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Italian Pages [131] Year 2012
Elena Tornaghi, Alessandra Dini
ARTE DA LEGGERE
RISORSE ONLINE
Elena Tornaghi, Alessandra Dini
ARTE DA LEGGERE
LOESCHER EDITORE Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
© Loescher Editore - Torino - 2012 http://www.loescher.it
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N
ISBN 9788858302026 Nonostante la passione e la competenza delle persone coinvolte nella realizzazione di quest’opera, è possibile che in essa siano riscontrabili errori o imprecisioni. Ce ne scusiamo in d’ora con i lettori e ringraziamo coloro che, contribuendo al miglioramento dell’opera stessa, vorranno segnalarceli al seguente indirizzo: Loescher Editore s.r.l. Via Vittorio Amedeo II, 18 10121 Torino Fax 011 5654200 [email protected] Loescher Editore S.r.l. opera con sistema qualità certiicato CERMET n. 1679-A secondo la norma UNI EN ISO 9001-2008 Realizzazione Coordinamento editoriale: Luciana Canavese, Paola Sanini Editing e redazione: Barbara Anglani, Luciana Canavese Ricerca iconograica: Valentina Ratto con Emanuela Mazzucchetti Cartograia: Studio Aguilar - Milano Progetto graico: Anna Huwyler - Monza Realizzazione tecnica e impaginazione: Belle Arti s.r.l. - Quarto Inferiore (BO) Fotolito: Graphic Center - Torino; Tecnolito - Caprino Bergamasco (BG) Copertina: Visualgraika - Torino Stampa: Sograte Litograia s.r.l. Zona Industriale Regnano 06012 Città di Castello (PG)
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Presentazione Questo volume presenta i lineamenti sintetici della storia dell’arte dall’Alto Medioevo all’età contemporanea proponendo un metodo di analisi dell’opera d’arte basato sull’osservazione guidata.
Come si leggono le opere d’arte
Il testo si apre con un’introduzione che ofre un metodo di lettura delle opere pittoriche, scultoree e architettoniche.
1
2 Riconoscere l’arte: pittura e scultura Tutti i prodotti dell’attività umana sono testimonianze delle civiltà che li hanno realizzati, ma solo alcuni possono essere considerati opere d’arte. Le opere d’arte sono «oggetti speciali», poiché mostrano una particolare ricerca estetica e sono ricche di signiicati culturali (simbolici, ilosoico-religiosi, sociali) che non si trovano nei comuni manufatti. Esse, dunque, hanno un elevato valore estetico e culturale, ma per essere apprezzate appieno devono essere analizzate sotto diversi aspetti: i caratteri compositivi, formali ed espressivi e i modi della rappresentazione (naturalismo, stilizzazione ecc.), le personalità degli autori e i caratteri dell’epoca e della cultura che le hanno prodotte, ma anche i signiicati dei soggetti rappresentati. Non sempre è facile deinire in modo assoluto quali oggetti possano essere considerati opere d’arte e quali no, anche perché nel corso del tempo sono mutati radicalmente i linguaggi e i canoni di giudizio propri dell’arte, della quale non è possibile formulare una deinizione univoca e universalmente accettata.
In un’opera d’arte il soggetto è strettamente connesso alla tradizione artistica e al contesto culturale in cui l’immagine è stata realizzata. All’interno di ogni cultura artistica i soggetti sono in genere ricorrenti; ciò ha portato pittori e scultori a elaborare un certo modo di rappresentare ognuno dei soggetti tradizionali. Per comprendere un’opera è quindi necessario imparare a «leggerne» i signiicati facendo riferimento alla tradizione iconograica, ossia al modo in cui una data cultura ha rappresentato un particolare soggetto. L’iconograia ha studiato e classiicato entro particolari categorie (generi iconograici, temi ecc.) un vasto repertorio di immagini della tradizione artistica. Le opere d’arte igurative possono essere classiicate in generi iconograici o igurativi in base ai tipi di soggetti rappresentati. I principali generi iconograici della storia dell’arte occidentale sono: il ritratto [● ig. 1], il paesaggio, la natura morta [● ig. 2], la scena di genere (ossia una scena di vita quotidiana) e il genere storico [● ig. 3], in cui l’immagine ha la funzione di narrare vicende appartenenti alla storia sacra, profana o mitologica.
Gli attributi iconograici delle divinità greche e romane
1 Rafaello, ritratto di donna detto La Velata, 1516 ca. Olio su tela, cm 85×64. Firenze, Palazzo Pitti. 2 Jan van Kessel il Vecchio, Natura morta con frutta e verdura, XVII secolo. Olio su tela, cm 600×451. Prato, Museo civico del Palazzo Pretorio. 3 Hans Memling, Le sette gioie di Maria, 1480. Olio su tavola, cm 81×189. Monaco (Germania), Alte Pinakothek.
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Gli attributi iconograici dei santi cristiani
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4 Beato Angelico, L'Annunciazione, 1438 ca. Afresco, h. m 2,30. Firenze, convento di San Marco.
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Come si leggono le opere d’arte
I temi iconograici
3
Il particolare avvenimento rappresentato in un’opera (annunciazione, ultima cena, nascita di Venere ecc.) è detto «tema iconograico». I temi iconograici sono soggetti ricorrenti nella tradizione artistica di una determinata cultura e possono essere raggruppati in relazione alle fonti da cui derivano (testi mitologici, biblici, storici ecc.). Nell’ambito della storia sacra, per esempio, è possibile identiicare numerosi temi ricorrenti che si rifanno sia all’Antico Testamento (la creazione del mondo, la creazione di Adamo ed Eva, il diluvio universale, Davide e Golia ecc.), sia al Nuovo Testamento (natività di Cristo, adorazione dei Magi, crociissione, giudizio universale). Anche gli episodi relativi alla vita e al martirio dei santi sono spesso presenti nella tradizione iconograica del mondo cristiano. In genere questi temi seguono schemi compositivi issi, che li rendono facilmente
5 Rafaello, Crociissione detta Gavari, 1503 ca. Olio su tavola, cm 279×166. Londra, National Gallery.
riconoscibili. L’annunciazione, per esempio, presenta una donna e un angelo posti uno di fronte all’altro [● ig. 4], mentre nelle scene rafiguranti la crociissione la croce di Cristo si trova al centro dell’opera e il suo asse verticale coincide con l’asse di simmetria del dipinto [● ig. 5].
Nella tradizione artistica cristiana, attributi come l’aureola (un cerchio luminoso attorno alla testa) o la palma (simbolo del martirio) identiicano intere categorie: rispettivamente santi e martiri. Altri attributi permettono di riconoscere i singoli personaggi. Per esempio, solitamente la presenza delle chiavi consente di individuare san Pietro, custode dell'ingresso del Paradiso, mentre molti martiri sono afiancati dallo strumento del loro martirio (santa Caterina da una ruota, san Sebastiano traitto dalle frecce ecc.). Talvolta, i santi sono rafigurati in azione: san Giorgio mentre traigge il drago [● ig. 6], san Francesco mentre parla agli uccelli [● ig. 7].
7
• Dioniso/Bacco, dio del vino, è rafigurato con il capo circondato da tralci di vite; • Ermes/Mercurio, messaggero degli dèi, ha i calzari alati; • Eros/Cupido, dio dell’amore, è un fanciullo alato con arco e frecce; • Venere, dea della bellezza, è spesso rafigurata nuda; • Zeus/Giove, massima divinità dell’Olimpo, impugna un fulmine.
6 Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, 1456 ca. Olio su tela, cm 57×73. Londra, National Gallery. 7 Giotto, San Francesco predica agli uccelli, 1290-1295. Afresco, cm 230×270. Assisi, Basilica superiore.
8
Gli attributi iconograici delle divinità greche e romane Gli attributi iconograici Per comprendere gli episodi rafigurati, l’osservatore deve poter riconoscere i personaggi protagonisti delle varie scene; a questo scopo gli artisti hanno utilizzato particolari elementi distintivi (oggetti, animali, simboli ecc.), chiamati «attributi iconograici», che rendono identiicabile ciascun personaggio. Gli attributi iconograici costituiscono un vero e proprio codice che può essere correttamente interpretato solo da coloro che ne conoscono i signiicati convenzionali.
Anche nella mitologia greco-romana alcuni attributi consentono di riconoscere gli dèi rafigurati [● ig. 8]: • Apollo, dio della luce e della bellezza, è coronato di alloro e imbraccia una lira; • Artemide/Diana, dea della caccia, ha l’arco e le frecce; • Atena/Minerva, dea della sapienza, spesso è accompagnata da una civetta, simbolo della saggezza; • Poseidone/Nettuno, dio del mare, impugna un tridente;
8 Andrea Mantegna, Parnaso, 1497. Tempera a colla e oro su tela, cm 54,6×70,7. Parigi, Musée du Louvre. Le due igure in alto sono Marte (in abito di guerriero) e Venere; ai loro piedi, Cupido ha appena lanciato una freccia su Vulcano, dio del fuoco. Apollo, in basso a sinistra, suona la lira, mentre a destra Ermes è accanto al cavallo alato Pegaso.
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Schema-guida per l’analisi di dipinti e sculture DATI PRELIMINARI Attribuzione Titolo Datazione Materiali e tecniche Dimensioni Collocazione
• • • • • •
Chi è l’autore dell’opera? Qual è il titolo dell’opera? Quando è stata realizzata? Con quali materiali e con quali tecniche è stata realizzata? Quali sono le sue dimensioni? Dov’è conservata l’opera e dov’era collocata in origine?
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Che cosa rappresenta l’opera? A quale genere iconograico appartiene (ritratto, natura morta, paesaggio ecc.)? Rappresenta un particolare tema iconograico (annunciazione, ultima cena ecc.)? Sono presenti punti, linee, segni graici? Qual è il loro ruolo e quali sono le loro caratteristiche espressive? Sono stati creati particolari efetti di supericie? Che cosa esprimono? Il colore ha un ruolo importante o marginale? Che tipo di colori sono stati usati e che cosa esprimono? Sono presenti zone di luce e zone d’ombra? Che tipo di efetti di chiaroscuro sono presenti e che cosa esprimono? Lo spazio è un elemento dominante all’interno dell’opera? È stato usato un particolare sistema di rappresentazione dello spazio? Che cosa esprime? L’opera è regolata da particolari criteri compositivi (simmetria, ritmo, modularità ecc.)? Quali sono le linee di forza e i centri focali fondamentali della composizione? Quali sono le loro caratteristiche espressive? In che modo è rappresentato il soggetto (realistico, idealizzato, stilizzato ecc.)? Che cosa esprime?
• • • • • • • • •
Qual è il signiicato della rappresentazione? Sono presenti simboli, allegorie, personiicazioni? L’opera rispetta la tradizione iconograica dell’epoca? Quali sono i caratteri fondamentali della personalità e dello stile dell’autore? In quale contesto o tendenza artistica si colloca l’autore? L’opera è stata realizzata su commissione? Chi è il committente? Con quale scopo è stata richiesta? In quale contesto storico-culturale è stata prodotta l’opera?
OSSERVARE Soggetto
Punto, linea, segno e supericie
Colore Luce e ombra Spazio
Composizione
Modo di rappresentazione
COMPRENDERE Signiicato
Autore Contesto storico-culturale
VALUTAZIONE CRITICA
Schemi riassuntivi costruiti sulla base di una serie di domande guidano all’osservazione e alla comprensione delle opere pittoriche, scultoree e architettoniche.
• Qual è il signiicato complessivo dell’opera? • Quali relazioni esistono tra il signiicato dell’opera e il contesto storico-culturale? • In che modo l’espressività dell’immagine si lega al suo contenuto?
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Indice Come si leggono le opere d’arte
1
Riconoscere l’arte: pittura e scultura I temi iconograici Gli attributi iconograici Gli attributi iconograici dei santi cristiani Gli attributi iconograici delle divinità greche e romane Il signiicato igurale o retorico Le personiicazioni e le allegorie SCHEMA-GUIDA PER L’ANALISI DI DIPINTI E SCULTURE Riconoscere l’arte: l’architettura Le tipologie architettoniche Gli elementi architettonici I sistemi costruttivi SCHEMA-GUIDA PER L’ANALISI DI OPERE ARCHITETTONICHE
Unità
1
L’arte dell’Alto Medioevo ANALISI DELL’OPERA
Unità
2
Unità
3
11
Arte barbarica e arte cristiana La Corona Ferrea
12 14
L’arte romanica
ANALISI DELL’OPERA
15
La chiesa romanica Le varianti regionali del Romanico in Italia La igurazione al servizio dell’architettura La scultura 1 Il duomo di Modena 2 Wiligelmo: le storie della Genesi
L’arte gotica
ANALISI DELL’OPERA
1 2 2 3 3 4 5 6 7 7 8 9 10
16 17 17 18 19 20
21 I caratteri dell’arte gotica I caratteri espressivi e simbolici dell’arte gotica Il Gotico in Italia 1 Giovanni Pisano, Strage degli innocenti 2 Giotto, Ciclo di afreschi ad Assisi
22 23 24 25 26
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Indice
VI Unità
4
L’arte del Primo Rinascimento L’arte del Primo Rinascimento La prospettiva L’architettura La pittura del Primo Rinascimento La scultura del Primo Rinascimento Il secondo Quattrocento 1 La Sagrestia Vecchia di San Lorenzo 2 Masaccio, Trinità 3 Donatello, San Giorgio 4 Botticelli, Nascita di Venere
28 29 30 31 32 32 33 34 35 36
Il Rinascimento Maturo e il Manierismo
37
ANALISI DELL’OPERA
Unità
5
ANALISI DELL’OPERA
Unità
6
7
L’arte del Rinascimento Maturo Le opere igurative Le opere architettoniche Leonardo Michelangelo Bramante Rafaello La pittura veneta Il Manierismo L’arte della Controriforma 1 La Gioconda di Leonardo da Vinci 2 Il David di Michelangelo 3 La volta della Cappella Sistina di Michelangelo 4 Villa Barbaro di Palladio
L’età del Barocco e del Rococò
ANALISI DELL’OPERA
Unità
27
49
L’arte del Barocco Luce e realismo nella pittura di Caravaggio La nascita di nuovi generi Il Barocco, l’arte della meraviglia L’architettura barocca La teatralità di Bernini Il dinamismo di Borromini L’arte del Rococò 1 Caravaggio, Morte della Vergine 2 Bernini, il colonnato di piazza San Pietro
Il Neoclassicismo e il Romanticismo L’arte del Neoclassicismo L’architettura neoclassica La pittura neoclassica La scultura neoclassica
38 38 39 39 39 40 41 41 41 43 44 45 46 48
50 50 51 52 52 53 54 54 55 56
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VII ANALISI DELL’OPERA
ANALISI DELL’OPERA
Unità
8
Il Realismo ANALISI DELL’OPERA
Unità
9
10
Unità
11
L’arte del Realismo I Macchiaioli Courbet, Gli spaccapietre
70 71 72
Il pointillisme Paul Cézanne Vincent Van Gogh Paul Gauguin Edvard Munch 1 Seurat, La Grande Jatte 2 Van Gogh, La chiesa di Auvers 3 Gauguin, Ta matete (Il mercato) 4 Munch, Il grido
Il Modernismo e il Simbolismo
ANALISI DELL’OPERA
73
L’arte impressionista Le origini dell’Impressionismo I temi e i metodi degli impressionisti Le personalità dell’Impressionismo 1 Monet, Regate ad Argenteuil 2 Renoir, Ballo al Moulin de la Galette a Montmartre
Il Postimpressionismo
ANALISI DELL’OPERA
61 62 63 63 64 65 65 66 67 68
69
L’Impressionismo
ANALISI DELL’OPERA
Unità
1 Canova, Amore e Psiche 2 David, Il giuramento degli Orazi L’arte del Romanticismo La pittura del Romanticismo La pittura di paesaggio La pittura di storia L’architettura romantica 3 Delacroix, La Libertà che guida il popolo 4 Friedrich, Monaco in riva al mare 5 Turner, L’incendio delle Camere dei Lords e dei Comuni
Il Modernismo Il Simbolismo Gustav Klimt Antoni Gaudí Klimt, Il bacio
74 74 75 76 77 78
79 80 80 81 82 82 83 84 85 86
87 88 89 90 90 92 Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
Indice
VIII Unità
12
Le avanguardie artistiche del Novecento
ANALISI DELL’OPERA
ANALISI DELL’OPERA
ANALISI DELL’OPERA
ANALISI DELL’OPERA
Unità
13
L’arte delle avanguardie L’Espressionismo Die Brücke I fauves 1 Matisse, La Danza Il Cubismo Pablo Picasso 2 Picasso, Natura morta con sedia impagliata Il Futurismo Ricerche e tecniche del Futurismo 3 Boccioni, Materia o La città che sale L’Astrattismo Mondrian e l’Astrattismo geometrico Il Bauhaus 4 Kandinskij, Composizione VII Il Dadaismo Il Surrealismo La Metaisica
L’arte contemporanea
14
94 94 95 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 104 105 106 107 108
109
L’arte informale Bacon, Moore, Giacometti La Pop Art L’arte concettuale, l’arte in movimento
Unità
93
L’architettura del Novecento
110 111 112 112
113
L’architettura «moderna» (1920-1970) L’architettura organica L’architettura «postmoderna» (1970-2000)
114 115 116
Indice degli autori e delle opere
117
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Come si leggono le opere d’arte 1
Riconoscere l’arte: pittura e scultura Tutti i prodotti dell’attività umana sono testimonianze delle civiltà che li hanno realizzati, ma solo alcuni possono essere considerati opere d’arte. Le opere d’arte sono «oggetti speciali», poiché mostrano una particolare ricerca estetica e sono ricche di signiicati culturali (simbolici, ilosoico-religiosi, sociali) che non si trovano nei comuni manufatti. Esse, dunque, hanno un elevato valore estetico e culturale, ma per essere apprezzate appieno devono essere analizzate sotto diversi aspetti: i caratteri compositivi, formali ed espressivi e i modi della rappresentazione (naturalismo, stilizzazione ecc.), le personalità degli autori e i caratteri dell’epoca e della cultura che le hanno prodotte, ma anche i signiicati dei soggetti rappresentati. Non sempre è facile deinire in modo assoluto quali oggetti possano essere considerati opere d’arte e quali no, anche perché nel corso del tempo sono mutati radicalmente i linguaggi e i canoni di giudizio propri dell’arte, della quale non è possibile formulare una deinizione univoca e universalmente accettata.
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In un’opera d’arte il soggetto è strettamente connesso alla tradizione artistica e al contesto culturale in cui l’immagine è stata realizzata. All’interno di ogni cultura artistica i soggetti sono in genere ricorrenti; ciò ha portato pittori e scultori a elaborare un certo modo di rappresentare ognuno dei soggetti tradizionali. Per comprendere un’opera è quindi necessario imparare a «leggerne» i signiicati facendo riferimento alla tradizione iconograica, ossia al modo in cui una data cultura ha rappresentato un particolare soggetto. L’iconograia ha studiato e classiicato entro particolari categorie (generi iconograici, temi ecc.) un vasto repertorio di immagini della tradizione artistica. Le opere d’arte igurative possono essere classiicate in generi iconograici o igurativi in base ai tipi di soggetti rappresentati. I principali generi iconograici della storia dell’arte occidentale sono: il ritratto [● ig. 1], il paesaggio, la natura morta [● ig. 2], la scena di genere (ossia una scena di vita quotidiana) e il genere storico [● ig. 3], in cui l’immagine ha la funzione di narrare vicende appartenenti alla storia sacra, profana o mitologica.
1 Rafaello, ritratto di donna detto La Velata, 1516 ca. Olio su tela, cm 85×64. Firenze, Palazzo Pitti. 2 Jan van Kessel il Vecchio, Natura morta con frutta e verdura, XVII secolo. Olio su tela, cm 600×451. Prato, Museo civico del Palazzo Pretorio. 3 Hans Memling, Le sette gioie di Maria, 1480. Olio su tavola, cm 81×189. Monaco (Germania), Alte Pinakothek.
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Come si leggono le opere d’arte
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4 Beato Angelico, L'Annunciazione, 1438 ca. Afresco, h. m 2,30. Firenze, convento di San Marco.
I temi iconograici Il particolare avvenimento rappresentato in un’opera (annunciazione, ultima cena, nascita di Venere ecc.) è detto «tema iconograico». I temi iconograici sono soggetti ricorrenti nella tradizione artistica di una determinata cultura e possono essere raggruppati in relazione alle fonti da cui derivano (testi mitologici, biblici, storici ecc.). Nell’ambito della storia sacra, per esempio, è possibile identiicare numerosi temi ricorrenti che si rifanno sia all’Antico Testamento (la creazione del mondo, la creazione di Adamo ed Eva, il diluvio universale, Davide e Golia ecc.), sia al Nuovo Testamento (natività di Cristo, adorazione dei Magi, crociissione, giudizio universale). Anche gli episodi relativi alla vita e al martirio dei santi sono spesso presenti nella tradizione iconograica del mondo cristiano. In genere questi temi seguono schemi compositivi issi, che li rendono facilmente
5 Rafaello, Crociissione detta Gavari, 1503 ca. Olio su tavola, cm 279×166. Londra, National Gallery.
riconoscibili. L’annunciazione, per esempio, presenta una donna e un angelo posti uno di fronte all’altro [● ig. 4], mentre nelle scene rafiguranti la crociissione la croce di Cristo si trova al centro dell’opera e il suo asse verticale coincide con l’asse di simmetria del dipinto [● ig. 5].
Gli attributi iconograici Per comprendere gli episodi rafigurati, l’osservatore deve poter riconoscere i personaggi protagonisti delle varie scene; a questo scopo gli artisti hanno utilizzato particolari elementi distintivi (oggetti, animali, simboli ecc.), chiamati «attributi iconograici», che rendono identiicabile ciascun personaggio. Gli attributi iconograici costituiscono un vero e proprio codice che può essere correttamente interpretato solo da coloro che ne conoscono i signiicati convenzionali. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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Come si leggono le opere d’arte
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9 Lunetta detta del Buon Pastore, v secolo. Mosaico. Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia. 10 Masolino, Tentazione di Adamo ed Eva, 1424-1425. Afresco, cm 260×88. Firenze, Chiesa di Santa Maria del Carmine.
Il signiicato igurale o retorico I soggetti rafigurati nelle opere d’arte possono anche nascondere un signiicato diverso da ciò che apparentemente sembrerebbero rappresentare, detto signiicato igurale o retorico. Ciò accade, per esempio, quando l’artista utilizza simboli, allegorie e personiicazioni che devono essere decifrati per poter individuare il signiicato nascosto di oggetti, iori, frutti e igure, e quindi per poter comprendere pienamente l’immagine. I simboli sono immagini o segni semplici e sintetici, in grado di rappresentare in modo immediato un signiicato complesso e quindi di suggerire un concetto; il simbolo cristiano della croce, per esempio, evoca in modo rapido ed eficace la passione di Cristo. In genere esiste un collegamento diretto, concreto e riconoscibile, tra l’immagine simbolica e il concetto espresso: il simbolo della croce ha avuto origine dalla crociissione di Cristo, così come l’uovo è divenuto simbolo della vita e della nascita in relazione alla sua funzione naturale. Il signiicato dei simboli può però variare in relazione alle culture, alle epoche o ai contesti in cui sono inseriti. In molte culture, l’agnello è simbolo della purezza e dell’innocenza e talvolta rappresenta Gesù in quanto igura sacriicale. Il «buon pastore» [● ig. 9] è Gesù che si prende cura dei fedeli; la colomba simboleggia amore e mitezza e, nell’iconograia cristiana, lo spirito santo. Anche il giglio è considerato simbolo di purezza. Il leone rafigura la forza, mentre il serpente, animale misterioso, compare in numerosissime culture con gli attribu-
ti più diversi, ma per il Cristianesimo è indizio del diavolo tentatore [● ig. 10]. Anche le igure astratte hanno signiicati simbolici. Per esempio, la spirale, molto diffusa presso le culture più antiche, è legata all’idea del divenire della vita. 10
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5 Le personiicazioni e le allegorie 11
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Le personiicazioni e le allegorie Le personiicazioni sono costituite da igure che incarnano idee e concetti astratti, non riferibili a immagini precise. Si è quindi data forma umana a concetti come la Pace, la Guerra, l’Amore, la Fertilità, la Fortuna, le Virtù cardinali [Prudenza, Giustizia ● ig. 11, Fortezza ● ig. 12 e Temperanza] e teologali (Fede, Speranza e Carità), i vizi (Ira, Vanità, Gola ecc.), le arti, i mesi, le stagioni, i pianeti, i sensi. Le personiicazioni sono generalmente identiicabili in parte per i loro atteggiamenti, ma soprattutto grazie ad attributi iconograici, come la bilancia per la Giustizia, le armi per la Guerra, i segni zodiacali per i mesi. Le allegorie sono invece rappresentazioni di idee o concetti mediante immagini che apparentemente sembrerebbero rappresentare altro [● ig. 13]. Il soggetto di queste ope-
re deve quindi essere interpretato e il loro signiicato, che ha in genere una funzione di insegnamento morale, va ricercato nella tradizione culturale, al di fuori dell’immagine stessa, a cui non è direttamente collegato. Molte opere di soggetto allegorico contengono personiicazioni.
11 Antonio Canova, La Giustizia, 1792. Bassorilievo in gesso, h cm 129, largh. cm 129. Milano, Gallerie di Piazza Scala. 12 Sandro Botticelli, La Fortezza, 1470. Tempera su tavola, cm 167×87. Firenze, Galleria degli Uizi. 13 Tiziano, Amor sacro e amor profano, 1514. Olio su tela, cm 118×279. Roma, Galleria Borghese. Il dipinto è un esempio di uso dell’allegoria: la donna vestita sarebbe una personiicazione dell’Amore terreno, mentre l’altra donna rappresenterebbe l’Amore spirituale. Il dipinto potrebbe essere quindi un’allegoria dell’amore inteso come unione degli opposti.
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Schema-guida per l’analisi di dipinti e sculture DATI PRELIMINARI Attribuzione Titolo Datazione Materiali e tecniche Dimensioni Collocazione
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Chi è l’autore dell’opera? Qual è il titolo dell’opera? Quando è stata realizzata? Con quali materiali e con quali tecniche è stata realizzata? Quali sono le sue dimensioni? Dov’è conservata l’opera e dov’era collocata in origine?
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Che cosa rappresenta l’opera? A quale genere iconograico appartiene (ritratto, natura morta, paesaggio ecc.)? Rappresenta un particolare tema iconograico (annunciazione, ultima cena ecc.)? Sono presenti punti, linee, segni graici? Qual è il loro ruolo e quali sono le loro caratteristiche espressive? Sono stati creati particolari efetti di supericie? Che cosa esprimono? Il colore ha un ruolo importante o marginale? Che tipo di colori sono stati usati e che cosa esprimono? Sono presenti zone di luce e zone d’ombra? Che tipo di efetti di chiaroscuro sono presenti e che cosa esprimono? Lo spazio è un elemento dominante all’interno dell’opera? È stato usato un particolare sistema di rappresentazione dello spazio? Che cosa esprime? L’opera è regolata da particolari criteri compositivi (simmetria, ritmo, modularità ecc.)? Quali sono le linee di forza e i centri focali fondamentali della composizione? Quali sono le loro caratteristiche espressive? In che modo è rappresentato il soggetto (realistico, idealizzato, stilizzato ecc.)? Che cosa esprime?
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Qual è il signiicato della rappresentazione? Sono presenti simboli, allegorie, personiicazioni? L’opera rispetta la tradizione iconograica dell’epoca? Quali sono i caratteri fondamentali della personalità e dello stile dell’autore? In quale contesto o tendenza artistica si colloca l’autore? L’opera è stata realizzata su commissione? Chi è il committente? Con quale scopo è stata richiesta? In quale contesto storico-culturale è stata prodotta l’opera?
OSSERVARE Soggetto
Punto, linea, segno e supericie
Colore Luce e ombra Spazio
Composizione
Modo di rappresentazione
COMPRENDERE Signiicato
Autore Contesto storico-culturale
VALUTAZIONE CRITICA
• Qual è il signiicato complessivo dell’opera? • Quali relazioni esistono tra il signiicato dell’opera e il contesto storico-culturale? • In che modo l’espressività dell’immagine si lega al suo contenuto?
