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Italian Pages 304 Year 2011
BREVE STORIA DEL MONDO OCCIDENTALE
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A mio padre
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MASSIMO GENUA
BREVE STORIA DEL
MONDO OCCIDENTALE (Dalla preistoria all’età contemporanea)
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Proprietà letteraria riservata © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy Stampato in Italia nel mese di settembre 2011 per conto di Pellegrini Editore Via Camposano, 41 (ex Via De Rada) - 87100 Cosenza Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672 Sito internet: www.pellegrinieditore.it - www.pellegrinilibri.it E-mail: [email protected]
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All’inizio, nell’immensità
dei pensieri di Dio. Poi, per disegno imperscrutabile, l’ammanto di fragile materia e la vita! Un istante di libertà assoluta. Un flash di emozioni e passioni, di felicità e sofferenza. In un batter d’ali corruzione, odio, incomprensione, brutalità, guerra. E delirio di onnipotenza. Ma presto l’inattesa chiamata, l’abbaglio immane della Verità e la fine! E la vita vera nell’eternità sfolgorante o disperata. Piccolo uomo... perché?
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I
l nostro mondo è sempre stato governato da ristrette classi dominanti che hanno costruito e mantenuto il loro potere sull’ignoranza e sul bisogno delle grandi masse popolari. Sotto tutte le latitudini. L’uomo stesso ha permesso che ciò avvenisse in virtù della condizione di quasi primitività intellettuale in cui era costretto e che con sottomessa rassegnazione accettava. Egli infatti, mentre da una parte era completamente succube ed in balia del potere, dall’altra era anche profondamente convinto della sua assoluta mancanza di titolarità di diritti, anche di quelli minimi che avrebbero dovuto essere naturalmente connessi al solo fatto di esistere. Nel mondo occidentale anche la Chiesa, in ogni tempo importante supporto del potere, ha nei secoli rappresentato un ulteriore elemento di ostacolo all’emancipazione dei popoli avendo storicamente sostenuto, sempre e con determinazione, la politica dei vari governanti. Questa condizione dell’uomo si è protratta pressoché inalterata per secoli nonostante i tentativi di modifica di tante singole personalità straordinarie – molto spesso religiose – e i vari eventi rivoluzionari delle epoche più recenti scaturiti da sussulti di presa di coscienza di alcune frange popolari. In Occidente tale situazione sembrò avviarsi ad un sostanziale mutamento solo negli anni del recente secondo dopoguerra allorché, come conseguenza delle atrocità del conflitto mondiale, dei capovolgimenti politici che ne seguirono e di una più matura consapevolezza dei popoli che da protagonisti avevano tragicamente vissuto orrori e sofferenze, iniziarono a diffondersi largamente e ad essere accettate le tante teorie, marxiste e non, volte autenticamente all’affermazione di una nuova coscienza umana e del benessere comune. Attenuati gli antichi sodalizi con il potere secolare anche la Chiesa iniziò a guardare con occhi diversi alla sua missione e nella nuova ottica promosse un significativo avvio di quella necessaria e non più rinviabile revisione dei suoi antichi modi di essere. Tutto fu però un breve e illusorio sogno poiché, nell’assoluta impotenza generale, molto presto l’esistenza dell’uomo ha ripreso a percorrere il cammino di sempre. Negli ultimi decenni, infatti, i vari governi (il riferimento è al mondo occidentale ma può essere facilmente esteso all’intero pianeta) si sono rapidamente rimpadroniti delle redini della politica delle antiche caste oligarchiche. Si tratta di governi cosiddetti “democratici” ma a guidarli sono sostanzialmente i ceti dominanti politico-finanziario-affaristici di sempre e i loro interessi. Attuando una politica solo apparentemente di progresso e di benessere, il mondo odierno, senza incisive voci dissonanti, sta quindi riproponendo quei mali che – secondo alcuni studiosi – in Occidente sarebbero “genetici” dal momento che la civiltà occidentale – sostengono – si è sempre retta su un sistema economico e politico prepotente e affaristico che inevitabilmente tende, ove possibile, a soggiogare e depredare e, ancora ove possibile, a destabilizzare ed assoggettare chi manifesta remore ad accettare i suoi voleri e le sue prepotenze. Anche gli intellettuali, la linfa, il nerbo e l’energia vitale della democrazia e i 11
depositari per definizione della critica al potere, appaiono non interessati più di tanto alla direzione intrapresa dal nostro mondo, né alle problematiche e alle grandi difficoltà cui la vita dell’uomo va inevitabilmente incontro. Le loro straordinarie evoluzioni di pensiero non mancano ma non riescono ad incidere sui percorsi della politica, né sulla vita reale dei loro simili. Ad una realtà esistenziale così malmessa l’uomo di oggi non riesce ad opporre resistenza ed anzi, senza rendersene conto, con i suoi comportamenti – in gran parte pilotati e gestiti dai mass-media, divenuti ormai docili ed efficacissimi strumenti della cattiva politica – favorisce appieno i piani strategici della ristretta classe dominante, culturalmente molto mediocre ma ormai ben inserita nell’attuale processo di mondializzazione. In un Occidente che mostra sempre maggiore ricchezza (concentrata però nelle mani di pochi) e che sbandiera una grande democraticità (in realtà però la “sovranità” dei popoli è praticamente fagocitata da poteri affaristici molto forti e con pochi scrupoli), in una società occidentale che si definisce “il migliore dei mondi possibili” ma che è fondata, non sull’uomo, non sulle sue autentiche necessità, non sul suo lavoro e sul suo vero benessere, non su valori irrinunciabili come la solidarietà, la comprensione, l’onestà, la lealtà, la giustizia sociale, l’amicizia e la pace tra gli uomini, ma sul denaro, sul capitale, sugli affari, sull’apparenza, sull’egoismo, sulla corruzione, sul raggiro dei più indifesi, sullo sfruttamento dell’altro, sull’impunità dei corrotti, sull’accumulo dei profitti, sull’assenza di sentimenti e di valori autentici, l’ingenuo cittadino si ritrova quindi a vivere una vita stabilita e regolata da altri in una condizione di grande frustrazione, della quale prende coscienza solo nei rari momenti in cui la sua frenetica ma vuota esistenza glielo consente. Questa società occidentale sembra tuttavia dare più di un segnale di stanchezza. Ne è una prima prova il desolante stato complessivo del pianeta angosciato, forse più che nei decenni passati, da fame, malattie, ingiustizia sociale, terrorismo, guerre “umanitarie” e “preventive”, inquinamento ambientale, soggiogamento e sfruttamento oltre ogni limite di vaste aree del mondo povero dell’Africa e dell’Asia. Una sofferenza enorme del pianeta in gran parte dovuta proprio allo sfrenato modo di essere occidentale che vuole dettare legge e trarre profitto ovunque e a qualsiasi costo! Un cinico e prepotente Occidente che si dice portatore di una “civiltà superiore”, ma finge di dimenticare lo sfascio della vita quotidiana reale dei suoi popoli sempre più istupiditi dell’apparente benessere e sempre più lontani invece dalla vera vita comunitaria umana e dai grandi valori fondanti la civile convivenza. Un Occidente che finge di dimenticare anche i grandi eccidi e le grandi tragedie da esso provocate in interi Continenti nel passato antico e recente (Europa compresa)*, e che non ricorda inoltre che la sua “democrazia” non vanta in genere grandi trascorsi avendo le V. le pag. 81 per le Crociate, 86 per le persecuzioni contro gli albigesi e l’eresia càtara, 86 e 103 per la Santa Inquisizione, 106 e 142 per la conquista e lo sfruttamento europeo delle colonie americane, 122 per la lotta alle streghe, 122 e 124 per le stragi di religione, 131 per la Guerra dei Trent’anni, 147, 214 e 220 per l’imperialismo USA, 174 per il colonialismo europeo in Africa e in Asia, 199, 202 e 206 per il fascismo e il nazismo, 198 e 206 per le guerre mondiali, ecc. *
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sue popolazioni raggiunto traguardi civili qualificanti solo negli ultimi cinque o sei decenni e spesso a fronte di lotte durissime**. La via del vero progresso umano però esiste ed aspetta con pazienza che una nuova generazione di uomini autenticamente “di buona volontà”, la intraprenda. È difficile ed irta di ostacoli ma è l’unica che può condurre al bene sicuro, giusto e soddisfacente per tutti. *** In queste pagine sono raccontate le grandi linee della storia del Mondo occidentale, una storia a tratti grande e importante e a tratti fortemente riprovevole. Ma anche le pagine non belle e non edificanti sono trattate e, ove necessario, approfondite. L’intendimento di chi scrive è di ricordare a noi tutti chi siamo, da quale storia proveniamo e richiamare il percorso compiuto per giungere alla situazione di oggi. Conoscendo il passato e prendendo atto di ciò che è stato possiamo tentare di modificare, se lo vogliamo, la rotta attuale della nostra navicella d’Occidente per orientarla verso quella della comprensione dell’uomo, di ciascun uomo del pianeta, dei suoi bisogni, delle sue tristezze, dei suoi desideri, delle sue attese e, per quanto possibile, fare di tutto per andargli incontro. Potremo così capire che la vita non può essere confinata nel perverso regno in cui spadroneggiano indisturbati la sopraffazione, la voglia di dominio, lo sfruttamento, l’indifferenza, il mercato, il denaro, le banche, la corruzione, il cinismo, l’affarismo… E potremo capire anche il “fratello” diverso da noi, colui che abita il pianeta da un’altra parte, che ha cultura, tradizioni, modi e comportamenti differenti dai nostri ma altrettanto degni di rispetto e di considerazione, per arrivare a vivere assieme a lui un’esistenza di pace, di dialogo aperto e sincero, di aiuto e benevolenza reciproci, di comprensione e collaborazione. Il grande panorama storico presentato da quest’opera nasce da decenni di studio e ricerche. In alcune sue parti ripropone tuttavia pagine tratte da una mia più ampia opera pubblicata un paio di anni fa e dedicata alla Calabria e al Meridione d’Italia. Un lavoro vasto e imponente in cui la storia della Calabria e del Meridione è inserita nella parallela storia italiana ed europea senza trascurare i più importanti avvenimenti mondiali. Si tratta ovviamente di pagine scritte per quella “storia” che risultano però assolutamente perfette anche per questa e che ho pertanto ritenuto non necessario riscrivere. In Italia, ad esempio, il diritto di voto per le donne è stato conquistato solo nel 1946 e il riconoscimento legislativo dei diritti dei lavoratori nel 1970; sempre in Italia l’impunità per il cosiddetto “delitto d’onore” nei confronti della moglie infedele è stata cancellata dal codice penale addirittura nel 1981; in USA la segregazione razziale è stata abolita per legge negli anni ’60-’70 del secolo appena trascorso e in Europa e in USA la parità di diritti e di opportunità tra donne e uomini è stata riconosciuta solo negli anni ’70-’80 (ancora negli anni ’60 negli Stati Uniti alla popolazione femminile non era consentito l’accesso alla professione di magistrato e in Italia medici, avvocati, giudici, notai, giornalisti donna erano rare eccezioni così come eccezioni erano le donne in abiti poco consoni o in pantaloni). **
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Ai tanti Studiosi del passato e degli anni recenti i cui scritti, le informazioni, le analisi e le riflessioni in essi contenuti, hanno costituito una straordinaria base di supporto per i miei studi e le mie ricerche – lasciando spesso un’ampia e nobile traccia anche nelle pagine di questo volume –, va il mio pensiero riconoscente e grato. Un’ultima considerazione. Come già accennato questa “Breve storia” vuole cercare di conoscere meglio il mondo in cui viviamo, la sua storia politica e sociale, la sua evoluzione nei secoli, i suoi momenti di grandezza e quelli di debolezza. Per necessità di sintesi, tuttavia, il campo dell’indagine è stato circoscritto ai paesi dell’Europa centrale e mediterranea (con una attenzione particolare all’Italia, al suo Meridione e alla Calabria) e agli USA, mentre è stata piuttosto trascurata, ad eccezione dell’Inghilterra, l’Europa nordica e orientale, portatrice di una storia senza dubbio grande e importante ma in certo modo non fondamentale per la comprensione della storia dell’Occidente. Trascurate sono state anche le vicende della grande cultura occidentale: di essa vengono dati significativi cenni solo in riferimento ai più straordinari avvenimenti italiani ed europei. L’Autore Reggio Calabria, gennaio 2011.
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SOMMARIO INTRODUZIONE
pag. 11
SOMMARIO
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LA PREISTORIA
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L’ETÀ GRECO-ROMANA (contesto storico e sociale)
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L’ETÀ GRECO-ROMANA (contesto filosofico)
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L’ALTO MEDIOEVO (476-1000)
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IL BASSO MEDIOEVO (1000-1492)
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L’ETÀ MODERNA (dalla scoperta dell’America all’ “Invencible Armada”)
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L’ETÀ MODERNA (dai Borbone di Francia alla Francia pre-rivoluzionaria)
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L’ETÀ MODERNA (dalla Rivoluzione francese al Congresso di Vienna)
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L’ETÀ CONTEMPORANEA (dalla Restaurazione alla fine del sec. XIX)
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161
L’ETÀ CONTEMPORANEA (il Novecento e l’inizio del terzo millennio)
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SCHEDA: I REGNANTI SUL MERIDIONE D’ITALIA / I RE DI SARDEGNA, D’ITALIA, D’ARAGONA, DI CASTIGLIA E DI SPAGNA
LE GENEALOGIE: DINASTIE REALI ITALIANE, BORBONICA SPAGNOLA, NAPOLEONICA, FRANCESI, AUSTRIACHE, INGLESI E ROMANOV RUSSA
BIBLIOGRAFIA
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INDICE DEI NOMI
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pag. 273
INDICE DEGLI EVENTI E DELLE NOTIZIE
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INDICE DEI SOTTOCAPITOLI
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LE PAGINE PIÙ BIANCHE E PIÙ NERE DELL’OCCIDENTE
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La preistoria
La preistoria Dall’ “Australopithecus afarensis” all’ “homo habilis” e all’ “homo sapiens-sapiens” - La glaciazione di Wurm - I primi agglomerati urbani - Catal Huyuk, Gerico e Lepenski Vir - I dolmen megalitici europei - Grecia: dai pelasgi agli achei - La Mesopotamia e la nascita della scrittura - L’Egitto e l’Antico Regno - Le piramidi di Giza - Le città indiane di Harappa e Mohenjo-Daro - Egitto: dal Medio al Nuovo Regno - Hatscepsut, Tutankhamon e Ramses II - La civiltà micenea in Grecia - La civiltà minoica a Creta - Babilonia e il Codice di Hammurabi - Grecia: eoli, dori e joni - Il grande terremoto dell’isola di Thera - La Guerra di Troia - Egitto: il Tardo Regno - Gli enotri in Lucania, Calabria e Sicilia - Il mitico re Italo e l’Italia - La civiltà etrusca - I fenici e Cartagine - La fondazione di Roma - L’Europa una immensa foresta.
20 milioni di anni fa La scimmia-uomo inizia a camminare in posizione pseudo-eretta. 4-3 milioni di anni fa Paleolitico inferiore (o più antica età della pietra “vecchia”; dal greco “palaiòs” = vecchio e “lìthos” = pietra): prime documentazioni dell’esistenza dell’ “uomo” primitivo (Australopithecus afarensis). A Hadar in Etiopia, nella depressione di Afar, viene infatti scoperto (1974) il 40% dello scheletro di una femmina di ominide di circa 30 anni vissuta in tale periodo. È la famosa “Lucy” (così chiamata dal titolo della canzone dei Beatles “Lucy in the sky with diamonds” che la radio trasmetteva al momento del rinvenimento), alta circa 1,10 m con un peso di circa 25 kg ed una capacità cranica di circa 400 cc. Ha ginocchia simili a quelle dell’uomo attuale, bacino adatto ad una camminata eretta, pollice perfettamente opponibile, denti adatti ad una alimentazione onnivora. L’ominide viveva in piccoli gruppi e probabilmente si arrampicava ancora sugli alberi almeno per cercare rifugio o per passarvi la notte. Sembra vissuto tra i 3,4 ed i 3 milioni di anni fa. Quasi contemporanei di Lucy sono altre due specie distinte di ominidi, l’Australopithecus africanus e l’Australopithecus robustus, che abitarono la stessa regione geografica di Lucy a partire da 3 milioni di anni fa (v. schema nella pagina seguente). 3-1,5 milioni di anni fa Fa la sua comparsa, sempre nell’Africa orientale (Tanzania, Kenia) ed ancora prima che l’australopiteco termini la sua storia, l’ “homo habilis”, l’ “uomo” cioè cui concordemente si fa risalire la diretta discendenza dell’uomo moderno. Vive in piccoli gruppi, ha andatura bipede più eretta degli australopitechi, è alto 1,25-1,35 m, pesa circa 40 kg ed è capace di costruire strumenti (coltelli e raschiatoi) scheggiando pietre con altre pietre secondo angolature opportune. Per moltiplicare la potenza delle sue mani usa la clava ed ha un cervello variabile tra 650 e 850 cc.
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Breve storia del Mondo occidentale
Le grandi linee dell’ominazione (secondo Darwin e gli studi più recenti)
Scimmia-uomo ancestrale
Africa (20-10 milioni di anni fa)
Inizio genere ominide
Africa (7-5 milioni di anni di fa)
Australopithecus afarensis
Australopithecus africanus
Africa (4-3 milioni di anni fa)
Africa (3-2,5 milioni di anni fa)
Australopithecus robustus
Africa (2-1 milioni di anni fa)
Australopithecus boisei
Africa (1,8-1 milioni di anni fa)
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Africa (2,5-1,2 milioni di anni fa)
ESTINTI
Homo erectus
Africa con sviluppi in Asia e in Europa (1,8-0,10 milioni di anni fa)
Homo habilis
Homo neanderthalensis Europa, Medio Oriente (120-40 mila anni fa) ESTINTO
Homo sapiens
Africa (120-60 mila anni fa)
La preistoria
Homo sapiens
Africa (120-60 mila anni fa)
Homo sapiens sapiens diffusione mondiale (60 mila anni fa-oggi)
Homo Cro-Magnòn Europa (40-10 mila anni fa) CONFLUITO NEL SAPIENS SAPIENS
Nota: resti di Australopithecus afarensis sono stati rinvenuti per la prima volta in Etiopia nel 1974 (Lucy). L’Australopithecus africanus è stato invece rinvenuto per la prima volta in Sud Africa nel 1924. Ancora in Sud Africa sono stati ritrovati (1938) i primi resti di Australopithecus robustus (un ominide molto più forte e robusto dei primi due, alto circa 1,50 metri, pesante circa 60 kg, con mascelle potenti e grandi denti capaci di triturare cibo piuttosto duro e con cervello pari ad 1/3 di quello dell’uomo attuale) e nell’Africa orientale (tra Tanzania e Kenia) quelli del “boisei”, esemplare di ominide ancora più forte del “robustus”. L’ “homo erectus”, ominide che per primo cammina in posizione completamente eretta, ha altezza più grande (1,40-1,60 metri) e cervello più capace dei suoi predecessori (circa 800-1.000 cc.). Il viso è però più piccolo e l’apparato masticatorio meno pronunciato; denti e mascelle perdono di importanza essendo sostituiti da utensìli sempre più elaborati. Pesa circa 55 kg e forse, a partire da circa 500 mila anni fa, usa già il fuoco per scaldarsi e per cuocere il cibo. È già molto simile all’uomo di oggi e suoi resti sono stati ritrovati in Africa, in Asia (India, Cina, Indonesia) e in Europa (Francia, Italia, Spagna, Ungheria; la presenza europea è però piuttosto tarda, essendo datata a circa 1,3 milioni di anni fa). Dell’ “homo di Neanderthal”, contemporaneo del primo homo sapiens ma individuo verosimilmente di specie diversa (l’incrocio sessuale tra i due ominidi sarebbe stato probabilmente sterile), resti sono stati rinvenuti, oltreché in Germania, anche in numerosi paesi europei (Italia compresa), in Medio Oriente e, ovviamente, in Africa (Etiopia e Tanzania). Molto simile all’uomo di oggi nell’aspetto, l’ “homo sapiens” (i cui più antichi resti, risalenti a circa 120 mila anni fa, sono stati ritrovati in una grotta marina nei pressi di Città del Capo in Sud Africa) non ha forse la stessa abilità mentale ma già 100-90 mila anni fa affina la sua intelligenza e si diffonde nell’intero territorio africano. Verso i 60 mila anni fa, divenuto ormai “sapiens sapiens”, popola poi tutto il mondo sostituendo progressivamente tutte le specie di ominidi precedenti. Circa 45 mila di anni fa giunge anche in Europa causando lentamente la fine del più primitivo homo di Neanderthal. L’ “homo di Cro-Magnòn”, rinvenuto per la prima volta in una grotta della omonima località francese (Cro-Magnòn in Dordogna), è alto circa 1,80 metri ed è particolarmente dotato di creatività artistica (pitture rupestri di Lascaux in Francia e di Altamira in Spagna). Al pari delle tante altre specie di ominidi a lui contemporanei confluisce progressivamente nell’homo sapiens sapiens.
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Breve storia del Mondo occidentale
120-40 mila anni fa Paleolitico medio: presenza in Europa dell’ “homo di Neanderthal” (nomade, raccoglie radici commestibili, lavora la pietra, caccia grandi e piccoli mammiferi, usa il fuoco, seppellisce i morti, ha un cervello di volume quasi doppio, circa 1.300 cc., di quello dell’uomo precedente e cammina in posizione semi-eretta). Neanderthal è il nome della valle del fiume Dussel (Germania) dove nel 1856 furono scoperti i resti dello scheletro dell’uomo “neanderthaliano”. 40-8 mila anni a.c. Paleolitico superiore: è l’epoca della grande diffusione sull’intero pianeta dell’ “homo sapiens-sapiens” (naturale evoluzione dell’ “homo sapiens”; v. schema della pagina precedente). Usa come riparo le grotte, mantiene la posizione eretta, lavora finemente la pietra e incide graffiti. Ha una capacità cranica di circa 1.300-1.400 cc. Vive di preferenza nelle grandi vallate dei grandi fiumi (Nilo, Indo, Tigri, Eufrate, ecc.). 8 mila anni a.c. Fine della glaciazione di Wurm, l’ultimo grande trauma climatico terrestre che ha dato origine all’ultima massima espansione dei ghiacci sulla superficie del pianeta. 8-3 mila a.c. Età neolitica (o della pietra recente): l’uomo sapiens-sapiens si organizza in gruppi, crea villaggi stabili, coltiva la terra e alleva bestiame. In Europa il periodo è ritardato al 6000-2000 a.c. 8 mila a.c. Nasce nella regione anatolica della Turchia il primo agglomerato urbano caratterizzato da forme sociali e politiche, la “città” (o meglio, il “villaggio” agricolo) di Catal Huyuk. L’abitato ha circa 6.000 abitanti ed un migliaio di abitazioni costruite in mattoni di fango, addossate le une alle altre, prive di strade. e con accesso diretto dai tetti. La città muore inspiegabilmente nel 5400 a.c. e resta per millenni sconosciuta. Viene scoperta solo nel 1952 dall’archeologo inglese J. Mellaart. 8-7 mila a.c. Fondazione della città di Gerico nella odierna Giordania. Anche per Gerico si tratta di un insediamento a carattere agricolo. Secondo alcuni studiosi la città potrebbe essere sorta anche in contemporanea a Catal Huyuk o addirittura averla preceduta di alcune centinaia di anni (Gerico 8000 a.c.; Catal Huyuk 8-7000 a.c.). 6-5 mila a.c. La penisola ellenica accoglie le prime migrazioni asiatiche ed egiziane. Prende corpo il popolo dei “pelasgi” (secondo la mitologia greca, i discendenti di Pelasgo, il primo uomo nato nell’Attica, figlio di Zeus e Nìobe, regina di Tebe o, secondo altre tradizioni, di Poseidone e dell’eroina Larissa). 20
La preistoria
5800 a.c. circa Nasce sul Danubio jugoslavo, al confine tra Jugoslavia-Serbia e Romania, Lepenski Vir la più antica città europea. Da essa, sviluppatasi in modo indipendente dalle città orientali, pervengono le prime monumentali sculture in pietra della storia dell’arte. 5000 a.c. Nascono i primi agglomerati urbani in Mesopotamia (Uruk, Susa, Kish, ecc.) e nella valle del Nilo. In Europa inizia la costruzione dei dolmen megalitici, strutture costituite da uno o più blocchi di pietra orizzontali poggianti su blocchi verticali. Il massimo sviluppo dell’attività megalitica si avrà tra il 3500 ed il 2000 a.c., epoca, quest’ultima, cui risale il grande monumento di Stonehenge (Inghilterra). 3500 a.c. In Mesopotamia, nella terra compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate, nasce la scrittura. È l’evento che cambierà l’intero corso della storia dell’uomo. Inizialmente costituito da oltre 2000 segni, il complicato sistema scrittorio verrà radicalmente semplificato verso il 1800 a.c. dai fenici che ridurranno i segni a 30 formulando così un alfabeto simile all’attuale, nel quale ogni lettera corrisponde ad un singolo suono. Dai fenici l’alfabeto passerà, con leggere varianti, ai greci e quindi ai romani. 3000-800 a.c. Età dei metalli. Lo sviluppo dell’agricoltura, l’incremento demografico e la crescita dei bisogni favoriscono l’accelerazione del progresso tecnico, ruotante sempre attorno al fuoco ed alla crescente capacità del suo utilizzo. Appaiono quindi su larga scala la ceramica (già conosciuta dal V-IV millennio a.c.) ed i metalli (il rame era però già conosciuto dal VII-VI millennio a.c. nell’Anatolia, in Iran, in Egitto e nell’Europa balcanica). È in questo periodo che nelle società preistoriche del Mediterraneo orientale prende corpo una profonda rivoluzione economica e sociale che introduce nella vita delle popolazioni il vero senso dei rapporti commerciali. Il metallo è infatti presente solo in poche località è ciò costringe gli uomini che ne sono privi a procurarselo attraverso scambi con altri beni di consumo. In Europa occidentale l’inizio dell’età dei metalli è generalmente fissata al 2000 a.c. Questa la suddivisione, per l’Europa, del periodo: età del rame (II millennio a.c.), età del bronzo (1700-sec. IX a.c. circa; il bronzo è una lega di rame e stagno più duttile del solo rame), età del ferro (dal sec. VIII a.c. pur se per piccoli oggetti ornamentali il ferro è già in uso nel sec. X). 3000 a.c. circa Mesopotamia: fine dell’età di Uruk ed inizio della civiltà dei Sumeri, la più antica “civiltà” finora conosciuta. Penisola ellenica: primi arrivi di tribù provenienti da regioni delle odierne Ungheria e Romania. Anatolia: nasce la città di Troia. 21
Breve storia del Mondo occidentale
2850-2190 a.c. circa In Egitto è il periodo dell’Antico Regno (I/VI dinastia; il periodo precedente è poco conosciuto). Ad esso risalgono le piramidi di Giza fatte costruire dai faraoni della IV dinastia (2600-2480 a.c. circa: Cheope, Chefren, Micerino; la piramide più grande, quella di Cheope, ha un lato di base pari a circa 230 m, una altezza di 147 m – oggi ridotta, per erosione e caduta delle pietre della cima, a circa 137 m – un volume di 2,6 milioni di mc, un peso di circa 6,5 milioni di tonnellate ed occupa una superficie di oltre 5 ettari) e la conquista della Nubia. 2700-2000 a.c. Penisola ellenica: periodo protominoico ed arrivo a Creta di popoli anatolici. 2560 a.c. Nascono in India, sulle rive dell’Indo, le città di Harappa e Mohenjo-Daro. 2050-1780 a.c. circa Egitto: periodo del Medio Regno seguito al cosiddetto “Primo periodo intermedio” (2190-2050; anarchia governativa con divisione del paese in due regni rispettivamente con capitale Tebe e Herakleopolis). Il Regno è riunificato dal re tebano Mentuhotep I (XI dinastia). La capitale è prima a Tebe e poi a Menfi. In tale periodo (XI e XII dinastia) si segnala particolarmente lo splendore del regno di Sesostris III (1887-1850). 2000 a.c. Cina: primi agglomerati urbani sotto la dinastia Shang. Penisola ellenica: giungono gli achei, bellicoso popolo indoeuropeo proveniente dalle pianure del Reno e del Danubio ed anche dall’Anatolia. Assoggettano i pelasgi e si stanziano in Tessaglia e nel Peloponneso fino all’estrema punta dell’Argolide. Nascono le città di Tirinto, Argo, Pilo e Micene. Inghilterra: costruzione del grande cerchio megalitico di Stonehenge. Sardegna: inizio della costruzione dei “nuraghi”, caratteristici monumenti preistorici a forma tronco-conica costruiti con blocchi di pietra non cementati. La erezione di tali strutture si protrarrà fino alla conquista romana dell’isola. 2000-1700 a.c. A Creta nascono le varie monarchie dell’isola (Cnosso, Festo, Mallia, Zakros) e, in un contesto di coesistenza pacifica, prende corpo la supremazia di Cnosso e si sviluppa la grande civiltà minoica (dai “mìnos”, i re di Cnosso) e dei primi palazzi. 1800 a.c. In Mesopotamia si ha l’egemonia di Babele (Babilonia) che si protrarrà fino al 1500 a.c. circa. Uno dei grandi sovrani del periodo è Hammurabi, 1792-1750, autore di leggi e norme che regolano ogni campo della vita sociale e che in parte sono ancora oggi leggibili nella famosa pietra conosciuta come “Codice di Hammurabi”, una stele di basalto incisa in caratteri cuneiformi, ritrovata nel 1903 e conservata nel museo parigino del Louvre. 22
La preistoria
Babele sarà poi soggiogata dagli assiri (sec. XVI-XII) ma riacquisterà il suo potere nel 612 con la dinastia caldeo-babilonese (cui appartiene il biblico re Nabucodònosor II, 604-562) per perderlo definitivamente con la conquista persiana di Ciro il Grande del 539 a.c. 1780-1560 a.c. circa Egitto: è l’epoca del “Secondo periodo intermedio” durante il quale hanno la sovranità le dinastie (XIII/XVI) degli invasori Hyksos. Nell’Alto Egitto (zona del corso del Nilo) si ha tuttavia la ricostituzione di un Regno nazionale (XVII dinastia) che sfugge al dominio degli Hyksos ed avvia la riconquista e la riunificazione del paese. Sarà il faraone Ahmosis, fondatore della XVIII dinastia a completare la riunificazione egiziana ed a dare così inizio al Nuovo Regno. 1700 a.c. A Creta si ha l’improvvisa distruzione dei grandi palazzi. Saranno riedificati nel cosiddetto “Secondo periodo dei palazzi” (1700-1450). 1560-1085 a.c. circa Egitto: Nuovo Regno con capitale Tebe (XVIII/XX dinastia). È l’epoca della regina Hatscepsut, dei faraoni Thutmosi III, Amenòfi III, Amenòfi IV (o Akhenaton, il faraone “eretico”) e di Tutankhamon (tutti appartenenti alla XVIII dinastia). Con Thutmosi III, 1504-1450, l’Egitto raggiunge la sua massima espansione assoggettando anche le regioni dell’Eufrate. Con la fine della XIX dinastia (di cui fa parte il biblico faraone Ramses II, 12791212, uno dei più grandi sovrani d’Egitto) inizia la decadenza egiziana. 1500 a.c. circa La Grecia è interessata da altre migrazioni di stirpe achea (achei ed eoli) che, respingendo verso l’Attica, l’Eubea e le isole cicladi gli achei già presenti nel territorio (che da questo momento iniziano ad essere chiamati “joni”), si stanziano nelle aree da questi abbandonate (in Tessaglia ed in Beozia gli eoli, nel Peloponneso gli achei). Tali sconvolgimenti territoriali e sociali fanno rapidamente decadere le antiche città della civiltà micenea (Argo, Pilo, Tirinto e Micene) e, raggiungendo anche Creta, contribuiscono in modo determinante anche alla fine della locale civiltà minoica. 1450 a.c. circa Grande terremoto nell’isola di Thera (oggi Santorini) e definitiva distruzione della civiltà minoica. 1250 a.c. circa Guerra degli achei contro Troia. 1200 a.c. circa I dori, popolo indoeuropeo di stirpe achea originario della Doride (regione dell’Asia Minore gravitante tra Rodi, Cnido e Alicarnasso), invadono la Grecia e Creta 23
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sconfiggendo uno dopo l’altro i grandi centri achei e spegnendo definitivamente la civiltà micenea. Si stanziano quindi nel basso Peloponneso, nell’argolide ed a Creta costringendo grandi masse di profughi a rifugiarsi nell’Attica (ove creano così le premesse per il grande sviluppo di Atene dei sec. VIII-VII) e lungo le coste dell’Asia Minore (“prima colonizzazione greca”). Presto comunque tra le vari tribù achee (eoli, joni e dori) si instaureranno rapporti di perfetta coesistenza cementati dalla origine comune. In Asia Minore nascono, tra l’altro, Efeso e Mileto (sec. XI a.c.) e rifioriscono antiche città come Pergamo, Priene, Sardis, Smirne e Didyma (tutte vivranno il loro periodo di massimo splendore in epoca romana, sec. III a.c.-III d.c.). 1200-800 a.c. È il periodo del cosiddetto “Medioevo greco” durante il quale si ha una profonda decadenza culturale, politica, economica e commerciale degli innumerevoli Stati in cui il territorio è suddiviso, tutti retti da monarchie. 1200 a.c. circa La Calabria è abitata dagli enotri, popolo indoeuropeo stanziato inizialmente nell’Italia centrale. Nella sua parte meridionale compresa tra i golfi di S. Eufemia (sul Tirreno) e di Squillace (sullo Jonio) e lo Stretto di Messina è re l’enotrio e mitico Italo, secondo la leggenda, nipote di Ulisse: il territorio del suo Regno è chiamato Italia ed i suoi abitanti “itali”. Progressivamente il nome del Regno sarà esteso all’intera regione e poi, in età romana augustea, all’intera penisola ed alla Sicilia. La Lucania è abitata anch’essa dagli enotri cui si aggiungeranno, nel sec. V a.c., i lucani, altra tribù indigena di stirpe enotria. La Sicilia è abitata dai siculi (parte orientale; stirpe enotria), dai sicani (parte centrale; provenienza Libia e Spagna) e dagli elìmi (parte occidentale; provenienza Anatolia e Troia; gli elìmi fonderanno, tra l’altro, nei sec. XI-VIII, Segesta ed Erice). 1085 a.c. Egitto: inizia il “Terzo periodo intermedio” durante il quale il paese precipita in un nuovo periodo di anarchia in cui assumono un ruolo di grande rilievo le caste sacerdotali. Si succedono comunque 4 dinastie (dalla XXI alla XXIV). Il “terzo periodo” si protrarrà fino al 715 e sarà seguito dal cosiddetto “Tardo Regno” (750-333; XXV/XXXI dinastia) in cui si succederanno dinastie etiopiche (la XXV, 750-656) e persiane (dalla XXVII, 525 in poi; l’Egitto nel 525 viene conquistato dai persiani che sconfiggono Psammetico III). La dominazione persiana si protrarrà fino al 333, anno in cui le subentrerà quella di Alessandro Magno vincitore del re persiano Dario III. Ad Alessandro, accolto come liberatore, verrà dedicata la nuova città di Alessandria che presto diverrà un importante centro culturale. Alla morte di Alessandro (Babilonia, 323), a conclusione di aspre lotte per il predominio sul paese, si affermerà (321) il suo generale Tolomeo di Lago che fonderà la dinastia “tolemaica” che regnerà fino al 30 a.c., anno in cui l’ultima regina, Cleopatra VII, si ucciderà in seguito alla sconfitta subita per opera dei romani (Ottaviano) e l’Egitto diverrà dominio diretto di Roma. 24
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sec. IX a.c. Nel territorio centroitaliano compreso tra i fiumi Tevere ed Arno inizia a prendere corpo la civiltà etrusca che vivrà il periodo del suo massimo splendore nei sec. VII e VI mantenendo sempre rapporti commerciali molto stretti con le confinanti civiltà italiche e latine, con la Magna Grecia e con la stessa Grecia. L’organizzazione politica sarà quella tipica del mondo antico: città-Stato legate da forti legami religiosi e rette via via da monarchie, tirannidi o regimi oligarchici intervallati da episodi democratici. La decadenza delle città etrusche inizierà già verso la fine del sec. VI parallelamente alla crescita della potenza di Roma. sec. IX a.c. I fenici (popolo organizzato in città-Stato stanziato già dal sec. XIII nell’attuale territorio di Siria, Libano e Palestina) fondano sulla costa mediterranea dell’odierna Tunisia la città di Cartagine che tanta parte avrà nella storia delle città siciliane di epoca magnogreca ed in quella di Roma. Sarà anch’essa una città-Stato ed avrà regime tipicamente oligarchico affidato ovviamente alla classe ricca, a base fondiaria e soprattutto mercantile. 753 a.c. Fondazione di Roma. Secondo la tradizione, dopo la distruzione di Troia (sec. XIII a.c.) ad opera degli achei, uno degli eroi troiani sopravvissuti, Enea, figlio di Venere e del principe anatolico Anchise, lascia assieme al padre ed al figlioletto Ascanio, la città in fiamme veleggiando verso occidente. Approdato sulle coste laziali, proprio alla foce del Tevere, Enea combatte contro il re locale Latino, lo vince e ne sposa la figlia Lavinia. Morto Enea, Ascanio fonda la città di Alba Longa (l’odierna Castelgandolfo) e ne fa la capitale del Regno. Sulla città regneranno 11 Re; tra questi è Numitore (800 a.c. circa) che sarà scacciato dal trono dal fratello Amulio che ne ucciderà anche tutti i figli ad eccezione di Rea Silvia obbligata però a divenire vestale. Da Rea Silvia e Marte nascono Romolo e Remo i quali, allevati dal pastore Faustolo e allattati da una lupa, qualche anno dopo uccideranno Amulio e riporteranno sul trono il legittimo Re. Romolo fonda poi, sul colle palatino, la città di Roma (753), uccide Remo (reo di aver osato attraversare il solco che ne delimitava l’area), la popola attraverso il famoso “ratto delle sabine” e le dà i primi ordinamenti civili e politici. Sul trono di Roma a Romolo succedono nell’ordine Numa Pompilio, Tullo Ostilio (sotto il cui regno viene distrutta Alba Longa), Anco Marzio ed i tre re etruschi Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. Il periodo monarchico si concluderà nel 510 a.c. In questo periodo l’Europa centrale e nordica è una immensa foresta. I popoli che la abitano sono ancora immersi nella primitività e così resteranno ancora per un millennio.
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L’età greco-romana: contesto storico e sociale
L’ETÀ GRECO-ROMANA CONTESTO STORICO E SOCIALE
La “polis” greca - La colonizzazione delle aree costiere del Mediterraneo - Lo Stato ateniese - La Magna Grecia - Il mondo greco - Licurgo, Zaleuco e Caronda - Sibari riferimento per tutto il mondo greco - Le prime alleanze tra le città magnogreche - Crotone, Sibari, Metaponto e Kaulonia contro Reggio e Locri - Le tirannidi ateniesi di Pisistrato e Ippia Sparta e gli spartiàti - La battaglia del fiume Sagra e la disfatta di Crotone e dei suoi alleati - Pitagora a Crotone - La battaglia del fiume Trionto tra Crotone e Sibari e la distruzione di Sibari - Il prestigio di Crotone - I poeti lirici Stesìcoro e Ibico - Roma: la fine del periodo monarchico e l’instaurazione della repubblica - La scuola di Elèa - La tirannide reggina di Anassilàos - Le tirannidi siciliane - Atene e Sparta e le due guerre persiane - Le battaglie di Maratona, di Salamina e delle Termopili - L’ascesa di Siracusa - Le continue lotte tra le città greche - Atene e l’età di Pericle - La democrazia greca una democrazia della minoranza - L’alleanza Reggio-Atene in funzione anti-Siracusa - La lunga guerra tra Siracusa e Atene e le rispettive alleanze - Le grandi battaglie navali nelle acque dello Stretto - La vittoria di Siracusa - I prigionieri nelle “latomie” - La presenza cartaginese in Sicilia e lucana in Calabria - Dionisio I di Siracusa e l’espansione dello Stato aretuseo - Grecia: la Guerra del Peloponneso e la Guerra corinzia - L’impero di Alessandro Magno - Roma: l’avvio dell’emancipazione della plebe - L’introduzione della “pecunia” - Magna Grecia: Dionisio I, Dionisio II, i bruzi - La conquista romana dell’Italia meridionale continentale - Le guerre puniche - La via Popilia - La fine della Magna Grecia - Giulio Cesare e l’avvio del regime monarchico imperiale - Cesare Ottaviano Augusto primo imperatore - La Roma culturale in età augustea: Virgilio, Orazio, Ovidio, Tito Livio - Palestina: la nascita di Cristo e la “Buona Novella” - I primi anni del cristianesimo - Impero romano: i successori di Augusto da Tiberio a Commodo - L’estensione territoriale dell’Impero - Cristianesimo: l’età patristica - Da Settimio Severo a Costantino - L’editto di tolleranza nei confronti del cristianesimo - S. Agostino e lo sviluppo del pensiero cristiano - L’imperatore Teodosio e il cristianesimo religione di Stato - La divisione dell’Impero - Romolo Augustolo e la fine dell’Impero Romano d’Occidente - L’Italia governata dal re barbaro Odoacre.
sec. VIII a.c. In Grecia inizia ad assumere caratteristiche urbane e politiche ben decise la “polis” (la città-Stato) e le antiche monarchie vengono progressivamente sostituite da aristocrazie di tipo repubblicano. Alcune città estenderanno via via il loro potere su entità territoriali più ampie (esempi importanti saranno quelli di Atene sull’Attica e di Sparta sulla Lacònia). Nel corso del secolo viene avviata, probabilmente per motivi di eccessiva crescita demografica interna, la cosiddetta “seconda colonizzazione greca” che interessa le coste del mar Nero, dell’Africa settentrionale (Cirene e zone vicine), della Francia (Nizza, Marsiglia, ecc.) e del Meridione d’Italia. Lo Stato ellenico più evoluto è quello di Atene governato da 9 arconti (magistrati elettivi con funzioni di governo e di controllo – sull’esercito, sulle leggi, sulla classe sacerdotale, ecc. – e con mandato annuale), dall’areòpago (consiglio di nobili ed ex arconti con funzioni legislative e giudiziarie) e dall’ecclèsia (assemblea generale dei cittadini con funzioni consultive ma priva di potere effettivo).
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seconda metà sec. VIII a.c. È il periodo che segna l’inizio della colonizzazione greca dell’Italia meridionale (in seguito dagli storici greci chiamata “Megàle Hellàs” ossia “Magna Grecia”, verosimilmente per sottolinearne la grande civiltà in essa sviluppata, superiore forse a quella delle stesse città della madrepatria, ma anche per affermarne l’appartenenza “naturale” alla Grecia). Coloni joni (provenienti dalle Cicladi e dalle fasce costiere egee della Grecia e dell’Asia Minore) fondano Pithekussai-Ischia e Cuma (per entrambe 750 c.; Cuma fonderà poi Neapolis-Napoli a cavallo dei sec. VII-VI), Naxos-Giardini e Tauromenio-Taormina (734; Naxos fonderà Leontinoi-Lentini, 729, e Kàtane-Catania, 728), Zancle-Messina (Calcide, 730 c.; Zancle fonderà Mylai-Milazzo, 650 ed Hymera presso Termini Imerese, 648), Rhegion (Calcide, 730; alcune fonti ne anticipano la data al 743; Rhegion fonderà, forse, nel sec. VII, Metauros) e Skyllaion-Scilla (Calcide, 730). Coloni dori (provenienti dalla fascia mediterranea della Grecia, dell’Egeo e dell’Asia Minore) fondano invece Syrakis-Siracusa (Corinto, 733; Syrakis fonderà poi Akrai-Palazzolo Acreide, 654, Camarina, 590 e Tyndàris-Tindari, 396), Megara Hyblaea presso Augusta (Megara, 727 c.; Megara fonderà Selinunte, 650 c. che a sua volta fonderà Eraclea Mìnoa, 520) e Taranto (Sparta, 706). Coloni achei (provenienti dall’Acaia, regione settentrionale del Peloponneso) fondano infine Sybaris-Sibari e Kroton-Crotone (720-710; Sybaris fonderà, verso la metà del sec. VII, Laos presso Scalea, Poseidonia-Paestum, Metapontion-Metaponto, Scidros-Belvedere Marittimo e Clampetia-Amantea. Kroton fonderà invece, nei primi decenni del sec. VII, Kaulonia presso Monasterace Marina, Skylletion-Squillace, Krimisa-Cirò e Petelia-Strongoli). Al loro arrivo sulle coste calabre i coloni greci vi trovano gli indigeni enotri che in seguito gli storici greci chiameranno “ausoni” (termine poi esteso a tutta la gente non greca dell’Italia meridionale continentale); Ausonia sarà quindi chiamato il territorio italiano (prima quello meridionale e poi quello dell’intera penisola) non greco. sec. VII a.c. Magna Grecia: fondazione di Gela in Sicilia (688, coloni dori rodiani; Gela fonderà Akràgas-Agrigento, 582). In Calabria fondazione di Lokroi Epizephyri (680 c., coloni provenienti dalla Locride, regione a nord dell’Attica; Locri fonderà Temesa presso S. Eufemia Lametia, Hipponion-Vibo Valentia e Medma-Rosarno; Medma fonderà poi Metauros-Gioia Tauro. La fondazione di Metauros è però, forse, da attribuire a Reggio). Nel corso del secolo successivo si avrà infine la fondazione di Lipari (580, coloni rodiani) e quella di Elèa-Velia (540-30 c, coloni focesi, provenienti cioè da Focea, città della costa settentrionale dell’Asia Minore). L’ultima delle grandi fondazioni sarà quella di Thurii (445-44) voluta, sull’antico sito di Sibari, dall’Atene di Pericle dopo la vittoria greca sui persiani (v. pag. 33). 616-579 Roma, ormai città con oltre 100 mila abitanti, estende il suo dominio sull’intero Lazio. È il periodo di regno del primo dei re etruschi, Tarquinio Prisco. 28
L’età greco-romana: contesto storico e sociale
inizio sec. VI Il mondo greco (non una entità statale ben definita – la nazione “greca” nascerà solo nel sec. XIX – ma quel vasto mondo unito ideologicamente e moralmente dalla comunione di storia, di mito, di religione, di tradizioni che si estende dai Balcani all’Egeo, all’Asia Minore ed ai territori coloniali d’oltremare) raggiunge una sua fisionomia politico-geografica matura. All’interno della polis prende corpo, sulla spinta delle sollecitazioni della nuova classe sociale dei mercanti e dei commercianti e di quelle, spesso violente, delle classi subalterne, un nuovo modello politico-costituzionale attuato attraverso la codificazione delle leggi “uguali per tutti”. Il compito è affidato ai cosiddetti grandi “legislatori” dell’antichità: Solone, arconte dal 584, ad Atene, Zaleuco a Locri, Caronda a Catania e Reggio, ecc. A Sparta già dal sec. X è vigente la legislazione di Licurgo. Si affermano però contemporaneamente, quasi sempre proprio per tentare di imporre con la forza tale pianificazione sociale, anche le varie tirannidi1 locali che tuttavia in Grecia, al contrario delle colonie magnogreche, avranno vita molto breve. inizio sec. VI Magna Grecia: i governi delle città coloniali italiote (città greche dell’Italia continentale) e siceliote (città greche della Sicilia) sono generalmente retti da aristocrazie repubblicane guidate da un consiglio di magistrati (uomini politici dotati dei più ampi poteri e teoricamente al di sopra delle parti) al cui vertice è un magistrato supremo (l’ “egemone”). Le colonie più importanti in Calabria ed in Sicilia sono rispettivamente Sibari e Siracusa: Sibari in particolare è la città più grande, ricca, lussuosa e importante dell’intera Italia greca. Ha oltre 300 mila abitanti (in un periodo in cui Roma è ancora all’inizio della sua storia ed il resto d’Italia, ad eccezione dell’Etruria, è ancora in fasce) ed è un riferimento assoluto non solo per le città italiote e siceliote ma per la stessa Grecia e per tutto il mondo greco. È anche però la città più dissoluta nei costumi e la più fiacca e debole nell’autogoverno e ciò sarà la causa della sua precoce distruzione. Il territorio magnogreco è tuttavia teatro continuo di lotte intestine tra le città sorelle le quali, pur riconoscendosi tutte parte di uno stesso popolo, sono attraversate da profonde divisioni causate da rivalità territoriali ed interessi diversi. In Calabria, inizialmente e solo per brevissimo tempo, esse si ritrovano aggregate in due blocchi: da una parte le colonie del medio e alto Jonio (Sibari, Crotone, Metaponto e Kaulonia) e le loro sub-colonie; dall’altra Reggio e Locri con le sub-colonie di quest’ultima. 561-510 Grecia: Atene è governata dalla tirannide di Pisistrato (561; 556-555; 546-528; riforma agraria a favore della classe contadina, sviluppo dell’artigianato, dell’indu¹ Nel mondo greco antico il “tiranno” era il capo assoluto dello Stato. I suoi poteri erano pieni ma non necessariamente esercitati in modo autocratico; nei sec. VI-V a.c. l’istituto della tirannide costituì in effetti il momento di transizione, pur spesso autoritario e cruento, dai regimi aristocratici a quelli democratici.
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stria della ceramica e del commercio, costruzione di grandi opere pubbliche) e del figlio Ippia (528-510; governo autoritario e duro). Il governo di Pisistrato apporta ad Atene progressi notevoli in tutti i campi; quello di Ippia sarà invece causa della fine delle tirannidi ateniesi (la rivolta anti-Ippia è guidata dalla famiglia degli Alcmeone dalla quale nascerà Pericle) e darà l’avvio al declino di quelle degli altri Stati ellenici. Uno degli Stati greci mai retto da tirannidi è quello di Sparta: le sue solide condizioni economiche, il suo vasto e fertile territorio (Lacònia e Messènia, 8.400 kmq, pari a metà circa del territorio calabrese attuale, contro i 2.650 di Atene, l’equivalente di meno della provincia reggina odierna, i quasi 900 di Corinto e gli 85 di Egìna) e la sua stabile e rigorosa organizzazione politica e militare, impediscono infatti la nascita delle condizioni necessarie per l’affermazione di tali regimi. Il governo spartano sarà quasi sempre aristocratico e militarista e rigorosamente detenuto, in virtù della costituzione di Licurgo, dai soli cittadini (gli “spartiàti”) discendenti dagli antichi fondatori della città. Tra gli spartiàti vengono ovviamente scelti, a turno, i due “Re” che governano contemporaneamente lo Stato. Le gravose condizioni richieste dalla legge agli spartiàti (rigida educazione alla vita sobria ed alla guerra fin dalla più tenera età; possesso di un cospicuo patrimonio terriero per garantire l’affrancamento da ogni necessità lavorativa – non ammessa per gli spartiàti – e la dedizione completa alle attività guerresche; disponibilità totale all’addestramento continuo alle armi) saranno le cause della rapida decadenza della città che progressivamente non avrà più sufficienti spartiàti da selezionare per la guida dello Stato (nel sec. V gli spartiàti saranno circa 8.000, ma già nel secolo III, decimati dalla guerra e dalle conseguenti minori nascite, si ridurranno ad appena 700). 560-550 Magna Grecia: guerra tra le due alleanze delle colonie italiote calabresi e battaglia lungo il fiume Sagra (l’odierno torrente “àllaro” presso Locri). Ha la meglio l’asse Locri-Reggio (forte di circa 10.000 uomini) ed i crotoniati, benché molto più numerosi (oltre 100.000 uomini) vengono costretti al ritiro. Secondo la tradizione avrebbero partecipato allo scontro, al fianco dei locresi, addirittura i Diòscuri, i due gemelli Castore e Pollùce (“Diòscuri” da “diòs” = dio + “kùroi” = figli), figli di Zeus e di Leda, moglie di Tindaro re di Lacedèmone (Sparta). 532 Magna Grecia: giunge a Crotone, esule da Samo (Asia Minore), il filosofo e matematico Pitagora (572-497). Nella città egli fonda la famosa scuola filosofica, una delle più prestigiose dell’antichità. Grazie all’attività culturale, organizzativa e politica dei pitagorici, Crotone si riprende dallo sbando provocato dalla sconfitta del Sagra e contemporaneamente rafforza il proprio regime oligarchico. Insofferente alla austerità del pensiero pitagorico, la città però, pur continuando ancora per decenni ad ispirarsi agli insegnamenti del grande filosofo ne decreta ben presto l’esilio e Pitagora è costretto a trasferirsi prima a Kaulonia e quindi a Metaponto ove, sembra, resterà fino alla morte. Crotone rimane comunque il centro 30
L’età greco-romana: contesto storico e sociale
religioso di riferimento per tutte le città greche: il grande santuario di Hera sul Capo Lacinio è uno dei siti religiosi più importanti del mondo greco occidentale. 510 Magna Grecia: dissoltesi da tempo le antiche alleanze, Crotone e Sibari, probabilmente a causa delle sempre crescenti rivalità commerciali e territoriali, si affrontano sul fiume Trionto. Il grande scontro causa la completa distruzione di Sibari e del suo vasto impero commerciale. Crotone, città di grande prestigio militare, ma anche politico, culturale e spirituale, si sostituirà tuttavia solo per poco (510-450 c.) a Sibari nel ruolo di guida delle colonie calabre: le lunghe controversie interne tra i partiti (a differenza delle città siceliote, tutte le colonie greche italiote sono e continueranno ad essere, ad eccezione di Reggio, governate da sistemi democratici e non da tirannidi) insoddisfatti dagli esiti pratici della guerra sibarita la portano infatti rapidamente prima alla perdita del ruolo politico e poi al completo declino (450 c.). La città magnogreca che coglie al volo l’occasione di sostituirsi a Sibari, almeno nel monopolio dei traffici commerciali tra Magna Grecia e Grecia, è Siracusa, già da tempo pronta alla grande impresa. L’unico ostacolo è rappresentato da Reggio, altra grande città italiota della Calabria, e dal controllo che la città calabra da sempre esercita sullo Stretto di Messina. Negli ultimi decenni del sec. VI proprio a Reggio è attivo il poeta lirico Ibico, reggino ed allievo di Stesìcoro, altro poeta lirico calabro nativo di Metauros (fine sec. VII a.c.) ma vissuto in Sicilia ove ebbe fama e prestigio paragonabili a quelli di Omero. 510 Roma: ultimo anno di regno di Tarquinio il Superbo, re etrusco oppressivo e poco amato. A causa di comportamenti moralmente biasimevoli del figlio Sesto nei confronti di Lucrezia, moglie di Collatino pronipote di Tarquinio Prisco, scoppia infatti una rivolta che porta alla fine della monarchia. Nel 509 il Comizio centuriato2 dichiarerà ufficialmente decaduto l’istituto monarchico affidando il governo della città a 2 consoli3 con mandato di 1 anno rinnovabile. I primi due consoli sono il già citato Collatino e tale Publio Valerio. Il Senato 4 del Regno, assieme al Comizio centuriato del tempo di guerra ed al
2 Consiglio dell’esercito, convocato in tempo di guerra, con funzioni consultive per il Re (“comizio” = cum + deriv. di ire = luogo ove si va insieme). La “centuria” è una unità della legione formata da 100 soldati.
3 Il “console” è l’erede del potere dei Re. Ha la guida dell’esercito in tempo di guerra, convoca e presiede le assemblee del popolo ed il Senato ed è il più alto rappresentante del potere esecutivo. L’istituzione è del 509, il mandato annuale e l’elezione è affidata ai comizi curiato e centuriato riuniti insieme. 4 Assemblea consultiva e di indirizzo politico istituita nei primi anni del regime monarchico con funzioni di consiglio per il Re. In origine era costituito da circa 100 uomini rigorosamente scelti, a vita,
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Comizio curiato5 del tempo di pace, erano stati praticamente esautorati dalla nuova costituzione di Servio Tullio a favore di un nuovo Comizio centuriato, rappresentante le 5 nuove classi censorie di cittadini romani (con l’esclusione quindi della plebe6) suddivise in gruppi di 100, che era assurto a massimo organo legislativo dello Stato. In seguito il comizio curiato perderà quasi completamente le sue funzioni mentre il Senato, allargato a 300 membri, riprenderà le sue funzioni primitive. inizio sec. V Magna Grecia: nei primi anni del secolo viene fondata la scuola filosofica di Elèa. Figure di primo piano della scuola eleatica sono Senòfane di Colofòne, Parmènide e Zenone. A Reggio giunge (496) lo scultore Pitagora, nativo come il suo più conosciuto omonimo, dell’isola di Samo; vi resterà per tutta la vita apprendendo dal maestro locale Clearco l’arte intima della scultura nella quale poi primeggerà in modo assoluto nella Magna Grecia e rivaleggerà addirittura, in fama e perfezione del modellato, con il grande Fidia. Nel 494 ancora a Reggio si instaura l’unica tirannide calabrese, quella di Anassilàos (494-476), generale di origini messene, e la città dello Stretto assurge al ruolo di grande potenza. Il suo dominio è esteso a tutta l’area, strategicamente importantissima, dello Stretto di Messina e la sua influenza giunge fino al territorio siciliano di Hymera. Altre tirannidi governano le grandi città siciliane, da Akràgas (Terone, 488-472, genero di Gelone tiranno di Siracusa e Gela; altro grande tiranno era stato Falàride, 570555) a Syrakis (Gelone, 485-478; Gerone I, 478-467, fratello di Gelone e poi Dionisio I, 405-367, Dionisio II, 367-344 e Gerone II, 265-215) ad Hymera (Terillo), ecc. Con Gelone e Gerone Siracusa inizia l’ascesa militare che la porterà in breve, nonostante l’alleanza anti-siracusana Reggio-Taranto, a dominare il basso Tirreno con l’intera Campania e ad influenzare la politica locrese. tra i capi delle famiglie patrizie, ma con il regime repubblicano i membri diventano 300 scelti sempre nell’ambito del patriziato. È presieduto dal console che lo convoca, emana pareri fortemente decisivi in forza non della Costituzione ma del suo prestigio, nomina l’eventuale dittatore, ratifica le decisioni consolari, mobilita l’esercito o la flotta, indirizza la politica estera e quella giudiziaria, ecc. Il mandato dei suoi membri è, come durante il regime monarchico, a vita ma con possibilità di espulsione per indegnità. Con l’avvento dell’Impero cesserà di essere il centro della vita politica romana, essendo sostituito dalla persona dell’imperatore, e conserverà solo funzioni di rappresentanza. Nella storia di tutti i tempi e di tutti i popoli, il Senato romano resterà sempre e comunque un esempio ineguagliato di saggezza politica.
Assemblea delle 30 curiae ossia dei 10 quartieri in cui era divisa ciascuna delle tre tribù (latini, sabini ed etruschi) costituenti gli abitanti di Roma. È convocato in tempo di pace. 5
La “plebe” di Roma, costituita dall’insieme degli abitanti proletari della città (persone con reddito modesto, contadini suburbani trasferiti in città, nullatenenti, schiavi, stranieri, ecc.), non fa parte dei “cittadini” romani né quindi del cosiddetto “popolo” di Roma ed è pertanto priva di diritti. Ai plebei fa da contraltare il gruppo sociale dominante, quello dei “patrizi”, cittadini romani discendenti direttamente da Romolo e dai circa 100 “patres” fondatori della città. 6
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inizio sec. V Atene e Sparta, le due città più potenti della Grecia, rivali da sempre, sono impegnate nelle due vittoriose guerre persiane (499-479; l’impero persiano tenta prima di ridurre la presenza greca in Asia e poi di allargare i propri domini anche all’interno della stessa Grecia. Battaglie di Maratona, 490, e Salamina, 480, vinte entrambe dagli ateniesi; battaglia delle Termopili, 480, persa dagli spartani. Alla guida dell’impero persiano è nel 490 Dario I e nel 480 il figlio Serse. L’alleanza Atene-Sparta sconfigge definitivamente i persiani nel 479 nella battaglia terrestre di Platea ed in quella navale di Mileto). Atene, jonica, governo democratico, massima potenza navale, raccoglie attorno a sé le città della “lega delio-attica”; Sparta, dorica, governo aristocratico, massima potenza terrestre, è invece la guida della “lega peloponnesiaca”. prima metà sec. V Roma: il primo periodo repubblicano, dominato interamente dalla classe patrizia, assiste però all’avvio del processo di emancipazione della plebe. Si tratta in realtà dell’inizio di un percorso in parte forzato dalle rivendicazioni plebee, talvolta violente, ed in parte concesse tacitamente dalla classe aristocratica per evidenti motivi di opportunità e necessità (riconoscendo l’assoluta indispensabilità dei servigi della classe subalterna): nel 494 vengono istituite le figure dei tribuni (prima 2 poi 10; magistrati eletti dall’assemblea della plebe – il cosiddetto Comizio tributo – per la durata di 1 anno con funzioni deliberative valide però solo per la plebe ma con diritto di veto verso qualunque legge dello Stato ritenuta lesiva degli interessi della classe proletaria) e quelle degli edìli (due personalità elette ancora per 1 anno, subordinate però ai tribuni, con funzioni di controllo sull’attività edilizia cittadina e sulla costruzione di strade, teatri, ponti, acquedotti, ecc.); nel 451 viene emanato il “Codice delle 12 tavole”, il fondamento scritto del Diritto romano che riconosce, tra l’altro, ai plebei importanti diritti, seppur limitati (notevole è la sottrazione della esclusività dell’interpretazione del Diritto consuetudinario ai magistrati patrizi); nel 445 viene infine abolito il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei (lex Canuleia). L’emancipazione della plebe proseguirà nei secoli successivi: nel 367 si avrà la sua ammissione all’istituto del consolato e quindi al Senato ove i consoli sono ammessi, a vita, di diritto; nel 356 l’ammissione alla dittatura7; nel 351 l’ammissione alla censura8; nel 337 l’ammissione alla pretura9 e quindi alla questura10; nel 300 Magistratura istituzionale eccezionale. Il dittatore, con mandato di 6 mesi prorogabili e con poteri straordinari, viene scelto e nominato dal Senato per risolvere eventuali gravi contrasti tra i due consoli. Di norma è individuato tra gli ex consoli. L’istituzione è dei primi anni repubblicani. 7
Il “censore” è il responsabile del controllo del censo (patrimonio) dei cittadini. Ha il controllo anche delle indagini patrimoniali sui candidati agli uffici pubblici e designa i nuovi membri del Senato in sostituzione di quelli defunti o espulsi. L’istituzione è del 443, il mandato di 5 anni. 8
Il “pretore” è un figura istituzionale che, in posizione ausiliaria, affianca i consoli con poteri eminentemente giurisdizionali. L’istituzione è del 367, il mandato di 1 anno. 9
10 Il “questore” è una figura istituzionale che, in posizione ausiliaria, affianca i consoli durante le campagne militari fuori Roma. Ha anche funzioni finanziarie e fiscali. Istituzione del 509, mandato 1 anno.
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l’ammissione alle cariche sacerdotali; nel 287 il riconoscimento della validità delle deliberazioni delle assemblee della plebe (il già citato “comizio tributo”) e l’estensione della validità delle deliberazioni dei tribuni a tutto il “popolo” romano (lex Hortensia. Il popolo, da cui sarà ancora esclusa la plebe, continuerà tuttavia ad essere costituito unicamente dai “cittadini” romani: patrizi e aristocratici, grandi proprietari terrieri, grandi commercianti e mercanti, persone con reddito cospicuo; la plebe sarà ammessa a farne parte solo sul finire dell’età repubblicana). 450-429 Grecia: Atene vive la cosiddetta “età di Pericle”, l’età della grande democrazia guidata con decisionismo ma nel rispetto formale delle regole democratiche da Pericle, giovane aristocratico leader del partito democratico già dal 470 circa. È l’età dei grandi tragediografi Eschilo, Sofocle, Euripide e, poco più tardi, del commediografo Aristofane, dell’altrettanto grande architetto e scultore Fidia, dell’urbanista Ippodamo da Mileto, del filosofo Socrate e degli storici Erodoto e Tucidide. Pericle completa le riforme costituzionali avviate dai suoi predecessori Clistene e Temistocle (numero degli arconti ampliato da 9 a 10; istituzione del “Consiglio dei 500” massimo organo esecutivo composto da cittadini estratti a sorte annualmente per non più di due volte consecutive ed avente il compito di predisporre gli argomenti da dibattere nell’ecclesia11 e di controllare l’operato degli arconti; assunzione da parte dell’ecclesia di ruolo e funzioni effettive divenendo così il supremo organo legislativo – eletto dai soli cittadini maschi di età superiore ai 18 anni –; istituzione del “collegio dei 10 strateghi” con funzioni militari e mandato annuale; l’areòpago sopravvive ma è ormai privo del suo ruolo e dei suoi poteri) consolidando nel contempo l’impalcatura della democrazia ateniese. Il grande uomo di stato muore nel 429 contagiato dalla epidemia di peste che imperversa in tutta la Grecia. Una indagine meno superficiale di quella usuale, rivela che la cosiddetta “grande democrazia greca” in effetti è una democrazia della minoranza: gli elettori dell’ecclesia, ad esempio, sono solo 43 mila sugli oltre 300 mila abitanti liberi dell’Attica nell’età periclea. Sempre in tale periodo Atene conta 18 schiavi per ogni cittadino maschio adulto (ad una popolazione di circa 90 mila cittadini liberi, donne e bambini compresi, si contrappone quella di circa 365 mila schiavi e 45 mila liberti – schiavi liberati – e stranieri, tutti privi di diritti). Un censimento effettuato un secolo dopo, nel 332 a.c., darà un quadro ancora più desolante della situazione: a fronte di poco più di 20 mila persone di stato libero (circa 9 mila “ricchi”, possessori cioè di oltre 2.000 dracme, e circa 12 mila appartenenti ai ceti meno abbienti) ci saranno quasi 500 mila persone (schiavi e servi) di stato servile! 427-396 Magna Grecia: guerra in Sicilia tra Siracusa (Stato sempre più potente ed ege11
città.
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Assemblea dei cittadini, con funzioni consultive, delegata a discutere i più vari problemi della
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monico, sostenuto da tutte le città siceliote doriche, eccetto Camarina, e da Locri) e Lentini (sostenuta, nella difesa dalle mire espansionistiche siracusane, da tutte le città calcidesi dell’isola – Naxos, Tauromenio, Katane – e da Reggio, Messena ed Atene). In appoggio a Lentini Atene invia a Reggio (427) una sua flotta e nelle acque dello Stretto ha luogo una spettacolare battaglia navale. Dopo alterne vicende Siracusa ha la meglio, conquista Lentini e il suo territorio, Selinunte e minaccia Segesta (415) che chiede ancora aiuto ad Atene la quale invia ancora una volta una grande flotta forte di ben 40.000 uomini. Riesce ad avere la meglio di nuovo Siracusa (appoggiata anche da Sparta e da Corinto) che clamorosamente sconfigge (413) e distrugge la spedizione ateniese sterminandone gli uomini: i sopravvissuti finiranno la loro esistenza nelle famose “latomìe” della città siciliana. Durante questa fase della guerra sia Reggio che Locri si mantengono neutrali. Reggio in particolare vive un periodo di grande democrazia: al Senato del popolo, composto, similmente ad Atene, dai pritanei (nella città greca i “pritanei”, deputati con funzioni di consiglieri, con mandato pari a 1/10 di anno e guidati dall’ “epistate” estratto a sorte ogni giorno con funzioni di Capo dello Stato, sono 50) vengono affiancate le figure degli “arconti” ateniesi (v. pag. 27). Siracusa si conferma dunque prepotentemente come la potenza imperiale più forte dell’Occidente. Non riesce tuttavia a conquistare Segesta, compito delegato a Selinunte che tenta invano l’impresa numerose volte. Nel 409 è invece proprio Selinunte ad essere rasa al suolo da Cartagine, chiamata in aiuto da Segesta, che conquista anche Hymera ed Agrigento (406). La presenza vittoriosa cartaginese in Sicilia crea a Siracusa un diffuso malcontento popolare che sfocia nella tirannide di Dionisio I (405). Dionisio, ambizioso e deciso di estendere il dominio siracusano sull’intera Italia continentale magnogreca, riconquista (405-396) tutte le città siciliane perdute, firma poi un accordo con i cartaginesi ai quali lascia la parte occidentale dell’isola e si allea con Locri e con il popolo dei lucani (tribù campane di origini enotro-sannite che già dalla metà del sec. V minacciano da nord le città greche della Calabria tentando di prenderne il sopravvento; gli antichi popoli degli enotri, degli itali, dei siculi, ecc. non esistono più probabilmente assorbiti dall’integrazione con i coloni greci di cui hanno evidentemente assunto anche la lingua) cui promette la spartizione del territorio conquistato. 431-404 Grecia: guerra del Peloponneso tra Atene e Sparta. Atene ne esce sconfitta perdendo nel continente la supremazia politica in favore della città rivale, e nell’Egeo, il dominio commerciale in favore della Persia, ora alleata di Sparta. Nonostante l’impegno peloponnesiaco Atene dimostra tuttavia ancora la sua grandezza intervenendo anche nelle questioni delle colonie d’oltremare (v. punto precedente). 400 circa Roma: per facilitare gli scambi commerciali viene introdotta la moneta metallica chiamata genericamente “pecunia” (da “pecus” = bestiame, la merce di scambio cioè – polli, maiali, pecore, asini, mucche, ecc. – con la quale finora si era commerciato). Non è la prima monetazione del mondo occidentale poiché già nei sec. VI-V le zecche delle principali città della Grecia e della Magna Grecia avevano coniato 35
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monete in argento e in altri metalli (belle e famose erano quelle reggine con l’effigie di Anassilàos e quelle siracusane). L’unità monetaria è l’ “asse”, moneta di rame del peso di 1 libbra (0,349 kg) e del valore di circa 2.000 lire odierne. In seguito saranno introdotti il “sesterzio” d’argento (pari a 2,5 assi), il “danaro” d’argento (4 sesterzi = 10 assi), il “talento” d’oro, ecc. sec. IV Il suolo greco è di nuovo teatro di grandi battaglie: è la guerra “corinzia” che vede Corinto, Argo, Tebe e poi anche Atene, combattere contro Sparta (395) accusata di eccessiva arroganza egemonica. La guerra termina nel 386 con il ridimensionamento della potenza di Sparta ed il riaffermarsi nel territorio della solita miriade di staterelli. Nel 371 Sparta è sconfitta ancora da Tebe, potenza nascente, a Leuttra; Tebe riesce però ad imporsi sulle città greche solo per 10 anni, fino alla morte cioè del capo tebano Epaminonda (battaglia di Mantinea, 362). Negli anni successivi tutta la Grecia attraverserà un periodo di grande confusione e sarà Filippo II di Macedonia ad imporre (338) la sua egemonia sconfiggendo in Beozia, a Cheronea, la coalizione antimacedone guidata dall’ateniese Demostene, l’autore inascoltato di tanti accorati ed infuocati avvertimenti contro Filippo (le famose “filippiche”). A Filippo succede (336) il ventenne figlio Alessandro III (successivamente detto, ed a ragione, “Magno”) che nell’arco di alcuni anni (334-331) conquisterà alla Macedonia anche il vastissimo impero persiano portando ovunque la cultura greca. L’impero di Alessandro si disintegrerà però rapidamente, per impossibilità pratica di “gestione” dopo la sua prematura morte (Babilonia, 323). sec. IV Magna Grecia: Dionisio I di Siracusa prosegue nella sua opera di conquista occupando Messina, Katane, Naxos, Mylai, le Eolie (396-393) e ponendo in assedio Reggio (389) che viene conquistata per fame (387) e quindi saccheggiata e distrutta. Nel 388 erano già cadute tutte le città della Calabria meridionale di entrambe le coste fino all’istmo di Catanzaro; nel 380 è la volta di Crotone. Il dominio di Dionisio si estende ormai sull’Adriatico fino ad Ancona e sul Tirreno fino alla città etrusca di Pyrgi. Tutte le città tornano però libere alla morte di Dionisio (367) ed anche Siracusa si libera della dinastia cacciando Dionisio II (356) che si stabilisce a Reggio (da lui ricostruita e chiamata “Febea” ossia “Città del Sole”) finché non viene scacciato anche dalla città calabra (352). In questo periodo nell’alta Calabria inizia lo stanziamento dei bruzi, tribù italiche di stirpe osca (osci: antico popolo campano formatosi nel sec. V dalla fusione tra sunniti ed opici, anch’essi campani) provenienti dall’Italia centrale. Dopo aver stipulato un accordo con i lucani in virtù del quale vengono loro riconosciuti tutti i territori conquistati e da conquistare a sud del fiume Lao, i bruzi nel 356 si costituiscono in Stato federale con capitale Cosentia: è il primo popolo che crea una pseudo-unificazione politica e territoriale della regione o almeno di una sua parte. La loro attività è la pastorizia e l’agricoltura, l’indole è guerriera con forte tendenza al dominio ed al potere, scrivono in greco ma gli usi ed i metodi di auto36
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governo sono italici. Nel 353 conquistano Laos, Temesa, Thurii, Petelia, Hipponion, Tiriolo, Paludi, Pandosia e minacciano da vicino Crotone e Locri; in quest’ultima città la poetessa Nosside incita i suoi concittadini a difendere la città dai “barbari”. Nel 338 il territorio della ex Magna Grecia è ormai ridotto a strisce di terra costiera sempre più strette. seconda metà sec. IV Roma: con l’inizio della prima delle tre guerre sannitiche (343) la città eterna, dopo aver consolidato, nei secoli precedenti, il suo dominio sul Lazio, avvia la sua espansione sul territorio italiano: già nel 272 sarà padrona dell’intero territorio peninsulare; degli anni 280-275 sarà invece la guerra contro Pirro, re dell’Epiro, venuto in Italia per difendere Taranto. In campo sociale è l’epoca in cui viene costruita la prima strada “romana”, la via Latina (370) che unisce Roma ai Colli Albani, ad essa segue la via Appia (Roma-Capua) ed il primo acquedotto “romano” (acquedotto dell’Acqua Appia) entrambi voluti dal censore e console Appio Claudio (310). 272 Magna Grecia: l’Italia meridionale è interamente sotto la giurisdizione di Roma. Le città magnogreche accolgono dentro le loro mura presìdi romani ma formalmente Roma le lascia indipendenti e permette loro una certa forma di autogoverno. Allo stesso modo vengono trattati i bruzi ed i lucani. Tale atteggiamento tollerante, dettato dalla volontà di Roma di instaurare proficui rapporti culturali e commerciali con la Grecia, dà molto presto i suoi frutti: dalla Grecia e dalla Magna Grecia giungono a Roma dotti, maestri, medici, poeti, artisti vari, ecc. attraverso cui i romani apprendono i modi e la cultura di una civiltà più raffinata della loro. Anche i romani peraltro si portano in Magna Grecia per studiare ed ammirare le vestigia del passato. La conseguenza più immediata dell’intesa tra Roma e il mondo greco è la rottura dell’antico e tacito patto di coesistenza pacifica con Cartagine, risalente addirittura al tempo dei re etruschi. 264-201 Roma: è il periodo delle prime due guerre puniche (264-241 e 218-201); i motivi sono contingenti, le motivazioni no. Roma, ormai avviata alla conquista della supremazia militare e politica dell’area mediterranea, vuole difendere i territori meridionali appena conquistati, mettere le mani sulla Sicilia e tentare infine di conquistare la supremazia commerciale nel Mediterraneo ridimensionando la grande concorrenza cartaginese. Nell’intervallo tra le due guerre Roma conquista la parte d’Italia non ancora assoggettata (Sardegna, Corsica, Gallia cisalpina, Liguria). La disfatta di Cartagine (Prima e Seconda guerra punica) e di Annibale (Seconda guerra punica) provoca anche il declino della breve stella dei bruzi i quali, alleati di Annibale, avranno da Roma un trattamento poco onorevole poiché diverranno schiavi e servi dei patrizi romani. 37
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All’inizio del nuovo secolo (sec. II a.c.) il dominio di Roma è ormai esteso all’Italia continentale e alle sue isole, all’Africa del Nord, all’Asia Minore, alla Spagna e all’intero Mediterraneo. sec. II Grecia: dopo la seconda guerra punica Roma effettua i primi interventi, vittoriosi (197) nelle vicende orientali su provocazione del re di Macedonia Filippo V, alleato del cartaginese Annibale e spesso minaccioso nei confronti dei vari stati greci tornati liberi dopo la dissoluzione dell’impero alessandrino. Nel 168 sconfigge definitivamente la Macedonia riducendola, assieme alla Grecia, a provincia12 romana. La provincia sarà una delle più pacifiche per tutta la durata dell’Impero e, dopo aver subito le grandi invasioni barbariche dei sec. IV-V d.c. (goti di Alarico, unni, slavi, ecc.) si avvierà verso il lungo periodo di decadente dominio bizantino. sec. II Magna Grecia: Roma occupa direttamente le città greche che ora divengono semplici colonie prive anche di ogni parvenza di indipendenza. Come le altre terre meridionali anche la Calabria quindi si avvia ad essere anonima terra romana con lingua latina. Dall’antica Thurii, ora Copia, nascerà – sembra – il futuro imperatore Cesare Ottaviano Augusto. Nel 149 inizia la terza guerra punica che si conclude con la definitiva e completa distruzione di Cartagine (146). Nel 132 il console romano Publio Popilio Lenate porta a termine la via che da lui prenderà il nome, la via Popilia che congiunge Capua (oggi S. Maria Capua Vetere) a Reggio seguendo approssimativamente l’odierno tracciato dell’autostrada del Sole. Verso la fine del secolo Roma avvia il processo di fusione tra romani e italici conquistati; i cittadini romani mantengono tuttavia importanti privilegi rispetto ai popoli alleati che pure combattono e muoiono nelle guerre romane. La fine di ogni discriminazione avverrà poco più tardi (90) quando, di fronte alle imponenti ribellioni dei popoli meridionali (sanniti, apuli, lucani, bruzi) che mettono in pericolo la stessa capitale, l’urbe concederà a tutti gli italici il diritto di cittadinanza romana (lex Julia) e tutta la penisola diverrà un solo Stato. Nell’88 Reggio viene elevata a municipio13. Locri lo era già dal 205. 12 Territorio conquistato e assoggettato al diretto controllo romano. Come terra conquistata ha l’obbligo di versare onerosi tributi al popolo di Roma ma i suoi abitanti non hanno cittadinanza romana e sono pertanto privi dei diritti politici fondamentali connessi ad essa (voto nelle assemblee romane, diritti garantiti dalle leggi, ecc.). È amministrata da un proconsole o un propretore con pieni poteri civili e militari.
La dignità di “municipio” viene concessa da Roma a quelle città conquistate a cui non viene riconosciuto il diritto di cittadinanza ma alle quali, in virtù del versamento alle casse dello Stato di tasse molto pesanti ed a condizione di praticare al meglio il più gravoso diritto-dovere di servire l’esercito romano, viene consentita una certa autonomia amministrativa assieme al diritto del mantenimento delle antiche usanze, delle tradizioni e delle credenze religiose. 13
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seconda metà sec. I Le antiche e gloriose città della Magna Grecia divengono anonime e grigie città dimenticate e restano ai margini dei grandi avvenimenti della storia della Roma imperiale. Si risveglieranno alla fine dell’Impero (476 d.c.) con l’avvento della dominazione bizantina. inizio dell’epoca imperiale Roma: Giulio Cesare avvia il processo di formazione del regime monarchico imperiale realizzato poi dal figlio adottivo Ottaviano. Questi gli eventi e le date più importanti: Giulio Cesare: Nascita a Roma 102 / 100 a.c. (dalla famiglia patrizia dei Giuli); questore in Spagna 70; edìle 65; pontefice max 63; pretore 62; console 60 (primo triunvirato con Pompeo e Crasso; vengono attuate, con l’appoggio del popolo, le riforme economiche e sociali già tentate dai fratelli Caio e Tiberio Gracco nel secolo precedente); conquista della Gallia 58-52; console 48 (per 5 anni); dittatore 45 (a vita con il titolo di “imperàtor” – comandante militare supremo – e titolare quindi di ogni comando politico e militare); potere tribunizio a vita 45; adozione di Ottaviano 45 (figlio di Azia, a sua volta figlia di Giulia sorella di Cesare); uccisione 44 (nei locali del Senato). Ottaviano: Nascita forse a Thurii 63 c.; rientro a Roma dall’Illyria 44; prima nomina a console 43 (secondo triunvirato con Antonio e Lepido; il consolato lo otterrà in seguito altre 13 volte); giuramento di fedeltà dei senatori 32; conquista dell’Egitto 30; titolo di “augustus” 27 (conferisce potere sacrale e di prestigio); titolo di “princeps” (primo) e “imperàtor” 27; assunzione dei poteri dei tribuni della plebe 23; assunzione dei poteri di console preminente a vita 19; pontefice max 12; titolo di “pater patriae” 2 d.c.; morte 14 d.c. sec. I a.c.-I d.c. Roma: nell’età augustea la città vive un periodo di grande risveglio culturale. Figure eminenti dell’epoca sono, tra le altre, quelle di Gaio Mecenate (Arezzo, 69-8 a.c.; consigliere dell’imperatore e “sponsor” della nuova fase culturale che fiorisce attorno al nuovo regime), Publio Virgilio Marone (Mantova, 70-19 a.c.; poeta sensibile e raffinato di origini agricole, autore dei carmi pastorali “Bucoliche”, “Egloghe” e “Georgiche”, superbe trasfigurazioni delle immagini della natura in mirabili motivi lirici, e della “Eneide”, poema epico scritto su incitamento dello stesso Augusto ed in cui l’autore ne glorifica la figura cantando la storia di Enea e l’epopea di Roma e del suo impero), Quinto Orazio Flacco (Venosa, Potenza, 65-8 a.c.; poeta liberto latino legato a Mecenate da profonda amicizia ed iniziatore del genere letterario satirico; tra le sue opere “Le satire”, “Le epistole”, “Le odi”, “Gli epòdi”), Publio Ovidio Nasone (Sulmona, L’Aquila, 45 a.c.-17 d.c.; uno dei massimi poeti latini dell’epoca, autore delle “Metamorfosi”, dei “Fasti” e dei “Tristia”) e Tito Livio (Padova, 59-17 d.c.; storico ed autore degli “Annali” in cui racconta, spesso romanzando ma sempre 39
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con grande efficacia letteraria ed in sintonia con il programma augusteo di moralizzazione dei costumi, 745 anni della storia di Roma). Durante il regno di Nerone poi vivono a corte Lucio Amnèo Seneca (Cordova, 4 d.c.-65 d.c.; filosofo e retore, precettore di Nerone fanciullo, suo consigliere e ministro fino al 62 e, accuato di congiura, costretto ad uccidersi) e Caio Petronio Arbitro (sec. I d.c.; aristocratico romano, scrittore realista e autore del “Satyricon”, 16 libri di satira in prosa ed in versi sulla vita e gli avvenimenti del tempo; accusato di congiura è costretto, come Seneca, al suicidio nell’anno 65). Mentre Roma vive con grandi ambizioni l’inizio del regime imperiale, nell’anno augusteo romano 753 (anno 0 della storia umana) in Palestina avviene un evento eccezionale che sconvolgerà la stessa storia del mondo, e non solo di quello occidentale: in una povera grotta della piccola città giudea di Betleèm, presso Gerusalemme, indicata dalle profezie come prescelta da Dio per la nascita del Messia, nasce Gesù Cristo, colui che darà compiutezza alle antiche Scritture di Israele, il Figlio di Dio che con il suo sacrificio donerà all’umanità la possibilità della salvezza eterna, il Dio incarnato che entrando nella storia dell’uomo la spezzerà prepotentemente in due. La “Buona Novella” cristiana si diffonderà presto, grazie ai discepoli di Cristo, sull’intero territorio dell’Impero ponendosi ovviamente in forte contrasto con la consolidata religione pagana dell’epoca. Questi i contenuti e i principi fondamentali predicati dalla nuova religione: Dio unico ma anche trino; Gesù figlio unigenito di Dio, vero Dio e vero uomo e seconda persona della Trinità; rapporti tra gli uomini guidati dall’amore, dalla carità, dall’umiltà, dalla verità, dalla giustizia, dalla comprensione e dal perdono pur nella completa libertà di scelta dell’essere umano; aldilà ultraterreno secondo la fede e i meriti; rifiuto di ricchezze, glorie e piaceri effimeri e ricerca della ricchezza e della gioia eterne; riscatto escatologico degli ultimi e dei poveri; salvezza eterna assicurata a tutti i fedeli dal sacrificio di Cristo sulla Croce; morte, resurrezione e ascesa in Cielo di Gesù; Dio creatore, salvatore e consolatore costantemente presente nella vita dell’umanità e, addirittura, con possibilità di comunione “fisica” con l’uomo attraverso la persona del Figlio e il “miracolo” della transustanziazione. Nel periodo in cui l’Europa meridionale e il vicino Oriente sono teatri degli avvenimenti epocali accennati in queste pagine, l’Europa centrale e nordica continua a rimanere una immensa foresta (v. pag. 25) abitata da popolazioni rozze e nomadi ancora lontane dall’intraprendere il cammino dello sviluppo e della civiltà. sec. I d.c. Cristianesimo: dopo la morte e la resurrezione di Gesù (33 d.c.)14 la religione La morte di Gesù dovrebbe essere in realtà collocata, secondo calcoli più precisi, nell’anno 2829 dell’odierno sistema di numerazione degli anni. L’anno 0 della storia umana (anno della nascita di Cristo), fissato dal monaco Dionigi il Piccolo (sec. VI), nell’anno 753 di Roma, sarebbe infatti da anticipare, rispetto alla data attuale, di 4 o 5 anni. 14
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cristiana inizia a propagarsi nelle province orientali dell’Impero e nell’intero mondo romano. Paolo di Tarso, un pagano convertito già persecutore della nuova fede, è il primo a predicare (anni ‘40-’50) le parole di Cristo forte delle “apparizioni” dello stesso Messia crocifisso. Morirà martire a Roma nell’anno 66 (o 67) e diverrà “San Paolo”. La vita del “Figlio di Dio” viene invece narrata da scritti (i “Vangeli”) di altri discepoli. La Chiesa ne riconoscerà ispirati da Dio solo quattro, tutti successivi alla predicazione paolina: i tre sinottici – ossia leggibili parallelamente data la grande somiglianza – degli apostoli S. Marco (autore del Vangelo più antico), S. Matteo e S. Luca, tutti databili agli anni ‘50-’70 del secolo, e il Vangelo più “teologico” dell’apostolo S. Giovanni (scritto negli anni di fine secolo). Un altro apostolo, S. Pietro, è il primo “vicario” visibile di Cristo sulla Terra. Avrà le redini della Chiesa nascente fino al martirio a Roma nell’anno 67. Il primo secolo del primo millennio cristiano vede però la nascita anche delle prime grandi persecuzioni contro i seguaci della nuova religione: la Roma imperiale non intende far sopravvivere una religione proveniente da una remota provincia, che ha per fondatore un povero falegname e che tende a ribaltare totalmente i fondamenti della religione romana di cui l’imperatore stesso è custode. Nei suoi primi tre secoli di vita il Cristianesimo dovrà contare centinaia di migliaia di martiri. sec. I-II d.c. Roma: questi i primi successori di Augusto, nel nuovo regime destinato a durare per ben cinque secoli (da Augusto, 27 a.c., a Commodo, 192 d.c.): Famiglia Giulio-Claudia: Augusto (27 a.c.-14 d.c.); Tiberio (14-37) nipote e figlio adottivo di Augusto; Caligola (37-41) nipote di Tiberio; Claudio (41-54) zio di Caligola e nipote di Tiberio; Nerone (54-68) nipote di Caligola e figlio adottivo di Claudio. 68-69 interregno di Galba (già governatore della Spagna) - Otone (già governatore della Lusitania, approssimativamente l’odierno Portogallo) - Vitellio (comandante delle truppe dislocate in Germania). Famiglia dei Flavi: Vespasiano (69-79) comandante delle truppe stanziate in Palestina; Tito (79-81) figlio di Vespasiano; Domiziano (81-96) figlio di Vespasiano; muore senza eredi. Famiglia degli Antonini: Nerva (96-98) anziano senatore eletto dal Senato; Traiano (98-117) figlio adottivo di Nerva; nativo di Italica (Spagna) e governatore della Germania; Adriano (117-138) figlio adottivo di Traiano; nativo di Italica; Antonino Pio (138-161) figlio adottivo di Adriano; 41
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Marc’Aurelio (161-180) figlio adottivo di Antonino Pio; è l’imperatore filosofo; Marco Aurelio Commodo (180-192) figlio di Marc’Aurelio; viene ucciso da una congiura. Con l’ascesa al potere di Commodo, giovane 19-enne corrotto e inetto, che delega il governo ad uomini sempre più incapaci e inaffidabili giungendo così all’instaurazione di un regime dispotico e sanguinario, inizia ad essere preoccupante la situazione sia interna romana che ai confini dell’impero dove rivolte e pressioni dei barbari si fanno sempre più minacciose. Commodo ha inoltre la grave responsabilità di aver posto termine al lungo e proficuo periodo di “pax romana” avviato da Vespasiano. La “pace” aveva favorito nell’intero bacino del Mediterraneo un eccezionale sviluppo economico grazie al progresso delle attività imprenditoriali ed all’intensificarsi ed all’ampliarsi dei traffici commerciali ormai attivissimi in tutto l’Impero lungo la estesa e ben organizzata rete stradale che aveva raggiunto a nord le coste del Baltico e ad est l’India e la Cina. sec. I-II d.c. Il punto sull’estensione territoriale dell’Impero romano: Conquiste dell’età repubblicana: Italia - Spagna - Africa del Nord (Tunisia. Costa libica), Illyria (Jugoslavia, Albania, Grecia, Macedonia), Asia Minore (Turchia occidentale), Siria, Palestina, Europa centrale (Rezia, Norico e Pannonia ossia, approssimativamente, gli odierni territori di Svizzera, Germania meridionale, Austria, Ungheria). Età di Cesare e Ottaviano: 58-52 Gallia (Francia, Paesi Bassi, Germania occidentale) e Numidia (Africa del nord-est); 30 Egitto. Sec. I-inizio sec. II d.c.: Britannia, Dacia (Romania), Tracia (Bulgaria), Cappadocia (Turchia orientale), Mesopotamia, Armenia (Caucaso meridionale), Bosforo (Crimea), Arabia (Sinai, Giordania), Mauritania (Algeria e Marocco settentrionali). sec. II Cristianesimo: è l’inizio della cosiddetta “età patristica” il periodo, cioè, che segue immediatamente l’età apostolica. L’età dei “padri” della Chiesa abbraccerà anche i due secoli successivi e sarà determinante per la sistemazione teologica della nuova religione già insidiata da precoci e gravi posizioni ereticali (eresie gnostica sulla dualità di Dio, ariana sulla natura e la sostanza delle tre Persone della Trinità, pelagiana sulla trasmissione del peccato originale e sul battesimo, nestoriana sulla natura di Cristo, ecc.). Tra i “padri” più conosciuti: S. Atanasio (295-373), vescovo di Alessandria d’Egitto, S. Gregorio Nazianzeno (329-390), vescovo di Costantinopoli, S. Basilio Magno (330-379), vescovo di Cesarea di Cappadocia, S. Gregorio Nisseno (335395), vescovo prima di Nissa e poi del Ponto, S. Giovanni Crisostomo (345-407), vescovo di Costantinopoli, per l’Oriente. S. Ambrogio (339-397), vescovo di Milano, S. Agostino (354-430), vescovo di Ippona in Numidia (Algeria), S. Girolamo (347-420), sacerdote dalmata ed esegeta, S. Gregorio Magno (540-604), papa, per l’Occidente. 42
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È da ricordare anche il filosofo, esegeta e teologo Origène (185-253 c.), nativo forse di Alessandria d’Egitto cui si deve la prima organizzazione sistematica del pensiero cristiano e l’avvio dell’attenta e paziente opera di raccordo tra la storia e il dogma. Non è annoverato tra i “padri” della Chiesa ma la sua opera maggiore “De principiis” dà già una risposta ai quesiti sull’anima dell’uomo, sul destino delle anime buone e di quelle malvagie, sulla natura di Gesù, sui rapporti tra il Padre e il Figlio, ecc. Ovviamente non tutto è perfetto e anzi i suoi scritti innescheranno per lungo tempo dispute e contrasti: nel sec. IV gli scontri teologici saranno così rilevanti da provocare la quasi completa perdita delle sue preziose opere. Nel 553 anche il Concilio di Costantinopoli condannerà alcune sue dottrine escatologiche. fine sec. II Roma: la morte senza eredi di Commodo crea una situazione analoga a quella verificatasi dopo la morte di Nerone: regnano, eletti dalle corti pretorie o dalle legioni ormai arbitre della vita politica, ben cinque governatori di altrettanti territori dell’Impero. Ha la meglio su tutti (197) il governatore della Pannonia (odierno territorio a cavallo tra Austria ed Ungheria) Settimio Severo, generale africano di Leptis Magna. sec. III Roma: questi gli imperatori succeduti al secondo periodo di interregno (da Settimio Severo, 193, a Costantino, 306): Famiglia dei Severi: Settimio Severo (193-211) poggia il suo potere esclusivamente sull’esercito avviando la cosiddetta “monarchia militare”; Caracalla (211-217) figlio di Settimio Severo; concede la cittadinanza romana a tutti i cittadini liberi dell’Impero; Eliogabalo (217-222) cugino di Caracalla; Alessandro Severo (222-235) cugino e figlio adottivo di Eliogabalo; viene ucciso dai legionari per la cattiva condotta nella guerra contro i barbari tedeschi e per la eccessiva condiscendenza verso la madre. 235-285 periodo di anarchia militare durante il quale si succedono decine di imperatori, spesso tra loro contrapposti, eletti dai legionari delle varie province. Roma è pertanto attanagliata da una grave crisi istituzionale ed economica mentre alle frontiere (occidentali e orientali) i barbari sono sempre più minacciosi. Nel 285 prende il potere Caio Aurelio Valerio Diocleziano, generale e figlio di un liberto (schiavo liberato) dalmata. Con Diocleziano (285-305) l’Impero intraprende la via della riorganizzazione amministrativa e militare e della restaurazione del potere centrale. Data la vastità del territorio egli associa al potere, in posizioni ovviamente subordinate, un altro “augusto” e due “cesari” più giovani, adottati e destinati alla successione. È la “tetrarchia”: i 4 imperatori si dividono il governo dell’Impero stanziandosi a Nicomèdia in Asia Minore (Diocleziano, per l’Oriente), Milano per 43
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l’Italia, la Spagna, la Rezia (Svizzera-Austria) e l’Africa del nord, Tessalonica per l’Illyria, Treviri in Germania, per Germania, Gallia e Britannia. Dopo l’abdicazione di Diocleziano (305) e dell’altro augusto (305, Massimiano, stanziato a Milano) e la morte del nuovo augusto Costanzo Cloro (306; ex cesare di Diocleziano) una cruenta lotta di potere tra augusti e cesari vari porta al potere nel 306 il figlio di Costanzo Cloro, Costantino, che però ha la meglio sui tanti rivali solo nel 312 (battaglia del Ponte Milvio contro Massenzio, figlio di Massimiano; è la battaglia del famoso segno nel cielo con la scritta miracolosa “In hoc signo vinces”) allorché assume tutti i poteri restaurando nella sua persona l’unità dell’Impero. sec. IV Roma: ripristinato l’antico prestigio, il ruolo sacrale ed il potere dell’autorità imperiale, Costantino (306-337) emana l’editto di tolleranza verso i cristiani (313) e quindi fonda sull’antico sito di Bisanzio la città di Costantinopoli ove trasporta (330) la capitale dell’Impero. Alla sua morte l’Impero è governato malamente e tra continue guerre dai suoi tre figli Costanzo, Costante e Costantino II (337-361) ai quali succede il nipote di Costanzo, Giuliano l’Apostata (animato dall’utopistico desiderio di ripristinare l’antica religione pagana in contrapposizione a quella cristiana ormai diffusa nelle varie regioni imperiali). sec. IV Cristianesimo: a Tagaste in Numidia (odierna Algeria) nasce nel 354 S. Agostino. Nella città africana, assieme al padre Patricio, decurione pagano, ed alla madre Monica, cristiana pia e virtuosa e futura santa, trascorre la prima fanciullezza e dopo anni dediti allo studio (poco), all’ozio e alla dissoluzione, completa gli studi a Cartagine e contemporaneamente ha (372) un figlio cui dà il nome di Adeodato. Nello stesso anno aderisce al manicheismo (religione fondata in Persia dal re Mani, 216277, su elementi gnostici, cristiani e zoroastriani: sin dall’origine nell’Universo sono in eterna lotta il bene e il male, la luce e le tenebre, la materia; la luce è destinata a prevalere sulle tenebre attraverso dure e rigorose pratiche ascetiche) e qualche anno dopo inizia la carriera di insegnante di grammatica e retorica. Nel 384 ottiene la cattedra di retorica a Milano ove si trasferisce con madre e figlio. Nella città lombarda conosce ed ascolta con grande interesse il vescovo locale S. Ambrogio: tale incontro, liberandolo definitivamente dalle idee manichee, lo indirizza inizialmente verso una profonda meditazione del pensiero di Plotino (v. pag. 61) e dei neoplatonici per farlo poi, quasi subito, giungere al cristianesimo e ad una vita di preghiera, di studio, di ascesi e di contemplazione. Battezzato da S. Ambrogio nel 387 ed abbandonato l’insegnamento, ritorna a Tagaste nel 388 e tre anni più tardi è ordinato sacerdote ad Ippona (Algeria; oggi Bona), fonda l’ordine religioso che porta il suo nome e diviene principale ausiliario del vescovo locale Valerio di cui nel 395 è il successore. Muore, ormai vecchio e stanco, ad Ippona nel 430 durante l’assedio della città ad opera dei vandali di Genserico. La figura del Santo africano è fondamentale per l’enorme apporto che le sue speculazioni danno allo sviluppo del pensiero cristiano. La sua filosofia abbandona gli 44
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interessi cosmologici del pensiero greco (v. pag. 49 e seg.) e si incentra totalmente sul problema di Dio e dell’uomo. Essa confuta lo scetticismo attraverso la certezza dell’autocoscienza (ossia del guadagno critico della trascendenza all’interno delle strutture cognitive umane) dalla quale sgorga la verità dell’esistenza, del pensiero e della vita. La verità è presente nell’uomo ma non è prodotta da lui ed esiste in se stessa come ordine trascendente, assoluto, necessario ed immutabile. Occorre fare ricorso a Dio per giustificare l’origine ed il fondamento della conoscenza. Tutta la realtà deriva da Dio e Dio è bene assoluto. Il male non può derivare quindi da Dio. Esso non è una realtà positiva ma soltanto un difetto di bene ossia di essere. Esiste il “male metafisico” dovuto alle limitazioni intrinseche del finito e il “male fisico”, ossia il dolore, che ne è la necessaria conseguenza. Entrambi verificano il concetto di male come privazione. Il vero male è tuttavia il “male morale”, cioè il peccato, che non deriva neanche esso da Dio (da Dio è soltanto permesso) ma dal libero arbitrio dell’uomo. Esistono due forme di libertà, la “libertas maior” , libertà autentica in senso pieno, ossia il libero arbitrio liberato dalla possibilità del male, dell’errore e del peccato, e la “libertas minor”, il libero arbitrio come facoltà di scelta tra bene e male, ancora vincolato alla deviazione morale e all’atto peccaminoso. E senza l’aiuto divino della “grazia”, l’uomo non può fruire della libertas maior, ma è destinato a fare cattivo uso del suo libero arbitrio. Ciò a causa del peccato originale, che ha corrotto talmente la natura umana da renderla incapace di non peccare senza il soccorso di Dio. Da qui la necessità per la salvezza umana dell’incarnazione, della rivelazione e della grazia. Dio nella sua infinita e misericordiosa carità da a tutti la possibilità di salvarsi e occorre confidare sempre nell’amore e nella giustizia di Dio Padre. Tra le opere principali: “De immortalitate animae” (387), “De moribus manicheorum” (388), “De vera religione” (390), “De libero arbitrio” (395), “De doctrina christiana” (396), “Confessiones” (401), opera monumentale in 13 libri, che è insieme la sua autobiografia, la narrazione del suo itinerario spirituale verso Dio e la fede e una trattazione in splendida forma letteraria di problemi filosofici fondamentali, quali, ad esempio, la creazione, la memoria, il tempo (il tempo si presenta nelle sue tre dimensioni di passato, presente e futuro, ma veramente reale risulta solo l’istante presente, in quanto il passato non è più e il futuro non è ancora), il male, la libertà, la grazia, ecc., “De civitate Dei” (410 c.), una delle opere più acute e ricche per dottrina e vigore speculativo, “De Trinitate” (416), ecc. fine sec. IV Roma: alla morte di Giuliano l’Apostata (363) il governo passa, dopo le solite vicissitudini militari e le autoproclamazioni, all’abile ed esperto generale Teodosio (dal 378 in associazione con Graziano, dal 383 in associazione con Valentiniano II e dal 332 da solo). Durante il regno di Teodosio e Graziano si ha la definitiva affermazione della religione cristiana che viene proclamata religione di Stato (380). Graziano rinuncia inoltre alla carica ed alle funzioni di “pontifex maximus” (382) che vengono riconosciute al “papa” del tempo (S. Damaso I) del quale peraltro viene affermandosi il primato su tutte le chiese locali dell’Impero. 45
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Alla morte di Teodosio (395) l’Impero viene nuovamente diviso, e definitivamente, tra i suoi due figli Onorio (cui va la parte occidentale con sede a Milano) e Arcadio (a cui va l’Oriente con sede a Costantinopoli). fine sec. IV Cristianesimo: la Chiesa nascente perfeziona la sua organizzazione secolare avviata già sul finire del sec. II. L’editto costantiniano del 313 (v. pag. 44) e il successivo riconoscimento teodosiano del 380 (v. pagina precedente) le consentono una esistenza non più clandestina. Inizia anzi l’abbraccio con il potere politico e con esso la corruzione dell’autentico messaggio di Cristo e l’avvio di comportamenti repressivi verso eretici, critici e seguaci di altre religioni. Mette in atto, cioè, proprio quei comportamenti riprovevoli che atei e pagani avevano tenuto nei suoi confronti nei primi tre secoli della sua storia. Come da copione, conquistata la tranquillità e il potere, i perseguitati divengono implacabili persecutori! Da qui le lotte senza quartiere alle eresie a ai loro sostenitori, ai pensatori non in linea con il pensiero cristiano, agli stessi cristiani desiderosi di cambiamenti nell’agire della Chiesa e di più aderenza al Vangelo. Da qui secoli e secoli di contrasti, stragi e sangue: crociate, guerre di religione, caccia alle streghe, inquisizione… Da qui i milioni e milioni di uomini uccisi nel nome di Cristo. sec. V Impero Romano d’Occidente: queste le date più significative: 401 I visigoti di Alarico entrano in Italia e vengono respinti; 403 Trasferimento, per motivi di sicurezza, della capitale da Milano a Ravenna; 406 Gli ostrogoti (barbari germanici come i visigoti) penetrano in Italia e vengono fermati in Toscana; I vandali e gli alani (barbari nordici vissuti finora ai margini dell’Impero) invadono la Gallia e la Spagna; 407 I pitti ed i caledoni invadono la Britannia; 410 I visigoti invadono l’Italia e saccheggiano Roma; 423 A Ravenna muore Onorio, dopo decenni di vita vegetativa e di insensibilità verso lo sfascio in cui si ritrova immerso l’Impero e l’Italia. Gli succede il nipote Valentiniano III; l’Impero tuttavia prosegue la sua corsa verso la totale dissoluzione; 423-455 Regno di Valentiniano III; 429 I vandali di Genserico occupano le province africane; 451 Gli unni di Attila (Mongolia) invadono la Gallia. L’anno seguente entrano in Italia ma sono fermati sul Po da papa Leone I; 455-475 Guerre in Italia tra barbari romanizzati e barbari puri; 475-476 Regno di Romolo Augustolo, sedicenne figlio di un generale romano di origini barbare (Pannonia; v. pag. 43), già ministro di Attila. Con Romolo Augustolo cessa di esistere l’Impero Romano d’Occidente: l’ufficiale barbaro al servizio di Roma, Odoacre, re dei germanici “eruli” massicciamente presenti nei ranghi dell’esercito, guidando una ribellione di milizie barbariche, 46
L’età greco-romana: contesto storico e sociale
depone il giovane imperatore15 e governa saggiamente il suo popolo ed il popolo di Roma (ormai ridotto al solo popolo italiano) con il titolo di re (476-493). L’Italia sarà poi governata da Teodorico, re degli ostrogoti (493-526) e dai suoi successori fino al 553 allorché sarà riconquistata (per pochi anni) da Bisanzio. Ravenna resterà centro della vita politica italiana fino al 751 anno in cui assieme alla Romagna cadrà in mano longobarda. Roma rimarrà soggetta all’autorità papale fino al 1870 anno in cui diverrà la capitale del Regno d’Italia sabaudo. L’Impero Romano d’Oriente sopravviverà invece ancora per un millennio fino alla conquista ottomana di Costantinopoli (1453).
