ad un'operazione che non si affida a codici segreti o ad algo­ ritmi di sviluppo meccanico. Se il labirinto manifesta il rischio, occorre la possibilità di 131

controllo. Non si esclude in linea di principio chiunque abbia buona volontà, non conta l'appartenenza alle caste privilegiate in pos­ sesso di codici, non si escludono gli originali: si può parlare in parabole, come Cristo, in linguaggio teologico, mitico, filosofico, esote­ rico, ermetico . . . Chi vuole intendere, può ca­ pire: basta lo studio della parabola per intenderne il senso a modo proprio (Walter Benjamin) e agire con merito in una società che promuove il futuro e apprezza la libertà di pensiero. Bisogna che la mente si attivi: questo dice ogni Vessillo, ogni Simbolo sulla ruota con il suo enigma di un nome, eroe, azione, og­ getto. L'unico modo per imparare è avere in­ teresse, voler capire e giudicare; non lo ispira il codice numerico, ma il ragionare di qualità, il risolvere l'enigma con la gioia vincente fis­ sata in una nuova o rinnovata idea. Ecco l'identità e la differenza del parlare che arric chisce il progetto del mondo del­ l'uomo, tesi condivise da diverse prospettive uniscono i molti in Uno (Idee XVII-XVIII) . La contrazione costruisce, semplificando, nar­ razioni, immagini, simboli, lettere, modelli, 1 32

esempi: miniaturizzati in punti essenziali . . . Giordano con la chiave e con le ombre, ora ri­ sulta chiaro, ma la scrittura è enigmatica. È una questione di forma, saper corrispondere l'eleganza del dire al pensare. La Forma è la luce che illumina dall'in­ terno la semplificazione e l'argomentazione: Aristotele la poneva forma e materia unite nel sinolo, ma la scuola accentò sempre più la distanza forma materia. L'unità non esclude la contrarietà per Ipse, c'è identità dei contrari reali, si oppone bianco-nero ma non bianco-freddo, la contrarietà indica negli estremi una profonda identità. Aristotele col principio di non contraddizione nega la con­ traddittorietà, nella stessa frase o argo­ mento, non la contrarietà, che nella vita ovviamente è evidente, vita e morte, notte e giorno , non si escludono nel tempo. Prendendo a base i corpuscoli invece delle idee, la questione non si pone nemmeno; mentre la questione della forma è impor­ tante, in quanto riguarda la qualificazione. Nelle Idee XX e XXI c'è la più grande vici­ nanza della filosofia di Bruno alla fonte epi­ curea: vi si discute appunto il concetto di 1 33

forma, concetto pnnc1pe dell'estetica. La forma, diceva Lomazzo "l 'Idea", trasforma l'abbozzo in immagine, porta in essere, isti­ tuisce l'opera (Erwin Panofsky) . È strano notare come Bruno, che criti­ cherà nel De la causa principio et uno la qua­ druplice causa aristotelica, e ridurrà le 4 cause, formale e materiale, efficiente e fmale, ad una sola, Principio e Causa attiva, anima della materia, Dio è timoniere del Mondo: a proposito della forma invece sceglie l'opzione contraria e parla di quadruplice forma. La tetrade che ricompare, il 4 , è la forma della stabilità, il numero magico che regala al­ l'evanescenza eterea, che cambia di conti­ nuo, l'ambizione a sostare . Bruno agisce nel senso detto di consolidare l'ancoraggio, una volta rotto lo specchio aristotelico del­ l'eterno. Il divenire nel mondo in realtà scorre, ma la forma ha durata e assicura continuità al ragionare. Assume continua­ mente forme stabili, anche se cambiano, non gli atomi, eterni, ma le combinazioni. Bruno non parla di atomi ma di monadi, ma l'unità è puntiforme, non aerea; risente anche di un 'altra tesi epicurea, collimante 134

con la platonica, di vedere l'etereo nell'uomo in due forme graduali, animus ed anima, quest'ultima in Epicuro contraddistinta da atomi di quarta natura. Ed ecco le quadru­ plici radici della forma: a. ogni cosa è prodotta in una forma; b. la sua identità non si confonde con altre; c. le qualità pertengono all'idea di cui è forma; d. essa si forma derivando da altro. Gli elenchi di cui abbondano le opere sulla magia, abbiamo visto, affidano alla me­ moria dati che questi asserti ordinano se­ condo criteri di creazione che riassestano il tutto anche in assenza di cause eteme. So­ vrabbondando gli elenchi, si ergono labirinti senza metodi di costruzione: la forma, neces­ saria e inconfondibile, non è quindi a caso. La si intende ragionando sui particolari, come fa l'arte. L'immagine può essere una 'icona', una musica, un'impressione, un marchio: è co­ munque una forma materiale che perde l'evanescenza nominandola, e s'incarna con la sua propria tecnica nel suo senso mon­ dano. Perciò occorre tomare per ogni cosa al1 35