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7 Le tipologie architettoniche 14
Riconoscere l’arte: l’architettura L’architettura è l’arte di ideare, progettare e costruire ambienti e strutture adatti alle esigenze dell’uomo. Il suo carattere principale sta nella tridimensionalità; diversamente dalla tridimensionalità della scultura, quella dell’architettura include l’uomo che vi penetra e in essa vive e svolge buona parte delle proprie attività. Lo spazio vuoto dell’interno di ogni ediicio è dunque l’elemento caratteristico e lo scopo principale dell’architettura, il cui carattere deve rispondere di volta in volta a funzioni abitative, religiose, civili ecc. In architettura esiste quindi uno stretto rapporto tra la forma e la funzione di un ediicio in quanto le dimensioni, l’organizzazione e la forma degli spazi interni hanno origine dalla funzione pratica o simbolica per cui esso è stato pensato. Tutti gli ediici sono progettati per rispondere a particolari funzioni, ma solo quelli in cui è presente anche una importante ricerca estetica possono essere considerati opere d’arte architettonica. Per poter osservare e comprendere un’opera architettonica è indispensabile conoscere i princìpi strutturali e il linguaggio tecnico fondamentale dell’architettura.
toniche: ciascuno di essi, infatti, è basato su un determinato modello, che si è andato deinendo nel corso del tempo per rispondere a precise funzioni (culto, spettacolo, difesa ecc.). Per «tipo architettonico» si intende dunque un modello a cui si rifanno tutti gli ediici progettati con funzioni comuni, anche se ognuno presenta caratteri leggermente diversi dagli altri [● igg. 14-15]. 15
14 L’abbazia è un «tipo architettonico» che risulta avere caratteri simili in tutta Europa. Questa è l’abbazia di Thoronet, ediicata nel 1146. Francia (Provenza). 15 Anche il grattacielo è un «tipo architettonico» ormai codiicato. Nella foto, uno dei più celebri grattacieli al mondo, l’Empire State Building, completato nel 1930 e alto m 381 (New York).
Le tipologie architettoniche Gli ediici che presentano caratteri simili per forma e funzione possono essere classiicati entro la medesima categoria architettonica. Un tempio greco, un aniteatro romano, una chiesa cristiana o un castello medievale appartengono a diverse tipologie architetLoescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
9 I sistemi costruttivi 20
I sistemi costruttivi I vari elementi architettonici possono essere organizzati e combinati all’interno delle strutture in modi diversi, deiniti «sistemi costruttivi». Questi si sono evoluti e modiicati nel corso del tempo, anche in relazione allo sviluppo tecnologico. Dall’antichità ino all’Ottocento sono stati usati prevalentemente due sistemi costruttivi: quello trilitico, o architravato, e quello a volta, o archivoltato. Nel corso del Novecento essi sono stati quasi completamente sostituiti da sistemi a telaio in metallo o in calcestruzzo armato. Il sistema trilitico è il più antico sistema costruttivo elaborato dall’uomo, in cui elementi verticali reggono elementi orizzontali 21
con funzione di copertura. Gli ediici costruiti con il sistema trilitico sono in genere delimitati da piani orizzontali e verticali dall’andamento rettilineo [● ig. 20]. Il sistema archivoltato, ossia con coperture a volta, si è sviluppato sulla base dell’arco; in questi ediici sono pertanto presenti forme curve e dinamiche [● ig. 21]. Il sistema a telaio può essere costituito da uno scheletro portante in ferro o acciaio in cui strutture prefabbricate sono unite da giunti nodali; oppure può essere realizzato in calcestruzzo armato. Questo sistema consente grande libertà nella realizzazione di ogni forma architettonica poiché gli ediici non necessitano più di muri perimetrali portanti [● ig. 22].
20 Costruzioni trilitiche del Neolitico a Stonehenge (Regno Unito). 21 La basilica di Santa Soia, a Istanbul, si basa sul sistema archivoltato. 22 I volumi complessi del Bellevue Art Museum a Washington (USA), ediicato tra il 1999 e il 2001.
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Schema-guida per l’analisi di opere architettoniche DATI PRELIMINARI Attribuzione Tipologia edilizia Datazione Collocazione Eventuali modiiche
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Chi ha progettato l’ediicio? A quale tipologia architettonica (chiesa, tempio, aniteatro ecc.) appartiene l’ediicio? L’ediicio ha una particolare denominazione? Quando è stato costruito? Dove è stato costruito? L’ediicio ha mantenuto nel tempo il suo aspetto e la sua funzione originari o ha subìto trasformazioni?
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Con quali materiali è stato costruito l’ediicio? Quale sistema costruttivo è stato usato? In quale scala è stato costruito l’ediicio rispetto alle dimensioni umane? Come appare rispetto all’ambiente in cui è inserito? Il colore ha un ruolo importante o marginale? Che tipo di colori sono stati usati e che cosa esprimono? Che caratteristiche ha la pianta dell’ediicio (simmetrica, modulare, semplice o complessa)? In quali particolari direzioni si articola lo spazio interno? La composizione architettonica è regolata da particolari criteri di simmetria, ritmo o modularità? Quale andamento prevalente (verticale, orizzontale, curvilineo ecc.) hanno i volumi esterni dell’ediicio? Esiste una facciata principale? Le masse dell’ediicio sono compatte, lineari, mosse, plastiche? Come sono disposte le aperture (porte e inestre) e quali sono le loro caratteristiche estetiche? Nell’ediicio sono presenti elementi decorativi (texture, linee, cornici)? Che cosa esprimono gli spazi interni e i volumi esterni dell’ediicio (leggerezza, forza, dinamismo, armonia ecc.)?
OSSERVARE Materiali e sistemi costruttivi Dimensioni Colore Composizione
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COMPRENDERE Rapporto forma-funzione
Architetto Contesto storico-culturale
VALUTAZIONE CRITICA
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Come sono organizzati gli spazi interni rispetto alla loro funzione? Le forme dell’ediicio rispondono alla sua funzione? Le forme dell’ediicio hanno particolari signiicati simbolici? Quali sono i caratteri fondamentali della personalità e dello stile dell’architetto? In quale stile o corrente architettonica si colloca l’autore? Chi è il committente dell’ediicio? Perché ne è stata richiesta la costruzione? In quale contesto storico-culturale è stato realizzato? Quali aspetti legano l’ediicio allo stile e alla tradizione architettonica dell’epoca?
• C he tipo di rapporto esiste tra l’espressività delle forme e dello spazio architettonico e la funzione dell’ediicio? • Q ual è il signiicato culturale complessivo dell’opera in relazione al contesto dell’epoca?
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Unità 1 L’arte dell’Alto Medioevo 2
Arte barbarica e arte cristiana
1 Fibula a forma di aquila, ine V- inizio VI secolo. Dal tesoro di Domagnano, oro con smalti cloisonnés e pietre incastonate, h cm 12. Norimberga, Germanisches Nationalmuseum. 2 Coperta dell’Evangeliario di Teodolinda, ine VI-inizio VII secolo. Oro, pietre preziose, perle, granati, pasta vitrea, sei cammei antichi, due in diaspro del 1773 e smalti cloisonnés, 33,8×52,5. Monza, Museo e Tesoro del Duomo. 3 Cristo in trono, dal Libro di Kells, VIII - inizio IX secolo. Miniatura su pergamena, cm 33×25. Dublino, Trinity College.
Caduto l’Impero Romano, la scena artistica dell’Occidente fu inizialmente dominata dal gusto barbarico. Essendo nomadi, le popolazioni dette «barbare» avevano sviluppato tecniche applicabili a oggetti facilmente trasportabili, come la scultura in legno e soprattutto l’oreiceria [● Analisi dell’opera]. Gli artisti orai crearono rafinati oggetti in oro e argento: pendagli, collane, ibule, ornamenti da sella, spade, pugnali, caratterizzati da una decorazione molto itta [● ig. 1]. Questa era basata su motivi geometrici e sull’intreccio di elementi naturali stilizzati: forme animali o vegetali deformate ino a diventare lunghi nastri aggrovigliati sull’intera supericie dell’oggetto. Ogni popolo aveva il proprio stile, tutti però amavano questi schemi complicati, che spesso includevano animali fantastici. In seguito, le caratteristiche dell’arte barbarica si fusero con quelle dell’arte cristiana, creando una frattura con la tradizione classica greco-romana. I motivi a intreccio, con nuovi signiicati simbolici, apparvero nella decorazione architettonica, nei pannelli degli altari, nei sarcofagi, nelle coperture degli evangeliari e nei codici miniati [● ig. 3]. L’arte dei Longobardi, che conquistarono buona parte della penisola italiana convertendosi rapidamente al cattolicesimo, costituisce un esempio signiicativo di questa fusione di elementi. La coperta dell’Evangeliario di Teodolinda [● ig. 2], per esempio, mostra le tipiche tec-
niche di lavorazione dell’oreiceria longobarda (pietre levigate e incastonate su lamine d’oro, cornici decorative ad alveoli, e smalti policromi) volte a creare il motivo simbolico della croce gemmata. Anche l’altare del duca Ratchis [● ig. 4], testimonia i metodi di rappresentazione artistica dei Longobardi, in cui il linearismo e la bibimensionalità delle igure si uniscono all’hòrror vàcui (paura del vuoto), ossia alla tendenza a riempire con elementi decorativi e simbolici tutti gli spazi disponibili. Tuttavia i modelli classici riafiorarono in modo deciso nell’arte carolingia, nata alla 3
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13 Arte barbarica e arte cristiana 5
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4 Altare di Ratchis, particolare con adorazione dei Magi, 737-744. Pietra d’Istria, cm 145×90×88. Cividale del Friuli, Museo Cristiano. 5 La Cappella Palatina nel Palazzo Imperiale di Aquisgrana, 790-805. 6 Vuolvinio, altare di Sant’Ambrogio, particolare, 824-859 ca. Riquadrate da cornici in iligrana arricchite da pietre e smalti, le formelle narrano, seguendo un ritmo continuo, episodi della vita di Gesù. Qui è raigurato il paliotto dell’altare maggiore, lato posteriore, che mostra l’apparizione dell’angelo a sant’Ambrogio.
corte di Carlo Magno e diffusa ino al x secolo. Carlo Magno, considerandosi successore degli imperatori romani, volle esprimere tale continuità promuovendo una politica di «rinascita» del classicismo. In arte questo determinò il recupero di forme e modelli dell’architettura cristiana più antica (paleocristiana e bizantina, a loro volta derivate da modelli romani) e la ripresa di elementi tipicamente romani, come la prevalenza della igura umana, il gusto per la narrazione e l’equilibrio compositivo. La Cappella Palatina di Aquisgrana, per esempio, fu costruita prendendo come modelli sia l’architettura imperiale romana, sia la basilica di San Vitale a Ravenna, in modo da sottolineare l’ideale continuità dell’impero di Carlo Magno con quello romano [● ig. 5].
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Analisi dell’opera
La Corona Ferrea Denominazione: Corona Ferrea (o del Ferro) Datazione: V-VI secolo Materiali: oro, argento, gemme e smalti Dimensioni: diametro cm 15 Collocazione: Monza, Tesoro del Duomo
La Corona Ferrea faceva parte di un tesoro medievale (un insieme di oggetti di oreiceria donati alle chiese).
Secondo un’antica tradizione, sarebbe non solo una splendida opera di oreiceria, ma anche una preziosa reliquia. In essa, infatti, è presente una fascia metallica, per secoli ritenuta di ferro forgiato con uno dei chiodi della croce di Cristo.
I materiali Recenti analisi chimiche, indagini soisticate e studi hanno condotto a importanti scoperte: la fascia metallica non è di ferro, ma di argento puro e le gemme non sono tutte preziose. In base a queste analisi, la Corona risulta oggi databile al V-VI secolo, e in particolare al periodo ostrogoto; passò in seguito ai Longobardi e fu poi ripresa in età carolingia (VIII-IX secolo).
La lavorazione La Corona è composta da sei placche rettangolari d’oro, leggermente incurvate, decorate con gemme, rosette auree e smalti. Ogni placca è distinta in due parti: una ila verticale di tre gemme; uno spazio rettangolare con quattro rosette d’oro, disposte intorno a un cabochon centrale (una pietra dalla supericie arrotondata e non sfaccettata, tipica dell’oreiceria medievale) e quattro piastrine smaltate agli angoli. I colori sono diversi e vivaci: dai rosa ai rossi ai viola agli azzurri trasparenti, ino ai verdi, ai blu e al bianco degli smalti. All’interno si notano l’oro e la fascia metallica anulare che collega le placche.
Un simbolo del potere L’origine del manufatto rimane avvolta nel mistero poiché alcuni dettagli si prestano a diverse interpretazioni, tra loro contrastanti. Le dimensioni ridotte suggeriscono che in origine vi fosse almeno un’altra placca; la Corona fu probabilmente smontata e ricomposta nel corso dei secoli e non è escluso che una parte di essa possa risalire al periodo costantiniano. La celebrità e l’importanza storica dell’opera restano comunque indiscusse: la Corona è un capolavoro di oreiceria barbarica, con valenze religiose e simboliche. Per secoli fu venerata come preziosa reliquia del Sacro Chiodo, e fu inoltre simbolo del potere regio, o imperiale, conferito da Dio. Fin dall’età medievale, tutti i re d’Italia vennero incoronati con essa, ino a Napoleone. Nell’arte altomedievale, infatti, l’utilizzo di oro e gemme preziose per croci, reliquiari o corone votive esprimeva simbolicamente il valore sacrale, religioso dell’opera d’arte, dedicata sempre e totalmente a Dio.
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Unità 2 L’arte romanica
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La chiesa romanica Tra l’xi e il xii secolo in Europa sorsero numerose chiese, cattedrali e abbazie che, nonostante le numerose varianti locali, ebbero in comune l’aspetto robusto e la ripresa – dopo secoli di abbandono – delle tecniche costruttive romane. Nella loro struttura, le masse piene dei muri prevalevano sui vuoti e sulle aperture. Le chiese romaniche potevano avere la facciata a capanna [● ig. 1] o a salienti, ossia con il coronamento del tetto che segue il proilo delle navate interne [● ig. 2]. L’interno era suddiviso in tre navate, di cui quella centrale più ampia; una navata trasversale, detta tran1 Chiesa di San Michele Maggiore, secolo. Pavia, facciata a capanna. 2 Chiesa di San Zeno, XII secolo. Verona, facciata a salienti. 3 La sezione della chiesa evidenzia i tre livelli dell’ediicio: la cripta (1), il pavimento delle navate (2) e il presbiterio (3). 4 Basilica di Sant’Ambrogio, XI-XII secolo. Milano, interno con volte a crociera.
setto, dava alla pianta dell’ediicio la forma di una croce. La chiesa romanica si sviluppava inoltre su tre livelli: la cripta, nell’interrato, dove erano riposte le reliquie del santo cui la chiesa era dedicata; il pavimento delle navate, dove si muovevano i fedeli; il presbiterio, più in alto, dove era collocato l’altare [● ig. 3]. Le mura erano dotate di poche aperture. Gli architetti romanici recuperarono il sistema archivoltato romano; riapparvero così la volta a crociera [● ig. 4] e l’arco a tutto sesto. Il modulo base della chiesa romanica divenne la campata; la successione delle campate in ogni navata garantiva armonia e ritmo
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XI-XII
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17 La igurazione al servizio dell’architettura
all’interno della chiesa. L’arco a tutto sesto divenne anche all’esterno l’elemento strutturale e decorativo fondamentale, ripetuto nei portali, nelle logge, nel susseguirsi di archi ciechi e di archetti pensili sull’intero perimetro di questi ediici.
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Le varianti regionali del Romanico in Italia Poiché il Romanico non ebbe uno sviluppo lineare (non nacque cioè in un luogo determinato e in un momento preciso per diffondersi nel resto d’Europa), conobbe numerose varianti locali nei diversi Paesi. In Italia, il Romanico si affermò nella sua forma più pura nell’area lombardo-emiliana. Altrove si mescolò con le tradizioni locali. A Firenze si predilessero le forme rigorosamente geometriche [● ig. 5], in cui logge e archi ciechi erano resi da giochi cromatici di marmi diversi. A Pisa si sviluppò un motivo di ordini di gallerie sovrapposte che «svuotarono» le superici murarie [● ig. 6]. Nell’Italia meridionale, soprattutto in Sicilia, il Romanico si arricchì di elementi arabi, bizantini e normanni, e nelle decorazioni prevalse l’uso del mosaico. Altre differenze furono determinate dalle funzioni dell’ediicio. Le abbazie costruite lungo le vie di pellegrinaggio, per esempio, avevano chiese prive di cripta in cui l’abside era circondata da una serie di cappelle che accoglievano le reliquie dei santi, per facilitare l’accesso ai pellegrini [● ig. 7]. 6
La igurazione al servizio dell’architettura La igurazione romanica si sviluppò in funzione dell’architettura. Le chiese furono completate da immagini di contenuto sacro e pensate come mezzi per trasformare le superici in immense pagine dipinte e scolpite, una sorta di «bibbia igurata» destinata ad avvicinare anche i fedeli analfabeti (la maggior parte) alla parola di Dio. Da questa inalità didattica derivarono gli elementi tipici della igurazione romanica: chiarezza nella narrazione, sempliicazione delle forme, prevalere delle figure sull’ambiente.
5 San Miniato al Monte, XI-XII secolo. Firenze. 6 Buscheto, Rainaldo e Guglielmo, cattedrale di Santa Maria Assunta, duomo di Pisa, XI-XII secolo. Pisa, Campo dei Miracoli. 7 Abbazia di Sant’Antimo, veduta absidale, XII secolo. Castelnuovo dell’Abate (Siena).
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1 Il duomo di Modena
Analisi dell’opera
Architetto: Lanfranco Denominazione: cattedrale di San Geminiano, duomo di Modena
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I
l duomo di Modena è tra gli esempi più signiicativi di architettura romanica in Europa. L’ediicio, orientato verso est, sorge nel centro della città, aiancato alla piazza del mercato.
Datazione: 1099-1106 Collocazione: Modena
L’interno La pianta è allungata, divisa in tre navate che si concludono con tre absidi. Le navate sono formate da campate modulari. Le mura perimetrali, dall’aspetto possente, sono alleggerite da trifore in corrispondenza dei inti matronei e delle inestre.
L’esterno La facciata ha un proilo a
L’apparato decorativo
salienti suddiviso in tre parti da robusti contraforti, dai quali si intuiscono le dimensioni delle navate. Il portale centrale è protetto da un protiro retto da leoni stilofori. Le mura sono alleggerite da una galleria formata da archi ciechi sorretti da sottili colonne addossate alle pareti. Anche gli archetti pensili che sottolineano le cornici sono tipicamente romanici. Tutti questi elementi percorrono l’intero perimetro dell’ediicio contribuendo a costruire una struttura architettonica armonica, organica e articolata..
La scultura è parte integrante dell’architettura, sia all’interno sia all’esterno. I soggetti sono vari e sono posti non a caso in corrispondenza di molti elementi architettonici (archetti, cornici, portali, contraforti). Oltre alle storie della Genesi scolpite da Wiligelmo [● Analisi dell’opera 2], sono rappresentati anche soggetti profani, come le storie di re Artù, favole classiche, i lavori agricoli scanditi dalle stagioni, i segni zodiacali, esseri mostruosi o fantastici.
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23 I caratteri espressivi e simbolici dell’arte gotica 5
I caratteri espressivi e simbolici dell’arte gotica Le cattedrali gotiche si distinsero per la leggerezza, il verticalismo e il dinamismo. La leggerezza fu determinata soprattutto dall’apertura di grandi inestre con vetrate istoriate che, oltre a illuminare l’interno della cattedrale, sim7 boleggiavano la presenza divina. Il verticalismo dipese dalla straordinaria altezza degli ediici [● fig. 5], sottolineata da numerosi elementi architettonici. Questa costante ricerca di slancio verso l’alto rappresentava l’anelito verso Dio. All’interno [● ig. 6], il verticalismo fu evidenziato da fasci di colonnine che partivano dai pilastri, proseguivano sulle pareti e si diramavano in prossimità della volta, dove formavano una specie di rete. Il senso di dinamismo
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fu suggerito dalla rapida successione di numerose campate. Le cattedrali erano inoltre decorate, sia all’interno sia all’esterno, da una moltitudine di igure scolpite, spesso statue-colonna [● ig. 7]. I soggetti riprodotti erano di carattere sacro o tratti dall’osservazione della natura e dall’arte antica.
5 La veduta dal basso della cattedrale di Reims (XIII secolo) permette di osservare la continuità tra gli elementi che costituiscono i pilastri e le nervature delle volte. 6 Vetrate nella Sainte-Chapelle, XIII secolo. Parigi. Lo scheletro strutturale dell’ediicio consentì di sostituire completamente le pareti con grandi vetrate colorate. 7 Cattedrale di Chartres, il Portale dei Re nella facciata principale. XII-XIII secolo.
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Unità 3 L’arte gotica
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8 Duomo di Siena, XIII-XIV secolo. L’ediicio è un simbolo della ricchezza della città, espressa attraverso una decorazione difusa nella facciata. 9 Palazzo della Signoria a Firenze, 1299-1314. Nelle diverse città la tipologia del palazzo pubblico fu rielaborata in base alla tradizione locale. Generalmente tutti ripresero i tratti fondamentali dello stile gotico (lo slancio verticale delle torri campanarie e l’uso dell’arco acuto); ma mentre alcuni ediici, come quello iorentino, assunsero l’aspetto severo delle antiche fortezze grazie ai volumi compatti, altri risultarono più leggeri e luminosi.
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Il Gotico in Italia
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In Italia lo stile gotico si diffuse a partire dal xiii secolo e assunse forme più semplici rispetto ai modelli francesi, grazie al permanere di una forte inluenza dell’arte classica. Gli ediici, comprese le grandi cattedrali, non raggiunsero mai le dimensioni e il verticalismo di quelli francesi, ma si limitarono ad adottare elementi tipicamente gotici, come l’arco a sesto acuto e le volte ogivali, e ad accentuare la decorazione delle facciate, come nel caso del duomo di Siena [● ig. 8]. Lo stile gotico ebbe invece notevole sviluppo nell’architettura civile [palazzi pubblici, abitazioni ecc. ● ig. 9]. In scultura si distinsero le igure di Giovanni e Nicola Pisano [● Analisi dell’opera 1] e in pittura quella di Giotto [● Analisi dell’opera 2], forse i più grandi artisti europei del tempo. Essi non imitarono i modelli d’oltralpe, ma li rielaborarono dando origine a un originale linguaggio gotico poi ripreso nel resto d’Europa. Giotto (1267?-1337) lavorò per importanti committenti ad Assisi, Firenze, Roma, Padova, Napoli. Il suo linguaggio fu particolarmente apprezzato dall’ordine dei francescani perché si adattava alle loro esigenze di semplicità. La sua opera fu molto innovativa: non più esseri umani astratti e schematici, ma uomini ben proporzionati e modellati dalla luce e dall’ombra, sembravano muoversi nei suoi dipinti come persone reali in uno spazio tridimensionale; ambienti e paesaggi semplici ma concreti sostituirono gli irreali sfondi d’oro della tradizione bizantina e medievale. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
1 Giovanni Pisano, Strage degli innocenti
Analisi dell’opera
Autore: Giovanni Pisano Titolo: Strage degli innocenti Datazione: 1302-1310 Materiale: marmo Dimensioni: cm 83×112 (h totale del pulpito cm 433) Collocazione: Pisa, pulpito del duomo
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el 1302 l’Opera del Duomo di Pisa commissionò allo scultore Giovanni Pisano un nuovo pulpito per la cattedrale. L’artista realizzò un’opera esemplare del Gotico italiano, nella quale la scena raigurante la Strage degli innocenti è particolarmente signiicativa.
I contenuti Il re Erode, in alto, è raigurato mentre dà l’ordine di uccidere i bambini; il suo atteggiamento è inlessibile. Il resto dello spazio è occupato dalla narrazione della strage: madri piangenti cercano di strappare i igli ai carneici o piangono addolorate, mentre alcuni cadaveri giacciono a terra.
La tecnica, lo stile La drammaticità della scena è accentuata dal dinamismo, dalla vivacità dell’azione e dai forti contrasti chiaroscurali determinati dalla notevole sporgenza dell’altorilievo. Lo spazio è concepito in modo tipicamente medievale: lo stesso perimetro comprende momenti successivi e manca una visione prospettica. La scultura è caratterizzata dall’attenzione ai dettagli realistici e da un’espressività spesso drammatica, ma anche da un’eleganza tipicamente gotica.
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2 Giotto, Ciclo di afreschi ad Assisi
Analisi dell’opera
Autore: Giotto Denominazione: Ciclo della vita di san Francesco Datazione: 1295-1299 Tecnica: Afresco Dimensioni: cm 270×230 ca per ogni scena Collocazione: Assisi, chiesa superiore della basilica di San Francesco
L
e pareti della navata centrale della chiesa superiore di Assisi furono decorate da Giotto con l’aiuto di numerosi collaboratori. Nelle 28 scene, disposte in sequenza da sinistra a destra, si narrano le principali vicende della vita di san Francesco con uno stile, per l’epoca, rivoluzionario.
Lo spazio Le scene sono incorniciate da elementi architettonici che creano un efetto di profondità, dando all’osservatore l’impressione di trovarsi di fronte a un porticato. Ogni riquadro è costruito come una sorta di scatola priva della parete frontale, all’interno della quale sono collocate architetture, elementi naturali e igure. L’inclinazione degli ediici suggerisce eicacemente la profondità; le linee oblique che raigurano il pavimento e le pareti anticipano soluzioni rinascimentali, come si vede nella scena La predica davanti a papa Onorio III. La disposizione dei personaggi, ben modellati dal chiaroscuro e in parte sovrapposti lungo linee di profondità oblique, e la posizione del papa, seduto in trono ma non frontale, accentuano la percezione di tridimensionalità.
Il realismo Il volume dei corpi e le pose naturali dei personaggi sono innovativi rispetto alle pose rigide e bidimensionali bizantine e gotiche. Le architetture hanno lati obliqui; i paesaggi naturali, con cieli azzurri e pendii scoscesi, suggeriscono la volontà di rappresentare in modo più attento la realtà terrena.
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Unità 4 L’arte del Primo Rinascimento 1 Firenze, la facciata della chiesa di Santa Maria Novella, progettata da Leon Battista Alberti (1439-1470), è studiata partendo dalla forma perfetta del quadrato (la sua larghezza è infatti pari alla sua altezza) e dalla sua suddivisione modulare. 2 Donatello, Monumento equestre del condottiero Gattamelata, 1446-1453 ca. Bronzo, cm 340×390. Padova. La statua equestre celebra un condottiero del tempo riprendendo i modelli della statuaria antica.
L’arte del Primo Rinascimento
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Il rinnovamento dell’arte nell’Europa del Quattrocento partì dalle aree economicamente più progredite: Firenze e le Fiandre. Gli artisti iorentini e iamminghi posero al centro delle loro ricerche il mondo reale e l’uomo, mentre nel resto del continente lo stile gotico internazionale continuava a rappresentare un mondo di sogno rafinato e cavalleresco. A Firenze gli artisti vollero dare un fondamento scientiico al proprio lavoro: cercarono cioè di comprendere la realtà e di scoprirne le leggi, per realizzare opere d’arte che rispecchiassero l’armonia e la perfezione della natura. Studiarono pertanto i meccanismi della visione della profondità, che portarono all’elaborazione della prospettiva lineare (un nuovo sistema di rappresentazione dello spazio), e le scienze esatte come la matematica e la geometria, che permisero loro di ottenere opere armoniose attraverso la simmetria e l’uso di forme pure [● ig. 1]. Nello stesso tempo, gli artisti presero come modello l’arte classica, analizzandone sculture ed ediici per comprendere le regole che determinavano il loro equilibrio e senso di perfezione. La centralità dell’uomo portò gli artisti a studiare l’anatomia umana ma anche quella animale e vegetale, per poter rappresentare in modo credibile tutti gli elementi della natura [● ig. 2]. Soprattutto nelle Fiandre, pittori e scultori si concentrarono sull’osservazione della realtà per riprodurla in modo fedele in nei minimi dettagli. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
29 La prospettiva 3
La prospettiva All’inizio del Quattrocento a Firenze fu elaborata la prospettiva lineare, un metodo di rappresentazione rivoluzionario che investì tutte le arti. Essa consisteva in un insieme di regole scientiiche utili per riprodurre oggetti a tre dimensioni su una supericie piana; divenne cioè possibile creare l’illusione della profondità, dei volumi e dello spazio, facendo convergere le linee di profondità in un unico punto di fuga collocato sulla linea dell’orizzonte, ossia all’altezza dell’occhio dell’osservatore. La prospettiva permise anche di dare le giuste dimensioni agli oggetti e alle igure collocati su vari piani di profondità [● ig. 3]. Fu l’architetto Filippo Brunelleschi (1377-1446) a «inventare» questo sistema matematico-geometrico, in qualche modo ispirato all’idea della centralità dell’uomo: esso garantiva infatti alla rappresentazione
un ordine razionale (come la mente con i pensieri), una suddivisione simmetrica (come nel corpo umano), una distinzione chiara della profondità [come nell’esperienza visiva quotidiana ● ig. 4]. Leon Battista Alberti fu importantissimo nell’elaborazione del metodo prospettico e nella sua diffusione attraverso la pubblicazione di un trattato intitolato De Pictura.