L’ultimo imperatore romano d’Occidente viene inviato in esilio a Napoli e recluso in una villacaserma della collina di Pizzofalcone (la collina che si erge di fronte all’isolotto scoglioso sul quale in epoca medievale sarà costruito il suggestivo “Castel dell’Ovo”) ove morirà 34 anni dopo (510). 15
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L’ETÀ GRECO-ROMANA CONTESTO FILOSOFICO
La Grecia faro per la civiltà del mondo occidentale - L’espressione del mondo interiore dell’uomo - L’esercizio del pensiero - La nascita della filosofia - La Scuola Jonica di Mileto - Talete, Anassimàndro, Anassìmene, Anassàgora di Clazòmene - La Terra disco cilindrico - Il principio supremo: Oceano, l’àpeiron, l’aria, il noùs - La Scuola pitagorica di Crotone - Fuoco creatore e immortalità e reincarnazione dell’anima - Il modello cosmologico: fuoco centrale circondato dai corpi celesti conosciuti - Eràclito e l’eterno divenire (“tutto scorre”) - Il fuoco principio creativo - Il logos principio razionale - I sofisti e l’indagine pratica sull’uomo - Protàgora, Gòrgia, Càllicle, Trasimaco, Antifònte ed Ippia di Èlide - Protàgora, il problema della conoscenza e il seme del dubbio - La Scuola elatica e la realtà dell’ “essere” - Senòfane di Colofòne, Parmènide e Zenone - Parmènide e il “tutto è” - Zenone e i paradossi del movimento - Empèdocle e la dottrina dei quattro elementi - La legge dell’odio e dell’amore - La Scuola atomistica di Abdèra - Leucìppo e Demòcrito - Tutto è materia - La “necessità” degli eventi - Socrate, padre della filosofia - La contrapposizione al pensiero tradizionale - Il rifiuto del luogo comune - Il ruolo preminente della coscienza e della riflessione - L’immortalità dell’anima - Aristìppo e la Scuola cirenaica - Diògene e la Scuola cinica di Atene - La vita naturale svincolata da abitudini e convenzioni - La libertà dalle leggi e il cosmopolitismo - Platone e l’ “Accademia” - La “Repubblica dell’uguaglianza” e l’aspirazione ad un mondo diverso - La visione religiosa della vita - Il Dio unico, l’Aldilà, la reincarnazione - La profonda fede nella capacità della mente umana - Un grande seguace: Plotino - Aristotele e il “Liceo” - La deduzione ragionata dai fatti sperimentali - La teoria analitica - I principi indimostrabili e la “verità assoluta” - Dio “Primo Motore Immobile” - Il modello cosmologico geocentrico - La vastissima opera - La scuola stoica e Zenone di Cizio - Epicùro e la logica sensistica - Le “sensazioni” come criterio fondamentale della conoscenza della verità - Il benessere naturale e necessario (il “piacere”) e la quiete suprema (la “felicità”) - La fine della grande stagione della filosofia greca.
La grande civiltà della Grecia pre-romana rappresenta un faro prezioso per lo sviluppo della civiltà dell’intero mondo occidentale. Da essa infatti prenderà l’avvio un nuovo modello di società e con esso la grande arte della politica compartecipativa (la “democrazia”), l’arte dell’espressione viva e palpitante del mondo interiore dell’uomo (la “letteratura”, il “teatro”, l’ “architettura”, la “scultura”, la “pittura”, ecc.) ed anche l’arte dell’abile e proficuo esercizio del pensiero, la “filosofia” appunto, l’amore per la sapienza (filosofia: “phìlein” = amare + “sophìa” = sapienza), la ricerca della spiegazione razionale dei principi generali, fisici o trascendenti, che guidano e regolano la vita dell’Universo e dell’uomo. È il pensatore greco a porsi per primo, in maniera intelligente e capace di speculazione, gli interrogativi che ancora oggi arrovellano il pensiero dell’uomo. Ed è ancora il pensatore greco a tentare di darsi le prime risposte non banali. In queste pagine sono riassunte le grandi linee dell’evoluzione della filosofia greca dalle origini all’avvento del Cristianesimo, al momento, cioè, in cui ha inizio il lungo e difficile confronto tra la vivacità dell’intelligenza e l’accettazione della imperscrutabilità del mistero.
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I PRESOCRATICI:
- Scuola Jonica di Mileto La scuola si propone la determinazione del principio naturale (aria, acqua, terra, fuoco, numeri, movimento, ecc.) da cui traggono origine tutte le cose della natura poi “plasmate” da una serie di pure modificazioni. Ha quindi un grande interesse per tutto ciò che è. Gli esponenti più importanti sono tutti nativi della città jonica: Talete (Mileto, 624-548), Anassimàndro (Mileto, 610-545) e Anassìmene (Mileto, 585-527). Molto più tardi il pensiero della scuola sarà ripreso da Anassàgora di Clazòmene1 (499-428). Talete: “La comprensione delle cose sta nell’osservazione e nella riflessione”. Studioso di astronomia e di geometria (scopre e dimostra, tra l’altro, l’uguaglianza degli angoli opposti al vertice, il teorema sulle rette parallele tagliate da una trasversale, per certi versi l’antesignano del postulato euclideo sulle parallele, ecc.), Talete pensa la Terra come un disco cilindrico piatto galleggiante su una sterminata distesa di acqua sulla quale galleggiano, in alto, anche gli astri. Il creatore di tutto è il titàno Oceano simboleggiante la grande massa di acqua primordiale dalla quale tutto inizia e nella quale, dopo varie modificazioni, tutto finisce. Prima di Oceano esisteva il variegato mondo degli dei più antichi (v. schema nella pagina) ma nulla di più. Il filosofo è pertanto il primo pensatore che attribuisce a tutto il creato un unico principio comune.
Caos
Gea = Gaia
Urano
(Terra)
Nyx
Èrebo
(Notte)
(Tenebre)
Ètere
(Cielo)
(Cielo lucente)
Èmera
(Giorno)
altri figli
(Morte, Sonno, Sogni, ecc.)
12 Titàni2
(tra i quali Crono = Saturno, il più giovane, ed Oceano; da Crono nascerà Zeus)
Clazòmene è un piccolo abitato sito su un’isoletta egea vicinissima a Smirne e fronteggiante le coste dell’Asia Minore. 1
2 Nella mitologia greca saranno chiamati “titàni” anche i discendenti dei 12 titàni figli di Urano e Gea ed altri esseri mostruosi (ciclòpi e giganti con 100 braccia e 50 teste) nati ancora da Urano e Gea.
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L’anima è immortale3 e nelle sue continue modificazioni si reincarna nel corpo di un altro uomo o di un animale o in una pianta o un minerale. Solo Dio (Oceano) è immutabile, immobile e non soggetto quindi alle continue modificazioni che sovrintendono invece ad ogni altra cosa ed è “ciò che non comincia e non finisce”. Tutto il resto è immutabile nella sostanza ma soggetto alle più volte citate modificazioni cicliche (che quindi non ne alterano la sostanza). Anassimàndro: Successore di Talete alla guida della scuola, segue le idee del “maestro” ma pone all’origine dell’Universo un “principio” supremo indefinito, illimitato, eterno, incorruttibile, che contiene tutto (l’ “àpeiron”). Da esso prendono corpo tutti gli esseri e gli elementi del mondo e dall’eterno movimento che gli è intrinseco e dalla separazione degli opposti (caldo, freddo, umido, secco, ecc.), fa derivare le qualità proprie delle varie cose esistenti. E poiché tutto, ad eccezione del “principio” supremo, è soggetto alla nascita e alla distruzione, all’àpeiron tutto poi ritorna per avere in seguito una nuova nascita con una ciclica e infinita ripetizione di cose e di eventi. Tale legge universale che domina e governa non è cieca e ineluttabile ma è ragione e giustizia. Quest’ultima viene attuata attraverso la difficile via dell’espiazione che reprime ogni violazione della legge universale, ricostituendo così l’ordine primitivo. Anassìmene: Allievo di Anassimàndro. Individua nell’aria il principio supremo, infinito e illimitato, che governa e regge tutto: la generazione di ciò che esiste avviene per cicli ripetuti di condensazione e rarefazione. Anassàgora di Clazòmene: Sostiene le idee taletiane, naturalmente aggiornate ai tempi. Le modificazioni non sono “qualsiasi” ma “ordinate e armonicamente” dirette da un “Intelletto” eterno (non più Oceano o l’aria ma il “Noùs”, lo Spirito razionale, diffuso in tutto l’Universo) in contrasto con l’eterno divenire ed il non senso del Dio immutabile del contemporaneo Eràclito (v. pag. 53). - Scuola pitagorica di Crotone La scuola attribuisce al fuoco il principio supremo ed ai numeri la sostanza di tutte le cose; tutti i fenomeni sono quindi espressione di rapporti matematici (quasi di equazioni; il passaggio dalla materia grezza alla materia plasmata è ad esempio identificato con l’antitesi pari e dispari; il numero 1 con la ragione umana, il 2 con l’anima, ecc.; il 10, numero supremo, è somma e sintesi dei numeri 1, 2, 3 e 4, ecc.) e l’Universo è in armonia. Il fine dell’etica pitagorica è quindi volto a ristabilire l’armonia originaria lì dove la disordinata vita di ogni giorno, soggetta fortemente al dominio dei sensi, riesce a turbarla. Da questa concezione derivano la decisa seriosità, l’austerità ed i riti di purificazione cui devono attenersi gli aderenti alla scuola; a ciò è però associata una grande validità di contenuti culturali. 3
Talete asseconda in questo caso credenze molto più antiche.
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L’unico esponente di rilievo è Pitagora (Samo, 572-497); un pitagorico alquanto più tardo è Filolào di Crotone (Crotone, 470-400 circa). Pitagora: Nativo dell’isola egea di Samo si trasferisce presto (532) in Magna Grecia, a Crotone, dove, in sintonia con la sue profonde convinzioni etiche tese al ripristino dell’armonia universale originaria, fonda un “college” austero e rigidissimo (sono d’obbligo abiti semplici e decenti, dieta parca priva di vino, carne, uova e fave, castità, autocritica pubblica alla fine di ogni corso, ecc.) ma di grandi contenuti culturali nel quale insegna personalmente, agli allievi del quarto ed ultimo anno, le scienze matematiche: la geometria, articolata dal maestro in assioma, teorema e dimostrazione, l’aritmetica (concepita non più come strumento di pura contabilità ma come studio delle proprietà dei numeri, di rapporti, di proporzioni, ecc.) e la geofisica (Pitagora ritiene la Terra sferica già duemila anni prima di Copernico e di Galilei). L’insegnamento pitagorico è assolutamente innovativo e moderno e si differenzia enormemente da quello piuttosto grossolano che ancora continua ad essere praticato, ad esempio, in Egitto. La sua finalità è principalmente l’allenamento e la preparazione delle menti nel campo della deduzione logica, del rigore degli enunciati, della loro riprova, ecc. Il filosofo è inoltre il primo ad intuire l’esistenza delle grandezze incommensurabili, a scoprire e dimostrare il conosciutissimo teorema sui triangoli rettangoli che da lui prenderà il nome, a scoprire e dimostrare che la somma degli angoli interni di un triangolo è pari a due angoli retti, a costruire la “tavola pitagorica”, a distinguere i numeri in diverse categorie (pari, dispari, quadrati, ecc.) indicandoli con figure geometriche e consentendo quindi la risoluzione di importanti problemi come quello di alcune equazioni di 2° grado, a tentare una costruzione razionale della geometria ed a scoprire il numero irrazionale 2 (scoperto, sembra, per l’impossibilità di indicare con un numero razionale la misura della diagonale di un quadrato di lato 1). Quest’ultima scoperta provoca inizialmente scandalo nella scuola poiché sembra sovvertirne i principi di base, ma la larghezza di vedute del maestro (larghezza limitata però al solo campo scientifico) porta presto all’accettazione del nuovo numero aprendo così la strada ad una geometria non più basata sull’aritmetica del numero intero, geometria che tuttavia i pitagorici non approfondiranno. In campo “spirituale” Pitagora è convinto sostenitore dell’immortalità dell’anima e della sua reincarnazione; le sue credenze religiose sono vicine quindi, al pari delle credenze taletiane, alle idee orfiche che, proprio negli stessi anni, stanno sviluppandosi in Grecia ed in Magna Grecia. La sua visione cosmologica vede inoltre il fuoco creatore dell’Universo. Attorno al fuoco, centro del creato, ruotano i corpi (sferici) conosciuti. Tale visione sarà in seguito perfezionata dal già citato Filolào, contemporaneo di Socrate. Ma se il fuoco è il “principio supremo”, i numeri sono per Pitagora e i pitagorici l’essenza di ogni cosa: la realtà è governata dai numeri e da un ordine misurabile insito in tutti i fenomeni naturali. Tale concezione delle cose, della natura e degli eventi è alla base dello sviluppo che nei secoli avranno sia la matematica come scienza che la visione in senso razionale dell’Universo. 52
L’età greco-romana: contesto filosofico
Nonostante le consapevolezza della “grandezza” del maestro e della sua rigida scuola, Crotone non accetterà però fino in fondo l’eccessiva austerità del pensiero pitagorico né la presenza stessa dei pitagorici in città e, pur continuando ancora per decenni ad ispirarsi agli insegnamenti del grande filosofo, ne decreterà inesorabilmente l’esilio. La scuola verrà pertanto chiusa e Pitagora costretto a trasferirsi prima a Kaulonia e poi a Metaponto ove sembra essere rimasto fino alla morte. Filolào di Crotone: Annoverato tra gli esponenti di maggiore rilievo del pitagorismo, è conosciuto soprattutto per aver formulato per primo una completa teoria cosmologica imperniata attorno al “fuoco” centrale. Si tratta in realtà del perfezionamento della famosa ipotesi cosmologica di Pitagora che prevede il fuoco (principio supremo e creatore di tutto) al centro dell’Universo, attorniato da tutti i corpi celesti allora conosciuti, già immaginati sferici e ruotanti attorno ad esso. Filolào quantifica in 10 il numero degli astri ruotanti attorno al fuoco indicando, nell’ordine (dall’interno) la Terra, l’Antiterra (mai visibile dalla Terra perché collocata diametralmente dalla parte opposta), la Luna, il Sole, i 5 pianeti conosciuti (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno) ed il cielo delle stelle fisse. Secondo il filosofo tutti i corpi sono sostenuti, nella loro continua rotazione, da sfere concentriche invisibili. La lenta rotazione di tali sfere provoca inoltre una dolcissima armonia di suoni (la famosa “armonia” pitagorica imprescindibilmente presente in ogni cosa perfetta) che il comune orecchio umano (ovviamente l’orecchio dei non pitagorici), reso ormai “sordo” dalla vita grossolana della quotidianità, non è in grado di percepire. La teoria cosmologica del filosofo crotonese è in netto contrasto con le teorie prevalenti del mondo antico pre e post-pitagorico (Talete, Anassimàndro, Demòcrito, Platone, Aristotele, Ipparco di Nicea, Claudio Tolomeo) ma anche con le idee del mondo medievale che continueranno a porre categoricamente la Terra al centro dell’Universo. - Un isolato: Eràclito (Efeso, 550-480 circa) Filosofo lontano dalle scuole filosofiche ma anche lui alla continua ricerca del “principio” che regola ogni cosa e in tutte le occasioni. Come per i pitagorici, tale principio viene individuato nel fuoco. Per Eràclito nulla “è” ma tutto “diviene”, “tutto scorre” (“pànta rhèi”) e solo il “divenire” è reale (dal fuoco, ad esempio, si sprigionano i gas che precipitando formano l’acqua la quale, da suoi residui dopo l’evaporazione, forma le sostanze solide che costituiscono la Terra); Dio, negazione del mutabile, non esiste così come non può esistere l’anima non potendo essere immortale ed eterna. Il pensiero del filosofo è quindi in contrasto con quello della scuola di Mileto secondo cui Dio è immutabile così come tutte le altre cose, pure interessate da modificazioni continue che però non ne alterano la “sostanza” più profonda. Proprio la tesi del continuo divenire postula che ogni cosa presuppone il suo contrario che in virtù di ciò deve essere sempre giustificato e accettato (giorno e notte; inverno ed estate; bianco e nero; freddo e caldo; vita e morte; bene e male; 53
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guerra e pace; amico e nemico: “colui che non ammette o cerca di distruggere il proprio nemico è un suicida poiché distruggendo il nemico non consentirà neanche la propria esistenza”! Essendo tutto “normale”, tutto è morale: è morale il bene ed il male, la libertà e la schiavitù, la ricchezza e la povertà, la salute e la malattia, la gioia e la sofferenza, ecc., ed il bene consiste solo nell’accettazione, senza ribellarsi, della legge del continuo ed eterno divenire). Il Dio-fuoco compie la sua incessante opera creativa e distruttiva con ordine e criterio; tale regolarità è la cosiddetta “ragione” o “logica” o “logos”, il principio razionale – unica entità immutabile – da cui trae origine la realtà e lo stesso pensiero umano (il cristianesimo più tardi lo interpreterà come “pensiero di Dio”). Il pensiero filosofico di Eràclito, a cui attingeranno in abbondanza tutti i filosofi posteriori (gli stoici si approprieranno del concetto di equivalenza di ogni cosa con il proprio opposto; i razionalisti di quello della “ragione”; i cristiani di quello del “logos”; ecc.) resta scritto nella sua unica opera “Sulla natura” di cui rimangono alcuni significativi frammenti. In campo cosmologico egli non introduce innovazioni alle teorie ispirate sia dalle dottrine della scuola di Mileto che da quella dei pitagorici. - I sofisti4 Il movimento più che all’indagine speculativa volta alla riflessione, ed alla ricerca delle cause prime della realtà, della verità cosiddetta “metafisica”5 è interessato all’indagine pratica sull’uomo ed il disinteresse quasi totale per tutto ciò che va al di là delle particolari situazioni pratiche umane è all’origine del marcato relativismo sofista in campo culturale, etico e politico: cultura, etica, politica sono considerate prevalentemente come strumenti di formazione dell’uomo. La filosofia sofista porta pertanto la ricerca filosofica, per la prima volta, sulla via dell’antropologia, dello studio cioè della natura fisica e morale dell’uomo. La sua diffusione nell’Atene del V secolo a.c. è favorita dal clima che la grande “democrazia ateniese” dell’ “età di Pericle” (v. pag. 34) ha ormai introdotto nella città, clima dominato da una diffusa “voglia di essere e di arrivare” piuttosto banale e superficiale e manifestamente poggiata sull’arte della parola, spesso vuota e priva di sostanza (la “retorica”), dell’apparenza e della cultura minimale appena sufficiente ad una altrettanto minimale vita sociale e politica (a distanza di 25 secoli tale insulsa situazione sembra prepotentemente riproposta dalle condizioni dell’Italia, e forse dell’intero mondo occidentale, di oggi). Nonostante tali grandi limiti di ricerca e di speculazione la sofistica sarà tuttavia alla base delle successive indagini socratiche. Il termine “sofista” passerà però presto ad indicare non più il “maestro di saggezza” ma colui che ama il cavillo dialettico, l’argomentazione speciosa, la critica pignola di sostantivi e aggettivi, i ragionamenti fortemente ancorati a rigore logico, ecc. 4 5
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Da “sophìa” = sapienza; letteralmente “maestri di saggezza”. Da “meta” = dopo + “physikà” = fisica, cose naturali.
L’età greco-romana: contesto filosofico
Esponenti importanti del movimento sono Protàgora (Abdèra, città tracia dell’Egeo, 490-410 c.), Gòrgia (Lentini, Sicilia, 480-375; vissuto ad Atene ed oggetto di un omonimo libro di Platone), Càllicle (sec. V a.c.; trattato da Platone in “Repubblica”), Trasimaco (sec. V a.c.; trattato da Platone in “Gorgia”), Antifònte (sec. VIV a.c.) ed Ippia di Èlide (Èlide, Peloponneso occidentale, sec. V-IV a.c.; fu anche matematico ed astronomo). Protàgora: Fondatore ed ideatore del nome del movimento. Rifiuta le verità di Eràclito, penetrate profondamente nella società ateniese6, e indaga più razionalmente sulla realtà dell’uomo: bene e male, gioia e sofferenza, gli stessi dei, ecc., non sono per lui realtà oggettive ma soggettive, relative (aventi cioè valore e significato solo per una persona e non per un’altra, in determinati contesti ed in particolari situazioni e non in altri). Egli afferma quindi che l’ “uomo (ogni singolo uomo) è la misura di tutte le cose” ed in base alla “percezione” che gli danno i suoi sensi esso (uomo) è in grado di conoscere solo ciò che percepisce ma non la cosa percepita. Non esistono quindi valori assoluti. E prive di senso sono pertanto affermazioni come “il vero”, “il giusto”, “il bene”, ecc. Protàgora introduce dunque in filosofia il problema della “conoscenza” e nella società ateniese il seme del “dubbio” (sulla natura e l’origine delle “cose percepite”). Dopo la morte di Pericle (429) e il declino della democrazia ateniese (Atene vivrà anni di lotte interne tra opposte fazioni e sarà spesso in balia di piccoli pseudo-tiranni intolleranti) le teorie del grande sofista, troppo razionali e troppo antitetiche alla forte cultura “mitico-religiosa” della società greca, saranno condannate, i suoi scritti bruciati ed egli stesso sarà bandito, per empietà, dal suolo greco. Gòrgia: È sostenitore di un relativismo assoluto: “Nulla è; se qualcosa è sarebbe inconoscibile. E se fosse conoscibile sarebbe incomunicabile!”. - Scuola eleatica Scuola fondata ad Elèa, città della Magna Grecia (la futura “Velia” romana in provincia di Salerno) da Senòfane di Colofòne, filosofo della scuola di Mileto, probabilmente allievo di Anassimàndro. Subito dopo l’avvio la scuola, facendo proprie le basi del pensiero sofista dell’epoca, porta avanti l’idea della realtà dell’ “essere” in contrapposizione alla non realtà (l’eterno “divenire”) sostenuta da Eràclito. Esponenti di rilievo sono, dopo Senòfane di Colofòne (Colofòne7, 565-470 c.), Parmènide (Elèa, sec. V a.c.) e Zenone (Elèa, 490-430). 6 Al contrario di Sparta e di altre città-Stato greche che nei filosofi vedono solo dei portatori di inutili diatribe e di pericolosi incitamenti a dissensi interni, Atene accoglie con entusiasmo i maestri del pensiero, siano essi ateniesi o no. Ovviamente le argomentazioni filosofiche restano, come sempre, ai margini della vita delle masse popolari e la plebe greca rimarrà ancora per lungo tempo ancorata alle concezioni esistenziali e dogmatiche più antiche. 7
Città dell’Asia Minore sita tra Efeso e Smirne.
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Senòfane di Colofòne: Il convinto interesse naturalistico che gli proviene dalla passata appartenenza alla scuola di Mileto lo porta all’indagine attenta sulla realtà delle cose che “sono” (l’uomo, l’Universo, la natura). In quest’ottica è molto critico dell’eccessivo antropomorfismo della religione tradizionale greca, della sua tendenza, cioè, di attribuire a qualsiasi essere, specie alle divinità, aspetti e sentimenti prettamente umani. Il pensiero di Senòfane, portato avanti e arricchito dalla scuola eleatica, avrà la sua sistemazione filosofica compiuta in Parmènide. Parmènide: Portando avanti le idee di Senòfane e contrapponendosi al tutto “diviene” di Eràclito afferma che tutto “stà”. La trasformazione è solo una illusione dei nostri sensi: niente diventa, niente finisce ma tutto “è”. L’ “essere” riempie quindi lo spazio ed il “non essere” è pertanto lo spazio vuoto che però non esiste poiché “tutto è”. Non esiste quindi neanche la pluralità delle cose (ossia i vari stadi delle trasformazioni eraclitee) dal momento che essa nasce da un passaggio dal pieno al vuoto (che non esiste): l’ “essere” dunque non è soggetto a modificazioni del suo stato e la particolarizzazione delle cose è solo apparenza. L’unica realtà è l’ “essere” che è omogeneo ed immobile in ogni attimo. Anche il pensiero è “essere” in quanto non può pensare ciò che non è e non può essere ciò che non può essere pensato. Zenone: Allievo di Parmènide. È anche matematico e con i suoi famosi paradossi cerca di sostenere (e per lungo tempo ci riesce) le argomentazioni del maestro circa l’assurdità logica di affidare al movimento (nozione per gli eleatici piena di contraddizioni e puramente immaginaria) la spiegazione di ogni fenomeno. Conosciutissimi sono il paradosso della freccia (una freccia che percorre una sua traiettoria è in realtà ferma in aria istante per istante; la “parabola” percepita dall’occhio è in realtà solo apparenza ed un inganno dei nostri sensi non perfetti) e quello della tartaruga: partendo avvantaggiato di 1 metro in una competizione corsistica con Achille, il piccolo rettile non sarà mai raggiunto da quest’ultimo pur essendo egli 10 volte più veloce. Allorché, infatti, l’eroe omerico percorre 1 metro la tartaruga ne percorre 1/10 restando in vantaggio; quando poi Achille percorre il successivo decimo di metro – già percorso dall’animale – la tartaruga percorre un ulteriore centesimo di metro e così via. Portando avanti in questi termini il ragionamento Achille perderà inevitabilmente la gara! Il ragionamento paradossale del filosofo farà scalpore per molto tempo e porrà numerosi dubbi sulla teoria del “divenire”. In effetti la tartaruga – e Zenone la sa benissimo – viene superata dopo appena 1,1 metri dalla partenza ma il paradosso sembra reggere ancora oggi se non si tiene presente che la somma di tutte le distanze via via esistenti tra la tartaruga ed Achille (1 + 0,1 + 0,01 + 0,001 + ····) pur costituendo una successione infinita di frazioni positive, ha un limite finito espresso ovviamente da un numero decimale illimitato, e quindi irrazionale, che occupa però una ben precisa posizione sulla retta reale. In virtù dei suoi geniali paradossi Zenone è considerato l’inventore della dialettica. 56
L’età greco-romana: contesto filosofico
- Un indipendente: Empèdocle (Agrigento, 490-430) Tenta di conciliare l’insegnamento di Parmènide con quello di Eràclito sostenendo la dottrina dei 4 elementi (terra, acqua, aria, fuoco) dalla mescolanza dei quali derivano le singole cose. La legge che presiede alla combinazione ed alla scomposizione degli elementi è quella dell’ “odio” e dell’ “amore”. È per amore che gli elementi primordiali si associano ed è per odio che si dissociano; amore ed odio sono pertanto all’origine anche del bene e del male del mondo e danno la spiegazione di tutto l’esistente. Anche il suo sistema cosmologico è dominato dal rapporto odio-amore: i 4 elementi originari, inizialmente strettamente uniti (azione dell’amore), vennero poi dissociati dall’azione dell’odio dando vita all’ordine del “cosmos”; l’aria e il fuoco formarono il cielo; l’acqua e la terra, compressi ed al centro di tutto, la Terra. - Scuola atomistica di Abdèra Scuola fondata ad Abdèra (Tracia, odierna regione compresa tra Grecia e Turchia) da Leucìppo (Abdèra, seconda metà sec. V a.c.) ma fiorita grazie a Demòcrito (Abdèra, 460-360), uno dei più grandi pensatori dell’antichità. Attraverso un rigoroso e realistico matematicismo derivato dalla scuola pitagorica, gli atomisti sostengono le idee di Eràclito, contrastate da Parmènide, dell’eterno movimento pur accettando dal filosofo eleatico il concetto della negazione dei sensi come strumento idoneo per la conoscenza. Leucìppo: L’ “essere” omogeneo di Parmènide viene scisso in una infinità di corpuscoli indivisibili di forme infinite (atomi; da “àtomos” = indivisibile, derivante a sua volta dal termine “tèmnein” = tagliare preceduto dalla “a” negativa) separati dal “non essere” (spazio vuoto) che ora esiste. Tali atomi nel loro incessante movimento si riuniscono e si dividono accidentalmente dando origine e fine alle cose (che ovviamente sono combinazioni di atomi e vuoto). Tutto è quindi materia e Dio non può esistere. Anche l’anima ed il pensiero sono pertanto atomi e poiché nulla si crea e nulla si distrugge, la materia (come il movimento) è eterna. Demòcrito: Allievo di Leucìppo. Uomo enciclopedico e, come già accennato, tra i più grandi pensatori dell’antichità, forse superiore addirittura a Platone e ad Aristotele. Il compendio della sua sapienza è contenuto nel trattato “Il mondo è grande”. Accettando da Parmènide la negazione dei sensi come strumento di conoscenza, essendo essi capaci di far captare all’uomo solo le “qualità secondarie” delle cose (forma, colore, sapore, temperatura, ecc.) quelle qualità, cioè, che forniscono solo una opinione ma non la verità, Demòcrito spiega la percezione umana come una emanazione di minuscole copie delle cose sensibili che, scontrandosi con gli atomi dell’anima, lasciano delle impressioni a cui si ascrivono i fenomeni della memoria. Afferma poi che la verità è costituita da una “necessità”, incomprensibile all’uomo, che regola la combinazione degli atomi intesi (con Leucìppo) come l’unica realtà del creato ed eterni: essi si associano però non secondo il caso (come sostenuto da Leucìppo) ma secondo la “necessità” che guida il processo associativo. 57
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L’uomo formato da atomi comuni (il corpo) e da atomi più nobili (l’anima) deve accontentarsi della modesta felicità che può dargli questa stretta dipendenza dalla materia. La cosmologia atomista di Demòcrito pensa l’Universo formato dallo sparpagliamento nel vuoto degli atomi prima raggruppati in una massa compatta (all’origine esistevano quindi, separati, vuoto e massa compatta); si formarono allora la Terra (a forma di conca che riceve le acque celesti) e successivamente la Luna, il Sole, i pianeti conosciuti e le stelle fisse: tutti gli astri ruotano nell’ordine appena citato attorno alla Terra che sta al centro. Il tutto avviene in virtù della “necessità” degli eventi senza bisogno di interventi esterni all’Universo o di inesistenti divinità. SOCRATE (Atene, 469-399)
Figlio di un tagliapietre-scultore e di una ostetrica, non portato per la scuola e per il lavoro, con poca cura per la propria persona e di modi trasandati ma dotato di buona educazione militare e sportiva. Sempre di buon umore, capace di esprimere i concetti più difficili con parole molto semplici, portato alla meditazione, all’osservazione e alla conversazione continua con tutti. Dotato di ottima cultura dovuta più ai contatti umani e alle conversazioni che alla scuola, amatissimo dai seguaci: questo il ritratto di uno dei più grandi pensatori greci e del vero “padre” della filosofia. Contrariamente agli altri sapienti dell’epoca Socrate non si interessa di questioni “fisiche” ma pone al centro delle sue riflessioni problemi etici. Egli inoltre, anche in ciò comportandosi in modo diametralmente opposto agli altri filosofi del tempo o precedenti, non sale in cattedra per insegnare le proprie idee (sostiene anzi di non averne, affermando che si ritiene “il più sapiente degli uomini” perché sa “di non sapere nulla”). Ascolta invece i suoi allievi e la gente comune cercando di scuotere le coscienze e suscitare dubbi attraverso la formulazione di ben precise domande e la conseguente indagine critica delle quasi sempre inadeguate risposte. La questione che di più lo arrovella è la comprensione del bene e del male e la ricerca del regime politico capace di perseguire il bene e governare secondo giustizia. Per questo motivo spesso i suoi interrogativi sollecitano discussioni e critiche sulle leggi dello Stato e sull’operato e le decisioni del governo. E sempre per questo motivo il grande pensatore, pur dotato di grandi qualità, di equilibrio e di misura, non è ben visto dal potere politico (che ritiene ovviamente le sue idee ed i suoi comportamenti nocivi all’autorità costituita) e neanche dalla plebe (che si vede già esclusa da eventuali nuovi governi formati da “sapienti”). Accusato pertanto falsamente di “pubblica empietà nei riguardi degli dei” e di “ corruzione della gioventù”, viene condannato a morte da un tribunale di 1.500 cittadini e costretto ad uccidersi bevendo la famosa cicuta (399). Fedele alla sua fama di assoluta “allergia” ai libri, Socrate non ne scrisse alcuno lasciando all’insegnamento orale tutta la sua sapienza. La sua filosofia è tuttavia conosciuta attraverso gli scritti di alcuni dei suoi più importanti estimatori e seguaci come Platone, Senofonte, Aristotele e, in chiave satirica, Aristofane. Il pensiero socratico è del tipo sofista ed è caratterizzato dalla fiera contrapposizione al pensiero ed al sapere tradizionale (insegnato anche da alcuni sofisti) ed ai
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comportamenti ed alle idee frutto dell’abitudine e dei luoghi comuni e non della riflessione personale. Un ruolo preminente è attribuito alla coscienza, al ragionamento deduttivo ed alla connessione profonda tra filosofia e vita. Sostenitore della immortalità dell’anima ma con posizione non facilmente definibile nei confronti del Dio-essere supremo (confuso spesso con la coscienza ed il ragionamento), il filosofo avrà una grande influenza sullo sviluppo della filosofia greca e occidentale e sarà posto dalla patristica cattolica in parallelo addirittura con la figura di Cristo. I POST-SOCRATICI:
- Due filosofi atipicamente socratici, Aristìppo (Cirene, Libia, 435-366) e Diògene (Sinòpe, Asia Minore, sec. IV a.c.) Aristìppo di Cirene: Di formazione sofista, amico di Protàgora, discepolo di Socrate e fondatore della scuola filosofica cirenaica. Estremizza le idee di Protàgora teorizzando l’edonismo ed il piacere fisico dei sensi: piacere e bene coincidono ed il primo è il vero scopo della vita. Tutte le azioni compiute dall’uomo sono tese unicamente al perseguimento di piacere anche quando egli immola la propria vita per un dio o per un amico. La cosiddetta “sapienza” è un inganno poiché solo i “sensi” dicono la verità ed essa serve solo per affinarli. La vita virtuosa (non quella “imposta” dalle convenzioni sociali ma quella “sentita” interiormente) è quella che produce la maggiore quantità di piacere derivando esso dalla soddisfazione dei buoni desideri. Proprio per questo per il perseguimento del vero bene (e quindi del vero piacere) è indispensabile che i sensi siano regolati e controllati dalla ragione, dall’intelligenza e dall’educazione. Diògene: È il più noto filosofo della scuola cinica8 fondata da Antìstene di Atene, amico e discepolo di Socrate. La scuola si fa interprete dell’insegnamento socratico e propugna che la vera felicità dell’uomo sta nella vita retta e intelligente, il più possibile vicina alla natura e lontana invece da tutti gli eventi ed i fattori esterni all’uomo stesso. L’indipendenza da tali eventi può essere raggiunta attraverso il dominio della ragione sui desideri ed i bisogni. La filosofia cinica tenta quindi di liberare l’uomo dalla soggezione alle usanze, alle convenzioni ed alle istituzioni umane, riducendo i desideri soltanto a quelli ritenuti indispensabili alla vita e rinunciando a quelli imposti dalla civiltà. Diògene, uomo molto ambizioso e banchiere fallito, estremizza tali concezioni vivendo la propria vita in mezzo alla comunità civile greca ma in modo sconcertantemente naturale rifiutando radicalmente le convenzioni sociali: abita in una botte, mangia senza ciotola ritenendo sufficiente il palmo della mano, fa i propri bisogni in pubblico, non osserva le leggi, ecc. 8 Dal greco “kynitòs” = canino con evidente allusione alla mordacità dei filosofi della scuola. Oggi il termine è usato per indicare solo l’aspetto ritenuto deteriore del loro pensiero.
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È pertanto, in certo modo, l’antesignano dei cosiddetti “barboni” o “persone senza fissa dimora” – non di tutti ma di quelli guidati da una precisa filosofia esistenziale – dei nostri giorni. Ritenendosi inoltre, primo nella storia umana, cittadino del mondo, senza patria né frontiere (conseguenza naturale e ovvia del suo modo di essere) e quindi “cosmopolita” (il termine, così di moda oggi, è coniato dallo stesso filosofo) anticipa in maniera incredibile le tendenze della cultura sociale moderna. - Platone (Atene o Egìna, 427-347) Il vero nome è Arìstocle. Di famiglia aristocratica viene soprannominato “Platone” (largo) a causa della sua corporatura atletica con spalle molto larghe. Grande atleta e soldato pluridecorato, diviene intellettuale puro in età molto giovane (20-25 anni) allorché incontra Socrate e ne diviene allievo e amico. Dopo la condanna di Socrate (399) è esule a Mègara (presso la scuola filosofica di Euclide di Mègara9), quindi a Cirene, in Egitto (dove approfondisce la matematica e la teologia), a Taranto (dove studia la filosofia pitagorica) ed a Siracusa (all’epoca di Dionisio I). Rientrato ad Atene (387) fonda, nelle vicinanze del parco detto “di Acadèmo”, l’ “Accademia”, una università elegante e raffinata dove viene insegnata geometria, legge, musica ed etica attraverso il metodo delle conferenze, dei dialoghi e dei dibattiti. Negli anni della maturità piena ritorna a Siracusa chiamato da Dionisio II. Il filosofo accetta l’invito verosimilmente attratto dalla possibilità di poter sperimentare nella città siciliana quella “Repubblica dell’uguaglianza” in cui fortemente crede e che presuppone un governo autoritario retto da un re filosofo e cultore della conoscenza (Dionisio, appunto, dopo una opportuna indottrinazione filosofica). Il tiranno siracusano non accetta però fino in fondo le sue idee e Platone è costretto a lasciare la città ed a far rientro ad Atene ove muore di tranquilla vecchiaia. Conoscitore della dottrina di Pitagora, di Eràclito, degli eleati, dei sofisti e di Socrate, Platone proprio da quest’ultimo trae la convinzione della grande importanza della conoscenza. La sua dottrina è caratterizzata da un certo disprezzo per la conoscenza ottenuta attraverso la persuasione, i sensi e gli studi sperimentali, da una scarsa considerazione per l’arte ed una grande ammirazione, invece, per la matematica ed il suo metodo rigoroso (di cui lui è spesso privo), da una aspirazione ad un mondo diverso e migliore, da una visione della vita chiaramente spiritualistica ma confusamente religiosa in cui sono presenti anche aspetti di contraddittorio puritanesimo (“alla virtù gli uomini devono essere educati attraverso la musica, la ginnastica, la matematica, la dialettica affinché sia tratto dal loro intimo ciò che già confusamente conoscono per via delle esistenze precedenti”), di idee politiche spesso totalitarie10 e di 9
Anche lui discepolo di Socrate e fondatore di una scuola filosofica nella città attica.
“Gli uomini devono vivere in uno Stato teso alla realizzazione della giustizia e guidato politicamente dai «sapienti», gli unici che conoscendo la verità sono in grado di adattare le leggi ai casi particolari”. Sostiene inoltre la censura nell’informazione, il controllo sull’educazione, la disciplina, che ritiene più importante della libertà di pensiero, e la giustizia, che ritiene più necessaria della verità. Negli ultimi “dialoghi” inneggia addirittura al regime illiberale di Sparta e approva l’ostracismo spartano verso la poesia, l’arte e la stessa filosofia. 10
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fede profonda nella capacità della mente umana di raggiungere la verità. Ha l’idea del Dio unico – creatore e ordinatore del mondo da una sostanza primordiale già esistente – perfetto, immutabile e dispensatore delle virtù; continua però ad accettare il politeismo antropomorfico (v. pag. 56) della religione greca. In sintonia con le credenze orfiche dell’epoca ha anche i concetti di libero arbitrio, del giudizio dell’anima dopo la morte, delle pene e dei premi ultraterreni, ecc.; intende quindi il corpo come “prigione” dell’anima immortale e immutevole ed oggetto di reincarnazione. Il modello cosmologico platonico prevede un “Corpo del mondo” costituito dalla Terra (sferica) centrale e, di seguito, dalla Luna, dal Sole, da Venere, da Mercurio, da Marte, da Giove e da Saturno. La legge generale del movimento che regola il tutto (l’ “Anima del mondo”) è costituita dalla volta celeste con le stelle fisse e dai cerchi contenenti le traiettorie degli astri (v. “Timèo”). Le opere del grande filosofo, quasi sempre non trattati ma pagine e pagine scritte sotto forma di “dialoghi” per consentire una maggiore facilità di digressione e divagazione (“Repubblica”, “Fedòne”, “Fedro”, “Menone”, “Filebo”, “Teetèto”, “Leggi”, “Timèo”, ecc.) raccolgono e sistemano tutto il sapere filosofico dell’epoca con vastissimi ampliamenti e preziose riflessioni. Seguace di Platone sarà, tra gli altri, nel sec. III d.c., un filosofo greco quasi omonimo, Plotino (Licòpoli, 203-Minturno, Latina, 270), che porterà ancora avanti le idee del grande maestro, progetterà e vagheggerà la fondazione della città ideale platonica (“Platonopoli”) e si ritirerà infine, malato, nella villa campana di un suo allievo ove morirà. - Aristotele (Stagìra, Macedonia, 384-322) Di famiglia borghese, figlio del medico personale di Aminta (nonno paterno di Alessandro Magno), allievo di Platone (366) all’Accademia di Atene, maestro di Alessandro (343) alla corte di Pella, governatore di Stagira ed infine fondatore ad Atene (335), in concorrenza con l’Accademia platonica, del famoso “Liceo” aperto alle classi medie e orientato decisamente verso le materie scientifiche. Questo il ritratto umano di Aristotele, uno dei più grandi filosofi del mondo antico. Il suo pensiero, a differenza di quello platonico, procede per deduzioni ragionate su fatti sperimentali ed egli, da vero professore, prima di formulare le sue conclusioni cerca rigorosamente le parole più chiare da usare per le enunciazioni. Le lezioni le impartisce al mattino non dalla cattedra ma passeggiando lungo i “peripatoi” (i portici del liceo; da qui il nome di “scuola peripatetica”). Nel pomeriggio tiene poi lezione al pubblico profano. Da grande cultore della scienza, Aristotele organizza nel liceo ateniese una vera biblioteca, un giardino zoologico ed un museo naturale. Tenta inoltre, per primo, una classificazione del regno animale dividendo le specie in vertebrati e invertebrati, abbozza una teoria dell’origine delle specie ed intuisce l’esistenza dei caratteri ereditari. Dopo la morte di Alessandro (323) è anche lui, come Socrate, accusato di empietà e condannato a morte; riesce però a fuggire a Calcide, nell’isola Eubea, dove muore l’anno successivo. Come accennato, Aristotele è il filosofo per eccellenza della logica, della capacità 61
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cioè del pensiero di pervenire, per deduzione, alla verità: egli sviluppa a tale proposito una teoria “analitica” (il termine è dell’epoca ed indica l’odierna “logica”) talmente accurata, compiuta e perfetta da costituire ancora oggi il corpo principale della moderna logica deduttiva11. Poiché la completezza della teoria implica il ricorso a “premesse” (o “principi”) universali indimostrabili ma impliciti nell’esperienza sensibile comune degli uomini, Aristotele postula l’esistenza di una “verità assoluta” indimostrabile e insindacabile. Quella verità che condizionerà la ricerca scientifica per 20 secoli e che sarà infine contestata, con grande fatica, da Telesio, Campanella e Galilei nei sec. XVI-XVII. Anche l’indagine scientifica aristotelica, pur con alcune comprensibili deduzioni non perfettamente esatte ma, per l’epoca, molto apprezzabili12, è ammirevole e attuale. Essa si propone infatti di scoprire di che cosa una “cosa” è fatta (causa materiale), per che cosa la “cosa” esiste (causa efficiente), ciò che la “cosa” è (ossia la sua natura e la sua essenza; causa formale), il fine della “cosa” (causa finale). La profonda ed inscindibile connessione che Aristotele stabilisce tra logica e metafisica13 lo porta poi ad affermare, in sintonia con il concetto di “verità assoluta”, l’esistenza di una “sostanza” prima ed eterna, assolutamente immobile (Primo Motore Immobile = Dio; come motore immobile Dio quindi è solo causa finale ma non efficiente del mondo: per il filosofo dunque non esiste il futuro concetto della “provvidenza” stoica e cristiana). L’indagine aristotelica si inoltra anche nel campo spirituale (anima unica e immortale; bene come esito naturale delle facoltà dell’anima), in quelli della conoscenza (la ragione, intesa come quella parte dell’anima, detta intelletto passivo, capace di apprendere – l’intelletto attivo è invece la parte dell’anima capace di agire ed è l’unico immortale – sebbene impotente senza la percezione dei sensi, può afferrare intuitivamente anche l’universale e l’ideale), della politica (lo Stato deve promuovere il bene comune aiutando l’uomo, con le leggi, le istituzioni, ecc., a realizzare le virtù ed a raggiungere così il “sommo bene”), dell’arte (che viene rivalutata rispetto al pensiero negativo platonico pur rinnegato da Platone stesso negli ultimi anni della sua vita), ecc. Il modello cosmologico è quello platonico geocentrico. Il tutto è ordinato e governato (ma non creato poiché sia il Primo Motore che la sostanza originaria sono eterni) dal Primo Motore Immobile. L’opera omnia, vastissima, di Aristotele abbraccia quasi l’intera conoscenza del tempo (logica, fisica, meteorologia, biologia, zoologia, psicologia, poetica, retorica, 11 Si tratta della cosiddetta “teoria del sillogismo” ossia di quella argomentazione per la quale a due proposizioni iniziali dette “premesse” o “antecedenti”, segue necessariamente una proposizione finale detta “conclusione” o “illazione” o “conseguente”: il nesso tra antecedente e conseguente è la “conseguenza”.
V., ad esempio, la formulazione del primo principio della dinamica, condizionata dall’azione della resistenza ambientale: “Se al corpo in movimento non è applicata alcuna forza, esso rallenta fino a fermarsi; se lo si vuole mantenere in moto è necessario continuare ad esercitare su di esso una forza”. 12
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V. pag. 54.
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politica, etica, ecc.): essa costituisce un “corpus” fondamentale ed organico (mai raggiunto fino ad allora) di tutta la cultura greca ed una delle più stupefacenti realizzazioni umane che siano mai state elaborate da una sola mente. - Scuola stoica Scuola propugnante l’accettazione della “necessità” di Demòcrito (la “verità” che guida il processo associativo degli atomi; v. pag. 57), della “provvidenza” negata da Aristotele (il Primo Motore Immobile è causa “finale” ma non “efficiente” del mondo), della rassegnazione e dell’indifferenza. Il tutto è tuttavia pervaso da un ideale di giustizia (platonica e aristotelica) e di cosmopolitismo diogeneo. Questo il pensiero stoico: origine e fine delle cose è la legge immutabile del fuoco (Eràclito); la “ragione”, principio razionale creativo del Dio-fuoco, controlla tutte le leggi della natura (Eràclito); essa è ora però appannaggio anche dell’uomo, pur se nei limiti ferrei imposti dalla corrispondenza “verità dedotta-realtà oggettiva, e grazie ad essa l’uomo riesce ad elevarsi dalle sensazioni alle conoscenze più generali. La vita dell’uomo è guidata dalla “provvidenza”; provvidenza e “necessità” (Demòcrito) sono in sintonia perfetta ed entrambe operano in funzione del bene. L’uomo saggio sa che è inutile resistere ad esse e volontariamente accetta (magari rassegnato) il corso della cose e vive conformemente alla natura (o “secondo ragione”): ciò realizza il bene. Il saggio è quindi autosufficiente ma è anche parte del gran tutto a cui sono connesse le virtù sociali, civili e religiose. L’unico male è il vizio e tutto il resto è indifferente. Il nome della scuola deriva dalla stoà dell’agorà di Atene, un elegante portico dipinto dove generalmente vengono tenute le lezioni. La vita del movimento, fondato nel 308 ad Atene da Zenone di Cizio (Cizio, Cipro, 333-263 a.c. circa) si protrarrà fino al sec. III d.c. e di esso faranno parte, tra gli altri, personalità come Seneca e Marc’Aurelio. - Epicùro (Samo, 341-270) Deluso dalle inutili e non più attuali parole delle ormai decadute scuole di Platone e di Aristotele fonda ad Atene una sua scuola (306) ove porta avanti una filosofia di rinuncia alla ricerca della verità basata su una logica sensistica. Le “sensazioni”, infatti, rappresentano per il filosofo, il criterio fondamentale della conoscenza e della verità. Questo il suo credo morale: i fini naturali della vita sono il benessere naturale e necessario (il “piacere”) e la quiete suprema, l’assenza di dolore e di turbamento (la “felicità”), ricercati con intelligenza, moderazione, onestà e giustizia; la saggezza non consiste nel cercare di spiegare il mondo ma nel crearsi un’oasi di tranquillità attraverso le poche cose che la possono dare, la modestia, il rispetto degli altri, l’amicizia; la morte non deve far paura perché non riguarda l’uomo non essendo conciliabile con la vita (“Se ci sono io non c’è lei, se c’è lei non ci sono io”). Nella interpretazione della natura, Epicùro accetta l’atomismo di Demòcrito, svincolandolo però dall’idea della “necessità” e reintroducendo l’associazionismo atomico casuale che è all’origine degli eventi imprevedibili. Con Epicùro si chiude il grande ciclo della filosofia greca. Da questo momento, 63
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e per alcuni secoli, si avrà una grave mancanza di ricerca filosofica. Contemporaneamente però si assisterà ad una fioritura della scienza: l’uomo cioè abbandona la speranza di scoprire per ragionamento i grandi “perché” della vita e dell’Universo e si rifugia nello studio dei “come”. Nei sec. III-I a.c., di fronte all’assenza totale di nomi di pensatori filosofici di rilievo, si incontrano infatti i nomi di Euclide di Alessandria (sec. III; matematico), Archimede di Siracusa (287-212; matematico e fisico), Aristarco di Samo (310-250; astronomo), Apollonio di Perge (250-205; matematico), Diofànto di Alessandria (sec. III; matematico) ed Ipparco di Nicea (sec. II; astronomo). La filosofia greca classica, che ha accompagnato l’uomo nelle sue problematiche esistenziali per oltre cinque secoli, sosteneva che l’uomo si spiega mediante l’Universo che egli domina grazie al pensiero (il “lògos”). A partire dal sec. I d.c. la religione cristiana, nata nello stesso mondo greco di Socrate, Platone e Aristotele, sosterrà invece che l’uomo si spiega attraverso Dio e non con un valore come il pensiero. E nel confronto tra ellenismo e cristianesimo, per moltissimi secoli, prevarrà il secondo. La filosofia inizierà a riprendere vigore solo a partire dal sec. XVI con Nicolò Machiavelli (Firenze, 1469-1527), Giordano Bruno (Nola, Napoli, 1548-1600) e Tommaso Campanella (Stilo, Reggio Calabria, 1568-1639) in Italia ed Erasmo da Rotterdam (1464-1536) e Tommaso Moro (1480-1537) rispettivamente in Olanda ed in Inghilterra. In campo scientifico astronomico l’evoluzione del modello cosmologico avrà una effettiva rivoluzione rispetto al modello aristotelico anch’essa solo nel sec. XVI con la teoria eliocentrica del polacco Niccolò Copernico (1473-1543) sostenuta in Italia da Galileo Galilei (Pisa, 1564-1642) ed in Germania da Giovanni Keplero (1571-1630).
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L’ALTO MEDIOEVO Francia: il re Merovèo e la dinastia merovingia - Italia: il governo del re degli eruli Odoacre - Gli ostrogoti di Teodorico e il “Regno d’Italia” ostrogoto - Magno Aurelio Cassiodoro e il “Vivarium” di Squillace, prima “Università” d’Italia e d’Europa - La Guerra greco-gotica e la riconquista bizantina della penisola - L’invasione longobarda e il progressivo ritiro bizantino - L’incontenibile politica espansionistica longobarda - La precaria situazione sociale e politica italiana - L’interventismo politico di papa Gregorio Magno e la nascita del potere temporale della Chiesa - Venezia bizantina e lo spostamento verso la costa delle popolazioni dell’entroterra - L’avvio della costituzione del futuro Ducato veneziano - Maometto e il mondo arabo - La grande cultura araba - L’Impero musulmano - L’intervento dei franchi di Pipino il Breve e il ridimensionamento della presenza longobarda - La cessione alla Chiesa dei territori conquistati e la nascita dello Stato pontificio - Carlo Magno, figlio di Pipino e re dei franchi, “Rex longobardorum” d’Italia - La Calabria provincia bizantina - L’eccentricità della provincia e l’aggravamento delle condizioni economico-sociali della popolazione - L’espansionismo arabo - Le leggi iconoclaste a Bisanzio - L’arrivo nei territori bizantini meridionali dei religiosi “basiliani” - La preziosa attività del monachesimo basiliano - L’antico “Brutium” romano diventa “Calabria” - Reggio sede del “thema” bizantino di Calabria e guida “metropolitana” della Chiesa della provincia - Santa Severina seconda “metropolìa” della Calabria - Reggio, Santa Severina, Gerace, Stilo e Rossano roccaforti calabre della cultura bizantina - Il Ducato di Venezia formalmente bizantino ma sostanzialmente avviato verso l’indipendenza - La libera scelta del primo Doge - Francia: i maestri di palazzo e la fine della dinastia merovingia - Carlo Magno e la dinastia carolingia - Il Sacro Romano Impero - L’istituzione del feudalesimo e l’organizzazione politico-sociale del territorio - Contee, marche, missi dominici e vassi dominici - Vassalli, valvassori e valvassini - La Toscana e Genova - La persistenza bizantina e longobarda nel Meridione d’Italia - La Salerno longobarda e la prima e più importante Scuola Medica europea dell’intera età medievale - La conquista araba della Sicilia - Le incursioni arabe in Calabria - Gli emirati di Tropea, Amantea, Santa Severina, Squillace e Reggio - La riconquista bizantina - Francia: la fine della dinastia carolingia e l’inizio di quella capetingia - I vichinghi in Normandia e in Russia - Inghilterra: i Regni del Wessex, della Mercia e della Northumbria.
451-457 Francia: è re dei franchi Merovèo (451). Inizia la dinastia dei merovingi. Dopo oltre due secoli di permanenza in territorio gallico come “foederati” di Roma (provenienza basso corso del Reno tedesco), i franchi iniziano l’occupazione della Gallia (approssimativamente la Francia di oggi; la regione era così chiamata perché abitata da popolazioni di origine celtica che i romani chiamavano “galli”) ponendo le basi della grande monarchia carolingia. Gli succede (457) il figlio Childerìco. 476-493 Italia: Odoacre, re dei barbari germanici “eruli” governa con saggezza il suo popolo ed il popolo di Roma con il titolo di “Rex gentium” (476). L’imperatore d’Oriente Zenone (474-491), cui Odoacre si è sottomesso, dà il suo assenso. Nel 488 tuttavia lo stesso imperatore incoraggia gli ostrogoti di Teodorico a portarsi nella penisola in funzione anti-Odoacre che da Roma si sposta a Ravenna. Ucciso Odoacre (493) Teodorico, acclamato dal suo esercito “Re d’Italia”, insedia la sua corte nella città romagnola. 65
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481-511 Francia: è re dei franchi il giovane Clodovèo (481), figlio di Childerìco e quindi nipote di Merovèo, che si converte al cristianesimo ed estende il territorio del Regno a quasi tutta la Gallia e ad alcune regioni limitrofe della Germania. Alla sua morte (511) il territorio del Regno viene suddiviso tra i figli ma le continue guerre, i contrasti e le incomprensioni tra gli eredi (e gli eredi degli eredi) porteranno i vari Regni a gravi crisi politiche di cui si avvantaggeranno i cosiddetti “maestri di palazzo” (i “cerimonieri” dei vari Regni divisi) che progressivamente riusciranno ad imporsi sui legittimi pretendenti (sec. VII-VIII). 493-526 Italia: Teodorico governa la penisola ricercando la pacificazione e la collaborazione tra ostrogoti (ai quali affida la difesa militare dello Stato) e romani (a cui delega tutta la parte amministrativa) e tessendo abili relazioni diplomatiche e dinastiche con gli altri capi barbari (la propria figlia Thindigotho sposa il re dei visigoti Alarico II ed egli stesso prende in moglie la sorella del re dei franchi Clodovèo). Suo importante ministro è il politico, filosofo e letterato calabrese di origini siriane Magno Aurelio Cassiodoro (Squillace, 490 c.-ivi, 583), figlio di un alto magistrato del Regno ostrogoto che in nome di Teodorico governava la Calabria e la Lucania. Cassiodoro ricopre via via le cariche di questore del Regno (dal 507), console (dal 514), “magister officiorum” (una sorta di “primo ministro”) con la regina Amalasunta, figlia di Teodorico, ed il figlio di quest’ultima Atalarìco, entrambi successori di Teodorico (✝ 526), e consigliere regio con la stessa Amalasunta, con Atalarìco e poi con i re Teodato e Vitìge. Nel 540, in piena guerra greco-gotica, verosimilmente deluso dal fallimento della politica di pacificazione tra goti e romani avviata da Teodorico, abbandonerà la corte di Ravenna e si ritirerà in Calabria, nella cittadina natia, ove (555 c.) darà vita in un certo senso alla prima Università d’Italia e d’Europa, il famoso “Monasterium vivarensis” in cui egli stesso vivrà da abate, osservando scrupolosamente la “regola” benedettina1 che assieme alla preghiera ed alla meditazione impone ai monaci il lavoro manuale e la lettura (“ora et labòra”). Proprio nel periodo più difficile della storia della cultura occidentale il monastero cassiodoreo di Squillace (luogo di preghiera ma anche, e soprattutto, centro di studi, di ricerche filosofiche, letterarie, politiche e storiche, di ricerca, catalogazione, custodia, traduzione e copiatura di testi antichi, ecc.) contribuirà in modo S. Benedetto da Norcia (Norcia, PG, 480 c.-Montecassino, 547) è il “padre” del monachesimo occidentale, colui che per primo in Occidente cura l’organizzazione dei monasteri facendoli vivere autonomamente e in grado di sostenersi oltreché sulla vita povera, la preghiera, la meditazione e la penitenza, anche attraverso il lavoro e lo studio. Aspetto peculiare della “regola” benedettina è quello che affida la guida della comunità a un “abate” gerarchicamente pari al vescovo. Inserendosi nel tessuto secolare della società, ben presto i monasteri divengono importanti centri di irradiazione di cultura, di commerci e di benessere per i territori vicini. Nel 529 S. Benedetto stesso fonda la famosa abbazia di Montecassino. Padre del monachesimo orientale è ritenuto invece S. Basilio Magno (Cesarea di Cappadocia, 330 c.-ivi, 379). 1
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determinante alla conservazione del sapere, dei valori e delle tradizioni dell’intero Occidente. 535-553 Italia: l’assassinio di Amalasunta, accusata di eccessiva filo-romanità, ad opera del cugino Teodato (dalla regina associato al trono nel 534) provoca l’intervento dell’imperatore d’Oriente Giustiniano e l’inizio della cosiddetta guerra greco-gotica. Durante gli anni di guerra si succedono sul trono ostrogoto, dopo la morte di Amalasunta (535) e la deposizione di Teodato (536), il generale Vitìge (536-540), il capo della guarnigione gota di Verona Ildebado (540), tale Erarico (541), il famoso generale Totila, nipote di Ildebado, (541-552) e Teia (552), ultimo re ostrogoto. Nel 553 l’intera penisola è di nuovo dominio “romano” ma bizantino e fino al 568 resterà provincia dell’Impero romano d’Oriente. 568-603 Italia: i longobardi, antico popolo germanico da poco stanziato in Pannonia (v. pag. 43) invadono la penisola penetrandovi dal Veneto e dal Friuli. Li guida Alboino, loro decimo re, che l’anno seguente viene acclamato dai suoi “Re d’Italia”. Capitale del Regno viene designata la città di Pavia (571). Dal suo territorio restano escluse Venezia e la sua costa, l’Istria, la Liguria, la Romagna con Ravenna, le Marche, parte dell’Umbria, il Lazio, gran parte della Puglia e della Calabria e le tre isole (Sicilia, Sardegna e Corsica) che restano a Bisanzio e Roma che rimane soggetta all’autorità papale. Morti di morte violenta prima Alboino (572) e poi il suo successore Clefi (574) il governo longobardo sarà sostanzialmente esercitato anarchicamente da duchi insediati nelle località strategicamente più importanti (Friuli, Asti, Spoleto, Benevento, ecc.). 591-593 Roma: papa Gregorio I Magno (590-604) esulando dalla sfera prettamente religiosa del suo ministero, cerca di governare la precaria situazione italiana (il potere politico è ormai a Costantinopoli; i longobardi sono padroni di quasi metà del territorio peninsulare e minacciano ulteriori conquiste; miseria, carestie e pestilenze sono molto diffuse) e romana prendendo quelle decisioni politiche e militari che in tempi normali sarebbero state di esclusiva pertinenza di funzionari imperiali: tratta con i duchi longobardi di Spoleto e di Benevento e con lo stesso re Agilulfo bloccando le loro voglie espansionistiche, favorisce tregue tra longobardi e bizantini, ottiene condizioni di rispetto per i cattolici da parte del governo longobardo entrando per questo in conflitto anche con Bisanzio. Nasce così il potere temporale della Chiesa2. Il patrimonio di San Pietro, pur non costituendo ancora una entità territoIl potere “morale e spirituale” aveva consolidato enormemente la sua consistenza, in via di affermazione ormai da alcuni secoli, già nel 452 quando papa Leone I Magno, armato della sola parola, era riuscito a fermare il re unno Attila sulle rive del Po, salvando dalla devastazione le regioni dell’Italia 2
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riale, comprende già, tuttavia, estese proprietà fondiarie sia nella penisola che nelle isole ed ancora in Dalmazia, in Francia ed in Africa del Nord. sec. VI-VII Venezia: la presenza longobarda causa il trasferimento massiccio verso la costa e le isole della laguna delle popolazioni venete dell’entroterra. A Grado viene anche trasportata la sede del patriarcato bizantino di Aquileia (occupato dai longobardi) mentre sull’isola di Malamocco prende corpo quella del nascente ducato-repubblica. sec. VII Mondo arabo: i popoli nomadi della penisola arabica privi da sempre di una organizzazione politica (fa eccezione la sola zona dell’Arabia centrale, a sud est del mar Morto, che già nel sec. III a.c. è sede del Regno dei Nabatei poi trasformato, 105 d.c., nella provincia romana della “Palestina tertia”), assurgono alla ribalta della “storia” grazie alla predicazione (avviata nel 610) ed alla successiva presa del potere (630) di Maometto (La Mecca, 570-Medina, 632), il profeta di fede monoteista molto rigida, in un mondo ancora politeista, le cui “rivelazioni” (che intendono perfezionare e sostituire le “rivelazioni” anteriori, comprese quelle di Mosè e di Gesù) sono alla base del “Corano”, il libro sacro islamico3. Maometto riesce a dare unità religiosa e politica a tutta la penisola e con i suoi primi successori, i califfi Abu Bakr e Omar, ha inizio la fase di espansione e di creazione dell’Impero arabo. Nel giro di pochi anni (634-660) vengono tolti a Bisanzio la Siria, la Palestina e l’Egitto e viene conquistato il vasto impero persiano sasanide. Verso la fine del secolo sarà poi la volta degli altri paesi dell’Africa settentrionale (Libia, Tunisia, Algeria e Marocco) e poco dopo (711-714) della Spagna. Nel sec. IX saranno poi conquistate Cipro e la Sicilia (827-878). L’anno 622, anno dell’ “ègira” ossia della fuga di Maometto dalla Mecca verso Medina, causata dell’ostilità che incontra la sua predicazione, segnerà in seguito l’inizio dell’era musulmana. Nel periodo più buio per la cultura occidentale sarà proprio l’Impero islamico, grande, solido e culturalmente avanzato, a recuperare, coltivare e portare avanti lo studio della scienza (in particolare della matematica, dell’astronomia e della medicina) e della filosofia fiorite nel mondo greco. Grazie alla cultura araba (integrata con importanti apporti persiani e indiani) il sapere antico, preservato, custodito, tradotto, rielaborato e arricchito, fornirà le basi alla rinascita culturale europea dei sec. XII-XIII.
centrale e la stessa Roma. Tre anni dopo papa Leone ufficializzò la situazione di fatto autoproclamandosi “omnium episcoporum primas” ed attribuendosi il potere di governo assoluto su tutta la Chiesa.
Il termine “islam” è usato nel Corano per indicare la sottomissione completa ed incondizionata alla volontà di Dio (Allah). “Islamismo” ha poi assunto, presso i popoli musulmani, il significato di religione universale. Il fedele islamico è detto in arabo “muslim”, da cui la forma europea di “musulmano”. L’attuale popolazione musulmana della Terra si avvicina al miliardo di persone. 3
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712 Italia: è re longobardo Liutprando che porta il Regno al massimo del suo splendore. Egli ne allarga inoltre l’estensione con la conquista della Liguria ed altri territori bizantini lasciando a Bisanzio però ancora Venezia e la sua costa, Ravenna e parte del suo territorio, il Ducato romano (parte del Lazio e possedimenti nelle Marche e nell’Umbria), Napoli, la parte centro-meridionale della Calabria e quella meridionale della penisola pugliese e le tre grandi isole (Sicilia, Sardegna e Corsica). Il successore di Liutprando (✝ 744), Astolfo (749) occuperà poi (751) Ravenna e le regioni non ancora longobarde dell’Italia centrale. 728-754 Italia-Stato pontificio: preoccupato per la politica espansionistica longobarda, papa Gregorio II (715-731) blocca l’ulteriore espansione verso Roma riconoscendo (728) a Liutprando le conquiste effettuate ma imponendogli la cessione della città di Sutri (presso Viterbo). È questa la prima attribuzione diretta di un territorio alla Santa Sede e sarà anche il passo iniziale che porterà presto alla nascita ufficiale dello Stato pontificio. Nel 754 la prosecuzione della politica espansionistica di Astolfo costringe poi papa Stefano II a chiamare in aiuto i franchi di Pipino il Breve i quali, sconfitto il re longobardo a Pavia, riconquistano Ravenna e le terre dell’Italia centrale che vengono cedute al pontefice: nasce così lo Stato pontificio esteso a Roma ed al Lazio, alla parte settentrionale delle Marche, a parte dell’Umbria, alla Romagna e, dal 786, alla parte occidentale della Toscana. La proficua attività diplomatica avviata tra longobardi e franchi sarà in seguito coronata (771) dal matrimonio tra Ermengarda, figlia di Desiderio duca di Tuscia (Toscana) e successore (756) di Astolfo, e Carlo Magno, figlio di Pipino e re dei franchi dal 768. 772-774 Italia-Stato pontificio: Desiderio invade (772) i territori della Chiesa e rompe i rapporti con Carlo che ha ripudiato Ermengarda. L’anno seguente, chiamato in aiuto dal Papa, Carlo scende in Italia, sconfigge Desiderio e lo porta prigioniero in Francia ove muore (monastero di Corbie) nel 774. Carlo Magno assume il titolo di “Re dei longobardi”. sec. VII-VIII Bisanzio: l’Impero d’Oriente è travagliato nella sua parte meridionale dalle guerre di difesa dall’espansionismo arabo e nella sua parte europea dalla pressione dei popoli balcanici. Negli stessi anni l’imperatore Leone III l’Isaurico promulga (725) le famose leggi iconoclaste4 vietanti il culto delle immagini sacre. La proibizione, che colpisce al cuore la religiosità dei monaci e dei fedeli bizantini, è tesa da una 4 Dal greco tardo “eikonoklàstes” (colui che rompe le immagini); “eikòn” = immagine, “klan” = rompere.
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parte a indebolire il prestigio e la potenza del clero e dall’altra a compiacere i sudditi delle tante province influenzate dalle culture ebraica e musulmana, da sempre contrarie alle raffigurazioni delle divinità e delle figure umane. Nonostante lo sdegno della Chiesa di Roma e dei patriarchi bizantini di lingua araba (i “melchiti”) di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme (ma non dell’episcopato di Bisanzio), la lotta iconoclasta miete le sue vittime: i sostenitori del culto delle icone vengono perseguitati e martirizzati (ai monaci che osano trasgredire ai divieti imperiali iconoclasti vengono addirittura tagliate le mani o comminate esemplari condanne a morte: è la cosiddetta “monacomachìa” cioè la “guerra ai monaci”), le icone distrutte, le pitture imbiancate ed i mosaici ricoperti di calce. Condannata dal Secondo Concilio di Nicea (787) la guerra alle immagini cesserà solo nell’ 842 essendo reggente l’imperatrice Teodora, vedova dell’imperatore Teofilo. sec. VII-VIII Calabria: la regione diviene formalmente e giuridicamente una provincia dell’Impero d’Oriente (sec. VII) e assiste quindi, dopo otto secoli di cultura latina, al ritorno prepotente della lingua, della civiltà e della grande cultura greca. Sede del governo del Ducato (o del “Thema”) bizantino calabrese è Reggio, città che dal 735, con l’istituzione della diocesi metropolitana, ha anche la guida della Chiesa della provincia, ovviamente dipendente dal patriarcato di Costantinopoli. Reggio, resterà per lungo tempo (anche nei secoli successivi alla dominazione di Bisanzio) una delle roccaforti calabre della cultura bizantina in Italia assieme a Gerace, Stilo, Rossano e S. Severina, sede quest’ultima, dalla seconda metà del sec. VIII, della seconda (ed ultima) metropolìa bizantina calabra (le diocesi suffraganee santaseverinesi sono 4; quelle di Reggio, 13). Anche la grande cultura bizantina delle città appena citate, autentici “fari” di bizantinità, continuerà a sopravvivere ancora per molti secoli dopo la fine della dominazione di Bisanzio. Dominazione che, forse già dal sec. VII, dà alla regione anche il suo attuale nome: l’antico “Brutium” romano inizia infatti ad essere chiamato “Calabria” rilevando il nome dalla Puglia conquistata dai longobardi. Nel sec. VIII si intensifica anche l’arrivo dei famosi monaci “basiliani”, religiosi orientali osservanti cioè le direttive morali ed ascetiche di S. Basilio Magno, vescovo bizantino di Cesarea nel sec. IV, dottore della Chiesa e “padre” del monachesimo orientale. I monaci provengono, profughi (l’esodo era in realtà iniziato già nel secolo precedente ed una certa immigrazione c’era stata anche nel sec. VI), dai paesi orientali, da quelli dell’Africa settentrionale e dalla Sicilia, tutti territori culturalmente molto avanzati (la Numidia, ad esempio, l’odierna Algeria, dà i natali ad una personalità come quella di S. Agostino; Siria, Palestina ed Egitto risentono fortemente della grande attività culturale del vicino mondo ellenico, ecc.) ma purtroppo interessati da contingenti e gravi problemi quali le lotte iconoclaste (nei territori orientali dell’Impero) o l’espansionismo arabo musulmano (territori africani e Sicilia). L’opera attiva e colta dei basiliani oltre a far penetrare profondamente nella società calabrese la lingua, le tradizioni, la religione, la mentalità e l’arte greco-bizantina, incide ancora più profondamente nella vita stessa delle varie comunità locali (attorno 70
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ai loro monasteri sorgono infatti interi centri abitati, aggregazioni agricole e artigianali, luoghi di culto e di pellegrinaggio, centri mercantili, saline, mulini, biblioteche, centri di copisteria e di calligrafia, di miniatura e di decorazione, ecc.). sec. VIII Venezia: nella città lagunare inizia a manifestarsi una sostanziale indipendenza da Bisanzio pur rimanendo formalmente intatto il rapporto di sudditanza con l’Impero bizantino. Sembra risalire agli anni di fine secolo la libera scelta del primo doge veneziano (il doge Paoluccio Anafesto, 692) da parte del popolo. Il doge sarà il supremo magistrato del Ducato; la sua carica sarà a vita ma la sua autorità andrà riducendosi nel corso dei secoli fino a divenire puramente onorifica a vantaggio del Senato e del Consiglio dei 10. Nell’811 la capitale del Ducato verrà trasferita nell’isola di Rialto (attuale centro storico della città) che nel sec. X diverrà la “civitas venetiarum” per antonomasia e la residenza del doge sarà stabilita nel sito dell’attuale palazzo ducale di piazza S. Marco. sec. VIII Francia: dalla dinastia dei maestri di palazzo (Pipino I il Vecchio ✝ 640, Pipino II di Heristal ✝ 714, Carlo Martello ✝ 741, Carlomanno ✝ 754) viene fuori Pipino III il Breve, fratello di Carlomanno, figlio di Carlo Martello e nipote di Pipino II. Nel 751 depone il legittimo re Childerìco III ponendo così termine alla dinasta merovingia e fondando quella “carolingia”. Figlio di Pipino è Carlo I (dai posteri chiamato “Magno”) che sale al trono alla morte del padre (768). Convinto fermamente del suo ruolo politico-spirituale teso alla realizzazione in Europa di un unico Stato (una sorta di nuovo Impero Romano) pacificato e suggellato dal crisma della cristianità, Carlo non esiterà ad ingaggiare lotte spietate contro i sassoni (la trentennale guerra sarà costellata sia di massacri che di battesimi di massa), i bavaresi, e gli arabi sia dell’Oriente che del califfato spagnolo di Cordova. L’esito di tali campagne sarà sempre, nel complesso, vittorioso, ed il Re franco diverrà presto padrone di una vastissima parte dell’Europa continentale. 800 Stato pontificio-Francia (25 dicembre): nasce a Roma il Sacro Romano Impero di Carlo Magno e papa Leone III. Il nuovo organismo politico, comprendente l’Impero carolingio (Regno dei franchi, vari ducati tedeschi – Lorena, Franconia, Sassonia, Baviera, Svevia, ecc. –, ducati austriaci di Austria, Stiria, Carinzia, ecc., ducati veneti d’Italia – Verona, Aquileia, Carniola, ecc., eccetto Venezia –, Ducato di Boemia, Regno franco d’Italia) e lo Stato pontificio, vuole riproporre l’antico Impero Romano ma in realtà ne differisce sia territorialmente, poiché gravita sul continente e non sul Mediterraneo, sia ideologicamente, essendo animato, teoricamente, non da ambizioni di dominio ma da principi cristiani. Capitale è, assieme a Roma, la città tedesca di Aquisgrana, sede unica della Corte. A Carlo Magno (✝ 814) succedono il figlio Ludovico I il Pio (✝ 840), il figlio di 71
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questi Lotario I (✝ 855), il figlio di quest’ultimo Ludovico II (✝ 875), lo zio di questi Carlo II il Calvo (✝ 877) ed infine il nipote di quest’ultimo Carlo III il Grosso (✝ 888). Con Carlo III l’Impero si dissolve avendo via via preso autonomia e consistenza i Regni di Baviera, di Sassonia, di Germania, di Aquitania e, già dall’843, di Francia. Ricostituito dall’imperatore Ottone I di Sassonia nel 962, l’Impero, pur formalmente elettivo5, sarà appannaggio dei re di Germania con successivo riconoscimento dall’atto di incoronazione da parte del papa. All’impero ottoniano non aderirà più, però, il Regno di Francia. Nel corso del sec. XIII si sgancerà poi anche lo Stato pontificio (deluso dalla marginalità cui sarà relegato il suo potere d’influenza) ma vi aderirà il Ducato baltico di Prussia. La riforma protestante del sec. XVI ne distruggerà infine anche l’unità religiosa. L’Impero, dal 1437 ininterrottamente in mano asburgica, vedrà comunque la sua definitiva scomparsa solo nel 1806 allorché verrà disgregato e annientato dalla bufera europea napoleonica. inizio sec. IX Sacro Romano Impero: Carlo Magno introduce nei territori dell’Impero l’organizzazione politico-sociale del cosiddetto “feudalesimo” dividendo tale vastissimo territorio in 350 “contee” (chiamate anche “marche” se localizzate alle frontiere), ciascuna governata da un “conte” direttamente soggetto all’autorità imperiale. Uno dei principi fondamentali del feudalesimo conferisce al conte il rivoluzionario diritto di riscossione, per proprio conto e nel proprio interesse, di una certa parte dei redditi dello Stato. Carlo crea poi le figure dei “missi dominici”, persone di fiducia alle quali l’Imperatore affida l’incarico di controllo sulle varie contee ed il compito di riferirgli eventuali problemi e disfunzioni. Per troncare sul nascere le prime manifestazioni di corruzione, i “missi” vengono però presto sostituiti dai “vassi dominici” (i futuri “vassalli”) scelti quasi esclusivamente tra gli appartenenti alla classe nobile. Le contee non sono inizialmente trasmissibili agli eredi e pertanto alla morte del conte ritornano sotto la sovranità dell’imperatore che ne dispone a suo piacimento. Solo nell’ 877, in seguito a gravi tensioni sociali provocate dai feudatari, Carlo il Calvo concede l’ereditarietà dei feudi maggiori (“Capitolare di Kiersy”) estesa poi, nel 1037, dall’imperatore Corrado II il Salico, anche ai feudi minori (“Constitutio de feudis”): hanno origine così vere e proprie dinastie di feudatari. La scala sociale di una tale organizzazione statale, fondata economicamente solo sulla campagna e sull’agricoltura e perciò sulla vita stessa dei feudi, vede in cima l’imperatore; da lui discendono i “vassalli” (conti, marchesi, vescovi ed in genere nobili titolari dei feudi) e da questi i “valvassori” (sub-feudatari), i “valvassini” L’elezione alla carica imperiale sarà ridisciplinata nel 1356 dall’imperatore Carlo IV di Lussemburgo che la affiderà a 7 Principi “elettori” (i Duchi di Magonza, Treviri, Colonia, Boemia, Sassonia, Brandeburgo e Palatinato) ai quali in seguito si aggiungeranno il Duca di Baviera e, nel 1692, il Duca di Braunschweig. Ovviamente il forte potere dinastico renderà quasi sempre formale tale discrezionalità elettiva. 5
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(sub-sub-feudatari) ed i “cavalieri” o “milites” (persone di famiglia feudale ma prive di titolarità di feudo). Seguono poi i “liberi” residenti in città (commercianti, artigiani, altri professionisti), il clero, i servi della gleba (contadini; “gleba” = zolla di terra) e, buon ultimi, gli schiavi ai quali, nonostante secoli di cristianesimo, la vita non riserva neanche una parvenza di esistenza dignitosa. La nascita del feudalesimo consolida definitivamente il medioevo europeo: mentre infatti a Bisanzio continua a perpetuarsi la tradizione romana (che si protrarrà fino al 1453) e nel Mediterraneo il dominio è in mano araba, nell’Occidente cristiano si viene a costituire una forma politica duopolistica basata sulla Chiesa e sull’Impero, poteri entrambi imperniati su prestigiose figure di vertice, rispettivamente il Papa e l’Imperatore, cui fanno capo complesse ma forti e organizzate gerarchie religiose e feudali. Tra i due poteri è tuttavia la Chiesa che sembra acquisire, almeno inizialmente, la supremazia visto che è stato proprio il Pontefice romano ad imporre la corona imperiale a Carlo Magno nel giorno di Natale dell’anno 800. In seguito però i contrasti diverranno continui ed il conflitto tra Papa e Imperatore si protrarrà nel tempo raggiungendo, talvolta, punte di eccezionale asprezza. A partire dal sec. XI, con l’affermarsi della borghesia cittadina, la nascita dei Comuni (v. pag. 82), delle prime Università (v. pag. 82) e il rafforzamento del potere del Papato e di quello dei novelli Stati nazionali, prende l’avvio per la società feudale un periodo di evoluzione caratterizzato, però, da una generale decadenza. In Italia i Comuni assorbono gran parte delle peculiarità feudali; in Francia e in Inghilterra sono i sovrani nazionali che, dopo lunghe e violente lotte, assoggettano le feudalità; in Germania invece i domini feudali si trasformano via via in veri e propri Stati territoriali. 812 Toscana: la Contea “carolingia” (capitale è Lucca, già capitale del Ducato toscano longobardo) viene affidata al nobile bavarese Bonifacio I, giunto in Italia al seguito di Carlo Magno. A Bonifacio viene espressamente affidato l’incarico di difendere la Corsica dai saraceni. Toscana e Corsica resteranno agli eredi di Bonifacio fino al sec. X. sec. IX Genova: dopo essere stata romana ed aver subito l’occupazione ostrogota e bizantina (ma non longobarda) in età carolingia la città è capitale della Contea omonima nell’ambito della quale comincia a godere di una certa autonomia. sec. IX Meridione d’Italia: nella Salerno longobarda è attiva la prima e più famosa Scuola Medica dell’intera età medioevale, scuola frequentata da studenti provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa. L’ “Università” salernitana ha rapporti privilegiati anche con gli ambienti medici molto avanzati presenti nella città di Reggio Cal. ove la medicina risulta coltivata fin dai secoli della tarda antichità. Il suo declino inizierà tuttavia molto presto e coinci73
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derà con l’affermazione ed il consolidamento delle nuove realtà universitarie italiane ed europee (sec. XIII-XIV). La chiusura definitiva avverrà però solo nel 1812. sec. IX-X Calabria: anche la regione, come tutto il Mediterraneo, è sottoposta alla pesante pressione degli arabi d’Africa, i famosi “saraceni”, già prepotentemente presenti nella vicina Sicilia. Dopo il primo assedio (733) è degli anni di metà sec. IX la creazione degli emirati di Tropea (840), Amantea e S. Severina (866). Tutti però vengono riconquistati da Bisanzio, e per essa dal grande generale Niceforo Foca, nell’886. Ma la pressione araba continua e così, nel 915, Locri viene completamente distrutta e gli abitanti in fuga fondano sulla collina retrostante, la nuova città di Gerace. Nel 951 è la grande ed antica città di Taureana a subire la distruzione saracena ed i profughi fondano verso l’interno i nuovi abitati di Seminara, Palmi, Oppido, Galatro, Taurianova, Cinquefrondi e Terranova. Del periodo 904-965 è inoltre la creazione dell’emirato di Squillace. Gli anni 905-920, 922-936, 951-959 e 975-1029 vedono infine il dominio arabo “a singhiozzo” su Reggio; nel 952 in città viene addirittura eretta una grande moschea. Gli arabi tuttavia non riescono a ripetere in Calabria la grande impresa siciliana e la regione subisce solo in maniera limitata la presenza stanziale musulmana sul proprio territorio. sec. IX-X Venezia: giungono (828) nella città da Alessandria d’Egitto le reliquie dell’evangelista S. Marco e viene avviata (978) la costruzione della basilica omonima che, dopo due rifacimenti, verrà ultimata, nelle sue parti fondamentali, nella prima metà del sec. XII. La consacrazione solenne, alla presenza dell’imperatore Enrico IV, avverrà nel 1094. In tale periodo l’economia ed il commercio veneziani iniziano a guardare verso l’Oriente (da dove la città importa in modo particolare tessuti e seta) e verso l’Europa occidentale (nei cui mercati vende la merce importata). Ciò renderà necessario il controllo militare e politico dell’Adriatico, controllo che la “Repubblica” otterrà attraverso l’occupazione dei territori costieri slavi (quelli dell’Istria e della Dalmazia settentrionale, li conquista facilmente già sul finire del sec. X) e le continue lotte con i saraceni. All’inizio del sec. XIII, all’epoca della IV crociata (1204) cui Venezia parteciperà, la città raggiungerà l’apice della sua potenza e della sua espansione. Conquisterà infatti, via via, Zara (1202), Ragusa, Durazzo, le isole joniche (Corfù, Cefalonia, Itaca, Zante e Citèra), Creta, l’isola Eubea e, parzialmente, la Morèa (il Peloponneso; 1204-1206) e le isole Cicladi (1207), assicurandosi il monopolio nel commercio con Bisanzio e, attraverso lo Stretto dei Dardanelli ed il canale del Bosforo, con i territori orientali
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sec. IX-X Mondo arabo: l’Impero musulmano inizia a frantumarsi a causa della eccessiva vastità territoriale ed alle conseguenti spinte secessionistiche dei vari califfati. I più attivi in tale direzione sono i califfati più eccentrici (Spagna, Marocco, Tunisia, Egitto). sec. X Italia: questa la situazione politica nella penisola alle soglie dell’anno 1000: - Bisanzio: Calabria, Lucania orientale, Puglia, Napoli, Venezia e la sua costa, Sardegna. - Arabi: Sicilia. - Stato pontificio: Lazio, Umbria, Marche settentrionali, Romagna, Toscana sudoccidentale. - Regno d’Italia (vassallo del S.R.I.): Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Toscana settentrionale, Emilia. - Ducati longobardi indipendenti (vassalli del S.R.I.): Aquileia (comprendente quasi l’intero territorio del Triveneto), Spoleto (Abruzzo e Marche meridionali). - Ducati longobardi indipendenti (influenza bizantina): Gaeta, Capua, Benevento e Salerno (l’insieme dei 4 Stati comprende approssimativamente l’intero territorio del Molise, della Campania e della Lucania occidentale) più la piccola Repubblica di Amalfi. La corona del Regno d’Italia è quasi sempre affidata, dai maggiori feudatari italiani preoccupati principalmente della salvaguardia delle loro autonomie, a “lontani” Re stranieri spesso sedenti anche sul trono imperiale. sec. X Francia: con Luigi V il Fannullone (967-987), re di Francia negli anni 986-987 si estingue la dinastia dei carolingi. A Luigi succede Ugo Capeto, conte di Parigi dal 956, già tutore di re Lotario (padre di Luigi e re di Francia dal 954 al 986), uscito vittorioso dalla lotta di successione con Carlo I di Lorena (950-992) fratello di Luigi V e legittimo pretendente al trono. Carlo morirà però senza eredi appena cinque anni dopo (992) estinguendo definitivamente anche la famiglia carolingia. Con Ugo Capeto ha inizio la dinastia “capetingia” che reggerà la Francia fino alla rivoluzione del 1789. sec. X Inghilterra: proseguono nell’isola le invasioni norvegesi e danesi iniziate nel corso del sec. IX all’epoca in cui il re del Wessex, Egberto, venne riconosciuto (827) supremo signore anche degli altri due grandi Regni inglesi, la Mercia e la Northumbria. Le basi dei vari Regni inglesi erano state poste a cavallo dei sec. V-VI con le invasioni dei tèutoni, antico popolo tedesco stanziato nel bacino dell’Elba. sec. X Nord Europa: i vichinghi costituiscono i Regni di Danimarca e Norvegia. Alcuni di loro (i “north-men” o “uomini del Nord” o “normanni”) lasciata la natia Scan75
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dinavia (sec. VIII) occupano la regione della Francia del nord, chiamata appunto Normandia, che nel 911 viene loro riconosciuta ed elevata a ducato da re Carlo III il Semplice. Nell’Europa orientale altre tribù vichinghe creano contemporaneamente i principati di Novgorod e di Kiev all’interno delle vaste pianure del paese che dal nome di uno dei capi vichinghi (Rurik) sarà chiamato “Russia”. Ad Occidente, sempre tribù vichinghe (di provenienza norvegese) occupano le coste dell’Islanda, della Groenlandia e dell’America settentrionale.
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IL BASSO MEDIOEVO Savoia: Umberto Biancamano da signore feudale a primo conte sabaudo - I normanni nel Meridione d’Italia e in Inghilterra - Lo scisma d’Oriente tra Chiesa bizantina e Chiesa di Roma - La lotta per le investiture tra il Papato e l’Impero - La scomunica papale e la sua grande valenza politica - Enrico IV a Canossa - Le crociate - La persistenza della cultura greco-bizantina nel Meridione d’Italia - La nascita dei Comuni nell’Italia del Nord - Le prime Università - Lo scontro tra l’imperatore Federico Barbarossa e la Lega lombarda dei Comuni - La battaglia di Legnano - Meridione d’Italia: la proclamazione del Regno normanno di Sicilia - Il primo re: Ruggero II d’Altavilla - I successori di Ruggero II - Il matrimonio tra Costanza d’Altavilla, ultima erede normanna, ed Enrico VI di Svevia, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa - Enrico VI re di Sicilia - Il figlio e successore Federico II di Svevia Federico II “Stupor mundi”, re di Sicilia e imperatore del S. R. I. - Il prestigio e lo splendore del Regno - Corrado IV successore di Federico II e la reggenza siciliana di Manfredi di Taranto - Manfredi re di Sicilia - La discesa in Italia di Carlo d’Angiò in funzione anti-sveva - La battaglia di Benevento e la morte di Manfredi - L’uccisione di Corradino, ultimo erede della dinastia sveva - Carlo I d’Angiò cinge la corona di Sicilia - La Scuola poetica siciliana di Palermo e Folco Ruffo di Calabria - Pier delle Vigne e Ciullo d’Alcamo - L’abate pugliese Nettario - Gli inizi della grande storia della letteratura italiana ed europea - Inghilterra: Enrico II e l’instaurazione della dinastia Angiò-Plantageneta - Chiesa: la crociata contro gli albigesi e l’eresia càtara - La nascita del Tribunale della Santa Inquisizione - San Tommaso d’Aquino e la filosofia scolastica - La “Summa theologiae” - S. R. I.: l’ascesa degli Asburgo - La “Casa d’Austria” - Inghilterra: la nascita dell’istituto parlamentare in Europa - Meridione d’Italia: il malgoverno angioino e la Guerra dei Vespri - L’intervento aragonese a sostegno delle ragioni siciliane - I vent’anni di guerra - La pace di Caltabellotta - Gli aragonesi in Sicilia e gli angioini nelle province continentali del Regno - Lo sdoppiamento del Regno: il “Regno di Sicilia” e il “Regno di Napoli” - La cessione della Sardegna al Regno d’Aragona - La Sicilia vicereame aragonese - Italia centro-settentrionale: dai Comuni alle Signorie - L’asservimento delle masse popolari - Le Repubbliche marinare - Il conflitto tra Pisa e Genova per il controllo della Corsica e della Sardegna - Bonifacio VIII e lo “schiaffo” di Anagni - La cattività papale avignonese - Il Grande scisma d’Occidente - Le signorie dei Visconti a Milano e dei Gonzaga a Mantova - Toscana: l’epoca di Dante, Petrarca e Boccaccio - L’importanza e il prestigio politico del Regno angioino napoletano - Napoli città tra le più grandi, colte e belle d’Europa - Niccolò da Reggio, Bernardo Bàrlaam e Leonzio Pilato - Francia-Inghilterra: la Guerra dei 100 anni e la riconquista dei territori francesi in mano inglese - L’epopea di Giovanna d’Arco - L’Umanesimo in Italia - La signoria dei Medici a Firenze - La dignità ducale alla Savoia - Amedeo VIII di Savoia eletto antipapa - Alfonso V d’Aragona e la riunione dei Regni di Sicilia e di Napoli - Milano e la signoria degli Sforza - La conquista di Bisanzio da parte ottomana e la fine dell’Impero Romano d’Oriente - Calabria: Aulo Giano Parrasio a Cosenza, il “Commentarius in Pentateuchum” a Reggio, San Francesco, apostolo della carità, a Paola - L’occupazione turca dell’Albania e l’arrivo nel Meridione d’Italia di folti gruppi di profughi albanesi - La nascita delle prime comunità arbereshe - La resistenza albanese del principe locale Giorgio Castriota Skànderbeg - Gli albanesi in Calabria - Gli arabi in Spagna e la “reconquista” - La spedizione di Cristoforo Colombo e la scoperta del “Nuovo Mondo”.
1032 Savoia: Umberto I Biancamano titolare del feudo di Savoia nel Regno di Borgogna di Rodolfo III, si schiera, alla morte del Re, dalla parte del suo legittimo erede Corrado II, re di Germania dal 1024 ed imperatore del Sacro Romano Impero dal 1027, contro il pretendente Oddone di Champagne. 77
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Al termine della inevitabile guerra di successione, il Regno borgognese verrà annesso a quello di Germania mentre il Biancamano otterrà da Corrado II il titolo di conte e nuovi feudi (Contee di Moriana, di Belley, di Aosta). Già con il primo conte sabaudo i possedimenti di casa Savoia si affacciano quindi sul territorio italiano. Ad Umberto I (✝ 1047 c.) succederanno il figlio Amedeo I (✝ 1051 c.) e il fratello di questi Oddone (✝ 1057 c.) il quale, sposando Adelaide marchesa di Torino, allargherà i confini della Contea su parte del Piemonte. Alla morte di Adelaide (1091) il territorio sabaudo piemontese si smembrerà nei Marchesati, non più sabaudi, di Saluzzo, di Ceva, di Monferrato, ecc., mentre Torino, Asti ed Alessandria si proclameranno liberi Comuni (v. pag. 82). sec. XI Spagna: la penisola iberica si presenta suddivisa nelle seguenti entità territoriali: A nord, da ovest verso est, i Regni di Leon, di Castiglia (dal 1037), di Navarra, di Aragona (dal 1035) e la Contea di Barcellona (Catalogna). Ad ovest lungo la costa atlantica, la Contea del Portogallo (dal 1094; il territorio è limitato alla sola zona di Oporto). A sud, il Califfato di Cordova (esteso a quasi metà del territorio peninsulare). Questa l’evoluzione della situazione spagnola negli ultimi secoli: Sec. V: dominazione romana. Sec. VI: la penisola risulta suddivisa nel Regno dei visigoti (area centrale), Regno degli Svevi (area nord-occidentale; il territorio era stato occupato dagli svevi tedeschi nei primi decenni del sec. V ed il Regno venne proclamato verso il 460), Provincia bizantina della Mauretania II (area meridionale e isole Baleari). 711-715: conquista musulmana dell’intera penisola. Inizio sec. IX e riconquista: la penisola è di nuovo divisa in Contea delle Asturie (ex Regno degli Svevi allargato verso est; gli astùri erano gli antichi abitanti pre-romani della zona), Marca di Spagna (da ovest verso est, le future Navarra, Aragona e Catalogna; nell’insieme è una piccola striscia pirenaica sottratta al dominio arabo da Carlo Magno) e Califfato di Cordova (metà meridionale della penisola). Sec. X e riconquista: le entità politiche presenti sono, a nord, il Regno di Leon (ex Regno delle Asturie allargato verso sud; Leon è la città principale), la Contea di Castiglia (contigua al Regno di Leon), il Regno di Navarra (o di Pamplona dal nome della città più importante) e la Marca di Spagna (Aragona e Catalogna); a sud, il Califfato di Cordova. sec. XI Meridione d’Italia: l’intero territorio viene conquistato dai normanni (v. pag. 75). Giunti in Italia nel 1018 come mercenari al servizio del nobile longobardo Melo di Bari in conflitto con i bizantini, i normanni nel 1029 sono al servizio del duca bizantino di Napoli Sergio IV che viene aiutato a resistere alle minacce dei vicini principi longobardi di Benevento, Capua e Salerno ricevendo in cambio il territorio di Aversa e il titolo di conte. Da Aversa, approfittando della confusa situazione politica dell’epoca, conquistano l’intero Meridione: 1051 Cosenza e il cosentino, 1053-57 Puglia, 1057 Catanzaro 78
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e il catanzarese, 1060 Reggio e il reggino, 1062 principato longobardo di Capua, 1071 Bari e Brindisi, 1072 Ducato di Gaeta e Repubblica di Amalfi, 1077 Principati longobardi di Salerno e Benevento (la città sarà ceduta però allo Stato pontificio – cui resterà “extra moenia” fino al 1860 – in cambio del riconoscimento papale dei territori conquistati) e parte di quello di Spoleto (l’Abruzzo; le Marche e l’Umbria saranno annesse allo Stato pontificio; il territorio del Ducato spoletino sarà assoggettato però solo verso la metà del sec. XII), 1091 Malta, 1061-1091 Sicilia. I principali protagonisti della conquista sono i fratelli Roberto e Ruggero d’Hauteville, figli del duca di Normandia Tancredi d’Hauteville. Roberto è conte di Puglia (1057) e duca di Puglia e Calabria (1059); Ruggero, conte di Sicilia (1061) e Gran conte di Calabria e Sicilia (1091). La capitale della Contea ruggeriana è Mileto, in Calabria. Alla morte di Ruggero (1101) la moglie e reggente (per il figlio minore Ruggero II) Adelaide trasporterà la capitale a Palermo. La politica normanna, filo papalina per evidenti ragioni di opportunità (riconoscimento dell’autorità sui territori conquistati), pur essendo molto tollerante verso la vecchia cultura e le vecchie tradizioni bizantine è fortemente tesa al ripristino della supremazia della cultura latina su quella bizantina; uno degli aspetti più visibili di tale politica è l’incoraggiamento costante alla presenza nel territorio di comunità monastiche legate a Roma (certosini, benedettini, cistercensi). 1054 Chiesa: scisma d’Oriente tra la Chiesa bizantina e la Chiesa di Roma. I contrasti tra le due Chiese risalgono ai primi secoli del cristianesimo e hanno praticamente origine nel diverso sviluppo seguito dal pensiero latino-occidentale e da quello greco-orientale. Inizialmente essi furono solo di ordine liturgico, disciplinare, di politica ecclesiastica e dogmatico. La costituzione del Sacro Romano Impero in Occidente, la lotta iconoclasta in Oriente, la rivendicazione bizantina in Italia, l’estesa egemonia franca nella penisola ed infine l’accettazione di papa Leone IX (1049-1054) della conquista normanna del Meridione d’Italia bizantino, provocarono poi ulteriori motivi di attrito e nuove divergenze. Il conflitto resistette ad ogni trattativa ed il 16 luglio 1054 viene sancito lo scisma che, nonostante i ripetuti tentativi di riconciliazione, perdura ancora oggi. Dal 1054 la Chiesa bizantina, per caratterizzarsi e contrapporsi a quella romana, si autodefinisce “ortodossa”. Attualmente le Chiese orientali, tutte autonome (“autocefale”), sono la Chiesa russa, la più importante, discendente dall’antico patriarcato di Kiev, quelle di Grecia, Bulgaria, Romania, Finlandia, Serbia e Polonia cui vanno aggiunte le Chiese occidentali di Francia e America. I patriarcati, entità territoriali più piccole, sono invece quello bizantino di Costantinopoli, cui è riconosciuto un primato di onore su tutte le Chiese ortodosse, e quelli di Alessandria d’Egitto, di Gerusalemme, di Cipro e del Sinai, anch’essi autonomi. 1066 Inghilterra: le continue rivalità tra le due maggiori casate dell’isola, i Goldwin del Wessex ed i Leafric della Mercia, rendono possibile, alla morte senza eredi di re 79
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Edoardo III il Confessore, la conquista del trono al duca di Normandia Guglielmo il Conquistatore, cugino di Edoardo III. Guglielmo, re dal 1066 al 1087, completa la conquista dell’Inghilterra (1071) e sostituisce nei feudi ai signorotti inglesi i “baroni” normanni. Con Guglielmo ha inizio la dinastia dei re normanni che si protrarrà fino ad Enrico II (1154). 1073 Stato pontificio: viene eletto al soglio pontificio papa Gregorio VII, il pontefice che sarà al centro della cosiddetta “lotta per le investiture”. La grave controversia tra Papato e Impero sulla disciplina relativa al conferimento delle cariche ecclesiastiche (che progressivamente era divenuta appannaggio delle più influenti famiglie romane e degli imperatori tedeschi) era scoppiata nel 1056 allorché, approfittando della minore età del 6-enne nuovo imperatore (Enrico IV), venne eletto a Roma, al di fuori di ogni influenza, papa Niccolò II il quale, consigliato dal futuro Gregorio VII, regolò tutta la materia svincolando la Chiesa dalla tutela imperiale. Appena eletto, papa Gregorio ribadisce le norme di Niccolò II ed anzi, nella bolla “Dictatus papae”, anticipa la concezione integralista cristiana che verrà in seguito ripresa da un altro “terribile” papa (terribile ovviamente in relazione ai rapporti con il monarca di turno), Bonifacio VIII (v. pag. 92). L’Imperatore, uscito ormai dalla minore età, dichiarerà (1076) decaduto il Pontefice il quale a sua volta risponderà con la scomunica. L’atto, straordinario e delicatissimo, è molto temuto dalle corti d’Europa e da quella imperiale in particolare, poiché offre alla feudalità il pretesto per svincolarsi dalla fedeltà all’Impero, creando situazioni politiche difficili ed in grado di far vacillare anche lo stesso trono. Enrico IV sarà quindi costretto a fare pubblico atto di sottomissione andando a scusarsi con il papa ospite a Canossa (presso Reggio Emilia) nel castello della contessa Matilde, figlia di un altro Bonifacio, marchese di Toscana (1077). Il conflitto per le investiture sarà definitivamente sanato, secondo la linea papale, dall’imperatore Enrico V e da papa Callisto II nel 1122 (Concordato di Worms). sec. XI Mondo arabo: l’Impero musulmano, già in via di disgregazione, subisce l’invasione dei turchi selgiuchidi dell’attuale Turchestan ex sovietico. Nel corso del secolo perde anche la Sicilia ad opera dei normanni (1060-1091) ed in Spagna vede intensificarsi l’opera di riconquista delle varie entità politiche locali che sarà portata a compimento nel 1270 con la sola eccezione del Regno di Granada che cesserà di esistere solo nel 1492. Nel 1258 l’Impero sarà poi invaso anche dai mongoli di Hulagu, nipote di Gengis Khan, per concludere infine la propria esistenza perdendo tutti i territori ad opera dell’ormai potentissimo Impero ottomano (sec. XVI; il nuovo Impero è quello dei già citati turchi e prende il nome dal capostipite della prima grande dinastia, tale “Othman”, ✝ 1326). L’Impero ottomano vivrà, dissolvendosi progressivamente, fino ai primi decenni del sec. XX allorché (1923) si ridurrà alla sola Repubblica turca attuale. 80
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1076 Impero d’Oriente: i turchi occupano la Palestina, subentrando al dominio arabo della dinastia fatimita, 969-1076, e minacciano da vicino la stessa Bisanzio. Nella “Terra Santa” viene instaurato un regime di grande intolleranza religiosa. 1095 Palestina: con l’intento di liberare i luoghi santi e specificamente il “Santo Sepolcro” di Cristo dall’occupazione turca, papa Urbano II bandisce la “Prima Crociata”. La spedizione militare è indicata formalmente come un “santo pellegrinaggio”. Vi partecipano i principi tedeschi, francesi e italiani che si impegnano tuttavia con l’Imperatore bizantino (Alessio I Comneno) a non devastare, durante il passaggio, i territori ancora soggetti all’Impero (la promessa sarà però presto dimenticata). Occupate, dopo aspre e cruenti battaglie, le più importanti città e la stessa Gerusalemme, nel 1099 la Palestina vedrà sorgere nel suo territorio numerosi Stati crociati “latini”. Nel corso dei sec. XII-XIII la precarietà di questo mondo feudale cristiano in terra orientale sarà causa di altri sette sanguinosi1 interventi militari europei (ai quali parteciperanno anche gli altri Stati cristiani del continente: Regno d’Inghilterra, Regno d’Ungheria, Regno di Sicilia, Venezia, ecc.). L’ultimo di essi (VIII crociata, 1270-1291) sancirà il declino definitivo della idealistica pretesa cristiana di governare, o almeno condividere con i musulmani, i territori “santi” orientali. sec. XI-XII Meridione d’Italia: con la conquista normanna, protagonista assoluta della persistenza culturale greco-bizantina in Italia resta la sola Calabria. Con essa piccole “enclaves” di cultura greca restano nelle zone vicine della Basilicata e della Sicilia. I monasteri basiliani culturalmente più importanti, dotati di collezioni librarie ricchissime (in gran parte provenienti da Costantinopoli) sono, in Calabria, il Theotòkos Néa Hodighìtria di Rossano (il più conosciuto “Santa Maria del Patir”), ed il San Bartolomeo di Trigona a Sinopoli, in Lucania il Sant’Elia di Carbone ed in Sicilia il San Salvatore “de lingua Phari” a Messina. Notevoli collezioni di volumi originali greci e di volumi trascritti sono custodite inoltre nei tanti monasteri orientali in via di decadenza sparsi nell’intero ex territorio magnogreco. Nei citati monasteri, religiosi locali ed orientali, proseguendo nell’operosa attività avviata dai loro predecessori, continuano a trascrivere ed a tradurre, in latino, antichi libri scientifici e filosofici greci: il “Menone” ed il “Fedòne” di Platone, la “Meteorologia”, il “De Anima”, i “Magna moralia” ed i “Problemata” di Aristotele,
1 In una Palestina abitata da poche decine di migliaia di persone (forse 90-100.000), il numero delle vittime causate dai “crociati” durante l’intero periodo delle “guerre di liberazione” sarà tragico ed elevatissimo: oltre 40-50.000! Non minore sarà il numero delle perdite europee. Molte altre decine di migliaia di morti (ebrei ma anche crociati) si conteranno anche in Europa lungo i percorsi delle varie spedizioni (Francia, Germania, Boemia, Ungheria, Serbia, ecc.). Recenti studi stimano il numero complessivo delle vittime di tutte le Crociate addirittura superiore al milione!