l'artefatto (parola di Bruno) che bene dice l'esteticità creativa che lo produce come ma­ teria formata. L'artefatto è l'idea, l'abbozzo, il cartone del pittore per il mecenate e infine l'Opera, che è comunque forma, ed è: a. prima che nelle cose nell'artefatto (tec­ nica) ; b. poi nelle intenzioni (logica) ; c. quindi nella natura su cui opera l'inten­ zione guardando (fisica) , e infine d. in Dio prima che della natura (metafi­ sica) . La conquista della forma compiuta quindi non è una progressione causale, ma il supe­ ramento di gradini, faticoso, spirituale e ma­ teriale; si inserisce nel circolo magico della ripetizione, dove i cerchi nell'acqua collegano la voce di Dio all'uomo. Se il processo è cor­ retto, l'iter si conclude con la modifica del­ l'idea eterna: quindi, se è valida la ragion d'essere, il senso delle cose trapassa a mi­ glioramento della Natura, cresce con l'uomo la Ragione Universale. Una rivoluzione tran­ quilla ma totale. La grande differenza da Epi­ curo sta nel fatto centrale della fede, ancora stabile nella Monade uomo, dell'Anima: Epi136

curo parlava degli Dei degli iperspazi solo perché ne parlano tutti, quindi dev'esserci qualcosa di vero; qui invece la ragione umana indaga in Dio le ragioni seminali e consegue il miracolo di incrementarle! Incredibile ma vero: l'armonia del mondo, elementare evidenza di ogni realtà umana e naturale, sfugge a molti. Bruno, come Pico e Ficino, sa che la filosofia svela il divino nelle cose, e ciò riempie di gioia - ma i più imitano il lamento di Giobbe. Compare nel mondo umano il meraviglioso mondo della natura, quello che Leibniz chiamerà principio di ra­ gion sufficiente, che è l'inizio della ragione storica: ben più comprensibile ovviamente nella vicissitudine di Bruno e nella certezza di Vico che nel cartesiano Leibniz, che infatti fece sorridere Voltaire. La storia non rientra nella logica lineare, l'apertura alla storia è senza coerenza. Bruno invece la inserisce a meraviglia nella sua monade (Idea XXVI) , mentre quella di Leibniz, che non ha porte né finestre, è un mistero che si risolve solo con una predestinazione. Non può vivere la gioia del mondo sensibile, deve ammettere l'armonia prestabilita in eterno: l'ironia di 1 37

Voltaire nel Candide attacca il ridicolo di chi vuol sostenere che il mondo non abbia difetti per l'uomo . La solita esagerazione di chi devia i concetti verso l'assurdo. L'immagine d'arte sa trasmettere la bel­ lezza di un panorama con la giusta enfasi: "Attraverso l'immagine, che è nell'intelletto, si apprende qualcosa meglio che non attra­ verso l'immagine che è nel soggetto fisico, poiché essa è più immateriale. Similmente si conosce qualcosa attraverso l'immagine della cosa, che è nella mente divina". Ecco il necessario raffronto tra esistenza e coerenza, corpo e anima - nell'uomo come nel dipinto (Idea XXVI) . L'immagine che l'artista rende col suo artefatto, svela quel che nel pa­ norama non c'è: l'unità ideale sufficiente. L'im­ magine è il quanto basta dell'unità complessa divina, intera. Si andrà di qui a ricostruire, nella rivoluzione delle ruote, l'Arte della Me­ moria che si arrampica tra somiglianze mo­ strate dal caso e la relazione giusta, la forma che apre la coerenza. È una via di sicuro suc­ cesso, tante scoperte scientifiche nascono a caso nella carica meravigliosa dell'arte rinasci­ mentale, ma non è questa la regola. 1 38