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3 Andrea del Castagno, Ultima cena, 1445-1450. Afresco, cm 975×453. Firenze, Museo del Cenacolo di Sant’Apollonia. Le linee oblique delle pareti e dei cassettoni del soitto convergono verso il punto di fuga prospettico centrale. 4 Piero della Francesca, Annunciazione, particolare dal Polittico di Sant’Antonio, 1460-1470. Tecnica mista su tavola, cm 338×230. Perugia, Galleria Nazionale dell’Umbria. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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Unità 4 L’arte del Primo Rinascimento
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5 Filippo Brunelleschi, cupola di Santa Maria del Fiore, 1420-1436. Firenze. 6 Firenze, chiesa di San Lorenzo, xv secolo, interno, progettato da Filippo Brunelleschi. 7 Mantova, chiesa di Sant’Andrea, facciata, realizzata su progetto di Leon Battista Alberti nel 1470.
L’architettura Gli architetti rinascimentali abbandonarono il verticalismo e il dinamismo tipici dello stile gotico in favore di un linguaggio più misurato e composto. Essi cioè smisero di tendere all’ascesa verso il cielo e progettarono ediici e tessuti urbani ordinati e proporzionati, destinati a rilettere le certezze dell’uomo contemporaneo. Quest’ultimo aveva infatti ritrovato il proprio ruolo nel mondo, e vivere in un ambiente equilibrato e armonioso, a «misura d’uomo», lo faceva sentire a proprio agio. Brunelleschi avvertì per primo questa esigenza e si recò a Roma per studiare i monumenti antichi: attratto dalla loro rigorosa armonia, cercò di carpirne i segreti, analizzandone stili e tecniche costruttive. Questo gli permise di realizzare, grazie allo studio della cupola del Pantheon, la grande cupola di San-
ta Maria del Fiore, che ediicò con una tecnica innovativa che non necessitava delle tradizionali impalcature di legno [● ig. 5]. Più in generale, Brunelleschi elaborò un nuovo linguaggio partendo dalla lezione dell’antico e dal nuovo metodo prospettico [● Analisi dell’opera 1]. Usò elementi classici come l’arco a tutto sesto, che sostituì quello a sesto acuto tipico del Gotico, e colonne e cornici per suddividere geometricamente facciate e interni; inoltre calcolò rapporti proporzionali armonici, moltiplicando un modulo base [● ig. 6]. Inine, la prospettiva lo portò a prediligere forme geometriche perfette (cerchio, quadrato), da sviluppare in volumi puri (cubo, sfera). In questo modo, l’ediicio manifestava l’ordine razionale, ossia la struttura geometrica che lo regolava, rendendolo «misurabile» a colpo d’occhio, come richiesto dalla mentalità del tempo. Anche Leon Battista Alberti (1406-1472) ebbe un ruolo importante nella deinizione del nuovo linguaggio architettonico. Architetto e teorico, scrisse diversi trattati per codiicare la scoperta della prospettiva lineare e issare le nuove regole costruttive. Come Brunelleschi, studiò approfonditamente l’architettura classica: amava soprattutto la monumentalità degli ediici antichi, e cercò di trasportare questa caratteristica negli ediici del suo tempo [● ig. 7]. 7
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31 La pittura del Primo Rinascimento 8
La pittura del Primo Rinascimento Il pensiero umanistico, le nuove regole prospettiche e lo studio dell’anatomia inluenzarono anche la pittura. Il primo innovatore fu il iorentino Masaccio (1401-1428), che deinì in modo realistico il volume dei corpi, le espressioni dei personaggi e i paesaggi naturali e architettonici [● Analisi dell’opera 2 ● ig. 8]. Con estremo rigore, Masaccio costruisce l’impianto prospet9 tico dei suoi dipinti, verifica l’anatomia delle figure, illumina le forme e ne proietta le ombre in base allo studio della luce naturale, giungendo a un risultato molto verosimile. L’impressione è che il pittore abbia voluto «umanizzare» la sfera del divino e innalzare l’essere uma-
no, così che gli spettatori si sentissero parte della storia cristiana. La scoperta del metodo prospettico coinvolse anche artisti vicini al gusto gotico, come Beato Angelico (1395 ca - 1455) e Paolo Uccello (1397-1475), detti «artisti di mediazione» perché il loro linguaggio consisteva in una sintesi di tradizione gotica e novità rinascimentale [● ig. 9].
8 Masaccio, Il tributo, 1425-1428. Afresco, cm 255×598. Firenze, chiesa di Santa Maria del Carmine, cappella Brancacci. 9 Beato Angelico, Annunciazione, 1450 ca. Tempera su tavola, cm 175×180. Cortona (Arezzo), Museo Diocesano. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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Unità 4 L’arte del Primo Rinascimento 10
La scultura del Primo Rinascimento Lo scultore fiorentino Donatello (13861466) applicò alla scultura il sistema prospettico e approfondì le ricerche sull’uomo e sulla realtà, sviluppando una produzione molto variegata per tecnica e temi. Durante numerosi soggiorni romani si diede allo studio della statuaria antica; tornò poi a scolpire sculture a tutto tondo, cercando di raggiungere la perfezione nelle proporzioni tipica dell’arte greca ma anche il realismo espressivo romano [● Analisi dell’opera 3 ● ig. 10].
Il secondo Quattrocento 10 Donatello, David, 1430-1450. Bronzo, cm 158×51. Firenze, Museo Nazionale del Bargello. 11 Piero della Francesca, La lagellazione di Cristo, 1460-70 ca. Tempera su tavola, cm 58,4×81,5. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. 11
Nel secondo Quattrocento l’arte rinascimentale si diffuse in Europa, ma la penisola italiana mantenne un ruolo di guida, grazie al ruolo di mecenati svolto dai vari governanti (principi, signori, papi) nelle diverse città. Gli artisti presero a spostarsi tra le varie corti, favorendo la circolazione delle idee. Per esempio, Piero della Francesca (1415 ca - 1492), nato ad Arezzo, lavorò in Toscana, a Ferrara, Rimini, Modena, Roma e Urbino. Egli approfondì lo studio dei rapporti fra luce e colore, che afiancò al suo interesse per la prospettiva [● ig. 11]. A Venezia, il pittore Antonello da Messina diffuse la tecnica della pittura a olio di origine iamminga; a Firenze, presso la corte di Lorenzo il Magniico, furono attivi numerosi artisti, fra i quali Sandro Botticelli (14451510), che utilizzò i temi della mitologia classica per esprimere contenuti filosofici complessi [● Analisi dell’opera 4].
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1 La Sagrestia Vecchia di San Lorenzo
Analisi dell’opera
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Architetto: Filippo Brunelleschi Denominazione: Sagrestia Vecchia Datazione: 1419-1429 Collocazione: Firenze, San Lorenzo
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a Sagrestia Vecchia fu aggiunta alla preesistente chiesa di San Lorenzo su progetto di Filippo Brunelleschi, commissionato dalla famiglia Medici. La Sagrestia Vecchia, nonostante le piccole dimensioni, è considerata un modello dell’architettura rinascimentale, sia per la sua perfezione formale, sia per il suo carattere innovativo rispetto allo stile gotico dominante a quel tempo.
Le forme geometriche La sagrestia è costituita da un ambiente principale a forma cubica, sormontato da una cupola semisferica, e da un piccolo vano, anch’esso a pianta quadrata, che accoglie l’altare. Una cornice orizzontale divide a metà ogni parete, e la parte superiore delle pareti si conclude con un arco. L’intero ediicio è progettato come moltiplicazione di un modulo costituito da un quadrato con lato di circa 6 m. L’altezza delle pareti, il raggio delle arcate e il raggio della cupola maggiore hanno tutti le dimensioni di un modulo. La bicromia esalta le forme geometriche evidenziando le linee verticali e orizzontali che creano una gabbia prospettica che rende facilmente comprensibile e misurabile lo spazio architettonico.
La misura dell’uomo Il quadrato e il cerchio da cui si generano il cubo e la sfera usati da Brunelleschi sono le forme in assoluto più pure e semplici, in grado di esprimere un grande senso di armonia. La forma semisferica svolge però anche una funzione simbolica, rimandando alla volta celeste e dunque alla perfezione divina. Le tre inestre presenti sulle pareti rimandano alla Trinità, i quattro lati del quadrato rinviano agli evangelisti. Le misure, nonostante questi rimandi ultraterreni, sono però proporzionate all’uomo, che si sente protagonista dello spazio circostante.
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2 Masaccio, Trinità
Analisi dell’opera
Autore: Masaccio Titolo: Trinità Datazione: 1426-1428 Tecnica: afresco Dimensioni: cm 667×317 Collocazione: Firenze, Santa Maria Novella, parete della navata laterale
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ella Trinità, Masaccio applica il sistema prospettico elaborato da Brunelleschi.
L’iconograia Le igure rappresentano Dio Padre, Cristo crociisso e lo Spirito Santo sotto forma di colomba; ai piedi della croce ci sono la Vergine e san Giovanni, poi i due committenti inginocchiati in preghiera e uno scheletro umano adagiato su un sarcofago. I personaggi sono raigurati all’interno di una cappella dipinta.
La prospettiva Grazie alla prospettiva centrale, l’architettura dipinta sembra sfondare la parete della navata laterale e svilupparsi in profondità. Le linee oblique di profondità che convergono verso l’asse centrale in un punto posto ai piedi della croce all’altezza dell’occhio dell’osservatore rendono perfetto l’efetto illusionistico. I personaggi sono collocati secondo regole di simmetria e di prospettiva, in modo da indicare una precisa gerarchia. Le loro sembianze non sono idealizzate; i giochi di luci e ombre le rendono tridimensionali. Un grande senso di ordine è suggerito dallo schema compositivo simmetrico, basato sulla igura del triangolo.
Il messaggio morale La collocazione delle igure rende chiaro che, per Masaccio, l’uomo è «misura di tutte le cose», tanto più che anche lo spazio architettonico è costruito in armonia con le dimensioni umane. Il divino si manifesta nell’arte proprio grazie alla rappresentazione di una realtà ideale, ordinata e geometrica, creata dalla mente dell’artista con l’aiuto della prospettiva e della simmetria.
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3 Donatello, San Giorgio
Analisi dell’opera
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Autore: Donatello Titolo: San Giorgio Datazione: 1417 ca Materiale: marmo Dimensioni: h cm 209 Collocazione: Firenze, Museo del Bargello
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a statua del San Giorgio, un santo cavaliere che indossa una pesante armatura, fu commissionata a Donatello dalla corporazione degli armaioli per una nicchia esterna di una importante chiesa iorentina. Nel basamento l’artista scolpì un rilievo rappresentante san Giorgio che traigge il drago.
La igura umana Il santo è rappresentato in una posa naturale, grazie alle minime rotazioni di testa, spalle e scudo. La igura è solidamente poggiata a terra; le gambe leggermente divaricate formano un triangolo che ha come vertice la testa. Un secondo triangolo ha come vertice la punta dello scudo, che è poggiato a terra in un punto più avanzato rispetto ai piedi, accentuando così il senso di profondità. Il santo ha uno sguardo attento rivolto verso un punto esterno e la fronte corrugata. Il volto, quindi, non appare sereno come quello dei santi medievali, ma esprime ierezza e concentrazione.
Le forme geometriche La composizione è impostata su igure geometriche semplici: i due triangoli con il vertice rivolto uno verso l’alto e uno verso il basso e l’ovale della testa e delle spalle che suggeriscono un senso di grande equilibrio che ricorda quello della statuaria classica.
L’uomo «nuovo» Il santo è colto mentre sta rilettendo, in un momento di tensione emotiva, e in un atteggiamento che sarà tipico delle rappresentazioni degli eroi lungo tutto il Rinascimento. Il San Giorgio di Donatello rappresenta quindi l’immagine dell’uomo nuovo che, grazie alle proprie capacità intellettuali, alle qualità morali e alla propria volontà, è in grado di comprendere la realtà e di agire per raggiungere il proprio scopo. Per questa statua Donatello si è ispirato alla scultura antica, fornendo una rielaborazione dell’arte classica che sarà fondamentale per la successiva arte iorentina.
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4 Botticelli, Nascita di Venere
Analisi dell’opera
Autore: Sandro Botticelli Titolo: Nascita di Venere Datazione: 1484-1486 ca Tecnica: tempera su tela Dimensioni: cm 172,5×78,5 Collocazione: Firenze, Galleria degli Uizi
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otticelli lavorò soprattutto a Firenze, sua città natale, per la corte dei Medici. La Nascita di Venere è uno dei più celebri capolavori di tutti i tempi.
Bellezza e perfezione spirituale La scena è animata da igure caratterizzate da un rainato linearismo, cura del dettaglio, leggerezza e grazia, quasi stessero danzando. La ricerca della bellezza ideale derivò a Botticelli dalla sua adesione alla ilosoia neoplatonica, elaborata presso la corte di Lorenzo il Magniico, secondo la quale anima e corpo sono distinti nell’essere umano, ma la bellezza esteriore può essere immagine di perfezione interiore, come nell’antichità classica. La bellezza ideale non esiste in natura, ma può essere raggiunta solo dall’opera d’arte, la cui contemplazione consente di elevarsi verso Dio.
Un mondo ideale Al centro della composizione, che si presenta pressoché simmetrica, appare Venere che sorge dalle acque. La postura aggraziata, le proporzioni slanciate, la straordinaria bellezza indicano che si tratta di una igura idealizzata. I piedi poggiano su una conchiglia, trasportata dal mare: essi si trovano dunque in una situazione impossibile, che accentua il senso di irrealtà. Alla destra di Venere, la igura maschile potrebbe essere il vento Zeiro, mentre quella femminile l’Aura. A sinistra, la giovane donna con l’abito a iori è stata identiicata in diverse igure: una delle Ore, la Primavera, Flora, un simbolo della maternità.
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Il Rinascimento Maturo e il Manierismo DUCATO DI MILANO
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DUCATO DI FERRARA
Genova REP. DI GENOVA REP. DI LUCCA
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DUCATO DI URBINO M
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(Genova)
Roma
Giorgione, La tempesta, 1505-1508. Olio su tela, cm 82x73. Venezia, Gallerie dell’Accademia. ri
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Bari Napoli REGNO DI SARDEGNA Cagliari
Rafaello, Ritratto di Maddalena Strozzi Doni, 1506. Olio su tavola, cm 63x45. Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina.
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REGNO DI NAPOLI
Palermo REGNO DI SICILIA
Michelangelo, cupola della chiesa di San Pietro, 1546-1564. Diam. m 42. Roma.
ra il 1480 e il 1580 ca l’arte rinascimentale conobbe due fasi distinte, che prendono il nome di «Rinascimento Maturo» e «Manierismo». Nel 1492, in seguito alla scoperta dell’America e alla morte di Lorenzo il Magniico, le città italiane videro diminuire il loro potere e la loro autonomia. Nel 1517 la Riforma protestante di Lutero incrinò la supremazia europea del papa. Fu un’epoca attraversata da conlitti religiosi, politici e commerciali; essa vide, tuttavia, dapprima il iorire del massimo splendore della civiltà rinascimentale (Rinascimento Maturo), poi una sua rielaborazione spesso in senso più elaborato e drammatico (Manierismo).
1492 Scoperta dell’America; morte di Lorenzo il Magniico.
1512-1530 Guicciardini stende i Ricordi
1513 Il principe di Machiavelli
Ti r re no
Possedimenti spagnoli
1480-1520 Rinascimento Maturo
IMPERO
DUCATO D I DI MODENA V E DUCATO N E DI PARMA Z IA SAN MARINO
Firenze
GRANDUCATO DI TOSCANA
MARCHESATO DI SALUZZO MARCHESATO DEL MONFERRATO
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Trento DUCATO DI SAVOIA Torino
5 1500
DOMINI DI CASA D’AUSTRIA
DUCATO DI MANTOVA
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REGNO DI FRANCIA
CONFEDERAZIONE SVIZZERA
Unità
M are I o ni o
1516 1a edizione dell’Orlando furioso di Ariosto
1517 Riforma protestante
1520-1590 Manierismo
1524 Pubblicazione della Mandragola di Machiavelli
1575 Gerusalemme liberata di Tasso
1600 Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
Unità 5 Il Rinascimento Maturo e il Manierismo
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1 Leonardo da Vinci, La dama con l’ermellino, 1488-1490. Olio su tavola, cm 54,4×40,3. Cracovia, Czartoryski Muzeum. 2 Rafaello, Lo sposalizio della Vergine, 1504. Olio su tavola, cm 170×117. Milano, Pinacoteca di Brera. 3 Bramante, tempietto di San Pietro in Montorio, 1508-1512. Roma.
L’arte del Rinascimento Maturo Per «Rinascimento Maturo» o «Secondo Rinascimento» si intende l’arte prodotta in Italia tra il 1480 e il 1520 ca, il periodo di massimo splendore dell’arte rinascimentale. In quest’epoca gli artisti proseguirono le ricerche sulla rappresentazione dello 3
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spazio, sulle proporzioni del corpo umano e sulla riproduzione della natura, arrivando a rafigurare un mondo idealizzato. Si ebbe quindi una svolta verso il classicismo, caratterizzata dalla ricerca di equilibrio, armonia e vitalità delle forme, elementi utili per rappresentare temi universali come il rapporto dell’uomo con la natura o con il sacro. I protagonisti del Rinascimento Maturo furono Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Bramante; essi svilupparono stili autonomi, ma lavorarono spesso ianco a ianco, soprattutto a Firenze, Milano e Roma.
Le opere igurative Nella pittura e nella scultura fu ripreso il concetto di bello ideale (isico e morale); gli artisti si impegnarono per raggiungere una perfezione formale impossibile da trovare in natura. Nei ritratti essi cercarono di approfondire l’indagine psicologica, cioè di cogliere non solo i tratti somatici del soggetto ma anche la sua interiorità [● ig. 1]. Allo stesso modo, riproducendo la natura i pittori non si accontentarono più della resa precisa, ma vollero indagare le leggi che la governano o esaltare il legame di armonia che legava l’ambiente naturale all’uomo. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
39 Michelangelo 4
Le opere architettoniche Gli architetti seguirono canoni ispirati all’antichità e le regole prospettiche dei trattati quattrocenteschi, interpretandoli in modo personale. In generale, essi usarono quasi esclusivamente la pianta centrale (soprattutto circolare) come garanzia di perfezione formale; accentuarono poi l’uso di elementi classici (lesene, cornici, trabeazioni) e insistettero sulla corrispondenza tra ediici e ambiente, come per concretizzare le «città ideali» della generazione precedente [● igg. 2-3].
Leonardo Artista, scienziato e ingegnere, Leonardo da Vinci (1452-1519) si formò a Firenze e lavorò diversi anni a Milano, poi a Mantova, Venezia, di nuovo Firenze, Roma e inine in Francia. Egli elaborò un nuovo metodo di analisi scientiica della realtà. Studiò infatti con curiosità ogni aspetto della natura (corpo umano, rocce, piante, animali ecc.) e annotò su taccuini le sue osservazioni accompagnate da disegni. Per Leonardo, lo studio scientiico e l’arte erano entrambi utili per approfondire la conoscenza della natura e dell’uomo. Attraverso l’osservazione di luci e ombre, elaborò la tecnica dello sfumato: sovrapponeva velature di colore liquido e trasparente per riprodurre la gradualità dei passaggi chia-
roscurali. Applicata agli incarnati dei volti, questa tecnica ne ammorbidiva i lineamenti rendendoli vivi ed espressivi, capaci di comunicare l’interiorità del personaggio [● ig. 4]. Utilizzato nella costruzione spaziale dell’ambiente, lo sfumato permetteva di ottenere la prospettiva aerea: la profondità veniva cioè realizzata attraverso la rappresentazione della foschia presente nell’atmosfera, senza ricorrere alla prospettiva lineare [● Analisi dell’opera 1].
4 Leonardo da Vinci, L’Ultima Cena, 1495-1498. Tempera grassa su intonaco, cm 460×880. Milano, Refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie.
Michelangelo Scultore, pittore, architetto e poeta, Michelangelo (1475-1564) fu l’artista più celebrato del suo tempo. Presso la corte dei Medici, a Firenze, ebbe modo di conoscere le opere dei ilosoi neoplatonici; le forme idealizzate dell’arte antica e le teorie neoplatoniche lo portarono a sviluppare una concezione artistica opposta rispetto a quella di Leonardo. Per lui, infatti, l’arte non era uno strumento per conoscere la natura, ma per dare forma visibile a ciò che in natura non poteva esistere, cioè la perfezione [● Analisi dell’opera 2]. L’artista considerava la scultura superiore alle altre arti poiché fondata sul principio del «levare»; secondo lui il compito dello scultore era, infatti, quello di togliere materiale per liberare la igura dal blocco di pietra informe che la imprigionava. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
Unità 5 Il Rinascimento Maturo e il Manierismo
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5 Michelangelo, Sacra Famiglia (detta anche «tondo Doni»), 1504-1506 ca. Tempera su tavola, diametro cm 120. Firenze, Galleria degli Uizi. 6 Michelangelo, Giudizio Universale, 1536-1541. Afresco, m 13,7×12,2. Roma, Cappella Sistina. 7 Bramante, interno della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro, 1482-1486. Milano.
Le innovazioni michelangiolesche sono comunque particolarmente evidenti anche nella pittura. Nel «tondo Doni» [● ig. 5], per esempio, i corpi vigorosi e muscolosi paiono quasi «scolpiti» dal chiaroscuro deciso e dalla linea di contorno, mentre le pose dei corpi in torsione suggeriscono dinamismo e tensione. Nel grande affresco rafigurante il Giudizio Universale, collocato sulla parete dell’altare della Cappella Sistina, l’artista crea un senso di moto circolare attorno alla igura centrale di Cristo, rappresentando nella par-
te sinistra l’ascesa dei beati e nella parte destra la discesa agli inferi dei dannati [● ig. 6]. Un senso di dramma e terrore coinvolge tutti gli uomini: emerge in quest’opera della tarda attività di Michelangelo la religiosità tormentata della Controriforma cattolica.
Bramante 7
Architetto e pittore, Bramante (1444-1514) si formò alla corte di Urbino e lavorò soprattutto a Milano e a Roma. La ricerca dello «spazio ideale», insieme semplice e monumentale, lo portò a privilegiare la pianta centrale (circolare o a croce greca) e la copertura a cupola, cioè forme e volumi perfetti [● ig. 3]. Ciò accadde anche quando intervenne su strutture preesistenti dove, non potendo realizzare concretamente il progetto ideale, fece ricorso a illusioni prospettiche: per esempio, ricostruendo una chiesa milanese [● ig. 7] simulò l’impianto a croce greca dipingendo un «prolungamento» della navata sulla parete di fronte all’ingresso, dando così l’impressione che lo spazio interno proseguisse oltre l’altare. Solo avvicinandosi lateralmente all’altare, il visitatore si rende conto dell’inganno prospettico. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
41 Rafaello
Rafaello Appresi i rudimenti della pittura dal padre, Raffaello Sanzio (1483-1520) consolidò la propria formazione alla corte di Urbino collaborando con importanti pittori, come il Perugino. Nel 1504 si trasferì a Firenze, dove già erano presenti Leonardo e Michelangelo, di cui studiò le opere. Raffaello elaborò un apprezzato stile personale fondendo l’amore per l’ordine compositivo tipico dei pittori del Quattrocento con la perfezione dei corpi michelangioleschi e l’interesse per i moti dell’animo umano tipico delle opere di Leonardo. Ottenne così uno stile classico, caratterizzato da grandiosità e naturalezza che esprimeva un sereno equilibrio tra mondo ideale e mondo reale. Ciò è evidente nelle sue numerose variazioni sul tema Madonna con bambino, in cui la resa idealizzata dei corpi è smorzata dalla naturalezza dei gesti delle igure, spesso inserite in paesaggi dolci e armoniosi [● ig. 8]. Nel 1508, a Roma, papa Giulio II assegnò a Raffaello il compito di decorare i nuovi appartamenti vaticani. Tra le quattro stanze da lui affrescate la più signicativa è quella detta «della Segnatura» (la biblioteca papale),
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in cui Raffaello dipinse la grande scena rafigurante la Scuola di Atene che rappresenta la ilosoia [● ig. 9]. All’interno di un monumentale e simmetrico fondale architettonico, ispirato all’architettura dell’antica Ro-
8 Rafaello, Madonna del Belvedere, 1506. Olio su tavola, cm 113×88. Vienna, Kunsthistorisches Museum. 9 Rafaello, La Scuola di Atene, 1509-1511. Afresco, base m 7,7. Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura.
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43 L’arte della Controriforma 13
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una pittura colta, ricca di riferimenti mitologici e letterari [● ig. 13]. Altri ancora esplorarono strade nuove, giocando sull’idea dell’ingannevolezza della realtà: è il caso di Giuseppe Arcimboldo (1527-1593), attivo nelle corti di Vienna e Praga e autore di numerose teste composite rafiguranti ritratti o personiicazioni di elementi o stagioni (acqua, fuoco, primavera ecc.) costruite usando elementi diversi, oggetti, vegetali [● ig. 14]. In architettura l’allontanamento dal classicismo rigoroso del Rinascimento Maturo si manifestò nella ricerca di effetti scenograici: grande successo ebbero le soluzioni di Andrea Palladio (1508-1580), che spesso utilizzò trucchi ottici e combinazioni inedite di modelli antichi [● Analisi dell’opera 4]. Attivo soprattutto fra Vicenza e Venezia, riuscì a coniugare nelle sue ville le esigenze di decoro ed eleganza dei signori con quelle di funzionalità delle aziende agricole [● ig. 15]. 16
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L’arte della Controriforma Le opere manieriste, colte, rafinate e ricche di signiicati simbolici complessi furono condannate dalla Chiesa, che dopo la Controriforma afidò ai vescovi il compito di approvare le opere da esporre nelle chiese. Nella seconda metà del Cinquecento alcuni artisti dovettero subire processi intentati dal tribunale dell’Inquisizione, perché le loro opere non rispettavano pienamente i dettami della dottrina cattolica. I dipinti dovevano attenersi fedelmente all’iconograia elaborata dalla Chiesa, come dimostrano il caso dell’Ultima Cena dipinta dal Veronese, condannato a eliminare dal dipinto tutti i personaggi non contemplati dai testi sacri [● ig. 16]. Anche il Giudizio Universale di Michelangelo fu ritoccato per coprire le nudità delle igure. Nello stesso tempo l’esigenza di celebrazione della Chiesa portò alla richiesta di opere sfarzose coerenti con le nuove indicazione dottrinarie della Controriforma.
13 Parmigianino, Madonna dal collo lungo, 1532 ca. Olio su tavola, cm 216×132. Firenze, Galleria degli Uizi. 14 Giuseppe Arcimboldo, Ritratto di Rodolfo II come Vertumno, 1590 ca. Olio su tavola, cm 10,5×57,5. Stoccolma, Skoklosters Slott. 15 Andrea Palladio, villa Capra, detta anche «La rotonda», 15661591 (ultimata da altri artisti). Vicenza. 16 Veronese, Cena a casa di Levi, 1573. Olio su tela, cm 555×1280. Venezia, Gallerie dell’Accademia. Il pittore invece di ridipingere l’Ultima Cena decise di modiicarne il titolo trasformando l’opera nella Cena in casa di Levi al ine di aggirare la condanna del tribunale dell’Inquisizione.
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1 La Gioconda di Leonardo da Vinci
Analisi dell’opera
Autore: Leonardo da Vinci Titolo: Monna Lisa (La Gioconda) Datazione: 1503-1505 Tecnica: olio su tavola Dimensioni: cm 77×53 Collocazione: Parigi, Musée du Louvre
I
l ritratto fu realizzato a Firenze tra il 1503 e il 1505, e in seguito a lungo rielaborato dall’artista, che non se ne separò mai. Vi è raigurata una giovane donna seduta in una loggia aperta, la cui identità non è certa: forse si tratta di monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo (da cui il nome Gioconda). La tavola, di dimensioni ridotte, è stata dipinta con la tecnica a olio, la preferita da Leonardo, perché permetteva di sovrapporre velature di colore trasparenti e di apportare continui ritocchi.
La igura umana La igura ha la testa, il busto
Il paesaggio Il paesaggio, in cui sono riconoscibili diversi elementi (picchi rocciosi, un iume, una strada, un ponte) ha un ruolo determinante. Anch’esso è indeinito e, proprio come lo sguardo della donna, sembra mutare davanti ai nostri occhi. Leonardo ha infatti usato la prospettiva aerea per suggerire l’idea della profondità attraverso la rappresentazione dei vapori dell’atmosfera, dipinta sovrapponendo velature di colore trasparenti.
e le braccia ruotate in direzioni diverse, al ine di suggerire movimento, naturalezza e vitalità. Grazie alla tecnica dello sfumato, che rende lievi i passaggi chiaroscurali, le forme (il proilo del volto, delle mani ecc.) non sono delimitate da linee di contorno nette, ma appaiono indeinite e vaporose. Leonardo ha rappresentato non solo l’aspetto esteriore, ma anche lo stato d’animo della donna, attraverso la vitalità dello sguardo misterioso, che si rivolge in maniera quasi diretta a chi guarda il dipinto: esso sembra infatti muoversi e seguire l’osservatore, grazie allo sfumato che rende indeinita la forma delle pupille. L’espressione ambigua della donna sembra mutare continuamente anche a causa del sorriso enigmatico, che Leonardo ha dipinto alzando leggermente solo un angolo della bocca.