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il “De natura puerorum” di Ippocrate, l’ “Almagesto” e l’ “Ottica” di Tolomeo (opere di cui oggi risultano perduti i testi originali), “I fenomeni” di Euclide, “Le coniche” di Apollonio di Perge, la “Collectio mathematica” di Pappo, ed ancora opere di Galeno, Proclo, Diogene Laerzio, Plutarco, ecc. Vengono inoltre tradotte le opere religiose dei padri orientali unitamente a testi liturgici e teologici. Non vi è invece ancora interesse – probabilmente per la diffidenza della Chiesa verso la letteratura profana ricca di guerre, di passioni incontrollate, di divinità multiple ed eccessivamente umanizzate, ecc. – per Omero, Esiodo, Pindaro, Aristofane ed i grandi tragici che inizieranno tuttavia ad essere trascritti (ma non ancora tradotti) già nei primi decenni del sec. XIII. A differenza della Calabria, nelle altre regioni meridionali l’antica cultura grecobizantina è ormai confinata ad un ruolo decisamente marginale e a Napoli, città ove la lingua bizantina si spegne verso la metà del secolo XI, è addirittura quasi completamente assente. Libri trascritti da mani costantinopolitane attive all’epoca nel Meridione d’Italia si ritrovano ancora oggi anche nelle biblioteche del Sinai, di Pàtmos o del Monte Athos dove, tra l’altro, è documentata la presenza di Bartolomeo da Sìmeri, l’abate fondatore del Patir rossanese. L’Italia centrale e settentrionale, nonostante la nascita della prima Università (Bologna, 10882) è ancora immersa nell’oscurità altomedievale e, pur essendo timidamente impegnata in una debole attività di trascrizione e di traduzione, attende il “Cantico delle Creature” di S. Francesco d’Assisi (1224-25). sec. XI-XII Italia settentrionale: in Lombardia si autoproclamano liberi Comuni3 Milano 2 Solo nel 1222, per scissione dall’ateneo bolognese, nascerà l’Università di Padova cui si affiancherà, due anni più tardi, quella di Napoli, fondata da Federico II. Fuori d’Italia città sede universitaria è Parigi (dal 1180); più tardi lo diverranno anche Cambridge (1209), Oxford (1214), Salamanca, (1218), Coimbra (1308), e poi Praga, Cracovia, Vienna, Colonia, ecc. È doveroso però ricordare, ancora una volta, che già dal sec. IX nella Salerno longobarda è attiva la famosa Scuola Medica salernitana, l’Università medica europea più importante dell’intera età medievale (v. pag. 73).
I Comuni, organismi di autogoverno cittadino dotati di funzioni politiche ed amministrative (quali l’organizzazione dell’esercito, l’amministrazione della giustizia, l’imposizione di dazi e tasse, l’emissione di moneta, ecc.) nascono in questo periodo particolarmente in Francia, in Fiandra, in Germania e nell’Italia centro-settentrionale, in quei territori, cioè in cui il potere (imperiale o delle nascenti dinastie nazionali) è alquanto debole o “lontano” (come nel caso degli Stati del S.R.I.). Per questi motivi essi non sorgono né nell’Italia meridionale (dove, tuttavia, già nel sec. XI molte città si rendono, sia pure per breve tempo, libere), né in Inghilterra, entrambe soggette al “presente” centralismo normanno. I nuovi organismi pur essendo sottoposti all’autorità imperiale (con la quale vengono però spesso in conflitto) ed ai sovrani nazionali (quasi sempre in posizione di grande debolezza nei confronti dell’imperatore), hanno tuttavia un “parlamentum” costituito dai principali ceti cittadini a cui è delegato, entro ampi limiti, il potere legislativo. Il potere esecutivo è affidato invece ad uno o più “consoli” eletti dal parlamento per 6 o 12 mesi, assistiti da un ristretto numero di cittadini scelti tra quelli più in vista. In seguito la figura del console sarà sostituita da quella più autorevole del “podestà” e poi da quella del cosiddetto “capitano del popolo”. Caratteristiche dei Comuni d’Oltralpe sono la forte connotazione borghese e la 3
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(1045) e quindi Como, Lodi, Cremona, Pavia, Mantova (1115), ecc. Milano prenderà presto il sopravvento economico sugli altri. In Toscana, negli anni a cavallo dei due secoli divengono liberi Comuni Lucca, Pisa e Siena; nel 1138 lo diviene anche Firenze. La città che tuttavia mantiene ancora una certa supremazia sulle altre è Lucca. In Liguria si erge a libero comune Genova che, assieme a Pisa, scaccia i saraceni dalla Corsica (che resta a Genova) e dalla Sardegna (che viene occupata da Pisa). Sono comuni liberi anche Parma e poi Piacenza (1090). 1130 Meridione d’Italia: dopo oltre un secolo di presenza normanna, Ruggero II d’Hauteville (figlio di Ruggero I “Gran conte” di Calabria e Sicilia; v. pag. 79), forte delle grandi ricchezze naturali siciliane e calabresi, di un esercito professionista e domate le ultime resistenze dei feudatari pugliesi, si incorona solennemente a Palermo “Re di Sicilia”. L’atto è rivoluzionario essendo privo dell’investitura papale o imperiale, le uniche istituzioni detentrici del potere di conferimento del titolo regio. È il primo Regno nazionale della penisola (a parte lo Stato pontificio) con giurisdizione ovviamente estesa, al di là del nome, all’intero Meridione continentale ed alla Sicilia, conquistati a danno dei bizantini dell’Impero Romano d’Oriente (Calabria, Lucania orientale, Napoli, Puglia), dei longobardi (Ducati e Principati di Gaeta, Capua, Benevento e Salerno) e degli arabi (Sicilia). Il Ducato di Napoli sarà in effetti conquistato solo nel 1139, anno in cui il papa riconoscerà dignità reale a Ruggero. A Ruggero II (✝ 1154) succederanno il figlio Guglielmo I il Malo (✝ 1166), il figlio di questi Guglielmo II il Buono (✝ 1189 senza eredi diretti), Tancredi di Lecce, figlio naturale di Ruggero II cui però si contrapporrà Costanza d’Hauteville, ultima figlia legittima di Ruggero II e moglie, dal 1184, di Enrico, re di Germania, d’Italia e di Borgogna, figlio dell’imperatore del S.R.I. Federico Barbarossa ed erede quindi della corona imperiale (che cingerà nel 1190 allorché la morte coglierà il padre intento a guidare la 3a Crociata). Alla morte di Tancredi (1194) Enrico (ora Enrico VI di Svevia) approfitterà della minore età del piccolo figlio di Tancredi, Guglielmo III (✝ 1198) ed occuperà il Regno. Nel corso dello stesso anno Costanza darà alla luce a Jesi (Ancona) l’unico suo figlio, Federico Ruggero, il futuro Federico II, lo “Stupor mundi”, uno dei più grandi sovrani della Storia: Federico salirà al trono di Sicilia appena 3-enne (1197, morte di Enrico VI), a quello di Germania nel 1212 ed a quello imperiale nel 1220. Con lui il Regno siciliano acquisirà in Italia e in Europa un ruolo e un prestigio eccezionali. La dinastia sveva si protrarrà fino al 1266 (a Federico II, ✝ 1250, succederà il figlio Corrado IV che però delegherà il governo del Regno al fratellastro Manfredi, principe di Taranto) anno in cui l’eccessiva ambizione “imperialista” di Manfredi preoccuperà a tal punto papa Clemente IV (francese) da indurlo ad offrire il Regno a Carlo, duca del Ducato francese di Angiò e fratello del re di Francia Luigi IX. limitazione della sovranità alla sola città e non al contado feudale vicino. In Italia invece la connotazione è quasi esclusivamente aristocratica (l’aristocrazia minore inurbata) e la sovranità è estesa anche sul contado circostante.
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Carlo scenderà in Italia e, dopo aver ucciso Manfredi (1266), anche con l’aiuto di molti feudatari del Regno (il feudalesimo meridionale era stato creato dai normanni nei primissimi anni della loro conquista) speranzosi di sostituire al potere svevo una più “comoda” anarchia feudale, si insedierà a Napoli ove trasferirà la capitale del Regno. Nel 1268 stroncherà ogni tentativo di riconquista sveva sconfiggendo a Tagliacozzo (L’Aquila) il sedicenne figlio di Corrado IV, Corradino. 1176 Italia settentrionale: scontro tra l’imperatore Federico Barbarossa, nonno del futuro Federico II di Svevia, e la “Lega lombarda” dei Comuni dell’Italia del nord riuniti sotto l’emblema del “carroccio”, simbolo della libertà comunale. Le idee centralizzatrici dell’Imperatore vengono efficacemente contrastate (battaglia di Legnano) anche per l’appoggio che dà ai Comuni papa Alessandro III (che interviene nella contesa solo per motivi di equilibrio di poteri) in onore del quale verrà poi fondata la città di Alessandria. La Lega si era costituita, in funzione anti-centralismo imperiale, a Pontida (Bergamo) il 7 aprile 1167 dall’unione della Lega veronese, cui aderivano Verona, Vicenza, Padova e Treviso, e della Lega di Pontìda che includeva Cremona, Brescia, Bergamo, Mantova e Milano. È questa una delle conseguenze più eclatanti del grande risveglio europeo che segue l’anno Mille e che porta, tra l’altro, accanto agli eventi già accennati (diffusione del monachesimo, guerre dei “crociati”, nascita delle Università; v. pag. 66, 70, 81, 82), incremento demografico, svecchiamento della popolazione, sviluppo delle città, costruzione delle grandi cattedrali, aumento della circolazione monetaria, aumento della produttività delle campagne, intensificazione dei viaggi e degli scambi commerciali, efficace controllo cittadino dell’anarchia feudale, intensificazione dei contatti tra i popoli. Tale risveglio non dà però esiti altrettanto positivi riguardo la vita di ogni giorno dell’uomo. L’uomo medievale, sia del ceto popolare che di quello aristocratico, continua a vivere la sua giornata nell’impegno, quasi totalizzante, della ricerca del soddisfacimento dei propri bisogni materiali primari o superflui: i primi (ricerca del cibo quotidiano e delle più elementari necessità della sopravvivenza) sono peculiari dell’uomo del popolo; i secondi (perseguimento del sempre maggiore benessere e delle varie banalità della vita quali abiti, ozi, corteggiamenti, ecc.) della classe nobile. La cura del lato “spirituale”, nonostante le ostentate apparenze, è completamente ignorata sia dall’uomo popolano, che peraltro accetta supinamente e con convinzione, considerandola non solo ineluttabile ma anche “giusta”, la propria condizione sociale (priva non solo di libertà ma anche di dignità), che dall’uomo potente e finanche dall’uomo di chiesa. Non riusciranno a mutare il corso della storia neanche le straordinarie eccezioni che avranno in S. Francesco d’Assisi, in Gioacchino da Fiore, in papa Celestino V, in Girolamo Savonarola ed in tanti altri, i loro massimi vertici. L’aspetto spirituale ed interiore dell’uomo, di ogni uomo, inizierà ad avere una certa considerazione solo dopo la Riforma protestante e la conseguente Controrifor84
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ma cattolica avviata dal Concilio di Trento (1545-1563). Una consapevolezza più profonda si avrà poi nei sec. XVIII-XIX, grazie al contributo del pensiero illuminista, della Rivoluzione francese e degli eventi che seguiranno. 1197 Toscana: Firenze assume sempre più un ruolo di preminenza nella regione e, alla morte dell’imperatore Enrico VI di Svevia, chiama a raccolta (Lega di S. Ginesio) tutti i Comuni della regione in funzione anti-imperiale (l’Impero pur accettando la nascita dei Comuni, ne osteggia però le libertà qualificanti) e filo papale (il Papato, per ovvie questioni di limitazione del potere imperiale, è invece su posizioni opposte a quelle dell’Impero). Le posizioni della città saranno in seguito definite “guelfe”4. sec. XII-XIII Spagna: questa la nuova situazione territoriale nella penisola iberica rispetto al contesto del sec. XI (v. pag. 78): A nord: Regno di Leon, Regno di Castiglia (allargato verso sud), Regno di Aragona (allargato verso sud ed unito, dal 1137, alla Contea di Barcellona), Regno di Navarra. Ad ovest: Regno del Portogallo (la vecchia Contea allargata verso sud). A sud: Regno degli arabi almoravidi (1086-1147) e Regno degli arabi almohadi (1147-1269). Il territorio del Regno è quello dell’ex califfato di Cordova. Nel sec. XIII il Regno di Leon si unirà a quello di Castiglia (1230), il Regno di Aragona riconquisterà le isole Baleari dagli arabi (1228) e il Regno arabo degli almohadi si dissolverà (1269), a favore dei Regni di Castiglia, di Aragona e del Portogallo, lasciando ai musulmani solo il piccolo Regno di Granada. sec. XII-XIII Inghilterra: salito al trono nel 1154 il primo dei re della dinastia Angiò-Plantageneta, Enrico II (Enrico è figlio di Matilde, figlia di Enrico I a sua volta figlio di Guglielmo il Conquistatore, e del francese Goffredo Plantageneto conte della Contea di Angiò sposato nel 1128), l’isola diviene detentrice di vasti territori in terra di Francia: alla Normandia viene aggiunto infatti l’Angiò ed i territori della fascia centromeridionale; nel 1166 Enrico conquista poi anche la Contea della Bretagna. Ad Enrico II (1154-1189) succedono il figlio Riccardo I “Cuor di Leone” (11891199), il fratello di quest’ultimo Giovanni “Senzaterra” (1199-1216; re d’Irlanda dal 1177) e il figlio di questi Enrico III (1216-1272) durante il cui regno vengono perduti tutti i possedimenti francesi ad eccezione del Ducato di Guienna (Francia sud-occidentale). Da “Welfen”, la casa ducale tedesca di Baviera i cui sostenitori, in contrapposizione alla casa di Svevia all’epoca della lotta per la corona imperiale (1125, morte dell’imperatore Enrico V), e più ancora alcuni decenni dopo essendo imperatore Federico I Barbarossa, erano inclini ad un maggiore riconoscimento dell’autorità della Chiesa da parte dell’Impero. La casa di Svevia era sostenuta invece dai “ghibellini” (dal castello di “Waiblingen”, residenza degli Hohenstaufen). 4
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I successori di Enrico III saranno Edoardo I (1272-1307; annessione del Galles nel 1284), Edoardo II (1307-1327; primo principe di Galles dal 1284) ed Edoardo III (1327-1377) che avvierà (1337) la guerra dei “Cento anni” per la riconquista dei possedimenti inglesi in Francia (i motivi contingenti saranno però pretese di successione al trono francese determinati da motivi matrimoniali). 1209 Chiesa: papa Innocenzo III, supportato dal Re di Francia, avvia una “crociata” contro gli albigesi per combattere l’eresia càtara che ha nella cittadina di Albi (Francia meridionale) il suo centro propulsore e che coinvolge anche le città di Tolosa, Narbona, Carcassonne, Rodez, Béziers, ecc. L’eresia, diffusa in Provenza già dal sec. XI, predica l’opposizione insanabile tra il Bene e il Male e la necessità dell’ascetismo più spinto. Ritiene il mondo materiale creato da un Dio malvagio e le realtà spirituali da un Dio buono. Gesù ha salvato l’uomo non espiandone le colpe ma rendendolo consapevole della natura divina “buona” della sua anima costretta nel corpo materiale e “cattivo”. Egli non è né uomo né Dio; è un Angelo adottato da Dio e con l’apparenza umana. Sono quindi negate l’incarnazione, la morte e la resurrezione di Cristo, i sacramenti e la stessa Chiesa, peraltro corrotta dal potere temporale. Oltre 200.000 uomini vengono quindi inviati in Francia con il compito di distruggere l’eresia e assoggettare e riportare alla cristianità le città “eretiche”. La guerra, spietata e crudele, si protrarrà per ben 20 anni e provocherà, sembra, più di un milione di morti! Terminerà nel 1229, dopo anni di distruzioni, saccheggi e orrori enormi, con la resa di Tolosa. Subito dopo, un Concilio convocato nella stessa città istituirà ufficialmente il tribunale della Santa Inquisizione per la ricerca (“inquisitio”) e la distruzione dei focolai eretici rimasti nel territorio. Sarà il primo passo verso l’uso istituzionalizzato e ufficiale della repressione del dissenso religioso cristiano dopo alcuni anni di repressione più discreta. In seguito (1231) papa Gregorio IX istituirà tribunali inquisitori in tutta la cristianità e affiderà la celebrazione dei processi a speciali commissari, scelti tra i Domenicani e i Francescani, ai quali saranno attribuiti poteri eccezionali non contemplanti la necessità di prove né la garanzia di difensori. Papa Innocenzo IV (1243-54) permetterà, infine, il ricorso alla tortura e al rogo. Dopo aver toccato il culmine della sua attività nel sec. XIV, l’Inquisizione andrà progressivamente affievolendosi per scomparire quasi completamente sul finire del sec. XV allorché gli Stati nazionali nascenti cercheranno di arginare l’eccesso di ingerenza del potere ecclesiastico. Nel 1478 sarà però la Spagna a riportare in auge l’antica e terribile istituzione per iniziativa di re Giovanni II d’Aragona e con l’autorizzazione di papa Sisto IV. Dalla Spagna sarà poi esportata in quasi tutti i paesi europei e nelle colonie americane. L’Inquisizione attraverserà i secoli e vivrà fino agli anni di inizio sec. XIX causando dolore, sofferenza e morte. Le vittime (eretici, fraticelli, ebrei, bestemmiatori, scomunicati, streghe e stregoni, incestuosi, adulteri, usurai, ecc.) si conteranno a decine di migliaia. Sul rogo moriranno anche uomini colpevoli unicamente di aver desiderato una necessaria riforma della Chiesa: in Italia saranno arsi vivi, tra gli altri, Gherardo Se86
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garelli (Roma, 1300), Fra’ Dolcino da Novara (Vercelli, 1307), Girolamo Savonarola (Firenze, 1498), Giordano Bruno (Roma, 1600). sec. XIII Meridione d’Italia: nel Regno di Sicilia di Federico II di Svevia (v. pag. 83) è attiva la “Scuola poetica siciliana”, la prima scuola poetica della penisola, sviluppatasi nell’ambito della corte palermitana di Federico II tra il 1230 e il 1240. L’originale scuola di Palermo propone una condizione cortigiana dell’amore di ispirazione cortese provenzaleggiante, conferisce ad essa caratteristiche piuttosto colte ed eleganti e scrive le sue rime in una lingua che appare già più illustre del “volgare” dei secoli a venire. Nomi importanti sono quelli del poeta e rimatore Folco Ruffo di Calabria, uno degli esponenti più in vista e verosimilmente il capostipite del ramo della famiglia calabra dei Ruffo “di Sinopoli”, Jacopo da Lentini (l’inventore del sonetto), Pier delle Vigne (ministro, segretario e giurista di Federico II), Cielo (o “Ciullo”) d’Alcamo, Rinaldo d’Aquino e lo stesso imperatore Federico II nonché il figlio Manfredi. Con la poesia siciliana nascono anche le strutture fondamentali stilistiche e metriche che domineranno a lungo la poesia italiana, dall’endecasillabo al sonetto, alla canzone. Nel resto d’Italia e in Europa, anche grazie alla Scuola siciliana, inizia il cammino della letteratura locale5 che già nel sec. XIV varcherà i confini prettamente regionali sulle ali dei grandi nomi da tutti noti. sec. XIII Meridione d’Italia: in età federiciana il ruolo di regione “produttrice” libraria che nei secoli precedenti era stato della Calabria e della Sicilia (v. pag. 81) viene rilevato dalla Puglia, regione ove viene trasferito il centro di gravità del Regno di Sicilia, divenuto ormai uno dei più importanti centri di ricerca umanistica e scientifica dell’Europa medievale. In prima linea sono ancora i monaci basiliani e figura eminente dell’epoca è l’abate del monastero basiliano-normanno di Càsole, Nicola d’Otranto, meglio conosciuto con il nome di Nettario, abate dal 1229 al 1235 ed uno dei più conosciuti tra i primi precursori della grande stagione umanistica dei sec. XIV-XV. Nelle sue ripetute missioni a Costantinopoli (come interprete dei legati pontifici prima e con incarichi diplomatici dopo; 1205-07, 1214-15, 1223-24, ecc.) il religioso ha modo di approfondire le sue conoscenze di letteratura sacra e profana, di I modi della poesia provenzaleggiante siciliana saranno esportati, già nella seconda meta del sec. XIII, in Toscana ed avranno in Guittone d’Arezzo (1235 c.-1294 c.) il maggiore poeta. Dopo una prima produzione poetica sicilianeggiante, Guittone passerà però presto, in seguito ad una crisi spirituale che lo porterà ad indossare il saio francescano, alla poesia religiosa di marca umbra (poesia che nell’Umbria francescana era fiorita in contemporanea con la poesia amorosa siciliana), non disgiunta da aspetti politici e morali, che farà subito scuola. Altri grandi esponenti della scuola siculo-toscana (allargata a buona parte del settentrione d’Italia) saranno, a Firenze, Guido Cavalcanti e Brunetto Latini, e, a Bologna, Cino da Pistoia e Guido Guinizelli. Di lì a qualche anno verrà prepotentemente fuori la grande figura di Dante Alighieri. 5
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argomenti astrologici e scientifici, ecc.; dall’Oriente bizantino riporta inoltre codici e manoscritti molto preziosi per la biblioteca del cenobio di Càsole. Tale biblioteca diviene in breve, grazie alla sua fondamentale attività ed a quella dei suoi immediati successori, conosciuta ed apprezzata in tutti gli ambienti più colti dell’Italia del tempo. Nettario stesso è autore di alcuni dei volumi in essa custoditi ed una delle sue opere più note, l’interessante trattato educativo dal titolo “A chi disprezza la cultura e giace privo di iniziative ed incapace di applicarsi agli insegnamenti ellenici e profani” è documentato, in trascrizione amanuense, al Patir di Rossano ancora nel 1491. Sia la straordinaria biblioteca di Càsole che lo stesso monastero saranno purtroppo distrutti dai turchi nel 1480. Allievo di Nettario è il giovane Giovanni Grasso, in seguito funzionario imperiale di Federico II, nella cui casa è documentata (1230) una copia, ovviamente trascritta ma non tradotta, dell’Odissea; nello stesso periodo anche copie dell’Iliade (sempre trascritte ma non tradotte) iniziano a circolare nelle case di altri studiosi pugliesi. È questo l’inizio, verosimilmente dovuto ad una maggiore apertura della Chiesa verso la letteratura profana, della diffusione dei poemi omerici – e delle altre opere letterarie trascurate nei secoli precedenti – nella cultura occidentale: una copia dell’Odissea risulta trascritta da tale Palàgano d’Otranto, allievo del Nettario; nel 1255, sempre in Puglia, circolano copie della tragedia “Alexandra” di Licòfrone; nel 1287 si ritrovano copie, ancora trascritte ma non tradotte, delle “Opere” di Esiodo. sec. XIII Chiesa: è il periodo di attività di S. Tommaso d’Aquino (Roccasecca, Frosinone, 1226- Fossanova, Latina, 1274), uno dei più importanti esponenti della filosofia “scolastica”6, in seguito annoverato tra i “dottori della Chiesa”. Di nobili origini longobardo-normanne, veste precocissimo l’abito benedettino per poi passare (1243-44) a quello domenicano. Dopo aver studiato a Napoli ed a Colonia, insegna per alcuni anni all’università di Parigi e nella stessa Napoli, da dove dirige gli studi della provincia romana dell’Ordine. Inviato da papa Gregorio X a Lione per partecipare come teologo al Concilio che stava per iniziare in quella città, muore per malattia nell’abbazia di Fossanova. Il suo pensiero opera una originale elaborazione dell’aristotelismo attuando una Il termine “scolastica” denota quel particolare filone della filosofia che in tale periodo (particolarmente nei sec. XI-XIV) viene insegnata nelle scuole con metodo, appunto, “scolastico”. Suoi principi fondamentali sono il riconoscimento del soprannaturale, la trascendenza divina, la creazione divina del mondo, la libertà e l’immortalità dello spirito umano. Suo interesse primario è la teologia ossia la ricerca della comprensione del dato rivelato (assunto quindi come vero) che viene seguita sia attraverso la strada del “razionalismo” che, rifacendosi ad Aristotele, tende al raggiungimento della Verità e di Dio tramite la speculazione e la dialettica, sia attraverso la strada del “misticismo”, che per raggiungere gli stessi esiti ed all’opposto del razionalismo, tende all’esaltazione del valore dell’amore, della volontà e della vita cristiana. Generalmente le due posizioni coesistono in armonia e pur privilegiando l’una o l’altra, gli scolastici non negano mai la posizione avversa. 6
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sintesi armonica e nuova tra pensiero antico e dottrina cristiana: ragione (o filosofia) e fede sono distinte e autonome ciascuna nel proprio campo, rispettivamente quello della verità naturale e quello della verità soprannaturale, ma non sono in opposizione, anzi tra esse vi è collaborazione poiché la ragione può provare l’esistenza di Dio, può chiarire il contenuto della rivelazione, può mostrare la non contraddittorietà del mistero e può sciogliere le obiezioni contro la rivelazione. Quando vi è opposizione tra filosofia e fede allora è la prima che deve rivedere le sue posizioni poiché è proprio dell’uomo poter cadere in errore. La morale si fonda su una norma obbligatoria che è insieme la norma intrinseca del nostro essere e l’espressione della volontà divina. È legittima qualunque forma di governo purché adatta al bene della comunità. Stato e Chiesa sono distinti e ciascuno è autonomo nel proprio campo. Tra essi deve esserci collaborazione e non contrasto poiché entrambi tendono al bene vero dell’uomo. La Chiesa è però superiore allo Stato perché il fine che persegue è più eccellente. San Tommaso d’Aquino sarà canonizzato da papa Giovanni XXII nel 1323 e dichiarato dottore della Chiesa da Pio V nel 1567. Tra le opere: “Summa contra Gentiles” (1258-62), “Summa theologiae” (1266-73), “De unione Verbi Incarnati” (1268), “De spiritualibus creaturis” (1269), “De coelo et mundo” (1272-73), ecc. 1273-1291 S.R.I.: è imperatore del Sacro Romano Impero Rodolfo I d’Asburgo, primo imperatore della prestigiosa casata che terrà le redini dell’Impero quasi ininterrottamente fino alla conquista napoleonica (1806). La sua nomina pone fine al grande interregno successivo alla morte dell’imperatore Federico II di Svevia (1250-1273). La casata asburgica è probabilmente originaria dell’Argovia (oggi cantone della Svizzera settentrionale) dove nei primi decenni del sec. XI il capostipite, un certo Werner, feudatario del luogo e forse vescovo di Strasburgo, fece costruire il cosiddetto castello di “Habichtsburg” (in seguito “Habsburg”) da cui la famiglia derivò poi il nome. Nel 1082 c. un nipote di Werner I, Werner II (✝ 1096) fedelissimo della casa sveva, ebbe il titolo di conte unitamente a nuovi possedimenti in Alsazia (Francia orientale) e in Brisgovia (Germania sud-occidentale). La formazione di una unità territoriale compatta iniziò tuttavia a definirsi solo verso il finire del sec. XII dopo i nuovi acquisti, specialmente nell’attuale Svizzera, operati dai conti Ottone II, Werner III (✝ 1167) e Alberto III (✝ 1199) discendenti di Werner II. Sotto Rodolfo II (✝ 1232) la Contea era ormai abbastanza grande da essere suddivisa tra i suoi due figli Alberto IV (✝ 1240) e Rodolfo III. Alla morte di Alberto IV le redini della casata vennero prese dal figlio Rodolfo IV, nato in Brisgovia nel 1218; egli allargò notevolmente i confini della Contea acquistando un grandissimo prestigio al punto di essere eletto (1273) alla dignità imperiale con il nome di Rodolfo I. Nel 1278 allargherà ancora i suoi possedimenti personali includendovi la Boemia e l’Austria, spostando così gli interessi della casa asburgica dalla Svizzera all’Austria. La casata inizierà quindi a chiamarsi “casa d’Austria”. A Rodolfo I succederanno il figlio Alberto I (1298-1308) e poi, dopo oltre un 89
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secolo durante il quale i membri della casata ritorneranno al ruolo di semplice famiglia ducale allargando tuttavia i loro domini personali alla Carinzia (1335), al Tirolo, all’Istria (1374) ed a Trieste (1382), il duca d’Austria del tempo Alberto V, II come imperatore (1437). 1275 Inghilterra: costretto dalla insistente e decisa attività emancipatrice della nobiltà minore, e della borghesia re Edoardo I (v. pag. 86), sovrano fortemente autocrate e accentratore, convoca, affiancandolo al “parlamento” tradizionale – costituito per consuetudine (già dal sec. XI) dai vassalli più importanti del Re convocati individualmente in funzione di “consiglieri” –, il primo Parlamento formato da due Camere distinte, quella dei rappresentanti della nobiltà e dell’alto clero (Camera dei Lord) e quella dei rappresentanti dei cavalieri, della borghesia, dei mercanti, delle corporazioni artigiane, dei piccoli proprietari e dei cittadini comuni (Camera dei Comuni; il termine “Comuni” è riferito sia ai cittadini “comuni” che, forse più verosimilmente, ai “commons”, i villaggi e le città inglesi). La prima è assolutamente non elettiva e di nomina reale, la seconda nel tempo diverrà rigorosamente elettiva. Entrambe acquisiranno progressivamente funzioni sempre più rilevanti nel campo legislativo ed in quelli di indirizzo e controllo della politica regia e spesso saranno anche in aperto e duro contrasto con il potere reale. L’esigenza di assemblee rappresentative dei sudditi reali più importanti nasce in Europa proprio in questo periodo al fine di tutelare poteri e privilegi esistenti nella sfaccettata società feudale del tempo (v. pag. 72). Tali assemblee hanno quindi una vocazione essenzialmente conservatrice e sono spesso promosse dagli stessi Sovrani a cui non sono certamente indifferenti il consenso e l’aiuto finanziario dei sudditi più ricchi e potenti. Esse acquisiranno però, a seconda del forte o debole potere regio dei vari Regni, una funzione puramente decorativa (come per la Francia e gli “Stati generali”; v. pag. 135) o una funzione di grave conflitto istituzionale (come per la Germania medievale e dei sec. XVI-XVIII o per l’Inghilterra di Carlo I e il lungo dissidio con il “Parlamento” di Cromwell; v. pag. 134). L’antesignano tra i “parlamenti” europei era stato tuttavia quello italiano e siciliano del Regno normanno di Sicilia (v. pag. 83 ) che aveva iniziato a riunirsi a Palermo (palazzo dei Normanni) già dal 1130. Una istituzione destinata però presto a perdere notevolmente di significatività. Nel Regno inglese l’idea di un “parlamento” ampiamente rappresentativo aveva invece iniziato a prendere corpo nel 1215 allorché re Giovanni Senzaterra (v. pag. 85) per fronteggiare la rivolta dei baroni locali era stato costretto a concedere la “Magna Charta Libertatum” con la quale erano stati riconosciuti alla nobiltà minore, all’alto clero e alla borghesia alcuni diritti fondamentali che tendevano a limitare il suo potere assoluto. Negli anni 1258-59 re Enrico III aveva poi accettato (nuova ribellione dei baroni ora guidati da Simone di Montfort) ulteriori restrizioni all’autorità regia a favore della nobiltà baronale (Provisions di Oxford e Provisions di Westminster) e nel 1265 era stato costretto ad accettare la convocazione di una assemblea parlamentare in cui erano rappresentati baroni, prelati, piccola nobiltà e delegati della borghesia e delle città. Si trattava in effetti del primo nucleo della futura Camera dei Comuni. 90
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La costituzione delle Assemblee parlamentari inglesi rappresenta il punto di partenza importante per il superamento in Europa (e nella stessa Inghilterra), nei secoli avvenire, dell’assolutismo regio, assolutismo che tuttavia in gran parte del Vecchio Continente si protrarrà quasi senza grandi inciampi fino agli anni della Rivoluzione francese (v. pag. 151 e seguenti) e ai primi decenni del sec. XIX. 1282 Meridione d’Italia: il malcontento verso il governo di Carlo I d’Angiò (12661285; v. pag. 84) trova la sua massima espressione in Sicilia dove il lunedì di Pasqua, all’ora dei Vespri, scoppia la grande insurrezione che passerà alla storia con l’appellativo di “Guerra dei Vespri” (o “Vespri siciliani”). Il 30 agosto sbarca a Trapani Pietro III d’Aragona, marito di Costanza, figlia di Manfredi, e viene subito acclamato dal Parlamento di Palermo Re di Sicilia: l’Aragona è ormai in guerra con gli Angiò e l’intera Francia. La guerra finirà esattamente dopo 20 anni (1302; pace di Caltabellotta) con il distacco della Sicilia (“Regno di Sicilia”) dalla restante parte continentale del Regno angioino (“Regno di Sicilia al di qua del faro” o “Regno di Napoli”): sul trono del primo salirà Federico II d’Aragona, fratello del re d’Aragona Giacomo II, entrambi figli di Pietro III; su quello del secondo siederà invece Carlo II d’Angiò (1285-1309), figlio di Carlo I. I Re aragonesi saranno spesso anche Re di Sicilia fino al 1415 anno in cui il Regno isolano cesserà di essere Regno autonomo per divenire un semplice vicereame del Regno di Aragona. Dal 1296 l’Aragona sarà padrona anche della Sardegna (ceduta alla monarchia aragonese da papa Bonifacio VIII, filo angioino e tutore della repubblica di Genova, in cambio della cessione della Sicilia agli angioini. Quest’ultima parte dell’accordo non avrà seguito poiché il popolo siciliano, avuto sentore di ciò che stava profilandosi, smentirà Giacomo II e chiederà aiuto a Federico II) che tuttavia farà parte effettiva del Regno iberico solo dal 1326. Il Regno angioino resterà invece ben saldo nel Meridione continentale fino al 1442. sec. XIII-XIV Italia: il feudalesimo manifesta chiaramente la sua profonda crisi e mentre tutti i paesi occidentali sono sempre più impegnati nel consolidamento delle monarchie nazionali, la penisola continua ad essere priva di una sua identità e, ad eccezione del solo Regno di Napoli, divisa in tanti staterelli originati dalla trasformazione dei Comuni, con o senza il consenso popolare, in Signorie7. Il passaggio dal “Comune” alla “Signoria” è quasi un percorso obbligato: la ricerca di garanzie di libertà e di sicurezza, dell’approvvigionamento alimentare, del controllo delle vie di comunicazione, talvolta dell’accesso al mare, ecc., porta i Comuni maggiori ad avviare una politica di sottomissione delle città minori e dei loro territori. Ciò, assieme ad un progressivo annullamento degli antichi vincoli feudali, provoca lotte intestine e contrasti tra città vicine spesso lunghissimi e insanabili. All’interno del Comune si creano inoltre, inevitabilmente, interessi contrapposti tra le diverse classi sociali e quasi sempre la tutela di tali interessi sfocia in conflitti continui e particolarmente violenti. Dalla instabilità politica e dalla lotta tra le fazioni, segnatamente tra i sec. XIV e XV, inizierà ad emergere il potere per7
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Tale situazione si protrarrà anche nel sec. XV pur se a Napoli si affiancheranno importanti realtà statali come Venezia, Milano e Firenze. sec. XIII-XIV Venezia: motivi di rivalità espansionistiche e commerciali portano la città ad avviare una serie di guerre contro le altre grandi Repubbliche marinare (così chiamate perché, anche in periodo signorile, riescono a mantenersi relativamente “libere” grazie soprattutto alla loro florida economia basata prettamente sul commercio marittimo). Particolarmente duri sono i conflitti con Pisa e con Genova; quest’ultima, interessata come Venezia alle vie commerciali con l’Oriente, le contende le isole egee mentre occupa quelle della costa dell’Asia Minore. L’altra grande repubblica marinara, Amalfi, conquistata parzialmente dai normanni nel 1072, è ormai, dal 1131, completamente integrata nel Regno di Sicilia. In questo periodo, come accennato, l’Italia e l’Europa assistono alla progressiva trasformazione dei liberi Comuni in Signorie e Principati: Venezia, al pari delle altre grandi Repubbliche marinare, non avvertirà tuttavia mai tale necessità poiché le sue prospere condizioni economiche le permetteranno di assicurare sempre ai suoi abitanti una più che accettabile qualità della vita facendo venir meno l’esigenza di una guida forte e con prerogative quasi reali. sec. XIII-XIV Toscana-Genova: contrasti tra Pisa, Genova e Venezia. Uno dei conflitti più duri scoppia tra Genova e Pisa per il controllo della Corsica e della Sardegna. Il conflitto termina nel 1284 dopo la grande vittoria genovese nella battaglia della Meloria (presso Livorno) che segna l’inesorabile inizio del declino pisano: la città perde infatti, in favore di Genova, gran parte della Sardegna e tutti i territori corsi ancora in suo possesso. Nel 1299 i pisani perdono anche i residui territori sardi e la Sardegna passa integralmente a Genova per poi essere ceduta al Regno di Aragona (1326; la cessione era stata tuttavia concordata tra papa Bonifacio VIII, tutore temporaneo della Repubblica genovese, interessata da una poco chiara situazione politica, ed il Re d’Aragona, già dal 1296). La stessa città di Pisa sarà poi venduta (1399) ai Visconti di Milano che la cederanno (1402) a Firenze; la città della Torre pendente sarà comunque sottomessa completamente solo nel 1406. sonale di un “Signore” che, appoggiato spesso dalla fazione cittadina più “popolare”, con la forza o con l’astuzia conquisterà il potere. È la nascita della “Signoria”. E se nell’Italia meridionale (e in Spagna e nell’Europa orientale) l’aristocrazia feudale resterà ben ancorata al potere portando alla diffusione del latifondo e ad un sempre più accentuato asservimento della classe rurale, nell’Italia del Nord (e in genere nell’Europa centro-settentrionale) si rafforzeranno le oligarchie cittadine (politicamente autonome come le signorie italiane o sotto protezione delle monarchie nazionali) che porteranno alla nascita di una nuova classe aristocratica in tutto simile alla vecchia, fatta di vecchia nobiltà e di nuovi potentati cittadini. Una classe aristocratica che terrà ugualmente asservite e sottomesse le povere e immiserite masse contadine e urbane ponendo le premesse per ciò che in futuro sarà chiamato il “capitalismo europeo”. Per le più importanti “Signorie” italiane v. alle pagine seguenti.
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Firenze, intanto, vive un periodo di grande sviluppo economico: gli eccessi della sua politica affaristica, il lusso smodato e la grande ambizione dei suoi abitanti troveranno in Dante Alighieri un severo censore nostalgico di tempi più autentici, semplici e sinceri. La città riesce, comunque, nel corso del sec. XIV, ad unificare l’intero territorio toscano (Montecatini, 1315; Altopascio, 1325; Pistoia, 1331; Cortona, 1332; Arezzo, 1337; ecc.). Alla fine del sec. XV conserveranno la loro indipendenza solo Siena (che nel 1336 conquista il territorio di Grosseto) e Lucca (che con la sua strenua resistenza farà logorare finanziariamente il ceto dominante fiorentino). Nel 1339 a Genova, a somiglianza di Venezia, viene istituita la figura del “doge” con investitura biennale. Primo doge, eletto dal popolo (ma osteggiato dai nobili) è Simone Boccanegra (1301-1363). Il “dogato” genovese sarà comunque molto meno significativo di quello veneziano. sec. XIII-XIV Savoia: i vari conti sabaudi riprendono la politica espansionistica in Piemonte; è il periodo dei conti Amedeo VI (detto il “Conte Verde”, ✝ 1383) che riunisce alla Contea la città di Torino (1359) e annette inoltre le Contee di Tenda e di Cuneo (1382) e Amedeo VII (il “Conte Rosso”, ✝ 1391) che, tra l’altro, acquista la Contea di Nizza (1388). Quest’ultimo acquisto argina l’arroganza della vicina potenza viscontea milanese che tenacemente cerca di contrastare l’influenza sabauda sugli Stati confinanti. Alla fine del sec. XIV la Contea di Savoia è estesa quindi alle Contee di Savoia, Bugey, Vaud, Moriana, Belley, Torino, Aosta, Nizza, Tende, Cuneo; le Contee di Ginevra (Genevese) e la Marca di Ivrea saranno conquistate nel 1401 ed i marchesati di Ceva, Monferrato e Saluzzo, già sabaudi, saranno ripresi nel 1418. 1302 Stato pontificio: la pretesa del re di Francia Filippo il Bello di imporre anche ai membri del clero il pagamento delle imposte necessarie per finanziare la guerra contro la presenza inglese in territorio francese (v. pag. 97), riceve un netto rifiuto da parte di papa Bonifacio VIII (1294-1303), 67-enne, romano e con una concezione teocratica del cristianesimo rigidamente integralista. Il Papa scomunica addirittura il Monarca francese avocando solennemente al Pontefice romano la prerogativa esclusiva di intervento su tutto e su tutti (bolla “Unam Sanctam”, 1302). Filippo risponderà (1303) non con la sottomissione ma con il famoso e forse leggendario “schiaffo” di Anagni che papa Bonifacio avrebbe ricevuto nella residenza pontificia della sua città natale dall’inviato di Filippo, Guglielmo di Nogaret, mandato in Italia per imporre all’integerrimo Pontefice il ritiro della scomunica. Anziano ed umiliato il Papa morirà pochi mesi dopo. Nel 1305, dopo il breve pontificato di Benedetto XI e lunghi mesi di sede papale vacante, in un momento molto critico per il Papato, salirà al soglio pontificio Clemente V, francese, arcivescovo di Bordeaux, la cui elezione sarà, sembra, pilotata e sostenuta da re Filippo. Papa Clemente, diversamente dal predecessore, sarà docile strumento nelle mani del Re e trasferirà finanche (1309) la sede papale ad Avignòne, piccolo feudo francese 93
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della S. Sede. La cosiddetta “cattività avignonese” si protrarrà per 68 anni e vedrà sul soglio di Pietro succedersi altri 6 papi tutti francesi. Nel 1377 l’ultimo papa avignonese, Gregorio XI, anche lui francese, riporterà finalmente la sede pontificia a Roma. 1311 Milano: dopo l’autoproclamazione a Comune libero (1045), l’impari lotta con l’imperatore Federico I Barbarossa (causata dalla pretesa imperiale di nomina dei “consoli” comunali) conclusa nel 1158 con una deludente capitolazione e con la successiva distruzione (1162), la lenta ripresa seguita alla morte dell’imperatore Enrico VI di Svevia (1197), nel periodo in cui l’autorità imperiale era alquanto indebolita, nella città lombarda si afferma la signoria filo-ghibellina dei Visconti. Nel 1330 Azzone Visconti si proclamerà “dominus generalis” e darà l’avvio ad una politica di espansione a danno degli Stati vicini che porterà Milano ad una posizione di supremazia politica ed economica su tutta l’area lombarda ad eccezione di Mantova. Nel 1395 allorché Gian Galeazzo Visconti otterrà il titolo ducale, la signoria milanese sarà ormai estesa molto al di là dei limiti della regione attuale: a sud raggiungerà i territori toscani di Pisa e Siena (e minaccerà pesantemente Firenze) ed umbri di Perugia, Assisi e Spoleto; ad ovest giungerà fino alle terre del Monferrato (conquistato in parte); ad est fino a Verona (conquistata, assieme a Vicenza e Padova, nel 1389 da Gian Galeazzo che le toglierà agli Scaligeri; le tre città saranno occupate nel 1405 da Venezia che le terrà fino al crollo della Repubblica veneta nel 1797). La minacciosa espansione del Ducato lombardo provocherà la decisa reazione di Firenze e, soprattutto, di Venezia e ciò porterà, nella prima metà del sec. XV ad un drastico ridimensionamento della sua estensione territoriale. Il periodo visconteo sarà comunque caratterizzato dalla notevole potenza politica ed economica di Milano, dall’inizio dei lavori della fabbrica del Duomo (1383; i lavori si protrarranno fino al sec. XIX), dall’abbellimento della città e da un grande sviluppo delle arti e della cultura. La signoria viscontea si protrarrà fino al 1447, anno della morte senza eredi maschi di Filippo Maria Visconti. 1311 Mantova: nello stesso anno in cui a Milano si afferma la signoria viscontea, nella città lombarda ha il riconoscimento ufficiale dell’Imperatore (Enrico VII di Lussemburgo) la signoria dei Bonacolsi che aveva preso il potere nel 1273 e che nel 1328 cederà il posto a quella dei Gonzaga. La dinastia gonzaghiana si estinguerà nel 1708 e il Ducato verrà annesso alla Lombardia, conquistata dall’Austria nel 1707. sec. XIV Meridione d’Italia: nel Regno di Napoli angioino a Carlo I (1266-1285) succedono il figlio Carlo II lo Zoppo (1285-1309), il figlio di questi Roberto I (13091343), la nipote di quest’ultimo Giovanna I (1343-1381) e quindi Giovanna II (1414-1435) che salirà al trono dopo complesse e cruenti contese dinastiche causate dalla mancanza di eredi diretti della Regina. Morta Giovanna nel 1435 il Regno sarà di nuovo preda di lotte dinastiche intestine per il potere che si protrarranno fino al 1442 anno in cui Alfonso V d’Aragona 94
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riuscirà ad impossessarsi del Regno riunendo finalmente sotto la sua persona i Regni di Sicilia e di Napoli. Il governo angioino, fortemente succube del predominio economico e commerciale francese e distratto dalle continue lotte dinastiche, in pratica non governa lo Stato napoletano ma si limita alla sola amministrazione corrente ed alla imposizione di tributi sempre più gravosi. Cause, mai rimosse, del malgoverno angioino sono fondamentalmente il totale disinteresse verso le varie province del Regno che restano quindi abbandonate allo strapotere dei grandi e piccoli feudatari locali, l’interesse pressoché esclusivo verso la città capitale, il forte inasprimento della pressione fiscale (imposto dalle necessità della sempre più dispendiosa vita della corte) e, non ultime, le continue guerre di potere interne alla stessa dinastia. Napoli diviene però una delle città più belle, colte ed importanti d’Europa, ha una crescita demografica ed urbana senza precedenti, le sue industrie e la sua economia vivono una stagione di grande prosperità, nella Reggia degli Angiò (il Castel Nuovo) affluiscono da ogni parte d’Italia e d’Europa le personalità più importanti dell’epoca (letterati, artisti, uomini di scienza, ecc.). Pur gravato dalle gravi contraddizioni interne cui si è appena fatto cenno, il Regno angioino diviene presto, comunque, una delle grandi potenze europee. sec. XIV Meridione d’Italia: nel Sud ex bizantino continua la grande tradizione dei trascrittori e traduttori greci. Nomi molto conosciuti negli ambienti più dotti sono quelli del grande medico, chirurgo e letterato calabrese Niccolò da Reggio (nativo di Reggio Cal. ma trasferitosi già dal 1310 alla corte angioina di Napoli ove è medico, consigliere, diplomatico e traduttore di re Roberto I), di Azzolino de Urbe (nativo di Otranto, giurista e cultore di astronomia, fisica e teologia) e di Leone de Scolis (pugliese di Altamura, cultore di medicina), tutti attivi nella prima metà del sec. XIV (1320-30) e tutti continuamente in viaggio nell’Oriente bizantino alla ricerca di manoscritti per la grande Biblioteca reale di re Roberto. Tale Biblioteca è, come già accennato, fornitissima di testi originali greci e di molte loro traduzioni in latino. Ed è ad essa che si rivolgono tutti gli studiosi ed i traduttori della penisola e d’Europa: nel 1333 l’imperatore d’Oriente Andronico III dona, ad esempio, a re Roberto I, tra gli altri manoscritti greci, anche uno dei volumi del famoso medico greco di Pergamo Claudio Galeno (129-201) che il Re fa subito tradurre in latino da Niccolò da Reggio (è il trattato “De passionibus unuscuisque particulae et cura ipsorum” oggi custodito, sembra, a Parigi nella Biblioteca reale di Francia). La corte angioina di Napoli, è anche il maggior centro di studi greci dell’intero Occidente ed uno dei più precoci cenacoli umanistici d’Italia. sec. XIV Toscana: è l’epoca di Dante Alighieri (Firenze, 1265-Ravenna, 1321), Francesco Petrarca (Arezzo, 1304-Arquà, Pordenone, 1374) e Giovanni Boccaccio (Certaldo, Firenze,1313-ivi, 1375), tre nomi che saranno al vertice della letteratura non solo toscana ma dell’intera penisola. Assieme ai calabresi Bàrlaam e Pilato ora rap95
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presentano però i primi grandi precursori dell’Umanesimo e del Rinascimento. sec. XIV Calabria: è attivo Bernardo Bàrlaam (Seminara, 1290 c.-Avignòne o Gerace, 1348 c.), religioso, letterato, filosofo, teologo, massima espressione della cultura calabra (e forse italiana) bassomedievale e grande precursore dell’Umanesimo. Convinto assertore dell’alta dignità umana (in un’epoca in cui l’uomo è comunemente considerato privo di capacità “spirituali” autonome), Bàrlaam è quindi grande ammiratore e studioso delle antiche civiltà classiche, che ebbero sempre, nel bene e nel male, l’uomo al centro dei loro interessi. È un uomo di vasta cultura ed è molto apprezzato e stimato sia in Calabria che nel resto d’Italia ed a Bisanzio, città nella cui Università è talvolta chiamato per tenere delle importanti lezioni (Bàrlaam è monaco di formazione basiliano-ortodossa; passa al cattolicesimo latino solo verso il 1340). Egli è inoltre grande conoscitore della lingua greca ed in tale veste si impegna per breve tempo (1341) nel riordino degli antichi codici greci della Biblioteca reale napoletana di re Roberto, per poi portarsi alla corte papale di Avignòne ove è maestro di greco del Petrarca. Purtroppo poche delle sue numerosissime opere scritte in greco e in latino su argomenti di carattere teologico, filosofico, astronomico, musicale, fisico e matematico (il dotto Religioso è anche autore di un commento agli “Elementi” di Euclide) sono oggi conosciute essendo quasi tutte perdute. Allievo di Bàrlaam è Leonzio Pilato (inizio sec. XIV-1365) anche lui nativo di Seminara e anche lui probabilmente monaco di formazione basiliana. Maestro di greco a Firenze (1360-62) del Boccaccio (si deve, sembra, proprio a Boccaccio l’istituzione della cattedra di greco nella Università fiorentina), Pilato è “più letterato” di Bàrlaam. Conosce infatti Euripide, Licòfrone, Diodoro Siculo, Virgilio, Plinio e Tito Livio ed è inoltre esperto degli antichi miti classici. Oltre a tradurre letteralmente (“verbum ad verbum”, come d’uso all’epoca) in latino, su richiesta rispettivamente del Petrarca e del Boccaccio e primo assoluto nell’intero mondo occidentale, i poemi omerici “Iliade” e “Odissea” (1360-62), si impegna anche nella traduzione di alcune opere di Euripide ed Aristotele. Al loro apparire le pedisseque versioni omeriche di Pilato, pur talvolta criticate dallo stesso Petrarca, hanno una grande diffusione tra gli studiosi e, trascritte in numerosissime copie, vanno ad impreziosire le biblioteche dei più importanti letterati dell’epoca. Nello stesso secolo XIV molti studiosi non completamente soddisfatti dell’opera di Pilato tentano, servendosi tuttavia del testo pilatiano, di rendere più “moderna” la veste latina delle traduzioni ma i lavori di Pilato, pur con le loro pecche, risulteranno sempre le preferite da generazioni di umanisti. Tale grande popolarità rimarrà anche nel secolo successivo fino alla comparsa delle nuove traduzioni rinascimentali. Sia Bàrlaam che Pilato sono indubbiamente gli artefici della rinascita degli studi classici in Italia ed in Europa ed i precursori e “padri” della grande realtà dell’Umanesimo. Pilato è oggi giustamente considerato anche uno dei “padri” della letteratura italiana. Bàrlaam e Pilato non rappresentano ovviamente eventi isolati nella Calabria del 96
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sec. XIV. Come nei secoli precedenti la regione è infatti un’area culturale molto feconda. Nelle sue innumerevoli scuole monastiche si leggono, si studiano, si trascrivono e si traducono (in latino) Platone, Aristotele, Tolomeo, ecc. rendendo così accessibili per la prima volta a tutti gli studiosi occidentali del tempo le opere principali dei grandi autori dell’antichità. La fama dell’insegnamento praticato in Calabria è talmente grande da far considerare le scuole della regione addirittura superiori alle stesse scuole greche e da indurre il Petrarca a consigliare ai suoi discepoli e agli amici, desiderosi di apprendere il greco, di non intraprendere lunghi, faticosi e pericolosi viaggi per la Grecia, ma di portarsi invece nelle scuole e nei conventi calabresi. La morte di Pilato pone tuttavia termine alla grande tradizione dell’ellenismo calabro iniziato nell’epoca magnogreca, proseguito poi nel lungo periodo di dominazione bizantina (sec. VI-XI), in quello del monachesimo basiliano e pervenuto infine agli anni pre-rinascimentali di Bàrlaam e dello stesso Pilato. Da questo momento il terreno fertilizzato dalla grande cultura meridionale greco-bizantina costituirà l’elemento vitale della altrettanto grande cultura italiana che presto dilagherà nell’intera penisola. sec. XIV Spagna: questa la situazione nella regione ispano-portoghese: Al nord: Regno di Castiglia, Regno di Navarra, Regno di Aragona (dal 1282 al Regno era stata annessa la Sicilia e dal 1296 la Sardegna). Ad ovest: Regno del Portogallo. A sud: Regno di Granada (piccola enclave araba attorno alle città di Granada e Malaga). 1328-1453 Francia-Inghilterra: muore senza eredi il re di Francia Carlo IV (1322-1328), figlio di Filippo il Bello (re di Francia dal 1285 al 1314) e fratello di Luigi X (re di Francia dal 1314 al 1316) e di Filippo V (re di Francia dal 1316 al 1322) ed ultimo discendente diretto della dinastia capetingia. Gli succede Filippo VI di Valois, figlio di un fratello di Filippo IV. La successione è però contrastata dal re d’Inghilterra Edoardo III che pretende per sè il trono di Francia in virtù di motivi matrimoniali. I contrasti tra i due paesi portano pertanto (1337) alla “Guerra dei 100 anni” con la quale l’Inghilterra oltre al trono rivendica anche tutti i vecchi possedimenti inglesi in territorio francese8 perduti, ad eccezione del Ducato di Guienna, durante il regno di Enrico III (1216-1272). Tutti i possedimenti nordici vengono riconquistati da Enrico V (re d’Inghilterra dal 1413 al 1422; re di Francia è Carlo VI il Folle, 1380-1422) ma vengono poi riperduti (1429-1453), La presenza inglese in Francia è antica: alla Normandia iniziale, possesso di Guglielmo il Conquistatore già nel 1066, si erano aggiunti nel 1154, con l’avvento al trono di Enrico II Angiò-Plantageneto, la Contea di Angiò, vasti territori della Francia centrale e meridionale e in seguito (1166) anche la Contea di Bretagna (v. pag. 80 e 85). 8
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ad eccezione di Calais riconquistata dalla Francia solo nel 1558, sotto il regno di Enrico VI (1429-1471). La guerra ha termine nel 1453. Nell’opera di riconquista francese è da ricordare la storica epopea della 18-enne Giovanna d’Arco che, convinta di essere esortata alla guerra di liberazione dai SS. Michele, Margherita e Caterina che periodicamente le apparirebbero in visione ed ottenuta la fiducia di re Carlo VII (re di Francia dal 1422 al 1461) ed il comando di un’armata, conquista la città di Orleans (1429) e subito dopo conduce l’esercito alle vittorie di Jeargeau, Beaugency, Patay, Troyes, Chalons sur Marne e Reims (ove accompagna personalmente il Re per la solenne cerimonia di incoronazione). Nel 1430 pone in assedio Parigi incoraggiando fortemente la prosecuzione della guerra. Catturata dagli inglesi, scomunicata e processata come eretica a Rouen (città occupata dagli inglesi) viene condannata al rogo ed uccisa (30 maggio1431). Dopo la rioccupazione francese di Rouen, Carlo VII riaprirà il processo ed annullerà la sentenza. Sarà beatificata da papa Pio X nel 1909 e canonizzata da Benedetto XV nel 1920. sec. XV Italia: nella penisola si assiste, grazie alle grandi intuizioni ed alle grandi passioni di Bàrlaam, Pilato, Boccaccio, Petrarca e dei loro seguaci, ad un fiorire della cultura ellenistica. È il cosiddetto “Umanesimo”, il movimento culturale che contrappone decisamente alla vecchia concezione medievale dell’uomo (ritenuto un misto di miseria e di peccato, incapace di elevarsi senza l’aiuto di Dio e della Chiesa) una concezione totalmente nuova e rivoluzionaria tipica del mondo classico antico dei cui interessi l’uomo era il fulcro e l’essenza: l’uomo è “prodigio dell’Universo” ed “artefice”, nella sua libertà, di se stesso secondo le sue capacità. Già Boccaccio aveva rivalutato l’opera di Marziale, Apuleio, Seneca e Tacito, e Petrarca aveva ritrovato, tra l’altro, due orazioni e le “Epistulae ad Atticum” di Cicerone e su tale scia tutti gli uomini di cultura ed i letterati “umanisti” (la definizione è però posteriore) del sec. XV risultano portatori di una sconfinata ammirazione per i vari aspetti – letteratura, filosofia, scienza, arte, ecc. – e le testimonianze del mondo classico. Inizialmente per quello latino (nella cui lingua gli scrittori usano ancora scrivere i loro componimenti) ma subito dopo anche per quello greco soprattutto per merito dei letterati meridionali ai quali da ogni parte d’Italia continuano a giungere richieste di traduzioni di antichi testi greci. L’Umanesimo confluirà presto nella grande stagione del Rinascimento (v. pag. 119) ma la nuova concezione dell’uomo riuscirà a penetrare effettivamente nelle coscienze sia della classe dominante che di quella popolare (entrambe, specie quest’ultima, e certamente non per deficienze proprie, ancorate profondamente alle idee medievali) solo, e neanche in modo veramente incisivo, nei sec. XVIII-XIX grazie al movimento illuminista, alla Rivoluzione francese, alle idee liberali europee del primo Ottocento ed al pensiero marxista. Umanisti importanti, oltre i grandi precursori già citati, sono: Lino Coluccio Salutati, Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini a Firenze; Flavio Biondo in Romagna; Ermolao Barbaro e Pietro Bembo a Venezia; gli stessi pontefici dell’epoca ed elementi della Curia a Roma; Antonio Beccadelli, detto “il Panormita”, Giovanni Pontàno, Aulo Giano Parrasio e Jacopo Sannazaro nel Meridione ed a Napoli. In campo 98
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europeo non può non essere ricordata la grande figura del religioso e letterato olandese Erasmo da Rotterdam. sec. XV Europa: la società feudale perde quasi completamente le sue funzioni politiche. Essa tuttavia continuerà a vivere, ovviamente con aspetti diversi da quelli originali, ed a godere ancora di privilegi politici ed economici, privilegi che saranno attenuati solo dopo la Rivoluzione francese. 1434 Toscana: il mercante e uomo politico fiorentino Cosimo de’ Medici (in seguito detto “il Vecchio”) instaura a Firenze la sua signoria personale, nel formale rispetto delle magistrature comunali. La Firenze rinascimentale deve a lui un grandissimo numero di monumenti, l’istituzione di biblioteche, la costruzione di palazzi e ville e la navigabilità dell’Arno. A Cosimo (✝ 1464) succedono i nipoti Giuliano (nato nel 1453 ed ucciso nel 1478 nella congiura cosiddetta “dei Pazzi”) e Lorenzo, fratello di Giuliano (nato nel 1449 e morto nel 1492; entrambi figli di Piero de’ Medici, fratello di Cosimo il Vecchio). Lorenzo in particolare, sostenuto da un grande consenso popolare, sarà il signore incontrastato di Firenze ed il creatore di fatto della più splendida, per cultura, mecenatismo e prestigio politico, signoria italiana del tempo. Per questo motivo sarà chiamato “il Magnifico”. La dinastia medicea si protrarrà fino al 1737, anno in cui morirà senza eredi Gian Gastone, figlio di Cosimo III. I Medici, dal 1530 insigniti della dignità ducale e dal 1569 di quella granducale, annetteranno al Ducato il territorio di Siena nel 1559 mentre i territori dello Stato dei Presìdi (Orbetello, Talamone, Ansedone, Port’Ercole, Porto S. Stefano, isola d’Elba) e di Lucca saranno annessi rispettivamente nel 1815 e nel 1847. 1439 Savoia: dal Concilio di Basilea, convocato da papa Eugenio IV per discutere le controversie sulla questione del primato tra Concili e Pontefice, il duca9 Amedeo VIII di Savoia viene eletto papa in contrapposizione al Pontefice legittimo. Felice V, questo il nome scelto dal nuovo papa, sarà in effetti l’ultimo degli antipapi della storia e, dopo lunghi contrasti con il papa di Roma (Eugenio IV prima e Niccolò V dopo), rinuncerà alla tiara (1449) riconoscendo la legittimità romana. Amedeo, primo duca sabaudo, aveva recuperato al Ducato (1418) alcuni territori ceduti nei primi anni del sec. XIV ad un altro ramo della famiglia ed era anche riuscito ad espanderlo alla Contea viscontea di Vercelli (1427), a quella svizzera di Friburgo (1427) ed alla parte occidentale del Monferrato (1435) ancora in mano ai Paleologo, discendenti dell’imperatore d’Oriente Andronico. Dopo essersi dedicato 9 La Contea era stata elevata a Ducato nel 1416 dall’imperatore del S.R.I. Sigismondo di Lussemburgo, essendo conte proprio Amedeo VIII.
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anche all’attività di governo dello Stato (riordino della burocrazia, istituzione di due Consigli di Stato a Chambéry, capitale unica del Ducato dal sec. XI, ed a Torino, attribuzione del titolo di “Principe di Piemonte” all’erede maschio, sviluppo dell’Università di Torino, ecc.), nel 1434, pur senza rinunciare completamente alla sovranità sui suoi possedimenti, si era ritirato a vita eremitica presso la cittadina di Rapaille. Morirà a Ginevra nel 1451. 1442 Meridione d’Italia: Alfonso V d’Aragona, re di Sicilia (v. pag. 91), riesce ad impossessarsi del Regno di Napoli angioino riunendo finalmente sotto la sua persona i Regni di Sicilia e di Napoli (oltre, ovviamente, al Regno d’Aragona). Alfonso rileva un Regno di Napoli ridotto a pezzi sia economicamente che socialmente ma ancora in grado di esercitare, come sempre, una influenza notevole sulla vita e sulla politica degli altri Stati italiani. Alla morte di re Alfonso (1458), come da sue disposizioni, le due corone italiane vengono di nuovo divise: la Sicilia viene associata in vicereame al Regno d’Aragona (l’isola è in realtà vicereame aragonese già dal 1415) ed affidata quindi al fratello di Alfonso V e re d’Aragona, Giovanni II; il Regno di Napoli perviene invece a Ferdinando I detto Ferrante I, figlio illegittimo di Alfonso. Il Regno di Napoli resterà dominio di questa seconda linea dinastica aragonese fino al 1503 anno in cui, dopo due anni di dissidi franco-spagnoli, verrà rilevato, in vicereame al pari della Sicilia, dal novello Re della Spagna unita, Ferdinando II il Cattolico, già re d’Aragona dal 1479. 1450 Milano: inizia la signoria degli Sforza con Francesco I, marito di Bianca Maria Visconti, figlia di Filippo Maria. La signoria sforzesca si protrarrà, con un lungo intermezzo francese (1499-1525), fino al 1535 anno in cui lo Stato milanese, con la morte di Francesco II Sforza, diverrà dominio spagnolo per passare poi (1706) sotto dominio austriaco. La dominazione spagnola, al pari di quanto avverrà nell’intera penisola, sarà causa di grande decadenza civile ed economica dell’intero territorio milanese, prostrato dalle guerre e dalle pestilenze (terribile e famosa quella “manzoniana” del 1630), ma anche dall’atteggiamento della Chiesa di Roma la quale, per compiacere il potere politico spagnolo che le garantirà la rigida gestione temporale dell’ortodossia religiosa, accetterà supinamente la incredibile situazione di degrado (emblematico è il caso della floridissima industria milanese delle armi costretta a chiudere, con la tacita acquiescenza di tutti, per favorire lo sviluppo di una analoga fabbrica di Toledo). 1453 Impero d’Oriente: dopo secoli di progressive conquiste di territori bizantini, i turchi dell’Impero ottomano conquistano Bisanzio, e con essa ciò che resta dell’antico Impero Romano d’Oriente. Ha così fine la gloriosa storia dell’Impero romano che, pur nella sua sola parte orientale, era riuscito a sopravvivere fin alle soglie dell’inizio dell’era moderna. 100
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L’Impero ottomano vivrà, in progressivo dissolvimento, fino al 1923 allorché si ridurrà al solo territorio dell’attuale Repubblica turca. 1453 Genova: la conquista turca di Bisanzio pone fine alla grande politica coloniale della repubblica ligure che diviene in breve solo un importante emporio del commercio mediterraneo. Nel corso dell’anno affida la Corsica in amministrazione al genovese Banco di San Giorgio e nel volgere di pochi anni perderà anche tutti i possedimenti orientali conquistati nel sec. XIII (isole egee di Rodi, Chio, Samo e Lesbo; coste della Crimea sul mar Nero). Nel 1528 si instaurerà la signoria dei Doria che si protrarrà sostanzialmente fino alla conquista napoleonica. La Corsica sarà per secoli teatro di rivendicazioni autonomistiche e di tentativi di annessione da parte della Francia che riuscirà nell’intento solo nel 1768 (trattato di Versailles tra Francia e Genova). L’annessione ufficiale sarà però sancita in epoca di piena rivoluzione (30 novembre 1789). sec. XV Venezia: proseguendo nella politica espansionistica verso l’entroterra, avviata già sul finire del sec. XIV con la conquista delle terre più vicine, la città occupa l’intero territorio del Veneto attuale (1405-20 c.), del Friuli, del Polesine, di Ravenna e parte di quello della Lombardia (Bergamo, Brescia e le terre dell’Adda fino a Crema), impedendo in tal modo la costituzione, alle sue spalle, di un potenziale forte Stato in grado di minacciarla. Nel corso del secolo perde le isole egee ad opera dei turchi dell’Impero ottomano (1460 c.) ma conquista l’isola di Cipro (1489). Nell’Adriatico e nella ex area bizantina la città lagunare mantiene però sempre il controllo delle coste dell’Istria e della Dalmazia, delle isole joniche (Corfù, Cefalonia, Itaca, Zante e Citèra), di Creta, della Morea (il Peloponneso) e dell’isola Eubea. seconda metà sec. XV Calabria: la vita culturale della regione appare in netta fioritura. A Cosenza, ad esempio, avvia i suoi appassionati studi classici il giovane Giovan Paolo Parisio (Aulo Giano Parrasio), fondatore dell’ “Accademia cosentina del Parrasio”. Le sue ricerche nell’ambito della civiltà e della letteratura greco-romana sono oggi considerate tra le più profonde e dotte dell’intero periodo dell’Umanesimo. A Reggio inizia invece la sua attività (1475) la prima stamperia calabrese ed una delle prime in Italia. L’iniziativa è della comunità ebraica locale ed il primo volume stampato (sempre nel 1475) è il “Commentarius in Pentateuchum”, un commento ai primi cinque libri biblici (il cosiddetto “Pentateuco”) scritto dal rabbi Schelomò Izchakì: l’opera è verosimilmente la prima pubblicazione ebraica italiana e mondiale edita dopo l’invenzione della stampa10. 10 La prima opera stampata nel mondo dopo l’invenzione della stampa era stata una “Bibbia” pubblicata a Magonza (Germania) nel 1455 da Johann Gutenberg (Magonza 1400-1468), il prototipografo
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Nello stesso periodo, a Paola, vive gli ultimi suoi anni calabresi una delle figure più importanti del secolo, S. Francesco (Paola, 1416-Tours, Francia, 1507), grande Santo taumaturgo, infaticabile apostolo della carità e fondatore dell’Ordine francescano dei frati “Minimi” (1474). seconda metà sec. XV Meridione d’Italia: nelle estreme regioni meridionali del Regno di Napoli (Puglia, Lucania, Calabria, Sicilia) e segnatamente in Calabria iniziano a giungere folti gruppi di profughi albanesi in fuga dalla loro terra sempre più pesantemente minacciata dalla presenza ottomana. L’occupazione turca dell’Albania, avviata già negli anni ’20 del secolo, sarà portata a compimento nel 1501 nonostante la strenua resistenza dei patrioti locali guidati dal principe Giorgio Castriota Skanderbeg (1403-1468) figlio di Giovanni, principe di Matia (provincia della zona centrale del paese). Accertata l’inutilità di ogni resistenza è lo stesso Skanderbeg ad incoraggiare i suoi compatrioti all’espatrio verso il territorio del dirimpettaio Regno di Napoli i cui Sovrani aragonesi, in virtù di un debito di riconoscenza nei confronti dello Skanderbeg che nel 1459 era intervenuto nel Regno italiano a difesa di re Ferdinando I in difficoltà contro i già citati baroni pugliesi e calabresi, dimostrano ampia disponibilità all’accoglienza. Ai nuovi arrivati viene consentita la fondazione di nuovi centri abitati ed il ripopolamento di altri. Ciò favorisce la prosecuzione delle ondate migratorie che si protrarranno fino all’inoltrato sec. XVI. In Calabria la maggior parte degli abitati fondati o ripopolati dai profughi risultano ubicati nella zona settentrionale dell’altopiano silano, zona che, proprio per tale presenza, prende il nome di “Sila greca”. Alla fine del sec. XVI i centri albanesi della Calabria saranno molte decine e tutti ancora oggi, pur integrati completamente con le popolazioni locali, conservano spesso – ma, purtroppo, sempre meno – gli usi, le tradizioni, la lingua e la liturgia religiosa della loro patria d’origine. seconda metà sec. XV Spagna: questa la situazione nella regione: 1469: matrimonio tra Ferdinando, erede al trono di Aragona, e Isabella, erede al trono di Castiglia. 1474: Isabella è regina di Castiglia. 1479: Ferdinando (Ferdinando II d’Aragona) succede al padre Giovanni II sul trono d’Aragona. 1492: al Regno d’Aragona viene annesso il Regno di Granada sottratto agli arabi (1492). La Spagna è praticamente unita. L’unione ufficiale sarà tuttavia sancita solo nel 1516. 1512: al Regno d’Aragona è unito anche il piccolo territorio del Regno di Navarra. inventore (nel 1440 c.) della stampa a caratteri mobili in lega metallica che sostituì quella tabellare xilografica (ossia con matrice lignea intagliata; dal greco “xylon” = legno).
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Ad ovest è sempre il Regno del Portogallo. Nel 1478 papa Sisto IV autorizza l’istituzione del Tribunale della Santa Inquisizione. Sarà l’Inquisizione più dura e crudele tra tutte quelle reintrodotte (v. pag. 86) in Europa. Dal 1483 l’inquisitore generale spagnolo è l’inflessibile e terribile cardinale domenicano Tomàs de Torquemada, confessore di Ferdinando d’Aragona e della moglie Isabella. Il tribunale sarà soppresso da Napoleone nel 1808. 1492 Spagna: dal porto della città di Palos, e con l’approvazione ed il sostegno dei Sovrani spagnoli, il navigatore genovese Cristoforo Colombo salpa alla volta delle Indie che intende raggiungere circumnavigando il globo terrestre. È il 3 agosto e Colombo comanda una piccola flotta di tre caravelle, la “Nina”, la “Pinta” e l’ammiraglia “Santa Maria”. Il 12 ottobre dello stesso anno, attraversato l’Atlantico, sbarca sulla inattesa spiaggia centroamericana di una delle isole Bahamas da lui chiamata “San Salvador”. È la vittoria definitiva sulla antica paura delle “colonne d’Ercole” e la scoperta, ancora non completamente compresa, della esistenza del “Nuovo Mondo” americano.
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L’ETÀ MODERNA
(DALLA SCOPERTA DELL’AMERICA ALL’ “INVENCIBLE ARMADA”) L’esplorazione e lo sfruttamento del Nuovo Mondo - La distruzione delle civiltà locali e lo sterminio degli indigeni - L’import-export tra i due mondi - Il conflitto tra Napoli e gli Sforza di Milano - Ludovico il Moro e l’intervento in Italia del re di Francia Carlo VIII in funzione anti-napoletana - L’occupazione francese del Regno di Napoli - La grande battaglia di Seminara (1495) - La liberazione del Regno - L’occupazione francese del Ducato di Milano e la conquista franco-spagnola del Regno di Napoli - Il conflitto tra gli alleati francesi e spagnoli - L’assedio francese di Barletta - Ettore Fieramosca e la “Disfida di Barletta” - La nuova grande battaglia di Seminara (1503) - Il Regno di Napoli in vicereame alla Spagna - L’inizio del sec. XVI e l’unificazione spagnola - L’Italia divisa tra Spagna e Francia - L’indipendenza e la potenza di Venezia - Enrico VIII e lo scisma della Chiesa anglicana - L’Europa sotto il dominio di Spagna, Francia e Impero asburgico (S. R. I.) - Carlo V d’Asburgo re di Spagna e imperatore - Il lungo conflitto con Francesco I di Francia - Martin Lutero e la Riforma protestante - L’abbandono francese del Ducato di Milano - I lanzichenecchi e il sacco di Roma (1527) - I Cavalieri di Malta - La pirateria turca nel Mediterraneo - Lo spostamento verso l’Italia della politica e degli interessi del Ducato di Savoia - Stato pontificio: l’Inquisizione a Roma e l’ “Index librorum prohibitorum” - La politica nepotista di papa Paolo III - La creazione del Ducato di Parma e Piacenza - Il Concilio di Trento e la Controriforma cattolica - L’abdicazione di Carlo V e la divisione dell’Impero - I due rami asburgici di Spagna e d’Austria - Il Rinascimento e il nuovo modo di “sentire” la vita - Le “Accademie” - Le condizioni di cauto benessere in Italia ed in Europa - La rinascita culturale ed economica del Regno di Napoli - Il grande risveglio economico e sociale della Calabria - I grandi nomi della cultura calabrese - Bernardino Telesio, Galeazzo di Tarsia e Gabriele Barrio - L’Europa cristiana divisa - Guerre di religione e lotta alla stregoneria - La strage dei valdesi in Calabria - La battaglia di Lepanto e il blocco dell’espansionismo turco nel Mediterraneo - Francia: la notte di San Bartolomeo e la strage degli ugonotti - Lo scontro navale spagnolo-inglese e l’ “Invencible Armada” - L’inizio del declino dell’egemonia spagnola in Europa - Inghilterra: l’età di William Shakespeare.
1492-1505 Nuovo Mondo: la scoperta colombiana sconvolge totalmente le conoscenze geografiche del tempo e obbliga geografi, navigatori e vogliosi d’avventura ad impegnarsi per lungo tempo nella ridefinizione della mappa del pianeta. Il nuovo continente viene subito esplorato da numerose altre spedizioni1 e rivelerà Nel 1494 Colombo compie una più attenta ricognizione delle Antille; nel 1497 il napoletano Giovanni Cabòto, al servizio dell’Inghilterra, esplora le coste atlantiche settentrionali (Nuova Scozia e Terranova); nel 1498 ancora Colombo sbarca sulla terraferma continentale presso la foce dell’Orinoco; nel biennio 1501-02 è il fiorentino Amerigo Vespucci, al servizio del Portogallo, a costeggiare i litorali meridionali intuendo per primo che le nuove terre non sono una appendice dell’Asia ma appartengono ad un nuovo continente (in suo onore il cartografo tedesco M. Waldscemuller indicherà nelle sue carte, già nel 1507, il nuovo continente con il nome di “America”); nel 1513 lo spagnolo Vasco Nunez de Balboa, superando via terra la zona istmica panamense, scoprirà l’Oceano Pacifico; nel 1519 il portoghese Ferdinando Magellano scoprirà infine lo Stretto che porta il suo nome ed avrà inizio l’esplorazione della costa occidentale meridionale. Il terribile Capo Horn sarà doppiato solo nel 1615. 1
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presto tutti i suoi sorprendenti e straordinari segreti legati alle antiche civiltà locali: maya, aztechi, incas e popolazioni dell’estremo Sud nella parte centrale e meridionale; tribù indiane ed eschimesi in quella settentrionale. Tutti i territori saranno facilmente e disinvoltamente assoggettati dagli europei2 che li terranno sotto il loro dominio fino ai sec. XVIII-XIX3. La conquista europea dell’America è fin dall’inizio macchiata da comportamenti incivili, delittuosi ed atroci che superano ogni immaginazione. La regina cattolica Isabella di Castiglia (✝ 1504), ad esempio, tendenzialmente portata verso una certa repressione autoritaria, subito dopo l’impresa colombiana emana le note leggi contro i “carebi” (ossia i “cannibali” del Nuovo Mondo), leggi che autorizzano la loro presa in schiavitù e addirittura la loro uccisione in virtù di “nobili” motivazioni quali il rifiuto della fede cattolica, di un comportamento “morale” simile a quello dei cristiani, della pratica del cannibalismo4, ecc. Gli atti di inciviltà proseguiranno, sotto ogni latitudine, lungo tutto il periodo della conquista e della distruzione delle grandi civiltà locali. Si calcola che nei primi 100 anni dalla scoperta sarà sterminata la gran parte degli indigeni venuti in contatto con l’Occidente, oltre 70 milioni di persone. Questo il bilancio dell’import-export seguito alla scoperta del Nuovo Continente: - Dall’Europa in America: grano, vite, ulivo, margherite, cani di grande taglia, api, capre, pecore, bovini, galline, maiali, cavalli (già presenti in America ma poi estinti), tifo, vaiolo, morbillo, orecchioni, tubercolosi. - Dall’Africa in America: banana, canna da zucchero, dromedari, malaria, schiavi negri (dal 1505 alla fine del sec. XIX ne giungeranno in America oltre 10 milioni, ma almeno altrettanti moriranno durante la estenuante traversata atlantica o nei paesi d’origine nell’intento di difendere i loro villaggi e le loro famiglie. I negri africani
2 La Spagna conquisterà ciò che oggi chiamiamo Messico, Guatemala, Cuba, San Salvador, Nicaragua, Colombia, Paraguay, Argentina, Bolivia, Venezuela, Perù, Cile ed in genere tutti i paesi dell’America centrale e meridionale ad eccezione del Brasile; ad essi aggiungerà la costa di San Francisco e il territorio settentrionale del golfo del Messico fino alla Florida. Il Portogallo si approprierà del territorio dell’odierno Brasile. La Francia si installerà dal fiume San Lorenzo ai Grandi Laghi e lungo il bacino del Mississippi fino a New Orleans. L’Inghilterra occuperà infine la costa atlantica degli attuali USA e toglierà in seguito alla Spagna (prima metà sec. XVII) le isole di Giamaica, Bermuda, Barbados e Bahamas. Alla Russia non resterà altro che l’Alaska. 3 Le 13 colonie inglesi della costa atlantica si staccheranno dalla madrepatria nel 1783 dopo una lunga guerra (1773-1783) terminata con la “pace di Versailles” ed il riconoscimento dell’indipendenza già unilateralmente dichiarata nel 1776. L’impero coloniale spagnolo si renderà indipendente nel corso dei moti rivoluzionari del 1816-26. Il Brasile nel 1822. Il Canada e gli altri territori francesi, passeranno agli inglesi nel 1763, e resteranno politicamente legati, con ampia autonomia, alla Gran Bretagna. L’Alaska russa sarà infine ceduta agli USA nel 1867 per 7.200.000 dollari.
L’accusa di cannibalismo rivolta falsamente agli indios locali non è mai stata provata. Dal termine spagnolo “carebi” deriverà tuttavia il toponimo di “Caraibi” che designa oggi l’intera area delle isole centroamericane. 4
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erano ritenuti i lavoratori ideali per la coltivazione della canna da zucchero prima e del cotone e del tabacco poi). - Dall’America in Europa: granturco, pomodori, peperoncino, peperone, patate, zucchine, nocciolina, fico d’India, ananas, dalie, petunie, orchidee, filodendri, tacchini, visoni, cincillà, castori, chinino, canfora, valeriana, cacao, tabacco, cotone (di qualità migliore di quello già conosciuto in Europa), cocaina, sifilide. 1493 S.R.I.: sale al trono imperiale Massimiliano I d’Asburgo figlio di Federico III, imperatore dal 1440. Con Massimiliano gli Asburgo assurgono al vertice assoluto non solo dell’Impero ma anche dell’intera politica europea. Egli infatti aveva sposato (1477) Maria di Borgogna ottenendo, alla morte del duca Carlo il Temerario (1478), il Ducato borgognese. Nel 1496 farà poi sposare il figlio Filippo il Bello (arciduca d’Austria dal 1495) a Giovanna di Castiglia, figlia di Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia, ponendo le basi per la candidatura asburgica alla corona spagnola. Gli Asburgo, duchi d’Austria dal 1281 (con Alberto I, figlio dell’imperatore Rodolfo I; v. pag. 89) e imperatori dal 1273 al 1308, avevano riacquistato la dignità imperiale con Alberto II (1437) che nel 1453 aveva elevato il Ducato d’Austria ad Arciducato. 1494-1495 Regno di Napoli-Ducato di Milano: muore (1494) re Ferrante. Sul trono di Napoli gli succede il nipote Alfonso II. Il nuovo Re, legato da vincoli di parentela con gli Sforza di Milano, accresce l’influenza del grande Regno meridionale sul Ducato lombardo. Ciò provoca il risentimento di Ludovico Sforza detto “il Moro”, figlio di Francesco I Sforza e Bianca Maria Visconti nonché pretendente alla titolarità del Ducato e tutore (dal 1480) del giovane duca-nipote Gian Galeazzo (figlio del fratello maggiore di Ludovico, Galeazzo Maria, ✝ 1476) tenuto dallo zio quasi in prigionia a Pavia. Ludovico chiede ed ottiene contro Napoli l’intervento del ventiquattrenne re di Francia Carlo VIII il quale, mosso da ambizioni imperialistiche e dalla convinzione di essere il legittimo successore della dinastia angioina napoletana, valica le Alpi il 2 settembre 1494 e, dopo aver creato un certo scompiglio in alcuni Stati della penisola5 entra da conquistatore a Napoli il 20 febbraio 1495. L’occupazione francese del Regno napoletano è però molto breve poiché già il 29 maggio 1495 il Re francese abbandona la città a causa della reazione del Papa (Alessandro VI, filo-aragonese), della Spagna, dell’Impero e di quegli stessi Stati italiani che in primo tempo lo avevano accolto con favore. Intercettato durante il rientro e A Firenze, ad esempio, vengono cacciati i Medici e viene proclamata la “Repubblica fiorentina”; la dinastia medicea riprenderà il potere solo nel 1512. A Roma, papa Alessandro VI Borgia è costretto ad accordi molto duri con i francesi pur riuscendo a non concedere a Carlo l’investitura del Regno di Napoli. 5
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sconfitto a Fornovo (Parma, 5 luglio), a Carlo non resta altro che raggiungere rapidamente la Francia. A Napoli non rientra tuttavia Alfonso II, re poco amato sia dal popolo che dai baroni perché troppo autoritario, ma, a seguito della sua abdicazione (23 gennaio 1495; Alfonso muore nel corso dello stesso anno in un monastero di Messina ove si era portato in esilio), il figlio Ferdinando II (“Ferrandino”), già comandante delle truppe impegnate in battaglia contro Carlo VIII. A Milano intanto Ludovico il Moro riesce ugualmente ad insediarsi alla guida del Ducato grazie alla morte del nipote avvenuta nel corso del 1494. Vi resterà fino al 1499 allorché dovrà fuggire da Milano per l’opposizione di una coalizione francoveneto-pontificia. 1495 Calabria: nell’ambito del breve conflitto franco-spagnolo, viene combattuta la grande battaglia di Seminara (21 giugno). Questa la cronaca degli eventi: Il giovane re di Napoli Ferdinando II, esule prima ad Ischia e poi a Messina, appoggiato dalle forze napoletane rimastegli fedeli e da una imponente armata inviata appositamente, via Sicilia, dalla Spagna dal re d’Aragona Ferdinando II il Cattolico e comandata dal famoso generale Consalvo De Cordova, intraprende dalla Calabria l’opera di riconquista del Regno che ancora, pur dopo la partenza da Napoli di Carlo VIII, è in mano francese. Dopo aver liberato Reggio il Re aragonese-napoletano marcia verso Seminara, città in cui si è insediata una grossa guarnigione francese, accampandosi al di fuori delle poderose mura di cinta urbiche. Aggrediti e sopraffatti alcuni reparti francesi usciti dalla città, re Ferdinando costringe quindi alla resa l’intera guarnigione francese ed occupa la città. Ciò induce il generale Robert Stuart D’Aubigny, comandante delle divisioni francesi accampate poco lontano da Seminara (nelle vicinanze dell’abitato di Terranova), a muovere verso la città occupata. Lo scontro (battaglia della “Figurella”, località nei pressi del cosiddetto “Ponte Vecchio”) avviene il 21 giugno 1495 e si conclude con un grande massacro (i morti sono migliaia da ambo le parti), la fuga di Ferdinando in Sicilia e la riconquista francese, ancora per breve tempo, della città calabra. Rientrato in Francia il D’Aubigny (per motivi di salute) ed ormai mutata la situazione in Italia, Ferdinando poté poi proseguire verso Napoli ove però morirà l’anno seguente all’età di appena 23 anni. Sul trono gli succederà lo zio Federico I, figlio di Ferrante I. 1499-1503 Ducato di Milano-Regno di Napoli: Luigi XII di Francia, cugino e successore di Carlo VIII, occupa il Ducato di Milano (1499) e, con il consenso del Papa ed assieme alle truppe del novello Regno di Spagna, con cui è legato da un trattato segreto siglato a Granada (11.11.1500), conquista anche Napoli (1501) costringendo Federico I a rinunciare al trono e ad accettare la titolarità della piccola Contea francese del Maine ove si trasferisce. Nel conflitto che inevitabilmente scoppia tra i vincitori per la spartizione delle conquiste italiane, nel Regno di Napoli ha la meglio (1503) il re di Spagna Ferdinando II il Cattolico al quale da questo momento resterà, in vicereame, l’intero ter108
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ritorio napoletano (quello siciliano, come già accennato, è vicereame già dal 1415). Cessa così di esistere, come organismo indipendente, il più esteso Stato italiano, il Regno fondato dai normanni, innalzato a prestigio eccezionale da Federico II di Svevia e preso a modello, come emblema di monarchia laica e assoluta, da tutti gli altri Stati europei. 1503 Regno di Napoli: nell’ambito del conflitto scoppiato tra gli alleati franco-spagnoli per la spartizione dei territori italiani occupati, a Barletta il 13 febbraio, durante l’assedio francese alla città, il cavaliere francese Guy de La Motte, prigioniero degli spagnoli all’interno delle mura, accusa di viltà i soldati italiani alleati di Ferdinando II. Tredici di essi, al comando del nobile capuano Ettore Fieramosca, sfidano allora altrettanti cavalieri francesi battendoli sonoramente. L’episodio è ricordato oggi come la “Disfida di Barletta”. Due mesi dopo in Calabria, ed ancora a Seminara (v. 1495), si verifica uno scontro tra ex alleati, di proporzioni molto più ampie e tragiche rispetto a quello di Barletta. Il 10 aprile, infatti, una armata spagnola giunta dalla Sicilia, si scontra con grande determinazione con le truppe francesi di Luigi XII comandate dal già incontrato generale D’Aubigny. L’esercito francese viene sconfitto e il D’Aubigny è costretto alla resa lasciando sul terreno oltre 6.000 vittime tra morti e feriti (battaglia del “Ponte Vecchio” sul fiume Petrace). L’armata spagnola è comandata ancora dal generale De Cordova il quale, proprio per i meriti acquisiti nelle campagne militari italiane e calabresi, sarà in seguito uno dei viceré del Regno di Napoli. 1508 Venezia: la Repubblica, ormai svincolata dal rapporto privilegiato con Bisanzio, è così potente da essere addirittura in grado di aspirare alla guida politica della penisola o almeno della sua parte settentrionale. La sua influenza è ovviamente particolarmente forte sugli Stati vicini e, in modo speciale, sulle signorie romagnole dello Stato pontificio. Ciò suscita grande preoccupazione in papa Giulio II che nel corso dell’anno organizza, in funzione anti-veneziana, la Lega di Cambrai cui aderiscono l’imperatore Massimiliano d’Asburgo, la Spagna, la Francia ed alcuni principi italiani. Un tale schieramento di forze ha subito (1509) ragione, e definitivamente, delle paventate mire egemoniche veneziane sull’Italia. Negli anni e nei decenni seguenti la città cederà ai turchi ottomani anche numerosi dei suoi possedimenti orientali (Morea, 1540 – il territorio sarà rioccupato nel 1699 e riperduto nel 1718 –; isole cicladi, 1566; Cipro, 1571; Creta, 1669). 1509 Inghilterra: muore Enrico VII, figlio del conte di Richmond Edmond Tudor e, dal 1485, primo sovrano della dinastia Tudor (il conte Tudor, nel 1485, aveva guidato la congiura che aveva ucciso re Riccardo III, ultimo rappresentante della dinastia degli York). Gli succede il figlio diciottenne Enrico VIII, rimasto famoso per i suoi numerosi matrimoni e per le loro conseguenze. 109
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Enrico sposa infatti, nell’ordine, la 24-enne Caterina d’Aragona (figlia di Ferdinando II il Cattolico e Isabella di Castiglia e sorella minore di Giovanna “la pazza”, 1509), quindi la 26-enne damigella d’onore Anna Bolena (Ann Boleyn, 1533), la 27-enne Jane Seymour (1536) e poi ancora altre tre nobildonne. Nel 1534, proprio a causa della mancata concessione papale del divorzio dalla prima moglie Caterina (che Enrico avrebbe voluto ripudiare, col benestare della Chiesa di Roma, dopo la morte di tutti i figli maschi e l’infatuazione per la Bolena), sarà l’artefice dello scisma anglicano che porterà la Chiesa inglese alla separazione dalla Chiesa romana. Ad Enrico VIII succederanno i figli Edoardo VI (1547-1553; figlio della terza moglie Jane Seymour), Maria la Cattolica (o la Sanguinaria; 1553-1558; figlia di Caterina d’Aragona), che tenterà inutilmente e con metodi molto decisi la restaurazione della fede cattolica, ed infine Elisabetta I (1558-1603; figlia di Anna Bolena). Con Elisabetta I avrà termine la dinastia Tudor. Seguiranno quelle degli Stuart (1603-1649), degli Hannover (1714-1910) e quella attuale dei Windsor (dal 1910). Negli anni 1649-1714 l’Inghilterra sarà governata dalla dittatura del Lord Protettore Oliver Cromwell e del figlio (1649-1660; v. pag. 134) e da un ritorno degli Stuart (1660-1714). inizio sec. XVI Austria-Spagna-S.R.I.: 1500 nella città belga di Gand, nasce Carlo (il futuro Carlo V), figlio di Filippo il Bello, arciduca d’Austria, e di Giovanna di Castiglia la “pazza”, figlia di Isabella. Carlo è nipote quindi sia dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo (padre di Filippo il Bello) che di Ferdinando II il Cattolico (padre di Giovanna di Castiglia). 1504 muore la regina Isabella di Castiglia. Le succedono la figlia Giovanna II ed il marito di questa Filippo il Bello, figlio dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo nonché arciduca d’Austria e nipote, per parte della madre Maria di Borgogna, del duca di Borgogna e di Brabante (Belgio) Carlo il Temerario (✝ 1477). 1506 muore immaturamente il re di Castiglia Filippo il Bello. La corona perviene al figlio 6-enne Carlo (Carlo I di Castiglia) con la reggenza della madre che però, uscita di senno alla morte del marito, verrà presto deposta e rinchiusa nel castello-convento di Tordesillas ove rimarrà fino alla morte (1555). Carlo eredita inoltre i Ducati dell’Artois, delle Fiandre, del Brabante e del Lussemburgo (tutti insieme costituenti i cosiddetti “Paesi Bassi”) e la Franca Contea (parte residua dell’ex Regno di Borgogna, ormai ripartito tra il Regno di Francia e il Ducato di Savoia). 1516 muore il re d’Aragona Ferdinando II. Gli succede il nipote e re di Castiglia Carlo I che quindi unisce ufficialmente le corone di Castiglia e di Aragona cui aggiunge quella del piccolo Regno di Navarra, dal 1512 sotto controllo aragonese. Carlo, già signore della Castiglia e delle colonie americane appena scoperte (per parte della madre, la deposta regina Giovanna), dei Ducati dei Paesi Bassi e della Franca Contea (per parte del padre Filippo il Bello), è ora anche re di Aragona, di Navarra e dei domini aragonesi italiani (Sardegna e Regno di Napoli e Sicilia). Avendo la signoria su tutti i Regni iberici, Carlo diviene pertanto, ufficialmente, il primo Sovrano della Spagna unita (Carlo I di Spagna). 1519 muore l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. Gli succede il nipote 110
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Carlo I di Spagna ora Carlo V d’Asburgo. Oltre alla sovranità sui 400 Stati tedeschi (e austriaci), il nuovo imperatore eredita dal nonno gli arciducati asburgici dell’Alta e della Bassa Austria ed i loro annessi (Stìria, Carnìola, contea del Tirolo, Alta Alsazia): Carlo è il monarca più potente di tutti tempi e può giustamente e con orgoglio definirsi “sovrano di un Impero su cui non tramonta mai il sole”. All’unità territoriale del vastissimo Impero è di ostacolo solo la Francia di Francesco I, la cui conquista sarà ossessionatamente e costantemente presente nei pensieri dell’Imperatore. 1520 ottenuto il favore dei principi elettori tedeschi Carlo V è incoronato imperatore ad Aquisgrana (23 ottobre). L’elezione al trono del S. R. I., disciplinata nel 1356 dall’imperatore Carlo IV di Lussemburgo (1355-1378), è delegata ai principi elettori di Magonza, Treviri, Colonia, Boemia, Sassonia, Brandeburgo, Palatinato e Baviera; nel 1692 si aggiungerà il principe di Braunschweig. Ovviamente i grandi elettori, specialmente in tempi di forte potere delle casate, sono particolarmente sensibili (o, spesso, sono costretti ad esserlo) alle successioni dinastiche. Con Carlo V ha inizio la dinastia degli Asburgo di Spagna. Carlo sarà uno dei più grandi sovrani del tempo. In guerra continua con Francesco I di Francia (succeduto nel 1515 al cugino Luigi XII di cui aveva sposato la figlia), egli si impegnerà anche nell’opera di riorganizzazione e difesa dell’Impero nonché in quella di conciliazione delle controversie religiose suscitate dalla “Riforma” luterana (v. punto successivo). 1520 Cristianesimo: papa Leone X scomunica il sacerdote ribelle tedesco Martin Lutero (bolla “Exsurge Domine”) che, nel 1517, con l’affissione sulla porta della cattedrale tedesca di Wittenberg delle sue 95 tesi contro la corruzione della Chiesa di Roma ed il commercio delle indulgenze, aveva dato il via alla “Riforma” protestante. La rivoluzionaria posizione di Lutero, che provocherà la frattura dell’unità religiosa europea, non nasce dall’avventatezza stravagante di un sacerdote inquieto che non sopporta più la scandalosa vendita delle indulgenze (ultima proprio quella promossa dal Papa regnante nel 1517 per far fronte alle spese per la costruzione della nuova basilica di S. Pietro a Roma). È suscitata, purtroppo, dalla secolare crisi che attanaglia la Chiesa romana, crisi che ha origini lontane ma che ormai mostra chiaramente aspetti che dallo stesso mondo religioso non sono più accettabili. Il commercio delle indulgenze è solo una delle “nefandezze” romane. A monte vi sono secoli di comportamenti immorali e scandalosi dell’alto clero e dei papi, di lusso, di ricchezza, di abusi e di trivialità ostentati senza pudore, secoli di elezioni interessate e tutt’altro che spirituali dei pontefici, di mercato dei berretti cardinalizi6, di efferatezze dell’Inquisizione (v. pag. 86), di lotte di religione sanguinose e senza quartiere, di stragi indiscriminate di “eretici”. Secoli di vicinanza troppo stretta e compiacente con il potere secolare, di tragedie Di tale mercato sembra essersi giovato lo stesso papa Leone X (Firenze, 1475-Roma, 1521), creato cardinale nel 1488 da Innocenzo VIII ad appena 13 anni. Giovanni de’ Medici, questo il nome di nascita di papa Leone, era figlio di Lorenzo il Magnifico. Assurse al pontificato nel 1513 ad appena 38 anni! 6
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per la cristianità come quella del “Grande scisma d’Occidente” 7, di presenza sul soglio di Pietro di papi poco degni come Alessandro VI Borgia (pontefice dal 1492 al 1503; uomo corrotto, licenzioso e dissoluto nonché padre di Lucrezia e Cesare Borgia) ed alcuni dei predecessori, secoli di nepotismo papale, di simonia e di venalità nelle cariche e nelle indulgenze, di straordinaria ricchezza di vescovadi, abbazie e commende e, di contro, di miserabilità e ignoranza del basso popolo, peraltro vessato dalle decime. In poche parole si è davanti ad una caduta rovinosa ma cosciente della Chiesa nel baratro non cristiano dell’interesse, del denaro e del piacere ed alla pratica ma disinvolta messa al bando del messaggio evangelico, dei bisogni dei poveri e dei più indifesi, della cura della vita spirituale del popolo di Dio, della testimonianza della fede. Dalla Germania il luteranesimo, nonostante le contromisure che prenderà la Chiesa di Roma (v. pag. 116), si diffonderà in tutta l’Europa centro-settentrionale anche ad opera di altri grandi “riformatori” come il francese Giovanni Calvino (1509-1564), lo svizzero Huldrych Zwingli (1484-1531) e lo scozzese John Knox (1505-1572). 1525-1529 Milano: il re di Francia Francesco I, succeduto (1515) al cugino e suocero Luigi XII, viene sconfitto, nel 1525, a Pavia da Carlo V ed è costretto ad abbandonare il Ducato lombardo conquistato da Luigi XII nel 1501. L’anno seguente ne tenta la riconquista (assieme a quella del Regno di Napoli già occupato da Carlo VIII nel 1495 e da Luigi XII nel biennio 1501-1503 ma ora vicereame della Spagna) con l’appoggio dei principali Stati italiani e di papa Clemente VII, tutti timorosi per la eccessiva potenza asburgica nella penisola. Viene però sconfitto (1527) dalle truppe mercenarie inviate da Carlo V, i famosi “lanzichenecchi” tedeschi, crudelissimi e fanaticamente luterani. Per punire il Papa Il cosiddetto “Grande scisma d’Occidente” aveva disorientato enormemente il mondo cristiano proprio nel periodo immediatamente successivo al rientro della sede papale a Roma dopo la “cattività avignonese” (v. pag. 94). Nel 1378, infatti, a papa Gregorio XI, che l’anno precedente aveva ripristinato la sede pontificia romana, era succeduto il 59-enne napoletano Urbano VI, arcivescovo di Bari. L’elezione non fu però accettata dai vescovi francesi che contrapposero a papa Urbano un papa svizzero, Clemente VII, che si stabilì nel palazzo papale di Avignòne dando inizio allo scisma. Da quel momento si susseguirono due distinte linee papali: quella avignonese, sostenuta da Francia, Aragona, Navarra, Castiglia, Scozia, Lorena e Napoli (fino al 1408), con Clemente VII (1378-1394) e Benedetto XIII (1394-1415) e quella romana, sostenuta dall’Impero, dall’Inghilterra, dalla Scandinavia e da vari Stati italiani, con Urbano VI (1378-1389), Bonifacio IX (1389-1404), Innocenzo VII (1404-1406) e Gregorio XII (1406-1415). Nel 1409 un Concilio convocato a Pisa tentò di riportare l’unità nella Chiesa deponendo i due papi regnanti (Gregorio XII e Benedetto XIII) ed eleggendone un terzo (Alessandro V). Ciò però fu causa di ulteriore confusione in quanto i tre papi si ritennero tutti regnanti (Gregorio XII da Napoli, Alessandro V da Roma, Benedetto XIII da Avignòne). Lo scisma venne risolto solo nel 1417 dal Concilio di Costanza che, convocato nel 1414 da Giovanni XXIII (successore nel 1410 del defunto Alessandro V), nel 1415 depose i tre papi ed elesse unico papa il 49-enne romano Martino V, finalmente riconosciuto da tutti. Sia i papi avignonesi che quello conciliare di Pisa ed il suo successore sono considerati dalla Chiesa “antipapi”. 7
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i lanzichenecchi vengono fatti scendere fino a Roma e la città, viene orribilmente oltraggiata, martoriata e saccheggiata (è il famoso “Sacco di Roma”, maggio 1527). I contrasti tra l’Impero e la Francia e Roma verranno parzialmente risolti dalle “paci” di Cambrai (1529; Francesco I rinuncia alle pretese su Milano e Napoli e Carlo a quelle sulla Borgogna francese) e di Barcellona (1529; papa Clemente VII è costretto a riconoscere l’egemonia asburgica sull’Italia ed in cambio ottiene il rientro degli Sforza a Milano e dei Medici a Firenze). Il Ducato di Milano resterà agli Sforza fino alla morte, senza discendenza maschile, di Francesco II Sforza (1535) allorché, nonostante i ripetuti tentativi di rioccupazione (1535 e 1542) da parte di Francesco I di Francia, diverrà prima dominio spagnolo (1535-1706) e poi dominio austriaco (v. pag. 137). Il Ducato di Toscana, ritornato in mano alla fazione “repubblicana” (come ai tempi della discesa di Carlo VIII nel 1494; v. pag. 107) fin dal passaggio dei lanzichenecchi, riaccoglierà la dinastia medicea nel 1530. 1530 Cavalieri di Malta: l’imperatore Carlo V concede ai Cavalieri dell’Ordine gerosolimitano di S. Giovanni, esuli da Rodi, il possesso dell’isola di Malta. La sola condizione posta dall’Imperatore è quella dell’aiuto “maltese” nella lotta contro i pirati turchi che infestano il Mediterraneo. A Malta i Cavalieri rimarranno fino alla conquista napoleonica del 1798. Fondato nel 1099 dal frate amalfitano Gerardo di Tune, responsabile dell’Ospedale cristiano di Gerusalemme8, l’Ordine, inizialmente chiamato “Ordine ospitaliero di S. Giovanni in Gerusalemme”, ma presto diffusosi in varie zone della Terra Santa, fu inevitabilmente costretto a darsi una organizzazione militare indispensabile per la difesa degli uomini e delle strutture dall’aggressione musulmana. A tale scopo vennero ammessi al cavalierato solo religiosi e cavalieri di norma di origini aristocratiche. Caduta definitivamente Gerusalemme in mani turche (1244) e vinta l’ultima resistenza dei Cavalieri a S. Giovanni d’Acri, sulla costa palestinese (1291), i superstiti “ospitalieri” trovarono temporaneo rifugio a Cipro, a quel tempo possedimento francese (i Cavalieri dell’Ordine erano prevalentemente di provenienza francese e italiana), e dopo aver inutilmente chiesto a Bisanzio una sede stabile nelle isole egee, conquistarono con la forza Rodi (1309) ove trasferirono sede, flotta ed anche le notevoli ricchezze accumulate. Nel 1522 i cavalieri dovettero però abbandonare anche Rodi e l’intero Dodecanneso cacciati da Solimano il Magnifico, sultano ottomano di Costantinopoli. La sede dell’Ordine fu quindi trasportata prima in Sicilia, poi a Civitavecchia ed infine (1530) nell’isola di Malta. Lasciata anche Malta nel 1798 a causa dell’occupazione napoleonica, i Cavalieri trovarono rifugio a Roma sotto la protezione del Papa. L’ospedale era stato edificato alcuni anni prima da un gruppo di mercanti di Amalfi con lo scopo di assistere i pellegrini cristiani. Da Amalfi deriverà anche l’insegna della confraternita: una bianca “croce di Amalfi” ad otto punte in campo rosso. 8
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L’isola di Malta, la cui storia fino al passaggio ai Cavalieri è sempre stata legata strettamente a quella della Sicilia (è stata quindi bizantina, araba dall’870, normanna dal 1091, e poi sveva, angioina, e, dal 1283, aragonese), dall’anno 1800 diverrà possedimento britannico e tale resterà fino all’indipendenza (1964) che sancirà la nascita dell’attuale Repubblica. Oggi il Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Malta, dal 1834 con sede ufficiale a Roma, pur privo del governo delle isole maltesi, conserva ancora la sua indipendenza ed il suo ordinamento giuridico internazionale riconosciuto da numerosi Stati mondiali con i quali mantiene normali rapporti e rappresentanti diplomatici. Suoi compiti istituzionali sono ancora la cura di istituti assistenziali e ospedalieri e l’impegno in operazioni di soccorso umanitario. 1535-1541 Spagna: Carlo V giuda la vittoriosa campagna di Tunisi contro i turchi del pascià di Algeri Khair Ad-Din detto il “Barbarossa”, pascià dal 1520, comandante supremo della flotta ottomana dal 1533 e temuto autore di imprese piratesche, incursioni e saccheggi nel Mediterraneo (coste calabre, coste pugliesi, golfo di Napoli, coste laziali, isole toscane, litorale spagnolo, isole egee veneziane; tali imprese sembrano essere fomentate, in funzione anti-Carlo V, addirittura da Francesco I) e, dal 1534, conquistatore e re di Tunisi. L’Imperatore si scontrerà ancora con il Barbarossa nel 1541 e quest’ultimo si salverà solo grazie all’inclemenza meteorologica di Algeri che decimerà truppe e armamenti e costringerà al rientro l’armata imperiale. 1536 Savoia: il Ducato, da qualche tempo avviato verso un lento declino (città distrutte, raccolti requisiti, contadini affamati, ecc.) essendo terreno di passaggio e di scontro degli eserciti spagnoli e francesi che dall’inizio del secolo si contendono la supremazia a Milano e più in generale in Italia, viene occupato completamente dalle truppe francesi che costringono la corte al trasferimento a Vercelli. L’intero Ducato, privo del territorio francese del Vaud, di Torino e del marchesato di Saluzzo ma con la contea di Asti acquisita nel 1531, sarà comunque restituito ai Savoia nel 1559 (trattato di Cateau-Cambresis). Torino ritornerà sabauda nel 1562 (trattato di Blois) e diverrà la capitale unica del Ducato. Il marchesato di Saluzzo sarà occupato nel 1588 e annesso nel 1601. L’interesse principale della politica sabauda si sposterà quindi verso l’Italia. 1541 Meridione d’Italia: nel Regno di Napoli si avvia a conclusione la grande campagna di rafforzamento delle difese costiere in funzione anti-saracena9. È dall’ini“Saraceni” erano chiamati i terribili predatori arabi dell’Africa del Nord che nei sec. IX-X avevano a lungo flagellato le coste meridionali (v. pag. 74). Ora tale espressione è però riferita indistintamente ai loro successori, gli arabi ed i turchi d’Africa e delle coste mediorientali. 9
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zio del secolo, infatti, che la pirateria saracena e turca ha progressivamente assunto nel Mediterraneo proporzioni veramente eccezionali. Per difendere le coste del Regno da un simile flagello, uno dei più conosciuti viceré di Napoli, don Pedro de Toledo, aveva studiato e sottoposto all’imperatore Carlo V un piano difensivo costituito da una lunga ed ininterrotta teoria di torri (circa 300 di cui 100 nella sola Calabria) posizionate “a vista” lungo l’intero litorale del vicereame italiano. Il piano era stato approvato nel 1536 e già nel 1541 la quasi totalità delle torri previste è in servizio: di esse alcune (le più piccole) sono destinate solo all’avvistamento ed alla segnalazione della presenza del nemico; altre, le cosiddette torri “cavallare”, all’avvistamento ed all’allertamento delle popolazioni dell’interno mediante l’invio di messaggeri a cavallo, di norma stazionanti all’interno della torre; altre ancora, le più grandi (i cosiddetti “torrioni”) all’avvistamento, alla difesa ed all’alloggiamento di consistenti presidi militari. Nella struttura difensiva sono ovviamente inserite molte delle torri cilindriche di età precedente ed i castelli delle città costiere. La realizzazione di una linea costiera difensiva così imponente non scoraggerà tuttavia le scorrerie saracene che continueranno a tormentare le coste del Regno, e dell’intero Mediterraneo, fino al 1571 ed alla grande vittoria della flotta cristiana su quella musulmana nelle acque di Lepanto (v. pag. 123). Dopo Lepanto le incursioni non cesseranno ma diverranno via via sempre meno violente. 1542 Stato pontificio-Napoli: papa Paolo III (al secolo Alessandro Farnese), sul soglio pontificio dal 1534, istituisce a Roma il Tribunale della Santa Inquisizione. Nel 1559 papa Paolo IV trasformerà il Tribunale in Sant’Uffizio ponendolo alle dipendenze dirette dell’Autorità pontificia. Nel corso dello stesso anno verrà avviata la pubblicazione periodica dell’ “Index librorum prohibitorum”. Un tentativo di introduzione di un tribunale inquisitorio anche nel Regno di Napoli (1547) fallirà per l’opposizione decisa del popolo napoletano. Gli “eretici” napoletani verranno comunque perseguiti dai tribunali ecclesiastici normali e da quelli civili. L’Inquisizione è comunque tristemente presente in altri paesi europei: quella istituita (1522) dall’imperatore Carlo V nei Paesi Bassi, ad esempio, sarà ricordata come la più crudele d’Europa dopo quella spagnola. 1545 Stato pontificio-Parma e Piacenza: papa Paolo III crea il Ducato di Parma e Piacenza per il figlio Pier Luigi che ne diviene il primo duca. I territori parmense e piacentino, già Ducati longobardi, quindi Comuni liberi, poi domini della Chiesa, dei Da Correggio, degli Scaligeri, degli Estensi, dei Landi e degli Scotti (solo per Piacenza), dei Visconti e degli Sforza, erano pervenuti allo Stato pontificio per cessione (1512) di Luigi XII di Francia che li aveva occupati, assieme a Milano, negli anni 1499-1500 (v. pag. 108). La Chiesa li aveva annessi allo Stato pontificio nel 1521. È questo uno degli ultimi atti della disinvolta politica nepotista di papa Paolo 115
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che in precedenza aveva già elevato alla dignità cardinalizia due suoi nipoti, un altro nipote aveva avuto la titolarità del Ducato di Castro ed un altro ancora la prefettura di Roma. Il Papa del nepotismo, ma anche del Concilio di Trento (v. punto successivo), morirà nel 1549. In questo periodo lo Stato pontificio si configura sempre più come un insieme di staterelli più o meno indipendenti e vassalli del Papa. La situazione interna è molto deteriorata dallo strapotere dei grandi feudatari, dalla debolezza dell’amministrazione centrale, dalle cattive condizioni delle finanze pubbliche e dalla diffusione del brigantaggio (peraltro presente in tutti gli Stati della penisola). Tale condizione permarrà, aggravandosi, fino a tutto il sec. XVIII ed, in certa misura, si protrarrà anche nella prima metà del secolo successivo. La dinastia Farnese si estinguerà nel 1731 con Antonio Farnese e il Ducato passerà all’infante di Spagna don Carlo di Borbone, il futuro Carlo III re di Napoli e poi di Spagna, figlio di Filippo V e di Elisabetta Farnese, sorella di Antonio. 1545 Chiesa: iniziano (13 dicembre) i lavori del Concilio di Trento convocato da papa Paolo III per discutere la questione protestante luterana. Il Concilio si chiuderà nel 1563 con la condanna delle tesi di Lutero (morto proprio alla vigilia dell’apertura dei lavori conciliari10) e darà l’avvio alla cosiddetta “Controriforma cattolica”. La protesta del sacerdote tedesco Martin Lutero data al 1517 ed all’affissione (31 ottobre) sulla porta della Cattedrale tedesca di Wittenberg delle sue 95 tesi contro la corruzione e la simonia (commercio delle indulgenze, ecc.) della Chiesa di Roma. Pur dopo la scomunica del prete ribelle da parte di papa Leone X (1520, bolla “Exsurge Domine”; v. pag. 111) le idee luterane continuarono a diffondersi nello Stato tedesco ed in quelli vicini avviando di fatto la cosiddetta “Riforma protestante”. L’Italia, però, rimanendo fedele a Roma, sarà uno dei pochi paesi europei che non si accorgerà quasi né della bufera provocata dalla “Riforma”, né delle conseguenze della “Controriforma”. Essa non vivrà né le grandi stragi di religione che invece macchieranno di sangue altri paesi, né gli orrori dell’Inquisizione che sconvolgeranno la Spagna. Episodi isolati saranno quelli di Giordano Bruno (morto sul rogo a Roma nel 1600), di Tommaso Campanella (processato nel 1599 e costretto a 27 anni di carcere), di Galileo Galilei (processato e condannato all’abiura e alla residenza coatta nel 1633) e di pochi altri. Quella di Lutero è una delle poche figure di grandi “riformatori” della Chiesa a non aver subito il rogo o, comunque, una morte violenta. La lontananza dall’Italia e da Roma e la protezione concessagli dai Principi tedeschi riuscirono infatti ad evitargli sia l’uno che l’altra. Non altrettanto fortunati furono invece altri grandi riformatori religiosi come, ad esempio, il parmense Gherardo Segarelli (arso sul rogo nel 1300), il piemontese Fra’ Dolcino, seguace del Segarelli (arso sul rogo a Vercelli nel 1307), il boemo Jan Hus, rettore dell’Università di Praga (arso sul rogo a Costanza nel 1415), il romagnolo Girolamo Savonarola, domenicano (impiccato e poi arso sul rogo a Firenze nel 1498), lo svizzero Huldrych Zwingli, parroco della Cattedrale di Zurigo (morto in combattimento contro i cattolici a Kappel nel 1531) e il napoletano Giordano Bruno, anche lui domenicano (arderà sul rogo a Roma nel 1600). 10
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Al di là degli esiti prettamente teologici, le deboli conclusioni “pratiche” del Concilio tridentino, che in apparenza mettono al bando le abitudini e i comportamenti clericali corrotti, invocando il ritorno alla fedeltà più rigorosa agli insegnamenti del Vangelo e al magistero della Chiesa, ma nella sostanza lasceranno pressoché intatta la distorta impalcatura ecclesiale consolidatasi nel corso degli ultimi secoli11, saranno però, all’origine (in un’epoca in cui la religione rappresenta uno dei cardini della società) di una grave decadenza culturale e politica del paese. Le arti, ad esempio, e non solo quelle figurative, dopo alcuni decenni di rigido controllo ecclesiastico che spegnerà la spontaneità e la creatività del primo Rinascimento e dei secoli precedenti, si avvieranno verso una stagione di vuota e banale “pomposità” (il “barocco”). La politica invece non si lascerà sfuggire le ambiguità introdotte di fatto in campo religioso, le riprenderà e le adatterà alla sfera del potere, che si definirà “cattolico” ma userà proprio la religione come strumento di rafforzamento del proprio assolutismo, della propria prepotenza e della propria corruzione. Tutto ciò, secondo alcuni disincantati studiosi, contribuirà enormemente ad instradare gli italiani del tempo verso nuovi modelli di vita, mancanti certamente di etica ma al riparo del timore di Dio: essi impareranno, infatti, tra l’altro, l’arte riprovevole di aggirare, quando possibile, le leggi, di rispettare, solo se vi è convenienza, i valori morali, di abusare del prossimo, specialmente del più indifeso, di adulare i potenti ed essere con loro oltremodo servizievoli, al solo scopo di averne tornaconti personali. Si “sentiranno” però e si definiranno senza problemi “cattolici”. Un tale “modus vivendi” si protrarrà, purtroppo, fino ai nostri giorni e caratterizzerà, peraltro non sempre a ragione, l’uomo italiano nel confronto con le popolazioni del resto d’Europa. 1556 Spagna-Austria-S.R.I.: di fronte al fallimento politico (per la irriducibile opposizione del re di Francia Francesco I prima e del figlio Enrico II dopo; Enrico era succeduto al padre nel 1547) e religioso (per lo scisma protestante luterano) del suo piano di monarchia universale, Carlo V abdica dividendo il vastissimo Impero tra il figlio Filippo II (Regno di Spagna, Ducato di Milano, Regni di Napoli e di Sicilia, Sardegna, Paesi Bassi, colonie americane) ed il fratello Ferdinando I (corona imperiale e domini austriaci), arciduca d’Austria dal 1521. Da questo momento i due rami asburgici di Spagna ed Austria avranno due distinte linee dinastiche. Il ramo spagnolo si estinguerà con Carlo II nel 1700, quello austriaco nel 1918 con Carlo I. Ritiratosi in un monastero presso la cittadina di San Jeronimo de Yuste (Spagna), Carlo V morirà nel 1558.