E inoltre, soggiunge Bruno: "Se puoi ten­ tare un'altra via, tentala" (/dea .XXVI I) . Que­ sto passo esplicita il costruttivismo, parola del '900 ma caratteristica antica del pen­ sare, che trova già in Bruno il frutto maturo dell'abbandono della metafisica dell'eterno per la metafisica della storia. Con la durata, rinsalda il cosmo dell'uomo, costruisce con i mattoni disponibili al pensare profetico, ma sa che la chiave in questo manuale di logica può essere utile nella pittura, perché è lo stesso il mondo degli ideali e dei sensibili. La prospettiva di Bruno risulta quindi tutta chiara sin dal primo libro, il grandioso disegno della coerenza dell'insieme non è un ritorno all'origine ma l'attivazione circolare del gioco delle corrispondenze, delle leggi del cosmo, che parte dalle immagini. Le idee mo­ strano il rilievo delle cose, l'identità e la dif­ ferenza essenziale per la chiarezza del simbolo (Idea XXVIII) . Moltiplicare gli univer­ sali ante, in e post rem, nella mente divina, nelle cose, nell'uomo: è solo un fattore di di­ sturbo che impedisce alla logica la cono­ scenza vera (Idea XXIX) . È meglio concludere che tutte fanno parte del sommo intelligibile 1 39

e che quindi tutte vanno considerate insieme e ordinate gerarchicamente (Idea .XXX) . Ecco come la potenza del pensiero sorride al cosmo divino e sa ricreare in sé l'ordine nel cosmo della Bellezza e dell'Eleganza, il de­ scensus ed ascensus dell'estetica, scienza della sensazione.

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CONCLUSIONE Ombre e Luci: tutta una questione di prospettiva

Le parole di Hermes nel dialogo introdut­ tivo, il Cartiglio " Tapes e la prospettiva", in­ troducono alle conclusioni del discorso rimandando alle parole di Bruno, che chia­ ramente rimandano alla metafisica della luce di Witelo, studioso di ottica e autore della Perspectiva: la luce d'attorno alimenta la fi­ ducia della fanciulla assisa all'ombra del Si­ gnore, la prima immagine del De Umbris Idearum, la fanciulla che ha scelto con deci­ sione la propria prospettiva. La disillusione induce paura, è sempre difficile credere negli uomini: ma pure si deve; nel mondo sentimentale la fede aiuta a trovare l'ottica che mostra l'Altro e l'azione più opportuna. Si può vedere il mondo nero o bianco: agire con ottimismo è la via neces­ saria per il successo. L'arte dimostra come lo stesso quadro può assumere significati di­ versi, basta ci sia, o non ci sia, il dito dell'an­ gelo che indica, per generare l'accettazione o 141

il rifiuto di un quadro: è il celebre caso della Vergine delle Rocce di Leonardo, che nell'edi­ zione al Louvre non ha quell'indice puntato sul San Giovannino - che invita a vedere nel battezzatore la prima fonte del sapere cri­ stiano . Come gli egizi, come gli arabi com­ mentatori di Aristotele che Bruno cita: basta

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avere fiducia nell' "unico il sole, ed unica l'arte. Il medesimo sole innalza all'onore le gesta dell'uno e sottopone al biasimo le azioni dell'altro". Le immagini del mondo ispirano la Ra­ gione Visuale nel conoscere per analogie , evitando la perenne presenza del memento mori, il confronto col necessario scacco del futuro per il singolo, la morte; invita a guar­ dare meglio nel presente. Il chiaroscuro il­ lumina il sapere e mostra come l'infinito del giudizio si applica al finito e permane: la Bellezza dell'Immagine - il dipinto o il Timeo di Platone - svelano l'ignoto a chi non sa guardare da sé, e questo anche dopo secoli. La mathesis singularis invece di far sognare l'universalis può affermare questa bellezza presente : Non cangiare il presente col fu­ turo/ Godo il presente e nel futuro spero, aveva detto Tansillo . Ciò non tradisce il sogno di una scienza ri­ gorosa della mente nel mondo dell'uomo: l'arte ha la sua tecnica, diversa dall'aritmetica dell'esattezza, non ha numeri ma qualità. Su di esse si discute e si migliora, la confluenza dei saperi nella civile conversazione porta a 143

tutti la scoperta di Uno. Come nell'immagine, autentica di Bruno, del veliero che galleggia nel mare in tempesta, costruita da Bruno come l'ultima così commovente nella sua evi­ dente disperazione speranzo sa: la forza nasce dagli sforzi congiunti del marinaio alle vele, e del timoniere che, anche se non si vede, di­ rige la nave del Mondo. Ma ognuno dispera della sua propria forza.