Dipingere la mutevolezza Nella Gioconda Leonardo non ha voluto rappresentare un ritratto semplicemente somigliante; attraverso l’espressione ambigua e indeinita ha inteso raigurare anche i moti interiori del soggetto. La mobilità dell’espressione rappresenta il continuo luire e mutare delle emozioni e dei pensieri che caratterizza l’animo umano. Anche il paesaggio sfumato e in penombra rappresenta, attraverso la foschia dell’atmosfera, il ciclo delle acque e il continuo e misterioso mutare della natura, ossia la costante trasformazione dei suoi vari elementi (animali, vegetali e minerali). Il paesaggio e la igura umana sono avvolti dalla stessa atmosfera e accomunati dallo stesso destino di lenta e continua trasformazione. Tali convinzioni sulle leggi fondamentali dell’universo furono ricavate da Leonardo mediante l’osservazione diretta di vari fenomeni della natura, come lo scorrere delle acque, la stratiicazione delle rocce, il mutare continuo delle nuvole o il luire dei liquidi nel corpo umano.
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2 Il David di Michelangelo
Analisi dell’opera
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Autore: Michelangelo Buonarroti Titolo: David Datazione: 1501-1504 Materiale: marmo Dimensioni: cm 499×199×113 Collocazione: Firenze, Galleria dell’Accademia
L’
8 settembre 1504 la statua del David, faticosamente trasportata dall’Opera del Duomo ino in Piazza della Signoria, venne mostrata ai cittadini di Firenze. Da quel giorno, milioni di persone hanno ammirato la scultura più famosa del mondo, capolavoro del Rinascimento e di uno dei suoi più geniali esponenti, Michelangelo Buonarroti. L’artista la eseguì tra il 1501 e il 1504, riuscendo a ricavare da un marmo mediocre, già intaccato e abbandonato da altri scultori, un simbolo universale della cultura e degli ideali rinascimentali.
L’eroe prima dell’azione David è un giovane eroe biblico, raigurato da numerosi artisti perché capace di sconiggere, mediante l’astuzia e l’intelligenza, il gigante nemico Golia. Michelangelo, però, decise di non rappresentare il momento successivo alla vittoria sul gigante (la cui testa, essendo stato decapitato, è solitamente raigurata ai piedi dell’eroe), bensì il momento che precede l’azione. Il volto di David, infatti, manifesta tensione e concentrazione intense: egli si accinge a colpire il gigante con la ionda che ha in mano, perciò è carico di energia. La igura mostra una corrispondenza incrociata tra gli arti superiori e inferiori: il braccio sinistro e la gamba destra sono in tensione, mentre il braccio destro e la gamba sinistra sono a riposo. Questa postura (detta «chiasma»), tipica delle statue dell’antichità classica, appare dinamica ma in perfetto equilibrio e rivela la tensione muscolare di chi sta per muoversi, pronto a scattare; tale scelta dell’artista conferisce straordinaria vitalità alla igura. Il corpo è ben proporzionato e sapientemente modellato: un nudo maschile vigoroso, muscoloso, ma anche armonico, perfetto in tutte le sue parti. Nell’opera convivono quindi il realismo e l’idealizzazione.
La bellezza simbolo di purezza Nel Rinascimento, come nell’antichità classica, la bellezza esteriore riletteva la purezza dell’animo: una muscolatura vigorosa era segno di forza, non tanto isica, quanto spirituale. Il giovane eroe vittorioso era quindi immagine della centralità dell’uomo nel Rinascimento, di valori come dignità, forza interiore, purezza morale, libertà. Sebbene rappresenti un personaggio dell’antico popolo ebraico, il David fu soprattutto un emblema della nuova Repubblica iorentina protetta da Dio, e quindi della libertà e dell’indipendenza della città. L’opera divenne immediatamente simbolo universale delle virtù civiche, identiicandosi con la forza, la coscienza, l’orgoglio del popolo di Firenze. Proprio per questo il David fu collocato di fronte all’ingresso di Palazzo Vecchio, sede del potere municipale.
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3 La volta della Cappella Sistina di Michelangelo
Analisi dell’opera
Autore: Michelangelo Buonarroti Soggetto: storie della Genesi, profeti, sibille e antenati di Cristo Datazione: 1508-1512 Tecnica: afresco Dimensioni: m 13×36 Collocazione: Città del Vaticano, Palazzi Vaticani, Cappella Sistina
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apa Giulio II commissionò a Michelangelo la decorazione della volta della Cappella Sistina. I quasi 500 metri quadrati di supericie furono interamente afrescati dall’artista, con l’aiuto di pochi garzoni. Egli vi dipinse scene e personaggi dell’Antico Testamento, mentre le pareti della cappella, già afrescate nel Quattrocento, narrano storie sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento.
La collocazione delle igure Gli episodi e le igure afrescate sono separati da cornici architettoniche dipinte che hanno la funzione di dare un ordine logico alle scene e alle igure; sia le cornici sia le igure sembrano sporgere con forza dalla parete grazie a un deciso chiaroscuro. Le scene che hanno maggiore evidenza sono quelle della fascia centrale, che narrano i principali episodi del libro della Genesi (il primo libro della Bibbia): la separazione della luce dalle tenebre, la creazione del cielo e della terra, la creazione di Adamo e così via, ino alle storie di Noè. Nei pennacchi si trovano invece monumentali igure di profeti e sibille sedute in trono (veggenti in grado di predire il futuro e la venuta di Cristo).
I personaggi La prima parte della volta dipinta da Michelangelo è quella in cui i personaggi hanno dimensioni meno monumentali e le scene sono più complesse. Nella seconda parte (quella più in basso nell’immagine) le igure hanno dimensioni decisamente maggiori e un chiaroscuro più deciso e le scene sono più semplici. Michelangelo dipinse le due metà della volta in due fasi successive; dopo aver tolto le impalcature e valutato l’efetto della prima parte, decise infatti di dare maggiore monumentalità alle scene successive. Le quasi 340 igure dipinte hanno dimensioni diverse in base alla loro collocazione e al soggetto che rappresentano, ma sono tutte rappresentate in movimento con corpi ben proporzionati, muscolosi e in torsione (le gambe rivolte da un lato e il busto o la testa dall’altro), in modo da esprimere un grande senso di bellezza, vitalità isica e tensione spirituale. Rappresentare il disegno divino Le scene e le igure rispecchiano il complesso programma teologico ideato da Michelangelo forse con l’aiuto di teologi della corte papale. Entrando nella cappella ci si trova in corrispondenza delle storie di Noè, gli ultimi episodi della Genesi, mentre procedendo verso l’altare ci si avvicina alle scene della creazione in cui è rappresentato il Creatore. La decorazione è quindi un percorso di avvicinamento a Dio, un cammino verso la salvezza. Gli afreschi vanno perciò interpretati come insegnamento e come celebrazione dell’opera di Dio, il cui massimo capolavoro era considerato l’uomo: un uomo perfetto, ideale, dipinto da Michelangelo a immagine di Dio, con una dignità superiore a quella degli altri esseri viventi. Il protagonista degli afreschi della volta è l’essere umano, rappresentato con una monumentalità nuova, con forme ideali e pose capaci di trasmettere un’impressione di forza ed energia isica e interiore, simbolo delle possibilità dell’uomo di elevarsi spiritualmente. Nel loro complesso gli afreschi della cappella intenderebbero dunque dimostrare il disegno di Dio narrando l’intera storia dell’umanità dalle origini (sulla volta) alla venuta di Cristo (sulle pareti) alla ine dei tempi (il Giudizio inale).
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4 Villa Barbaro di Palladio
Analisi dell’opera
Architetto: Andrea Palladio Tipologia: villa di campagna Datazione: iniziata nel 1556 Collocazione: Maser (Treviso)
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ndrea Palladio fu uno dei più importanti architetti e teorici del Cinquecento; progettò ediici pubblici e numerose ville per la nobiltà veneta, tra cui Villa Barbaro a Maser, commissionata dai fratelli Barbaro e iniziata nel 1556.
L’estetica razionale di Palladio Il grande successo L’eleganza e la funzionalità La villa è caratterizzata dall’estensione orizzontale della facciata, che evidenzia la sua apertura sul territorio e fu progettata in modo da utilizzare una sorgente e il relativo corso d’acqua, utili per la coltivazione ma anche piacevoli ai ini estetici e di svago. Al centro della lunga facciata orizzontale, il nucleo abitativo dei signori è sottolineato dal motivo classico del tempio antico, applicato alla facciata, con colonne giganti addossate al muro e un grande timpano: questa scelta dell’architetto dà un aspetto nobile all’ediicio. I portici laterali ad arcate, detti «barchesse», venivano utilizzati come magazzini per carri, attrezzi e prodotti agricoli, nascondendo gli ambienti di servizio. Alle due estremità della facciata, due meridiane nascondono le colombaie. Gli interni della villa sono celebri per la ricca decorazione ad afresco, eseguita da Paolo Veronese.
delle ville di Palladio fu anche determinato dalla loro economicità; infatti l’architetto sostituì i costosi rilievi e rivestimenti in pietra e marmo con fregi e decori realizzati in stucco e afreschi che imitano materiali pregiati. Villa Barbaro esempliica bene alcune caratteristiche fondamentali evidenti in tutte le ville palladiane: purezza matematica dei rapporti proporzionali, articolazione apparentemente semplice dei volumi, precisione del dettaglio, integrazione armonica con il contesto naturale, libertà compositiva. Nonostante l’ispirazione all’antico, che caratterizza l’architettura di Palladio e del Rinascimento Maturo in genere, gli ediici palladiani sono innovativi e moderni. L’adozione di tipologie, elementi e decori classici, infatti, non fu mai un limite per l’architetto, che ideò molteplici varianti, contribuendo notevolmente all’evoluzione dell’architettura italiana ed europea.
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L’età del Barocco e del Rococò
Unità
6 1600 1618-1648 Guerra dei Trent’anni 1622 Tassoni pubblica La secchia rapita 1623 Marino pubblica l’Adone 1624-1630 Galilei scrive il Dialogo sopra i due massimi sistemi 1633 Processo a Galilei 1634-1636 Basile scrive Lo cunto de li cunti
Gian Lorenzo Bernini, Estasi di santa Teresa, 1647-1652. Roma, chiesa di Santa Maria della Vittoria, cappella Cornaro.
N
ell’Europa del XVII secolo, divisa tra cattolici e protestanti, si susseguirono numerose guerre che erano al tempo stesso lotte religiose e conlitti per l’egemonia politica ed economica. Di fronte al declino della Spagna cattolica e all’ascesa dell’Inghilterra protestante, della repubblica olandese e della monarchia assoluta francese, la Chiesa di Roma e i papi ebbero un ruolo importante, commissionando chiese spettacolari per riafermare l’autorità della Santa Sede e del culto cattolico, dando grande rilievo al tribunale dell’Inquisizione per controllare intellettuali, artisti e scienziati. Nel Seicento, la scienza ebbe grande rilievo: fu elaborato il metodo sperimentale; botanici, zoologi e cartograi esplorarono nuovi mondi; si misero a punto importanti strumenti ottici, come il cannocchiale, il microscopio e la camera oscura.
1661-1715 Regno del Re Sole 1724 Metastasio pubblica la Didone abbandonata 1725 1a edizione della Scienza nuova di Vico 1730 Inizio della rivoluzione industriale inglese 1750 Goldoni scrive Il teatro comico
1750 Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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Unità 6 L’età del Barocco e del Rococò L’arte del Barocco Le diversità religiose, politiche e culturali inluenzarono anche l’arte, che fu caratte rizzata da esperienze molto varie. Nel Seicento il realismo si impose come mez zo e ine della pittura, ma si affermò anche il Barocco, un’arte teatrale e fortemen te illusionistica [● ig. 1]. Fu un secolo di grande fermen to creativo: per motivi diver si gli artisti abbandonarono la tradizione e sperimenta rono idee e linguaggi nuo vi che, grazie anche alle ri produzioni a stampa delle opere (incisioni), circolaro no rapidamente in tutta Eu ropa. Artisti attivi in ambiti culturali e geograici lontani ebbero così interessi comu ni, come il coinvolgimento emotivo dello spettatore e l’importanza at tribuita alla luce, che furono i tratti distintivi dell’arte del xvii secolo. Nel Seicento, la realtà smise di essere re legata nello sfondo dei dipinti per diventarne l’elemento centrale: fu una svolta decisiva per la pittura di quel tempo e dei secoli successivi.
1 Gian Lorenzo Bernini, Baldacchino di San Pietro, 16241643. Città del Vaticano, basilica di San Pietro. 2 Caravaggio, Canestra di frutta, 1594-1598 ca. Olio su tela, cm 46x64,5. Milano, Pinacoteca Ambrosiana. Le foglie avvizzite e la mela bacata rappresentano simbolicamente lo scorrere del tempo e il destino dell’uomo. 3 Caravaggio, Vocazione di san Matteo, 1599-1600. Olio su tela, cm 322x340. Roma, chiesa di San Luigi dei Francesi, cappella Contarelli.
Luce e realismo nella pittura di Caravaggio In Italia il realismo fu impo sto dalla pittura rivoluziona ria di Caravaggio (1571 ca 1610), che dipinse fiori e frutti come temi a sé stanti, inaugurando il genere della natura morta [● ig. 2]. Con temporaneamente egli abo lì ogni convenzione dai quadri religiosi: dipinse cioè i personaggi sacri come mai si erano visti, del tutto simi li agli umili del tempo (con tadini e popolane), con abi ti poveri e piedi nudi, senza aureola, scomposti nella po sa e con espressioni sponta nee, in modo da suggerire le loro emozioni. Le sue sce ne sacre sembravano quindi
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tratte dal presente, come se igure dipinte e osservatori fossero parte della stessa real tà [● Analisi dell’opera 1]. Sul piano espressivo, Caravaggio scelse luci e ombre come mezzi fondamentali per deinire in modo realistico la tridimensionalità di forme e volumi. Come un regista teatrale, usò la luce anche per evidenziare gli elementi o i personaggi principali della scena e l’ombra per nascondere ciò che non era indispensabile alla narrazio ne [● ig. 3]. La vita di questo artista di origine milanese trasferitosi a Roma fu segnata dal suo carattere irrequieto e rissoso. Dopo aver commesso un omicidio fu infatti costretto a fuggire da Roma, rifugiandosi a Napoli e in seguito a Malta e in Sicilia. Nel corso del xvii secolo la novità dell’arte di Caravaggio, basata sul realismo e sulla luce, fu condivisa anche da molti artisti europei.
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51 La nascita di nuovi generi 4
La nascita di nuovi generi Il realismo portò alla nascita di nuovi generi pittorici (ossia di nuovi tipi di soggetti), dedicati alla rappresentazione di situazioni e oggetti della vita quotidiana. Le nature morte rafiguravano tavole imbandite, composizio ni di iori, libri o strumenti musicali [● ig. 4], riproducendone ogni dettaglio e rendendo ne percepibili le qualità materiche (fragilità e trasparenza dei vetri, lucentezza dei metalli ecc.). Talvolta gli oggetti dipinti avevano an che signiicati simbolici. Nelle scene di genere i diversi gruppi so ciali apparivano nelle loro attività quotidia ne [● ig. 5]. Le igure non erano in posa ma 6
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parevano sorprese dal pittore in un qualsiasi momento della loro giornata: le composizio ni erano però studiate con cura, e luci, colori e prospettiva servivano ad attirare l’attenzio ne sulla realtà delle persone ritratte (condi zioni di vita, stati d’animo ecc.). Crebbe an che l’interesse per l’ambiente in sé (naturale o urbano); si dipinsero così i primi paesaggi e le prime vedute. I pittori iamminghi e olandesi, già esperti nella riproduzione fe dele della realtà, colsero per primi la poesia contenuta nei paesaggi, riproducendo i gio chi di luce nel cielo o nelle onde del mare. In Italia, dove la tradizione classica era più for te, si produssero paesaggi idealizzati, ossia
4 Jan Davidsz de Heem, Natura morta con frutti e astice, 16481649 ca. Olio su tela. Berlino, Gemäldegalerie. 5 Jan Vermeer, La lattaia, 1658 ca. Olio su tela, cm 45,4x40,6. Amsterdam, Rijksmuseum. 6 Canaletto, Il bacino di San Marco verso est, 1734-1740. Olio su tela, cm 125x204. Boston (USA), Museum of Fine Arts.
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Unità 6 L’età del Barocco e del Rococò 7
7 Andrea Pozzo, Gloria di sant’Ignazio, 1691-1694. Afresco. Roma, chiesa di Sant’Ignazio di Loyola.
meno realistici in quanto immaginati e riela borati dall’artista e «nobilitati» dalla presen za umana, o vedute di luoghi celebri per i lo ro monumenti antichi. Nel Settecento i ve dutisti, soprattutto veneziani, riprodussero anche il fermento operoso delle città, con grande realismo, prospettive profonde e luce intensa e avvolgente [● ig. 6].
Il Barocco, l’arte della meraviglia L’arte barocca nacque a Roma intorno al 1630, ma si diffuse rapidamente nell’Euro pa cattolica e nelle colonie dell’America Lati na. Era l’epoca della Controriforma: quando i protestanti accusarono la Chiesa cattolica di eccessivo sfarzo e ricchezza, i papi reagirono chiedendo agli artisti di manifestare attraver so opere ancora più fastose e monumentali il trionfo della Chiesa. Nacque così un nuovo linguaggio, capa ce di meravigliare e coinvolgere emotivamente l’osservatore; queste caratteristiche, nel contesto culturale di quel tempo, rese ro l’arte barocca un eficace strumento di propaganda per la Chiesa romana. Furono create spettacolari opere illusionistiche in grado di far percepire all’osservatore spazi
ininiti, pieni di movimento, luce e splendore come solo il mondo divino poteva essere. Gli artisti barocchi ricorsero anche alla fusione delle diverse arti: in sorprendenti opere teatrali la decorazione pittorica si fonde con la scultura e con le strutture architettoniche [● ig. 7]: per chi osserva, non è facile capire dove termina la pittura e inizia l’architettura. Per la sua eficacia persuasiva, il Ba rocco fu adottato anche da re e aristocratici europei per rinnovare le città e quindi raffor zare il loro prestigio presso il popolo. Fu pe rò nelle regge di campagna settecentesche che il «Barocco profano» raggiunse la massi ma grandiosità.
L’architettura barocca Abbandonati i rigidi schemi rinascimenta li, l’architettura barocca fu un trionfo di linee curve, spezzate o spiraliformi, piante complesse, diffuse decorazioni architetto niche (cornici, colonne, capitelli, timpani, ri lievi) e forti effetti chiaroscurali. Si impose cioè una nuova concezione dello spazio: la città e i suoi ediici erano pensati come parti di un unico spazio dilatato e avvolgente, una sequenza scenograica di lunghe vie ortogo Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
53 La teatralità di Bernini 8
nali o radiali, ampie piazze con fontane, chie se e palazzi grandiosi, coordinati tra loro e con l’ambiente [● ig. 8]. Le facciate e i muri perimetrali degli edi fici si ondularono per l’alternanza di piani concavi e convessi, generando un forte senso dinamico. L’interno era un susse 9 guirsi di vani e di decorazioni architetto niche, ricche in quantità e qualità di mate riali (marmi policromi, bronzo, stucco do rato). Nelle volte, i pittori «proseguivano» il lavoro degli architetti come per amplia re lo spazio, dipingendo inte architetture.
[● Analisi dell’opera 2]. Bernini fu protagonista anche della scultura barocca; lavorando con grande abilità tecnica materiali diversi, colse le igure sempre in movimento e nel mo mento di massima tensione emotiva.
8 Roma, scalinata di piazza di Spagna; in primo piano, la fontana di Gian Lorenzo Bernini chiamata «Barcaccia». 9 Gian Lorenzo Bernini, Sant’Andrea al Quirinale, 1658-1671, veduta della facciata. Roma.
La teatralità di Bernini Gian Lorenzo Bernini (15981680), ar chitetto, scultore, pittore e scenografo, fu il «regista» della strategia papale: incari cato di risistemare piazze e completare o progettare ediici sacri, portò nelle archi tetture i caratteri tipici delle altre arti (di namismo e plasticità della scultura, poli cromia della pittura, giochi di luce della scenograia) come per sollecitare con ogni mezzo lo stupore dell’osservatore [● ig. 9]. Questa visione grandiosa e teatrale tro vò massima espressione negli interventi eseguiti nella piazza e nella basilica San Pietro, ediicio simbolo del cattolicesimo Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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Unità 6 L’età del Barocco e del Rococò Il dinamismo di Borromini Francesco Borromini (1599-1667) sperimentò soluzioni architettoniche molto ardite (alternanza di superici concave e conves se, elementi spiraliformi) per esasperare il dinamismo degli ediici sacri. Nella sua vi sione la chiesa era una sorta di scala simbo lica, in cui ogni elemento stimolava l’occhio dell’osservatore a salire verso l’ininito e ver so Dio [● ig. 10].
L’arte del Rococò Nel corso della prima metà del Settecento, soprattutto nelle grandi regge dei monarchi europei, si diffuse il Rococò, uno stile fanta sioso che rilette il gusto della nobiltà dell’e poca, in cui le decorazioni del Barocco sono rese più lievi, rafinate ed eleganti [● ig. 11]. In architettura venne rielaborata la lezione ba rocca, con una maggiore attenzione alla fun zionalità dell’ediicio.
10 Francesco Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza, 1642-1662. Roma. 11 Giambattista Tiepolo, afreschi nella residenza del principe-vescovo di Baviera a Würzburg (Germania), 1751-1753. 11
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1 Caravaggio, Morte della Vergine
Analisi dell’opera
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Autore: Caravaggio Titolo: Morte della Vergine Datazione: 1605-1606 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 369x245 Collocazione: Parigi, Musée du Louvre
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ichelangelo Merisi, detto il Caravaggio, fu il pittore più rivoluzionario del Seicento, e uno dei principali innovatori della storia dell’arte. La Morte della Vergine, dipinta per i carmelitani scalzi di Santa Maria della Scala a Roma, fu però riiutata dai committenti stessi perché giudicata «irriverente».
La luce Una forte luce proviene da sinistra, creando decisi contrasti chiaroscurali e conferendo plasticità al pesante panneggio. Il fascio di luce diagonale ha anche una funzione narrativa, poiché guida lo sguardo dell’osservatore nello spazio ristretto e sofocante della scena, mentre l’ombra tende a nascondere ciò che l’artista ritiene irrilevante.
Il realismo Caravaggio raigurò la scena in modo La presenza degli umili La scena è popolata da personaggi sacri: gli apostoli disposti intorno alla Vergine e la Maddalena seduta in primo piano. Tutti gli uomini indossano umili vesti e sono scalzi; anche la Maddalena sembra una popolana. Tutti i personaggi manifestano esplicitamente le loro emozioni. La Vergine è riconoscibile per la sottile aureola, ma appare simile a una qualsiasi donna morta: il viso è pallido, il corpo gonio e abbandonato in modo scomposto, i piedi sono nudi.
estremamente realistico, persino crudo: i volti rugosi, i piedi scalzi e soprattutto il cadavere «vero» della Vergine denotano un’adesione alla realtà davvero sconvolgente (e sconveniente) per l’epoca, quindi inaccettabile per un soggetto sacro. Tale realismo non voleva essere irriverente: intendeva piuttosto parlare dei poveri, esaltati nei Vangeli, per esprimere lo spirito più autentico di una corrente della Controriforma che auspicava il ritorno della Chiesa alla povertà evangelica.
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2 Bernini, il colonnato di piazza San Pietro
Analisi dell’opera
Autore: Gian Lorenzo Bernini Datazione: 1656-1667 Collocazione: Città del Vaticano, piazza San Pietro
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ian Lorenzo Bernini fu incaricato da papa Alessandro VII di progettare la piazza antistante la basilica di San Pietro in Vaticano, che doveva celebrare l’universalità della Chiesa e contenere i numerosi pellegrini.
Un abbraccio universale La forma ovale esprime ed esalta il carattere universale della funzione: accogliere i pellegrini giunti da tutto il mondo. I bracci curvi del colonnato furono concepiti da Bernini per simboleggiare l’abbraccio avvolgente della Chiesa, che accoglie tutti gli uomini.
Gli spazi La piazza è composta da diversi spazi: la cosiddetta «piazza retta» di forma trapezoidale, adiacente alla facciata della basilica, e la piazza maggiore, molto ampia e di forma ovale, delimitata da due colonnati semicircolari di colonne e arricchita da due fontane e un obelisco. I corpi rettilinei danno maggiore ampiezza allo spazio e monumentalità alla basilica, esaltando la cupola michelangiolesca. I due colonnati che costituiscono i due bracci curvi presentano quattro ile di colonne doriche. L’osservatore, spostandosi all’interno della piazza, percepisce le colonne e gli spazi vuoti in modo continuamente mutevole, con prospettive sempre diverse e conseguenti efetti di «chiusura» o «apertura» dello spazio.
Le forme Per far apparire più alte e slanciate la facciata e la cupola di Michelangelo, Bernini realizzò corridoi e colonnati di modesta altezza, che appaiono comunque monumentali e grandiosi grazie all’efetto dinamico e scenograico della pianta ovale, e del diaframma ora aperto ora chiuso delle ile di colonne.
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Il Neoclassicismo e il Romanticismo
Unità
7 1751 1751 Diderot e D’Alembert pubblicano l’Enciclopedia
Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-1819. Olio su tela, cm 491×716. Parigi, Musée du Louvre.
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el Settecento, pensatori e ilosoi difusero una nuova visione del mondo, l’Illuminismo, basata sulla iducia nella ragione e nell’educazione e sul concetto di uguaglianza di tutti gli uomini. Le loro idee furono alla base delle rivoluzioni che causarono la caduta di molti monarchi assoluti. Il progresso tecnologico permise l’industrializzazione: molti contadini abbandonarono le campagne per le fabbriche cittadine, spesso però senza trovarvi lavoro; la borghesia emerse come ceto produttore di ricchezza, ma restò priva di potere politico. In Francia scoppiò la Rivoluzione (1789). L’avventura francese, che aveva avuto conseguenze anche negli altri Paesi europei, terminò con la sconitta di Waterloo. Nel 1815 il Congresso di Vienna restaurò in Europa le monarchie, avviando la Restaurazione (1815-1850 ca). Gli ideali rivoluzionari di libertà e uguaglianza, però, erano ormai radicati nell’opinione pubblica e fecero da sfondo alle numerose insurrezioni contro le monarchie restaurate. Il clima di ribellione venne alimentato dal difondersi di una sensibilità nuova, apparsa sul inire del Settecento e basata su valori come il sentimento, la fantasia, la creatività e la spiritualità. Questa riscoperta della sfera emotiva (che era stata oscurata dal culto illuminista della ragione) prese il nome di Romanticismo e investì tutti gli ambiti culturali (ilosoia, arti visive, letteratura, musica). Ciò favorì il recupero delle identità nazionali come sentimento di appartenenza culturale (lingua, usanze, costumi) e stimolò la passione politica, intesa come forza di ribellione all’ordine costituito. Conseguenza del nuovo clima fu anche la riscoperta del Medioevo; quest’epoca, vista dal Rinascimento come un periodo di imbarbarimento, venne esaltata nell’Ottocento in quanto momento cruciale per la deinizione dei caratteri nazionali dei popoli.
1761 1a rappresentazione della Trilogia della villeggiatura di Goldoni 1763 Parini pubblica Il mattino 1789 Rivoluzione francese 1801 1a edizione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo 1804 Incoronazione di Napoleone 1815 Congresso di Vienna
1821 Primi moti indipendentisti in Italia 1827 1a edizione delle Operette morali di Leopardi; 1a edizione dei Promessi sposi di Manzoni 1831 Edizione Piatti dei Canti di Leopardi
1850
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Unità 7 Il Neoclassicismo e il Romanticismo e si protrasse ino ai primi decenni dell’Ottocento. Nella sua fase più matura il Neoclassicismo divenne lo stile uficiale della Francia repub blicana e dell’Europa napoleonica e assunse una funzione politico-sociale e celebrativa: gli artisti, considerandosi «educatori», appli carono forme e temi antichi ai fatti contem poranei, come per convincere i cittadini che la lotta all’assolutismo era un ideale ritorno all’eguaglianza che regolava le epoche felici dei Greci e dei Romani. Per esempio, l’Arc du Carrousel a Parigi [● ig. 1], eretto in onore di Napoleone, riprendeva la tipologia architet tonica tipicamente romana dell’arco trionfale. Il disegno divenne il mezzo espressivo prin cipale e l’insegnamento dell’anatomia, della prospettiva e del chiaroscuro fu fondamenta le nelle accademie (scuole artistiche uficiali).