11 Alcuni studiosi definiranno in seguito questo discutibile aspetto “pratico” delle conclusioni conciliari tridentine come la “grande ipocrisia cattolica”.
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1559 Spagna-Francia: Pace di Cateau-Cambresis (Francia settentrionale, 3 aprile) tra la Spagna e la Francia che ancora nel biennio precedente aveva tentato di rioccupare i territori italiani del Ducato di Milano e del Regno di Napoli attaccando addirittura direttamente il nuovo re di Spagna Filippo II. Con l’aiuto inglese (moglie di Filippo è la regina d’Inghilterra Maria Tudor la Cattolica) Filippo aveva sconfitto i francesi a S. Quintino (Francia, 1557; le truppe spagnole erano comandate dal giovane duca di Savoia Emanuele Filiberto) ma subito dopo (1558) aveva dovuto subire la perdita di Calais, ultimo territorio inglese in Francia (residuato dalla Guerra dei Cento anni; v. pag. 97), che finalmente viene annesso al Regno francese. La pace firmata a Cateau-Cambresis riconosce alla Spagna tutti i domini italiani (Milano e Napoli) mentre impegna la Francia a rinunciare definitivamente alle sue pretese in Italia obbligandola anche alla restituzione ai Savoia del Ducato (privo di Torino e del marchesato di Saluzzo) occupato nel 1536. Il trattato sancisce praticamente il predominio spagnolo in Italia ed in Europa, predominio che proseguirà anche per tutto il sec. XVII. metà sec. XVI Italia: la penisola è interamente dominata dalla Spagna che governa direttamente i Regni di Napoli e di Sicilia (nel territorio dei due Regni sono incluse la Sardegna, possesso aragonese fin dal 1296 e le isole maltesi, da sempre vincolate alle sorti della Sicilia) mentre in modo indiretto influenza fortemente la politica dello Stato pontificio e di quasi tutti gli altri piccoli e grandi Stati (Toscana, Milano, Parma, Modena, Mantova, Lucca, ecc.). L’unico Stato veramente libero è ancora Venezia (con l’Istria, la Dalmazia, le isole Joniche, Creta, Cipro e le regioni nord-orientali italiane fino al fiume Adda). Genova (con la Liguria e la Corsica) ed il Ducato di Savoia cercano invece di mantenersi equidistanti sia dalla Francia che dalla Spagna, pur essendo quest’ultimo sempre pronto ad approfittare di ogni occasione pur di allargare il proprio territorio a spese dei territori vicini. metà sec. XVI Italia-Europa: pur nella grande complessità del contesto storico e sociale descritto in queste pagine, l’Italia e l’Europa vivono anni di complessiva prosperità e benessere. In Italia, addirittura, le tante “Signorie”12 locali si disputano il primato del fasto
12 Le “Signorie” rappresentano l’esito inevitabile, più o meno democratico, più o meno compiuto con il consenso dei popoli, degli organismi comunali (v. pag. 91). Si ricordano qui quelle dei Visconti e poi degli Sforza a Milano rispettivamente dal 1311 e dal 1450, dei Gonzaga a Mantova dal 1273, dei Medici a Firenze dal 1434, degli Scaligeri a Verona dal 1263, degli Este a Ferrara, Modena e Reggio rispettivamente dal 1184, dal 1288 e dal 1295, dei Farnese a Parma e Piacenza dal 1545, ecc., senza dimenticare la Roma pontificia, Venezia, il cui precoce dogato sembra risalire agli inizi del sec. VIII, e la Torino sabauda dal 1359.
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monumentale e dello splendore artistico: è l’età matura del periodo storico che i posteri chiameranno “Rinascimento”, un periodo nel quale sembra finalmente rinnovarsi anche la cultura e il modo stesso di “sentire” la vita. Le cause di tale “rinnovamento” sono molteplici e non sempre ben definite: il diminuito prestigio del potere pontificio minato dal lungo esilio avignonese e dallo scisma luterano, la contemporanea perdita di potere e di significato dell’Impero, l’ascesa delle monarchie nazionali, la graduale sostituzione del latino con le lingue nazionali nell’ambito delle scienze, della filosofia e della teologia, la nascita di nuove strutture politiche e amministrative nei Principati e nelle Signorie italiane, il prepotente ingresso della borghesia nella vita sociale delle città, le nuove scoperte in campo geografico, le nuove conoscenze e le nuove avventure e, non ultima, la sempre presente ansia di mutamento insita nell’animo dell’uomo. Da questo amalgama di concause nasce quindi l’interesse ad indagare la natura (sia quella fisica che quella umana) in tutti i suoi aspetti e nella sua bellezza, ricchezza e complessità. Per quanto riguarda l’uomo, si cerca di analizzarne le facoltà, le attitudini e le passioni prescindendo da ogni presupposto di carattere metafisico o religioso (esageratamente ed oppressivamente presente in epoca medievale) e prendendo invece come riferimenti essenziali la natura e l’esperienza. Il pensiero dell’uomo13 appare teso all’esaltazione di una vita non più unicamente umiliata dalla sofferenza e oppressa dallo strapotere, ma libera e dominatrice, ricca di prospettive e di speranze, sensibile alla bellezza e al fascino dell’arte e capace, quindi, di tendere autenticamente verso Dio (o, al contrario, di staccarsene). Vengono perciò elevati a ideali sublimi la bellezza, la nobiltà d’animo, la dignità, il dominio delle emozioni, la moralità, la saggezza. In questo contesto trova spazio anche l’incentivazione alla conoscenza del mondo al fine di rendere poi possibile un suo più equilibrato dominio che escluda ogni forma di violenza. Tali ideali di vita, già in parte presenti nell’antichità greca e romana, fanno sì che l’uomo colto rinascimentale abbia continui riferimenti, al pari dei letterati “umanisti” precoci (Bàrlaam, Pilato, Petrarca, Boccaccio, Pico della Mirandola) e tardi (Alberti, Pontàno, Bracciolini, Sannazaro, Bembo, ecc.) dei secoli precedenti, all’epoca dell’antichità classica. Principi e papi, preoccupati dal risveglio dell’uomo e riconoscendo all’arte classica un contenuto trionfalistico utile alle esigenze di tutela del loro traballante potere, furbescamente divengono i grandi mecenati dell’epoca.
L’uomo di cui si parla è ovviamente l’uomo colto, benestante e “padrone” della sua vita. Il suddito comune resta invece ancora condizionato dalla meschinità della vita medievale (v. pag. 84) e continua a vivere la sua esistenza tra stenti, sofferenze, privazioni, umiliazioni e negazione di ogni dignità. Le grandi intuizioni di Bàrlaam, Pilato (v. pag. 96 e seg.) e degli altri grandi nomi del cosiddetto “Umanesimo” non hanno purtroppo un riscontro generalizzato neanche nella tanto decantata epoca rinascimentale. Come si è già avuto modo di accennare (v. pag. 98), per avere una inizio di presa di coscienza di una diversa concezione dell’uomo e della sua “dignità” bisognerà attendere i sec. XVIII-XIX e il grande contributo che apporteranno il movimento illuminista, la Rivoluzione francese, le idee liberali europee del primo Ottocento ed il pensiero marxista. 13
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I nomi più importanti del periodo sono italiani: tra i letterati ed i filosofi, Machiavelli, Guicciardini, Ariosto, Telesio, Tasso, e nell’arte, Mantegna, Masaccio, Ghiberti, Brunelleschi, Botticelli, Donatello, Piero della Francesca, Correggio, Michelangelo, Raffaello, Leonardo, Tiziano, Bramante, Cellini, Palladio. metà sec. XVI Meridione d’Italia: il Regno di Napoli, governato da una lunga serie di viceré (alla fine del periodo vicereale spagnolo che si protrarrà fino al 1707 se ne conteranno ben 68), sembra attraversare anni di relativo benessere. Napoli, ad esempio, la cui popolazione è ancora notevolmente aumentata, diviene una città più ordinata, più elegante e più monumentale e tiene testa con grande dignità alle più belle e celebri città del mondo. Nel territorio del Regno, però, la vendita indiscriminata di tutte le terre disponibili, vendita resa necessaria dal sempre più pressante fabbisogno finanziario richiesto dal mantenimento del grande Stato spagnolo, fa crescere enormemente il numero dei feudatari (in Calabria restano, ad esempio, libere solo le città di Amantea, Cosenza con i Casali, Crotone, Taverna, Tropea, Reggio e Catanzaro; quest’ultima città, venduta nel 1519 ai Carafa per 15 mila ducati, costringe l’imperatore Carlo V ad annullare la vendita) e, di conseguenza, gli abusi e lo strapotere. Il Regno è inoltre stremato dalle continue guerre che Carlo V combatte contro Francesco I di Francia, guerre nelle quali protagonista di primo piano è spesso l’esercito napoletano. Dal lato sociale, pur in un contesto non certo ottimale ma grazie ad una stabilità politica di fondo e ad una amministrazione complessivamente non molto negativa, il Regno vede giungere a maturazione, superando con coraggio difficoltà e ostacoli, quel processo di rinascita culturale, economica e civile avviato nella seconda metà del sec. XV. metà sec. XVI Calabria: in sintonia con le altre province del Regno, anche la regione sembra vivere un periodo di grande risveglio. Il numero degli abitanti, che nel sec. XV si attestava sulle 250 mila unità, si raddoppia (i calabresi sono ora circa 500 mila, 1/5 dell’intera popolazione del Reame; a tale incremento demografico contribuisce certamente l’arrivo, nel corso dell’ultima parte del sec. XV e nella prima del sec. XVI, dei profughi albanesi; v. pag. 102), aumenta la produzione agricola, particolarmente quella dei cereali (Crotone, Cutro, Isola Capo Rizzuto, Le Castella) e del grano che viene esportato in grande quantità, viene intensificata la coltivazione degli agrumi, degli ortaggi, dell’ulivo e della vite ed i vini prodotti nella regione iniziano ad essere richiesti anche nelle province vicine. Largamente diffuse sono inoltre la coltura dei bachi, la coltivazione del gelso e l’industria della seta, molto avanzata rispetto a quella di altre province del Regno. Reggio, Seminara, Paola, Catanzaro, Vibo Valentia, Montalto Uffùgo, Belvedere e Cosenza sono i centri di maggiore produzione e lavorazione della preziosa fibra; Catanzaro in particolare conta oltre 1.000 telai. Una industria che inizia a diffondersi proprio in questo periodo, particolarmente 120
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nella zona di Rossano, è quella della lavorazione della liquirizia: negli anni ‘30-‘40 del secolo XX saranno ancora attive nella regione oltre 60 fabbriche. Pure fiorenti sono l’artigianato del cuoio (Laino, Rogliano, Galatro, Mileto), del ferro (Cosenza, Bisignano, Aprigliano, Stilo), delle candele (Polistena) e i cantieri navali (Bagnara, Pizzo Cal., S. Lucido, Amantea, Tropea, Vibo Val. e Cetraro; in quest’ultimo cantiere vengono costruite anche le navi da guerra reali). Altrettanto può dirsi per l’industria estrattiva: argento (Longobucco), ferro (Stilo; dalle ferriere stilesi prenderà corpo nel sec. XVIII la grande fabbrica di Mongiana), pece14 (Bova, Policastro, S. Severina, Amendolara, Cariati), piccole miniere d’oro, di marmo e di sale sparse sul territorio. Molto attiva è inoltre l’esportazione del legname. Riacquista vitalità anche il commercio e Cosenza, Crotone, Catanzaro, Amantea e Tropea divengono importanti centri di attività mercantile nei quali contemporaneamente si sviluppa un buon sistema bancario e creditizio. Culturalmente la Calabria vede moltiplicarsi la nascita delle varie “Accademie”15 che, con diverse denominazioni sorgono in molte località (Cosenza, Maida, Rossano, Vibo Val., Catanzaro, ecc.). Nella regione operano inoltre il filosofo Bernardino Telesio (Cosenza, 1509-ivi, 1588), il primo filosofo antiaristotelico dell’era moderna, il poeta lirico Galeazzo di Tarsia (Belmonte Cal., 1520-Napoli, 1553) uno dei poeti italiani più originali del sec. XVI ed il letterato e storico Gabriele Barrio (Francica, 1506-Roma, 1577), “padre” della storiografia calabrese. Il rivoluzionario pensiero di Telesio, contrapponendosi frontalmente all’ancora imperante dittatura dogmatica aristotelica, ma in linea con il nuovo “sentire” rinascimentale, sostiene la possibilità di spiegare tutti i fenomeni naturali facendo a meno del ricorso alla metafisica, alle giustificazioni non naturali ed anche alla religione. La teoria è esposta nei nove libri dell’opera “De rerum natura iuxta propria principia” pubblicata nel 1565: la separazione telesiana tra fede e scienza, restituendo alla ricerca filosofica la sua libertà d’indagine, è alla base di tutte le conquiste della civiltà moderna. Il pensiero del grande filosofo cosentino è sorprendentemente ignorato dal Sant’Uffizio romano – il suo scritto verrà messo all’ “indice” (v. pag. 115) solo nel 1596, otto anni dopo la sua morte – ma la teoria separazionistica tra fede e scienza verrà ripresa alcuni decenni più tardi da Galileo Galilei nelle famose “Lettere copernicane”. L’appena descritto processo di rinascita culturale e sociale del Regno non avrà purtroppo ulteriore sviluppo e verrà anzi quasi completamente disperso dalla negativa amministrazione dei decenni che seguiranno.
14 Liquido resinoso (la romana “pece bruzia”) raccolto dai pini dei boschi incidendone la corteccia. Dalla resina, molto richiesta dai mercanti arabi, bizantini, genovesi, amalfitani e veneziani, venivano ricavati aromi e cosmetici molto ricercati già in epoca romana. Era anche richiesta dall’industria navale per la impermeabilizzazione del legno degli scafi.
15 Istituzioni tipiche del periodo che associano studiosi e uomini di cultura, con il fine ultimo di promuovere la conoscenza e il progresso delle lettere, delle scienze e delle arti.
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seconda metà sec. XVI Cristianesimo-Europa: gli Stati del Vecchio Continente sono ormai religiosamente divisi in confessioni richiamantesi tutte al cristianesimo originario ma lontane fra loro sul piano teologico e su quello organizzativo: il cattolicesimo e il protestantesimo nelle sue varie accezioni (luteranesimo, calvinismo, anglicanesimo). La convivenza tra le varie religioni sarà sempre più difficile e presto lo spirito di tolleranza e di pace della cultura umanistica sarà totalmente annullato e il clima di intolleranza che si instaurerà sia nei paesi cattolici che in quelli protestanti, intrecciandosi con i conflitti di sempre e radicalizzando diffidenze, contrasti e odi, sarà all’origine di nuove e sanguinosissime guerre che avranno spesso proprio la religione come pretesto. Già dall’inizio del secolo, peraltro, l’Europa è teatro di altri dolorosi eventi di sangue aventi attinenza con fatti religiosi: la lotta alla stregoneria, ennesima perla nera nella storia del cristianesimo cattolico e protestante. Combattuta in età medievale con preghiere, esorcismi e pratiche incruente, la lotta alle persone ritenute “malefiche” ebbe un incrudelimento passando alla persecuzione (anche dei semplici sospettati) e al rogo. Ovviamente streghe e stregoni esistono solo nelle perverse menti dei persecutori. In realtà si tratta generalmente di donne con disturbi mentali o dai comportamenti “diversi” perché più emancipate e meno succubi dell’uomo. Le persecuzioni proseguiranno a lungo in Europa ed anche nelle colonie americane (tristemente famosi sono ancora oggi la feroce persecuzione anti-streghe che gli anglicani inglesi metteranno in atto nel 1692 nella cittadina americana di Salem, nel Massachusetts, e il processo che ne seguirà) e si affievoliranno solo sul finire del sec. XVII e nel corso del sec. XVIII via via che avrà sempre più diffusione il nuovo pensiero razionalista e illuminista. Nei soli secoli XVI e XVII, in Europa e in America, saranno uccise per stregoneria tra le 70.000 e le 300.000 donne “possedute” da geni malefici. Alcuni studiosi elevano però il numero delle vittime addirittura ad oltre un milione. 1561 Calabria: il piccolo centro di Guardia Piemontese, che fin dal sec. XIII ospita una numerosa comunità di valdesi originaria della Val d’Angrogna (Piemonte), assiste impotente ad una delle tremende stragi che nel corso dell’anno si ripetono tristemente anche in altre parti d’Italia e d’Europa. L’uccisione in massa, dalla quale non sono esclusi neanche le donne, i bambini o gli ammalati, avviene nella piazza principale dell’abitato e nelle stesse case degli inermi cittadini. L’annientamento, tramite massacro indiscriminato, della comunità protestante valdese era stata decretata (1560) dalla Chiesa di Roma ma è attuato dalle autorità spagnole. A guida del Sant’Uffizio è dal 1551 il cardinale piemontese Antonio Ghisleri, futuro papa Pio V dal 1566 al 1572. Le persecuzioni anti-valdesi si ripeteranno ancora nel corso del sec. XVII. Solo nel 1848 il re di Sardegna Carlo Alberto equiparerà i seguaci di Valdo ai sudditi cattolici facendoli così uscire dai loro ghetti e riaprendo loro l’accesso pieno alla vita pubblica. 122
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1571 Chiesa-Europa-Impero ottomano: papa Pio V organizza la spedizione navale di Lepanto per cercare di contrastare l’espansionismo turco ottomano nel Mediterraneo. Alla “Lega Santa” papale aderiscono la Spagna di Filippo II, su cui grava il maggior onere dell’impresa (in effetti è, però, il vicereame di Napoli a sostenere i costi più gravosi), i Ducati di Toscana e Savoia, le Repubbliche dogate di Venezia e di Genova, e Malta, oltreché lo stesso Stato della Chiesa ed alleati minori. Il comando supremo delle forze cristiane è affidato a Don Giovanni d’Austria (che raduna la flotta a Messina), fratellastro di Filippo II e figlio naturale di Carlo V. Quello delle forze turche al grande ammiraglio Mehmet Alì Pascià. Dopo il raduno della flotta a Messina, nei primi giorni di ottobre Don Giovanni ordina la partenza alla volta della Grecia e già il 5 dello stesso mese le navi cristiane avvistano la flotta turca all’ingresso del golfo di Corinto. Lo scontro (cinque ore di furiosi combattimenti) avviene però la mattina del 7 ottobre nelle acque antistanti la città peloponnesiaca di Lepanto. Le forze in campo sono pressoché uguali (circa 250 galee e 80 mila uomini da ciascuna delle due parti; delle 250 navi cristiane circa 120 sono veneziane, 80 spagnole e napoletane – di queste ultime 3 provengono da Tropea, 2 da Reggio, 2 da Seminara ed 1 da Melicuccà – e circa 50 dello Stato pontificio e degli altri Stati italiani). Nonostante l’eroicità ed il valore del pascià di Algeri, il “rinnegato” calabrese originario di Le Castella Ulugh Alì detto “Uccialì” che è l’unico dei comandanti turchi ad ottenere parziali ma significativi successi ed a sopravvivere, la battaglia viene vinta dalla flotta cristiana che blocca così, e definitivamente, le velleità di espansione turca verso Occidente. Le perdite turche sono enormi: quasi tutte le galee e circa 25 mila uomini, tra cui lo stesso Alì Pascià (ritrovano la libertà anche 12 mila cristiani da anni schiavizzati dai turchi). Quelle cristiane molto più contenute: 15 galee e circa 8 mila uomini (con altrettanti feriti). Malgrado la sconfitta, i turchi effettueranno ancora periodiche scorrerie lungo le coste mediterranee ma per l’Impero ottomano, ormai consapevole di non avere più spazi per portare avanti il suo antico piano di conquista dell’Europa cristiana e del Mediterraneo, è l’inizio della lenta decadenza. Le scorrerie che ancora nei sec. XVII e XVIII arrecheranno distruzioni e lutti alle comunità costiere meridionali, saranno portate avanti dai pirati di Tripoli, Tunisi e Algeri non più controllati dal Sultano di Istanbul. 1571 Germania: Nasce nella città di Weil l’astronomo Johannes Kepler (Giovanni Keplero), come Galileo Galilei convinto sostenitore del sistema cosmologico copernicano. Le sue tre famose leggi sul moto dei pianeti attorno al Sole saranno pubblicate nei trattati “Astronomia nova” (1609; le prime due) ed “Harmonices mundi” (1619; la terza). Morirà a Ratisbona (Germania) nel 1630. Pur essendo contemporaneo degli eliocentrici Galilei (nato a Pisa nel 1564) e Campanella (nato a Stilo nel 1568), Keplero, vissuto fortunatamente in un paese luterano non intollerante, subirà solo marginalmente i tentativi persecutori della Chiesa di Roma. 123
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La teoria del canonico e cosmologo polacco Niccolò Copernico (1473-1543) secondo la quale è il Sole e non la Terra al centro dell’Universo conosciuto, era stata pubblicata nel 1543, ma solo dopo la morte dell’astronomo e soltanto come ipotesi giustificativa dello strano moto apparente degli astri, nell’opera “De revolutionibus orbium coelestium”. La teoria in passato era stata ipotizzata timidamente solo dall’astronomo greco Aristarco di Samo nel sec. III a.c. 1572 Francia: nella notte tra il 23 e il 24 agosto (“notte di San Bartolomeo”) alcune decine di migliaia di persone vengono orrendamente massacrate in tutto il paese nell’ambito della guerra di religione che da alcuni anni imperversa nel Regno d’Oltralpe. È la strage dei cosiddetti “ugonotti” (i protestanti calvinisti francesi; il nome deriva probabilmente dal termine tedesco “eidgenossen” = “confederati”) e il più terribile tra i massacri avvenuti durante l’intero corso della guerra. Le vittime della repressione cattolica sono stimate tra le 25.000 e le 35.000. Gli ugonotti, mal sopportati dal potere ufficiale (dello Stato e della Chiesa) a causa della consistenza politica e militare raggiunta dalla loro organizzazione, saranno tuttavia definitivamente “eliminati” dalla Francia solo sul finire del sec. XVII allorché re Luigi XIV revocherà l’editto di Nantes del 1598 – che aveva concesso loro uguaglianza di diritti e libertà di culto (tranne che a Parigi) – e li obbligherà invece a praticare la religione cattolica. Molte migliaia di persone (circa 200.000 ugonotti del tempo) saranno così costrette a prendere la via della Svizzera, dell’Olanda e della Germania. 1580 Penisola iberica: occupazione spagnola del Portogallo (re di Spagna è Filippo II, figlio primogenito dell’imperatore Carlo V) e annessione del Regno alla Spagna. Per il Regno lusitano, già grande potenza coloniale (isole di Madera, Canarie, Azzorre, del Capo Verde, e poi, Guinea, Congo, Angola, Mozambico, Brasile, territori in Estremo Oriente, ecc.), inizia un periodo di grave decadenza e di grande povertà. Lisbona diviene presto una città depressa e misera. Il malcontento popolare provocherà nel 1640 una ribellione generale e l’avvio di una guerra di liberazione che si concluderà nel 1668 (trattato di Lisbona) e che sancirà la ritrovata indipendenza portoghese. Il Portogallo non ritroverà però più l’antica grandezza. Gli eventi della penisola spagnola mostrano una straordinaria analogia con quelli che quasi tre secoli dopo si verificheranno nella penisola italiana ad opera dello Stato piemontese che occuperà il Regno delle Due Sicilie riducendolo al degrado più assoluto. Il Regno napoletano però, a differenza di quello portoghese, non avrà la possibilità di reagire adeguatamente e, persa l’indipendenza, sarà costretto a subire prima la prepotenza e la sopraffazione del Regno sabaudo, e poi, ormai stremato e sottomesso, la sudditanza alle novelle aree forti del Nord Italia. 1588 Spagna-Inghilterra: Filippo II di Spagna reagisce alla sottile politica di logoramento anti-spagnola attuata da anni dalla regina d’Inghilterra Elisabetta I (salita al 124
L’età moderna: dalla scoperta dell’America all’ “Invencible Armada”
trono nel 1558) attraverso l’incoraggiamento della pirateria inglese ai danni dei traffici spagnolo-americani, allestendo una potente flotta (la famosa “Invencible Armada”) che, con l’approvazione papale, invia contro la flotta di Elisabetta. La flotta “invincibile” viene però distrutta dalla straordinaria abilità del corsaro inglese Francis Drake aiutato inaspettatamente da una violenta tempesta scoppiata sulla Manica. La sconfitta di Filippo, rivelando al mondo la vulnerabilità della potenza spagnola, segnerà l’inizio del declino dell’egemonia della Spagna in Europa. fine sec. XVI Inghilterra: è il periodo della piena attività di William Shakespeare (Stratfordupon-Avon, Warwickshire, 1564-1616), uno dei più grandi poeti e drammaturghi di tutti i tempi. I dati biografici sono scarsissimi ma la produzione letteraria è enorme16. Geniale nella analisi e nella conseguente rappresentazione della personalità umana e dell’emotività e delle passioni che dominano il cuore degli uomini (dalle passioni più esasperate agli affetti più nobili, dagli istinti più cupi alla grande serenità, dalla lieve ironia al grottesco), Shakespeare scrive drammi storici nazionali, tragedie, commedie brillanti, drammi avventurosi e romanzeschi. L’insieme delle sue opere costituisce una straordinaria sintesi della cultura elisabettiana dell’epoca. Tra di esse: “Enrico VI” (1590), “Riccardo III” (1592), “La bisbetica domata” (1593), “Romeo e Giulietta” (1595), “Riccardo II” (1595), “Sogno di una notte di mezza estate” (1595), “Il mercante di Venezia” (1596), “Enrico IV” (1597-98), “Molto rumore per nulla” (1598), “Enrico V” (1599), “Giulio Cesare” (1599), “Le allegre comari di Windsor” (1600), “Amleto” (1601), “Otello” (1604), “Re Lear” (1605), “Macbeth” (1606), “Antonio e Cleopatra” (1607), “Pericle” (1608), “La tempesta” (1611), “Enrico VIII” (1613). Di grande valore poetico sono i 154 “sonetti” (1593-1602) considerati tra le più alte espressioni della poesia lirica inglese.
16 Tanto scarsi i dati e tanto vasta la produzione da aver indotto erroneamente alcuni studiosi ad ipotizzare la non esistenza effettiva dell’uomo ed il celarsi, dietro lo pseudonimo “Shakespeare”, di una o più personalità letterarie inglesi. Sembrano invece storicamente accertati, tra l’altro, la sua vita a Stratford, terzo di otto figli, fino a circa i 26 anni, il matrimonio da cui nacquero tre figli, il suo trasferimento a Londra ove fu autore, attore e impresario, la morte del figlio Hamnet nel 1596, del padre nel 1601 e della madre nel 1608. Certa è anche la sepoltura (25 aprile 1616) nel coro della chiesa di Holy Trinity a Stratford.
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L’età moderna: dai Borboni di Francia alla Francia pre-rivoluzionaria
L’ETÀ MODERNA
(DAI BORBONE DI FRANCIA ALLA FRANCIA PRE-RIVOLUZIONARIA) Enrico IV di Borbone e l’inizio della dinastia borbonica francese - La morte sul rogo del filosofo napoletano Giordano Bruno - In carcere a Napoli il filosofo calabrese Tommaso Campanella - Il malgoverno spagnolo in Italia nella seconda metà del sec. XVI e nel sec. XVII - Crisi economica, miseria e disordine sociale in Italia e in Europa - Francia: Luigi XIII e il cardinale Richelièu - Galileo Galilei e Renè Descartes - La Guerra dei Trent’anni tra gli Stati tedeschi e il potere imperiale asburgico - Le epidemie di peste di Milano (1630) e Napoli (1656) - La rivolta napoletana di Masaniello - La rivoluzione inglese di Oliver Cromwell e la supremazia del Parlamento sulla Corona - La Francia di Luigi XIV - Il prestigio e la decadenza della potenza francese - La guerra di successione spagnola e l’instaurazione della dinastia borbonica in Spagna - Il declino della potenza politica spagnola in Europa - L’occupazione austriaca dei possedimenti spagnoli italiani - Il trattato di Utrecht e la cessione della Sicilia (con dignità regia) ai Savoia - Lo scambio Sicilia-Sardegna tra Savoia ed Austria - La guerra di successione polacca e l’occupazione del Regno di Napoli da parte di Carlo di Borbone, figlio del re di Spagna Filippo V - L’inizio della dinastia borbonica napoletana - I Lorena in Toscana - La guerra di successione austriaca - Maria Teresa d’Austria imperatrice asburgica - Il movimento illuministico e l’età delle riforme - I grandi sovrani riformisti (Federico II di Prussia, Caterina II di Russia, Maria Teresa d’Austria, Carlo III di Napoli) - La Guerra dei Sette anni e le rivalità coloniali tra Francia e Inghilterra - Lo sfruttamento delle colonie americane - Lo schiavismo - La politica e le grandi realizzazioni di Carlo III di Borbone nel Regno di Napoli - Il ministro Bernardo Tanucci - Le grandi opere pubbliche e l’avvio dell’industrializzazione del Regno - Il Regno di Napoli tra i più prestigiosi e autorevoli Regni d’Europa - Carlo III re di Spagna - Ferdinando IV re di Napoli - La continuazione ferdinandea della politica sociale paterna - Le grandi realizzazioni - L’avvicendamento Tanucci-Acton - La cessione genovese della Corsica alla Francia - La Guerra d’indipendenza americana delle 13 colonie inglesi del nord-atlantico - La nascita degli Stati Uniti d’America - La rinascita culturale e sociale italiana della seconda metà del sec. XVIII - Il risveglio socio-economico della Calabria - Il ritardo di Venezia, Genova, Lucca, dello Stato pontificio e della Francia Il grande terremoto in Calabria nel 1783 - La rivoluzione industriale in Inghilterra.
1589 Francia: sale al trono Enrico IV di Borbone, figlio del duca di Vendòme e re di Navarra Antonio di Borbone e della regina Giovanna d’Albret e marito di Margherità di Valois, sorella dei re Carlo IX ed Enrico III. Inizia la dinastia dei Borbone di Francia (la famiglia risale tuttavia ancora a quell’Ugo Capeto, conte di Parigi nell’estrema età carolingia, che sul finire del sec. X diede inizio alla casata capetingia) che avrà la più grande personalità in Luigi XIV, il famoso “Re Sole” (re di Francia dal 1643 al 1715). Dai Borbone francesi avranno origine i rami dei Borbone di Spagna (1700; primo re Filippo V, figlio del Gran Delfino) e dei Borbone di Napoli (1734; primo re Carlo III, figlio di Filippo V). 1599 Calabria: nel piccolo centro jonico di Stilo il frate filosofo domenicano Tommaso Campanella (Stilo, 1568-Parigi, 1639), forte della bontà della sua generosa teoria 127
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utopica sullo Stato ideale capace di dare agli uomini felicità e concordia (la famosa “Città del Sole” teorizzata poi nell’omonimo scritto del 1602), mette in atto un impossibile ma audace ed ingenuo tentativo insurrezionale antispagnolo. Viene però catturato e condannato al carcere a vita. Liberato nel 1626 per l’intervento di papa Urbano VIII, morirà in un convento parigino nel 1639. Gli altri congiurati (oltre 200 persone dell’area di Stilo, Roccella e Caulonia) subiranno la condanna a morte. Telesiano, e quindi antiaristotelico, spirito semplice ma inquieto ed impaziente, inquisito e condannato più volte dal Sant’Uffizio, Campanella, nei 27 lunghi anni di detenzione nelle umide e buie celle delle carceri napoletane del Castel Nuovo e di Castel Sant’Elmo, scriverà le sue opere più importanti, spazianti dalla filosofia alla teologia, dalla medicina all’astrologia ed alla metafisica (“La città del Sole”, 1602; “De sensu rerum et magia”1, 1604. “Philosophya razionalis”, 1613; “Apologia pro Galileo”, 1616; “Philosophya realis”, 1613-37; trattati di medicina, 1613, astrologia, 1614, metafisica, 1623, teologia, 1613-24, ecc.; prima di entrare in carcere aveva scritto, tra l’altro, i trattati “Demonarchia christianorum”, 1593, e di “Discorsi ai principi d’Italia”, 1594). L’essenza del pensiero campanelliano è la nobile ed alta intuizione della profonda unità esistente tra il reale, costituito di spirito e di materia, l’intero Universo e le cose singole, portatrici, ciascuna, di una propria dignità. Ad una simile intuizione non è possibile, sempre secondo Campanella, giungere con la ragione (l’affermazione è ovviamente riferita alla cultura del tempo nel quale la “ragione” non ha ancora dignità di valore umano) ma attraverso un contatto misterioso di ricerca, la “magia naturale” (distinta dalla “magia divina” e da quella “diabolica”), tra lo spirito che indaga e la natura che viene conosciuta (v. “De sensu rerum et magia”). Da queste considerazioni prende forma la sua grande utopia dello “Stato ideale”, uno Stato cioè che sotto il governo della filosofia (ossia di uomini saggi e sapienti o forse anche del Papa; l’alternativa, dati i tempi, appare obbligata) sarebbe in grado di realizzare un regime di eguaglianza sociale in cui, nel rispetto della pienezza dei valori umani e della gerarchia fondata sui valori culturali e intellettuali, sarebbero definitivamente superati i meschini contrasti tra gli uomini causati dagli interessi materiali e sarebbe donata loro, invece, una esistenza felice e armoniosa (l’esatto contrario, purtroppo, dei tempi intolleranti e cupi in cui egli stesso fu costretto a vivere). Frate Tommaso fu pertanto il primo grande filosofo che cercò di umanizzare il pensiero filosofico rapportandolo in maniera convinta e decisa ai bisogni ed alle attese dell’umanità reale. L’inquietudine che non abbandonò mai il suo forte spirito nacque proprio dall’impazienza che egli ebbe di concretizzare le proprie idee, anche con il ricorso all’insurrezione. La rivolta del 1599 non fu in realtà che un nobile ma ingenuo tentativo di metterle in pratica.
1 È questa l’opera principale del grande filosofo e quella che rivela pienamente il suo pensiero. Il termine “magia” è usato nel senso medievale di “sapienza”.
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1600 Roma: muore sul rogo il frate filosofo domenicano Giordano Bruno. Nato a Nola (Napoli) nel 1548 il religioso era stato costretto a lasciare Napoli nel 1576 a causa di un processo per eresia intentatogli per il suo atteggiamento giudicato scettico e razionalistico nei confronti di alcuni dogmi cattolici. Dopo aver vissuto un lungo periodo di tempo in Francia e nei paesi protestanti, nel 1591 era rientrato in Italia fermandosi a Venezia. Denunciato ancora per eresia, arrestato e trasferito a Roma, era stato processato dal Sant’Uffizio, espulso dalla Chiesa e consegnato al tribunale secolare spagnolo che ne aveva decretato la morte per rogo. In questi stessi anni un altro frate domenicano, Tommaso Campanella, è, per motivi analoghi, in carcere a Napoli (v. 1599) ed ancora un frate domenicano, Girolamo Savonarola (Ferrara, 1452), era stato ucciso sul rogo a Firenze giusto un secolo prima (1498) non per fatti inquisitori ma per la spregiudicatezza manifestata nella sua fiera opposizione alla curia pontificia di papa Alessandro VI Borgia ed ai costumi mondani amorali dei fiorentini che egli imputava al governo della signoria medicea. fine sec. XVI Italia-Regno di Napoli: la penisola è attanagliata da una grave crisi economica e sociale determinata dalla necessità del potere politico di incamerare denaro da inviare in Spagna per far fronte al fabbisogno, sempre crescente, delle esigenze interne ed europee del grande Impero spagnolo. Ciò è causa di una insostenibile e generalizzata pressione fiscale, di un soffocamento del settore industriale, gravato da dazi sempre più pesanti che provocano il fallimento e la chiusura di numerosissimi stabilimenti sparsi un po’ ovunque nel territorio, e di un sempre più duro assolutismo governativo indispensabile per il contenimento del diffuso malcontento sociale e delle periodiche esplosioni di ira popolare. Uomini ed armamenti italiani (e segnatamente napoletani) sono d’altra parte sempre più impegnati nel teatro europeo delle guerre spagnole con tutte le conseguenze umane ed economiche immaginabili. La rigida ortodossia religiosa, il cui controllo è assicurato dal potere politico in cambio dell’accettazione pontificia della triste condizione in cui è tenuto il paese (emblematico è il caso della floridissima industria milanese delle armi costretta a chiudere, con la tacita acquiescenza di tutti, per favorire lo sviluppo di una analoga fabbrica di Toledo), lo strapotere del baronaggio e le periodiche pestilenze contribuiscono poi a rendere ancora più diffuso il disordine sociale e la miseria2. La miseria e lo stato di degrado sociale è ovviamente diffuso in tutta l’Europa. Secondo quanto sostenuto nel volume di Bronislaw Geremek “La stirpe di Caino. I poveri in Europa dal sec. XV al sec. XVII” - Il Saggiatore Milano 1988, alla fine del sec. XVI il numero dei mendicanti sparsi nelle città europee è pari a circa il 20% della popolazione. A Parigi (100.000 abitanti), ad esempio, se ne contano oltre 30.000 che diverranno 40.000 nel sec. XVII. La miseria viene però percepita dai governanti non come problema da non alimentare ed anzi da risolvere, ma come pericolosa piaga da tenere sotto controllo (per motivi di ordine sociale) e, se possibile, da recludere con durezza in appositi ghetti. La tragica situazione dei poveri e le condizioni di povertà diffusa si protrarranno anche nei sec. XVIII, XIX e XX, pur in contesti differenti ed in condizioni economiche in certo modo più emancipate. 2
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In questo panorama certamente desolante occorre inserire inoltre il riprovevole comportamento dei feudatari del Regno di Napoli che, in cambio di una loro progressiva perdita di potere a favore del governo vicereale centrale, accettano una maggiore tolleranza delle loro prepotenze locali, largheggiamenti nella concessione di titoli nobiliari (in Calabria, ad esempio, quasi tutti i conti, anche quelli titolari di feudi poco significativi, divengono presto marchesi e duchi) e finanche la loro trasformazione in damerini superficiali e inutili, sempre più frequentatori assidui dei banali salotti della corte vicereale di Napoli e sempre meno presenti nei loro feudi, che lasciano spesso, e per periodi sempre più lunghi, in balia di personaggi poco raccomandabili e molto più prepotenti e privi di scrupoli degli stessi titolari. Napoli, però, nonostante tutto, riesce a mantenere alto il suo importante ruolo di centro politico e culturale di livello europeo e la corte vicereale continua ad essere il manifesto del lusso e dello sfarzo. Ma la realtà è appena dietro l’angolo e conferma che gli anni di fine secolo risultano completamente diversi da quelli che le premesse di inizio secolo lasciavano presagire: l’Italia tutta è ormai, praticamente, un paese sottosviluppato e ciò, oltre ad affliggere le popolazioni con sofferenze e miseria, farà ritardare di oltre un secolo, rispetto agli altri paesi europei, l’arrivo e l’affermazione nella penisola della nuova era industriale. La crisi italiana si protrarrà, purtroppo, per l’intero sec. XVII e nel Meridione si avvierà al definitivo superamento solo con l’avvento della monarchia borbonica (1734). fine sec. XVI Calabria: la situazione finora descritta fa precipitare anche la regione, provincia periferica del Regno, inesorabilmente in una crisi economica e sociale mai vissuta in precedenza. Un esempio per tutti è la grave decadenza della fiorentissima industria della seta e dell’allevamento del baco che in pochi anni si riduce a piccola impresa a carattere familiare. 1610 Francia: sale al trono Luigi XIII, 9 anni, figlio di Enrico IV di Borbone e di Maria de’ Medici. Reggente è la madre che guida la Francia su una linea politica filospagnola. Dal 1622 il Re sarà poi in balia della forte personalità del suo primo ministro, il cardinale francese Armand-Jean du Plessis de Richelièu, vero arbitro della politica francese (ancora filospagnola) fino alla morte (1642). A Luigi XIII (✝ 1643) succederà il figlio 5-enne Luigi XIV che inizierà tuttavia a governare effettivamente solo dopo la morte del cardinale italiano Giulio Raimondo Mazzarino (1602-1661) anche lui, come il Richelièu, primo ministro ed arbitro assoluto della politica francese nei primi 18 anni di regno del futuro “Re Sole”. Al Regno di Francia il Mazzarino assicurerà peraltro una posizione europea di indiscutibile preminenza. 1615-16 Italia: lo scienziato Galileo Galilei (nato a Pisa nel 1564) inizia a sostenere 130
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apertamente la sua propensione per la teoria cosmologica copernicana. Lo fa nelle famose “lettere copernicane”, lettere private inviate a numerosi conoscenti nelle quali lo studioso, oltre a contrastare l’aristotelica “verità assoluta”, sostiene anche l’indipendenza della scienza da ogni altra autorità, auspica lo sviluppo della ricerca e dell’esperimento ed afferma infine la non incompatibilità tra filosofia e religione provenendo entrambe dalla stessa fonte divina ma muovendosi in campi diversi, rispettivamente quello della conoscenza della natura e quello del fine soprannaturale dell’uomo. Per la divulgazione di tali idee, tutto sommato prudenti e moderate, Galilei viene diffidato dal Sant’Uffizio a proseguire nei suoi studi cosmologici. Lo scienziato riaffermerà tuttavia poco più tardi (1632; l’opera è il “Dialogo sopra i due massimi sistemi”) la sua convinta condivisione delle idee copernicane e ciò provocherà un nuovo intervento del Sant’Uffizio e la condanna all’abiura ed al confino nella villa di Arcetri ove, completamente cieco dal 1637, morirà l’ 8 gennaio 1642. Nel 1757 la Chiesa riconoscerà la teoria copernicana eliocentrica e le opere dello scienziato pisano saranno tolte dall’ “Indice”. Il pensiero galileiano sulla separazione tra scienza e fede era stato anticipato, nel secolo precedente, da Bernardino Telesio (v. pag. 121). Ora è invece sostenuto, con forza, da un altro filosofo calabrese, il frate domenicano Tommaso Campanella (v. pag. 127). 1618 Impero asburgico: inizia la “Guerra dei Trent’anni” tra gli Stati tedeschi sostenitori della Riforma protestante e il potere imperiale asburgico, sostenitore della Controriforma cattolica. Per contrastare la crescente potenza asburgica austriaca (appoggiata anche dagli Asburgo di Spagna) entreranno in seguito in guerra anche la Danimarca (1623), la Svezia (1630) e la Francia del Richelièu (1635). La guerra coinvolgerà per anni l’intera Europa centrale e, dopo atrocità, sangue e lutti infiniti, si concluderà nel 1648 con il trattato di Westfalia (24 ottobre) che sancirà il fallimento del triplice piano asburgico di restaurazione cattolica, accentramento statale ed egemonia territoriale. Il numero delle vittime della crudele guerra di religione (come al solito, tuttavia, i veri motivi sono da ricercare nelle sempre presenti ambizioni di egemonia e di potere) sarà enorme e incredibile: si conteranno complessivamente alcuni milioni di morti! 1631 Savoia: il Ducato, alleato delle potenze antiasburgiche nella Guerra dei Trent’anni, occupa parte del Ducato piemontese del Monferrato già gravitante nell’area di influenza spagnola. La parte restante sarà conquistata nel 1708, nel corso della guerra di successione spagnola. 1637 Francia: il filosofo Renè Descartes (Renato Cartesio; 1596-1650), convinto dell’esistenza in ogni uomo dell’ “Io” interiore, pubblica il trattato “Discours de la mèthode” (“Discorso sul metodo”) ove indica all’uomo il “metodo” che dovrebbe seguire per condurre con profitto la ragione alla ricerca delle proprie verità. 131
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Muovendo dal presupposto che anche la più evidente delle affermazioni potrebbe essere un’illusione, un inganno giocato da un “genio” maligno, ed introducendo nel ragionamento il cosiddetto “dubbio metodico”, un dubbio non scettico e fine a se stesso ma strumento per giungere a una inattaccabile verità, egli sostiene il primato della ragione, la sola realtà esente da dubbi, poiché il fatto che il soggetto dubiti e quindi pensi garantisce l’esistenza del soggetto stesso (“Cogito, ergo sum” = “Dubito e penso, quindi esisto”). Per Cartesio la ragione è quindi “tutto” e da essa discende ogni cosa. In tal modo il filosofo si contrappone anche a Galilei che invece nell’ambito della ricerca scientifica aveva accettato pienamente il metodo sperimentale senza indagarne la fondatezza. Realtà eterna e certa è anche Dio che non “vive” con gli uomini, non interviene mai sui fenomeni naturali (similmente all’aristotelico “Primo Motore Immobile”) ma è chiamato in causa solo per dare la “spinta al mondo”. Cartesio è il primo filosofo moderno che inizia ad interessarsi all’uomo non solo come soggetto portatore di dignità superiore e di diritti fondamentali inalienabili3, ma anche come soggetto dotato di intelletto e di ragione e quindi “pensante”. Il suo trattato sul “Metodo”, cui si ispirerà tutto il razionalismo dei sec. XVIIXVIII ed anche, per certi versi, alcune ideologie posteriori, è oggi considerato il manifesto della filosofia moderna. Un grande cartesiano sarà il filosofo e matematico tedesco Gottfried Leibniz (1646-1716). Alle idee di Cartesio si opporrà un altro filosofo francese nonché matematico e fisico precoce, Blaise Pascàl (1623-1662). Già all’età di 31 anni (1654) Pascàl si ritirerà nel convento di Port Royal ove si dedicherà alla scrittura di una grande “Apologie de la religion chrètienne” che non porterà a termine e di cui i famosi “Pensèes” sono dei frammenti. Per Pascàl la ragione non è tutto ma solo una parte del pensiero. Oltre alla ragione vi sono i sensi ed il cuore. Il suo Dio, a differenza del Dio di Cartesio, “vive” con l’uomo, è “Dio d’amore e di consolazione” ed è avvertito dal cuore e non dalla ragione. Grande seguace di Pascàl sarà l’inglese Isaac Newton (1642-1727) che rifiutando l’assoluto primato della ragione e le teorie cartesiane ormai intese come potente strumento di “normalizzazione” scientifico-religiosa, riprenderà il metodo sperimentale sostenendo inoltre l’intervento continuo dei “sensi” di Dio nella vita dell’uomo e dell’Universo. La sua teoria della gravitazione, ad esempio, verrà spiegata non come l’effetto cartesiano delle proprietà della materia (i famosi “vortici” naturali non sottoposti ad alcun “senso” divino), ma come dovuta all’intervento dei “sensi” di Dio nello spazio assoluto. La disputa tra cartesiani (generalmente raccolti nel blocco continentale europeo) e newtoniani (blocco anglicano) durerà a lungo e solo nel 1738 il filosofo francese François-Marie Arouet (il famoso “Voltaire”), schierato dalla parte di Newton, riuscirà finalmente a catturare l’adesione dei più ostinati e dell’opinione pubblica.
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Aspetti già acquisiti dal pensiero filosofico rinascimentale. V. pag. 119.
L’età moderna: dai Borboni di Francia alla Francia pre-rivoluzionaria
1647 Napoli: nella città sempre più costretta a subire, al pari dell’intero Regno meridionale e dell’Italia tutta, il malgoverno spagnolo e la diffusione della miseria, scoppia una grande insurrezione guidata dal giovane pescivendolo Tommaso Aniello (Napoli, 1620-47) detto “Masaniello”. La causa contingente è l’introduzione di una nuova tassa, quella sulla frutta, il principale alimento del popolo. La rivolta dilaga presto in tutti i rioni cittadini e, preso il potere, Masaniello governa per alcuni giorni la città con insospettabile prudenza, equilibrio e giustizia, ma anche con grande “fasto”. Ingenuamente il nuovo “viceré” non allontana da Napoli il viceré legittimo Don Rodrigo Pons de Leòn, duca d’Arcos, che anzi tratta, abilmente ricambiato, da pari a pari. L’innocente moto di protesta finisce tuttavia tragicamente all’ottavo giorno di governo dell’Aniello allorché, sconvolto dalla pazzia (o, più verosimilmente, drogato nel corso di una visita all’Arcos al Palazzo reale), il giovane viene tradito e ucciso dai suoi stessi amici, corrotti dal viceré. 1649 Inghilterra: il 30 gennaio viene decapitato, dopo essere stato processato dall’Alta Corte e riconosciuto colpevole di alto tradimento, re Carlo I Stuart. Gli succederà, ma solo nel 1660, il figlio Carlo II. Carlo era salito al trono all’età di 25 anni, nel 1625, alla morte del padre Giacomo I Stuart, figlio della famosa regina di Scozia Maria Stuart (o Stuarda) e re di Scozia dal 1567 nonché re di Scozia e di Inghilterra dal 1603, dopo la morte senza eredi di Elisabetta I. Cercando di proseguire la politica paterna tesa al rafforzamento dell’assolutismo regio ed alla affermazione della supremazia della Chiesa anglicana nei confronti del protestantesimo calvinista scozzese, il giovane Re si era però presto scontrato con il Parlamento (v. pag. 90) principalmente a causa della incerta conduzione della politica estera, lasciata nelle mani del Duca di Buckingham suo favorito, e del pesante e spesso ingiusto gravame fiscale imposto al popolo. Sciolta quindi l’Assemblea che non riusciva a controllare (1629), re Carlo aveva visto precipitare i già tesi rapporti con i suoi sudditi quando aveva tentato, autoritariamente, di sottoporre la Scozia alla Chiesa anglicana. Sconfitto dagli scozzesi nel 1639 e nel 1640 il Re era stato costretto, per ottenere i fondi necessari alla continuazione della guerra, a convocare il Parlamento che, forse per la trascorsa “vacanza” di ben 11 anni, rimarrà riunito così a lungo (1640-1653) da passare alla storia come il “Lungo Parlamento”. Una delle prime determinazioni dell’Assemblea, fortemente caratterizzata in senso anti-Carlo, era stata però proprio l’abolizione di tutte le misure religiose e fiscali introdotte dal Sovrano. Ormai palesemente non in grado di tenere in pugno la situazione, incanalatasi inesorabilmente sulla via della guerra civile, re Carlo nel 1642 abbandonava Londra portandosi ad Oxford, roccaforte monarchica. Con il Re erano schierati la nobiltà, la maggior parte dei proprietari terrieri, i prelati anglicani ed i cattolici; con il Parlamento erano schierati invece i cosiddetti “puritani”, ossia coloro che non accettavano la struttura episcopale della Chiesa anglicana, quanti altri non si riconoscevano nella religione ufficiale, la magistratura e la borghesia. 133
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Sconfitte le forze realiste dall’esercito “parlamentare” creato dal deputato puritano Oliver Cromwell (1645), il Re si rifugiava in Scozia nella vana speranza di salvare se stesso e la monarchia sfruttando i contrasti che pure esistevano tra le forze parlamentari e gli scozzesi. Catturato dagli scozzesi, consegnato al Parlamento (1647), fuggito nell’isola di Wight dopo trattative non rispettate con un disponibile Cromwell, e ricatturato (1648), Carlo I veniva infine processato da un Parlamento epurato di tutti i monarchici e, con la regia dello stesso Cromwell, convinto ormai della necessità di una soluzione radicale alla lunga crisi, dichiarato colpevole di alto tradimento ed affidato al giudizio dell’Alta Corte che ne riconosceva la colpevolezza e ne decretava la condanna a morte tramite decapitazione. La sentenza viene eseguita il 30 gennaio 1649. Oliver Cromwell governerà l’Inghilterra “repubblicana” con una dittatura militare dal 1649 alla morte (1658) domando l’Irlanda cattolica (1649) e la Scozia protestante (1650-51), ponendo fine, con due guerre, alla supremazia navale e commerciale olandese (1654), facendosi nominare “Lord Protettore” d’Inghilterra (1653; in effetti l’unica autorità effettiva del Regno), abolendo la Chiesa anglicana di Stato e restaurando la religione protestante, lasciando altresì spazio a sette e confessioni diverse. Alla sua morte il figlio terzogenito Richard, da lui designato alla successione, non riuscirà a tenere saldo il potere creato dal padre e la sua incapacità politica, avversata dall’esercito e dal Parlamento, lo porterà al ritiro dal governo (1659) favorendo la restituzione della corona al cattolico Carlo II che, rientrato dal suo rifugio in Francia, incoronato a Westminster (8 maggio 1660) ed entrato solennemente a Londra, violando le sue stesse promesse, farà giustiziare gli uccisori del padre. A Carlo II succederà (1685) il fratello Giacomo II mal tollerato dal popolo per il suo convinto cattolicesimo e per le sue idee assolutiste. Nel 1689, alla conclusione di pacifici accordi tra il Parlamento e Guglielmo d’Orange, marito di Mary Stuart, figlia protestante del Re, Giacomo II sarà deposto ed il trono verrà offerto, ed accettato, a Guglielmo d’Orange ora Guglielmo III. Tale atto sancirà l’esclusione perpetua, da parte del Parlamento inglese, della linea cattolica degli Stuart dalla successione al trono inglese. Nello stesso anno dell’insediamento re Guglielmo sottoscriverà il “Bill of Rights” (la “Dichiarazione dei Diritti”) con il quale riconoscerà il carattere contrattuale del suo potere e aprirà la strada alla supremazia del Parlamento sulla corona. E mentre nell’Europa continentale si affermerà sempre più il carattere assoluto delle varie monarchie locali, in Inghilterra prenderà l’avvio un regime monarchico parlamentare caratterizzato dall’eliminazione definitiva dei “fantasmi” (per l’Inghilterra) del cattolicesimo e dell’assolutismo e da una libertà di espressione e di confessione senza precedenti. La successione a Guglielmo (✝ 1702), privo di eredi, verrà in seguito regolata (1701) con il cosiddetto “Atto di disposizione” che designerà al trono Anna Stuart (regina dal 1702 al 1714), sorella di Mary a cui succederà la casa degli Hannover con Giorgio I, figlio dell’elettore tedesco di Hannover. È opportuno ricordare che l’Irlanda era stata annessa al Regno inglese nel 1171 da re Enrico II, il Galles nel 1284 da re Edoardo I e la Scozia proprio da Giacomo 134
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I nel 1603. Nel 1707 il Regno prenderà poi il nome di Gran Bretagna. L’Irlanda, ad eccezione delle province protestanti settentrionali, diverrà indipendente (EIRE) nel 1937. 1656 Meridione d’Italia: il Regno di Napoli è raggiunto dalla grave epidemia di peste che da tempo imperversa in Italia. I morti saranno oltre 400 mila. Un’altra grave epidemia aveva raggiunto il Regno nel 1450. Ancora prima la “grande peste nera”, giunta dall’India e diffusasi in Europa tra il 1348 e il 1353, aveva causato in Europa oltre 25 milioni di morti (1/3 della popolazione del continente). Anche nel 1630 la peste aveva toccato l’Italia, colpendo però solo il Settentrione ed in particolare Milano. Nuove epidemie del terribile morbo (in realtà con il termine “peste” viene indicata, fin dall’epoca medievale, qualsiasi malattia epidemica sconosciuta e incurabile) mieteranno vittime poco più tardi anche a Londra (1665) e Marsiglia (1720). 1661 Francia: Luigi XIV di Borbone, il “Re Sole”, succeduto al padre Luigi XIII nel 1643 appena 5-enne, inizia a governare da solo essendo morto nel corso dell’anno il cardinale italiano Giulio Raimondo Mazzarino, primo ministro e guida assoluta della politica francese dal 1643 alla morte. Re Luigi, governando da monarca assoluto, esautorizzerà il Parlamento e non convocherà mai gli Stati generali 4. Avvierà nel 1669 i lavori di costruzione della Reggia di Versailles, che saranno ultimati nel 1682 e nello stesso anno vi trasferirà la corte che abbandonerà Parigi, e si impegnerà in una serie di conquiste territoriali (Fiandre, 1668; Franca Contea, 1678; Alsazia con Strasburgo, 1681) con l’obiettivo di portare la Francia al predominio in Europa. Ben presto, in un mondo in cui tutto sembrava appiattito sotto la cappa della potenza asburgica spagnola e austriaca (quest’ultima alquanto distolta dalla questione francese a causa della pressione turca sui confini orientali), il Re francese acquisterà un prestigio tale da farlo ritenere dalle corti d’Europa il Sovrano più potente del tempo. Ai suoi danni si formerà perciò la “Lega di Augusta” (Impero asburgico, Spagna,
Gli “Stati generali”, creati in Francia nei primi anni del sec. XIV, costituiscono una sorta di “Assemblea” rappresentativa della nobiltà, del clero e della borghesia cittadina, il cosiddetto “terzo Stato”. Sue prerogative principali, mai però pienamente istituzionalizzate, sono quelle di discutere, fissare e ripartire i tributi richiesti dal Re per le esigenze delle guerre e della politica dello Stato. Le deliberazioni, decise da ogni Ordine con un solo voto collettivo, hanno pertanto potere solo consultivo. Convocati per la prima volta da re Filippo IV il Bello nel 1302, nel corso dei secoli gli “Stati” ebbero convocazioni irregolari (tra le più importanti quelle del 1308, 1317, 1329, 1484, 1576, 1588), l’ultima delle quali si tenne nel 1614. Dopo il 1614 saranno riconvocati solo nel 1789, in pieno clima di fermenti rivoluzionari. Con la Rivoluzione si trasformeranno in Assemblea Nazionale Costituente. 4
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Olanda, Svezia, Inghilterra e Savoia) che lo impegnerà in 9 anni di guerra (1688-97) conclusi con la pace di Ryswick (21 settembre 1697) in base alla quale Luigi XIV si vedrà costretto a restituire ai paesi della Lega tutti i territori conquistati eccetto Strasburgo. Per la prima volta dalla salita al trono, il Re Sole concluderà una guerra così lunga e dispendiosa senza alcuna conquista. Sarà questo l’inizio della sua decadenza politica in favore dell’Inghilterra e dell’Austria. Anche l’antica egemonia spagnola in Europa appare fortemente in declino, in attesa del definitivo tracollo che avverrà con la morte di Carlo II (1700) e la lunga guerra di successione che ne seguirà. 1663 Impero asburgico: una grande armata turca forte di oltre 100 mila uomini invade l’Ungheria e minaccia Vienna. Le forze imperiali riescono ad avere la meglio a Raab (Ungheria). Una nuova invasione turca dei territori orientali dell’Impero asburgico, ancora una volta con assedio di Vienna, si avrà nel 1683. Gli ottomani saranno di nuovo respinti grazie all’intervento del re di Polonia Giovanni Sobieski. Nel 1697 essi saranno definitivamente sconfitti dalla “Lega Santa” anti-islamica (Impero, Russia, Polonia e Venezia) che li costringerà a firmare la pace di Carlowitz (1699). 1700-1714 Spagna-Impero asburgico: muore senza eredi (1700) il re Carlo II di Spagna. Gli succede Filippo V di Borbone, figlio del Gran Delfino di Francia e quindi nipote di Luigi XIV, a sua volta genero di Filippo IV, padre di Carlo II. La designazione di Filippo V, suggerita a Carlo anche da papa Innocenzo XI, provoca la decisa reazione degli Asburgo d’Austria (l’imperatore in carica Leopoldo I è anch’egli genero di Filippo IV e pretende la corona spagnola per il figlio Carlo, il futuro imperatore Carlo VI d’Asburgo) e l’inizio della guerra di successione spagnola che vede Spagna e Francia contrapposte all’Impero austro-tedesco, all’Inghilterra ed ai Savoia (che però affiancheranno ambiguamente ora l’una, ora l’altra parte). Nel corso della guerra il giovane Carlo d’Asburgo, figlio dell’imperatore Leopoldo I, occupa i possedimenti spagnoli in Italia (Ducato di Milano, 1706; Regno di Napoli, luglio 1707; durante una battaglia alle porte di Torino, il 29 agosto 1706, si verifica il famoso e tragico episodio del soldato piemontese Pietro Micca che per salvare la città dalla conquista francese fa saltare in aria una galleria strategicamente fondamentale; nella terribile esplosione trova però la morte anche lo stesso eroico militare) e quindi sale al trono imperiale (1711; Carlo VI d’Asburgo) succedendo al fratello Giuseppe I a sua volta succeduto (1705) al padre Leopoldo I. Per non favorire il ripristino di una situazione europea simile a quella dell’epoca di Carlo V (l’Imperatore era alla guida sia dell’Impero che della Spagna), gli alleati asburgici si disimpegneranno tuttavia dalla guerra, nella quale peraltro si erano impegnati proprio per salvaguardare l’equilibrio europeo minacciato dalla stretta parentela tra Luigi XIV e Filippo V. La guerra finisce con le paci di Utrecht (1713) e di Rastadt (1714). Filippo V resta sul trono di Spagna ma perde il Ducato di Milano con la Lombardia, il Regno di Napoli e la Sardegna a favore dell’Austria (che già li occupa) e la Sicilia, la parte 136
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residua del Monferrato francese (l’altra parte era stata conquistata già nel 1631) e la Lomellina lombarda e a favore dei Savoia cui viene concesso anche, in virtù del possesso della Sicilia, il titolo regio (il duca Vittorio Amedeo II diviene quindi, dal 1713, “Re di Sicilia”). All’Inghilterra sono infine assegnate Gibilterra (ancora oggi inglese) e le isole Baleari e al principe elettore di Brandeburgo viene riconosciuto il titolo regio già concessogli da Leopoldo I. Il nuovo Regno tedesco si chiamerà “Regno di Prussia” e sarà il nucleo da cui nascerà, nel 1871, l’Impero tedesco che creerà il cancelliere Bismarck per il “kàiser” Guglielmo I. Le conclusioni della guerra di successione spagnola vedono fallire quindi gli ambiziosi sogni di conquista e di potenza di Luigi XIV che invece ne esce molto ridimensionato. Morirà a Versailles nel 1715. 1706 Milano: occupato da Carlo d’Asburgo, il Ducato lombardo e l’intera Lombardia non sabauda resteranno sotto dominio asburgico fino alla conquista napoleonica. Il governo austriaco, particolarmente con Maria Teresa, figlia di Carlo e imperatrice dal 1740, e il figlio Giuseppe II, sarà foriero di grande efficienza amministrativa e di audaci riforme sia nella amministrazione dello Stato che nella burocrazia (istituzione del catasto generale dei beni, realizzazione di una certa perequazione fiscale, dell’uniformità legislativa e della pubblicità del bilancio statale, abolizione dell’Inquisizione, della tortura e della pena di morte, bonifica delle aree malsane, ecc.). Adotterà inoltre interventi importanti anche in campo economico. Tale “efficientismo” austriaco si rivela tuttavia, presto, eccessivo e quasi per nulla duttile nella sua azione di ammodernamento delle strutture statali e nell’amministrazione della cosa pubblica. Esso sarà perciò all’origine di frequenti e violente proteste delle popolazioni amministrate. 1707 Meridione d’Italia: giunge nel Regno di Napoli il primo viceré austriaco, il conte Giorgio Adamo von Martinitz, presto sostituito (1 novembre 1707) dal generale Daun che aveva guidato la conquista del Regno. Il viceré si impegnerà decisamente per rimettere in ordine il deficit dello Stato e curerà inoltre, in modo privilegiato, oltre a notevoli interventi urbanistici nella capitale, il risveglio dell’antica Università, il rinforzo dei castelli, lo sviluppo del commercio e del traffico marittimo e la incentivazione dell’industria tessile, della lana e della seta. Alla fine del 1708 la situazione del Regno mostrerà già i primi segni di una evidente ripresa che comunque si rafforzerà negli anni successivi. Nel breve periodo di dominio austriaco, nel vicereame si succederanno 11 viceré. 1717-1720 Meridione d’Italia-Savoia: Elisabetta Farnese, moglie del re di Spagna Filippo V, sposata in seconde nozze nel 1715, e sorella di Antonio Farnese titolare del Ducato di Parma e Piacenza, fa occupare dalla flotta spagnola la Sardegna (1717; l’isola 137
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era stata assegnata, assieme al Regno di Napoli, all’Austria dal trattato di Utrecht) e la Sicilia (1718; possedimento “regio” dei Savoia sempre in virtù degli accordi di Utrecht). La mossa della Farnese, alla ricerca di troni italiani per i figli, è però contrastata dalla decisa reazione dell’alleanza tra Impero asburgico, Francia, Inghilterra e Olanda che impone alla Spagna l’abbandono dei territori occupati (1719, pace dell’Aia) e la conferma dello status quo uscito dalla guerra di successione spagnola. Unica eccezione è il concesso scambio tra la Sicilia e la Sardegna. La prima passa quindi dai Savoia all’Austria, la seconda dall’Austria ai Savoia (1720). Vittorio Amedeo II di Savoia, re di Sicilia dal 1713 al 1720, è pertanto il primo Re sabaudo di Sardegna. 1733-1738 Europa-Italia: è in atto la guerra di successione polacca. Si fronteggiano, mossi dai rispettivi interessi, Spagna e Savoia da una parte ed Impero asburgico dall’altra. Teatro della guerra è l’intero territorio europeo. Nel corso del conflitto la Francia occupa il Ducato di Milano e parte del territorio tedesco mentre la Spagna, con Carlo III di Borbone5, figlio di Filippo V ed Elisabetta Farnese, occupa il Regno di Napoli e la Sicilia (1734). La pace di Vienna (1738) riconosce alla Spagna il possesso dei territori occupati, ai Savoia l’annessione dei territori lombardi ex austriaci di Novara e di Tortona, ma impone alla Francia la restituzione all’Austria del Ducato di Milano e dei territori tedeschi occupati. L’Impero asburgico si vede riconosciuti anche il Ducato di Parma e Piacenza, allargato al vicino Ducato di Guastalla, tolto a Carlo III che ne aveva preso possesso nel 1731 alla morte improle dello zio Antonio Farnese (il Ducato era stato creato nel 1545 da papa Paolo III Farnese ed era rimasto sempre alla famiglia Farnese; v. pag. 115), ed il Granducato di Toscana ove nel 1737 si era estinta la dinastia medicea. La titolarità del Granducato sarà assegnata a Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa, futura imperatrice, come contropartita per la perdita del proprio Ducato (la Lorena, piccolo Stato tedesco sito nell’attuale Francia orientale) assegnato al principe di Polonia Stanislao Leczynski uscito sconfitto dalla guerra di successione. 1738 Europa del Nord: l’Inghilterra di Giorgio II Hannover è sulla strada della grande politica di intervento nelle questioni europee (dal 1714 è già titolare di Gibilterra e delle Baleari). Non le è da meno il nuovo Regno di Prussia, nato nel 1701 dal Principato tedesco di Brandeburgo (nel cui territorio sorge l’ancora piccolo abitato di Berlino), allargato alla parte orientale del Ducato di Pomerania già nel 1648 (pace di Westfalia seguita alla guerra dei Trent’anni), riconosciuto dal trattato di Utrecht Il principe Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Borbone, re di Spagna, e di Elisabetta Farnese, sarà in realtà “Carlo III di Borbone” solo nel 1759 allorché dal trono di Napoli (Carlo VII di Napoli) passerà a quello di Spagna (v. pag. 143). È tuttavia in uso indicarlo seguendo la numerazione ordinale spagnola anche negli anni della titolarità del Regno napoletano. 5
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del 1713 ed ora comprendente anche l’alta Gheldria (territorio di confine tra i Paesi Bassi e la Germania) e la parte della Pomerania occidentale con Stettino e la foce dell’Oder (Svezia). Con le vicende seguite alla guerra di successione spagnola ha termine il lungo periodo di predominio della Spagna in Europa e in Italia già notevolmente messo in crisi dalla politica e dalla forte personalità di Luigi XIV di Francia negli ultimi decenni del sec. XVII. Potenze egemoniche continuano comunque ad essere l’Impero asburgico (politicamente ridimensionato dall’esito della guerra dei Trent’anni, 1618-48, prima e da quello della guerra di successione spagnola, 1700-14, dopo), la Francia (anch’essa ridimensionata dopo l’exploit espansionistico di Luigi XIV) e la Spagna (priva ormai del prestigio e della potenza dei secoli precedenti). 1738 Italia: alla fine del breve periodo di esteso dominio austriaco l’Italia si ritrova praticamente divisa in tre parti nettamente distinte: - Il Meridione, sempre più immerso in una annosa crisi economica e sociale, ancora in mano spagnole (ma ora borboniche di marca francese); re è, dal 1734, Carlo III di Borbone, figlio di Filippo V a sua volta nipote del Re Sole. Carlo riunisce le due corone di Napoli e di Sicilia ricreando un grande ed unico Stato (“Regno di Napoli e di Sicilia”) di nuovo indipendente. - Il Settentrione, ad eccezione di Venezia (titolare sempre dell’Istria, della Dalmazia, delle isole joniche fino a Citèra e delle regioni italiane fino all’Adda) ancora indipendente e neutrale e del novello Regno di Sardegna (esteso alla Savoia, alla Valle d’Aosta, all’intero Piemonte, alla Contea di Nizza, alla Lomellina lombarda ed ovviamente alla Sardegna), interamente in mano diretta o indiretta austriaca. Tra i domini indiretti sono la Repubblica di Genova estesa, come sempre, alla Liguria ed alla Corsica, ed il Granducato di Toscana. La nuova dinastia toscana, titolare di uno Stato in grave decadenza, avvierà subito una vasta attività riformatrice che proseguirà, con caratteristiche di mitezza e di paternalismo, per l’intero corso del governo lorenese che, tenendo sostanzialmente il Granducato estraneo ai moti liberali e di indipendenza del sec. XIX, si protrarrà fino al 1860. - Il Centro saldamente ancorato allo Stato pontificio che non sembra risentire assolutamente dei rivolgimenti che avvengono ai suoi confini settentrionali e meridionali. 1740-1748 Impero asburgico: muore l’imperatore Carlo VI d’Asburgo. In virtù della nuova legislazione in materia di successione nei domini asburgici austriaci (la famosa “Prammatica sanzione” promulgata dall’Imperatore stesso nel 17136), sale al trono la figlia Maria Teresa. 6
La “Prammatica sanzione” di Carlo VI, aveva in pratica abrogato l’antica legge salica, risalente
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La successione è però duramente contrastata dai più prossimi pretendenti maschi, da alcuni grandi elettori imperiali e da quei sovrani europei (Luigi XV di Francia, Filippo V di Spagna, Carlo Emanuele III di Savoia e, soprattutto, Federico II di Prussia) che dalla crisi sperano di trarre vantaggi territoriali. Ha quindi inizio una guerra di successione, quella austriaca appunto, che come al solito vede coinvolte sui due fronti le maggiori potenze d’Europa: Francia, Spagna, Baviera, Sassonia e Prussia da una parte ed Austria, Inghilterra e Savoia dall’altra. La guerra finirà nel 1748 con la pace di Aquisgrana che, confermando la corona imperiale a Maria Teresa, ripristinerà in pratica lo status quo ante guerra. L’Austria perderà la sola Slesia occupata dalla Prussia e qualche marginale possedimento italiano (i territori di Voghera, Vigevano e dell’alto novarese che passeranno ai Savoia, i quali allargheranno così i confini orientali del Regno sabaudo fino al Ticino, ed il Ducato di Parma e Piacenza che ritornerà ai Farnese con Filippo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese e fratello, quindi, di Carlo III). Ad eccezione della Prussia di Federico II, il prestigio di tutte le monarchie coinvolte uscirà comunque malridotto dalla guerra: l’Inghilterra non riuscirà a risolvere il contrasto con la Francia in materia di supremazia coloniale oltreoceanica, le altre non avranno fatto altro che rivelare la loro impotenza e la pochezza delle loro ambizioni. Maria Teresa governerà, seguendo le orme del padre, con grande efficienza e decise idee riformatrici. Nel 1745 assocerà al governo il marito Francesco Stefano, granduca di Toscana, e dopo la morte di questi (1763), il figlio Giuseppe (1765). Molto abile nella politica di difesa della struttura dell’Impero minacciato da gravi avvisaglie di disintegrazione, sarà altrettanto abile nel rafforzamento della dinastia che, attraverso i legami matrimoniali dei suoi figli, vedrà aumentare la propria influenza in Italia, in Francia ed in Spagna. 1745 Francia: Denis Diderot, filosofo francese (1713-84) fonda e dirige “L’Encyclopédie”, un’opera mastodontica, innovativa e fondamentale per la revisione critica, l’organizzazione e lo sviluppo dell’intero sapere umano, basata sui principi esaltanti la ragione come strumento di trasformazione della società in direzione degli ideali di libertà, giustizia e progresso. Nell’arduo lavoro lo aiuta, tra gli altri, Jean Baptiste D’Alembert, matematico e filosofo (1717-83), ideatore della teoria delle equazioni differenziali a derivate parziali. Il primo dei 28 volumi dell’Enciclopedia sarà pubblicato nel 1751, l’ultimo nel 1772. Con la grande impresa di Diderot prende l’avvio il cosiddetto “movimento illuaddirittura ai sec. V-VI ed alla tribù dei Franchi-Sali, in base alla quale le donne erano escluse dal diritto di successione dinastica. La nuova legge costituzionale, motivata dalla esigenza di assicurare la continuità dinastica anche per linea femminile, richiama chiaramente, finanche nel nome, gli editti imperiali romani emanati per provvedimenti eccezionali di natura pratica più che ideale. Abolita in Austria, la legge salica sarà riproposta invece dai Savoia nello Statuto albertino del 1848.
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ministico” (o “Illuminismo”) che, considerando l’uomo artefice del proprio destino ed esaltando il primato dei “lumi” della ragione, attraverso la diffusione di notizie scientifiche rigorosamente certe ed esatte tende a combattere il dogmatismo e l’oscurantismo filosofico e religioso medievale ancora imperante nelle masse popolari (e non solo). Tra i precursori di questa importante fase della storia dell’umanità sono da ricordare i filosofi italiani Bernardino Telesio (Cosenza, 1509-1588), Giordano Bruno (Nola, 1548-1600) e Tommaso Campanella (Stilo, 1568-1639), lo scienziato italiano Galileo Galilei (Pisa, 1564-1642), l’astronomo tedesco Johannes Kepler (15711630), il filosofo e matematico francese René Descartes (Cartesio, 1596-1650), il giurista olandese Huig van Groot (detto Grozio, 1583-1645), il filosofo inglese John Locke (1632-1704) ed un altro filosofo italiano, il napoletano Giambattista Vico7 (1668-1744). Contemporanei di Diderot sono invece François Marie Arouet detto Voltaire (Parigi, 1694-1778), Charles Louis de Secondat, barone di Montesquieu (Bordeaux, 1689-1755) e Jean Jacques Rousseau (Ginevra, 1712-1778). Voltaire, grande letterato e filosofo, è instancabilmente oppositore dell’intolleranza e della superstizione, delle atrocità dei sistemi giudiziari del tempo, degli abusi e degli arbìtri dei governi e della costrizione del pensiero. Montesquieu, giurista, teorizza in forme chiare e innovative la divisione e l’autonomia dei tre poteri dello Stato (legislativo, esecutivo e giudiziario). Rousseau, infine, anche lui insigne letterato e filosofo, mette all’indice l’ipocrisia e gli altri aspetti degenerativi del comportamento umano, ritenuti logica conseguenza del dogmatismo e della sopraffazione delle classi più deboli, e propugna l’attuazione di quelle riforme sociali (soprattutto l’abolizione della proprietà privata) tendenti alla eliminazione delle disuguaglianze, delle ingiustizie e delle oppressioni tra gli uomini. Effetti politici e sociali immediati delle idee illuministiche saranno l’inizio della crisi del potere e del prestigio dei nobili e del clero (nel 1759 papa Clemente XIII condannerà ufficialmente il lavoro di Diderot e D’Alembert) a tutto vantaggio della classe borghese, e le grandi riforme attuate in gran parte degli Stati europei nel corso della seconda metà del sec. XVIII. Uno dei sovrani più aperti sarà Federico II di Prussia che porterà il suo Regno ad un grado eccezionale di benessere e di importanza. Monarchi “riformisti” saranno pure Caterina II di Russia, Maria Teresa d’Austria, con marito e figlio rispettivamente in Austria e in Lombardia ed in Toscana, e Carlo III di Borbone a Napoli. L’effetto dirompente arriverà però sul finire del secolo (1789) con la Rivoluzione francese. 1756 Europa-Italia-Colonie americane: Inizia la “Guerra dei Sette anni” tra Francia, Spagna, Russia e Austria contro Prussia e Inghilterra. Dopo secoli di irriducibili osti7 Per Telesio, Keplero, Campanella, Bruno, Galilei, Descartes v. rispettivamente alle pag. 121, 123, 127, 129, 130, 131.
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lità sono ora alleati la Francia dei Borbone e l’Impero asburgico austriaco. Questo rovesciamento storico delle alleanze assicurerà all’Italia un lungo periodo di pace (Francia e Austria sono in pratica appagate padrone della penisola) che finirà soltanto con le vicende rivoluzionarie francesi di fine secolo. La guerra, causata dagli annosi motivi di rivalità coloniale tra Francia e Inghilterra, si concluderà nel 1763 (pace di Parigi) con la cessione di alcuni possedimenti coloniali francesi, tra cui il Canada e alcuni dipartimenti dell’India8, alla potente rivale britannica. I contrasti coloniali anglo-francesi risalgono addirittura al sec. XVII ed hanno origine nella ossessiva ricerca, da parte di entrambe le potenze, della supremazia nella gestione dei traffici marittimi tra le colonie e l’Europa, traffici alimentati dal continuo trasferimento verso le città europee di gran parte delle risorse naturali (oro, argento, minerali vari, bestiame, zucchero, caffè, cacao, tabacco, cotone, cereali, legname, pesce, patate, pomodori, ecc.) prelevate particolarmente in America ma anche in Asia e in Africa. Proprio l’imposizione alle colonie del divieto di commercio con potenze diverse dalla madrepatria darà l’avvio ad un sempre più sfrenato sfruttamento coloniale che nei territori americani porterà alla rivoluzione ed all’indipendenza delle colonie inglesi (dichiarazione d’indipendenza, 1776; riconoscimento dell’indipendenza, 1783). Lo sfruttamento delle colonie americane da parte delle massime potenze coloniali europee del momento (Inghilterra, Francia, Spagna e Portogallo; v. pag. 106) è caratterizzato da soggiogamento e sopraffazione delle popolazioni indigene e da violenze e crudeltà senza limiti, oltreché dal ritorno in grande stile dell’inumana pratica dello schiavismo che si ripresenta nella vita europea a distanza di più di un millennio dallo schiavismo dell’antichità classica. Gli schiavi sono necessari per assicurare la mano d’opera nelle miniere e nelle piantagioni ma anche per i bisogni, le comodità ed i lussi privati dei “colonizzatori”. Importati dall’Africa fin dal sec. XVI, con il beneplacito della Chiesa sia cattolica che protestante, vivono un’esistenza di stenti, di umiliazione e di privazione dei più elementari diritti civili e politici. Negli USA la schiavitù sarà abolita nel 1865 (v. pag. 184). Resterà però largamente praticata, con il sostegno della legge, la cosiddetta “segregazione razziale”, l’emarginazione, cioè, delle persone di colore dalla vita civile e politica del paese e l’esclusione delle stesse dal godimento di quasi tutti i fondamentali diritti civili e sociali. Dovrà passare ancora più di un secolo (dal 1865) perché il “nero” americano possa avere finalmente, almeno sulla carta, la parità di diritti con il “bianco”9. 8 L’inizio dell’espansione europea in India data ai primi anni del sec. XVII con l’arrivo di truppe inglesi, olandesi e francesi. Ben presto però i contrasti egemonici scoppiati inevitabilmente tra Francia e Inghilterra porteranno quest’ultima al predominio quasi assoluto sull’intero territorio.
9 Per superare la “segregazione” la comunità nera dovrà sostenere lunghe e dolorose lotte, dovrà patire violenza su violenza, dovrà subire anche la ferocia e la follia del famoso Klu Klux Klan, il movimento razzista dei bianchi incappucciati, e dovrà piangere la fine violenta di molti dei suoi leader, ultimi dei quali il 40-enne Malcolm X (Malcolm Little; sarà ucciso a New York il 21 febbraio 1965) e il 39-enne pastore georgiano Martin Luther King, premio Nobel per la pace 1964, che sarà ucciso a Memphis il 4 aprile 1968.
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La scoperta del Nuovo Mondo ha indubbiamente portato nuova vitalità, nuovi stimoli e nuove ricchezze alla vecchia Europa, ma a spese di lutti e sofferenze enormi causate a intere popolazioni fragili e innocenti: si calcola che dalla scoperta del Nuovo Continente a tutto il sec. XIX i morti imputabili alla presenza degli europei saranno circa 150 milioni tra indigeni americani e schiavi importati. Di essi 2/3 perderanno la vita per malattie ed epidemie (spesso portate dagli europei) ed 1/3 per atti di violenza dei conquistatori, per stenti e trattamenti disumani e per schiavitù (oltre 20 milioni). 1759 Regno di Napoli: muore il re Ferdinando VI di Spagna, figlio di Filippo V a cui era succeduto nel 1746. Gli succede il fratello Carlo III, re di Napoli, che lascia il trono italiano al figlio 8-enne Ferdinando IV. Buono, religioso, generoso ed intelligente, Carlo III, fondatore della dinastia borbonica di Napoli, fu molto amato dal popolo napoletano. Fin dall’inizio, ad appena 18 anni, della sua esperienza reale (1734) egli, facendo tesoro delle idee e della capacità politica dell’ottimo consigliere e ministro toscano Bernardo Tanucci10 (Stia, Arezzo, 1698-Napoli, 1783), chiamato a Napoli da Pisa, intraprese con decisione il non facile compito di riportare Napoli alla dignità di città efficiente e moderna. In tale contesto sono da ricordare, tra l’altro, la creazione del catasto generale per il censimento e la tassazione di tutte le proprietà del Regno comprese quelle, da secoli inviolabili, dell’aristocrazia e del clero, e l’avvio di una politica, certamente irta di difficoltà, tesa alla limitazione del potere feudale e degli antichi privilegi della Chiesa e della nobiltà ed al recupero allo Stato di parte delle vastissime proprietà ecclesiastiche. Re Carlo decise inoltre interventi vari in favore delle classi popolari più povere, sottomesse e disagiate. L’attuazione di tali innovazioni andò però incontro ad ovvie e decise resistenze e l’impegno riformatore del Re, pur prudente e cauto, non rivoluzionario e accuratamente meditato, non riuscì a dare risultati sociali pienamente soddisfacenti e adeguati alle attese. In campo urbanistico e artistico il Re favorì la costruzione di numerose e grandiose opere pubbliche11 e promosse le prime ricerche archeologiche nel napoletano (sca-
Il marchese Tanucci venne chiamato a corte, dall’Università di Pisa ove era titolare della cattedra di Diritto, personalmente da re Carlo che gli affidò la cura degli affari più delicati dello Stato. Oltre al ruolo di consigliere del Re egli ricoprì infatti anche quelli di ministro di Giustizia (dal 1752) e di ministro degli Esteri e della Casa Reale (dal 1754), configurandosi, di fatto, come una sorta di “primo ministro” del Regno. Fu ovviamente il più importante ed il più ascoltato tra i consiglieri del Re ed i segretari di Stato. 10
Sono da ascrivere a re Carlo, ad esempio, la costruzione del teatro San Carlo (1737), la prima grande realizzazione teatrale mai edificata in Italia (il teatro “Alla Scala” di Milano sarà costruito solo nel 1778), delle regge di Capodimonte (1738) e di Portici e l’avvio di quella di Caserta (1751-74), quest’ultima probabilmente la più grande e più bella reggia mai costruita nell’intera penisola (circa 1.200 stanze con parco esteso in lunghezza per circa 3 km; progetto di Luigi Vanvitelli), l’ampliamento 11
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vi di Ercolano e di Pompei). Fu inoltre l’istitutore del gioco del lotto ed il fautore, a Capodimonte, dell’avvio dell’attività della famosa Real Fabbrica di porcellane. Carlo curò inoltre con particolare attenzione la politica di industrializzazione del Regno ed in breve pose le basi di quello che presto sarebbe diventato il primo e più importante apparato industriale dell’Italia pre-unitaria. Egli infatti favorì la nascita delle fonderie di Poggioreale e della grande Real Fabbrica d’armi di Torre Annunziata (1757), un’imponente complesso sorgente su una estensione di terreno di oltre 60 mila mq ed occupante alcune migliaia di operai, potenziò e poi raddoppiò la Ferriera Reale calabrese di Stilo (1754), avviò il nucleo del futuro grande Opificio Reale di Mongiana e riacquisì al demanio regio (1754) gli stabilimenti siderurgici del salernitano, dell’avellinese, del beneventano e del casertano (Piano d’Ardine, Serino, Atripalda, Giffoni, Acerno, Amalfi, Sant’Agata dei Goti, Teano, ecc.) precedentemente gestiti in concessione da privati. Con Carlo III il Regno napoletano riacquistò una dimensione politica tale da consentirgli di riprendere presto il suo antico ruolo di Regno europeo tra i più prestigiosi e autorevoli e Napoli, città alla quale anche Carlo dedicò una attenzione privilegiata nell’ambito dell’intero territorio dello Stato, ritornò ed essere una delle città più importanti d’Europa, richiamo per artisti e uomini di cultura provenienti da ogni parte d’Italia e del Continente12. Ferdinando IV, caratterialmente più debole del padre ma ancora aiutato dal Tanucci, cercherà di proseguire la politica paterna e, con grande moderazione, creerà nel Regno una situazione di concordia tra i vari ceti sociali mai vista prima. L’ancora debole borghesia si sentirà infatti soddisfatta dalla conduzione dell’ammodernamento statale portato avanti con gradualità e senza eccessivi traumi, gran parte del popolo si sentirà, per lo stesso motivo, in certo modo più protetta, e l’aristocrazia, non senza resistenze e rimbrotti, si mostrerà, d’altra parte, propensa a rinunciare a molti degli antichi privilegi ora gravati da obblighi talvolta alquanto pesanti. In campo sociale il giovane Monarca istituirà scuole elementari gratuite in tutti i Comuni del Reame e scuole secondarie nei capoluoghi di provincia (1768), facendo nel contempo rifiorire la grande Università federiciana della capitale. Nei riguardi della Chiesa sarà altrettanto deciso abolendo il Tribunale dell’Inquisizione e sopprimendo gli Ordini conventuali particolarmente potenti. della seicentesca reggia di Napoli, la costruzione del Grande Albergo dei Poveri di via Foria, il più grande ospizio-ricovero per indigenti, anziani, orfani e vagabondi mai costruito in Italia (prospetto di progetto: 600 metri; prospetto realizzato: 354 metri; piani otto, compresi ammezzati e cantine, per una superficie complessiva di oltre 100.000 mq; posti disponibili: 8.000; progetto di Ferdinando Fuga), la realizzazione di analoghi Alberghi dei Poveri a Palermo ed a Porto Nolano e di “Ritiri” per giovani fanciulle povere a Napoli ed in altre città del Regno, la ricostruzione della Cattedrale di Brindisi (1746) distrutta dal terremoto del 1743, la costruzione del porto di Agrigento, la dragatura e la sistemazione di quello di Brindisi (insabbiato dal 1523), ecc.
Il Regno e la stessa Napoli avevano rivestito un ruolo particolarmente importante nello scacchiere culturale e politico europeo già in epoca sveva federiciana, nel successivo periodo angioino e nel primo periodo vicereale spagnolo. V. pag. 83, 95, 120. 12
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Importanti realizzazioni settecentesche del suo lungo regno (1759-1825) saranno, tra l’altro, a Napoli, l’istituzione del primo cimitero italiano (1762), istituzione che precede di alcuni decenni il famoso decreto napoleonico di Saint-Cloud del 1804, l’ampliamento e l’allineamento di via Foria (1768), la costruzione dei teatri S. Ferdinando, dei Fiorentini e del Fondo e della grande chiesa di S. Francesco di Paola, e del relativo colonnato, in piazza del Plebiscito, la fondazione della Borsa del Cambio, l’istituzione della Cassa degli Orfani militari per l’educazione dei figli dei militari defunti e la creazione della dote alle figlie, l’approvazione del piano urbanistico di protezione e rispetto del paesaggio, prima legge urbanistico-paesaggistica italiana, per la costruzione (1765-70) del corso Maria Teresa, oggi corso Vittorio Emanuele. In provincia sono da ricordare il completamento della reggia di Caserta (1774), l’istituzione del cimitero, della biblioteca e della specola astronomica di Palermo, la ristrutturazione e l’ampliamento delle Università di Palermo e di Salerno, l’istituzione dell’Orto botanico di Palermo (1785), ancora oggi tra i principali “orti” del mondo per la ricchezza e la varietà della flora che ospita e studia, la costruzione della reggiaazienda agricola di Carditello (1784, Caserta)13, il popolamento delle isole di Ustica (1760) e di Lampedusa (1768), asilo continuo dei pirati turchi, e del Tavoliere delle Puglie, la costruzione del grande ed imponente complesso della Real Fabbrica tessile di San Leucio (1780-89, Caserta)14, della Real Fabbrica d’armi di Mongiana (1770), fabbrica calabrese che presto diverrà uno dei più importanti e moderni centri siderurgici del Regno, e del grande cantiere navale statale di Castellammare di Stabia (1784), il più grande cantiere navale italiano ed il quarto a livello europeo. Il Tanucci resterà tra i consiglieri più importanti di re Ferdinando fino al 1776, anno in cui, malconsigliato dalla moglie Maria Carolina d’Austria (figlia di Maria Teresa d’Austria e di Francesco Stefano di Lorena, sorella dell’imperatore Giuseppe II, del granduca di Toscana Leopoldo I e della regina di Francia Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI), convinta antifrancese, il Re lo allontanerà dalla corte sostituendolo, poco dopo, con l’ammiraglio inglese John Francis Acton e ponendo quindi il Regno sotto l’ala protettiva britannica. Il deciso antifrancesismo di Maria Carolina sarà forse il principale motivo che porterà il Regno ad impegnarsi nelle guerre antifrancesi del 1793 e del 1798 e a dare il placet alla pesante repressione che l’ammiraglio Horatio Nelson porrà in atto nel 1799 contro i giacobini della “Repubblica partenopea”.