Tanto varie sono le forze che confon­ dono , che il sapiente limita all'essenziale la 144

rivelazione dell'armonia di cui ovunque sono le tracce , ognuno può confermarle . Ecco la prospettiva che pone l'uomo nella storia; essa non è più il fiume che va dal­ l'Eden alla Valle di lacrime , sommergendo il vario brulicare nella vicissitudine co­ smica. Le gradazioni dell'ombra, in specie I-XV e XXIII-XXX, fanno muovere tra gli scalini e l'ombra. Di sei tipi d 'ombra tien conto il pittore (propria del corpo, riflessa, all'alba, al tramonto , a mezzogiorno, nel­ l'emisfero australe/ boreale) : approfondire è dosare i colori, disegnare il paesaggio della metafisica, fisica e logica: il pittore insegna all'uomo a guardare il suo mondo , per avere idee chiare e non perder tempo coi Pedanti. Disegnare quadri che durano quel tanto che basta a configurare un nuovo problema. Ma quando ci sono, orientano come fossero stelle. La metafisica estetica con la scienza dei principi insegna all'uomo saggio a muoversi nella nuova era: la chiave quotidiana sta nel muoversi secondo il chiaroscuro, nel rap­ porto finito infinito e nel confronto delle qualità dei quasi numeri, i criteri di com145

prensione del mondo che già Lullo ordinava in categorie più simili alle kantiane che alle aristoteliche. Già Leon Battista Alberti aveva detto che il pittore è il sapiente che sa vedere il mondo in prospettiva, che ha idee chiare sull'ottica e su come il giudizio possa migliorare il co­ strutto. L'occhio è un complesso insieme di misure materiali che consentono di vedere di­ stanza e affinità di costruzione - guidano il pittore nella ri-costruzione - fanno la diversità dell'occhio umano dal camaleonte e dal cane. Quando la verità non è condivisa, basta guardare da un'altra ottica per capire la dif­ ferenza, meglio attendere che rifiutare la sen­ sazione. Imparare a semplificare significa approfondire e moltiplicare i controlli nella ripetizione, riconoscendo il valore della sen­ sibilità nella scienza; ma è anche il saper ve­ dere dell'architettura (Bruno Zevi} , che intende spostandosi dall'alto al basso, su su fmo al capitello e giù giù fmo al pavimento. Le vedute, frammento per frammento, atomo per atomo, costruiscono i corpi. Così si co­ struiscono le teorie generali, come nel caso di Copemico e della nova filosofia: il segreto 1 46

sta nel fare domande che si sa rivolte alla po­ vera mente dell'uomo: Dio solo sa la combi­ nazione del complesso e dell'eterno. Lo spazio dell'uomo è uno spazio di ascolto, coi sensi vigili a cogliere le sfuma­ ture, perché Dio parla con voci incredibili, tanto che i miracoli di ogni giorno sono i meno visibili. Quando il mago con un po' di fumigazioni li rende avvertiti, tutti si stupi­ scono: ma non è un miracolo se un medico guarisce un malato , la magia vuole dimo­ strare agli altri col prodigio le giuste direttive, stupendo gli astanti. La vicissitudine universale - un altro nome, chiaramente, della complessità - è una parola problema, se si potesse defmire: scompari­ rebbe (Edgard Morin) . Sulle tracce della forma, della sensazione impressa nella memoria su cui l'arte lavora imitandola in vari gradi: A. imitare l'immagine come riflessa allo specchio; B. imitare un 'istituzione di significato, come il sigillo; C. imitare nella pittura; D . imitare per accidente in pittura, cioè in ogni arte; 147

E. imitare a caso; F. Non imitare affatto, cioè allontanarsi dalla forma. Se era rimasto qualche dubbio sulla forma, che in latino indica la Bellezza, è facile vedere come in queste forme della mimesi sia compreso l'intero arco del possibile, anche quel che nessuno definirebbe mimetico - cioè il non imitare affatto. Perché anche l'astratto è una espressione che sceglie colori . . . c'è sempre una proprietà ideale cui dare figura. La magia meglio consolida la certezza - che non è mistero - dell'importanza del mistero; esso si svela lentamente nel lavoro dell'erme­ neutica. Già Vico ragionerà su questa ragione che produce quadri validi fin che lo sono, la certezza della storia è più affme alla bellezza armonica che all'astrattezza cuspidale. È l'armonia dell'Ecclesiaste, il meravi­ glioso dell'amicizia-contesa di Empedocle (che non è certo l'amico nemico della politica attuale) . Gli individui-monade non sono nemmeno gli enti spirituali di Asclepio : hanno vita materiale, frequentano Circe e le delusioni del mondo - ma sanno riconoscere 1 48