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L’architettura neoclassica 1 Parigi, Arc du Carrousel, 1806-1810. 2 Giuseppe Piermarini, Teatro alla Scala a Milano, 1776-1778.
2
L’arte del Neoclassicismo Nel secondo Settecento al linguaggio frivolo e sfarzoso del Rococò si opposero opere ispirate all’arte greco-romana. L’interesse per l’antico fu stimolato dal ritrovamento delle città romane di Ercolano e Pompei, che portò alla nascita dell’archeologia. Nell’arte conluirono i fondamenti dell’Illuminismo e le opere furono caratterizzate da razionalità, rigore compositivo e contenuti elevati: tutti caratteri propri dell’arte classica, che fu assunta come modello. Questa tendenza, detta Neoclassicismo, apparve intorno alla metà del Settecento, coinvolse tutte le arti
Gli architetti neoclassici si ispirarono al rigo re dell’architettura classica. Predilessero le superici piane e lineari, accostate in modo da generare volumi semplici e ben deiniti, e limitarono all’essenziale l’ornamentazione, costituita da elementi classici (frontoni, lese ne, colonne, trabeazioni). Cercarono cioè di combinare l’effetto di grandiosa semplicità dei monumenti antichi con i criteri di razionalità e utilità derivati dal pensiero illumi nista. Il nuovo interesse per la gente comune, infatti, fece sì che l’architettura fosse sempre più al servizio della collettività: con la stes sa attenzione si ediicarono opere celebrati ve e ospedali, scuo le, musei, ufici per la burocrazia, tea tri. In Italia l’archi tettura neoclassica si sviluppò in par ticolare nel Lombardo-Veneto, con il rinnovamento ur banistico promosso dal governo austria co: a Milano, l’ar chitetto Piermarini utilizzò questo stile in numerosi ediici e il Teatro alla Sca la [● fig. 2] divenne un modello di rife rimento. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
59 La pittura neoclassica 3
La pittura neoclassica Scultori e pittori neoclassici si assunsero il compito di educare la società, di stimolare negli osservatori rilessioni di tipo morale at traverso la visione del bello (come modello di perfezione) e della virtù (come esempio di comportamento). Per far questo si ispirarono al Classicismo: ripresero cioè temi e forme dell’arte grecoromana e li «attualizzarono», calandoli nella realtà contemporanea. I dipinti neoclassici si contraddistinsero per la chiarezza della narrazione, il disegno accurato e nitido, le ambientazioni semplici ed essenziali. I soggetti storici e mitologici antichi furono spesso utilizzati per esaltare le virtù civili e l’amor di patria, cioè per alludere agli ideali della Rivoluzione francese e dell’e tà napoleonica. Molto attivo in questo senso fu JacquesLouis David (17481825), pittore francese al servizio della Repubblica e poi dell’Impe ro [● Analisi dell’opera 2 ● ig. 3]. La morte di Marat fu dipinto per onorare il medico rivolu zionario Marat, giacobino, assassinato dai gi rondini: secondo la scelta neoclassica di non rappresentare scene d’azione violenta, ben sì i momenti precedenti o successivi, l’arti sta rafigurò Marat già morto. L’essenzialità dell’ambiente, il fondo monocromo e la po sa del protagonista, simile a quella di Cristo nelle Pietà, esaltano la dignità e la grandezza morale del personaggio. Più tardi l’interesse si concentrò sulla forma: il ine educativo non fu più afidato agli ideali rappresentati ma al la bellezza, all’armonia tra le parti dell’ope ra come esempio di perfezione possibile. In quest’opera di Ingres, per esempio [● ig. 4], l’artista non ha riferimenti storici o mitologi ci, ma si concentra piuttosto sulla perfezione formale del dipinto, attraverso l’armonia di luci, colori e forme.
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3 Jacques-Louis David, La morte di Marat, 1793. Olio su tela, cm 165×128. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts. 4 Jean-AugusteDominique Ingres, La bagnante di Valpinçon, 1808. Olio su tela, cm 146×97. Parigi, Musée du Louvre.
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Unità 7 Il Neoclassicismo e il Romanticismo 5
5 Antonio Canova, Paolina Borghese come Venere vincitrice, 18041808. Marmo, lungh. cm 200. Roma, Galleria Borghese. 6 Antonio Canova, Monumento funebre di Maria Cristina d’Austria, 1798-1805. Marmo, cm 574. Vienna, Augustinerkirche.
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La scultura neoclassica Gli scultori riiutarono l’ornamentazione, la policromia e il coinvolgimento emotivo del Barocco, tornando alla purezza delle statue classiche. Studiandole, ne assimi larono la lezione di armonia, proporzione ed eleganza. Ne riproposero, cioè, la bel lezza idealizzata delle forme e spesso i sog getti mitologici. Il massimo scultore neo classico italiano, Antonio Canova (1757 1822), utilizzò per esempio il modello di Marte paciicatore nei ritratti di Napole one e quello di Venere vincitrice per Pao lina Borghese [● ig. 5]. Più in generale, Ca nova cercò di avvicinarsi il più possibile all’ideale greco di bellezza, all’equilibrio assoluto tra naturalismo e astrazione: scol pì nel marmo igure dalle forme perfet te che non lasciavano trasparire passioni o sentimenti, così che anche l’osservato re non si sentisse emotivamente coinvolto [● Analisi dell’opera 1]. Per esempio, nel Monumento funebre di Maria Cristina d’Austria [● ig. 6], il ritratto della persona de funta è un semplice proilo del volto, in ciso a bassorilievo nel medaglione che le igure alate sembrano portare al vertice della piramide. L’intento è suggerire una rilessione sul tema della morte, non come evento individuale ma come destino inevi tabile per tutta l’umanità. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
1 Canova, Amore e Psiche
Analisi dell’opera
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Autore: Antonio Canova Titolo: Amore e Psiche Datazione: 1788-1793 Materiale: marmo Dimensioni: h cm 155, largh. cm 168, prof. cm 101 Collocazione: Parigi, Musée du Louvre
A
ntonio Canova, il principale scultore del periodo neoclassico, ha realizzato diverse statue in marmo raiguranti soggetti mitologici, tra cui il gruppo di Amore (cioè Cupido, iglio di Venere) e Psiche (che signiica «anima»). Il soggetto riprende un episodio delle Metamorfosi, scritte dall’autore latino Apuleio.
I modelli Amore e Psiche, che si contemplano
Forme in equilibrio Le due linee di forza su cui si basa la composizione hanno un andamento obliquo. Una, infatti, parte dal piede di Amore e sale ino alla punta dell’ala di destra, mentre l’altra parte dal piede di Psiche e sale ino alla punta dell’altra ala di Amore. Le teste dei due personaggi, che costituiscono il centro focale della composizione, sono messe in risalto dall’incrocio delle due linee di forza principali e dai due anelli intrecciati formati dalle braccia. Grazie a questa corrispondenza tra le linee di forza, la composizione appare equilibrata e bilanciata.
rapiti l’uno dall’altra, esprimono un senso di dolcezza e di serenità grazie alle pose aggraziate dei corpi, che sembrano siorarsi, e alle loro forme idealizzate. Le superici sono infatti perfettamente levigate e le forme morbide e semplici. Canova fa rivivere in questo gruppo scultoreo il mondo antico, sia nel tema, sia nella ricerca della bellezza. Lo scultore ha cioè rappresentato nei due corpi una bellezza e una grazia impossibili da trovare in natura. Il compito dell’opera d’arte era infatti, secondo Canova, quello di educare al bello, poiché la contemplazione del bello invitava alla ricerca della misura e dell’equilibrio morale. La bellezza e la grazia issate nel marmo da Canova sono però degli ideali a cui tendere, irraggiungibili nella realtà.
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2 David, Il giuramento degli Orazi
Analisi dell’opera
Autore: Jacques-Louis David Titolo: Il giuramento degli Orazi Datazione: 1784 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 330×425 Collocazione: Parigi, Musée du Louvre
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el 1784 Jacques-Louis David ricevette l’incarico di realizzare per il re di Francia un grande dipinto sugli Orazi. Il soggetto è tratto dalla storia antica di Roma monarchica: durante il regno di Tullo Ostilio i tre fratelli Orazi, romani, sidarono a duello i tre fratelli Curiazi, albani, per risolvere una contesa tra le rispettive città, Roma e la rivale Albalonga. I tre Curiazi morirono, mentre tra gli Orazi uno si salvò, determinando quindi la vittoria di Roma.
La composizione L’ambientazione della scena è semplice ed essenziale: l’atrio di una casa romana. Sullo sfondo vi sono archi a tutto sesto retti da colonne doriche a fusto liscio. L’opera è strutturata con rigore compositivo, con tre centri focali corrispondenti alle tre parti in cui è suddiviso lo spazio del dipinto, scandite dai tre archi retrostanti. Sulla sinistra, gli Orazi si stringono compatti, nell’atto del giuramento; al centro, il padre porge le spade, simbolicamente riunite; sulla destra la madre – che abbraccia i igli minori –, la sorella e la moglie di uno dei tre fratelli appaiono tristi e rassegnate.
I colori La scena è contraddistinta da semplicità, purezza cromatica e nitido linearismo; tuttavia, mostra anche una certa teatralità, sia per la solennità dell’azione sia per la luce che, provenendo da sinistra, illumina le igure, facendole risaltare sul fondo in penombra.
Il messaggio ideale Il giuramento degli Orazi manifesta i princìpi del Neoclassicismo pittorico, ma soprattutto intende proporre un esempio e trasmettere dei valori: esaltazione della virtù, del dovere, del rigore morale e dell’eroismo, ino all’accettazione della morte per la patria. I tre fratelli Orazi, infatti, uniti come una persona sola, giurano con coraggio di combattere per Roma, ino a vincere o a morire. Il padre, il cui ruolo importante e drammatico è sottolineato dalla posizione centrale e dal mantello rosso, è simbolo della continuità storica e sacriica i igli per un ideale civile. Le donne piangenti rappresentano gli afetti familiari, anch’essi sacriicati per un ideale più alto. La scena è solenne ma semplice e severa: allo stesso modo è semplice e rigoroso il messaggio civile, l’esempio di rettitudine morale che l’artista ofre ai suoi contemporanei, indicandolo come modello per la storia presente.
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63 La pittura del Romanticismo 7
L’arte del Romanticismo A cavallo tra i secoli xviii e xix l’arte europea registrò profondi cambiamenti. Le accademie cominciarono a organizzare regolarmente mo stremercato, liberando gli artisti dall’imposi zione dei soggetti da parte dei committenti. Questo produsse reazioni diverse: la maggior parte degli artisti (compresi i neoclassici) ac cettò l’autonomia nella scelta dei temi senza distaccarsi dalle rigide regole stilistiche dettate dalle accademie. Vi furono però alcuni «ribel li» che reagirono liberando la rappresentazione da ogni imposizione, anche formale: gli artisti romantici. L’arte romantica giunse a 8 piena maturazione negli anni tra il 1820 e il 1850; fondata sul principio della creatività individuale, fu caratterizza ta dalla varietà stilistica e te matica. La pittura fu la tec nica privilegiata, in quanto più adatta a esprimere i sentimenti. Gli artisti romantici, infatti, vollero dare forma visibile all’interiorità, agli stati d’animo; vollero cioè co municare attraverso le opere le proprie reazioni emotive rispetto sia a fatti reali (natu rali o storici), sia a eventi le gati al mondo dell’immagi nario (sogni, incubi, visioni). Sul piano espressivo si regi strò la tendenza a privilegiare il colore rispetto al disegno.
La pittura del Romanticismo La pittura romantica ebbe di verse espressioni, perché ogni pittore traspose sulla tela i pro pri sentimenti con un linguag gio autonomo. Nel tardo Set tecento alcuni artisti «preromantici» opposero al mito il luminista della ragione l’inte resse per gli impulsi più mi steriosi della psiche umana, come l’attività dell’inconscio (i sogni), la fantasia, le paure. Di fronte a questi aspetti, non spiegabili né controllabili, essi provavano un sentimento misto di piacere e paura, chia mato «sublime», che resero visibile attraverso dipinti visionari e fantasti ci. Heinrich Füssli (17411825), per esem pio, rafigurò le paure irrazionali che poteva no emergere nel sonno (incubi) oppure trasse ispirazione dalle fantasie letterarie di Ome ro, Dante e Shakespeare [● ig. 7]. Lo spagno lo Francisco Goya y Lucientes (17461828), invece, fu così turbato dagli orrori della guerra da rafigurare la propria visione tragica della vita attraverso incisioni e dipinti caratterizzati da esseri fantastici, scene di stregoneria, follia o violenza [● ig. 8].
7 Heinrich Füssli, L’incubo, 1781. Olio su tela, cm 75,5×64. Frankfurt am Main (Germania), Goethe Museum. 8 Francisco Goya y Lucientes, Il 3 maggio 1808 a Madrid – Le Fucilazioni alla montagna del Principe Pio, 1814. Olio su tela, cm 266×345. Madrid, Museo del Prado.
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Unità 7 Il Neoclassicismo e il Romanticismo
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La pittura di paesaggio Il paesaggio, genere ritenuto inferiore negli ambiti uficiali, fu invece molto importante per i ribelli romantici: essi infatti riconob bero che la natura ha la capacità di scate nare diversi tipi di reazioni emotive, e issa re quelle emozioni sulla tela divenne il loro obiettivo. 9 Joseph Mallord William Turner, Boe per la segnalazione di un naufragio, 1845 ca. Olio su tela. Liverpool (Regno Unito), Walker Art Gallery. 10 John Constable, Il carro da ieno, 1821. Olio su tela, cm 130×185. Londra, National Gallery.
Alcuni, come Caspar David Friedrich (17741840), si soffermarono sull’immensità della natura che, opposta al la piccolezza dell’essere uma no, suscitava un senso di ma linconia e misticismo [● Analisi dell’opera 4]. Altri furono attrat ti dai fenomeni più impetuosi (tempeste e uragani), in grado di scatenare il «sublime». Tra questi si distinse l’inglese Joseph Mallord William Turner (17751851) che si abban donò alla rappresentazione del sentimento: nei suoi paesaggi le forme persero consistenza e contorni, mentre l’impeto del la natura e le emozioni dell’ar tista si trasformarono nei suoi dipinti in un turbinio di effetti cromatici [● Analisi dell’opera 5 ● ig. 9]. Diametralmente opposta fu la visione di un altro inglese, John Constable (1776 1837), che produsse paesaggi ben deiniti, studiati dal vero e rielaborati in modo molto accurato; egli, cioè, volle comunicare il senti mento di serenità che nasceva in lui quando contemplava gli scorci dell’amata campagna inglese [● ig. 10].
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65 L’architettura romantica 11
zionario con tuba e fucile [● Analisi dell’opera 3]. In Italia gli ideali romantici si intrecciarono con quelli risorgimentali: molti pittori (come letterati e musicisti) videro nell’arte uno strumento per incitare alla lotta contro i dominatori stranieri. Francesco Hayez (1791-1882), per esempio, nascose in una scena amorosa di ambientazione medievale (Il bacio) un messaggio politico: quel bacio simboleggiava infatti un’ideale alleanza tra i popoli di Francia e Italia, entrambi impegnati in attività rivoluzionarie [● ig. 11].
L’architettura romantica
La pittura di storia I pittori romantici rafigurarono molti epi sodi di cronaca contemporanea o ispirati al Medioevo per esprimere, attraverso la storia, sentimenti civili e politici. I più progressisti come i pittori francesi Théodore Géricault (17911824) ed Eugène Delacroix (1798 1863) si concentrarono sul presente, comu nicando la propria angoscia per i fatti più tra gici o l’adesione alle ribellioni politiche. Géri cault dipinse un drammatico fatto di cronaca contemporanea – il naufragio della nave fran cese Medusa avvenuto al largo del Senegal – con la dignità e 12 le dimensioni di un quadro di storia (cm 491x716). I naufra ghi, alla deriva da molti giorni su una zattera, sono rappresen tati mentre cercano inutilmen te di farsi notare da una nave avvistata all’orizzonte. Géri cault mostra in questo dipinto la sofferenza della gente comu ne e i diversi atteggiamenti dei sopravvissuti, come la speran za e la lotta per la salvezza o la disperazione e la rassegnazio ne alla morte [● ig. a p. 57].De lacroix giunse a porre se stes so al centro degli avvenimen ti storici: in una tela dedicata ai tumulti del 1830 si rafigurò infatti nelle vesti di un rivolu
L’interesse romantico per la storia e le identità nazionali stimolò la valorizzazione degli ediici del passato, che furono oggetto di grandiosi restauri. Nella progettazione di nuovi ediici si registrò, soprattutto in In ghilterra, il revival del Gotico: si costruiro no cioè ediici pubblici e privati secondo lo stile delle antiche cattedrali [● ig. 12]. Que sta riscoperta di stili antichi si estese poi alle espressioni più tipiche delle tradizioni nazio nali, come le architetture romanica e rinasci mentale. Nello stesso periodo apparvero quindi ar chitetture neogotiche, neoromaniche, neori nascimentali e neoclassiche. Talvolta elemen ti di epoche diverse furono mescolati in un solo ediicio, creando una commistione di stili chiamata «eclettismo».
11 Francesco Hayez, Il bacio, 1859. Olio su tela, cm 112×88. Milano, Pinacoteca di Brera. 12 Il palazzo di Westminster (1840-1868), a Londra, sede del Parlamento.
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4 Friedrich, Monaco in riva al mare
Analisi dell’opera
Autore: Caspar David Friedrich Titolo: Monaco in riva al mare Datazione: 1808-1810 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 110×171,5 Collocazione: Berlino, Nationalgalerie
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aspar David Friedrich entrò in contatto con i più importanti ilosoi, poeti e scrittori romantici tedeschi, con i quali condivise l’interesse per la natura e per l’ininito. L’artista fu particolarmente legato alla sua terra, soprattutto alle coste del mar Baltico e alle vaste pianure del Nord della Germania, dove spesso si ritirò per dipingere in totale isolamento.
67 La natura Il paesaggio marino qui rappresentato appare essenziale; l’occhio dell’osservatore vaga sulla supericie della tela alla ricerca di un elemento su cui sofermarsi, ma la igura umana ha dimensioni così ridotte da raforzare ulteriormente l’impressione di desolazione. Mancano del tutto elementi in primo piano, che avrebbero potuto avvicinare il soggetto all’osservatore; anche la igura del monaco, piccola e immobile, appare distante. La linea dell’orizzonte è molto bassa (a circa un quinto dell’altezza della tela) per dare grande rilievo allo spazio vuoto e immenso del cielo, vero protagonista del dipinto. Il mare scuro, con la supericie increspata da piccole onde, suggerisce un forte senso di profondità, mentre la dominante cromatica blu crea un’atmosfera fredda e malinconica.
Un paesaggio spirituale La natura è la vera protagonista di questo dipinto romantico; il monaco, intento nella contemplazione del paesaggio, non fa altro che sottolineare la piccolezza dell’essere umano di fronte all’immensità della natura, suggerendo l’aspirazione verso l’ininito. Contemplando la natura, che per Friedrich è manifestazione del divino, l’uomo è infatti portato a percepirne il mistero; questa contemplazione suscita nell’uomo il desiderio di placare la propria tensione spirituale ricongiungendosi con la natura, e quindi con il divino. In questo dipinto l’artista non ha dunque rappresentato un paesaggio naturale, bensì un paesaggio spirituale. Uno degli obiettivi dei pittori romantici era infatti liberare la propria interiorità per trasferirla sulla tela, suscitando particolari emozioni nell’osservatore. Generalmente Friedrich rappresentava la natura in momenti particolari della giornata, come l’alba o il tramonto, più adatti a suggerire il senso di malinconia o di solitudine che caratterizzarono sia le sue opere sia le sue scelte di vita.
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5 Turner, L’incendio delle Camere dei Lords e dei Comuni
Analisi dell’opera
Autore: J. M. William Turner Titolo: L’incendio delle Camere dei Lords e dei Comuni Datazione: 1835 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 92×123,2 Collocazione: Cleveland (USA), Cleveland Museum of Art
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l pittore inglese Joseph Mallord William Turner ritrasse in questa tela il terribile incendio che il 16 ottobre 1834 distrusse il palazzo del Parlamento di Londra. L’artista ha lasciato una serie di studi a matita e ad acquarello realizzati durante l’incendio da punti di vista diversi, probabilmente a bordo di una barca; questi studi dal vero furono la base per la stesura dell’opera deinitiva.
Il colore La parte centrale della composizione è occupata da iamme altissime, agitate da una violenta folata di vento, che si rilettono sulle acque del Tamigi. Sulla destra e sulla sinistra si vedono gruppi di persone che osservano afascinate lo spettacolare incendio. Lo spazio appare molto ampio, grazie soprattutto all’uso del colore. Il colore è steso a macchie e pennellate ben evidenti, accostando anche colori puri come il giallo e l’arancione delle iamme. Le forme sono suggerite da macchie e pennellate e sembrano perciò dissolversi nell’atmosfera generale dell’incendio.
Rappresentare il sublime In questo dipinto Turner esprime il concetto romantico del sublime, rappresentando da un lato lo sgomento e la paura provocati da un elemento della natura incontrollabile dall’uomo come il fuoco, e contemporaneamente sottolineando il fascino di questo terribile spettacolo che attira sulle rive del iume, al sicuro, migliaia di «spettatori». Tipici del linguaggio di Turner sono il disinteresse per la descrizione della scena in tutti i suoi dettagli e l’interesse per la resa dell’atmosfera generale creata da particolari efetti di luce e colore. Le forze della natura incontrollabili (come incendi, bufere e tempeste), che terrorizzano e nello stesso tempo afascinano l’essere umano, sono i temi preferiti da Turner, e più in generale dai paesaggisti romantici.
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Il Realismo Honoré Daumier, Il vagone di terza classe, 1860-1863. Olio su tela, cm 65×90. Ottawa (Canada), National Gallery of Canada.
Unità
8 1840 1848 Moti insurrezionali in Europa
1852 Napoleone III imperatore
1857 Baudelaire pubblica I iori del male
D
alla metà dell’Ottocento l’Europa fu caratterizzata da una continua crescita economica grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e dei metodi di produzione industriale. Questo periodo di grande sviluppo fondato sulla iducia nel progresso e nel metodo scientiico – idee guida del movimento ilosoico e culturale del Positivismo – vide una rilevante crescita della borghesia. Si creò così l’illusione di poter controllare razionalmente ogni aspetto della realtà e di poterla dominare attraverso i nuovi strumenti messi a disposizione dallo sviluppo scientiico e dalla capacità imprenditoriale della classe borghese. Contemporaneamente il proletariato, esasperato dalle dure condizioni di vita, si coalizzò contro il potere politico (monarchia, aristocrazia) ed economico (borghesia) e, sempre più consapevole del proprio ruolo, iniziò a rivendicare i propri diritti, al punto che la «questione sociale» divenne il problema più urgente delle società europee. Questo portò all’ondata di insurrezioni che nel 1848 investì l’Europa intera: le rivolte democratiche, però, furono presto represse, anche perché la borghesia inì per appoggiare i poteri conservatori. Dalla metà dell’Ottocento il Positivismo generò una letteratura ispirata alla realtà, deinita in Francia dallo scrittore Emile Zola, «Naturalistica», e, in Italia, «Verista». Il Naturalismo francese, nel cui ambito rientra anche la pittura del Realismo, è caratterizzato dall’interesse per i problemi sociali e dall’idea che le arti potessero ricoprire una funzione importante nel progresso delle classi meno agiate. Il Verismo, invece, si rivelò più pessimista sul ruolo delle arti nel miglioramento sociale.
1861 Costituzione del Regno d’Italia
1862 Hugo pubblica I miserabili
1874 Verga scrive Nedda
1879 Capuana pubblica Giacinta
1880
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Analisi dell’opera
Courbet, Gli spaccapietre Autore: Gustave Courbet Titolo: Gli spaccapietre Datazione: 1849 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 159×259 Collocazione: un tempo custodita alla Gemäldegalerie di Dresda (Germania), l’opera è andata distrutta durante la Seconda guerra mondiale
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ustave Courbet fu il caposcuola del Realismo francese; nel 1855, in polemica risposta all’Esposizione universale, che aveva riiutato due sue opere, allestì la sua mostra personale nel «Padiglione del Realismo». Egli si propose di ritrarre la realtà in modo estremamente oggettivo; in molte sue opere l’adesione alla realtà è impietosa, persino nel ritrarre igure femminili. Courbet fu un rivoluzionario, nell’arte e nella vita: socialista, politicamente impegnato e molto combattivo, inì più volte in prigione e inine in esilio. Concepì l’arte come strumento di denuncia sociale, ritraendo popolani, contadini e lavoratori il cui volto spesso restava nascosto in modo da generalizzare il più possibile il soggetto ed esaltando la loro dignità umana. L’intento dell’artista non era infatti ritrarre particolari individui, ma rappresentare la fatica di intere categorie, in questo caso quella degli spaccapietre.
Dipingere la fatica L’opera presenta un soggetto all’epoca insolito: due umili spaccapietre, un uomo e un ragazzo, intenti al duro lavoro. Entrambi sono raigurati in modo molto realistico, con grande attenzione per il dettaglio. L’uomo, ripreso in azione, tiene in mano un martello; i suoi vestiti sono poveri, laceri e rattoppati, ai piedi indossa semplici zoccoli e in testa porta un cappello che getta ombra sul viso. Il ragazzo, ritratto di spalle, è altrettanto lacero e regge una cesta piena di pietre. Il paesaggio è anonimo, all’apparenza brullo e montano. Tutto fa sì che l’attenzione dell’osservatore converga sull’azione svolta dai due uomini, quindi sulla fatica del loro lavoro.
L’uso del colore Il dipinto appare piuttosto uniforme, perché i colori caldi tipici della terra (bruni, marroni, verdi, ocra) appaiono dominanti, caratterizzando sia le igure, sia l’ambiente.
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L’Impressionismo
Unità
9 1855 1855 Esposizione universale di Parigi
1857 Flaubert pubblica Madame Bovary
1863 Manet dipinge La colazione sull’erba
L
o sviluppo industriale-tecnologico, che aveva incrementato i commerci e ridotto i tempi dei trasporti di merci e persone (grazie, per esempio, al battello a vapore e al treno), generò un clima di iducia nella modernità. A Parigi si organizzarono Esposizioni universali, cioè iere con produzioni industriali e artistiche provenienti da tutto il mondo, che divennero il simbolo del progresso. Parallelamente furono avviati grandiosi programmi di opere pubbliche (strade, ponti, ferrovie) e l’assetto delle principali città europee fu ridisegnato in funzione del nuovo ruolo di popolose metropoli industrializzate. La pianiicazione urbanistica neoconservatrice di Parigi voluta da Napoleone III e guidata da Haussmann, fu un modello per l’intera Europa. I quartieri medievali furono rasi al suolo e al loro posto furono costruiti palazzi dai caratteri monumentali e uniformi, allineati lungo ampie strade rettilinee (i boulevard), pensate anche al ine di poter meglio controllare il territorio in caso di rivolte. La nuova città divenne uno dei soggetti preferiti dagli artisti impressionisti per la sua spiccata modernità.
Claude Monet, La stazione Saint-Lazare, 1877. Olio su tela, cm 82×100. Cambridge (Massachussets, USA), Fogg Art Museum.
1874 1a mostra impressionista
1881 1a edizione dei Malavoglia di Verga
1886 Ultima mostra impressionista; De Amicis pubblica Cuore
1886 Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
1 Monet, Regate ad Argenteuil
Analisi dell’opera
Autore: Claude Monet Titolo: Regate ad Argenteuil Datazione: 1872 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 48×75 Collocazione: Parigi, Musée d’Orsay
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A
rgenteuil è una località dove Monet visse alcuni anni dipingendo numerosi paesaggi. In questo dipinto l’artista ha eliminato il disegno: la casa, gli scai delle barche, le igure umane e la vegetazione sono prive di contorno. Il colore non è steso in modo da riempire forme precedentemente disegnate, ma con pennellate pastose e larghe, che hanno la funzione di costruire le forme in modo immediato.
La composizione La composizione appare semplice e speculare rispetto alla linea di orizzonte. La parte sinistra del dipinto è ritmata dalle forme slanciate e chiare delle vele, mentre la parte destra è dominata dal rosso delle case e dal verde della vegetazione.