13 Il monumentale complesso sarà edificato con lo scopo di sperimentare ed avviare produzioni agricole d’avanguardia. Nella grande azienda saranno allevate le prime bufale e verranno sperimentate le prime mozzarelle ricavate dal latte di tali bovini. Tutto sarà poi abbandonato con l’unità d’Italia.
14 Il complesso, un insieme di numerosi e grandi edifici destinati sia alla attività lavorativa della seta che alla residenza degli addetti (alcune migliaia) e delle loro famiglie, avrebbe dovuto costituire, secondo le intenzioni “illuministiche” di re Ferdinando IV e dei suoi consiglieri, una sorta di utopistica “città-repubblica” (“Ferdinandopoli”) tesa a perseguire non il profitto ma la felicità dei suoi componenti. Lo stesso Re ne regolamenterà la vita di ogni giorno, dal lavoro negli stabilimenti al tempo libero, scrivendo personalmente lo statuto della “repubblica”.
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1768 Francia-Genova: trattato di Versailles tra la Repubblica di Genova e la Francia con il quale la Corsica, da decenni insofferente al dominio della città ligure, è ceduta al Regno d’oltralpe. La Francia occuperà quindi stabilmente l’isola annientando il locale movimento indipendentista. L’annessione ufficiale sarà sancita in pieno periodo rivoluzionario (30 novembre 1789). 1774 Francia: muore Luigi XV; gli succede il nipote Luigi XVI. Sarà il Re che vivrà la tragedia della Rivoluzione. Nel 1783 (pace di Versailles), grazie all’impegno francese (1780-83) a favore delle colonie inglesi ribelli, riconquisterà parte delle colonie americane perdute nel 1763 a conclusione della Guerra dei Sette anni. 1776 Inghilterra-Colonie americane: dopo un decennio di contrasti tra le 13 colonie inglesi della costa atlantica dell’America settentrionale15 e la madrepatria Inghilterra, mentre da un anno infuria la guerra d’indipendenza, il Congresso delle colonie riunito a Filadelfia approva (4 luglio) la “Dichiarazione d’Indipendenza” delle colonie redatta dal deputato della Virginia Thomas Jefferson futuro presidente del nuovo Stato, per il Partito repubblicano, dal 1800 al 1808. Il conflitto era stato provocato dall’eccesso di tasse che il Parlamento inglese aveva decretato negli ultimi anni espressamente per le colonie16. L’opposizione alle ingiustificate imposizioni aveva suscitato disordini e violenze culminate nel “massacro di Boston” (cinque cittadini americani uccisi dalle truppe inglesi; 1770), nell’affondamento nel porto di Boston del primo carico di tè giunto dall’Inghilterra dopo l’approvazione della legge del 1773 (16 dicembre 1773; v. nota 16), nella conseguente chiusura del porto di Boston decretata da Londra (Boston Port Act, 1774) e in una serie di leggi votate dal Parlamento inglese volte a limitare i poteri degli organismi amministrativi coloniali ed a tutela della giurisdizione inglese sulle stesse colonie (1774). Nell’ottobre del 1774 un “Congresso Continentale” delle colonie riunito a Filadelfia aveva approvato una “Dichiarazione dei diritti e dei reclami” contro il governo inglese e aveva deciso la sospensione del commercio con l’Inghilterra. In un clima di forte tensione, l’anno successivo, mentre il re d’Inghilterra Giorgio III dichiarava “ribelli” i coloni e respingeva ogni ipotesi di conciliazione, le colonie affidavano al generale George Washington, delegato della Virginia, il comando supremo delle truppe rivoluzionarie coloniali. Era iniziata la guerra d’indipendenza. Massachusetts, New Hampshire, Connecticut, Rhode Island, Pennsylvania, New York, New Jersey, Maryland, Delaware, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia. 15
Tra le altre leggi che avevano introdotto gravosi tributi si ricordano lo “Stamp Act” (1765) che imponeva una tassa di bollo su giornali, atti legali, ecc.; le “Leggi Townshend” (1767) che imponevano dazi sul vetro, sul piombo, sui colori per pittori, sul tè e sulla carta importati dalle colonie; la legge sul tè (1773) che affidava alla Compagnia delle Indie Occidentali il monopolio dell’importazione del tè nelle colonie imponendo inoltre un dazio a totale carico delle colonie stesse. 16
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La guerra proseguirà fino al 1783 (con gli indipendentisti, dal febbraio 1778, vi sarà anche la Francia cui si affiancherà, dal giugno 1779, la Spagna) e si concluderà con la “pace di Versailles” (3 settembre 1783) che riconoscerà l’indipendenza delle 13 ex colonie americane: nascono gli Stati Uniti d’America. L’assetto istituzionale del nuovo Stato verrà definito nel 1787 con la Convenzione di Filadelfia: la confederazione diventerà il primo Stato federale della storia con potere sovrano diviso tra governo centrale e Stati membri e la sua Costituzione, approvata il 17 settembre, garantirà per la prima volta i diritti del cittadino, quei diritti così tenacemente propugnati dal pensiero illuminista (nei suoi primi “emendamenti” essa sancirà decisamente, tra l’altro, principi come l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, la libertà di espressione e di stampa, la separazione tra Chiesa e Stato). Nel 1789 (30 aprile), a New York, il primo Congresso federale degli USA eleggerà poi il primo presidente dell’Unione: il 57-enne eroe della guerra d’indipendenza George Washington (resterà presidente fino al 1797; morirà due anni dopo) e nel 1801 il presidente Jefferson (l’autore della “Dichiarazione d’indipendenza”) inaugurerà infine la città capitale, Washington, una città appositamente costruita tra la fine del sec. XVIII e i primi decenni del sec. XIX, ovviamente dedicata all’eroe dell’indipendenza e al primo presidente dello Stato. Nel corso dei decenni successivi gli Stati membri della federazione da 13 diventeranno 50 (molti dei nuovi Stati nasceranno dai territori dell’entroterra che via via saranno sottratti ai locali, i famosi “indiani”) e gli Stati Uniti, forti dell’enormità del territorio e delle ricchezze in esso contenute, della pratica, nelle vicende economiche, del liberismo più spinto insito nei loro principi costitutivi, del determinato proposito dell’assicurazione al popolo delle “benedizioni della libertà”, anch’esso solennemente sancito nella Carta costituzionale, diverranno progressivamente l’emblema e la guida del sistema capitalista mondiale e occidentale, un sistema basato principalmente sul danaro, sull’accumulo dei profitti, sulla tendenza allo sfruttamento di tutto ciò e di tutti coloro che possono essere sfruttabili. Per amore della libertà ma anche, e soprattutto, per non consentire la formazione di possibili imperi concorrenti in Europa interverranno vittoriosi nelle due guerre mondiali del sec. XX e, a partire dal secondo dopoguerra (anni ’40 del sec. XX) si ergeranno addirittura a paladini planetari del “mondo libero” e della “democrazia” pretendendo di dettare legge su gran parte del pianeta, cercando di imporre ovunque possibile il loro modello di società e di economia, intervenendo con pesantezza, in modo palese o occulto, diplomaticamente o militarmente, ovunque ne ravviseranno la necessità. In realtà non sarà tanto il mondo libero che essi intenderanno difendere, e neanche la “democrazia” ma solo il loro sistema politico-economico ed il loro benessere messo in discussione dal progressivo esaurimento delle materie prime e delle fonti energetiche interne oltreché dalla concorrenza di altre economie forti. La necessità, quindi, del controllo dell’economia mondiale (o almeno di quella parte controllabile) e delle aree particolarmente strategiche del pianeta, farà mostrare loro, per decenni, un apparato “imperialista” straordinario. Da qui la continua ingerenza nella vita degli altri paesi, le operazioni più o meno occulte della Cia, i ricatti economici, i colpi di Stato. Da qui i pretesti, le accuse non provate, i falsi dossier, gli ultimatum, gli “Stati canaglia”, le guerre e le terribili pa147
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gine di storia intrise di sangue, di distruzioni, di morte e di sofferenza indicibile di interi popoli, nelle quali gli USA saranno sempre tra i protagonisti. Da qui il Vietnam (sec. XX, 1960-75; oltre 2 milioni di morti), l’Indonesia (sec. XX, anni ’60; quasi 500.000 vittime), il Guatemala (sec. XX, anni ‘50-’80; oltre 200.000 morti tra gli indios), l’Argentina (sec. XX, anni ‘70-’80; oltre 30.000 “desaparecidos”), l’Irak (sec. XX, anni ’90, oltre 2 milioni di morti per embargo). Ed ancora l’Iran (anni ’50), Haiti, El Salvador, Nicaragua, Honduras, Colombia, Ecuador, Perù, Uruguay, Paraguay, Bolivia, Cile, Cambogia, Thailandia, Laos, Corea, Filippine, Malaysia, ecc. Per non ricordare la martoriata Africa, i paesi mediorientali e le guerre degli anni 2000 (Irak e Afghanistan; milioni di morti), mascherate al solito da nobili ideali ma in effetti formidabili strumenti di egemonia e di affari per gli USA e di disperazione e morte per i popoli interessati. 1783 Calabria: il risveglio culturale e sociale che caratterizza, con manifestazioni diverse, la vita dei vari Stati italiani nella seconda metà del sec. XVIII, è presente anche in Calabria, nonostante la regione continui ad essere lontana dagli interessi primari dei governanti napoletani. Già verso la metà del secolo, dopo i primi interventi avviati da Carlo III a favore delle classi popolari più disagiate, le condizioni sociali ed economiche calabre iniziano a migliorare. La produzione serica, ad esempio, quasi azzerata nei secoli precedenti ha una ripresa eccezionale e la ricercata seta calabrese viene esportata in quasi tutti i paesi europei; anche l’agricoltura e la pastorizia, sue attività primarie assieme all’industria della seta, appaiono in netto trend positivo: la Calabria, che conta circa 750.000 abitanti sparsi su oltre 340 feudi con 25 principi, 14 duchi, 18 marchesi e 135 baroni non intende restare indietro. Tutto sembra però annullarsi il 5 febbraio del 1783 allorché la regione è sconvolta da un terremoto terribile e di proporzioni vastissime che spegne quasi completamente le concrete speranze di rinascita. I centri più brutalmente colpiti sono Reggio, Scilla, Bagnara, Palmi, Seminara, Gioia Tauro, Rizziconi, Borrello, Oppido, Terranova, Giffone, Galatro, Cinquefrondi, Rosarno, Polistena, Motta San Giovanni, Pentidattilo, Montebello, Melito, Bagaladi, San Lorenzo, Bova, Brancaleone, Ferruzzano, Samo, Siderno, Gerace, Stilo, Caulonia, Roccella, Nicotera, Mileto, Vibo Valentia, Pizzo Cal., Briatico, Vallelonga, Capistrano, Soriano Cal., Serra S. Bruno, Cortale, Guardavalle, Fabrizia, Castagna, Soverato, Squillace, Catanzaro, Taverna, Zagarise, Cròpani, Belcastro, Petilia Policastro, Cutro, S. Severina, Crotone. Danni minori subiscono Nicastro, Tropea, Grimaldi, Martirano, Amantea, Belmonte, S. Lucido, Paola, Fuscaldo, Cetraro e Diamante. Le scosse telluriche continuano fino al 28 marzo con un bilancio impressionante: interi paesi distrutti, le vie di comunicazione cancellate, il numero dei morti elevatissimo (arriverà ad oltre 50.000 nei resoconti finali, 20.000 dei quali saranno vittima di conseguenze post-terremoto e di epidemie)17. 17
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Il terremoto colpisce anche la Sicilia orientale con danni gravi solo nel messinese.
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Per disporre e coordinare i soccorsi, Ferdinando IV invia in Calabria, conferendogli pieni poteri, il generale napoletano Francesco Pignatelli, principe di Strongoli (il futuro vicario del Regno negli anni 1798-99). Sarà proprio il Pignatelli a indurre sia il Re che papa Pio VI alla istituzione della tristemente famosa “Cassa sacra” (maggio 1784), l’organismo amministrativo ed economico finalizzato al recupero ed alla ricostruzione dell’ingente patrimonio artistico danneggiato, attraverso la rilevazione, la gestione e la vendita di quei beni ecclesiastici (immobili, fondi, rendite, fabbriche conventuali, ecc.) appartenenti alle chiese ed ai conventi irrimediabilmente distrutti. La “Cassa” costituirà però, nell’ambito della grande tragedia, un elemento di ulteriore distruzione. Essa infatti, stravolgendo gli scopi della legge istitutiva, decreterà con estrema superficialità la soppressione di alcune centinaia di conventi plurisecolari, da sempre impegnati nel contesto sociale locale e talvolta recuperabilissimi. Ne conseguirà l’allontanamento dei religiosi, proprio nel momento della maggiore necessità, dai luoghi del loro secolare impegno quotidiano. L’indiscriminata soppressione dei conventi e la vendita incontrollata dei beni ad essi confiscati saranno anche le cause della grande spoliazione del patrimonio artistico e culturale in essi custodito (antichi codici bizantini, preziose icone, arredi diversi, opere dell’arte pittorica, scultorea ed orafa antica, medievale e dei secoli appena trascorsi, prenderanno impunemente la via di Napoli e del napoletano e, talvolta, di Roma) nonché della precoce introduzione nella società calabrese del germe del “latifondo”, germe che più tardi sarà all’origine di grandi tensioni sociali. La nefasta ma “sacra” Cassa cesserà la sua discutibile attività nel 1796. Nonostante il grave sconvolgimento tellurico la Calabria, terra abituata da sempre a convivere con le disastrose situazioni che la natura o gli uomini periodicamente le impongono (terremoti, pestilenze, domini stranieri, guerre, sfruttamenti, spoliazioni, ecc.), vive l’ultimo scorcio del sec. XVIII in condizioni complessivamente non negative. La regione, accanto al consolidamento delle attività siderurgiche della valle dello Stilaro (Stilo, Mongiana, ecc.) vede fortemente progredire la produzione agricola e serica, i commerci e le esportazioni (centri eccellenti sono Reggio, Crotone, Vibo Val., Amantea, Scilla, ecc.). seconda metà sec. XVIII Inghilterra: alla tradizionale economia di tipo agricolo-commerciale comune ai vari paesi europei, da qualche anno si va affiancando un tipo di economia nuova, completamente impensabile nei decenni precedenti, basata sullo sfruttamento più razionale delle risorse naturali e umane. Il “salto” di qualità è reso possibile dall’introduzione nei diversi cicli produttivi dell’industria delle nuove macchine da lavoro appena inventate, macchine mosse da energia idraulica o dall’energia del vapore secondo la tecnica messa a punto dal fisico scozzese James Watt (1769): dal filatoio multiplo di James Hargreaves, alla cardatrice a cilindri di Paul Lewis (1760), al filatoio idraulico di Richard Arkwright (1769), al filatoio intermittente di Samuel Crompton (1779), al telaio meccanico e alla nuova macchina per cardare la lana di Edmund Cartwright (1785), ecc. È la cosiddetta “rivoluzione industriale”, una rivoluzione che sta trasformando tecnicamente ed economicamente l’apparato produt149
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tivo inglese in senso moderno e che presto contagerà anche tutti i paesi europei più attenti, pronti e preparati ad accogliere le innovazioni tecnologiche d’oltre Manica. Nei primi decenni del sec. XIX l’invenzione del trasporto su rotaie darà poi il sigillo definitivo alla nuova epoca industriale. Confinata inizialmente al solo comparto tessile, la rivoluzione tecnologica si estende in breve anche agli altri campi dell’apparato industriale britannico e particolarmente a quello siderurgico (scoperta del carbon “coke” duro da parte dei fratelli Darby, 1753; invenzione dell’alesatore a cilindri e del maglio a vapore – macchina per la forgiatura dei metalli incandescenti – da parte di John Wilkinson, 1775 e 1782; ecc.). E mentre l’industria a carattere familiare decade inesorabilmente, nelle città nascono le grandi fabbriche capaci di concentrare al loro interno masse notevoli di lavoratori salariati in possesso solo della loro forza-lavoro. Persone, molto spesso donne e ragazzini, impegnate fino a 12-16 ore al giorno in ambienti quasi sempre malsani e nocivi e con paghe bassissime. Nasce quindi anche un primo abbozzo di sindacalismo e, nella prima metà del sec. XIX, una prima legislazione sociale tesa a regolare più umanamente il lavoro e ad alleviare le terribili condizioni di vita dei lavoratori. Aspetto decisamente negativo della “rivoluzione industriale” inglese e poi europea sarà negli anni a venire, al di là della schiavitù della “catena di montaggio” e della alienazione della vita di fabbrica, il distacco dei lavoratori dalle loro radici, dal pur faticoso ma libero legame alla terra e all’agricoltura, distacco che si avvertirà profondamente nei ricorrenti periodi di crisi e di conseguente “fermo” delle attività e che porrà il lavoratore e la sua famiglia alla mercé del più banale bisogno. Altri aspetti negativi saranno lo spopolamento delle campagne e delle montagne e l’inurbamento forzato di decine di migliaia di persone nelle città industriali, molto spesso inospitali. Una non trascurabile nota positiva sarà invece l’aumento enorme della produzione a parità di lavoro e la grande diffusione dei beni prodotti che, a prezzi molto contenuti, saranno via via sempre più alla portata anche di grandi fasce della popolazione più povera. fine sec. XVIII Italia: come già accennato in queste pagine la seconda metà del sec. XVIII è per l’intera penisola un periodo di risveglio e di progresso in tutti i settori della vita grazie soprattutto al lungo periodo di pace seguito al trattato di Aquisgrana (1748) e al prudente accoglimento delle idee illuministiche e riformatrici da parte di quasi tutti gli Stati italiani. Restano indietro sui tempi solo Venezia, Genova, Lucca e lo Stato pontificio che, pur promuovendo riforme per certi versi analoghe a quelle degli Stati più illuminati, ottengono però risultati piuttosto deludenti. In Europa uno dei pochi Stati che non riesce ad intraprendere la strada delle riforme è la Francia dei re Luigi XV e XVI che molto presto sarà teatro dei più volte evocati eventi rivoluzionari.
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L’età moderna: dalla Rivoluzione francese al Congresso di Vienna
L’ETÀ MODERNA
(DALLA RIVOLUZIONE FRANCESE AL CONGRESSO DI VIENNA) La Rivoluzione francese - Il generale Bonaparte e la Campagna d’Italia - Le Repubbliche Transpadana, Cispadana e Cisalpina - L’occupazione francese dello Stato pontificio e la deportazione in Francia di papa Pio VI - La Repubblica romana - L’occupazione del Regno sabaudo e il rifugio della Corte in Sardegna - L’annessione del Piemonte alla Francia - Napoleone in Egitto - L’occupazione del Regno di Napoli e il ritiro di Ferdinando IV in Sicilia - La Repubblica partenopea - L’armata sanfedista del cardinale Ruffo e la riconquista borbonica del Regno - La seconda Campagna d’Italia del Bonaparte - Napoleone imperatore (1804) - I “Codici napoleonici” e la sistemazione organica del “Diritto comune” - Il centronord della penisola e il Regno d’Italia napoleonico - La sconfitta francese a Trafalgar - La nuova invasione del Regno di Napoli (febbraio 1806) - Il Regno di Napoli ancora occupato dai francesi - Re Ferdinando IV di nuovo in Sicilia - Giuseppe Bonaparte sul trono napoletano - La grande resistenza popolare nel Regno e in Calabria - Gioacchino Murat re di Napoli - La feroce repressione e le atrocità del generale Manhès in Calabria - Il soqquadro politico e istituzionale napoleonico in Italia e in Europa - La deportazione in Francia di papa Pio VII - I successi europei della “Grande Armata” di Napoleone - La guerra in Russia e la catastrofe della Grande Armata - La costituzione ferdinandea in Sicilia (1812) - La sconfitta di Lipsia e l’esilio di Napoleone nell’isola d’Elba - Il Congresso di Vienna.
1789 Francia: falliti i tentativi di Luigi XV (re dal 1715 al 1774) di mettere ordine nella situazione finanziaria dello Stato francese (messa in grave crisi principalmente dalle guerre coloniali) attraverso una riorganizzazione del sistema tributario coinvolgente in qualche modo anche i ceti godenti ancora di grandi privilegi (nobiltà e clero) e risoltisi deludentemente anche quelli di Luigi XVI, suo debole successore (tentativi, questi ultimi, che, sottovalutando il problema economico e contro ogni ideale illuministico, erano più che altro tesi a ridare potere e prestigio alla aristocrazia ritenuta l’unica àncora di salvezza della monarchia), il Re (sempre Luigi XVI) di fronte all’aggravamento e alla insostenibilità della crisi economica, è costretto alla convocazione degli Stati generali (v. pag. 135) non più riuniti addirittura dal 1614. L’Assemblea si spacca però quasi subito sulla questione della votazione per ordine (sostenuta dalla nobiltà e dal clero) o per testa (sostenuta dal Terzo Stato, più numeroso). Dopo lunghi giorni di trattative, prese di posizione avventate da parte del Re e spinte estremistiche provenienti dal popolo parigino, essa viene tuttavia proclamata, dai 40 rappresentanti del terzo Stato,“Assemblea Nazionale” (17 giugno) e poi, allargata ai deputati consenzienti della nobiltà e del clero, “Assemblea Costituente” (9 luglio) con l’incarico di dare alla Francia una nuova Costituzione. Dopo l’assalto del popolo parigino alla fortezza della Bastiglia (14 luglio), simbolo della repressione statale antiliberale (nella fortezza venivano di norma imprigionati i prigionieri politici), il 26 agosto successivo l’Assemblea vota la famosa “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” ispirata alle dottrine di Montesquieu e di Rousseau (v. pag. 141) sulla divisione dei poteri e sulla sovranità popolare: il potere esecutivo è lasciato al Re ed ai suoi ministri (anche da parte dei rivoluzionari 151
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più accesi è ritenuta infatti inconcepibile, per uno Stato, una forma istituzionale diversa dalla monarchia), quello legislativo ad una Assemblea legislativa eletta dai cittadini, quello giudiziario a giudici anch’essi elettivi. È la fine dell’ “ancien regime” (l’ “antico regime”) e l’inizio della Rivoluzione. La forma definitiva della Costituzione sarà codificata nel corso del biennio 1790-91. 1791 Rivoluzione francese: Luigi XVI, sempre più incerto e malconsigliato (anche la moglie, la regina Maria Antonietta, figlia di Maria Teresa d’Austria, non ha, per sua ulteriore sfortuna, il carattere forte della sorella Maria Carolina, moglie di re Ferdinando IV di Napoli), praticamente senza poteri ed ostaggio del popolo, in un estremo tentativo di resistenza, lascia Parigi (21 giugno) diretto all’estero ove conta di unirsi alla nobiltà fuoriuscita per organizzare la restaurazione. Riconosciuto nel piccolo centro di Varennes, viene riportato a Parigi e sospeso dalle funzioni. Gli eventi francesi suscitano grandi speranze di rinnovamento nell’ala più avanzata del movimento riformista europeo. Sono però anche fonte di apprensione e diffidenza nelle varie Corti del Vecchio Continente che ben presto, per iniziativa spontanea o su pressione austriaca, prendono posizione contro la Francia. Nel corso dell’anno vengono annessi al territorio francese l’antico feudo pontificio di Avignòne (v. pag. 93) e quello, sempre pontificio, del contado Venassino. 1792 Rivoluzione francese: il 20 maggio viene insediata a Parigi la “Convenzione” delegata a riformare la Costituzione del 1790-91, il 13 agosto è arrestato il Re, il 21 settembre il governo rivoluzionario proclama la decadenza dell’istituto monarchico e l’instaurazione di un regime repubblicano sotto la presidenza di Georges Danton, avvocato e deputato all’Assemblea Nazionale. Per bloccare il pericolo dell’esportazione della rivoluzione, si forma attorno alla Francia la cosiddetta “Prima coalizione” antifrancese cui aderiscono Austria, Ungheria, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Stato pontificio, Prussia, Savoia, Toscana, Napoli. Promotrice è l’Inghilterra, ma gli Stati che sostengono i più grandi sforzi militari ed economici sono i due Regni italiani di Sardegna e di Napoli. Per ironia del destino proprio al loro interno si manifesterà molto presto la più forte presenza di gruppi rivoluzionari liberali. 1793 Rivoluzione francese: a Parigi viene sommariamente processato e poi (21 gennaio) ghigliottinato Luigi XVI. Per tenere sotto controllo i contrasti politici tra le stesse fazioni rivoluzionarie (i moderati girondini chiedono una rivoluzione “pulita”; i più estremisti hanno già dato il via invece ai tribunali speciali ed alle esecuzioni indiscriminate anche di rivoluzionari moderati) e per cercare di governare i difficili problemi economici interni, il 27 luglio viene formato il famoso “Comitato di Salute pubblica” a cui viene affidato il compito di vigilare sulla conduzione dello Stato. Il Comitato è dominato dall’intransigente avvocato Maximilien Robespierre, dal 1789 deputato all’Assemblea Nazionale e dal 1790 presidente del più importante 152
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club dei giacobini parigini (i più decisi rivoluzionari) che instaura il cosiddetto “regime del Terrore”. Durante le operazioni militari contro la “Prima coalizione” le truppe rivoluzionarie occupano il Belgio e la Renania ed il ventiquattrenne giovane ufficiale di artiglieria Napoleone Bonaparte (nato in Corsica, ad Ajaccio, nel 1769, appena pochi mesi dopo la cessione dell’isola alla Francia; v. pag. 146) si distingue nell’assedio della città di Tolone occupata dagli inglesi. Il 16 ottobre viene ghigliottinata anche la regina Maria Antonietta. 1794 Rivoluzione francese: la reazione alla politica del “Terrore” instaurata in Francia dalla dittatura di Robespierre (potenziamento dei tribunali rivoluzionari, processi farsa, legge sulla “dimostrazione dell’innocenza”, esecuzioni di massa, annientamento di ogni libertà, ecc.) porta alla controffensiva i rivoluzionari moderati che riescono ad incriminare, arrestare e ghigliottinare Robespierre assieme a numerosi altri capi rivoluzionari (28 luglio). Nel corso dell’anno Napoleone è nominato generale di brigata. 1795 Rivoluzione francese: il nuovo governo rivoluzionario borghese approva la “Costituzione dell’anno III” che abolisce il suffragio universale previsto nel testo originario, sostituendolo con un suffragio ristretto di tipo censuale (legato, quindi, al patrimonio) e affida il potere esecutivo a un organo di cinque membri (i cosiddetti “direttori”). La rivoluzione, avviata da istanze popolari e portata avanti da forze popolari, finisce per consolidarsi su posizioni conservatrici rinnegando le sue premesse democratiche e consentendo l’affermazione incondizionata del potere della borghesia. 1796-98 Italia settentrionale e centrale: il governo rivoluzionario francese affida al generale Bonaparte il comando della “Armata d’Italia” nel quadro della “Campagna d’Italia” predisposta contro la “Prima coalizione”. Napoleone il 15 maggio 1796 costringe i Savoia a cedere alla Francia il territorio di Nizza e la Savoia (pace di Parigi). Penetra poi nella penisola occupando, senza eccessive difficoltà, la Lombardia austriaca costituendovi la “Repubblica Transpadana” (novembre 1796; capitale Milano). Nel gennaio 1797 conquista i territori estensi di Reggio e Modena e quelli pontifici di Ferrara e Bologna costituendoli in “Repubblica Cispadana”. Nel luglio successivo dall’unione delle Repubbliche Transpadana e Cispadana crea la “Repubblica Cisalpina” (capitale ancora Milano)1. Il 17 ottobre cede all’Austria il conquistato Veneto e Venezia ottenendo in cambio il riconoscimento del possesso 1 Sembra che proprio in questo contesto sia da collocare la prima adozione del “vessillo” tricolore bianco, rosso e verde, il vessillo che in seguito diverrà la bandiera nazionale italiana.
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del Belgio e dei territori alla sinistra del Reno conquistati nel 1793 (pace di Campoformio); contemporaneamente annette alla Repubblica Cisalpina i territori veneti alla destra dell’Adige. A differenza di Venezia che dopo secoli di indipendenza e autonomia si ritrova occupata e smembrata tra Francia e Austria, Genova mantiene ancora una relativa indipendenza pur denominandosi ora “Repubblica Ligure”. L’11 febbraio 1798 è la volta dell’occupazione dello Stato pontificio (già costretto alla pace di Tolentino nel febbraio dell’anno precedente) in cui viene costituita la “Repubblica Romana” (15 febbraio). Papa Pio VI viene deportato in Francia e, prigioniero e provato dai patimenti fisici e morali, morirà 82-enne a Valence nel 1799. La salma sarà traslata nella basilica vaticana di S. Pietro nel 1801 quando sul soglio pontificio ci sarà già il successore, Pio VII, eletto il 14 marzo 1800. Sempre nel 1798 (novembre) re Ferdinando IV di Napoli, il solo monarca italiano titolare di un Regno ancora libero, tenta senza successo di liberare lo Stato pontificio. A metà dicembre l’armata napoleonica invade anche il Piemonte e, con il crollo del Regno sabaudo, re Carlo Emanuele IV è costretto a rifugiarsi in Sardegna; nel 1799 il Regno sarà poi annesso alla Francia. Nel teatro mondiale della guerra il governo francese non riuscendo a contrastare efficacemente l’Inghilterra sui campi di battaglia, decreta (1798) il blocco economico dell’Isola per fermare gli aiuti che dal Regno britannico giungono alle potenze continentali controrivoluzionarie. Per colpire inoltre anche i traffici inglesi nel Mediterraneo e quelli via terra verso l’India (effettuati attraverso i paesi mediorientali “amici”) viene decisa anche una spedizione in Egitto che il Direttorio affida ancora a Napoleone (maggio 1798). 1798-99 Francia-Egitto: conquistata Malta, Napoleone sbarca ad Alessandria (inizio luglio 1798) ma è costretto a proseguire la conquista della terra dei Faraoni senza aiuti logistici alle spalle né possibilità di ritirata poiché la flotta francese che aveva trasportato le sue truppe (oltre 35.000 uomini) viene sorpresa e distrutta ad Abukir (rada egiziana presso Alessandria, 1 agosto 1798) dalla flotta inglese dell’ammiraglio Horatio Nelson. Dopo aver marciato verso la Palestina ed aver conquistato ai turchi Gaza e Giaffa, una rovinosa epidemia di peste che decima i suoi soldati fa poi decidere al generale il rientro forzoso in patria (23 agosto 1799) abbandonando il piano di conquista egiziano. I resti dell’Armata francese d’Africa saranno in seguito (1801) riportati in Europa da navi inglesi. Rientrato in Francia da trionfatore (9 ottobre 1799) Napoleone, esattamente un mese dopo (9 novembre 1799), con un colpo di Stato esautora il Direttorio ed affida il potere per 10 anni ad un gruppo di tre “consoli” di cui egli stesso è il “Primo”. Il successivo 13 dicembre con la promulgazione della “Costituzione dell’anno VIII” attribuisce poi tutto il potere al solo “Primo Console” (ovviamente ancora lui) relegando gli altri due al semplice ruolo di “assistenti”. È la dittatura del trentenne generale corso. 154
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1799 Regno di Napoli: durante la permanenza di Napoleone in Egitto, il generale francese Jean Etienne Championnet invade il Regno di Napoli determinando la fuga in Sicilia di re Ferdinando IV (che lascia a Napoli, come vicario del Regno, il principe di Strongoli Francesco Pignatelli). Nella grande capitale meridionale viene proclamata la “Repubblica partenopea” (23 gennaio). Contemporaneamente vengono occupate la Repubblica di Lucca (15 gennaio) e il Granducato di Toscana (marzo). Il sopraggiungere delle truppe russe del generale A.V. Surarov, comandante delle forze unite della “Seconda coalizione” antifrancese costituitasi all’inizio dell’anno (ne fanno parte Austria, Russia, Inghilterra, Regno di Napoli e Turchia oltre ai soliti alleati minori) costringe però alla ritirata i francesi che si rinserrano in Liguria. Restano di conseguenza prive di protezione tutte le repubbliche democratiche che pertanto in breve tempo crollano sotto la reazione delle masse popolari (generalmente ostili al rivoluzionarismo estremo ed in questo caso anche a quello francese che, peraltro, non si dimostra esente da comportamenti di governo e individuali spesso fortemente censurabili) e, specie nel Sud ed in Toscana, delle cosiddette forze “sanfediste”, animate cioè dalla volontà di “difendere la religione e la Santa Fede” messe in grave pericolo dalla presenza dei “senza Dio” francesi. A Napoli la “Repubblica” è abbattuta (22 giugno 1799) dalle truppe del cardinale calabrese di San Lucido (Cosenza) Fabrizio Ruffo, nuovo vicario generale del Regno subentrato al Pignatelli, il quale, dopo aver risalito il Regno dalla Calabria alla testa di un esercito raccolto lungo il percorso, riconquista ai Borbone l’intero territorio del Reame. 1800 Italia settentrionale e centrale: Napoleone avvia una seconda campagna d’Italia. Sconfigge gli austriaci a Marengo (Alessandria, 14 giugno) e fa risorgere la Repubblica Cisalpina ora allargata al veronese, al polesine, al novarese e ad alcuni territori dello Stato pontificio. I territori veneti dell’oltre Adige restano all’Austria. Nel 1802 (26 gennaio) la Repubblica verrà trasformata in “Repubblica italiana” e ne assumerà la presidenza lo stesso Bonaparte. A Genova ed a Lucca rinasceranno le rispettive repubbliche ed in Toscana verrà creato il “Regno di Etruria” affidato a Ludovico I della dinastia ispano-borbonica di Parma. Il Ducato di Parma, l’isola d’Elba e Piombino verranno annesse alla Francia assieme al Piemonte (11 settembre). Il Trentino verrà infine concesso all’alleata Baviera. 1802-1804 Francia: Un plebiscito voluto da Napoleone (2 agosto 1802) trasforma in Francia l’istituto del consolato da decennale a vita e tre giorni dopo (5 agosto) la “Costituzione dell’anno X” conferisce al Bonaparte poteri sovrani compreso il diritto di nomina del successore. Due anni dopo, per decisione del Senato francese, ratificata da un plebiscito popolare, Napoleone viene proclamato imperatore (18 maggio 1804). L’incoronazione solenne avviene nella Cattedrale parigina di Notre Dame il successivo 2 dicembre 155
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alla presenza di papa Pio VII che però non avrà modo di imporre la corona al Bonaparte poiché quest’ultimo, verosimilmente per affermare in modo chiaro che la sua monarchia non ha origine dalla volontà di Dio ma da quella della nazione, se la porrà sulla testa da solo. Nel corso del 1804 (21 marzo) era stato emanato il “Codice civile” napoleonico che assieme al “Codice di procedura civile” (1806), al “Codice di Commercio” (1807), al “Codice penale” (1810) e al “Codice di procedura penale” (1810 c.) costituirà il “corpus” dei famosi “Codici napoleonici”, un’opera fondamentale per la moderna civiltà giuridica europea e mondiale. I vari “Codici” sistemeranno organicamente tutta la tradizione dell’ancora vigente Diritto romano (il cosiddetto “Diritto comune” codificato nei diversi Stati europei in modo sparso e dispersivo), dopo averlo però rivisitato alla luce delle esigenze emerse con la Rivoluzione2. 1805 Italia settentrionale-Europa: Napoleone sconvolge ancora l’assetto territoriale e istituzionale italiano. La “Repubblica italiana” nata nel 1802 viene trasformata in “Regno Italico” (comprendente ora anche gli ex territori veneti austriaci e l’Istria e la Dalmazia) e ovviamente l’Imperatore ne è incoronato re (18 marzo). La Repubblica ligure è annessa alla Francia. La Repubblica di Lucca, trasformata in Principato, viene assegnata a Luisa Bonaparte, sorella di Napoleone. Nel teatro europeo Napoleone combatte contro la “Terza coalizione” antifrancese (Inghilterra, Austria, Russia, Napoli, Svezia), battendo l’Austria ad Ulma (15 ottobre), conquistando quindi Vienna e sconfiggendo l’esercito austro-russo ad Austerlitz (2 dicembre). L’acerrimo nemico dell’imperatore, l’artefice della sconfitta di Abukir e del dominio inglese nel Mediterraneo, l’ammiraglio Nelson, annienta però la flotta francese nella battaglia di Trafalgar (Spagna atlantica, 21 ottobre) assicurando all’Inghilterra il mantenimento del predominio sui mari e sulle vie di comunicazione marittime con l’India. Nel corso della battaglia tuttavia il grande ammiraglio perde la vita. 1806 Napoli-Italia-Europa: Le truppe napoleoniche invadono il Regno di Napoli (inizio febbraio) costringendo re Ferdinando IV a portarsi di nuovo in Sicilia. Nuovo Re è Giuseppe Bonaparte (30 marzo), fratello maggiore di Napoleone.
Il Diritto vigente non solo in Francia ma anche nei vari Stati europei dell’epoca, era ancora basato sulle norme del Diritto romano modificate ed integrate dalla legislazione introdotta dall’imperatore d’Oriente Giustiniano I (sul trono bizantino dal 527 al 565; “Corpus juris civilis Justinianei”, 528534), nonché dalle norme via via aggiunte dalle varie autorità religiose e civili susseguitesi nel tempo (Papato, Impero, Monarchi nazionali, ecc.). L’insieme delle leggi del Diritto romano e di Giustiniano costituirono il “Diritto comune” europeo che regolò praticamente, pur essendo codificato in modo approssimativo, la vita civile dei popoli per moltissimi secoli. Esso vide un mutamento sostanziale solo con l’avvento dell’Impero napoleonico e con i nuovi “Codici” promulgati dall’Imperatore francese. 2
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La resistenza è però molto forte in tutto il Regno. In Calabria in particolare l’esercito francese del 35-enne generale Jean-Louis Ebénézer Rejnier incontra notevoli ostacoli. La regione è teatro di numerosissime battaglie combattute tra le forze occupanti e quelle locali, rinforzate dalle truppe napoletane e inglesi trasportate via mare. Distruzioni, saccheggi e violenze di ogni genere si susseguono per anni: ne è emblematica testimonianza, ancora oggi, la collina di Cirella (Cosenza) con il suo spettrale carico di morte causato dai cannoneggiamenti delle navi francesi. Le città calabre che capitoleranno per ultime saranno Reggio e Scilla (febbraio 1808). Il 2 agosto il Re decreta l’abolizione della feudalità nel Regno e la vendita dei beni feudali e mentre l’istituzione ferdinandea della “Cassa sacra” del 1784 (v. pag. 149) aveva dato l’avvio alla formazione del latifondo calabrese, il nuovo provvedimento, pur necessario, crea ora le condizioni per la nascita del latifondo nell’intero territorio del Regno. E con il latifondo nasceranno anche nuove e gravose problematiche sociali. Nel corso dell’anno Napoleone abolisce il “Regno d’Etruria” e la Toscana, ridivenuta Granducato, viene annessa al Principato di Lucca. Nello scacchiere europeo la bufera napoleonica dissolve ciò che ancora resta del vecchio Sacro Romano Impero lasciando all’Austria la titolarità dei soli domini asburgici diretti (l’imperatore Francesco II d’Asburgo aveva comunque assunto già dal 1804 il più modesto titolo di “Imperatore d’Austria” con il nome di Francesco I), ridimensionando notevolmente la sua funzione egemonica nell’Europa centrale in favore della Francia. Nei confronti dell’Inghilterra e dei suoi traffici marittimi, l’Imperatore francese decreta un nuovo “blocco continentale” (dopo quello del 1798) che in pratica impedisce ogni commercio inglese con la Francia, la Russia, l’Austria, la Prussia e gli altri paesi europei. 1807-1808 Francia: Napoleone tiene testa alla “Quarta coalizione” (Inghilterra, Austria, Prussia, Russia, Sassonia) e si accorda con lo zar Alessandro I sulla spartizione dell’Europa in due grandi sfere d’influenza, una francese e l’altra russa (1807). Con l’accusa di violazione del blocco commerciale antibritannico, nel corso dell’anno le truppe francesi occupano poi il Portogallo. L’anno seguente viene occupata anche la Spagna sul cui trono, dopo la deposizione di Carlo IV di Borbone, l’Imperatore sposta il fratello Giuseppe trasferendolo da Napoli ove nomina Re il valoroso maresciallo di Francia3 e cognato Gioacchino Murat, marito della sorella Carolina. Re Gioacchino, già conosciuto ed apprezzato per l’intraprendenza ed il coraggio dimostrati nelle varie campagne napoleoniche, riscuoterà molte simpatie e sarà anche amato dai napoletani. Egli stesso inoltre si affezionerà sinceramente al suo Regno ed all’Italia al punto da auspicare, precorrendo i tempi, addirittura una utopistica Italia unita sotto il suo scettro. 3 Il grado di “maresciallo”, era (ed è) nell’esercito francese ed in quello di altri paesi dell’Europa centrale, uno dei più alti gradi degli ufficiali generali.
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La Calabria sarà tuttavia la terra che subirà più di altre le sue drastiche decisioni in materia di repressione antigovernativa. Il volgare e crudele generale Carlo Antonio Manhès, da lui inviato per combattere le ultime resistenze antifrancesi rappresentate dalle “bande” della Sila e delle altre zone impervie della regione, commetterà atrocità indescrivibili anche nei confronti di civili innocenti e di bambini (fucilazioni indiscriminate anche per semplici sospetti, decapitazioni immediate dei ribelli, esposizione delle teste lungo le strade, ecc.). Forse proprio il ricordo di queste nefandezze sarà all’origine del comportamento dei cittadini di Pizzo Cal. che nell’ottobre del 1815 non muoveranno un dito per evitare l’arresto e la fucilazione del Murat. 1809 Italia settentrionale-Stato pontificio: sconfitte le forze della “Quinta coalizione” (Inghilterra, Austria, Spagna), Napoleone annette il Trentino (dal 1802 concesso alla Baviera) al Regno d’Italia dal quale stacca però le cosiddette “province illiriche” (Istria e Dalmazia) che passano sotto la sovranità diretta dell’Impero francese. Al Regno italico vengono, nel corso dell’anno, annesse anche le Marche tolte allo Stato pontificio, occupato tra il 1807 ed il 1808 e inglobato (Lazio e Umbria) nell’Impero. In giugno un decreto imperiale dichiara decaduto il potere temporale del papa e Pio VII (che l’anno precedente aveva scomunicato l’Imperatore) viene deportato per tre anni a Savona e quindi in Francia, a Fontainebleau, dove rimarrà prigioniero fino alla caduta dell’Impero napoleonico (1814). Nei giorni della disgrazia napoleonica, quella di Pio VII sarà tuttavia l’unica voce che generosamente si leverà per cercare di ottenere dagli inglesi clemenza per l’Imperatore. Egli inoltre darà asilo a Roma e nei territori pontifici alla madre ed ai fratelli dell’Imperatore. 1809 Impero napoleonico-Italia: l’anno 1809 segna l’apogeo dell’Impero napoleonico che ormai si estende dai Pirenei al Reno avendo inoltre come vassalli i Regni d’Italia, di Napoli (dall’Impero resteranno però sempre fuori la Sicilia e la Sardegna che, sotto protezione inglese, manterranno rispettivamente in vita le dinastie borbonica e sabauda), di Spagna, di Westfalia e la Confederazione di Stati tedeschi del Reno e, come alleate, la Russia, la Danimarca e la Svezia. Rafforzato il suo potere all’interno (1799-1804), creata una nuova nobiltà, promulgati i nuovi Codici, assoggettata l’Europa guidando personalmente il micidiale strumento di guerra costituito dalla “Grande Armata”, Napoleone cerca ora di mettere ordine nella vita sociale ed economica dell’Impero. In Italia ciò avviene, attraverso i vari governi da lui designati, con l’adozione dei nuovi Codici, l’eversione della feudalità, l’istituzione di scuole elementari pubbliche obbligatorie e gratuite in tutti i Comuni e di Scuole magistrali per la formazione degli insegnanti, la ristrutturazione delle Università, l’ammodernamento della burocrazia statale, la riorganizzazione e il decentramento delle realtà amministrative, la promozione dell’industria e del commercio su scala “nazionale”, ora entrambi favoriti dalla grande estensione territoriale delle unità politiche e quindi dei mercati, dalla unificazione delle monete, dei pesi e delle misure, dalle nuove costruzioni stradali e 158
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dal continuo fabbisogno di forniture militari, ecc. In campo religioso viene ricercato anche un riavvicinamento al cattolicesimo pur se esso viene ancora considerato semplicemente un “instrumentum regni”. Come al solito però il grande carico fiscale necessario al mantenimento degli Stati e il tributo umano richiesto dalle continue guerre è scaricato sulle classi popolari più povere. Ciò, unito alla al sempre vivo desiderio popolare del ritorno alla libertà e all’indipendenza ed al grande disagio del popolo cattolico e del clero per la prigionia del Papa, isolerà presto l’Imperatore e il suo entourage politico. Saranno in certo modo accettate solo quelle amministrazioni che, come il governo murattiano di Napoli, mostreranno autentiche tendenze autonomistiche. 1810 Francia: dopo aver divorziato dalla 46-enne moglie Giuseppina (dicembre 1809)4 colpevole di non avergli dato un erede, Napoleone sposa (11 marzo) l’arciduchessa d’Austria Maria Luisa, figlia dell’imperatore d’Austria Francesco I (già Francesco II come imperatore, fino al 1804, del Sacro Romano Impero). Nel 1811 nascerà il tanto atteso erede, lo sfortunato Napoleone II che morirà a soli 21 anni nel 1832, cui darà il titolo di “Re di Roma”. 1812 Impero napoleonico-Russia-Sicilia: contravvenendo all’accordo sulle zone d’influenza firmato con lo zar Alessandro I nel 1807, Napoleone occupa la Pomerania prussiana. All’ultimatum di sgombero di Alessandro I l’Imperatore risponde invadendo la Russia. In settembre occupa Mosca ma il sopraggiungere del tremendo inverno russo lo costringe alla ritirata. Sarà questo uno dei più tragici eventi della storia militare di ogni tempo: dei 700.000 uomini (dei quali solo 300.000 francesi) della Grande Armata ne sopravviveranno solo poche centinaia. Tutti gli altri saranno decimati dal gelo, dalla mancanza di materiale logistico, dalla fame, dalle malattie e dai cosacchi. A Palermo, intanto, come risposta alle riforme napoleoniche in Italia, re Ferdinando IV promulga, non senza perplessità e tentennamenti, e con la decisa contrarietà della Regina, la “Costituzione Siciliana” discussa e approvata nel “Generale Straordinario Parlamento” dell’isola (agosto). È in assoluto la prima Carta Costituzionale concessa in Italia e una delle prime in Europa5, è modellata sulla falsariga di quella britannica ed è ispirata a una “saggia e giudiziosa” libertà e tesa a promuo-
Giuseppina, vedova del visconte Alessandro di Beauharnais che aveva sposato nel 1779 e da cui aveva avuto due figli (Eugenio e Ortensia), si era unita in matrimonio, con il solo rito civile, al Bonaparte il 9 marzo 1796 e con lui e da lui era stata incoronata Imperatrice il 2 dicembre 1804. 4
Nel Continente sono in vigore solo la “Dichiarazione dei Diritti” del popolo inglese (1689) e la “Costituzione” spagnola promulgata a Cadice nel marzo 1812, ancora prima della completa liberazione del Regno iberico dalla presenza francese. La Francia e la Polonia hanno visto decadere le loro Costituzioni del 1791; Negli USA la Carta Costituzionale è in vigore dal 1787. 5
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vere “la felicità e la prosperità della nazione”. La concessione di Ferdinando IV pone il Re delle Due Sicilie ad esempio per tutta l’Italia e lo candida addirittura ad assumere la guida di una eventuale Italia post-napoleonica libera e unita dalle Alpi alla Sicilia. Rimarrà in vigore fino al 1815. 1813 Impero napoleonico-Regno di Napoli: dopo aver sconfitto gli eserciti della “Sesta coalizione” (Inghilterra, Austria, Russia, Prussia, Svezia) a Lutzen e Bautzen, Napoleone viene a sua volta sconfitto a Lipsia (Sassonia, 19 ottobre) e le forze antifrancesi invadono la Francia. Alla battaglia di Lipsia partecipa, con riluttanza, anche il re di Napoli Gioacchino Murat (presente, anche allora in posizione critica, nella campagna di Russia dell’anno precedente) il quale separa le sue responsabilità da quelle dell’Imperatore, che pure ama e rispetta, e tratta con l’Austria e con l’Inghilterra che gli garantiscono la futura conservazione del trono napoletano. Il Murat in questo periodo rafforza profondamente l’idea, da sempre accarezzata ma ancora molto precoce, di porsi alla guida di un movimento indipendentista e unificatorio italiano capace di creare nella penisola un unico Stato posto ovviamente sotto il suo scettro. 1814 Francia: abdicazione di Napoleone (6 aprile) e partenza (20 aprile) per l’esilio sull’isola d’Elba. Sul trono di Francia viene chiamato Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI, essendo il figlio di quest’ultimo (il mai regnante Luigi XVII) morto in prigione a Parigi nel 1795 ad appena 10 anni. A novembre iniziano a Vienna i lavori del Congresso delle potenze vincitrici, incaricato di mettere ordine in una Europa pesantemente sconvolta dall’uragano napoleonico. Al tavolo delle trattative non vengono però ammessi, nonostante le promesse, i rappresentanti del Re di Napoli.
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L’età contemporanea: dalla Restaurazione post-napoleonica alla fine del sec. XIX
L’ETÀ CONTEMPORANEA
(DALLA RESTAURAZIONE POST-NAPOLEONICA ALLA FINE DEL SEC. XIX) Il ritorno di Napoleone in Francia - Gli ultimi 100 giorni - La sconfitta di Waterloo e la definitiva fine del sogno napoleonico - L’esilio dell’Imperatore a S. Elena - Le conclusioni del Congresso di Vienna - La restaurazione degli antichi equilibri europei - Il rientro a Napoli di re Ferdinando IV di Borbone - Da Ferdinando IV re di Napoli a Ferdinando I re delle Due Sicilie - Il rifugio in Corsica di Gioacchino Murat - Lo sbarco in Calabria dell’ex Re e il presunto tentativo di riconquista del Regno - La cattura e la fucilazione nel castello di Pizzo Cal. - Pasquale Galluppi e il risveglio dell’interesse per la filosofia in Italia - I moti napoletani e piemontesi del 1820 e del 1821 - Le concessioni di effimere Costituzioni - Il Romanticismo - Alessandro Manzoni e Giacomo Leopardi - Napoli: l’ascesa al trono di Ferdinando II - Le grandi opere pubbliche e i tanti primati del Regno napoletano - Il primato economico e industriale in Italia - I moti liberali di Modena, Parma e dello Stato pontificio del 1831 - Giuseppe Mazzini e la “Giovane Italia” - Le insurrezioni mazziniane nello Stato piemontese - L’elezione al soglio pontificio di papa Pio IX (1846) e la nuova politica papale - Le caute aperture liberali dello Stato piemontese e della Toscana - Il 1848 e il grande caos rivoluzionario in Italia e in Europa - L’insurrezione siciliana e la Costituzione napoletana - Le Costituzioni piemontese, toscana e pontificia - La Prima guerra d’Indipendenza italiana e l’abdicazione del re sabaudo Carlo Alberto - Vittorio Emanuele II di Savoia nuovo re di Sardegna - Il soffocamento delle rivoluzioni liberali su tutto il territorio europeo - La tacita revoca delle Costituzioni a Napoli, Roma e Firenze - Marx ed Engels e il pensiero socialista - L’affrancamento dal colonialismo europeo degli Stati dell’America centrale e meridionale - L’intensificazione della penetrazione europea in Africa e in Asia - La prosecuzione della politica di sfruttamento dei paesi poveri - Camillo Benso di Cavour alla guida del governo piemontese - La Guerra di Crimea e il Congresso di Parigi - Gli accordi di Plombières tra Cavour e l’imperatore francese Napoleone III - La Seconda guerra d’Indipendenza italiana - La morte di re Ferdinando II di Napoli e la successione del giovane Francesco II - La spedizione garibaldina dei Mille e la conquista del Regno delle Due Sicilie - I plebisciti e l’annessione del Regno al Piemonte - Corruzione cavouriana, massoneria internazionale, forzature elettorali - I prigionieri nei campi di concentramento piemontesi - L’unificazione della penisola sotto il vessillo sabaudo - Vittorio Emanuele II di Savoia da Re di Sardegna a primo Re d’Italia - Il governo della “Destra storica” - Destra e Sinistra - L’estensione all’intero territorio del Regno della legislazione piemontese - La dissennata politica industriale e il crollo dell’apparato produttivo meridionale - Il drenaggio dei capitali dal Sud al Nord - La disgregazione e l’immiserimento dell’ex Regno borbonico - La disperata reazione popolare (il “brigantaggio”) - La spietata repressione piemontese - La guerra civile (1861-70) - La legge Pica e la sospensione delle garanzie costituzionali - Le centinaia di migliaia di vittime - Stati Uniti d’America: la “Guerra di secessione” (1861-65) - La nuova spedizione garibaldina in Italia e il blocco di Garibaldi in Aspromonte (1862) - La Terza guerra d’Indipendenza e l’annessione del Veneto (1866) - Il malgoverno piemontese e la rivolta di Palermo (1866) - L’intervento della flotta sabauda e le oltre 2.000 vittime - La conquista del Lazio e di Roma (1870) - La morte di Vittorio Emanuele II e di Pio IX (1878) - Umberto I successore di Vittorio Emanuele II - La Confederazione di Germania e l’egemonia prussiana - La costituzione dell’Impero tedesco del kaiser Guglielmo I - L’Impero austro-ungarico di Francesco Giuseppe I d’Asburgo - La “Triplice Alleanza” tra i due Imperi centrali europei e il Regno d’Italia - Le guerre contro gli indiani in America - Lo sterminio dei pellirosse - Il positivismo in Europa - Italia: la caduta della “Destra storica” e il governo della “Sinistra” - Il trasformismo politico - L’inquietante politica estera - L’espansionismo coloniale (Etiopia, Eritrea, Somalia) - Le condizioni disperate del Sud - L’emigrazione di massa verso le Americhe e il Nord Europa - La crescita e lo sviluppo delle regioni del Nord - Il grande disagio delle classi popolari italiane del Nord e del Sud - I moti
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Breve storia del Mondo occidentale siciliani del 1893 e i disordini in Puglia ed a Milano del 1898 - L’intervento dell’esercito e le centinaia di vittime - L’assassinio di re Umberto I e la successione di Vittorio Emanuele III - Germania: le teorie di Nietzsche.
1815 Francia: durante lo svolgimento dei lavori del Congresso di Vienna, Napoleone rientra in Francia (1 marzo) sbarcando a Cannes con 1.000 uomini e impadronendosi facilmente del potere, che riesce a tenere però solo per circa 100 giorni poiché il 18 giugno viene sconfitto a Waterloo (Belgio) dalle forze della “Settima coalizione” (Inghilterra, Austria, Russia, Prussia, Spagna, Svezia). L’Imperatore sconfitto si consegna agli inglesi che lo deportano nell’isola di Sant’Elena (colonia britannica dell’Atlantico meridionale) dove, sottoposto a stretta sorveglianza e malato, sembra, allo stomaco, morirà il 5 maggio 1821. Il Murat, schieratosi subito con il cognato e dichiarata guerra all’Austria (15 marzo) era, da parte sua, penetrato in Romagna ed a Rimini aveva emanato un proclama con il quale aveva cercato di indurre gli italiani ad unirsi al suo esercito per rivendicare l’indipendenza, l’unità e la Costituzione. Non avendo ricevuto le risposte che si attendeva aveva portato le sue truppe fino al fiume Pànaro ove però era stato sconfitto (3 maggio) dagli austriaci. Si rifugia quindi in Corsica e qualche mese dopo, nel corso di un estremo tentativo di riconquista di quello che ritiene ancora il “suo” Regno, viene catturato a Pizzo Cal. e lì fucilato dai soldati borbonici (13 ottobre 1815). Con l’esilio del Bonaparte a Sant’Elena ha termine la grande epopea napoleonica che, in poco meno di venti anni ha sconvolto l’intera situazione politica e territoriale europea, cancellando Regni e Dinastie secolari, creando Regni e Dinastie effimeri e rivoluzionando completamente gli equilibri così faticosamente raggiunti nei secoli precedenti. Il Congresso di Vienna (novembre 1814-giugno 1815) cercherà di ristabilire lo status quo ante Napoleone restaurando, fin dove possibile, i vecchi Regni e le vecchie Dinastie. giugno 1815 Congresso di Vienna-Europa: queste le principali decisioni del Congresso per l’Europa: l’Austria perde il Belgio a favore dell’Olanda ma ottiene (in molti casi “riottiene”) il Lombardo Veneto italiano, il Trentino, Trieste, l’Istria, la Dalmazia, le regioni polacche della Galizia e della Bucovina e la presidenza dei 39 Stati tedeschi costituenti la Confederazione germanica; la Prussia riottiene la Pomerania ed in più Danzica, il bacino della Rhur e alcune regioni renane divenendo così lo Stato più potente della Confederazione germanica; la Russia ottiene la Finlandia, gran parte della Polonia e la Bessarabia; l’Inghilterra riesce a farsi assegnare Malta (occupata nel 1800 durante il conflitto egiziano con Napoleone) e il Regno di Hannover e aggiunge al suo impero coloniale Ceylon, la Colonia del Capo (Africa meridionale) e alcune delle isole Antille; la Danimarca perde la Norvegia a favore della Svezia e ottiene in cambio alcuni territori tedeschi; Olanda e Belgio formano il Regno dei Paesi Bassi; la Polonia viene ricostituita in Regno indipendente sotto la reggenza personale dello zar; la Francia torna ai confini del 1792 e perde alcune colonie minori; Spagna e Portogallo infine ritornano anch’esse ai vecchi confini. 162
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giugno 1815 Congresso di Vienna-Italia: queste le decisioni congressuali per l’Italia: la penisola vede confermata la sua divisione; gli Stati sono sette: - Regno delle Due Sicilie, ossia l’ex Regno di Napoli e Sicilia, restituito a Ferdinando IV (ora I) di Borbone; - Stato pontificio, con Benevento ma privo dei territori francesi (l’antico feudo di Avignòne e quello del Contado Venassino annessi alla Francia nel 1791; v. pag. 152), restituito a papa Pio VII; - Regno di Sardegna (Sardegna, Piemonte, Savoia, Nizza) allargato alla Liguria, restituito a Vittorio Emanuele I di Savoia, fratello di Carlo Emanuele IV e re dal 1802 dopo l’abdicazione di quest’ultimo; - Granducato di Toscana, allargato all’Elba ed a Piombino e al Ducato di Lucca (ma solo dopo il passaggio dei Borbone di Parma da Lucca a Parma), restituito agli Asburgo-Lorena; - Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla assegnato all’ex imperatrice francese Maria Luisa d’Austria, moglie di Napoleone dal 1810. Il Ducato è però vincolato al ritorno, dopo la morte di Maria Luisa, ai Borbone di Parma cui in atto viene assegnata Lucca; - Ducato di Modena e Reggio, allargato al Principato di Massa e Carrara, restituito agli Estensi del nuovo ramo Asburgo-Este. Duca è Francesco IV. La nuova dinastia darà al Ducato uno dei governi più assolutistici dell’Italia pre-unitaria; - Regno Lombardo-Veneto, unica nuova creazione, assegnato all’Austria in vicereame. Come già accennato, all’Austria vengono pure assegnati i territori del Trentino e di Trieste e l’Istria e la Dalmazia. Illegittimamente il Congresso cancella gli Stati di Venezia, Genova e Lucca mentre praticamente consegna, direttamente (Lombardo-Veneto, territori di Trento e di Trieste), indirettamente (Toscana, Modena, Parma) o lasciandole esercitare una grande influenza (Stato pontificio, Piemonte, Regno delle Due Sicilie; è opportuno qui ricordare che la moglie del Re delle Due Sicilie, morta proprio nel 1814, era Maria Carolina d’Austria, figlia dell’ex imperatrice Maria Teresa e che il Regno si avvicina sempre più alla politica asburgica), l’intera penisola in mano austriaca. D’altra parte è in gran parte merito dell’Austria se ora è possibile il ripristino postnapoleonico delle antiche Dinastie. In quest’ottica si spiega verosimilmente anche la non restaurazione dello Stato veneziano. Con la volontà, cioè, dei congressisti (ed in particolare proprio dell’Austria) di eliminare dalla scena politica italiana una entità statale forte e potenzialmente pericolosa per gli equilibri della penisola. È interessante notare che il più reazionario degli Stati restaurati sarà il Regno di Sardegna. Vittorio Emanuele infatti non si limiterà ad abolire i Codici napoleonici, ma sarà il solo a ristabilire l’antica legislazione complicata e senza unità, i privilegi fiscali per i ceti più alti e le antiche pene come la fustigazione. Proibirà inoltre i culti non cattolici, abolirà le scuole pubbliche istituite da Napoleone e ridarà il monopolio dell’istruzione in mano alle scuole cattoliche. Reprimerà duramente, infine, i tentativi di indipendenza ripetutamente messi in atto dai genovesi. All’estremo opposto saranno invece due degli Staterelli vassalli dell’Austria, 163
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quello di Parma, che sotto Maria Luisa sarà lo Stato più libero d’Italia, con una legislazione tra le più avanzate dell’epoca e l’istruzione pubblica incoraggiata dal governo, e la Toscana che manterrà buona parte degli ordinamenti francesi. Nel Lombardo-Veneto l’Austria instaurerà al contrario un governo di tipo coloniale imponendo gravami fiscali pesantissimi (le imposte riscosse nel Regno costituiranno circa 1/5 delle rendite totali dell’Impero) e rigidissime strutture amministrative civili (razionali, giuste ed efficienti ma tutte in mano a funzionari austriaci) e militari (in mano ad ungheresi e croati). Il Regno delle Due Sicilie manterrà, a grandi linee, la vecchia politica ferdinandea, moderata, paternalistica, tesa allo sviluppo e al progresso del Regno, ma ora anche sensibilmente reattiva ad ogni sospetto rivoluzionario. 1819 Meridione d’Italia: il filosofo calabrese Pasquale Galluppi (Tropea, 1770-Napoli, 1846), perfetto conoscitore delle lingue greca e latina, profondo studioso del pensiero di Platone e di Aristotele nonché amante della matematica e padre di ben 14 figli, risveglia per primo in Italia l’interesse per la ricerca filosofica affievolitosi e quasi scomparso1 dopo Campanella e Galilei (con la sola eccezione del napoletano anticartesiano Giovan Battista Vico, 1688-1744). Nel corso dell’anno egli inizia infatti a scrivere il primo dei sei volumi del “Saggio filosofico sulla critica della conoscenza”, una imponente opera completata nel 1832 e tesa ad indagare e approfondire il tema della “conoscenza umana” tanto studiato e indagato già dal grande filosofo tedesco Immanuel Kant. Nel trattato il Galluppi suggerisce la via per una nuova filosofia dell’esistenza improntata a conciliare l’empirismo (che trae gli elementi della conoscenza dai dati dell’esperienza) con il razionalismo (che fa rigorosamente discendere ogni elemento del sapere da principi originari connaturali alla ragione). In sostanza afferma, in parte con Kant, che tutto il sapere umano deve trarre fondamento dall’esperienza cioè dalla conoscenza dei fatti; punto di partenza è però la conoscenza del proprio “Io” e la riflessione intellettiva distingue l’ “Io” percepente dall’esterno, dall’ “Io” percepito (analisi), li mette a confronto (sintesi) e dà origine al giudizio (critica) e il giudizio è conoscenza. Nel 1807 Galluppi aveva già scritto il trattato “Dell’analisi e della sintesi” ove aveva esaminato le leggi che regolano il metodo di deduzione cognitivo analitico e quello sintetico. Lo studio era inserito all’interno di una più ampia riflessione sulle vicende della filosofia, limitatamente ai principi della conoscenza umana, da Cartesio a Kant. Nel 1831 il filosofo calabrese verrà nominato titolare della cattedra di filosofia La speculazione filosofica era invece proseguita, nel resto d’Europa meno “controllato” dalla Chiesa di Roma. Tra i tanti nomi: il francese René Descartes (1596-1650), l’olandese Benedetto Spinoza (1632-1677), il tedesco Gottfried von Leibniz (1646-1716), l’inglese John Locke (1632-1704), l’irlandese George Berkeley (1685-1753), l’inglese David Hume (1711-76), il francese Jean Jacques Rousseau (1712-78) e il tedesco Immanuel Kant (1724-1804). 1
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all’Università di Napoli e nel 1838 verrà eletto socio dell’Accademia di Scienze morali e politiche di Parigi. Negli stessi anni scriverà il trattato “La filosofia della volontà” (4 volumi, 1832-40). Morirà a Napoli il 13 dicembre 1846. Anche dopo Galluppi, tuttavia, l’Italia resterà ancora ai margini della filosofia europea pur se molto presto un altro filosofo calabrese, Francesco Fiorentino (Sambiase, 1834-Napoli, 1884), di scuola galluppiana, sarà il primo vero storico della filosofia, in Italia e probabilmente in Europa (tra i suoi scritti: “Il panteismo di Giordano Bruno”, 1861, “Saggio storico sulla filosofia greca”, “Bernardino Telesio”, 1872-74, “Elementi di filosofia ad uso dei Licei”, 1877, “Manuale di storia della filosofia ad uso dei Licei”, 1881). 1820-1821 Regno delle Due Sicilie: all’inizio di luglio a Napoli e Nola scoppiano moti liberali con richiesta della Carta costituzionale. Re Ferdinando I promette la Costituzione il giorno 6 dello stesso mese e la firma solennemente il successivo giorno 13. È la prima Carta costituzionale concessa nella penisola, dopo quella siciliana del 1812 (v. pag. 159). A livello mondiale sono invece in vigore la “Dichiarazione dei Diritti” del popolo inglese (dal 1689) e la Costituzione americana degli USA (dal 1787) mentre altre Costituzioni erano state già concesse in Europa sul finire del sec. XVIII e nei primi anni del sec. XIX (Polonia, 1791, in vigore per circa 1 anno; Francia, 1791, in vigore fino all’avvento napoleonico e poi dal 1815; Svezia, inizio sec. XIX; Spagna, 1812, in vigore per circa 2 anni e poi dal 1833; Sicilia, 1812, concessa da re Ferdinando IV e lasciata decadere nel 1815 con la proclamazione del Regno delle Due Sicilie; Paesi Bassi, 1815; Belgio, 1831). Nel 1821 analoghi moti con analoga richiesta scoppiano anche in Piemonte (Torino, Vercelli ed Alessandria; marzo) con conseguente abdicazione di re Vittorio Emanuele I (re inetto e amante della vita “parruccona” pre-napoleonica) in favore del fratello Carlo Felice e concessione della Costituzione (13 marzo) da parte del principe Carlo Alberto (il futuro re nel 1831), reggente per conto dell’assente re Carlo. Carlo Felice revoca però subito la Costituzione albertina restaurando un deciso assolutismo che si protrarrà per l’intero decennio del suo regno. Nel corso dello stesso mese un intervento militare austriaco anti-Costituzione napoletana è disperatamente contrastato dalle truppe del generale borbonico di idee murattiane Guglielmo Pepe (calabrese di Squillace). Il Pepe viene sconfitto a Rieti (7 marzo) e con lui la Costituzione napoletana che viene revocata. 1820-30 Italia: la penisola vive il periodo maturo del cosiddetto “Romanticismo”2. L’uomo di pensiero, il letterato, l’artista è ormai permeato di ideali indefiniti e imprecisi che lo portano inevitabilmente verso una indagine difficile e, a volte, angosciante, Il termine “romantico” era già stato usato, in senso negativo, nel sec. XVII per indicare i contenuti “svenevoli” degli antichi romanzi amorosi. Ora, ovviamente, assume un significato nettamente diverso. 2
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della sua interiorità, del suo sentire emozionale e sentimentale, della sua spiritualità, delle sue passioni, delle sue insicurezze, delle sue ansie, del mistero dell’infinito che lo avvolge, del delicato rapporto con la natura. E mentre la pittura inizia a superare, attraverso la drammaticità e l’emozione del rappresentato e la dissolvenza della forma e del colore, i limiti molto stretti dello spazio chiuso, in letteratura sentimenti, emozioni ed interiorità vengono magistralmente indagati e rappresentati in opere straordinarie. Massimi esponenti romantici italiani sono Alessandro Manzoni (Milano, 17851873), autore del più importante romanzo della letteratura italiana (“I promessi sposi”, pubblicato in prima edizione nel 1827), e Giacomo Leopardi (Recanati, Macerata, 1798-Napoli, 1837), poeta che tanta influenza eserciterà nell’ambito della letteratura dell’intera penisola ed in particolare di quella di Napoli e dell’Italia meridionale. 1830 Italia-Regno delle Due Sicilie: muore Francesco I di Borbone, figlio di Ferdinando I e succeduto al padre nel 1825. Gli succede il figlio Ferdinando II, giovane 20-enne dotato di intelligenza viva ed acuta ma, in virtù degli avvenimenti degli anni appena trascorsi, convinto avversario delle idee liberali e del modello borghese di economia libera. Sarà l’ultimo grande Monarca del Regno. La sua politica economica, svincolata da ogni ingerenza straniera e fondamentalmente basata sull’utilizzazione e sulla protezione delle risorse interne del Reame, darà un impulso notevole allo sviluppo delle attività industriali e del commercio: nel volgere di pochi anni nel Regno borbonico prenderà corpo l’apparato industriale più importante della penisola. Grandi fabbriche metallurgiche sorgeranno a Napoli (Opificio Reale di Pietrarsa per la costruzione di locomotive a vapore, la più importante industria siderurgica italiana dell’epoca, 1840 - 800 operi circa; Real Nuova Fonderia del Castel Nuovo, 1834 - 2.000 operai circa); a Mongiana verrà ampliato l’opificio voluto da Ferdinando IV (1000 addetti circa); nella vicina Ferdinandea e ad Atina (Frosinone) saranno attivate fonderie statali. Il tutto in aggiunta alle grandi e piccole fabbriche da tempo in attività in varie altre località del Regno ed avviate dai predecessori di Ferdinando II. Molto diffuse saranno inoltre, come sempre, le industrie della seta, della lana, della carta, alimentari, tipografiche, ecc. La flotta mercantile napoletana diverrà presto una delle più importanti (la quarta) d’Europa. Negli ultimi anni pre-unitari essa sarà forte di oltre 12.000 navi, a fronte delle sole 8.000 di tutti gli altri Stati italiani messi insieme; nello stesso periodo piccoli e grandi cantieri navali saranno attivi anche nei più modesti centri costieri del Regno. D’altra parte napoletano è il primo piroscafo di linea a vapore italiano (il “Ferdinando I”) che già dal 1818 naviga nelle acque del Mediterraneo. Questa innegabile vitalità dei commerci rappresenta un incontestabile indicatore sociale che, andando al di là del semplice fatto commerciale, pone in luce la grande attività produttiva regnicola degli anni ’40-’50 del secolo e la conseguente situazione di diffusa dignità (seppur minima) del tenore di vita popolare, una situazione peraltro non comune nei vari Stati dell’Italia del tempo. In un’Italia generalmente molto povera, solo il Regno meridionale avrà un siste166
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ma industriale ben avviato ed una esportazione molto promettente. Nel 1856 questo primato verrà riconosciuto anche dalla Conferenza Internazionale sullo Sviluppo Industriale riunita a Parigi che assegnerà al Regno delle Due Sicilie, nella classifica dei paesi più industrializzati, il primo posto tra gli Stati italiani ed il terzo posto tra quelli europei dopo l’Inghilterra e la Francia. Il grande exploit industriale sarà ovviamente accompagnato dal risanamento delle finanze statali (pareggio dei bilanci, azzeramento del debito pubblico; alla morte del Re, nel 1859, nel solo Regno delle Due Sicilie circolerà più del doppio della valuta di tutti gli altri Stati italiani messi insieme) e dall’impegno reale nella realizzazione delle grandi opere pubbliche3. Ferdinando II non sarà tuttavia abbastanza deciso nel contrapporre al modello di sviluppo borghese il suo modello “statale” e, quasi senza rendersene conto, tollererà il rafforzamento del potere economico della borghesia (già favorita dall’eversione napoleonica della feudalità che aveva dato il via alla nascita del latifondismo; v. pag. 157) e con esso, allineando sotto questo aspetto il Regno a quasi tutti gli altri Stati italiani ed europei, il conseguente non sostanziale e generalizzato miglioramento delle condizioni delle classe popolari più disagiate. A rendere più critica tale situazione contribuirà anche la non sufficiente attenzione che Re e ministri dedicheranno all’agricoltura. L’apparato agricolo meridionale, che, per le sue enormi potenzialità, avrebbe dovuto essere il traino naturale dell’economia del Regno e l’attività primaria di sostentamento della grande maggioranza della popolazione continuerà, purtroppo, a non ricevere in modo adeguato le cure dello Stato4. Rimanendo ancorato al grande e al piccolo latifondo esso vivrà, salvo poche eccezioni, un ruolo inerte e quasi parassitario. Borghesi arricchiti ed ex feudatari terranno infatti per decenni in abbandono le strutture agricole e in condizioni di grande disagio la classe contadina. Il territorio meridionale sarà interessato 3 Costruzione del ponte sospeso sul fiume Garigliano, 1832, il primo ponte sospeso in ferro costruito in Italia; bonifica delle paludi di Manfredonia, 1832, e di numerose altre aree paludose del Regno; costruzione di monumentali orfanotrofi a Foggia, Lucera, Taranto, Bitonto, ecc.; costruzione dei porti di Ischia e di Molfetta ed avvio della ricostruzione dei porti di Brindisi e di Bari; costruzione di oltre 3.000 miglia di strade in tutto il territorio del Regno; costruzione della ferrovia Napoli-Portici, prima linea ferroviaria italiana inaugurata nel 1839, appena nove anni dopo l’entrata in servizio della prima linea ferroviaria passeggeri del mondo, la Liverpool-Manchester (la linea ferroviaria è realizzata anche con l’acciaio prodotto nello stabilimento calabrese di Mongiana); costruzione delle ferrovie NapoliCaserta, 1843 e Napoli-Nocera, 1844; ampliamento del cantiere navale di Castellammare di Stabia; ampliamento dell’arsenale marittimo di Napoli, 1852, in cui viene costruito un grande bacino di carenaggio in muratura, probabilmente il primo costruito in Italia; ecc.
Con onestà politica sconosciuta agli altri monarchi del tempo, ed anche ai governanti di oggi, sarà lo stesso re Ferdinando II ad ammettere pubblicamente, nel 1848, lo scarso incoraggiamento dello Stato nei confronti dell’agricoltura. Nel prologo del Decreto del 15 novembre 1848 con il quale verrà istituita a Napoli la “Scuola di agricoltura” si legge testualmente: “Considerando alla prosperità nazionale essere sovra ogni altro importante il progresso dell’agricoltura, e il non avere questa pure avuto tra noi tutti gli incoraggiamenti meritevoli; tenuto presente che... abbiamo risoluto di decretare e decretiamo...” (v. “Collezione delle Leggi e de’ Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie. Anno 1848” - Stamperia Reale Napoli 1848, parte seconda, pag. 153). 4
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da una pseudo-riforma agraria, peraltro male attuata e contrastata al solito dai grandi proprietari terrieri locali, solo nell’Italia repubblicana del 1950. Nel campo del rinnovamento sociale il nuovo Re d’altra parte, pur dotato di grandi capacità e di buone intenzioni, non riuscirà a svincolarsi dal cliché della politica prudente, paternalistica e, tutto sommato, piuttosto conservatrice della propria famiglia, ora resa più vigile e sospettosa dai fermenti rivoluzionari che imperversano in Italia e in Europa. Sarà questo, probabilmente, il grande errore che gli impedirà di fare del Regno napoletano il riferimento sicuro nelle vicende risorgimentali che molto presto interesseranno l’intero territorio della penisola5 e che avranno invece come protagonista lo Stato piemontese, certamente non più liberale dello Stato ferdinandeo, con condizioni di vita delle classi popolari pressoché simili, privo di ideali autentici ma animato dal sempre presente desiderio espansionistico sabaudo e guidato da menti senza dubbio più astute e ciniche. 1831-1844 Italia: scoppiano moti liberali a Modena, Parma ed in Romagna, Umbria e Marche (1831) ma vengono subito stroncati dall’intervento austriaco. L’ideologo Giuseppe Mazzini (Genova, 1805-Pisa, 1872), in esilio a Marsiglia, fonda (luglio 1831) nella città francese la società, solo inizialmente segreta, “Giovane Italia” con il fine dell’unità nazionale, dello Stato repubblicano e del rinnovamento delle istituzioni statali in senso democratico6. Non ha tuttavia l’appoggio neanche degli Stati italiani più aperti e cerca quindi di propagandare le sue idee attraverso l’organizzazione di complotti, insurrezioni popolari e spesso tragiche spedizioni rivoluzionarie (1833, Genova e varie località dello Stato piemontese; 1834, Savoia; 1843, Romagna; 1844, Cosenza7; 1845, Rimini).
5 Re Ferdinando II viene da più parti pressantemente invitato a prendere le redini del processo risorgimentale italiano già all’indomani della sua salita al trono e particolarmente nel corso delle vicende insurrezionali del 1831. Lo stesso Monarca ricorderà, sul letto di morte, tale pressante invito ed il conseguente rifiuto: “Mi è stata offerta la corona d’Italia ma non ho voluto accettarla: se l’avessi accettata ora soffrirei il rimorso di avere leso i diritti dei Sovrani, e specialmente i diritti del Sommo Pontefice. Signore, Vi ringrazio di avermi illuminato...”. Gli inviti ad assumere la corona d’Italia verranno ripetuti al Re delle Due Sicilie anche dopo la concessione della Costituzione napoletana del gennaio 1848. E sarà verosimilmente proprio durante questi ultimi avvenimenti che il maestro Giuseppe Verdi, già conosciuto ed apprezzato autore del “Nabucco” (1842), “I Lombardi alla prima crociata” (1843), “Ernani” (1844), “Machbeth” e “I Masnadieri” (1847), musicherà l’inno da lui intitolato “La patria - Inno nazionale a Re Ferdinando II di Borbone”, su testo del locale Michele Cucciniello, il cui spartito è stato recentemente scoperto dal maestro Roberto De Simone negli archivi del conservatorio napoletano “S. Pietro a Maiella”. 6
Proprio queste sue idee gli avevano procurato l’esilio dallo Stato piemontese (febbraio 1831).
I moti calabresi di Cosenza (15 marzo 1844) vengono repressi con la fucilazione dei congiurati. Pochi mesi dopo nelle vicinanze della città vengono fucilati (Vallone del Rovito, 25 luglio) anche i fratelli veneziani Attilio ed Emilio Bandiera, ufficiali disertori della Marina asburgica e ferventi patrioti mazziniani, sbarcati in Calabria (Crotone, 16 giugno) da Corfù per portare il loro aiuto ai “ribelli” locali e catturati dalla guardia civile borbonica presso l’abitato di S. Giovanni in Fiore. 7
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Allorché l’iniziativa risorgimentale perverrà nelle mani del Conte di Cavour, abile e diplomaticamente spregiudicato primo ministro piemontese, ed anche molti dei suoi ex amici lo abbandoneranno per passare nelle file dei moderati, Mazzini vedrà fallire i suoi ideali politici e nel 1860 abbandonerà la politica attiva. Nel 1870 sarà protagonista di un estremo tentativo (anche stavolta infruttuoso) di soluzione della questione romana in direzione repubblicana ma verrà arrestato e rinchiuso nel carcere di Gaeta. Amnistiato ma bandito dal nuovo Regno d’Italia si stabilirà sotto falso nome (dottor Brown) a Pisa ove morirà due anni dopo. 1846 Stato pontificio-Italia: sale al soglio di Pietro papa Pio IX (17 giugno). Il Pontefice, modificando completamente la politica del suo predecessore Gregorio XVI (morto il precedente 1 giugno), avvia nello Stato della Chiesa una serie di riforme audacemente innovative per l’epoca: concessione dell’amnistia ai condannati ed agli esuli politici; concessione di introdurre linee ferroviarie nel territorio dello Stato e di realizzare l’illuminazione stradale a Roma; istituzione della Consulta di Stato, una assemblea consultiva (ma ancora non deliberativa) di cittadini finalizzata ai problemi dell’Amministrazione dello Stato; concessione di una molto limitata libertà di stampa; istituzione della Guardia Civica, corpo militare formato da cittadini con il compito della difesa dell’ordine pubblico, in sostituzione dei vecchi corpi di polizia che negli anni precedenti avevano duramente represso le istanze popolari. La nuova politica papale sembra dare buoni segnali ai rivoluzionari liberali italiani suscitando subito grandi speranze. Di effetto patriotticamente esaltante sarà poi una sua allocuzione (basilica di S. Pietro, 10 febbraio 1848), conclusa con la memorabile invocazione “Benedite Gran Dio l’Italia!”8. Nel corso dell’anno Carlo Alberto di Savoia, monarca fortemente convinto del carattere “assoluto” del potere regio (ossia della inammissibilità per il Re di rispondere dei propri atti di fronte a qualunque norma o principio) ma non dispotico né retrogrado ed anzi “paternalisticamente” attento al bene dei sudditi, promuove, costretto dagli avvenimenti rivoluzionari, le prime caute riforme nel Regno sabaudo, cercando di assecondare le richieste dei liberali moderati (lieve apertura al liberalismo nella politica economica con marginali sganciamenti, cioè, di alcune attività economiche – quale ad esempio l’esportazione della seta grezza – dal controllo e dalla direzione dello Stato; piccole modifiche in materia doganale e nell’Amministrazione statale; riforma, in senso liberale, di alcuni articoli del Codice civile e di quello penale; incremento dell’istruzione pubblica; sviluppo delle linee ferroviarie, ecc.). È però fortemente contrario al regime costituzionale in Europa vigente con efficacia solo in Inghilterra, Belgio, Olanda e Svezia (v. pag. 165). 8 Questa la parte conclusiva dell’allocuzione papale: “Gran dono del cielo è questo tra tanti doni con cui ha prediletto l’Italia: che da tre milioni appena di sudditi nostri abbiamo duecento milioni di fratelli di ogni nazione e di ogni lingua. Questa fu in ben altri tempi, e nello scompiglio di tutto il mondo romano, la caduta di Roma. Per questo non fu mai intera la rovina dell’Italia. Questa sarà sempre la sua tutela, finché nel suo centro starà questa apostolica Sede. Oh, perciò, benedite, Gran Dio, l’Italia, e conservatele sempre questo dono di tutti, preziosissimo, la fede!” (dalla loggia di S. Pietro, 10 febbraio 1848).
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Anche la Toscana concede prudenti riforme. L’anno seguente, a dispetto dell’Austria che non vede con favore qualsiasi avvicinamento tra gli Stati italiani, Piemonte e Toscana si accorderanno poi con papa Pio IX in materia doganale. Sembrano venire a precoce maturazione le teorie del filosofo, sacerdote e uomo politico torinese Vincenzo Gioberti9 di una federazione tra gli Stati peninsulari, opportunamente rinnovati e riuniti, ciascuno con la propria dinastia, sotto la presidenza del Papa. 1847 Italia: le eccezionali riforme pontificie infiammano l’animo dei liberali di tutta la penisola e provocano entusiastiche simpatie per il Pontefice. Come contraccolpo però creano pericolose agitazioni in particolare nel Regno sabaudo ove viene richiesta addirittura la concessione della Carta costituzionale. Carlo Alberto concede altre modeste riforme ed allenta la censura sulla stampa. Nel contempo papa Pio IX, probabilmente influenzato dai gesuiti, si sposta verso idee più moderate disorientando le speranze dei liberali che ora vengono dirottate verso il Re di Sardegna. Nel corso dell’anno moti insurrezionali facilmente repressi si verificano nell’estremo sud della penisola: a Messina, Reggio Cal., Gerace e Palmi (agosto-settembre). 1848 Italia-Europa: è l’anno del gran caos rivoluzionario in Italia e in Europa. Moti insurrezionali particolarmente gravi avvengono a Palermo (12 gennaio) ed, in seguito alla durissima reazione di re Ferdinando II, si estendono rapidamente a tutta l’isola ripercuotendosi anche nel napoletano. Il Re, dopo aver tentato di chiedere l’aiuto armato dell’Austria reso però impossibile dal rifiuto del Papa, appoggiato da Carlo Alberto, a far transitare sul territorio pontificio le truppe austriache, si vede costretto a concedere la richiesta Costituzione (29 gennaio). La Sicilia resterà comunque in mano ai rivoltosi per ben 15 mesi e ritornerà sotto sovranità borbonica soltanto il 15 maggio 1849. Alla notizia della concessione della Costituzione napoletana, in Piemonte la situazione precipita. Carlo Alberto afferma che “il Re di Napoli non poteva compiere un atto più fatale alla tranquillità dell’Italia” aggiungendo che per lui la Costituzione 9 Vincenzo Gioberti (Torino, 1801-Parigi, 1852) è filosofo e sacerdote (1825) di idee liberali mazziniane. Dal 1833 fu esule a Parigi ed a Bruxelles per aver avuto rapporti con la “Giovane Italia” e nel 1843, venute meno la solidarietà con Mazzini e la fiducia nel metodo rivoluzionario, scrisse a Bruxelles il trattato “Del primato morale e civile degli italiani” nel quale propugnava per la penisola una federazione di Stati presieduta dal Papa. Sosteneva inoltre la estrema nocività delle rivoluzioni e delle sommosse popolari poiché “ciò che il popolo crea non dura a lungo e apre la porta a nuovi disordini”. Già dal 1848, tuttavia, muterà ancora il suo pensiero che chiarirà nel 1851 (trattato “Del rinnovamento civile d’Italia”) sostenendo, con un totale capovolgimento di posizioni, che “l’unica forza democratica è quella del popolo” e che per l’Italia, abbandonato il programma federalista, era auspicabile una progressiva unificazione sotto le insegne sabaude. È opportuno però ricordare che rispetto al 1843 la sua situazione personale sarà molto diversa: rientrato in Italia nel 1845, il filosofo diverrà prima (agosto 1848) ministro del governo piemontese e poi (fine 1848) addirittura Capo del governo!
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è “una grande sventura”. Tuttavia, costretto dagli eventi e per evitare il crollo della monarchia, la accetta come il minore dei mali e, dopo aver fatto pubblicare il proclama di concessione (8 febbraio) firma solennemente il successivo 4 marzo la “Legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia” (Statuto albertino). Nel corso dello stesso mese concedono la Costituzione anche il Granducato di Toscana e papa Pio IX (14 marzo). Tra i grandi Stati soltanto il Lombardo-Veneto austriaco respinge ogni richiesta di riforme. Dal mese di agosto il Re di Sardegna ha tra i suoi ministri, e alla fine dell’anno addirittura presidente del Consiglio dei ministri, proprio il filosofo, ex esule ed ex federalista Vincenzo Gioberti, che ora sostiene però l’unificazione dei vari Stati italiani attorno alla bandiera sabauda. Nei mesi di febbraio e marzo moti insurrezionali scoppiano anche a Parigi (21 febbraio) con ripercussioni a Vienna (13 marzo), Budapest (15 marzo) e Berlino (19 marzo). Ne approfittano i veneziani e i milanesi che insorgono (rispettivamente il 17 e il 18 marzo) e in cinque giorni (le famose “Cinque giornate” di Milano) cacciano gli austriaci da entrambi i capoluoghi del Lombardo-Veneto. A Milano la guarnigione austriaca in fuga è comandata dall’anziano feldmaresciallo Johan Joseph Franz Karl Radetzky, dal 1831 comandante in capo dell’esercito asburgico stanziato nel Lombardo-Veneto. Contemporaneamente il Piemonte, messe a tacere, con la concessione della Costituzione, le ribellioni interne e sollecitato dalle sempre vivissime ambizioni espansionistiche della dinastia sabauda, si pone alla guida dei movimenti “patriottici” e scende in guerra (23 marzo) contro l’Austria accanto agli insorti locali mentre anche i governi di Firenze, Roma e Napoli, forzati dall’opinione pubblica, decidono la guerra anti-austriaca. I Ducati di Parma e Modena votano l’annessione al Piemonte, seguiti da Venezia e dalla Lombardia (29 maggio). È la Prima guerra d’Indipendenza italiana. L’inizio della guerra è però negativo (anche per il precoce disimpegno, tra la fine di aprile e la fine del successivo mese di maggio, di papa Pio IX e di re Ferdinando II di Napoli) e l’esercito piemontese viene battuto dal Radetzky a Custoza (Verona, 27 luglio) ed a Milano (9 agosto) consentendo all’Austria di riprende il controllo del Lombardo-Veneto. A Napoli intanto (1848 inoltrato), rinviando continuamente il perfezionamento degli atti dovuti, re Ferdinando, senza clamori e senza traumi, fa discretamente decadere la Costituzione concessa in gennaio. La stessa cosa avverrà, nei primi mesi del 1849, per le Costituzioni toscana e pontificia. 1849 Italia: riprende, con uguale sfortuna, la guerra contro l’Austria e Carlo Alberto, sconfitto a Novara (23 marzo), sempre dal Radetzky, è costretto ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II il quale firma (26 marzo) l’armistizio di Vignale controfirmato, per la parte austriaca, ancora dal maresciallo “plenipotenziario” Radetzky. L’armistizio prevede per il Regno sabaudo condizioni di resa accettabili: il territorio del Regno resta integro e rimane in vigore lo Statuto albertino. Ciò farà del Piemonte l’unico Stato costituzionale italiano del post 1848. 171
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Dopo la sconfitta novarese di Carlo Alberto la resistenza dei liberali italiani diviene infatti sempre più insostenibile di fronte all’intervento delle potenze cattoliche e conservatrici europee che si abbatte sul resto della penisola: Brescia crolla dopo le eroiche e disperate “10 giornate” (23 marzo-1 aprile) di resistenza alle truppe austriache del generale Haynau; le “Repubbliche” di napoleonica memoria proclamate nel corso del 1848 e del 1849 a Venezia, Firenze e Roma sono abbattute dalle forze austriache (Venezia e Firenze, maggio) e francesi (Roma, luglio; e sia a Roma che in Toscana le Costituzioni del 1848 divengono solo lontani ricordi); in Sicilia re Ferdinando II riprende il controllo della situazione (maggio 1849) dopo oltre 15 mesi di governo rivoluzionario dell’anziano patriota locale Ruggero Settimo. Anche nel teatro europeo vengono stroncate le rivolte liberali di Ungheria e degli Stati tedeschi seguite alle repressioni del 1848 di Vienna, Parigi e Berlino. Il 1849 segna la sconfitta generale della “primavera dei popoli” in tutta l’Europa. Alla fine di agosto la rivoluzione che per oltre un anno ha infiammato l’intero territorio europeo è definitivamente soffocata. metà sec. XIX Regno delle Due Sicilie: Napoli, capitale del Regno borbonico, è la città più industrializzata d’Italia. Questo non è però l’unico primato della grande città partenopea e del Regno. Essa è infatti anche la città più popolosa della penisola (ha oltre 400.000 abitanti a fronte dei circa 200.000 di Roma, Milano, Torino e Palermo), la città italiana in cui si stampa il maggior numero di libri (nel 1855 esso è addirittura superiore a quello di tutto il resto d’Italia messo insieme), la città italiana con il più alto numero di teatri attivi (sempre nel 1855 se ne contano circa 20, un numero superiore a quello di tutti i teatri attivi nell’intero resto d’Italia), la città italiana con il più alto numero di Conservatori funzionanti (ben 5). Ed ancora: è la città italiana che per prima ha avuto l’illuminazione stradale notturna (realizzata, ovviamente a gas, nei primi anni napoleonici e completata nel 1840), che ha impiantato la prima fabbrica italiana di locomotive (stabilimento di Pietrarsa, 1840), che ha realizzato la prima linea ferroviaria italiana (la NapoliPortici, 1839), che ha costruito la prima grande struttura teatrale italiana (il teatro “San Carlo”, 1737; il teatro milanese “Alla Scala” venne costruito solo nel 1778), che ha istituito il primo cimitero italiano (1762), che ha costruito il più grande ospizio-ricovero italiano per persone indigenti (il monumentale “Grande Albergo dei Poveri” di via Foria con oltre 8.000 posti disponibili; inizio costruzione 1751), che ha progettato e realizzato il primo piano urbanistico-paesaggistico italiano (1765-70; il piano per la costruzione del corso Maria Teresa, oggi corso Vittorio Emanuele), che ha istituito, in Italia, la prima cattedra universitaria di “Economia politica” (1755), che ha stampato la prima e corretta carta nautica italiana del Mediterraneo (sec. XVIII, anni ’80), che ha emanato il primo codice di navigazione marittimo (sec. XIX, anni ’30), che ha costruito la prima nave di linea a vapore in rotta nel Mediterraneo (la già citata “Ferdinando I”, 1818). Anche il Regno è detentore di primati assolutamente invidiabili: è lo Stato italiano più grande e popoloso (alla vigilia dell’unificazione avrà circa 9.200.000 abitanti a fronte dei circa 12,8 milioni dell’insieme di tutti gli altri Stati peninsulari 172
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che saranno annessi al Piemonte nel 1860), lo Stato italiano con più elevata circolazione monetaria (nel 1859 circoleranno circa 443 milioni di lire a fronte dei 225 milioni circolanti nell’intero resto d’Italia), lo Stato italiano più industrializzato, lo Stato italiano con la più imponente flotta mercantile, lo Stato italiano che ha il più grande cantiere navale della penisola (il cantiere di Castellammare di Stabia, costruito nel 1784 ed in seguito più volte ampliato). È lo Stato italiano che ha costruito il primo ponte italiano sospeso in ferro (il ponte sul Garigliano, 1828-32), che ha la più grande reggia italiana (Reggia di Caserta, 1751-74), che ha uno dei giardini “di studio” tra i più importanti del mondo (orto botanico di Palermo, 1785-95), che ha istituito il primo “parco naturalistico” italiano (parco dell’area di Carditello, 1826), che ha avviato, inizialmente solo per alcune categorie di lavoratori, il primo sistema pensionistico italiano (sec. XIX, anni ’30), che più si impegna nella bonifica delle aree paludose e malariche (già nel 1833 il Regno aveva ridotto all’8,16% le terre paludose dello Stato, facendo meglio degli altri Stati italiani e della stessa avanzata Francia dove le terre paludose, nel medesimo anno, rappresentavano ancora il 10% del territorio nazionale), ecc. metà sec. XIX Calabria: nonostante sia teatro anch’essa di drammatici eventi rivoluzionari (v. 1831-44 e 1847), la regione riesce comunque a proseguire lungo la via della ripresa economica intrapresa nei decenni precedenti il grande terremoto del 1783. Uno sviluppo notevole ha, ad esempio, la produzione agricola (in particolare quella olearia della zona di Gioia Tauro: proprio in questo periodo la crescente richiesta del mercato internazionale, che impiega l’olio gioiese non raffinato nei vari processi industriali e nella produzione del sapone, incoraggia la popolazione locale ad incrementare fortemente la coltura dell’ulivo caratterizzando così la “piana” quale produttrice calabra olearia per eccellenza), quella industriale tessile (Seminara, Paola, Vibo Valentia, Montalto Uffugo, Malvito, Belvedere Marittimo, Cosenza, Villa S. Giovanni, Reggio e Catanzaro) e quella metallurgica. Come già accennato nelle pagine precedenti, lo stabilimento di Mongiana, ad esempio, avviato da Carlo III, trasformato in grande fabbrica d’armi da Ferdinando IV e notevolmente ampliato e potenziato da Ferdinando II, ha ormai una produzione annua di armi (cannoni, obici, fucili, munizioni, ecc.) e materiale ferroso vario (costituente circa 1/4 del fabbisogno ferroso del Regno) tale da richiedere l’occupazione di oltre 1.000 addetti. Ferriere private sono in funzione inoltre a Cardinale (lo stabilimento, il più importante del Regno tra quelli privati, è di proprietà del generale napoletano Carlo Filangieri, principe di Satriano e duca di Taormina) e Malvito. Tale ripresa, potenziale fautrice di ulteriori e grandi benefici all’economia ed alla società della regione, verrà bruscamente interrotta dalla conquista garibaldina del Regno e dalla sua successiva annessione allo Stato sabaudo. metà sec. XIX Europa: per tutelare e difendere gli interessi dei più poveri, dei miseri, dei deboli, prende corpo il pensiero socialista. La sua prima formulazione scientifica è illustrata dai filosofi tedeschi Karl Marx e Friedrich Engels nel “Manifesto del 173
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partito comunista” (Londra, 1848). Nel 1864, con l’intento preciso di promuovere il progresso morale, intellettuale ed economico delle classi operaie si costituirà poi la “Prima Internazionale socialista”. Conquista del potere politico da parte dei lavoratori, lotta alle disuguaglianze sociali ed allo sfruttamento del povero da parte del ricco, impegno per l’educazione sociale di tutti i cittadini, socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, limitazione e regolamentazione dei diritti di proprietà privata, rivoluzione e distruzione dell’apparato statale borghese o graduale riformismo, ecc. saranno i temi caldi del dibattito socialista che provocheranno, all’interno del movimento, divisioni, conflitti e scissioni. Nonostante errori e tragedie, talvolta enormi, al pensiero socialista sono comunque da ascrivere i grandi passi compiuti dagli Stati moderni sulla via della democratizzazione delle istituzioni e del netto miglioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici. metà sec. XIX Europa-Colonie americane, africane ed asiatiche: il colonialismo europeo in America è ormai quasi completamente superato. Dopo il passaggio del Canada dalla Francia all’Inghilterra (1763), la nascita degli Stati Uniti (1776-1783; v. pag. 147), l’indipendenza degli Stati degli ex imperi coloniali spagnolo (quasi l’intera America meridionale e centrale, 1816-26) e portoghese (Brasile, 1822), restano solo pochissimi paesi ancora governati dagli europei. Tra gli ultimi ad ottenere l’indipendenza (sempre a conclusione di decenni di lotte e di guerre molto dure) saranno, nel 1898, Puerto Rico e Cuba, entrambi possedimenti spagnoli. Nello stesso periodo si intensifica, però, la penetrazione europea in Africa e in Asia. La colonizzazione di questi continenti era stata avviata già nel sec. XV-XVI10 ma ora, con l’apertura del Canale di Suez (1869), tutto diventa alquanto più facile. Si può ricordare, a grandi linee, che l’Inghilterra si appropria in Africa del Transvaal (provincia del nord-est dell’attuale Repubblica Sudafricana) e poi di gran parte dell’Unione Sudafricana (oggi Repubblica sudafricana), dell’Uganda (1894), del Sudan e dell’Egitto (1882), del Ghana (1874), del Kenia (1890), della Nigeria, della Beciuania (oggi Botswana) e della Rhodesia, e in Asia, oltre all’India, del Pakistan, della Birmania e di piccoli territori della Cina meridionale; la Francia in Africa della Tunisia, dell’Algeria, del Madagascar (1896), del Marocco e del vastissimo territorio dell’ “Africa occidentale francese” comprendente gli attuali Stati del Senegal, Mauritania, Alto Volta, Niger, Guinea Francese, Costa d’Avorio e Dahomey, Mali, Ciad, La Spagna, ad esempio, già nel 1344 aveva occupato le isole Canarie delle quali tuttavia avrà piena titolarità solo nel 1479. Il Portogallo nel 1415 la città di Ceuta in Marocco, nel 1511 la penisola di Malacca in Indonesia, nel 1553 il territorio di Macao in Cina, nel 1571 l’Angola, ecc. La colonizzazione era proseguita poi con la fondazione di Giacarta in Indonesia e l’occupazione del paese (inizio sec. XVII, Olanda), l’occupazione della provincia del Capo in Sud Africa (1652, Olanda), la fondazione di Calcutta in India (1696, Inghilterra), la conquista di gran parte del territorio indiano (1700-1750, Inghilterra e Francia; l’India diverrà in seguito dominio solo inglese), dell’Australia (1778-1829, Inghilterra) e di Hong Kong (1839, Inghilterra). 10
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e in Asia dell’Indocina (Vietnam, Laos, Cambogia); in Africa la Germania del Togo, del Camerun, del Ruanda, del Burundi e dei territori del Sud-ovest (oggi Namibia); il Belgio del Congo; l’Italia dell’Eritrea, dell’Etiopia, della Libia e della Somalia11. Anche questi nuovi imperi coloniali, giustificati sempre dall’idea di comodo della presunta missione civilizzatrice, avranno lo stesso riprovevole iter dell’impero coloniale d’oltre Atlantico (v. pag. 106 e 142): distruzione di molte antiche civiltà, soggiogamento e sfruttamento di popolazioni inermi, sofferenze indicibili e poi lotte di liberazione, repressione, sangue, devastazioni e morte (negli anni della conquista italiana della Libia, ad esempio, perdono la vita circa 100 mila resistenti, 1/8 dell’intera popolazione libica del tempo) ed infine la tanto agognata indipendenza dei territori sottomessi. Quasi tutte le colonie africane e asiatiche riotterranno infatti la libertà nei primi 5-6 decenni del sec. XX. Ma il calvario delle popolazioni deboli non avrà fine con la conquista dell’indipendenza. In America, come in Africa e in Asia, il vecchio colonialismo cederà presto il posto a forme indirette di sfruttamento da parte dei paesi ricchi (i soliti paesi ex coloniali più gli USA) che, a fronte di vuoti e falsi impegni in senso contrario ampiamente propagandati, cercheranno di mantenere le economia dei paesi poveri in una condizione di sudditanza, di miseria, di non sviluppo per continuare a “sfruttarne le abbondanti materie prime e la ricchezza agricola” ed “esercitare, nel contempo, una costante pressione finanziaria, per tenere bassi i prezzi delle materie prime e commerciarle, e per vendere sui mercati ex coloniali i prodotti della loro economia”12. Una tale politica causerà in quei paesi continui capovolgimenti politici, colpi di Stato più o meno fomentati dalle stesse ex potenze coloniali, dittature a ripetizione più o meno a loro gradite, e ancora guerre, lutti e povertà su povertà. Sempre e solo per dare sfogo alla perversa politica affaristica dei paesi occidentali e garantire ancora qualche manciata di futuro a un ormai non più accettabile sistema di società e di potere. 1853-1856 Europa: nell’ottobre 1853 scoppia la guerra per il controllo dei Balcani e degli Stretti del Bosforo. Di fronte al rifiuto turco di riconoscere la protezione russa sui cristiani ortodossi dell’Impero ottomano, lo zar Nicola I apre le ostilità distruggendo la flotta turca nel Mar Nero. La causa contingente del conflitto è ovviamente pretestuosa. In realtà lo Zar intende approfittare della evidente debolezza dell’Impero musulmano ormai chiaramente avviato verso la disgregazione. Nel marzo del 1854, preoccupate dell’espansionismo russo, entrano in guerra accanto ai turchi la Francia e l’Inghilterra seguite (1855) dal Piemonte intenzionato ad inserirsi nel gioco internazionale per guadagnare l’appoggio inglese e francese nelLa Spagna era già titolare del Sahara spagnolo, della Guinea spagnola (già portoghese), di buona parte del Marocco spagnolo e delle isole Canarie. Il Portogallo della Guinea portoghese (dall’indipendenza, 1974, Guinea Bissàu), dell’Angola, del Mozambico e delle isole Azzorre (già spagnole). 11
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V. “Atlante storico tascabile” - De Agostini Novara 1999, pag. 134. V. anche a pag. 219.