ciò che c'è di sincero, non perdono senza combattere. A questo serve l'astrologia, che porta l'astronomia di Copernico a insegnare il le­ game delle stelle, per non perdere la rotta, o la speranza: l'uomo vive la perenne contrad­ dizione; leggere l'alfabeto celeste lo aiuta a tessere miti che legano saperi frazionati, a dare risposte alle domande dell'uomo: i Sim­ boli cambiano, gli Idoli sanciscono patti . . . e l'uomo non si sente più solo nel cosmo. "Il principio di ogni mago (è) conoscere il principio ideale da cui dipendono le imma­ gini fabbricate ad arte." La forma è varia e sa dar voce al mondo in una lettura estetica della conoscenza, perso­ nale, ma anche totale - lo spirito del Rinasci­ mento sa vedere nella chiave e nelle ombre il segreto del pensare profetico, che può sor­ prendere oggi per la sua attualità, dovuta al graduale affermarsi di alcune direttive co­ stanti, di cui abbiamo parlato, allora per nulla attuali. Quattro secoli di distanza hanno consen­ tito a tanti di sviluppare suoi spunti in teoria, per lo più sotto mentite spoglie - aveva ragione 149

Spaventa: ma non è solo passata questa sua grandezza, condivisa con chi ha avuto più for­ tuna nella cultura. Sono ancora capaci di suggerire elementi utili nel campo della cono­ scenza per immagini, ed è questo il vero inte­ resse teorico, più importante di quello storico di precisare il rapporto con chi non riconobbe la sua grandezza pur mutuando le sue idee. S'è fatta eccezione qui nel caso di Leibniz, per sottolineare che il cartesianesimo abbia de­ viato le idee di Bruno peggiorandole, ren­ dendo opportuno il ripristino. Schelling non ebbe il difetto di ignorare Bruno; anzi, s'è detto che lui, sottolineando la ripresa fatta da Jacobi, riportò a galla la sua fama; come s'è detto anche lui però peggiorò la tesi, perdendo la capacità del fmito nel ri­ trarre l'infinito, rendendo l'Assoluto, la Bel­ lezza, un appello mistico che Bruno avrebbe tacciato di cecità al mondo, alle sue asprezze e ingiustizie. Bruno riprese l'immagine dello specchio che anche qui s'è più volte ripresa, è certo al più frequente nel mondo dell'arte, da Narciso alla fanciulla di Corinto, sottolineando come essa sia l'immagine più identica e più oppo150

sta all'uomo, tanto simile e tanto impossibile da avvicinare. È l'idea base dell'immagine di Mercurio richiamata prima, del minerale mercurio che si riproduce solo in un sistema di palline d'argento vivo, piccole o più gradi, sinché non si lega in un composto, dove con­ tinua a brillare. Del pari lo specchio è la ti­ pica immagine dell'arte perché mostra l'imitazione perfetta che non imita affatto l'originale. Schelling trova qui la potenza di Bruno : lo specchio che dà l'immagine più identica e più diametralmente opposta a noi stessi, è il quadro dell'identità dialettica. Non un possesso, un ritratto, un nuovo me stesso, ma una tensione; insegna a creare la migliore immagine di sé , a perfezionare la superficie: che mai potrà rispondere, che non si potrà abbracciare mai. Lo specchio rotto di Aristotele, che ritrae sempre il tutto anche se scomposto in mille pezzi, non com­ pone più nelle sue parti l'intero, rimanda al suo essere virtuale, inconfondibile col reale. Come al di là dello specchio di Alice, si trova un mondo in negativo in cui imparare l'umo­ rismo; ed è così che nell'eterno si trova lo sti­ molo a capire la realtà come miracolo di cui 151

godere, sia nelle azioni che nella conoscenza. Che diventa, fuori dell'eterno, una conquista di incredibile potenza: se si sanno rispettare le ragioni seminali. una conquista che pro­ segue per il concorso dell'uomo, anch'egli fi­ glio della Natura Madre. Ed è sicuramente questa la via che il De Umbris Idearum suggerisce di perseguire con le vie dell'infinito nel finito. Se si vuol procedere nella visione prospettica del reale, nella meta­ fisica estetica, occorre far coesistere le visioni complementari nel modo migliore. Gli artefatti geometrici e linguistici creano arte, artigianato e artefatti basati sulla ripetizione originale, se­ guendo certezze, rivoluzionando tutto ma senza turbare l'ordine delle cose. La visione scientifica e la metafisica estetica, complemen­ tari, sono la lezione del Rinascimento su come può darsi il passaggio di un'era, trovando la fi­ ducia necessaria. Il nuovo millennio può ri­ prendere quella forza, evitando gli opposti difetti dell'astratto illuminismo e del concreto storicismo, in una nuova idea dell'individuo che si riconosca nel suo stile, invece che nella logica dei privilegi, legando al merito e all 'ele­ ganza i valori del mondo. 152