Un disegno impreciso L’artista ha voluto riprodurre la prima impressione visiva, ossia ciò che il suo occhio ha colto di quell’ambiente in un primo istante; tale immagine è necessariamente imprecisa e approssimativa, poiché in un tempo molto breve il nostro sistema percettivo non è in grado di indagare il dettaglio, ma solo di cogliere l’immagine d’insieme. Monet non ha usato passaggi chiaroscurali, ma ha accostato colori puri e contrastanti per poter riprodurre la luminosità dell’atmosfera. Il dipinto fu infatti realizzato en plein air: una tecnica impressionista alla cui base vi era l’idea della precarietà, la concezione della natura come qualcosa di inaferrabile, in continuo divenire, della quale era possibile aferrare solo istanti eimeri.
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2 Renoir, Ballo al Moulin de la Galette a Montmartre
Analisi dell’opera
Autore: Pierre-Auguste Renoir Titolo: Ballo al Moulin de la Galette a Montmartre Datazione: 1876 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 131×175 Collocazione: Parigi, Musée d’Orsay
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uando fu esposta, quest’opera destò scalpore, ma il critico Georges Rivière, ritratto nella scena, ne colse subito la portata innovativa, deinendola «una pagina di storia, un momento prezioso della vita parigina, di rigorosa esattezza».
La luce Autentica protagonista dell’opera è però la luce, che iltra tra le foglie degli alberi generando straordinari efetti luminosi, chiaroscurali e cromatici. Il colore è immediata conseguenza della luce: l’incarnato dei visi, le vesti e gli oggetti assumono rilessi e sfumature azzurrognole, i toni appaiono alterati da «macchie» di luce. Per quanto riguarda la tecnica, il colore apparentemente non è naturalistico e si percepisce una dissoluzione delle forme (ombre colorate e assenza della linea di contorno, sostituita dalle pennellate).
L’ambiente, i personaggi La scena è ambientata in un cafè-concerto (il Moulin de la Galette). I protagonisti sono borghesi, donne e uomini abbigliati secondo la moda del tempo. La folla danzante sembra estendersi all’ininito, oltre l’alta linea d’orizzonte; in primo piano, un gruppo di amici è impegnato in una conversazione. L’efetto richiama una foto istantanea, capace di cogliere la spontaneità dei soggetti. La scena è ripresa con un taglio di tipo fotograico, evidenziato dalla disposizione diagonale della panchina; igure e oggetti sono «tagliati» ai margini del dipinto, perciò la scena sembra prolungarsi oltre i limiti del quadro, nello spazio reale dell’osservatore.
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Il Postimpressionismo
Unità
10 1875 1879 Capuana pubblica Giacinta
1881 Verga pubblica I Malavoglia; Fogazzaro pubblica Malombra 1882 Triplice Alleanza 1883 Verga pubblica le Novelle rusticane
1886 Ultima mostra impressionista
L
a ine dell’Ottocento in Europa fu un’epoca di rapido sviluppo tecnologico. Ciò generò due atteggiamenti opposti: da un lato la iducia nei confronti della scienza e del progresso, dall’altro il disagio di vivere in una società regolata dal proitto a scapito dei valori spirituali e individuali. Negli anni 1880-1900 molti artisti europei sperimentarono nuovi linguaggi, riassunti nel termine «Postimpressionismo». La deinizione, coniata da un critico inglese nel 1910, sintetizza ciò che li accomuna: le origini impressioniste e, nello stesso tempo, il superamento dell’Impressionismo. Tutti, infatti, vollero andare oltre la semplice impressione visiva: non pensavano che il ine della pittura fosse l’imitazione della realtà e diedero nuovi signiicati all’arte, ciascuno secondo la propria visione artistica ed esistenziale.
Vincent Van Gogh, La notte stellata, 1889. Olio su tela, cm 73×92. New York, Museum of Modern Art.
1889 D’Annunzio pubblica Il piacere
1891 Wilde pubblica Il ritratto di Dorian Grey
1900 Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
81 Vincent Van Gogh
perché scaturita dalla mente dell’autore e basata su forme e colori indipendenti dal dato naturale. Inoltre, cogliendo la struttura portante delle forme degli oggetti, il pittore aveva la inalità di interpretarne l’essenza immutabile, più che il particolare dettaglio realistico. Secondo Cézanne, infatti, il dipinto possiede leggi proprie, alle quali la realtà si deve piegare: in questo modo, una stessa composizione può contenere punti di vista diversi, contraddicendo la visione prospettica – ininterrottamente applicata in pittura dal Rinascimento – che prevedeva un unico punto di vista. Nella natura morta rafigurante un tavolo da cucina [● ig. 2], per esempio, Cézanne inclina gli oggetti e dipinge il piano del tavolo con i bordi di destra e di sinistra posti ad altezze differenti, dimostrando la sua volontà di creare convergenze, corrispondenze o discontinuità che conferiscono armonia all’opera anche se non rispecchiano la realtà. Il dipinto non risulta dunque una copia della realtà, ma una sua ricostruzione creata dalle scelte operate dall’artista.
Vincent Van Gogh L’olandese Vincent Van Gogh (1853-1890) ebbe una vita tormentata e solitaria, conclusasi tragicamente con il suicidio. Autodidatta, svolse varie attività prima di dedicarsi alla pittura: nel 1881 si recò in Belgio e,
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turbato dalla miseria di minatori e contadini, realizzò una serie di quadri di denuncia sociale [● ig. 3]. In seguito, a Parigi, l’artista scoprì la luce e i colori delle opere impressioniste; ma non tollerò a lungo la vita nella grande città industriale e si ritirò nel Sud della Francia, dove in uno stato di esaltazione mentale dipinse oltre 650 opere in pochissimi anni. Van Gogh dipinse paesaggi e ritratti carichi di violenti contrasti di colore puro e frenetiche pennellate pastose: senza preoccuparsi di riprodurre fedelmente la realtà, accentuò il segno e il colore per far rivivere nella tela l’energia sprigionata dal soggetto nel suo animo tormentato [● Analisi dell’opera 2 ● ig. 4].
3 Vincent Van Gogh, I mangiatori di patate, 1885. Olio su tela, cm 82×114. Amsterdam, Museo Van Gogh. 4 Vincent Van Gogh, Campo di grano con corvi, 1890. Olio su tela, cm 50,5×103. Amsterdam, Museo Van Gogh.
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1 Seurat, La Grande Jatte
Analisi dell’opera
Autore: Georges Seurat Titolo: Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte Datazione: 1884-1886 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 207,5×308,1 Collocazione: Chicago, The Art Institute of Chicago
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er realizzare quest’opera di grandi dimensioni Georges Seurat si recò quotidianamente, per oltre due anni, all’isola sulla Senna chiamata Grande Jatte per svolgere studi graici e pittorici dal vero, en plein air, poi rielaborati in studio durante l’esecuzione del dipinto.
L’uso del colore Un’ombra netta scurisce i personaggi in primo piano, mentre altri toni scuri sono nelle chiome degli alberi. Per il resto, i colori sono chiari o vivaci, intensi e luminosi: l’immagine è impregnata di luce. La tecnica puntinista elaborata da Seurat rende l’atmosfera vibrante e luminosa. Ogni colore appare scomposto, realizzato accostando brevi pennellate dei colori puri che lo compongono. I vari tocchi di colore vengono quindi a «mescolarsi» sulla retina dell’osservatore durante la percezione dell’immagine; questo processo di ricomposizione ottica rende il colore percepito particolarmente intenso e luminoso.
Figure come manichini I personaggi raigurati, borghesi parigini dell’epoca, si godono una domenica pomeriggio di sole sulle rive della Senna. Pur essendo disposti a coppie o in piccoli gruppi, essi non sembrano comunicare tra loro. La scena appare complessivamente armoniosa ma statica perché le igure, in prevalenza di proilo o frontali, sono rigide e somigliano a manichini. A diferenza dei quadri degli Impressionisti, qui la vita appare «congelata», i movimenti bloccati. Figure e alberi sono composti da forme sempliicate e volumi geometrici che li rendono ancora più issi e irreali. Tutta la composizione è dominata dalla geometria, che conferisce un senso di ordine innaturale.
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2 Van Gogh, La chiesa di Auvers
Analisi dell’opera
Autore: Vincent Van Gogh Titolo: La chiesa di Auvers Datazione: 1890 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 94×74 Collocazione: Parigi, Musée d’Orsay
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el 1889, dopo il peggioramento delle sue condizioni mentali che lo avevano costretto a un ricovero in un ospedale psichiatrico, Van Gogh si recò ad Auvers, nei pressi di Parigi, vicino al fratello Theo. Il dipinto risale a quest’ultima fase della vita dell’artista, segnata dalla malattia e dalla soferenza.
La realtà deformata Il carattere fortemente espressivo
L’uso della luce Anche l’illuminazione appare
del dipinto è in buona parte determinato dai colori intensi e contrastanti, come il blu cobalto del cielo, le macchie rosse e viola sui tetti, le pennellate gialle, verdi e marroni sul terreno, i proili neri delle forme. Il colore è steso con pennellate pastose e tormentate che tracciano segni allungati nel cielo, dove determinano andamenti vorticosi, corti e convergenti nelle due strade e puntiformi nel prato. L’espressività del soggetto è determinata anche dalle deformazioni a cui è sottoposto l’ediicio, rappresentato con tetti dai proili ondulati, strutture portanti inclinate ed errori prospettici che rendono irregolari i proili dei volumi della chiesa: tali «errori» rendono la piccola costruzione gotica malferma e luttuante.
innaturale per il contrasto creato dall’accostamento del blu scuro e profondo, che allude a un cielo notturno, alla luminosità del prato. Una luce intensa proietta infatti sul terreno l’ombra scura e decisa della chiesa, alludendo alla presenza della luce solare che nel cielo non è presente.
Una struttura semplice Tutte queste irregolarità sono ricomposte nella semplicità della composizione, quasi speculare, poiché la sagoma piramidale dell’ediicio viene ripresa rovesciata nel triangolo di prato disegnato dal bivio delle due strade sterrate in primo piano.
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3 Gauguin, Ta matete (Il mercato)
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Analisi dell’opera
Autore: Paul Gauguin Titolo: Ta matete (Il mercato) Datazione: 1892 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 73×91,5 Collocazione: Basilea (Svizzera), Kunstmuseum
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nsoferente alle convenzioni borghesi e ipocrite del mondo occidentale, Paul Gauguin intraprese diversi viaggi nel Paciico in cerca del «paradiso perduto», della libertà e della purezza originarie dell’uomo, stabilendosi inine nelle isole Marchesi, dove concluse la sua vita. Nel 1891 Gauguin compì il suo primo viaggio a Tahiti; nel 1892 dipinse Ta matete (Il mercato), che ben rappresenta l’evoluzione del suo linguaggio pittorico verso una sintesi di forme e colori sempre più evidente. Gauguin trasse il soggetto dalla riproduzione di un afresco egizio che decorava una tomba rinvenuta a Tebe esposta al British Museum; questo elemento si intrecciò con l’ispirazione che gli veniva dal mondo polinesiano.
Semplicità poco realistica La composizione è semplice, con pochi personaggi disposti in sequenza. Il ritmo compositivo non è uniforme: a sinistra appare più rapido, perché le igure sono più vicine tra loro. Le cinque donne sono sedute su una panca che è ritratta non secondo le leggi prospettiche, ma in una specie di visione «assonometrica» che la rende poco realistica. Tutte hanno il corpo stilizzato, con il busto frontale e le gambe di proilo: una postura che richiama immediatamente l’arte egizia. Nella scena prevale la bidimensionalità: le donne sembrano sagome «piatte». I colori vivaci si ispirano a quelli tahitiani, ma senza una ricerca di fedeltà al vero, come si deduce dal cielo giallo e dalle tinte blu e rosse della vegetazione.
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4 Munch, Il grido
Analisi dell’opera
Autore: Edvard Munch Titolo: Il grido Datazione: 1893 Tecnica: olio, tempera e pastello Dimensioni: cm 91×73,5 Collocazione: Oslo, Nasjonalgalleriet
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a rappresentazione dell’uomo e delle sue emozioni è al centro dell’intera opera del pittore e incisore norvegese Edvard Munch, che tra il 1893 e il 1895 realizzò diverse versioni pittoriche del Grido. Si tratta di un soggetto autobiograico, che rimanda a esperienze dolorose realmente vissute dall’artista, come la malattia o la morte della madre e della sorella, a proposito delle quali egli disse: «Nella casa della mia infanzia abitavano malattia e morte. Non ho mai superato l’infelicità di allora».
Dipingere il dolore Il personaggio in primo piano è deforme e sintetico: ha infatti la testa allungata, la bocca urlante, gli occhi sbarrati e un corpo allungato e luttuante che lo rendono fortemente espressivo. Il gesto di portarsi le mani alle orecchie rappresenta per Munch un dolore insostenibile, un urlo disperato che sembra provenire dal profondo del suo essere e costringerlo a sua volta a urlare. Il senso di solitudine e isolamento del protagonista è ulteriormente sottolineato, per contrasto, dalla coppia che passeggia dirigendosi nella direzione opposta, ignara della sua soferenza.
Le linee curve Le pennellate ondulate sembrano onde sonore che si propagano nell’aria per suggerire l’idea del luire delle emozioni e dei ricordi. L’ambiente, anch’esso sempliicato, è caratterizzato da un netto contrasto tra linee curve, che sembrano descrivere la vitalità incontrollabile della natura e delle emozioni umane, e linee rette, che con la loro obliquità suggeriscono una profondità vertiginosa e alludono alla regolarità razionale del mondo costruito dall’uomo. Anche i colori sono accentuati in modo da ottenere un contrasto violento e fortemente suggestivo, che rimanda a un forte conlitto interiore. Il linguaggio di Munch non è quindi imitativo, ma espressivo, in quanto intende suggerire particolari stati d’animo attraverso distorsioni e accentuazioni di forme e colori.
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Il Modernismo e il Simbolismo Arnold Böcklin, L’isola dei morti, 1880. Olio su tela, cm 111x115. Basilea, Kuntstmuseum.
Unità
11 1875 1880 Fogazzaro pubblica Malombra
1885-1914 Modernismo
1890 ca Inaugurazione della Tour Eifel
1890-1915 Belle Époque
C
on il termine «Belle Époque» si fa riferimento a un periodo di straordinario sviluppo economico, tecnologico e culturale che ebbe luogo in Europa tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e lo scoppio della Prima guerra mondiale nel 1914. In quegli anni si celebrò il trionfo della civiltà industriale promossa dalla borghesia imprenditrice europea. Una serie impressionante di innovazioni tecnologiche rivoluzionò non solo le attività produttive, ma anche la vita sociale e culturale del tempo. Basti pensare all’avvento dell’energia elettrica, alla crescente difusione dei sistemi fognari, di trasporti pubblici come il tram, all’introduzione dell’istruzione elementare obbligatoria, alla crescita delle cure sanitarie e degli ospedali, alla costruzione di reti stradali asfaltate. Gli anni della Belle Époque furono inoltre segnati da invenzioni che trasformarono profondamente la vita quotidiana delle persone come il telefono, il telegrafo, il cinema, l’aeroplano, l’automobile. In quel periodo inoltre nacque l’industria culturale, ovvero si svilupparono la stampa e l’editoria, con giornali, quotidiani, riviste, libri che cominciarono ad avere una difusione di massa. Il termine «Belle Époque» deriva dal fatto che Parigi, più di altre capitali europee, fu la città simbolo di questo nuovo mondo, grazie ad alcune spettacolari realizzazioni come la Tour Eifel, costruita in occasione dell’Esposizione universale, e ad alcuni fenomeni di costume tipici del tempo come i cafè concerto, i grandi magazzini, le gare sportive, il teatro leggero, il cinema dei Lumière. Questa eccezionale fase di sviluppo e di prosperità terminò in modo traumatico con lo scoppio della Prima guerra mondiale, che fu il prodotto di profondi contrasti politici ed economici, da decenni in atto, tra le grandi potenze europee.
1891 1a edizione di Myricae di Pascoli
1892 Nascita del Partito socialista italiano
1895 D’Annunzio pubblica Le vergini delle rocce
1901 Mann pubblica I Buddenbrook
1912 Kafka pubblica La metamorfosi
1914-1918 Prima guerra mondiale
1920 Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
88 1 Frans Hoosemans, candelabro in argento e avorio, 1900 ca. Amburgo (Germania), Kunst und Gewerbe Museum. 2 Ernesto Basile, salone liberty di Villa Igiea, 1899-1900. Palermo. 3 Victor Horta, Casa Tassel a Bruxelles, 1892. Veduta dell’interno. 4 Pietro Fenoglio, Casa Fenoglio, Torino, 1903.
Unità 11 Il Modernismo e il Simbolismo 1
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Il Modernismo
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Durante la Belle Époque si diffuse in tutta Europa il desiderio di un’arte moderna, libera dagli schemi del passato. L’idea di per sé non era una novità: impressionisti e postimpressionisti avevano già preso questa via, ma erano artisti isolati e in conlitto con la socie tà. Ora si trattava invece di un mutamento del gusto collettivo, promosso dalla borghesia per motivi opposti a quelli dei pittoriribelli: i borghesi, ricchi e ieri protagonisti della ci viltà industriale, volevano un’arte capace di dimostrare gli effetti positivi del progresso. Artisti e architetti utilizzarono quindi le tecnologie e i materiali industriali per portare la bellezza nella vita quotidiana , creando ambienti ele ganti, in cui tutto (ca se, edifici pubblici, arredi urbani, mobili, gioielli, abiti, stoffe, stoviglie) si rifacesse a un unico stile, moderno e decorativo [● ig. 1]. Questo nuo vo stile assunse deno minazioni diverse nei vari Paesi: Art Nouveau in Francia, Modern Style in Inghilterra e Stati Uniti, Liberty o Floreale in Italia, Sezessionsstil in Austria, Jugendstil in Germa nia, Stile Modernista
in Spagna. Il termine «Modernismo» indi ca il movimento artistico nel suo complesso. Per creare un’arte radicata nella vita con temporanea, gli artisti del Modernismo re spinsero ogni ricorso agli stili del passato. As sunsero come fonti di ispirazione la natura e le stampe giapponesi ed elaborarono un linguaggio ricco di motivi vegetali e animali, espressi con una linea dinamica, sinuosa e libera dalle regole della simmetria [● igg. 2-3]. Tutto era concepito a scopo decorativo: forme vegetali stilizzate intrecciate o ripetu te ornavano facciate, arredi, carte da parati, gioielli, stoffe e ceramiche. In questo modo 4
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89 Il Simbolismo
che, riiutando l’idea di un’arte basata sulla riproduzione della sola realtà visibile, dipingeva no sulla base dell’immaginazione, esplorando le dimen sioni più profonde e misterio se dell’esistenza. Caratteri fon damentali del Simbolismo fu rono: l’ideismo in quanto l’arte era intesa come espressione di un’idea per mezzo di forme; il sintetismo, ossia la sempliica zione delle forme ispirata alle civiltà artistiche arcaiche o pri mitive; il decorativismo, ov vero il carattere spiccatamente decorativo di molte opere e il soggettivismo. Ricorrendo al simbolo o all’allegoria, trat tarono soggetti letterari, leg gendari o derivati dalla mistica orientale o dal sogno [● ig. 5]. Molto frequenti furono i cicli di contenuto eticoreligioso (le età della vita, amore e morte – ● ig. 6, peccato e redenzione), nei quali predominava la igura femminile.
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la secolare distinzione tra le arti maggiori (architettura, pittura e scultura) e le cosiddette «arti minori» (oreiceria, ceramica, lavora zione dei tessuti ecc.) giunse quasi ad annul larsi nella ricerca di una «progettazione globale», in cui utile e bello coincidevano. Mol ti artistiartigiani hanno creato oggetti d’uso (lampade, ceramiche, ma anche gioielli e abi ti) con l’obiettivo di portare la bellezza in ogni aspetto della vita quotidiana, in sintonia con i caratteri stilistici del movimento.
5 Odilon Redon, Il ciclope, 18981900. Olio su tela, cm 64×51. Otterlo (Paesi Bassi), Museo Kröller-Müller. 6 Gustav Klimt, Le tre età della vita, 1905. Olio su tela, cm 180×180. Roma, Galleria Nazionale d’Arte moderna.
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Il Simbolismo Sempre a cavallo tra il xix e il xx secolo apparve anche una sensibilità artistica nuova, chiamata «Simbolismo», per certi versi opposta al Modernismo: vari artisti sentirono l’esigenza di portare un tocco di spiritualità nell’arida civiltà del progresso attraverso opere che riproducevano un mondo immaginario e di sogno. Il Simbolismo apparve in Francia verso il 1885, per poi diffondersi in tutta Europa negli anni 1890-1910. Non si trattò di un vero e proprio movimento, ma di artisti autonomi Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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Unità 11 Il Modernismo e il Simbolismo 7
7 Gustav Klimt, Il Compimento (L’abbraccio), 1905-1909. Mosaico, particolare. Bruxelles, Palazzo Stoclet. 8 Antoni Gaudí, Casa Batlló, 19041906. Barcellona. 8
Gustav Klimt Talvolta le due tendenze artistiche dominanti a cavallo tra i due secoli si fusero: in Austria, per esempio, molti pittori diedero a contenuti simbolisti le forme decorative del Modernismo. È il caso di Gustav Klimt (1862-1918), capoila della Secessione viennese (o Sezessionsstil): dal Simbolismo ricavò l’uso dell’im magine per rilettere sui grandi temi dell’e sistenza (la vita, la morte, l’amore); dal Mo dernismo derivò l’uso dell’ornamento come elemento centrale del dipinto. Le sue opere, infatti, furono caratterizzate dalla presenza di igure realistiche ed espressive che appariva no inserite nel gioco di forme astratte e colo rate dello sfondo [● Analisi dell’opera ● ig. 7]. Klimt interpretò quindi in modo origina le e personale il linguaggio modernista rag giungendo livelli altissimi attraverso la fusione di vari elementi come l’espressività in tensa delle igure, l’elegante linearismo decorativo, il preziosismo dei decori e il con tenuto simbolico.
Antoni Gaudí L’architetto spagnolo Antoni Gaudí (1852 1926) fu un importante esponente del Mo dernismo. Tra le sue opere principali, igu ra Casa Batlló, a Barcellona, che presenta un’eficace sintesi tra decorativismo e ricerca di forme organiche (ossia ispirate alla natu ra), ma anche fantastiche e visionarie. La ri strutturazione dell’ediicio, originariamente un’anonima costruzione, fu afidata a Gaudí dal proprietario, Josep Batlló. Gaudí modii cò la facciata e l’interno, curò arredi e decori, caratterizzando tutto in modo uniforme me diante il suo particolarissimo stile. La facciata [● ig. 8], rivestita in pietra le vigata color sabbia, presenta forme sinuose e volumi convessi, quasi fosse in argilla model lata; possenti colonne afiancano l’ingresso, mentre il primo piano presenta linee curve e dinamiche, dando l’impressione di un mo vimento ondeggiante. I piani superiori sono contraddistinti da balconcini, aggiunti alle i nestre già esistenti, e da un rivestimento po licromo della facciata con placche tondeg gianti e tasselli di mosaico. Il tetto, ricoperto di tegole simili a squame, appare sinuoso e scultoreo ed è afiancato da una torretta late rale, in maiolica e mosaico policromi. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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La totale assenza di spigoli rivela l’ispirazione al mondo naturale e animale, particolarmente evidente in alcuni elementi: le colonne all’ingresso [● ig. 9] sono simili a zampe di elefante, quelle soprastanti, più esili, richiamano ossa o alberi, i balconi sembrano nidi aggrappati a una parete rocciosa, il rivestimento a placche e mosaico ricorda la pelle di un pesce, il tetto convesso a squame rimanda al dorso di un dinosauro. Forme, volumi e decorazioni presentano l’armonia e la varietà tipiche della natura:
nessun elemento è uguale a un altro, tutto nasce dalla fantasia inesauribile dell’architetto [● ig. 10]. Nella Casa Batlló esterno, interno, arredi e apparati decorativi sono quindi il risultato di un progetto globale, che risponde alle esigenze del Modernismo. Infatti la progettazione modernista, dedita alla creazione di spazi e oggetti per la vita quotidiana che fossero al tempo stesso funzionali ed eleganti, pratici e fantasiosi, mostrò sempre un’omogeneità stilistica in ogni realizzazione, dall’ediicio ino al più piccolo particolare.
9 Antoni Gaudí, Casa Batlló, particolari dell’interno. 10 Antoni Gaudí, Parc Güell, 1900-1914. Barcellona (Spagna).
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Le avanguardie artistiche del Novecento
Unità
12 1890 1905-1913 Die Brücke 1907-1914 Cubismo 1909-1916 Futurismo dal 1910 Astrattismo 1911 Palazzeschi pubblica Il codice di Perelà
1914-1918 Prima guerra mondiale
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Giacomo Balla, Velocità l primo Novecento segnò una svolta epocale. In pochi 1917-1924 astratta + rumore, decenni si difusero la luce elettrica, il telefono, la radio, Metaisica 1913-1914. Olio su tavola, il cinema, l’automobile e l’aereo, che trasformarono la vita cm 54,5×76,5 compresa pratica e la mentalità collettiva. La concezione del tempo la cornice dipinta dall’artista. 1923 e dello spazio fu stravolta: le distanze per comunicare Venezia, collezione Svevo pubblica Peggy Guggenheim. o muoversi, per esempio, apparvero ininitamente ridotte. La coscienza di Zeno Rivoluzionari studi scientiici portarono all’assenza di certezze assolute: la teoria della relatività 1924 di Albert Einstein dimostrò che spazio e tempo sono ininiti; Breton pubblica la psicanalisi di Sigmund Freud rivelò che l’agire umano il Manifesto surrealista non dipende solo da scelte razionali, ma anche dalle forze dell’inconscio. 1925 I movimenti artistici più innovativi dei primi tre decenni del secolo Montale pubblica Ossi di seppia si autodeinirono «avanguardie» perché sperimentavano linguaggi e tecniche espressive più avanzati rispetto alla sensibilità corrente e alle aspettative del pubblico. 1929 Nella prima metà del Novecento, l’Europa perse Moravia pubblica Gli indiferenti; Hemingway pubblica Addio alle armi la supremazia assoluta che l’aveva vista protagonista per secoli e le vicende storiche assunsero dimensioni mondiali. Le tensioni fra Stati portarono alla Prima guerra mondiale; 1939 Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti acquisirono il ruolo di potenza globale. In Europa nacquero regimi totalitari (fascismo, nazismo) che portarono poi allo scoppio della Seconda guerra mondiale.
1945
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1 Matisse, La Danza
Analisi dell’opera
Autore: Henri Matisse Titolo: La Danza Datazione: 1909-1910 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 260×391 Collocazione: San Pietroburgo (Russia), Ermitage
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a Danza, uno tra i più celebri capolavori del pittore francese Henri Matisse, fu eseguita su commissione del collezionista russo Sergej Sčukin, che desiderava due grandi opere decorative per la sua residenza di Mosca, raiguranti allegorie della danza e della musica. Entrambi i dipinti furono esposti a Parigi e duramente criticati per la loro essenzialità e «rozzezza primitiva».
I corpi Nelle sue enormi dimensioni, la composizione presenta cinque igure nude dalle forme molto sempliicate, caratterizzate da contorni curvilinei e marcati e da campiture di colore uniformi. Le linee di contorno sono tutte curve e ben visibili; le forme delle igure sono sintetiche e non hanno proporzioni reali. I colori fondamentali sono tre: il rosso dei corpi, il blu di fondo e il verde del piano d’appoggio, con un efetto di netto contrasto tra il colore caldo in primo piano e le due tinte fredde dello sfondo, accentuato dal marrone usato per i capelli e i contorni dei corpi.
Rappresentare i sentimenti La Danza rappresenta eicacemente la ricerca artistica degli espressionisti francesi: è una vera esplosione di gioia, serenità, libertà, dinamismo, energia vitale e musicalità, proprio grazie alla semplicità delle forme e dei colori, non naturalistica e inalizzata solo a esprimere stati d’animo. L’artista, infatti, scelse di non descrivere un luogo preciso, un’azione o dei personaggi deiniti: le igure, apparentemente femminili ma quasi asessuate, rappresentano l’essere umano, mentre il blu ricorda il cielo e il verde richiama la terra. L’immagine assume così un valore universale.
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97 Il Cubismo 7
costati in modo da esaltarne gli accordi o i contrasti violenti. L’intento dei fauves, infatti, era dimostrare la potenza creatrice dell’arte e imporre alla società del progresso (basata sul lavoro meccanico dell’industria) lo slancio vitale della creazione artistica.