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le vicende italiane13. Il Regno sabaudo partecipa alla guerra inviando un corpo di spedizione di 18 mila uomini al comando del generale torinese Alfonso La Marmora. Il teatro di guerra è in Crimea, davanti alla città di Sebastopoli che da un anno resiste all’assedio alleato, eroicamente difesa dai russi. Austria e Prussia si mantengono neutrali. Con esse, su posizioni di neutralità, è anche il Regno delle Due Sicilie, in qualche modo costretto (per l’antica e sempre attuale amicizia con l’Austria) a seguire l’atteggiamento asburgico pur se Ferdinando II ha grande ammirazione e stima per lo zar Nicola I. Il Re di Napoli vieta tuttavia l’uso dei suoi porti (Napoli, Brindisi, Messina, ecc.) alle navi francesi dirette in Crimea, sia a quelle trasportanti truppe che a quelle di supporto logistico. La guerra termina nel settembre del 1855 con la presa di Sebastopoli e l’accettazione dei preliminari di pace da parte del nuovo zar Alessandro II, succeduto a Nicola I morto il precedente 2 marzo. Il 25 febbraio 1856 si riunisce a Parigi, organizzato dall’imperatore francese Napoleone III14, il Congresso tra le potenze belligeranti chiamate a discutere le condizioni di pace. L’assise si conclude il successivo 30 marzo con la firma di un accordo che garantisce l’indipendenza politica e l’integrità territoriale dell’Impero ottomano al quale però viene chiesta in cambio l’introduzione di quelle riforme considerate necessarie per assicurare parità di diritti a tutti i suoi sudditi, indipendentemente dal loro credo religioso. Per il Regno di Sardegna partecipa al Congresso, come con furbizia programmato, il primo ministro conte Camillo Benso di Cavour (già ministro dell’Agricoltura dal 1850 e primo ministro dal 1852) il quale approfitta della situazione per denunciare ai congressisti la politica repressiva dell’Austria in Italia. Dando sfogo a sue interessate visioni personali Cavour denuncia inoltre il malgoverno dello Stato pontificio e del Re delle Due Sicilie indicando quest’ultimo come la causa del pericoloso risorgere di fermenti rivoluzionari nella penisola. Pur senza ottenere vantaggi immediati il Regno di Sardegna riesce in tal modo a far sentire, a livello internazionale, la sua voce acquistando importanza e prestigio e ponendosi sullo stesso piano di nazioni di ben diversa caratura come Francia, Inghilterra e Russia. Esso inoltre riesce abilmente ad agganciarsi alla politica della Francia, ai danni dell’Austria, assicurando così buone prospettive alla sua incontenibile voglia di espansionismo in Italia. Il primo ministro sabaudo ha evidentemente già in mente il piano che discuterà nel 1858 (v. pag. 177) con l’imperatore francese Napoleone III e che prevede per il Piemonte la sovranità sull’intera Italia del Nord (ai danni dell’Austria) e per il Regno delle Due Sicilie il passaggio dai Borbone ad una personalità francese imparentata con l’imperatore stesso. 13
Napoleone III ossia Carlo Luigi Napoleone, è nipote di Napoleone Bonaparte in quanto figlio di Luigi Napoleone, fratello dell’Imperatore e Re di Olanda all’epoca dell’Impero napoleonico. Nel 1848, dopo la proclamazione della “Repubblica francese”, nata come reazione ai moti rivoluzionari di quell’anno che avevano nuovamente travolto la monarchia, ne venne eletto (10 dicembre) alla presidenza. Preso il potere assoluto con un colpo di Stato antiparlamentare (2 dicembre 1851) nel 1852 seguì le orme del grande avo divenendo, per proclamazione plebiscitaria, imperatore di Francia. La numerazione del nome fa riferimento allo sfortunato Napoleone II, il mai regnante figlio di Napoleone I morto nel 1832 (v. pag. 159). 14
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Riguardo ai pretesi malgoverni di Roma e di Napoli a pronunciare parole di fuoco è però, su pressione sabauda, il rappresentante inglese George William Clarendon il quale, verosimilmente per cercare di “agganciare” politicamente il Piemonte, ormai avviato a cadere completamente sotto l’influenza francese, accetta in pieno le tesi estremistiche di Cavour. L’Inghilterra, d’altra parte, ha alle spalle lunghi anni di dissidi con il Regno napoletano, dissidi iniziati con l’avvicinamento del Regno all’Austria, subito dopo la restaurazione post-napoleonica, e proseguiti con le vicende del monopolio dello zolfo siciliano e del matrimonio del Principe di Capua, fratello minore di re Ferdinando15. 1858-1859 Italia-Francia: il primo ministro sabaudo Cavour e Napoleone III si incontrano segretamente nella cittadina francese di Plombières (20-21 luglio 1858) stipulando una alleanza militare contro l’Austria. Il patto impegna la Francia ad intervenire militarmente accanto al Piemonte qualora questo dovesse essere aggredito. Alla Francia vengono assicurate in cambio la contea di Nizza e la Savoia oltre ad una larga influenza sui nuovi Stati italiani che dovrebbero nascere dopo l’eventuale conflitto: un grande Regno dell’Alta Italia sotto casa Savoia (comprendente, oltre al Regno di Sardegna, anche il Lombardo-Veneto, Parma, Modena e la Romagna; un Regno di quasi 11 milioni di abitanti), lo Stato pontificio (ridotto alla sola Roma ed al suo circondario), un Regno dell’Italia centrale affidato a un principe francese (resto dello Stato pontificio e Toscana), il Regno delle Due Sicilie (senza mutamenti territoriali) affidato a un discendente, ovviamente francese, di Gioacchino Murat. L’anno successivo, per far scattare gli accordi di Plombières sia la Francia che il Piemonte cercano di inasprire i rapporti con l’Austria (gennaio-marzo). Re Vittorio Emanuele II pronuncia inoltre in Parlamento un deciso ma, nell’ottica di Plombières, equivoco e forzato discorso antiaustriaco nel quale dichiara di “non poter restare insensibile al grido di dolore che da ogni parte d’Italia si leva verso di Noi”. Il primo ministro Cavour non gli è da meno organizzando manovre militari presso il Ticino (sul confine austriaco) e incoraggiando il generale Giuseppe Garibaldi a costituire,
La crisi dello zolfo era scoppiata nel luglio 1838 allorché re Ferdinando II, all’epoca 28-enne, aveva deciso di far cessare l’annoso sfruttamento monopolistico inglese dello zolfo siciliano, ritenuto non in linea con la politica economica del Regno, e aveva affidato il monopolio dell’estrazione e del commercio del minerale alla società francese di Marsiglia “Taix-Aycard” che garantiva maggiore rispetto per i lavoratori, per la miniera e per le casse dello Stato. Erano così iniziate pesanti rimostranze del governo inglese e sistematiche campagne denigratorie nei confronti di re Ferdinando. Lo stesso governo aveva poi iniziato a sostenere l’attività anti-Ferdinando del principe di Capua Carlo, fratello minore (secondogenito) del Re che aveva sposato, con il netto dissenso del fratello, la giovane irlandese Penelope Smyth e che si era trasferito a Londra aspirando, forse, alla corona della Sicilia. Nel grave conflitto venutosi a creare, l’Inghilterra giunse ad attuare nel Mediterraneo il blocco delle navi napoletane e francesi trasportanti il minerale. Si stava per giungere addirittura alla guerra dichiarata quando, anche grazie alla mediazione francese, Ferdinando II, dopo quasi un anno di tensione acutissima, accettava (1839) di annullare il contratto con la “Taix”. I rapporti tra i due paesi si erano però ormai inesorabilmente deteriorati e tali sarebbero rimasti anche nei due decenni successivi. 15
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ovviamente in funzione anti-Austria, un corpo di volontari, i cosiddetti “Cacciatori delle Alpi”. Il 23 aprile l’Austria invia al Piemonte un ultimatum intimando il disarmo immediato. Il netto rifiuto piemontese dà quindi il via alla guerra facendo scattare l’intervento francese. È la “Seconda” guerra d’Indipendenza. Occupata la Lombardia (giugno; battaglie di Magenta, S. Martino e Solferino), le rivolte liberali scoppiate nei piccoli Ducati e in Toscana (che fanno presagire difficoltà non previste nella attuazione degli accordi di Plombières), l’opposizione interna francese alla guerra ed il minaccioso atteggiamento della Russia e della Prussia, inducono però Napoleone III a ritirarsi dal conflitto. La pace di Villafranca (6-11 luglio) tra Francia e Austria sancisce la rinuncia dell’Austria alla Lombardia (che Napoleone III cederà ai Savoia). Da parte sua Napoleone rinuncia a Nizza e alla Savoia. Nel corso dell’anno muore a Caserta Ferdinando II (22 maggio). Queste le ultime parole, pronunciate un’ora prima della morte e rivolte alla Regina, l’arciduchessa Maria Teresa d’Austria, figlia dell’arciduca Carlo, zio dell’Imperatore, sposata nel gennaio 1837: “Pregherò per te, per i figli, per il paese, per il Papa, per i sudditi amici e nemici e per i peccatori”. Gli succede il figlio 23-enne Francesco II, giovane inesperto e ancora non pronto a reggere uno Stato su cui sono minacciosamente orientati sguardi molto spregiudicati. Francesco è figlio di Maria Cristina di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele I, sposata da Ferdinando II nel 1832 e morta, appena 24-enne, dopo aver dato alla luce l’erede al trono (1836). Il popolo l’aveva venerata chiamandola “Santa Regina” per il suo fervore religioso e la sua grande pietà umana. La parentela tra i Borbone ed i Savoia non impedirà tuttavia lo svolgersi degli avvenimenti che molto presto travolgeranno la monarchia napoletana. 1860 Italia: i governi provvisori insediatisi in Toscana, Modena, Parma ed anche a Bologna chiedono e ottengono, previo plebiscito (11-12 marzo), l’annessione al Piemonte (15 marzo per la Toscana, 18 marzo per l’Emilia). Cavour ottiene il consenso francese cedendo alla Francia la contea di Nizza e la Savoia. Nella notte tra il 5 ed il 6 maggio, con il segreto consenso del governo piemontese, parte da Quarto (Genova) la famosa “spedizione dei Mille” organizzata e guidata dal generale Giuseppe Garibaldi. Dopo lo sbarco a Marsala (11 maggio), il “proclama di Salemi” con cui Garibaldi assume la dittatura dell’Isola in nome di Vittorio Emanuele II, la vittoria di Calatafimi (15 maggio), l’occupazione di Palermo (30 maggio), la vittoria di Milazzo (20 luglio), i garibaldini varcano lo Stretto (18-19 agosto) ed il 7 settembre, dopo aver risalito rapidamente la penisola ostacolati solo da un esercito borbonico completamente sbandato (per il doppio gioco degli ufficiali, in gran parte lasciatisi corrompere dai politicanti piemontesi), entrano a Napoli. Il giorno prima, assieme alla giovane consorte Maria Sofia di Baviera16, re Fran16 Francesco II aveva sposato Maria Sofia di Baviera, figlia del duca Massimiliano di Baviera e sorella minore della più conosciuta “Sissi”, l’imperatrice Elisabetta d’Austria, moglie dell’imperatore
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cesco II, che pure, in un estremo tentativo di andare incontro alle richieste dei liberali napoletani, aveva, il 25 giugno, ripristinato nel Regno la Costituzione del 1848, per cercare di evitare alla città gli orrori della guerra civile, aveva lasciato Napoli e si era trasferito a Gaeta con l’intento di predisporre l’ultima difesa del Regno sulla linea del Volturno. La battaglia (1-2 ottobre) è molto cruenta ma, nonostante l’eroismo e il martirio dei tanti soldati napoletani immolatisi fino all’ultimo per il loro legittimo ed amato Re e per la loro patria, l’esercito borbonico viene definitivamente sconfitto da forze notevolmente superiori. In effetti già in settembre le truppe piemontesi, avevano invaso i territori pontifici delle Marche (battaglia di Castefidardo, Ancona, 18 settembre) e dell’Umbria e si erano dirette verso Gaeta e Napoli. In ottobre lascia Torino anche re Vittorio Emanuele II intenzionato ad incontrare Garibaldi di cui non conosce le vere intenzioni sul futuro del Regno appena conquistato ma di cui è nota invece la volontà di proseguire verso Roma. L’incontro avviene a Teano (Caserta) il 26 ottobre e sigilla la fine dell’avventura garibaldina. I plebisciti nelle regioni conquistate17, e le conseguenti annessioni al Regno sabaudo, si svolgono il 21 ottobre (Regno delle Due Sicilie) ed il 4 e 5 novembre (Umbria e Marche). È realizzata di fatto, sotto il vessillo sabaudo, l’unità politica delle penisola. È ormai accertato che nella conquista del Regno delle Due Sicilie un ruolo molto importante abbiano avuto sia la sistematica e penetrante azione della massoneria
Francesco Giuseppe, l’8 gennaio 1859. Francesco aveva 23 anni, Maria Sofia 17. La giovane Regina condividerà con straordinaria dignità tutte le drammatiche vicende che vivrà il marito (trasferimento a Gaeta, esilio a Roma dal 1861 al 1870, esilio a Parigi): “La dignità dimostrata sia dal Re, sia dalla sua Regina, giovane, bella e coraggiosa, meriterebbe una trattazione poetica che trascende il mio talento” scriverà lo storico inglese Harold Acton in “Gli ultimi Borboni di Napoli” (Giunti Firenze, 1962, reprint 1997, pag. 12). Morirà a Monaco di Baviera nel 1925.
Contrariamente a quanto ancora oggi sostenuto dalla storiografia ufficiale, le popolazioni dei vari Stati italiani non accolgono con grande entusiasmo il processo di annessione fortemente voluto da una parte della classe politica piemontese (la “vecchia”classe politica liberale moderata formatasi tra il 1849 ed il 1859 attorno al Cavour) e dai pochi ma attivi gruppi liberali locali. I plebisciti sono fortemente a favore dell’Unità solo perché lo Stato piemontese faceva ricorso a metodi terroristici e totalitari: proclami governativi gridati nelle piazze e affissi nelle strade dichiaravano “nemici della Patria” coloro che si astenevano o votavano contro l’annessione; circolari ai prefetti imponevano la mobilitazione in massa della classe padronale per costringere “con ogni mezzo” i contadini renitenti al voto (la stragrande maggioranza) ad uscire dalle loro case e portarli, indrappellati, alle urne. Nei seggi elettorali, inoltre, la riservatezza del voto era pressoché inesistente. Le urne erano tre, una (contraddistinta da un cubitale “SI” affisso sul davanti) conteneva le schede con il “Si” già stampato, un’altra (con un cubitale “NO” sul davanti) le schede del “No” e l’ultima, centrale, era destinata alla raccolta delle schede votate: l’elettore era costretto ad estrarre davanti a tutti, e nel clima di intimidazione artatamente creato, la scheda prestampata preferita ed a deporla nell’urna centrale. A ciò si aggiunga che con molta frequenza erano ammesse al voto un gran numero di persone senza diritto (militari non residenti, addetti piemontesi, ecc.) e che addirittura le urne con le schede non votate del “Si” venivano riversate, dagli stessi delegati governativi, nell’urna centrale. 17
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internazionale e italiana18 (anticlericale e anticattolica) che la continua e riprovevole opera di corruzione piemontese, tipica del Cavour, che coinvolse politici, ministri, prefetti, ufficiali, ecc. del Regno napoletano19. D’altra parte il Piemonte cavouriano e garibaldino, fin dai primissimi momenti della conquista, ha un comportamento violento, corrotto, arrogante, e incivile nei confronti del Meridione, un comportamento che non ha giustificazione e che, nel tempo, provocherà nell’ex Regno napoletano una tragedia sociale senza precedenti i cui primi terribili esiti saranno il grande disastro della distruzione della fiorente economia meridionale, l’impoverimento oltre ogni limite delle popolazioni, la nascita del cosiddetto “brigantaggio”, il dramma dell’emigrazione di massa. Nell’immediato il Regno sabaudo mostra tutta la sua brutalità attuando il trasferimento forzato in “campi di concentramento” piemontesi (Fenestrelle, San Maurizio Canavese, ecc.) di alcune decine di migliaia di poveri soldati meridionali prigionieri (oltre 40 mila), colpevoli unicamente di essere rimasti fedeli fino alla fine al loro legittimo Sovrano. Quasi tutti moriranno di freddo e di stenti in quelle disumane prigioni alpine. 1861 Italia: il Parlamento di Torino (17 marzo) ratifica l’unificazione della penisola e proclama ufficialmente il nuovo “Regno d’Italia” e Vittorio Emanuele II primo “Re d’Italia”. Alla piena unità nazionale mancano solo il Veneto (occupato ancora dall’Austria), Roma e il Lazio (rimasti allo Stato pontificio) ed i territori di Trento e Trieste (Austria): faranno parte del Regno rispettivamente nel 1866 (Terza guerra d’indipendenza), nel 1870 (“Breccia” di Porta Pia) e nel 1918 a conclusione della Prima guerra mondiale. Il 6 giugno muore a Torino a 51 anni il Cavour lasciando al nuovo ministero Ricàsoli il compito di riorganizzare il nuovo Regno unitario. Portata a compimento l’unificazione politica della penisola i governanti piemontesi si dimostrano però poco preparati (e probabilmente poco interessati) ad affrontare con il dovuto e necessario impegno i problemi del nuovo Stato, di tutto lo Stato, una nuova realtà politica con ben 22 milioni di abitanti, il 75-80% dei quali analfabeMassoni sono, ad esempio, Garibaldi, Mazzini, il Conte Cavour, Nino Bixio, Carlo Cattàneo, Giuseppe La Farina, Francesco Crispi, Costantino Nigra, Luigi Settembrini, Carlo e Alessandro Poerio, Giovanni Nicotera, forse Alfonso La Marmora e Massimo D’Azeglio, ecc. Lo erano anche Goffredo Mameli (✝ 1849), Guglielmo Pepe (✝ 1855) e probabilmente Carlo Pisacane (✝ 1857). 18
19 Alla necessità di non far pervenire alla Storia questa grande attività corruttrice è verosimilmente da collegare la tragica fine del giovane romanziere e volontario garibaldino Ippolito Nievo (Padova, 1831-Mar Tirreno, 1861), colonnello e viceintendente generale della spedizione dei Mille, che perirà, nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861, nel misterioso naufragio della nave “Ercole” a bordo della quale stava raggiungendo Napoli (da Palermo) con le carte, più o meno segrete, dell’intendenza garibaldina (documenti attestanti contatti compromettenti, ricevute dell’enorme flusso di denaro elargito per la riuscita dell’impresa, lettere e carteggi vari, ecc.).
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ti, con usi, tradizioni, mentalità, legislazioni, organizzazioni amministrative e realtà socio-economiche profondamente diverse da regione a regione. Con grande cinismo vengono infatti estesi all’intero territorio del nuovo Regno, indiscriminatamente e con effetto immediato, lo Statuto albertino del 1848, la legislazione civile e penale e l’organizzazione burocratica e amministrativa del Regno piemontese20. Tale comportamento quasi coloniale crea nel novello Regno italiano un rigido, cinico e spietato centralismo autoritario che già nei primi anni unitari provoca, particolarmente nelle regioni meridionali, reazioni molto dure. Il Sud d’Italia si ritrova infatti molto presto oppresso da un insostenibile aumento del gravame fiscale (famosa e fortemente iniqua è, ad esempio, la tassa sul “macinato”, introdotta nel 1868, che impone un sovrapprezzo di 2 lire al quintale sul grano, l’avena e gli altri prodotti della terra lavorati a macina), da un sistema tributario fortemente iniquo privilegiante le imposte indirette gravanti soprattutto sui consumi popolari, dalla coscrizione obbligatoria, prima inesistente, che sottrae indispensabili braccia da lavoro alla povera gente delle campagne, dalla legalizzazione dello strapotere e dell’impunità della classe latifondista che mantiene saldamente il controllo di tutti gli organismi amministrativi locali. A ciò si aggiunge la spietata concorrenza che ormai, cadute le barriere doganali, l’industria del Nord (fino al 1860 surclassata da quella napoletana) può attuare, ed attua, nei confronti del disorientato sistema industriale meridionale. Le diffuse industrie della seta e della lana (Napoli, Salerno, Calabria, ecc.) sono quindi costrette a drastici ridimensionamenti o addirittura alla chiusura. Nella medesima condizione vengono messe le industrie della carta, alimentari, ecc. e la mancanza di commesse (dirottate sugli analoghi e potenziati stabilimenti dell’ “Ansaldo” di Genova fondata appena nel 1853) porta in breve al crollo dell’intero complesso siderurgico borbonico e finanche i grandi e moderni stabilimenti di Napoli, del napoletano e della Calabria sono costretti alla chiusura. Napoli si ritrova d’altra parte impoverita dei privilegi e della circolazione monetaria che le derivavano dalla sua condizione di capitale e dalla conseguente presenza della corte e delle diplomazie estere. Contemporaneamente ingenti masse di capitali vengono trasferite dal Sud al 20 Il territorio viene suddiviso in province amministrate da “prefetti” (figure istituzionali create dal governo Ricàsoli successore del Cavour nel 1861) che rappresentano il governo centrale ed in Comuni con consigli elettivi ma sindaci di nomina regia. Per le assemblee rappresentative nazionali lo Statuto albertino prevede invece un Parlamento costituito da una Camera elettiva l’elezione dei cui membri è però regolata da un rigido sistema censuario (ammissione al voto dei soli cittadini maschi di età superiore ai 25 anni che abbiano una imposizione fiscale diretta annua di almeno 40 lire; in totale quindi gli elettori sono solo circa 400.000 persone su quasi 22 milioni di abitanti, neanche il 2% della popolazione) e di una Camera alta, il Senato, interamente di nomina regia ed a vita. Tale sistema parlamentare garantisce ovviamente il potere al Re, alla nobiltà, alla borghesia ed alla aristocrazia terriera. Il sistema elettorale sarà modificato nel 1882 (età degli ammessi al voto abbassata a 21 anni; entità dell’imposta annua ridotta a 19 lire; il numero degli elettori diverrà così di oltre 2 milioni), ed ancora nel 1912 (introduzione del suffragio universale maschile).
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Nord: nel 1859 la massa monetaria circolante nel Regno delle Due Sicilie (debito pubblico pressoché inesistente) era pari a molto più del doppio di quella dell’intero resto d’Italia annesso al Regno sabaudo (443 milioni di lire contro 17721; debito pubblico del Regno sabaudo pari a 1 miliardo di lire dell’epoca). Nel triennio 1866-69 la vendita dei beni ecclesiastici confiscati al Centro ed al Sud della penisola porta poi nelle casse dello Stato, in un’epoca in cui le entrate statali annuali superano appena i 500 milioni, altri 600 milioni di lire. L’ex Regno borbonico si avvia così a diventare un territorio coloniale nell’ambito dello stesso Stato unitario, un territorio che molto presto, verosimilmente in base a ben precisi ed esecrabili disegni politici, diverrà quasi completamente improduttivo ma sarà nel contempo il sicuro mercato dei prodotti del Nord assicurando lo sviluppo e la prosperità di quelle regioni. Da qui la grande reazione popolare che passerà alla storia con lo spregiativo appellativo di “brigantaggio”, da qui la spietata e sanguinaria risposta repressiva piemontese, da qui l’assoggettamento e la colonizzazione di intere popolazioni, da qui la creazione di enormi sacche di povertà e miseria, da qui l’avvio del doloroso e inumano fenomeno dell’emigrazione di massa, da qui l’origine della cosiddetta “Questione meridionale” e delle condizioni attuali del Meridione d’Italia. Nel contesto sociale ed economico appena descritto che brutalizza senza pietà ed impoverisce fino all’inverosimile le popolazioni meridionali rinasce con prepotenza, l’accennato fenomeno del “brigantaggio”, naturale e disperata reazione popolare alle tristissime condizioni di esistenza imposte dai nuovi governanti. Il fenomeno, certamente frammisto al mondo della vita banditesca e illegale presente un po’ ovunque nell’Italia del tempo, segue di 50 anni quello già manifestatosi nell’ex Regno di Napoli, con forme ed interessi diversi, durante il decennio di occupazione napoleonica. La risposta del governo sabaudo è quella della dura logica militare che in pochi mesi fa scoppiare nel Sud una vera e propria guerra civile: nei primi anni dell’unificazione oltre 100 mila (ma alcuni storici tendono a raddoppiare tale cifra) uomini dell’esercito regolare vengono impiegati in una sanguinosa e crudele repressione (probabilmente una delle più spietate repressioni della Storia) che arriva addirittura a sospendere le garanzie costituzionali (legge Pica, 1863) e fa vivere alle povere popolazioni del Sud lunghi anni di autentico e doloroso calvario. La repressione proseguirà, brutale e crudele, per l’intero primo decennio unitario e nel 1870 valutazioni ufficiose governative conteranno quasi 125.000 “briganti” fucilati, oltre 130.000 feriti e circa 45.000 deportati oltre ad interi paesi messi a fuoco
21 Questa, in milioni di lire, la ripartizione della ricchezza dei vari Stati italiani annessi al Piemonte, al momento dell’unificazione ed in base ai dati ed all’analisi economica forniti dalla accurata indagine di inizio secolo XX di Francesco Saverio Nitti, futuro ministro del tesoro e futuro presidente del Consiglio dei ministri del Regno sabaudo negli anni 1919-20: Regno delle Due Sicilie 443,2; Stato della Chiesa, senza Roma e il Lazio, 55,3; Toscana 85,2; Regno di Sardegna 27; Lombardia 8,1; Parma e Piacenza 1,2; Ducato di Modena 0,4 (per gli Stati non ancora annessi: Roma e Lazio 35,3; Venezia 12,7).
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e distrutti. Le cifre ufficiali parleranno in seguito, tuttavia, solo di qualche migliaio di morti. Calcoli più realistici conteranno invece un numero di vittime che tragicamente si avvicina al milione (cittadini fucilati, arrestati, feriti, deportati, morti per stenti, per privazioni o per malattie, perseguitati in seguito a denunce gratuite e processi sommari solo perché non allineati con il nuovo potere, ecc.). Spaventose saranno anche le perdite dell’esercito piemontese che alcuni storici calcolano oggi in numero superiore a quello di tutte le guerre del Risorgimento messe insieme. Nel 1867 il generale Giuseppe Garibaldi, che pure era stato l’artefice massimo della conquista del Sud, in una lettera diretta ad Adelaide Cairoli (madre dei fratelli Enrico e Giovanni Cairoli; v. pag. 186) confesserà che “gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili; nonostante ciò [proprio per questo] non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale temendo di essere preso a sassate essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio”. 1861-1865 USA: negli Stati Uniti d’America si combatte la “Guerra di secessione” tra gli Stati del Nord (24 Stati fedeli all’Unione) e quelli del Sud (11 Stati costituitisi in Confederazione e proclamatisi indipendenti). È una guerra sanguinosa e durissima originata dal contrasto tra il Nord e il Sud sulla introduzione dello schiavismo nei nuovi territori del West (Ovest): il Nord, ricco, industrializzato e commercialmente più sviluppato del Sud è contrario; il Sud, meno ricco del Nord e con sviluppo industriale prevalentemente legato alle piantagioni del cotone, è necessariamente favorevole essendo gli schiavi assolutamente indispensabili per la cura e il mantenimento delle piantagioni. Il diverso sviluppo socio-economico tra gli Stati settentrionali e quelli meridionali si erano concretizzate solo negli ultimi decenni, nel trentennio compreso tra il 1830 e il 1860. Il Nord aveva avuto, infatti, uno sviluppo industriale molto rapido, favorito dalla politica del governo federale molto attenta alla realizzazione di un vasto sistema di comunicazioni fluviali, stradali e ferroviarie. Tra gli Stati del Nord si era pertanto creato un grande ed efficiente mercato interdipendente capace di attrarre nella sua orbita, come importanti sbocchi commerciali, i nuovi Stati dell’Ovest agricolo che a loro volta costituivano una non indifferente fonte di materie prime alimentari estremamente necessarie al Nord-est industriale. Lo sviluppo economico aveva quindi portato, governanti e cittadini, ad essere più sensibili al nuovo, al progresso e alla ascesa sociale. Negli stessi anni anche gli Stati del Sud avevano avuto un ragguardevole sviluppo industriale soprattutto nel campo della coltivazione del terreno. Il diffuso uso della nuova macchina “sganatrice” del cotone aveva apportato un notevole impulso all’economia rendendo possibile il passaggio dalle vecchie piantagioni di riso e di tabacco alle piantagioni di cotone, portatrici di maggiori utili e suscettibili di essere facilmente estese anche alle zone interne e sugli altipiani, fino al Texas. Proprio per sostenere l’economia legata al cotone sia i governanti che i popoli del Sud attribuivano grande importanza al mantenimento del lavoro degli schiavi e alla stabilità sociale. Oltre alla questione degli schiavi, elementi di forte contrasto tra Stati del Nord 183
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e del Sud erano stati anche la politica di favore attuata dal governo federale verso l’ammodernamento del sistema infrastrutturale del Nord, la politica monetaria e dell’apparato bancario privilegiante anch’essa l’economia settentrionale, la politica delle tariffe doganali, gli interventi in politica economica promessi dal nuovo presidente anti-schiavista Abramo Lincoln (eletto nel novembre 1860), in gran parte palesemente avvantaggianti gli interessi del Nord. Gli Stati del Nord stavano per acquisire insomma, secondo la percezione del Sud, l’egemonia della politica americana. La guerra finisce nell’aprile 1865 con la resa della confederazione sudista, la ricostituzione dell’unità dello Stato e l’abolizione della schiavitù in tutti gli Stati dell’Unione (v. anche pag. 142). L’impegno militare e le perdite in vite umane sono enormi da entrambe le parti: i nordisti, a fronte di 2 milioni di soldati inviati in guerra, devono contare quasi 350.000 morti; i sudisti oltre 300.000 su 1 milione di militari confederali. Negli stessi anni in Europa anche l’Italia è scossa da una guerra fratricida molto sanguinosa e crudele che vede contrapposti il Nord e il Sud della penisola, un Sud indubbiamente più industrializzato, più ricco e più avviato sulla via dello sviluppo rispetto al Nord. Avrà però la meglio il Nord, politicamente guidato da menti più corrotte e più ciniche. E il Sud sarà condannato al ruolo di colonia, alla perdita di ogni prospettiva di progresso e allo sfascio sociale. Per questi ultimi aspetti v. pag. 178 e seguenti. 1861-1876 Italia: il nuovo Regno d’Italia è governato dalla cosiddetta Destra “storica”, la parte politica (non il “partito” poiché questi in Italia si formeranno solo verso la fine del secolo con la nascita dei primi partiti di opposizione e segnatamente del primo partito nazionale di massa, il Partito Socialista Italiano, nel 1892) cioè che raccoglie i continuatori del moderatismo monarchico risorgimentale (il vecchio “liberalismo” moderato) che faceva capo al Conte Cavour. L’appellativo “storica” distingue tale parte politica dalla futura destra “politica” vera e propria che l’Italia conoscerà solo con l’avvento del fascismo. Nei suoi 15 anni di governo la Destra storica, spinta dai numerosi e seri problemi che è costretta ad affrontare (riconoscimento internazionale del nuovo Stato, questione veneto-austriaca, questione romana coinvolgente la Santa Sede e la Francia, pareggio del bilancio, governo dei nuovi territori) impone al paese un sistema di potere rigidamente centralista ed una politica borghese ma necessariamente aperta ad un programma riformatore. La sua definitiva uscita dalla scena politica italiana avviene nel 1876 allorché è sconfitta in sede parlamentare dall’alleanza tra i “democratici” della “Sinistra” ed una parte dei moderati toscani contrari alla statizzazione delle ferrovie prevista nei programmi di Marco Minghetti, capo del governo dal luglio 1873 al 18 marzo 1876. Occorre anche qui precisare che, per i motivi già evidenziati, la Sinistra non rappresenta un vero e proprio partito ma la parte politica, anch’essa moderata ed anch’essa ispirata al moderatismo cavouriano risorgimentale, che raccoglie però ele184
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menti liberali mazziniani e debolmente repubblicani; è formata prevalentemente da deputati meridionali desiderosi di opporsi non tanto al sistema di potere instaurato dopo l’Unificazione ma alla egemonia dei moderati del Nord22. 1862-1864 Italia: nuova spedizione di Garibaldi con partenza dalla Sicilia e direzione Roma (1862). La pronta reazione di Napoleone III obbliga il governo italiano a fermare in Aspromonte le truppe garibaldine. Due anni dopo (1864) lo stesso governo si impegna con l’imperatore francese a garantire l’integrità dello Stato pontificio. La Francia ritira quindi le sue truppe da Roma e l’Italia fissa la sua capitale a Firenze. Torino si ribella però al trasferimento (21-22 settembre 1864) e l’esercito seda i tumulti lasciando sul “campo di battaglia” di piazza San Carlo, secondo i sottostimati dati governativi ufficiali, 52 morti e 130 feriti. Il trasferimento della capitale avverrà comunque nel 1865. 1863-1865 Meridione d’Italia: nonostante gli eccidi e le crudeltà, la difficoltà a tenere sotto controllo ed a stroncare il “brigantaggio” meridionale risulta sempre crescente e così, il 15 agosto 1863 i due rami del Parlamento di Torino approvano a larga maggioranza (174 si contro 33 no) la famosa legge Pica proposta dallo omonimo deputato abruzzese (Giuseppe Pica), una legge che sospende nel Meridione le garanzie costituzionali ed introduce nella legislazione del Regno come “mezzo eccezionale e temporaneo di difesa” la giurisdizione dei Tribunali Militari nella giustizia civile. La legge conferma e legalizza ovviamente anche la fucilazione per i briganti ed i loro “complici” ed i lavori forzati per i contadini che forniscono loro aiuti o viveri (i cosiddetti “manutengoli”). Rimasta in vigore, con qualche leggera modifica intervenuta nel 1864, fino al 31 dicembre 1865, la legge Pica diviene un ulteriore strumento di flagello per il Sud poiché consente ai detentori del potere di applicarla a loro piacimento interpretandola secondo le loro convenienze e necessità. Grazie a ciò, a fronte di sospetti e denunce prive di fondamento, vengono colpiti sindaci non conniventi con i piemontesi, magistrati, ufficiali dell’esercito, vescovi, ecc., oltre ad una infinità di cittadini comuni non allineati con il nuovo potere ma completamente estranei alla vera e propria guerra brigantesca.
Come già accennato (v. pag. 184) Destra e Sinistra, e non solo in Italia, prenderanno un più delineato “corpo” politico solo nei decenni a cavallo dei sec. XIX-XX. Una società fondata sul lavoro, su uguali possibilità iniziali assicurate a tutti, sulla redistribuzione dei redditi, sul diffuso controllo statale delle attività economiche (statalismo) sarà quella teoricamente auspicata dai partiti politici di “sinistra” (v. pag. 173). Profitto, disuguaglianza sociale (ritenuta necessaria per la crescita della comunità), politica economica sganciata dal controllo dello Stato (liberismo) e accumulo di capitale saranno invece i cardini del pensiero di “destra”. Tale differente visione dell’organizzazione della società caratterizzerà la lotta politica dell’intero sec. XX e, pur notevolmente attenuata e privata di alcuni degli eccessi dei principi fondanti, continuerà ad animare la politica mondiale anche ai nostri giorni. 22
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Nel solo periodo 15 agosto-31 dicembre 1863 si calcola che siano state arrestate oltre 12.000 persone e che oltre 1.000 siano state inviate al domicilio coatto nelle isole d’Elba, di Capraia, del Giglio ed in Sardegna. 1866-1867 Austria-Prussia-Italia: il Regno sabaudo si schiera a fianco della Prussia (20 giugno 1866) nella rapida guerra austro-prussiana (15 giugno-12 agosto 1866) in esito alla quale (trattato di Praga, 23 agosto) l’Austria esce definitivamente dal mondo germanico per gravitare esclusivamente nell’area danubiana. Il 3 ottobre l’Austria è poi costretta a cedere all’Italia il Veneto (trattato di Vienna) in virtù di un accordo antiaustriaco stipulato tra Italia e Prussia il precedente 8 aprile. La storiografia italiana chiamerà enfaticamente la parte italiana di questa guerra “Terza guerra d’Indipendenza” anche se in verità la pur poco significativa partecipazione dell’Italia colleziona solo sconfitte: l’Esercito, guidato dai generali Alfonso La Marmora ed Enrico Cialdini, viene battuto a Custoza (Verona) il 24 giugno e la Marina, comandata dall’ammiraglio Carlo Pellion di Persano, nelle acque dell’isola di Lissa (Croazia) il 20 luglio. In settembre, a sei anni dall’annessione, Palermo si solleva in massa contro il malgoverno piemontese. La Sicilia, che finora aveva mantenuto una posizione in qualche modo defilata nel contesto del fenomeno “brigantesco” continentale, dà finalmente sfogo a tutto il suo malcontento e al suo rancore verso i nuovi padroni. Per domare la rivolta popolare il governo sabaudo non esita ad usare ancora una volta la bruta violenza: la flotta italiana (sembra sei unità tra fregate e corazzate) reduce dalla disfatta di Lissa cannoneggia e mitraglia il capoluogo siciliano massacrando orrendamente oltre 2.000 persone (21-22 settembre). Altre centinaia di siciliani vengono, nei giorni seguenti, processati dai Tribunali Speciali e quindi fucilati o incarcerati. L’anno successivo viene riproposta la “questione romana” e, con l’approvazione ambigua del governo ed ancora organizzata da Garibaldi, viene ripetuta l’operazione Aspromonte del 1862 lungo una direttrice diversa (Toscana-Roma) ma con gli stessi esiti. Negli scontri di Villa Glori (periferia di Roma, 23 ottobre 1867) perde, tra gli altri, la vita il garibaldino Enrico Cairoli mentre il fratello Giovanni, ferito a morte dai soldati pontifici, morirà nel 1869. Truppe francesi fermano inoltre il grosso delle truppe garibaldine a Mentana (Roma, 3 novembre) e ritornano quindi a presidiare il Lazio pontificio. 1870 Francia-Prussia-Italia: la sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana (scoppiata per motivi di successione alla corona spagnola) e la caduta di Napoleone III (sconfitto e fatto prigioniero a Sedan il 2 settembre; con il disastro prussiano prende l’avvio in Francia l’istituto repubblicano che ancora oggi la governa) inducono il governo italiano a ritentare la strada di Roma. Il 20 settembre, proprio alla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano I (dicembre 1869-settembre 1870; definizione del dogma della “infallibiltà” papale), i soldati pontifici vengono facilmente sopraffatti a Porta Pia dalle truppe del generale 186
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sabaudo Raffaele Cadorna e Roma e il Lazio vengono annessi, dopo il rituale plebiscito (2 ottobre), allo Stato dei Savoia. L’anno successivo la capitale lascerà Firenze e verrà trasferita a Roma. Termina così, definitivamente, l’antico potere temporale dei papi sulle regioni centrali dell’Italia. Il Concordato lateranense tra lo Stato italiano e la Chiesa (11 febbraio 1929) ne ufficializzerà la limitazione al solo minuscolo Stato della Città del Vaticano. Papa Pio IX, che già nel 1861 aveva rifiutato di riconoscere il nuovo Stato, manterrà sempre questa sua posizione ed anzi scomunicherà gli “usurpatori italiani” e si rinchiuderà come prigioniero volontario nei palazzi vaticani di cui manterrà la sovranità (assieme ai palazzi del Laterano e di Castelgandolfo) in base alla legge italiana detta “delle guarentigie” (“delle garanzie”; garanzie di libertà di ministero per il Pontefice, di sopravvivenza dello Stato vaticano, di contributi annui per il mantenimento dello Stato, ecc.) approvata nel 1871 ma mai accettata da papa Pio. A conferma della linea di rottura con il nuovo Stato italiano, Pio IX promulgherà in seguito (1874) l’enciclica “Non expedit” con la quale proibirà ai cattolici di partecipare alla vita politica del paese. Il Papa morirà il 7 febbraio 1878. Il suo pontificato, il più lungo della storia papale, iniziato tra il consenso entusiastico dei popoli, si chiuderà in triste isolamento. La sua decisa avversione al liberalismo, da lui percepito come nuova religione terrena totalmente in antitesi alla antica religione trascendente, non sarà capita. Essa ha tuttavia una spiegazione ineccepibile nella profonda convinzione del Pontefice di essere responsabile di fronte a Dio della difesa delle secolari eredità, delle tradizioni e dei grandi valori cristiani ritenuti in grave pericolo. Gli succederà papa Leone XIII. Nel gennaio dello stesso anno 1878 morirà anche re Vittorio Emanuele II. Gli succederà il figlio Umberto I. L’unificazione nazionale italiana sarà completata nel 1918, a conclusione della Prima guerra mondiale, con l’acquisizione dei territori di Trento e Trieste mentre la “questione romana” troverà soluzione, come già accennato, nel 1929 con i “Patti lateranensi” tra Stato fascista e Chiesa di papa Pio XI. I cattolici torneranno pienamente in politica nel 1919 con la fondazione, approvata dal Vaticano, del “Partito Popolare Italiano” da parte del sacerdote siciliano di Caltagirone Luigi Sturzo. Il partito, crollato il regime fascista, si trasformerà nel partito della “Democrazia Cristiana” e conquisterà subito la maggioranza relativa del paese. Dopo quasi 50 anni di ininterrotta guida politica della penisola, sarà travolto, assieme agli altri partiti suoi alleati, da una grave crisi morale (la cosiddetta “Tangentopoli”) e, molto ridimensionato, riprenderà (1993) l’antica denominazione per confluire, qualche anno dopo, nella cosiddetta “Margherita” e poi nel “Partito Democratico”. 1866-1882 Europa-Imperi centrali: nell’Europa dei primi decenni della seconda metà del sec. XIX la Confederazione di Germania (ciò che resta dell’ex Sacro Romano Impero; 38 Stati tedeschi e l’Austria) ha nel Regno di Prussia lo Stato più grande e 187
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autorevole dopo l’Austria. Nel 1866 il territorio prussiano è ormai esteso all’intera area tedesca nordica ed il Regno egemonizza tutti gli altri Stati della Confederazione. Sempre nel 1866 il re prussiano Guglielmo I ed il suo cancelliere Otto Bismarck riescono poi ad eliminare anche la presenza austriaca dalla Confederazione (v. pag. 186) e ne assumono la guida. Al termine della vittoriosa guerra contro la Francia scoppiata nel 1870 per questioni di successione al trono di Spagna, essi sono quindi in grado di annunciare la costituzione dell’Impero di Germania (1871; imperatore, o “kàiser”, è Guglielmo I). Contemporaneamente l’Austria (l’imperatore d’Austria è, già dal 1804, titolare dei soli domini asburgici austriaci; v. pag. 157) unendosi al Regno d’Ungheria dà origine (1867) all’Impero austro-ungarico di Francesco Giuseppe I d’Asburgo (dal 1848 imperatore d’Austria e dal 1867 anche re d’Ungheria; imperatrice è Elisabetta di Baviera più conosciuta come “Sissi”; v. pag. 178). I due Imperi si ritroveranno comunque uniti, nel 1882, nel trattato della Triplice Alleanza (il terzo membro sarà il Regno d’Italia). Nel corso della prima metà del sec. XX quando il suolo europeo diverrà teatro della rivoluzione socialista russa (ottobre 1917) e delle due immani guerre mondiali (1914-18 e 1940-45; entrambe causate dalle pretese egemoniche tedesche) i due Imperi vedranno crollare la loro potenza: l’Austria e l’Ungheria nel 1918, la Germania nel 1945 a conclusione della Seconda guerra mondiale. In entrambi i conflitti la vittoria finale delle forze alleate verrà conseguita grazie all’intervento determinante della potenza bellica americana. 1876 USA: nell’ambito delle guerre contro gli indiani, i sioùx e i cheyènne infliggono alle truppe federali USA una memorabile sconfitta. La battaglia, combattuta nelle vicinanze del fiume Little Big Horn (Montana), vede da una parte i pellirosse (circa 3.000) guidati dagli irriducibili capi sioùx Toro Seduto e Cavallo Pazzo, e dall’altra il 37-enne colonnello George Armstrong Custer che, al comando di una colonna del 7° Reggimento di cavalleria aveva individuato e tentato di distruggere il villaggio degli indiani. Nella cruenta impresa perde la vita lo stesso Custer autore, già otto anni prima (1868), di un riuscito massacro di indiani cheyènne nei pressi del fiume Washita (villaggio di Black Kettle, Oklahoma). Il lungo e sanguinoso conflitto tra i “coloni bianchi” e gli indigeni pellirosse era iniziato, al di là della sempre difficile convivenza, delle rivolte e degli scontri dei secoli precedenti, nei primi decenni del sec. XIX allorché i cosiddetti “visi pallidi” nordamericani avevano intensificato la spinta colonizzatrice verso l’entroterra ed i territori del West (v. pag. 183) cercando prepotentemente di strappare quelle interminabili distese di terra ai legittimi abitanti nativi. Già nel 1811 vi erano state durissime battaglie nei territori del Nord-est (nei pressi del fiume Tippecanoe) tra indiani shawnee e soldati federali. Nel 1818 la guerra era poi esplosa in modo eclatante in Florida quando parte di quel territorio era stato sottratto ai combattivi indiani semìnole. Ripresa nel 1835, la guerra si era protratta fino al 1841 e si era conclusa con la disperata deportazione dei semìnole nelle riserve per loro stabilite dal governo USA. L’esercito federale era stato costretto ad impiega188
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re oltre 40.000 soldati, lasciandone sui campi di battaglia circa 3.500; anche le perdite indiane erano state molto elevate contando oltre 2.000 vittime. Le guerre indiane erano poi proseguite senza tregua sovrapponendosi spesso ad insolenze, angherie e massacri gratuiti da parte americana. Dopo il 1876 la lotta degli indiani per la vita, la dignità e la libertà continuerà ancora con asprezza. Tra i conflitti più lunghi e sanguinosi sono da ricordare quello dei sioùx del già citato Toro Seduto (South Dakota, 1876-88) e quello degli apàche di Geronimo (Arizona e Nuovo Messico, 1882-86). Nel 1890, infine, un reggimento di cavalleria attaccherà ferocemente un campo sioùx presso il Woundel Knee Creek (South Dakota) massacrando alcune centinaia di pellirosse indifesi, in gran parte vecchi, donne e bambini. Sarà l’ultima grande e tragica pagina del genocidio di un intero popolo. Recenti calcoli stimano che tra il 1600 (inizio della colonizzazione europea dell’America del Nord) e il 1900 l’uomo bianco abbia sterminato, per le guerre, i massacri indiscriminati, le angherie, le privazioni, le imposizioni di sofferenze varie, la trasmissione di epidemie (specie del vaiolo, importato dall’Europa) molte decine di milioni di indiani! seconda metà sec. XIX Europa: si diffonde la corrente di pensiero, chiamata in seguito “positivismo”, che sulla base delle conquiste dei decenni precedenti (Rivoluzione francese, nascita di una coscienza liberale, avvio di un certo progresso sociale, industrializzazione del lavoro, eversione della feudalità, fine del potere temporale della Chiesa, sviluppo dei vari campi della scienza, ecc.) porta avanti ideali “positivi” e “ottimistici”. Il termine “positivo” intende tuttavia indicare semplicemente una “qualità”, un dato dell’esperienza, e non vuole porsi in antitesi a qualcosa di “negativo”. Più che una filosofia il positivismo è una convinzione mentale che scaturisce dall’ammirazione incondizionata particolarmente verso il progresso scientifico ritenuto apportatore di grandi miglioramenti nella vita sociale. Il suo campo d’azione si estende tuttavia anche alla morale (in Inghilterra, in particolare, la realtà e la sua evoluzione viene messa in relazione al valore della storia della natura considerata realtà viva ed intimamente legata alla storia dell’uomo) e giunge all’esaltazione del materialismo. Nell’ambito del positivismo può quindi essere in qualche modo collocato anche il pensiero del filosofo ed economista tedesco Karl Heirich Marx (1818-1883) la cui dottrina è immessa nella cultura europea con la pubblicazione (1848) del “Manifesto del partito comunista” (v. pag. 173; altre opere: Scritti filosofici, 1846-47; Scritti politici ed economici, 1848-49; Scritti matematici, 1845-50; Il capitale, 1867). Il materialismo marxista non può tuttavia essere inquadrato pienamente nel positivismo poiché esso non si fonda su una visione positiva della realtà dell’epoca, di cui anzi auspica il cambiamento completo, ma su un positivismo “dell’avvenire”. Il pensiero positivista si incunea comunque anche nel campo della pedagogia e partendo dai “dati di fatto” psicologici, storici e sociali che indicano all’educazione la via da seguire per giungere alla “formazione” dell’uomo, afferma che essa deve essere ottenuta attraverso criteri realistici e umanistici. Da qui la grande importanza 189
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attribuita alla scienza, alla storia ed agli insegnamenti professionali. Uno degli esiti più conosciuti (ma più errati) della pedagogia positivista sarà quello al quale perverranno i giuristi italiani Cesare Lombroso (Verona, 1835-1909) ed Enrico Ferri (San Benedetto Po, 1856-1929) che postuleranno la giustificazione del delinquente essendo esso sempre anatomicamente e psichicamente anormale e quindi non suscettibile di punizione ma solo di rieducazione. All’ottimismo positivista seguirà tuttavia la grande disillusione di fine secolo (sociale, istituzionale, scientifica, ecc.). Per la disillusione scientifica basta ricordare il disorientamento nelle certezze del primo Ottocento introdotto nella geometria dalle intuizioni “non euclidee” di Lobacevskij e Riemann, nella fisica dagli studi sull’entropia di Clausius con le conseguenti teorie sulla “morte” dell’Universo, nella ricerca evoluzionistica da Darwin con la sua riduzione dell’uomo al rango di scimmia ed infine nella cosmologia da Einstein e dal suo rimodellamento completo dell’Universo. Per la disillusione sociale e istituzionale si rimanda alla lettura delle pagine successive. 1876-1896 Italia: caduta la “Destra storica” le redini del governo del Regno d’Italia passano alla cosiddetta “Sinistra”23. La nuova classe politica accentua il già basso livello morale e culturale della classe dirigente italiana del tempo. Cresce infatti il diffuso piccolo affarismo, lo scambio di favori, il clientelismo. Con il governo della Sinistra ha anche inizio il fenomeno del cosiddetto “trasformismo” della classe politica di potere cioè la ricerca di accordi e di favori sottobanco con deputati dell’opposizione tesi ad allargare la base parlamentare del governo (si tratta in pratica di ciò che oggi si chiamerebbe “consociativismo”), e con esso l’avvio della decadenza del costume morale di molti deputati sia della Sinistra che della Destra. I primi ministri che si succedono nel ventennio sono Agostino Depretis (capo del governo dal 1876 al 1887), lombardo, già prodittatore di Garibaldi in Sicilia, e Francesco Crispi (1887-1896), agrigentino, mente politica della dittatura garibaldina siciliana del 1860. Unica breve parentesi è il governo guidato da Giovanni Giolitti nel biennio 1892-93. Pur gravata dalle pecche appena citate nei suoi primi anni di governo la Sinistra riesce a portare avanti un programma di governo che, complessivamente, specie per la “nuova” Italia del Nord sempre più palesemente in cima alle preferenze governative, mostra elementi non disprezzabili: abolisce gradualmente la tassa sul macinato (la famosa tassa introdotta nel 1868 che imponeva un sovrapprezzo di 2 lire al quintale per i prodotti lavorati a macina quali il grano, l’avena, ecc.), potenzia l’istruzione elementare (legge Coppino: la popolazione analfabeta del Regno passerà dal 74% del 1871 al 38% del 1914), vara una riforma elettorale meno restritti-
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Per il significato dei termini “Destra storica” e “Sinistra” v. pag. 184.
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va di quella del 1848 (1882) 24, avvia il sistema industriale delle grandi fabbriche del Nord (Edison, 1884; Acciaierie di Terni, 1887; Montecatini, 1888; ecc.; nel 1899 nascerà poi la Fiat) e consolida le strutture di uno Stato che vuole avviarsi verso una modernità di stampo manifestamente borghese. Non affronta però come dovrebbe i tanti problemi del sempre più abbandonato Meridione. Nella sostanza è proprio tale sua politica disattenta verso una così grande parte d’Italia (proprio la parte più progredita fino al 1860) che dà il colpo di grazia alla disgregazione del tessuto economico e sociale meridionale creando, forse addirittura volutamente, il tragico fenomeno dell’emigrazione di massa della povera gente del Sud. La politica della Sinistra mostra aspetti inquietanti anche in politica estera: si allea con gli Imperi centrali (1882; “Triplice Alleanza” con Austria-Ungheria e Germania) in un sodalizio dai connotati piuttosto autoritari e imperialistici che condizionerà per un trentennio la politica estera e militare italiana, e dà inizio, seguendo la Germania, alla politica espansionistica coloniale (metà anni ’80, Etiopia, Eritrea, Somalia; l’Etiopia riacquisterà l’indipendenza nel 1896 dopo la disfatta italiana ad Adua ma sarà di nuovo italiana dal 1936 al 1941; l’Eritrea e la Somalia resteranno invece italiane fino al termine della Seconda guerra mondiale), Il ministero Crispi, avversato dai socialisti (costituitisi in partito nazionale nel 1892) e dai radicali per la questione morale, per la politica coloniale e per la repressione delle istanze del movimento operaio del 1893 (v. pag. 192), ma anche dagli industriali del Nord che gli contestano il pesante gravame fiscale e le eccessive spese “africane”, si dimette nel 1896 dopo il colpo di grazia ricevuto dai soldati etiopici di re Menelik che sconfiggono le truppe italiane ad Adua (Etiopia, 1 marzo 1896). 1880-1890 Meridione d’Italia: gli anni di fine secolo mostrano il volto autentico della grande disperazione in cui il governo piemontese ha ridotto l’ex Regno borbonico. Non è qui il caso di rielencare i motivi della condizione così disperata in cui versa economicamente e socialmente il Sud (v. pag. 181 e seguenti). In queste righe è necessario solo aggiungere che l’estrema povertà in cui sono ridotte le terre meridionali determina, a partire dagli anni ’80 del secolo, la grande e dolorosa epopea della emigrazione verso le Americhe (e particolarmente l’America Latina) prima e l’Australia ed il Nord Europa dopo. Il grande flusso migratorio del Sud si sostituisce così, in parte, a quello più antico dell’Italia settentrionale che fino ai primi anni unitari costituiva addirittura più del 70% dell’intera emigrazione italiana. Anche le ingenti “rimesse” degli emigrati (in totale parecchie decine di milioni L’età degli ammessi al voto passa dai 25 ai 21 anni – sempre dei soli elettori maschi – e l’imposta diretta annua pagata dalle 40 alle 19 lire; il diritto di voto è esteso a tutti i maschi in possesso dei requisiti appena citati ed in grado di leggere e di scrivere anche rudimentalmente; gli elettori passano così da 400.000 ad oltre 2 milioni. I membri del Senato restano di nomina regia così come i ministri dell’Interno e della Guerra. Per la vecchia legge elettorale v. nota 20 a pag. 181. 24
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di lire), frutto di indicibili sacrifici e fatiche, vengono però in gran parte dirottate al Nord e, come gli altri capitali del Sud, prendono la via del finanziamento delle infrastrutture sociali e civili, degli apparati industriali piemontese e lombardo, ecc. La condizione di soggiogamento cui è costretto l’ex Regno delle Due Sicilie è talmente soffocante da non consentire al popolo meridionale di reclamare i propri diritti e addirittura neanche il frutto delle proprie enormi fatiche. Il dramma dell’emigrazione, esito dell’impoverimento del Sud ma causa anche di ulteriore impoverimento, resta una delle grandi responsabilità storiche delle classi dirigenti italiane post-unitarie. Da più parti in seguito si sosterrà che esso fu voluto, o almeno favorito, dallo Stato per un cinico e duplice motivo: rendere meno esasperate le condizioni cui erano state ridotte le regioni meridionali ma anche indurre l’arrivo in Italia di quella notevole quantità di valuta straniera pregiata, indispensabile per lo sviluppo del nuovo Stato. Ma la tragedia del popolo meridionale sembra non avere fine poiché sull’ex Regno di Napoli, già depredato della dignità, della libertà, dei suoi valori, della sua napoletanità, dei capitali, del controvalore dei beni ecclesiastici confiscati e venduti, dell’intero apparato industriale, delle braccia da lavoro e soffocato invece da leggi ad esso lontane, dallo strapotere dei grandi latifondisti e dal gravame fiscale esorbitante ed ovviamente impagabile, si abbatte violenta anche la scure delle espropriazioni fiscali per debito da imposte dirette. Lo Stato sabaudo, insensibile ad ogni “grido di dolore”, tra il 1885 ed il 1897 esegue al Sud ben 43.440 espropriazioni a fronte delle 5.396 eseguite al Centro e delle sole 1.135 effettuate al Nord. Tale condizione disperata del Meridione d’Italia si protrarrà per l’intero corso della monarchia sabauda (ad Umberto I, figlio e successore, nel 1878, di Vittorio Emanuele II, seguono Vittorio Emanuele III e Umberto II) e, unitamente alle inadempienze statali successive, sarà all’origine delle condizioni che le terre meridionali vivranno, purtroppo, ancora all’inizio del sec. XXI, a 150 anni dall’Unità e a oltre 60 anni dalla nascita della Repubblica. 1893-1900 Italia: scoppiano in Sicilia (novembre-dicembre 1893), come protesta contro dazi e tasse comunali, i cosiddetti moti dei “fasci dei lavoratori”. Il fenomeno rappresenta qualcosa di più di una semplice protesta incontrollata ed occasionale dettata dalla condizione di estremo disagio economico e sociale nel quale vive una gran parte della popolazione. Esso segna l’inizio di un periodo di dura lotta che la classe lavoratrice affronta con sempre maggiore consapevolezza, fino alla fine del secolo, cercando di dare il suo contributo per una necessaria svolta nella vita politica del paese. La reazione dello Stato è però dura: nei soli moti di Palermo e Trapani (10 dicembre 1893-5 gennaio 1894) vengono uccisi almeno 92 dimostranti a fronte della morte di 1 solo soldato colpito da pietre. Il novello partito socialista di Filippo Turati, nato nel 1892 a Genova, si schiera accanto ai lavoratori in lotta. Dice Turati, che negli avvenimenti siciliani legge un fenomeno di lotta di classe: “quella che si chiama la “questione siciliana” non è altro che la “questione italiana”, anzi la “questione mondiale” dei lavoratori conculcati e derubati dal dominio di classe”. 192
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Altri moti scoppiano nel 1898 in Puglia, a Milano ed in altre città italiane, ancora e sempre per la abolizione dei dazi doganali, dazi resi più inaccettabili dalla diminuzione della produzione granaria dell’annata (diminuzione di quasi 1/3 del raccolto; non potendo comprare il grano estero ora anche il popolo settentrionale avverte il peso del costo del grano monopolistico italiano, costo reso più elevato dal cattivo raccolto contingente). I morti tra i dimostranti, secondo i dati ufficiali, sono oltre 10025 dei quali 82 solo a Milano, uccisi (7-8 maggio 1898) dall’intervento di reparti dell’esercito comandati del generale cuneese Fiorenzo Bava Beccaris. In numerose città coinvolte dai disordini il governo decreta inoltre lo stato d’assedio. Quelli tra il 1896 e il 1900 sono anni di grande confusione per l’Italia (lotte operaie, anarchia diffusa, incertezza politica). Il governo è gestito con autoritarismo da uomini politici moderati di destra: il palermitano Antonio Starrabba, marchese di Rudinì, 1896-1898, ed il savoiardo Luigi Gerolamo Pelloux, 1898-1901. Il 29 luglio 1900 l’anarchico pratese Gaetano Bresci uccide a Monza re Umberto I. fine sec. XIX Germania: le teorie del filosofo tedesco Friedrich Wilhelm Nietzsche (18441900), in netto contrasto con l’intero sviluppo filosofico progressivamente affermatosi nell’arco degli ultimi quattro secoli, chiudono il secolo XIX. Costituiranno l’humus che alimenterà le terribili convinzioni hitleriane. Questo, in sintesi, il pensiero nietzschiano: la grande maggioranza degli uomini non dovrebbe avere diritti propri alla felicità ed al benessere. Le sofferenze degli uomini comuni – i cosiddetti “bruti e informi” – dovrebbero garantire l’esistenza dei pochi uomini “nobili” titolari del diritto di crudeltà e di delitto con doveri solo verso i propri pari. La vera virtù, che non è quella convenzionale ed ipocrita, ma probabilmente il suo contrario, dovrebbe rimanere privilegio di una minoranza. Ed ancora: è necessario tenere a bada le masse e resistere alle tendenze democratiche poiché con la democrazia è la gente mediocre che tende a prendere il potere. Occorre blandire il suffragio universale che porta al dominio dell’uomo “inferiore”. Le religioni, ed in particolare il cristianesimo, vanno respinte. La religione cristiana è nichilista poiché nega ogni differenza di valore tra gli uomini, ogni istinto di guerra e di conquista, ogni passione, ogni vendetta, ogni odio, ogni avventura e ogni conoscenza. È quindi degenerativa e da condannare senza appello. Tali teorie, assurde per l’attuale civiltà occidentale (che però spesso con grande ipocrisia ne applica subdoli surrogati) ma più o meno applicate in tutte le civiltà antiche ed anche in molte entità statali del mondo moderno e contemporaneo, appartengono al cosiddetto “terzo periodo” del pensiero nietzschiano, il “periodo della volontà di potenza” la cui affermazione presuppone la sua più alta manifestazione Fonti non ufficiali elevano però il numero dei morti milanesi ad oltre 300. A fronte di un tale eccidio re Umberto I conferirà al generale Bava Beccaris, pochi giorni dopo i fatti, e proprio quale riconoscimento per il servizio reso durante i tumulti del capoluogo lombardo, l’onorificenza della Gran Croce dell’Ordine Militare! 25
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ossia quella del “superuomo” capace di rovesciare tutti i valori tradizionali. Sono trattate nelle opere “Also sprach Zarathùstra”, 1883 (“Così parlò Zarathùstra”), “Jenseits von Gut und Bose”, 1886 (“Al di là del Bene e del Male”) ed “Ecce Homo”, 1906 (pubblicata postuma).
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L’età contemporanea: il Novecento e l’inizio del terzo millennio
L’ETÀ CONTEMPORANEA (IL NOVECENTO E L’INIZIO DEL TERZO MILLENNIO)
Italia: l’età di Giolitti - La politica interna ed estera giolittiana - L’oblio per i problemi del Meridione - Il terremoto di Reggio e Messina (1908) - Le 80.000 vittime - Luigi Pirandello e l’amara realtà dell’uomo-pupo - La Prima guerra mondiale - La Triplice Alleanza e la Triplice Intesa - Nazionalismo e imperialismo - I 10 milioni di morti - La tensione post-bellica in Italia - Benito Mussolini e l’instaurazione del regime fascista - Russia: la Rivoluzione d’ottobre - I soviet - L’uccisione dello Zar e della famiglia imperiale - La nascita dell’Unione Sovietica - Lenin e Stalin - Leonid Breznev e Michail Gorbaciov - La Grecia monarchica da Ottone di Baviera a Costantino II - La fine dell’Impero ottomano e la nascita della Turchia - Il “ventennio” mussoliniano in Italia - La guerra civile in Spagna e l’affermazione del franchismo - Adolf Hitler e il nazismo in Germania - La Seconda guerra mondiale e i 51 milioni di morti - Le “foibe” dell’Istria - La fine del Duce del fascismo e della monarchia sabauda - L’ONU e la promozione della pace e della cooperazione tra le nazioni - Alexander Fleming e la scoperta della penicillina - L’Europa divisa in due - La nascita della “Repubblica italiana” (1946) - Il piano Marshall - Gli esiti fallimentari dell’impegno meridionalista dei primi anni dell’Italia repubblicana - Il nuovo fenomeno emigratorio - 4 milioni di italiani dal Sud al Nord - Le “Cattedrali nel deserto” - Medio Oriente: la nascita dello Stato di Israele - Il conflitto con i palestinesi - Guerre, massacri, distruzioni, profughi - Europa: dalla CEE all’Unione Europea - USA-URSS: la politica imperialista delle due superpotenze - La “guerra fredda” e l’ “equilibrio del terrore” - La guerra in Vietnam e la disfatta degli USA - La dissoluzione dell’URSS e del comunismo sovietico ed europeo - Gli USA unica superpotenza - Le potenze economiche e umane emergenti: Cina, India, Brasile - Mondo occidentale: progresso scientifico e tecnologico ma regresso nel campo dei valori - I nuovi valori: individualismo, affarismo, consumismo, apparenza, denaro - L’economia mondiale e gli interessi delle multinazionali - La democrazia malata - Il grande fallimento della presenza cristiana - Il terrorismo fondamentalista islamico e l’attentato al World Trade Center di New York - Guerre dell’Occidente in Afghanistan e in Irak - Forzature internazionali e interessi strategici - Atrocità, sofferenza, distruzioni ed oltraggi senza fine - Le preoccupanti condizioni del pianeta.
1900-1914 Italia: le due personalità politiche più importanti e rappresentative del periodo sono il re Vittorio Emanuele III (succeduto al padre Umberto I assassinato a Monza il 29 luglio 1900) e lo statista piemontese Giovanni Giolitti (Mondovì, Cuneo, 1841-Cavour, Torino, 1928). Giolitti, liberale moderatamente di sinistra, era stato ministro del Tesoro nel governo Crispi nel biennio 1889-90 (si era dimesso nel novembre 1890 perché contrario ad aumenti di spesa che egli vedeva inconciliabili con la sua politica tesa al pareggio del bilancio) e presidente del Consiglio nel 1892 (programma decisamente liberale ma anche molto attento alle esigenze della classe lavoratrice. Incalzato dalla Destra, che chiedeva la repressione dei moti popolari siciliani del 1893 e dalla Sinistra, che lo accusava di connivenza nel famoso scandalo della Banca Romana1, si era dimes1
Fondata nel 1835 la Banca, ex Istituto centrale dello Stato pontificio, nel dicembre 1892 era stata
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so nel novembre 1893). È ora ministro dell’Interno nel ministero Zanardelli (1901) e due anni dopo (1903) viene di nuovo chiamato dal Re alla guida del governo. In tale veste riprende la politica del 1892 lasciando libero corso alla protesta del proletariato (nel 1898, come già visto, nei soli moti di protesta milanesi erano rimasti uccisi invece, ufficialmente, oltre 80 operai) con la segreta speranza di stancare l’opinione pubblica e ridurre quindi all’impopolarità l’intera Sinistra. In questo clima indice le elezioni politiche (1904) da cui ottiene un forte spostamento a destra dell’asse politico che ovviamente sfrutta non in senso ideologico ma tattico. Mentre infatti riconduce entro limiti inoffensivi l’opposizione socialista, con la quale lascia sempre aperto il dialogo, avvia una politica economica protezionistica favorevole alla classe imprenditrice. Nel 1906 guarda però anche a Sinistra facendo approvare dal Parlamento importanti leggi dal contenuto sociale (istituzione di un embrione di “previdenza” sociale, antenato dell’Istituto pubblico di Previdenza che sarà fondato nel 1933, riduzione dell’orario di lavoro, ecc.). Riottenuta la maggioranza nelle elezioni del marzo 1909, tra crisi di governo e brevi intervalli di assenza dalla guida politica (dicembre 1909-marzo 1911; governi Sonnino e Luzzatti), Giolitti riesce anche, dopo aver avversato la politica coloniale di Depretis nel 1887, a conquistare le province libiche della Tripolitania e della Cirenaica (novembre 1911). Nel 1912 vara inoltre la riforma elettorale a suffragio universale maschile (messa in pratica nel 1913) che prevede il diritto di voto per tutti i cittadini maschi maggiorenni (di età superiore, cioè, ai 21 anni), purché in grado di leggere e di scrivere. Per gli analfabeti il limite di età è elevato a 30 anni. Si dimette nel marzo 1914 alla vigilia dello scoppio della Prima guerra mondiale ma tornerà al potere nel dopoguerra (giugno 1920) concludendo con la Jugoslavia il trattato di Rapallo (12 novembre 1920), che stabilirà i nuovi confini tra Italia e Jugoslavia, e facendo cessare l’occupazione dannunziana della città di Fiume. Statista di notevoli capacità, Giolitti governa l’Italia con furbizia, trasformismo ed opportunismo. Trascura però quasi completamente i grandi problemi del Sud che anzi, con abilità, riesce a ridurre al silenzio. Il Meridione d’Italia prosegue pertanto tristemente verso il consolidamento della miseria e della disgregazione sociale avviate con l’Unità. 1908 Meridione d’Italia: terremoto catastrofico a Reggio Calabria, Messina e nelle rispettive province (28 dicembre). I morti nelle due sponde dello Stretto sono oltre 80.000 (circa 20.000 a Reggio e nel reggino; oltre 60.000 nel messinese). I feriti alaccusata di gravi irregolarità nell’emissione di moneta (altri istituti di emissione erano la Banca Nazionale del Regno d’Italia – inglobante la Banca Nazionale Sarda, la Banca di Parma e la Banca delle Quattro Legazioni operante in Romagna –, la Banca Nazionale Toscana, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia) e di favori illegali ad uomini politici e di governo. L’inchiesta che ne era derivata si era conclusa (1893) con l’arresto del Governatore e di altri funzionari. Lo scandalo aveva coinvolto, come accennato, anche il primo ministro Giolitti oltreché vari istituti bancari settentrionali. Dalla crisi della Banca era nata, nello stesso 1893, la Banca d’Italia.
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trettanti. Il patrimonio edilizio viene distrutto o gravemente danneggiato al 95%. Lo Stato si mobilita per gli aiuti ai superstiti e l’avvio della ricostruzione. Navi ed aiuti giungono anche da tutte le nazioni europee. I movimenti tellurici proseguiranno per mesi e dal terribile 28 dicembre al giugno dell’anno successivo si conteranno ancora ben 1.000 scosse di assestamento. inizio sec. XX Meridione d’Italia: è il periodo dell’attività matura del grande scrittore e drammaturgo siciliano Luigi Pirandello (Agrigento, 1867-Roma, 1936), uno degli scrittori più originali e significativi della cultura italiana e mondiale dell’intero secolo ed uno dei nomi della letteratura italiana più noti nel mondo. La sua impostazione letteraria è verista e pessimista ma tesa ad indagare non tanto l’ambiente sociale e la vita umile e disagiata dei protagonisti (come Verga e Capuana) quanto l’amara realtà dell’individuo perduto nel mondo impersonale, grigio e assurdamente ingabbiato nelle convenzioni della vita quotidiana, un individuo immerso in schemi e “maschere” che lo riducono a “pupo” rendendolo schiavo di una esistenza scontata, spesso a lui intimamente estranea e ridotta a pura forma, delle soffocanti leggi dell’apparenza e riducendolo addirittura in condizione di non riconoscere più il labile confine tra “pazzia” e “normalità”. Tale tematica viene affrontata in modo originalissimo nelle opere teatrali più che nei romanzi. Un teatro che, tra il gusto del paradossale, lo sviluppo di una dialettica dell’assurdo e una marcata dose di disperato pessimismo, mette a nudo il mascheramento quotidiano di ogni esistenza, suscitando talvolta, attraverso risvolti grotteschi delle vicende, anche una certa ilarità, ma una ilarità carica di dolorose riflessioni. Dal contrasto tra l’evolversi della vita e la staticità della forma nasce la grande sofferenza della persona e la poca concretezza e attendibilità della comunicazione interpersonale. La situazione di sdoppiamento tra il fluire della vita e la staticità della maschera, è all’origine di una complessiva teatralizzazione dei rapporti umani, in quanto ciascuno è costretto a recitare, e recita, la parte che il mondo circostante gli impone. Con la sua ampia e innovativa produzione teatrale e narrativa, Pirandello interpreta quindi genialmente la crisi dell’uomo moderno nel rapporto con se stesso e con gli altri apportando un contributo enorme alla ridefinizione del romanzo del sec. XX e facendo da straordinario “apripista” al teatro contemporaneo che ancora oggi vive di essenza e vitalità pirandelliane. Tra le opere: romanzi e novelle (“L’esclusa”,1901, “Il fu Mattia Pascal”, 1904, “Uno, nessuno, centomila”,1925, “Il viaggio”, 1928); testi teatrali (“Lumìe di Sicilia”, 1910, “Liolà”, 1916, “Pensaci Giacomino”, 1916, “Così è se vi pare”, 1917, “Il berretto a sonagli”, 1917, “Il gioco delle parti”, 1918, “Ma non è una cosa seria”, 1918, “Sei personaggi in cerca d’autore” 1921, “Vestire gli ignudi”, 1922, “Enrico IV”, 1922, “La giara”, 1925, “Come tu mi vuoi”, 1930, “Questa sera si recita a soggetto”, 1930), ecc. Riceverà il Premio Nobel per la Letteratura nel 1934 e morirà di polmonite due anni dopo. 197
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1914 Europa-Mondo: il Vecchio Continente è teatro dei preparativi e dell’avvio di una lunga e sanguinosissima guerra che per la prima volta sarà chiamata “Grande” e che coinvolgerà il mondo intero. I protagonisti fondamentali sono tutti Stati che da duemila anni si dicono “cristiani” ma che del messaggio del cristianesimo sembrano avere smarrito anche la più pallida memoria. La guerra inizia il 1 agosto e vede contrapposti gli Imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) uniti dal patto della “Triplice Alleanza” (il terzo membro, l’Italia, per ora neutrale, nel 1915 abbandonerà l’ “Alleanza”) e gli Alleati (Francia, Inghilterra, Russia) uniti dal patto della “Triplice Intesa”. Ai primi si uniranno la Turchia (2.8.1914) e la Bulgaria (12.10.1915). Ai secondi, la Serbia (6.8.1914), il Giappone (23.8.1914), l’Italia (24.5.1915), la Romania (27.8.1916), gli USA (6.4.1917), la Grecia (giugno 1917), il Siam (22.7.1917), la Cina (14 agosto 1917), il Brasile (26.10.1917) e il Belgio. I venti di guerra erano presenti già da molti anni. Li alimentava il clima di nazionalismo esasperato (spesso isterico) diffuso in modo innaturale nei vari paesi europei, abilmente fomentato dai governanti, e il desiderio di imperialismo ben radicato non solo nelle menti dei governi ma anche in quelle di gran parte dei loro fanatici popoli. La Germania del “kàiser” Guglielmo II aveva iniziato a potenziare notevolmente il proprio apparato militare già dagli anni di fine sec. XIX. Suscitando grandi risentimenti in Turchia, Serbia e Montenegro e creando forte tensione con la Russia, l’Austria, sempre più politicamente impegnata sul fronte dell’imperialismo, aveva deciso (1908) l’annessione all’Impero asburgico della Bosnia-Erzegovina, uno Stato in teoria turco ma in pratica sotto amministrazione austriaca dal 1878. L’Italia aveva dichiarato guerra alla Turchia (1911) e aveva avviato la conquista della Libia, ottenendo la sovranità sulle province della Tripolitania e della Cirenaica il successivo 5 novembre. Nel 1912 aveva poi conquistato il Dodecanneso greco strappandolo sempre alla Turchia. Nei Balcani, dal 1913, infuriava la guerra tra la Turchia e gli Stati dell’area e spesso tra gli stessi Stati balcanici. L’Europa era veramente pronta ad esplodere alla prima scintilla. E la scintilla scocca il 28 giugno 1914 con l’assassinio a Sarajevo, in Serbia, dell’erede al trono dell’Impero asburgico, l’arciduca Francesco Ferdinando, e della moglie. L’omicida è un giovane studente serbo (tale Gravilo Princip) militante in movimenti tesi all’affrancamento della Serbia dall’influenza imperialista austriaca. Andato a vuoto l’ultimatum austriaco alla Serbia (23 luglio) con cui l’Austria chiede lo scioglimento delle organizzazioni patriottiche e la consegna dei responsabili morali e materiali dell’omicidio, il conflitto diventa inevitabile. La dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia è del 28 luglio 1914, l’inizio della guerra (la “Prima” guerra mondiale), come già accennato, del successivo 1 agosto. La guerra, che causerà il crollo dell’Impero austro-ungarico (la potenza tedesca crollerà invece nel 1945 a conclusione della “Seconda” guerra mondiale), finirà nel novembre 1918 con la vittoria dell’Intesa. Essa lascerà però sul suolo europeo distruzione, devastazione, prostrazione e disperazione inimmaginabili, e nelle trincee, nei campi di battaglia e sotto le bombe e le macerie oltre 10 milioni di morti (1/3 dei 198
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paesi Alleati e 2/3 degli Imperi centrali), dei quali circa la metà civili, e 20 milioni di feriti e mutilati. L’Italia conterà circa 600 mila morti e oltre 1 milione di feriti. 1914-1922 Italia: al governo Giolitti succede (1914) il governo Salandra che si trova subito di fronte alla delicata situazione bellica europea. Dopo una prima dichiarazione di neutralità (2 agosto 1914) l’Italia, ribaltando completamente l’alleanza del 1882 entra però in guerra contro l’Austria-Ungheria (24 maggio 1915) e la Germania (6 aprile 1916), a fianco di Francia, Inghilterra, Russia (Triplice Intesa) e, dal 6 aprile 1917, degli USA. Alla conferenza di Pace di Parigi (aperta a Versailles il 18 gennaio 1919) seguita alla fine della Prima guerra mondiale (novembre 1918), l’Italia siede tra le potenze vincitrici. Ad essa vengono riconosciuti i territori di Trento, Trieste e dell’Istria (che però al termine della Seconda guerra mondiale sarà annessa alla Jugoslavia) ma non Fiume e la Dalmazia e neanche gli ufficiosamente concordati compensi coloniali. Tale vittoria “mutilata” acuisce nel paese i profondi contrasti e le tante divisioni da tempo presenti tra la popolazione. Gli anni dei governi Salandra (liberale conservatore, 1914-19) Nitti (sinistra moderata, 1919-20), Giolitti (1920-21), Bonomi (giugno 1921-febbraio 1922) e Facta (febbraio-ottobre 1922) sono pertanto carichi di tensione e incertezza. Ne approfitta il partito fascista del romagnolo già socialista Benito Mussolini (fondato nel 1919 contemporaneamente al partito popolare cattolico di don Luigi Sturzo; nel 1921 dalla scissione socialista di Livorno vede la luce anche il partito comunista) che con sistematica violenza2 smantella la rete
Con riguardo alla violenza del partito fascista, queste le parole e le agghiaccianti cifre, riferite al solo biennio 1920-21, fornite da Antonio Gramsci nel 1921: “Nei 365 giorni dell’anno 1920, 2.500 italiani (uomini, donne, bambini e vecchi) hanno trovato la morte nelle vie e nelle piazze, sotto il piombo della pubblica sicurezza e del fascismo. Nei trascorsi 200 giorni di questo barbarico 1921 circa 1.500 italiani sono stati uccisi dal piombo, dal pugnale, dalla mazza ferrata del fascista, circa 40.000 liberi cittadini della democratica Italia sono stati bastonati, storpiati, feriti; circa 20.000 altri liberissimi cittadini della democraticissima Italia sono stati esiliati con bandi regolari, o costretti a fuggire con le minacce dalle loro sedi di lavoro e vagolano per il territorio nazionale, senza difesa, senza impiego, senza famiglia; circa 300 amministrazioni comunali elette col suffragio universale sono state costrette a dimettersi; una ventina di giornali socialisti, comunisti, repubblicani, popolari sono stati distrutti, centinaia e centinaia di Camere del Lavoro, di Case del Popolo, di cooperative, di sezioni comuniste e socialiste sono state saccheggiate ed incendiate; 15 milioni di popolazione italiana dell’Emilia, del Polesine, delle Romagne, della Toscana, dell’Umbria, del Veneto, della Lombardia sono stati tenuti permanentemente sotto il dominio di bande armate che hanno incendiato, hanno saccheggiato, hanno bastonato vecchi, hanno ridotto alla fame e alla disperazione centinaia di famiglie, hanno calpestato tutti i sentimenti popolari, dalla religione alla famiglia, hanno fatto impazzire per il terrore e morire dei bambini e dei vecchi. Tutto questo è stato permesso dalle autorità ufficiali, è stato o taciuto a esaltato dai giornali; una pazzia collettiva parve avere invaso la classe dirigente, il Parlamento, i governi. Tutta questa gente pensava che la vita nazionale potesse normalizzarsi secondo il ritmo fascista; che nessuna reazione, né psicologica, né fisica, dovesse fermentare nella popolazione in tal modo tormentata, avvilita, schiacciata…” (V. Antonio Gramsci “Socialismo e Fascismo. L’Ordine Nuovo, raccolta di editoriali 1921-1922” - Einaudi Torino 1978, pag. 248). 2
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organizzativa socialista, stringe rapporti privilegiati con i grossi ambienti industriali ed agrari e riesce ad illudere perfino il mondo operaio. Il 28 ottobre 1922 il partito organizza la famosa “marcia su Roma” e due giorni dopo (30 ottobre) Mussolini, parlamentarmente “forte” di appena 30 deputati eletti alla Camera (elezioni del 17 maggio 1921) nelle liste governative giolittiane, è chiamato dal Re a formare il nuovo governo. 1917 Russia: è l’anno della “Rivoluzione d’ottobre” che tra marzo e novembre porta, nel paese più popoloso d’Europa (130 milioni di abitanti; 80% contadini; capitale Pietroburgo) alla caduta del regime zarista e all’instaurazione di quello “comunista”. Tra le cause del grande evento rivoluzionario sono certamente da ricordare le gravi perdite subite dalla Russia nel corso della guerra in Europa ma anche, e soprattutto, le difficilissime condizioni di vita della popolazione. L’insurrezione di Pietroburgo (8-15 marzo; febbraio per il calendario russo) con l’abdicazione e l’arresto dello zar Nicola II Romanov e della famiglia imperiale è il primo atto della Rivoluzione. La creazione di un governo provvisorio moderato ma molto debole, la formazione dei soviet (consigli rivoluzionari in contrapposizione al potere centrale) locali di operai, soldati e contadini, l’influenza sugli eventi di Vladimir Ilic Ulianov detto “Lenin”, il controllo dei soviet più importanti (tra i quali quelli di Mosca3 e di Pietroburgo) da parte di Lenin e dei suoi seguaci (i cosiddetti “bolscevichi”), sono quelli immediatamente successivi. Una nuova e più corale insurrezione rivoluzionaria volta alla effettiva presa del potere è a questo punto inevitabile. Ed è quello che decide Lenin e il Comitato centrale del partito bolscevico, ed è quello che viene messo in atto: tra il 6 e il 7 novembre (24 e 25 ottobre secondo il calendario russo) si ha la caduta del debole governo centrale, la presa del potere dei bolscevichi e la formazione di un governo socialista. La Russia diventa così il primo Stato “socialista” del pianeta. Il 1918 vedrà poi la pace separata con la Germania (3 marzo; durante l’intero periodo rivoluzionario la guerra europea contro gli Imperi centrali era infatti proseguita), l’uccisione dello Zar e dell’intera famiglia reale (16 luglio), l’incrudelirsi della immancabile guerra civile interna tra Armata Rossa e resistenti dell’Armata Bianca (la guerra finirà nel 1920 con la disfatta di questi ultimi) e infine la proclamazione della “Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa” che nel dicembre 1922 diverrà il pilastro fondamentale dell’URSS (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche), uno Stato comunista costituito dall’unione con la Russia delMosca era stata un centro di notevole importanza dell’aggregato russo (allora privo di una vera e propria città guida) già in epoca di soggezione ai Tartari di Gengis Khan (sec. XIV-XV). Era stata poi sede (1431) del metropolita della Chiesa russa e, dal 1589, dell’omonimo patriarcato. All’atto della formazione dello Stato russo (1480 c.) attorno al granducato della Moscovia (dall’inizio del sec. XVI i duchi moscoviti assunsero il titolo di Zar e contemporaneamente avviarono la politica espansionistica verso est e verso ovest), era divenuta capitale della Russia e tale era rimasta fino al 1703, anno in cui in tale ruolo le era subentrata la città di Pietroburgo da poco fondata dallo zar Pietro I il Grande. Riprenderà le funzioni di capitale nel marzo del 1918. 3
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le 14 Repubbliche Socialiste sorte sui suoi confini dopo la Rivoluzione (Armenia, Bielorussia, Georgia, Moldavia, Ucraina, Estonia, Lettonia, Lituania, Azerbaigian, Kazakhstan, Kirgizistan, Tadzikistan, Turkmenistan, Uzbekistan). Lotte e contrasti interni fin dai primissimi vagiti rivoluzionari, dittatura del “proletariato”, abolizione della grande proprietà fondiaria privata, nazionalizzazione delle banche, messa al bando della religione, persecuzione della Chiesa ortodossa, aiuti ai novelli partiti comunisti fratelli degli altri paesi del mondo per la realizzazione della rivoluzione comunista mondiale, ripresa della produzione, campi di prigionia per i dissidenti, annullamento del diritto popolare all’autodeterminazione promesso da Lenin, morte di Lenin (21.1.1924) e successione di Josif Vissarionovic Stalin, culto della personalità di Lenin prima e di Stalin dopo, crimini terribili di Stalin (eliminazione fisica degli oppositori, milioni di persone morte per l’attuazione dei famosi “piani quinquennali” e della collettivizzazione forzata dell’economia). Ed ancora: partecipazione alla “Seconda” guerra mondiale al fianco delle potenze Alleate, Conferenza di Jalta tra USA, Gran Bretagna e URSS (4-11 febbraio 1945) e nuovo assetto politico dell’Europa divisa in due, Patto di Varsavia (1955) tra URSS e paesi satelliti europei (Polonia, Germania Est, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria), intervento “normalizzatore” in Ungheria (1956), muro di Berlino (1961), politica di ferro di Leonid Breznev (1964-77), intervento in Cecoslovacchia (1968), politica di apertura, di rinnovamento e di trasparenza decisionale di Michail Gorbaciov (1985-1991). Questo il molto sintetico quadro dell’intero ciclo di esistenza dell’URSS, un grande Stato fondato su principi marxisti mal applicati, uno Stato mal governato e mal gestito che farà nascere grandi speranze ma in realtà provocherà disillusioni, disastri e lutti e che vedrà la sua fine ingloriosa, ma fortunatamente pacifica, il 25 dicembre 1991. La fine dell’URSS sarà preceduta, nel biennio precedente (1989-90), dalla fine del comunismo in tutti gli altri Stati “satelliti” dell’Europa dell’Est. Senza grandi traumi ma dietro la spinta coraggiosa delle loro stesse popolazioni e il disorientamento incredulo degli impotenti governanti. 1919 Grecia: la nazione che tanto ha dato alla civiltà ed alla cultura del mondo occidentale (v. pag. 49) porta a termine la completa unità territoriale. Conquistata dai turchi ottomani nel corso dei sec. XV-XVI (1460 c. isole Egee; 1540 Peloponneso; 1566 isole Cicladi; 1669 Creta) e liberata dalle potenze europee alleate (Francia, Inghilterra, Russia; 1829, battaglia anti-turca di Adrianopoli), nel 1833 la corona della nuova monarchia era stata affidata, dalle potenze vincitrici, ad Ottone di Baviera che assunse così il titolo di primo “Re di Grecia” (del territorio del nuovo Stato erano parte integrante le isole Cicladi e le Egee quasi al completo). Ad Ottone era succeduto (1863) Giorgio I, figlio di Cristiano IX di Danimarca, che aveva instaurato un regime monarchico costituzionale. Nel 1864 al territorio dello Stato vennero annesse anche le isole jonie cedute dall’Inghilterra che le aveva acquisite nel 1809. L’unità territoriale si era realizzata tra il 1881 (l’Impero ottomano aveva rinunciato alla Tessaglia), il 1913 (fine delle guerre balcaniche contro i turchi, 201
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1908-13, e conquista di parte della Macedonia, dell’Epiro del Sud, di Creta e delle isole egee di Samo, Chio e Lesbo) ed il 1919 (conquista della estrema parte orientale della Macedonia). Nel 1947 infine riotterrà il Dodecanneso italiano – Rodi, kos, Samo, Karpatos e isole vicine – conquistate dall’Italia giolittiana nel 1912. La monarchia greca cesserà di esistere nel 1967 allorché, dopo un lungo periodo di instabilità, sarà rovesciata da un colpo di stato militare neofascista. L’ultimo re, Costantino II, figlio di Paolo I a cui era succeduto nel 1964, tenterà di opporsi al nuovo regime ma sarà costretto all’esilio. Oggi la Grecia è una repubblica democratica da alcuni anni pienamente integrata nella Unione Europea. 1923 Mondo arabo: dopo decenni di progressiva disgregazione, l’Impero ottomano, ridotto ormai al solo territorio della Turchia4, si costituisce nella Repubblica turca odierna. Gli ex territori dell’Impero, dopo secoli di grave decadenza, solo con la penetrazione coloniale europea dei sec. XIX-XX avevano iniziato ad intraprendere, pur tra le mille contraddizioni del colonialismo, il faticoso cammino verso la ripresa sociale ed economica. L’Algeria era stata colonizzata nel 1830 dalla Francia, il Marocco costiero nel 1852 (Spagna), la Tunisia nel 1882 (Francia), l’Egitto nel 1882 (Gran Bretagna), il Marocco interno nel 1912 (Francia), la Libia nel 1912 (Italia); ed ancora, ma sotto mandato fiduciario, la Siria ed il Libano nel 1920 (Francia), la Palestina e l’Irak nel 1920 (Gran Bretagna). L’Egitto conquista l’indipendenza nel 1922; l’Algeria, la Tunisia, il Marocco e la Libia la conquisteranno rispettivamente nel 1962, 1956 e 1947-51; la Siria, il Libano e l’Irak nel 1946, 1925-46 e 1932; dalla Palestina avranno invece origine gli Stati di Giordania, 1946, e di Israele, 1948. 1922-1948 Italia: queste le date più significative del “ventennio fascista” (1922-1943) e degli anni immediatamente successivi: 1922 Abrogazione della legge che legalizza l’avvenuta occupazione delle terre incolte da parte dei contadini siciliani e laziali (Regio Decreto 1919). Abrogazione delle disposizioni post-belliche che vietano la cacciata dei coloni dalle terre e gli aumenti dei canoni di affitto della terra. 24.1.1924 Scioglimento delle Camere e indizione delle elezioni con la nuova legge elettorale fascista (legge Acerbo che assegna i 2/3 dei seggi al partito di maggioranza relativa). 6.4.1924 Ultime elezioni libere (svolte in un clima di violenza e di intimidazio4 E “Turchia” è stato chiamato nelle pagine precedenti a proposito degli eventi della Prima guerra mondiale (v. pag. 198).
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10.6.1924 18.6.1924 1925-26 4.6.1928 11.2.1929 8.10.1931 3.10.1935 9.10.1935 14.7.1938 7.4.1939 1.9.1939 10.6.1940 10.7.1943 19.7.1943 25.7.1943 27.7.1943 8.9.1943 12.9.1943
ne): il 65% dei voti va alla lista del “Blocco nazionale” comprendente i fascisti. Assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti. Ritiro dal Parlamento dell’opposizione comunista, socialista, popolare e liberale (è il cosiddetto “ritiro sull’Aventino”). Emanazione delle leggi “fascistissime” che esautorano il Parlamento; i poteri a Mussolini possono essere revocati solo dal Re. Soppressione di partiti e sindacati. Introduzione del controllo governativo sulla stampa. Affidamento a “podestà” di nomina governativa della guida delle amministrazioni comunali. Istituzione del Tribunale speciale per il giudizio e la repressione degli oppositori del regime. Instaurazione della personale dittatura del “Duce”. Il Tribunale speciale condanna Antonio Gramsci. Il giovane filosofo marxista resterà in carcere e poi al confino fino alla morte. Assieme a lui viene condannato l’intero gruppo dirigente del partito comunista. Vengono firmati, da Mussolini per l’Italia e dal segretario di Stato cardinale Pietro Gasparri per la Santa Sede, i “Patti Lateranensi” tra l’Italia ed il Vaticano. Nasce lo Stato della Città del Vaticano. Diviene obbligatorio nelle scuole lo studio della religione cattolica. Emanazione del Decreto Legge che impone ai docenti universitari il giuramento di fedeltà al regime. Invasione dell’Etiopia. La Società delle Nazioni decreta le “sanzioni economiche” (la sospensione, cioè, di ogni relazione economica) nei confronti dell’Italia. Pubblicazione del “Manifesto della razza” ed emanazione delle leggi razziali contro gli ebrei che vengono espulsi dal lavoro, dalle scuole e subiscono la confisca dei beni. Occupazione dell’Albania. Attacco tedesco alla Polonia ed inizio della Seconda guerra mondiale. L’Italia dichiara guerra alla Francia e all’Inghilterra. Gli Alleati anglo-americani sbarcano in Sicilia. Bombardamento alleato di Roma. Il Gran Consiglio del fascismo vota per il ripristino delle prerogative della Corona ed a sfavore di Mussolini. Arresto del Duce. Scioglimento del partito fascista. Pubblicazione dell’armistizio tra Italia ed Alleati concluso in segreto, nei giorni precedenti, dal nuovo capo del governo, il maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Gran parte del territorio italiano è occupato dai tedeschi. Trasferimento del Re, di Badoglio e dello Stato Maggiore militare prima a Pescara e poi a Brindisi sotto protezione alleata. Paracadutisti tedeschi liberano Mussolini dall’albergo-prigione di Campo Imperatore, sul Gran Sasso, ove era stato confinato. Il Duce viene trasferito in Germania. 203
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23.9.1943 Mussolini rientra in Italia e fonda la Repubblica Sociale Italiana, entità statale sostanzialmente succube dei tedeschi, con giurisdizio ne sui territori dell’Italia settentrionale occupati dalla Germania e con capitale Salò (Brescia). 22.1.1944 Sbarco alleato tra Anzio e Nettuno. 21.4.1944 Formazione di un governo di coalizione antifascista. 4.6.1944 Liberazione di Roma. 22.8.1944 Liberazione di Firenze. 16.12.1944 Discorso di Mussolini al teatro Lirico di Milano: appello alla difesa della valle del Po. 21.4.1945 Gli Alleati entrano a Bologna. 25.4.1945 I Comitati di liberazione nazionale proclamano l’insurrezione generale. Vengono liberate le grandi città del Nord. È la definitiva liberazione dal fascismo. 27.4.1945 Mussolini cerca di fuggire in Svizzera ma viene catturato a Musso nei pressi di Dongo (Como) e nelle vicinanze fucilato il giorno seguente assieme alla fedele compagna Claretta Petacci. I due corpi sono lo stesso giorno esposti (a testa in giù) al linciaggio della folla in piazzale Loreto, a Milano, ove 8 mesi prima i fascisti avevano fucilato 15 cittadini. 9.5.1946 Re Vittorio Emanuele III, nell’estremo tentativo di salvare l’istituto mo narchico, compromesso con il fascismo, abdica in favore del figlio Um berto II. 2.6.1946 Si vota per il referendum istituzionale e per l’elezione dell’Assem blea Costituente. Con 12.717.923 voti (il 54,3%) contro 10.719.284 (45,7%) si afferma la Repubblica. 6.6.1946 Partenza di Umberto II, “Re di maggio”, per l’esilio portoghese di Ca scàis. 1.1.1948 Entra in vigore la Costituzione repubblicana attuale. 1931-1936 Spagna: l’instabilità politica e sociale che grava sul paese da decenni (disastrosi esiti della guerra con gli USA del 1898 che aveva portato alla perdita della sovranità coloniale sulle Filippine, Puerto Rica e Cuba; richieste popolari sempre più stringenti di rinnovamento della politica e della società e risposte governative molto dure culminate nella fucilazione, nel 1909, dell’anarchico Francisco Ferrer; attentato e uccisione del capo del governo J. Canalias nel 1912; sostanziale immobilismo sociale del primo dopoguerra; rivendicazioni autonomistiche della Catalogna; ecc.) porta ad una netta vittoria, alle elezioni municipali del 12 aprile 1931, delle forze repubblicane e socialiste. Re Alfonso XIII di Borbone è costretto ad abbandonare il trono, pur senza formalmente abdicare, e il 9 dicembre viene istituita la repubblica e promulgata una nuova Costituzione. Dopo anni di rovesci elettorali (vittoria dei partiti conservatori, novembre 1933; vittoria delle Sinistre, febbraio 1936), nuovi governi, autonomismi della Catalogna accettati e revocati e manifestazioni popolari e delle classi lavoratrici pesantemente represse (Barcellona, 1933; Asturie e Catalogna, 1934), nel luglio del 1936 il gene204
L’età contemporanea: il Novecento e l’inizio del terzo millennio
rale Francisco Franco, comandante delle truppe di stanza nel Marocco spagnolo, incoraggiato dalle affermazioni del fascismo in Italia (v. pag. 202) e del nazismo in Germania (v. pag. 206) e dalle incertezze di grandi potenze europee come la Francia e l’Inghilterra, non accettando la nuova situazione politica venutasi a creare dopo le elezioni di febbraio, dà l’avvio (18 luglio) all’invasione del paese. I ribelli (monarchici, nazionalisti, cattolici e fascisti della “Falange espanola”) si contrappongono al “Fronte popolare” che riunisce i partiti della Sinistra e che, sotto la guida del socialista Largo Caballero, chiede espressamente l’aiuto delle nazioni europee. Ha inizio la guerra civile. Il 30 luglio i seguaci del generale Franco costituiscono a Burgos un governo di difesa nazionale. Il 6 novembre inizia l’assedio di Madrid che costringe il governo repubblicano al trasferimento a Valencia. La capitale però resiste eroicamente pur di fronte all’attacco terribile di violenti bombardamenti aerei. 1937-1939 Spagna: imperversa la guerra civile combattuta non solo dagli spagnoli ma anche da truppe ufficiali portoghesi, italiane e tedesche, a fianco delle truppe del generale Franco, e dalle forze delle cosiddette “Brigate internazionali” costituite da diverse decine di migliaia di volontari antifascisti giunti nella nazione iberica da ogni parte d’Europa, ed anche dall’Italia, a sostegno del legittimo governo. Un concreto e grande aiuto palese al governo repubblicano viene in particolare fornito dall’Unione Sovietica di Stalin. L’8 febbraio 1937 le truppe franchiste entrano a Malaga e in soli sei giorni conquistano l’intera provincia. Il successivo 18 marzo reparti delle “brigate” sconfiggono un grosso corpo di spedizione italiano presso Guadalajara. Il 26 aprile dello stesso anno l’aviazione tedesca bombarda ferocemente la città basca di Guernica. Il 14 giugno cade Bilbao. La guerra prosegue ancora per l’intero 1938 (il 26 gennaio cede Barcellona; il 15 aprile con la conquista di Vinaroz i franchisti spezzano in due il territorio della Repubblica; tra il 25 luglio e il 16 novembre hanno la meglio, dopo lunghi e violenti combattimenti, anche nella zona del fiume Ebro) e giunge a conclusione nel marzo 1939 con l’ingresso vittorioso delle truppe del generale Franco, il giorno 28, a Madrid. Termina così una guerra sanguinosa che lascia sul terreno oltre 800.000 morti! Piegata la Spagna al suo volere, il “generalissimo” Franco instaura la sua dittatura sul paese, una dittatura ispirata al modello del fascismo italiano, e aderisce subito, ovviamente, all’alleanza tedesco-italiano-giapponese (v. pag. 206) pur se durante la Seconda guerra mondiale, nonostante l’invio di truppe in URSS a fianco della Germania, manterrà una posizione defilata e di non belligeranza. Il regime franchista si protrarrà fino al 1975 e al giorno della morte dell’ormai 83-enne generale (20 novembre). Il 22 novembre verrà ripristinata la monarchia, costituzionalmente reintrodotta per volere dello stesso Franco nel 1947, e salirà al trono il 37-enne re Juan Carlos I di Borbone, nipote di Alfonso XIII, nato a Roma nel 1938, che riporterà con saggezza e determinazione la Spagna alla democrazia.