APPENDICE Schema breve dei Dialoghi Ita liani

Bruno a Londra scrive per il teatro , per sintetizzare ai Cortigiani Poeti, come Lord Brooke (Fulke Greville) e il Conte di Leice­ ster (Philip Sidney) , il suo sistema. I Dialo­ ghi si rivolgono a tutti, li scrive con ironia, intrighi, personaggi comici, sul modello della commedia italiana. Il suo teatro , che con un buon adattamento è ancora godi­ bile , conta allievi , se c 'è un personaggio "Bruno" in Marlowe come in Shakespeare . Infatti questo fu l'argomento del primo libretto di questa serie dedicata a Bruno : la sua capacità comunicativa va ricordata quando la filosofia deve trovare un nuovo linguaggio (fl Rinascimento di Giordano Bruno; n miele e le aragoste) . Il secondo ( Giordano Bruno: Per Ercole.0 riflette sul Bruno personaggio politico moderno, come Machiavelli ma di buoni principi. Ercole conosce come usare la forza necessaria, senza violenza: come nello sport, la lotta si regge su un sistema di regole . Questo terzo 153

centra la convinzione fondamentale di Giordano Bruno, l'unità delle scienze nel mondo dell'uomo. I Dialoghi Italiani sono tre di metafisica e tre di morale : TEORETICA SCIENZA La Cena delle Ceneri: Il dialogo è combinato per parlare di astro­ nomia e rivoluzione eliocentrica, troppo rivo­ luzionaria per non essere ben approfondita nel suo fondo filosofico. Avanza nella nova .fi­ losofia la critica della visione aristotelico to­ mista. -

LoGICA De la Causa Principio et Uno: Critica alla radice il sistema di Aristotele : la ricerca delle cause in un percorso lineare ha portato a interminabili discussioni per discriminare le 4 cause formali o materiali, efficienti e finali: parlando del Principio come fonte interna di azioni (funzioni men­ tali) si può andare oltre e rendersi conto che la materia animata è la vera risposta, che era già nel sinolo di Aristotele ma non nei Peripatetici Pedanti del suo tempo. La Causa presente nella materia non disegna -

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un panteismo , che consacra ogni albero : Dio è il timoniere del mondo . METAFISICA L'Infinito Universo e Mondi: Dio collabora con l'uomo e diviene con lui, nel cosmo infinito animato da monadi in­ dividue che compongono in sé il problema di fondo di finito-infinito . -

MORALI RELIGIONE Lo spaccio della be­ stia trionfante: gli dei esprimono il loro tempo e invecchiano , Giove l'intende a con­ voca l'assemblea celeste in cui ognuno pre­ senti le proprie credenziali. Dai Signori Padroni del Mondo nascono gli Dei del­ l 'Amore e dei Valori umani, esaltati dalle Arti: le Muse salgono al cielo con la Madre memoria, Mnemosyne; Ercole , modello della politica in terra, viene inviato a Napoli da Giove , per portare vittorie alle continue sommosse contro gli stranieri . -

AziONE MENTALE La cabala del Cavallo Pegaseo e dell 'Asino cillenico: il sapere deve avere capacità di giudicare, non basta ruminare tutto in un unico contesto , oc-

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corre scegliere andando verso il nuovo e scartare l'inutile garantisce il senso della storia verso l'alto . AziONE MORALE Eroici Furori : L'amore vince tutto . Lavorare e sacrificarsi nel nome di Dio mostra la capacità di miglio­ rare sempre, in tutti i campi, ma ciò se si mantiene anche la capacità di credere di un bambino , aprirsi alla fiducia e alla bel­ lezza anche quando l'esperienza rende dif­ ficile credere . -

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Finito di stampare nel mese di giugno 202 1 presso la Creative 3. 0 S. r. l. via Antonio Scopelliti snc Località Arghillà 89 1 3 5 - Reggio Calabria