Il Cubismo Il Cubismo nacque a Parigi dalle ricerche di Pablo Picasso (1881-1973) e Georges Braque (1882-1963) che in meno di dieci anni (1907-1914) azzerarono cinque secoli di tradizione pittorica occidentale. Essi ritenevano che la pittura tradizionale non corrispondesse al modo in cui l’essere umano vede le cose, poiché essa si basa sulla prospettiva lineare, che prevede un solo punto di vista (una persona ferma, che guarda con due soli occhi). Il meccanismo della nostra visione, invece, si basa su due occhi in movimento che esplorano la realtà da punti di vista diversi; la mente, poi, fonde e organizza le informazioni che riceve attraverso gli occhi, costruendo un’immagine mentale del soggetto osservato. Per questo i cubisti concepirono il quadro come una «inestra sulla mente dell’artista»: sulla tela cercarono infatti di issare non l’imitazione del soggetto, ma la sua immagine mentale. Il Cubismo non fu un vero e proprio movimento: il gruppo nacque dal sodalizio dei
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due artisti che, nella Parigi di inizio secolo, furono colpiti dalla pittura di Cézanne, dalle forme geometriche della scultura primitiva e dalle nuove concezioni del tempo e dello spazio. Il «manifesto del Cubismo» è considerato Les Demoiselles d’Avignon, dipinto da Picasso nel 1907 [● ig. 7]. A una prima fase, deinita del «Cubismo originario», basata su volumi molto sempliicati, seguì la fase del «Cubismo analitico» (dopo il 1909), nella quale la ricerca si concentrò su una riproduzione «concettuale» del soggetto, analizzato nello spazio e nel tempo. Oggetti e igure, cioè, furono rappresentati come se fossero osservati contemporaneamente da più punti di vista; inoltre, come per riprodurne anche la struttura interna, le forme furono «aperte», eliminando la linea di contorno dei corpi e facendo intersecare i loro volumi con quelli dell’ambiente [● ig. 8]. Nell’ultima fase, detta «Cubismo sintetico» (1912-1914 ca), si tornò a composizioni più semplici e sintetiche, a una maggiore deinizione di igure e oggetti e all’uso del colore. I cubisti rafigurarono nature morte, paesaggi e ritratti, dunque temi «familiari». Dopo il 1912 misero a punto una tecnica nuova: il collage, che prevedeva l’uso di ritagli di giornale, carta da parati, stoffa, sabbia, pietre, lamine di legno o di metallo, cioè «frammenti di realtà» usati come forme o toni di colore.
7 Pablo Picasso, Les Demoiselles d’Avignon, 1907. Olio su tela, cm 243,9×233,7. New York, The Museum of Modern Art. 8 Georges Braque, Natura morta con un violino e una brocca, 1910. Olio su tela, cm 117×73,5. Basilea, Kunstmuseum.
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98 9 Pablo Picasso, Il vecchio chitarrista cieco, 1903. Olio su tela, cm 121×92. Chicago, Art Institute of Chicago. 10 Pablo Picasso, Guernica, 1937. Olio su tela, cm 350×782. Madrid, Museo Nacional Reina Soia.
Unità 12 Le avanguardie artistiche del Novecento 9
guerra). Spagnolo, visse e lavorò soprattutto in Francia. Il suo esordio pittorico è noto come «periodo blu» (1901-1904), per la tonalità cupa e malinconica delle composizioni quasi monocrome, rafiguranti mendicanti, donne e bambini affamati o ammalati [● ig. 9]; a queste seguirono tele dedicate ad altri emarginati (saltimbanchi e arlecchini circensi), eseguite con tonalità più calde nel cosiddetto «periodo rosa» (1904-1906). In seguito Picasso rivolse la sua attenzione ai problemi formali, risolvendoli prima con una svolta radicale del linguaggio nel periodo cubista (1907-1914) e poi reinterpretando la igurazione classica (periodo tra le due guerre mondiali). Nel 1937 unì sperimentazione estrema e contenuto impegnato dipingendo Guernica, vero e proprio manifesto di denuncia degli orrori della guerra [● ig. 10]. Negli anni seguenti continuò a rinnovare la sua arte, attratto dalle ininite possibilità espressive.
Pablo Picasso La rivoluzione cubista fu solo una fase del percorso artistico di Pablo Picasso, segnato dalla sperimentazione continua in diversi ambiti (pittura, scultura, graica, ceramica, scenograia teatrale) e dall’impegno civile (lotta contro l’emarginazione degli umili nella società industriale e denuncia degli orrori della
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2 Picasso, Natura morta con sedia impagliata
Analisi dell’opera
Autore: Pablo Picasso Titolo: Natura morta con sedia impagliata Datazione: 1912
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atura morta con sedia impagliata appartiene alla fase cubista dell’attività di Picasso. A prima vista il soggetto sembra incomprensibile, ma a un’osservazione più attenta è possibile riconoscere diversi oggetti collocati su un tavolino rotondo e trasparente (l’ovale del dipinto).
Tecnica: olio su tela cerata su tela incorniciata con corda Dimensioni: cm 29×37 Collocazione: Parigi, Musée National Picasso
Gli oggetti Partendo da sinistra, si trovano un giornale ripiegato (facilmente identiicabile grazie alle lettere «JOU», dal francese journal), una pipa, un bicchiere, un coltello da cucina, mezzo limone e il guscio di una conchiglia; nella parte inferiore si riconosce il sedile di paglia intrecciata di una sedia. I vari oggetti sono stati attentamente studiati dall’artista, che li ha però riprodotti frammentati e scomposti. Gli oggetti non sembrano disposti uno dietro l’altro nello spazio, poiché si sovrappongono e si compenetrano confondendosi. Tutti gli elementi sono proiettati in primo piano, senza rispettare le regole della rappresentazione prospettica.
I colori La scelta dei colori è giocata sulla gamma dei bruni e dei grigi, che attraverso il chiaroscuro mettono in risalto la tridimensionalità degli oggetti, senza distrarre l’osservatore con colori vivaci, luminosi ed espressivi. La rappresentazione della sedia impagliata è sostituita da un pezzo di tela cerata stampata incollata sul dipinto secondo la rivoluzionaria tecnica del collage, che permette all’artista di introdurre nell’opera frammenti di realtà.
Vedere con la mente I cubisti sostenevano che ognuno di noi possiede una visione mentale degli oggetti che conosce, costituita dall’unione dei diversi punti di vista e aspetti dell’oggetto (proilo, pianta, scorcio, spessore, consistenza ecc.) operata dalla nostra mente. Cercarono pertanto di riprodurre proprio questa visione mentale, rappresentando l’oggetto contemporaneamente da punti di vista diversi, creando quella che essi chiamavano la «visione simultanea» dell’oggetto. Essi introdussero quella che deinirono «quarta dimensione»: il tempo. Infatti la visione simultanea di più punti di vista contiene in sé il tempo necessario all’artista per studiare e scomporre l’oggetto (con un metodo quasi scientiico) e all’osservatore per ricostruirlo.
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101 Ricerche e tecniche del Futurismo 13
Ricerche e tecniche del Futurismo I futuristi volevano issare nell’immagine il movimento che avvolge e deforma ogni cosa, trasponendo sulla tela ogni movimento isico di uomini, animali e mezzi e ogni energia spirituale (gli stati d’animo). Per far questo presero spunto dalle novità delle avanguardie europee – la tecnica dei puntinisti, il colore espressionista e la scomposizione cubista della forma – fondendole in un linguaggio autonomo e originale. Il moto delle igure veniva rappresentato con linee di forza che ne indicavano la scia oppure attraverso visioni simultanee, cioè riproducendo più volte il soggetto da molteplici punti di vista o in posizioni successive, come nei fotogrammi cinematograici [● igg. 13-14]. Nelle scene urbane più complesse, come per dare forma visibile ai ritmi concitati della vita moderna, i corpi, gli oggetti e l’ambiente erano deformati e resi attraverso la compenetrazione di piani, volumi e visioni: in queste opere, cioè, scomparve ogni distinzione tra igure e spazio, tra elementi immobili (case, strade ecc.) ed elementi dinamici (uomini, animali o mezzi di trasporto in moto), come se tutto mutasse continuamente. Attraverso questa scomposizione dinamica dei soggetti i futuristi, e in particolare Umberto Boccioni, cercarono di portare lo spettatore al centro del quadro e di renderlo partecipe emotivamente della vita che in esso si svolge [● Analisi dell’opera 3].
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Anche nella scultura, il cui protagonista principale fu Boccioni, il dinamismo fu rappresentato attraverso il principio della compenetrazione dei piani e della deformazione [● ig. 15]. Nell’architettura emerse invece la personalità di Antonio Sant’Elia, ideatore di ediici e città del futuro dalle forme ardite e innovative; l’architetto morì giovanissimo, durante la Prima guerra mondiale, senza avere la possibilità di realizzare i suoi progetti. 15
13 Gino Severini, Ballerina in blu, 1912. Olio e lustrini su tela, cm 61×46. Venezia, Collezione Gianni Mattioli, deposito a lungo termine presso la Collezione Guggenheim. 14 Giacomo Balla, La mano del violinista, 1912. Olio su tela, 52×75. Londra, Estorick Collection. 15 Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1913. Bronzo, h cm 126,4. Milano, Museo del Novecento.
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3 Boccioni, Materia o La città che sale
Analisi dell’opera
Autore: Umberto Boccioni Titolo: Materia o La città che sale Datazione: 1910 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 199,3×301
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uesto dipinto, inizialmente intitolato Il lavoro e pensato come parte di un trittico, appartiene alla prima fase del Futurismo e dell’attività di Boccioni, ossia all’epoca che precedette il viaggio a Parigi in cui l’artista ebbe modo di conoscere il Cubismo.
Collocazione: New York, The Museum of Modern Art
La città del Novecento Gli ediici in costruzione, le fabbriche, le ciminiere fumanti, gli uomini e i cavalli intenti a trainare pesanti carri rappresentano il rapido sviluppo delle periferie urbane e il dinamismo della vita nelle città del primo Novecento. Il cavallo e gli uomini in primo piano determinano la linea di forza principale della composizione, che appare molto dinamica grazie al suo andamento diagonale. Le linee di forza oblique del dipinto contribuiscono a suggerire l’energia e la vitalità che animano gli operai e i cavalli.
Forme e colori Le forme dei soggetti rappresentati nel dipinto non sono deinite da una linea di contorno, ma appaiono indeinite e deformate, grazie anche alla particolare tecnica pittorica usata dall’artista. Infatti il colore è steso con pennellate sottili e allungate, disposte parallelamente tra loro in modo da suggerire la scia, ossia la direzione del movimento del soggetto. I colori sono puri, intensi e innaturali, come dimostra il rosso usato per il cavallo in primo piano. Il colore esprime qui un senso di contrasto e vitalità, e ha quindi un ruolo espressivo come nelle opere degli artisti espressionisti.
Dipingere il progresso L’afollarsi nel dipinto di una grande quantità di soggetti ha lo scopo di riprodurre lo stato di eccitazione che si crea nella nostra mente mentre osserviamo una realtà esterna tumultuosa. Secondo Boccioni, infatti, l’arte doveva registrare i ritmi rapidi della vita moderna riproducendo i mille stimoli che tutti noi normalmente percepiamo quando, per esempio, ci troviamo in una strada molto afollata. Tali stimoli (il passaggio di un tram, il movimento delle persone ecc.) si afollano e si sovrappongono nella nostra mente esattamente come nei dipinti futuristi. La deformazione dinamica dei soggetti e la tecnica pittorica divisionista tendono a fondere le igure con l’atmosfera e lo spazio circostante, al ine di permettere all’osservatore di percepire un intenso senso di movimento. La resa del movimento non è quindi ine a se stessa, ma rappresenta l’energia vitale dell’essere umano, l’idea stessa del progresso e del dinamismo della società contemporanea.
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Unità 12 Le avanguardie artistiche del Novecento e privilegiò l’uso di colori primari (rosso, giallo, blu) e non-colori (bianco, nero) per evitare di comunicare emozioni.
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Il Bauhaus
19 Piet Mondrian, Composizione, 1929. Olio su tela, cm 59,5×59,5. L’Aja (Paesi Bassi), Gemeentemuseum. 20 Marcel Breuer progettò la sedia Vasilij, in acciaio e tessuto, per l’appartamento di Kandinskij presso il Bauhaus di Dessau (Germania, 1925).
Mondrian e l’Astrattismo geometrico L’Astrattismo geometrico si formò in Olanda nell’ambiente di De Stijl («Lo stile»), rivista fondata nel 1917 da Theo Van Doesburg e Piet Mondrian. La rivista dava voce al movimento del Neoplasticismo, formato da pittori, scultori e architetti che si proponevano di trovare un nuovo linguaggio, comune a tutte le arti e non soggettivo: attraverso l’opera d’arte, cioè, essi non vollero esprime20 re la propria interiorità ma valori positivi validi per tutti, come chiarezza, certezza, ordine. Per far questo cercarono di rappresentare il dominio della mente sulle emozioni attraverso l’equilibrio visivo ottenuto usando forme geometriche pure ed essenziali. Per esempio Piet Mondrian (18721944), pittore e teorico, concepì il quadro come una griglia di linee orizzontali e verticali che, incrociandosi perpendicolarmente, determinavano rettangoli di colore puro [● ig. 19]. Eliminò cioè le linee diagonali e curve (perché alteravano la regolarità della composizione)
Molti protagonisti dell’Astrattismo diedero il loro contributo al Bauhaus, la scuola di arti applicate, architettura e disegno industriale sorta nel 1919 a Weimar (Germania). La scuola fu fondata dall’architetto e teorico tedesco Walter Gropius al ine di formare una nuova generazione di artisti, capaci di elevare la qualità della vita umana. L’insegnamento spaziava infatti dalle teorie della igurazione (simbologia e psicologia delle forme e del colore, costruzione dell’immagine) alla sperimentazione di materiali e tecniche industriali e artigianali. In questo modo gli allievi imparavano a «ridisegnare» il mondo secondo criteri di bellezza e funzionalità e a progettare città, ediici, arredi e oggetti d’uso quotidiano secondo forme esteticamente curate ma anche rispondenti allo scopo pratico per cui venivano realizzate [● ig. 20]. Promuovendo un’arte che riassumesse l’utile e il bello, il Bauhaus dimostrava un preciso intento sociale: era infatti sottintesa una concezione «democratica» dell’arte, secondo la quale tutti gli uomini avevano il diritto di vivere in un ambiente fatto di spazi e oggetti insieme utili e gradevoli.
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4 Kandinskij, Composizione VII
Analisi dell’opera
Autore: Vasilij Kandinskij Titolo: Composizione VII Datazione: 1913 Tecnica: olio su tela Dimensioni: cm 200×300 Collocazione: Mosca, Galleria Tret’jakov
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andinskij realizzò questo capolavoro di grande formato in soli tre giorni. Inizialmente espressionista, l’artista fu poi protagonista dell’Astrattismo lirico, elaborando anche testi teorici sulla nuova concezione spirituale dell’arte. Egli denominò molte sue opere «Improvvisazioni» o «Composizioni», con chiaro riferimento alla musica.
Una sinfonia a colori Il dipinto, estremamente dinamico e dotato di energia vitale, è ricco di linee sottili o spesse, rette o curve, di macchie e forme variamente irregolari, nonché di colori in prevalenza vivaci e saturi. I colori, tra cui spiccano i primari (gialli, blu e rossi, in varie tonalità) sono stesi in modo più o meno uniforme, riempiendo forme chiuse oppure indeinite, «a macchia». A una prima osservazione, l’opera può apparire non progettata e quasi caotica, costituita da libere aggregazioni improvvisate di forme e colori, tuttavia dominate da un’armonia complessiva.
La suddivisione dello spazio Segni, forme e colori sembrano tutti in movimento, ma non in modo casuale: essi infatti si orientano in prevalenza obliquamente nelle direzioni corrispondenti alle diagonali che distinguono lo spazio in quattro porzioni triangolari, con un moto ascendente. Al centro spicca una forma tondeggiante attorniata da altri segni neri posti nella zona triangolare sinistra. Pur nella complessità e varietà dei suoi elementi, l’opera suscita un senso di perfetta armonia e dinamico equilibrio, come una grandiosa sinfonia di colori: è facile intuire che tale sensazione può derivare solo da un attento studio compositivo.
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Unità 12 Le avanguardie artistiche del Novecento 22
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21 Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta, copia di un originale del 1913 andato perduto. Ruota di bicicletta montata su uno sgabello di legno, diametro della ruota cm 64,8; altezza dello sgabello cm 60,2. Milano, Collezione Arturo Schwarz. 22 Ma× Ernst, Il frutto di una lunga esperienza, 1920 ca. Rilievo su legno dipinto, cm 45,7×38. Ginevra, collezione privata. 23 Raoul Hausmann, Tatlin a casa, 1919. Materiali vari, cm 41×28. Stoccolma, Museo d’arte moderna.
Il Dadaismo Il movimento d’avanguardia chiamato « Dadaismo » si sviluppò tra Zurigo, Berlino, Parigi, Barcellona e New York tra il 1915 e il 1923 ca, riunendo artisti diversi come il romeno Tristan Tzara (poeta e autore dei Manifesti dadaisti), i tedeschi Hugo Ball (regista teatrale) e Hans Arp (scultore), i francesi Marcel Duchamp e Francis Picabia (pittori), lo statunitense Man Ray (pittore e fotografo). Il movimento Dada nacque uficialmente a Zurigo nel 1916, tra gli intellettuali rifugiatisi in Svizzera (paese neutrale) durante la Prima guerra mondiale. Secondo questi artisti, accomunati dal disgusto per la guerra, il conlitto aveva dimostrato la falsità dei valori e dei modelli tradizionali (culturali, sociali ecc.); proprio per dissacrare tali modelli essi realizzarono opere basate sul nonsenso, che scandalizzarono il pubblico borghese dell’epoca. Proposero quindi un’«anti-arte», passando dall’idea di opera come rappresentazione a quella di opera come provocazione, facendosi guidare dal caso e dando scarso rilievo alla ricerca estetica. Per esempio, sostituirono pittura e scultura con l’assemblaggio polimaterico oppure con i readymade («pronti per l’uso»): oggetti comuni tolti dal loro contesto e trasformati in opere d’arte per il solo fatto di essere dichiarati tali dall’artista. È il caso, per esempio, della Ruota di bicicletta [● ig. 21]: un’opera che consiste in una ruota di bicicletta, completa di raggi e cerchione, attaccata attraverso la forcella (che le permette di girare) al sedile di uno sgabello dipinto. La ruota montata su uno sgabello – un contesto decisamente insolito rispetto a quello abituale – ed esposta in una mostra disorienta l’osservatore, che è portato a rilettere sull’idea di opera d’arte e a considerarla come il frutto del talento e della creatività dell’artista. Infatti, egli è co-
stretto a mettere in crisi la sua concezione di arte e a chiedersi se un’opera d’arte sia tale solo perché ideata da un artista e se l’aspetto estetico e il suo signiicato siano irrilevanti. Anche fotograia, collage, fotomontaggio e fotocollage [● igg. 22-23] furono usati dagli artisti dada, perché consentivano di creare immagini unendo forme e soggetti in modo libero e casuale. Lo stesso nome «Dada» è una provocazione: fu scelto a caso, in quanto suono senza signiicato.
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107 Il Surrealismo 24
Il Surrealismo Nel 1924 il poeta e critico francese André Breton pubblicò il Manifesto del Surrealismo, movimento d’avanguardia esteso a tutte le arti (letteratura, pittura, scultura, cinema, teatro) e inalizzato a indagare la realtà più profonda dell’essere umano. I surrealisti, che non avevano più alcuna iducia nella ragione, ritenevano di poter conoscere attraverso l’inconscio gli aspetti psicologici più autentici dell’uomo. Breton, che conosceva personalmente Sigmund Freud (padre della psicanalisi), puntava a sviluppare un’arte capace di manifestare l’inconscio; il suo invito fu accolto da molti artisti europei, in particolare dai pittori Salvador Dalí e Joan Miró (spagnoli), René Magritte (belga), Max Ernst (tedesco) e da diversi dadaisti (Picabia, Arp, Duchamp, Man Ray). I surrealisti, come i dadaisti, riiutarono qualsiasi convenzione morale e sociale e si posero come obiettivo principale la totale libertà creativa dell’artista rispetto a qualsiasi tradizione. Il sogno fu al centro di molte ricerche e opere surrealiste. Per ricrearne le atmosfere misteriose e irrazionali, i pittori fecero spesso ricorso al paradosso visivo, ossia all’accostamento assurdo di elementi che nella realtà non hanno alcun legame logico. Per rappresentare le immagini generate inconsciamente e spontaneamente dalla mente altri artisti cercarono invece di raggiungere l’automatismo psichico, trasponendo il lusso dei loro pensieri nelle composizioni senza alcun iltro, sperimentando tecniche più rapide e imme-
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diate come la scrittura automatica, il grattage, il frottage, il collage, il fotomontaggio [● ig. 24], l’assemblaggio. I numerosi artisti che entrarono a far parte del Surrealismo diedero vita a opere dal carattere non uniforme. Alcuni, come René Magritte (1898-1967) e Salvador Dalí (1904-1989), costruirono le immagini nell’apparente rispetto della tradizione pittorica, ma diedero loro contenuti paradossali. Per esempio, Magritte in Il falso specchio [● ig. 25] usa il paradosso visivo, un procedimento che consiste nell’accostare e sovrapporre elementi che nell’esperienza comune non hanno alcuna relazione logica tra loro, in modo da creare un senso di spaesamento nell’osservatore. Immagini banali e oggetti familiari assumono così un signiicato poetico nuovo e sorprendente, poiché vengono accostati in modo
24 Herbert Bayer, La solitudine del cittadino, 1932. Originale in gelatina d’argento, fotomontaggio, cm 34x26,9. Colonia, Museum Ludwig. 25 René Magritte, Il falso specchio, 1928. Olio su tela, cm 54×80,9. New York, The Museum of Modern Art. 26 Joan Miró, Terra arata, 1924-1925. Olio su tela, cm 66×94. New York, Solomon R. Guggenheim Museum.
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L’arte contemporanea
Unità
13 1950 dal 1950 Arte digitale
dal 1955 in poi Informale
1956 Montale pubblica La bufera e altro
Alberto Burri, Cretto G 2, 1975. Acrilico su lavagna, cm 80×100. Città di Castello (Perugia), Palazzo Albizzini, Collezione Burri.
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a seconda metà del Novecento è stata caratterizzata da contraddizioni profonde. La democrazia si è difusa nella maggior parte delle nazioni, eppure periodicamente sono emersi eferati regimi totalitari in varie parti del mondo. Sono sorti organismi sovranazionali per la pace e i diritti di tutta l’umanità (ONU), ma anche modelli economici che hanno diviso il mondo dapprima in due blocchi politici (l’Occidente capitalistico, guidato dagli USA, e l’Est socialista, guidato dall’URSS) e poi in Paesi del benessere e «terzo mondo». L’innovazione tecnologica ha permesso di ampliare le conoscenze umane, ma ha portato anche danni irreparabili all’ambiente. In sintesi, il Novecento è stato il «secolo del progresso di massa», con risvolti positivi e negativi che hanno segnato la mentalità e lo stile di vita collettivo. Gli artisti hanno sentito il bisogno di capire quale senso potesse avere un atto privo di utilità pratica come l’opera d’arte nella contemporanea società «dei consumi», lacerata da contraddizioni e spersonalizzata dalla tecnologia; ciò li ha portati a continue sperimentazioni di materiali inconsueti e tecniche sempre nuove. In generale, pittura e scultura sono uscite dai conini tradizionali, mescolandosi fra loro e con altre forme espressive (poesia, teatro, musica, danza, cinema, pubblicità, informatica).
1957 Calvino pubblica Il barone rampante; Morante pubblica L’isola di Arturo
1962 Bassani pubblica Il giardino dei Finzi-Contini
1965 Caproni pubblica Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee
dal 1970 Arte concettuale
1980 Eco pubblica Il nome della rosa
2000
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Unità 13 L’arte contemporanea
110 1 Jackson Pollock, Convergenza: Numero 10, 1952. Olio e smalto su tela, cm 237,4×393,7. Bufalo (USA), Albright-Knox Art Gallery.
2 Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese, 1962. Idropittura su tela, cm 65,4×54×6. Milano, Fondazione Lucio Fontana. 2
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L’arte informale L’Informale è una tendenza artistica diffusasi tra il 1945 e il 1960 in Europa, Stati Uniti e Giappone e basata sul riiuto della rappresentazione di forme figurative o astratte: le opere informali non sono frutto
di progettazione, ma scaturiscono da materiali manipolati con gesti non sempre controllati. L’idea di una pittura «non formale» è nata dal disinteresse per la realtà e la tradizione: questi artisti provavano una profonda siducia verso la società del dopoguerra, che ritenevano priva di valori. In Italia è stato fondamentale l’apporto di Alberto Burri (1915-1995) che ha creato opere rafinate ed eleganti usando materiali inconsueti e comuni come sacchi, legni, catrami, ferri e materiali plastici. Anche Jackson Pollock (19121956), esponente di punta del movimento americano Action Painting («Pittura d’azione»), ha posto al centro della propria ricerca l’espressività della materia. Utilizzava infatti la tecnica del dripping, afinché ciascun prodotto (colori a olio, vernici metallizzate, smalti ecc.) «seguisse il proprio corso», dando vita all’immagine. Il risultato è un’immagine priva di forme prestabilite, creata dalle forme assunte dalla materia-colore e dal gesto dell’artista [● ig. 1]. L’italiano Lucio Fontana (1899-1968) ha insistito particolarmente sull’ espressività del gesto, riducendo gli elementi compositivi (forme e colori) ino a creare tele monocrome squarciate con uno o più tagli [● ig. 2].
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111 Bacon, Moore, Giacometti 3
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Bacon, Moore, Giacometti Alcuni artisti indipendenti hanno elaborato linguaggi del tutto personali. È il caso, per esempio, dell’inglese Francis Bacon (19091992), i cui ritratti sfuggono a ogni classiicazione: tecnicamente tradizionali (eseguiti a olio su tela), presentano igure inquietanti, insieme realistiche e deformate [● ig. 3]. Bacon aveva una visione tragica della condizione umana, derivata dal vissuto personale, dagli eventi drammatici del suo tempo e dalle teorie psicanalitiche di Freud: dunque ha elaborato un linguaggio violentemente espressivo, capace di dare forma visibile al dramma esistenziale che accomuna tutti gli uomini. Nelle opere dello scultore e incisore inglese Henry Moore (1898-1986) l’inluenza del Cubismo, del Surrealismo e dell’Astrattismo si uniscono all’interesse dell’artista per la natura e l’antico (scultura classica e precolombiana). Come gli scultori classici, infatti, Moore ha posto al centro delle sue ricerche la igura umana: ciò che egli «copia» dalla natura, però, non è l’aspetto esteriore, ma la vitalità intrinseca delle forme [● ig. 4]; l’anatomia sempliicata si sviluppa nello spazio senza seguire le tradizionali regole della simmetria o delle proporzioni tra le parti, come se scaturissero dalla natura. Anche lo scultore e pittore svizzero Alberto Giacometti (1901-1966), dopo una fase surrealista, si è concentrato sulla igura umana elaborando un proprio linguaggio origina-
le estremamente scarno e sintetico. L’essere umano isolato, allungato, iliforme e tormentato sembra rimandare alla condizione esistenziale dell’uomo, al suo isolamento e al suo drammatico destino [● ig. 5]. 5
3 Francis Bacon, Studio sul ritratto di papa Innocenzo X di Velásquez, 1953. Olio su tela, cm 153×118. Des Moines (USA), Des Moines Art Center. 4 Henry Moore, Figura giacente in tre parti: drappeggio, 1975. Bronzo, cm 264×447. Teheran (Iran), Museo d’Arte Contemporanea. 5 Alberto Giacometti, Grande Femme III, 1960. Bronzo, cm 237×32×54. Riehen (Svizzera), Fondation Beyler.
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Unità 13 L’arte contemporanea cinema (locandine di ilm e fotograie di divi) o ai fumetti, tradotti dall’arte in icone della vita moderna. Ogni artista pop si è interessato ad ambiti speciici, elaborando un proprio linguaggio. Andy Warhol, per esempio, ha riprodotto ripetutamente con diverse tecniche – ma soprattutto attraverso serigraie – alcuni prodotti famosi o volti di personaggi celebri [● ig. 6].
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L’arte concettuale, l’arte in movimento
6 Andy Warhol, Two Hundred Campbell’s Soup Cans, 1962. Olio e polimeri sintetici su tela, cm 183×25. New York, Leo Castelli Gallery. 7 Alexander Calder, Mobile, 1956. Filo e lamina metallica dipinti. Milano, Galleria del Naviglio.