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Breve storia del Mondo occidentale
1939 Europa-Mondo: dopo poco più di 20 anni dalla fine del precedente terribile conflitto l’Europa si prepara a viverne un altro ancora peggiore. Sono sempre Germania e, in sott’ordine, Austria le protagoniste principali. Uscite sconfitte e molto ridimensionate dalla “Grande” guerra, negli ultimi anni, contravvenendo ai trattati di pace, entrambe si sono notevolmente riarmate e, in preda a deliri nazionalisti e di potenza, entrambe hanno affidato la loro guida politica al capo del partito nazionalsocialista, il nietzschiano di origine austriaca Adolf Hitler. La Germania gli si è affidata “democraticamente” negli anni 1933-34 dando il via al “nazismo” (nelle elezioni del marzo 1933 Hitler aveva ottenuto la maggioranza nel Reichstag, il Parlamento tedesco, ed era divenuto “cancelliere”; l’anno successivo, alla morte del presidente Paul von Hindenburg, aveva assunto anche le cariche di capo dello Stato, comandante supremo delle Forze armate, ecc.), l’Austria si è lasciata docilmente annettere alla Germania nel 1938. Tutto è pronto per la nuova tragica avventura fortemente cercata dalla sempre presente volontà di potenza e di dominio dell’uomo e dei governi e dalla pretesa di Hitler e del suo popolo di sentirsi e di essere, ciascuno e tutti, il famoso “superuomo” teorizzato dal tedesco Nietzsche (v. pag. 193), di cui però il “Fuhrer” è ritenuto assolutamente il primo e il “super” per eccellenza, icona superba e inarrivabile. La tragedia inizia il 1 settembre 1939 con l’invasione della Polonia, rea di aver resistito alle richieste hitleriane di annessione del territorio di Danzica. Dalla Polonia si estende però presto all’intero Continente. Si ripete quindi il dramma della divisione dell’Europa e del mondo nei due blocchi schierati a sostegno dei belligeranti: Gran Bretagna, Francia, Russia, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Grecia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda. Filippine, Indonesia, Birmania, Sudafrica, ecc. da una parte, Germania, Austria, Italia, Giappone, Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovacchia, Jugoslavia, ecc. dall’altra. La “Seconda” guerra mondiale, un orrendo e crudele quinquennio di lutti e devastazioni, di dolore e disperazione, di distruzioni e massacri, di atrocità e folle cinismo, finirà nell’agosto del 1945 e conterà 51 milioni di morti dei quali circa la metà civili. I feriti e i mutilati saranno molte decine di milioni. Stavolta però la guerra mostrerà al mondo anche qualcosa di mostruosamente inconcepibile: i campi di concentramento tedeschi con le camere a gas collettive e i forni crematori e le nuove e terrificanti bombe americane dette “atomiche” perché sfruttanti l’enorme energia dell’atomo. Nei primi moriranno oltre 6 milioni di persone colpevoli solo di essere di origine ebraica (con loro verranno uccisi centinaia di migliaia di altri innocenti e indifesi esseri umani ritenuti non degni di esistenza; solo gli zingari saranno tra i 300 e i 500 mila), le seconde uccideranno in Giappone altre centinaia di migliaia di inermi civili. 1943-45 Orrori di guerra: dei 51 milioni di morti e delle tante atrocità della Seconda guerra mondiale si è appena detto. Qui se ne ricorda ancora una per molti decenni taciuta dalla storia ufficiale: il riprovevole comportamento italiano in Istria e le uccisioni di massa nelle cosiddette “foibe” del Carso. 206
L’età contemporanea: il Novecento e l’inizio del terzo millennio
Riconosciuta all’Italia dal trattato di Parigi (Versailles, aprile 1919), l’antico possedimento veneziano dell’Istria, passato all’Austria, con la Dalmazia, dopo il Congresso di Vienna, viene occupata dall’esercito italiano. Conseguenza dell’occupazione sono le decine di migliaia di profughi croati e sloveni che cercano di raggiungere altri territori jugoslavi e le vessazioni sulle città e i villaggi (prepotenze, abusi, distruzioni, incendi, morti, feriti, ecc.). Le vessazioni e le sopraffazioni proseguono nel “ventennio fascista” (leggi speciali, burocrazia ai soli italiani, confisca delle proprietà, messa al bando dell’uso delle lingue locali in pubblico, espulsione degli insegnanti non graditi, ecc.) e, ovviamente, anche nel corso della Seconda guerra mondiale: nel 1942 ne è emblema l’eccidio del villaggio di Postum (circa 1.200 abitanti) che viene quasi interamente distrutto, gli abitanti costretti alla fuga ed oltre 100 tra i suoi cittadini fucilati sommariamente. Allorché, negli anni 1943-45, l’esercito di liberazione jugoslavo del maresciallo Tito riacquisisce il controllo del territorio, iniziano le ritorsioni e la caccia indiscriminata all’italiano identificato indiscriminatamente come “fascista”: oltre 10.000 italiani vengono fucilati e gettati, anche ancora vivi, nelle cavità carsiche della zona chiamate “foibe”; altri 350.000 sono costretti ad abbandonare le loro terre e le loro case per fuggire verso l’Italia. In seguito l’Italia riconoscerà tali beni alla Jugoslavia come risarcimento di guerra e si impegnerà a risarcire, a sua volta, i profughi italiani. Impegno che sarà pressoché non onorato. La tragedia istriana sarà accuratamente occultata per ben 60 anni da tutte le parti politiche italiane avendo ciascuna di esse di che vergognarsi di quelle orribili vicende. Uguale comportamento avranno la cultura ufficiale e i libri di storia. Solo all’inizio degli anni 2000 si inizierà a discuterne apertamente. 1945 Mondo: con il fine preciso di cercare di salvaguardare la pace tra le nazioni del pianeta e di promuovere la cooperazione internazionale nasce (24 ottobre) l’Organizzazione della Nazioni Unite (ONU). Si tratta, in realtà, di un tentativo di riedizione, con nuove logiche e nuove regole, della vecchia “Società delle Nazioni” istituita nel 1920, all’indomani della grande tragedia della Prima guerra mondiale, e praticamente decaduta di fronte al fallimento della sua missione certificato in modo eclatante dalla nuova e grande guerra. L’ONU avrà vita più lunga e tuttora continua ad avere un ruolo importante, anche se quasi mai decisivo, nelle tante aree di crisi del nostro mondo. Purtroppo il suo non riuscire ad essere completamente indipendente dalla politica delle grandi potenze che siedono nei seggi permanenti del “Consiglio di sicurezza” (USA, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia) ed il determinante “diritto di veto” che queste ultime usano spesso per privilegiare interessi e convenienze di parte, ne condizionano fortemente l’attività, la credibilità piena e il prestigio. La sede ufficiale è, ovviamente in extraterritorialità, a New York nel famoso “Palazzo di vetro”. 1945 Gran Bretagna: il 64-enne medico e batteriologo scozzese Alexander Fleming 207
Breve storia del Mondo occidentale
(1881-1955) riceve il premio Nobel per la medicina. Suo grande merito è l’aver rilevato in una muffa, negli anni 1928-29, l’attività antibatterica del fungo “penicillium notatum”, attività che aveva portato alla scoperta di una sostanza, per i tempi, miracolosa: la penicillina, l’antibiotico che, riprodotto per via sintetica, rivoluzionerà la medicina e sarà fondamentale per la vita e la salute dell’uomo nel mondo intero. La “muffa” di Fleming consentirà infatti il controllo e la cura delle più diffuse e gravi patologie dell’organismo umano, molto spesso mortali prima della sua scoperta, quali le infezioni batteriche causate da streptococchi, stafilococchi, pneumococchi, gonococco, meningococco, spirilli, ecc. (bronchite, polmonite, meningite, sifilide, salmonellosi, ascessi e tutte le altre più comuni malattie infettive). Il nuovo antibatterico avrà tuttavia minore efficacia su affezioni particolari come la tubercolosi, il tifo, il paratifo e le brucellosi, che necessiteranno di antibiotici specifici, e sarà ovviamente inefficace sulle malattie non provocate da batteri ma da virus. L’isolamento e la successiva produzione industriale della penicillina era stata ottenuta ad Oxford nel 1940 dal medico patologo Howard Florey e dal biochimico Ernst Chain, entrambi inglesi ed entrambi associati al Fleming nella premiazione con il Nobel. 1946 Europa: al termine della Seconda guerra mondiale che ha visto, fino al 1943, l’Italia e la Germania unite contro le vittoriose potenze “alleate” occidentali e la Russia, dalle ceneri della immane distruzione bellica nasce, divisa in due, la nuova Europa delle “Repubbliche” (delle antiche monarchie restano integre solo quelle dei Regni nordici di Svezia, Danimarca e Norvegia, quelle dei Paesi Bassi e di Gran Bretagna; nel 1975 sarà restaurata anche la monarchia spagnola con l’avvento al trono del giovane re Juan Carlos di Borbone, v. pag. 205) non più arbitra dei destini del mondo ma “vassalla” delle superpotenze americana e sovietica. Quest’ultima si dissolverà però negli anni 1989-91 con il crollo dei regimi comunisti post-Seconda guerra mondiale dell’Europa dell’Est, l’abbattimento del “muro” di Berlino (emblema della divisione in due anche della sconfitta Germania) nel 1989 e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991). 1946-2000 Italia-Mondo: l’Italia repubblicana nata nel 1946 sotto l’ovvia tutela USA si avvia a vivere la sua nuova esperienza democratica. La novella Repubblica già negli anni ’60 riesce a darsi una certa dignità ed a lasciarsi alle spalle le tragedie della guerra e le più grandi difficoltà post-belliche avviandosi a diventare uno dei paesi più industrializzati e ricchi del mondo. È però geograficamente situata quasi sulla linea di demarcazione tra il mondo occidentale e il mondo comunista e ciò la consegna a una vita politica segnata dagli interessi più o meno leciti americani e dalla contrapposizione – prima molto decisa, poi più dialogante – tra i partiti di centro (Democrazia cristiana e satelliti liberale, socialdemocratico, repubblicano e socialista) e il partito comunista – il più grande dell’Europa occidentale – e ad una vita democratica fortemente inquinata, dalla fine degli anni ’60 e per tutti gli anni ‘70, dal terrorismo politico delle “Brigate Rosse” e degli apparati “deviati” dello stesso 208
L’età contemporanea: il Novecento e l’inizio del terzo millennio
Stato. Anche la vita civile non riesce a mantenersi nei canoni della normalità a causa dalla sempre più arrogante attività della criminalità organizzata (particolarmente a partire dai primi anni ’70) e dal contemporaneo e diffuso malaffare del binomio grande imprenditorialità-banche, l’una e l’altro prepotentemente incuneati nel mondo della politica. Sono gli anni dell’uccisione del presidente dell’ENI Enrico Mattei (27 ottobre 1962), impegnato a dare all’Italia una certa autosufficienza in materia energetica. Gli anni della cosiddetta “strategia della tensione” con le “stragi di Stato” di Piazza Fontana a Milano (all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura nel pomeriggio del 12 dicembre 1969 esplode un potente ordigno che provoca 17 morti e 86 feriti), di Piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974; 8 morti, circa 100 feriti), del treno Italicus (4 agosto 1974; 12 morti e 48 feriti), della Stazione F. S. di Bologna (2 agosto 1980; bomba nella sala d’aspetto: 85 morti e 200 feriti). Gli anni della grande preoccupazione per il quasi sorpasso elettorale del PCI sulla DC (1976), della politica del “compromesso storico” che ha in Aldo Moro, presidente della DC, il trade d’union tra il grande partito della sinistra e i partiti moderati, delle eclatanti e terribili azioni del brigatismo rosso culminate proprio nel rapimento (16 marzo 1978) e nell’uccisione del presidente Moro (9 maggio 1978). Gli anni della continua e sconcertante scoperta del coinvolgimento negli attentati – e perfino nelle azioni brigatiste – di uomini dei Servizi segreti dello Stato, Servizi poi chiamati “deviati”, e della presenza anche dei Servizi segreti USA. Gli anni dei continui depistaggi statali, della scarsa collaborazione processuale dei politici e dei “segreti di stato”. Gli anni della scoperta (1981) della Loggia massonica “Propaganda 2” (P2) del “venerabile” gran maestro aretino Licio Gelli (anch’essa in seguito definita compiacentemente “deviata”). Sono gli anni (anni ‘70-‘80) dei grandi scandali bancari dei vari Roberto Calvi, Michele Sindona, Paul Marcinkus e dei fiumi di denaro riciclati alla mafia o portati all’estero o distratti per la costituzione di “fondi neri” (per migliaia di miliardi di lire dell’epoca) a vantaggio di politici, servizi segreti, P2, organizzazioni e paesi stranieri anticomunisti, ecc. Gli anni dei rapporti inconfessabili tra mafia e politica, della furia omicida della mafia che colpisce leali servitori dello Stato (1979-92; vengono uccisi, tra gli altri, Michele Reina, segretario provinciale della DC di Palermo; Boris Giuliano, vice questore di Palermo; Pier Santi Mattarella, presidente della Regione Sicilia; Gaetano Costa, procuratore capo di Palermo; Pio La Torre, segretario regionale del PCI siciliano; Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo; Rocco Chinnici, procuratore di Palermo; Antonino Scopelliti, giudice della Corte di Cassazione; Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, giudici del pool antimafia di Palermo) e dei maxiprocessi ai boss mafiosi. Gli anni della scoperta della grande “tangentopoli” politica e della fine della cosiddetta “Prima repubblica”. Gli anni, infine, dell’inizio della lunga stagione politica berlusconiana, una stagione tuttora (2011) in corso ed i cui esiti appaiono tutt’altro che taumaturghi per la sempre più debole democrazia della penisola. Ma non tutto è nero. L’inoltrata seconda metà del sec. XX vede infatti anche la realizzazione delle prime timide riforme riguardanti grandi temi sociali come il divorzio, i diritti dei lavoratori e l’aborto, e l’avvio di un nuovo modo di affrontare tematiche quali l’ecologia, la scuola e i diritti delle donne, ecc. Importanti segnali 209
Breve storia del Mondo occidentale
di vitalità civile e democratica che però non hanno il tempo di crescere e fruttificare soffocati come sono dalle grandi problematiche già accennate. L’Italia non percorre tuttavia in solitudine la strada della degenerazione democratica. Anche altri paesi europei vivono situazioni difficili che però non sono assolutamente paragonabili a quelle italiane. E anche gli USA hanno le loro pagine buie e inquietanti: dall’assassinio del giovane presidente John Fitzgerald Kennedy (Dallas, 22 novembre 1963) a quello del leader del movimento per i diritti civili della popolazione di colore Martin Luther King (Memphis, 4 aprile 1968), dall’irrisolta (ancora negli anni ’60) questione della “segregazione razziale” (v. pag. 142) alla più volte citata politica imperialista ancora oggi causa di sfruttamento, sofferenza, lutti e tragedie (v. pag. 147) e alla nefasta politica di guerra dei primi anni 2000 del presidente George Bush figlio (v. pag. 221). Anche nei confronti del Meridione l’Italia repubblicana è fortemente deficitaria. Essa infatti, nella sostanza, non muta l’antico atteggiamento sabaudo e fin dai suoi primi passi mostra di voler proseguire sulla via dello sviluppo economico del paese puntando solamente sul Nord, territorio che dal periodo prebellico e grazie allo sfruttamento delle risorse del Sud è ormai alle soglie del grande passo verso il definitivo decollo industriale. Ne è chiara riprova la ripartizione dei fondi destinati all’Italia dal famoso piano Marshall (piano ideato nel 1947 dal segretario di Stato USA George Catlett Marshall, per dare aiuto economico alle nazioni europee pesantemente prostrate dalla guerra): dei 1.508 milioni di dollari destinati all’Italia (al cambio attuale circa 20 miliardi di dollari ossia oltre 30.000 miliardi di lire, pari a quasi 15 miliardi di euro; 3.189 milioni di dollari sono destinati invece alla Gran Bretagna, 2.173 alla Francia e 1.390 alla Germania), ben il 90% saranno investiti nelle regioni settentrionali. Fallimentari, e forse volutamente, sono anche gli esiti della cosiddetta politica meridionalistica dei successivi anni ’50-’60. Ne consegue la ripresa del triste fenomeno dell’emigrazione, stavolta in massima parte verso l’Italia del Nord, ove, nei soli anni ’60, si trasferiscono oltre 4 milioni di italiani del Sud. Lo Stato unitario non modifica il suo atteggiamento sostanziale neanche negli ultimi decenni nonostante la notevole ma inutile presenza parlamentare e governativa di uomini politici meridionali: la scandalosa politica delle cosiddette “cattedrali nel deserto”, faraonici complessi industriali costruiti negli anni ’70-’80 dall’imprenditoria settentrionale spesso solo per nascondere interessi evidenti ma non confessabili ed altrettanto spesso mai avviati alla fase produttiva, ne è la desolante testimonianza ancora oggi tristemente presente in molte località del territorio meridionale. E proprio in questi primi anni del terzo millennio, la cinica e devastante politica di “globalizzazione” indiscriminata del modello di vita sociale e dell’economia, inseguita anche dalla attuale classe dirigente italiana, sembra destinata ad affossare definitivamente le ancora residue speranze di futuri e sostanziali sviluppi positivi. 1948-2000 Medio Oriente: con il beneplacito dell’ONU un governo provvisorio ebraico presieduto dal 62-enne uomo politico ebreo-polacco David Ben Gurion (attivo sioni210
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sta, dal 1906 in Palestina e dal 1921 segretario del partito socialdemocratico Mapai) proclama la nascita, in pieno territorio arabo palestinese, dello Stato d’Israele (14 maggio 1948). La spartizione della Palestina è attuata dall’ONU e prevede per gli ebrei il 54% del territorio palestinese. Sul restante 46% dovrà nascere il nuovo Stato della Palestina. L’annuncio è però causa immediata dell’intervento militare dei vicini Stati arabi che non riconoscono il nuovo Stato. La guerra si protrae per alcuni mesi e rivela la netta superiorità delle truppe ebraiche su quelle arabe. La proclamazione dello Stato israeliano consolida anche l’esodo verso i paesi confinanti (Libano, Siria, Giordania, Irak, Egitto, ecc.) dei palestinesi abitanti nei territori assegnati ad Israele. Alla fine del 1948 gli esuli sono oltre 725.000 (erano circa 300.000 alla fine del 1947). Alla stessa data gli israeliani hanno il controllo del 73% del territorio palestinese. Ai fuoriusciti vengono confiscati i beni e non è riconosciuto il diritto di rientro. Vengono inoltre distrutti i loro villaggi e le loro abitazioni e viene completamente cancellato anche ogni segno della loro trascorsa presenza. Negli anni ’50 i profughi raggiungono il numero di 1 milione! Il resto è storia, sanguinosa e terribile, di oggi (guerre, attentati, campi profughi, azioni militari, ritorsioni, massacri, distruzioni, morte, estrema povertà palestinese, appropriazione israeliana di nuovi territori e loro colonizzazione, muri di separazione, interventi continui dell’ONU, risoluzioni non rispettate, “caschi blu” alle frontiere, ecc.). Quello mediorientale è probabilmente il problema di più difficile soluzione che in atto ha il nostro pianeta. Se non dovesse intervenire qualche inimmaginabile nuovo evento, ha in sé tutte le potenzialità per innescare, prima o poi, una nuova e catastrofica guerra mondiale. L’origine del conflitto israelo-palestinese può essere fatta risalire al dicembre 1917 e all’occupazione inglese di Gerusalemme (9 dicembre) e poi della Palestina. Un mese prima, il 2 novembre, Arthur Balfour, ministro degli Esteri della Gran Bretagna, aveva reso pubblica la cosiddetta “Dichiarazione Balfour” con cui l’Inghilterra, per compiacere gli ebrei immigrati dall’Europa (all’epoca circa 85.000 persone su 585.000 abitanti) si impegnava a riconoscere loro il diritto di formare uno Stato ebraico, contravvenendo alla promessa fatta in precedenza ai palestinesi5. 5 La promessa era stata fatta, a nome dei governanti inglesi e francesi, dall’archeologo, utopista, filantropo e orientalista inglese Thomas Edward Lawrence (Lawrence d’Arabia), ufficiale dei Servizi Segreti inglesi, che negli anni 1914-17, mentre in Europa infuriava la Prima guerra mondiale, animava con successo, in Medio Oriente, la ribellione araba anti-turca. Il Lawrence era stato autorizzato a promettere agli arabi la creazione, nei territori arabi liberati dell’ex Impero ottomano (territori oggi costituenti Siria, Palestina, Israele, Giordania, Libano, Irak, Kuwait e l’intera penisola dell’Arabia Saudita), di un grande Stato arabo mediorientale unito, indipendente, libero e gestore delle proprie risorse. Pur dopo la sconfessione degli impegni e delle promesse da parte inglese, Lawrence resterà sempre convinto della bontà della soluzione rinnegata. Sarà forse questo il motivo per cui da più parti, dopo la sua morte in un incidente di moto in Inghilterra (Bovington, Dorset, 1935; il colonnello Lawrence ha 47 anni), verrà avanzata l’ipotesi dell’assassinio attuato per a mettere a tacere una autorevole voce dissonante nei confronti della politica occidentale mediorientale. Proprio quell’anno era prevista la
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Nel biennio successivo le due potenze coloniali dell’area, Inghilterra e Francia inventarono, e tracciarono a tavolino, senza consultare le popolazioni locali, le frontiere dei vari Stati mediorientali attuali, ex province dell’Impero ottomano (Libano, Siria, Giordania, Palestina, Arabia Saudita, Egitto, Irak, ecc.). Negli Stati artificiali così creati vennero introdotti, dalle potenze coloniali e da forze nazionaliste locali, anche Re e Costituzioni altrettanto artificiali, deboli e di facciata e ciò causò presto forti tendenze allo sfaldamento e a violenti cambi di regime. Nel corso degli anni si susseguirono quindi nuovi Re e nuovi capi che furono quasi sempre protetti dalle potenze occidentali (interessate essenzialmente e comunque al controllo dell’area e al petrolio del suo sottosuolo) e che spesso instaurarono regimi polizieschi e illiberali. Dal 1922 la Palestina fu ufficialmente sotto il mandato amministrativo britannico che, in coerenza con la Dichiarazione Balfour, incoraggiò l’immigrazione ebraica. Nel 1940 gli ebrei immigrati erano già il 33% degli abitanti della regione. E le tensioni e i contrasti con i locali diventarono sempre più forti e sentiti e talvolta molto cruenti. Dopo decenni di tensioni, di sopraffazioni e di acquisizioni di terre da parte ebraica e di azioni criminose continue e odiosissime contro gli arabi, nel 1947 era iniziato lo scontro sul campo fra arabi ed ebrei. Gli ebrei, ricorrendo ad atti di terrorismo terribili e commettendo anche crimini particolarmente efferati (massacri, operazioni di pulizia etnica, ecc.) si impossessarono di gran parte del territorio portando ad oltre 300.000 il numero dei palestinesi costretti alla fuga dalle loro case e dalle loro terre. L’ONU votò allora una risoluzione a favore di una divisione del territorio palestinese fra arabi ed ebrei. Era il preludio alla proclamazione nel 1948, in pieno territorio arabo, dello Stato d’Israele. 1957-2000 Europa: viene siglato a Roma (25 marzo 1957) l’atto costitutivo della Comunità Economica Europea (CEE). I firmatari sono i primi ministri di sei paesi dell’Europa occidentale: Francia, Germania Federale, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Le sue finalità, come evidenziato nell’art. 2 del trattato, sono la concretizzazione graduale di un mercato comune europeo (il M.E.C.), un mercato con cintura doganale comune e con libera circolazione, al suo interno, di merci, persone e capitali, un miglioramento più rapido del tenore di vita delle popolazioni degli Stati aderenti, un progressivo ravvicinamento delle politiche degli stessi Stati. Con lo stesso trattato viene istituita inoltre la Comunità Europea dell’Energia Atomica (EURATOM) con lo scopo di coordinare e sviluppare l’attività scientifica e industriale in materia di energia nucleare da utilizzare per scopi pacifici. I paesi aderenti sono ancora i sei paesi già fondatori della CEE. In precedenza (trattato di Parigi, 1951) aveva visto la luce anche la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA; finalità: creare un piano comune riedizione de “I sette pilastri della saggezza” (“The seven pillars of wisdom”), opera in cui Lawrence d’Arabia racconta la sua esperienza nella vicenda arabo-turca, pubblicata in prima edizione nel 1921. Il volume verrà comunque ristampato subito dopo la sua morte.
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per l’estrazione del carbon fossile, l’approvvigionamento del carbone e dei rottami di ferro, la produzione e la distribuzione dell’acciaio e l’unificazione dei mercati carbonifero e siderurgico; paesi aderenti ancora i sei paesi firmatari della CEE e dell’EURATOM). L’istituzione della CECA, della CEE e dell’EURATOM rappresentano i primi atti concreti di un grande e ambizioso processo teso alla promozione di una progressiva integrazione tra gli Stati europei e alla costituzione di una Europa politicamente ed economicamente unita. Dal 1 luglio 1967 le tre organizzazioni vengono fuse nell’unico organismo di una rinnovata CEE che già nei primi anni ‘70 può vantare la realizzazione di due importanti obiettivi: l’unione doganale tra i sei paesi fondatori e il mercato comune dei prodotti agricoli. Nel corso degli anni successivi la CEE si allarga anche a Danimarca, Gran Bretagna e Irlanda (1973), Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986). Nel 1993, a seguito dell’entrata in vigore di un nuovo accordo, il trattato di Maastricht, ed in vista di ulteriori integrazioni politiche ed economiche, la CEE diviene Unione Europea (UE) e nel 1995 accoglie Austria, Finlandia e Svezia e negli anni seguenti Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Malta e Cipro (2004) ed ancora Bulgaria e Romania (2007). Nei primi anni 2000 l’Europa unita raggiunge quindi i 27 membri e dal 1 gennaio 2002 dodici di essi (Belgio, Olanda, Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Germania, Austria, Francia, Italia, Grecia, Finlandia, Irlanda; in seguito si aggiungeranno Slovacchia, Slovenia, Cipro e Malta) hanno una moneta comune: l’ “euro”. La sede della Presidenza dell’Unione e del Consiglio dei ministri degli Stati membri è a Bruxelles (Belgio), il Parlamento, eletto dalle popolazioni dei vari Stati nazionali, ha invece sede a Strasburgo (Francia). Al di là dell’apparente successo dell’Unione Europea riguardo al numero degli Stati aderenti ed agli esiti conseguiti in materia di politica economica, la realizzazione di una autentica integrazione politica tra gli Stati membri sembra ancora un traguardo alquanto lontano da raggiungere. I vari Stati hanno ovviamente molte remore a cedere ad altri organismi l’intera loro sovranità. E con la sovranità anche la loro antica individualità, il loro secolare ruolo nello scacchiere politico ed economico mondiale, le loro millenarie tradizioni, la loro specificità culturale. E obiettivamente non si può dar loro torto. La nascita di un organismo politico sovranazionale europeo forte e sicuro fondato però sul completo annullamento delle peculiarità socio-culturali di ciascuno dei suoi membri è assolutamente da non auspicare. Da auspicare è invece la realizzazione, nei tempi e nei modi dovuti e nel rispetto della storia e della cultura dei singoli Stati membri, di una Europa comune federale forte e importante in grado di diventare una potenza politica ed economica (ed anche militare) tale da proiettarsi prepotentemente sullo scacchiere politico mondiale non per egemonizzare e soggiogare ma per essere un punto di riferimento di grande equilibrio e saggezza, una indispensabile stella in grado di orientare verso la via giusta anche il resto del mondo, un colosso politico ed economico formidabile che si lasci alle spalle errori ed orrori del passato e manifesti una sensibilità nuova, autentica e 213
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gratuita, nei confronti dei problemi e delle attese dei suoi popoli e di tutti i popoli bisognosi e sofferenti. seconda metà sec. XX USA-URSS: si intensifica la politica imperialista delle due “superpotenze” uscite vincitrici dalla Seconda guerra mondiale. Quella degli Stati Uniti, rivolta, secondo gli accordi di Jalta del 1945 (v. pag. 201), alla parte del mondo non assegnata all’influenza dell’URSS, viene portata avanti particolarmente nei confronti dei paesi dell’America meridionale e centrale e di quelli del Sud-est asiatico (per contenere l’influenza sovietica) e dell’Oceano Pacifico e, più pacatamente, di quelli asiatici ed europei. Uguale politica imperialista è messa in atto dall’URSS nei confronti dei paesi su cui è possibile farlo, innanzitutto verso i paesi comunisti europei e poi verso altri paesi del mondo, spesso proprio ai confini della zona di influenza USA per contenerne l’espansionismo. Il pianeta vive decenni di “guerra fredda”, una guerra tra le superpotenze non combattuta con le armi ma con la psicologia, gli atti dimostrativi, gli atti forza (Berlino Est, 1953), gli ultimatum (Cuba, 1961), le guerre locali (Corea del Sud, 1950-51; Vietnam 1964-75; ecc.) e il cosiddetto “equilibrio del terrore”, l’equilibrio assicurato dalle armi nucleari intercontinentali puntate da ciascuna delle potenze rivali sugli obiettivi strategici dell’avversario. I due arbitri dei destini del mondo si ritrovano comunque assieme in alcune fasi della corsa alla conquista dello spazio (missione Apollo 18-Soyuz 19, 1975). Le motivazioni ideologiche di base dell’imperialismo USA e URSS sono evidenti: oltre alla sempre presente volontà di affermazione di superiorità e di potenza, comune ad entrambi, per gli USA si tratta di avere il controllo economico delle aree strategiche del pianeta6. Per l’URSS di cercare sia il controllo di altre aree altrettanto strategiche, sia di esportare il sistema comunista ovunque possibile. Con la dissoluzione dell’URSS (1991) e del suo impero, nel pianeta resterà una sola superpotenza che cercherà di imporre, anche con la forza, la sua leadership ma avrà grandi difficoltà. La prepotente crescita di potenze economiche e umane come la Cina, l’India e il Brasile renderà poi agli USA ancora più difficile, o addirittura impossibile, la concretizzazione del loro predominio imperiale. seconda metà sec. XX Sud-est asiatico: nell’ambito della “guerra fredda” e dell’imperialismo USA e URSS una menzione speciale è dovuta alla famosa guerra del Vietnam, una guerra le cui efferatezze, distruzioni e crudeltà entrano “in presa diretta” nelle case dei popoli di tutto il pianeta grazie all’ormai largamente diffuso apparecchio televisivo. Una guerra che “mostrerà” gli orrori orribili di tutte le guerre e dalla quale gli USA Per la nascita dell’imperialismo USA e il suo sviluppo fino agli anni ‘2000 ed alle odierne guerre in Irak ed in Afghanistan, per le tante tragedie da esso provocate nel pianeta nei decenni qui trattati v. pag. 147. 6
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usciranno sconfitti e umiliati nonostante l’enorme sforzo in uomini e in mezzi dispiegato. Una guerra che tuttavia non servirà loro da insegnamento visto ciò che oggi sta accadendo in Irak e, ancora peggio, in Afghanistan. Essendo rappresentativa della pervicace ricerca di potenza e di egemonia sia del colonialismo che dell’imperialismo, e incarnando al meglio anche il tenace anelito dei popoli all’autodeterminazione e alla libertà, sarà qui dedicato alla guerra vietnamita un approfondimento pur sommario ma più ampio e dettagliato del solito. La colonizzazione dell’Indocina era stata avviata verso la metà del sec. XIX dalla Francia e dall’Inghilterra. Entrambe erano riuscite ad avere la meglio sulle popolazioni locali qualche decennio dopo. La Francia allorché aveva formalizzato il suo protettorato7 rispettivamente sulla Cambogia (1863) e, con il trattato di Hué (1883), sulle tre regioni storiche del Vietnam (la Cocincina, a sud, occupata nel 1861 – la città capoluogo, Saigon, lo era stata nel 1859 –, l’Annam al centro, capitale Hué, ed il Tonchino a nord, capitale Hanoi); Cambogia, Vietnam e, dal 1893 il vicino Laos, erano stati poi riuniti ufficialmente (1887) nell’ “Indocina francese”. L’Inghilterra nel 1886 quando, dopo tre guerre, aveva associato la Birmania all’Impero britannico delle Indie. Nell’area solo il Siam (dal 1939 “Thailandia”) era riuscita a rimanere indipendente. La Birmania riacquistò l’indipendenza nel 1947. Le colonie francesi ebbero invece un iter indipendentistico molto più tormentato poiché, purtroppo, entrarono nel perverso “gioco” del conflitto egemonico “freddo” delle grandi potenze. La guerra di liberazione in Vietnam scoppia in modo eclatante nell’agosto del 1945, negli stessi giorni in cui l’Europa assiste alla fine della Seconda guerra mondiale: le forze del movimento nazionalista locale occupano Hanoi, Hué e Saigon e gran parte del territorio vietnamita (a nord e a sud) e proclamano unilateralmente l’indipendenza del paese. La reazione della Francia non si fa attendere e ha inizio un lungo e sanguinoso conflitto (“Guerra d’Indocina”) che progressivamente coinvolgerà un po’ tutti gli Stati della penisola indocinese, le nazioni vicine, indirettamente la Cina e l’URSS (che sosterranno logisticamente i vietnamiti) e direttamente gli USA. Nel corso dello stesso 1945 la Francia, con l’appoggio inglese, riconquista la parte meridionale del paese ma il Nord resta ben saldo nelle mani dei rivoluzionari e del loro massimo leader, il 55-enne Ho Chi Minh, da sempre impegnato nella lotta contro la dominazione francese, che l’anno successivo proclama la nascita della “Repubblica democratica del Vietnam” di cui egli stesso diviene presidente. La guerra di riconquista francese prosegue fino al 1954 e alla Conferenza appositamente riunita a Ginevra che prende atto della divisione in due parti del Vietnam fissandone la linea di demarcazione al 17° parallelo. La Conferenza stabilisce inoltre la temporaneità della divisione in attesa di elezioni politiche generali da tenersi Una sorta di “tutela” sul territorio non ancora effettivamente “colonia”. La dichiarazione di “protettorato” costituiva anche avvertimento e monito alle altre potenze coloniali di non rivolgere l’interesse sul territorio già “protetto”. 7
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entro due anni e il divieto ai due governi vietnamiti (al nord la “Repubblica democratica”, al sud la filo-coloniale “Repubblica del Vietnam”) di chiedere o accettare aiuti militari stranieri. Gli accordi vengono però disattesi dal governo di Saigon che non solo non indice le elezioni ma, d’accordo con Francia e USA, decide di affidare agli Stati Uniti l’addestramento delle sue truppe attraverso non meglio specificati “consiglieri militari”. Gli USA sostituiscono così la Francia come “protettori” del Vietnam del Sud, uno Stato che però non ha pace visto il susseguirsi di continui e cruenti colpi di Stato militari (sempre filo-USA) e l’attività sempre più incisiva dei partigiani del Fronte di liberazione del Vietnam del Sud (i “vietcong”) che combattono in sinergia con il governo del Nord e che via via occupano vaste aree del Sud Vietnam. Tra il 1962 e il 1963 giungono i primi 23.000 “consiglieri” USA. Nel 1963 però le formazioni di partigiani vietcong infliggono una pesante sconfitta alle forze USA e sudvietnamite nel delta del fiume Mekong ottenendo il controllo quasi completo del territorio meridionale. Ciò stimola, contro il governo del Sud, movimenti di studenti e conseguenti repressioni, proteste anticattoliche dei monaci buddisti, alcuni dei quali arrivano a darsi fuoco ed a morire nelle strade, e arresti in massa degli stessi monaci, chiusura dei templi, stato di assedio, legge marziale. Infine un colpo di Stato militare (2 novembre) depone e uccide il presidente-dittatore in carica Ngo Dinh Diem e proclama nuovo presidente il generale autore del golpe Duong Van Minh che conferma subito la fedeltà agli USA. A questo punto gli Stati Uniti si inseriscono in modo diretto nella vicenda vietnamita inviando per la prima volta i loro aerei a bombardare il Vietnam del Nord (7 febbraio 1964). Contemporaneamente truppe USA sbarcano a Da Nang (Vietnam del Sud) per presidiare la grande base area locale. In tarda serata del successivo 3 agosto si verifica poi il famoso “incidente del Tonchino”8 e il 7 agosto il Senato USA concede al presidente Lyndon Johnson poteri straordinari di intervento nella vicenda indocinese. Iniziano così terribili e massicci bombardamenti aerei a tappeto contro il Nord che continuano per mesi e proseguono anche negli anni seguenti. Nel marzo del 1965 giungono in Vietnam i primi mezzi speciali USA, in estate arrivano anche le divisioni dell’esercito. Inizia l’ “escalation” dell’impegno USA e della guerra (27.000 uomini a marzo 1965; 75.000 a giugno; 125.000 a settembre; 205.000 a febbraio 1966; 380.000 nel gennaio 1967; 495.000 nel febbraio 1968). La guerra infuria ancora per anni nelle città, nei villaggi e nella jungla, con conquiste, ritirate, riconquiste, bombardamenti al Nord e al Sud, napalm, distruzioni, stragi,
8 Nelle acque del Golfo del Tonchino (Vietnam del Nord) alcune motosiluranti di pattugliamento nordvietnamite attaccano il cacciatorpediniere americano “Maddox”. Per ritorsione gli USA bombardano subito il Vietnam del Nord. Si saprà in seguito che l’evento, ancora oggi accettato dalla storia ufficiale, non si è mai verificato. A Washington viene preso però per autentico (è infatti un ottimo pretesto per giustificare l’intervento diretto USA nel Nord) e così il Senato americano al presidente Johnson che aveva richiesto una più ampia discrezionalità militare “per non lasciare impunito un atto così grave e proditorio contro gli USA”, concede carta bianca.
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profughi, morte, sofferenza, spostamenti in massa di milioni di persone9. Vengono coinvolti, e subiscono gli orrori della guerra e dei bombardamenti, anche il Laos e la Cambogia a causa del passaggio delle truppe dell’una e dell’altra parte. Gli ultimi grandi bombardamenti USA contro il Nord, i suoi porti (minati dagli USA) e la stessa città di Hanoi avvengono nel dicembre 1972. Già dall’inoltrato 1972, però, vedendo fallire la possibilità della soluzione militare del conflitto e da anni incalzati dalla forte contrarietà alla guerra dell’opinione pubblica mondiale, gli USA iniziano finalmente a ritirare le truppe terrestri e nel 1973 avviano negoziati con il Vietnam del Nord. La guerra viene così “vietnamizzata” e le truppe americane nel 1973 si riducono a solo 24.000 uomini. Il lungo e sanguinoso conflitto finisce nel 1975 con la conquista di tutto il Sud da parte del Nord, l’ingresso a Saigon delle truppe nordvietnamite (30 aprile), la fuga precipitosa degli ultimi soldati e diplomatici USA ancora presenti a Saigon10 e la riunificazione del paese sotto un regime comunista che lo pone ufficialmente nell’orbita di influenza sovietica. Questo l’agghiacciante bilancio finale degli anni di guerra dal 1962 al 1975 secondo stime ufficiali USA, ovviamente minimizzate: morti civili nel Sud Vietnam: 500.000; morti militari nel Sud Vietnam: 200.000; morti vietcong e morti nord vietnamiti a causa dei bombardamenti: 700.000; morti militari USA: 55.000; feriti e mutilati: parecchi milioni. Altre stime calcolano complessivamente oltre 2 milioni di morti. È tristemente interessante aggiungere che la quantità di bombe convenzionali sganciate dagli USA lungo l’arco degli stessi anni assomma alla iperbolica cifra di 13 milioni di tonnellate e che quella delle sostanze chimiche (tossiche, velenose, paralizzanti) impiegate raggiunge addirittura i 75 milioni di tonnellate! Ormai riunificato il Vietnam cerca di prendere in mano le redini della politica della penisola indocinese attuando un controllo indiretto sul Laos11 (1975) e diretto sulla Cambogia12 (occupata militarmente nel 1979 e costituita in “Repubblica democratica”). Ritiratasi dalla Cambogia sul finire degli anni ’80, oggi la Repubblica vietnamita è ancora governata da un regime comunista e dal 1995 ha ripreso i rapporti diplomatici con gli USA.
9 Nel 1971 tra i 5 e i 6 milioni di vietnamiti del Sud lasciano le zone occupate dai vietcong e si portano nelle grandi città per evitare i bombardamenti USA e dello stesso Sud Vietnam.
Indelebili restano nella memoria di chi allora c’era, e chi scrive era tra questi pur se molto giovane, le immagini televisive mostranti i militari statunitensi aggrappati anche agli appigli esterni degli elicotteri in fuga. 10
Indipendente dal 1954 e, dopo una lunga guerra civile e ripetuti colpi di Stato, divenuto proprio nel 1975, con la vittoria delle forze guerrigliere comuniste del “Pathet Lao” supportate dai nordvietnamiti, “Repubblica democratica popolare”. 11
Indipendente dal 1946 come monarchia costituzionale sotto la guida di re Norodom Sihanouk. Scrupolosamente neutrale nella guerra del Vietnam, si schiera a fianco degli USA nel marzo del 1970 in seguito al colpo di Stato del primo ministro Lon Nol (in assenza del principe Sihanouk in missione a Mosca). Nel 1975 i “Khmer rossi” (i guerriglieri comunisti locali) di Pol Pot conquistano però il paese instaurando un violento regime comunista protrattosi fino al 1979. 12
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fine millennio Mondo occidentale: gli ultimi decenni del millennio sono caratterizzati da progresso accentuato in tutti i settori della scienza, della tecnologia e della biotecnologia, della medicina, della ricerca spaziale, dell’informatica, della comunicazione, ecc., ma anche da contemporaneo regresso nel campo dei rapporti umani, dei valori fondamentali su cui si è finora retta la vita comunitaria. Valori che sembra vadano rapidamente dissolvendosi nel grande “buco nero” dell’indifferenza, dell’individualismo, dell’effimero, del consumismo, dell’egoismo, del denaro… L’Occidente vive indubbiamente una crisi etica molto grave che però i popoli non sembrano avvertire. Resi ormai innocui, incolti e stupidi dal contesto culturale ed etico in cui si ritrovano a vivere, dagli enormi interessi delle multinazionali mondiali che guidano a loro piacimento l’economia del pianeta (sovrintendendo, in modo subdolo ma pesante, su ogni aspetto della vita umana), dal finto benessere che sembra annebbiare loro la mente, dai sempre più banali messaggi dei mass media asserviti anch’essi ai potenti ed alle loro corti, i popoli occidentali appaiono rassegnati a connotare la loro esistenza di superficialità e di vuoto. In un tale contesto lo spazio vitale per gli uomini ancora “liberi” e “pensanti” risulta ovviamente molto ridotto e con possibilità realmente incisive quasi nulle. E anche la presenza cristiana, quella presenza che ha riempito molte pagine di questo breve studio e che per duemila anni è stata una delle protagoniste assolute della storia dell’Occidente, non sembra riuscire ad arrestare il non auspicabile collasso. Essa, anzi, si è spesso ritrovata innaturale ma efficace fiancheggiatrice del potere e dei suoi esponenti giungendo addirittura a configurarsi, per certi versi, come il principale supporto della moderna società occidentale e della sua malata democrazia. Duemila anni di vita della Chiesa sembrano aver dato al Mondo occidentale un volto solo apparentemente cristiano. Concretamente il vuoto di sentimenti, di valori e di comportamenti vissuti nell’autentica ottica cristiana è invece enorme. Effetti di una tale situazione, sul piano sociale ed economico interno, sono la sempre più evidente degenerazione della sana e vera democrazia politica, il consolidamento del potere delle oligarchie politico-finanziario-affaristiche dominanti, le politiche poco attente alle necessità delle masse popolari ma attentissime al potere e agli affari attuate negli ultimi decenni dai vari Reagan, Bush (padre e figlio), ecc. in USA, dai vari Thatcher, Blair, ecc. in Gran Bretagna, dall’imprenditore-politico Silvio Berlusconi in Italia, e da altri leader occidentali. Mancanza di lavoro stabile e dignitoso per milioni di cittadini, peggioramento palpabile delle condizioni della vita quotidiana, allargamento progressivo delle fasce di povertà, restrizione di diritti civili e sociali acquisiti spesso dopo anni di lotte, impantanamento in guerre assurde ma inquietanti e terribili: questi i più eclatanti riverberi interni della politica occidentale degli ultimi decenni. Per non ricordare gli esiti sul piano internazionale di cui si è più volte scritto nelle pagine precedenti (guerre imperialistiche, sfruttamento sempre più spinto dei paesi poveri13, affarismo a livello globale, 13
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A fronte dei sempre più deludenti esiti dei vari “summit” organizzati dai paesi più ricchi del
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convivenza mondiale resa sempre più difficile dalla prepotenza e dal terrorismo). Lo scenario appena descritto non sembra promettere molto di buono per l’Occidente e la sua grande e secolare civiltà. Per contrastare il suo possibile e definitivo annientamento, per far rinascere sugli antichi e su nuovi valori questo nostro vecchio mondo occorre rinsavire tutti, occorre cambiare rotta, occorre mettere da parte il dio denaro e il dio potere, occorre rinnovare l’animo creando in esso molto più spazio per la solidarietà, l’amore, la pazienza, la comprensione, il rispetto, la ricerca instancabile della pace tra gli uomini, occorre riconoscere nell’altro uomo un nostro fratello, occorre in sostanza accogliere, da credenti o da atei, l’essenza del messaggio cristiano lasciato agli uomini duemila anni fa. Per questo sembra opportuno concludere con le parole, spesso angosciate ma indubbiamente incitanti alla speranza, di alcune delle personalità moralmente più alte e nobili che hanno calcato questo nostro mondo negli ultimi anni: “La pace oggi è gravemente minacciata. La scienza e la tecnica rischiano di generare uno squilibrio carico di conseguenze negative nel rapporto tra uomo e uomo, pianeta, i cosiddetti “grandi” del mondo, per cercare di mutare la politica planetaria nei confronti dei popoli più diseredati (annualmente tali paesi destinano in favore dello sviluppo e dei bisogni dei paesi poveri molto meno della pur piccolissima frazione del loro prodotto interno – lo 0,7-0,8% – raccomandato dall’ONU), lo sfruttamento e il crudele gioco dei grandi interessi affaristici ha invece raggiunto livelli sempre più cinici e sofisticati. Questi alcuni dei più recenti e molto biasimevoli comportamenti occidentali: sfruttamento spregiudicato del lavoro di milioni di lavoratori, in gran parte minori, operanti in ambienti malsani, con salari bassissimi, senza alcuna tutela e per oltre 15-16 ore al giorno (la commercializzazione nell’intero pianeta dei prodotti così lavorati, a costi sempre più bassi ma a prezzi di vendita venti e trentuplicati, assicura alle imprese commerciali occidentali profitti altissimi); sfruttamento selvaggio delle materie prime – prodotti agricoli e petroliferi, diamanti, oro, zinco, bauxite, uranio, nichel, cromo, tungsteno, ecc. – da parte delle multinazionali favorite spesso da governi corrotti sostenuti dall’Occidente; affarismo sui brevetti dei medicinali che non consente la produzione degli stessi, anche di quelli assolutamente indispensabili, nei paesi bisognosi a prezzi accessibili (sono oltre 20 milioni i malati africani di Aids impossibilitati ad accedere alle cure); affarismo sui bisogni più elementari come l’alimentazione e per essa il latte o la piccola agricoltura domestica, attraverso l’acquisto, da parte delle grandi multinazionali alimentari, di sterminate estensioni di terreni terzomondisti coltivabili e la sottrazione, quindi, alle popolazioni (ovviamente non proprietarie dei terreni venduti) della possibilità del mantenimento della piccola agricoltura familiare e del pascolo per una o due capre; gran parte dei terreni vengono poi lasciati incolti ma intanto le popolazioni sono costrette ad acquistare dall’Occidente, a prezzi per loro elevatissimi, il latte in polvere e i vari prodotti agricoli che prima producevano o i semi agricoli che gli permettano la produzione di ortaggi e legumi, semi creati geneticamente sterili e quindi da riacquistare ad ogni stagione; uso disinvolto delle barriere doganali con la imposizione di pesantissimi “dazi” tesi alla limitazione delle importazioni terzomondiste concorrenti in Occidente ed a favorire la svendita di tali prodotti alle solite multinazionali che poi li commercializzano in tutto il mondo a prezzi a volte anche centuplicati; uso ancora più disinvolto del ricatto degli aiuti umanitari per imporre la libera circolazione delle merci occidentali, specie di quelle in concorrenza con i prodotti indigeni (cotone, mais, ortaggi, zucchero, agrumi, spezie, ecc.), questi ultimi ovviamente privi delle laute sovvenzioni di cui invece fruiscono i produttori europei e americani. Ed infine, ma non ultimo, il grande “business” della vendita degli armamenti alimentato dalla grande povertà delle popolazioni e dai dissidi tra i loro governanti corrotti molto spesso, come già accennato, creati, sostenuti e arricchiti proprio dai governi occidentali. V. anche a pag. 175.
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tra uomo e natura, tra nazioni e nazioni. Da questa contraddizione che sembra inarrestabile, perché strutturalmente connessa al mistero del male, è necessario che lo sguardo si volga all’Artefice della nostra salvezza per generare una civiltà che nasca dalla verità e dall’amore, la civiltà dell’amore. Per non agonizzare, fratelli e sorelle, costruite senza stancarvi mai questa civiltà…” (Papa Giovanni Paolo II, Rimini, Meeting C.L., 1982). “La fame non è soltanto una fame di pane. È una fame di amore, è una fame di amore di Dio. Essere nudi non è soltanto mancare di abiti, essere nudi vuol dire mancare di quell’enorme dono che è la dignità dell’uomo…” (Madre Teresa di Calcutta, Rimini, Meeting C.L., 1987). “Tutti gli uomini desiderano essere felici e desiderano cessare di soffrire. Il progresso tecnologico e scientifico ha avuto lo scopo di alleviare le sofferenze dell’uomo, di cercare di dare una certa felicità. Però è evidente che non è stato sufficiente visto che tutti quanti si rendono conto che non ha portato a quei risultati che ci si aspettava. Il progresso scientifico, il progresso solo delle cose al di fuori di noi non è sufficiente a ovviare a quelli che sono i problemi di base dell’uomo, perché esistono altre cose. È importante che il progresso esteriore e un progresso interiore possano essere accoppiati e procedere insieme” (Il Dalai Lama, Rimini, Meeting C.L., 1991) inizio terzo millennio Mondo occidentale: attentato alle Torri gemelle del World Trade Center di New York e crollo delle torri14 (mattina dell’11 settembre 2001), terrorismo fondamentalista islamico vero o di comodo, piano segreto USA per un “nuovo ordine mondiale” e per l’egemonia e il controllo delle aree energeticamente strategiche del pianeta e delle economie mondiali 15, accuse di terrorismo ai “talebani” al potere in Afghanistan, fantoSui due grattacieli del “Centro Mondiale per il Commercio” (ciascuno: 110 piani, 425 e 417 metri di altezza, 60 x 60 metri di base, 200.000 tonnellate di acciaio, 552.500 metri cubi di cemento, 103 ascensori, 43.600 finestre, 60.000 tonnellate di sistemi di condizionamento; progettazione e costruzione 1962-1973), enormi edifici che ogni giorno accolgono circa 55.000 persone che vi lavorano, si abbattono due aerei Boeing 767 con 102 e 64 persone a bordo, dirottati dopo la partenza da Boston. Il crollo avviene circa un’ora dopo l’impatto e manifesta tutte le caratteristiche della demolizione esplosiva programmata e controllata. Le vittime delle torri sono 2.798. Nel pomeriggio crolla anche il vicino edificio del WTC 7, palazzo di 47 piani ospitante uffici CIA, del Dipartimento della Difesa, dei Servizi Segreti e montagne di documenti. 14
Già dal 1998 l’establishment politico-militare-economico-finanziario USA aveva elaborato un “piano” per un “nuovo ordine mondiale” basato sulla dottrina della “guerra preventiva” per “preservare la sicurezza internazionale e sviluppare gli interessi e gli ideali americani anche attraverso la guerra, che non è più un rischio ma una opportunità” (dal rapporto “Program for new american century”, 1998). Il rapporto proseguiva affermando che per mantenere la superiorità degli Stati Uniti nel mondo era assolutamente necessario intervenire in Medio Oriente assumendo al più presto, e in maniera diretta, il controllo dell’Irak, essendo questo paese il secondo produttore mondiale di petrolio, dopo l’Arabia Saudita, e potenzialmente, per le risorse ancora inesplorate, addirittura il primo. Occorreva in seguito neutralizzare, con 15
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L’età contemporanea: il Novecento e l’inizio del terzo millennio
matiche armi di distruzioni di massa nell’Irak di Saddam Hussein, George W. Bush, presidente USA, e Tony Blair, premier inglese, i primi attori della tragica commedia, papa Giovanni Paolo II e la strenua ma inascoltata difesa della pace16, guerre dell’Occidente in Afghanistan e in Irak, atrocità e sofferenza senza fine, oltraggi e distruzioni prive di legittimità, violazione dei diritti umani, milioni di morti, milioni di feriti e mutilati, milioni di famiglie nella disperazione17. Ed ancora: manifesta impotenza degli organismi sovranazionali occidentali ad incidere con efficacia sulle scelte politiche dei vari leader, deludente avvio della nuova amministrazione americana del presidente Barack Obama che sembra non trovare la via della soluzione dell’ormai complicatissimo puzzle mondiale, evidente incapacità anche della Chiesa cattolica di papa Benedetto XVI a mantenere con autorevolezza il delicato e importantissimo ruolo di guida morale d’Occidente, schiacciata come appare da indifferenza e relativismo e messa all’angolo e condizionata dall’enormità del diffuso scandalo della pedofilia ecclesiastica. Questo lo sconfortante “spelling” degli anni di esordio del nuovo millennio. E lo stato più generale del nostro povero pianeta? Eccone un sommario e desolante “rapporto”: CONDIZIONI DEL PIANETA Su oltre 6 miliardi e mezzo di abitanti planetari più di 1 miliardo e 600 mila persone vivono con meno di 2 dollari al giorno; oltre 1 miliardo e 300 mila persone con opportune azioni militari, gli altri paesi ostili della regione. Sempre per garantire agli USA il monopolio della potenza mondiale era anche irrinunciabile ostacolare l’ascesa e il consolidamento economico delle potenze emergenti ed in particolare della Cina. Presentato nel 1998 e nel 2000 al presidente Bill Clinton, il “piano” ebbe scarsa considerazione da quella amministrazione. Già l’anno successivo, però, i suoi autori sono alla guida del dipartimento strategico-militare USA con la nuova amministrazione Bush.
Questi due dei tanti interventi dell’anziano Pontefice “gridati” al mondo nei giorni precedenti l’avvio della guerra in Irak: “Mai, mai, mai il futuro dell’umanità potrà essere assicurato dal terrorismo e dalla logica della guerra. Mai potremo essere felici gli uni contro gli altri. Noi cristiani siamo chiamati a vigilare affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell’egoismo, della menzogna e della violenza” (23.2.2003; Angelus in Piazza S. Pietro). “Chi decide che sono esauriti tutti i mezzi pacifici che il diritto internazionale mette a disposizione si assume una grave responsabilità di fronte a Dio, alla sua coscienza e alla storia” (18.3.2003; dichiarazione papale diffusa dal portavoce Joaquin Navarro Valls nell’imminenza dell’attacco all’Irak). Cariche di significato anche alcune copertine del settimanale cattolico Famiglia Cristiana che, a caratteri cubitali, invocano: “Bush, fermati!” (n. 9 / 2.3.2003); “Follia!” (n. 14 / 6.4.2003). Ma la risposta del presidente americano Bush non lascia spazio alla ragione: “Non mi farò influenzare dagli appelli del Papa!” (26.2.2003). 16
17 Dati recentissimi (ottobre 2009) registrano, per la sola guerra in Irak avviata nel marzo 2003, numeri agghiaccianti: oltre 1 milione di morti tra i civili (in uno Stato che conta circa 20 milioni di abitanti), quasi 100.000 morti tra i soldati e i guerriglieri iracheni, oltre 4 milioni di orfani, altrettanti profughi, circa 7.000 soldati USA morti e oltre 70.000 mutilati o gravemente feriti, quasi 500 soldati della coalizione alleata agli USA morti e circa 6.000 feriti. Nella guerra in Afghanistan (iniziata nell’ottobre 2001) i morti civili e militari afghani risultano quasi 100.000, i soldati USA morti circa 1.000 ed i feriti quasi 9.000; per la coalizione: 630 militari morti e circa 6.300 feriti.
221
Breve storia del Mondo occidentale
meno di 1 dollaro al giorno. Molte migliaia di persone al giorno muoiono per fame e mancanza delle necessità primarie. Oltre 30.000 (al giorno) sono bambini. Più di 1 miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile. Nella sola America Latina oltre 1/3 della popolazione (circa 140 milioni di persone) non ha neanche accesso ai servizi sanitari. Circa 2 miliardi e mezzo di persone non dispongono di servizi fognari. Oltre 1 miliardo non sa né leggere, né scrivere. Il 14% della popolazione del mondo (in gran parte occidentale) consuma l’80% delle risorse del pianeta. Al restante 86% rimane il solo 20% delle risorse. Dal 1980 al 2000 il reddito del quinto più ricco della popolazione mondiale è aumentato del 20%, quello del quinto più povero è diminuito del 20%. Duecentocinquanta (250) abitanti del pianeta detengono circa il 50% della ricchezza mondiale. Tutti i paesi dell’Africa del Nord messi insieme hanno un p.i.l. (prodotto interno lordo) pari alla metà del solo p.i.l. italiano. La speranza di vita degli abitanti dell’Africa (34 anni negli anni ’70, 50 negli anni ’90; in Occidente: oltre 80 anni) è scesa da 50 a 47 anni. La mortalità infantile è al 15% nei soli primi 5 anni di vita (in Occidente è pressoché nulla). Negli ultimi 15 anni i profitti da capitale dei 10 paesi più ricchi del mondo sono aumentati di oltre il 300%. Negli stessi paesi i salari dei lavoratori sono rimasti quasi stazionari. Circa 300 mila persone sono sulla soglia della povertà a Milano, la città più ricca d’Italia (1,5 milioni di abitanti). Le diversità tra paesi ricchi e paesi poveri sono abissali e in via di divaricazione: il primato è detenuto dal rapporto Svizzera-Mozambico passato in due secoli da 5 a 1 a 400 a 1. La distorta distribuzione della ricchezza del pianeta è la causa prima della fame nel mondo. Una distribuzione più giusta e armoniosa sarebbe sufficiente a sfamare oltre 40 miliardi di persone. Al diffondersi della povertà sono associati anche l’aumento dell’analfabetismo di ritorno e la crescita della popolazione carceraria. La grande maggioranza della popolazione planetaria, anche quella “istruita” ma di origine non ricca, mostra evidenti segni di poco e cattivo uso delle proprie facoltà intellettive. I penitenziari sono sempre più affollati di povera gente. L’inquinamento mondiale è prodotto per oltre 1/5 dai soli USA che consumano però 8 volte l’energia consumata dall’intera Africa. Solo la metà del genere umano ha luce elettrica e telefono. Un terzo ignora la tecnologia moderna. Un terzo dei lavoratori ha paghe giornaliere inferiori a 0,25 euro (500 lire). Anche nei paesi ricchi 160 milioni di persone non superano 1 euro al giorno (2.000 lire). Dati dei primissimi anni 2000, oggi peggiorati. Per eliminare la povertà nel mondo basterebbe destinare ai paesi bisognosi appena l’1% del prodotto mondiale mentre sarebbero sufficienti solo 40 miliardi di dollari (lo 0,1% del reddito mondiale) per assicurare a tutti l’accesso ai servizi sociali di base. Una cifra molto modesta se si tiene presente che nel solo 2010 le spese globali per pubblicità hanno superato i 500 miliardi di dollari e che in Europa se ne spendono più di 50 (miliardi di dollari) per sigarette e oltre 12 per gelati. Per non dire dei quasi 20 miliardi di dollari spesi in Europa ed USA per cibo per cani e gatti! 222
Scheda: I Regnanti sul Meridione d’Italia
SCHEDA SUI REGNANTI SUL MERIDIONE D’ITALIA GENEALOGIE Bibliografia e indici
223
Breve storia del Mondo occidentale
Sono qui raccolte, oltre alla scheda sui Regnanti sul Meridione d’Italia e ad alcune genealogie sulle varie dinastie regnanti sullo stesso Meridione, sull’Italia unita e su paesi europei che hanno avuto diretta attinenza con l’Italia, anche una serie di genealogie sulle più importanti dinastie europee antiche, più recenti ed attuali. Sulle prime non si è ritenuto di aggiungere ulteriori notizie oltre a quelle già contenute nelle varie pagine del volume. Sulle seconde (genealogie francesi, asburgiche, inglesi e della Russia dei Romanov) i cui Regnanti e le cui vicende sono trattati nel testo in maniera più fugace, si è invece ritenuto di dare qualche dettaglio storico in più. 224
Scheda: I Regnanti sul Meridione d’Italia
I REGNANTI SUL MERIDIONE D’ITALIA
dalla conquista normanna al periodo unitario sabaudo. I re d’Aragona, di Castiglia e di Spagna
F figlio del precedente G fratello del precedente
LA CONQUISTA NORMANNA Rainolfo Drengot
1030 conte di Aversa
Tancredi d’Hauteville
duca di Normandia
F Guglielmo Braccio di Ferro (✝ 1046) 1042 conte di Puglia
G Roberto I il Guiscardo (✝ 1085)
1057 conte di Puglia 1059 duca di Puglia e Calabria
G Ruggero I d’Hauteville (✝ 1101)
1061 conte di Sicilia 1091 Gran conte di Calabria e Sicilia
I RE DI SICILIA
(Regno di Sicilia esteso a tutto il Meridione) GLI ALTAVILLA
F Ruggero II (1130-1154)
1101 conte di Sicilia 1127 duca di Puglia e Calabria
F Guglielmo I (1154-1166) F Guglielmo II (1166-1189) Tancredi di Lecce (1189-1194)
figlio naturale di Ruggero II; è contestato nella successione da Enrico VI
F Guglielmo III (1194)
225
Breve storia del Mondo occidentale GLI SVEVI
Enrico VI (1189-1197)
figlio di Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero, e marito di Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II; è in lotta di successione con Tancredi e Guglielmo III, su cui prevale nel 1194
F Federico II di Hohenstaufen (1197-1250)
imperatore del Sacro Romano Impero dal 1220
F Manfredi (1250-1266)
figlio naturale; governa in nome del fratellastro Corrado IV imperatore del S.R.I. e di Corradino. Nel 1258 si fa incoronare re
G Corrado IV (1250-1254) non regnante
F Corrado V (Corradino, 1254-1266) non regnante
GLI ANGIOINI
Carlo I d’Angiò (1266-1285)
fratello di Luigi IX re di Francia
F Carlo II d’Angiò (1285-1302)
nel 1302 perde definitivamente la Sicilia (pace di Caltabellotta) e resta solo re di Napoli. Muore nel 1309
I RE DI SICILIA
(Regno di Sicilia esteso alla sola Sicilia) GLI ARAGONESI
Pietro III d’Aragona e I di Sicilia (1282-1285)
genero di Manfredi perché marito della figlia Costanza
F Giacomo II d’Aragona (1285-1291)
1291-1296: Giacomo II cede la Sicilia a papa Bonifacio VIII in cambio della Sardegna e della Corsica che annette al Regno d’Aragona
G Federico II (1296-1337) Pietro IV d’Aragona e II di Sicilia (1337-1342) figlio di Alfonso IV d’Aragona
F Ludovico I (1342-1355) G Federico III il Semplice (1355-1377) F Maria I (1377-1401)
moglie di Martino il Giovane
Martino il Giovane, I di Sicilia (1401-1409) 226
Scheda: I Regnanti sul Meridione d’Italia
Martino il Vecchio, I d’Aragona e II di Sicilia (1409-1410)
figlio di Pietro IV d’Aragona e padre di Martino il Giovane
Ferdinando I d’Aragona (1412-1415) nipote di Martino II
Dal 1415 la Sicilia è vicereame d’Aragona (Ferdinando I invia come primo viceré il figlio Giovanni, dal 1458 re d’Aragona). Nel 1707, durante la guerra di successione spagnola, viene occupata, assieme a tutti gli altri possedimenti spagnoli italiani, dagli austriaci. Nel 1713 il trattato di pace di Utrecht la assegna in regno a Vittorio Amedeo di Savoia il quale tuttavia la cede all’Austria (1720) in cambio della Sardegna (dominio aragonese dal 1296 e dal trattato di Utrecht assegnata all’Austria). Resta provincia austriaca fino al 1734.
I RE DI NAPOLI
(Regno di Napoli esteso a tutto il Meridione continentale) GLI ANGIOINI
Carlo II d’Angiò (1302-1309) F Roberto I (1309-1343) Giovanna I (1343-1348) nipote di Roberto I
Luigi I d’Ungheria (1348-1349)
fratello dell’assassinato marito di Giovanna
Giovanna I (1349-1381) Luigi I d’Angiò (1381-1384)
figlio adottivo di Giovanna I e pretendente al trono
F Luigi II d’Angiò (1384-1417) pretendente al trono
Carlo III d’Angiò-Durazzo (1381-1386)
nipote di Giovanna I; nel 1386 cinge la corona d’Ungheria
F Ladislao d’Angiò (1386-1414) G Giovanna II (1414-1435) Renato I (1435-1442)
figlio di Luigi II d’Angiò
GLI ARAGONESI
Alfonso V d’Aragona e I di Napoli (1442-1458) F Ferdinando I (1458-1494) detto anche Ferrante I
227
Breve storia del Mondo occidentale
Alfonso II (1494-1495)
nipote di Ferdinando I
F Ferdinando II (1495-1496) Federico I (1496-1501)
figlio di Ferdinando I
Dal 1501 al 1503 il Regno è occupato dalla Francia. Nel 1503 è conquistato dalla Spagna e ne diviene vicereame. Dal 1707 al 1734 è provincia austriaca di Carlo VI d’Asburgo.
I RE DI NAPOLI E DI SICILIA I BORBONE
Carlo III (1734-1759)
figlio di Filippo V e dal 1759 re di Spagna
F Ferdinando IV (1759-1806)
LA CONQUISTA NAPOLEONICA
Giuseppe Bonaparte (1806-1808)
fratello di Napoleone Bonaparte; è però solo re di Napoli poiché la Sicilia resta a Ferdinando IV
Gioacchino Murat (1808-1815)
cognato di Napoleone; è re di Napoli
I RE DELLE DUE SICILIE
(Regno delle Due Sicilie esteso a tutto il Meridione) I BORBONE
Ferdinando IV / I (1815-1825) F Francesco I (1825-1830) F Ferdinando II (1830-1859) F Francesco II (1859-1860)
228
Scheda: I Regnanti sul Meridione d’Italia
I RE DI SARDEGNA I SAVOIA
Vittorio Amedeo II (1720-1730)
primo re di Sardegna e re di Sicilia dal 1713 al 1720
F Carlo Emanuele III (1730-1773) F Vittorio Amedeo III (1773-1796) F Carlo Emanuele IV (1796-1802) G Vittorio Emanuele I (1802-1821) G Carlo Felice (1821-1831) Carlo Alberto (1831-1849)
figlio di Carlo Emanuele principe di Carignano
F Vittorio Emanuele II (1849-1861)
I RE D’ITALIA I SAVOIA
Vittorio Emanuele II (1861-1878) F Umberto I (1878-1900) F Vittorio Emanuele III (1900-1946) F Umberto II (1946)
*** I RE D’ARAGONA (da Giacomo I al 1516)
Giacomo I (1213-1276) F Pietro III (1276-1285) F Alfonso III (1285-1291) G Giacomo II (1291-1327) F Alfonso IV (1327-1335) F Pietro IV (1335-1387) Giovanni I (1387-1395)
nipote di Pietro IV e figlio di Enrico II di Castiglia
G Martino I il Vecchio (1395-1410)
1410-1412: crisi di successione 229
Breve storia del Mondo occidentale
Ferdinando I (1412-1416)
nipote di Martino I e fratello di Enrico III di Castiglia
F Alfonso V (1416-1458) G Giovanni II (1458-1479) F Ferdinando II (1479-1516)
sposa (1469) Isabella di Castiglia realizzando, di fatto, l’unità spagnola
I RE DI CASTIGLIA (da Isabella al 1516)
Isabella (1474-1504) Filippo il Bello (1504-1506)
genero di Isabella per averne sposato la figlia Giovanna e figlio dell’imperatore di Germania Massimiliano I d’Asburgo
F Carlo I (1506-1516)
I RE DI SPAGNA
(dalla nascita del Regno, 1516, a Filippo V) GLI ASBURGO
Carlo I di Castiglia, Aragona e Navarra (1516-1556)
è il Carlo I di Castiglia; dal 1519 è anche imperatore di Germania con il nome di Carlo V d’Asburgo (1519-1556)
F Filippo II (1556-1598) F Filippo III (1598-1621) F Filippo IV (1621-1665) F Carlo II (1665-1700)
privo di eredi designa come suo successore Filippo V, figlio del Gran Delfino di Francia: ha inizio la guerra di successione spagnola (1700-1713) che vede scontrarsi la Spagna e la Francia contro l’Austria e la Germania
I BORBONE
Filippo V (1700-1724)
figlio di Luigi il Gran Delfino di Francia
F Luigi I (1724) Filippo V (1724-1746)
ritorna sul trono alla morte del figlio.
230
Le genealogie
Le grandi linee della genealogia normanno-sveva di Sicilia
Tancredi d’Hauteville (Altavilla)
duca di Normandia
Guglielmo Braccio di Ferro
Umfrido
1042 conte di Puglia 1051 conte di Puglia (con capitale Melfi) (✝ 1057) (✝ 1046)
altri 7 figli
1046 conte di Puglia (✝ 1051)
Roberto il Guiscardo
1057 conte di Puglia 1059 duca di Puglia e di Calabria (✝ 1085)
Ruggero Borsa
Ruggero II
(1095-1154) 1101 conte di Sicilia e di Calabria 1127 duca di Puglia
re di Sicilia (1130-54)
(1085 duca di Puglia) (✝ 1111)
Guglielmo
(1111 duca di Puglia) senza eredi (✝ 1127)
1060 conte di Calabria 1091 Gran conte di Calabria e Sicilia (✝ 1101)
Drogone
Ruggero I
Guglielmo I (1120-1166)
Costanza
(✝ 1198) re di Sicilia (1151-66)
Guglielmo II re di Sicilia (1166-89)
senza eredi
Tancredi di Lecce (1120 c.-1194) figlio naturale
re di Sicilia (1189-94)
successione contestata da Enrico VI di Svevia
Guglielmo III
re di Sicilia (1194) (✝ 1198)
231
Breve storia del Mondo occidentale
Enrico VI di Svevia
Costanza
(✝ 1198)
re di Sicilia (1194-97)
Federico II di Svevia
(1165-1197) casata degli Hohenstaufen sposa Costanza nel 1184 imperatore del S. R. I. (1190-97) pretendente al trono di Sicilia dal 1189
(1194-1250)
re di Sicilia (1197-1250)
imperatore del S. R. I. (1120-1250)
Enrico VII
Corrado IV
(1211-1242) (1228-1254) re di Germania (1220-34) muore in carcere a Martirano
232
Corradino di Svevia
Manfredi
(1232-1266) figlio naturale re di Sicilia per conto di Corrado IV (1250-54)
re di Sicilia (1254-66)
(1252-1268) ultimo erede della casa sveva di Hohenstaufen
Le genealogie
Le grandi linee della genealogia degli angioini di Napoli, Ungheria e Durazzo
Luigi VIII, il Leone
(1227-1285)
re di Francia (1223-26)
Carlo I
re di Sicilia (1266-85)
Carlo II, lo Zoppo re di Sicilia (1285-1302) re di Napoli (1302-1309)
Roberto I, il Savio
Carlo Martello
(1271-1295) re d’Ungheria (1292-95)
Carlo Roberto
(detto Caroberto) re d’Ungheria (1296-1342)
duca di Durazzo
Carlo
Luigi
re di Napoli (1309-43)
duca di Calabria (premorto al padre)
Luigi I, il Grande
conte di Gravina
Giovanna I (1326-1382)
regina di Napoli (1343-81)
re d’Ungheria (1342-82) re di Polonia (1370-82) re di Napoli (1348-49) pretendente
Giovanni
(1278-1343)
(1214-1270) re di Francia (1226-70)
(1248-1309)
S. Luigi IX
Carlo III di Durazzo (1345-1386)
re di Napoli (1381-86)
Andrea
primo marito di Giovanna I
Ladislao
Giovanna II
re di Napoli (1386-1414)
regina di Napoli (1414-35)
(1377-1414)
(1371-1435)
233
Breve storia del Mondo occidentale
Le grandi linee della genealogia degli angioini “duchi” d’Angiò
Giovanni II
(1319-1364) re di Francia (1350-64)
Luigi d’Angiò
I duca d’Angiò re di Napoli (1381-84) pretendente perché adottato e designato da Giovanna I
Luigi II d’Angiò
II duca d’Angiò re di Napoli (1384-1417) pretendente
Carlo V, il Saggio
re di Francia (1356-80)
Luigi III d’Angiò
Renato I d’Angiò
III duca d’Angiò (✝ 1434)
re di Napoli (1435-1442)
premorto al padre (✝ 1470)
(1409-1480) IV duca d’Angiò conte di Provenza
designato da Giovanna II
Giovanni d’Angiò
Nota: La Contea di Angiò, elevata a Ducato nel 1360, passa alla corona di Francia alla morte di Renato I.
234
Le genealogie
Le grandi linee della genealogia dei Borbone di Napoli
Carlo III
Maria Amalia di Sassonia
(Madrid 1716-1788) figlio di Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese re di Napoli dal 1734 al 1759
Filippo (*)
Carlo IV
Ferdinando I
Gabriele Antonio Pasquale re di Napoli dal 1759 al 1825 Francesco Saverio Maria Elisabetta Maria Luisa Maria Carolina d’Austria Maria Giuseppa Antonia figlia dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa e sorella Maria Giuseppina
erede al trono di Spagna
(Napoli 1751-1825)
dell’imperatore Giuseppe II, del granduca di Toscana Leopoldo I e della regina di Francia Maria Antonietta
Maria Teresa Francesco I Gennaro altri figli Maria Luisa (Napoli 1777-1830) e figlie Carlo Tito re di Napoli dal 1825 al 1830 (1775-78)
Maria Isabella infanta di Spagna
Luisa Carlotta Ferdinando II Carlo Maria Cristina (Palermo 1810 - Caserta 1859) Leopoldo re di Napoli dal 1830 al 1859 Maria Antonia Antonio Maria Cristina di Savoia Maria Amalia figlia di Vittorio Emanuele I Maria Carolina Ferdinanda sposata nel 1832 Teresa Cristina Maria Luigi Carlo Maria Francesco Francesco II Maria Sofia di Baviera (Napoli 1836 - Arco di Trento 1894) sposata nel 1859 re di Napoli dal 1859 al 1860
senza eredi
Maria Teresa
arciduchessa d’Austria sposata nel 1837
Luigi Alberto Alfonso Maria Annunziata Gaetano Giuseppe Maria Pia / Pasquale Maria Immacolata Luisa / Gennaro
(*) escluso dalla successione per demenza
235
Breve storia del Mondo occidentale
Le grandi linee della genealogia dei Borbone di Spagna Filippo V
(Versailles 1683 - Madrid 1746) nipote di Luigi XIV
Maria Luisa di Savoia
re di Spagna dal 1700 al 1746
figlia del duca Vittorio Amedeo II
Elisabetta Farnese
sorella di Antonio duca di Parma
Luigi I Filippo Emanuele Ferdinando VI Carlo III Francesco (Madrid 1707-1724) (Madrid 1713-1759) (Madrid 1716-1788) Filippo (*) re di Spagna nel 1724 re di Spagna re di Spagna Luigi dal 1746 al 1759 dal 1759 al 1788 Maria Anna Maria Teresa Maria Antonietta Maria Amalia di Sassonia Filippo Carlo IV Ferdinando (**) (Napoli 1748 - Roma 1819) Gabriele re di Spagna Antonio Pasquale dal 1788 al 1808 Francesco Saverio Maria Elisabetta Maria Luisa Maria Luisa figlia di Filippo fratello di Carlo III Maria Giuseppa Antonia Maria Giuseppina Carlo Clemente Ferdinando VII Carlotta (S. Idelfonso 1784 - Madrid 1833) Maria Luisa re di Spagna dal 1808 al 1833 Carlo Isabella Francesco di Paola Maria Cristina (***) figlia di Francesco I di Napoli
Isabella II
(Madrid 1830 - Parigi 1904)
Francesco d’Assisi Luisa Fernanda
regina di Spagna dal 1833 al 1868
Alfonso XII (Madrid 1857 - 1885) re di Spagna dal 1874 al 1885 236
Maria Isabella Maria del Pilar Maria de la Plaz Maria Eulalia
Le genealogie
Alfonso XII
Maria Cristina d’Asburgo-Lorena
(Madrid 1857 - 1885) re di Spagna dal 1874 al 1885
figlia dell’arciduca Carlo Ferdinando di Asburgo-Lorena
Alfonso XIII
(Madrid 1886 - Roma 1941)
re di Spagna dal 1885 al 1931
Vittoria Eugenia di Battenberg
Alfonso Juan Gonzales Jaime Beatrice Maria Cristina
Juan Carlos
Maria Mercedes
dei Borbone di Napoli
Sofia di Grecia
(Roma 1938)
re di Spagna dal 22 novembre 1975
sorella dell’ex re Costantino II
Elena Cristina Filippo
(*) Filippo sposa Luisa Elisabetta, figlia di Luigi V dei Borbone di Francia. Dei tre figli, Maria Luisa sposa Carlo IV mentre Ferdinando continua la linea dinastica dei duchi di Parma. (**) È il Ferdinando IV / I di Napoli. (***) È l’artefice dell’abrogazione della legge salica per favorire la figlia Isabella a scapito dello zio don Carlos.
237
Breve storia del Mondo occidentale
Le grandi linee della genealogia napoleonica
Carlo Bonaparte
Maria Letizia Ramolino
funzionario pubblico corso
Giuseppe
Luciano
Elisa
Luigi
(1768) Napoleone (1775) (1777) (Ajaccio 1769 - Sant’Elena 1821) sottotenente d’artiglieria nel 1785 generale di brigata nel 1794 comandante dell’Armata d’Italia nel 1796 comandante della spedizione in Egitto nel 1798 primo console il 9 novembre 1799 dittatore il 13 dicembre 1799 console a vita nel 1802 imperatore dei francesi nel 1804
(1778)
Giuseppe Luciano
238
(1780)
Carolina (1782)
Gerolamo (1784)
Giuseppina Tascher de la Pagerie vedova del generale Beauharnais sposata nel 1796 ripudiata nel 1809
senza eredi
Paolina
Maria Luisa d’Austria
(Vienna 1791 - Parma 1847) arciduchessa d’Austria figlia dell’imperatore Francesco I duchessa di Parma e Piacenza dal 1815 sposata nel 1810
Napoleone Francesco Carlo Giuseppe
(Napoleone II)
(Parigi 1811 - Schonbrunn 1832) re di Roma dalla nascita
imperatore nominale dei francesi dal 1815 duca di Reichstad dal 1818 muore per malattia all’età di 21 anni
Ortensia Beauharnais
figlia di Giuseppina e del primo marito
Napoleone III
(Parigi 1808 - Chislehurst, Kent 1873) presidente della Seconda repubblica nel 1848
imperatore dei francesi dal 1852 al 1870
(nel 1873 la Francia intraprende definitivamente la via repubblicana)
(Corte, Corsica 1768 - Firenze 1844): re di Napoli nel 1806; re di Spagna nel 1808. (Ajaccio 1775 - Viterbo 1840): principe di Canino.
Le genealogie Elisa Luigi Paolina Carolina Gerolamo
(Ajaccio 1777 - S. Andrea, Trieste 1820): principessa di Lucca e Piombino nel 1805; granduchessa di Toscana nel 1809. (Ajaccio 1778 - Livorno 1846): re di Olanda nel 1806. (Ajaccio 1780 - Firenze 1825): duchessa di Guastalla; nel 1803 sposa il principe Camillo Borghese governatore generale del Piemonte. (Ajaccio 1782 - Parigi 1839): regina di Napoli nel 1808; è moglie di Gioacchino Murat (1767-1815), maresciallo di Francia e re di Napoli dal 1808. (Ajaccio 1784 - Villegenis, Seine et Oise 1860): re di Vestfalia nel 1807; dal matrimonio con Caterina di Wurttenberg nasce Napoleone Giuseppe Carlo Paolo che sposa Maria Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele II. È questo il ramo principale attuale della casata napoleonica. Il primogenito vivente della famiglia imperiale cui spetta il titolo di “principe Napoleone” (in atto Napoleone VII) è il principe Luigi Bonaparte il cui primogenito Charles sarà il principe Napoleone VIII.
239
Breve storia del Mondo occidentale
Le grandi linee della genealogia dei Savoia dal 1553 al 1946
Emanuele Filiberto
(1528-1580) figlio di Carlo II di Savoia (✝ 1553) e Beatrice del Portogallo duca di Savoia dal 1553
Margherita di Valois
figlia di Francesco I di Francia
Carlo Emanuele I
(1562-1630)
Caterina
duca di Savoia dal 1580
figlia di Filippo II di Spagna
Vittorio Amedeo I Margherita (Torino 1587 - Vercelli 1637) Isabella duca di Savoia dal 1630 Tommaso Francesco Maria Cristina altri 6 figli figlia di Enrico IV di Francia Francesco Giacinto (1632-38)
Carlo Emanuele II Margherita Jolanda (Torino 1634-1675)
duca di Savoia dal 1638
Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours
Vittorio Amedeo II
altri figli naturali
(Torino 1666 - Rivoli 1732) duca di Savoia dal 1675 al 1713 re di Sicilia dal 1713 al 1720
Anna d’Orleans
primo re di Sardegna dal 1720 al 1730 abdica nel 1730
Maria Luisa Gabriella
altri figli
moglie di Filippo V di Spagna
Maria Adelaide madre del futuro Luigi XV di Francia
Carlo Emanuele III (Torino 1701-1773)
re di Sardegna dal 1730
Polissena Cristina d’Assia-Rheinfels 240
Adelaide Enrichetta
Vittorio Amedeo III
(Torino 1725 - Moncalieri 1796)
altri figli
Le genealogie
Vittorio Amedeo III
Maria Antonietta di Borbone
(Torino 1725 - Moncalieri 1796)
figlia di Filippo V di Spagna
re di Sardegna dal 1773
Vittorio Emanuele I
Luisa Maria Giuseppina
moglie del futuro Luigi XVIII di Francia (Torino 1759 - Moncalieri 1824) re di Sardegna dal 1802 al 1821 abdica in favore del fratello Carlo Felice
Maria Teresa d’Asburgo
Carlo Emanuele IV Maria Teresa (Torino 1751 - Roma 1819) moglie del futuro re di Sardegna dal 1796 al 1802 Carlo X di Francia abdica in favore del fratello Vittorio
(Torino 1765-1831)
re di Sardegna dal 1821
Maria Beatrice Vittoria Carlo Emanuele (1796-99) Maria Anna Maria Cristina
Carlo Felice
Maria Clotilde Adelaide
sorella dei re di Francia Luigi XVI, Luigi XVIII e Carlo X
senza eredi
Maria Cristina di Borbone-Napoli
altri figli
senza eredi
Carlo Alberto
(Torino 1798 - Oporto 1849) discendente da Tommaso, capostipite della casata Savoia-Carignano, figlio di Carlo Emanuele I re di Sardegna dal 1831 abdica nel 1849
Vittorio Emanuele II (Torino 1820-1878)
re di Sardegna dal 1849 al 1861 re d’Italia dal 1861
Maria Teresa di Toscana
Ferdinando Maria Alberto Maria Cristina
241
Breve storia del Mondo occidentale
Vittorio Emanuele II
re di Sardegna dal 1849 al 1861 re d’Italia dal 1861
(Torino 1820-1878)
Maria Adelaide d’Asburgo (✝ 1855)
Umberto I
Maria Clotilde
(Torino 1844 - Monza 1900) re d’Italia dal 1878 o
Rosa Teresa Vercellana Guerrieri
nominata contessa di Mirafiori e Fontanafredda matrimonio morganatico (1869)
Vittoria Emanuele Alberto
Margherita di Savoia
figlia di Ferdinando di Savoia duca di Genova è la prima regina d’Italia
inizio della casata illegittima dei conti di Mirafiori e Fontanafredda
Vittorio Emanuele III
(Napoli 1869 - Alessandria d’Egitto 1947)
Elena del Montenegro figlia di Nicola Petrovich principe del Montenegro (re dal 1910)
Jolanda Mafalda
re d’Italia dal 1900
imperatore d’Etiopia dal 1936 al 1946 re d’Albania dal 1939 al 1946 abdica nel 1946
Umberto II
Giovanna Maria
242
Oddone Maria Pia
inizio della casata dei duchi d’Aosta
o
Amedeo Ferdinando re di Spagna (1870-73)
(Racconigi 1904 - Ginevra 1983) re d’Italia dal 9.5 al 12.6.1946
Maria Pia
Vittorio Emanuele (1937)
Emanuele Filiberto (1972)
Maria José del Belgio
figlia di re Alberto I del Belgio
Maria Gabriella Maria Beatrice
Le genealogie
Le grandi linee delle genealogie francese carolingia I franchi, tribù di stirpe germanica stanziata nel basso corso tedesco del Reno, avviano la loro espansione territoriale verso occidente nel corso del sec. III d.c. allorché invadono la Gallia (regione europea compresa tra i Pirenei, il Mediterraneo, le Alpi, il Reno, il Mare del Nord e l’Atlantico ed approssimativamente corrispondente alla Francia di oggi; è così chiamata dai romani poiché “galli” sono chiamate le popolazioni celtiche che la abitano) spingendosi verso la penisola iberica. Non riuscendo a scacciarli dai territori dell’Impero, Roma tratta con loro facendoli rimanere ai confini dell’Impero come alleati federati e confidando in un loro aiuto a difesa degli estremi confini imperiali minacciati da altre popolazioni barbariche. Nel 454 però, essendo re Merovèo (451-457), l’iniziatore della dinastia dei merovingi, danno l’avvio alla occupazione della Gallia ponendo le basi per la costituzione del Regno franco. Verso la fine del secolo, quando la potenza di Roma è ormai tramontata (l’Impero Romano d’Occidente crolla nel 476), il giovane re Clodovèo (481-511), nipote di Merovèo, estende il territorio del Regno alla Gallia nord-occidentale (Nèustria), a quella nord-orientale (Austrasia) e ad alcune regioni limitrofe della Germania. Nel 534 viene annesso anche il Regno di Burgundia (Borgogna; Gallia sud-orientale) ma negli anni successivi le ripetute divisioni territoriali tra i vari eredi dei regnanti, le incomprensioni, le invidie ed i contrasti tra i medesimi eredi portano il Regno franco ad una grave crisi di cui si avvantaggiano i cosiddetti “maestri di palazzo” (una sorta di potenti cerimonieri “tuttofare” dei vari Regni divisi) che lentamente riescono ad imporre la loro autorità.
Pipino I, il Vecchio
(✝ 640) maestro di palazzo di Austrasia
Pipino II di Heristal
(✝ 714) maestro di palazzo di Austrasia e Nèustria
Nipote di Pipino I, è il vero dominatore del Regno dei franchi e, dopo aver sconfitto Ebroino (678), maestro di palazzo di Nèustria, diviene l’unico maestro di palazzo per i due Regni. È considerato il fondatore della potenza della casa carolingia.
Carlo Martello
(689-741) maestro di palazzo di Austrasia e Nèustria
Prosegue con molto vigore l’opera del padre tesa ad imporre la propria casata alla decadente dinastia merovingia.
Carlomanno
(715-754) maestro di palazzo di Austrasia fino al 747 (con Svevia e Turingia)
Pipino III, il Breve
(714-768) maestro di palazzo di Nèustria e di Austrasia (con Borgogna e Provenza)
re dei franchi dal 751
243
Breve storia del Mondo occidentale
Pipino III, il Breve
(714-768) maestro di palazzo di Austrasia e Nèustria
re dei franchi dal 751 Deponendo nel 751 il legittimo re Childerìco III pone termine alla dinastia merovingia. A lui si deve la conquista definitiva (768) del Ducato di Aquitania, la regione sud-occidentale della Gallia ancora non unita al Regno franco. È considerato il fondatore della dinastia carolingia.
Carlo I (Carlo Magno)
imperatore del S.R.I. dall’800
Carlomanno
(742-814) re di Nèustria dal 758, di Austrasia, Aquitania occid. e Frisia dal 768 re dei franchi dal 771
Pipino il Gobbo figlio primogenito; per aver partecipato
(751-771) re di Borgogna, Provenza, Aquitania orient. e territori tedeschi dal 768
Pipino
Carlo
(777-810) ad una congiura contro il padre viene re d’Italia dal 781 rinchiuso nel monastero di Prum
Ludovico I, il Pio (778-840)
re dei franchi dall’ 814 imperatore del S.R.I. dall’ 814
(✝ 811)
(è detto anche Luigi I)
Lotario I
(795-855) re d’Italia dall’818
Pipino
(803-838) re di Aquitania
imperatore del S.R.I. dall’ 840
Ludovico II, il Germanico
(804-876) re dei franchi orientali (Germania) dall’843
Carlo II, il Calvo
Ludovico II (825-875)
re d’Italia dall’ 844
Ludovico III, il Giovane
(823-877)
re di Francia dall’ 843 imperatore del S.R.I. dall’ 875
imperatore del S.R.I. dall’855
(822-882) re di Sassonia dall’876
Carlomanno
(829-880) re di Baviera dall’876 re d’Italia dall’877
244
Carlo III, il Grosso (839-888) re di Germania dall’876
imperatore del S.R.I. dall’881 re di Francia dall’884
Le genealogie
Carlo II, il Calvo
Luigi II, il Balbo
(823-877)
re di Francia dall’ 843 imperatore del S.R.I. dall’875 È re di Francia dall’843 dopo i conflitti con i fratelli ed il trattato di Verdun. Egli inoltre porta il confine del suo Regno fino alla linea Mosa-Lago di Ginevra (trattato di Mersen).
(846-879; balbo = balbuziente) re di Aquitania dall’ 867
re di Francia dall’ 877
Carlomanno (✝ 884)
re di Francia dall’879
Luigi III
Carlo III, il Semplice
re di Francia dall’879
re di Francia dall’898
(863-882)
associato al fratello Carlomanno
(879-929)
Carlo III il Semplice regna effettivamente solo dopo la morte di Oddone I (detto anche Eude), conte di Parigi (figlio del conte di Parigi Roberto il Forte, ✝ 866) che, ribellatosi, con l’appoggio dell’aristocrazia, alla casa regnante, aveva deposto Carlo III il Grosso (888) ed era stato incoronato Re di Francia (888-898). A Oddone succede il fratello Roberto I (898-922) che regnerà in contrapposizione a Carlo III; il Regno è in pratica diviso in due.
Luigi IV d’Oltremare
regna sotto la tutela di Ugo il Grande, conte di Parigi (✝ 956)
(921-954)
re di Francia dal 936
Lotario (941-986)
re di Francia dal 954
regna sotto la tutela di Ugo il Grande prima e del figlio di questi Ugo Capeto poi. Tenta invano di occupare la Lorena ed Aquisgrana
Luigi V, il Fannullone
Carlo
(950-992) duca di Lorena dal 977 alla morte di Luigi V entra in lotta con Ugo Capeto per la successione alla corona francese. Con lui si estingue la famiglia dei carolingi
(967-987)
re di Francia dal 986
245
Breve storia del Mondo occidentale Con Luigi V si estingue la dinastia dei carolingi francesi (la famiglia si estingue invece appena cinque anni dopo con la morte di Carlo di Lorena). A Luigi succede Ugo Capeto, conte di Parigi dal 956 e già tutore di re Lotario. Il S.R.I., dissoltosi con Carlo III il Grosso e ricostituito nel 962 dalla dinastia tedesca di Sassonia (Ottone I), non ha più tra i suoi membri la Francia.
246
Le genealogie
Le grandi linee della dinastia francese capetingia da Ugo Capeto a Luigi XIV
Ugo il Grande
(✝ 956) conte di Parigi tutore dei re carolingi Luigi e Lotario
Ugo Capeto
(941-996) conte di Parigi dal 956 tutore di re Lotario
re di Francia dal 987
Roberto II, il Pio (970-1031)
re di Francia dal 996
nel 1016 conquista il Ducato di Borgogna
(1008-1060)
Enrico I
re di Francia dal 1031
Filippo I
re di Francia dal 1060
Luigi VI, il Grosso
(1052-1108)
(1080-1137)
re di Francia dal 1108 Rafforza notevolmente il potere regio a scapito di quello feudale cresciuto a dismisura dopo la dissoluzione dell’impero carolingio.
Luigi VII, il Giovane (1120-1180)
re di Francia dal 1137 Associa al Regno l’Aquitania attraverso il matrimonio con Eleonora, erede del Ducato; dopo il divorzio dal Re, Eleonora riacquisisce la titolarità del suo Ducato e sposa Enrico II Plantageneto, re d’Inghilterra, allargando il vasto dominio plantegeneto inglese in terra di Francia.
Filippo II Augusto 247
Breve storia del Mondo occidentale
Filippo II Augusto
re di Francia dal 1180
Luigi VIII, il Leone
(1165-1223)
(1187-1226)
re di Francia dal 1223
Luigi IX, il Santo
Carlo I d’Angiò
(1214-1270)
(1226-1285) re di Sicilia dal 1266
re di Francia dal 1226
Luigi IX sottomette il conte di Tolosa, sottrae la Normandia e l’Angiò (regioni della Francia nord-occidentale) all’Inghilterra (1234) e pone l’attenzione sulla Provenza facendo sposare il fratello Carlo con Beatrice di Provenza (1246). Partecipa inoltre a due crociate sfortunate (1248 e 1270), morendo di peste a Tunisi. Sarà canonizzato da papa Bonifacio VIII nel 1297. Carlo I, dopo aver avuto dal fratello Luigi IX le Contee dell’Angiò e del Maine (1246) e le terre di Provenza portatigli in dote da Beatrice, dà origine alla dinastia dei conti d’Angiò. La Contea sarà elevata alla dignità ducale nel 1360. Nel 1480 il Ducato passerà infine alla corona.
Filippo III, l’Ardito
re di Francia dal 1270
Filippo IV, il Bello
(1245-1285)
(1268-1314)
re di Francia dal 1285 È il Re del profondo dissidio con papa Bonifacio VIII e l’artefice della cosiddetta “cattività avignonese” del papato. Dal 1309 al 1377 infatti la sede pontificia viene trasferita in Francia, ad Avignòne (antico feudo della Chiesa), sotto la tutela diretta del re. I papi del periodo avignonese sono ovviamente tutti francesi (Clemente V, eletto nel 1305, Giovanni XXII, Benedetto XII, Clemente VI, Innocenzo VI, Urbano V e Gregorio XI).
Luigi X, il Rissoso
Filippo V, il Lungo
Carlo IV
re di Francia dal 1314
re di Francia dal 1316
re di Francia dal 1322
(1289-1316)
(1294-1322)
(1294-1328)
Sia Luigi X che Filippo V e Carlo IV non hanno eredi maschi. Con Carlo IV si estingue quindi la linea diretta della dinastia capetingia. Gli succede Filippo VI di Valois, figlio di un fratello di Filippo IV, che dà inizio al ramo capetingio dei Valois che si protrarrà fino al 1498. L’ascesa al trono di Filippo VI provoca la reazione di Edoardo III d’Inghilterra, pretendente al trono francese per motivi matrimoniali e dal contrasto ha origine la guerra detta dei “Cento anni”.
248
Le genealogie
I Capetingi-Valois
Filippo VI di Valois
(1293-1350)
re di Francia dal 1328
è figlio di un fratello di Filippo IV
Giovanni II, il Buono (1319-1364)
re di Francia dal 1350 È sconfitto a Poitiers (1356), fatto prigioniero da Edoardo III e portato in Inghilterra. Riottiene la libertà nel 1359. La numerazione segue un Giovanni I, figlio postumo di Luigi X (novembre 1316) vissuto solo pochi giorni.
Carlo V, il Saggio
Luigi I d’Angiò
(1338-1380)
(1339-1384) primo duca d’Angiò
re di Francia dal 1364
Carlo VI, il Folle
Carlo VII
Luigi XI
(1368-1422)
re di Francia dal 1380 La pazzia che lo colpisce nel 1392 ha conseguenze disastrose sull’andamento della guerra dei Cento anni. La Francia perde tutta la sua parte settentrionale (Bretagna, Normandia, Maine, Angiò, Parigi, Champagne e Calais).
(1403-1461)
re di Francia dal 1422 Escluso dalla successione poiché con il trattato di Troyes (1420) il padre aveva designato alla successione il re d’Inghilterra Enrico V, viene incoronato a Reims solo nel 1429 dopo l’epopea anti-inglese di Giovanna d’Arco. La cacciata definitiva degli inglesi dal territorio francese avviene nel 1453. All’Inghilterra resta solo la città di Calais che sarà però perduta nel 1558.
(1423-1483)
re di Francia dal 1461
Carlo VIII
(1470-1498)
re di Francia dal 1483
si estingue il ramo capetingio dei Valois
249
Breve storia del Mondo occidentale
I Capetingi-Valois/Orleans
Carlo, duca di Orleans
Luigi XII (1462-1515)
re di Francia dal 1498
succede al cugino Carlo VIII di cui sposa in seconde nozze la vedova Anna di Bretagna
G
Francesco I (1494-1547)
re di Francia dal 1515
succede al cugino Luigi XII di cui aveva sposato la figlia Claudia. È figlio di Carlo d’Orleans, conte di Angouleme, e di Luisa di Savoia
Enrico II
(1519-1559)
re di Francia dal 1547
sposa Caterina de’ Medici. Nel 1558 conquista Calais, ultima roccaforte inglese in Francia
Francesco II (1544-1560)
re di Francia dal 1559
Carlo IX (1550-1574)
re di Francia dal 1560 nel 1558 sposa Maria Stuarda
250
Enrico III (1551-1589)
re di Francia dal 1574
si estingue il ramo capetingio dei Valois-Orleans
Le genealogie
I Capetingi-Borbone
Carlo di Borbone duca di Vendòme
Antonio di Borbone
duca di Vendòme (1518-1562) re di Navarra dal 1555
Nel 1548 sposa Giovanna d’Albret, figlia del re di Navarra Enrico II d’Albret. Salita al trono (1555) Giovanna, viene da questa associato al trono. Due anni prima dal matrimonio era nato Enrico IV.
Enrico IV
Luigi XIII
Luigi XIV, il Re Sole
(1553-1610)
re di Francia dal 1589 Designato da Enrico III come suo successore. Nel 1572 aveva sposato Margherita di Valois, sorella di Carlo IX ed Enrico III. Nel 1600, sciolta l’unione con la Valois, sposa Maria de’ Medici.
(1601-1643)
re di Francia dal 1610 Figlio di Maria de’ Medici, subisce notevolmente l’influenza della madre che in pratica governa da sola con politica filo-spagnola. Dal 1622 è in balia della forte personalità del suo primo ministro, il cardinale Richelièu, vero arbitro della politica francese.
(1638-1715)
re di Francia dal 1643 Inizia a governare da solo dopo la morte del cardinale italiano Giulio Raimondo Mazzarino (16021661), primo ministro francese ed arbitro assoluto della politica del Regno al quale peraltro assicura una posizione di preminenza in Europa. Luigi XIV trasferisce la corte a Versailles, esautora il Parlamento (istituzione che iniziò a prendere corpo sotto Luigi IX) e non convocherà mai gli Stati Generali. La sua politica di grandezza gli procura l’opposizione di una grande coalizione di Stati raggruppati nella Lega di Augusta (Austria, Spagna, Olanda, Svezia, Inghilterra, Savoia) che lo impegna in anni di guerra. La pace di Ryswich (1697) lascia la Francia prostrata ridimensionando le ambizioni di potenza di re Luigi. La pace di Utrecht (1713), che pone fine alla guerra di successione spagnola (1700-1713), gli darà poi il colpo di grazia.
A Luigi XIV succedono Luigi XV (figlio del duca di Borgogna e re dal 1715 al 1774), Luigi XVI (figlio del delfino Luigi e re dal 1774 al 1792), Luigi XVII (figlio di Luigi XVI e re, solo nominale, dal 1793 al 1795). Gli eventi rivoluzionari, la prima repubblica (1789-1804) e l’Impero napoleonico (1804-1815) travolgeranno la monarchia borbonica che sarà ripristinata con Luigi XVIII (fratello di Luigi XVI e re dal 1815 al 1824), Carlo X (fratello minore di Luigi XVIII e re dal 1824 al 1830) e Luigi Filippo I d’Orleans (discendente di un ramo collaterale della famiglia e re dal 1830 al 1848) prima di cedere il posto
251
Breve storia del Mondo occidentale alla seconda repubblica (presidente Luigi Napoleone, nipote di Napoleone I, 1848-1852), al secondo impero (Napoleone III già Luigi Napoleone, 1852-1870; Napoleone II, 1811-32, figlio di Napoleone I e di Maria Luisa d’Austria non fu mai regnante) ed alla Repubblica attuale.
252
Le genealogie
Le grandi linee della genealogia austriaca degli Asburgo La casata è probabilmente originaria dell’Argovia (cantone odierno della Svizzera settentrionale) dove nei primi decenni del sec. XI un tale Werner, feudatario del luogo e forse vescovo di Strasburgo, avvia la costruzione del cosiddetto castello di “Habichtsburg” da cui la famiglia derivò poi il nome. Nel 1082 c. un nipote di Werner I, Werner II (✝ 1096) fedelissimo della casa Sveva, ottiene il titolo di conte unitamente a nuovi possedimenti in Alsazia (Francia orientale) e in Brisgovia (Germania sud-occidentale). La formazione di una entità territoriale compatta inizia tuttavia a definirsi solo verso il finire del sec. XII dopo i nuovi acquisti, specialmente nell’attuale Svizzera, operati dai conti Ottone II, Werner III (✝ 1167) e Alberto III (✝ 1199) discendenti di Werner II. Sotto Rodolfo II (✝ 1232) la Contea è ormai abbastanza grande da essere suddivisa tra i suoi due figli Alberto IV (✝ 1240) e Rodolfo III. Alla morte di Alberto IV le redini della casata vengono prese dal figlio Rodolfo IV, nato in Brisgovia nel 1218. Rodolfo allarga notevolmente i confini della Contea (annette, tra l’altro la Stiria, la Carniola e la Carinzia) acquistando un grandissimo prestigio al punto da essere eletto (1273) imperatore del S. R. I. con il nome di Rodolfo I. Con Rodolfo I ha termine il grande interregno (1250-1273) successivo alla morte di Federico II e prende l’avvio la grande ascesa degli Asburgo.
Da Rodolfo I a Carlo V e Ferdinando I
Rodolfo I
(1218-1291) re di Germania e dei Romani dal 1273
imperatore del S.R.I. dal 1273 Nel 1278 allarga la sua signoria personale sulla Boemia e sull’Austria spostando gli interessi della casa asburgica dalla Svizzera all’Austria. La casata inizia a chiamarsi “casa d’Austria”.
Alberto I
(1255-1308) duca delle terre d’Austria dal 1281 re di Germania e dei Romani dal 1298
imperatore del S.R.I. dal 1298 Nel periodo 1291-98 è imperatore Adolfo di Nassau, eletto in funzione anti-asburgica, ma sconfitto e ucciso da Alberto.
Federico III, il Bello (1286-1330) duca d’Austria dal 1308
Dal 1308 gli Asburgo per oltre un secolo ritornano al ruolo di semplice famiglia ducale ormai staccata dalla terra d’origine e identificata sempre più con la terra austriaca. In questo periodo allargano comunque i loro domini personali alla intera Carinzia (1335), al Tirolo, all’Istria (1374) ed a Trieste
253
Breve storia del Mondo occidentale (1382). Nel 1437 riacquistano la dignità imperiale con il duca d’Austria Alberto V, II come imperatore del S.R.I.
G
Alberto II
(1397-1439) duca d’Austria (Alberto V) dal 1404 re dei Romani dal 1437
imperatore del S.R.I. dal 1437
G
Ernesto I
(1377-1424) duca d’Austria
È figlio del duca d’Austria Inferiore Leopoldo III (1351-1386; duca dal 1365 al 1379), capostipite della linea ereditaria leopoldina e fratello del duca d’Austria Superiore Alberto III (1349-1395; duca dal 1365 al 1395), capostipite della linea albertina e nonno paterno dell’imperatore Alberto II.
Federico III
(1415-1493) duca d’Austria Inferiore dal 1435 re di Germania e dei Romani dal 1440
imperatore del S.R.I. dal 1452 Nel 1453 eleva il Ducato d’Austria ad arciducato. Nel 1457 ridà unità al vasto dominio austriaco della famiglia, suddiviso nel corso del sec. XIV nelle linee ereditarie albertina e leopoldina (v. sopra). Nel 1458 perde il controllo sulla Boemia e sull’Ungheria che si danno re nazionali. Con il matrimonio del figlio Massimiliano con Maria di Borgogna (1477) pone le basi della futura potenza asburgica.
Massimiliano I
(1459-1519) arciduca d’Austria re di Germania dal 1493
imperatore del S.R.I. dal 1493 Con Massimiliano I gli Asburgo assurgono al vertice assoluto non solo dell’Impero ma anche dell’intera politica europea. Egli infatti sposa Maria di Borgogna (1477) ottenendo alla morte del duca Carlo il Temerario (1478), padre di Maria, il Ducato borgognese. Nel 1496 fa poi sposare il figlio Filippo il
254
Le genealogie Bello con Giovanna di Castiglia, figlia di Ferdinando II il Cattolico d’Aragona e Isabella di Castiglia, ponendo le basi per la candidatura asburgica alla corona spagnola.
Filippo I, il Bello
(1478-1506) figlio di Massimiliano I arciduca d’Austria dal 1495 marito di Giovanna di Castiglia dal 1496
Carlo V
(1500-1558) arciduca d’Austria re di Spagna dal 1516 (Carlo I) re di Napoli e Sicilia dal 1516 (Carlo IV)
imperatore del S.R.I. dal 1519 (Carlo V)
Ferdinando I
(1503-1564) arciduca d’Austria dal 1519 re di Boemia e di Ungheria dal 1526
imperatore del S.R.I. dal 1556
abdica nel 1556
Con Carlo V ha inizio la dinastia degli Asburgo di Spagna. Ferdinando I dà invece seguito a quella degli Asburgo d’Austria. Carlo V è uno dei più grandi sovrani del tempo. Il suo Impero “sul quale non tramonta mai il sole” (il riferimento è ovviamente anche ai nuovi territori americani) è vastissimo. In guerra continua con Francesco I di Francia, egli cerca anche di riorganizzare e difendere l’Impero e di conciliare le controversie religiose provocate dalla “Riforma” luterana. Abdica nel 1556 in favore del fratello Ferdinando I.
255
Breve storia del Mondo occidentale
Gli Asburgo d’Austria da Ferdinando I a Maria Teresa Ferdinando I
(1503-1564) arciduca d’Austria dal 1519 re di Boemia e di Ungheria dal 1526
imperatore del S.R.I. dal 1556
Massimiliano II
Carlo d’Asburgo
(1527-1576)
Rodolfo II
Mattia
(1552-1612) re di Ungheria dal 1572 al 1608 re di Boemia dal 1575 al 1611
(1557-1619) re di Ungheria dal 1608 re di Boemia dal 1611
imperatore del S.R.I. dal 1576
imperatore del S.R.I. dal 1612
Ferdinando II
(1578-1637)
imperatore del S.R.I. dal 1619
Ferdinando III (1608-1657)
imperatore del S.R.I. dal 1637
Leopoldo I
(1640-1705) re di Ungheria dal 1655 re di Boemia dal 1657
imperatore del S.R.I. dal 1657
Giuseppe I
(1678-1711) re di Ungheria dal 1687
imperatore del S.R.I. dal 1705
256
(1540-1590)
imperatore del S.R.I. dal 1564
Carlo VI
(1685-1740) arciduca d’Austria dal 1685 pretendente al trono di Spagna dal 1700 al 1713 re di Napoli dal 1707 al 1720 re di Napoli e di Sicilia dal 1720 al 1734
imperatore del S.R.I. dal 1711
Le genealogie Dal 1700 al 1713 Carlo VI è in guerra contro Spagna e Francia per la successione al trono spagnolo. Nel biennio 1706-07 occupa tutti possedimenti spagnoli in Italia. Nel 1720 scambia la Sardegna con la Sicilia che il trattato di Utrecht (1713) aveva assegnato a Vittorio Amedeo di Savoia. Nel 1713 emana la “Prammatica sanzione” con la quale assicura la continuità dinastica anche per linea femminile nella persona della figlia Maria Teresa ponendo così le premesse per la guerra di successione austriaca. Il suo regno è per l’Italia asburgica foriero di buon governo caratterizzato da grande efficienza e da deciso riformismo burocratico-amministrativo. Tale politica sarà seguita anche dalla figlia Maria Teresa e dal nipote Giuseppe II.