La Pop Art Negli anni Sessanta diversi artisti americani ed europei hanno smesso di considerare l’opera d’arte come un mezzo per esprimere se stessi, scegliendo di rappresentare oggetti e immagini popolari tratti dalla vita quotidiana. Nella società contemporanea, infatti, l’individuo aveva perso importanza, poiché era stato inglobato nella massa indifferenziata di consumatori. I protagonisti del movimento della Pop Art (da Popular Art, «arte del popolo») sono alimenti e prodotti diffusi e pubblicizzati a quell’epoca (bibite, hamburger, detersivi ecc.), immagini legate al mondo del
Gli esponenti dell’arte concettuale erano animati dal proposito non di rappresentare oggetti, bensì di condividere con lo spettatore il processo creativo. Gli appartenenti a questo movimento hanno sperimentato una sorta di «poesia visiva»: hanno riportato nell’opera parole e immagini afiorate nella mente dell’artista durante la fase creativa, giocando sul loro valore visivo e concettuale. Altri artisti si sono spinti a riiutare l’opera d’arte come prodotto concreto e duraturo: nella loro visione, fare arte non signiica creare un oggetto ma dare vita a un evento, da vivere in un luogo e in un momento precisi. L’evento, chiamato con il termine inglese «happening», consiste in una rappresentazione simile a quelle teatrali: deinita un’idea di base, l’artista sceglie un luogo di passaggio (piazze, strade, locali pubblici) per svilupparla «in diretta», tramite l’improvvisazione e il coinvolgimento attivo del pubblico. Il ritmo della vita moderna ha stimolato molti artisti del Novecento a incentrare le proprie opere sulla rappresentazione del movimento, che ha assunto un significato particolare nell’Arte cinetica. Si tratta di una tendenza internazionale nata negli anni Cinquanta, basata sull’espressività del movimento in sé. Le opere d’arte cinetiche sono immagini tridimensionali o bidimensionali che riproducono forme astratte in movimento, reale o illusorio [● ig. 7].
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L’architettura del Novecento 1
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Unità
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l Novecento è stato un secolo in costante evoluzione sotto ogni aspetto (politico, sociale, economico, culturale): pertanto l’architettura non si è espressa in uno stile unitario, ma nell’avvicendarsi di linguaggi anche molto diversi fra loro. A grandi linee si è sviluppata in tre fasi, interpretando in modi diferenti la ricerca di modernità e il rapporto con il progresso industriale e tecnologico. Fino al 1920 ca l’architettura si è adeguata alle esigenze della vita moderna senza rotture rispetto alla tradizione, sperimentando i nuovi materiali industriali su nuovi tipi di ediici [grattacieli, stazioni, gallerie commerciali ecc. ● ig. 1] o dando loro dignità artistica, come nelle decorazioni dell’Art Nouveau. Tra gli anni Venti e gli anni Settanta si è imposta una nuova idea di architettura «moderna», che si aidava alle nuove possibilità oferte dall’industria (materiali, metodi progettuali e costruttivi) e ha prodotto modelli architettonici e urbanistici innovativi tesi a rispondere alle esigenze abitative e lavorative della società moderna. Dagli anni Settanta è apparsa una concezione architettonica «postmoderna», cioè protesa verso il futuro, soprattutto nell’impiego di mezzi tecnici rivoluzionari, ma anche capace di confrontarsi con gli stili del passato [● ig. 2].
1 Louis Henry Sullivan, Guaranty Building a Bufalo, 1895. 2 Renzo Piano, Centro Culturale J.-M. Tjibaou a Nouméa (Nuova Caledonia), 1992-1998.
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Unità 14 L’architettura del Novecento 3
3 Le Corbusier, Villa Savoye, 1929-1931. Poissy (Francia). 4 Le Corbusier, Unità d’abitazione a Marsiglia (Francia), 1947-1952.
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L’architettura «moderna» (1920-1970) Negli anni Venti e Trenta gli architetti decisero di rifondare le basi teoriche dell’architettura per adeguare ediici e città ai tempi moderni. Essi vollero cioè rompere ogni legame con la tradizione riiutando gli stili storici e le convenzioni accademiche, assumere l’industria come modello di riferimento, cercando di sfruttare le potenzialità dei nuovi materiali come il calcestruzzo armato e studiare la forma dell’ediicio in base alla sua funzione, imponendo così un nuovo gusto estetico. Queste teorie presero il nome di Funzionalismo e ispirarono tutta la produzione edilizia dei Paesi industrializ-
zati ino agli anni Settanta. Il Funzionalismo si manifestò in modi diversi nell’architettura razionalista e nell’architettura organica. Il Razionalismo nacque nell’ambiente del Bauhaus e si diffuse rapidamente in tutta Europa e negli Stati Uniti. I promotori, gli architetti e teorici tedeschi Walter Gropius e Ludwig Mies Van Der Rohe e il francese Le Corbusier, credevano nell’industria e nell’architettura come strumenti di progresso sociale: pensavano che l’industria, usata «razionalmente», avrebbe liberato i popoli dall’ingiustizia sociale e che l’architettura potesse favorire questo processo. Pertanto progettarono con pari impegno ville borghesi e condomini popolari, ediici pubblici e fabbriche. L’ediicio razionalista si presentava come una struttura geometrica priva di decorazioni, composta da volumi puri e angoli retti, con tetto piano, grandi vetrate a formare inestre continue o intere pareti e piani articolati in modo autonomo [● fig. 3]. Gli architetti razionalisti sfruttarono appieno le potenzialità dei materiali moderni, in particolare del calcestruzzo armato. Le opportunità delle nuove tecniche costruttive furono interpretate da Le Corbusier (18871965) in modo autonomo e originale [● ig. 4]. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
115 L’architettura organica 5
L’architettura organica Negli Stati Uniti il Funzionalismo si diffuse ampiamente, sia nella versione razionalista importata dall’Europa, sia nell’interpretazione autonoma dell’architettura organi6
ca: questa non aveva inalità sociali, ma si proponeva di indagare il rapporto tra l’individuo e la natura. Frank Lloyd Wright (18691959), esponente di spicco e teorico dell’architettura organica, considerava infatti l’edificio un organismo vivente, una «creatura» che interagiva con la vita circostante (dell’ambiente e degli occupanti). Egli volle progettare ediici funzionali e realizzati con tecnologie innovative, che fossero però anche in sintonia con la natura; per esempio, adattò la pianta all’andamento del terreno e utilizzò colori e materiali dell’ambiente circostante. Wright si dedicò soprattutto all’abitazione unifamiliare extraurbana [● ig. 5], ma applicò le sue teorie anche agli ediici pubblici urbani: per il Guggenheim Museum di New York, per esempio, immaginò una struttura simile a una grande chiocciola con volute concentriche, come per dimostrarne la funzione di «scrigno» di opere d’arte e al tempo stesso farla protendere verso le strade attraverso il movimento a spirale, così da porla in «rapporto organico» con la città [● ig. 6]. 5 Frank Lloyd Wright, Fallingwater (Casa sulla cascata), 1935-1939. Bear Run, Pennsylvania (USA). 6 Frank Lloyd Wright, Solomon R. Guggenheim Museum, 19431959. New York.
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116 7 Renzo Piano e Richard Rogers, Centre Georges Pompidou, 1971-1977. Parigi. 8 Frank O. Gehry, Museo Guggenheim, 1991-1997. Bilbao (Spagna).
Unità 14 L’architettura del Novecento 7
L’architettura «postmoderna» (1970-2000) Negli anni Settanta gli architetti hanno iniziato a riformulare il concetto di pianiicazione nelle città; le loro ricerche hanno portato a una presa di distanza dal Razionalismo e a una nuova fase di sperimentazioni «postmoderne», cioè di ricerche molto diverse fra loro, ma accomunate dal riiuto di regole prestabilite. I principali esponenti dell’architettura postmoderna sono l’inglese Charles Jencks, l’italiano Paolo Portoghesi e gli americani Robert Venturi e Charles Moore, che hanno opposto al Funzionalismo una nuova concezione spaziale, progettando ediici non standardizzati, plastici e pieni di curve, riaffermando l’idea di «architettura come arte».
La rivoluzione tecnologica iniziata negli anni Settanta ha inluito in modo determinante sull’architettura: l’uso del computer, oltre ad agevolare i calcoli progettuali, ha permesso di risolvere problemi statici, di simulare la resistenza o la lessibilità delle strutture, di mettere a punto materiali molto soisticati. Alcuni architetti, come per celebrare la nuova era tecnologica, hanno progettato ediici con elementi strutturali o impianti a vista: hanno cioè attribuito un alto valore estetico a elementi solitamente nascosti, come pali o cavi in acciaio, grate e tubi in plastica [● igg. 7-8].Tra i numerosi interpreti di questa concezione architettonica, deinita High-Tech («alta tecnologia»), vi sono gli inglesi Norman Forster e Richard Rogers, il tedesco Frei Otto, l’italiano Renzo Piano, il canadese Frank O. Gehry.
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Indice degli autori e delle opere
Alberti, Leon Battista (1406-1472), 29, 30 – facciata di Santa Maria Novella a Firenze, 28 Andrea del Castagno (1421 ca - 1457) – Ultima cena, 29 Antelami, Benedetto (1150 ca - 1230 ca) – Mese di Settembre e segno zodiacale della Bilancia, 18 Antonello da Messina, Antonello di Antonio, detto (1430 ca - 1479), 32 Arcimboldo, Giuseppe (1527-1593), 43 – Ritratto di Rodolfo II come Vertumno, 43 Arp, Hans (1887-1966), 106, 107 Bacon, Francis (1909-1992), 111 – Studio sul ritratto di papa Innocenzo X di Velásquez, 111 Ball, Hugo (1886-1927), 106 Balla, Giacomo (1871-1958), 100 – La mano del violinista, 101 – Velocità astratta + rumore, 93 Basile, Ernesto (1857-1932) – salone liberty di Villa Igiea a Palermo, 88 Bayer, Herbert (1900-1985), – La solitudine del cittadino, 107 Beato Angelico, fra’ Giovanni da Fiesole, detto (1395 ca - 1455), 31 – L’Annunciazione, 2, 31 Bernini, Gian Lorenzo (1598-1680), 53 – Baldacchino di San Pietro a Città del Vaticano, 50 – colonnato di piazza San Pietro a Roma, 56 (Analisi dell’opera) – Estasi di santa Teresa, 49 – fontana «Barcaccia» di piazza di Spagna a Roma, 53 – Sant’Andrea al Quirinale a Roma, 53 Boccioni, Umberto (1882-1916), 100-101 – Forme uniche della continuità nello spazio, 101 – Materia o La città che sale, 102 (Analisi dell’opera) – Rissa in galleria, 100 Böcklin, Arnold (1827-1901), 87 Borromini, Francesco (1599-1667), 54 – Sant’Ivo alla Sapienza a Roma, 54 Botticelli, Sandro Filipepi, detto il (1445-1510), 32 – La Fortezza, 5 – Nascita di Venere, 36 (Analisi dell’opera) Bramante, Donato di Pascuccio di Antonio, detto (1444-1514), 38, 40, 42
– interno della Chiesa di Santa Maria presso San Satiro a Milano, 40 – tempietto di San Pietro in Montorio a Roma, 38 Braque, Georges (1882-1963), 97 – Natura morta con un violino e una brocca, 97 Breton, André (1896-1966), 107 Breuer, Marcel (1902-1981) – progetto per la sedia Vasilij, 104 Brunelleschi, Filippo (1377-1446), 29, 30, 34 – chiesa di San Lorenzo a Firenze, 29 – cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, 29 – Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze, 30, 33 (Analisi dell’opera) Buonarroti, Michelangelo (1475-1564), 39-40, 41-43, 56 – afreschi della volta della Cappella Sistina a Roma, 46 (Analisi dell’opera) – cupola della chiesa di San Pietro a Roma, 37, 38, 42, 56 – David, 45 (Analisi dell’opera) – Giudizio Universale, 40 – Sacra Famiglia, 40 Burri, Alberto (1915-1995), 110 – Cretto G 2, 109 Calder, Alexander (1898-1976) – Mobile, 112 Canaletto, Giovanni Antonio Canal, detto il (1697-1768) – Il bacino di San Marco verso est, 51 Canova, Antonio (1757-1822), 60 – Amore e Psiche, 61 (Analisi dell’opera) – La Giustizia, 5 – Monumento funebre di Maria Cristina d’Austria, 60 – Paolina Borghese come Venere vincitrice, 60 Caravaggio, Michelangelo Merisi, detto il (1571 ca - 1610), 50 – Canestra di frutta, 50 – Morte della Vergine, 55 (Analisi dell’opera) – Vocazione di san Matteo, 50 Carrà, Carlo (1881-1966), 100, 108 – La Musa metaisica, 108 Cézanne, Paul (1839-1906), 76, 80-81, 95, 97 – Il tavolo da cucina, 80 Constable, John (1776-1837), 64 – Il carro da ieno, 64 Courbet, Gustave (1819-1877), 70
– Funerale a Ornans, 70 – Gli spaccapietre, 72 (Analisi dell’opera) Dalí, Salvador (1904-1989), 107 – Persistenza della memoria, 108 Daumier, Honoré (1808-1879), 70 – Il vagone di terza classe, 69 David, Jacques-Louis (1748-1825), 59 – Il giuramento degli Orazi, 62 (Analisi dell’opera) – La morte di Marat, 59 De Chirico, Giorgio (1888-1978), 108 – L’incertezza del poeta, 108 Degas, Edgar (1834-1917), 74, 76, 82 – Ballerina in posa per il fotografo, 76 de Heem, Jan Davidsz (1606-1684) – Natura morta con frutti e astice, 51 Delacroix, Eugène (1798-1863), 65 – La Libertà che guida il popolo, 66 (Analisi dell’opera) De Pisis, Filippo (1896-1956), 108 Derain, André (1880-1954), 95 de Vlaminck, Maurice (1876-1958), 95 Donatello, Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto (1386-1466), 32 – David, 32 – Monumento equestre del condottiero Gattamelata, 28 – San Giorgio, 35 (Analisi dell’opera) Duchamp, Marcel (1887-1968), 106, 107 – Ruota di bicicletta, 106 Ernst, Max (1891-1976), 107 – Fishbone Forest, 108 – Il frutto di una lunga esperienza, 106 Fattori, Giovanni (1825-1908), 71 – In vedetta, 71 – La rotonda dei bagni Palmieri, 71 Fenoglio, Pietro (1865-1927) – Casa Fenoglio, 88 Fontana, Lucio (1899-1968), 110 – Concetto spaziale. Attese, 110 Forster, Norman (1935-), 116 Frei, Otto (1925-),116 Friedrich, Caspar David (1774-1840), 64 – Monaco in riva al mare, 67 (Analisi dell’opera) Füssli, Heinrich (1741-1825), 63 – L’incubo, 63
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Indice degli autori e delle opere
Gaudí, Antoni (1852-1926) 90 – Casa Batlló a Barcellona, 90 – Casa Batlló, interno, 91 – Parc Güell a Barcellona, 91 Gauguin, Paul (1848-1903), 82, 95 – Cristo giallo, 82 – Ta matete (Il mercato), 85 (Analisi dell’opera) Gehry, Frank O. (1929-) – Museo Guggenheim a Bilbao (Spagna), 116 Géricault, Théodore (1791-1824), 65 – La zattera della Medusa, 57 Giacometti, Alberto (1901-1966), 111 – Grande Femme III, 111 Giorgione, Giorgio da Castelfranco, detto (1477 ca - 1510), 42 – La tempesta, 42 Giotto (1267 ca -1337), 24 – Ciclo della vita di san Francesco, 26 (Analisi dell’opera) – San Francesco predica agli uccelli, 3 Gislebertus (XII secolo) – Il Giudizio Universale, 18 Goya y Lucientes, Francisco (1746-1828), 63 – Il 3 maggio 1808 a Madrid - Le Fucilazioni alla montagna del Principe Pio, 63 Gropius, Walter (1883-1969), 104, 114 Gruber, Jacques (1870-1936) – paravento, 88 Hausmann, Raoul (1886-1971) – Tatlin a casa, 106 Hayez, Francesco (1791-1882), 65 – Il bacio, 65 Heckel, Erich (1883-1970), 95 – Case rosse, 95 Hoosemans, Frans – candelabro, 88 Horta, Victor (1861-1947) – Casa Tassel a Bruxelles, 88 Ingres, Jean-Auguste-Dominique (1780-1867) – La bagnante di Valpinçon, 59 Jencks, Charles (1939-), 116 Kandinskij, Vasilij (1866-1944), 103 – Composizione VII, 105 (Analisi dell’opera) – Paesaggio con macchie rosse, n. 2, 94 – Primo acquarello astratto, 103 – Prova di copertina per l’almanacco «Cavaliere azzurro», 103 Kirchner, Ernst Ludwig (1880-1938), 94, 95 – Cinque donne per strada, 95 Klee, Paul (1879-1940), 103 – Strade principali e secondarie, 103 Klimt, Gustav (1862-1918), 90 – Il bacio, 92 (Analisi dell’opera)
Munch, Edvard (1863-1944), 82, 95 – Il grido, 86 (Analisi dell’opera) – La bambina malata, 82 Muybridge, Eadweard (1830-1904) – Il cavallo in movimento, 75
– Il Compimento (L’abbraccio), 90 – Le tre età della vita, 89 Kokoschka, Oscar (1886-1980) – La tempesta o La sposa del vento, 94 Lanfranco (XI-XII secolo) – cattedrale di San Geminiano, duomo di Modena, 19 (Analisi dell’opera) Le Corbusier (1887-1965), 114 – Unità d’abitazione a Marsiglia, 114 – Villa Savoye, 114 Lega, Silvestro (1826-1895), 71 Leonardo da Vinci (1452-1519), 38, 39, 41 – La dama con l’ermellino, 38 – L’Ultima Cena, 39 – Monna Lisa (La Gioconda), 44 (Analisi dell’opera) Lotto, Lorenzo (ca 1480-1556), – Annunciazione, 2
Nolde, Emil (1867-1956), 95
Macke, August (1887-1914), 103 Magritte, René (1898-1967), 107 – Il falso specchio, 107 Manet, Édouard (1832-1883), 74, 75 – La colazione sull’erba, 74 Mantegna, Andrea (1431-1506) – Parnaso, 3 – oculo della Camera degli Sposi a Mantova, 27 Marc, Franz (1880-1916), 103 Marinetti, Filippo Tommaso, 100 Martini, Simone (1280 ca - 1344) – Annunciazione, 21 Masaccio, Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai, detto (1401-1428), 31 – Il tributo, 31 – Trinità (Analisi dell’opera), 34 Masolino da Panicale, Tommaso di Cristoforo Fini, detto (1383 ca - 1440 ca) – Tentazione di Adamo ed Eva, 4 Matisse, Henri (1869-1954), 95 – La Danza (Analisi dell’opera), 96 – La stanza rossa (Armonia in rosso), 95 Memling, Hans (1430 ca - 1494) – Le sette gioie di Maria, 1 Millet, François (1814-1875), 70 – Le spigolatrici, 70 Miró, Joan (1893-1983), 107 – Terra arata, 107 Mondrian, Piet (1872-1944), 104 – Composizione, 104 Monet, Claude (1840-1926), 74, 76, 82 – Impressione, sole nascente, 74 – La cattedrale di Rouen, il portale e la torre, pieno sole, 76 – La stazione Saint-Lazare, 73 – Regate ad Argenteuil, 77 (Analisi dell’opera) Moore, Charles (1925-1993), 116 Moore, Henry (1898-1986), 111 – Figura giacente in tre parti: drappeggio, 111 Morisot, Berthe (1841-1895), 76
Palladio, Andrea, Andrea di Pietro della Gondola, detto (1508-1580), 43 – Villa Barbaro a Maser, 48 (Analisi dell’opera) – Villa Capra, detta anche «La rotonda» a Vicenza, 43 Parmigianino, Francesco Mazzola, detto il (1503-1540) – Madonna dal collo lungo, 43 Perugino, Pietro Vannucci, detto il (1450 ca - 1523), 41 Piano, Renzo (1937-), 116 – Centre Georges Pompidou a Parigi, 116 – Centro Culturale J.-M. Tjibaou a Nouméa (Nuova Caledonia), 113 Picabia, Francis (1879-1953), 106, 107 Picasso, Pablo (1881-1973), 97, 98 – Guernica, 98 – Il vecchio chitarrista cieco, 98 – Les Demoiselles d’Avignon, 97 – Natura morta con sedia impagliata, 99 (Analisi dell’opera) – Tavolo in un cafè, 94 Piermarini, Giuseppe (1734-1808) Teatro alla Scala a Milano, 58 Piero della Francesca (1415 ca - 1492), 32 – Annunciazione, 29 – Doppio ritratto dei duchi di Urbino, 27 – La lagellazione di Cristo, 32 Pisano, Giovanni (1248 ca - 1315 ca), 24 – Strage degli innocenti, 25 (Analisi dell’opera) Pisano, Nicola (1215/1220 - 1278/1284), 24 Pissarro, Camille (1830-1904), 76 Pollock, Jackson (1912-1956), 110 – Convergenza: Numero 10, 110 Pontormo, Jacopo Carrucci, detto il (1494-1557) – Trasporto di Cristo al sepolcro, 42 Portoghesi, Paolo (1931-), 116 Pozzo, Andrea (1642-1709) – Gloria di sant’Ignazio, 52 Rafaello Sanzio (1483-1520), 38, 41, 42 – Crociissione detta Gavari, 2 – La Scuola di Atene, 41 – Lo sposalizio della Vergine, 38 – Madonna del Belvedere, 41 – ritratto di donna detto La Velata, 1 – Ritratto di Maddalena Strozzi Doni, 37 Ray, Man (pseudonimo di Emmanuel Rudnitsky) (1890-1976), 106, 107 Redon, Odilon (1840-1916) – Il ciclope, 89 Renoir, Pierre-Auguste (1841-1919), 74, 76
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119 – Ballo al Moulin de la Galette a Montmartre, 78 (Analisi dell’opera) – Il palco, 76 – La Grénouillière, 75 Rogers, Richard (1933-2012), 116 – Centre Georges Pompidou a Parigi, 116 Rossellino, Bernardo (1409-1464) – concattedrale di Santa Maria Assunta e Palazzo Rossellino a Pienza, 27 Rousseau, Théodore (1812-1867) – Paesaggio, 70 Russolo, Luigi (1885-1947), 100 – Dinamismo di un’automobile, 100 Sant’Elia, Antonio (1888-1916), 100-101 Savinio, Alberto (1891-1952),108 Schmidt-Rottluf, Karl (1884-1976), 95 Seurat, Georges (1859-1891), 80 – La Grande Jatte, 83 (Analisi dell’opera) – Veduta alla Grande Jatte in primavera, 80 Severini, Gino (1883-1966), 100 – Ballerina in blu, 101 Signac, Paul (1863-1935), 80 Signorini, Telemaco (1835-1901), 71 Sisley, Alfred (1839-1899), 76
Sullivan, Louis Henry (1856-1924) – Guaranty Building a Bufalo City, 113 Tiepolo, Giambattista (1696-1770) – afreschi nella residenza del principevescovo di Baviera a Würzburg (Germania), 54 Tiziano Vecellio (1490 ca - 1576), 41 – Amor sacro e amor profano, 5 – Carlo V a cavallo, 42 Turner, Joseph Mallord William (1775-1851), 64 – Boe per la segnalazione di un naufragio, 64 – L’incendio delle Camere dei Lords e dei Comuni, 68 (Analisi dell’opera) Tzara, Tristan (1896-1963), 106 Uccello, Paolo (1397-1475), 31 – San Giorgio e il drago, 3 Van Der Rohe, Ludwig Mies (1886-1969), 114 Van Doesburg, Theo (1883-1931), 104 Van Gogh, Vincent (1853-1890),81, 82, 95 – Campo di grano con corvi, 81
– I mangiatori di patate, 81 – La chiesa di Auvers, 84 (Analisi dell’opera) – La notte stellata, 79 Van Kessel il Vecchio, Jan (1626-1679) – Natura morta con frutta e verdura, 1 Venturi, Robert (1925-), 116 Vermeer, Jan (1632-1675) – La lattaia, 51 Veronese, Paolo Caliari, detto il (1528-1588), 48 – Cena a casa di Levi, 43 Vuolvinio (IX secolo), 13 Warhol, Andy (1928-1987) – Two Hundred Campbell’s Soup Cans, 112 Wiligelmo (XI-XII secolo), 19, 31 – Le storie della Genesi, 20 (Analisi dell’opera) – Rilievo sulla facciata del duomo di Modena, 15 Wright, Frank Lloyd (1869-1959), 115 – Fallingwater (Casa sulla cascata), Bear Run, Pennsylvania (USA), 115 – Solomon R. Guggenheim Museum a New York, 115
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Referenze iconograiche
Referenze iconograiche In presenza di più immagini su una stessa pagina le referenze si intendono compilate dall’alto in basso e da sinistra a destra.
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Foto Scala, Firenze/BPK, Bildagentur fuer Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin; G. Cappellani/DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari; Bruxelles, Casa Tassel. p. 89: Otterlo, Museo Kröller-Müller; Imagno/Archivi Alinari/G. Klimt/© by SIAE, Roma 2012. p. 90: G. Klimt/© by SIAE, Roma 2012; www.comlive.net. p. 91: Luciano Mortula/Shutterstock.com. p. 92: G. Klimt/© by SIAE, Roma 2012. p. 93: Venezia, Collezione Peggy Guggenheim. p. 94: P. Picasso/© by SIAE, Roma 2012; V. Kandinskij/© by SIAE, Roma 2012; O. Kokoschka/© by SIAE, Roma 2012; Colonia, Wallraf-RichartzMuseum. p. 95: E. Heckel/© by SIAE, Roma; H. Matisse/© by SIAE, Roma. p. 96: H. Matisse/© by SIAE, Roma. p. 97: Bridgeman Art Library/Archivi Alinari/ P. Picasso/© by SIAE, Roma 2012. p. 98: P. Picasso/© by SIAE, Roma 2012. p. 99: P. Picasso/© by SIAE, Roma 2012. p. 100: Milano, Pinacoteca di Brera; Parigi, Musée National d’Art Moderne. p. 101: G. Severini/© by SIAE, Roma 2012; G. Balla/© by SIAE, Roma 2012; Londra, Tate Gallery. p. 102: New York, The Museum of Modern Art. p. 103: V. Kandinskij/© by SIAE, Roma 2012; P. Klee/© by SIAE, Roma 2012. p. 104: New York, Guggenheim Museum. p. 105: V. Kandinskij/© by SIAE, Roma 2012. p. 106: M. Duchamp/© by SIAE, Roma 2012; M. Ernst/© by SIAE, Roma 2012; R. Hausmann/© by SIAE, Roma 2012. p. 107: H. Bayer/© by SIAE, Roma 2012; R. Magritte/© by SIAE, Roma 2012; J. Miró/© by SIAE, Roma 2012. p. 108: S. Dalí/© by SIAE, Roma 2012; M. Ernst/© by SIAE, Roma 2012; G. De Chirirco/© by SIAE, Roma 2012. p. 109: Collezione Fondazione Palazzo Albizzini. p. 110: © 2012. Albright Knox Art Gallery/Art Resource, NY/Scala, Firenze/J. Pollock/ © by SIAE, Roma 2012; Milano/Fondazione Lucio Fontana. p. 111: F. Bacon/© by SIAE, Roma 2012; The Henry Moore Foundation; A. Giacometti/ © by SIAE, Roma 2012. p. 112: A. Warhol/© by SIAE, Roma 2012; A. Calder/© by SIAE, Roma 2012. p. 113: http://www.geolocation.ws. p. 114: Le Corbusier/© by SIAE, Roma 2012. p. 115: F. L. Wright//© by SIAE, Roma 2012. p. 116: Jorge Felix Costa/Shutterstock.com; Cincinnato, 2007/lickr.com. Loescher Editore - Vietata la vendita e la diffusione
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AR T ED
Espansioni online per docenti e studenti
A LE G GE RE
ARTE DA LEGGERE Il patrimonio artistico italiano è ricchezza preziosa e unica: saperlo conoscere e apprezzare, in relazione anche alle altre espressioni culturali coeve (la letteratura, la musica, il cinema), è fondamentale per ogni studente e cittadino. ELEMENTI CARATTERIZZANTI
La lettura dell’opera d’arte
Alcune pagine introduttive, con schemi sintetici, offrono indicazioni essenziali per la lettura dell’opera d’arte in tutti i suoi aspetti (tematici, tecnici, storico-culturali ecc.). L’attenzione riguarda sia le arti igurative e plastiche sia i beni architettonici.
Il profilo di storia dell’arte
Ogni periodo della produzione artistica italiana ed europea è illustrato attraverso le sue opere più signiicative.
La contestualizzazione
Per ogni epoca una cartina o un’immagine, una linea del tempo e alcuni spunti introduttivi consentono di rilettere sulla relazione tra prodotti culturali coevi, con riferimento soprattutto alla letteratura.
+ RISORSE ONLINE
In copertina: Leggere un’opera d’arte. foto: istockphoto. dipinto: salvador dalí, La rosa meditativa, olio su tela, 1958. fundació gala-salvador dalí, torre galatea. s. dalí/© by siae, roma, 2012/fundació gala-salvador dalí, torre galatea
T OR N
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30202 TORNAGHI, DINI ARTE DA LEGGERE