Carlo VI
(1685-1740) arciduca d’Austria dal 1685 pretendente al trono di Spagna dal 1700 al 1713 re di Napoli dal 1707 al 1720 re di Napoli e di Sicilia dal 1720 al 1734
imperatore del S.R.I. dal 1711
Maria Teresa
(1717-1780) arciduchessa d’Austria regina di Boemia e di Ungheria
imperatrice del S.R.I. dal 1740
Nel 1740 sposa il duca Francesco Stefano III di Lorena (Lorena: Ducato tedesco dell’attuale Francia orientale). Alla morte del padre tiene testa a Federico II di Prussia che invade la Slesia pretendendo diritti di successione al trono imperiale. La guerra si conclude con la pace di Aquisgrana (1748) che riconosce i diritti ereditari dell’imperatrice. Dopo anni di politica tesa alla difesa della struttura dell’Impero tedesco minacciato da gravi avvisaglie di disintegrazione, partecipa alla guerra dei “Sette anni” (1756) per il recupero della Slesia. La guerra si conclude nel 1763 confermando però lo status quo. Nel 1745 associa al governo il marito Francesco Stefano (Francesco I come imperatore), granduca di Toscana dalla morte dell’ultimo dei Medici (1737). Morto Francesco I (1765), associa al governo il figlio Giuseppe. Molto abile nella politica dinastica rafforza, attraverso i legami matrimoniali dei suoi figli, l’influenza austriaca in Italia, in Francia ed in Spagna.
257
Breve storia del Mondo occidentale
Gli Asburgo-Lorena (casa d’Austria) da Maria Teresa a Carlo I
Maria Teresa
(1717-1780) arciduchessa d’Austria regina di Boemia e di Ungheria
imperatrice del S.R.I. dal 1740
Giuseppe II
Leopoldo II
(1741-1790) co-reggente con la madre dal 1765 re di Ungheria e Bomia dal 1780
(1747-1792) granduca di Toscana dal 1765 (Pietro Leopoldo I) re di Ungheria e Boemia dal 1790
Francesco II
Ferdinando III
imperatore del S.R.I. dal 1780
imperatore del S.R.I. dal 1790
(1768-1835)
(1789-1824) granduca di Toscana dal 1790 al 1801 e dal 1814 al 1824
imperatore del S.R.I. dal 1792 al 1806 imperatore d’Austria dal 1804 (Francesco I)
Casa d’Asburgo-Toscana
Nel 1806 la bufera napoleonica dissolve ciò che resta dell’antico S.R.I. e l’Austria perde la posizione di egemonia in Europa a favore di Napoleone e della Francia. Nel 1810 la figlia di Francesco arciduchessa Maria Luisa sposa a Parigi il Bonaparte. Nel 1815 riottiene tutti i domini perduti, allargati ai territori di Trieste, Venezia, Istria e Dalmazia, ed il ruolo egemonico tra gli Stati tedeschi.
Ferdinando I
Francesco Carlo
(1793-1875)
(1802-1878) arciduca d’Austria
imperatore d’Austria dal 1835 al 1848
Privo di attitudine al comando, Ferdinando I cede la responsabilità del potere ad una “Conferenza di Stato” composta, tra gli altri, dal principe di Metternich. Dopo l’insurrezione viennese del 1848 abdica in favore del giovane nipote Francesco Giuseppe, figlio del fratello arciduca Francesco Carlo e di Sofia di Baviera.
258
Francesco Giuseppe (1830-1916)
imperatore d’Austria dal 1848 re di Ungheria dal 1867
Massimiliano
(1832-1867) imperatore del Messico dal 1864
Carlo Luigi
(1833-1896) arciduca d’Austria
Le genealogie Francesco Giuseppe ristabilisce l’autorità interna e la preminenza dell’Austria sugli Stati tedeschi. Riafferma il dominio sul Lombardo-Veneto italiano sconfiggendo il Piemonte (1849) nella Prima guerra d’Indipendenza. Perde comunque la Lombardia nel 1859 (Seconda guerra d’Indipendenza) ed il Veneto nel 1866 (Terza guerra d’Indipendenza). Nel 1866 viene sconfitto dalla Prussia a cui deve cedere la guida dell’Impero tedesco dal quale l’Austria viene addirittura esclusa. Nel 1867 costituisce con l’Ungheria una duplice monarchia (l’Impero austro-ungarico) sottoposta ad un unico sovrano titolare delle due dignità di imperatore d’Austria e di re di Ungheria. Nel 1878 ottiene l’amministrazione della Bosnia e dell’Erzegovina che annette definitivamente nel 1908. Nel 1879 si allea infine con la Prussia e l’Impero tedesco e nel 1882 dà corpo alla “Triplice alleanza” con Impero tedesco e Italia. Nel 1914 è uno dei protagonisti della Prima guerra mondiale.
Carlo Luigi
(1833-1896) arciduca d’Austria
Francesco Ferdinando
Ottone Francesco
(1863-1914) arciduca d’Austria ucciso a Sarajevo il 28 giugno 1914
(1865-1906)
Carlo I
(1887-1922) arciduca d’Austria dal 1914
imperatore d’Austria dal 1916 al 1918 re di Ungheria dal 1916 al 1918
Viene deposto e mandato in esilio alla fine della Prima guerra mondiale (1918). Con Carlo I ha termine la dinastia regnante degli Asburgo d’Austria. Dalla dissoluzione dell’Impero asburgico nascono le monarchie di Ungheria e Jugoslavia e la Repubblica di Cecoslovacchia mentre la nuova Repubblica di Austria viene ridotta a dimensioni molto modeste. Nel 1938 essa è poi annessa al Terzo Reich imperiale tedesco e con Hitler segue le sorti della Germania nazista nella Seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto viene ripristinata l’indipendenza entro i confini del 1918. Nota: talvolta nell’elenco delle dignità delle varie personalità è omesso il titolo arciducale che è comunque di pertinenza dell’erede primogenito con trasferimento all’erede cadetto allorché il primogenito assume la carica imperiale.
259
Breve storia del Mondo occidentale
Gli Asburgo di Spagna
Carlo V
(1500-1558) arciduca d’Austria
re di Spagna dal 1516 (Carlo I)
re di Napoli e Sicilia dal 1516 (Carlo IV)
imperatore del S.R.I. dal 1519 (Carlo V) abdica nel 1556
Filippo II (1527-1598)
re di Spagna dal 1556
re di Napoli e Sicilia dal 1556 re del Portogallo dal 1580
Sposato in quarte nozze con Anna d’Austria. Nel 1580 occupa il Portogallo. Nel 1588 subisce la pesante sconfitta dell’ “Invencible Armada” inviata contro l’Inghilterra.
Filippo III
Filippo IV
Carlo II
(1578-1621)
re di Spagna, Portogallo, Napoli e Sicilia dal 1598 Sposato con Margherita d’Austria. Lascia lo Stato in balia del favorito Francesco Sandoyal y Rojas, duca di Lerma.
(1605-1665)
re di Spagna, Napoli e Sicilia dal 1621 Sposato a Marianna d’Austria. Come il padre lascia lo Stato in balia dei favoriti, il conte-duca d’Olivares e, dal 1643, Luigi de Haro. Nel 1640 perde il Portogallo che riacquista l’indipendenza. Durante il suo lungo regno la potenza spagnola intraprende la via di un rapido e grave declino.
(1661-1700)
re di Spagna, Napoli e Sicilia dal 1665 Privo di eredi ed influenzato da papa Innocenzo XI designa come successore Filippo di Borbone (il futuro Filippo V) figlio del Gran Delfino di Francia (nipote quindi di Luigi XIV, a sua volta genero di Filippo IV). L’opposizione degli Asburgo d’Austria a tale decisione (l’imperatore in carica Leopoldo I è anch’egli genero di Filippo IV e pretende la corona spagnola per il figlio Carlo, il futuro imperatore Carlo VI d’Asburgo) origina la lunga guerra di successione spagnola che vede Spagna e Francia (alla fine, 1713, vincenti) contrapposte all’Impero austro-tedesco. Con Carlo II si estingue la dinastia asburgica di Spagna.
260
Le genealogie
Le grandi linee delle dinastie inglesi dai normanni agli Stuart Le basi dei vari Regni inglesi vengono poste tra le metà del sec. V e la metà del sec. VI con le invasioni dei tèutoni, antichi popoli tedeschi stanziati nel bacino dell’Elba. Le regioni che assumono importanza predominante sono la Northumbria (sec. VII), la Mercia (sec. VIII) ed il Wessex (sec. IX) il cui re Egberto viene riconosciuto (827) supremo signore anche della Mercia e della Northumbria. Nel corso del sec. IX hanno inizio le invasioni norvegesi e danesi che alla morte del re Edgardo il Pacifico (975) portano al trono il danese Canuto (1016-1035) alla cui morte le continue ostilità tra le due maggiori casate inglesi, i Goldwin del Wessex ed i Leafric della Mercia, indebolendo il potere centrale, rendono possibile la conquista del Regno da parte del normanno Guglielmo (detto “il Conquistatore”) duca di Normandia e pretendente al trono in virtù dei vincoli di parentela con re Edoardo III il Confessore morto senza eredi. Con Guglielmo ha inizio la dinastia normanna dei re inglesi.
I normanni
Guglielmo il Conquistatore
re d’Inghilterra dal 1066
(1027-1087) duca di Normandia dal 1035
È figlio di Roberto I, duca di Normandia e cugino di Edoardo III il Confessore, re d’Inghilterra (✝ 1066). Completa la conquista dell’Inghilterra nel 1071 e sostituisce nei feudi ai signorotti inglesi i “baroni” normanni.
Guglielmo II, il Rosso
Enrico I
(1060-1100)
(1068-1135)
re d’Inghilterra dal 1087
re d’Inghilterra dal 1100
Alla morte di Enrico I inizia un periodo di anarchia causato dalla mancanza di eredi diretti maschi (il figlio Guglielmo era premorto al padre nel 1120). Per la successione sono in lotta la figlia di Enrico, Maud (Matilde) che nel 1128 aveva sposato il conte d’Angiò Goffredo Plantageneto, ed il nipote di Enrico, Stefano, figlio di Stefano conte di Blois. Ha la meglio quest’ultimo che però è costretto ad accettare come suo successore il figlio di Matilde, Enrico II.
G
Stefano di Blois
(1097-1154)
re d’Inghilterra dal 1135
Con Stefano di Blois termina la dinastia normanna dei sovrani inglesi ed inizia quella degli AngiòPlantageneti
261
Breve storia del Mondo occidentale
Gli Angiò-Plantageneti
Enrico II (1133-1189)
re d’Inghilterra dal 1154 È figlio di Matilde d’Inghilterra, figlia di Enrico I e di Goffredo Plantageneto, conte d’Angiò. Durante il suo regno avviene il famoso assassinio dell’arcivescovo di Canterbury Tommaso Becket (29 dicembre 1170), in dissidio con il Sovrano a causa della vasta opera riformatrice intrapresa dal Re. Nel 1166 conquista la Contea francese della Bretagna aggiungendola ai possedimenti inglesi in Francia (Normandia, Angiò, fascia occidentale centro-meridionale). Nel 1171 annette al Regno l’Irlanda (l’isola riprenderà, in parte, l’indipendenza solo nel 1937).
Riccardo I “Cuor di Leone”
Giovanni “Senza Terra”
(1157-1199) re d’Inghilterra dal 1189
(1167-1216) re d’Irlanda dal 1177
re d’Inghilterra dal 1199
Riccardo I si dedica quasi completamente alle questioni estere (crociate, guerre contro Filippo Augusto di Francia). Il suo governo è più volte insidiato dal fratello principe Giovanni, appoggiato da Filippo Augusto. Giovanni è inviso a tutte le classi sociali per la sua fiscalità; nel 1215 è però costretto dai baroni ad accettare e concedere la “Magna Charta Libertatum” che sarà alla base del futuro ordinamento costituzionale inglese.
Enrico III
Edoardo I
Edoardo II
(1207-1272)
re d’Inghilterra dal 1216 Nel 1258 è costretto ad approvare gli “statuti di Oxford” introducenti nel Regno una iniziale forma parlamentare. Nel 1264 li revoca provocando una grande rivolta dei baroni stroncata poi dal figlio Edoardo I. Durante il suo regno l’Inghilterra perde tutti i possedimenti francesi ad eccezione del Ducato di Guienna (Francia sud-occidentale).
(1239-1307)
re d’Inghilterra dal 1272 Reprime con decisione la rivolta dei feudatari scoppiata durante il regno del padre ma dà notevole impulso alle istituzioni parlamentari affiancando all’ “Assemblea dei vassalli principali del Re” una assemblea supplementare “della nobiltà e dell’alto clero” ed una dei “rappresentanti dei Comuni”. Sottomette il Galles nel 1272 annettendolo all’Inghilterra nel 1284.
262
(1284-1327) primo principe di Galles dal 1284
re d’Inghilterra dal 1307
Le genealogie
Edoardo II
Edoardo III
Edoardo, principe di Galles
Riccardo II
(1312-1377)
re d’Inghilterra dal 1327 Sotto il suo regno inizia (1337) la guerra dei “Cento anni” causata da pretese di successione, per motivi matrimoniali, di Edoardo al trono francese e dai tentativi di riconquista dei possedimenti inglesi in Francia.
primogenito di Edoardo III (✝ 1376)
(1367-1400)
re d’Inghilterra dal 1377 Il suo dispotismo lo porta alla deposizione (1399) a favore del suo principale avversario, il cugino Henry Bolingbroke, conte di Derby ed erede del Ducato di Lancaster che l’anno successivo organizza anche il suo assassinio. Con Riccardo II ha termine la dinastia dei Plantageneti ed inizia quella dei Lancaster.
263
Breve storia del Mondo occidentale
I Lancaster e gli York
Enrico IV
(1367-1413) è il già citato Henry Bolingbroke, conte di Derby e duca di Lancaster
re d’Inghilterra dal 1399
Enrico V
Enrico VI
G
(1387-1422)
re d’Inghilterra dal 1413 Prosegue la guerra dei Cento anni riconquistando tutti i territori francesi nordici (Bretagna, Normandia, Maine, Angiò, Parigi, Champagne, Calais). Nel 1420 con il trattato di Troyes, il re di Francia Carlo VI disereda il figlio (futuro Carlo VII) e, dando in moglie ad Enrico la figlia Caterina, lo riconosce erede al trono di Francia.
(1421-1471)
re d’Inghilterra dal 1422 Soggetto a crisi di follia, è costretto a lasciare il governo a Riccardo duca di York, discendente di Edoardo III. Sotto il suo regno termina la guerra dei Cento anni (1453) con la perdita di tutti i territori francesi da parte dell’Inghilterra ad eccezione di Calais. Con Enrico VI ha termine la dinastia dei Lancaster ed inizia quella degli York. Deposto da Edoardo IV, figlio di Riccardo (✝ 1460), nel 1461 ma rimesso sul trono dai suoi seguaci nel 1470, viene assassinato l’anno successivo. Sul trono resta Edoardo IV.
Riccardo, duca di York discendente di Edoardo III
Edoardo IV (1442-1483)
re d’Inghilterra dal 1461
Riccardo III (1452-1485)
Edoardo V
re d’Inghilterra dal 1483
(1470-1483)
re d’Inghilterra nel 1483
Riccardo III, usurpatore e poi mandante dell’assassinio del giovane nipote Edoardo V (1483), è ucciso da una congiura guidata dal conte di Richmond Edmund Tudor. Con lui ha termine la dinastia degli York ed inizia quella dei Tudor.
264
Le genealogie
I Tudor
Edmund Tudor
conte di Richmond
Enrico VII (1447-1509)
re d’Inghilterra dal 1485
Enrico VIII (1491-1547)
re d’Inghilterra dal 1509
re d’Irlanda dal 1541
Nel 1509 sposa Caterina d’Aragona, nel 1533 Anna Bolena, nel 1536 Jane Seymour (✝ 1537) e successivamente contrae altri tre matrimoni. Nel 1534, proprio a causa della mancata concessione papale del divorzio dalla regina Caterina e del matrimonio con la ex damigella d’onore Anna Bolena, provoca lo scisma della Chiesa anglicana dalla Chiesa di Roma.
Edoardo VI
Maria la Cattolica
Elisabetta I
re d’Inghilterra dal 1547
regina d’Inghilterra dal 1553
regina d’Inghilterra dal 1558
(1537-1553)
figlio di Jane Seymour
(1516-1558)
(1533-1603)
figlia di Caterina d’Aragona
figlia di Anna Bolena
Maria la Cattolica (detta anche “la Sanguinaria”) sposa Filippo II di Spagna e tenta senza successo la restaurazione del culto cattolico instaurando un regime duro e persecutorio. Con Elisabetta I ha termine la dinastia Tudor. La corona inglese viene rilevata da Giacomo VI Stuart re di Scozia (Giacomo I come re di Scozia ed Inghilterra) in virtù della sua parentela con la dinastia Tudor essendo la madre Maria Stuart (Maria “Stuarda”) nipote di Margherita Tudor, nonna paterna e sorella di Enrico VIII, e quindi cugina di Elisabetta. Queste le grandi linee della genealogia di Giacomo VI di Scozia:
Giacomo III Stuart (1451-1488) re di Scozia dal 1460 al 1488
Giacomo IV Stuart (1473-1513) re di Scozia dal 1488 al 1513
Margherita Tudor
figlia di Enrico VII, padre di Enrico VIII
Giacomo V Stuart (1512-1542) re di Scozia dal 1513 al 1542
Maria Stuarda (1542-1587) regina di Scozia dal 1542 al 1567
Maria di Lorena lord H. Darnley (✝ 1567)
Giacomo VI Stuart (1566-1625) re di Scozia dal 1567 e re di Scozia ed Inghilterra dal 1603 265
Breve storia del Mondo occidentale
Gli Stuart
Giacomo I (1566-1625)
re d’Inghilterra e di Scozia dal 1603
Carlo I
(1600-1649)
re d’Inghilterra e di Scozia dal 1625 Il suo regno è attraversato da un lungo contrasto tra la corona e il Parlamento che nel 1642 sfocia addirittura in un conflitto armato. Nel 1647 viene arrestato, processato e condannato a morte. È giustiziato il 30 gennaio 1649. Dal 1649 al 1659 il regime monarchico è quindi sospeso e il Regno è retto dalle dittature del “lord Protettore” Oliver Cromwell (1649-1658) e del figlio Richard (1658-1659).
Carlo II
Giacomo II
re d’Inghilterra e di Scozia dal 1659
re d’Inghilterra e di Scozia dal 1685 al 1688
(1630-1685)
(1633-1701)
Giacomo II, mal tollerato dal popolo per il suo convinto cattolicesimo e per le sue idee assolutiste, è deposto dal Parlamento nel 1688. La stessa assemblea offre poi la corona a Guglielmo d’Orange (Guglielmo III), marito di Mary Stuart.
Guglielmo III d’Orange (1650-1702) conte di Nassau (Paesi Bassi) statolder (governatore) delle
Mary
Anna
(1665-1714)
regina d’Inghilterra e di Scozia dal 1702 regina di Gran Bretagna dal 1707 senza eredi
Province Unite dei Paesi Bassi
re d’Inghilterra e Scozia dal 1689 senza eredi
Guglielmo III sottoscrive già nel 1689 il “Bill of Rights” (la “Dichiarazione dei Diritti”) con il quale riconosce il carattere contrattuale del suo potere e apre la strada alla supremazia del Parlamento sulla corona. In questo stesso periodo nell’Europa continentale si vanno invece affermando le varie monarchie assolute. Alla morte senza eredi di Guglielmo e della cognata Anna Stuart, il Parlamento offre la corona a Giorgio (Giorgio I) principe tedesco elettore di Hannover con cui, finita la dinastia degli Stuart, inizia quella degli Hannover. Nota: il Re (o la Regina) d’Inghilterra e di Scozia è anche Re d’Irlanda. L’isola, conquistata nel 1171 da Enrico II, riprenderà in parte la sua indipendenza solo nel 1937. Nel 1707 Inghilterra e Scozia si uniscono sotto il nome di “Gran Bretagna”.
266
Le genealogie
Le grandi linee della genealogia inglese degli Hannover e dei Windsor
Ernesto Augusto
principe elettore di Hannover, regione storica della Germania nord-occidentale Elettorato dal 1692 Dipendenza inglese dal 1714 al 1813
Giorgio I (1660-1727)
re di Gran Bretagna dal 1714
elevato al trono inglese alla morte di Anna Stuart inizio della dinastia degli Hannover e del possedimento inglese dell’Hannover
Giorgio II (1683-1760)
re di Gran Bretagna dal 1727
Federico, principe di Galles
Giorgio III (1738-1820)
re di Gran Bretagna dal 1760
Giorgio IV (1762-1830
Guglielmo IV (1765-1837)
Edoardo, duca di Kent
re di Gran Bretagna dal 1820 re di Gran Bretagna dal 1830
Edoardo VII (1841-1910)
Vittoria
(1819-1901)
regina di Gran Bretagna dal 1837 nel 1840 sposa il cugino Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha
altri 9 figli
re di Gran Bretagna dal 1901
267
Breve storia del Mondo occidentale
Edoardo VII
(1841-1910)
re di Gran Bretagna dal 1901
(premorto al padre)
Giorgio V
Duca di Clarence
re di Gran Bretagna dal 1910 nel 1917 assume il nome di Windsor in sostituzione di quello di Sassonia-Coburgo-Gotha inizio della dinastia dei Windsor
Edoardo VIII
Giorgio VI
re di Gran Bretagna dal gennaio 1936
re di Gran Bretagna dal dicembre 1936
(1894-1972)
Elisabetta II regina di Gran Bretagna dal 1952
duca di Edimburgo
Carlo
268
Margaret
(1926)
Filippo di Mountbatten
(1895-1952)
abdica il 10 dicembre 1936 per sposare la statunitense divorziata Wallis Warfield Simpson assume il titolo di “duca di Windsor”
altri 3 figli
(1865-1936)
Anna
Andrea
Edoardo
(1948) principe di Galles futuro re Carlo III
Diana Spencer (1961-1997)
William
(1982) futuro re Guglielmo V
Harry (1984)
Le genealogie
Le grandi linee della genealogia russa dei Romanov
Michele III Romanov
(1596-1645) figlio del nobile Fedor Nikitic Romanov
proclamato zar nel 1613 fondatore della dinastia
Maria Miloslavskaja
Sofia
reggente dal 1682 al 1689
Fedor III (1661-1682)
zar dal 1676
Ivan V
co-zar dal 1682 al 1696
Pietro I il Grande
Caterina I
zar dal 1682
zarina dal 1725
(1672-1725)
senza eredi
(1684-1727)
Evdokija Lopuchina
Anna
Caterina
Alessio
Anna
Pietro II
Pietro III
zar dal 1727
zar nel 1762
zarina dal 1730 (✝ 1718) (✝ 1728) al 1740
(✝ 1733)
Anna Leopoldovna
Natalia Naryskina
zar dal 1645
Alessio
(1629-1676)
Ivan VI
(✝ 1730)
Elisabetta
zarina dal 1741 al 1762
(1728-1762)
senza eredi
(1740-1764) zar dal 1740 al 1741 vittima di un colpo di Stato che porta al potere la cugina Elisabetta
Caterina II, la Grande
(1729-1796) figlia di Cristiano Augusto principe nipote della zarina Elisabetta
zarina dal 1762
Paolo I 269
Breve storia del Mondo occidentale
Paolo I
(1754-1801)
zar dal 1796
Alessandro I Costantino (1777-1825)
(1796-1855)
zar dal 1801 senza eredi
Nicola I
zar dal 1825
Alessandro II
zar dal 1855
Alessandro III
zar dal 1881
Nicola II
(1818-1881)
(1845-1894)
(1868-1918)
zar dal 1894
Olga
(✝ 1918)
Tatjana (✝ 1918)
Marja
(✝ 1918)
Mikhail
(1878-1918) dopo l’abdicazione del fratello rinuncia al trono ed è poi ucciso dai bolscevichi
Anastasja (✝ 1918)
Aleksej (✝ 1918)
Nota: il titolo di zar fu assunto per la prima volta dai granduchi di Mosca all’inizio del sec. XVI allorché venne riconosciuto il loro primato su tutti i Ducati e Granducati russi. Michele III, capostipite della dinastia Romanov, divenne zar per proclamazione da parte della nobiltà, del clero e della piccola aristocrazia russa, dopo anni di lotte di potere seguite alla morte di Ivan IV il Terribile, zar dal 1547 al 1584.
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Le genealogie
Bibliografia La produzione editoriale sulla storia e le vicende antiche e recenti dell’Occidente è, ovviamente, vastissima. Si ritiene quindi pressoché inutile proporre qui un lungo elenco di titoli che il lettore interessato ad approfondimenti può con relativa facilità ritrovare ovunque. Al lettore non superficiale e amante della compiutezza dell’informazione si raccomanda però di orientare la scelta verso opere nobili e, per quanto possibile, non di parte, ricercando con cura e attenzione nei punti di vendita e di consultazione del libro.
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Breve storia del Mondo occidentale
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Indice dei nomi
INDICE DEI NOMI
(non sono indicati i nomi inclusi nelle schede sui Regnanti sul Meridione d’Italia e nelle genealogie)
A
Abu Bakr, califfo 68 Achille, eroe greco 56 Acton Harold 179 Acton John Francis 127, 145 Adelaide, marchesa di Torino 78 Adeodato, figlio di S. Agostino 44 Adriano, imperatore 41 Agilulfo, re dei longobardi 67 Ahmosis, faraone 23 Akhenaton, faraone 23 Alarico II, re dei visigoti 46, 66 Alberti Leon Battista 119 Alberto I d’Asburgo, imperatore 89, 107 Alberto II d’Asburgo, imperatore 90, 107 Alberto III, conte di Habsburg 89 Alberto IV, conte di Habsburg 89 Alberto V, duca di Habsburg 90 Alboino, re dei longobardi 67 Alcmeone, famiglia 30 Alessandro Magno, imperatore 24, 27, 36, 61 Alessandro Severo, imperatore 43 Alessandro I, zar di Russia 157, 159 Alessandro II, zar di Russia 176 Alessandro III, papa 84 Alessandro V, antipapa 112 Alessandro VI, papa 107, 112, 129 Alessio I Comneno, imperatore 81 Alfonso II, re di Napoli 107, 108 Alfonso V d’Aragona, re di Napoli 77, 94, 100 Alfonso XIII di Borbone, re di Spagna 204, 205 Alì Pascià Mehmet 123 Alì Ulugh “Uccialì” 123 Alighieri Dante v. Dante Alighieri Amalasunta, regina degli ostrogoti 66, 67 Amedeo I, conte di Savoia 78 Amedeo VI, conte di Savoia 93 Amedeo VII, conte di Savoia 93 Amedeo VIII, duca di Savoia 77, 99 Amenòfi III, faraone 23 Amenòfi IV, faraone 23 Aminta, nonno di Alessandro Magno 61 Amulio, re di Alba Longa 25 Anafesto Paoluccio, doge di Venezia 71 Anassàgora di Clazòmene 49, 50, 51 Anassilàos, tiranno di Reggio 27, 32, 36
Anassimàndro, filosofo 49, 50, 51, 53 Anassìmene, filosofo 49, 50, 51 Anchise, padre di Enea 25 Anco Marzio, re di Roma 25 Andronico III, imperatore 95, 99 Aniello Tommaso v. Masaniello Anna Stuart, regina d’Inghilterra 134 Annibale, generale 37, 38 Antifònte, filosofo 49, 55 Antìstene di Atene 59 Antonina, famiglia 41 Antonino Pio, imperatore 41 Antonio di Borbone, re di Navarra 127 Apollonio di Perge 64, 82 Appio Claudio, console 37 Apuleio, scrittore latino 98 Arcadio, imperatore 46 Archimede di Siracusa 64 Ariosto Ludovico 120 Aristarco di Samo 64, 124 Aristippo di Cirene 49, 59 Aristofane, commediografo 34, 58, 82 Aristotele, filosofo 49, 53, 57, 58, 61, 62, 63, 64, 81, 88, 96, 97, 164 Arkwright Richard 149 Arouet François-Marie v. Voltaire Asburgo, famiglia 77, 107, 111, 131, 136, 163 Ascanio, figlio di Enea 25 Astolfo, re dei longobardi 69 Atalarìco, re degli ostrogoti 66 Attila, re degli unni 46, 67 Augusto Cesare Ottaviano, imperatore 24, 27, 38, 39, 41, 42 Azia, nipote di Cesare 39 Azzolino de Urbe 95
B
Badoglio Pietro 203 Balboa Vasco Nunez de 105 Balfour Arthur 211, 212 Bandiera Attilio 168 Bandiera Emilio 168 Barbaro Ermolao 98 Bàrlaam Bernardo 77, 95, 96, 97, 98, 119 Barrio Gabriele 105, 121 Bartolomeo da Sìmeri 82
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Breve storia del Mondo occidentale Bava Beccaris Fiorenzo 193 Beatles, gruppo 17 Beauharnais Alessandro 159 Beauharnais Eugenio 159 Beauharnais Giuseppina v. Bonaparte Giuseppina Beauharnais Ortensia 159 Beccadelli Antonio 98 Bembo Pietro 98, 119 Benedetto XI, papa 93 Benedetto XIII, antipapa 112 Benedetto XV, papa 98 Benedetto XVI, papa 221 Ben Gurion David 210 Berkeley George 164 Berlusconi Silvio 209, 218 Biondo Flavio 98 Bismarck Otto von 188 Bixio Nino 180 Blair Tony 218, 221 Boccaccio Giovanni 77, 95, 96, 98, 119 Boccanegra Simone, doge di Genova 93 Bolena Anna 110 Bonacolsi, famiglia 94 Bonaparte Carolina, regina di Napoli 157 Bonaparte Giuseppe, re di Napoli 151, 156, 157 Bonaparte Giuseppina, imperatrice 159 Bonaparte Luigi, re d’Olanda 177 Bonaparte Luisa, principessa di Lucca 156 Bonaparte Napoleone v. Napoleone Bonaparte Bonifacio, marchese di Toscana 80 Bonifacio I, conte di Toscana 73 Bonifacio VIII, papa 77, 80, 91, 92, 93 Bonifacio IX, papa 112 Bonomi Ivanoe 199 Borbone, famiglia 127, 142, 163, 176, 178 Borgia Cesare 112 Borgia Lucrezia 112 Borgia Rodrigo v. Alessandro VI, papa Borsellino Paolo 209 Botticelli Sandro 120 Bracciolini Poggio 98, 119 Bramante, architetto 120 Bresci Gaetano Breznev Leonid 195, 201 Brunelleschi Filippo 120 Bruni Leonardo 98 Bruno Giordano 64, 87, 116, 127, 129, 141 Buonarroti Michelangelo 120 Bush George 218 Bush George W. 210, 218, 221
C
Caballero Largo 205
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Cabòto Giovanni 105 Cadorna Raffaele 187 Cairoli Adelaide 183 Cairoli Enrico 183, 186 Cairoli Giovanni 183, 186 Caligola, imperatore 41 Càllicle, filosofo 49, 55 Callisto II, papa 80 Calvino Giovanni 112 Calvi Roberto 209 Campanella Tommaso 62, 64, 116, 123, 127, 128, 129, 131, 141, 164 Canalias J. 204 Caos, dio 50 Capeto Ugo, re di Francia 75, 127 Capuana Luigi 197 Caracalla, imperatore 43 Carlo Alberto di Savoia, re di Sardegna 122, 161, 165, 169, 170, 171, 172 Carlo di Borbone, principe di Capua 177 Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna 140 Carlo Emanuele IV di Savoia, re di Sardegna 154, 163 Carlo Felice di Savoia, re di Sardegna 165 Carlo il Temerario, duca di Borgogna 107, 110 Carlo I d’Angiò, re di Napoli 77, 83, 91, 94 Carlo I d’Asburgo, imperatore 117 Carlo I Stuart, re d’Inghilterra 90, 133, 134 Carlo I, duca di Lorena 75 Carlo II d’Angiò, re di Napoli 91, 94 Carlo II d’Asburgo, re di Spagna 117, 136 Carlo II il Calvo, imperatore 72 Carlo II Stuart, re d’Inghilterra 133, 134 Carlo III di Borbone, re di Napoli 116, 127, 138, 139, 140, 141, 143, 144, 148, 173 Carlo III il Grosso, imperatore 72 Carlo III il Semplice, re di Francia 76 Carlo IV di Borbone, re di Spagna 157 Carlo IV di Lussemburgo, imperatore 72, 111 Carlo IV, re di Francia 97 Carlo V d’Asburgo, imperatore 105, 110, 111, 112, 113, 114, 115, 117, 120, 123, 124, 136, 137 Carlo VI d’Asburgo, imperatore 136, 139 Carlo VI il Folle, re di Francia 97 Carlo VII, re di Francia 98 Carlo VIII, re di Francia 105, 107, 108, 112, 113 Carlo IX, re di Francia 127 Carlo Magno, imperatore 65, 69, 71, 72, 73 Carlomanno, maestro di palazzo 71 Carlo Martello, maestro di palazzo 71
Indice dei nomi Caronda, legislatore 27, 29 Cartesio 127, 131, 132, 141, 164 Cartwright Edmund 149 Cassiodoro Magno Aurelio 65, 66 Càstore, figlio di Zeus 30 Caterina d’Aragona, regina di Francia 110 Caterina II, zarina di Russia 127, 141 Cattàneo Carlo 180 Cavalcanti Guido 87 Cavallo Pazzo, capo indiano 188 Cavour Camillo Benso, conte di 161, 169, 176, 177, 178, 179, 180, 181, 184 Celestino V, papa v. San Celestino V, papa Cellini Benvenuto 120 Championnet Jean Etienne 155 Chèfren, faraone 22 Chèope, faraone 22 Childerìco I, re dei franchi 65, 66 Childerìco III, re dei franchi 71 Chinnici Rocco 209 Cialdini Enrico 186 Cicerone Marco Tullio 98 Cielo d’Alcamo 77, 87 Chain Ernst 208 Cino da Pistoia 87 Ciro il Grande, re di Persia 23 Clarendon George William 177 Claudio, imperatore 41 Clausius Rudolf Julius 190 Clearco da Reggio 32 Clefi, re dei longobardi 67 Clemente IV, papa 83 Clemente V, papa 93 Clemente VII, papa 112, 113 Clemente VII, antipapa 112 Clemente XIII, papa 141 Cleopatra VII, regina d’Egitto 24 Clinton Bill 221 Clistene, politico ateniese 34 Clodovèo, re dei franchi 66 Collatino, console 31 Colombo Cristoforo 77, 103, 105 Coluccio Salutati Lino 98 Commodo, imperatore 27, 41, 42, 43 Copernico Niccolò 64, 124 Corrado II il Salico, imperatore 72, 77, 78 Corrado IV di Svevia, imperatore 77, 83, 84 Corrado V di Svevia (Corradino), imperatore 77, 84 Correggio, pittore 120 Costa Gaetano 209 Costante I, imperatore 44 Costantino I il Grande, imperatore 27, 44
Costantino II, imperatore 44 Costantino II, re di Grecia 195, 202 Costanza d’Altavilla, imperatrice 77 Costanza, figlia di Manfredi 91 Costanzo Cloro, imperatore 44 Costanzo II, imperatore 44 Crasso Marco Licinio 39 Crispi Francesco 180, 190, 191, 195 Cristiano IX, re di Danimarca 201 Crompton Samuel 149 Cromwell Oliver 90, 110, 127, 134 Cromwell Richard 134 Crono, titàno 50 Cucciniello Michele 168 Custer George Armstrong 188
D
Da Correggio, famiglia 115 Dalai Lama (Tenzin Gyatso) 220 D’Alembert Jean Baptiste 140, 141 Dalla Chiesa Carlo Alberto 209 Dante Alighieri 77, 87, 93, 95 Danton Georges 152 Darby, fratelli 150 Dario I, re di Persia 33 Dario III, re di Persia 24 Darwin Charles 18, 190 D’Aubigny Robert Stuart 108, 109 Daun, generale 137 D’Azeglio Massimo 180 De Cordova Consalvo 108, 109 De La Motte Guy 109 Demòcrito, filosofo 49, 53, 57, 58, 63 Demostene, condottiero 36 Depretis Agostino 190 Descartes Renè v. Cartesio Desiderio, re dei longobardi 69 De Simone Roberto 168 Diderot Denis 140, 141 Diocleziano, imperatore 43, 44 Diodoro Siculo 96 Diofànto di Alessandria 64 Diògene Laerzio 82 Diògene, filosofo 49, 59 Dionigi il Piccolo 40 Dionisio I, tiranno di Siracusa 27, 32, 35, 36, 60 Dionisio II, tiranno di Siracusa 27, 32, 36, 60 Diòscuri, dei gemelli 30 Domiziano, imperatore 41 Donatello, scultore 120 Drake Francis 125 Duong Van Minh 216
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E
Edoardo I, re d’Inghilterra 86, 90, 134 Edoardo II, re d’Inghilterra 86 Edoardo III il Confessore, re d’Inghilterra 80 Edoardo III Plantageneto, re d’Inghilterra 86, 97 Edoardo VI, re d’Inghilterra 110 Egberto, re del Wessex 75 Einstein Albert 190 Eliogabalo, imperatore 43 Elisabetta d’Austria (Sissi), imperatrice 178, 188 Elisabetta I, regina d’Inghilterra 110, 124, 125, 133 Emanuele Filiberto, duca di Savoia 118 Èmera, dea 50 Empèdocle di Agrigento 49, 57 Enea, eroe troiano 25, 39 Engels Friedrich 161, 173 Enrico I, re d’Inghilterra 85 Enrico II, re d’Inghilterra 77, 80, 85, 97, 134 Enrico II, re di Francia 117 Enrico III, re d’Inghilterra 85, 86, 90, 97 Enrico III, re di Francia 127 Enrico IV di Borbone, re di Francia 127, 130 Enrico IV, imperatore 74, 77, 80 Enrico V, imperatore 80, 85 Enrico V, re d’Inghilterra 97 Enrico VI di Svevia, imperatore 77, 83, 85, 94 Enrico VI, re d’Inghilterra 98 Enrico VII del Lussemburgo, imperatore 94 Enrico VII, re d’Inghilterra 109 Enrico VIII, re d’Inghilterra 105, 109, 110 Epaminonda, generale 36 Epicùro, filosofo 49, 63 Eràclito, filosofo 49, 51, 53, 54, 56, 57, 60, 63 Erarico, re degli ostrogoti 67 Erasmo da Rotterdam 64, 99 Èrebo, dio 50 Ermengarda, principessa 69 Erodoto, storico 34 Eschilo, tragediografo 34 Esiodo, poeta 82, 88 Estense, famiglia 115, 118 Ètere, dio 50 Euclide di Alessandria 64, 82, 96 Euclide di Mègara 60 Eugenio IV, papa 99 Euripide, tragediografo 34, 96
F
Facta Luigi 199 Falàride, tiranno di Agrigento 32
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Falcone Giovanni 209 Farnese Alessandro v. Paolo III, papa Farnese Antonio, duca di Parma e Piacenza 116, 137, 138 Farnese Elisabetta, regina di Spagna 116, 137, 138, 140 Farnese Pier Luigi, duca di Parma e Piacenza 115 Faustolo, pastore 25 Federico I Barbarossa, imperatore 77, 84, 85, 94 Federico I, re di Napoli 108 Federico II d’Aragona, re di Sicilia 91 Federico II di Svevia, imperatore 77, 82, 83, 84, 87, 88, 89, 109 Federico II, re di Prussia 127, 140, 141 Federico III d’Asburgo, imperatore 107 Felice V, antipapa v. Amedeo VIII, duca di Savoia Ferdinando I (Ferrante I), re di Napoli 100, 107, 108 Ferdinando I d’Asburgo, imperatore 117 Ferdinando II (Ferrandino), re di Napoli 108 Ferdinando II il Cattolico, re d’Aragona 100, 102, 103, 107, 108, 109, 110 Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie 161, 166, 167, 168, 170, 171, 172, 173, 176, 177, 178 Ferdinando IV / I di Borbone, re di Napoli poi delle Due Sicilie 127, 143, 144, 145, 149, 151, 152, 154, 155, 156, 159, 160, 161, 163, 165, 166, 173 Ferdinando VI di Borbone, re di Spagna 143 Ferrer Francisco 204 Ferri Enrico 190 Fidia, scultore 32, 34 Fieramosca Ettore 105, 109 Filangieri Carlo 173 Filippo di Borbone, duca di Parma e Piacenza 140 Filippo I il Bello, arciduca d’Austria 107, 110 Filippo II d’Asburgo, re di Spagna 117, 118, 123, 124, 125 Filippo II, re di Macedonia 36 Filippo IV d’Asburgo, re di Spagna 136 Filippo IV il Bello, re di Francia 93, 97, 135 Filippo V di Borbone, re di Spagna 116, 127, 136, 137, 138, 139, 140 Filippo V, re di Francia 97 Filippo V, re di Macedonia 38 Filippo VI di Valois, re di Francia 97 Filolào di Crotone 52, 53 Fiorentino Francesco 165
Indice dei nomi Fleming Alexander 195, 207, 208 Florey Howard 208 Foca Niceforo, generale 74 Fra’ Dolcino da Novara 87, 116 Francesco Ferdinando, arciduca d’Austria 198 Francesco Giuseppe I d’Asburgo, imperatore 161, 179, 188 Francesco Stefano di Lorena, imperatore 138, 145 Francesco I, re di Francia 105, 111, 112, 113, 114, 120 Francesco I di Borbone, re delle Due Sicilie 166 Francesco I Sforza, duca di Milano v. Sforza Francesco I, duca di Milano Francesco II Sforza, duca di Milano v. Sforza Francesco II, duca di Milano Francesco II di Borbone, re delle Due Sicilie 161, 178, 179 Francesco II / I d’Asburgo, imperatore 157, 159 Francesco IV d’Asburgo-Este, duca di Modena e Reggio 163 Franco Francisco 205 Fuga Ferdinando 144
G
Gaia, dea 50 Galba, imperatore 41 Galeazzo di Tarsia 105, 121 Galeno Claudio 82, 95 Galilei Galileo 62, 64, 116, 121, 123, 127, 130, 131, 141, 164 Galluppi Pasquale 161, 162, 165 Garibaldi Giuseppe 161, 177, 178, 179, 180, 183, 185, 186 Gasparri Pietro 203 Gea, dea 50 Gelli Licio 209 Gelone, tiranno di Siracusa e Gela 32 Gengis Khan, re dei mongoli 80, 200 Genserico, re dei vandali 44, 46 Gerardo di Tune 113 Geremek Bronislaw 129 Gerone I, tiranno di Siracusa 32 Gerone II, tiranno di Siracusa 32 Geronimo, capo indiano 189 Gesù Cristo 27, 40, 41, 42, 43, 46, 59, 68, 81, 86 Ghiberti Lorenzo 120 Ghisleri Antonio v. San Pio V, papa Giacomo I Stuart, re di Scozia e d’Inghilterra 133, 134 Giacomo II Stuart, re d’Inghilterra 134 Giacomo II, re d’Aragona 91
Gioacchino da Fiore 84 Gioberti Vincenzo 170, 171 Giolitti Giovanni 190, 195, 196, 199 Giorgio I, re di Grecia 201 Giorgio I Hannover, re d’Inghilterra 134 Giorgio II Hannover, re d’Inghilterra 138 Giorgio III Hannover, re d’Inghilterra 146 Giovanna d’Albret, regina di Navarra 127 Giovanna d’Arco v. Santa Giovanna d’Arco Giovanna I d’Angiò, regina di Napoli 94 Giovanna II d’Angiò, regina di Napoli 94 Giovanna II, regina di Castiglia 107, 110 Giovanni d’Austria 123 Giovanni Paolo II, papa 220, 221 Giovanni Senzaterra, re d’Inghilterra 85, 90 Giovanni II, re d’Aragona 86, 100, 102 Giovanni XXII, papa 89 Giovanni XXIII, antipapa 112 Giulia, sorella di Cesare 39 Giuliano Boris 209 Giuliano l’Apostata, imperatore 44, 45 Giulio Cesare 27, 39, 42 Giulio II, papa 109 Giulio-Claudia, famiglia 41 Giuseppe I d’Asburgo, imperatore 136 Giuseppe II d’Asburgo, imperatore 137, 145 Giustiniano I, imperatore 67, 156 Goffredo Plantageneto, conte d’Angiò 85 Goldwin, famiglia 79 Gonzaga, famiglia 77, 94, 118 Gorbaciov Michail 195, 201 Gòrgia, filosofo 49, 55 Gracco Caio 39 Gracco Tiberio 39 Gramsci Antonio 199, 203 Grasso Giovanni 88 Graziano, imperatore 45 Gregorio I Magno, papa v. San Gregorio Magno, papa Gregorio II, papa 69 Gregorio VII, papa 80 Gregorio IX, papa 86 Gregorio X, papa 88 Gregorio XI, papa 94, 112 Gregorio XII, papa 112 Gregorio XVI, papa 169 Groot Huigh van 141 Guglielmo di Nogaret 93 Guglielmo il Conquistatore, re d’Inghilterra 80, 85, 97 Guglielmo I il Malo, re di Sicilia 83 Guglielmo I, imperatore 137, 161, 188 Guglielmo II, imperatore 198
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Breve storia del Mondo occidentale Guglielmo II il Buono, re di Sicilia 83 Guglielmo III, re di Sicilia 83 Guglielmo III d’Orange, re d’Inghilterra 134 Guicciardini Francesco 120 Guinizelli Guido 87 Guittone d’Arezzo 87 Gutenberg Johann 101
H
Hammurabi, re di Babilonia 17, 22 Hannover, famiglia 110, 134 Hargreaves James 149 Hatscepsut, regina d’Egitto 17, 23 Haynau, generale 172 Hitler Adolf 195, 206 Ho Chi Minh 215 Hulagu, re dei mongoli 80 Hume David 164 Hus Jan 116 Hussein Saddam 221
I
Ibico, poeta lirico 27, 31 Ildebado, re degli ostrogoti 67 Innocenzo III, papa 86 Innocenzo IV, papa 86 Innocenzo VII, papa 112 Innocenzo VIII, papa 111 Innocenzo XI, papa 136 Ipparco di Nicea 53, 64 Ippia di Èlide 49, 55 Ippia, tiranno di Atene 27, 30 Ippocrate, medico 82 Ippòdamo da Mileto 34 Isabella, regina di Castiglia 102, 103, 106, 107, 110 Italo, re degli itali 17, 24 Izchakì Schelomò 101
J
Jacopo da Lentini 87 Jefferson Thomas 146, 147 Johnson Lyndon 216 Juan Carlos di Borbone, re di Spagna 205, 208
K
Kant Immanuel 164 Kennedy John Fitzgerald 210 Keplero Giovanni 64, 123, 141 Khair Ad-Din “Barbarossa” 114 King Martin Luther v. Martin Luther King Knox John 112
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L
La Farina Giuseppe 180 La Marmora Alfonso 176, 180, 186 Landi, famiglia 115 Latini Brunetto 87 Latino, re laziale 25 La Torre Pio 209 Lavinia, principessa 25 Lawrence d’Arabia 211, 212 Lawrence Thomas Edward v. Lawrence d’Arabia Leafric, famiglia 79 Leczynski Stanislao 138 Leda, regina di Sparta 30 Leibniz Gottfried 132, 164 Lenin, Vladimir Ilic Ulianov detto 195, 200 Leonardo da Vinci 120 Leone de Scolis 95 Leone I Magno, papa v. San Leone Magno, papa Leone III l’Isaurico, imperatore 69 Leone III, papa 71 Leone IX, papa 79 Leone X, papa 111, 116 Leone XIII, papa 187 Leopardi Giacomo 161, 166 Leopoldo I d’Asburgo, imperatore 136, 137 Leopoldo I, granduca di Toscana 145 Lepido Marco Emilio 39 Leucippo di Abdèra 49, 57 Lewis Paul 149 Licòfrone, tragediografo 88, 96 Licurgo, legislatore 27, 29, 30 Lincoln Abramo 184 Liutprando, re dei longobardi 69 Livio Tito v. Tito Livio Lobacevskij Nikolaj 190 Locke John 141, 164 Lombroso Cesare 190 Lon Nol 217 Lorenzo il Magnifico 99, 111 Lotario I, imperatore 72 Lotario, re di Francia 75 Lucy, ominide preistorico 17, 19 Ludovico I il Pio, imperatore 71 Ludovico I, re d’Etruria 155 Ludovico II, imperatore 72 Luigi V il Fannullone, re di Francia 75 Luigi IX, re di Francia 83 Luigi X, re di Francia 97 Luigi XII, re di Francia 108, 109, 111, 112, 115 Luigi XIII di Borbone, re di Francia 127, 130, 135 Luigi XIV di Borbone, re di Francia 124, 127, 130, 135, 136, 137, 139
Indice dei nomi Luigi XV, re di Francia 140, 146, 150, 151 Luigi XVI, re di Francia 145, 146, 150, 151, 152, 160 Luigi XVII, re di Francia 160 Luigi XVIII, re di Francia 160 Lutero Martin v. Martin Lutero Luzzatti Luigi 196
M
Machiavelli Nicolò 64, 120 Madre Teresa di Calcutta 220 Magellano Ferdinando 105 Malcom X 142 Mameli Goffredo 180 Manfredi di Taranto, re di Sicilia 77, 83, 84, 87, 91 Manhès Carlo Antonio 151, 158 Mani, re di Persia 44 Mantegna Andrea 120 Manzoni Alessandro 161, 166 Maometto, profeta 65, 68 Marc’Aurelio, imperatore 42, 63 Marc’Antonio, nipote di Cesare 39 Marcinkus Paul 209 Margherita di Valois, regina di Francia 127 Maria Antonietta, regina di Francia 145, 152, 153 Maria Carolina d’Austria, regina di Napoli 145, 152, 163 Maria Cristina di Savoia, regina delle Due Sicilie 178 Maria di Borgogna 107, 110 Maria la Cattolica, regina d’Inghilterra 110, 118 Maria Luisa d’Austria, imperatrice 159, 163, 164 Maria Sofia di Baviera, regina delle Due Sicilie 178, 179 Maria Stuart (Stuarda), regina di Scozia 133 Maria Teresa d’Austria, imperatrice 127, 137, 138, 139, 140, 141, 145, 152, 163 Maria Teresa d’Austria, regina delle Due Sicilie 178 Marshall George Catlett 195, 210 Marte, dio 25 Martinitz Giorgio Adamo von 137 Martin Lutero 105, 111, 116 Martin Luther King 142, 210 Martino V, papa 112 Marx Karl 161, 173, 189 Mary Stuart, regina d’Inghilterra 134 Marziale Marco Valerio 98 Masaccio, pittore 120 Masaniello, capopopolo 127, 133
Massenzio, imperatore 44 Massimiano, imperatore 44 Massimiliano duca di Baviera 178 Massimiliano I d’Asburgo, imperatore 107, 110 Matilde, contessa di Canossa 80 Matilde, principessa 85 Mattarella Pier Santi 209 Mattei Enrico 209 Matteotti Giacomo 203 Mazzarino Giulio Raimondo 130, 135 Mazzini Giuseppe 161, 168, 169, 170, 180 Mecenate Gaio 39 Medici, Cosimo I de’ 99 Medici, Cosimo III de’ 99 Medici, Gian Gastone de’ 99 Medici, Giovanni de’ 111 Medici, Giuliano de’ 99 Medici, Lorenzo de’ v. Lorenzo il Magnifico Medici, Maria de’, regina di Francia 130 Medici, Piero de’ 99 Mellaart J., archeologo 20 Melo di Bari 78 Menelik II, re d’Etiopia 191 Mentuhotep I, faraone 22 Merovèo, re dei franchi 65, 66 Micca Pietro 136 Micerino, faraone 22 Minghetti Marco 184 Montesquieu Charles Louis de Secondat, barone di 141, 151 Moro Aldo 209 Moro Tommaso 64 Mosè, profeta 68 Murat Gioacchino, re di Napoli 151, 157, 158, 160, 161, 162, 177 Mussolini Benito 195, 199, 200, 203, 204
N
Nabucodònosor II, re di Babilonia 23 Napoleone Bonaparte, imperatore 103, 151, 153, 154, 155, 156, 157, 158, 159, 160, 161, 162, 163, 176 Napoleone Carlo Luigi v. Napoleone III, imperatore Napoleone II, re di Roma 159, 176 Napoleone III, imperatore 161, 176, 177, 178, 185, 186 Navarro Valls Joaquin 221 Nelson Horatio 145, 154, 156 Nerone, imperatore 40, 41, 43 Nerva, imperatore 41 Nettario, letterato 77, 87, 88 Newton Isaac 132
279
Breve storia del Mondo occidentale Ngo Dinh Diem 216 Niccolò da Reggio 77, 95 Niccolò II, papa 80 Niccolò V, papa 99 Nicola d’Otranto v. Nettario Nicola I Romanov, zar di Russia 175, 176 Nicola II Romanov, zar di Russia 200 Nicotera Giovanni 180 Nietzsche Friedrich Wilhelm 162, 193, 206 Nievo Ippolito 180 Nigra Costantino 180 Niobe, regina di Tebe 20 Nitti Francesco Saverio 182, 199 Nosside, poetessa 37 Numa Pompilio, re di Roma 25 Numitore, re di Alba Longa 25 Nyx, dea 50
O
Obama Barack 221 Oceano, titàno 49, 50, 51 Oddone di Champagne 77 Oddone, conte di Savoia 78 Odoacre, re degli eruli 27, 46, 65 Omar, califfo 68 Omero, poeta 31, 82 Onorio, imperatore 46 Orazio Flacco Quinto 27, 39 Origène, teologo 43 Othman, re dei turchi 80 Otone, imperatore 41 Ottone I di Sassonia, imperatore 72 Ottone II, conte di Habsburg 89 Ottone di Baviera, re di Grecia 195, 201 Ovidio Nasone Publio 27, 39
P
Palàgano d’Otranto 88 Palladio Andrea 120 Paolo I, re di Grecia 202 Paolo III, papa 105. 115, 116, 138 Paolo IV, papa 115 Pappo di Alessandria 82 Parisio Giovan Paolo v. Parrasio Aulo Giano Parmènide di Elèa 32, 49, 55, 56, 57 Parrasio Aulo Giano 77, 98, 101 Pascàl Blaise 132 Patricio, padre di S. Agostino 44 Pedro de Toledo, viceré 115 Pelasgo, figlio di Zeus 20 Pelloux Luigi Gerolamo 193 Pepe Guglielmo 165, 180 Pericle, politico ateniese 27, 28, 30, 34, 54, 55
280
Persano, Carlo Pellion di 186 Petacci Claretta 204 Petrarca Francesco 77, 95, 96, 97, 98, 119 Petronio Arbitro Caio 40 Pica Giuseppe 161, 185 Pico della Mirandola 119 Pier delle Vigne 77, 87 Piero della Francesca 120 Pietro I il Grande, zar di Russia 200 Pietro III, re d’Aragona 91 Pignatelli Francesco 149, 155 Pilato Leonzio 77, 95, 96, 97, 98, 119 Pindaro, poeta 82 Pio V, papa v. San Pio V, papa Pio VI, papa 149, 151, 154 Pio VII, papa 151, 154, 156, 158 Pio IX, papa 161, 169, 170, 171, 187 Pio X, papa v. San Pio X, papa Pio XI, papa 187 Pipino I il Vecchio, maestro di palazzo 71 Pipino II di Heristal, maestro di palazzo 71 Pipino III il Breve, re dei franchi 65, 69, 71 Pirandello Luigi 195, 197 Pirro, re dell’Epiro 37 Pisacane Carlo 180 Pisistrato, tiranno di Atene 27, 29, 30 Pitagora da Reggio 32 Pitagora da Samo 27, 30, 52, 53, 60 Platone, filosofo 49, 53, 55, 57, 58, 60, 61, 62, 63, 64, 81, 97, 164 Plinio il Vecchio 96 Plotino, filosofo 44, 49, 61 Plutarco, scrittore greco 82 Poerio Alessandro 180 Poerio Carlo 180 Pollùce, figlio di Zeus 30 Pol Pot 217 Pompeo Gneo 39 Pons de Leon Rodrigo 133 Pontàno Giovanni 98, 119 Popilio Lenate Publio 38 Poseidone, dio 20 Princip Gravilo 198 Proclo, filosofo 82 Protàgora, filosofo 49, 55, 59 Psammetico III, faraone 24 Publio Valerio, console 31
R
Radetzky Franz Karl 171 Ramses II, faraone 17, 23 Reagan Ronald 218 Rea Silvia, principessa 25
Indice dei nomi Reina Michele 209 Rejnier Jean-Louis Ebénézer 157 Remo, fratello di Romolo 25 Ricàsoli Bettino 181 Riccardo I Cuor di Leone, re d’Inghilterra 85 Riccardo III, re d’Inghilterra 109 Richelièu, Armand-Jean du Plessis 127, 130, 131 Riemann Georg Friedrich 190 Rinaldo d’Aquino 87 Roberto d’Altavilla, duca di Puglia e Calabria 79 Roberto I d’Angiò, re di Napoli 94, 95, 96 Robespierre Maximilien 152, 153 Rodolfo I d’Asburgo, imperatore 89, 107 Rodolfo II, conte di Habsburg 89 Rodolfo II, re di Borgogna 77 Rodolfo III, conte di Habsburg 89 Rodolfo IV, conte di Habsburg 89 Romolo Augustolo, imperatore 27, 46 Romolo, re di Roma 25 Rousseau Jean Jacques 141, 151, 164 Rudinì, Antonio Starabba marchese di 193 Ruffo Fabrizio 151, 155 Ruffo Folco di Calabria 77, 87 Ruggero I d’Altavilla, conte di Sicilia 79, 83 Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia 77, 79, 83 Rurik, condottiero vichingo 76
S
Salandra Antonio 199 San Bartolomeo 124 San Basilio Magno 42, 66, 70 San Benedetto da Norcia 66 San Celestino V, papa 84 San Damaso I, papa 45 San Francesco d’Assisi 82, 84 San Francesco di Paola 77, 102 San Giovanni Crisostomo 42 San Giovanni Evangelista 41 San Girolamo 42 San Gregorio Magno, papa 42, 65, 67 San Gregorio Nazianzeno 42 San Gregorio Nisseno 42 San Leone Magno, papa 46, 67 San Luca 41 San Marco 41, 74 San Matteo 41 San Michele arcangelo 98 Sannazaro Jacopo 98, 119 San Paolo 41 San Pietro 41 San Pio V, papa 89, 122, 123 San Pio X, papa 98
Santa Caterina da Siena 98 Santa Giovanna d’Arco 77, 98 Sant’Agostino 27, 42, 44, 70 Santa Margherita 98 Sant’Ambrogio 42, 44 Santa Monica 44 Sant’Atanasio 42 San Tommaso d’Aquino 77, 88, 89 Sanzio Raffaello 120 Saturno, titàno 50 Savoia, famiglia 78, 114, 118, 136, 137, 138, 140, 178, 187 Savonarola Girolamo 84, 87, 116, 129 Scaligera, famiglia 84, 115, 118 Scopelliti Antonino 209 Scotti, famiglia 115 Segarelli Gherardo 86, 116 Seneca Lucio Amnèo 40, 63, 98 Senòfane di Colofòne 32, 49, 55, 56 Senofonte, storico 58 Sergio IV, duca di Napoli 78 Serse I, re di Persia 33 Servio Tullio, re di Roma 25, 32 Sesostris III, faraone 22 Sesto, figlio di Tarquinio il Superbo 31 Settembrini Luigi 180 Settimio Severo, imperatore 27, 43 Seymour Jane 110 Sforza Francesco I, duca di Milano 100, 107 Sforza Francesco II, duca di Milano 100, 113 Sforza Galeazzo Maria 107 Sforza Gian Galeazzo, duca di Milano 107 Sforza Ludovico il Moro, duca di Milano 105, 107, 108 Shakespeare Hamnet 125 Shakespeare William 105, 125 Shang, dinastia 22 Sihanouk Norodom 217 Sigismondo di Lussemburgo, imperatore 99 Simone di Montfort 90 Sindona Michele 209 Sisto IV, papa 86 Skanderbeg Giorgio Castriota 77, 102 Skanderbeg Giovanni, principe di Matia 102 Smyth Penelope 177 Sobieski Giovanni, re di Polonia 136 Socrate, filosofo 34, 49, 58, 59, 60, 61, 64 Sofocle, tragediografo 34 Solone, legislatore 29 Sonnino Giorgio Sidney 196 Spinoza Benedetto 164 Stalin, Josif Vissarionovic Dzugasvili detto 195, 201, 205
281
Breve storia del Mondo occidentale Stefano II, papa 69 Stesìcoro, poeta lirico 27, 31 Stuart, famiglia 110, 134 Sturzo Luigi 187, 199 Surarov A.V., generale 155
T
Tacito Cornelio 98 Talete, filosofo 49, 50, 51, 53 Tancredi d’Altavilla, duca di Normandia 79 Tancredi di Lecce, re di Sicilia 83 Tanucci Bernardo 127, 143, 145 Tarquinio il Superbo, re di Roma 25, 31 Tarquinio Prisco, re di Roma 25, 28, 31 Tasso Torquato 120 Teia, re degli ostrogoti 67 Telesio Bernardino 62, 105, 120, 121, 131, 141 Temistocle, politico ateniese 34 Teodàto, re degli ostrogoti 66, 67 Teodora, imperatrice 70 Teodorico, re degli ostrogoti 47, 65, 66 Teodosio, imperatore 27, 45, 46 Teofilo, imperatore 70 Terillo, tiranno di Hymera 32 Terone, tiranno di Agrigento 32 Thatcher Margaret 218 Thindigotho, principessa ostrogota 66 Thutmosi III, faraone 23 Tiberio, imperatore 27, 41 Tindaro, re di Sparta 30 Tito, imperatore 41 Tito, Josip Broz detto 207 Tito Livio 27, 39, 96 Tolomeo Claudio 53, 82, 97 Tolomeo di Lago, faraone 24 Toro Seduto, capo indiano 188, 189 Torquemada Tomàs de 103 Totila, re degli ostrogoti 67 Traiano, imperatore 41 Trasìmaco, filosofo 49, 55 Tucidide, storico 34 Tudor, famiglia 109, 110 Tudor Richmond Edmond 109 Tullo Ostilio, re di Roma 25 Turati Filippo 192 Tutankhamon, faraone 17, 23
U
Ulisse, re di Itaca 24 Umberto I Biancamano, conte di Savoia 77, 78 Umberto I di Savoia, re d’Italia 161, 162, 187, 192, 193, 195 Umberto II di Savoia, re d’Italia 192, 204
282
Urano, dio 50 Urbano II, papa 81 Urbano VI, papa 112 Urbano VIII, papa 128
V
Valentiniano II, imperatore 45 Valentiniano III, imperatore 46 Valerio, vescovo 44 Vanvitelli Luigi 143 Vecellio Tiziano 120 Venere, dea 25 Verdi Giuseppe 168 Verga Giovanni 197 Vespasiano, imperatore 41 Vespucci Amerigo 105 Vico Giambattista 141, 164 Virgilio Marone Publio 27, 39, 96 Visconti Azzone, conte di Milano 94 Visconti Bianca Maria 100, 107 Visconti, famiglia 77, 92, 94, 115, 118 Visconti Filippo Maria, duca di Milano 94, 100 Visconti Gian Galeazzo, duca di Milano 94 Vitellio, imperatore 41 Vitìge, re degli ostrogoti 66, 67 Vittorio Amedeo II di Savoia, re di Sardegna 137, 138 Vittoria Emanuele I di Savoia, re di Sardegna 163, 165, 178 Vittorio Emanuele II di Savoia, re d’Italia 161, 171, 177, 178, 179, 180, 187, 192 Vittorio Emanuele III di Savoia, re d’Italia 162, 192, 195, 204 Voltaire, François-Marie Arouet detto 132, 141
W
Waldscemuller M., cartografo 105 Washington George 146, 147 Watt James 149 Werner I, feudatario di Habsburg 89 Werner II, conte di Habsburg 89 Werner III, conte di Habsburg 89 Wilkinson John 150 Windsor, famiglia 110
Z
Zaleuco, legislatore 27, 29 Zanardelli Giuseppe 196 Zenone di Cizio 49, 63 Zenone di Elèa 31, 49, 55, 56 Zenone, imperatore 65 Zeus, re degli dei 20, 30, 50 Zwingli Huldrych 112, 116
Indice degli eventi e delle notizie
INDICE DEGLI EVENTI E DELLE NOTIZIE
LA PREISTORIA
17-25
Dall’ “Australopithecus afarensis” all’ “homo habilis” L’ “homo sapiens-sapiens” La glaciazione di Wurm I primi agglomerati urbani Catal Huyuk, Gerico e Lepenski Vir I dolmen megalitici europei Grecia: dai pelasgi agli achei La Mesopotamia e la nascita della scrittura L’Egitto e l’Antico Regno Le piramidi di Giza Le città indiane di Harappa e Mohenjo-Daro Egitto: dal Medio al Nuovo Regno Hatscepsut, Tutankhamon e Ramses II La civiltà micenea in Grecia La civiltà minoica a Creta Babilonia e il Codice di Hammurabi Grecia: eoli, dori e joni Il grande terremoto dell’isola di Thera La Guerra di Troia Egitto: il Tardo Regno Gli enotri in Lucania, Calabria e Sicilia Il mitico re Italo e l’Italia La civiltà etrusca I fenici e Cartagine La fondazione di Roma L’Europa una immensa foresta L’ETÀ GRECO-ROMANA
27-47
(contesto storico e sociale) La “polis” greca La colonizzazione delle aree costiere del Mediterraneo Lo Stato ateniese La Magna Grecia Il mondo greco Licurgo, Zaleuco e Caronda Sibari riferimento per tutto il mondo greco Le prime alleanze tra le città magnogreche Crotone, Sibari, Metaponto e Kaulonia contro Reggio e Locri Le tirannidi ateniesi di Pisistrato e Ippia Sparta e gli spartiàti La battaglia del fiume Sagra e la disfatta di Crotone e dei suoi alleati Pitagora a Crotone La battaglia del fiume Trionto tra Crotone e Sibari e la distruzione di Sibari Il prestigio di Crotone I poeti lirici Stesìcoro e Ibico
283
Breve storia del Mondo occidentale
Roma: la fine del periodo monarchico e l’instaurazione della repubblica La scuola di Elèa La tirannide reggina di Anassilàos Le tirannidi siciliane Atene e Sparta e le due guerre persiane Le battaglie di Maratona, di Salamina e delle Termopili L’ascesa di Siracusa Le continue lotte tra le città greche Atene e l’età di Pericle La democrazia greca una democrazia della minoranza L’alleanza Reggio-Atene in funzione anti-Siracusa La lunga guerra tra Siracusa e Atene e le rispettive alleanze Le grandi battaglie navali nelle acque dello Stretto La vittoria di Siracusa I prigionieri nelle “latomie” La presenza cartaginese in Sicilia e lucana in Calabria Dionisio I di Siracusa e l’espansione dello Stato aretuseo Grecia: la Guerra del Peloponneso e la Guerra corinzia L’impero di Alessandro Magno Roma: l’avvio dell’emancipazione della plebe L’introduzione della “pecunia” Magna Grecia: Dionisio I, Dionisio II, i bruzi La conquista romana dell’Italia meridionale continentale Le guerre puniche La via Popilia La fine della Magna Grecia Giulio Cesare e l’avvio del regime monarchico imperiale Cesare Ottaviano Augusto primo imperatore La Roma culturale in età augustea: Virgilio, Orazio, Ovidio, Tito Livio Palestina: la nascita di Cristo e la “Buona Novella” I primi anni del cristianesimo Impero romano: i successori di Augusto da Tiberio a Commodo L’estensione territoriale dell’Impero Cristianesimo: l’età patristica Da Settimio Severo a Costantino L’editto di tolleranza nei confronti del cristianesimo S. Agostino e lo sviluppo del pensiero cristiano L’imperatore Teodosio e il cristianesimo religione di Stato La divisione dell’Impero Romolo Augustolo e la fine dell’Impero Romano d’Occidente L’Italia governata dal re barbaro Odoacre L’ETÀ GRECO-ROMANA
49-64
(contesto filosofico) La Grecia faro per la civiltà del mondo occidentale L’espressione del mondo interiore dell’uomo L’esercizio del pensiero La nascita della filosofia La Scuola Jonica di Mileto Talete, Anassimàndro, Anassìmene, Anassàgora di Clazòmene La Terra disco cilindrico Il principio supremo: Oceano, l’àpeiron, l’aria, il noùs
284
Indice degli eventi e delle notizie
La Scuola pitagorica di Crotone Fuoco creatore e immortalità e reincarnazione dell’anima Il modello cosmologico: fuoco centrale circondato dai corpi celesti conosciuti Eràclito e l’eterno divenire (“tutto scorre”) Il fuoco principio creativo Il logos principio razionale I sofisti e l’indagine pratica sull’uomo Protàgora, Gòrgia, Càllicle, Trasimaco, Antifònte ed Ippia di Èlide Protàgora, il problema della conoscenza e il seme del dubbio La Scuola elatica e la realtà dell’ “essere” Senòfane di Colofòne, Parmènide e Zenone Parmènide e il “tutto è” Zenone e i paradossi del movimento Empèdocle e la dottrina dei quattro elementi La legge dell’odio e dell’amore La Scuola atomistica di Abdèra Leucìppo e Demòcrito Tutto è materia La “necessità” degli eventi Socrate, padre della filosofia La contrapposizione al pensiero tradizionale Il rifiuto del luogo comune Il ruolo preminente della coscienza e della riflessione L’immortalità dell’anima Aristìppo e la Scuola cirenaica Diògene e la Scuola cinica di Atene La vita naturale svincolata da abitudini e convenzioni La libertà dalle leggi e il cosmopolitismo Platone e l’ “Accademia” La “Repubblica dell’uguaglianza” e l’aspirazione ad un mondo diverso La visione religiosa della vita Il Dio unico, l’Aldilà, la reincarnazione La profonda fede nella capacità della mente umana Un grande seguace: Plotino Aristotele e il “Liceo” La deduzione ragionata dai fatti sperimentali La teoria analitica I principi indimostrabili e la “verità assoluta” Dio “Primo Motore Immobile” Il modello cosmologico geocentrico La vastissima opera La scuola stoica e Zenone di Cizio Epicùro e la logica sensistica Le “sensazioni” come criterio fondamentale della conoscenza della verità Il benessere naturale e necessario (il “piacere”) e la quiete suprema (la “felicità”) La fine della grande stagione della filosofia greca L’ALTO MEDIOEVO
65-76
Francia: il re Merovèo e la dinastia merovingia Italia: il governo del re degli eruli Odoacre Gli ostrogoti di Teodorico e il “Regno d’Italia” ostrogoto Magno Aurelio Cassiodoro e il “Vivarium” di Squillace 285
Breve storia del Mondo occidentale
La prima “Università” d’Italia e d’Europa La Guerra greco-gotica e la riconquista bizantina della penisola L’invasione longobarda e il progressivo ritiro bizantino L’incontenibile politica espansionistica longobarda La precaria situazione sociale e politica italiana L’interventismo politico di papa Gregorio Magno La nascita del potere temporale della Chiesa Venezia bizantina e lo spostamento verso la costa delle popolazioni dell’entroterra L’avvio della costituzione del futuro Ducato veneziano Maometto e il mondo arabo La grande cultura araba L’Impero musulmano Pipino il Breve e il ridimensionamento della presenza longobarda in Italia La cessione alla Chiesa dei territori conquistati e la nascita dello Stato pontificio Carlo Magno, figlio di Pipino e re dei franchi, “Rex longobardorum” d’Italia La Calabria provincia bizantina L’eccentricità della provincia L’aggravamento delle condizioni economico-sociali della popolazione L’espansionismo arabo Le leggi iconoclaste a Bisanzio L’arrivo nei territori bizantini meridionali dei religiosi “basiliani” La preziosa attività del monachesimo basiliano L’antico “Brutium” romano diventa “Calabria” Reggio sede del “thema” bizantino di Calabria La guida “metropolitana” della Chiesa della provincia Santa Severina seconda “metropolìa” della Calabria Reggio, Santa Severina, Gerace, Stilo e Rossano roccaforti calabre della cultura bizantina Il Ducato di Venezia formalmente bizantino ma sostanzialmente avviato verso l’indipendenza La libera scelta del primo Doge Francia: i maestri di palazzo e la fine della dinastia merovingia Carlo Magno e la dinastia carolingia Il Sacro Romano Impero L’istituzione del feudalesimo e l’organizzazione politico-sociale del territorio Contee, marche, missi dominici e vassi dominici Vassalli, valvassori e valvassini La Toscana e Genova La persistenza bizantina e longobarda nel Meridione d’Italia La Salerno longobarda e la più importante Scuola Medica europea dell’intera età medievale La conquista araba della Sicilia Le incursioni arabe in Calabria Gli emirati di Tropea, Amantea, Santa Severina, Squillace e Reggio La riconquista bizantina Francia: la fine della dinastia carolingia e l’inizio di quella capetingia I vichinghi in Normandia e in Russia Inghilterra: i Regni del Wessex, della Mercia e della Northumbria IL BASSO MEDIOEVO
77-103
Savoia: Umberto Biancamano da signore feudale a primo conte sabaudo I normanni nel Meridione d’Italia e in Inghilterra Lo scisma d’Oriente tra Chiesa bizantina e Chiesa di Roma La lotta per le investiture tra il Papato e l’Impero La scomunica papale e la sua grande valenza politica 286
Indice degli eventi e delle notizie
Enrico IV a Canossa Le crociate La persistenza della cultura greco-bizantina nel Meridione d’Italia La nascita dei Comuni nell’Italia del Nord Le prime Università Lo scontro tra l’imperatore Federico Barbarossa e la Lega lombarda dei Comuni La battaglia di Legnano Meridione d’Italia: la proclamazione del Regno normanno di Sicilia Il primo re: Ruggero II d’Altavilla I successori di Ruggero II Il matrimonio tra Costanza d’Altavilla ed Enrico VI di Svevia, figlio del Barbarossa Enrico VI re di Sicilia Il figlio e successore Federico II di Svevia Federico II “Stupor mundi”, re di Sicilia e imperatore del S. R. I. Il prestigio e lo splendore del Regno Corrado IV successore di Federico II e la reggenza siciliana di Manfredi di Taranto Manfredi re di Sicilia La discesa in Italia di Carlo d’Angiò in funzione anti-sveva La battaglia di Benevento e la morte di Manfredi L’uccisione di Corradino, ultimo erede della dinastia sveva Carlo I d’Angiò cinge la corona di Sicilia La Scuola poetica siciliana di Palermo e Folco Ruffo di Calabria Pier delle Vigne e Ciullo d’Alcamo L’abate pugliese Nettario Gli inizi della grande storia della letteratura italiana ed europea Inghilterra: Enrico II e l’instaurazione della dinastia Angiò-Plantageneta Chiesa: la crociata contro gli albigesi e l’eresia càtara La nascita del Tribunale della Santa Inquisizione San Tommaso d’Aquino e la filosofia scolastica La “Summa theologiae” S. R. I.: l’ascesa degli Asburgo La “Casa d’Austria” Inghilterra: la nascita dell’istituto parlamentare in Europa Meridione d’Italia: il malgoverno angioino e la Guerra dei Vespri L’intervento aragonese a sostegno delle ragioni siciliane I vent’anni di guerra La pace di Caltabellotta Gli aragonesi in Sicilia e gli angioini nelle province continentali del Regno Lo sdoppiamento del Regno: il “Regno di Sicilia” e il “Regno di Napoli” La cessione della Sardegna al Regno d’Aragona La Sicilia vicereame aragonese Italia centro-settentrionale: dai Comuni alle Signorie L’asservimento delle masse popolari Le Repubbliche marinare Il conflitto tra Pisa e Genova per il controllo della Corsica e della Sardegna Bonifacio VIII e lo “schiaffo” di Anagni La cattività papale avignonese Il Grande scisma d’Occidente Le signorie dei Visconti a Milano e dei Gonzaga a Mantova Toscana: l’epoca di Dante, Petrarca e Boccaccio L’importanza e il prestigio politico del Regno angioino napoletano Napoli città tra le più grandi, colte e belle d’Europa 287
Breve storia del Mondo occidentale
Niccolò da Reggio, Bernardo Bàrlaam e Leonzio Pilato La Guerra dei 100 anni e la riconquista dei territori francesi in mano inglese L’epopea di Giovanna d’Arco L’Umanesimo in Italia La signoria dei Medici a Firenze La dignità ducale alla Savoia Amedeo VIII di Savoia eletto antipapa Alfonso V d’Aragona e la riunione dei Regni di Sicilia e di Napoli Milano e la signoria degli Sforza La conquista di Bisanzio da parte ottomana e la fine dell’Impero Romano d’Oriente Calabria: Aulo Giano Parrasio a Cosenza e San Francesco a Paola Il “Commentarius in Pentateuchum” a Reggio L’occupazione turca dell’Albania L’arrivo nel Meridione d’Italia di folti gruppi di profughi albanesi La nascita delle prime comunità arbereshe La resistenza albanese del principe locale Giorgio Castriota Skànderbeg Gli albanesi in Calabria Gli arabi in Spagna e la “reconquista” La spedizione di Cristoforo Colombo e la scoperta del “Nuovo Mondo” L’ETÀ MODERNA
105-125
(dalla scoperta dell’America all’ “Invencible Armada”) L’esplorazione e lo sfruttamento del Nuovo Mondo La distruzione delle civiltà locali e lo sterminio degli indigeni L’import-export tra i due mondi Il conflitto tra Napoli e gli Sforza di Milano Ludovico il Moro e l’intervento del re di Francia Carlo VIII in funzione anti-napoletana L’occupazione francese del Regno di Napoli La grande battaglia di Seminara (1495) La liberazione del Regno L’occupazione francese di Milano e la conquista franco-spagnola del Regno di Napoli Il conflitto tra gli alleati francesi e spagnoli L’assedio francese di Barletta Ettore Fieramosca e la “Disfida di Barletta” La nuova grande battaglia di Seminara (1503) Il Regno di Napoli in vicereame alla Spagna L’inizio del sec. XVI e l’unificazione spagnola L’Italia divisa tra Spagna e Francia L’indipendenza e la potenza di Venezia Enrico VIII e lo scisma della Chiesa anglicana L’Europa sotto il dominio di Spagna, Francia e Impero asburgico (S. R. I.) Carlo V d’Asburgo re di Spagna e imperatore Il lungo conflitto con Francesco I di Francia Martin Lutero e la Riforma protestante L’abbandono francese del Ducato di Milano I lanzichenecchi e il sacco di Roma (1527) I Cavalieri di Malta La pirateria turca nel Mediterraneo Lo spostamento verso l’Italia della politica e degli interessi del Ducato di Savoia Stato pontificio: l’Inquisizione a Roma e l’ “Index librorum prohibitorum” La politica nepotista di papa Paolo III La creazione del Ducato di Parma e Piacenza
288
Indice degli eventi e delle notizie
Il Concilio di Trento e la Controriforma cattolica L’abdicazione di Carlo V e la divisione dell’Impero I due rami asburgici di Spagna e d’Austria Il Rinascimento e il nuovo modo di “sentire” la vita Le “Accademie” Le condizioni di cauto benessere in Italia ed in Europa La rinascita culturale ed economica del Regno di Napoli Il grande risveglio economico e sociale della Calabria I grandi nomi della cultura calabrese Bernardino Telesio, Galeazzo di Tarsia e Gabriele Barrio L’Europa cristiana divisa Guerre di religione e lotta alla stregoneria La strage dei valdesi in Calabria La battaglia di Lepanto e il blocco dell’espansionismo turco nel Mediterraneo Francia: la notte di San Bartolomeo e la strage degli ugonotti Lo scontro navale spagnolo-inglese e l’ “Invencible Armada” L’inizio del declino dell’egemonia spagnola in Europa Inghilterra: l’età di William Shakespeare L’ETÀ MODERNA
127-149
(dai Borbone di Francia alla Francia pre-rivoluzionaria) Enrico IV di Borbone e l’inizio della dinastia borbonica francese La morte sul rogo del filosofo napoletano Giordano Bruno In carcere a Napoli il filosofo calabrese Tommaso Campanella Il malgoverno spagnolo in Italia nella seconda metà del sec. XVI e nel sec. XVII Crisi economica, miseria e disordine sociale in Italia e in Europa Francia: Luigi XIII e il cardinale Richelièu Galileo Galilei e Renè Descartes La Guerra dei Trent’anni tra gli Stati tedeschi e il potere imperiale asburgico Le epidemie di peste di Milano (1630) e Napoli (1656) La rivolta napoletana di Masaniello La rivoluzione inglese di Oliver Cromwell e la supremazia del Parlamento sulla Corona La Francia di Luigi XIV Il prestigio e la decadenza della potenza francese La guerra di successione spagnola e l’instaurazione della dinastia borbonica in Spagna Il declino della potenza politica spagnola in Europa L’occupazione austriaca dei possedimenti spagnoli italiani Il trattato di Utrecht e la cessione della Sicilia (con dignità regia) ai Savoia Lo scambio Sicilia-Sardegna tra Savoia ed Austria La guerra di successione polacca e l’occupazione di Carlo di Borbone del Regno di Napoli L’inizio della dinastia borbonica napoletana I Lorena in Toscana La guerra di successione austriaca Maria Teresa d’Austria imperatrice asburgica Il movimento illuministico e l’età delle riforme I grandi sovrani riformisti d’Europa Federico II di Prussia, Caterina II di Russia, Maria Teresa d’Austria e Carlo III di Napoli La Guerra dei Sette anni e le rivalità coloniali tra Francia e Inghilterra Lo sfruttamento delle colonie americane Lo schiavismo La politica e le grandi realizzazioni di Carlo III di Borbone nel Regno di Napoli Il ministro Bernardo Tanucci
289
Breve storia del Mondo occidentale
Le grandi opere pubbliche e l’avvio dell’industrializzazione del Regno Il Regno di Napoli tra i più prestigiosi e autorevoli Regni d’Europa Carlo III re di Spagna Ferdinando IV re di Napoli La continuazione ferdinandea della politica sociale paterna Le grandi realizzazioni L’avvicendamento Tanucci-Acton La cessione genovese della Corsica alla Francia La Guerra d’indipendenza americana delle 13 colonie inglesi del nord-atlantico La nascita degli Stati Uniti d’America La rinascita culturale e sociale italiana della seconda metà del sec. XVIII Il risveglio socio-economico della Calabria Il ritardo di Venezia, Genova, Lucca, dello Stato pontificio e della Francia Il grande terremoto in Calabria nel 1783 La rivoluzione industriale in Inghilterra L’ETÀ MODERNA
151-160
(dalla Rivoluzione francese al Congresso di Vienna) La Rivoluzione francese Il generale Bonaparte e la Campagna d’Italia Le Repubbliche Transpadana, Cispadana e Cisalpina L’occupazione francese dello Stato pontificio e la deportazione in Francia di papa Pio VI La Repubblica romana L’occupazione del Regno sabaudo e il rifugio della Corte in Sardegna L’annessione del Piemonte alla Francia Napoleone in Egitto L’occupazione del Regno di Napoli e il ritiro di Ferdinando IV in Sicilia La Repubblica partenopea L’armata sanfedista del cardinale Ruffo e la riconquista borbonica del Regno La seconda Campagna d’Italia del Bonaparte Napoleone imperatore (1804) I “Codici napoleonici” e la sistemazione organica del “Diritto comune” Il centro-nord della penisola e il Regno d’Italia napoleonico La sconfitta francese a Trafalgar La nuova invasione del Regno di Napoli (febbraio 1806) Il Regno di Napoli ancora occupato dai francesi Re Ferdinando IV di nuovo in Sicilia Giuseppe Bonaparte sul trono napoletano La grande resistenza popolare nel Regno e in Calabria Gioacchino Murat re di Napoli La feroce repressione e le atrocità del generale Manhès in Calabria Il soqquadro politico e istituzionale napoleonico in Italia e in Europa La deportazione in Francia di papa Pio VII I successi europei della “Grande Armata” di Napoleone La guerra in Russia e la catastrofe della Grande Armata La Costituzione ferdinandea in Sicilia (1812) La sconfitta di Lipsia e l’esilio di Napoleone nell’isola d’Elba Il Congresso di Vienna
L’ETÀ CONTEMPORANEA
161-194
(dalla Restaurazione post-napoleonica alla fine del sec. XIX) Il ritorno di Napoleone in Francia
290
Indice degli eventi e delle notizie
Gli ultimi 100 giorni La sconfitta di Waterloo e la definitiva fine del sogno napoleonico L’esilio dell’Imperatore a S. Elena Le conclusioni del Congresso di Vienna La restaurazione degli antichi equilibri europei Il rientro a Napoli di re Ferdinando IV di Borbone Da Ferdinando IV re di Napoli a Ferdinando I re delle Due Sicilie Il rifugio in Corsica di Gioacchino Murat Lo sbarco in Calabria dell’ex Re e il presunto tentativo di riconquista del Regno La cattura e la fucilazione nel castello di Pizzo Cal. Pasquale Galluppi e il risveglio dell’interesse per la filosofia in Italia I moti napoletani e piemontesi del 1820 e del 1821 Le concessioni di effimere Costituzioni Il Romanticismo Alessandro Manzoni e Giacomo Leopardi Napoli: l’ascesa al trono di Ferdinando II Le grandi opere pubbliche e i tanti primati del Regno napoletano Il primato economico e industriale in Italia I moti liberali di Modena, Parma e dello Stato pontificio del 1831 Giuseppe Mazzini e la “Giovane Italia” Le insurrezioni mazziniane nello Stato piemontese L’elezione al soglio pontificio di papa Pio IX (1846) e la nuova politica papale Le caute aperture liberali dello Stato piemontese e della Toscana Il 1848 e il grande caos rivoluzionario in Italia e in Europa L’insurrezione siciliana e la Costituzione napoletana Le Costituzioni piemontese, toscana e pontificia La Prima guerra d’Indipendenza italiana e l’abdicazione del re sabaudo Carlo Alberto Vittorio Emanuele II di Savoia nuovo re di Sardegna Il soffocamento delle rivoluzioni liberali su tutto il territorio europeo La tacita revoca delle Costituzioni a Napoli, Roma e Firenze Marx ed Engels e il pensiero socialista L’affrancamento dal colonialismo europeo degli Stati dell’America centrale e meridionale L’intensificazione della penetrazione europea in Africa e in Asia La prosecuzione della politica di sfruttamento dei paesi poveri Camillo Benso di Cavour alla guida del governo piemontese La Guerra di Crimea e il Congresso di Parigi Gli accordi di Plombières tra Cavour e l’imperatore francese Napoleone III La Seconda guerra d’Indipendenza italiana La morte di re Ferdinando II di Napoli e la successione del giovane Francesco II La spedizione garibaldina dei Mille e la conquista del Regno delle Due Sicilie I plebisciti e l’annessione del Regno al Piemonte Corruzione cavouriana, massoneria internazionale, forzature elettorali I prigionieri nei campi di concentramento piemontesi L’unificazione della penisola sotto il vessillo sabaudo Vittorio Emanuele II di Savoia da Re di Sardegna a primo Re d’Italia Il governo della “Destra storica” Destra e Sinistra L’estensione all’intero territorio del Regno della legislazione piemontese La dissennata politica industriale e il crollo dell’apparato produttivo meridionale Il drenaggio dei capitali dal Sud al Nord La disgregazione e l’immiserimento dell’ex Regno borbonico La disperata reazione popolare (il “brigantaggio”) 291
Breve storia del Mondo occidentale
La spietata repressione piemontese La guerra civile (1861-70) La legge Pica e la sospensione delle garanzie costituzionali Le centinaia di migliaia di vittime Stati Uniti d’America: la “Guerra di secessione” (1861-65) La nuova spedizione garibaldina in Italia e il blocco di Garibaldi in Aspromonte (1862) La Terza guerra d’Indipendenza e l’annessione del Veneto (1866) Il malgoverno piemontese e la rivolta di Palermo (1866) L’intervento della flotta sabauda e le oltre 2.000 vittime La conquista del Lazio e di Roma (1870) La morte di Vittorio Emanuele II e di Pio IX (1878) Umberto I successore di Vittorio Emanuele II La Confederazione di Germania e l’egemonia prussiana La costituzione dell’Impero tedesco del kaiser Guglielmo I L’Impero austro-ungarico di Francesco Giuseppe I d’Asburgo La “Triplice Alleanza” tra i due Imperi centrali europei e il Regno d’Italia Le guerre contro gli indiani in America Lo sterminio dei pellirosse Il positivismo in Europa Italia: la caduta della “Destra storica” e il governo della “Sinistra” Il trasformismo politico L’inquietante politica estera L’espansionismo coloniale (Etiopia, Eritrea, Somalia) Le condizioni disperate del Sud L’emigrazione di massa verso le Americhe e il Nord Europa La crescita e lo sviluppo delle regioni del Nord Il grande disagio delle classi popolari italiane del Nord e del Sud I moti siciliani del 1893 e i disordini in Puglia ed a Milano del 1898 L’intervento dell’esercito e le centinaia di vittime L’assassinio di re Umberto I e la successione di Vittorio Emanuele III Germania: le teorie di Nietzsche L’ETÀ CONTEMPORANEA
195-222
(il Novecento e l’inizio del terzo millennio) Italia: l’età di Giolitti La politica interna ed estera giolittiana L’oblio per i problemi del Meridione Il terremoto di Reggio e Messina (1908) Le 80.000 vittime Luigi Pirandello e l’amara realtà dell’uomo-pupo La Prima guerra mondiale La Triplice Alleanza e la Triplice Intesa Nazionalismo e imperialismo I 10 milioni di morti La tensione post-bellica in Italia Benito Mussolini e l’instaurazione del regime fascista Russia: la Rivoluzione d’ottobre I soviet L’uccisione dello Zar e della famiglia imperiale La nascita dell’Unione Sovietica Lenin e Stalin Leonid Breznev e Michail Gorbaciov
292
Indice degli eventi e delle notizie
La Grecia monarchica da Ottone di Baviera a Costantino II La fine dell’Impero ottomano e la nascita della Turchia Il “ventennio” mussoliniano in Italia La guerra civile in Spagna e l’affermazione del franchismo Adolf Hitler e il nazismo in Germania La Seconda guerra mondiale e i 51 milioni di morti Le “foibe” dell’Istria La fine del Duce del fascismo e della monarchia sabauda L’ONU e la promozione della pace e della cooperazione tra le nazioni Alexander Fleming e la scoperta della penicillina L’Europa divisa in due La nascita della “Repubblica italiana” (1946) Il piano Marshall Gli esiti fallimentari dell’impegno meridionalista dei primi anni dell’Italia repubblicana Il nuovo fenomeno emigratorio 4 milioni di italiani dal Sud al Nord Le “Cattedrali nel deserto” Medio Oriente: la nascita dello Stato di Israele Il conflitto con i palestinesi Guerre, massacri, distruzioni, profughi Europa: dalla CEE all’Unione Europea USA-URSS: la politica imperialista delle due superpotenze La “guerra fredda” e l’ “equilibrio del terrore” La guerra in Vietnam e la disfatta degli USA La dissoluzione dell’URSS e del comunismo sovietico ed europeo Gli USA unica superpotenza Le potenze economiche e umane emergenti: Cina, India, Brasile Mondo occidentale: progresso scientifico e tecnologico ma regresso nel campo dei valori I nuovi valori: individualismo, affarismo, consumismo, apparenza, denaro L’economia mondiale e gli interessi delle multinazionali La democrazia malata Il grande fallimento della presenza cristiana Il terrorismo fondamentalista islamico e l’attentato al World Trade Center di New York Guerre dell’Occidente in Afghanistan e in Irak Forzature internazionali e interessi strategici Atrocità, sofferenza, distruzioni ed oltraggi senza fine Le preoccupanti condizioni del pianeta
293
Breve storia del Mondo occidentale
294
Indice dei sottocapitoli
INDICE DEI SOTTOCAPITOLI
(non sono indicati i sottocapitoli relativi all’età preistorica ed a quella greco-romana)
Austria 110, 117, 186 (v. anche “Imperi centrali” e “Sacro Romano Impero”) Bisanzio 69 (v. anche “Impero d’Oriente”) Calabria 70, 74, 96, 101, 108, 120, 122, 127, 130, 148, 173 (v. anche “Meridione d’Italia”) Cavalieri di Malta 113 Chiesa 79, 86, 88, 116, 123 (v. anche “Cristianesimo”, “Roma” e “Stato pontificio”) Colonie americane 141, 146 (v. anche “Colonie americane, africane e asiatiche”) Colonie americane, africane e asiatiche 174 (v. anche “Colonie americane”) Condizioni del pianeta 221 Congresso di Vienna 162, 163 Cristianesimo 111, 122 (v. anche “Chiesa”, “Roma” e “Stato pontificio”) Egitto 154 Europa 99, 118, 122, 123, 138, 141, 156, 162, 170, 173, 174, 175, 187, 189, 198, 206, 208, 212 (v. anche “Nord Europa”)
Francia 65, 66, 71, 75, 97, 118, 124, 127, 130, 131, 135, 140, 146, 151, 154, 155, 157, 159, 160, 162,
177, 186 (v. anche “Rivoluzione francese” e “Impero napoleonico”) Genova 73, 92, 101, 146 Germania 123, 193 Grecia 201 Imperi centrali 187 (v. anche “Austria” e “Sacro Romano Impero”) Impero asburgico 131, 136, 139 (v. anche “Austria” e “Sacro Romano Impero”) Impero d’Oriente 81, 100 (v. anche “Bisanzio”) Impero napoleonico 158, 159, 160 (v. anche “Francia” e “Rivoluzione francese”) Impero ottomano 123 Inghilterra 75, 79, 85, 90, 97, 109, 124, 125, 133, 146, 149, 207 Italia 65, 66, 67, 68, 69, 75, 91, 98, 118, 129, 130, 138, 139, 141, 150, 156, 158, 163, 165, 166, 168, 169, 170, 171, 177, 178, 180, 184, 185, 186, 190, 192, 195, 199, 202, 208 (v. anche “Italia settentrionale” e “Italia settentrionale e centrale”) Italia settentrionale 82, 84, 156, 158 (v. anche “Italia” e “Italia settentrionale e centrale”) Italia settentrionale e centrale 153, 155 (v. anche “Italia” e “Italia settentrionale”) Mantova 94 Medio Oriente 210 (v. anche “Palestina”) Meridione d’Italia 73, 78, 81, 83, 87, 91, 94, 95, 100, 102, 114, 120, 135, 137, 164, 185, 181, 196, 197 (v. anche “Napoli”, “Regno di Napoli” e “Regno delle Due Sicilie”) Milano 94, 100, 107, 108, 112, 137 Mondo 198, 206, 207, 208 (v. anche “Condizioni del pianeta”) Mondo arabo 68, 75, 80, 202 Mondo occidentale 218, 220 (v. anche tutte le voci correlate) Napoli 115, 133, 156 (v. anche “Meridione d’Italia”, “Regno di Napoli” e “Regno delle Due Sicilie”) Nord Europa 75, 138 (v. anche “Europa”) Nuovo Mondo 105 (v. anche “Colonie americane” e “Colonie americane, africane e asiatiche”) Orrori di guerra 206 (v. anche “Europa” e “Mondo”)
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Breve storia del Mondo occidentale
Palestina 81 (v. anche “Medio Oriente”) Parma e Piacenza 115 Portogallo 124 (v. anche “Spagna”) Prussia 186 Regno delle Due Sicilie 165, 166, 172 (v. anche “Meridione d’Italia”, “Napoli” e “Regno di Napoli”) Regno di Napoli 107, 109, 129, 143, 155, 160 (v. anche “Meridione d’Italia” e “Napoli”) Rivoluzione francese 152, 153 (v. anche “Francia” e “Impero napoleonico”) Roma 67, 129 (v. anche “Chiesa”, “Cristianesimo” e “Stato pontificio”) Russia 159, 200 (v. anche “URSS”) Sacro Romano Impero 72, 89, 107, 110, 117, 131, 136, 139 (v. anche “Austria” e “Impero asbur-
gico”) Savoia 77, 93, 99, 114, 131, 137 Sicilia 159 (v. anche “Meridione d’Italia” e “Regno di Napoli”) Spagna 78, 85, 97, 102, 103, 110, 114, 117, 118, 124, 136, 204, 205 Stati Uniti d’America (USA) 183, 188, 214 (v. anche “Colonie americane” e “Colonie americane, africane e asiatiche”) Stato pontificio 69, 71, 80, 93, 115, 158, 169 (v. anche “Chiesa”, “Cristianesimo” e “Roma”) Sud-est asiatico 214 Toscana 73, 85, 92, 95, 99 Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) 214 (v. anche “Russia”) Venezia 68, 71, 74, 92, 101, 109
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Le pagine più bianche e più nere dell’Occidente
LE PAGINE PIÙ BIANCHE E PIÙ NERE DELL’OCCIDENTE
PAGINE BIANCHE: MONDO OCCIDENTALE Codificazione delle leggi “uguali per tutti” 29 Nascita della democrazia 29, 34 Avvio della civiltà 40 Nascita della filosofia 49 Buona Novella cristiana 40 Nascita delle Università 66, 82 Amanuensi e trasmissione della cultura 66, 81, 87, 96 Dante Alighieri 95 Umanesimo 98 Invenzione della stampa 101 Rinascimento 119 Niccolò Copernico e Giovanni Keplero 123-124 William Shakespeare 125 Galileo Galilei 130 Renè Descartes e Isaac Newton 131-132 Inghilterra: la “Dichiarazione dei diritti” del cittadino 134 Illuminismo 140 Rivoluzione francese 151 Nascita del pensiero socialista 173 Luigi Pirandello 197 Scoperta della penicillina 207 CHIESA È impresa pressoché impossibile elencare le innumerevoli pagine “bianche” della Chiesa. Al di là degli aspetti prettamente teologici e religiosi, al di là del sano ed eroico impegno per la promozione dell’uomo e dell’umanità, portato avanti, in ogni angolo del pianeta, dalle sue componenti più illuminate, è la stessa sua esistenza a rappresentare una ricchezza inestimabile e immensa per l’uomo e la società. La parola di Dio che essa incarna, infatti, oltre a costituire un sicuro baluardo al progressivo degrado morale della comunità umana, fa comprendere all’uomo di buona volontà il senso autentico della sua cadùca vita terrena, gli dà la speranza di una nuova e non più effimera vita futura, gli dona serenità, pace e pienezza di vita difficilmente raggiungibili in altro modo. Per la piena attuazione della sua missione
297
Breve storia del Mondo occidentale tra gli uomini, condizione imprescindibile per la Chiesa è, però, che essa non dimentichi mai il suo ruolo “profetico”. Non rinunci mai, cioè, di vivere ed agire in verità e nella assoluta ottica di Dio. E ciò, purtroppo, non sempre è avvenuto nel passato e non sempre avviene oggi.
PAGINE NERE: MONDO OCCIDENTALE Arrivismo e apparenza ieri e oggi 54 Partecipazione alle Crociate 81 Conquista dell’America dopo Colombo 106 Sfruttamento delle colonie americane 142 Schiavismo 106, 142, 183 Segregazione razziale 142 Imperialismo USA 147, 210, 214, 220 Colonialismo africano e asiatico 174 Sfruttamento dei paesi poveri 175, 218-219 Guerra in Italia e campi di concentramento in Piemonte 180 Stragi e repressioni post-unitarie in Italia 182 Guerra di secessione in USA 183 Sterminio degli indiani d’America 188-189 Teorie nietzschiane 193 Colonialismo italiano: i 100.000 morti in Libia 175 Guerre imperialistiche mondiali del sec. XX 147, 198, 206 Guerre imperialistiche regionali del sec. XX 147-148, 210, 214 Violenza fascista in Italia 199 Violenza comunista in Russia 201 Guerra civile in Spagna 204 Violenza nazista nella Seconda guerra mondiale 206 Campi di sterminio e olocausto ebraico 206 Bombe atomiche in Giappone 206 Strategia della tensione e stragi di Stato in Italia 208 Conflitto israelo-palestinese 210 Imperialismo USA-URSS ed equilibrio del terrore 214 Guerra in Indocina 214 Degenerazione della sana democrazia 218 Imperialismo USA di inizio millennio 220 Guerre in Afghanistan e in Irak 148, 221 Condizioni del pianeta 218, 221 CHIESA Da perseguitati a persecutori 46 Crociate in Terra Santa 81 Chiesa e Uomo medievale 84, 119 Crociata contro gli albigesi e l’eresia càtara 86 Santa Inquisizione 86, 103 Grande scisma d’Occidente 112 Corruzione pre-Riforma luterana 111 Index librorum prohibitorum 115
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Le pagine più bianche e più nere dell’Occidente
Nepotismo papale 115 Grande ipocrisia del Concilio tridentino 117 Condanne al rogo per i riformatori 116, 129, 131 Modus vivendi dell’italiano 117 Lotta alla stregoneria 122 Strage dei valdesi in Calabria 122 Strage degli ugonotti in Francia 124 Guerra dei Trent’anni 131 Complicità nello schiavismo 142 Vicinanza al potere politico contemporaneo 218
299
Breve storia del Mondo occidentale
300
Indice dei sottocapitoli
INDICE GENERALE
INTRODUZIONE
pag. 11
SOMMARIO
“
15
LA PREISTORIA
“
17
L’ETÀ GRECO-ROMANA (contesto storico e sociale)
“
27
L’ETÀ GRECO-ROMANA (contesto filosofico)
“
49
L’ALTO MEDIOEVO (476-1000)
“
65
IL BASSO MEDIOEVO (1000-1492)
“
77
L’ETÀ MODERNA (dalla scoperta dell’America all’ “Invencible Armada”)
“
105
L’ETÀ MODERNA (dai Borbone di Francia alla Francia pre-rivoluzionaria)
“
127
L’ETÀ MODERNA (dalla Rivoluzione francese al Congresso di Vienna)
“
151
L’ETÀ CONTEMPORANEA (dalla Restaurazione alla fine del sec. XIX)
“
161
L’ETÀ CONTEMPORANEA (il Novecento e l’inizio del terzo millennio)
“
195
“
225
“
231
“
271
SCHEDA: I REGNANTI SUL MERIDIONE D’ITALIA / I RE DI SARDEGNA, D’ITALIA, D’ARAGONA, DI CASTIGLIA E DI SPAGNA
LE GENEALOGIE: DINASTIE REALI ITALIANE, BORBONICA SPAGNOLA, NAPOLEONICA, FRANCESI, AUSTRIACHE, INGLESI E ROMANOV RUSSA
BIBLIOGRAFIA
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Breve storia del Mondo occidentale
INDICE DEI NOMI
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pag. 273
INDICE DEGLI EVENTI E DELLE NOTIZIE
“
283
INDICE DEI SOTTOCAPITOLI
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LE PAGINE PIÙ BIANCHE E PIÙ NERE DELL’OCCIDENTE
“
297
Indice dei sottocapitoli
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Breve storia del Mondo occidentale
Stampato da Ragusa Grafica Moderna - Bari
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